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Storia del cristianesimo in età antica


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Pagina principale
Voce principale: Storia del cristianesimo.
Ultime modifiche
Una voce a caso La storia del cristianesimo in età antica riguarda l'evoluzione e la diffusione del
Nelle vicinanze cristianesimo dalle sue origini, solitamente fatte coincidere con la nascita della prima
Vetrina
comunità di Gerusalemme intorno agli anni 40 del I secolo, fino alla caduta
Aiuto
dell'impero romano d'Occidente (476). Sebbene i primi "cristiani" fossero tutti di
Sportello informazioni
origine ebraica, ben presto iniziarono a essere convertiti anche i pagani e la nuova
Comunità religione, anche grazie all'opera missionaria di Paolo di Tarso, iniziò a diffondersi per
Portale Comunità tutto l'impero romano. Nei primi secoli i fedeli di questa nuova religione vennero visti
Bar con sospetto dalla maggioranza della popolazione pagana, venendo spesso accusati
Il Wikipediano ingiustamente e utilizzati come capro espiatorio, fino a subire vere e proprie
Fai una donazione persecuzioni che, intervallate da periodi di pace, continuarono da quella messa in
Contatti atto da Nerone nel 64 fino agli inizi del IV secolo. Nonostante ciò, il cristianesimo
andò a diffondersi in tutte le grandi città dell'impero seguendo le principali vie Stele funeraria con l'iscrizione in lingua greca
Strumenti
ΙΧΘΥϹ ΖΩΝΤΩΝ (traslitterazione icthys zōntōn;
commerciali. L'indipendenza di ogni comunità fu un terreno fertile affinché
Puntano qui traduzione letterale: "Gesù Cristo, Figlio di Dio,
nascessero al loro interno delle difformità dottrinali, come nel II secolo quando si Salvatore dei viventi"). Risalente agli inizi del III
Modifiche correlate
affermarono lo gnosticismo cristiano e il montanismo. In risposta, grazie al lavoro di secolo, è una delle prime iscrizioni cristiane
Carica su Commons conosciute. Museo Nazionale Romano
Pagine speciali alcuni teologi come Ireneo di Lione, iniziò a formarsi il concetto di "ortodossia"
Link permanente contrapposto a quello di "eresia". Nonostante ciò, il cristianesimo dei primi secoli fu
Informazioni pagina spesso lacerato da divisioni interne, come quella sorta nell'affrontare il problema dei lapsi, ovvero coloro che avevano abiurato per
Cita questa voce salvarsi dalle sanguinose persecuzioni.
Elemento Wikidata
Un punto di svolta si ebbe con l'imperatore Costantino che con l'Editto di Milano del 313 andò a confermare l'Editto di Serdica con cui
Print/export il cristianesimo diveniva religio licita ovvero un culto riconosciuto e ammesso dall'Impero. Da questo momento in poi i fedeli poterono
Create a book uscire dalla semiclandestinità, iniziarono a essere costruiti luoghi di culto dedicati (prima i luoghi di riunione erano le domus
Download as PDF ecclesiae, case private) e i battezzati crebbero costantemente di numero. Ciò però non mise fine alle divisioni interne, spesso dovute
Versione stampabile a divergenze dottrinali. Fu proprio negli anni di Costantino che il presbitero Ario dette vita a una corrente detta arianesimo che lacerò
profondamente l'universo cristiano. Per tentare di ricomporre la frattura, lo stesso imperatore Costantino convocò nel 325 a Nicea il
In altri progetti
primo concilio ecumenico della storia che elaborò il credo ancora oggi, seppur con qualche modifica, utilizzato nella liturgia.
Wikimedia Commons
Nonostante la condanna dell'arianesimo da parte del concilio, questo non scomparve ma, anzi, continuò a diffondersi creando
In altre lingue disordini per tutto il IV secolo e oltre.
‫العربية‬
Indice [nascondi]
Azərbaycanca
1 I e II secolo
‫تۆرکجه‬
1.1 Origini del cristianesimo ed età apostolica
Català
1.2 Il cristianesimo inizia a diffondersi
English
1.2.1 Prime comunità e prime persecuzioni
日本語
Русский 1.2.2 Sviluppo del canone neotestamentario
!"# 1.2.3 Liturgia e struttura nelle prime comunità
Modifica 1.2.4 Distacco dal giudaismo
collegamenti 2 Tra II e III secolo: le comunità si organizzano
2.1 Diffusione
2.2 Persecuzioni e letteratura apologetica
2.3 Prime divergenze: gnosticismo e montanismo
2.4 Lotta alle eresie: Ireneo di Lione e affermazione dell'ufficio del vescovo
2.5 Luoghi, liturgia e arte nelle prime comunità
3 III secolo: le grandi persecuzioni
3.1 Persecuzione di Decio
3.2 Controversia sui lapsi e lo scisma di Novaziano
3.3 Editto di tolleranza di Gallieno e nuove controversie teologiche
3.4 La grande persecuzione di Diocleziano e il donatismo
3.5 Attestazione del culto dei martiri
3.6 L'arte cristiana nel III secolo
4 IV secolo: l'imperatore Costantino e l'epoca dei grandi concili
4.1 Svolta costantiniana
4.2 Arianesimo e il concilio di Nicea
4.3 Gli scontri si aggravano
4.4 Dal regno di Giuliano (361) alla fine del IV secolo
5 La società cristiana del dopo Costantino
5.1 Un'affermazione con risvolti politici
5.2 Ordinamento ecclesiastico e ruolo dei vescovi
5.3 Liturgia e culto
5.4 Arte e architettura
5.5 Nascita del monachesimo: anacoreti e cenobiti
6 Tra IV e V secolo
6.1 L'età di Teodosio I
6.1.1 L'editto di Tessalonica e il primato di Roma
6.1.2 Concilio di Costantinopoli
6.1.3 Il caso del priscillianesimo
6.2 I primi grandi Dottori della Chiesa
6.3 Cristianesimo nella prima metà del V secolo, i due concili di Efeso
7 Verso la fine dell'età antica
7.1 Il concilio di Calcedonia
7.2 Il pontificato di Papa Leone Magno
7.3 Il cristianesimo all'epoca della caduta dell'Impero romano d'Occidente
8 Note
8.1 Esplicative
8.2 Bibliografiche
9 Bibliografia
10 Voci correlate
11 Altri progetti

I e II secolo [ modifica | modifica wikitesto ]

Origini del cristianesimo ed età apostolica [ modifica | modifica wikitesto ]


Lo stesso argomento in dettaglio: Origini del cristianesimo ed Età apostolica.

Sebbene tra gli studiosi non ci sia unanime certezza su quando fare risalire la nascita del
cristianesimo,[1] con sufficiente approssimazione si possono individuare le sue origini nella
predicazione e negli atti di Gesù, che agli occhi dei suoi seguaci e dei suoi discepoli,
rappresentò la realizzazione delle aspettative messianiche presenti nella tradizione del
pensiero e degli scritti sacri della civiltà ebraica.[2]

Secondo quanto racconta il libro gli Atti degli Apostoli, parte del nuovo Testamento e principale
fonte storica delle prime comunità, a pochi anni dalla morte di Gesù, avvenuta tra il 26 e il 36, il
gruppo dei suoi discepoli si ricompose a Gerusalemme sotto la guida dei dodici apostoli,
ricostituitosi nel numero dopo la morte di Giuda Iscariota.[3] Sempre secondo gli Atti, questa
comunità di fedeli doveva contare alcune migliaia di ebrei.

Questa prima giovane comunità era composta esclusivamente da ebrei e dall'ebraismo prese
molteplici elementi: le sue Sacre Scritture, dottrine fondamentali come il monoteismo, la fede in
un Messia o Cristo, forme del culto, concetti di luoghi e tempi sacri, l'idea che il culto debba
essere adeguato al modello celeste, l'uso dei Salmi nelle preghiere comuni.[3][4][5] I primi fedeli
si riunivano collettivamente in preghiera e per celebrare i due riti: il battesimo e la benedizione
L'antica provincia romana di del pane.[6] Sebbene siano tutti ebrei, al loro interno si differenziano i giudei ellenizzati e giudei
Giudea al tempo di Gesù e degli
Apostoli. dai costumi ebraici, tuttavia senza che ciò comporti complicazioni tra di essi.[7] Secondo gli Atti,
ai dodici apostoli, vennero affiancati sette diaconi scelti tra il gruppo degli ellenisti con lo scopo
di provvedere alle necessità materiali e di carità,[8] ma ben presto anche loro iniziarono a
predicare. Uno di loro, il diacono Stefano, è annoverato per essere il primo martire condannato alla lapidazione con l'accusa di
blasfemia.[9][10]

Gli Atti raccontano che il primo convertito pagano alla fede in Gesù fu il centurione Cornelio di
Antiochia, battezzato dall'apostolo Pietro tra il 33 e il 40.[11][12] Con tale conversione si dette
inizio al problema relativo all'accettazione all'interno della comunità di fedeli non circoncisi, quali
erano coloro che provenivano dal paganesimo e non dall'ebraismo.[13] Nel frattempo, stavano
già sorgendo le prime comunità a Roma, Damasco, Samaria, Fenicia e a Cipro oltre che alla
già citata Antiochia dove, sembra, venne per la prima volta utilizzato il termine “cristiani”.[14][15]
Secondo la tradizione san Tommaso apostolo fondò nel 52 una comunità nel sud dell'India da
cui ebbero origine i cristiani di San Tommaso, mentre Giuda Taddeo e Bartolomeo diffusero il
messaggio in Armenia.[16] Lo storico Eusebio di Cesarea racconta che Marco, ritenuto dalla
Il Papiro 29, il frammento più
tradizione uno dei quattro evangelisti, abbia organizzato la comunità di Alessandria antico degli Atti degli Apostoli, la
d'Egitto.[N 1][17] principale fonte per la storia del
cristianesimo in età apostolica
Intorno al 49-52, si tenne il concilio di Gerusalemme, un'importante riunione dei più alti
esponenti del cristianesimo dell'epoca. Presieduto dalle “colonne” della Chiesa di Gerusalemme
(Pietro, Giovanni e Giacomo), il concilio venne chiamato a dare una prima organizzazione alla missione di diffondere il messaggio di
Gesù tra le genti. Venne, innanzitutto, risolta la questione su come trattare i pagani convertiti al cristianesimo decidendo che a essi
non dovesse venire imposta la legge mosaica, comprensiva dell'obbligo di circoncisione.[18]

Venne, inoltre, affidata ai discepoli gerosolimitani (della Chiesa di Gerusalemme), l'apostolato verso le comunità giudaiche, mentre a
Paolo di Tarso, ebreo con cittadinanza romana convertitosi intorno al 35-37,[19] vennero assegnati i “gentili”, ossia persone di origine
non ebraica, spesso pagani. Fu proprio grazie a quest'ultimo e ai suoi instancabili viaggi missionari in Asia e in Europa, oltre che alle
sue numerose lettere inviate alle neonate comunità, che il cristianesimo si estese velocemente nelle popolazioni di cultura greca e
romana e in taluni casi arrivando a raggiungere alte personalità dell'amministrazione pubblica.[20]

Il cristianesimo inizia a diffondersi [ modifica | modifica wikitesto ]


Come detto, Paolo viaggiò molto con lo scopo di diffondere il nuovo Credo: nel 39-40 aveva percorso
Cipro e l'Asia minore meridionale, nel 50 aveva raggiunto la Macedonia, la Grecia, i Corinzi, intorno al
54 visitò la regione intorno a Efeso, mentre verso il 58 intraprese un lungo viaggio via mare che lo
condurrà a Roma.[21] A questo punto il cristianesimo aveva oramai definitivamente abbandonato i
confini della Palestina per estendersi a gran parte dell'Impero romano. Tra i primi centri più importanti
della nuova religione vi furono Antiochia, Damasco, Cirene, Alessandria, Efeso, Corinto, Cipro e infine,
la capitale dell'impero, Roma.[22][23] Contestualmente, i pagani convertiti al cristianesimo divennero
numericamente nettamente superiori a quelli giudeo-cristiani (provenienti dall'ebraismo) che, messi in
minoranza, non poterono più contrapporsi nel delineamento di regole e dottrina.[24]

Conversione di san L'affermazione del cristianesimo dei pagani convertiti venne aiutata anche dalla crisi del giudaismo, i
Paolo di Caravaggio. I viaggi cui seguaci erano stati obbligati a dover riorganizzare le proprie strutture e basi religiose dopo la crisi
di San Paolo furono
successiva alla distruzione del Tempio di Gerusalemme avvenuta nel 70. Gli storici indicano con il
determinanti per la
diffusione del cristianesimo termine "Grande Chiesa" l'insieme delle comunità derivate dai vari apostoli (sia quelli di Gerusalemme
tra i gentili sia quelli legati a Paolo di Tarso) che più avanti confluirono nella Chiesa cattolica (nel senso proprio di
"universale") del primo millennio cristiano, per distinguerle dai gruppi marginali d'ispirazione cristiana,
che elaborarono dottrine che non furono accettate dalla maggioranza, come gli ebioniti, gli gnostici o i marcioniti.

Prime comunità e prime persecuzioni [ modifica | modifica wikitesto ]


Lo stesso argomento in dettaglio: Primi centri del cristianesimo e Primi martiri della Chiesa romana.

Le prime comunità cristiane nacquero, dunque, all'intero del giudaismo palestinese per poi raggiungere
anche i pagani greci e romani. Queste erano prive di una propria organizzazione e di una struttura
istituzionale. Anche tra di esse vi erano sostanziali differenze dovute alle varie correnti, differenze che
le rendevano parte di una costellazione di gruppi relativamente eterogenei. Tra i pochi elementi in
comune tra di essi vi era il totale abbandono degli idoli, il ricorso al battesimo come rito di liberazione
dal peccato e come segno tangibile di appartenenza alla comunità. Questi primi primi cristiani erano
una minoranza della società del tempo, spesso isolata, nonostante che essi si considerassero il fulcro
del movimento che avrebbe condotto l'umanità verso la salvezza.[26] Sebbene sia sicuro che la
maggioranza dei primi cristiani appartenesse alle classi sociali più povere ed emarginate, una certa
penetrazione tra la popolazione più abbiente fu comunque un fenomeno certo.[N 2][27]

Queste prime comunità cristiane incontrarono presto l'ostilità del mondo esterno. Secondo quanto Pagina del papiro 46
riportato dagli Atti degli Apostoli, in particolare, le autorità ebraiche di Gerusalemme avversarono fin contenente un brano della
Seconda lettera ai
dall'inizio i primi cristiani e tentarono con vari mezzi di impedirne la predicazione accusandoli di eresia
Corinzi,[25] datato attorno al
e bestemmia. Tra le vittime di queste prime persecuzioni vi furono Stefano e l'apostolo Giacomo, 200. Nelle 104 pagine
mentre Pietro si salvò fuggendo da Gerusalemme. Paolo nelle sue lettere racconta di essere stato più conservatesi sono contenuti
ampi frammenti,
volte frustato, bastonato e una volta lapidato. Durante la seconda guerra giudaica i cristiani vennero principalmente appartenenti
accusati di non aver preso parte alla ribellione contro i romani, scatenando una sanguinosa alle lettere paoline.
Rappresenta il più antico
repressione contro di loro.[28][29] Una volta uscita dai confini del giudaismo, la neonata religione
manoscritto relativo
cristiana si trovò a confrontarsi anche con la religione romana, dovendo “inserirsi in un ordinamento all'apostolo Paolo di Tarso.
politico che poneva determinate richieste religiose di tipo totalitario”.[30] I romani consideravano il loro
impero universale e definitivo, la politica era strettamente correlata con la religione e l'imperatore aveva oramai assunto una
personalità quasi divina.[30] Per i cittadini romani, le vicissitudini dello stato e la volontà degli idei erano inseparabili e da essi
dipendeva la sorte dell'impero.[31] È chiaro che la presenza delle comunità cristiane che si sottraevano ai tradizionali e obbligatori
rituali era per molti vista come una minaccia alla Pax deorum, la situazione di concordia tra divinità e cittadini su cui si basavano le
fortune dei romani.[32]

I cristiani, visti spesso come dei diversi e degli atei, dovettero spesso esiliarsi dalla vita pubblica rinunciando a partecipare a feste e
spettacoli che, oltre a essere avvenimenti di svago, erano anche intrisi di significati religiosi pagani. Portando motivazioni morali e
religiose, rifiutavano anche il servizio nell'Esercito romano.[33] Al cristianesimo i pagani imputavano il fallimento dei matrimoni, la
divisione delle famiglie, l'abbandono delle tradizioni degli antenati.[34]

La persecuzione di Nerone, riportata anche da Tacito, scoppiò nel 64 quando i cristiani furono accusati di avere appiccato il Grande
incendio di Roma che distrusse gran parte della città. Secondo la tradizione, sebbene non vi siano prove concrete ma nemmeno
motivi per ritenerlo un falso, in questa persecuzione furono martirizzati gli apostoli Pietro e Paolo.[35][36]

Alcuni decenni più tardi Domiziano istituì il culto obbligatorio dell'imperatore condannando a morte molti cristiani che si rifiutarono di
accettare tali imposizioni. Nei successivi due secoli il cristianesimo rimase sempre formalmente una religione illecita punibile con le
massime pene. Tuttavia, almeno fino alla metà del III secolo, essi non vennero ricercati attivamente e questo consentì la
progressione della loro diffusione, sebbene in comunità clandestine. Erano perlopiù vittime di singoli attacchi violenti, spesso
assecondati dalle autorità locali e spesso dopo averli utilizzati come capri espiatori e perseguitati solo dopo singole denunce.

Sviluppo del canone neotestamentario [ modifica | modifica wikitesto ]


Lo stesso argomento in dettaglio: Vangeli e Nuovo testamento.

Molto probabilmente, nelle prime comunità cristiane la trasmissione del racconto della vita e
dell'insegnamento di Gesù avveniva prevalentemente per via orale,[37] tuttavia è altresì probabile che
ben presto iniziarono a circolare alcuni scritti, in aramaico o ebraico per i giudeo-cristiani e in greco per
gli ellenisti e pagani, per la catechesi e per le prime liturgie. Fu da questi primi scritti che, tra il 60 e il
100, si iniziò un lavoro di raccolta e organizzazione che portò alla realizzazione dei testi che prendono
il nome di “vangeli”. Non è certo con precisione quando ciò iniziò, sebbene gli studiosi moderni
identifichino nel cosiddetto “vangelo di Marco” uno dei primi, se non il primo (priorità marciana),
ritenendolo risalente a poco dopo il 70, anche se vi sono proposte di datazioni leggermente anteriori o
posteriori.[38]

complice la vasta diffusione geografica delle comunità e delle loro differenze, a Marco dovettero
Conclusione del Vangelo
secondo Luca dal Codex seguire ulteriori produzioni e raccolte, talvolta teologicamente distanti tra di loro volti a colmare alcune
Alexandrinus (400-440) lacune presenti nei testi precedenti. È il caso, per esempio, dei vangeli dell'infanzia, come il
protovangelo di Giacomo o il vangelo di Tommaso, che raccontano la vita di Gesù antecedente al suo
ministero.[39] Il proliferare dei testi portò a un contestuale processo di selezione che durò decenni e di cui non si sa con precisione
quando venne definitivamente accettato in tutte le comunità dell'epoca. Per avere un primo accenno ai quattro vangeli canonici
riconosciuti ancora oggi nel canone della Bibbia dalla Chiesa cattolica (i tre vangeli sinottici di Marco, Luca, Matteo e Giovanni, scritti
tra il I e il II secolo da autori ignoti) si ebbe nel 150 in Giustino,[40] a cui seguì il lavoro di Ireneo di Lione che sviluppò la sua teoria sul
canone verso il 180.[41] La lista di tutti i 27 libri che compongono il Nuovo Testamento si affermò solamente tra il IV e il V secolo.[42] Il
cristallizzarsi di una "ortodossia" all'interno della Chiesa porterà, successivamente, ad abbandonare tutti i testi non rientranti nel
canone, considerati eretici e apocrifi, di cui si perderà memoria con il declino delle comunità cristiane che a essi si ispiravano.[43]

Liturgia e struttura nelle prime comunità [ modifica | modifica wikitesto ]

Sia da testi contenuti nel canone del Nuovo Testamento, come le lettere pastorali e la prima e la seconda lettera di San Pietro,
nonché dal testo della Dottrina dei dodici apostoli, conosciamo alcuni aspetti liturgici e organizzativi delle prime comunità. Secondo
tali testimonianze, i fedeli usavano riunirsi con una certa frequenza e durante le riunioni si procedeva con l'esecuzione di canti
liturgici, con la preghiera e con la consumazione di un pasto comunitario; tra i convenuti all'assemblea era rituale scambiarsi un bacio
fraterno. Il rito di ammissione alla comunità era sempre il battesimo. Tra i fedeli si distinguevano diverse figure che soddisfacevano ai
bisogni organizzativi del gruppo: vi erano i “diaconi” addetti alle funzioni più materiali, i maestri, il consiglio degli anziani (o presbiteri)
che reggeva il gruppo stesso e i presbiteri supervisori (o episcopi) a cui spettavano compiti di guida di una comunità più ampia.[44]

Distacco dal giudaismo [ modifica | modifica wikitesto ]

Come è stato detto i primi discepoli di Gesù furono ebrei che avevano riconosciuto in lui la figura del messia atteso e che costituirono
all'interno de giudaismo stesso una sorta di gruppo definibile come giudeo-cristianesimo. All'interno del mondo cristiano, questi
vennero messi ben presto in minoranza a seguito della diffusione del cristianesimo tra i pagani di cultura ellenistica.[45]

Tale processo venne accentuato dalla crisi del mondo ebraico scaturita dalle sconfitte colte nelle guerre giudaiche e in particolare
dopo la disfatta della rivolta guidata da Simon Bar Kokheba nella terza guerra giudaica (132-135). Dopo questi fatti all'interno
dell'ebraismo si estinsero molte dei partiti che lo avevano guidato per tutto il primo secolo, a eccezione di quello dei farisei, che
sopravvisse dando origine all'ebraismo rabbinico, e quello dei giudeo cristiani che, tuttavia, andò sempre di più ad allontanarsi, dalle
sue origine giudaiche, in parte confondendosi nel cristianesimo di matrice ellenistica, in parte dando origine a nuove sette come gli
ebioniti, i nazareni, gli elcasaiti, spesso considerati come eretici o scismatici dalla "Grande Chiesa" cristiana che andava a costituirsi.
Pertanto, dal II secolo il processo di distacco del cristianesimo dalla sua origine ebraica era oramai completato.[46]

Tra II e III secolo: le comunità si organizzano [ modifica | modifica wikitesto ]

Diffusione [ modifica | modifica wikitesto ]


Lo stesso argomento in dettaglio: Primi centri del cristianesimo e Diffusione del cristianesimo in epoca precostantiniana.

Grazie a predicatori itineranti e, probabilmente, ai mercanti, per tutto il III secolo il


cristianesimo continuò a diffondersi nelle sinagoghe ellenistiche dei principali centri
urbani dell'impero; in ciò anche la traduzione dei vangeli nelle diverse lingue locali fu
un elemento fondamentale. Tale processo non fu tuttavia continuo ma dovette
affrontare bruschi rallentamenti in occasione delle persecuzioni che causavano
l'abbandono dal cristianesimo di molti fedeli ad accelerazioni nei tempi di pace. È
comunque difficile ricostruire con esattezza le tappe e la portata di tale diffusione,
potendo solo tracciare a grandi linee le sue caratteristiche.[47]

Certamente nel III secolo il cristianesimo raggiunse solamente le popolazioni delle


grandi città dell'epoca, mentre le campagne furono oggetto di una vasta Diffusione del cristianesimo verso la fine del III
evangelizzazione solo nei decenni successivi. La diffusione, inoltre, seguì le secolo

principali rotte marine, le vie fluviali e la fitta e celebre rete di strade romane. Così,
una delle vie di propagazione principale fu quella che da Alessandria d'Egitto portava all'Ellesponto, attraversando l'Egitto, la
Palestina, Tarso, Mileto, Efeso e Smirne. Da qui le predicazioni poterono continuare verso l'entroterra anatolico della Frigia, della
Lidia e della Caria dove si costituirono tra i più importanti centri cristiani dell'epoca come quelli di Listra, Iconio, Antiochia di Pisidia,
Colossi, Laodicea, Gerapoli, Sardi. Da questi centri, poi, il cristianesimo poté diffondersi ulteriormente arrivando a raggiungere
l'impero partico e sassanide.[48]

Un'altra importante via fu quella che da Alessandria giungeva fino allo stretto di Gibilterra, attraversando l'Africa del nord e la
Numidia, comunità che si dimostrarono particolarmente accoglienti al messaggio cristiano come quelle di Creta, Cefalonia, Malta,
Sicilia. Da qui l’evangelizzazione poté poi, in maniera particolare tra la fine del II secolo e l'inizio del successivo, raggiungere la Gallia
e la Spagna.[23][49] La divulgazione del messaggio cristiano venne accompagnata anche da un consolidamento delle comunità già
esistenti attraverso i primi sinodi locali, come quello di Cartagine tra il 218 e il 222 a cui presenziarono ben settanta vescovi, quello
del 240 presieduto da Donato con 90 vescovi, quello di Italia organizzato contro l'antipapa Novaziano.[50]

Caso particolare fu la diffusione del cristianesimo in Armenia, regione che a quel tempo non faceva parte dell'Impero romano. Dopo
le iniziali resistenze, il vescovo Gregorio Illuminatore riuscì a convertire e a battezzare il sovrano arsacide Tiridate III che nel 301
fece, per la prima volta nella storia, del cristianesimo la religione di Stato.[51]

Riguardo all'appartenenza sociale, gli storici concordano che gran parte dei cristiani del III secolo appartenevano al "ceto medio"
della stratificazione sociale dell'epoca costituito da liberti, mercanti, artigiani e perlopiù lavoratori manuali. Non mancarono, tuttavia,
rari casi di conversione di senatori e schiavi. Molte furono le donne, agevolate dal fatto che fossero escluse da professioni come
quelle militari o di insegnamento che presentavano non pochi problemi per chi volesse convertirsi.[52][53]

Persecuzioni e letteratura apologetica [ modifica | modifica wikitesto ]


Lo stesso argomento in dettaglio: Persecuzione dei cristiani nell'Impero romano e Persecuzione dei cristiani sotto Marco Aurelio.

Seppur in modo discontinuo e con notevoli differenze a seconda dei luoghi, per tutto il II secolo i
cristiani continuarono a subire persecuzioni. Sono, infatti, stati registrati casi di martiri sotto gli
imperatori Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio e Commodo.[54] Particolarmente sanguinose
furono le persecuzioni avvenute sotto l'imperatore Marco Aurelio, in cui trovarono la morte, tra gli altri, i
12 Martiri scillitani, il vescovo di Smirne Policarpo, il filosofo e apologeta Giustino e, nel 177, i 48 Martiri
di Lione.[55]

Tuttavia queste eventi appaiono privi di quella sistematicità che si riscontrerà a partire dalla metà del
secolo successivo, ma sembrano più episodi singoli, spesso legati a situazioni locali. L'origine di tali
persecuzioni è da ricercare nella visione che i romani pagani avevano dei cristiani, visti con sospetto
per via delle loro adunanze di preghiera non pubbliche, venivano accusati di attentare al mos maiorum.
I cristiani costituivano un gruppo separato all'interno della società dell'epoca, rifiutando di prendere
Martirio di santa
Blandina, Attalo e altri parte a giochi, spettacoli e cerimonie, tutti eventi molto popolari ma che presentavano un forte
cristiani di Lione connotato religioso pagano. Spesso calunniati (misantropia, incesto, antropofagia erano alcune delle
accuse più frequenti), furono a volte utilizzati come capro espiatorio per egli eventi nefasti.[56]

Ai pagani “i cristiani dovevano apparire come coloro che avevano turbato la pace di una provincia o di una città con il sottrarre agli dei
le onoranze dovute e scatenando, per contraccolpo, la lori ira, come dimostravano le varie piaghe, naturali o sociali, che affiggevano
l'impero”.[57] È esplicativo il carteggio intercorso, intorno a 112, tra il legatus augustus Plinio il Giovane e l'imperatore Traiano dove il
primo chiede consiglio su come comportarsi con il cristianesimo (definito superstitionem pravam et immodicam[N 3]) i cui fedeli
rifiutavano di invocare e sacrificare agli dei.[58] La risposta di Traiano sarà quella di punire i cristiani solo a seguito di denuncia, se
riconosciuti colpevoli e se avranno rifiutato di sacrificare agli dei; a tale disposizione si atterranno anche i successivi imperatori fino al
III secolo.[59]

In risposta a tali accuse, a partire dai primi decenni del II secolo iniziò una vasta produzione letteraria apologetica che raggiunse i
suoi massimi esempi con Quadrato di Atene (il quale affermava che i Miracoli di Gesù erano veri, non illusioni, e i loro effetti durarono
anche dopo il suo abbandono della Terra[60], Aristide Marciano, Giustino, l'Oratio adversus Graecos di Taziano il Siro, la Supplica di
Atenagora di Atene, Melitone di Sardi, l'Apologia ad Autolico di Teofilo di Antiochia (il più antico scritto a noi pervenuto a utilizzare il
termine “Trinità”.[61] Con tutte queste opere, gli autori cristiani, non solo cercarono di dare risposta a tutte le incriminazioni mosse
contro la loro fede, ma tentarono di “accreditare il cristianesimo come vero garante religioso dell'impero” al posto delle antiche
tradizioni pagane.[62] Tra gli apologeti vissuti a cavallo tra III e IV secolo, vi è da ricordare anche Tertulliano, considerato anche un
grande teologo tra i primi ed esprime il concetto trinitario attraverso una terminologia latina rigorosa e vista come una molteplicità di
ipostasi.[63]

Prime divergenze: gnosticismo e montanismo [ modifica | modifica wikitesto ]


Lo stesso argomento in dettaglio: Gnosticismo e Montanismo.

Nel II secolo l'universo cristiano si presentava assai variegato, con molte comunità sparse su di un vasto territorio, ognuna delle quali
indipendente dalle altre. Le stesse comunità locali erano talvolta frammentante al loro interno in piccoli gruppi, organizzati
indipendentemente, sia amministrativamente sia nelle questioni legate al culto. Non è pertanto difficile pensare che all'interno del
cristianesimo nascessero divergenze dottrinali, spesso sostanziai. Uno dei casi più eclatanti fu la penetrazione nel cristianesimo dello
gnosticismo, un movimento filosofico religioso già presente da tempo nel mondo ellenistico greco-romano, che dette vita a una
corrente definibile come "gnosticismo cristiano". Tradizionalmente si fa risalire lo gnosticismo cristiano a Simone Mago, citato negli
Atti degli Apostoli,[64] tuttavia testimonianze certe di una presenza sostanziale di tale dottrina, il cui centro di propagazione fu
Alessandria d'Egitto, si ha solamente nel II secolo a seguito degli insegnamenti dei primi gnostici cristiani come Valentino (fondatore
della scuola dei Valentiniani) e Basilide.[65]

I cristiani gnostici proponevano diverse elaborazioni teologiche rispetto a quelle prevalenti nelle altre principali sedi del cristianesimo
dell'epoca, sostenute da un'interpretazione originale dei testi neotestamentari. Secondo la "gnosi cristiana", la salvezza dipende da
una forma di conoscenza superiore e illuminata (gnosi), frutto del vissuto personale nella ricerca della Verità e quindi riservata solo ad
alcuni eletti, in contrapposizione al concetto della "fede, patrimonio della massa dei fedeli comuni" su cui si stava costruendo l'identità
cristiana.[66]

Deviazioni dalla dottrina maggioritaria furono offerte anche dai movimenti estatici di tipo profetici. Tra questi, il montanismo sorse in
Frigia tra il 151 e il 171 a seguito delle profezie del neo battezzato Montano. Egli, insieme alle profetesse Massimilla e Priscilla,
sosteneva che lo spirito consolatore promesso da Gesù era disceso sulla Terra e parlava per mezzo di loro, mettendo in discussione
la struttura organizzativa su cui si stava formando la Chiesa del tempo.[67]

Lotta alle eresie: Ireneo di Lione e affermazione dell'ufficio del vescovo [ modifica | modifica wikitesto ]
Lo stesso argomento in dettaglio: Adversus Haereses, Ireneo di Lione e Vescovo.

Tutte queste deviazioni portarono alla necessità di definire una precisa linea dottrinale a cui tutte le
comunità dovevano riconoscersi; contestualmente andò a definirsi un nuoco concetto di "eresia"
contrapposto a quello di "ortodossia". Tale opera di definizione ebbe inizio con il filosofo Giustino
arrivando a un primitivo compimento con il vescovo e teologo Ireneo di Lione con la sua celebre opera
Adversus Haereses con cui si scaglia in particolare contro lo gnosticismo. Il lavoro di Ireneo contribuì
all'emergere dell'idea di un'unica Chiesa, definita successivamente dagli storici con il termine "Grande
Chiesa", "grandissima e antichissima e a tutti nota, fondata e stabilita a Roma da due gloriosissimi
apostoli Pietro e Paolo".[68]

Oltre al tentativo di definire una linea dottrinale comune, il proliferare delle "eresie" spinse i primi
cristiani a ritenere necessaria l'istituzione, per ogni città, di un capo spirituale che organizzasse i fedeli
Ireneo di Lione in
e difendesse l'ortodossia dalle deviazioni. Fu così che iniziò un lungi processo che portò all'affermarsi un'incisione
della figura del vescovo. Sembra che ciò avesse avuto inizio nelle comunità orientali, mentre in
occidente questo indirizzo andò a delinearsi più tardi, verso la fine del II secolo.[69] Una volta che il
ministero del vescovo si attestò come guida della comunità, gli vennero affidati diversi compiti, sia riguardanti l'amministrazione dei
sacramenti sia l'organizzazione di una beneficenza a favore dei fedeli più bisognosi utilizzando la disponibilità di una cassa
comune.[70]

Il processo che portò all'istituzione del vescovo di Roma andò pari passo con il tentativo di farlo riconoscere da tutti i cristiani come il
legittimo successore di San Pietro, affermando nello stesso tempo il primato romano sulle altre chiese e primo difensore
dell'ortodossia dalle deviazioni eretiche. La tradizione vuole, infatti, che la comunità romana fosse stata fondata dagli apostoli Pietro e
Paolo (nonostante le fonti storiche attestino la sua presenza prima dell'arrivo dei due); inoltre in molti vedono nella parole di Gesù
riportate dal vangelo di Marco, l'investitura di Pietro come capo della Chiesa. Tra i primi sostenitori di tale visione, vi fu sempre Ireneo
di Lione che nella sua opera Adversus Haereses stila un elenco di coloro che, secondo lui, dovevano essere stati i primi vescovi
romani, nel tentativo di legittimare la figura del papa. Tuttavia, il primato romano sulle altre comunità era ancora ben lontano da
essere universalmente riconosciuto, sebbene iniziasse a delinearsi una certa predominanza del vescovo di Roma sulle questioni
teologiche e dottrinali, campi su cui però dovette spesso scontrarsi con le altre comunità orientali e nord africane.[71]

Luoghi, liturgia e arte nelle prime comunità [ modifica | modifica wikitesto ]


Lo stesso argomento in dettaglio: Domus ecclesiae, Catacombe e Arte paleocristiana.

I cristiani non avevano spazi comuni dedicati dove tenere assemblee e riti, solitamente i più
ricchi della comunità mettevano a disposizione le proprie case o si ricorreva all'affitto dei locali.
Stando al racconto di Eusebio di Cesarea, si dovette aspettare la seconda metà del III secolo
perché nascessero le prime basiliche.[72] Le prime comunità non disponevano nemmeno di
cimiteri propri, ma anche in questo caso dovettero ricorrere a cimiteri di famiglie abbienti
convertitesi al cristianesimo. Solamente più avanti iniziarono a nascere, in particolare a Roma,
le catacombe come luogo di sepoltura dei corpi dei cristiani che rifiutavano la cremazione in
Pane e pesce raffigurati nelle quanto credevano nella resurrezione dei corpi.[73]
catacombe di San Callisto
Sembra che originariamente per potere ricevere il battesimo, il rito che sanciva l'ingresso nella
comunità cristiana, fosse necessario sostenere solamente una interrogazione che indagasse
sulle reali intenzioni dell'aspirante fedele. A partire dalla seconda metà del II secolo è attestato un periodo di catecumenato della
durata di circa tre anni, in cui il catecumeno doveva affrontare diverse tappe seguito da un maestro. Ai catecumeni non era consentito
prendere parte alla cerimonia dell'eucarestia sebbene potessero ascoltare le letture.[74]

Nelle prime comunità continuarono a essere celebrate le festività ebraiche della Pasqua e della
Pentecoste anche se a queste venne attribuito un significato diverso; solamente più tardi iniziarono ad
affermarsi altre ricorrenze, come l'Epifania.[75]

Poco sappiamo delle forme d'arte nelle prime comunità: si ritiene che inizialmente i cristiani avessero
seguito il divieto biblico della rappresentazione di Dio tipico dell'ebraismo.[N 4][76] Tuttavia, già verso la
fine del II secolo tale divieto dovette essere stato abbandonato, almeno stando a quanto insegna
l'apologeta cristiano Tertulliano il quale criticava solamente l'arte che fosse al servizio dell'idolatria o
dell'immoralità.[77] D'altronde, è lecito pensare che con il diffondersi del cristianesimo nelle popolazioni
romane e tardo ellenistiche si siano verificati degli influssi provenienti da tali culture storicamente più
inclini alle raffigurazioni artistiche.[78]

I primi esempi di arte paleocristiana risalgono alla seconda metà del II secolo e comprendono Gesù rappresentato
come il "buon pastore",
raffigurazioni su anelli, sigilli, oggetti di culto e iscrizioni sulle pietre che chiudevano i loculi delle opera del III secolo
catacombe. In un trattato risalente al 180 circa, scritto dal teologo Clemente Alessandrino, si trova un
primo elenco dei temi iconografici tipici delle prime forme d'arte cristiana, tra questi: la Colomba dello
Spirito Santo, il pesce, la nave a vele spiegate, il pescatore, il buon pastore, l'ancora, il monogramma di Cristo.[79] Il simbolo della
croce era ancora perlopiù assente e comunque privo del richiamo alla passione di Gesù ma bensì raffigurato con un significato
escatologico.[80]

III secolo: le grandi persecuzioni [ modifica | modifica wikitesto ]

Lo stesso argomento in dettaglio: Persecuzione dei cristiani.

Persecuzione di Decio [ modifica | modifica wikitesto ]


Nel corso del III secolo l'impero romano si trovò scosso da guerre intestine, invasioni
barbariche e da una grave crisi economica.[81] Nonostante l'opposizione di alcuni imperatori la
religione cristiana, che si era diffusa anche nella classe dirigente, rivaleggiava ormai con vecchi
e nuovi culti, soprattutto nei grossi centri urbani, che facevano da riferimento amministrativo. La
forza sulla quale la giovane Chiesa fondava la propria autonomia era anche l'organizzazione
economica e finanziaria, che si alimentava delle elargizioni e soprattutto delle eredità dei fedeli.
Il suo patrimonio comprendeva beni mobili e soprattutto immobili (terre e fattorie), ed era gestita
efficacemente, in forme talvolta spregiudicate, attraverso vere e proprie "banche cristiane".[82]

Fin dall'inizio le prime comunità cristiane avevano subito persecuzioni, tuttavia le autorità
La Damnatio ad bestias in un romane non erano solite ricercare i fedeli attivamente, ma li processavano solamente quando
mosaico del III secolo a El Jem, in venivano allo scoperto. Queste vessazioni avevano soprattutto motivazioni politiche, filosofiche
Tunisia.
e religiose. Il monoteismo stava insidiando ovunque la vecchia cultura politeista; era un vero e
proprio scontro di idee e mentalità.[83]

La crisi del III secolo aggravò le cose. L'imperatore Decio trovò nei cristiani il capro espiatorio per la drammatica situazione e, nel
250, impose l'obbligo generale di compiere sacrifici agli dei, pena la morte. Questo obbligo, sebbene formalmente perseguito con
l'obiettivo di restaurazione delle tradizioni e di ripristino della pax deorum, fu in realtà una sorta di censimento religioso con cui
poterono essere riconosciuti i cristiani.[84][85] Tuttavia il disegno di Decio non era solamente quello di eliminare la religione cristiana,
ma bensì ad attivare un processo di riconversione dei cristiani all'antico culto romano, in modo da riconquistare la benevolenza degli
dei fondamentale agli occhi dei pagani contemporanei per risollevare la sorte dell'Impero, compromessa dalla difficile situazione.
Nonostante ciò, molti cristiani rifiutarono di abbandonare la loro fede e così moltissime furono le vittime di questa sanguinosa
persecuzione. Tra esse anche il vescovo di Roma Fabiano: imprigionato nel carcere Tulliano, il 20 gennaio del 250 si spense per la
fame e gli stenti.[85][86][87] Le persecuzioni coinvolsero anche le comunità orientali e in particolare quella di Antiochia, all'epoca la più
importante dopo Roma e Alessandria, i cui fedeli furono spesso condotti al martirio.[88]

Controversia sui lapsi e lo scisma di Novaziano [ modifica | modifica wikitesto ]


Lo stesso argomento in dettaglio: Lapsi e Antipapa Novaziano.

Con la morte di Fabiano e l'intensificarsi delle persecuzioni si accentuò un problema non nuovo, quello
dei lapsi ovvero quei cristiani che avevano rinnegato la fede per salvarsi ritornando a professare il
paganesimo. Nella Chiesa cristiana si erano già da tempo delineate due diverse posizioni: quella più
intransigente, perorata soprattutto dai vescovi nordafricani e asiatici, che chiedevano un nuovo
battesimo affinché gli apostasi fossero riammessi nella comunità; e una più indulgente, guidata dalla
Chiesa di Roma, che chiedeva solamente una penitenza e l'espressione di un sincero desiderio di
riabbracciare la fede cristiana.[89][90]

La spaccatura sulle due posizioni si inasprì con le accuse di tradimento rivolte al vescovo di Cartagine
Tascio Cecilio Cipriano ritenuto colpevole di essere fuggito per sottrarsi alle persecuzioni di Decio. Con
il suo momentaneo abbandono della cattedra vescovile, si era creato un vuoto di potere nella Chiesa
Icona raffigurante il
cartaginese subito colmato da alcuni esponenti che avevano deciso di non abbandonare la città vescovo di Cartagine Tascio
nonostante le persecuzioni e che avevano imposto che i lapsi dovessero essere riammessi senza il Cecilio Cipriano

benestare del vescovo titolare. Cipriano, che si ritrovava in una debole posizione, chiedeva invece che
fosse un concilio a doversi esprimere su di essi. Alla fine un concilio decise che i lapsi sarebbero stati riammessi nella comunità dopo
avere fatto penitenza ma coloro che fossero stati in precedenza parte del clero non più riammessi alla condizione sacerdotale.[91] La
forte personalità di Cipriano, che nonostante le accuse era riuscito a riprendere in mano la sua comunità, e la sempre più frequente
delega ai vescovi di dirimere le questioni relative alla riammissione dei lapsi contribuì a rafforzare, in particolare nell'occidente e in
nord Africa, l'ufficio vescovile.[92]

Del momento di sbandamento della comunità romana dovuto alle persecuzioni ne approfittò il presbitero Novaziano, sostenitore della
linea più intransigente, che pose la sua candidatura al pontificato. Inizialmente di idee più moderate, simili a quelle di Cipriano, una
volta che, nel marzo 251, venne eletto papa Cornelio I, cambiò posizioni verso una linea più intransigente rifiutando di la
riammissione dei lapsi nella Chiesa, considerati caduti in un peccato non perdonabile. La sua successiva autoproclamazione a
vescovo di Roma a aprì un profondo scisma nel mondo cristiano che perdurò per secoli.[89][92] Contestualmente si aprì un ulteriore
dibattito riguardante la validità del sacramento del battesimo amministrato dagli eretici e in particolare a coloro che avevano ricevuto il
battesimi da vescovi seguaci di Novaziano ma che poi volevano ritornare nella Chiesa cattolica. Sebbene la Chiesa di Roma ne
sostenesse la validità, in quanto la sua efficacia non poteva dipendere dallo stato di grazia di chi lo amministrava, molti altri vescovi
orientali e nordafricani dissentirono energicamente. La linea romana prevalse solamente dopo che Stefano I ebbe invocato la sua
autorità superiore in quanto successore dell'apostolo Pietro; fu la prima volta che il vescovo di Roma rivendicava apertamente tale
prerogativa.[93][94]

Il pericolo di una completa rottura tra la Chiesa di Roma e quelle asiatiche e nordafricane venne scongiurato solo con il successivo
pontificato di Sisto II, di indole assai più conciliante, che riuscì a riportato la pace all'interno del mondo cristiano. Tuttavia, in parziale
accordo con la posizione decisamente assunta dal suo predecessore, incentivò l'uso romano di riammettere alla comunione con la
Chiesa mediante l'imposizione delle mani e di ritenere valido il battesimo da loro amministrato in quanto "Ipse est qui baptizat" (Egli è
colui che battezza).

Editto di tolleranza di Gallieno e nuove controversie teologiche [ modifica | modifica wikitesto ]


Sebbene la persecuzione di Decio si fosse attenuata intorno alla primavera del 252, i soprusi contro i cristiani continuarono anche
con i suoi successori. Molto intensa fu la persecuzione sotto l'imperatore Valeriano, che nell'agosto del 257 aveva emanato un primo
editto con cui veniva imposto a vescovi, preti e diaconi di compiere rituali pagani condannandoli all'esilio se non avessero
ubbidito,[95][96] mentre l'anno successivo inasprì le pene prevedendo la morte per i cristiani che non avessero abiurato, che si
riduceva alla degradazione per i senatori e funzionari imperiali. Molti esponenti cristiani scampati alle persecuzioni di Decio trovarono
la morte a causa di questi nuovi editti, tra cui il vescovo di Cartagine Tascio Cecilio Cipriano, decapitato il 14 settembre 258, il
vescovo di Roma Sisto II martirizzato nell'agosto 258 insieme all'arcidiacono Lorenzo. Il vescovo di Alessandria Dionisio, ebbe salva
la vita, ma fu costretto all'esilio.[96][97]

Le continue oppressioni lasciarono le comunità cristiane in una situazione di grave disordine, tanto che al martirio di Sisto II la sede di
Roma rimase vacante per quasi un anno. Le cose cambiarono nel 260 quando il nuovo imperatore Gallieno emise un editto di
tolleranza che diede un assetto legale alla Chiesa. Si inaugurò così un periodo di pace tra pagani e cristiani che durò per circa
quarant'anni, fatte salvo alcune sporadiche persecuzioni di militari convertitisi al cristianesimo rifiutatisi di continuare a combattere in
quanto in contrasto con i precetti della loro religione.[86][98] La Chiesa cristiana appariva oramai come un'entità ben organizzata e
dotata di consistenti mezzi finanziari e con la fine delle persecuzioni riuscirà a rafforzarsi ancora di più.[99]

Sebbene ai cristiani fossero state risparmiate le sanguinose persecuzioni, l'unità della comunità fu minacciata da nuove controversie
teologiche; tra esse il sabellianismo, che poneva forti dubbi sulla questione della Trinità. Un concilio indetto a Roma nel 262 definì la
dottrina della Trinità e dichiarò eretica la posizione di Sabellio. Furono inoltre rifiutate le false opinioni di coloro che, come i Marcioniti,
in modo analogo separavano la Trinità in tre esseri completamente distinti o che consideravano il Figlio di Dio come un essere
"creato", anziché "generato" come dichiaravano le Sacre scritture. Si dovette anche mediare con il vescovo di Alessandria Dionisio,
espressosi in termini tutt'altro che ortodossi riguardo al Logos e alla sua relazione con Dio Padre, e con il vescovo di Antiochia Paolo
di Samosata che per sdebitarsi con la regina di Zenobia, aveva assecondato le sue pretese in materia teologica che proponevano
l'idea di un Cristo divenuto gradualmente Dio per adozione da parte del Padre. Dopo tre infruttuosi sinodi indetti tra il 264 e il 268
infruttuosi, Paolo venne scomunicato grazie all'intervento del retore Malchione.

Alla fine del secolo andarono a svilupparsi ulteriori correnti eretiche, come quella del manicheismo e iniziò anche a riscuotere un
certo successo il culto orientale di Mitra, producendo diversi problemi alla Chiesa cristiana. In contemporanea si andava sempre più
affermando il prestigio della sede di Roma sulle altre.

La grande persecuzione di Diocleziano e il donatismo [ modifica | modifica wikitesto ]


Lo stesso argomento in dettaglio: Persecuzione dei cristiani sotto Diocleziano e Donatismo.

Il periodo di tolleranza per la chiese terminò bruscamente quando nel 303, su


istigazione di Galerio, desideroso di intraprendere una politica di restaurazione,
l'imperatore Diocleziano proclamò una violenta persecuzione.[100] Questa si rivelò
una repressione sistematica volta a eliminare del tutto il cristianesimo
dall'impero.[101] Le comunità furono soggetto all'esproprio delle proprietà, al
sequestro dei testi e dei libri sacri mentre i fedeli vennero condannati ai lavori forzati,
alla tortura e, sempre più spesso, alla pena capitale. L'obiettivo di Diocleziano fu di
colpire la Chiesa cristiana nel suo apparato organizzativo.[102][103]
Ultima preghiera di martiri cristiani, di Jean-
Léon Gérôme (1883) A seguito di quattro editti emanati in successione, venne deciso che ai cristiani era
fatto divieto di riunirsi, che i loro luoghi di culto dovevano essere distrutti e i beni
sequestrati, che il clero doveva essere condotto in carcere e, a partire dal 304, a tutti i cristiani era posto l'obbligo di offrire sacrifici
agli dei. Gli effetti di questi editti furono differenti a seconda dei luoghi dove furono applicati: se la repressione fu molto dura a Roma,
in oriente, in Frigia, in Egitto, a Ponto e in Cappadocia, mentre in occidente, dove regnavano Massimiano e Costanzo.in Gallia, ci si
limitò solo alla distruzione di alcuni edifici utilizzati dai cristiani per le loro assemblee.[104]

Il successore di Diocleziano, lo stesso Galerio che aveva instillato l'idea della persecuzione, riconobbe che tale strategia era
totalmente fallimentare e pertanto, poco prima di morire, concesse un editto generale di tolleranza,[N 5] che segnò la fine delle
persecuzioni contro i cristiani e la restituzione dei beni ecclesiastici loro confiscati in precedenza “a condizione che non operino in
alcun modo contro la costituzione dello stato”. Vennero inoltre, invitati “a pregare il loro Dio per la nostra (dell'imperatore) salvezza,
per quella dello stato e per la loro propria”.[101][105]

Come era successo in occasione delle precedenti persecuzioni, anche a seguito di quelle intraprese da Diocleziano sorse il problema
relativo alla riammissione nella Chiesa di coloro, in particolare i vescovi, che per la paura di perdere la vita avevano consegnato ai
magistrati romani i libri sacri e rinnegato la loro fede. La posizione più severa nei loro confronti venne presa dal vescovo di Numida
Donato di Case Nere le cui idee dettero vita, intorno al 311, al donatismo. Secondo i suoi seguaci i sacramenti amministrati dai
vescovi lapsi (detti traditores, in quanto avevano compiuto una traditio, ovvero la consegna dei testi sacri ai pagani) non sarebbero
stati validi. Questa posizione presupponeva, dunque, che i sacramenti non avessero efficacia di per sé, ma che la loro validità
dipendesse dalla dignità di chi li amministrava.[106]

Nel 311 Ceciliano di Cartagine era stato consacrato vescovo da Felice di Aptungi, quest'ultimo sospettato di apostasia. Sebbene la
posizione prevalente della Chiesa romana fosse quella di ritenere tale sacramento valido, alcuni ecclesiastici guidati da Donato di
Case Nere si opposero dando vita a uno scisma e appellandosi a Costantino. Questi, desideroso di ricomporre al più presto la
situazione, ordinò a Ceciliano di presentarsi di fronte a lui con dieci vescovi della sua fazione e dieci dell'altra, e scrisse a papa
Milziade perché aprisse un'inchiesta. Infine, l'imperatore convocò nel 314 un concilio ad Arles che dichiarò il donatismo eretico e non
compatibile con la fede cristiana, affermando l'indipendenza del sacramento dalle qualità morali di chi lo amministrava. Ciò, tuttavia,
comportò uno scisma all'interno della Chiesa nordafricana tra le due posizioni teologiche, che perdurò per secoli. Fu la prima volta
che un imperatore romano intervenne direttamente negli affari della Chiesa.[106][107]

Attestazione del culto dei martiri [ modifica | modifica wikitesto ]


Lo stesso argomento in dettaglio: Primi martiri della Chiesa romana e Martirologio.

Una delle conseguenze delle persecuzioni fu l'attestazione nelle primitive comunità


cristiane del culto dei martiri, ovvero coloro che erano stati vittime delle oppressioni
perdendo la vita nel confessare la propria fede in Gesù Cristo e nei suoi
insegnamenti. Per essi si arrivò a una vera e propria venerazione che giungeva
quasi a invidiarne la loro sorte in quanto considerati un modello di santità.
Parallelamente nacque un folta produzione letteraria in cui si descrivevano i processi
e le esecuzioni di coloro che subirono le persecuzioni. Tra questi acta si ricordano Una martire cristiana (olio su tela del pittore
Passio sanctorum Scilitanorum, Passio Perpetuae et Felicitati, Passio Montani et Henryk Siemiradzki, 1897, Varsavia, National
Museum)
Lucii, interrogatori di san Dionigi, interrogatori di San Cipriano. Nei secoli successivi,
fino al medioevo, tale produzione continuò seppur a carattere leggendario e
apologetico.[108][109]

Fu abituale trasformare le tombe dei martiri e le loro abitazioni in luoghi di culto in cui si radunavano i fedeli, spesso in clandestinità,
per tributare preghiere e onori al loro confratello defunto; a partire dal IV secolo, quando il cristianesimo poté essere professato
liberamente, sorsero nelle stesse ubicazioni le prime basiliche o Martyrion, anche se talvolta, soprattutto a oriente, si preferì traslarne
i corpi in edifici più degni.[108][110]

Inizialmente il culto dei martiri era soprattutto locale: ogni comunità venerava i propri, a cui venivano dedicate le celebrazioni più
solenni nell'anniversario della loro morte (depositio martyrum); successivamente la loro venerazione andò a diffondersi in tutte le
chiese di tutta la cristianità, anche grazie alla traslazione delle reliquie; nel VI secolo il culto dei martiri era oramai diventato
universale tanto da essere definito come "l'omaggio rispettoso e riconoscente della comunità cristiana a chi si era sacrificato per
essa, la confidenza in colui che tutto aveva dato a Cristo e quindi tutto poteva ripromettersi da Lui, la preghiera rivolta in forma
semplice e discreta a chi era sicuramente nella gloria del Cristo".[110]

L'arte cristiana nel III secolo [ modifica | modifica wikitesto ]


Nonostante le sanguinose persecuzioni, durante il III secolo si assistette a un incremento generalizzato
della pratica di eseguire raffigurazioni a tema religioso all'interno dei luoghi di culto cristiani. Dunque, i
fedeli non si limitarono più a decorare soltanto oggetti liturgici e loculi, ma iniziarono a essere affrescate
anche le pareti delle catacombe e delle domus ecclesiae (abitazioni private dedicate al culto).[111] Tra
gli esempi più noti giunti fino a noi, le domus ecclesiae ritrovate sotto le basiliche romane dei Santi
Giovanni e Paolo e di San Clemente al Laterano entrambe a Roma e gli affreschi della casa-chiesa di
Dura Europos in Siria (probabilmente il primo affresco a tema cristiano che si conosce.)[112]

È stato sottolineato come gli stili con cui vennero realizzate tali opere differiscano notevolmente da una
zona geografica all'altra ma come i temi siano, invece, molto simili; a tal proposito gli studiosi hanno
Cristo cammina sulle proposto la possibilità che in seno ai cristiani del tempo fossero sorti dei gruppi che svolgevano
acque, affresco nella casa-
un'intesa attività missionaria, spostandosi su largo raggio, e che utilizzavano le rappresentazioni sacre
chiesa di Dura Europos
a scopo didattico.[113]

Tra i temi biblici più frequentemente rappresentati, che poi si svilupperanno anche nel secolo seguente, troviamo, l'Arca di Noè, il
Sacrificio di Isacco, Passaggio del mar Rosso, i tre giovani nella fornace, Susanna e i vecchioni, Giona e la balena, Daniele nella
fossa dei leoni.[114] Tra le rappresentazioni neotestamentarie troviamo invece alcuni miracoli di Gesù, l'Incontro con la samaritana,
moltiplicazione dei pani e dei pesci, Battesimo di Gesù.[115]

IV secolo: l'imperatore Costantino e l'epoca dei grandi concili [ modifica | modifica wikitesto ]

Svolta costantiniana [ modifica | modifica wikitesto ]


Lo stesso argomento in dettaglio: Svolta costantiniana ed Editto di Milano.

Quando, nel 306, Costantino divenne imperatore romano la religione cristiana conobbe una
legittimazione e a una affermazione impensabili solamente fino a pochi anni prima, ricevendo
prima diritti e poi addirittura privilegi. Era consuetudine che ogni nuovo imperatore proponesse
il culto di una nuova divinità, la scelta di Costantino a favore del Dio dei cristiani fu da lui
spiegata a seguito di un sogno premonitore prima della sua grande vittoria nella battaglia di
Ponte Milvio.[116][117] Gli storici ritengono che tale decisione fosse dovuta sia alla volontà di Moneta di Costantino (ca.327)
con la rappresentazione del
dare vita a una nuova era, sia nella speranza che il cristianesimo, oramai diffuso in tutte le
monogramma di Cristo sopra il
classi sociali, potesse rappresentare un valore comune su cui riformare l'impero nel segno labaro imperiale
dell'unità. Con l'Editto di tolleranza di Milano del 313, più probabilmente un accordo con Licinio
che un vero editto, Costantino avviò una sempre più sistematica integrazione della Chiesa
all'interno delle strutture politico-amministrative dello Stato, arrivando a considerarsi alto patrono della Chiesa e ritenne di doverne
favorire lo sviluppo e la purezza delle dottrine. Una serie di editti successivi restituirono alla Chiesa cristiana le proprietà
precedentemente confiscate, sovvenzionando le sue attività e sollevando il clero dai pubblici uffici.[107]

Grazie a tutto ciò, i cristiani poterono venire allo scoperto come non mai; vennero costruite grandissime chiese, come la basilica di
San Giovanni in Laterano, allora in grado di ospitare fino a 10 000 fedeli. La città di Roma, tuttavia, rimaneva ancora prevalentemente
pagana, con le famiglie aristocratiche restie a lasciare le antiche tradizioni.[118] I vescovi cristiani poterono godere di un'affermazione
sociale a cui seguirono importanti incarichi pubblici. Un esempio di questa elevata classe vescovile fu Eusebio di Cesarea, fidato
consigliere dello stesso imperatore di cui scrisse una biografia.[119]

Arianesimo e il concilio di Nicea [ modifica | modifica wikitesto ]

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