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20 (2007) 320-333
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Nella vasta bibliografia in materia, segnaliamo in particolare gli atti del XXXIII Congresso
nazionale di diritto canonico (Terni, 11-14 settembre 2001), promosso dall’Associazione
Canonistica Italiana: AA.VV., Il matrimonio tra cattolici e islamici, Città del Vaticano 2002. Il vo-
lume contiene anche alcuni fra i più significativi documenti episcopali in materia: la nota
belga Les mariages islamo-chrétiens, pubblicata nel 1983 dalla Commissione interdiocesana
per le relazioni con l’islam; le Orientaciones para la celebración de los matrimonios entre católicos y
musulmanes en España, della Commissione episcopale per le relazioni interconfessionali della
Conferenza Episcopale Spagnola (1987); l’istruzione della diocesi di Brescia I matrimoni tra
cattolici e musulmani (1994); il Dossier sur le mariages islamo-chretiens, pubblicato nel 1995 in
terza edizione dal Segretariato per le relazioni con l’islam della Conferenza Episcopale
Francese; il documento del Comitato Islam in Europa, costituito congiuntamente dalla
Conferenza delle Chiese europee (KEK) e dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Eu-
ropa (CCEE), Matrimoni tra cristiani e musulmani (1997); la Guide pastoral des mariages entre
islamo-chrétiens, pubblicata dal Centro ecumenico canadese (2001). L’opuscolo Cristiani e
musulmani: una convivenza possibile?, Torino 1996, contiene la traduzione italiana del diretto-
rio pastorale della Chiesa tedesca Musulmani in Germania (4 marzo 1993), che al capitolo 4.2.
affronta nel dettaglio la questione dei matrimoni cattolico-islamici. Fra gli studi di indole
giuridica anteriori alla pubblicazione delle Indicazioni della Presidenza CEI, cf anche
M. BORRMANS, Osservazioni e suggerimenti a proposito dei matrimoni misti tra parte cattolica e parte
musulmana, in «Quaderni di diritto ecclesiale» 5 (1992) 321-332; S. FERRARI – G. PEROTTI
BARBA, I matrimoni islamo-cattolici in Italia, Cinisello Balsamo (Milano) 2003.
322 I matrimoni fra cattolici e musulmani in Italia
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Con maggiore precisione: 124 nel 1995; 103 nel 1996; 107 nel 1997; 100 nel 1998. La ri-
partizione delle diocesi è la seguente: 43 del Nord, 35 del Centro, 28 del sud e 14 delle Isole.
La popolazione delle diocesi monitorate raggiunge i 35.752.840 abitanti. La parte musul-
mana proviene principalmente dal Marocco, dalla Tunisia e dall’Albania.
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Nel contributo Il significato religioso del matrimonio tra un battezzato e un non battezzato, in
AA.VV., Il matrimonio fra cattolici ed islamici, cit., mons. Chiaretti ha riportato le «indicazioni
pastorali di fondo» espresse dal Consiglio Permanente in vista dello studio della questione:
«- operare per la salvaguardia della fede della donna cristiana […];
- conoscere seriamente la cultura e la legislazione religiosa e civile soggiacente nei vari Stati
alla vita della coppia e della famiglia, molto diverse da quelle occidentali di cultura cristiana;
- provvedere in ogni diocesi grande, o in ogni provincia ecclesiastica, uno o più esperti
dell’islam, e persino della lingua araba, perché siano referenti competenti e disponibili per
questo servizio di illuminazione e anche, per quanto possibile, di accompagnamento della
coppia mista» (p. 17).
Mauro Rivella 323
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Le Indicazioni citano due volte l’istruzione Erga migrantes: alla nota 2, laddove si sconsiglia-
no in linea generale i matrimoni fra cattolici e migranti non cristiani, e alla nota 3, dove,
324 I matrimoni fra cattolici e musulmani in Italia
Impianto e contenuti
Le Indicazioni constano di una presentazione, di quattro capitoli e di
quattro appendici. I capitoli trattano dettagliatamente il contesto pasto-
rale (nn. 1-5), la visione cristiana del matrimonio (nn. 6-13), l’itinerario
di verifica e di preparazione (nn. 14-31), la celebrazione del matrimonio
e l’accompagnamento familiare (nn. 32-37). Le appendici approfondi-
scono la natura dell’impedimento di disparitas cultus (I: nn. 38-44), la
shahâda, cioè la professione di fede musulmana (II: nn. 45-47), e forni-
scono alcuni elementi di conoscenza del matrimonio nell’islam (III: nn.
48-59). Una quarta appendice contiene la modulistica da utilizzare
nell’istruttoria prematrimoniale.
Nella presentazione, firmata dal Presidente della CEI, vengono espli-
citate le ragioni che hanno indotto a pubblicare il documento: di fronte
alla rilevanza anche quantitativa assunta negli anni recenti dalle richieste
di matrimoni religiosi fra cattolici e musulmani, favorita dalla tendenza
degli immigrati musulmani a stabilirsi in Italia, è parso conveniente «in-
dividuare un indirizzo omogeneo nella verifica dei casi e nell’eventuale
dispensa dall’impedimento». Viene poi espresso l’orientamento di fondo
del documento: «Le implicazioni esistenziali ed ecclesiali di questa pro-
blematica suggeriscono prudenza e fermezza e richiedono una riafferma-
ta consapevolezza dell’identità cristiana e della visione cattolica sul matri-
monio e sulla famiglia, anche in ragione delle conseguenze che ne deri-
vano sul piano religioso, culturale, sociale e del dialogo interreligioso». Si
ribadisce, poi, che le Indicazioni intendono offrire agli ordinari diocesani
alcune linee pastorali «al fine di motivare, orientare e favorire indirizzi co-
muni e prassi omogenee in materia di matrimoni fra cattolici e musulma-
ni nelle Chiese particolari che sono in Italia». Esse sono state elaborate
dalla Presidenza per mandato del Consiglio Permanente, che le ha valu-
tate positivamente e ha dato mandato di pubblicarle ai sensi dell’art. 23,
lettera b), dello statuto della CEI, dal momento che il documento concer-
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«La fragilità intrinseca di tali unioni, i delicati problemi concernenti l’esercizio adulto e re-
sponsabile della propria fede cattolica da parte del coniuge battezzato e l’educazione religio-
sa dei figli, nonché la diversa concezione dell’istituto matrimoniale, dei diritti e doveri reci-
proci dei coniugi, della patria potestà e degli aspetti patrimoniali ed ereditari, la differente
visione del ruolo della donna, le interferenze dell’ambiente familiare d’origine, costituisco-
no elementi che non possono essere sottovalutati né tanto meno ignorati, dal momento che
potrebbero suscitare gravi crisi nella coppia, sino a condurla a fratture irreparabili» (ivi).
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«Anche se talvolta è dato di incontrare coppie cristiano-musulmane di profondo spessore
umano e spirituale, capaci di amalgamare specificità e differenze senza abdicare alla propria
identità, non accade così nella maggioranza dei casi, non solo per i rilevanti condiziona-
menti sociali e culturali, ma soprattutto a causa di un’antropologia culturale e religiosa
profondamente diversa che le persone, talora inconsapevolmente, portano in sé» (n. 4).
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rifiuti i fini e le proprietà essenziali del matrimonio e non sia legata da un vincolo matrimo-
niale valido» (n. 11).
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G. CHIARETTI, Il significato religioso…, cit., p. 13, rifacendosi ai dati delle indagini esperite
in Italia nel penultimo lustro del secolo passato, osserva: «Per molte diocesi non esiste alcun
itinerario prestabilito di preparazione al matrimonio (n. 23) e di accompagnamento della
coppia (n. 58); per altrettante c’è un percorso caso per caso sia nella preparazione (n. 66)
che nell’accompagnamento (n. 40), o affidato all’iniziativa del parroco (n. 19 per la prepa-
razione e n. 13 per l’accompagnamento); solo in pochissimi casi l’itinerario prestabilito è
curato dalla diocesi sia per la preparazione (n. 5) che per l’accompagnamento (n. 3). In buo-
na sostanza il problema non è stato ancora preso in considerazione».
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La dottrina ha più volte ribadito le particolari difficoltà a cui si espone questo tipo di unio-
ni e che giustificano l’apposizione dell’impedimento dirimente: «Nel matrimonio fra catto-
lico e non battezzato, anche sotto il profilo umano e psicologico, ceteris paribus, si rende più
difficile l’integrazione degli sposi e quella intima comunione di vita e di amore che è propria
del matrimonio e che coinvolge le dimensioni più profonde e personali dei coniugi. Nel
matrimonio misto, di per sé, si ha in partenza una dissociazione degli animi in cose della
massima profondità e importanza, quali sono le convinzioni religiose. […] La diversità di
convinzioni religiose comporta di per sé diversità di comportamento in settori di attività co-
mune che possono ostacolare in gran misura la comunione di vita degli sposi: uso del ma-
trimonio, numero ed educazione dei figli, pratica esterna dei doveri religiosi ecc. Queste dif-
ficoltà saranno tanto più accentuate quanto più fervorosamente ciascuno dei due sposi vo-
glia praticare la propria religione. […] Per quanto concerne poi l’educazione della prole, non
solo quella specificatamente cattolica ma anche quella umana, sembra non si possa mettere
in dubbio che ceteris paribus tale educazione nel matrimonio fra cattolico e non battezzato
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diventi più difficile che nei matrimoni fra due cattolici, anche nell’ipotesi che il coniuge non
battezzato, attenendosi alle cautiones prestate, lasci libertà al coniuge cattolico per battezzare
ed educare i figli nella Chiesa cattolica» (U. NAVARRETE, Disparitas cultus (can. 1086), in
AA.VV., Diritto matrimoniale canonico, I, Città del Vaticano 2002, p. 520). Siffatte considerazio-
ni, applicabili in linea generale a tutti i matrimoni contratti da una parte cattolica e da una
non battezzata, valgono a fortiori se la parte non battezzata appartiene all’islam.
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La dispensa dall’impedimento
Abbiamo già esposto le ragioni che giustificano l’esistenza di un im-
pedimento dirimente13 nel caso del matrimonio fra un fedele cattolico e
una parte non battezzata. Tali considerazioni si applicano in toto anche nel
caso in cui la parte non battezzata sia musulmana14. Tuttavia, se in gene-
rale l’apposizione dell’impedimento e la possibilità di ottenerne la dispen-
sa intendono contemperare il diritto naturale al matrimonio con la salva-
guardia delle prerogative della fede, nel caso di specie l’esperienza induce
a un maggiore rigore nella concessione della dispensa, a partire dalla con-
siderazione dell’alto tasso di fallimenti di siffatti matrimoni e dell’oggettiva
difficoltà a instaurare una convivenza coniugale serena, soprattutto se la
coppia preveda di stabilirsi in un Paese islamico. Tale approccio trova con-
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Il can. 1073 ne fornisce la seguente definizione: «L’impedimento dirimente rende la per-
sona inabile a contrarre validamente il matrimonio». A ben vedere, tale definizione punta
essenzialmente a individuarne gli effetti giuridici, sottintendendone il fondamento e la na-
tura. Con G.P. MONTINI, Gli impedimenti in genere (can. 1073-1076), in AA.VV., Diritto matri-
moniale canonico, I, cit., p. 353, possiamo perciò definire l’impedimento dirimente come «una
legge divino-positiva, naturale o ecclesiastica che dichiara o rende inabile una persona a
contrarre validamente matrimonio».
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Cf G. BONI, Disciplina canonica universale circa il matrimonio tra cattolici e islamici, in AA.VV.,
Il matrimonio fra cattolici ed islamici, cit., pp. 21-117.
330 I matrimoni fra cattolici e musulmani in Italia
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Il can. 85 definisce la dispensa come «l’esonero di una legge puramente ecclesiastica in un
caso particolare». Il can. 86 precisa che «non sono suscettibili di dispensa le leggi in quanto
definiscono quelle cose, che sono essenzialmente costitutive degli istituti o degli atti giuri-
dici». In forza del can. 87 § 1 il vescovo diocesano non può dispensare dalle leggi proces-
suali o penali né da quelle la cui dispensa è riservata in modo speciale alla Sede Apostolica
o ad un’altra autorità.
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CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Normae de conficiendo processu pro solutione
vinculi matrimonialis in favorem fidei, 30 aprile 2001, art. 7, § 1: «Petitio pro solutione vinculi
matrimonii non-sacramentalis initi cum dispensatione ab impedimento disparitatis cultus
Summo Pontifici praesentari potest si pars catholica novas nuptias cum persona baptizata
inire intendat». J. KOWAL, Nuove “Norme per lo scioglimento del matrimonio in favorem fidei”, in
«Periodica de re canonica» 91 (2002) 495-496, osserva che la fattispecie dello scioglimento
del matrimonio contratto con la dispensa dall’impedimento di disparità di culto era già pre-
vista nella precedente istruzione pubblicata dalla Congregazione per la dottrina della fede
nel 1973, anche se ora risulta alquanto semplificata e notevolmente riordinata. Alla luce di
queste considerazioni deve intendersi l’espressione utilizzata al n. 21 delle indicazioni, lad-
dove si parla di «situazione matrimoniale irreversibile».
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«Volendo ora cercare i criteri che consentono di individuare la causa sufficiente di una di-
spensa, bisogna dire che essa deve essere tale da rendere razionale l’eccezione della legge.
[…]. L’atto dispensatorio sarà sempre un atto prudenziale, giacché la valutazione della causa
dipende da una decisione prudenziale. Niente di più lontano dall’atto con cui si rilascia una
dispensa che un atto meccanico di applicazione di una legge» (E. BAURA, La dispensa canonica
dalla legge, Milano 1997, pp. 272-273).
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L’accompagnamento pastorale
Questa prospettiva di fondo rende anche ragione dell’attenzione che
le Indicazioni riservano alla dimensione pastorale: in particolare, il colloquio
con il sacerdote in vista della concessione della dispensa non si esaurisce in
una mera formalità, ma è finalizzato ad aiutare la parte cattolica e, nella mi-
sura del possibile, entrambi i contraenti ad «accrescere la consapevolezza
circa le loro intenzioni» (n. 19). A questo scopo, viene suggerita una serie
di domande concernenti la religione, la cultura, la famiglia di appartenenza,
la famiglia futura, i figli, le garanzie giuridiche e la forma per la celebrazione
del matrimonio. Viene anche posta in risalto la convenienza di un contatto
con la famiglia della parte cristiana, che non di rado vive in maniera trau-
matica la prospettiva del matrimonio con un musulmano, con il rischio di
isolare il proprio familiare, inducendolo a passi affrettati (n. 17). È auspica-
to anche un contatto con la famiglia della parte musulmana, anche se si os-
serva con realismo che difficilmente ciò sarà possibile.
Particolare attenzione è riservata all’accompagnamento della coppia
dopo il matrimonio, sia nel caso in cui essa si stabilisca in Italia o in un
altro Paese occidentale, sia quando decida il trasferimento in un Paese
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«Bisogna avvertire che non sarebbe giusto concedere una dispensa, di per sé permessa ma
non dovuta, ad una persona e negarla ad un’altra che si trova nelle stesse condizioni» (ibid.,
p. 275).
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MAURO RIVELLA
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Cf CEI, Decreto generale sul matrimonio canonico, art. 50.