La partecipazione dei vescovi al Concilio di Trento trovava serie difficoltà sia di
carattere pratico (difficoltà nel viaggio, guerre, etc.) che per l’opposizione di sovrani. Durante la prima fase del concilio i vescovi presenti erano circa venti, perlopiù italiani, mentre alla fine (1562-1563) erano 255. A quest’ultima data, infatti, le guerre, che avevano caratterizzato l’Europa della prima metà del Cinquecento, erano ormai concluse con l’abdicazione di Carlo V e la frammentazione dell’impero. In nessuna sessione del Concilio ci furono esponenti di punta della Riforma Protestante, fatta eccezione per alcuni rappresentanti tedeschi. La curia romana aveva come sua prerogativa la salvaguardia dei possedimenti papali e la salus animarum. Il papa non ha mai partecipato alle sedute del concilio, ma è sempre stato rappresentato da 4 suoi fiduciari. Ormai fallito il tentativo di giungere a un dialogo e riappacificare Protestanti e Cattolici, per le varie controversie storiche, non restò che ridefinire le basi del dissenso. Non a caso, i problemi dottrinali furono quelli discussi dai Riformatori. Si esaminarono le dottrine riguardanti le Sacre Scritture, il Peccato Originale, la giustificazione, i Sette Sacramenti, il Purgatorio, i Voti monastici, il culto dei Santi e l’iconografia sacra. In parallelo, vennero discussi e approvati decreti de reformatione sugli aspetti fondamentali della Chiesa. I padri convocati non avevano una medesima concezione di Chiesa, un’ecclesiologia condivisa. Eppure, i vescovi, nel loro insieme, si accordarono sulla salus animarum: il fine della Chiesa e, in secondo luogo, del concilio è il perseguimento della salvezza delle anime. La riforma conciliare doveva avere un carattere pastorale. Il primo decreto trattava dell’insegnamento della Sacra Scrittura, il secondo della residenza dei vescovi, ai quali spettava il compito di vigilare e controllare che i prelati svolgessero i loro compiti correttamente. Le motivazioni che giustificano la perentorietà del decreto De residentia episcoporum italianorum inferiorum e la severità delle pene sancita contro i trasgressori sono illuminanti e ci permettono di capire la trasgressività dei vescovi nella prima metà del Cinquecento. Si prescrive la nascita di seminari gratuiti per i poveri e a pagamento per i benestanti. Qui i ragazzi seguono corsi di arti liberali, canto, computo di feste mobili sul calendario e lettura delle Sacre Scritture. I vescovi devono partecipare al consiglio provinciale, devono compiere visite pastorali nelle diocesi e devono proclamare le Sacre Scritture in Cattedrale la domenica e durante le solennità. Viene stabilito l’obbligo di insegnare i rudimenti della Fede Cattolica ai fanciulli (catechismo). A questi impegni di carattere pastorale si aggiungono quelli di carattere giurisdizionale sul governo delle diocesi. Seguono, poi, decreti su indulgenze e digiuni e infine si demanda al Pontefice la redazione dell’Indice dei libri proibiti e il Catechismo tridentino e la riforma del Breviario e del Messale. L’assemblea si conclude il 4 dicembre 1563 e il papa conferma tali decreti il 26 gennaio 1564 con la bolla Benedictus Deus. Fu istituita la Sacra Congregazione del Concilio che ebbe potere giuridico e giurisdizionale. Le conseguenze furono la diminuzione del potere episcopale sulle giurisdizioni locali e si diede avvio a una prassi parallela al vigente diritto canonico. Nel contesto descritto emergono molte contraddizioni che riflettono con la larga incertezza o disparità ecclesiologica dei padri conciliari. Il concilio, sotto la spinta di correnti che si ispiravano a principi conciliaristi, prescrisse la convocazione dei consigli provinciali triennali che attribuivano ai vescovi un alto grado di giurisdizione sulle loro Chiese locali, ma gli interventi del pontificato mortificarono fino a spegnere il potere episcopale e la loro capacità di riforma. Nel tempo furono attuate varie misure per controllare l’operato di tutti gli esponenti della Chiesa. Il cattolicesimo moderno assunse una fisionomia diversa. Nelle parrocchie furono messi e creati i libri parrocchiali. Furono inserite le pubblicazioni e l’obbligo del consenso paterno onde evitare matrimoni clandestini e fenomeni legati alla bigamia. Tuttavia, dal momento che gli sposi erano i ministri di questo sacramento, il consenso non era necessario alla celebrazione del sacramento, ma non permetteva di ottenere la nullità matrimoniale. A livello culturale l’attestazione del consenso recò senza dubbio un contributo al lento affermarsi dell’individualità personale, preludio dei diritti della persona. I Protestanti furono i promotori della spiritualità individuale e lentamente anche il Cristianesimo si adatta privilegiando l’introspezione e la preghiera individuale, pur non negando l’importanza e la validità dei Sacramenti e dei riti religiosi. Dopo il concilio di Trento la Chiesa avviò un processo di perfezionamento che arrivò a durare secoli. Per molti il concilio di Trento non si è concluso nel 1563, ma nel 1965 con il Concilio Ecumenico Vaticano II. Nome: Giorgio Cognome: Zucaro Classe: 1^B