anche qui siamo costretti a raccogliere testimonianze parziali, che spesso ri-
guardano solamente alcuni individui, senza poter emettere giudizi generali. È
anche necessario mostrarsi attenti all’evoluzione storica, e alla cronologia:
poiché ciò che vale per le primissime generazioni non vale, ipso facto, per la
fine del III secolo.
nell’epoca post-paolina si trova un ultimo dettaglio convergente, benché
di delicata interpretazione. nel 96, sotto domiziano, alcuni membri della fa-
miglia imperiale si vedono improvvisamente accusati di “ateismo”, di “mol-
lezza” e di “costumi ebraici”: essi subiscono una condanna con questo capo
di imputazione2. Forse erano cristiani.
In seguito, con il crescere delle comunità, le cose vanno evolvendosi. Ver-
so la metà del II secolo la comunità romana, secondo ciò che riporta il Pasto-
re di Erma, è alquanto mescolata: sebbene vi siano molti “poveri”, un gran
numero di consigli vengono rivolti ai “ricchi”. Soprattutto (e la cosa sembra
da sottolineare), nelle esortazioni prodigate all’interno dell’opera, non viene
detto nulla di speciale agli schiavi.
alcune signore fortunate sono ricordate da Clemente, Tertulliano e Ippo-
lito3. e queste “ricche”, per via della loro mentalità e dei loro costumi di vita,
creano alla Chiesa diverse preoccupazioni, morali e disciplinari.
nel III secolo, sia prima che dopo le persecuzioni che hanno caratterizza-
to il decennio degli anni 250, sotto decio e poi sotto Valeriano, si assiste a
una crescita che coinvolge tutte le classi, tutti i livelli culturali e, secondo eu-
sebio, sotto diocleziano, fin dentro il palazzo imperiale.
aggiungeremo una questione connessa e per nulla trascurabile: la penetra-
zione del cristianesimo nell’esercito. Si sa che alcuni soldati venivano a cerca-
re Giovanni Battista al Giordano; è anche nota la figura del centurione “ti-
2 Si tratta di Tito Flavio Clemente, console nel 95 e cugino di primo grado dell’im-
peratore regnante, domiziano, e di Flavia domitilla, di cui non si conosce l’esatto lega-
me di parentela con il primo (sua moglie secondo Cassio dione, Storia romana 67, 14,
1-2; sua nipote secondo eusebio, he 3, 18, 4). Flavio Clemente fu condannato a morte
(si veda anche Svetonio, Vita di Domiziano 15, 1), domitilla esiliata nell’isola di Ponza
(al largo della Campania). Il cristianesimo di domitilla è sconosciuto prima di eusebio;
l’esistenza di una catacomba cristiana, a roma, che porta il suo nome, ha forse favorito
la leggenda.
3 Sulla struttura sociologica della comunità cartaginese ai tempi di Tertulliano (in
anche la relativa nota di a. ChaSTaGneL in Histoire Auguste, Paris 1994, 152; compare
anche nella scena XVI su un rilievo della Colonna di Marco Aurelio (la popolare Colon-
na Antonina a roma, piazza Colonna). L’interpretatio christiana del “miracolo” è in
Tertulliano, Ad Scapulam 4,6: In Iouis nomine Deo nostro testimonium reddidit.
5 «neque enim ciuitates tantum, sed uicos etiam atque agros superstitionis istius
Molto presto ci furono anche famiglie cristiane che battezzavano i loro figli
alla nascita. Paolo fa allusione al battesimo di un’intera “famiglia” (1Cor
1,16). Cosa che doveva includere anche i bambini. L’esempio di Policarpo
sembrerebbe probante. nel 167, quando gli fu intimato di maledire il Cristo,
il vecchio vescovo di Smirne esclamò: «da ottantasei anni servo il Cristo, e
non mi ha fatto alcun male. Come potrei bestemmiare il mio re, che mi ha
salvato?»9. Questa frase implica un battesimo ricevuto nella primissima infan-
zia. Le lettere di Ignazio citano in varie occasioni la «casa» o la «famiglia» di
questo o di quel destinatario, a cui è personalmente rivolto il saluto. anche in
questo caso, i bambini devono essere inclusi.
Un aneddoto raccontato da Cipriano10 può essere stimolante: sotto de-
cio, nel corso della liturgia, una bambina piccola, posseduta dal demonio, si
dibatte e sputa l’eucaristia; la causa è che poco prima la sua nutrice l’aveva
portata a un sacrificio pagano, e le aveva fatto assaggiare del pane bagnato
nel vino che veniva offerto agli idoli (il racconto è istruttivo sotto diversi
punti di vista, in particolare circa la comunione dei piccolissimi, da subito
dopo il battesimo).
Va però notato che la prassi comune, e ampiamente attestata, era quella
del catecumenato, e dunque del battesimo degli adulti. «L’iniziazione cristia-
na in antico mira alla globalità dell’uomo e per questo richiede vari tempi,
modi e condizioni per realizzarsi… L’iniziazione era cosa seria e impegnativa,
perché comportava l’annientamento del vecchio modo di pensare e di vivere,
la destrutturazione della precedente personalità per costruirne una nuova»11.
Questo evidentemente suppone un cammino di conversione che non è pensa-
bile per i bambini.
ancora nel quarto secolo il concilio di nicea è costretto ad interdire l’or-
dinazione di un neofita, ma ancora la prassi verrà messa in atto con casi fa-
19 Mart. Pol. 9,3 (tr. a. QUaCQUareLLI, I Padri Apostolici, roma 1978, 165).
10 Cf. De lapsis 25.
11 a. dI BerardIno, Istituzioni della Chiesa antica, 94. Cf. a. GenoVeSe, Una comu-
otranto, supportata da testimonianze che vanno dal IV secolo dopo Cristo in poi, che
mostra come all’inizio del II secolo in oriente le donne avessero un ruolo significativo
nelle celebrazioni cristiane: G. oTranTo, Il sacerdozio femminile nell’antichità cristiana,
“Journal of Feminist Studies” 7 (1991), 1, 73-94.
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loro un’importanza che non avevano, allo stesso livello, nelle civiltà contem-
poranee. del resto, per i pagani, il fatto che il cristianesimo fosse trasmesso
da creature di questo tipo, rappresentava un ulteriore motivo di rifiuto.
7.1. oriente
Asia Minore
abbiamo parlato dell’antica vitalità, attestata da fonti di diverso genere, delle
Chiese dell’asia Minore, sia di origine paolina che giovannea. Fin dall’epoca
apostolica la fede giunse a toccare contrade più orientali. Si veda l’indirizzo
della prima lettera di Pietro: «Pietro, apostolo di Gesù Cristo, ai fedeli che vi-
vono come stranieri, dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia,
nell’asia e nella Bitinia» (1,1). In Cappadocia, la presenza di un vescovo è at-
testata a Cesarea fin dalla fine del II secolo con alessandro, che fu ospite di
Clemente alessandrino. non possiamo tralasciare, meno di mezzo secolo do-
po, Firmiliano, contemporaneo e corrispondente di Cipriano. nel Ponto, a
metà del III secolo, bisogna segnalare l’opera missionaria di Gregorio il Tau-
maturgo, probabilmente allievo di origene a Cesarea Marittima.
ancora più a est, fuori dall’impero, nel regno indipendente dell’armenia,
l’evangelizzazione ha inizio nei primissimi anni del IV secolo. Grazie alla mis-
sione di Gregorio detto l’Illuminatore e alla conversione del suo sovrano, Ti-
ridate III, l’armenia divenne uno stato ufficialmente cristiano, ancora prima
dell’impero romano. Il cristianesimo rappresentò da questo momento in poi
la spina dorsale della cultura e della coscienza nazionali, rispetto al vicino
persiano15.
li I-III), Istituto Patristico augustinianum, roma 2016, dove viene presentata in ma-
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I cristiani risultavano nel II secolo poco numerosi nelle diverse regioni del-
la Palestina: in Galilea, dal forte popolamento ebraico che continuava a persi-
stere; in Samaria e zone costiere, dove Gaza restò, anche in pieno impero cri-
stiano, un baluardo del paganesimo. Il cristianesimo conobbe una qualche
espansione, nel III secolo, soltanto nelle città ellenistiche: per esempio Flavia
Neapolis (oggi nablus), città in cui era nato, il secolo precedente, l’apologista
Giustino. È da notare che, dopo la rivolta del 135, i vescovi di Gerusalemme
(Aelia), la cui lista viene redatta da eusebio, non sono di origine guidaica17.
In arabia il cristianesimo si diffuse abbastanza presto: alcuni giudeo-cri-
stiani, come è noto, si stabilirono oltre il Giordano fin dal I secolo. all’inizio
del III come dimenticare Berillo, vescovo di Bostra, che introdusse alcune
dottrine eretiche, noto per essere stato in disputa addirittura con origene18.
Fin da un’epoca molto antica esisteva anche, sulle frontiere siriane, un cristia-
nesimo di lingua semitica-arameofona (il siriaco è la forma di aramaico parla-
to a edessa, e noto tramite alcune iscrizioni pagane fin dal I secolo). Ma si ve-
rificarono alcuni nuovi sviluppi. distingueremo tre regioni: edessa e osroe-
ne, l’adiabene, la Persia.
Per quanto riguarda l’osroene (Mesopotamia romana), tradizioni antiche
fanno risalire la prima diffusione del cristianesimo a Taddeo-addai, Mari,
Tommaso e Bartolomeo. addai, uno dei settantadue discepoli, sarebbe giunto
a edessa poco dopo l’ascensione di Gesù. L’unica attestazione della presenza
del cristianesimo va riferita all’iscrizione di abercio di hierapolis, alla fine
del II secolo: abercio si sarebbe recato in Mesopotamia, dove avrebbe incon-
trato dei fratelli. Verso il 190 si segnala un vescovo, Palut. Questi sarebbe sta-
to ordinato da Serapione di antiochia: cosa che testimonia, almeno, se non
l’inizio assoluto del cristianesimo a edessa (che dovette avvenire prima, sotto
forme giudeo-cristiane), almeno delle relazioni, in quel periodo, con la gran-
de metropoli ellenofona. Sui primi passi della cristianità in osroene segnalia-
mo due fatti accertati e un fatto di difficile valutazione.
I due fatti accertati: il primo riguarda l’attività di Bardesane. alla fine del
II secolo la Chiesa di edessa acquistò un importante convertito nella persona
di Bar days.a–n (latinizzato, Bardesanes). nato in città verso il 155, sarebbe sta-
to iniziato alla filosofia da un sacerdote pagano di Mabbug-Ierapoli, e sareb-
be diventato cristiano verso il 180. Fu, per quanto ne sappiamo, il primo si-
riano a scrivere trattati eruditi nella sua lingua; compose anche alcuni inni
(così come suo figlio armonio). La reputazione di Bardesane è controversa:
eusebio lo celebra, o quasi, come un valente difensore della fede, avversario
degli eretici, mentre i siriani cristiani delle epoche successive videro in lui uno
gnostico: così per esempio efrem di nisibi nel IV secolo. Il problema riguar-
do al suo gnosticismo rimane aperto: il dialogo intitolato Libro delle leggi dei
paesi, scritto da uno dei suoi discepoli, e che lo vede protagonista, lascia tra-
sparire solamente un dualismo moderato, e insiste sulla libertà umana, che
trascende il destino e gli influssi astrali. Bardesane morì nel 222.
Il secondo fatto è la traduzione della Bibbia in siriaco. Bisogna distinguere il
caso dell’antico Testamento da quello del nuovo. Per quanto riguarda l’antico
Testamento, la Peshitta (o versione “semplice”, o “corrente”) fu stabilita diret-
tamente sull’ebraico, più probabilmente da ebrei anziché da cristiani (o forse da
giudeo-cristiani?), al più tardi verso la fine del II secolo. Molti libri, tra cui
quelli del Pentateuco, sono stati influenzati dai targumim. durante la sua tra-
smissione, la Peshitta ha anche subito, in alcuni libri, l’influenza della LXX. Per
quanto riguarda il nuovo Testamento, Taziano, nel II secolo, compose in siria-
co, più probabilmente che in greco, il Diatessaron, o “armonia dei quattro van-
geli”19. La vecchia versione siriaca dei vangeli, degli Atti, del corpus paulinum e
della maggior parte delle lettere cattoliche è databile tra il II e il III secolo; que-
sta “vecchia siriaca” ci è giunta attraverso i frammenti di due recensioni. La Pes-
hitta del nuovo Testamento, revisione della “vecchia siriaca”, è più tarda.
Quanto al fatto di difficile interpretazione, ci riferiamo all’improvvisa
conversione, all’inizio del III secolo, del re di edessa, in seguito alla quale il
principato di osroene sarebbe diventato il primo Stato ufficialmente cristia-
no. In adiabene (per un breve periodo, sotto Traiano, nel 116-117, provincia
romana di assiria), oltre il Tigri, si constata un forte e antico insediamento
ebraico, anche tra i gruppi dirigenti (la regina elena, citata da Flavio Giusep-
pe, e i suoi figli). non è improbabile un’antica presenza cristiana, o giudeo-
cristiana. Ciò nonostante, anche in questo caso, non dimenticheremo il carat-
tere favoloso delle tradizioni relative alla prima evangelizzazione del paese e
della sua capitale arbela: la pretesa missione di Mari, inviato a edessa da
Giuda Taddeo. Taziano il Siro era originario di arbela.
Il cristianesimo doveva impiantarsi, qualche generazione più tardi, ancora
più fortemente nella Mesopotamia persiana. Ciò fu favorito della cattura, da
parte del sassanide Sapore I, dopo l’invasione della Siria e la conquista di an-
L’Egitto
7.2. occidente
L’Africa
Roma e l’Italia
Fino al 325 il cristianesimo in Italia ha fatto progressi che ad harnack appaio-
no ben magri25. Si tratta, a suo modo di vedere, di un fenomeno urbano, a dif-
ferenza di quello della Proconsolare o della Siria e dell’egitto: ci metterà secoli
a cristianizzare le campagne, e il nord ha una trama urbana meno fitta del Sud.
La Chiesa romana continua a crescere, e si irradia sulle altre Chiese della
penisola, numerose soprattutto nell’Italia centrale (Lazio e Campania)26. Per
quanto riguarda la cristianità dell’Urbe, eusebio27 ci consegna un documento
prezioso, una lettera (o forse, di fatto, alcuni frammenti di due o tre lettere)
indirizzata da Cornelio al suo confratello Fabio di antiochia, tentato di rico-
noscere papa novaziano, rivale di Cornelio. Questi cerca di riavvicinare a sé
Fabio, e, dopo un ritratto al vetriolo di novaziano, mostra quali forze, unani-
mi, egli abbia dalla propria parte:
24 Sulle Chiese africane nel III secolo si veda y. dUVaL, Les chrétientés d’Occident et
leur évêque au IIIe siècle. «Plebs in ecclesia constituta» (Cipriano, «Ep.» 63), Institut d’é-
tudes augustiniennes, Paris 2005; Id., Chrétiens d’Afrique à l’aube de la paix constanti-
nienne. Les premiers échos de la grande persécution, Brepols, Paris 2000.
25 a. Von harnaCk, Missione e propagazione del cristianesimo nei primi tre secoli,
Questo vendicatore del Vangelo [novaziano] non sapeva che in una Chie-
sa cattolica ci deve essere un solo vescovo? eppure egli non ignorava (co-
me avrebbe potuto?) che in essa vi sono quarantasei presbiteri, sette dia-
coni, sette suddiaconi, quarantadue accoliti, cinquantadue esorcisti, lettori
e ostiari, più di mille cinquecento vedove e poveri, tutti nutriti dalla gra-
zia e dalla benevolenza del Signore28.
Resto dell’Occidente
È poco toccato dal Vangelo, anche nel III secolo, e la situazione sarebbe du-
rata fino a molto dopo Costantino.
La frase di Ireneo, che parla di «Chiese… fondate in Germania [...] o pres-
so i Celti»30, tradisce un entusiasmo forzato, così come è apologetica l’asser-
zione di Tertulliano a proposito della sottomissione al Cristo di «diverse gen-
ti delle Gallie»31. Per il sud-est della Gallia, invece, e in particolare per l’asse
del rodano (Lione, Vienna e arles) l’affermazione è ben fondata. a Lione la
persecuzione del 177 colpisce una comunità popolata in parte da stranieri
provenienti dall’asia; Ireneo testimonia l’esistenza di una propaganda gnosti-
ca che «anche nella nostra zona di Lione [ha] ingannato molte donne»32. ad
28 Ibid., 6,43,11.
29 CIPrIano dI CarTaGIne, Ep. 55,9,1.
30 Ireneo dI LIone, Haer. 1, 10, 2.
31 TerTULLIano, Iud. 7,4.
32 Ireneo dI LIone, Haer. 1,13,7.
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33 In verità, il concilio di elvira pone dei problemi pesanti, non solamente relativi al-
la sua datazione (tra il 295 e il 314? – oppure più avanti sotto Costantino), ma addirit-
tura riguardo alla sua stessa esistenza. Qualcuno pensa che si tratti di una semplice rac-
colta, e piuttosto tarda, di canoni: cf. J. VILeLLa, Canons du pseudoconcile d’Élvire et
«Code Théodosien»: l’interdiction des sacrifices païens, in J.-n. GUInoT e F. rIChard
(edd.), Empire chrétien et Église aux IV et V siècles. Intégration ou concordat?, Cerf, Pa-
ris 2008, 211-237.
34 a. dI BerardIno, Istituzioni della Chiesa antica, 74.
35 del Sud dell’Illyricum, di lingua greca (penisola ellenica, Macedonia, Tracia), non
sappiamo quasi nulla: situazione paradossale, se si pensa che la regione (Filippi, Tessalo-
nica, atene, Corinto) aveva conosciuto da vicino la missione paolina.
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Maggiori informazioni in F. P. rIzzo, Gli albori della Sicilia cristiana. Secoli I-V,
37
38 Cf. J. BLoMQVIST, Una lingua che ha resistito al tempo: i tre millenni del greco,
(o revisioni) della Bibbia, precedenti a Girolamo ma che continuano a circolare dopo di lui,
fino al momento in cui la Vulgata, a lui attribuita nel suo complesso, le sostituisce comple-
tamente sotto Carlo Magno. Le VetLat costituiscono la “Bibbia dei Padri latini”: sono note
tramite manoscritti più o meno frammentari e tramite le citazioni degli scrittori ecclesiasti-
ci. Si veda C. kannenGIeSSer, Patristic Hermeneutics, in C. kannenGIeSSer (ed.), Hand-
book of Patristic Exegesis. The Bible in Ancient Christianity, Brill, Leiden 2004, 165-269.
43 Potremmo domandarci quale fu influenza del cristianesimo sulla lingua latina: è la
9. Evangelizzare in versi?
Quando la Chiesa si estese dalla Palestina al mondo greco e poi a quello lati-
no, sviluppò per forza di cose forme innodiche nuove, adattando le tradizioni
non solo ebraiche, ma anche orientali alla nuova lingua che incontrava45. Pli-
nio il Giovane nell’epistola a Traiano sull’attività dei cristiani in asia Minore,
ci fornisce una preziosa testimonianza sui primi sviluppi dell’innologia popo-
lare: «affermavano che erano soliti riunirsi nel giorno stabilito, prima dello
spuntar dell’alba, per rivolgere insieme degli inni a Cristo come a dio»46. Ta-
le costume, largamente diffuso presso i cristiani dell’asia Minore, venne illu-
strato più tardi da Tertulliano, il quale nel 197, riferendosi nell’Apologeticum
allo scambio epistolare tra Plinio e Traiano, attesta che l’espressione carmen
dicere doveva essere intesa secondo l’uso classico, nel senso di «cantare» un
inno47. Il canto liturgico cristiano si svolgeva «nel giorno stabilito», presumi-
bilmente di domenica, e consisteva quasi certamente nell’ufficio dell’alba.
delle composizioni dei primi tre secoli ci resta ben poco e solo in greco.
anche sette eretiche si servivano di canti e poesie per diffondere e far meglio
trologia, vol. III, Marietti, Casale 1978, 241-321; a. SaLzano, Agli inizi della poesia cri-
stiana latina. Autori anonimi dei secc. IV-V, edisud, Salerno 2006.
46 Ep. 96,7.
47 Apologeticum 2,6.
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assimilare le loro dottrine48, uso adottato successivamente oltre che dagli aria-
ni anche dai donatisti. La più antica poesia cristiana non è di carattere dotto,
ma popolare, spesso con contenuto dottrinale, talvolta legata alla liturgia
(forme eucologiche, litaniche, eucaristiche) di ispirazione biblica. Il genere
più usato è la salmodia; risultano numerose composizioni salmodiche non di
origine biblica: tra le più famose le Odi di Salomone. Clemente alessandrino
è il primo scrittore ortodosso conosciuto come autore di inni. di composizio-
ni latine dei primi tre secoli non abbiamo nulla, però dovevano esserci, se si
ritiene la testimonianza di Tertulliano49. Tali inni tuttavia erano un elemento
di preghiera, senza altre pretese. In genere dovevano avere una prosa specia-
le, che veniva cantata, caratterizzata da assenza metrica, parallelismo e influs-
so biblico.
Se prendiamo in considerazione l’ambito latino, notiamo un netto ritardo
della poesia, non soltanto rispetto alla prosa, ma rispetto alla coeva espressio-
ne ed elaborazione greca. Si discute se ciò sia dovuto al disprezzo di un genere
letterario classico, oppure al fatto che la poesia pagana latina era diventata un
esercizio letterario di scuola, senza alcun contatto con la vita, ed era pertanto
incapace di esprimere la vita e i sentimenti dei cristiani. Certamente doveva es-
serci una certa sfiducia verso la poesia per ragioni morali e religiose, come si
può dedurre da agostino50. Molto più tardi Isidoro di Siviglia scriverà: «al cri-
stiano è proibito leggere le invenzioni dei poeti, poiché esse con il diletto di
menzognere favole eccitano la mente a stimoli di libidine»51. Il contenuto della
poesia, più che il genere letterario, suscitava in ambiente cristiano forti preoc-
cupazioni, al punto da spingere Basilio a scrivere il capolavoro che va sotto il
nome di Oratio ad adolescentes, esortandoli a non consegnare agli altri, anche
se sono autori illustri dell’antichità, «il timone della vostra intelligenza»52.
Quando i cristiani cominciarono a servirsi della poesia si attennero il più
possibile alle regole classiche, senza innovare, se non nel contenuto. Tradizio-
nalismo, oltre che nelle forme anche nelle fonti: orazio, Terenzio, ovidio,
ma soprattutto Virgilio, espressione del sommo sapere per un latino e base
fondamentale per ogni formazione culturale. Serviva una piattaforma comu-
ne, quasi una lingua, ben nota agli uditori, che permettesse di esprimere con-
cetti nuovi senza staccarsi troppo dalla quotidianità. In questo i cristiani sep-
pero usare un genere studiato, ben conosciuto da tutti, per mediare dei con-
tenuti di fede, e questo è una nuova forma di missione.
48 Si veda, tanto per fare qualche esempio, Ireneo, Adv. haer. 1,15,6; TerTULLIano,
De carne Christi 17; 20; aTanaSIo, Oratio contra arianos 2,2-10; De synodis 15.
49 Adv. Marcionem 3,22; De spect. 19 e 39; Ad uxorem 2,8,8.
50 Confess. 1,13,14; 17.
51 Sententiae 3,13,3.
52 Or. ad adulescentes 1,5-6.
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5311,4: Οὗτος ὁ ἀπ’ ἀρχῆς, ὁ καινὸς φανεὶς καὶ παλαιὸς εὑρεθεὶς καὶ πάντοτε
νέος ἐν ἁγίων καρδίαις γεννώμενος.
54 12,4: Οὐδὲ γὰρ ζωὴ ἄνευ γνώσεως, οὐδὲ γνῶσις ἀσφαλὴς ἄνευ ζωῆς ἀληθοῦς.
55 12,7: ῎Ητω σοι καρδία γνῶσις, ζωὴ δὲ λόγος ἀληθής, χωρούμενος.