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William Monter

Riti, mitologia e
magia in Europa
all’inizio dell’Età
moderna
Saggio in esame per l’approfondimento personale

ELABORATO DI STORIA MODERNA

Andrea Cangialosi

09/01/2010
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SOMMARIO

Premessa ................................................................................................................................................................... 4

Prologo ...................................................................................................................................................................... 6

La religiosità popolare nell’Europa tardo-medievale ............................................................................................. 7

Il protestantesimo erastiano .................................................................................................................................. 10

La tradizione calvinista ...........................................................................................................................................12

L’Inquisizione nei paesi cattolici ............................................................................................................................13

Il cattolicesimo centro-europeo ..............................................................................................................................14

L’America: cristianesimo, religioni amerinde e superstizione ............................................................................. 15

Guerra alla superstizione: 1680-1725 .....................................................................................................................16

La tolleranza e i suoi oppositori nell’Europa centro-orientale ............................................................................ 18

Gli ebrei in Europa ..................................................................................................................................................19

Considerazioni .........................................................................................................................................................21
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PREMESSA

La principale motivazione che mi ha spinto a scegliere questo saggio nella rosa proposta è l’intenzione di
leggere, sotto una nuova luce, le ombre dell’Età moderna.

Quali sono stati i mutamenti nel pensiero teologico-filosofico dell’anticamera dell’Illuminismo? Ci sono state
realmente determinate e distinte confessioni protestanti? E poi, ancora, cosa sono stati: magia bianca e nera,
reliquie, kermis, vodu? E le reazioni come i processi dell’Inquisizione e il catechismo oppure i pogroms e
l’antisemitismo in genere, in che modo si sono manifestate? Non è forse in questi secoli che si mostrano con
vigore le prime avvisaglie di ateismo?

In conformità a questi interrogativi, nasce poi l’esigenza di contestualizzare, confrontare, inquadrare


storicamente – lavoro egregiamente svolto dallo storico E.W. Monter – in maniera sintetica e accessibile,
data l’ingente mole del materiale disponibile. Si cercherà quindi sì di approfondire i punti summenzionati,
ma anche di prendere scorciatoie, al fine di rincorrere il filo rosso che s’intravede già.

La struttura del saggio in esame è stata custodita, nei suoi capitoli, ad eccezione dell’epilogo, che sarà
reintegrato lungo il percorso. Ai fini di una più spedita lettura e valutazione, alcuni di questi saranno “saltati”
in toto.
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PROLOGO

Edward Gibbon, all’interno della sua opera Storia della decadenza e caduta dell’Impero Romano, attesta la
tolleranza che, di fatto, “produceva non solo una mutua indulgenza, ma anche una concordia religiosa”,
durante la reggenza degli imperatori stoici del secondo secolo. È bene, quindi, che i termini, “tolleranza” e
“superstizione”, siano letti secondo l’accezione odierna, poiché i pilosophes dell’età dei Lumi non se ne
distaccarono di molto.

L’etimologia latina non rendeva la virtù della prima né la negatività della seconda. Superstitio, super-stare,
parole che indicano lo stare sopra ovvero l’aggiungersi ad altro. Invece, toleratio, viene da un verbo che
significa sopportare o sostenere, in primo luogo, il dolore, fisico o morale.

Nel I secolo a.C., gli scrittori latini adoperavano il termine “superstizione” riferendosi a un erroneo
“divinare”, o, come Cicerone, per indicare insignificanti pratiche religiose. Questa connotazione negativa,
accrescendosi, culminò nel IV secolo, con gli autori del cristianesimo trionfante. Per i greci, erano credenze o
pratiche nate dall’ignoranza e dal timore irrazionale per ciò che è sconosciuto e misterioso, quelle che il
termine descriveva; o, ancora, riti superflui.

La “tolleranza” fu come cemento per il consolidamento della pax romana, una virtù connaturata e
condiscendente. I martiri cristiani prima del terzo secolo, di fatti, furono conseguenza d’insurrezioni popolari
più che della politica. Lo stato romano fece buon viso a credenze differenti dalla propria, dopotutto, fuorché
queste non risultassero pericolose. La divinazione e le pratiche di magia facevano parte della quotidianità e
non vi furono decreti riguardanti altro che quelle recanti offesa a uomo o animale. Difficile dire, se vi fu
un’aurea aetas all’altezza di tale tolleranza, i cui provvedimenti politici potessero tutelare le credenze e le
usanze religiose che si discostavano da quella ufficiale dello stato.

Unanime, invece, è il giudizio sulla lotta alle forme religiose, considerate licenziose, immorali o implicanti
sacrifici umani. Queste interferivano con l’ordinamento amministrativo romano, nonché la sua religione
ufficiale. Le ripetute distruzioni degli altari isiaci ne sono una dimostrazione. Oltre a quello di Iside, altri culti
misterici pre-cristiani dovettero superare un lungo periodo di cattività prima di ricevere il benestare romano.
Fa eccezione l’ebraismo, prima nella politica ellenistica, poi in quella romana. Furono garantiti: protezione
dell’autorità ufficiale, tassazione separata, larga autonomia e privilegi. Questo fino al 66 d.C., giacché la
ribellione e la distruzione di Gerusalemme, le successive lotte, ne mutarono il rapporto. Nonostante ciò, gli
ebrei restarono adepti di una religione permessa, al modico prezzo di un’imposta speciale.

I contemporanei di Gibbon e Voltaire danno l’impressione di essere stati forse meno superstiziosi, ma anche,
a loro modo, meno tolleranti dei summenzionati imperatori. La meta della tolleranza e dell’abbandono della
superstizione è lontana, ma la sua ricerca inizia intorno al 1500, dopo la scoperta di Colombo; la cacciata
degli ebrei dalla Spagna e conversione forzata in Portogallo; l’invenzione della stampa, che non va riferita
soltanto all’umanesimo critico di Erasmo, ma anche alla diffusione, ad esempio, del Malleus Maleficarum,
vero e proprio manuale della caccia alle streghe.
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LA RELIGIOSITÀ POPOLARE NELL’EUROPA TARDO-MEDIEVALE

L’uniformità con cui diocesi e parrocchie rivestirono l’Europa dal Portogallo alla Polonia, dalla Scozia alla
Dalmazia, non deve trarre in inganno sull’uniformità della pietà cristiana cattolica. L’elemento sicuramente
unificatore è stato l’obbedienza al pontefice, garantita da una sovrabbondanza di ecclesiastici, soprattutto
nella Germania tardo-medievale. La Chiesa, aveva recuperato la fiducia popolare, dopo i colpi assestati dallo
Scisma d’Occidente (1054) e dalle varie eresie in materia dottrinaria.

L’arte religiosa e la letteratura spirituale congiuntamente ai documenti contabili parrocchiali costituiscono


l’indispensabile strumento d’indagine di questo periodo storico. Le pratiche e il tipo d’istruzione popolare
dimostrano delle peculiarità, come grandi studiosi come Johann Huizinga, in L’autunno del Medioevo, e
Émile Mâle, ne hanno sintetizzato i tratti con parole come “umiltà iperbolica”, “umiltà eccessiva” e “umiltà
fantasiosa”.

Ad esempio, si denota dall’ammontare delle donazioni o delle abluzioni, il primato del Venerdì Santo o della
Pasqua, unica occasione in cui si esigeva che i parrocchiani facessero la comunione, e quindi, si
confessassero. La Quaresima e la Settimana Santa, per la pietà popolare, erano periodi d’importanza capitale
per la vita religiosa. Durante questi, avvenivano esenzioni di pagamento dei debiti o altre usanze, come
l’espressione di propri canti devoti a Natale. Ancora, nelle Fiandre, vi era la credenza di un “carro infernale” o
carro di sangue (Bloewagen), con il quale diavoli ubriachi, sputando fiamme e sangue, si aggiravano adirati
per il cielo, nei dodici giorni seguenti alla festività dell’Incarnazione. Evidentemente, il fondo pagano di
queste popolazioni è rimasto integro, un sostrato alle credenze cristiane. J. Toussaert, ne Le sentiment
religieux en Flandre à la fin du Moyen Age scrive: “Nell’età dei manoscritti e delle miniature continuavano a
vivere l’età del bronzo e del ferro”.

Sempre dagli atti ecclesiastici, quelli delle visite vescovili, si inferiscono le mancanze del clero accusate dal
popolo: celebrazione regolare della messa e amministrazione dei sacramenti. Nessuna traccia, invece, di
lamentele per l’ignoranza del prete o di una sua concubina, che, al contrario, spesso era nascosta all’occhio
indiscreto dell’ispettore. La popolazione non distingueva i confini del sacro e del profano; il clero non
predicava più su temi di fede, non spiegava il significato dei riti. La critica degli umanisti fu dunque massiccia
e pungente: “monachatus non est pietas” proclamava Erasmo, e, duecento anni dopo, “Écrasez l’infâme”,
intimava Voltaire. Ancora una volta, la pietà era largamente intrisa di mitologia, magia e miracolismo.

Quest’ultimo, in particolare il culto mariano originatosi nell’Alto Medioevo, si sviluppa in un fiorire


rigoglioso e invadente. Nella Germania meridionale tra il periodo del 1200-1360 e quello del 1360-1530, i tipi
di santuari si ripartiscono in queste misure1: 55, poi 242, mariani; 24, poi 58, dedicati a Gesù; 53, poi 192,
dedicati ai santi. La devozione popolare al Figlio si collocava ampiamente dietro di quella della Madre,
nonostante Gesù Cristo fosse sempre preferito, nelle quantità, a qualsiasi singolo santo.

Altro fenomeno di mariolatria fu la creazione di cappelle o ermitas, ove avvenivano guarigioni miracolose.
Queste furono un connubio, talvolta, di devozione e militarismo. Ad esempio, a sud del Tago, furono situati
in castelli precedentemente costruiti dai conquistadores; in Baviera, invece, fu eretto, nel luogo dove prima
sorgeva una sinagoga, il santuario schöne Maria (Maria la bella), dopo massacro ed espulsione degli Ebrei.
Altri riferimenti a guerre e movimenti politici non furono ad esempio manifesti nel cambiamento del culto:
Mater dolorosa, affermatosi ai primi del Trecento; Maria dolens, nel Sacro Romano Impero; Vergine dei
Sette Dolori, nelle Fiandre. La devozione del Rosario nacque dai serti di fiori che Giovanna d’Arco e le sue
compagne intrecciavano; queste “corone” poi divennero preghiere, 10 Ave Maria e un Paternoster.

La devozione tardo-medievale a Gesù Cristo si espresse più di tutto nel Cristo crocifisso o il Cristo Morto
delle varie Pietà. In minor misura, si guardò al Cristo adulto, come maestro, predicatore e operatore di

1 L.Rothkrug, Religious Practices and Collective Perceptions


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miracoli. Gli fu dedicata una nuova festività, quella del Corpus Domini, ciò nonostante questa non tenne
testa alle feste mariane.

L’incidenza dei santi nella vita religiosa si può denotare dall’onomastica dei fedeli. Il loro ricordo
sopravviveva ai nomi pagani nelle zone, sia periferiche settentrionali sia in quelle orientali, della cristianità. Il
più popolare era san Sebastiano, assieme a san Rocco, entrambi venerati come protettori contro la peste.

Non tutta la cristianità si dimostrò acritica, al contrario, prima ancora di Erasmo, degli antesignani del
protestantesimo iniziarono a muovere attacchi contro le reliquie (famosa la Corona di Cristo, cui Filippo II
fece sottrarre una spina per porla sul capezzale del figlio malato), le flagellazioni rituali (come quella di Carlo
V a Yuste) e i pellegrinaggi.

Gli storici dell’arte e della letteratura si sono soffermati sull’ansia dell’uomo tardo-medievale della morte, in
un periodo in cui la crescita demografica, stranamente, era in aumento. Un’ondata di trattati sull’ars bene
moriendi e il successo dei dipinti di Danze macabre coincisero con la diffusione della dottrina del purgatorio
e l’esecuzione di messe commemorative pro defunctis, assieme ad altre tipologie d’indulgenza. La Dance
macabre, pubblicata a Parigi nel 1485, era “destinata ad incutere paura e suonare ammonimento”2 in tutta
l’Europa. Oltre gli scheletri danzanti, su svariate lapidi tombali del tempo sono ritratti cadaveri in stato di
putrefazione o, altrove, preti ridotti a scheletro che celebrano la Messa per i morti. Queste messe post portem
erano in uso, sia trai ricchi sia trai poveri, fondamentali nelle quantità più che nel simbolismo. Notabili di
piccole città, infatti, usavano commissionare messe commemorative, in perpetuum, alla loro morte.
Indulgenze convalidate dai papi, collezionisti di reliquie, come Alberto di Brandeburgo, e giubilei, durante i
quali la remissione dei peccati era “plenaria”, dimostrano come il fenomeno era altrettanto grande nella
domanda quanto nell’offerta, palesamento della preoccupazione popolare per la sorte delle anime purganti.

Fenomeno considerato tipico dell’alto Medioevo è l’antisemitismo. I primi pogrom, massacri indiscriminati,
risalgono al tempo della prima Crociata; nel 1215 il Concilio Laterano propose che gli ebrei portassero una
fascia gialla al braccio per distinguerli; dal 1350 in poi si sarebbe raggiunto l’apice: in Germania dopo la
Grande Peste; in Francia, durante l’ascesa al trono di un nuovo sovrano; in Spagna, la più massiccia caccia
all’ebreo si ebbe nel 1391, durante un interregno. Le espulsioni avvennero invece in Inghilterra nel 1290, in
Francia nel 1394 e in Spagna nel 1492, come una sorta di “soluzione finale” ad una lunga storia di
persecuzioni. Gli stessi conversos cristiani, come l’ex-rabbino Alonso de Espina, e i discendenti, come
l’inquisitore Torquemada, si prodigarono nell’antisemitismo. Vincenzo Ferrer, un santo domenicano, invece,
minacciò di scomunicare coloro i quali avessero intrattenuto relazioni con gli ebrei. Altre discriminazioni
ancora, come in Spagna l’esclusione dalle cariche pubbliche, si perpetrarono e protrassero nonostante i papi
stessi si pronunciassero contro l’idea dell’assassinio rituale fin dal 1247. Al contrario, numerosi furono i
processi e le predicazioni architettate al proposito, addirittura vi fu un bambino, Simone da Trento, che fu
beatificato volutamente. Altri casi di antisemitismo, specie nella Germania meridionale e in Baviera, furono
quelli delle ostie sanguinanti. Queste furono attestate in altre parti dell’Europa, ma la particolarità di questa
regione, stette nel processare e condannare ebrei, accusati come colpevoli per aver trafitto l’ostia. Gli studiosi
hanno ipotizzato una correlazione fra l’antisemitismo e le apparizioni mariane, nel loro crescendo.

Su questa stessa scia, forse, è possibile mettere in relazione la credenza nella stregoneria, invenzione della
religiosità popolare del tardo Medioevo, e quella nel purgatorio. L’Inquisizione pontificia si può considerare
stabilita già nel Concilio presieduto a Verona nel 1184 da papa Lucio III e dall'imperatore Federico
Barbarossa, con la costituzione Ad abolendam diversarum haeresum pravitatem e fu perfezionata da
Innocenzo III e dai successivi papi con l'occorrenza di reprimere il movimento cataro, diffuso nella Francia
meridionale e nell'Italia settentrionale, e di controllare i diversi e attivi movimenti spirituali e pauperistici.
Prima del Quattrocento, furono rari i processi riguardanti le pratiche magiche compiute in forza di patti col
Diavolo; dopo il 1425, queste, divennero un fatto ordinario. Si ricordi la pubblicazione del Malleus
Maleficarum, proprio nel 1486. Kirckhefer 3 dimostra che più ci si accosta alle concrete credenze popolari
sulle streghe meno s’incorre nel diabolismo (l’accusa di commercio col diavolo); più sono gli ecclesiastici

2 J. Huizinga, Autunno
3 R. Kirckhefer, European Witch-Trials: Their Foundations in Popular and Learned Culture
9

coinvolti, maggiore diventa il ruolo del diavolo. Nel dettaglio, in alcune deposizioni, si parlava di bambini o
animali colpiti dal malocchio, presenza di “sabba”, orge con i demoni e imbandigione di bambini morti.

La religione popolare quattrocentesca era più che altro una pietà degenerata e superstiziosa, appunto, in
molte sue forme. In tal senso e in questa direzione, la cristianità avviò un’istruzione religiosa organizzata,
attuata con il catechismo e con lezioni o prediche regolari.

Solo nel Settecento sarà l’élite dei dotti a riclassificare la stregoneria come forma di superstizione. L’approdo
ad una visione più laica e meno coercitiva della religione, ha alle spalle un lungo navigare per “acque
tempestose”.
10

IL PROTESTANTESIMO ERASTIANO

Il primo protestantesimo, oltre alle caratteristiche di rottura teologica con il cattolicesimo (giustificazione
sola fide, interpretazione sola Scriptura, etc), apporta una notevole mutazione in ambito di dignità laica. In
questo senso, prediche e pubblicazioni in lingua volgare, riscattarono un successo, forse, insperato.

Quello di Lutero, e non degli scritti latini di Erasmo, fu un fenomeno editoriale senza precedenti. Privando
ogni aureola di sacralità al clero e di altre sue prerogative peculiari, permise a molti studiosi, di aprirsi a
nuove Utopie. Queste, infatti, si succedettero trai riformatori, sia Lutero 4 stesso, sia Eberlin von Günzberg,
ad esempio. Questi produsse una versione più elaborata dell’Utopia protestante, formulando leggi e statuti di
“Wolfaria” ovvero “il paese dove tutto funziona al meglio”5.

Le critiche protestanti furono molteplici e variegate, fra queste si notano, ad esempio, le denunce delle messe
pro defunctis operate dai preti, chiamati Torenfresser ovvero “divoratori di morti”. La suddetta “dignità
laica” fu innalzata al rango degli ecclesiastici, una volta privati sia santi che sacerdoti della possibilità di
compiere miracoli. Le parole stesse, il sermone, riflettevano questa intenzione, adoperandosi in minuti e ore
di cognizioni teologiche e no.

Quando le intenzioni si tradussero in azioni, il movimento protestante fu eversivo e talvolta drammatico. A


Ginevra, nel 1535, dopo aver dichiarato che il braccio di Sant’Antonio era un pene di cervo e il cervello di san
Pietro una pietra pomice, le reliquie furono rimosse: dappertutto dilagò questa nuova forma d’iconoclastia.
Insomma, si può stabilire un quadro delle pratiche religiose popolari che il luteranesimo epurò da usanze
cattoliche, e queste, a loro volta, furono purificate con l’avvento dell’anglicanesimo; le chiese riformate, in
ultimo, tentarono di sorpassare l’una e l’altra confessione.

La Chiesa d’Inghilterra, nonostante fosse oggetto di derisione da parte dei puritani (a loro avviso, ad
esempio, le processioni erano un voler “gettare l’incantesimo sui campi” 6), non si attenne alla concezione
luterana secondo la quale ogni pratica cattolica che non fosse un abuso lampante poteva essere mantenuta in
vita, né accettò il principio riformato secondo il quale era da giudicare superfluo o superstizioso tutto quanto
non fosse esplicitamente raccomandato dalla Sacra Scrittura.

Utilizzando la fonte dei testamenti, è stato possibile, attraverso inferenze 7 rilevare una certa rivalutazione del
Cristo, nei preamboli soprattutto, e un minore uso di formule inerenti a Maria o ai santi. Durante il periodo
che va dal 1591 al 1600, sotto Elisabetta, non vi fu alcun testamento cattolico, di contro a 75 protestanti e 92
“neutrali”. Sempre dalla documentazione inglese, in particolare del tribunale dell’Essex, si rileva un’accanita
caccia alla strega. Le concezioni e tradizioni invalse nelle chiese protestanti erastiane, ovvero sottoposte al
controllo laico dell’autorità civile, poi, risultano simili nei riguardi della magia nera. Nelle imputazioni
difficilmente potevano mancare i maleficia, in altre parole un danno concreto a persone o animali, non più il
diabolismo, il quale risultò anzi più tollerato. Gli accertamenti giudiziari erano accompagnati da grande
cautela: “prima che qualcuno sia condannato a morte, ci deve essere una prova valida e sei testimoni
oppure un’esplicita confessione della persona incriminata”8. Al pari di Stoccolma, la common law inglese
vietava la tortura se non nei riguardi di chi era imputato di tradimento.

Nei riguardi della magia bianca, il trattamento fu morigerato e totalmente differente. I “maghi guaritori”,
coloro i quali diagnosticavano la presenza della stregoneria o la curavano con la magia terapeutica, furono
numerosissimi in tutta Europa. Era raro che fossero condannati ad altro che pubbliche umiliazioni o
penitenze. Si trovavano uniti nel giudizio, i teologi e gli studiosi, nel confidare nella provvidenza divina,
responsabile sia del male nel mondo, che permette, sia del bene, che vi si può fare. I prodigi compiuti dal

4 M. Lutero, An den christlichen Adel deutscher Nation (Appello alla nobiltà cristiana della nazione tedesca)
5 S.G. Bell, Johann Eberlin von Günzberg’s Wolfaria – The First Protestant Utopia
6 K. Thomas, Religion and the Decline
7 D.M. Palliser, Tudor York
8 B. Ankerloo, Trolldomsprocesserne
11

Diavolo sono tutte illusioni, sono quindi reputate dei mira e non dei miracula. “[..] i maghi e le streghe
professavano di se stessi soltanto l’opinione della gente. Infatti sono persuasi dal diavolo di potere con le
proprie arti mettere in subbuglio gli elementi”, diceva il teologo luterano Johann Brenz 9, a riguardo. Pur
tuttavia, le principali correnti del protestantesimo, presumevano possibili atti di opere magiche maligne con
o senza l’ausilio del Diavolo, in forza del peccato originale. Un passo chiave della Bibbia (Esodo 22, 18)
riporta il monito: “Non lascerai vivere la strega.”; ciò legittimava in qualche maniera la persecuzione della
stregoneria.

Caspar Peucer10, nonostante si scagliasse contro la divinazione “diabolica”, dava la sua approvazione per la
rabdomanzia e l’astrologia, reputate forme “naturale” della stessa. Per tutto il Cinquecento, nell’Europa
protestante e cattolica, le autorità misero in atto dei compressi con la magia dotta, condannandone però, la
sua controparte popolare. In Germania, ad esempio, si manifestarono nel primo Seicento, mistioni di chimica
mistica e politica religiosa, che costituirono il movimento dei Rosacroce: frutto esoterico di un mondo
alchimistico e protestante. Secondo Reginald Scot, non vi era differenza tra le pratiche magiche e i riti
cattolici: “Sono tali e quali nelle regole, nelle procedure, nelle formule e differiscono solo per un fatto
accidentale: i papisti le fanno apertamente senza pudore alcuno [..]”11.

In Germania, dopo la Pace di Augusta, subentrò il principio del cuius regio, eius religio presentandosi così
una situazione in cui nessuna delle confessioni in contrasto riuscì a primeggiare, bensì si assistette ad una
coesistenza de facto. L’Inghilterra non ebbe mai un momento di unificazione religiosa, i contrasti erano
causati dal susseguirsi di monarchi con differenti ideologie e prese di posizione del parlamento. Soltanto
oltreoceano, nelle colonie nordamericane, si realizzarono le Utopie religiose di tolleranza, come in Rhode
Island e nelle Providence Plantations. Nel Settecento, invece, la situazione inglese muta e, riferita alla Francia
di Voltaire o anche all’Europa luterana, sembra in netto miglioramento la tolleranza religiosa. Il paragone
cede al confronto con le Province Unite dei Paesi Bassi, invece, dove vi era un'altra tendenza alla tolleranza.
Anche se nel Seicento, ad esempio, i predikants calvinisti tentarono invano di opporsi alle pratiche olandesi
come la festa o sagra del santo patrono: il kermis, la più sfrenata festa orgiastica conosciuta nell’Europa
protestante.

Con marce diverse, attraverso strade differenti, il viaggio verso una condizione incubatrice il pensiero
illuminista, si percepisce in tutta l’Europa.

9 E. Midelfort, Were There Really Witches?


10 K. Peucer, Commentarius de praecipuis divinationum generibus
11 R. Scot, Discovery
12

LA TRADIZIONE CALVINISTA

(v. Premessa, pg 4)
13

L’INQUISIZIONE NEI PAESI CATTOLICI

Come già precedentemente accennato, l’Inquisizione duecentesca, si ripartiva in tre grandi istituzioni
giudiziarie: spagnola, italiana e portoghese. Queste, nei secoli XVI e XVII acquisirono un ruolo più ampio e
nuove giurisdizioni. Avendo preso sotto esame l’enorme documentazione inquisitoriale, gli storici hanno
tracciato nuove indagini, ottenendo originali risultati12.

Le Inquisizioni operanti nei paesi mediterranei non furono per nulla sanguinarie rispetto ai tribunali laici,
nella prima età moderna. Le stesse, ebbero un trasparente maggior interesse nel voler capire le ragioni, i
moventi degli imputati, adoperando astuzia e psicologia, formulando sentenze ben motivate. Agli inquisitori
stava a cuore ciò per distinguere, ad esempio, tra rei pentiti e impenitenti, tra peccatori occasionali e
volontari, tra bricconi e imbecilli. Lo strumento principale è stato il ripetersi ciclico d’interrogazioni e contro-
interrogazioni, con manifesto intuito psicologico. Anche le sentenze erano articolate in più parti: la seconda
della quale prevedeva un castigo molto più lieve di quello in precedenza annunciato. L’obiettivo, insomma,
era di portare gli accusati a vergognarsi e pentirsi dei crimini, piuttosto che “della violenza” era una “cultura
della vergogna”, appunto.

Un terzo dei casi inquisitoriali spagnoli 13 riguardava proposiciones heréticos, vale a dire la scoperta,
l’emendazione e la rieducazione dei “vecchi cristiani”. Questi erravano nel credo, professando inesattezze
risalenti al tempo precedente all’insegnamento sistematico e catechistico. Fra questi errori, molti
riguardavano la verginità di Maria, il dogma trinitario, la fornicazione tra non sposati e il Giudizio
Universale. Il “controllo del pensiero” si tradusse nella censura della stampa e della distribuzione di opere
eterodosse o sediziose. Furono coinvolti sia autori e stampatori sia i lettori stessi, repressi attraverso la
Congregazione dell’Indice dei libri proibiti.

La mira di tutte queste attività era la difesa tanto della morale quanto dell’ortodossia. Era ancora forte
l’intolleranza religiosa, ma nei riguardi della magia si registra una sorta di trattamento “illuministico”.

12 J. Pérez Villanueva, La Inquisición Española. Nueva Visión, nuevos horizontes.


13 H. Kamen, The Spanish Inquisition
14

IL CATTOLICESIMO CENTRO-EUROPEO

(v. Premessa, pg 4)
15

L’AMERICA: CRISTIANESIMO, RELIGIONI AMERINDE E SUPERSTIZIONE

Nonostante l’intento dei primi conquistadores fosse prettamente economico (oro, precisamente), le
conseguenze dell’arrivo della cristianissima Spagna nelle Americhe furono molteplici. I culti di Quetzacoatl e
Huitzilopotli furono completamente sovrascritti dall’acculturazione forzata dei missionari, così avvenne, più
lentamente, in altre zone americane. La frontiera missionaria trovò difficoltà di penetrazione in Perù e in
Brasile, soprattutto, insediandosi lungo la direttrice nord-ovest, area precedentemente azteca. Lo stimolo era
dato dalla presunta superiorità morale del cristianesimo, la quale infervorava i missionari, qualunque fosse la
nazionalità di questi.

Alcune divinità furono inglobate e “convertite”, come ad esempio la Madonna di Guadalupe, patrona degli
indiani del Messico; la popolarità e il culto rispecchiavano quello della suprema dea azteca 14. Altri espedienti
della “conquista” religiosa furono i catechismi. Nel 1539 fu stampato il primo, in lingua spagnola e nahuati,
seguito da una serie di Doctrinas, in quasi tutte le varie lingue amerinde. Si presentavano spesso in formule
di domanda e risposta.

Nonostante l’intento, la credenza nella stregoneria traspirò e si mischiò all’acculturazione cristiana degli
schiavi africani deportati e venduti per lavorare le vaste piantagioni. A riguardo, si ricordi la presenza
dell’Inquisizione che dalla Vecchia, attraccò nella Nuova Spagna. Le relaciones de causas15, annualmente e
rigorosamente stilate, rivelano particolari atti processuali. Gli imputati sospettati e, o condannati
superstiotiosos o di hechicerías furono numerosissimi. Si registrarono casi di stregoneria collettiva, praticata
da confradías, soprattutto a Cartagena, nel secondo decennio del Seicento. Una madrina della divinità, una
sorta di dama d’onore, dirigeva veri e propri convegni, organizzati per adorare divinità pagane. I rituali
prevedevano distribuzioni di segrete bevande alcoliche agli iniziati. Come nelle congreghe europee, si
richiedeva: rinuncia al Dio dei cristiani, al battesimo, al culto della Madonna; poi, altri elementi distintivi
furono: l’osculum infame, in altre parole il marchio del Diavolo, unguenti per volare, crocifissi calpestati,
balli a lume di candela con tanto di presenza del diavolo in forma di caprone.

Mentre in Europa, la stregoneria era una commistione unica di magia e diabolismo, tra i Navajos o altre
tribù, questa era scarsamente presente. La magia, e soprattutto quella omeopatica, tende ad assomigliarsi,
nel mondo, rendendo ostica la ricerca dell’esistenza di specifiche influenze europee sulle credenze magiche e
stregonesche preesistenti. La più importante fra queste è la “vecchia religione”: il vodu haitiano o guineano.
Più che di stregoneria, è opportuno parlare di una forma di religione afro-americana, che confuse i primi
osservatori francesi, alla vista dei sacerdoti, scambiati per maghi o stregoni 16. Frutto di sincretismo tra
credenze africane e cristiane, il vodu, confida nel potere magico dei sacramenti, battezzando gli oggetti del
proprio culto, ad esempio. Molti santi sono stati preservati ed il riferimento del calendario sacro è il Natale,
invece che la Pasqua. I boko o houndgan, sono sacerdoti che fanno uso di “entrambe le mani”, praticando sia
magia bianca sia nera. Possono avvelenare con il wanga; inviare incantesimi letali detti envoi-morts; far
rivivere morti in uno stato di semi-idiozia e costringerli all’obbedienza, i famosi zombi. Risuona l’eco europea
nelle zobop, streghe rurali che escono la notte, al suono di tamburelli magici che le convocano, in possesso
del potere di tramutarsi in animali e con una particolare fame di carne umana.

I popoli conquistatori e quelli conquistati si fusero, quindi, sotto diversi aspetti. L’America dell’età coloniale
fu teatro in una prodigiosa espansione del cristianesimo ed anche del sincretismo tra superstizioni europee e
altre, di provenienza dello stesso Nuovo Mondo.

14 J. Lafaye, Quetzacoatl and Guadalupe


15 S. Behocaray-Alberro, La actividad del Santo Oficio de la Inquisición en Nueva España
16 A. Métraux, Le Voudou haïtien
16

GUERRA ALLA SUPERSTIZIONE: 1680-1725

“La religione osservata senza criterio, una religione praticata con aggiunte perverse e impure; chiunque
usurpa il nome di religione in base a tradizioni umane, senza che ci sia per esse un’autorizzazione papale
[...]” con queste parole Reginald Scot definisce superstizione e il suo praticante, superstizioso. Questi visse il
Cinquecento, non consapevole che la sua lotta sarebbe stata ripresa da molti altri. Illuminista antesignano,
Baruch Spinoza, nel 1670, con l’uscita del Tractatus teologico-politicus dà fuoco alla barbara. La letteratura,
in questo periodo, si anima e si affina, una volta coinvolta, sarà proprio la République des lettres anglo-
franco-olandese a spianare la strada all’Illuminismo.

L’Europa è dappertutto in preda a riformismi politico-religiosi, in Francia, ad esempio, la legislazione


nazionale segregava mendichi e altri insubordinati, estromettendo il reato stregoneria. In nome
dell’assolutismo, la Francia assestò duri colpi contro la superstizione, ma anche contro la stessa tolleranza.
Tramite queste azioni si voleva imporre ai sudditi l’ordine e l’uniformità culturale. È il principio di una
profonda crisi, preludio di un nuovo modo di pensare, definita da Hazard “crisi della coscienza europea” 17.
Secondo la valutazione dello studioso, in un lasso di tempo relativamente breve si passò da una civiltà basata
sul dovere e sull'obbligo della più stretta obbedienza all'autorità, incarnata dal monarca e dal clero, a una
civiltà fondata sul diritto. I veri protagonisti di questo rivolgimento, che ebbe i suoi centri propulsori anche in
Inghilterra e nei Paesi bassi, furono J. Locke, J.B. Thiers e P. Bayle, sostenitori, specie il terzo, dell'assoluta
indipendenza della morale dalla religione; A. Shaftesbury, strenuo fautore del principio di tolleranza.

Pierre Bayle scrive, nella prefazione del suo più famoso libro 18: “È una questione molto controversa se sia
peggiore l’ateismo o la superstizione e si conviene che sono i due estremi perversi tra i quali si colloca la
pietà religiosa...”. Non solo intese spogliare le comete, come altri fenomeni, di quell’aura di misticismo, ma
anche accusò la superstizione di “incitare a commettere crimini [...] persuadendo che così si ubbidisce a Dio;
in questo modo si travalica tutte le barriere che la Ragione e i sentimenti naturali di onestà oppongono alle
passioni.” Il libro uscì anonimo. Oltre che sull’ateismo, infatti, Bayle scrisse dei confini stessi della tolleranza
religiosa, comprendendo che la religione tollerata era solo quella cattolica. Nelle sue argomentazioni
filosofiche, spesso paradossali ed estreme, egli volle perorare i diritti della “coscienza erronea”. “Bisogna
concedere all’errore le stesse prerogative, la stessa protezione e la stessa indulgenza che la coscienza retta
ottiene per la verità”, scrisse19 ancora.

Jean-Baptiste Thiers, parroco della diocesi di Chartres, fu un altro prolifico scrittore. Questi distingueva la
pericolosità delle superstizioni: in primis, “riti falsi e superflui”. In uno scritto trasse esempi dal trattato di
Calvino sulle reliquie attaccando il modo con cui san Carlo Borromeo volle far fronte ai problemi sotterrando
una falsa reliquia. Altrove20 si legge, ad esempio: “superstiziosa è una cosa o una azione quando gli effetti
prodotti non possono essere attribuiti alla Natura e quando tale [...] non è stata istituita né da Dio né in
modo esplicito dalla Chiesa per produrre tali effetti.”. Questo è soltanto uno dei quattro criteri proposti per
discernere, di qualcosa, l’inquinamento o no da superstizione.

Un’interpretazione economica della storia ecclesiastica ci perviene da Il Triregno di Giannone, un


anticlericale napoletano. Scritto sotto prigionia, egli propugnò che l’umanità non avrebbe mai potuto
raggiungere il Regno celeste se, prima, non fosse stata annienta la Chiesa stessa. Il primo trattato a sostegno
di una visione “ateistico-comunista” della civiltà, invece, fu scritto da Jean Meslier, parroco delle Ardenne.
Secondo questo, la religione avallava lo sfruttamento dei poveri e la Chiesa non era altro che una grande

17 P. Hazard, La crise de la conscience européenne.


18 P. Bayle, Pensées diverses écrites à un docteur de Sorbonne à l’occasion de la comète qui parut au mois
de décembre 1680.
19 H. Robinson, Bayle the Skeptic.
20 J.B. Thiers, Histoire critique des pratiques superstitieus.
17

costruzione superstiziosa. Mettendo in analisi l’alleanza fra trono e altare, giunse a proclamare che bisognava
impiccare tutti i sovrani e tutti i nobili dopo averli strangolati con le budella dei preti 21.

Ci si rese conto che la persecuzione religiosa era divenuta ormai anacronistica e i mutamenti che portarono al
suo regresso nacquero spesso dai membri stessi del clero. I letterati potevano ormai scrivere senza subire
conseguenze più gravi di allontanamenti, reclusioni e censure. Il clima intellettuale, soprattutto grazie al
razionalismo cartesiano e la sua concezione meccanicistica della realtà, propose un’alternativa plausibile a
cui si aggrapparono gli europei, per affrontare con successo la crisi delle coscienze summenzionata.

21 J. Meslier, Oeuvres complètes


18

LA TOLLERANZA E I SUOI OPPOSITORI NELL’EUROPA CENTRO-


ORIENTALE

(v. Premessa, pg 4)
19

GLI EBREI IN EUROPA

(v. Premessa, pg 4)
20
21

CONSIDERAZIONI

La meta idealizzata in tolleranza e abbandono della superstizione, percorsa dal saggio Riti, mitologia e magia
in Europa all’inizio dell’Età moderna, si può dire raggiunta solo per la seconda, non per la prima. Anche se
sporadici casi di superstizione continuarono a manifestarsi, ad esempio nella Venezia del 1709 (200
incriminazioni di stregoneria), per poi scemare velocemente.

Vorrei aprire le mie osservazioni personali riportando i punti cardine della ricerca all’interno della quale mi
sono voluto muovere:

Quali sono stati i mutamenti nel pensiero teologico-filosofico dell’anticamera


dell’Illuminismo? Ci sono state realmente determinate e distinte confessioni protestanti?
E poi, ancora, cosa sono stati: magia bianca e nera, reliquie, kermis, vodu? E le reazioni
come i processi dell’Inquisizione e il catechismo oppure i pogroms e l’antisemitismo in
genere, in che modo si sono manifestate? Non è forse in questi secoli che si mostrano con
vigore le prime avvisaglie di ateismo?

Come intese Bayle, l’unica religione tollerata fu quella cattolica. Se si riflette anche sulla costituzione
civilizzatrice del cristianesimo, in seguito cattolicesimo, appare chiaro come Hazard poté parlare di coscienza
europea: cattolicesimo come anima dell’Europa. Noto anche che questo fu solo un “ingrediente”, anche se il
principale, unitamente alle culture e tradizioni preesistenti (indicativo in proposito, il fenomeno di
sincretismo americano vodu).

Durante il riemergere del paganesimo e dei rituali (o semplicemente dell’attenzione datagli), l’unità teologica
e politica del cattolicesimo si fratturò più e più volte. Si potrebbe parlare di settarismi, moltitudini di diverse
accezioni dello “stesso” cristianesimo. Nel Settecento erano ancora chimeriche l’idea di un ecumenismo
protestante, altrettanto quanto la convivenza pacifica tra protestanti e cattolici.

In ultimo, si potrebbe dire che il colpo di grazia è dato dall’ateismo, che mette in difficoltà qualunque tipo di
dottrina, fino a quel periodo formulata, ponendo in dubbio l’utilità di “possedere” un’anima religiosa di sorta.
Forse per questo il pensiero si rifugia accanitamente nella razionalità, cercando di precludere lo
spiritualismo. Insomma, proprio l’opposto di quanto avvenne nei secoli precedenti, se vogliamo, nei quali la
ragione era obliata a favore di culti, rituali, credenze e misticismi.

Trovo molto utile far “dialogare” l’Illuminismo con i secoli decimosesto e decimosettimo, soprattutto, per
meglio comprenderne le dinamiche di mutamento e i conseguimenti degli stessi. Dorinda Outram 22 è stata
illuminante, a tal proposito, cercando di fornire il contesto sociale, la base concreta del cambiamento di clima
spirituale che va sotto questo nome.

Il protagonista della rinascita dell’Haskala, illuminismo ebraico, Moses Mendelssohn parla del fenomeno
come “processo di educazione dell’uomo all’uso della ragione” sintetizzandone sia l’incompiutezza sia quello
che diverrà un movimento di “filosofia popolare”, che ambiva a diffondere le idee illuministiche presso le
classi sociali inferiori.

A proposito del razionalismo dilagante, T. Adorno e M. Horkeimer23 scrissero dell’età dei Lumi: “L’uomo
aveva conquistato la sovranità sulla natura e quindi sugli altri esseri umani, attraverso un controllo
“razionale”, tecnologico, che implicava il rifiuto di vedere nella natura la sede di forze e poteri misteriosi
[...]. È essenzialmente totalitario, [...] abbandona la ricerca del significato e tenta semplicemente di
esercitare il potere sulla natura e sul mondo.” Se, da una parte, fu deificata la Ragione, dall’altra, come lo
stesso Kant ammonì, fu temuta. Egli riteneva che l’uso della ragione dovesse essere più ampio possibile,

22 D. Outram, L’illuminismo.
23 T. Adorno e M. Horkeimer, Dialettica dell’Illuminismo.
22

anche se consapevole che parossismi avrebbero potuto minacciare di sprofondare nel caos l’ordine sociale,
religioso e politico.

Questo non implicò sempre ostilità nei confronti della religione, come per Voltaire e Diderot, ma anche
interesse per le questioni teologiche, vedasi Christian Wolff e W. Gottfried Leibniz. Ad esempio: “Crediamo
nell’autorità della ragione e della coscienza. L’ultimo arbitro nella religione non è una chiesa, o un
documento, o un funzionario, ma la scelta e la decisione personali dell’individuo.” È uno dei principi degli
Universalisti Unitariani, che in questo periodo mostrarono un rinvigorimento. Financo Robespierre, “pur
nella sua moralistica intransigenza rivoluzionaria” dovette concedere un ritorno ai ritualismi e alla
religione, essenziale per la vita quotidiana delle masse 24.

Disse Kant che all’uomo spettava quell’“uscita dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso”.
Generalizzando e ignorando le dispute storiografiche sull’argomento, potremmo affermare che si ebbe una
formazione di una cultura unitaria, grazie anche all’obsolescenza del latino, al francese e alla familiarità con
la parola scritta e particolari manifestazioni artistiche pubbliche diffusesi. Questa a sua volta costituì una
nuova forza politica: l’“opinione pubblica”.

Fernand Braudel, uno dei principali esponenti della scuola delle Annales, parla di tempo geografico, il corso
della storia esemplificato da un mare, i cui movimenti si svolgono con diverse velocità nei diversi livelli 25. Se
quindi il susseguirsi di personalità politiche, tempo individuale, causò i mutamenti che la storia effettiva ci
riporta, durante la Rivoluzione francese, il Direttorio etc., la Restaurazione, in qualche modo, li riportò allo
stato originario. Più profondamente, però, si nota anche che gli ideali, le nuove strutture politiche ed
economiche, penetrarono nella cultura e nella civiltà europea che su queste si baserà nei successivi secoli. Da
questa storia, lievemente più mossa, si passa poi a quella del “fondale”, nelle sue fluttuazioni quasi
impercettibili: la lunga durata.

A mio giudizio, sia durante tutta l’Età moderna sia in seguito, per finire ai giorni nostri, l’uomo vive il
conflitto fra la razionalità, quindi le nozioni e le spiegazioni scientifiche, e la spiritualità, i misteri e
l’inesplicabile. Quasi del tutto secolarizzata, la società odierna vive ancora la dialettica fra estremismi, quali
l’ateismo materialista e il neopaganesimo o la new age, ancora non terminata: riprova che le problematiche
dell’età dei Lumi quanto di quella moderna, sono ancora attualizzabili.

24 A. Musi, Le vie della modernità.


25 F. Braudel, La Méditerranée.

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