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BIBLIOTECA DI STORIA SOCIALE

40

GIUSEPPE MARIA VISCARDI

VITA SOCIALE E MENTALITÀ RELIGIOSA


IN BASILICATA
ISTITUZIONI ECCLESIASTICHE, SANTITÀ
E DEVOZIONI (SECOLI XVI-XX)

Prefazione di
JEAN DELUMEAU

ROMA 2019
EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA
Prima edizione: aprile 2019
ISBN 978-88-9359-259-8
eISBN 978-88-9359-260-4

Pubblicato con il contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche

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Ai miei fratelli
Rocco, Maria Antonietta e Anna (1956-2015),
innamorati della Basilicata

Giuseppe Maria Viscardi, Vita sociale e mentalità religiosa in Basilicata. Istituzioni ecclesiastiche, santità e devozioni
(secoli XVI-XX), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2019
ISBN (stampa) 978-88-9359-259-8 (e-book) 978-88-9359-260-4 – www.storiaeletteratura.it
INDICE DEL VOLUME

Préface di Jean Delumeau....................................................................... ix


Introduzione............................................................................................. xi
Nota bibliografica..................................................................................... xix

Vita sociale e mentalità religiosa nella Basilicata moderna


(secoli XVI-XVIl).................................................................................... 1

Il seminario di Melfi dalle origini all’episcopato di Diodato Scaglia


(1590-1644).............................................................................................. 33
Appendice........................................................................................... 62

Chiesa ed etnie nella Basilicata post‑tridentina: albanesi e zingari


tra tolleranza e riforma religiosa (secoli XVI‑XVII)............................. 67
Appendice........................................................................................... 99

I sinodi lucani nell’età moderna (secoli XVI-XIX)............................... 105

Puglie e Basilicata: agiografia e identità regionali in movimento......... 143

Il culto di sant’Andrea Avellino in Basilicata e nel Mezzogiorno


in età moderna e contemporanea........................................................... 187

La Basilicata tra il Cristo di Levi e il ‘familismo amorale’


di Banfield............................................................................................... 211

Indice dei nomi a cura di Gennaro Mirolla......................................... 269

Giuseppe Maria Viscardi, Vita sociale e mentalità religiosa in Basilicata. Istituzioni ecclesiastiche, santità e devozioni
(secoli XVI-XX), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2019
ISBN (stampa) 978-88-9359-259-8 (e-book) 978-88-9359-260-4 – www.storiaeletteratura.it
PRÉFACE

Ma modeste participation à ce riche recueil d’articles sera pour souligner


l’importante contribution que Giuseppe Maria Viscardi a apportée, au cours
d’une carrière déjà longue, à une meilleure connaissance de la religion vécue
entre XVIe et XXe siècles par les habitants du Mezzogiorno italien. C’est une
région qu’il connaît profondément de l’intérieur et que ses enquêtes par-
courent inlassablement. Aussi a-t-il pris rang aujourd’hui parmi les grands
spécialistes actuels de l’ethno-histoire. D’autre part, il ne cesse de proclamer,
dans ses articles, sa dette, tant scientifique que sentimentale, envers ses
illustres devanciers, notamment Giuseppe De Luca et Gabriele De Rosa.
Enfin il est familier de la littérature internationale qui s’est dédiée depuis
bientôt un siècle au «vécu religieux» des régions auxquelles il consacre
inlassablement ses recherches.
Résulte de ses enquêtes une vision large, bien informée, sereine, éloignée
de toute polémique, de la religion vécue jusqu’à une période assez récente
par les populations habitant les parties reculées du Mezzogiorno, au contact
des régions marquées en Albanie ou dans l’ancienne Grande-Grèce par le
christianisme ‘orthodoxe’. Ses dossiers, peu exploités avant lui, nous révèlent
un univers un peu marginal qui méritait d’être regardé de près grâce aux
questionnaires de la science historique actuelle.
Les dossiers réunis dans le présent ouvrage nous révèlent un chercheur
à la fois attentif à ces questionnaires de la science historique actuelle et sen-
timentalement attaché à une région de la Péninsule italienne qui a été trop
longtemps négligée par les chercheurs.
Je tiens à exprimer ici à Giuseppe Maria Viscardi à la fois mon admira-
tion et ma gratitude pour ses recherches et pour ses analyses que j’ai souvent
utilisées pour mes propres travaux historiques.

Jean Delumeau

Giuseppe Maria Viscardi, Vita sociale e mentalità religiosa in Basilicata. Istituzioni ecclesiastiche, santità e devozioni
(secoli XVI-XX), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2019
ISBN (stampa) 978-88-9359-259-8 (e-book) 978-88-9359-260-4 – www.storiaeletteratura.it
INTRODUZIONE

Questo volume, con l’eccezione di quello agiografico, che riguarda


anche il caso delle Puglie, ospita saggi attinenti alla storia sociale e religiosa
della Basilicata in età moderna e contemporanea. Esso comprende un arco
cronologico che va dal secolo XVI al XX, dalla Basilicata di Sigismondo
Saraceno, vescovo cinquecentesco di Matera e Acerenza, a quella di Carlo
Levi ed Edward C. Banfield. Abbracciando il periodo della Riforma cattoli-
ca, della Riforma protestante, del Concilio di Trento e della Controriforma,
ovvero dell’età confessionale, come ha proposto di chiamarla Wolfgang
Reihnard, l’analisi giunge fino alle soglie del ‘miracolo economico’. È un
lungo itinerario, che, con riferimento all’agiografia, affonda le radici perfino
nel Medioevo.
Il titolo fa riferimento direttamente al primo saggio Vita sociale e men-
talità religiosa in Basilicata (secoli XVI-XVII), al quale sono particolarmente
legato, in quanto si tratta dell’ampliamento del contributo La mentalité reli-
gieuse en Basilicate à l’époque moderne, apparso nella miscellanea di studi in
onore di Jean Delumeau, Homo Religiosus. Autour de Jean Delumeau1.
In questo primo capitolo si affrontano, in forma sintetica, temi e proble-
mi che sono stati trattati e analizzati più diffusamente in Tra Europa e “Indie
di quaggiù”2, volume al quale queste pagine intendono riconnettersi.
Il secondo capitolo concerne le vicende del seminario di Melfi, ossia di
un’istituzione fondamentale, che costituisce l’unica vera novità introdotta
dai decreti di riforma del Concilio di Trento (1545-1563), visto che altri
istituti – come le visite pastorali, i sinodi diocesani e i concili provinciali
– erano già in funzione nel periodo medievale. Quello dei seminari è un

1
  G. M. Viscardi, La mentalité religieuse en Basilicate à l’époque moderne, in Homo Reli-
giosus. Autour de Jean Delumeau, Paris, Fayard, 1997, pp. 264-273.
2
  G. M. Viscardi, Tra Europa e “Indie di quaggiù”. Chiesa, religiosità e cultura popolare
nel Mezzogiorno (secoli XV-XIX), premessa di G. De Rosa, Roma, Edizioni di Storia e Let-
teratura, 2005.

Giuseppe Maria Viscardi, Vita sociale e mentalità religiosa in Basilicata. Istituzioni ecclesiastiche, santità e devozioni
(secoli XVI-XX), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2019
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xii VITA SOCIALE E MENTALITÀ RELIGIOSA IN BASILICATA

punto particolarmente delicato e importante, decisivo per il rinnovamento


della Chiesa e di quello che potremmo chiamare il suo personale. Ai semi-
naristi e, perciò, ai sacerdoti veniva chiesta una preparazione culturale, che
i preti dell’età medievale non sempre possedevano. Non bisogna dimenti-
care, infatti, che, come ricorda Lucien Febvre, «un Guillaume Farel, uomo
d’azione se mai ve ne fu, quando piombava su qualche chiesa alla testa di
una banda di suoi partigiani rimproverava al prete non di vivere male, ma
di credere male»3. Potremmo dire che dai protestanti veniva rinfacciata agli
uomini di Chiesa, specialmente del basso clero, la scarsa preparazione teo-
logica e l’ignoranza delle Sacre Scritture. Magari questi sacerdoti, che poi
avevano la possibilità di predicare, conoscevano fin nei minimi particolari
le vite dei santi e le loro azioni ‘mirabolanti’, ma frequentavano poco e male
la Bibbia, che, essendo disponibile solo in latino – si trattava della Vulgata
di san Girolamo –, non riuscivano a leggere agevolmente. I padri conciliari
vollero porre rimedio a queste deficienze e istituirono i seminari, centri di
informazione e di formazione, di scienza teologica e di pedagogia cristiana.
La storia del seminario di Melfi è, in un certo senso, paradigmatica della
storia generale di questa istituzione, che incontrò difficoltà pressoché dap-
pertutto. Eppure la diocesi melfitana, immediate subiecta Sedi Apostolicæ,
non era certo l’ultima delle diocesi meridionali. Basterebbe scorrere l’elenco
dei vescovi per rendersi conto che nella città che i Normanni avevano scelto
come capitale del ducato di Puglia (XI-XII secolo), primo nucleo dell’omo-
nimo reame, furono inviati pastori di una certa levatura culturale e morale.
Tra tutti spicca la figura di Diodato Scaglia (1626-1644), attento alla com-
plessa e composita realtà religiosa nella quale si trovava a operare. Le sue
costituzioni sinodali – come ho avuto modo di osservare in altra circostanza
– sono una sorta di piccolo catalogo etnografico, un documento di primaria
importanza per ricostruire tanto le strutture mentali, gli atteggiamenti e i
comportamenti dei fedeli di fronte alla morte e alle varie tappe della vita
(dalla nascita al matrimonio), quanto l’incontro-scontro dell’autorità eccle-
siastica con gruppi etnici allogeni, come i greco-albanesi e gli zingari.
A queste minoranze è dedicato il capitolo terzo. Insediati nelle diocesi
di Melfi e Rapolla, di Venosa e di Anglona e Tursi, i greco-albanesi, che
seguono il rito greco, creano qualche imbarazzo ai vescovi latini: su di essi

  L. Febvre, Le origini della Riforma in Francia e il problema delle cause della Riforma,
3

in Id., Studi su Riforma e Rinascimento, Torino, Einaudi Reprints, 1977, pp. 5-70: 23; tit.
orig. Une question mal posée: les origines de la Réforme française et le problème général des
causes de la Réforme, «Revue historique», LIV (1929), t. CLXI, pp. 1-73; ora in Id., Au cœur
religieux du XVIe siècle, Paris, SEVPEN, 1957, Deuxième édition 1968, pp. 7-84.
INTRODUZIONE xiii

grava il sospetto di essere degli scismatici, di appartenere alla Chiesa greco-


ortodossa. Gli zingari, presenti nella diocesi melfitana, sono sospettati di
essere addirittura degli infedeli, ossia degli islamici o, come si esprime
Scaglia, dei maomettani. Secondo la tradizione, gli zingari provengono dalla
Grecia orientale o dalle regioni dell’Egitto e pertanto la conclusione alla
quale perviene il vescovo diventa quasi inevitabile: o sono ortodossi o sono
musulmani. Verrebbe da dire: tertium non datur.
Scaglia non si limita a curare solo gli aspetti istituzionali, teologici ed
ecclesiastici, che certamente sono fondamentali, ma analizza finemente
anche le credenze e i costumi popolari di questi gruppi, come la fede nella
luna e negli astri, i conviti funebri o l’usanza da parte degli zingari di
battezzare i propri figlioli immergendoli per tre volte nelle acque fluviali.
L’atteggiamento di condanna è, in questi e altri ambiti, inevitabile. Non
dimentichiamo che la Chiesa aveva dovuto subire la scissione della cristiani-
tà operata da Lutero, Zwingli, Calvino e gli altri riformatori e allora, dopo
il Concilio di Trento, l’attenzione a tutto ciò che ha sapore di eresia si fa
particolarmente occhiuta.
Quelle di Scaglia non sono le uniche costituzioni sinodali di rilievo che
sono state date alle stampe nella Basilicata secentesca. Come si può leggere
nel quarto capitolo, dedicato ai sinodi lucani dell’età moderna, prima del
1638, anno di pubblicazione del sinodo Scaglia, erano già apparsi, nel 1614
e nel 1632, i sinodi di Andrea Perbenedetti, vescovo di Venosa, e Urbano
Feliceo, vescovo di Policastro. Il primo è un monumento imponente – più
di mille pagine nell’edizione del 1615 –, mentre il secondo ci informa su
usi e costumi che non abbiamo ritrovato in nessun’altra diocesi, come le
‘superstizioni’ del Sabato Santo. Quando si scioglievano le campane, annun-
cianti la resurrezione di Cristo, gli ammalati di lebbra e scabbia si tuffavano
nelle acque marine del golfo di Policastro, pensando così di ottenere la
guarigione, e le donne impastavano il pane, che «ritenevano così benedetto,
anzi consacrato»4. E, anche in questo caso, arriva puntuale la condanna del
vescovo, che classifica queste pratiche come «bagatelle di campane».
Perbenedetti, com’egli stesso rivela nel sinodo, prima di essere nominato
vescovo di Venosa, era stato «a faticare in quella gran vigna spirituale della
Metropoli di Milano»5, in qualità di vicario generale di Federico Borromeo.
Aveva avuto modo così di seguire gli orientamenti del cardinale arcivescovo

4
  G. De Rosa, Religione popolare o religione prescritta?, in Id., Chiesa e religione popolare
nel Mezzogiorno, Roma-Bari, Laterza, 1978, pp. 3-20: 6.
5
  Synodus diœcesana Ecclesiæ Venusinæ ab admodum illustr. et reverendiss. Domino D.
Andrea Perbenedicto de civitate Camerini, Dei, et Apostol. Sedis gratia episcopo Venusino
xiv VITA SOCIALE E MENTALITÀ RELIGIOSA IN BASILICATA

ambrosiano e, anche attraverso di lui, di assimilare il grande modello pasto-


rale del cugino Carlo Borromeo. Il suo sinodo è, tuttavia, caratterizzato da
tratti di assoluta originalità, rimanendo qualcosa di unico nel suo genere.
Il capitolo sui sinodi lucani celebrati in età moderna ci consente di evi-
denziare come, pur in un contesto di oggettive difficoltà, gli ordinari dioce-
sani cercarono di ottemperare alle prescrizioni del Tridentino. Sicuramente
siamo lontani dalla celebrazione annuale voluta dai padri conciliari, ma non
si può dimenticare che si contano sulle dita di una mano i pastori che riu-
scirono a mantenere il ritmo imposto a Trento. Tra questi c’è sicuramente
Carlo Borromeo, «il tipo ideale di vescovo secondo la Riforma cattolica»6.
Tuttavia, è bene non dimenticare la lezione di Giuseppe Alberigo, il quale
ammoniva a considerare che la frequenza dei sinodi, al pari di quella delle
visite pastorali, poteva essere un «indizio contraddittorio di solerte attività
riformatrice come di efficacia scarsa o nulla dei tentativi già intrapresi»7.
Altra questione è quella relativa ai sinodi come fonti storiche, come docu-
menti non solo per la storia sociale e religiosa, ma anche per quella civile ed
etnografica. A tale proposito, bisogna dire che allo storico che faccia ricorso
a questo tipo di documentazione si presenta un ostacolo: la ripetitività. In
effetti, i sinodi sembrano ripetere per secoli, in maniera stanca e monotona,
perfino inerte, le stesse prescrizioni e gli stessi divieti, ponendo seri pro-
blemi allo studioso che ha l’esigenza di storicizzare8. Ma, a ben pensare,
possiamo dire dei sinodi ciò che Jacques Le Goff ebbe a scrivere, all’inizio
degli anni Ottanta, a proposito dei testi sul Purgatorio prodotti da grandi
teologi o da oscuri compilatori: «I testi sono sovente ripetitivi, ma è così
che si costituisce un corpus, è così che si costruisce la storia. Il gioco di echi
che spesso si incontrerà in questo libro è l’immagine della realtà. Eliminare
dalla storia le ripetizioni avrebbe voluto dire deformarla, falsarla»9.

habita anno Domini MDCXIIII sedente Pulo V Pont. Opt. Max., Venetijs, apud Evangelistam
Deuch., 1620, p. 343.
6
  H. Jedin, Das Bischofsideal der Katolischen Reformation. Eine Studie über die Bischofs-
spiel vornehmlich des 16. Jhadts, in Sacramentum Ordinis. Geschichtliche und systematische
Beiträge, Herausgeber E. Puzik – O. Kuss, Breslau, Schlesisches, Bonifatiusvereins-Blatt,
1942, pp. 200-256; trad. it. Il tipo ideale di vescovo secondo la Riforma cattolica, Bre-
scia, Morcelliana, 1950, cap. VIII L’ideale fatto realtà: San Carlo Borromeo, pp. 92-103.
7
  G. Alberigo, Studi e problemi relativi all’applicazione del Concilio di Trento in Italia
(1945-1958), «Rivista storica italiana», LXX (1958), 2, pp. 240-298: 283.
8
  G. De Rosa, L’utilizzazione storica dei sinodi post-tridentini: il caso della diocesi di Rieti,
«Ricerche di storia sociale e religiosa», XVII (1988), 33, pp. 107-130: 113.
9
  J. Le Goff, La nascita del Purgatorio, Torino, Einaudi, 1982, p. 17; tit. orig. La naissance
du Purgatoire, Paris, Gallimard, 1981.
INTRODUZIONE xv

Credo che si possa applicare puntualmente il ‘programma’ del grande


storico medievista francese. Così come non si può ignorare quanto Umberto
Eco fa dire, con riferimento ai Retraits, gli statuti dei Templari, a uno dei
protagonisti del suo romanzo Il pendolo di Foucault: «Da un sistema di
divieti si può capire quel che la gente fa di solito e se ne possono trarre
bozzetti di vita quotidiana»10. Lo stesso possiamo dire degli statuti sinodali,
ma avendo la consapevolezza che essi sono qualcosa di più di un semplice
sistema di divieti.
Il capitolo agiografico, il quinto, è l’unico che vada al di là dei confini della
Basilicata, per estendersi alla Puglia, anzi – come ho scritto – alle Puglie,
proprio a voler sottolineare «il radicale policentrismo dell’area»11, che si arti-
cola nelle sub-regioni della Daunia-Capitanata (Foggia), della Terra di Bari e
della Terra d’Otranto (Lecce). Ma la stessa Basilicata trova – come scrivono
Pasquale Villani e Francesco Volpe – «la sua unità e caratterizzazione più in
elementi storico-amministrativi che in ben definite strutture morfologiche
e geografiche»12. Ovviamente, non è facile individuare, prima, e descrivere,
poi, una tipologia della santità lucana – impresa, questa, disperata, addirit-
tura impossibile –, anche se, con riferimento al periodo compreso tra XVII
e XVIII secolo, i santi privilegiati del Mezzogiorno, specialmente lucani – da
Gerardo Maiella a Domenico Girardelli, da Bonaventura da Potenza allo
stesso Domenico Lentini (1770-1828) – sono tutti, secondo la definizione
di Gabriele De Rosa, santi piagati e santi taumaturghi, «con un senso di
appartenenza preciso a una determinata area geografica»13.
C’è poi un santo vissuto prima di costoro, Andrea Avellino (1521-1608),
il cui culto, oggetto del sesto capitolo, non sembra essere particolarmente
diffuso in Basilicata, con l’eccezione della zona intorno a Castronuovo, pro-
vincia di Potenza, il borgo dove il santo teatino nacque14. Mentre il succitato
Gerardo Maiella è in Basilicata molto popolare, non altrettanto possiamo
dire di Andrea Avellino. Molto probabilmente hanno influito su questa
fenomenologia il fatto che Andrea operò prevalentemente a Napoli e che

10
  U. Eco, Il pendolo di Foucault, Milano, Bompiani, 1988, p. 74.
11
  Storia della Puglia, I. Dalle origini al Seicento, a cura di A. Massafra – B. Salvemini,
Roma-Bari, Laterza, 2015, Prefazione, p. vii.
12
 P. Villani – F. Volpe, Territorio e popolazione della Basilicata nell’età moderna, in
Società e religione in Basilicata nell’età moderna. Atti del Convegno di Potenza-Matera (25-28
settembre 1975), a cura di G. De Rosa – F. Malgeri, vol. I, Roma, D’Elia, 1977, p. 415.
13
  G. De Rosa, San Gerardo Maiella e altri santi popolari del Mezzogiorno, in Id., Storie
di santi, Roma-Bari, Laterza, 1990, pp. 23-48.
14
  Dal 1863, il paese si chiama Castronuovo di Sant’Andrea.
xvi VITA SOCIALE E MENTALITÀ RELIGIOSA IN BASILICATA

i Teatini sono stati a lungo assenti in terra lucana. È noto, infatti, che gli
ordini religiosi hanno da sempre proposto all’attenzione dei fedeli e favorito
il culto dei ‘loro’ santi.
L’ultimo capitolo è sulla Basilicata di Levi e Banfield. E così il cerchio si
chiude, visto che il volume si apre con il riferimento al ‘memoriale’ Cristo si
è fermato a Eboli: il primo paragrafo s’intitola Carlo Levi e la Basilicata. Levi
e Banfield, lo scrittore torinese di origine ebraica e il sociologo americano,
hanno fatto conoscere la Basilicata in tutto il mondo, ma hanno offerto
un’immagine della terra lucana e della sua gente che è stata da molti studiosi
criticata e contestata.
Da tutti questi saggi emergono figure di vescovi notevoli, che possono
stare, senza sfigurare, accanto a Girolamo Seripando, Angelo Anzani e Nicola
Monterisi, studiati con grande acribia da De Rosa. Sigismondo Saraceno,
Andrea Perbenedetti, Diodato Scaglia, Urbano Feliceo, Angelo Maria Zuccari,
tutti preoccupati di portare a termine la loro missione pastorale, hanno gover-
nato le diocesi loro affidate con notevole impegno, desiderosi com’erano di
salvare le anime dei fedeli. Scrivendo di loro, ho potuto meglio comprendere
l’affermazione di don Giuseppe De Luca, per il quale la storia dei vescovi «è
una storia grandissima, più bella di una storia di esploratori o di conquistatori
e, almeno per me, più bella di una storia di poeti e di pensatori»15.
Infine, questo volume vuole essere, al di là di altri aspetti, un omaggio
alla mia amata terra, la Basilicata. Sempre De Luca, nel dedicare allo zio don
Vincenzo D’Elia, parroco della SS. Trinità di Potenza, il volume quarto dei
Commenti al Vangelo festivo, ebbe a scrivere nel giorno di Natale del 1949:
«La nostra povera Basilicata, voi non l’avete fuggita come ho fatto io e tutti
fanno non appena possono: siete restato a Potenza, parroco»16. C’è del ram-
marico in don Giuseppe. Un sentimento che condivido.

Ringraziamenti.
Desidero esprimere la mia profonda gratitudine a Jean Delumeau, che mi
ha onorato della sua prefazione e che, da circa quarant’anni, segue con atten-
zione le mie ricerche, fornendomi puntualmente osservazioni e suggestioni
di grande interesse, che spero di aver messo a frutto nel migliore dei modi.
Ringrazio poi tutti coloro che hanno dialogato con me su vari aspetti
delle mie ricerche: sono amici e colleghi dell’Ateneo salernitano, come

  G. De Luca, Un pastore è morto…, «L’Osservatore Romano» del 24 dicembre 1961.


15

  G. De Luca, Commenti al Vangelo festivo, vol. I, Roma, Edizioni di Storia e Lettera-


16

tura, 1968, p. xvii.


INTRODUZIONE xvii

Claudio Azzara, Enrico Di Lorenzo, Aurelio Musi, Maria Anna Noto, e


dell’Associazione per la storia sociale del Mezzogiorno e dell’area mediter-
ranea di Potenza, come Franca Assante, Lucio Attorre, Carmela Biscaglia,
Ornella Confessore, Giampaolo D’Andrea, Maria Antonietta De Cristofaro,
Pia Maria Digiorgio, Salvatore Lardino, Michelangelo Morano, Bruno
Pellegrino, Giuseppe Agostino Poli, Maria Antonietta Rinaldi, Anna Lisa
Sannino, Franco Volpe. Con loro il dibattito è sempre vivo e talora perfino
animato. Un grazie affettuoso alla ‘storica’ segretaria, Lucia Restaino, per
quanto ha fatto e continua a fare per l’Associazione e per aver facilitato le
mie ricerche bibliografiche.
Un ringraziamento particolare merita Roberto Violi, con il quale il con-
fronto è costante e intenso. Non ho timore di dire che da questi colloqui
esco sempre arricchito: ho imparato e continuo a imparare molto, non solo
sul piano scientifico.
Un grazie sentito devo a Paule Lerou, per l’attenta lettura dei brani in
lingua francese, e agli amici delle Edizioni di Storia e Letteratura. Un rin-
graziamento va anche a Gennaro Mirolla, per la preziosa collaborazione
prestatami in questa come in altre occasioni.

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