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PONTIFICIA UNIVERSIT SAN TOMMASO DAQUINO IN URBE ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE MATER ECCLESIAE __________________________________________________________________

La principale modalit di attuazione dellattivit missionaria della Chiesa nel canone 786 del Codice di Diritto Canonico

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Tesi per il conseguimento del titolo accademico di MAGISTERO IN SCIENZE RELIGIOSE


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Relatore: Chiar.mo Prof. Angelo Urru O.P.

Candidato: Marco Bulgarelli Matricola n1195

ROMA Anno accademico 1995-96

ABBREVIAZIONI E SIGLE AAS AG alloc. bulla can. / cann. cap. CD cfr. CIC 1917 CIC 1983 Comm. cost. ap. D. dich. decr. EN encicl. esort. ap. EV istr. let. encicl. LG motu p. NA n / nn Ochoa OICA op. cit. p. / pp. Pal. Cl. RMs S.C.P.F. vol. /voll. Acta Apostolicae Sedis, Commentarium officiale Decr. Ad gentes Allocuzione Bolla Canone / Canoni Capitolo Decr. Christus Dominus Confronta Codex Iuris Canonici (1917) Codex Iuris Canonici (1983) Communicationes Costituzione apostolica Distinctio (nelle citazioni del Decreto di Graziano) Dichiarazione Decreto Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi Enciclica Esortazione apostolica Enchiridion Vaticanum Istruzione Lettera Enciclica Costituzione Lumen Gentium Motu proprio Dich. Nostra aetate Numero / Numeri Leges Ecclesiae post Codicem iuris canonici editae, 5 voll. Ordo Initiationis Christianae Adultorum Opera citata Pagina / Pagine Palestra del Clero Encicl. Redemptoris missio Sacra Congregatio de Propaganda Fide Volume / Volumi

INTRODUZIONE

Pensare la storia della Chiesa anche pensare la storia della missione. Troviamo gi nei Vangeli, lammonimento di Ges di andare ad evangelizzare tutte le genti. In seguito nella Chiesa, varie sono state le tappe nellevoluzione della teologia e nella realizzazione nel e per il mondo, dallepoca degli Apostoli e dei Padri della Chiesa al Medioevo e allepoca moderna. Lepoca moderna della missione inizi verso il XVI secolo. La nascita di una nuova epoca missionaria, che deve ancora trovare un nome, stata negli ultimi trentanni molto dolorosa, ha cercato di comprendere e formulare, in maniera pi comprensibile di prima e nel contesto delle strutture religiose ed economiche del mondo di oggi, una nuova teologia della missione e nuovi metodi missionari. Allavvicinarsi del terzo millennio si parla di una nuova epoca missionaria che richieder una nuova coscienza, nuovi interessi e una nuova comprensione degli aspetti teologici, storici e pratici della missione. Il diritto canonico da sempre accompagna la Chiesa in questo sforzo di propagazione della fede, attraverso la codificazione di norme che aiutino la comprensione dellazione missionaria e siano di supporto alla sua operativit. Se il cammino del diritto missionario stato lungo e difficile, si pu per dire che un grande passo in avanti, per quanto riguarda la sistematicit, si fatto con il Codice di Diritto Canonico promulgato da Papa Giovanni Paolo II nel 1983 1 e che a buon diritto, come vedremo, pu essere definito lultimo documento del Concilio Vaticano II. Allopera di propagazione della fede con lattivit missionaria, il Codice dedica lintero Titolo II Lazione missionaria della Chiesa (cann. 781-792) del Libro III La funzione di insegnare della Chiesa. Oltre al Codice di Diritto Canonico bisogna menzionare lEnciclica Redemptoris missio del 19902. Sebbene questultima non si richiami molto ai canoni della legislazione vigente, tuttavia c da notare che esiste un legame stretto tra i due documenti: la dottrina del Concilio Ecumenico Vaticano II il fondamento di entrambi i documenti. Sotto questo profilo lEnciclica pu risultare daiuto per la comprensione della legislazione canonica sulle missioni ad gentes sia perch un documento posteriore nel tempo, sia perch avvantaggiata da una riflessione teologico-pastorale.

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Codex Iuris Canonici auctoritate Ioannis Pauli PP. II promulgatus, AAS 75/83, II, 1-318. Giovanni Paolo II, encicl. Redemptoris missio - 7.12.1990, AAS 83/91, I, 251-340.

LEnciclica infatti richiamer lattenzione su alcuni punti che si devono tenere presenti nello studio delle norme canoniche sullattivit missionaria della Chiesa. Tornando ai dodici canoni del Codice che trattano dellazione missionaria della Chiesa, bisogna riconoscere che essi rappresentano un notevole sforzo, a mio avviso riuscito, di tradurre in norme tutto il pensiero conciliare sulla missione. Sebbene il primo canone, il 781, affermi una grande novit e cio che tutta la Chiesa per sua natura missionaria, per cui tutto il Popolo di Dio ha il dovere di partecipare allopera missionaria, ritengo che il canone centrale del Titolo sia il 786 perch in questo canone che troviamo la chiarificazione di che cosa sia lazione missionaria della Chiesa a cui tutto il Popolo di Dio deve partecipare. Lazione propriamente missionaria, per mezzo della quale la Chiesa impiantata nei popoli o nei gruppi dove ancora non stata radicata, viene assolta dalla Chiesa soprattutto mandando gli annunziatori del Vangelo fino a quando le nuove Chiese non siano pienamente costituite, vale a dire quando siano dotate di forze proprie e di mezzi sufficienti, per cui esse stesse siano capaci da s di compiere lopera di evangelizzazione(can. 786)3. Bisogna osservare che forse questo canone avrebbe meritato una posizione pi consona allinizio del Titolo, proprio per la sua caratteristica di esplicitare quale sia lazione propriamente missionaria della Chiesa, frutto come vedremo di un lungo sforzo di ricerca teologica, e di conseguenza, di sottintendere i due principali sistemi di governo della missione. Lanalisi del canone 786, scopo principale di questo lavoro, sottintende un altro aspetto importante. Dato che, come vedremo, lazione propriamente missionaria della Chiesa ha come scopo immediato limplantatio Ecclesiae, si presuppone la grande validit ed attualit della missio ad gentes, pur nel rispetto dellecumenismo. Fatte queste premesse, passo ad indicare brevemente le tappe dello svolgimento di questo lavoro. Anzitutto, sar utile, nel primo capitolo, ripercorrere la storia dellantica legislazione missionaria della Chiesa e delle sue fonti. La sintesi, certamente non esaustiva, ha lo scopo principale di chiarire i momenti chiave della storia del diritto missionario, specialmente quelli che hanno avuto influenza nella formazione della vigente legislazione.

Per la traduzione italiana del Codice di Diritto Canonico, si veda: Codice di Diritto Canonico. Testo ufficiale e versione italiana, Unione Editori Cattolici Italiani, Roma 1984.

Nel secondo capitolo faremo una presentazione del Libro III del Codice dove contenuta anche la legislazione sulle missioni. Nel terzo capitolo, che rappresenta il corpo principale del lavoro, faremo lanalisi del can. 786, e sar diviso in quattro sezioni. Nella prima saranno analizzate le fonti del canone con particolare riguardo a quelle rappresentate da documenti conciliari. Nelle due seguenti saranno trattate le tematiche fondamentali espresse dal canone, ovvero limplantatio Ecclesiae, come principale finalit dellattivit missionaria della Chiesa e le sue fasi. La quarta sar invece dedicata al governo della missione, espresso nei due sistemi della commissione e del mandato.

CAPITOLO I LANTICA LEGISLAZIONE MISSIONARIA DELLA CHIESA Per la comprensione della legislazione missionaria vigente e per una corretta analisi del canone 786 utile ripercorrere seppur brevemente la storia del diritto missionario e delle sue fonti. Levoluzione storica del diritto missionario si confonde con levoluzione del diritto comune, ma si possono ugualmente distinguere, nel suo sviluppo, sei fasi: A) Dal I al IV secolo. B) Dal IV al XII secolo. C) Dal XII al XVII secolo. D) Dal 1622 al 1908. E) Dal 1908 al Codice del 1917. F) Il Codice del 19174. A) Durante il periodo che va dallepoca apostolica al sec. IV, tutta la terra luogo di missione e la Chiesa docente si occupa principalmente della dilatazione del Regno di Cristo5. La disciplina ecclesiastica si viene organizzando nelle comunit di convertiti sia dal giudaismo, ai quali non era proibita la circoncisione, sia dal paganesimo, i quali sono esentati dalle leggi cerimoniali del Vecchio Testamento. Norme o disposizioni di sapore pi concretamente missionario riguardano i catecumeni, il battesimo degli adulti, lospitalit ai predicatori del Vangelo ed in genere le diverse categorie di questi ultimi6. Per quanto riguarda le fonti possiamo affermare che le questioni di diritto missionario: vocazione e conversione dei gentili, matrimonio, catecumenato, ecc., sono trattate, insieme con le altre questioni teologiche, negli Atti degli Apostoli, nella Tradizione Apostolica e nelle opere dei SS. Padri7. Le caratteristiche di questo periodo, sono dunque che Cristo costituisce gli Apostoli predicatori del Vangelo; questi scelgono dei collaboratori che direttamente, cio ex officio, o indirettamente li aiutino; evangelizzatori spontanei che senza nessun vincolo giuridico

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Cfr. P. M. Da Mondreganes, Manuale di Missiologia, Marietti, Torino 1950, p. 222. Ibidem. 6 Cfr. M. Da Nembro, Missionologia, Pontificia Universitas Lateranensis, Roma 1961, pp. 125-126. 7 Cfr. P. M. Da Mondreganes, op. cit., p. 225.

svolgono unattivit missionaria. Nel periodo successivo alla morte degli Apostoli, i loro successori continuano sulla stessa scia8. B) Dal secolo IV alle prime missioni del XII con le prime libert del cristianesimo ed il suo diffondersi fra i popoli oltre lImpero Romano, nascono vere e proprie terre di missione estere dove incomincia a prendere forma un diritto particolare riguardante consuetudini e adattamenti locali. Via via si chiarisce e si rende sempre pi operante lorganizzazione centrale dellattivit missionaria, mentre alla periferia i territori di missione passano rapidamente al grado di Chiese particolari9. Dopo leditto di Milano che restituisce alla Chiesa il diritto di annunciare pubblicamente il Vangelo e la fede (libert religiosa), levangelizzazione diventa di diritto pubblico. Lattivit missionaria si dirige prima di tutto al paganesimo che ancora resta nel medio ambiente cristiano, poi si passa alle contrade ancora pagane nei limiti periferici dellImpero Romano. I responsabili di questa evangelizzazione sono sempre il Romano Pontefice ed i Vescovi successori degli Apostoli. I Vescovi si preoccupano di portare alla conversione i pagani che ancora dimorano nellambito delle loro Diocesi. Solo dopo estendono la loro attivit missionaria alle contrade non cristianizzate. Da parte sua il Romano Pontefice si preoccupa di iniziare un ordinamento giuridico per quei nuovi territori di missione10. Ad esempio s. Gregorio I risponde ad un quesito di santAgostino che era stato da lui inviato in Inghilterra nel 596, con le seguenti parole, le quali costituiscono un magnifico esempio di adattamento missionario: Novit fraternitas tua Romanae Ecclesiae consuetudinem, in qua se meminit enutritam. Sed mihi placet, ut sive in Romana sive in Galliarum sive in qualibet ecclesia aliquid invenisti, quod plus omnipotenti Deo possit placere, sollicite eligas, et Anglorum Ecclesia, quae adhuc in fide nova est, institutione praecipua, quae de multis ecclesiis colligere potuisti, infundas. Non enim pro locis res, sed pro rebus loca nobis amanda sunt. Ex singulis ergo quibusque ecclesiis, quae pia, quae

Postquam Christus Dominus suis Apostolis solemne dedit mandatum docendi omnes gentes usque ad consummationem saeculi, legitimi Apostolorum successores non solum ius, sed etiam officium habent ab omni potestate civili plane independens praedicandi ubique fidem catholicam. F. X. Wernz , Ius canonicum. Tomus IV. De rebus, Pontificia Universitas Gregoriana, Romae 1935, p. 59. 9 Cfr. M. Da Nembro, op. cit., p. 126. 10 Cfr. J. Garcia Martin, Lazione missionaria della Chiesa nella legislazione canonica , Ediurcla, Roma 1993, pp. 203-204.

religiosa, quae recta sunt, elige et haec quasi fasciculum collecta apud Anglorum mentes in consuetudinem depone11. Questa saggia disposizione passa poi nel Decretum Gratiani 12 . I monaci, inoltre, anche senza speciale deputazione dellautorit ecclesiastica, si dedicano allattivit missionaria. Liniziativa dei Sommi Pontefici di inviare evangelizzatori per il mondo, frena lattivit dei Vescovi e, piano piano, la loro attivit comincia a rimanere circoscritta alle loro Diocesi. Comincia cos per i Vescovi, un periodo di diminuita attivit, mentre quella della autorit pontificia in continuo aumento. Una caratteristica di questo periodo la mancanza di una legislazione positiva che regolamenta lattivit missionaria, per cui, come logica conseguenza, manca pure uniformit in questa materia. Siccome il Papa non si riservato ancora nulla nei territori fuori dai limiti della Diocesi ed i Vescovi adottano lo stesso atteggiamento, i monaci trovano posto nellattivit missionaria e possono dedicarsi a tempo pieno a questattivit, lodevolmente13. C) Al periodo che intercorre dal sec. XII al XVII, si d inizio con il Decretum Gratiani nel 1160. Con esso il diritto ecclesiastico viene assumendo una forma unitaria e si costituisce il Corpus Iuris Canonici, che Giovanni Chappuis completa, nel 1500, con le Extravagantes di Giovanni XXII. Per andare incontro alle necessit delle missioni e dei missionari, i Romani Pontefici concedono amplissime facolt agli Ordinari principali, impegnati nellopera di propagazione della fede, e in modo speciale ai religiosi Domenicani e Francescani e, pi tardi, ai Gesuiti e Carmelitani. I missionari godono di grande libert nel fissare ordinamenti particolari e nel dispensare dalle leggi pi comuni della Chiesa. Le missioni della Spagna e del Portogallo sono governate secondo le norme del Patronato Regio, con un sistema pi conforme e adatto allindole di quelle nazioni ed alle esigenze dei tempi14. Per quanto riguarda le fonti, col passare del tempo il Diritto si separa dalla Teologia e si va formando il Corpus Iuris Canonici nel quale bench non si ritrovi il termine missione qual usato ai nostri giorni, sono contenute disposizioni che riguardano la propagazione della fede, lamministrazione del battesimo ai giudei, saraceni e pagani. Nel libro VII delle
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P. M. Da Mondreganes, op. cit., p. 223 c. 10, D. XII. Non locus consuetudinem, sed consuetudo locum commendas. 13 Cfr J. Garcia Martin, op. cit., p. 204.

Decretali, composto da Piero Matteo, il De Insulis Novi Orbis, non accolto nel Corpus Iuris Canonici, riportata la Bolla Inter caetera di Alessandro VI del 1493 con la quale vengono concesse al re cattolico le isole del nuovo mondo perch vi sia propagata la fede. Dal secolo XIII fino all'inizio del XVIII, la Santa Sede usa concedere ai missionari regolari ampie facolt, che si possono facilmente ritrovare sul Bollario Romano e nei Bollari dei vari ordini15. Infine per quanto riguarda pi specificatamente il compito del Romano Pontefice e del collegio dei Vescovi, le caratteristiche di questo periodo si possono riassumere cos: a) I Vescovi non si interessano pi delle missioni che si trovano fuori del loro territorio. b) Lattivit missionaria ricade tutta sul Papa: solo lui si preoccupa di questattivit. c) Nascita di Ordini religiosi che si dedicano, in forza delle loro regole interne, completamente allattivit missionaria. a) I Vescovi non si preoccupano dellattivit missionaria che ha luogo fuori dalla loro circoscrizione per due motivi: per ragioni interne alle Diocesi, in quanto, lautorit pontificia durante i secoli XII e XIII era straordinariamente aumentata ed aveva delegato lattivit missionaria agli ordini missionari che erano pi propensi a svolgerla; per conseguenza, lautorit dei Vescovi veniva limitata sempre pi alle rispettive Diocesi. Questa dinamica tende ad evolversi perch il Sommo Pontefice, per diverse ragioni, avoca a s molte questioni che riguardavano le Diocesi e le relazioni fra di loro, specialmente le cause maggiori (concili provinciali, sinodi diocesani, ecc.). Per ragioni esterne, in quanto il mondo cattolico era come circondato da musulmani e scismatici, per cui le Diocesi che prima erano in contatto diretto con i pagani perch si trovavano ai limiti del mondo cattolico, ora si trovavano come separate. Questo isolamento dal mondo pagano provoca una forte diminuzione delle missioni extra diocesane e, poco a poco, senza avvertirlo, tutta la responsabilit dellevangelizzazione cade sulle spalle del Pontefice. b) Romano Pontefice. Cos le prime missioni tra i Tartari con Giovanni da Pian del Carpine, con Guglielmo Rubruk, con Giovanni da Montecorvino, ecc., nascono come delle Missioni Speciali del Papa (Legationes) presso i principi Tartari. c) Gli Ordini Mendicanti e poi i Gesuiti e tutti i Chierici Regolari, ricevono il mandato missionario direttamente dallo stesso Sommo Pontefice, o indirettamente

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Cfr. P. M. Da Mondreganes, op. cit., p. 223. Cfr. Ibidem, p. 225.

attraverso il loro Superiore Religioso legittimo. Per esempio le Regole di San Francesco prescrivono che i frati vadano in missione mandati dal loro Provinciale. Nel sistema del Patronato, poi, i Re portoghesi e spagnoli mandano i missionari per delegazione del Romano Pontefice alle terre ad essi soggette anche se nel frattempo i Papi si preoccupano di abbellire Roma coi grandi palazzi16. D) Il quarto periodo della storia del diritto canonico missionario spazia dal 1622 al 1908. Con listituzione, infatti, della Congregazione di Propaganda Fide (Gregorio XV Costituzione Inscrutabili divinae Providentiae - 22 giugno 1622), il diritto missionario acquista maggiore uniformit ed i missionari debbono adattarsi, in quanto possibile, alle prescrizioni del diritto comune. La Congregazione procede sempre cautamente nel dare disposizioni particolari. Nel governo delle missioni vengono introdotti, a poco a poco, i Vicari ed i Prefetti apostolici, che amministrano i territori in nome del Sommo Pontefice. Alla Congregazione di Propaganda Fide, Pio IX aggiunge nel 1862 la Congregazione Orientale, che si occupa degli affari riguardanti persone e cose delloriente17. Le fonti di questo periodo sono numerose ed importanti in quanto la fondazione di Propaganda Fide rappresenta lo spartiacque fra due grandi epoche del diritto missionario: antica e moderna. Per una pi attenta analisi di esse rimandiamo allappendice18. I principi introdotti dalla riforma del sistema missionario vengono recepiti ed applicati nel corso di questi secoli, tanto vero che il professor Ferdinando Walter in un manuale giuridico del 1846 afferma che vi sono tre modi di propagare la dottrina cristiana: la predicazione, il Catechismo e le missioni alla conversione degli infedeli, sottolineando come in queste ultime svolga un ruolo importantissimo il collegio fondato a Roma per la preparazione dei missionari e la Congregazione di Cardinali che lo dirige19. La caratteristica, dunque, di questo importante periodo la consacrazione del diritto di propagare la fede che spetta al Romano Pontefice, il quale per poter svolgere bene questo suo dovere fonda una speciale Congregazione de Propaganda Fide alla quale affida totalmente le missioni. Questa Sacra Congregazione, porta a termine quasi una centralizzazione dell'evangelizzazione con una legislazione molto ampia e non senza difficolt da parte di
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Cfr. J. Garcia Martin, op. cit., pp. 204-205. Cfr. P. M. Da Mondreganes, op. cit., pp. 223-224. 18 Cfr. P. M. Da Mondreganes, op. cit., pp. 225-226. 19 Cfr. F. Walter, Manuale del diritto ecclesiastico di tutte le confessioni cristiane , Fratelli Nistri, Pisa 1846, pp. 338-340.

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quelle forze cattoliche che avevano il compito dellevangelizzare, per esempio gli Ordini Religiosi e i governi che avevano il diritto di patronato. Cos avviene che la Santa Sede avoca a s la cura delle missioni anche se da pi parti si discute su quanto questo abbia rallentato lo sviluppo dellevangelizzazione del mondo20. E) Per quanto riguarda il periodo dal 1908 alla promulgazione del Codice di Diritto Canonico del 1917, il diritto missionario si identifica ancora maggiormente con il diritto comune. Poich dalla Congregazione di Propaganda dipendeva quasi esclusivamente la vita ecclesiastica dei territori di missione e ci rendeva il diritto missionario troppo indipendente nei confronti del diritto comune, Pio X, con la Costituzione Sapienti Consilio del 29 giugno 1908, limita le facolt di Propaganda, determinando le competenze delle altre Congregazioni nelle varie materie. Cos il Codice, seguendo lo stesso principio, unisce il diritto missionario al diritto comune. Riguardo alle fonti, dal 1908, secondo le disposizioni emanate da Pio X nella sua Costituzione Promulgandi Pontificias Constitutiones, 28 settembre 1908, tutti i documenti pontifici, delle Congregazioni e della Curia Romana vengono pubblicati sull'organo ufficiale: Acta Apostolicae Sedis. Nello stesso organo ufficiale fu pubblicata la Sapienti Consilio di Pio X, del 29 giugno 1908 (AAS 1/08,7-19)21. F) Nel Codice del 1917, delle missioni trattano il cap. VIII De Vicariis et Praefectis Apostolicis, can. 293-311, che forma parte del Lib. II, e il cap. III De Sacris Missionibus, composto dai can. 1349-1351, inquadrato nel Lib. III. Il primo di questi capitoli, che contiene quasi tutte le norme speciali sul governo delle missioni sotto regime vicariale, materia che appartiene alla Commissione incaricata della realizzazione del Codice ed in particolare del Lib. II, dedicato al popolo di Dio, alle persone ed alle strutture. Il capitolo De Sacris Missionibus trattava delle diverse attivit apostoliche della Chiesa, fatto che ha suscitato delle discussioni tra gli autori circa la diversa nozione di missioni. La distinzione fondamentale stabilita dal capitolo era tra missioni popolari o parrocchiali, chiamate dagli autori missiones ad intra perch organizzate per rinnovare la vita spirituale dei fedeli e normalmente erano svolte da missionari diversi dal parroco e le missioni tra gli acattolici22. Queste ultime missioni erano svolte sia nelle Diocesi e nelle
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Cfr. J. Garcia Martin, op. cit., pp. 205-206. Cfr. P. M. Da Mondreganes, op. cit., pp. 224-227. 22 On entend par missions les entreprises sacres tendant soit ranimer la foi, soit ltendre. Les premires sont dites missions internes, cest-a-dire organises lintrieur des pays chrtiens. Les secondes sont dites missions externes parce quelles se dveloppent en pays hrtiques ou infidles. [...] On dsigne par ces mots

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parrocchie (CIC 1917, can. 1350 1) sia in aliis territoriis, cio dove non cerano costituite Diocesi. Soltanto queste ultime rimanevano esclusivamente riservate alla Sede Apostolica, e soltanto a queste ultime alcuni autori hanno riservato il nome di missiones ad extra o ad gentes, perch erano dirette a coloro che erano fuori dalla Chiesa e questa doveva essere impiantata. Il problema da risolvere restava come qualificare lobbligo dei Vescovi residenziali e lattivit missionaria svolta nelle Diocesi presso gli infedeli. Il Codice non le d un nome particolare, ma gli autori sono arrivati a identificarle come missioni popolari anche se i destinatari sono diversi. Questo perch linteresse principale degli autori era quello di determinare quali erano i territori di missione dipendenti dalla S.C.P.F., e se la nozione di missione ad extra o ad gentes si applicava solamente ai territori sotto la giurisdizione della medesima Congregazione, o se al contrario poteva essere applicata anche a tutti gli altri territori, i quali pur non essendo Diocesi, come ad esempio le Prelature nullius, non erano sotto la giurisdizione della menzionata Congregazione. Le Prelature non erano considerate missioni ad gentes, meno ancora le Diocesi. In tal modo, quello era proprio del can. 1350 1, cio lattivit missionaria nelle Diocesi, era ricondotta al can. 1349, rendendo inutile tale norma. Sembra una interpretazione un p forzata del can. 1350 2 in quanto si faceva coincidere Sede Apostolica con la S.C.P.F., la quale aveva sotto la sua giurisdizione anche delle Diocesi. Infine questo capitolo tratta anche della libert personale di abbracciare la fede23. Pi dettagliatamente possiamo dire che nel Codice il diritto missionario non occupa una parte distinta, ma si trova sparso fra il diritto comune secondo un indirizzo gi vivo nella tradizione ecclesiastica e ribadito poi nella Sapienti Consilio di Pio X a) i canoni 1350 e 1351 danno i principi basilari in riferimento alle missioni fissandone la dipendenza dal Sommo Pontefice e dalla S. Sede 24 ; b) il canone 252 stabilisce lautorit e la competenza della S. C. di Propaganda Fide; c) i canoni 215-217 fissano le norme di base per lorganizzazione ecclesiastica nei paesi di missione; d) il canone 198 parla degli
la partie du ministre ecclsastique dont le but est dintroduire et de consolider la foi catholique auprs des non-catholiques, infidles, hrtiques ou schismatiques. R. Naz, Trait de droit canonique. Tome troisime. Livre III. cann. 1154-1551, Letouzey et An, Paris 1948, p. 136. 23 Cfr. J. Garcia Martin, op. cit., pp. 33-35. 24 Risultano essere fondamentali per le missioni ad gentes il can. 1350 2: In aliis territoriis universa missionum cura apud acatholicos Sedi Apostolicae unice reservatur, ed il 1351: Ad amplexandam fidem catholicam nemo invitus cogatur. In particolare sono significative le fonti del can. 1350 2: Gregorius XV, cost. Inscrutabili, 22 iun. 1622, 8; S. C. de Prop. Fide (C. P.), 5 dec. 1640; (C. G.), 11 ian. 1656. (P. Gasparri - P. Seredi, Codicis Iuris Canonici Fontes, Typis Polyglottis Vaticanis, Romae 1923-1939, 9 voll.).

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Ordinari; e) i canoni 293-311 trattano dei Vicari e Prefetti apostolici, dei missionari, delle norme disciplinari per il buon andamento delle missioni; f) i canoni 451 (par. 2. 1), 454 (par. 4), 466 (par. 1) determinano la posizione giuridica dei quasi parroci e delle quasi parrocchie nei paesi di missione; g) altri canoni, non strettamente missionari, hanno per un reale valore per la loro pratica applicazione nei territori missionari: cos i canoni 1258, 1325, 1351, 1374, 1406, 2314, relativi alla fede; i canoni 731, 751, 752, 958, 987, 1014, 1060-1064, 1070-1071, 1098-1099, 1102, 1109, 1120-1127, 1265, riguardanti i sacramenti25. Dunque, chiarito che tutto quanto riguarda le missioni nella Santa Sede era competenza della Sacra Congregazione de Propaganda Fide, possiamo riassumere nel seguente schema lorganizzazione periferica canonico-missionaria secondo il Codice del 191726.

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Cfr. M. Da Nembro, op. cit., p. 127. P. M. Da Mondreganes, op. cit., p. 246.

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importante, ora, dare un breve, ma pi approfondito sguardo alle competenze del Sommo Pontefice, della Sacra Congregazione di Propaganda che costituiscono lorganizzazione direttiva e propulsoria essenziale e determinante di tutta lattivit missionaria nel Codice del 1917. 1) Sommo Pontefice. Il Papa, in forza del primato ha il diritto di propagare la fede e organizzare lapostolato missionario sia nelle Chiese gi formate, come in quelle ancora in formazione; la sua giurisdizione sulle missioni universale e da lui dipende lultima parola per quanto riguarda metodi e mezzi, concretandosi in tal modo una magnifica unit di direttive e dazione, invidiata anche dagli acattolici; lesercizio di tale giurisdizione immediato e per diritto si esercita con piena libert ed indipendenza su tutti i territori di missione (deve per tenere conto degli accordi e dei concordati stipulati tra la Santa Sede ed i governi civili); il Papa provvede alle missioni o direttamente, occupandosi delle questioni missionarie personalmente, ovvero indirettamente a mezzo del suo Segretario di Stato o di altri organi secondo il suo giudizio. Vi sono per dicasteri romani specificatamente competenti per i problemi dellapostolato missionario, e specialmente la S. C. di Propaganda Fide. 2) S. C. di Propaganda Fide. Anche di questa Sacra Congregazione, tanto importante nei riguardi delle missioni, diremo lessenziale circa la sua origine, le attribuzioni, la giurisdizione e lorganizzazione.
Gi

auspicata da s. Bernardo nel secolo XII, progettata da Raimondo Lull

(1235-1315) secondo un piano ideale, sbozzata in diversi precedenti che vanno da s. Pio V (1566-1572), a Gregorio XIII (1572-1585), a Clemente VIII (1592-1605, a Paolo V (1605-1621) con lapporto di pensiero e dazione di vari benemeriti e santi uomini, fu creata da Gregorio XV con la cost. Inscrutabili divinae Providentiae del 22 giugno 1622, che confermava canonicamente la gi avvenuta costituzione (14 giugno 1622).
Le

sue attribuzioni iniziali, indicate dalla cost. Inscrutabili, consistevano

nellimpegno di diffondere la fede in tutto il mondo, nellinvio di missionari, nello studio dei problemi relativi alle missioni. Successivamente le sue competenze, come si pu raccogliere dal Codice, sono: a) nomina dei prelati missionari e cio arcivescovi, vescovi, vicari e prefetti apostolici, abati nullius e superiori di missioni sui juris; b) celebrazione e approvazione dei concili plenari e provinciali nelle missioni; c) erezione di nuove missioni; d) suddivisione delle circoscrizioni missionarie; e) giurisdizione sui religiosi in quanto

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missionari; f) concessione di facolt e dispense; g) questioni ecclesiastiche relative alle missioni salvo quei casi che il Codice demanda ad altri sacri Dicasteri.
La

sua giurisdizione, come si esprime il Codice nel canone 252, iis est

circumscripta regionibus, ubi, sacra Hierarchia nondum constituta, status missionis perseverat. Huic Congregationi sunt etiam subiectae regiones quae, etsi hierarchia inibi constituta sit, adhuc inchoatum aliquid praeseferunt. Eidem pariter sub sunt Societates ecclesiasticorum ac Seminaria quae exclusive fundata sunt eo fine ut in eis instituantur missionarii pro exteris missionibus, praesertim quod attinet ad regulas, administrationem atque opportunas concessiones ad sacram ordinationem alumnorum requisitas. Da essa inoltre dipendono il Collegio Urbano di Propaganda Fide, il Collegio di S. Pietro, lUniversit di Propaganda e Istituto missionologico scientifico e giuridico, vari collegi ed istituti missionari, le pontificie opere della Propagazione della Fede e di San Pietro apostolo per il clero nativo, lassociazione di San Pietro Claver, lUnione missionaria del clero, lAgenzia Fides, larchivio e biblioteca di Propaganda, e altre opere.
La

sua organizzazione cos articolata: a) si ha il Card. prefetto, nominato dal Papa

e residente nel palazzo di Propaganda; b) un consiglio di Cardinali che decide sulle questioni pi importanti; c) un corpo di consultori (Vescovi e clero secolare regolare); d) un segretario, un sottosegretario e un prosegretario delleconomia, minutanti, scritturali, impiegati del protocollo e un archivista; e) una commissione incaricata della revisione dei sinodi celebrati in territori di missione, del regolamento dei seminari regionali autoctoni e Istituti missionari dipendenti da Propaganda, e di altri compiti27. Merita una menzione la responsabilit missionaria degli Istituti di vita consacrata alla luce del CIC 1917. In genere, per molto tempo, gi prima della fondazione della S. C. de Propaganda Fide, e fino al Codice del 1917, si consideravano diverse motivazioni sulle quali far poggiare lorigine della responsabilit dei religiosi nella propagazione della fede tra i fedeli e gli infedeli. Lobbligo generale di tutti i religiosi, come per i fedeli laici, ma aggiunto (praeter) agli altri obblighi inerenti allo stato religioso, era quello di cercare di procurare la salvezza delle anime in forza del precetto di carit. Questobbligo era pi impegnativo per i mendicanti che non per i monaci.

27

Cfr. M. Da Nembro, op. cit., pp. 128-130.

15

La responsabilit di propagare la fede tra gli infedeli si affermava o si diceva soltanto degli Ordini Mendicanti, ma non dei monaci, perch dediti allapostolato esterno o diretto. In primo luogo, lorigine di questobbligo si cercava nella natura e nellessenza dello stato religioso, che mediante i voti religiosi rendeva i religiosi pi idonei, liberi, e dava loro la possibilit per andare alle missioni tra gli infedeli. Cerano Istituti dove si faceva il voto per andare alle missioni, sia tra i fedeli sia tra gli infedeli, ma si considera che i gesuiti, con il quarto voto, instaurano un nuovo tipo. In secondo luogo, in tale contesto, era considerato il carattere o dimensione ecclesiale degli Istituti affermandosi che gli Ordini Mendicanti erano stati istituiti cos dalla gerarchia, diversi dai monaci, per cui avevano una finalit diversa allinterno della Chiesa, e che per loro lapostolato tra gli infedeli era uguale a quello tra i fedeli. Era evidente la necessit di predicare il Vangelo ed estendere la Chiesa fino alla fine del mondo. Siccome questo competenza e dovere primario del Romano Pontefice, gli Ordini Mendicanti, in quanto di diritto pontificio, devono prendere parte alla sua missione. Lo schema missionario preparato per la sua discussione nel Concilio Ecumenico Vaticano I non offriva un riferimento specifico su questargomento, anche se a quellepoca cera una fioritura di Congregazioni e di Istituti a carattere strettamente missionario, le cui Costituzioni o Norme impongono il summenzionato obbligo, e manifestano una chiara differenza sia Ordini Mendicanti, i posteriori Chierici Regolari e Congregazioni con un fine non prevalentemente missionario. Il Codice del 1917 riorganizza la disciplina precedente ma non tratta direttamente dellobbligo dei religiosi di esercitare lapostolato al di fuori di quanto stabilito dalle proprie Costituzioni perch nessuna religione clericale si definisce per lesercizio del ministero apostolico proprio dei sacerdoti ma per il numero di essi, giacch questo ha un carattere secondario o complementare ma non costitutivo. Nelle missioni tale caratteristica mantenuta come principio generale, la cui osservanza, tuttavia, condizionata dalle circostanze. Il canone 297 infatti concedeva ai vicari e ai prefetti apostolici la facolt di poter obbligare i religiosi quanti se ne trovavano nella missione, di esercitare il ministero sempre che mancassero i sacerdoti del clero secolare, sentito il superiore dei religiosi, non chiede il consenso, e salvi gli Statuti peculiari approvati dalla Sede Apostolica. La norma come tale non impone un obbligo ai religiosi inerente allo stato religioso bens facolt al Superiore ecclesiastico di servirsi dei religiosi quando determinate circostanze lo consentono.

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In mancanza di una norma espressa sullobbligo dei religiosi in favore delle missioni, gli autori per si sono preoccupati di una cos importante questione. Lopinione comune tra loro era che la professione dei voti di obbedienza, castit e povert, cio lo stato religioso come tale non si ordinava alla propagazione della fede o alle missioni ad extra o apud infideles. La professione religiosa, tuttavia, indirettamente e implicitamente comportava qualche responsabilit missionaria, in quanto i voti religiosi rendono il religioso disponibile in particolare modo a dedicarsi allattivit missionaria. Questa disponibilit non uguale per tutti, ma diversa a seconda del carattere dei singoli Istituti, cio secondo un fine specifico, e, di conseguenza, in conformit a quanto stabilito dalle Costituzioni. Tutto questo viene a dimostrare che il ministero apostolico esterno degli Ordini, Congregazioni ed Istituti, sia quello esercitato presso i fedeli, in genere, e quello tra gli infedeli nelle missioni, in particolare, non era considerato come inerente allo stato religioso bens come una conseguenza, non necessaria certamente ma propiziata dai voti religiosi. Le grandi Encicliche missionarie, posteriori al Codice come la Maximum illud di Benedetto XV del 30 novembre 1919, richiamano il lavoro missionario dei religiosi, incominciando dalle religiose, che furono oggetto di approfondito studio e consentirono di elaborare una dottrina28. Concludendo, se il Codice del 1917 ebbe il grande pregio di rilanciare un diritto che bisognava unificare, pur sopprimendo ci che non era pi applicato, ci che era obsoleto, ci che impediva alla Chiesa di vivere sempre meglio il suo mistero 29 , di fatto esso riduceva la normativa specificatamente missionaria ad alcune parti del terzo breve capitolo, De sacris missionibus facente parte del Libro III De Rebus30 oltre che, come abbiamo gi visto, ad alcuni canoni sparsi nel Codice. Questa scarsezza, e diciamo povert, di normativa missionaria del vecchio Codice non manc di provocare in pi ambienti delle riserve e anche delle reazioni non prive di una certa amarezza, specie per lenfasi con cui la Santa Sede avocava a s la cura delle missioni 31 nel canone 1350, e visto il grande impulso che le missioni avevano avuto tra la fine del XIX e linizio del XX secolo.

28 29

Cfr. J. Garcia Martin, op. cit., pp. 334-337. J. B. Beyer, Dal Concilio al Codice - Il nuovo codice e le istanze del Concilio Vaticano II , Dehoniane, Bologna 1984, p. 14. 30 Cfr. I. T. P. Lee, Lazione missionaria della Chiesa nel nuovo Codice di Diritto Canonico , in: Aa. vv., La nuova legislazione canonica, Urbaniana University Press, Roma 1983, p. 393; Cfr. J. B. Beyer, op. cit., p. 101. 31 I. T. P. Lee, op. cit., p. 394.

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CAPITOLO II LAZIONE MISSIONARIA NEL LIBRO III DEL CODICE VIGENTE

A. Presentazione del libro III 1) Formazione e schema Il primo passo nella revisione del Codice di Diritto Canonico venne fatto nel 1959 dallo stesso Sommo Pontefice. Il 25 gennaio, infatti, Papa Giovanni XXIII, nel terzo mese del suo pontificato, dopo una solenne celebrazione nella Patriarcale Basilica di S. Paolo fuori le Mura, ai Cardinali riuniti in una sala dellattiguo monastero benedettino, rivolse unimportante e storica allocuzione, durante la quale comunic loro tre ardite proposte: * * * la celebrazione del Concilio Vaticano II; la revisione del Codex Iuris Canonici; la celebrazione del Sinodo Romano. Lannunzio dei tre avvenimenti venne abbinato per un motivo semplicissimo: poich la Chiesa, col Concilio Vaticano II, doveva intraprendere e condurre a termine lardua opera di rinnovare se stessa e, a complemento, era tenuta ad aggiornare la sua legislazione. Il Codex per quanto perfetto ed utile, non poteva non subire emendamenti ed aggiornamenti. Anzi, dopo tante modifiche parziali, effettuate nel corso di 50 anni, doveva necessariamente arrivare il momento di una revisione generale, da eseguirsi sulla base di nuovi principi ispiratori e principalmente su quelli della sussidiariet e della pastoralit. Infatti, come pi tardi si esprimeranno Paolo VI e Giovanni Paolo II, il CIC doveva essere adattato alla nuova mentalit creata dal Vaticano II, dando uno spazio maggiore alla cura pastorale ed alle nuove necessit del popolo di Dio. Anzi, per essere pi precisi, dobbiamo affermare che la revisione doveva abbracciare come di fatto abbraccia, non solo il Codex, ma lintera legislazione della Chiesa, tenendo conto anche dei tanti nuovi istituti giuridici. Conseguentemente, il 28 marzo 1963, dopo la prima Sessione del Vaticano II, Giovanni XXIII, costitu la Pontificia Commissio Codici Juris Canonici recognoscendo,

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composta di 40 Cardinali che tenne la prima Sessione plenaria il 12 novembre dello stesso anno32. Paolo VI, succeduto a Giovanni XXIII, il 17 aprile 1964 affianc alla Commissione Cardinalizia un corpo di 70 Consultori che dovevano risolvere alcune questioni fondamentali. Nel 1966 vennero costituiti i primi 10 Gruppi di Studio per la revisione del Codice. Questi gruppi unitamente alla Commissione centrale dei consultori e nel rispetto dei Decreti del Vaticano II, nonch delle successive norme esecutive emanate dalla Santa Sede elaborarono i 10 Principia quae Codicis recognitionem dirigant, approvati dal Sinodo dei Vescovi il 7 ottobre 1965. La novit del libro III De Ecclesiae munere docendi, presentato in questo capitolo, basata sul decimo di questi principi direttivi 33 , che possiamo considerare utili anche per linterpretazione del Codice gi promulgato. Tale principio ordinava lattuazione di una nuova struttura del Codice, la quale non soltanto seguisse lorientamento e lo spirito del Concilio, ma risultasse anche conforme alle esigenze scientifiche della legislazione canonica34. Dopo lapprovazione della divisione del nuovo Codice in sei libri, nel 1968 il lavoro dei singoli Gruppi pot procedere a tempo pieno. Il Gruppo di Studio De munere docendi, che aveva atteso alla compilazione dello Schema canonum libri III de Ecclesiae munere docendi, aveva compiuto la prima fase del suo lavoro nellarco di tempo 1966-1977. La struttura dello Schema, che fu inviato agli organi consultivi in data 15 novembre 1977, era la seguente: Canones Generales Titulus I - De Divini Verbi ministerio

32

Cfr. F. DOstilio, pronto il nuovo Codice di Diritto Canonico , Libreria Editrice Vaticana, Citt del Vaticano 1982, pp. 22-25. 33 De nova dispositione systematica Codicis Iuris Canonici. Deductio in praxim principiorum quae super enucleata sunt, structuram Codicis Iuris Canonici postulare videtur haud leviter novam. Inde sequitur eius ordinem esse innovandum. Fere ab initiis publicationis vigentis Codicis, eius ordo systematicus a preclarioribus canonistis aestimatus est in aliquibus deficere, praesertim in dispositione librorum secundii et tertii. Nunc vero minus adhuc aptus apparet. Componendus igitur est sive ad mentem et spiritum Decretorum Sacri Concilii sive ad scientificas legislationis canonicae exigentias. Verum cum nimis arduum videatur ordinem systematicum veluti a priori statuere (ut colligi etiam potest ex diversis conatibus, cetero quin vere laudabilibus, a variis auctoribus factis), sapientibus esse ducitur ordinem redigere quando singolarum partium recognitio, quae iam peragitur, sufficienter progressa sit. Aliunde haec docet historia cuiuslibet operis novae codificationis. Comm., 1 (1969) 85. 34 Cfr. A. G. Urru, La funzione di insegnare della Chiesa, Vivere In, Roma 1989, p. 16.

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Cap. Cap. Titulus Titulus Cap. Cap. Cap. Titulus Titulus

I - De verbi Dei praedicatione II - De catechetica institutione II - De actione Ecclesiae Missionali III - De educatione christiana I - De scholis II - De studiorum superiorum Institutis III - De Universitatibus et Facultatibus studiorum ecclesiasticorum IV - De instrumentis communicationis socialis et in specie de libris V - De fidei professione

Nei canoni generali venivano enunciati alcuni principi relativi al munus docendi. Non venivano riportati i canoni relativi a ci che devessere creduto fide divina et catholica, ma veniva posto il principio che deve essere creduto ci che ha definito il Concilio Ecumenico o il Papa ex cathedra loquens. I principi generali in materia furono inseriti nello Schema di Lex Ecclesiae Fundamentalis. Nei canoni introduttivi veniva enunciato il principio che la Chiesa ha lo Jus et officium indipendentemente da qualunque umana potest di predicare la dottrina evangelica in tutto il mondo e che gli uomini hanno lobbligo di abbracciare e di osservare le verit conosciute. Nel canone 4, anzich definire chi sono gli eretici, gli apostati e gli scismatici, veniva definito che cosa sono leresia, lapostasia e lo scisma. Successivamente vennero date norme sul movimento ecumenico. Nel Titolo I De divini verbi ministerio, a modo di introduzione veniva definito a chi competeva il munus docendi, annuntiandi Evangelium, quali sono i mezzi per annunziare il Vangelo ed infine della necessaria missione canonica. Tra i mezzi per annunziare il Vangelo venivano illustrati la predicazione e la istruzione catechetica. Nel Titolo II De actione Ecclesiae missionali veniva tenuta presente la dottrina del Vaticano II (LG 17, 23; AG 6, 11, 12, 15, 17, 23, 30, 38, e CD 6) e successivamente veniva definito a chi spettano: * * * * il munus dellevangelizzazione in tutto il mondo; lammissione al catecumenato; le prescrizioni sui catechisti e loro aiutanti; gli obblighi dei Vescovi e delle Conferenze Episcopali.

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Nel Titolo III De educatione christiana venivano riportate in modo pi logico le norme del CIC che trattano De scholis. Dopo il concetto delleducazione cristiana seguivano 3 capitoli: a) De scholis; b) De studiorum superiorum Institutis; c) De Universitatibus et Facultatibus studiorum ecclesiasticorum. Nel Titolo IV De instrumentis communicationis socialis et in specie de libris venivano enunciate le norme sui doveri da parte dei Pastori e dei fedeli di usare i mezzi delle comunicazioni sociali, norme che si fondavano sul Decreto conciliare Inter mirifica. Veniva affermato il dovere ed il diritto della Chiesa di vigilare sui mezzi delle comunicazioni sociali, perch non danneggino la fede e i costumi. Venivano date norme che regolano ledizione di libri che trattano certe materie: liturgia, teologia, diritto, storia, ecc... Nel Titolo V De fidei professione veniva infine precisato chi sia tenuto ad emettere la professione di fede, dinanzi a chi debba essere emessa e la formula da usare. Lo schema, dopo la consultazione generale, fu debitamente revisionato e sottoposto al riesame della Commissione Cardinalizia che poi lo approver35. Finalmente il 25 gennaio 1983, Giovanni Paolo II promulgava il nuovo Codice. Il 27 novembre 1983 entrato in vigore, quasi 25 anni dopo lannuncio dato da Giovanni XXIII di voler convocare il Concilio e rivedere il Codice. Il papa Giovanni XXIII laveva concepito come un Concilio di rinnovamento, un Concilio pastorale, di adattamento ai tempi nuovi; doveva aprire la Chiesa alle esigenze del mondo in veloce trasformazione. Da quel momento tutto divenne oggetto di revisione, e lo divenne la Chiesa nel suo insieme: Ecclesia semper renovanda. Se mettiamo a confronto il Concilio ed il nuovo Codice, possiamo dire che questo veramente lultimo documento conciliare del Vaticano II. Esso riflette il Concilio, lo fa entrare nella vita della Chiesa, apre quelle prospettive che il Concilio ha voluto aprire, ne ha inserito la dottrina nella vita, ne ha segnato levoluzione e lha favorita; il Codice della Chiesa in cammino, Chiesa di peccatori sempre in stato di conversione. Ecclesia semper purificanda. Ma se il Concilio ha sottolineato questo aspetto della vita e dello sforzo della Chiesa, sembra ancor meglio sottolineato laspetto di comunione ecclesiale: la Chiesa sotto

35

Cfr. F. DOstilio, op. cit., pp. 53-55.

21

lazione dello Spirito, diventa sempre pi cosciente del suo mistero e della pienezza cui aspira; per questo una Chiesa in continuo rinnovamento: Ecclesia semper renovanda36. Concludendo si pu affermare che lordine sistematico del libro III chiaro e lineare, soprattutto se messo a confronto con quello del Codice del 1917. Il confronto dei due indici consente di valutare le somiglianze e le differenze che esistono fra di essi.

CODICE 1917

CODICE 1983

LIBRO III Delle cose Parte IV Il magistero ecclesiastico (cann. 1322-1408) - Canoni preliminari (cann. 1322-1326) Titolo XX Cap. I Cap. II

LIBRO III Lufficio di insegnare della Chiesa (cann. 747-833)

- Canoni preliminari (cann. 747-755) Il ministero della parola divina (cann. 756-780) La predicazione della parola di Dio (cann. 762-772) Listruzione catechetica (cann. 773-780) Lazione missionaria della Chiesa (cann. 781-792) Leducazione cattolica (cann. 793-821) Le scuole (cann. 796-806) Le universit cattoliche e gli altri istituti di studi superiori (cann. 807-814) Le universit e facolt ecclesiastiche (cann. 815-821) Gli strumenti di comunicazione sociale ed in specie i libri (cann. 822-832)

La predicazione della parola Titolo I divina (cann. 1327-1351) La formazione catechistica Cap. I (cann. 1329-1336) La sacra predicazione (cann. Cap. II 1337-1348) Titolo II I seminari (cann. 1352-1371) Le scuole (cann. 1372-1383)

Titolo XXI Titolo XXII

Titolo III Cap. I Cap. II

Cap. III Titolo XXIII La previa censura dei libri Titolo IV (cann. 1384-1405) La previa censura dei libri (cann. 1384-1394) La proibizione dei libri (cann. 1395-1405) La professione di fede (cann. Titolo V 1406-1408)

Cap. I Cap II Titolo XXIV

La professione di fede (can. 833)

Risultano in sintesi nuove la terminologia e limpostazione o lampliamento di alcune tematiche; si riscontrano il trasferimento o leliminazione di altre37.
36

Cfr. J. B. Beyer, Dal Concilio al Codice - Il Nuovo codice e le istanze del Concilio Vaticano II , Dehoniane, Bologna 1984, pp. 11-137. 37 Cfr. A. Montan, La funzione di insegnare nella Chiesa, in: La normativa nel nuovo codice, Queriniana, Brescia 1983, pp. 136-137.

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2) Presupposti teologici. bene a questo punto, prima di procedere ad una pi approfondita analisi dei Titoli e delle novit in esse contenute, riflettere sui presupposti teologici che hanno portato alla suddivisione del Codice secondo il triplice munus di Cristo e lattribuzione del munus docendi al III libro. Infatti, secondo il Concilio Vaticano II38, tutti i poteri ecclesiastici derivano da ununica fonte, la sacra potestas. Essa designa tutta la struttura ecclesiale, sia di ordine che di giurisdizione. La potestas sacra deve avere come punto di riferimento Cristo, il quale nella vita pubblica si manifestato agli uomini come Maestro, Sacerdote e Re: essa deve espletarsi in queste tre direzioni, seguendo lesempio di Cristo. Certamente lattivit del Signore non pu essere limitata a questi tre uffici, ma essi sono gli unici che possono essere assunti dagli uomini. Alle tre attivit di Cristo, il Concilio fa corrispondere tria munera, che vengono conferiti con la consacrazione episcopale: munus sanctificandi, docendi et regendi39. Tra i tria munera, il munus docendi acquista nel Concilio una rilevanza particolare, considerato come una categoria propria. Non viene in alcun modo incluso nella potestas iurisdictionis, come sua parte integrante. Bench la sua autonomia abbia un fondamento nella Sacra Scrittura, ha incontrato sempre difficolt ad avere una propria configurazione giuridica. Il Concilio fa apertamente capire che ha un ruolo importante in tutta lattivit pastorale. Al munus docendi viene attribuito lappellativo di potest, che da molti viene negato. La sua importanza data dal fatto che esso ha una rilevante zona di influenza non solo sul munus sanctificandi, ma anche su quello regendi. La fede il pi grande dono che Dio fa alluomo, mediante il suo logos, ma la fede come una lampada, che deve essere sempre alimentata, trarre cio il suo alimento dallannuncio evangelico. Cos il munus docendi pone le basi della santificazione. Al munus docendi stato dedicato un intero libro del Codice per sottolinearne limportanza e la sua peculiarit. Tuttavia con ci il Codice non ha voluto risolvere la questione della divisione dei poteri dellautorit ecclesiastica. Ricalca soltanto la dottrina esposta nel Concilio. Non viene enunciata alcuna divisione dei poteri.

38 39

LG 10 LG 13-21

23

Il libro diviso in Capitoli e le iscrizioni dei Titoli sono state cambiate ed aggiornate secondo il linguaggio del Concilio. Tutta la materia stata riordinata con criteri moderni. la formulazione dei singoli canoni pi chiara e nessuno di essi riferisce ad litteram la precedente legislazione. Loggetto del munus docendi il depositum fidei, termine giuridico, che allude allistituto del deposito, che doveva essere conservato interamente e gelosamente custodito. La Chiesa non deve soltanto santamente custodire la verit rivelata, ma deve profondamente investigarla in modo che possa fedelmente annunciarla ed esporla. Ha il diritto nativo e lobbligo di predicare a tutte le genti il Vangelo, usando anche i mezzi di comunicazione sociale, appropriati alla sua missione40.

40

Cfr. G. Damizia, La funzione di insegnare nella Chiesa, in: Il nuovo Codice di Diritto Canonico, novit, motivazione e significato, Libreria Editrice della Pontificia Universit Lateranense, Roma 1983, pp. 265-273.

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3) Fonti e contenuti Poste le basi teologiche alla funzione di insegnare della Chiesa, passiamo ad analizzare i contenuti fondamentali e le fonti del libro che ne porta il titolo. Aprono la trattazione alcuni canoni di carattere generale (cann. 747-755), che enunciano i principi fondamentali sulla funzione di insegnare propria della Chiesa ed in particolare sulla potest di magistero (contenuti e finalit di tale potest, soggetti, infallibilit, obbligo dellassenso da parte dei fedeli, compiti e responsabilit magisteriali). Sono canoni che si sforzano di ridurre in formule giuridiche alcune tematiche teologiche di eccezionale intensit, sovente trattate dalla dottrina sia recente che passata. In questi canoni si intrecciano elementi dogmatici con quelli giuridici, viene presentata una sintesi teologica giuridica sul magistero ecclesiastico che non trova eguali nei precedenti documenti. Si possono citare come fonti le due costituzioni dogmatiche Lumen gentium e Dei verbum, la dichiarazione sulla libert religiosa Dignitatis humanae e il decreto sullecumenismo Unitatis redintegratio. Segue il Titolo I, che con alcuni canoni introduttivi sviluppa la disciplina sul ministero della parola divina. I canoni preliminari indicano le persone alle quali affidato il compito di annunciare il Vangelo e precisano i vari mezzi che possono essere utilizzati per realizzare tale annuncio. Tra questi, importantissimi sono la predicazione e la catechesi. Tra le forme di predicazione, poi, occupa un posto tutto particolare lomelia; le direttive in merito sono desunte dai documenti della riforma liturgica. Il titolo I risente anche dellinflusso del decreto sul ministero dei vescovi Christus Dominus e del primo documento conciliare, la costituzione Sacrosantum Concilium. Nel Titolo II, che sar oggetto di analisi pi approfondita nel prossimo capitolo, sono raccolte le direttive riguardanti lazione missionaria della Chiesa. Rappresentano una novit assoluta rispetto al Codice del 1917, corredato, in materia, di un unico canone propriamente missionario, il 1350. Nei canoni del nuovo Titolo sono contenute la dottrina e le disposizioni date dal Concilio Vaticano II nella costituzione Lumen gentium e nel decreto Christus Dominus; la fonte privilegiata resta, per, il decreto conciliare Ad Gentes divinitus, soprattutto nelle parti riguardanti i soggetti dellazione missionaria, la formazione delle nuove comunit cristiane e la sua organizzazione. Completano lesposizione alcune norme relative al catecumenato, ai neofiti, agli obblighi dei vescovi e delle conferenze episcopali circa le missioni.
25

Il Titolo III, sotto una nuova iscrizione, leducazione cattolica e con un ordine pi logico e profondamente rielaborato nei suoi contenuti, abbraccia la normativa che il precedente Codice poneva nel Titolo, in verit piuttosto povero, De scholis (cann. 1372-1383). Alcuni canoni fondamentali di carattere introduttivo, enunciano principi gi contenuti nella dichiarazione conciliare Gravissimum educationis ai nn 1,3,6. Seguono tre capitoli nei quali si tratta delle scuole, delle universit e facolt cattoliche, degli istituti di studi superiori, delle universit e facolt ecclesiastiche. Linsieme della normativa sottolinea limportanza che viene attribuita alla formazione scolastica e alla cultura scientifica superiore, strumenti assai efficaci per la promozione umana e la conoscenza della verit rivelata. Nel Titolo III chiaro linflusso della costituzione pastorale Gaudium et spes, del decreto Optatam totius e di altri documenti di attuazione emanati dopo il Concilio Vaticano II (Cfr. S. C. per lEducazione Cattolica, La scuola cattolica, 19.3.1977; Paolo VI, esort. ap. Evangelii nuntiandi, 8.12.1975; Giovanni Paolo II, cost. ap. Sapientia christiana, 29.4.1979; Giovanni Paolo II, esort. ap. Catechesi tradendae, 26.10.1979; ecc...). Nel Titolo IV sono contenute le norme disciplinari relative alluso dei mezzi di comunicazione sociale e alla pubblicazione dei libri. Due sono le fonti principali di questi canoni, il decreto conciliare Inter mirifica, in particolare ai nn 1,2,3, e il decreto della S. Congregazione per la dottrina della fede sulla vigilanza dei pastori della Chiesa riguardo ai libri (De Ecclesiae pastorum vigilantia circa libros del 19.3.1975). Nel Titolo V vengono elencati tutti coloro che sono tenuti personalmente ad emettere la professione di fede secondo la formula approvata dalla Santa Sede e insieme viene stabilito davanti a chi tale professione debba essere emessa. Nel Titolo sono contenute le disposizioni dei cann. 1404-1408 del Codice del 1917, adattate ai nuovi istituti ed alle esigenze odierne41.

4) Conclusione Concludendo possiamo riassumere in cinque, le principali novit apportate alla legislazione canonica da questo libro III. La prima, quella immediatamente percepibile la collocazione della materia trattata; occupa un libro a s acquistando nellinsieme, una posizione di notevole rilievo. Nel

41

Cfr. A. Montan, op. cit., pp. 137-138.

26

Codice del 1917 i canoni sul Magistero ecclesiastico costituivano invece la parte quarta dellintricato libro III intitolato De rebus, ed erano collocati tra i canoni dedicati al culto divino e quelli relativi ai benefici ecclesiastici. Una seconda novit rappresentata dalla terminologia, assai aderente al linguaggio del Concilio Vaticano II e ne traduce nel modo tipico dellespressione legislativa, tutta lansia pastorale. Una terza novit, la pi radicale lo spirito dal quale il legislatore si lasciato guidare nella stesura delle norme sulla funzione di insegnare della chiesa, spirito caratterizzato fondamentalmente dalle note della continuit e del rinnovamento, vale a dire dalla fedelt alla tradizione e da un intensa attenzione alla nuova situazione storica, culturale e pastorale nella quale lannuncio evangelico chiamato a rinnovarsi42. La novit diventa per totale nel CIC 1983 nel Titolo II, Lazione missionaria della Chiesa. Dallestrema insufficienza dellunico can. 1350 del CIC 1917, si giunge alla redazione di un intero Titolo, che annovera come sua fonte privilegiata il decreto conciliare Ad gentes divinitus, proprio sullazione missionaria della Chiesa come analizzeremo in seguito43. Una quarta importante novit, che deriva indubbiamente dallapprofondimento teologico operato dal Concilio Vaticano II, la chiara evidenziazione delle figure del Sommo Pontefice e del Collegio dei Vescovi per ci che concerne la funzione di insegnare nei riguardi della Chiesa universale. Viene confermata la fede dei fedeli con laffermazione inequivocabile dellinfallibilit del Romano Pontefice, ripresa dal Concilio Vaticano I e riportata nel can. 1323 2, del Codice del 1917; ad essa si aggiunge non pi solo laffermazione dellinfallibilit del Concilio Ecumenico, ma quella del Collegio dei Vescovi, la cui espressione esterna pi solenne appunto il Concilio Ecumenico: e questo quando entrambi, Romano Pontefice e Collegio dei Vescovi, nel modo loro proprio, personale o collegiale rispettivamente, proclamano da tenersi con atto definitivo una dottrina sulla fede o sui costumi44. La quinta ed ultima novit su cui desidero soffermarmi pi a lungo, riguarda linserimento nel libro III del Titulus quartus che recita: De instrumentis communicationis socialis et in specie de libris. Che la Chiesa si sia occupata della stampa al suo primo apparire, risulta dagli interventi disciplinari di Innocenzo VIII (1491), di Alessandro VI
42 43

Cfr. A. Montan, op. cit., p. 135. Cfr. Aa.vv., Codice di Diritto Canonico, Unione Editori Cattolici Italiani, Roma 1984, p. 473. 44 Cfr. Idem, pp.473-474.

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(1501), di Leone X (1515), del Concilio di Trento (1546, 1553, 1557) con listituzione dellIndex nel 1557; essa fu confermata da Benedetto XIV (1758) e da Leone XIII (1896). Il vecchio Codice riprendeva in modo sintetico siffatta regolazione canonica con indole prevalentemente preventiva e repressiva. Nel frattempo nella nostra societ irrompevano i nuovi canali di informazione e nuove forme di espressione artistica: la radio, il cinema e la televisione. La Chiesa o meglio la Santa Sede vi intervenne abbastanza tempestivamente: Pio XI eman lenciclica Vigilanti cura nel 1936 sul cinema; Pio XII ne riprese largomento in due memorabili documenti sul cinema ideale: nel 1955 con una allocuzione e nel 1957 con lenciclica Miranda prorsus. Il decreto conciliare Inter Mirifica riprendeva in forma organica tutta la discussione dellimportante materia, superando di gran lunga la sensibilit dellepiscopato mondiale. Il nuovo Codice ha ripreso la materia apportando nuovi indirizzi e normative sul settore degli strumenti della comunicazione sociale. Si deve subito premettere che gli undici canoni (822-832) non corrispondono alle aspettative del Titulus; solo tre contengono disposizioni generiche sullimportante campo moderno e nel complesso la normativa lascia a desiderare. Nondimeno non dobbiamo attenderci trattazioni filosofiche in un testo legale, che dietro i rapidi cenni e descrizioni lascia ai Vescovi pi libert di iniziative che imposizioni restrittive. Infatti le disposizioni canoniche oltre che applicare a questo settore le quattro forme ascendenti di governo: approbatio, licentia, vigilantia, reprobatio (cann. 823, 832 2), esortano i Pastori a farne largo uso (adhibere satagant can 822 1), ad insegnare ai fedeli il dovere di cooperare perch il loro uso nella societ civile sia improntato a spirito cristiano (can 822 2); si inculca a tutti i fedeli di prestare aiuto alla Chiesa per luso di questi strumenti (can. 822 3). Come si vede, il campo allazione pastorale sconfinato, ma oggi non errato affermare che urgente; forse non si abbastanza compreso che il mondo contemporaneo si avvia alluso di una logica che non pi quella aristotelica. Basta percorrere anche rapidamente gli studi di sociologi e tecnici per intravedere e forse gi constatare la formazione di moduli argomentativi basati sulle immagini e sulle emozioni. Ci assume una importanza enorme per levangelizzazione (cann. 747-779) e

specialmente per la predicazione. Non si tratta di rinunciare alla logica classica che lunico metodo di accesso alla verit; si tratta di tenere conto della nuova logica filmica,

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televisiva, ecc... con la loro carica emotiva e suggestionante che obbliga il predicatore a piegare il suo discorso al lato delle impressioni, dellattualit, degli stessi montaggi propagandistici. Il Codice, pur nei limiti imposti dal testo stesso, ha reso un servizio importante avviando un discorso di organizzazione su tutti i settori della comunicazione sociale45.

45

Cfr. D. Composta, Il munus docendi nel nuovo Codice di Diritto Canonico , Pal. Cl., (1984) 103-104.

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B. Lazione missionaria della Chiesa (cann. 781-792) Lespressione popolare e tradizionale di missione contenuta nel Codex, nel Libro III sulla funzione di insegnare, sotto la denominazione di De actione Ecclesiae missionali (cann. 781-792). Essenzialmente significa trasmettere il messaggio cristiano ai non credenti e stabilire lattivit cristiana e la Chiesa tra i popoli ed in territori non cristiani46. Come avevamo accennato precedentemente, lo studio del capitolo De Sacris Missionibus era competenza del Gruppo incaricato del Lib. III De munere docendi. Per quanto riguarda il nostro argomento lattenzione del Gruppo si centrava, in primo luogo, sulla preparazione di uno schema de missionibus... cum respectus ad missiones externas, e poi sulla discussione quasi esclusivamente del Titolo del nuovo capitolo perch le norme in esso contenute ben poco avevano in comune con le precedenti, che erano state ritenute evidentemente inadeguate. Per il nuovo Capitolo, poi Titolo, integrato da norme prese interamente dalla dottrina del Concilio Vaticano II, furono proposti tre differenti titoli: de populorum evangelizatione, de activitate missionaria e De Sacris Missionibus. In questa occasione fu scelto, o conservato se si vuole, quello precedente e classico, De Sacris Missionibus perch considerato il pi espressivo. Nello schema del 1977, invece, si trovava il titolo De actione missionali Ecclesiae, come successo nel Concilio Ecumenico Vaticano II con lo schema sullattivit missionaria della Chiesa. Venne adottato questo titolo perch sembrava pi adatto alle norme che lo integrano, dato che tutte le disposizioni sono prese dal decreto Ad gentes; ci induce ad affermare che sono norme che riguardano esclusivamente lopera missionaria e la cooperazione missionaria, e questa finalit conferisce un carattere specifico a tali disposizioni. Daltra parte si evidenzia che il contenuto del cap. De Sacris Missionibus pur essendo cos ampio e vario, in realt non risponde adeguatamente alla dottrina del menzionato Concilio, la quale, come si visto, ha stabilito dei principi dottrinali con conseguenze anche di carattere disciplinare capaci di far cambiare anche i principi precedenti. Un altro motivo, connesso con i precedenti, si trova nelle difficolt incontrate per definire il contenuto della parola missioni, che in quel momento non era molto chiaro, sia per le sue connotazioni socio-politiche (colonialismo) sia per quelle di carattere
46

Cfr. J. L. Santos, Missioni, in: Nuovo Dizionario di Diritto Canonico, San Paolo, Cinisello Balsamo 1993, p. 701.

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pastorale ritenendo le missioni come cosa molto speciale o quasi occasionale nella compagine ecclesiale. Il contenuto del presente Titolo, tuttavia, pi ampio e omogeneo rispetto al capitolo del CIC 191747. Passando ad analizzare i vari canoni uno per uno, vediamo come gi con il primo stata recepita la dottrina conciliare, infatti, se noi crediamo realmente che Ges il Figlio di Dio, incarnato per noi, che la nostra unica salvezza ed a Lui tendiamo per una felicit eterna, non possiamo rimanere indifferenti verso coloro che ignorano tali verit. La fede profondamente vissuta un fuoco che divampa e brucia: ignem veni mittere in terram48. Abbiamo il primo esempio in Maria Santissima che si affretta a portare la luce del suo Figlio ad Elisabetta. giusto perci che allinizio del secondo titolo del Libro III sullazione missionaria della Chiesa si affermi che tutta la Chiesa per sua natura missionaria e levangelizzazione il fondamentale obbligo del popolo cristiano, tutti consci della propria responsabilit , debbono prendere parte allopera missionaria (can. 781)49. Se la Chiesa trascurasse questa finalit e questo suo compito, perderebbe la propria ragion dessere e si disintegrerebbe come un organismo privo del suo principio vitale. Anche nel caso che fosse completata levangelizzazione di genti e popoli, sussisterebbe il dovere di mantenere e sviluppare la fede individuale delle persone oltre a quello di estenderla alle nuove generazioni. Naturalmente importante sottolineare che il Codex rispetta, non poteva essere altrimenti, e lo fa con molta cura, la libert personale al momento dellaccettazione della fede cristiana (can. 748 2). Una cosa lobbligo che ha la Chiesa di trasmettere la dottrina e la fede cristiana e una cosa ben diversa laccettazione da parte delle persone. Il Codex sottolinea in alcune di tali norme questo permanente rispetto della libera volont delle persone: i missionari insegnino le verit della fede, dice il can. 787 2, di modo che coloro che sono preparati, chiedendolo liberamente, possano ricevere il battesimo; il can. 788 1 si riferisce a quelli che avranno manifestato la volont di abbracciare la fede in Cristo...; viene inoltre richiesto un dialogo sincero dei missionari con coloro che non

47

Cfr. J. Garcia Martin, Lazione missionaria della Chiesa nella legislazione canonica , Ediurcla, Roma 1993, p. 701. 48 Lc 12, 49

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credono in Cristo (can. 787 1). Lazione missionaria pu essere condotta solo nel segno di questa libert religiosa50. Il canone 782 esprime in forma lucida i principi generali della missione come opera funzionale di tutta la Chiesa in armonia con le differenze strutturali, in altre parole, se vero che tutto il Popolo di Dio missionario, ossia inviato da Cristo per levangelizzazione dei popoli, allinterno della Chiesa esistono organi strutturali il cui scopo di coordinare e stimolare la funzione missionaria. Il canone per via sommaria dichiara che la responsabilit suprema dellattivit missionaria spetta al Sommo Pontefice e al Collegio Episcopale. In concreto il Pontefice si avvale della Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli detta anche De Propaganda Fide per la direzione e cooperazione missionaria. Sotto il profilo territoriale essa esercita una sua competenza nei luoghi in cui non esiste una gerarchia stabilmente organizzata e ordinaria. Da essa dipendono le seguenti opere: Pontificie opere missionarie, Opera di San Pietro per il clero nativo, Unione missionaria del Clero, Opera della Santa Infanzia (cfr. motu p. Ecclesiae sanctae, III, 13). previsto che in ogni Diocesi un sacerdote abbia lincarico di promotore delle missioni e che faccia parte del consiglio pastorale diocesano de iure. Per i rapporti tra questa Congregazione e le Conferenze episcopali dipendenti, la S. Sede ha emanato un importante documento (Quo aptius, EV 3/801-819). Presso le altre Conferenze Episcopali esistono Consigli missionari nazionali o regionali, composti dai direttori nazionali o regionali che si tengono in stretto rapporto per la coordinazione delle varie attivit ed iniziative51. Il canone 783 tratta dei membri degli Istituti di vita consacrata, categoria di persone che hanno un obbligo peculiare a prestare la loro opera missionaria. Da notare che il can. 783 non parla di Istituti di vita consacrata, ma dei membri di tali istituti. La loro consacrazione a Dio li unisce in modo speciale [...] alla Chiesa tutta ed al suo mistero (LG 44). Da qui deriva anche il dovere personale di lavorare, secondo le forze ed il genere della propria vocazione, sia con la preghiera, sia con lattivit esterna, a radicare e consolidare negli animi il Regno di Cristo e dilatarlo in ogni parte della terra. Anche qui si sottolinea lobbligo , connesso al proprio impegno personale con il proprio Istituto, di collaborare allopera missionaria. Il modo concreto sar attuato secondo le disposizioni dei

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Cfr. G. Damizia, La funzione di insegnare nella Chiesa, in: Aa.vv. Il nuovo Codice di Diritto Canonico, novit, motivazione e significato, Libreria Editrice della Pontificia Universit Lateranense, Roma 1983, p. 283. 50 Cfr. J. L. Santos, op. cit., pp. 701-702.

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propri superiori e in conformit allindole del proprio Istituto. Sappiamo che esistono istituti dediti completamente allopera missionaria, altri invece che includono tale attivit tra tante altre. Il dovere indicato dal canone riguarda i membri sia degli uni che degli altri Istituti. Il canone riflette anche una ragione storica: per tanti secoli lazione missionaria stata affidata in modo quasi assoluto agli Istituti di vita consacrata. Non poteva perci mancare nel Codice una conferma della realt di fatto da parte del diritto52. I canoni 784 e 785 trattano delle due componenti principali del personale della missione, i missionari ed i catechisti. a) I missionari (can. 784) sono portatori specializzati della missione della Chiesa. Con linvio da parte dellautorit responsabile (e non pi dellautorit suprema come nel CIC 1917) dato lelemento formale essenziale della definizione di missionario, anche se non ancora sufficientemente circoscritto. Il Concilio, non il citato canone, menziona come seconda caratteristica distintiva il servizio missionario ad vitam (AG 24). In questo modo il can. 784 evita la differenziazione fra missionario perpetuo e missionario a tempo determinato. Ci esprime la situazione odierna della forza missionaria e riconosce i frati laici e le sorelle religiose come missionarie. Tramite linvio alla missione promosso dalla Chiesa, ogni cristiano battezzato diviene missionario, sia egli persona del luogo o forestiero, membro di una comunit religiosa oppure laico. b) Un compito importante per lazione missionaria attribuito ai catechisti (can. 785). Se ne parl coraggiosamente durante il Concilio. Essi sono i collaboratori pi importanti dei sacerdoti missionari (AG 17). Come presupposto del servizio di catechesi richiesta da una parte una sufficiente formazione, se possibile in proprie scuole di catechismo (cann. 785 2, 780), e dallaltra una conduzione di vita esemplare (cann. 785 1, 759, AG 17, CD 14). Concilio e Codice aprono nuove prospettive allufficio di catechista e molteplici possibilit di impiego. I citati campi di attivit, annuncio dellEvangelo, servizi liturgici ed opere caritatevoli (can 785 1), sono completamente in linea con il Diaconato (LG 29)53. Nel canone 786, oggetto del nostro studio, si affronta il problema della implantatio Ecclesiae in un territorio non cristiano. In generale la S. Sede inizialmente affida un
51

Cfr. P. V. Pinto (cur.), Commento al Codice di Diritto Canonico, Urbaniana University Press, Roma 1985, p. 486. 52 Cfr. A. G. Urru, La funzione di insegnare della Chiesa, Vivere In, Roma 1989, pp. 77-78. 53 Cfr. O. Stoffel, Der missionarische Auftrag, in: Handbuch des Katolischen Kirchenrechts, Friedrich Pustet, Regensburg 1983, pp. 550-551.

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determinato territorio ad un Istituto religioso o missionario per levangelizzazione. Il Superiore responsabile della missione novella dipende in quanto religioso dalla sua Congregazione, ma in quanto missionario egli investito di autorit ecclesiastica vicariale, anche se non ancora stato dichiarato n Prefetto Apostolico, n Vicario Apostolico. Con il suo consiglio egli pu erigere scuole, ospedali, erigere centri missionari, stabilire centri di formazione di catechisti. Amministra i beni patrimoniali e le offerte destinate alle missioni in piena autonomia. A lui sono soggetti anche sacerdoti secolari o laici che si dedicano allazione missionaria. Come si vede, dal doppio vertice cui il Superiore missionario sottoposto (quello religioso e quello della Congregazione di Propaganda Fide) possono partire ordini di diverso orientamento e creare conflitti; si tratta di un regime chiamato tecnicamente di commissione, che per termina appena si eretta la gerarchia ecclesiastica e la rispettiva Diocesi. Il nuovo sistema o regime si chiama mandato (istr. Relationes in territoriis, EV 3/820-845); esso peraltro non differisce molto dal precedente per quanto riguarda la dipendenza dei religiosi missionari dal loro Superiore generale; ma lerezione della Diocesi si conclude con una convenzione con la quale saranno fissati i rapporti tra le due autorit religiose, come previsto dal successivo can. 79054. Il metodo che i missionari devono seguire nella loro opera di evangelizzazione strutturato, nel Codice, in tre punti espressi in modo sintetico come conviene ad un testo legale: * * * primo incontro con i non credenti (can. 787); cammino catecumenale (can. 788); formazione dei neofiti (can. 789); In armonia con il Decreto missionario, non devono essere delineati dei modelli di nuovi metodi missionari, bens dei principi di validit generale per ciascun compito missionario. Il punto di partenza dellannunciazione la testimonianza della vita e delle parole (can. 787 1; AG 11). Larticolo 12 del decreto missionario descrive la presenza cristiana in ambiti non cristiani, come testimonianza dellamore verso i bisognosi nello svolgimento del proprio ufficio e nel vasto campo delle strutture economiche e sociali. Attraverso questa testimonianza, i missionari devono promuovere un dialogo sincero con i non credenti in Cristo (can. 787 1) ed a tal scopo devono rispettare le tradizioni

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delle religioni non cristiane (AG 11) e devono riconoscerne i beni morali e religiosi ed i valori sociali e culturali (NA 2; LG 17). Inoltre, il metodo di evangelizzazione deve essere appropriato alla condizione di tutti coloro che ascoltano (cann. 787 1; 769; 779). A chi disposto ad accettare il Vangelo, deve essere trasmessa unampia conoscenza del messaggio evangelico, attraverso prediche e catechesi (can. 787 2; CD 14; EN 44, 54), ma senza limposizione di alcun obbligo (can. 748, AG 13). Laspirante deve poter fare la sua scelta religiosa in piena libert (can. 787 2; DH). Lammissione nella Chiesa avviene gradualmente, nellambito della comunit cristiana, secondo il processo di evoluzione spirituale. Durante il precatecumenato avviene la prima annunciazione: se il candidato fermamente deciso a diventare cristiano, parteciper ad una cerimonia liturgica durante la quale verr accolto nel gruppo degli aspiranti (can. 788 1; AG 14). Questa partecipazione d inizio al catecumenato vero e proprio. La preparazione propedeutica, che pu durare parecchi anni, finalizzata alla formazione cristiana ed allinsegnamento della fede e si conclude con una cerimonia, durante la quale i nomi dei partecipanti vengono registrati nel libro dei catecumeni (can. 788 1; OICA 7b, 14-20). La preparazione pi approfondita di solito coincide con la Quaresima di Pasqua ed caratterizzata da scrutini ed insegnamenti della confessione di fede e del Paternoster e termina con la solenne ammissione nella Chiesa attraverso il dono dei Sacramenti di iniziazione (Battesimo, Cresima ed Eucarestia) durante la notte di Pasqua. Il processo di ammissione nella Chiesa si conclude definitivamente con la mistagogia del neofita durante lultima quindicina del periodo pasquale (can. 789; OICA 7d, 37-40). Il catecumenato significa preparazione al ricevimento dei Sacramenti, non solo attraverso linsegnamento della catechesi, ma anche attraverso lintroduzione e la pratica della vita cristiana. I catecumeni vengono opportunamente iniziati nel mistero di Cristo e introdotti nella vita della fede, della liturgia, della caritas e dellapostolato (can. 788 2; AG 14). Tutti coloro che aspirano al Battesimo, con esplicita volont di entrare a far parte della Chiesa, vengono uniti nella Chiesa (can. 206; LG 14). Questa coniunctum esse simbolo dello status ecclesiale e quindi i rapporti legali devono essere unificati. La funzione della Conferenza Episcopale quella di promulgare degli statuti che regolino il

54

Cfr. P. V. Pinto (cur.), op. cit., pp. 487-488.

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catecumenato e specifichino i diritti e i doveri dei catecumeni (cann. 788 3, 1170, 1183 1; AG 14)55. Nel canone 790 si rileva il particolare e specifico riferimento che il nuovo Codice fa del Vescovo residenziale nei territori di missione. una questione che meriterebbe un approfondimento per lintimo rapporto tra concetto e nozione di missione e gerarchia ecclesiastica nel suo sviluppo storico-giuridico in oltre tre secoli di attivit della Sacra Congregazione de Propaganda Fide. Il canone 790 mette nella giusta luce la figura del Vescovo residenziale anche nei territori di missione in conformit con la dottrina del Concilio Vaticano II sullEpiscopato nella Chiesa. Nelle Diocesi il Vescovo, rettore e centro di ogni apostolato diocesano; a lui spetta promuovere, regolare e coordinare tutta lattivit missionaria, nel rispetto dovuto alle spontanee iniziative delle forze vive ed operanti della sua Diocesi. Particolare enfasi mette il Codice nel determinare quale deve essere latteggiamento del Vescovo residenziale nei territori di missione nei riguardi degli Istituti che lavorano nella sua Diocesi a seguito della soppressione del sistema giuridico della commissio. A questo proposito opportuno ricordare che la Sacra Congregazione de Propaganda Fide, in osservanza agli orientamenti del Concilio Vaticano II ed i criteri stabiliti da Paolo VI nel Motu Proprio Ecclesiae sanctae, eman in data 24 febbraio 1969 lIstruzione Relationes in territoriis, frutto delle delibere della prima Assemblea Plenaria che si celebr dopo la nuova strutturazione del medesimo Dicastero missionario. In questa Istruzione vengono tratteggiati i principi, i criteri, lo spirito e le norme che devono regolare i rapporti tra i Vescovi e gli Istituti missionari che saranno stabiliti in un apposita convenzione tra le due parti affinch la mutua intesa ridondi in bene della missione. Poco dopo la medesima Congregazione per facilitare ai Vescovi questo compito offriva loro due modelli o schemi di convenzione, lasciando loro piena libert di usarne nella misura che avessero creduta opportuna e conveniente. Il nuovo Codice, in questa prospettiva ecclesiale missionaria, riprende ma in termini pi pacati la norma che stabilisce la dipendenza di tutti i missionari, anche i religiosi ed i loro ausiliari, dalle disposizioni del Vescovo in ci che riguarda lopera missionaria56.

55 56

Cfr. O. Stoffel, op. cit., pp. 551-552. Cfr. I. T. P. Lee, Lazione missionaria della Chiesa nel nuovo Codice di Diritto Canonico , in: Aa.vv., La nuova legislazione canonica, Urbaniana University Press, Roma 1983, pp. 401-403.

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La cooperazione missionaria un dovere di tutto il popolo di Dio, dal momento che tutta la Chiesa missionaria. In campo organizzativo, possiamo vedere una responsabilit a livello diocesano e una a livello di Conferenza episcopale. In ogni Diocesi del mondo e non soltanto in quelle esistenti in territori missionari, si deve favorire la cooperazione missionaria. La legge (can. 791), stabilisce alcune modalit con cui tale cooperazione si attua. Si devono favorire le vocazioni missionarie. Questo il principale mezzo di collaborazione, favorendo la nascita dellideale missionario in giovani, uomini e donne, che possano andare ad annunciare il Vangelo ai non cristiani, e aiutandoli ad attuare il loro ideale. Le vocazioni sono uno dei principali segni di vitalit in una Chiesa locale, come in un Istituto di vita consacrata. In ogni Diocesi deve esistere un sacerdote deputato espressamente a promuovere iniziative a favore delle missioni. Questo deve tendere soprattutto a collaborare con le Opere pontificie missionarie, che sono quelle: * * della Propagazione delle fede; di S. Pietro Apostolo, per favorire la formazione del clero autoctono; * dellinfanzia missionaria, per leducazione cristiana dei fanciulli in territori di missione; * dellUnione missionaria del clero, anima di tutte le altre opere missionarie. Nonostante il nome, vi possono far parte anche i religiosi e le religiose. Il Romano Pontefice Paolo VI disse che, per questa ragione si potrebbe chiamare Unione missionaria dei religiosi e delle religiose. Il fatto che questo promotore diocesano deve essere un sacerdote sta ad indicare quale importanza ecclesiale il legislatore dia a questo ufficio. Ogni anno si deve celebrare la giornata missionaria, per sensibilizzare il popolo cristiano sul vitale problema delle missioni. Generalmente viene celebrata la terza domenica dottobre. Da alcuni anni, in vista di questa giornata, il Sommo Pontefice suole inviare un messaggio a tutta la Chiesa. * Ogni anno si deve versare un congruo contributo finanziario per le missioni da

inviare alla Santa Sede57. Il canone 792, infine, non riguarda i territori di missione, ma le Diocesi di antica tradizione cattolica; esso dispone che in ciascuna siano promosse attivit missionarie di

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vario genere ma in particolare si raccomanda alle Conferenze episcopali di promuovere iniziative missionarie e di accogliere con carit e particolare riconoscenza e cura quelli che si preparano nello studio a recarsi o ritornare nelle missioni58. Non poche norme trovano speciale applicazione nelle Chiese missionarie e si riferiscono in modo particolare alle missioni. Essenzialmente, lattivit missionaria della Chiesa riceve limportanza che le stata attribuita dal Concilio.

57 58

Cfr. A. G. Urru, op. cit., pp. 87-88. Cfr. P. V. Pinto (cur.), op. cit., p. 490.

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CAPITOLO III LAZIONE MISSIONARIA SECONDO IL CANONE 786 A. Fonti del canone

Lanalisi del canone 786, oggetto del nostro studio, inizia in questo capitolo con un approfondimento delle fonti che hanno portato alla sua stesura. La Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici autenticae interpretando ne elenca cinque59: un Istruzione della Sacra Congregazione di Propaganda Fide, la Quo efficacius del 6.1.1920; poi i due fondamentali documenti del Concilio Vaticano II, la Costituzione dogmatica Lumen Gentium al numero 17 ed il Decreto Ad Gentes ai numeri 6 e seguenti; infine due lettere circolari della Sacra Congregazione per levangelizzazione dei popoli, Nello studio di rinnovamento e Puisque la Ratio del 17 maggio 1970. A questi documenti base si possono per aggiungere lEsortazione apostolica di Paolo VI, Evangelii nuntiandi che riprende lo spirito missionario conciliare e pu essere fondamentale per il nostro canone in particolare al capitolo II sul significato dellevangelizzazione, dal numero 17 al numero 24. Infine per quanto riguarda il governo della missione con la sua evoluzione dal sistema della Commissione a quello del Mandato sono fondamentali lIstruzione Quum huic del 1929 della Sacra Congregazione di Propaganda Fide e lIstruzione Relationes in territoriis del 1969 della Sacra Congregazione per levangelizzazione dei popoli. LIstruzione Quo efficacius60inizia significativamente con una citazione dalla 2Tm 2,4: Infatti nessuno che si d a fare il soldato di Dio, si impiccia pi degli affari della vita civile per piacere a colui che lo ha arruolato. Questa Istruzione tanto importante da essere inserita nel Sylloge61al numero 77, segue di pochi mesi la Lettera Enciclica Maximum illud di Benedetto XV di cui riprende lo spirito ed alcuni ammonimenti. La prima parte riguarda infatti i moniti del Papa ai missionari fra cui specialmente quello di propagare limpero di Cristo e non quello degli uomini. Nella seconda vi un elenco di moniti pratici della

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Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici autenticae interpretando, Codex Iuris Canonici, Fontium annotatione et indice analytico-alphabetico auctus, Libreria Editrice Vaticana, Citt del Vaticano 1989, p. 219. 60 Sacra Congregatio de Propaganda Fide, istr. Quo efficacius - 6.1.1920, in: Ochoa, I, 266-267.

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Congregazione che danno lidea dei problemi che vi potevano essere nelle missioni, ma anche dellalto grado di modernit raggiunto dal legislatore sul tema dellinculturazione; si raccomanda infatti di studiare ed utilizzare la lingua locale, di evitare lintroduzione delle consuetudini patrie nella missione, di evitare di intromettersi in questioni politiche che riguardano la nazione di origine e quella ospitante, di immischiarsi in forme di commercio; si afferma che tutte queste cose devono essere garantite dal superiore della missione. La cosa pi importante per il nostro canone tuttavia viene detta allinizio, quando cio si afferma che lunico fine che il missionario deve perseguire la salus animarum di tutti i popoli della terra i quali, in un futuro si spera non troppo lontano, si dice nella conclusione, siano congregati in un unico ovile e sotto la guida di un solo pastore. In questo risiede a mio avviso limportanza del documento ed il motivo stato inserito fra le fonti del canone, laver cio ribadito il fine della missione e limportanza che ancora riveste la missio ad extra allinterno della Chiesa. Alla Quo efficacius fanno seguito le fonti conciliari che sono le pi importanti di tutte in quanto, come ricordato pi volte, il Codice del 1983 espressione del pensiero e della teologia conciliare tanto da poter essere considerato come lultimo documento del Concilio Vaticano II. La Costituzione dogmatica Lumen Gentium62 espressione della nuova ecclesiologia biblica, antropologica, sacramentale ed escatologica emersa dal Concilio che alla base della teologia missionaria del decreto Ad gentes. La Costituzione al numero 17 ci pone innanzi al popolo di Dio che deve essere raccolto da tutto luniverso in modo visibile e completo nella Chiesa cattolica, attraverso le vie misteriose dello Spirito. La Chiesa richiama a se stessa il solenne comandamento del Cristo e la responsabilit che ad essa incombe. Lazione missionaria avr due obiettivi complementari ed ugualmente necessari: * servire lo Spirito Santo ovunque egli si manifesti ed in qualsiasi modo egli lo

faccia, partendo da ogni valore deposto nel cuore degli uomini, delle civilt e delle diverse religioni per la loro purificazione e la loro piena espansione; * proclamare, mediante la testimonianza della vita e la Parola, la pienezza della

salvezza che ci donata nella Chiesa mediante il Cristo.

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Raccolta dei principali documenti di argomento missionario dei Sommi Pontefici e della Sacra Congregazione di Propaganda Fide dal 1907 al 1939, anno della sua pubblicazione. Questa raccolta fu realizzata per comodit duso da parte dei missionari. 62 Concilio Vaticano II, cost. Lumen Gentium - 21.11.1964, EV 1/284-456.

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Questi due tipi di azione non sono da opporsi tra di loro; essi sono collaterali ed esigono luno e laltro un profondo rispetto ed un senso cristiano realmente evangelico. Lazione missionaria si impone alla Chiesa in ragione dei rischi di smarrimento di tutti coloro che cercano pi o meno oscuramente la verit, e soprattutto perch tutti sono chiamati a conoscere in pienezza i disegni di Dio, ad innalzare con piena conoscenza la loro lode al Dio Salvatore e ad essere poi essi pure, in seno ad ogni civilt ed al servizio dei suoi valori particolari, i testimoni ed il seme della salvezza totale proposta a tutti. Indubbiamente si pu essere salvati per altre vie, ma come sarebbe possibile non condividere il desiderio del Signore riconosciuto, servito e amato in piena coscienza e con libert filiale? Per tali motivi la Chiesa invia nel mondo come missionari dei sacerdoti. Essi frequentemente hanno dovuto aprire le vie; sono sempre necessari per dare alla comunit cristiana la pienezza del suo significato e della sua vita celebrando lEucarestia, sorgente e culmine di ogni vita cristiana; sono necessari anche per guidare il Popolo di Dio verso la santit. La Chiesa infine invia anche dei laici per la sua opera evangelizzatrice. Per tale motivo la missione non va concepita tanto come un reclutamento, quanto piuttosto come un partecipare assieme a tutti gli altri alle ricchezze della salvezza, invitando gli altri a rispondervi in tutta coscienza ed in piena libert, ed a partecipare alla lode comune. La preghiera e lazione sono necessarie allo stesso modo. Lazione va intesa sotto tutte le sue forme, ma con un insistenza particolare e dando la precedenza alla trasformazione dei cuori; cos pure mettendo al primo posto una purificazione dei valori di vita che faranno di essa realmente una costruzione del regno di Dio. Ed anche la preghiera, in quanto essa contemplazione del piano di Dio e del suo amore, accoglimento in noi delle sue chiamate e delle sue esigenze, invocazione a nome di tutti della salvezza offerta a tutti, lode a Dio per questa salvezza che egli opera con fedelt, pazienza ed amore63. La grande teologia missionaria del Concilio Vaticano II la troviamo per nel Decreto Ad gentes64, il cui pensiero come avevamo gi detto alla base di tutta la legislazione missionaria del CIC 1983. Il documento, uno dei pi riusciti del Concilio, ebbe un iter travagliato essendo il frutto di circa cinquantanni di riflessione sulla missiologia che si dovevano sintetizzare in un documento, per cui si arriv alla votazione finale soltanto il 7 dicembre 1965. Gli ultimi

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Cfr. Aa.vv., La Chiesa. Costituzione Lumen Gentium. Testo conciliare e commento. , Queriniana, Brescia 1966, pp. 102-106. 64 Concilio Vaticano II, decr. Ad gentes - 7.12.1965, EV 1/1087-1242.

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ostacoli vennero superati daltro canto gloriosamente perch linsieme del Decreto venne approvato con 2162 voti positivi, contro 18 negativi; e, nellultima seduta pubblica, il testo ottenne 2394 voti favorevoli e 5 contrari. Era la desiderata conclusione di un lungo viaggio, compiuto per lo pi attraverso le tempeste e le oscurit65. Il testo si suddivide in sei capitoli; dopo un breve preambolo, in cui sono riportate la pressante urgenza e lestensione universale del dovere missionario, il primo capitolo ne spiega i fondamenti teologici, la natura il movimento ed il fine proprio. Il secondo capitolo descrive gli aspetti e le fasi pratiche di questo lavoro della missione cio levangelizzazione, la predicazione e limpiantazione. Il terzo indica lattivit missionaria da parte delle Chiese particolari. Il quarto comincia con lesame degli agenti della missione, che il sesto continuer sotto un altro aspetto. Si tratta qui dei missionari nel senso pieno della parola quelli che scelgono come loro compito specifico levangelizzazione; sono segnati da una speciale vocazione di cui si enumerano le esigenze. Il quinto capitolo, dopo aver ricordato che la responsabilit fondamentale delle missioni grava essenzialmente sul collegio dei Vescovi uniti al Papa, descrive come deve essere organizzata lattivit missionaria. Al centro un Dicastero unico, la Congregazione di Propaganda Fide che sar in seguito modificata. Nel sesto capitolo si parla di missionari in senso esteso, della cooperazione da parte di tutti i cristiani. La conclusione del documento breve: i Padri vi si dichiarano coscienti del loro gravissimo dovere di estendere ovunque il Regno di Dio; essi salutano i missionari, specialmente coloro che soffrono persecuzioni; pregano la Chiesa intera perch splenda su tutti gli uomini la luce di Dio66. Bisogna, ora, precisare meglio in che cosa consiste lattivit missionaria ed ci che fa il Decreto ai punti c, d, e del n 6. Questa potrebbe gi essere definita sulla base della nozione generale di presenza della Chiesa. Lattivit missionaria ha questo di proprio che, al suo punto di applicazione, non trova la presenza plenaria della Chiesa, e perfino, per la maggioranza della popolazione considerata, essa non trova alcuna presenza di Chiesa. La sua funzione precisamente quella di condurre la Chiesa l ove essa ancora non si trova. Questa definizione in sostanza sufficiente. Quando si accosta questa nozione generale alle esperienze concrete che fa il missionario, si condotti abbastanza normalmente (anche se questa spiegazione non indispensabile) a distinguere, nel lavoro, due stadi successivi ed inseparabili.
65 66

Cfr. J. Masson, Decreto sullattivit missionaria della Chiesa, LDC, Torino 1966, p. 41. Cfr. J. Masson, op. cit., pp. 42-47.

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Il primo rappresenta lannuncio del Vangelo che provoca la fede e conduce fino al catecumenato; il secondo la edificazione della nuova comunit visibile, a partire dalla prima assemblea catecumenale fino alla Chiesa particolare in piena attivit. Il testo cos conclude, accettando un uso del linguaggio cristiano che nessuno pu mettere in dubbio: Le iniziative principali, con cui i divulgatori del Vangelo, andando nel mondo intero, svolgono il compito di predicare il Vangelo e di impiantare la Chiesa in mezzo ai popoli ed ai gruppi che ancora non credono in Cristo sono chiamate comunemente missioni, questa la vera definizione di che cosa si intende qui per attivit missionaria. I preliminari di questa definizione dellattivit missionaria sono stati spiegati prima (il mondo intero), oppure lo saranno pi tardi (inviati dalla Chiesa) al capitolo IV. La sua essenza sta gi nella formula sottolineata, che ritorna immediatamente dopo, secondo il principio che laspetto principale di un movimento il suo fine (finis est forma actionis). Si ripete dunque: il fine proprio di questattivit missionaria levangelizzazione e limpiantazione della Chiesa in quei popoli ed in quelle societ ove essa non ancora radicata. Tutto questo passaggio stato rielaborato fino allultimo momento. Esso definisce lattivit missionaria come partente da due realt: quella della fede (nondum credentes) e quella della Chiesa come organismo vivente e visibile (nondum radicata), per arrivare, attraverso un doppio sforzo di evangelizzazione e di impiantazione, ad una doppia presenza: quella della fede e quella della Chiesa. Ci chiaro e logico. Una frase del Decreto, tuttavia, inserita nellultima redazione, crea qualche problema perch contraddice quasi lequilibrio organico che era stato stabilito e che si ritrover daltra parte al capitolo II. Questa frase chiama la predicazione mezzo principale di impiantazione. Questo certamente ambiguo. Se la Chiesa, come dice questa stessa frase, in quanto corpo del Verbo Incarnato vive al tempo stesso della Parola di Dio e del Pane Eucaristico e se gli uomini rinati a mezzo della Parola di Dio devono essere anche aggregati alla Chiesa attraverso il battesimo, evidente che il mezzo principale dellimpiantazione della Chiesa non la predicazione, poich essa non battezza n nutre con del Pane Eucaristico. Ma essa ne veramente un mezzo principale, e questo in due modi: suscitando nei non credenti una fede, che logicamente deve spingerli al battesimo, e alimentando presso i battezzati la luce e lamore che li porteranno a sempre meglio impiantare la Chiesa per mezzo di tutta la vita sacramentale e le altre attivit.

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Accade analogamente per la fase precedente, in cui dal seme del Verbo di Dio solo menzionato, sembra esca come da un principio sufficiente tutto lo sviluppo delle Chiese particolari e tutti i mezzi per condurre una vita cristiana. Laspetto necessariamente sacramentale e visibile dellazione missionaria viene passato sotto silenzio. Da ci si deduce che labbondanza non determina sempre la chiarezza. meglio rimanere sui binari citati pi sopra: predicazione che conduce alla fede e impiantazione che conduce alla Chiesa. Questo quanto svilupperanno precisamente i capitoli II e III. Lesercizio di questa funzione, del resto, dipender molto come si era fatto notare al n 5 per la missione generale della Chiesa, dalle disposizioni stesse, essenzialmente variabili, dei popoli ai quali ci si rivolge. Talvolta tutto sar possibile; talaltra certe forme soltanto, e talaltra ancora, ogni qualsiasi annuncio diretto sar impossibile: In questo caso i missionari possono e devono con pazienza e prudenza, ed anche con grande fiducia, offrire almeno la testimonianza della carit e della bont di Cristo, preparando cos le vie del Signore e rendendolo in qualche modo presente. La testimonianza in questione sar esaminata ai nn 11 e 12. Bisogna notare accuratamente la conclusione del n 6d: una volta raggiunto, in una determinata localit, lo stato di Chiesa particolare, lazione missionaria della Chiesa non cessa (in quel luogo); tocca anzi alle Chiese particolari gi organizzate continuarla predicando il Vangelo ai singoli, che sono ancora fuori di esse. Questa osservazione annuncia quello che dir lungamente il n 20 sullobbligo missionario delle giovani Chiese, non solo di fronte ai loro concittadini non ancora cristiani, ma anche ai non cristiani di altri paesi... Ut omnes unum sint. Lattivit missionaria dunque essenzialmente opera di radunamento dellumanit nella Chiesa. Ma come potrebbero i missionari, senza arrossire, predicare il raduno e lunit nel Cristo ai non cristiani che incontrano, quando essi stessi offrono lo spettacolo di una Chiesa divisa? Lazione dellunione dei cristiani tra loro richiesta per unattivit missionaria pi efficace, e, bisogna sperarlo, essa si intensificher contemporaneamente a questa stessa attivit. Il testo dice molto saggiamente: Essendo le missioni necessarie, tutti i battezzati sono chiamati a radunarsi in un solo gregge, e a rendere cos uniti, testimonianza a Cristo, loro Signore, di fronte ai pagani. Infine il n 6f e parte del 7 trattano degli effetti divinizzanti dellattivit missionaria. I testi ai quali qui si fa riferimento sono separati in due blocchi, nella redazione attuale; ma ci sembra meglio raggrupparli sotto il titolo di effetti o di risultati. Essi sono espressi in

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rapporto alla Chiesa visibile, in rapporto al Corpo Mistico ed in rapporto alla divina Trinit. Il n 6 mostra lattivit missionaria come diffondente la fede salvifica, che orienta gli uomini verso il Battesimo e la Chiesa. Esso segnala come le quattro note tradizionali della Chiesa trovano nellattivit missionaria il mezzo di una manifestazione pi marcata. Questa infatti completa, dilatandola, lunit cattolica, essa sostenuta dallapostolicit, che vi si esercita con la massima intensit; e lamore che la muove dimostra la santit dinamica del Corpo intero. Analogamente nellattivit missionaria si rivela il carattere collegiale della gerarchia, di cui tanto ha parlato il Concilio. Queste affermazioni sono evidenti, e non richiedono commenti. Il n 7b riguarda gli effetti dellattivit missionaria sul Corpo Mistico. Questo ne incessantemente stimolato; continuamente esso raduna ed ordina le sue forze per il proprio accrescimento in mensuram aetatis plenitudinis Christi. Il movente di questa volont di accrescimento, lo si gi fatto notare in tutti i membri la carit: lamore per Dio e per gli uomini, che essi vogliono vedere compresi in un solo raduno. Ci che vuole compiere lo sforzo missionario luniversus caritatis coetus (n 22). Il n 7c considera al tempo stesso Dio e le tre Persone divine. Per lattivit missionaria, Dio glorificato, poich il suo disegno di amore ricevuto consciamente e pienamente dagli uomini. Nella misura in cui costoro vi acconsentono, entrano nella comunione damore con le tre Persone: essi diventano il popolo unico di Dio Padre, e la sua famiglia; essi sono coerenti in un solo Corpo del Cristo; sono co-edificati in un solo Tempio dello Spirito Santo; cos rigenerati nel Cristo dallo Spirito, possono nella contemplazione della gloria di Dio, dire Padre nostro. Si noti laggettivo nostro, in cui la filiazione si esprime anche come fraternit67. Come si potuto vedere dallanalisi fatta, il numero 6 dellAd gentes rappresenta sicuramente la fonte principale del can. 786, il quale riprende quasi verbalmente i suoi concetti, specialmente per quanto riguarda lazione propriamente missionaria dellimplantatio Ecclesiae. Lelenco delle fonti prosegue con le due Lettere circolari della Sacra Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli del 17 maggio 1970.

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Cfr. J. Masson, op. cit., pp. 221-229.

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La prima, Nello studio di rinnovamento 68 sul significato e valore della vocazione missionaria e sulla speciale formazione dei futuri missionari, partendo dal presupposto che la crisi delle vocazioni ed in particolare di quelle missionarie non dovuta tanto alla mancanza di generosit dei giovani ma allinsufficiente chiarezza della ragione missionaria, successivamente riafferma il bisogno di andare e del fare discepoli che significa mettere gli uomini in rapporto diretto e personale con Ges Cristo. Ai numeri 4 e 5, troviamo espressi dei concetti che saranno ripresi nel canone 786 e cio che ogni Chiesa Particolare appartiene alla Chiesa Universale, partecipa della sua natura e della sua vocazione missionaria. Essa deve riprodurre alla perfezione limmagine della Chiesa Universale (AG 20), e perci deve essere pronta ad andare. Evidentemente un obbligo del genere non pu essere attuato da tutti, ma anche evidente che ogni Chiesa Particolare deve formare i suoi membri in maniera tale da rendere possibile e facile andare a quanti, tra essi, per doni e carismi personali, vi si sentono chiamati. In questo senso non c differenza alcuna tra Chiesa giovani e Chiese antiche, qualunque sia la loro situazione di sviluppo. Per questa ragione il Concilio non ha temuto di affermare che le giovani Chiese partecipino, quanto prima e di fatto, alla missione universale della Chiesa, inviando anchesse missionari a predicare dappertutto nel mondo il Vangelo, anche se soffrono per scarsit di clero (AG 20). Anche la seconda Lettera circolare, Puisque la ratio69 sulla formazione missionaria dei futuri preti sottolinea la dimensione universale del mistero della salvezza dellumanit nel Cristo e la necessit di un rinnovamento interno della Chiesa in vista della diffusione del Vangelo in tutto il mondo. Interessante la raccomandazione che si trova al n 2548 di assicurare a tutti i seminaristi che svolgeranno il loro ministero nei paesi in cui la Chiesa impiantata, spesso da molto tempo, sia una certa missiografia, sia una introduzione alle questioni fondamentali della teologia missionaria: questo come programma missionario minimo nellinsegnamento seminaristico. A queste fonti principali importante aggiungere lEsortazione apostolica Evangelii nuntiandi 70 di Paolo VI che in particolare al capitolo II dal numero 17 al 24, tratta il problema del significato dellevangelizzazione. In particolare ai numeri 22-23-24, si
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Sacra Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli, let. circ. Nello studio di rinnovamento 17.5.1970, EV 3/2482-2507. 69 Sacra Congregazione per lEvangelizzazione dei popoli, let. circ. Puisque la Ratio - 17.5.1970, EV 3/2543-2550. 70 Paolo VI, esort. ap. Evangelii nuntiandi - 8.12.1975, EV 5/1588-1716.

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ribadisce la necessit di un annuncio esplicito ed inequivocabile del Signore Ges; la buona novella insomma, proclamata dalla testimonianza di vita dovr essere annunciata in seguito dalla parola di vita. Ladesione che segue allannuncio si rivela concretamente mediante un ingresso visibile nella comunit dei fedeli. Questa comunit, la Chiesa, che devessere dunque impiantata, diventa segno di trasformazione e di novit di vita, sacramento visibile di salvezza. Finalmente chi stato evangelizzato a sua volta evangelizza. Qui la prova della verit, la pietra di paragone della evangelizzazione: impensabile che un uomo abbia accolto la Parola e si sia dato al Regno, senza diventare uno che a sua volta testimonia ed annunzia. Anche questa Esortazione che ha il pregio di riprendere e sviluppare la teologia missionaria conciliare stata sicuramente fonte ispiratrice dei canoni del Titulus II e del 786 in particolare. Per quanto riguarda invece tutto il discorso sul governo della missione, molto importante per il passaggio dallimpiantazione di una Chiesa ad una Chiesa matura e gi di per se stessa in grado di evangelizzare, i documenti fondamentali sono due. LIstruzione Quum huic 71 (8.12.1929) della Sacra Congregazione di Propaganda Fide, che regola il sistema giuridico della commissio, e, lIstruzione Relationes in territoriis72 (24.2.1969) della Sacra Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli che regola il sistema giuridico del mandato. Lapprofondimento di questi documenti e dei rispettivi sistemi giuridici rimandato al punto D del presente capitolo, dedicato al governo della missione, per cui ora ci limitiamo a citarli.

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Sacra Congregatio de Propaganda Fide, istr. Quum huic - 8.12.1929, AAS 22/30, 111-115. Sacra Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli, istr. Relationes in territoriis - 24.2.1969, EV 3/820-845.

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B. Finalit specifica della missio ad gentes

Arrivare a definire la plantatio Ecclesiae come attivit specifica della missione ad gentes della Chiesa nellattuale legislazione il risultato di un cammino di chiarificazione teologica molto lungo che ha richiesto tempi maggiori per lapplicazione concettuale a livello giuridico. Nel Codice del 1917 non esisteva una chiara definizione della finalit specifica della missione anche se il can. 252 1 e 3 affermava che le missioni ad gentes fossero considerate sia come unazione apostolica missionibus ad praedicandum Evangelium, sia come territori eius iurisdictio iis est circumscripta regionibus, ubi, sacra hierarchia nondum constituta, status missionis perseverat73. Notiamo per che a livello di manualistica missiologico-normativa le chiarificazioni emerse dalla discussione delle varie scuole teologiche di cui si parler in seguito erano gi state recepite se il Barbero afferma che: Lattivit missionaria ha due fini. Il primo che possiamo chiamare generico, la salvezza delle anime. Il secondo, quello specifico, di stabilire in modo perfetto e duraturo la Chiesa di Ges Cristo, in quei luoghi ove non lo ancora. Una volta che la Chiesa sia stata stabilita definitivamente in una regione, con la sua regolare gerarchia, quella regione non pu pi chiamarsi paese di missione. In questo senso si pu dire che le missioni devono tendere a distruggere se stesse, sostituendo ad esse la regolare gerarchia ecclesiastica, e passando da paese di missione a paese cattolico74. Fino ad arrivare al Concilio Vaticano II dove, nel decreto Ad gentes la missione della Chiesa nel senso generale si esprime in vari modi e assume diverse espressioni in diversi luoghi. Nella variet di attivit svolte dalla Chiesa, il documento conciliare pone laccento su quella che potrebbe essere chiamata specificamente missionaria. Questa specificit le viene dalla sua finalit, la quale consiste nellevangelizzazione e la fondazione della Chiesa in quei popoli e gruppi, in cui ancora non esiste (AG 6). Questa attivit, chiamata per lappunto attivit missionaria o, con il nome classico di missioni, si distingue sia dallattivit pastorale, che viene svolta in mezzo ai fedeli, sia da quella che potremmo chiamare ecumenica, il cui fine principale lunit dei cristiani (AG 6). Da questi testi vediamo che la fondazione o impiantazione delle nuove Chiese, dette autoctone o indigene,

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Cfr. J. Garcia Martin, Lazione missionaria della Chiesa nella legislazione canonica , Ediurcla, Roma 1993, p. 57. 74 G. Barbero, Le missioni, Pia Societ Figlie di San Paolo, Alba 1939, p. 2.

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veramente stata, ed tuttora, oggetto speciale della missione evangelizzatrice. La preoccupazione della Chiesa per la fondazione delle nuove Chiese particolari autoctone pienamente giustificata; proprio in virt della sua natura missionaria e in virt di sacramento e strumento di salvezza, la Chiesa cerca di essere presente in quegli ambienti in cui ancora non esiste75. Per arrivare a capire in profondit il decreto Ad gentes bisogna cominciare dalla predicazione degli apostoli che porta i frutti concreti di conversione a Cristo e, in conseguenza, contribuisce allo sviluppo e alla crescita numerica delle comunit della Chiesa primitiva. Ne d una chiara testimonianza il libro degli Atti, ove si pu notare la preoccupazione e la premura di Paolo per le comunit da lui fondate (cfr. At 15,36; 18,21-23). Lapostolo delle genti non vuole trascurare queste comunit, ma non intende neppure rinunciare alla propria vocazione di apostolo delle genti e messaggero di salvezza fino ai confini della terra (cfr. At 13,48-49). Egli vuole annunciare il Vangelo soprattutto l dovesso non ancora conosciuto, ovvero dove non esiste ancora una comunit dei credenti in Cristo, cio una Chiesa. Uno dei testi pi significativi a questo riguardo il seguente: Mi sono imposto tuttavia, qual punto donore, di non annunciare levangelo su fondamenta poste da altri, attenendomi a quanto scritto (Rm 15,20-21). Per mettere in pratica questa sua convinzione, Paolo decide di abbandonare quelle regioni in cui crede di non avere pi il campo di lavoro, per recarsi altrove, con lo scopo di annunziare il Vangelo e di fondare nuove comunit cristiane (cfr. Rm 15,23). Il tema della fondazione delle Chiese presente anche negli scritti di molti Padri della Chiesa. A dire il vero, i Padri non hanno elaborato la loro dottrina sulla fondazione o impiantazione della Chiesa, n sullattivit missionaria in generale. Essi si sono lim itati piuttosto a sottolineare, con grande soddisfazione, che la presenza della Chiesa nel mondo intero, quello conosciuto da loro, il frutto della predicazione del Vangelo operata dagli apostoli. San Ireneo, per esempio, afferma che la Chiesa disseminata nel mondo intero fino ai confini della terra. Egli parla degli apostoli che sono partiti fino ai confini della terra, e particolarmente di Pietro e Paolo, i quali a Roma hanno annunziato il Vangelo e fondato la Chiesa. Anche S. Giovanni Crisostomo parla della fondazione o edificazione della Chiesa da parte degli apostoli. SantAgostino, senza negare il fatto della fondazione delle Chiese da parte degli apostoli, esprime tuttavia alcune riserve circa lestensione di questopera. Non affatto convinto che il Vangelo fosse gi stato predicato e la Chiesa
75

Cfr. A. Wolanin, Teologia della missione, Pontificia Universit Gregoriana, Roma 1994, pp. 163-164. 49

fondata in tutta la terra. Anzi, dice chiaramente che dalle sue parti ci sono numerosi popoli ai quali il Vangelo non stato ancora annunziato. Di conseguenza, dice SantAgostino, occorre fare s che il Vangelo sia proclamato e che ci sia la Chiesa in mezzo a questi popoli76. Numerosi riferimenti alla fondazione o impiantazione della Chiesa quale scopo dellattivit missionaria si possono trovare nellinsegnamento ufficiale della Chiesa, specialmente in alcuni documenti papali del nostro secolo. Ne indichiamo soltanto alcuni. Nellallocuzione del 24 giugno 1944, alla presenza del card. Pietro Fumasoni Biondi, prefetto della Propaganda Fide, e di altri ufficiali della stessa Congregazione e delle Pontificie Opere Missionarie, Pio XII diceva: Il grande scopo delle Missioni di stabilire la Chiesa nelle nuove terre e di farle ivi mettere salde radici tanto da poter un giorno vivere e svilupparsi senza il sostegno dellOpera delle Missioni 77 . Lo stesso Papa scrisse nellenciclica Evangelii praecones che il duplice scopo delle missioni consiste: 1) nel portare ai nuovi popoli la luce della verit cristiana e suscitare la fede; e 2) nel fondare una Chiesa indigena, cio non soltanto con cristiani nativi ma anche con il clero e la gerarchia indigeni78. Anche Paolo VI, parlando della missione nel suo significato specifico e tecnico, osservava che essa consiste nel predicare la parola della verit e nel fondare una Chiesa. Ai Vescovi africani riuniti a Kampala il Pontefice ricordava che nel loro continente essi devono continuare a impiantare le Chiese. Pi tardi lo stesso Papa scriver nellesortazione Evangelii nuntiandi: Levangelizzazione nella sua totalit, oltre nella predicazione di un messaggio, consiste nellimpiantare la Chiesa, la quale non esiste senza questo respiro, che la vita sacramentale culminante nellEucaristia (EN 28). Lidea dimpiantazione della Chiesa trova una chiara espressione nel documento missionario per eccellenza del Vaticano II, Ad gentes. Innanzitutto occorre sottolineare che limpiantazione della Chiesa vista in questo documento come fine specifico, ma non unico n ultimo, dellattivit missionaria. proprio questo fine che d allattivit della Chiesa limpronta specificamente missionaria. Bisogna tuttavia aggiungere che, secondo il decreto Ad gentes , con la fondazione di una Chiesa indigena non cessa lazione missionaria della Chiesa: tocca anzi alle Chiese particolari gi organizzate continuarla,

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Cfr. A. Wolanin, op. cit., pp. 164-166. AAS 36/44, 210. LOpera delle missioni cui si riferisce il Papa nel testo citato quella di san Pietro, fondata nel 1889.

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predicando il Vangelo ai singoli, che sono ancora fuori di esse (AG 6). Si vede chiaramente che le singole Chiese particolari, o indigene o novelle, non vengono qui considerate unicamente come oggetto dellattivit missionaria, ossia il suo terminus ad quem, ma anche come soggetto di essa, cio terminus a quo. Che limpiantazione della Chiesa poi non sia considerata come fine unico dellattivit missionaria nel senso stretto della parola, risulta chiaro dallo stesso documento conciliare. Vi troviamo infatti un testo in cui si parla delleventualit di una nuova azione missionaria in un ambiente in cui la Chiesa stata gi costituita, quando nascono delle situazioni del tutto nuove (AG 6). Si dice inoltre che: Questa azione missionaria deve estendere il soccorso anche a quelle Chiese che, pur esistendo da antica data, si trovano, per cos dire, in fase di regresso o di debolezza (AG 19). Quando si parla dellattivit missionaria tra i pagani, differente da quella pastorale tra i fedeli e dallattivit ecumenica (cfr. AG 6), non si dice niente in maniera esplicita riguardo allimpiantazione della Chiesa. Ci non significa che limpiantazione della Chiesa non sia importante, poich prima si detto chiaramente che essa costituisce fine specifico delle missioni. Tuttavia questa omissione ci permette di pensare che limpiantazione non sia lunico elemento a specificare lattivit della Chiesa come missionaria. Infatti, come si gi detto prima, anche l dove esiste la Chiesa, ci possono essere delle persone che non credono ancora in Cristo, o non lo conoscono, e allora la Chiesa annunziando loro il Vangelo svolge unattivit specificamente missionaria. Dopo la promulgazione del Codice, il Papa Giovanni Paolo II, nella Redemptoris missio, parla dellattivit missionaria specifica, o la missione ad gentes, la intende come attivit che si rivolge a popoli, gruppi umani, contesti socioculturali in cui Cristo e il suo Vangelo non sono conosciuti, o in cui mancano comunit cristiane abbastanza mature da poter incarnare la fede nel proprio ambiente ed annunziarla ad altri gruppi (RMs 33). Qui il punto di riferimento principale la situazione in cui Cristo e il suo Vangelo non sono conosciuti, e non necessariamente lassenza totale di una comunit cristiana. Occorre tuttavia rilevare che si tratta delle situazioni in cui la Chiesa, nel senso giuridico, non esiste ancora, cio dove le comunit cristiane non sono ancora abbastanza mature. La fondazione delle comunit cristiane e lo sviluppo delle Chiese fino alla loro completa maturazione obiettivo della missione ad gentes e una meta centrale e qualificante dellattivit missionaria (RMs 48).
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AAS 43/51, 507. 51

Lo stesso Sommo Pontefice sottolinea che ogni Chiesa particolare deve rimanere in comunione con la Chiesa universale e diventare, a sua volta, missionaria (RMs 48). Quanto al lavoro di impianto e di sviluppo della Chiesa, il Papa dice: Questa fase della storia ecclesiale, detta plantatio Ecclesiae, non terminata, anzi in molti raggruppamenti umani deve ancora iniziare (RMs 49). Tra questattivit specificamente missionaria e quella che viene chiamata cura pastorale ed rivolta alle comunit cristiane, esiste una situazione intermedia in cui interi gruppi di battezzati hanno perduto il senso vivo della fede, o addirittura non si riconoscono pi come membri della Chiesa, conducendo unesistenza lontana da Cristo e dal suo Vangelo e in quanto tale esige una nuova evangelizzazione o rievangelizzazione (RMs 33). Questa situazione intermedia, certamente molto preoccupante, esige un impegno rinnovato e serio da parte della Chiesa. Tuttavia la sua attivit in tali situazioni non viene considerata come specificamente missionaria. Ci dimostra che il punto di riferimento per definire lattivit come specificamente missionaria lesistenza di una Chiesa autoctona. Si potrebbe pensare tuttavia se non sia legittimo e corretto considerare come specificamente missionaria anche quellattivit che si rivolge ai non cristiani negli ambienti in cui la Chiesa gi presente come istituzione. In tal caso lelemento qualificante sarebbe non la Chiesa in s stessa ma Cristo. Tornando alla questione dellimpiantazione della Chiesa, occorre notare che essa non si opera in un momento ben preciso, ma piuttosto costituisce un processo, pi o meno lungo, caratterizzato da diversi fattori. NellAd gentes leggiamo in proposito: Lopera di costituzione della Chiesa in un determinato raggruppamento umano raggiunge una meta precisa, allorch la comunit dei fedeli, inserita ormai profondamente nella vita sociale e in qualche modo adeguata alla civilt locale, gode di una salda stabilit (AG 19). Ci significa in concreto che in questa Chiesa nascente ci devono essere sacerdoti, religiosi e laici indigeni, nonch varie istituzioni e funzioni che fanno s che il Popolo di Dio, sotto la guida del suo Vescovo, pu sviluppare la propria vita religiosa (AG 19). Nello stesso documento conciliare si sottolinea limportanza della presenza nella Chiesa anche di un maturo laicato cristiano e della sua collaborazione con la gerarchia, che sono indispensabili perch la Chiesa possa considerarsi realmente costituita (AG 21). Il Papa osserva con preoccupazione che in alcune visioni riduttive della missione della Chiesa incentrate sui bisogni terreni delluomo, il Regno tende a diventare una realt del tutto umana e secolarizzata, in cui ci che conta sono i programmi e le lotte per la

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liberazione socio-econonomica, politica ed anche culturale, ma in un orizzonte chiuso al trascendente (RMs 17). Ci che sembra particolarmente preoccupante che spesso, anche in alcune correnti dette regno-centriche, si passa sotto silenzio Cristo stesso e il suo mistero della redenzione. Quanto poi al rapporto tra il Regno e la Chiesa, in queste correnti il Regno finisce con lemarginare o sottovalutare la Chiesa, per reazione ad un supposto ecclesiocentrismo del passato e perch considerano la Chiesa stessa solo un segno, non privo peraltro di ambiguit (RMs 17). contro tali tendenze che Giovanni Paolo II ribadisce: Ora, non questo il Regno di Dio, quale conosciamo dalla Rivelazione: esso non pu essere disgiunto n da Cristo n dalla Chiesa (RMs 18). Il Regno innanzitutto una persona che ha il volto e il nome di Ges di Nazareth, immagine del Dio invisibile (RMs 18). Quanto alla Chiesa, essa non fine a s stessa, ma al servizio di questo Regno di Dio e ne costituisce germe, segno e strumento, e a questo Regno, come a Cristo, indissolubilmente unita (RMs 18). Questa dimensione spirituale ed escatologica del Regno di Dio sfuggente al tempo, non in contrasto con il fatto che questa realt del Regno sia gi iniziata e presente in mezzo agli uomini. In effetti, il Regno di Dio la cui proclamazione e instaurazione costituisce oggetto della missione di Ges, nella sua persona viene inaugurato e incarnato. Di questa identificazione tra il Regno di Dio e la persona di Cristo danno una chiara testimonianza due testi dei sinottici: Lc 21,31 e Mt 24,33 (Mc 13,29). Al testo di Luca quando vedrete compiersi queste cose, sappiate che il Regno di Dio vicino, corrisponde quello di Matteo e di Marco: quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli vicino, alle porte (egli = Figlio delluomo)79. Per quanto riguarda il concetto di attivit missionaria, e pi precisamente la sua finalit specifica, alcuni autori, specie nelle origini della missiologia, tendevano a restringere il significato dellattivit missionaria, collegandola esclusivamente, o quasi, con lidea dellimpiantazione della Chiesa. Il Padre P. Charles, gesuita della scuola di Lovanio, grande sostenitore e propagatore di questa idea, sosteneva al suo tempo che le missioni, per loro natura, fossero unattivit transitoria: quando la Chiesa sar costituita visibilmente in tutto il mondo, non ci saranno pi missionari e, di conseguenza, non si parler pi delle missioni. Tra i numerosi fattori che permettono di giudicare se la Chiesa sia veramente stabilita in un determinato territorio, i pi importanti, secondo il Padre Charles, sarebbero i

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seguenti: la Chiesa deve essere solidamente radicata e non nomade; deve essere unistituzione permanente di salvezza; deve essere in grado di assicurare il reclutamento del clero e dellepiscopato indigeni. Limpiantazione della Chiesa non necessariamente legata con la conversione di tutto il popolo, sosteneva il Padre Charles. Secondo lui, anche negli ambienti in cui la maggior parte degli abitanti non cattolica, la Chiesa pu essere solidamente impiantata, e quindi la missione pu essere considerata terminata. In altre parole, quando la dottrina della salvezza e i sacramenti sono moralmente offerti a tutti e in una maniera stabile, allora la Chiesa pu essere considerata impiantata. La Chiesa novella avr il compito di continuare il lavoro per la conversione delle persone che, nonostante la presenza della Chiesa in mezzo a loro, non vi appartengono ancora. Tuttavia questa attivit, per quanto sia importante, non sarebbe missionaria nel senso stretto della parola80. Nonostante la chiarificazione posta dal Concilio, la dicotomia sul modo di intendere le missioni e la loro finalit specifica tra i teologi continua. La conseguenza pi immediata a livello giuridico era lannullamento della distinzione classica tra territori di diritto comune e di diritto missionario. Le stesse difficolt si ritrovano in modo evidente nel processo di formazione del canone 786 che offre la nozione di attivit propriamente missionaria81.
Schema 1, can.2 Actio missionalis Ecclesiae pergit usquendum novellae Ecclesiae plene constituantur atque opus evangelizandi et ipsee continuent (LG 17, AG 6). Schema 1971, can.2 Actio missionalis Ecclesiae perducitur usquedum novellae Ecclesiae constituantur in Ecclesias particulares, praecipuis quidem instructas mediis quae requiruntur ut opus evangelizandi per se ipsae peragere valeant. Schema 1977, can.34 Actio proprie missionalis Ecclesiae praesertim in mittendis praeconibus perducitur usquedum novellae Ecclesiae plene constituantur, quae scilicet propriis gaudent viribus atque sufficientibus instruuntur mediis quae requiruntur ut opus evangelizandi per se ipsae peragere valeant. Schema 1980, can.741 Actio proprie missionalis, qua Ecclesiae implantatur in populis vel coetibus in quibus nondum radicata est, ab Ecclesia perducitur praesertim mittendo praecones usquedum novellae Ecclesiae plene constituantur, instructae cum sint propriis viribus et sufficientibus mediis quibus ipsae opus evangelizandi per se peragere valeant. CIC 1983, can.786 Actio proprie missionalis, qua Ecclesia implantatur in populis vel coetibus ubi nondum radicata est, ab Eccesia absolvitur praesertim mittendo Evangelii praecones donec novellae Ecclesiae plene constituantur, instructae scilicet propriis viribus et sufficientibus mediis, quibus opus evangelizandi per se ipsae peragere valeant.

Si era partiti col primo schema, che essendo tratto quasi interamente dalla Lumen gentium, era insoddisfacente perch considerava solo la missione globale della Chiesa, ma non espressamente lattivit missionaria e la sua finalit. Anche gli schemi successivi denotano genericit e poca precisione, mentre in quello del 1980, grazie alla prevalenza data alla nozione di attivit missionaria del n6 dellAd gentes da una parte si stabiliscono

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Cfr. A. Wolanin, op. cit., pp. 171-174. Cfr. P. Charles, Les dossiers de laction missionaire-Manuel de Missiologie, Vol. I, Louvain/Bruxelles 1938, pp. 21-34. 81 Cfr. J. Garcia Martin, op. cit., pp. 57-59.

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i destinatari, e dallaltra la finalit specifica dellattivit propriamente missionaria, in stretto rapporto con i primi. Sembra dunque che il Legislatore consideri come fine dellattivit missionaria sulla scia del pensiero conciliare levangelizzazione, la predicazione del Vangelo e la fondazione della Chiesa locale come inseparabili tra loro. Concludendo, il processo di formazione del can. 786 ha messo in evidenza che lobiettivo principale del medesimo era definire lattivit propriamente missionaria come unattivit specifica allinterno della missione globale della Chiesa ma senza esaurirla e perci detto canone risulta programmatico, senza un contenuto strettamente giuridico comunque presente, come vedremo, quando metteremo in rilievo le competenze della S. C. per lEvangelizzazione dei Popoli ed i metodi usati per portare avanti lopera missionaria, quali il sistema della commissione e quello del mandato82.

82

Cfr. J. Garcia Martin, op. cit., pp. 59-64.

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C. Fasi della plantatio La plantatio Ecclesiae un processo lento di crescita per tappe successive che conosce inizi e gradi e che si sviluppa con lausilio di mezzi adeguati. I vari autori considerati suddividono la plantatio in varie fasi e sottofasi che direi si possono tutte ricondurre a due fondamentali: conversione e battesimo dei nuovi credenti, costituzione di nuove comunit fino a che si configurino come autonome Chiese particolari e raggiungono lautosufficienza. La plantatio, il concreto cammino storico definito dal Papa Giovanni Paolo II fase della storia ecclesiale 83nellEnciclica Redemptoris missio che, anche se non abbonda di citazione dal Codice di Diritto Canonico, purtuttavia conferma la volont degli ultimi Pontefici di vedere rafforzato, a tutto beneficio della Chiesa missionaria, il rapporto di coesione fra teologia e diritto, fra la dottrina conciliare e la norma canonica di applicazione. La plantatio il diretto richiamo ai due elementi che sono anche i binari di tutto il Mistero: della stessa incarnazione del Verbo, dellessere stesso della Chiesa , della natura e del fine della legge ecclesiastica. Essi sono il territorio e la persona umana. A dire il vero nel canone non c diretta menzione del territorio, forse per la scelta preferenziale operata dal legislatore del Codice del 1983 a favore della persona, piuttosto che del territorio. LEnciclica rappresenta una ulteriore maturazione ecclesiologica, soprattutto per lessenziale interdipendenza proclamata fra i due modi di essere e di vivere della Chiesa: della missio ad extra e della missio ad intra; sviluppando ulteriormente il concetto gi espresso dal decreto conciliare ai nn 6, 5 ogni Chiesa, anche quella formata dai neoconvertiti, per sua natura missionaria, evangelizzata ed evangelizzante84. Le nuove Chiese non sono pi solo o prevalentemente oggetto della missione. Questa dottrina va rivelandosi tanto pi fondata, di fronte al neopaganesimo che va diffondendosi in vaste aree dellEuropa o nei paesi dellopulenza. Inoltre i due tipi di missione sono, e nellenciclica e nel canone, riaffermazione di uno dei principi fondamentali della natura della Chiesa, richiamato nel Codice ai cann. 368 e 369: la Chiesa universale, una ed unica,

83 84

RMs 49. RMs 99.

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sussiste nelle Chiese particolari e dalle Chiese particolari85. Giovanni Paolo II consolida la dottrina ecclesiologica dellequilibrato rapporto complementare e sussidiario tra Chiesa universale e Chiesa particolare, confermando anche in questo il ritorno fedele allera apostolica e postapostolica, quando le Chiese particolari esprimevano un ruolo di primo piano. Infine la plantatio Ecclesiae manifesta lessere dinamico e la tensione escatologica della Chiesa : il gi e il non ancora. La lunga crescita verso il pleroma finale, passa attraverso le singole plantationes, non come dissiti e scollegati organismi a s, ma come cellule vitali di un unico corpo. La plantatio fenomeno storico, dunque cammino di tappe, come il canone ed il citato n49 della Redemptoris missio insegnano. La gradualit come legge e condizione di un crescere sano e fruttuoso per lintero organismo. I popoli ed i gruppi, possono gi essere segno della presenza divina del mondo86, pur non essendo ancora Chiesa, nel senso proprio. Il can. 786 lo spiega con la felice espressione ubi (Ecclesia) nondum radicata est, dove la profonda radicazione ha senso sia ontologico sacramentale che storico87. Il richiamato principio dellessenziale correlazione tra Chiesa universale e Chiesa particolare fa della plantatio il momento passaggio storico indispensabile per il compimento concreto hic et nunc della salvezza, lungo i due binari necessariamente complementari per la volont di Cristo: la conversione e il battesimo del credente; la costituzione della Chiesa particolare. Incorporazione di nuovi membri e costituzione della Gerarchia passano ambedue attraverso un processo di tappe, che il Codice enuncia ai cann. 786-789. A riguardo di questi due elementi essenziali della salvezza, lEnciclica dice esplicitamente al n48: La conversione ed il battesimo immettono nella Chiesa, dove gi esiste, che richiedono la costituzione di nuove comunit che confessano Ges Salvatore e Signore. E pi avanti: La missione ad gentes ha questo obiettivo: fonda comunit cristiane, sviluppare Chiese fino alla loro completa maturazione. , questa, una meta centrale qualificante dellattivit missionaria, al punto che questa non si pu dire esplicata finch non si riesce a edificare una nuova Chiesa particolare....

85 86

LG 231; Cfr. CD 111. AG 15. 87 Cfr. P. V. Pinto, La norma codiciale al servizio della Chiesa missionaria - Una esegesi al canone 786, Euntes Docete XLIV (1991), pp. 305-306.

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Bisogna sottolineare che lenciclica riprende in un punto cos essenziale e vitale della vita ecclesiale, e della missio in modo specifico, la mente ed il programma del can. 786. Questo infatti non lascia dubbi sullindiscussa necessit dellimplantatio della vera Chiesa di Cristo, attraverso unattivit specificatamente missionaria, distinta dalla cura pastorale, alla quale partecipano, in modi e funzioni diverse, quanti animano o governano la Chiesa l dove questa ha ormai radici profonde e vita regolare; distinta pure da quellattivit ecumenica, anchessa specifica ma per altro fondamento e per altro scopo, e comunque collegata con lattivit missionaria, secondo quanto ha insegnato il Concilio e come ripreso nellenciclica. Sicch la specificit dellazione missionaria, sia secondo la Redemptoris missio (soprattutto i nn 41-60); sia secondo il can. 786, correlato ai cann. 787-788, consiste proprio nel conseguire il duplice fine suaccennato: conversione e battesimo dei nuovi credenti, costituzione di nuove comunit fino a che si configurino come autonome Chiese particolari e raggiungano lautosufficienza. La specificit viene anche da unulteriore considerazione, che la gradualit propria del processo missionario di evangelizzazione. Questa gradualit, e dunque anche questo aspetto della specificit dellattivit missionaria, hanno avuto nel passato, ed ha ancor oggi, un forte spessore semantico: implica maggiore elasticit e discrezionalit nel governo; saggezza e pazienza nella pianificazione pastorale, che non pu attendersi spesso frutti e risposte se non in tempi lunghi88. Le fasi della plantatio inoltre sono prova ulteriore di questa specifica gradualit della vita della Chiesa. Infatti sia il can. 786, sia il can. 7871, fanno intendere che i destinatari dellazione evangelizzatrice del missionario non sono tutti uguali, sia in considerazione dellessere ontologico-sacramentale, sia della progressiva partecipazione ai mezzi della salvezza, sia alla capacit di divenire soggetti attivi di evangelizzazione. Al can. 786 si prospettano infatti le due fasi, iniziale e finale, dellattivit missionaria, fra le quali corre la gradualit dellopera missionaria. Dalla prima fase, nella quale o dalla quale tali popoli o gruppi divenuti ormai Chiese pienamente autonome, divengono soggetti i quali opus evangelizandi per seipse peragere valeant. Tra i due confini, iniziale e finale, il Codice e lEnciclica lasciano chiaramente intendere che il progressivo progetto di impiantazione ecclesiale passa necessariamente, o meglio deve identificarsi con lonesto e sapiente processo di inculturazione. Ad esempio in RMs 52 si

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afferma che: Il processo di inserimento della Chiesa nelle culture dei popoli richiede tempi lunghi. Non si tratta di un puro adattamento esteriore, poich linculturazione significa lintima trasformazione degli autentici valori culturali mediante lintegrazione nel cristianesimo e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture, e si fa riferimento anche allinculturazione a doppio binario: attenzione alle culture ma anche conversione delle culture. Il testo scarno del can. 786 deve essere ora interpretato alla luce dellultimo insegnamento missionario di Giovanni Paolo II. I due termini infatti del canone, implantatur, e nondum radicata, certamente ricevono luce e completezza soprattutto dal n 52 dellEnciclica, dove non solo si dice che la plantatio nei vari popoli lunga e complessa, ma appare il termine stesso di radicamento, per la cui opera i popoli o gruppi dovranno lentamente crescere come comunit fraterne riunite nel nome di Cristo, fino ad essere costituite come comunit gerarchiche. Infine questi stessi termini significano anche i gradi diversi di quanti sono destinatari del messaggio e dei mezzi della salvezza: si va dai non credenti, ai catecumeni, ai neofiti, agli adulti nella fede. Il fine della plantatio la formazione di una comunit cristiana, che al momento opportuno sia eretta in Chiesa particolare o Diocesi, la quale secondo il can. 369, oltre al proprio pastore, deve risultare da una specifica porzione del popolo di Dio e da un presbiterio. Ma per arrivare alla piena maturit di una Chiesa particolare autonoma, il can. 786 e lEnciclica insegnano che elemento essenziale della pi volte accennata gradualit, sono i missionari, strumenti indispensabili soprattutto nelle fasi iniziali e di crescita delle nuove comunit. Si noti innanzitutto la definizione tanto semantica dei missionari come Evangelii praecones, data dal nostro canone. Questo termine rimanda ad una storia tanto ricca di generosit, di offerta, talvolta di martirio, ma anche offuscata nel passato da influssi nazionalistici, che non sempre favorirono la sollecita formazione e nascita del clero indigeno. Pio XI raccomandava nella Rerum Ecclesiae che si istituissero seminari per le vocazioni indigene, e che tali vocazioni fossero scelte con prudenza, ma in numero rilevante. Poi continuava: Che se ciascuno di voi deve procurarsi il maggior numero possibile di chierici indigeni, dovete inoltre studiarvi di indirizzarli e formarli alla santit che si addice al grado sacerdotale e a quello spirito di apostolato congiunto allo zelo della
88

Cfr. P. V. Pinto, op. cit., pp. 307-308. 59

salute dei propri fratelli, che li renda pronti a dare persino la vita per i membri della propria trib e nazione. Importa tuttavia moltissimo che al medesimo tempo questi alunni ricevano una buona e profonda formazione scientifica sacra e profana in modo chiaro e metodico e non con corsi troppo accelerati e sommari, ma con il solito corso di studi. Persuadetevi infatti che se nei seminari formerete soggetti esimi per illibatezza di vita e per piet, abili ai ministeri e ben preparati allinsegnamento della legge divina, preparerete uomini che non solo si attireranno in patria la stima anche dei primi personaggi e dei dotti, ma potranno un giorno essere destinati al governo delle parrocchie e delle Diocesi, che verranno erette non appena a Dio piacer, con buona speranza di frutto. Dopo aver confutato, con la stessa sua esperienza, coloro che stimavano gli indigeni quasi esseri inferiori e di ingegno ottuso, continuava: Non dovete permettere che i sacerdoti indigeni siano ritenuti quasi di grado inferiore e quindi applicati soltanto ai pi umili ministeri, come se essi non fossero insigniti dello stesso sacerdozio che i vostri missionari, o non partecipassero dello stessissimo apostolato; anzi abbiate delle preferenze per essi, come quelli che un giorno dovranno governare le Chiese, fondate col vostro sudore e con le vostre fatiche, e le future comunit cattoliche. Non vi sia perci differenza tra missionari europei ed indigeni, si colmi ogni solco di separazione e gli uni agli altri si fondano con attestarsi vicendevolmente rispetto e carit89. Secondo il Concilio Ecumenico Vaticano II, una Chiesa particolare pu essere costituita in Diocesi quando fornita cio di una sua schiera, anche se insufficiente di sacerdoti indigeni, di religiosi e di laici, essa viene arricchendosi di quelle funzioni ed istituzioni, che si richiedono perch il popolo di Dio, sotto la guida di un proprio Vescovo, conduca e sviluppi la sua vita90. Una distinzione generale presenta questo testo, da una parte le persone e daltra parte le strutture. Per quanto si riferisce alle persone fa notare che in primo luogo deve essere promosso il clero nativo o indigeno. Questo compito di tutto il popolo di Dio, secondo la disposizione del can. 233 1: dovere di tutta la comunit cristiana promuovere le vocazioni affinch si possa convenientemente provvedere alla necessit di sacro ministero in tutta la Chiesa. Ma allinterno della comunit cristiana il promotore principale il Superiore ecclesiastico o Vescovo diocesano a cui affidata la Chiesa particolare. Al riguardo il can. 385 stabilisce che il Vescovo diocesano ha lobbligo di promuovere le
89 90

Cfr. G. Barbero, Le missioni, Pia Societ Figlie di San Paolo, Alba 1939, pp. 187-188. AG 19.

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vocazioni avendo cura in modo speciale delle vocazioni sacerdotali e missionarie. La promozione del clero diocesano ovviamente pu richiedere la fondazione di seminari, sia maggiori che minori, se possibile e conveniente (can. 237 1). In secondo luogo, lo stesso Concilio Ecumenico ha disposto che sin dallinizio sia promossa la vita religiosa, e questo non tanto indotti dallegoismo, cio per il contributo che comporta, ma soprattutto per quello che rappresenta nella Chiesa, per la sua dimensione ecclesiale. Per tal motivo chiede con una certa insistenza che tanto gli Istituti di vita contemplativa quanto gli Istituti di vita attiva intensifichino la loro presenza nelle missioni, adattando se necessario le loro Costituzioni. La promozione della vita religiosa nelle Chiese particolari comprende tanto gli Istituti nativi come quelli che vengono da fuori, e implica la possibilit di erigere le strutture proprie per raggiungere tale fine e cos poter contribuire alla edificazione della Chiesa nellesercizio delle opere proprie. Per una buona riuscita conveniente che le autorit ecclesiastiche non pongano troppi intralci nellosservanza delle norme canoniche (Cfr. cann. 609; 611; 801) e della carit. In terzo luogo deve essere promosso il laicato, che collabori allevangelizzazione nei diversi campi della propria attivit. La gerarchia deve promuovere e favorire le diverse forme di apostolato (can. 394). Tra queste va rilevato lapporto dei catechisti (can. 785). Per quanto riguarda le istituzioni o strutture ecclesiali che configurano la Chiesa particolare si deve distinguere fra quelle che sono assolutamente necessarie e quelle che sono facoltative. Al primo gruppo appartengono sia i vari organismi di Curia che le parrocchie o parti distinte (can. 374 1), come le quasi parrocchie o altro modo quando non sia possibile altrimenti (can. 516 2). La costituzione di queste ultime strutture pertanto diventa lobiettivo immediato dellattivit missionaria. La costituzione della parrocchia o della quasi parrocchia spetta al Vescovo diocesano e agli equiparati dal diritto dopo aver consultato il Consiglio presbiterale o il Consiglio di Missione e considerato gli elementi costitutivi come la porzione del Popolo di Dio, che forma la comunit, la personalit giuridica di cui gode (can. 515), e i diritti e gli obblighi derivanti per il parroco, quale pastore proprio91. Tornando alla Redemptoris missio, il Papa al n65 ricorda che il missionario una vocazione speciale modellata su quella degli apostoli. I missionari sono apostoli per lintimo legame con lEvangelo, per la dipendenza e vicinanza con lEvangelo. E al n66 il Pontefice dice perfino che il missionario ad vitam rappresenta il paradigma dellimpegno

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missionario della Chiesa, che ha sempre bisogno di donazioni radicali e totali. Essi sono portatori di un carisma specifico. Il missionario nella mente del canone e dellEnciclica il filo che lega comunit ecclesiali mature a quelle novellae, in un servizio di comunione alla Chiesa universale. Si tratta di un servizio, di una diaconia fra le pi significative del cristianesimo. Essa deve preparare la pienezza, ossia lautonomia in propriis viribus et sufficientibus mediis. Sembra di comprendere fin troppo chiaramente che il can. 786 raccomandi che lazione dei missionari passi dalla prima linea alla seconda linea, non appena essi avranno formato sacerdoti, religiosi e laici autoctoni. Il Papa, citando lEsortazione Apostolica Christifideles laici, al n35, insegna espressamente che la preparazione di un laicato maturo e responsabile, si pone nelle giovani Chiese, come elemento essenziale e irrinunciabile della plantatio Ecclesiae (RMs 72). La pienezza e lautonomia dellessere e dellagire delle nuove Chiese, non devono chiudersi in s stesse. Il canone e lEnciclica invitano infatti alla gioia di un ritorno: per se ipsae peragere veleant opus evangelizandi, che il Santo Padre traduce nella preghiera e invito che le stesse Chiese giovani, proprio affinch questo zelo missionario fiorisca nei membri della loro patria debbono partecipare quanto prima e di fatto alla missione universale della Chiesa, inviando anchesse dei missionari a predicare dappertutto nel mondo lEvangelo, anche se soffrono di scarsezza di clero (RMs 62)92. Concludendo il discorso sulle fasi della plantatio, possiamo realmente affermare che levangelizzazione un processo lento che inizia con il primo annunzio, il catecumenato, i riti preliminari delliniziazione e della conversione-fede-battesimo. Questa tappa seguita da unistruzione catechetica pi profonda, da uniniziazione liturgica, da una vita cristiana e da unautentica spiritualit. La terza tappa lo sviluppo della Chiesa locale con il suo proprio clero, religiosi e strutture adatte al proprio ambiente culturale. Cos la Chiesa locale sar una Chiesa missionaria93.

91 92

Cfr. J. Garcia Martin, op. cit., pp.80-82. Cfr. P. V. Pinto, op. cit., pp. 310-311. 93 Cfr. P. Giglioni, Processo di evangelizzazione: il kerygma alle Chiese locali , in: Karotemprel Sebastian (a cura di.), Seguire Cristo nella missione, San Paolo, Cinisello Balsamo 1996, pp. 176-177.

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D. Sistemi giuridici delle missioni In questi capitoli, dopo aver analizzato i fondamenti teologici ed in cosa consista la finalit dellattivit missionaria della Chiesa, dobbiamo spiegare come concretamente questa attivit viene svolta nelle singole circoscrizioni missionarie; in altre parole di quali sistemi si servita lAutorit promotrice dellattivit missionaria per portare a termine il compito affidatole. Come stato gi accennato, i sistemi giuridici della commissione e del mandato costituiscono i principali mezzi tramite i quali la Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli chiede la collaborazione degli Istituti religiosi e delle Societ apostoliche per provvedere alle necessit pi urgenti dellevangelizzazione dei popoli. Di questi due sistemi non fa menzione il Codice di Diritto Canonico attuale come nemmeno faceva il Codice precedente, anche se essi hanno dato luogo a tutta una legislazione relativa al comportamento dei religiosi in quanto missionari. Perci questi sistemi hanno grande importanza nei rapporti degli Istituti con la Congregazione e si vede necessario il loro studio secondo la legislazione vigente, alla quale si adegua la costituzione Pastor bonus94. 1) La Commissio Se anticamente come abbiamo gi visto non si pu dire che esistesse un modo od un sistema determinato nellevangelizzazione, tuttavia con la fondazione della S. C. de Propaganda Fide, alla quale per mandato pontificio spettava la cura di tutte le missioni iniziate e da iniziare per la predicazione del Vangelo, inizia un epoca in cui le missioni ricevono una sistematizzazione e il metodo missionario diventa un p pi sistematico e uniforme, bench agli inizi fosse tutto incerto e a base di tentativi. La S. C. de Propaganda Fide appena fondata cominci ad inviare missionari, in tutte le regioni del mondo missionario allora conosciuto, scelti fra il clero religioso e diocesano. A causa di questa variet di provenienze cominciarono a capitare sempre pi spesso divergenze e contrasti fra i vari missionari per cui si rende necessario quasi subito una regolamentazione, e si inizia il sistema di assegnare ai singoli Ordini e Societ, distinte missioni, sistema che sar seguito con una certa costanza.
94

Giovanni Paolo II, Costituzione Apostolica Pastor bonus del 28 giugno 1988, AAS 80/88, 841-934.

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Il sistema dellesclusivit appare abbastanza affermato ai primi del secolo XIX, almeno nei principi e nella struttura fondamentale. Ma da notare che a questo tempo anche se la missione singolare affidata ad un Istituto particolare, ci non escludeva che missionari di altri Istituti vi lavorassero. Osserviamo, infatti, che la prassi di affidare singole missioni a determinati Istituti missionari diventa la forma ordinaria di incentivare ed attuare lattivit missionaria; prassi che continuata dopo e con pi determinazione da Pio X95. Il sistema di affidare un territorio di missione ad un determinato Istituto per la sua evangelizzazione fu chiamato Commissione perch nei documenti pontifici le formule pi usate erano curis committimus, concredimus, concreditum volumus; tutte formule che denotano la stessa idea di affidare, di dare in commissione. Bench il sistema come tale non sia esplicitamente riconosciuto nel Codice di Diritto Canonico, la legislazione lo sottintende lo stesso. Ma il sistema, lo possiamo ben qualificare giuridico perch ormai la S. Congregazione segue una prassi costante, elevata a principio e norma di azione, codificando in certo qual modo nellIstruzione dell8 dicembre 1929, Quum huic. Con essa cercava di risolvere i molteplici problemi sollevati dai Superiori ecclesiastici delle missioni e religiosi circa le proprie competenze nelle missioni, perch il Codice del 1917 non dando una soluzione chiara, era insufficiente. Di fatto lIstruzione tratta il sistema della commissione, e considerando i destinatari d pensare che tale sistema si applichi solamente in territori dove non ci sono Diocesi, cio dove non esiste la gerarchia ordinaria. Questo sistema giuridico secondo il quale un territorio missionario veniva affidato per la sua evangelizzazione ad un determinato Istituto presentava alcune caratteristiche principali: 1 affidamento, da parte della Sede Apostolica, di una circoscrizione missionaria ad un Istituto religioso clericale per la sua evangelizzazione; 2 accettazione da parte dellIstituto, con cui esso si obbligava ad inviare missionari e mezzi necessari; 3 la Sede apostolica non inviava nello stesso territorio religiosi di altri Istituti clericali, ma poteva inviare membri di altri Istituti laicali;

95

Cfr. J. Garcia Martin, Lazione missionaria della Chiesa nella legislazione canonica , Ediurcla, Roma 1993, pp. 256-260.

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4 Il Superiore ecclesiastico era scelto normalmente tra i religiosi di quello stesso Istituto96. Nel primo punto dobbiamo analizzare i soggetti della commissio ed il suo scopo. Quanto alle persone, o meglio agli enti che entrano in questo solenne atto giuridico, esse sono da una parte la S. Sede come concedente e committente; poich allinfuori del territorio delle Diocesi di diritto comune universa missionum cura apud acatholicos Sedi Apostolicae unice reservatur (can. 1350 2) e ci fin dalla cost. Inscrutabili di Gregorio XV del 22 giugno 1622, con cui si creava la S. Congregazione de Propaganda Fide. Il committente personalmente lo stesso Sommo Pontefice, come viene chiaramente indicato dallo strumento giuridico adoperato ad ogni erezione di circoscrizione missionaria, che la forma solenne della Constitutio Apostolica mediante Bolla con la firma oltre che di due Protonotari Apostolici de numero, del Cardinale Cancelliere e del Card. Prefetto della S. Congregazione de Propaganda o della S. C. Orientale. A detta Bolla non si addiviene senza che sia stato sottoposto il negozio alla Congregazione Plenaria dei Cardinali della S. C. di Propaganda (od orientale) e senza che il Segretario (o Assessore dellOrientale) ne abbia riferito e ricevuto conferma dal S. Padre. La formula adottata in tali Bolle quella di committimus o concredimus, ad nostrum tamen et Sedis Apostolicae beneplacitum sul cui valore e significato indugeremo pi innanzi. Quanto allaccettante o investito della commissio, questi tutto lOrdine o Istituto nella persona del suo Superiore Generale e non gi una parte, una provincia ad esempio dellOrdine stesso. Ci non superfluo notare, perch di fatto sogliono, almeno i grandi Ordini storici quali i Gesuiti, i Francescani, ecc... subaffidare singole missioni a singole provincie religiose. Ora laffidamento che il Superiore Generale faccia di singole missioni a singole provincie dellOrdine un fatto interno dellOrdine stesso che irrilevante di fronte alla Santa Sede. Ci non vuol dire che la Santa Sede sia alloscuro di tale ripartizione interna, o tanto meno che la disapprovi, al contrario la suddivisione del lavoro una delle leggi del progresso in ogni campo; ma significa che la Santa Sede intende affidare lonore e lonere dellevangelizzazione di un territorio a tutto lIstituto in solidum, in modo che dellandamento della missione risponda tutto lIstituto e non soltanto una parte di esso (una provincia, nazione, ispettorato, ecc...): il che non pura retorica ma reca conseguenze pratiche grandissime. Se infatti la Santa Sede affidasse la missione A alla provincia X dei Minori Francescani e non gi a tutto lOrdine ne verrebbe di conseguenza
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Cfr. A. G. Urru, La funzione di insegnare della Chiesa, Vivere In, Roma 1989, pp. 81-82. 65

che la Santa Sede dovrebbe rivolgere i suoi atti di affidamento al Superiore Provinciale e non gi al Superiore Generale: le sue esortazioni a mandare uomini e mezzi opportuni in tale missione dovrebbero restare limitate alle risorse della provincia e non gi, come invece avviene, a quelle molto pi ampie dellOrdine intero. Come risulta da documenti e da innumerevoli manifestazioni ed atti della S. Congregazione di Propaganda Fide e come del resto confermato da tutta la prassi del passato (basta pensare alle terre passate nel 1908 sotto il diritto comune e sottratte a Propaganda, quantunque in molte di esse, in America, Inghilterra, Germania, ecc..., i cattolici fossero una minoranza talora esigua) scopo in senso pi rigoroso e ristretto, cio fine diretto ed essenziale dellattivit missionaria di fondare nel territorio la Chiesa locale, cio conquistare un nucleo abbastanza notevole di battezzati (sia pure che essi rappresentino una percentuale modesta degli abitanti), tra essi coltivare vocazioni sacerdotali e formare in loco un clero nativo completo (vale a dire composto di sacerdoti con a capo il Vescovo) al pi presto possibile97. Per quanto riguarda il punto 2 i doveri dellIstituto si possono raggruppare in due capi: a) Offrire per la evangelizzazione del territorio e per la fondazione di una Chiesa locale nel medesimo, il massimo di energie di cui lIstituto dispone in uomini e mezzi. Ci non significa che lIstituto debba essere abbandonato a se stesso di fronte a questa grande impresa: naturalmente esso si provveder di benefattori, di oblatori, di amici, ma poi anche la Santa Sede gli dar quella quota di aiuti che la carit dei fedeli mette a sua disposizione, principalmente per tramite delle Pontificie Opere della Propagazione della Fede, di San Pietro Apostolo, della Santa Infanzia. LIstituto dedicher le sue cure pi premurose alla creazione, appena possibile, di un seminario ed alla educazione e formazione di sacerdoti indigeni, essendo questo lobiettivo immediato e principale dellattivit dei missionari pionieri (vedi Maximum Illud p. 118 Sylloge; Rerum Ecclesiae ivi p. 261; Decretum del 20.5.1923, ivi p.215 ecc...). b) LOrdine intero o lIstituto nella persona del loro Superiore Generale dovranno rispondere di fronte alla Santa Sede dellandamento del territorio a loro affidato. Tale dovere si adempie principalmente con linvio alla S. Congregazione di Propaganda delle relazioni statistiche annuali (su cui vedi Sylloge p. 362) da parte
97

Cfr. V. Bartoccetti, Costituzione giuridica delle missioni, Raccolta di articoli ad opera della Pontificia Universitas Lateranensis, Roma, pp. 1-7.

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dellOrdinario, e della relazione quinquennale (Sylloge, vedi lamplissimo questionario pp. 169-196) molto pi ampia: per giungere talvolta sino al dovere, gravante sul Generale, di segnalare spontaneamente alla Santa Sede limpossibilit in cui versa lOrdine o lIstituto di assolvere con successo il suo compito e pertanto a richiedere che dal territorio venga tolta una parte da dare ad altri operai evangelici o da affidare al clero locale, ecc... Questo dovere, arduo come si vede, pi spesso andr inteso piuttosto in senso negativo che positivo, e cio lIstituto dovr essere pronto a cedere in parte o anche interamente il territorio, quando la Santa Sede lo ritenesse opportuno. Pio XI poi nella Maximum Illud solennemente si dichiara prontissimo a farlo quotiescumque necessarium vel opportunius utiliusque ad proferendos Ecclesiae sanctae fines videbitur, territoria missionum tum de altera in alteram Sodalitatem transferre, tum iterum iterumque partiri, et clero indigenae aliisve sodalitatibus novos vicariatos ac praefecturas committere neutiquam cunctabimur (Sylloge p. 258) ed i fatti della creazione delle Diocesi indigene dimostrarono ad esuberanza la seriet del proposito98. Al punto 3 troviamo dopo gli obblighi degli Istituti missionari anche i diritti che si possono riassumere nellespressione esclusivit della missione. Per esclusivit si intende che la Santa Sede affida la missione unicamente ad un Istituto, il quale ne prende lintera responsabilit, e cos le Santa Sede non invia missionari di altri Istituti, soprattutto clericali. ormai prassi consacrata che la circoscrizione ecclesiastica sia riservata allIstituto che ne prende lintera responsabilit, portata avanti dai membri dellIstituto stesso. Di modo che la Santa Sede non invia nella citata circoscrizione commissionata ad un Istituto nessun membro di altri Istituti, senza aver prima consultato lIstituto a cui stata affidata la commissione in precedenza. Questa prassi chiamata diritto di esclusivit. scontato che non si tratta di alcun diritto e, come si detto prima, neanche si deve intendere la missione come dipendente unicamente da un Istituto, perch la Chiesa non si disimpegna da quella missione. Avvertiva Pio XI: ac meminerint, se territoria Missionum non iure quodam proprio ac perpetuo accepisse, sed ad Apostolicae Sedis nutum habere, cui propterea et ius et officium incumbit rectae et plenae eorum cultioni prospiciendi99. Da qui risulta pacifico che la Santa Sede pu intervenire sempre e nel modo che stimer pi conveniente quando lopera dellevangelizzazione esigesse tale intervento, inviando nuovi

98 99

Cfr. V. Bartoccetti, op. cit., p. 10. Pio XI, encicl. Rerum Ecclesiae del 28 febbraio 1926, AAS 18/26, 74.

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cooperatori complementari o suggerendo laffidamento di parte della missione ad altro Istituto. Questo sistema della commissione, quindi, non esclude che vengano inviati altri operai evangelici con il ruolo di cooperatori per determinate opere alle quali lIstituto non pu assolvere per s stesso. il caso di opere complementari alle quali si dedicano Istituti maschili e femminili specializzati, come nelle scuole, orfanotrofi e ospedali. Negli ultimi decenni il sistema chiuso dellesclusivit stato moderato da un atteggiamento pi aperto da parte dellIstituto commissionario, il quale, nellinteresse dellevangelizzazione si mostra pi disposto ad accettare altri collaboratori. In questo senso ha avuto un certo sviluppo il sistema della regione missionaria, per cui il Prelato della Missione, con il consenso del suo Istituto, affida ad un altro Istituto una determinata porzione della sua missione, territorialmente delimitata in cui i membri di questo Istituto ne curano levangelizzazione, alla guida di un superiore per quella regione, il quale potrebbe essere costituito o delegato episcopale o, secondo la nuova legislazione, vicario episcopale con i poteri e la giurisdizione assegnatigli o inerenti a tali uffici. In questo caso i rapporti tra il Prelato della Missione e lIstituto, che si incarica di una regione vengono determinati da unapposita convenzione da sottoporsi allapprovazione della Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli. Si noti che il Prelato della Missione che affida la missione e non lIstituto commissionario. Laltro sistema consiste nellaffidare delle opere specializzate per cui si affidano ad un altro Istituto delle attivit che richiedono una specifica idoneit. Non centra per nulla la questione territoriale100. Lultimo punto, il 4, riguarda lappartenenza del Superiore ecclesiastico della Missione allIstituto commissionario. Forse questa la prerogativa pi caratteristica che si riscontra nel sistema della commissione: che il Superiore ecclesiastico, che governa la Missione in nome del Sommo Pontefice, sia scelto sempre, o quasi, su proposta dellIstituto stesso. Secondo gli autori e lopinione pi comune, si tratterebbe di un diritto quasi connaturale con la commissione, che stato sempre rispettato dalla Santa Sede. Esso considerato un elemento cos necessario alla stessa commissione che se venisse a mancare per qualche motivo ipso facto cesserebbe la commissione. Questa opinione non sembra corretta se si tiene conto dei documenti della Congregazione stessa; anche se una prassi consolidata, non significa che la Santa Sede sia tenuta a nominare Superiore Ecclesiastico un membro dellIstituto commissionario, cio non si tratta di un diritto degli

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Istituti. A dimostrazione di ci, ci sono dei casi nei quali la Santa Sede ha nominato superiori ecclesiastici non appartenenti allIstituto commissionario, e questi non ha perso la commissione, giacch non si trattava di alcun diritto da parte dellIstituto nei confronti della Santa Sede. La nomina del Superiore ecclesiastico di missione diritto esclusivo della Santa Sede, e non deve confondersi con la forma di proporre i candidati. La procedura con cui il Superiore ecclesiastico viene designato in questi casi, come norma, molto particolare. In primo luogo la Congregazione chiede ai Superiori dellIstituto di proporre dei candidati allufficio di Superiore ecclesiastico, normalmente tre, indicandone le qualit ed anche i difetti, dai quali nessuno libero. evidente che questa consultazione ha soltanto valore consultivo, anche se la Santa Sede normalmente ne tiene conto. Generalmente il Superiore Generale chiede il parere dei superiori provinciali e di altri superiori. In tutta questa prassi non c una regola comune perch la Santa Sede rispetta il diritto particolare di ogni Istituto. Alle volte vengono consultati i missionari della circoscrizione missionaria. per di somma importanza sottolineare la personalit del menzionato superiore: pur appartenendo ad un Istituto e governando una circoscrizione affidata al suo Istituto, egli regge la missione in nome e con lautorit del Sommo Pontefice e non dellIstituto. Perci nelladempimento del suo ufficio pastorale non dipende dallIstituto, ma dalla Santa Sede e ne segue, logicamente le direttive. lui, infatti, il responsabile ed il centro unitario dellapostolato missionario; a lui spetta promuovere e coordinare lattivit missionaria. Tutti i missionari, anche i religiosi esenti, dipendono da lui nelle varie opere che riguardano lesercizio dellapostolato sacro101.

100 101

Cfr. J. Garcia Martin, op. cit., pp. 268-270. Cfr. J. Garcia Martin, op. cit., pp. 270-271.

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2) Durata della Commissio Altro elemento essenziale da considerare poi la durata della commissio. Questa indeterminata. La formula di prammatica che si incontra in tutte le Bolle di erezione cocredimus (o committimus) ad Nostrum tamen et Sanctae Sedis beneplacitum. Dunque il Santo Padre o la Santa Sede cio, nel caso, la S. Congregazione di Propaganda (o quella per la Chiesa Orientale ed anche eccezionalmente la S. Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari), in qualunque momento lo credano opportuno, a loro insindacabile giudizio, possono revocare la commissio fatta allOrdine o allIstituto. Per conseguenza per s tale commissio pu durare un decennio o un secolo od ancora, come in pi luoghi si verifica, pi secoli. noto tuttavia che, quantunque la Santa Sede abbia potere di regolarsi in merito come meglio crede, tuttavia la medesima usa tale potest con molta parsimonia e conforme ad una sapientissima ponderazione che le stata insegnata da una esperienza secolare. Non solamente infatti la Santa Sede si ispira in questa sua alta politica conservativa al principio Beneficium Principis decet esse mansurum perch in questo caso si tratta pi di onus che di privilegio, ma perch, dovendo agire razionalmente, non sottrae la commissio sino a tanto che il negotium per il quale stata concessa non sia stato compiuto, cio, qualora non si presentino particolari necessit e lIstituto risponda alla fiducia riposta in esso, la Santa Sede non sottrae al medesimo il territorio concesso sino a tanto che il terminus ad quem del lavoro missionario non appaia raggiunto, sino a tanto cio che non sia possibile affidare il territorio stesso al clero nativo completo, cio col suo Vescovo indigeno. Oltre che per iniziativa della Santa Sede la commissio pu cessare per rinunzia, fatta da parte dellIstituto ed accettata dalla Santa Sede. Ci naturalmente accadr quando lIstituto si vede nella impossibilit di esplicare il mandato assunto. come si vede, unaperta confessione di incapacit, che quindi riesce sommamente penosa ai Superiori dellIstituto, che di fatto vi si indurranno molto difficilmente e raramente. Spesso anche considerazioni di prestigio nazionale, prevedibili ripercussioni di vario ordine, personale, economico, politico, possono rendere estremamente ardua e difficile una simile rinuncia, anche se essa obiettivamente sia giustificata ed opportuna102. 3) Conclusioni sulla Commissio
102

Cfr. V. Bartoccetti, op. cit., pp. 12-13.

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Dallo studio degli aspetti fondamentali del sistema della commissione, non difficile intuire che essa per la sua stessa natura, pone dei problemi ardui. Il principale quello del rapporto tra il Superiore Ecclesiastico della Missione e lIstituto nella persona del suo rappresentante, a seconda dellorganizzazione dellIstituto stesso; superiore provinciale, superiore regionale, superiore delegato: tutto dipende dalla legislazione particolare. Il fatto che il ministro del Vangelo presenta come due diverse personalit: come membro dellIstituto a cui intimamente legato, e come missionario che dedica la sua attivit alle missioni. Questa duplice forma di presenza nello stesso individuo stata sempre riconosciuta e accettata da Propaganda durante tutta la sua storia ed stata ufficialmente consacrata dalla vigente legislazione (can. 790 2) e dalla suddetta Costituzione Apostolica Pastor bonus. Come conseguenza di questa condizione del missionario che appartiene ad un Istituto (qualunque esso sia) nasce pure un doppio rapporto di lui stesso con il Superiore ecclesiastico, perch missionario; e verso il Superiore dellIstituto al quale appartiene come membro dello stesso Istituto. Tutto questo deriva dal sistema della commissione in modo spiccato una vera e propria diarchia e cio due autorit legittime che, con pari diritto, anche se in materia diversa, esercitano il loro rispettivo imperium sulla stessa persona. Ora anche le rispettive competenze delle due autorit sono determinate e definite dal diritto, ma in realt nella vita quotidiana esiste uninfinit di sfumature che sfuggono a regole concrete, per cui sono inevitabili o piuttosto comuni delle interferenze di potere che facilmente possono portare a degli screzi e malintesi. Questo stato uno dei problemi pi difficili che la S. Congregazione de Propaganda Fide ha dovuto affrontare durante la sua lunga storia. Nel corso degli anni molti sono stati i tentativi fatti per risolvere il problema e a questo fine fu pubblicata e preparata dalla S.C.P.F., lIstruzione Quum huic indirizzata ai Prelati di Missione e ai Superiori di Istituti a cui erano state affidate delle Missioni in commissione. In questa Istruzione vengono raccolti e sintetizzati i principi giuridici che reggono questa materia e secondo cui fondamentalmente il Superiore di Missione deve reggere i missionari in quanto missionari, mentre il Superiore dellIstituto ha autorit in quanto tale103.

103

Cfr. J. Garcia Martin, op. cit., pp.272-273.

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Negli anni precedenti al Concilio, molti territori missionari erano diventati Diocesi, grazie soprattutto a questo modo o metodo di collaborazione degli Istituti religiosi e missionari allopera dellevangelizzazione. I frutti ottenuti mediante tale sistema sono evidenti e questi sembrava essere la forma pi adatta per raggiungere la finalit dellattivit missionaria. Per questi motivi gli schemi preparatori de Missionibus riaffermavano la sua utilit e gli dedicavano uno spazio conveniente. Durante il Concilio lorientamento per erigere la gerarchia ordinaria in tutti i territori di missione ha prevalso di modo che non si fa menzione del governo vicario proprio delle missioni e a poco a poco il sistema della commissione va scomparendo come forma di collaborazione degli Istituti, bench si insista e si richieda la loro collaborazione. Il punto pi alto di questa tendenza si trova nello schema delle tredici proposizioni De activitate missionali Ecclesiae, primo schema sulle missione discusso nellAula Conciliare. Tale schema, abbastanza confuso ed incerto, trattava della missione della Chiesa per non delle missioni o attivit missionaria. Non si occupava n delle circoscrizioni ecclesiastiche di missione, affermando la quasi scomparsa della distinzione tra le terre di missione e le terre cristiane, n della gerarchia ecclesiastica missionaria mentre affermava la responsabilit missionaria dei Vescovi di tutto il mondo in maniera sbagliata. Per quanto riguarda la collaborazione degli Istituti allopera di evangelizzazione lo schema non parla del sistema della commissione. Nei successivi schemi, specificatamente missionari, di nuovo si tratta della commissione e della necessit degli Istituti per lopera missionaria, cosa che suscit opinioni contrarie. Il sistema della commissione, lo ius commissionis, tuttavia, considerato come un metodo storico e di poco uso, perci non lo raccomanda pi, ma neanche lo sopprime. Questa tendenza, anche se latente, presente nel decreto approvato in Aula conciliare. E nessuno ignora che negli schemi del decreto preparatorio si propendeva per una soppressione del sistema della commissione. Infatti il Decreto menziona due volte il citato sistema. Nel n 27 lo qualifica come un modo o forma di collaborazione degli Istituti religiosi e missionari allopera di evangelizzazione, e non come un contratto, ma senza dubbio lo tratta come un metodo storico o che appartiene al passato. Nel n 32, invece sancisce la sua esistenza e validit attuale, tanto come metodo di collaborazione nelle missioni non ancora costituite in Diocesi, quanto determinante di situazione particolare

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dellIstituto nei riguardi della missione e della gerarchia ecclesiastica, giacch la sua finalit coincide con la finalit della missione della Chiesa e dellattivit missionaria. Da quanto detto si ricava che il Decreto Ad gentes non ha affrontato direttamente i problemi annessi al sistema giuridico della commissione come era praticato fino a quel momento. Infatti, si era vista la necessit di rivedere le norme che lo regolavano, per adattarlo alle nuove necessit e ai principi stabiliti dallo stesso Concilio sugli Istituti religiosi e i loro rapporti con i Vescovi diocesani, ma fu deciso che la Santa Sede emanasse prima i principi generali. Paolo VI, dopo aver raccolto gli elementi necessari forniti dalla Commissione post conciliare de missionibus, promulg, il 6 agosto del 1966, il motu proprio Ecclesiae Sanctae per lattuazione dei Decreti Christus Dominus, Perfectae caritatis e Ad gentes. Del sistema della commissione tratta nella prima parte, quella dedicata al Decreto Christus Dominus, ma non nelle norme applicative del Decreto Ad gentes. Nel n 24 della prima parte si legge: in locis Missionum vigeat exemptio Religiosorum, [...], tamen propter peculiaria adiuncta sacri ministerii in his locis exercendi, [...], observanda sunt specialia statuta a Sede Apostolica data vel approbata quoad rationes inter Ordinarium loci et Superiorem religiosum moderandas, praesertim in Missione alicui Instituto concredita. Nonostante non offra elementi nuovi su questi sistema, la conferma della sua validit per le missioni espressione dellobbligo missionario del Romano Pontefice di propagare la fede servendosi dei mezzi pi appropriati come nel passato104. 4) Il Mandatum In esecuzione del motu p. Ecclesiae Sanctae, dopo aver chiesto i pareri ed i suggerimenti degli Istituti missionari attraverso lUnione Romana dei Superiori Generali, delle principali Conferenze Episcopali dei territori soggetti alla sua giurisdizione, della speciale Commissione giuridica, la Congregazione de Propaganda Fide elabor uno schema di lavoro che sottomise allo studio della riunione plenaria. Come frutto di questo lavoro, la Congregazione eman, in data 24 febbraio 1969, lIstruzione Relationes in territoriis missionum105.

104 105

Cfr. J. Garcia Martin, op. cit., pp. 276-279. Sacra Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli, istr. Relationes in territoriis del 24 febbraio 1969, EV 3/820-845.

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In essa al n1, si decret di abrogare il sistema giuridico della commissione per le Diocesi dei territori di missione e di conservarlo in vigore per le circoscrizioni ecclesiastiche missionarie non erette ancora in Diocesi propriamente dette. Secondo questa disposizione dettata dallo spirito prudenziale del Concilio, il suddetto sistema rimane in vigore nei vicariati apostolici, nelle prefetture apostoliche e nelle missioni sui iuris, nelle abbazie territoriali e nelle amministrazioni apostoliche stabilmente costituite dipendenti dalla Congregazione missionaria. La prima decisione presa dallAssemblea Plenaria, e che fa effettiva lIstruzione, fu dichiarare decaduto il sistema giuridico della commissio per le Diocesi dei territori di missione. Non indica nessuna causa, ma come stato gi accennato, il Concilio suddetto aveva preso in esame il problema sorto dal passaggio, dal regime vicariale al regime ordinario proprio di una Diocesi, con il quale si raggiunge lo scopo della commissio, per cui cessa il mandatum e si determina una nuova situazione per lIstituto. Se la Diocesi affidata al Vescovo diocesano, non pu essere affidata allo stesso tempo allIstituto. Questo non svolge pi un ruolo primario e passa alla condizione pi modesta ma non meno importante di collaboratore. Una volta finita la commissione, per principio, lIstituto libero di andar via o di continuare ivi lopera apostolica. Se decide di rimanere si instaura un nuovo rapporto con il Vescovo stipulando unapposita convenzione. La norma riguardava tutte le circoscrizioni ecclesiastiche che in futuro possono nascere dallo smembramento di altre Diocesi o dallelevazione di circoscrizioni missionarie a tale grado. Il cambio della condizione giuridica delle circoscrizioni ecclesiastiche avviene in forza di una legge, senza che sia necessario lintervento dellAutorit Suprema per una ulteriore dichiarazione o un avviso di cessazione o un ordine di revoca della commissione106. Anche per il mandatum possiamo indicare gli elementi costitutivi di questo sistema che gi introdotto per le circoscrizioni missionarie dove stata eretta la Diocesi: 1 Collaborazione con il Vescovo diocesano; 2 Il mandato conferito dietro richiesta del Vescovo diocesano; 3 Il mandato pu essere conferito ad ogni genere di Istituto: clericale o laicale, maschile o femminile; 4 Requisiti previ, che sono:
106

Cfr. J. Garcia Martin, Lazione missionaria della Chiesa nella legislazione canonica , Ediurcla, Roma 1993, pp. 287-288.

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un accordo tra le parti, cio tra il Vescovo diocesano e lIstituto, in cui sia ben

determinata lopera da affidare, il numero dei missionari e delle missionarie, le rispettive competenze e le condizioni economiche; * previa consultazione della Conferenza Episcopale e notifica alla Congregazione 5 Decreto della Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli, con cui essa sancisce laccordo previo, dando appunto il mandato; 6 La finalit del mandato la tutela e la garanzia dei diritti e dei doveri delle parti; 7 Il mandato viene estinto per esplicita revoca da parte della Congregazione per la Evangelizzazione dei Popoli. Quindi il mandato concesso a tempo indefinito107. A livello terminologico, mandatum indica in modo generico la speciale collaborazione degli Istituti e lIstruzione lo identifica con il munus dato dalla Suprema Autorit della Chiesa ad un Istituto su richiesta del Vescovo e che non va confuso con il munus o missione ecclesiale dellIstituto ricevuto con lapprovazione ecclesiastica del medesimo. Secondo la disposizione del n 9 dellIstruzione il mandato viene dato dalla Sacra Congregazione con Decreto. Ci significa che il mandato, come tale, si caratterizza ed costituito soltanto dallintervento della Suprema Autorit ecclesiastica, che nel caso presente il Dicastero missionario. E cio che se manca tale intervento, pur essendovi tutti gli elementi previ, non si pu dire che esiste il mandato e perci la nozione di speciale collaborazione precedentemente indicata va intesa in senso generico. Lintervento della Congregazione sancisce la collaborazione liberamente stipulata tra il Vescovo diocesano e lIstituto, salvando cos il principio di sussidiariet e d forza giuridica vincolante per tutte e due le parti. Questa forza vincolante si riferisce a tutti gli articoli sui quali il Vescovo diocesano e lIstituto si sono accordati. Tale intervento quello che realmente distingue il mandatum dalle altre semplici convenzioni tra le parti ed implica delle conseguenze proprie. Queste riguardano la finalit e lestinzione del medesimo. Il conferimento del mandato allIstituto diretto a salvaguardare i diritti e i doveri sia dei Vescovi diocesani nei territori missionari sia degli Istituti che prestano la loro collaborazione. Questa tutela speciale conferisce efficacia e assicura stabilit e ordinato svolgimento dellattivit missionaria. Infatti la convenzione ratificata dalla Congregazione sottratta al libero arbitrio dei contraenti e acquista tale valore da diventare non modificabile nella sua sostanza e non rescindibile dalle parti, come per lEvangelizzazione dei Popoli;

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dispone il n10 il mandato si estingue esclusivamente per esplicita revoca da parte della Sacra Congregazione Da qui si deduce che il mandatum conferito a tempo indefinito, mentre laccordo tra le parti viene generalmente stipulato a scadenza fissa. Ci significa che la sua estinzione non si presume, ma deve essere espressamente comunicata con un atto positivo. Altra finalit attribuita dal n 8 a questo sistema quella di garantire una pi facile ed equa distribuzione del personale missionario108. LIstruzione sottolinea una caratteristica rilevante di questo sistema, cio che il Vescovo diocesano prende liniziativa, a differenza di quanto avviene con la commissione. Il Vescovo diocesano, come responsabile dellevangelizzazione, chiede la collaborazione allIstituto, come persona giuridica. Dice il Concilio Vaticano II compito del Vescovo, come capo e centro unitario dellapostolato diocesano promuovere, dirigere e coordinare lattivit missionaria, in modo tale tuttavia che sia salvaguardata ed incoraggiata nella sua spontaneit liniziativa di coloro che allopera partecipano109. Il Vescovo diocesano libero e autonomo per promuovere lopera missionaria nel modo e con i mezzi che ritenga opportuno, senza lintervento della Suprema Autorit. Essa interviene solo su richiesta del Vescovo diocesano interessato, come detto prima. A lui compete cercare i suoi collaboratori secondo le necessit delle Diocesi. Unaltra cosa da notare che la condizione teologico-giuridica del Vescovo viene rispettata al massimo, perch per il fatto abbia chiesto ed ottenuto il mandato dalla Santa Sede per un Istituto determinato, non coartata la sua libert di ricorrere alla collaborazione di altri Istituti con o senza mandato; eccetto nel caso in cui egli stesso abbia voluto liberamente rinunciare in parte a questa sua libert con delle clausole limitative nella convenzione stipulata con lIstituto al quale stato affidato il mandato. Loggetto della collaborazione, secondo lIstruzione, pu essere un determinato territorio o unopera missionaria di maggiore importanza. Secondo un criterio canonico-territoriale potrebbe trattarsi di un vicariato foraneo con alcune parrocchie. con la denominazione opera missionaria di maggiore importanza si pu intendere una grande

107 108

Cfr. A. G. Urru, La funzione di insegnare della Chiesa, Vivere In, Roma 1988, p. 82. Cfr. J. Garcia Martin, op. cit., pp. 287-288. 109 AG 30.

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variet di attivit di diverso genere, che, come si detto, comprende tutti gli aspetti propri dellimpiantazione della Chiesa110.

110

Cfr. J. Garcia Martin, op. cit., pp. 284-285.

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CONCLUSIONE GENERALE In questo elaborato si cercato di dare uno sguardo ai contenuti del canone 786 del Codice di Diritto Canonico evidenziando la sua importanza e la sua centralit allinterno della legislazione missionaria. Il secolare processo di formazione della legislazione canonica missionaria che ha accompagnato passo per passo la realizzazione pratica della missio ad gentes, ha messo in condizione di capire come anche nel diritto si sia operata quellopera di discernimento teologico ed operativo tipico di una Chiesa semper renovanda e semper purificanda secondo le affermazioni del Concilio Vaticano II. La grande influenza esercitata dal pensiero conciliare sul processo di formazione del nuovo Codice, nella distribuzione della materia e soprattutto nei fondamenti teologici che stanno alla base del canone emersa piuttosto chiaramente nella presentazione dellazione missionaria della Chiesa nel Codice vigente attraverso lanalisi del Libro III, del Titolo II di tale Libro e soprattutto dallanalisi delle fonti del canone 786 che nel primo schema presentato alla commissione risultava quasi totalmente una ricopiatura del Decreto Ad gentes n 6. Lanalisi del canone 786 ci ha permesso di appurare, pur nella limitatezza di questo lavoro, alcuni punti fermi raggiunti dalla teologia missionaria e che ora sono entrati a far parte della normativa codiciale. Anzitutto dopo quasi un secolo di discussione, peraltro non ancora terminata si arrivati alla conclusione che la finalit specifica della missio ad gentes sia rappresentata dallimplantatio Ecclesiae. questo un traguardo molto importante e raggiunto a fatica come abbiamo visto nel capitolo ad essa dedicato e che anche se richieder ulteriori chiarificazioni ormai stato sancito dai Padri conciliari. Ritenere limplantatio Ecclesiae come finalit specifica della missio ad gentes importante a livello ecclesiologico per la rivalutazione del ruolo della missione ad extra. Tutti i cristiani sono missionari (can. 781) e lazione propriamente missionaria della Chiesa limpiantazione della stessa fra i popoli presso cui non ancora radicata (can. 786) sono la migliore risposta a quelle correnti teologiche che come dicevo nellintroduzione, in nome di unerronea interpretazione dellecumenismo, non ritengono pi necessaria la missio ad gentes in quanto la salvezza pu essere raggiunta attraverso la grazia di Dio tramite qualunque religione. Questa posizione vera, ma erroneo pensare che anche se gli

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uomini possono salvarsi tramite vie straordinarie di salvezza non siamo dispensati dal diffondere tramite limpiantazione, la Chiesa cattolica che la via ordinaria. Infine, anche dallo studio delle due forme di governo della missione, emerge lo sforzo del Legislatore di migliorare la chiarezza della norma a beneficio dellopera di evangelizzazione. Se, infatti, il sistema della commissio, peraltro non totalmente abrogato, poteva generare contrasti fra il Vescovo ed il Superiore religioso; questi contrasti sono stati appianati dallintroduzione del sistema del mandato. Lelevazione di un territorio di missione a Diocesi e quindi lintroduzione del mandato, risponde al desiderio espresso dal nostro canone che le Chiese novelle diventino a loro volta e presto Chiese evangelizzatrici. Nel suo complesso risulta evidente limportanza di questo canone allinterno della normativa missionaria del nuovo Codice e forse proprio per questo poteva essere inserito allinizio, prima del 781, in quanto specifica quale debba essere lazione missionaria alla quale tutto il popolo di Dio, anche se in forme diverse, chiamato.

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Per il magistero pontificio e dei Dicasteri della Santa Sede sono stati consultati i seguenti documenti: GREGORIO XV, cost. Inscrutabili divinae Providentiae - 22.6.1622, (Collect. S.C. de Prop. Fide, (2 ed.) n 3. BENEDETTO XV, encicl. Maximum illud - 30.11.1919, AAS 11/19, 440-455. PIO XI, encicl. Rerum Ecclesiae - 28.2.1926, AAS 18/26, 65-83. PIO XII, encicl. Evangelii praecones - 2.6.1951, AAS 43/51, 497-528. PIO XII, alloc. Fidei donum - 15.1.1957, AAS 49/57, 225-248. PAOLO VI, motu p. Ecclesiae Sanctae - 6.8.1966, EV 2/885-913. PAOLO VI, esort. ap. Evangelii nuntiandi - 8.12.1975, EV 5/1588-1716. GIOVANNI PAOLO II, esort. ap. Catechesi tradendae - 16.10.1979, EV 6/1764-1939. GIOVANNI PAOLO II, esort. ap. Christifideles laici - 30.12.1988, AAS 81/88, 393-521.
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83

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APPENDICE Fonti significative

Le fonti del quarto periodo di evoluzione storica del diritto missionario che va dalla fondazione di Propaganda Fide (1622) alla Costituzione Sapienti Consilio di Pio X (29 giugno 1908), sono numerose, ma si possono riassumere in questi principali testi:
Per

le missioni delle Indie, i documenti pontifici dei primi tempi sono contenuti in

queste due collezioni: Morel Cyriacus s. j., Fasti Novis Orbis et ordinationum apostolicarum ad Indias pertinentium breviarum, Venetiis 1776; Francisco J. Hernez ofm., Coleccin de Bulas, Breves y otros documentos relativos a la Iglesia de Amrica y Filipinas, 2 voll., Bruxelles 1879.
Testamentum

B. M. Perillustris et Commendabilis viri D. Joannis Savenier

Leondien. Secretarii Apostolici, Romae 1638. Contiene documenti, dal 1564 al 1677, che si riferiscono alla Chiesa Orientale ed alle missioni fra i pagani. La collezione abbraccia 64 documenti, 56 dei quali riguardano Propaganda e le sue missioni.
Constitutiones

apostolicae Sacrae Congregationis de Propaganda Fide, Romae

1642. una breve collezione che contiene soltanto 18 documenti circa l'organizzazione e gli uffici di Propaganda.
Constitutiones

Apostolicae, Brevia, Decreta, etc..., pro missionibus Sinarum,

Tunquini, etc... Ad usum episcoporum sacerdotumque a Ss. Pontificibus ab Eminent. Cardinalibus S. C. de Propaganda Fide respective in Oriente missorum. Juxta exemplar Romae, Parisiis 1676. Nel titolo sono indicate le regioni interessate.
Constitutiones

apostolicae et Brevia. Ad usum S. C. de Propaganda Fide, Romae

1745. Questa collezione somiglia alla precedente. Fra le collezioni posteriori meritano menzione le seguenti:
Bullarium

Pontificium S. C. de P. Fide, in 5 volumi, pi 2 volumi di Appendici

(Romae 1838 e ss.) e un volume con indice analitico (Romae 1858). Giunge fino al 1841. Dopo alcuni anni, la Propaganda ordin una nuova edizione del Bullarium e ne affid la cura a Francesco Rosi-Bernardini, il quale, per, mor prima di portare a termine il suo compito. Il Cardinale Prefetto ne diede quindi lincarico a Raffaele de Martinis, che ne mut il titolo e divise lopera in due parti, cio:

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Juris

Pontificii de Propaganda Fide pars prima, complctens Bullas, brevia, acta S.

Sedis, 7 voll., Romae 1888-1897; Juris Pontificii de Propaganda pars secunda, complectens decreta, instrctiones, encyclicas, litteras, ect..., ab eadem Cong. lata, 1 vol., Romae 1909. La prima parte contiene i principali documenti pontifici riguardanti le missioni, dalla fondazione di Propaganda (1622) fino a Pio IX (1869). Il vol. VII riporta concordati e trattati conclusi fra la S. Sede e i Governi per i territori soggetti a Propaganda. Nella seconda parte, invece, sono raccolti i principali decreti di Propaganda e di altre Congregazioni, riguardanti le missioni, dal 1622 al 1877, secondo l'ordine cronologico. La collezione non completa ed considerata come opera privata e non ufficiale: non ha quindi altra autorit che quella dei documenti riportati. Su questa voluminosa collezione furono compilate altre due raccolte denominate Collectaneae; esse contengono le cose di maggiore utilit pratica. Una fu preparata dal Seminario di Parigi per le Missioni Estere; laltra fu pubblicata a Roma, per disposizione di Propaganda. Eccone i titoli:
Collectanea

constitutionum, decretorum, indultorum ac instructionum S. Sedis, ad

usum operariorum apostolicorum Societatis Missionum ad Exteros, selecta et ordine digesta, cura Moderatorum Seminarii Parisiensis eiusdem Societatis, Parisiis 1880, Hongkong 1898, 1905. Segue l'ordine sistematico: 1 pars: De Personis; 2 pars: De Sacramentis; 3 pars: De Praeceptis.
Collectanea

S. Congr. de Propaganda Fide, seu decreta, instructiones, Rescripta

pro apostolicis missionibus, Romae 1893, 1907. La prima edizione sistematica come quella di Parigi: De personis, de rebus, de fide et moribus; la seconda, invece, cronologica e va da 1622 al 1906. Oltre le norme giuridiche, contiene questioni morali e liturgiche. Abbraccia tutti i territori soggetti a Propaganda. I documenti sono autentici, ma le collezioni sono private.

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INDICI

Indice dei nomi A Agostino (sant) 7; 54 Alessandro VI (papa) 8; 29 B Barbero Giuseppe 52; 66 Bartoccetti Vittorio 73; 74; 78 Benedetto XIV (papa) 29 Benedetto XV (papa) 18; 42 Bernardo (san) 14 Beyer Jean B. 18; 23 C Chappuis Giovanni 7 Charles Pierre 58; 59 Chiappetta Luigi 90 Clemente VIII (papa) 14 Composta Dario 30 Cyriacus Morel 93 D DOstilio Francesco 20; 22 Da Mondreganes Pio Maria 5; 7; 8; 10; 11; 13 Da Montecorvino Giovanni 9 Da Nembro Metodio 5; 6; 13 Damizia Giuseppe 25; 32 De Martinis Raffaele 94 F Francesco (san) 9 Fumasoni Biondi Pietro 54 G Garcia Martin Julio 6; 7; 9; 10; 12; 18; 32; 52; 59; 60; 67; 70; 75; 76; 79; 81; 82; 84; 85 Gasparri Pietro 13 Giglioni Paolo 68 Giovanni Crisostomo (san) 54 Giovanni Paolo II (papa) 2; 19; 22; 27; 56; 58; 61; 62; 64; 69 Giovanni XXII (papa) 7; 19; 20; 22 Giovanni XXIII (papa) 19; 20; 22 Gregorio I (san) 7 Gregorio XIII (papa) 14 Gregorio XV (papa) 9; 14; 71 H Hernez Francisco J. 93 I Innocenzo VIII (papa) 29 Ireneo di Lione (sant) 54 L Lee Ignazio Ting Pong 18; 38 Leone X (papa) 29 Leone XIII (papa) 29 Lull Raimondo 14 M Masson J. 44; 45; 48 Matteo Piero 8 Montan Agostino 24; 28 N Naz Raoul 11 O Ochoa Xaverius 41; 89 P Paolo V (papa) 14; 19; 20; 27; 38; 39; 41; 50; 55; 80 Paolo VI (papa) 19; 20; 27; 38; 39; 41; 50; 55; 80 Paulon Italo 91 Pian del Carpine Giovanni 9 Pinto Pio Vito 34; 36; 40; 62; 63; 68 Pio IX (papa) 10; 94 Pio V (san) 14

87

Pio X (papa) 11; 12; 29; 54; 65; 70; 74; 93 Pio XI (papa) 29; 54; 65; 74 Pio XII (papa) 29; 54 R Rosi Bernardini Francesco 93 Rubruk Guglielmo 9 S Santos Jos Luis 31; 33

Seredi P. 13 Stoffel Oskar 35; 37 U Urru Angelo Giuseppe 20; 34; 39; 71; 83 W Walter Ferdinando 10 Wernz Franz Xaver 6 Wolanin Adam 53; 54; 58

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Indice dei canoni

Codex Iuris Canonici 1917

198, 13 215, 12 217, 12 252, 12, 15, 52 293, 11, 13 297, 17 311, 11, 13 451, 13 454, 13 466, 13 731, 13 751, 13 752, 13 958, 13 987, 13 1014, 13 1060, 13 1064, 13 1070, 13 1071, 13

1098, 13 1099, 13 1102, 13 1109, 13 1120, 13 1127, 13 1258, 13 1265, 13 1322, 23 1323, 29 1325, 13 1349, 11, 12 1350, 11, 12, 18, 26, 28, 71 1351, 11, 13 1372, 27 1374, 13 1383, 27 1404, 28 1406, 13 1408, 23, 28 2314, 13

89

Codex Iuris Canonici 1983

206, 37 233, 66 237, 66 368, 62 369, 62, 64 374, 67 385, 66 394, 67 515, 67 516, 67 609, 67 611, 67 747, 23, 26, 30 748, 32, 36 755, 26 759, 35 769, 36 779, 30, 36 780, 35 781, 2, 3, 32, 86, 87

782, 33 783, 34 784, 34 785, 34, 35, 67 786, 3, 4, 5, 35, 41, 48, 49, 50, 59, 60, 62, 63, 64, 68, 86 787, 33, 36, 37, 63 788, 33, 36, 37, 63 789, 36, 62 790, 36, 37, 78 791, 39 792, 2, 39 801, 67 822, 30 823, 30 832, 30 833, 23 1170, 37 1183, 37

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Indice generale ABBREVIAZIONI E SIGLE ............................................................................................. 1 INTRODUZIONE ............................................................................................................... 3 CAPITOLO I ....................................................................................................................... 6 LANTICA LEGISLAZIONE MISSIONARIA DELLA CHIESA ................................ 6 CAPITOLO II .................................................................................................................... 18 LAZIONE MISSIONARIA NEL LIBRO III DEL CODICE VIGENTE .................. 18 A. PRESENTAZIONE DEL LIBRO III ......................................................................................... 18 1) Formazione e schema................................................................................................... 18 2) Presupposti teologici. .................................................................................................. 23 3) Fonti e contenuti .......................................................................................................... 25 4) Conclusione.................................................................................................................. 26 B. LAZIONE MISSIONARIA DELLA CHIESA (CANN. 781-792) ................................................. 30 CAPITOLO III .................................................................................................................. 39 LAZIONE MISSIONARIA SECONDO IL CANONE 786 ......................................... 39 A. FONTI DEL CANONE .......................................................................................................... 39 B. FINALIT SPECIFICA DELLA MISSIO AD GENTES ................................................................. 48 C. FASI DELLA PLANTATIO .................................................................................................... 56 D. SISTEMI GIURIDICI DELLE MISSIONI................................................................................... 63 1) La Commissio .......................................................................................................... 63 2) Durata della Commissio .......................................................................................... 70 3) Conclusioni sulla Commissio .................................................................................. 70 4) Il Mandatum ............................................................................................................ 73 CONCLUSIONE GENERALE ........................................................................................ 78 BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................... 80 A. FONTI ............................................................................................................................... 80 B. STUDI ............................................................................................................................... 82 APPENDICE ...................................................................................................................... 85 INDICI ................................................................................................................................ 87 INDICE DEI NOMI ................................................................................................................... 87 INDICE DEI CANONI ............................................................................................................... 89 INDICE GENERALE ................................................................................................................. 91

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