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COLLANA DIRETTA
DAL PROF. ARTURO CATTANEO
FRANCESCO PANIZZOLO
La potestà di governo
nella vita consacrata
Linee di sviluppo storico-giuridico
ed ecclesiologico
In copertina:
Giotto, San Francesco e l’approvazione della regola da parte di Papa
Innocenzo III, affresco sec. XIII.
Assisi, Basilica di S. Francesco, Chiesa Superiore dopo gli ultimi
restauri (2005).
Foto © Deganello Giorgio
ISBN 978-88-89736-79-1
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Presentazione
Introduzione
Cap. I
Potestà dominativa
dalle origini al CIC 17:
sviluppo ed essenza
RUIZ V., Istituzioni di diritto romano, Napoli 1954, 466; RONGA, Istitu-
zioni, vol. I, 100-102; VOLTERRA, Corso di istituzioni, 92-94; BETTI, Isti-
tuzioni, 87-90; BIONDI, Istituzioni, 554-560.
9 “Filios familias non solum natura, verum et adoptiones faciunt.
corporali; e massime alla potestà sopra gli schiavi, che con quella sui fi-
gli ha in comune l’indefinita possibilità di esplicazione che le è data dal-
le attitudini fisiche e spirituali dell’oggetto”, ARANGIO-RUIZ, Istituzioni,
474. “La patria potestà, come l’autorità in generale, anziché un diritto
di colui che la esercita, è piuttosto un uffizio costituito a vantaggio di
colui che vi è soggetto”, RONGA, Istituzioni, vol. I, 74. I figli erano per
questo chiamati liberi in potestate. Tuttavia, tale rigore assoluto andò sce-
mando già in epoca classica e nel diritto giustinianeo fu praticamente
mantenuto come una forma di tradizione “orale”, più che pratica.
La potestà di governo nella vita consacrata
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RUIZ, Istituzioni, 475, il quale precisa che vendita e noxae deditio del fi-
glio fatte all’interno dello Stato romano non privavano dello status li-
bertatis.
La potestà di governo nella vita consacrata
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così come vissuto nel popolo romano a differenza che tra gli altri po-
poli: il fatto che il filius, per il suo stato giuridico di libero (e soprattut-
to per questo essenzialmente diverso dagli schiavi), non poteva essere
venduto, dal momento che il cittadino romano non può vendersi. Cfr.
BONFANTI, Diritto romano, vol. I, 80.
Cap. I - Potestà dominativa dalle origini al CIC 17: sviluppo ed essenza
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lius nihil suum habere potest”, D. 41, 1, 10, 1. Fino al periodo classi-
co compreso, fu il pater familias a detenere il patrimonio familiare in
via assoluta, per quanto potesse non amministrarlo direttamente;
ARANGIO-RUIZ-GUARINO-PUGLIESE, Il diritto romano, 200; BIONDI,
Istituzioni, 569-570; BETTI, Istituzioni, 57, sottolinea che una certa ca-
pacità patrimoniale fu riconosciuta dal diritto classico solo ai filii fami-
lias, ossia ai “liberi in potestate di sesso maschile”.
26 “In potestate itaque sunt servi dominorum. Quae quidem pote-
stas iuris gentium est: nam apud omnes pereaque gentes animadverte-
re possumus dominis in servos vitae necisque potestatem esse, et quod-
cumque per servum adquiritur, id domino adquiritur”, GAIO,
Institutiones, 1, 52. Questa potestà, però, non era definita patria bensì
dominica, pur essendo diversa dal dominium, in quanto di carattere per-
sonale. Allo schiavo inoltre era riconosciuto il possesso di fatto di un
peculium, una quantità di beni guadagnati con il lavoro proprio; cfr.
BETTI, Istituzioni, 61-62. Osserva comunque il BIONDI, Istituzioni, 115,
che “non è lo stato effettivo di servizio, il trovarsi cioè effettivamen-
te sotto la proprietà di alcuno che denota lo schiavo, ma la sua desti-
nazione permanente a servire”.
27 Cfr. BONFANTE, Diritto romano, vol. I, 140. Lo schiavo, in quan-
del pater pure verso la moglie, i figli e, via via riducendosi sempre più,
verso i clienti ed infine gli schiavi. Cfr. KASER, La famiglia romana ar-
caica, 58.
La potestà di governo nella vita consacrata
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quod patri dominove quique in eius potestate sit a filio servove debe-
tur, et quod super est, hoc solum peculium esse intellegitur”, in GAIO
Institutiones, 4, 73. Ma, fa notare il VOLTERRA, Corso di istituzioni, 63,
sempre a vantaggio del dominus.
34 Cfr. ARANGIO-RUIZ, Istituzioni, 483.
Cap. I - Potestà dominativa dalle origini al CIC 17: sviluppo ed essenza
27
tio dignus videatur, et abbas, sub cuius imperio regi Christo militat, il-
lum fieri presbyterum petierit, ab episcopo debet eligi, et in loco, quo
iudicaverit, ordinari, omnia quae ad sacerdotis officium pertinent, vel
populi, vel episcopi electione, provide ac iuste acturus”, C. 28, Si quis
monachus, C. XVI, q. 1.
43 “Statutum est, et rationabiliter secundum sanctos patres a
monaco non avrebbe più potuto tenere qualcosa per sé, beni a nome
proprio, per poter essere liberi di impegnarsi a favore di Dio e del pros-
simo: tutto sarebbe stato dato al monastero di appartenenza.
Cap. I - Potestà dominativa dalle origini al CIC 17: sviluppo ed essenza
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luntatibus, III, 11, in VI°. Lo stesso autore scrive che si può andare
contro la volontà dell’abate «propter interesse loci, quia forte ex tali
revocatione enormiter lederetur locus et administratio. Quia pro se
non habet velle vel nolle, sed pro utilitate monasterii bene habet con-
tra abbatem etiam», in c. 32, Cum singola, in VI, III, 4, n. 4.
La potestà di governo nella vita consacrata
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ce delegato, § 8, Excipi, n. 4.
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minium sui in Deum transferat; id autem non fit nisi quando talia vo-
ta nomine Dei per Ecclesiam acceptantur”, SUÀREZ, Opus de virtute,
vol. XV, lib. II, cap. IV, 5, 128. “... ad proprium vinculum religiosi sta-
tus, quando in communitate religiosa assumitur, praeter tria vota su-
pradicta, immediate Deo facta, quibus religiosus ipsi obligatur, necces-
La potestà di governo nella vita consacrata
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saria est peculiaris obligatio humana per modum pacti reciproci, quo
et ipse religioni se donat, et obligatur religioni; ...”, SUÀREZ, Opus de
virtute, vol. XV, lib. II, cap. IV, 9, 130. Cfr. Anche KINDT G., De po-
testate dominativa, 136.
87 “Traditio non habet valorem nec efficaciam ad trasferendum do-
traditionem autem donatur res tradita, in quam acquiritur ius per tra-
ditionem, quod non acquiritur per solam promissionem. Haec ergo se-
cundum se distincta sunt, et circa omnes et singulas materias versari
possunt”, SUÀREZ, Opus de virtute, vol. XIV, tr. VI, l. I, c. XIV, n. 9,
807. Offerta di sé e promessa si dividono tra di loro nonostante la ma-
La potestà di governo nella vita consacrata
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teria comune cui fanno riferimento sia il voto. La promessa viene pri-
ma dell’offerta ed anche per questo è da essa separabile. Tuttavia en-
trambe dipendono dalla stessa volontà dell’offerente: infatti, dal mo-
mento che la promessa di sé avviene prima ed è separabile dalla do-
nazione che è posteriore, dalla volontà del promettente dipende forse
che si faccia la sola promessa o la promessa che si trasformi in offerta.
94 Cfr. KINDT, De potestate dominativa, 142. Così argomenta il
pendere solamente dalla volontà di colui che lo emette (e con ciò non
si vuole escludere la Chiesa-istituzione che può imporre limitazioni,
forme e momenti per emetterlo, quanto piuttosto affermare che de fac-
to l’esercizio di tale promessa sta nel consenso e nell’intenzione del
professo stesso).
96 KINDT, De potestate dominativa, 144.
97 “[...] Supponimus in professione religiosa, praeter traditionem,
104 “... haec traditio, per quam, ut ostendi, vere transfertur aliquod
ius et dominium, necesse est ut immediate fiat alicui homini vel reli-
gioni”, SUÀREZ, Opus de virtute, vol. XV, tr. VII, l. VI, c. II, n. 14, 391.
105 Cfr. KINDT, De potestate dominativa, 152; SUÀREZ, Opus de virtu-
113 Cfr. SUÀREZ, Opus de virtute, vol. XV, tr. VII, l. VI, c. II, n. 19,
393.
114 Questa soggezione filiale non si può propriamente dire natura-
le (poiché è chiaro che tale non è), ma neppure adottiva. SUÀREZ, in-
fatti, propone di chiamarla in un modo nuovo: spirituale. Cfr. Opus de
virtute, vol. XV, tr. VII, l. VI, c. II, n. 20, 394.
115 SUÀREZ, Opus de virtute, vol. XV, tr. VII, l. VI, c. II, n. 20, 394.
La potestà di governo nella vita consacrata
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116 Cfr. SUÀREZ, Opus de virtute, vol. XV, tr. VII, l. VI, c. II, n. 21,
394.
117 Cfr. KINDT, De potestate dominativa, 160-161.
118 Cfr. SUÀREZ, Opus de virtute, vol. XV, tr. VII, l. VI, c. II, n. 25,
395-396, e passim, dove usa indifferentemente potestas dominativa, po-
testas gubernativa, potestas oeconomica, potestas domestica.
Cap. I - Potestà dominativa dalle origini al CIC 17: sviluppo ed essenza
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121 SUÀREZ, Opus de virtute, vol. XV, tr. VII, l. II, c. XVIII, n. 5, 218.
122 SUÀREZ, Opus de virtute, vol. XV, tr. VII, l. II, c. XVIII, n. 5, 218.
123 Cfr. KINDT, De potestate dominativa, 165.
Cap. I - Potestà dominativa dalle origini al CIC 17: sviluppo ed essenza
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governo in San Tommaso, Roma 2005, 147. Cfr. anche GHIRLANDA G.,
Hierarchica communio. Significato della formula nella Lumen gentium, Ro-
ma 1980, 312.
La potestà di governo nella vita consacrata
60
1.5.1. La traditio
Secondo alcuni autori, come in parte anche il Suàrez di
cui già abbiamo esposto la dottrina ed i Salmanticensi, la
potestas dominativa affonderebbe le sue radici nella offerta
di sé che il religioso fa, nel momento di entrare nell’Isti-
tuto, nelle mani del Superiore.
Presupposto di questa posizione è che le società, gli Isti-
tuti, siano di origine volontaria; ne consegue che pure la
«Ubi societas ibi ius; ubi societas ibi auctoritas, ibi po-
testas»:148 origine di ogni potestà sta nel vivere in società.
Ora, ci possono essere vari tipi di società (cfr. 2.2) e quin-
di di autorità e di potestà. Se da un lato, infatti, la mag-
gior parte degli autori prima – ed alcuni anche successiva-
mente – al CIC 17 ritenevano che la potestà dominativa
fosse di ordine meramente privato; dall’altro notiamo una
progressiva presa di coscienza che non vi può essere auto-
rità e potestà nelle Religioni che non debba essere di ca-
rattere pubblico, in tutto o in parte.
Così il Suàrez e la maggior parte degli autori dopo di
lui, facendo derivare la potestà esercitata dal Superiore re-
ligioso direttamente dalla traditio del religioso stesso, coe-
rentemente affermava il carattere privato di questa pote-
stà, assimilabile a quella del padre sul figlio, del padrone
sullo schiavo.149
Affermano il carattere privato della potestà dominativa
anche autori quali Vermeersch,150 Pejska151 e Raus.152
Si discosta da questa posizione privatistica il Larraona,
che inizialmente afferma che questa potestà «non potest
dici supremo gradu et formaliter publica». In seguito so-
stiene che ‘praticamente’ essa è da considerarsi come po-
testà pubblica formalmente, anche in senso proprio, ed è
p. I, c. III, 65.
La potestà di governo nella vita consacrata
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156 La fase di sviluppo dal CIC 17 al CIC 83 sarà trattata più dif-
stra traduzione].
158 Cfr. CABREROS DE ANTA, La potestad dominativa y su ejercicio, 72.
La potestà di governo nella vita consacrata
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corum independens est; quae ex sua natura est universalis, ita ut in-
terno vere iuridico et uno regimine corpus ipsius per universum orbem
extensum gubernetur a regimine territoriali ecclesiastico prorsus supe-
rato ac distincto; quae continet statum clericalem ipsumque regit ac
moderatur ita ut pro suis clericis dioecesis loco habeatur... nullo mo-
do comparari posse societatibus mere privatis, [...]: ex adverso hanc so-
cietatem vere et proprie publicam agnoscendam esse”. LARRAONA, De
potestate dominativa publica, 160.
165 Ci rifacciamo allo studio di RAGAZZINI, La potestà nella Chiesa,
271-272.
La potestà di governo nella vita consacrata
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13-14.
168 Cfr. OTTAVIANI A., Institutiones Juris Publici Ecclesiastici, Roma
1925, 176.
169 Cfr. POSTIUS J., El Codigo canonico aplicado a España, Madrid
1926, 23.
Cap. I - Potestà dominativa dalle origini al CIC 17: sviluppo ed essenza
75
192 Di pari passo con l’aumento del potere giurisdizionale dello stes-
211 GARCÌA MARTÌN J., Religioni esenti, in DIP, vol. VII, col. 1654.
ne. Essa, almeno nei casi degli Ordini clericali, viene eser-
citata sia in foro interno che esterno e si esplica nella ca-
pacità di emanare leggi ecclesiastiche che vincolano i sud-
diti, nonché di esercitare potestà coercitiva e giudiziaria.
Tale sfera di potere coinvolge pure coloro che risiedessero
nelle case religiose notte giorno sia come personale di la-
voro, sia come utente di servizi (sanitari, scolastici, spiri-
tuali) per quanto riguarda la cura animarum.212
Il Superiore religioso degli Istituti non esenti, invece,
esercita potestà dominativa pubblica, cioè integrale, uni-
versale ma personale, ecclesiastica (tanto che sia pontifi-
cia o vescovile), giuridica, immediata, ordinaria ma vica-
ria; ha tuttavia solo funzione esecutiva che è subordinata
comunque alla potestà di giurisdizione del vescovo tranne
quando espressamente previsto dal diritto.213 È inferiore a
quella degli Istituti esenti riguardo all’autonomia nei con-
fronti dell’Ordinario del luogo e quindi, nel caso di Istituti
di diritto diocesano, non vengono conferite in capo ai le-
gittimi Superiori religiosi quelle facoltà di governo di regi-
me interno che vengono invece date ai Superiori degli
Istituti esenti; nel caso invece di Istituti di diritto pontifi-
cio, il vescovo non può intromettersi negli affari di regime
interno, nella modifica delle costituzioni o in affari econo-
mici. Se si tratta invece di Istituti laicali (sia maschili che
212 HUIZING, Exemptio religiosorum, 566, afferma che gli Istituti che
godono di esenzione in senso stretto sono per la maggior parte cleri-
cali, con l’eccezione dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio,
che è invece laicale. GOFFI, L’esenzione, 206, a riguardo degli Ordini
laicali maschili esenti dice che “hanno, come ordinario proprio, quel-
lo locale (al pari dei non-esenti)”.
213 GOFFI, L’esenzione, 207: “Non è, perciò, esatto affermare che i
1.8. Conclusioni
Cap. II
Dal CIC 17 al Concilio
Ecumenico Vaticano II
2.1.1. Le fonti
Il Corpus Iuris Canonici.
Le prime fonti magisteriali che trattano del tema dei re-
ligiosi in campo canonico sono le decretali pontificie. Nel
Liber decretalium Gregorii IX, noto come Liber Extra, si rac-
colgono alcuni testi pontifici e non pontifici circa il tema
«de statu monachorum et canonicorum regularium», dove tro-
viamo riferimenti alla potestà cui è sottomesso il suddito
La potestà di governo nella vita consacrata
102
che se essa avviene non per costrizione esterna (cfr. par. 1.1.2.) ma per
libera sottomissione personale. Infatti, più oltre leggiamo: “[...] Prior
autem prae ceteris post abbatem potens sit in opere et sermone, ut
exemplo vitae verboque doctrinae fratres suos et instruere possit in bo-
no, et a malo etiam revocare. Zelum religionis habens secundum con-
scientiam, ut delinquentes corripiat et castiget, obedientes vero fove-
at et confortet”. Il Superiore, come un paterfamilias, è tenuto a correg-
gere e castigare i religiosi che abbia trovato inclini al male e ad inci-
tare invece coloro che si siano comportati bene e che verso il bene ab-
biano teso. E con il suo esempio deve essere di stimolo ai monaci per-
ché siano santi e si allontanino dal male.
Cap. II - Dal CIC 17 al Concilio Ecumenico Vaticano II
103
Il Concilio di Trento.
Nel Concilio di Trento, durante la sessione XXV, si pre-
sentò alla discussione il tema «De regularibus», in cui pure
si diceva che tutti i religiosi regolari – che hanno cioè pro-
La potestà di governo nella vita consacrata
104
16 “Inde fluit ius seu auctoritas, unde orta est societas”; OTTAVIANI
83-84.
La potestà di governo nella vita consacrata
116
teressare sia atti interni riguardanti atti esterni, sia atti me-
ramente esterni.
Circa gli atti interni, il soggetto investito di potestà può
emettere precetti che riguardano il foro interno ma che si
esplicheranno in atti esterni (non invece atti che siano di
carattere meramente interno). Tali atti possono essere di
natura meramente accidentale (come può essere una peni-
tenza imposta che il religioso adempia poi con un digiuno
corporale) o invece di natura sostanziale e necessaria (co-
me può essere l’imposizione di una confessione).24
Quanto poi ai precetti che il soggetto attivo può ema-
nare, essi devono essere rivolti agli atti esterni o almeno a
questi essere relazionati per poter avere quel carattere so-
ciale di cui sono investiti.25 In tal modo, i precetti avran-
86. Ciò non esclude, comunque, che il soggetto attivo possa dare con-
sigli o esortazioni al soggetto passivo, le quali, se non hanno forza vin-
colante, godono tuttavia di un notevole influsso morale. GOYENECHE
S., Quaestiones canonicae de iure religiosorum, vol. I, Napoli 1954, 118:
“Superiores vi potestatis dominativae posse subditos deficientes in re-
gulari observantia punire «modo paterno et iuxta regular»”.
Cap. II - Dal CIC 17 al Concilio Ecumenico Vaticano II
117
secolari che siano laicali, le facoltà concesse sono presenti nel decre-
to Religionum Laicalium, del 31 maggio 1966, che analizzeremo in se-
guito.
La potestà di governo nella vita consacrata
124
proprio assenso sul fatto in merito, nel qual caso la concessione sareb-
be valida comunque, giacché si suppone che esso sia ancora concorde
anche nel concedere la dispensa mediante delega.
Cap. II - Dal CIC 17 al Concilio Ecumenico Vaticano II
129
can. 845 §2: “Extraordinarius est diaconus, de Ordinarii loci vel paro-
chi licentia, gravi de causa concedenda, quae in casu necessitatis legi-
time praesumitur”; LEE, Commentarium in Rescriptum, 37.
Cap. II - Dal CIC 17 al Concilio Ecumenico Vaticano II
131
56 “Causa iusta in iure est quaelibet causa quae non sit evidenter
iniusta, quaeque obiectivam rerum ac personarum entitatem exprimit,
peculiari legi seu negotio proportionatam”; PUGLIESE, Commentarius ad
rescriptum, 434.
57 Questa ricopriva maggiore giurisdizione rispetto a quella del
religiosorum, 34, essa può essere applicata a qualsiasi sacerdote cui ce-
lebrare messe diverse ogni giorno comporti oneri non comuni.
Cap. II - Dal CIC 17 al Concilio Ecumenico Vaticano II
133
Superiorum, 70.
La potestà di governo nella vita consacrata
136
Religiosorum, 84.
La potestà di governo nella vita consacrata
144
riorum, 90.
La potestà di governo nella vita consacrata
146
perciò in certo senso superflua la fac. 12. Così anche GAMBARI, Speciali
facoltà, 31: “il Superiore generale gode della giurisdizione per le con-
fessioni in forza del n. 13 che include tale potere dato ai Superiori
maggiori esenti in forza del can. 873 §2”. BUIJS, Facultates Religiosorum,
105, nota come il testo del rescr. pont. distribuito presso l’aula conci-
liare non concedesse giurisdizione suddelegabile, ma fosse propria so-
lo del Moderatore supremo.
112 Cfr. GAMBARI, Speciali facoltà, 6(1965), 31.
Cap. II - Dal CIC 17 al Concilio Ecumenico Vaticano II
151
notare come la facoltà debba essere data per iscritto, in maniera da po-
terne determinare il tempo e per quali persone sia stata data.
116 Cfr. BUIJS, Facultates Religiosorum, 105; FUERTES, Commentarium
121 “In religionibus tamen iuris pontificii Ordinario loci non licet:
1° Constitutiones ullatenus immutare aut de re oeconomica cognosce-
re, salvo praescripto can. 533-535; 2° Sese ingerere in regimen inter-
num ac disciplinam, exceptis casibus in iure expressis; nihilominus in
religionibus laicalibus ipse potest ac debet inquirere num disciplina ad
constitutionum normam vigeat,num quid sana doctrina morumve pro-
bitas detrimenti ceperit, num contra clausuram peccatum sit, num
Sacramenta aequa stataque frequentia suscipiantur; et, si Superiores de
gravibus forte abusibus admoniti opportune non providerint, ipse per
se consulat; si qua tamen maioris momenti occurrant, quae moram
non patiantur, decernat statim; decretum vero ad Sanctam Sedem de-
ferat”.
Cap. II - Dal CIC 17 al Concilio Ecumenico Vaticano II
155
125 Vd. per quanto riguarda la potestas circa leges Ecclesiae, FUERTES,
del luogo che però non abbia l’ordine episcopale e che per
gli atti che richiedono tale ordine dovesse ricorrere quin-
di ad un Vescovo.129
In questa facoltà sono contenute pure le facoltà nn. 11
e 12, che perciò spettavano per diritto ai Superiori mag-
giori delle Religioni clericali esenti. È la maggiore concre-
tizzazione riguardo ai religiosi di quel principio di sussidia-
rietà affermato da Giovanni XXIII e ribadito nel Concilio
Ecumenico Vaticano II dai padri conciliari che sa cogliere
i ‘segni dei tempi’ (è pur vero che in passato con l’erezio-
ne di una Religione veniva automaticamente conferita pu-
re la potestà di giurisdizione ad essa necessaria).130
Superiorum, 115-116.
135 Cfr. PUGLIESE, Commentarius ad rescriptum, 452-453.
La potestà di governo nella vita consacrata
160
136 C. 16, q. 1, c. 8.
Cap. II - Dal CIC 17 al Concilio Ecumenico Vaticano II
161
tere del Superiore per equità e carità; BUIJS, Facultates Religiosorum, 131.
146 Cfr. BUIJS, Facultates Religiosorum, 131. La stessa facoltà non ri-
158 LG 45b.
159 Cfr. VAN DEN BROECK G., Il capo VI della Costituzione sulla
Chiesa, in VitRel 1(1966), 48.
160 A ben guardare, il termine “potestas iurisdictionis” o “iurisdic-
tio” appare solo nove volte in tutti i documenti conciliari, di cui due
nella LG ed uno nella Nota Explicativa Praevia; maggiore invece l’uso
del termine “potestas”, anche se con significati diversi (potere civile,
divino, diabolico, …), Cfr. OCHOA X., Index verborum cum documen-
tis Concilii Vaticani Secondi, Roma 1967, 387-388.
161 Cfr. LG 7d. In seguito si parlerà di sacerdote e sacerdozio in sen-
162 LG 10b.
163 Cfr. a riguardo BERTRAMS W., De subiecto supremae potestatis
Ecclesiae, in Per 54(1965), 173-232; ID., De subiecto supremae potesta-
tis Ecclesiae: respondetur obiicenti, in Per 54(1965), 490-499; ID., Il sog-
getto del potere supremo nella Chiesa, in Civiltà Cattolica 2(1965), 571,
sintesi dei lavori precedenti. Lo stesso Autore afferma che il carattere
ecclesiologico della potestà vescovile consiste nel suo essere non tan-
to potestà della Chiesa quanto potestà da esercitarsi nella Chiesa; cfr.
anche BERTRAMS W., Papst und Bischofskollegium als Träger der kircli-
chen Hirtengewalt, Paderborn 1965, 12.
164 Cfr. LG 10b; 27. Ciò trova poi conferma anche nella Nota
Come già affermato (cfr. 2.3.), uno dei primi frutti che
ha portato il Concilio Ecumenico Vaticano II sul rinnova-
mento della vita religiosa fu certamente il rescritto Cum
admotae. Tuttavia, anche quel documento si inseriva in un
contesto di ripensamento della vita della Chiesa ed in par-
ticolare – nel nostro caso – dei religiosi che affondava le
sue radici ben più in là nel tempo (il nome De accommo-
data renovationae vitae religiosae non è del Concilio, ma ri-
sale al Primo Congresso Internazionale degli ‘stati di per-
fezione’, svoltosi a Roma nel 1950, che già voleva promuo-
vere il rinnovamento negli Istituti).
Quando papa Giovanni XXIII indisse il Concilio per
rinnovare la Chiesa secondo i ‘segni dei tempi’, voleva
darle un nuovo slancio per far sì che seguisse con maggior
impegno la sua missione evangelizzatrice e salvifica sulle
orme di Cristo. Non si poteva perciò non rivedere anche
la forma teologico-giuridica di quella cospicua frangia di
177 Cfr. OCHOA X., Prima principia accomodatae renovationis vitae re-
ligiosae, in CpR 3(1966), 266.
178 Cfr. OCHOA, Prima principia, 268. Il decreto non è una esorta-
che “ut apostolatui plene aptatum sit institutum, gubernium quod cen-
La potestà di governo nella vita consacrata
176
odierna (sia civile che ecclesiale) e le necessità dei tempi (sia aposto-
liche che culturali, sia sociali che economiche) ed inoltre di scegliere
ed applicare i mezzi che rispondano più efficacemente alle necessità
odierne (mezzi che devono essere valutati in relazione alla regione in
cui ci si trova, alla Chiesa particolare di cui si è parte); cfr. OCHOA,
Prima principia, 273.
La potestà di governo nella vita consacrata
178
193 A norma del can. 488, 1° del CIC 17, si intendeva Religione
come una «societas, a legitima ecclesiastica auctoritate approbata, in
qua sodales, secundum proprium ipsius societatis leges, vota publica,
perpetua vel temporaria, elapso tamen tempore renovanda, nuncu-
pant, atque ita evangelicam perfectionem tendunt». Si intendeva in-
vece la sua costituzione laicale, a norma dello stesso can. 488, 4°, l’es-
sere composta per la maggior parte di membri laici, cioè non costitui-
ti nel sacro ordine.
194 Non prendono parte ai soggetti di questo decreto tutti gli
ti, nei casi previsti dal diritto, coloro che vi succedano nel-
l’ufficio in caso di impedimento temporaneo dovuto a cau-
se gravi. Inoltre, essendo concesse tali facoltà ai Superiori
generali nell’esercizio del loro ufficio, passano al successo-
re in carica al momento della nuova elezione.195 Soggetti
attivi di tali facoltà sono pure i Moderatori supremi delle
Società laicali di vita apostolica di diritto pontificio ma-
schili e femminili.196 Per le facoltà nn. 2 e 3 si aggiungo-
no i Superiori generali degli Istituti secolari laicali di dirit-
to pontificio, maschili e femminili. Per la sola facoltà n. 9
vanno ad aggiungersi la abbadessa di monastero sui iuris di
monache.197
Le facoltà del decreto possono inoltre essere suddelega-
te.198 Infatti vi si scrive che «si Supremus Moderator vel
Suprema Moderatrix sint in suo munere impediti, easdem
facultates possunt vel ex toto vel ex parte alicui sodali pro-
prii Instituti subdelegare, qui ipsorum vice fungitur» (II,
4). Non viene detto che la causa dell’impedimento deve
essere grave né in questo caso vi deve essere il consenso
del consiglio ed inoltre, se anche vi sia stata la suddelega,
505.
198 In alcuni casi inoltre è richiesto il consenso del proprio consi-
glio per l’uso delle facoltà, per suddelegarle alle autorità inferiori e per-
ché gli stessi Superiori maggiori ne possano fare uso. Il consenso è un
requisito ad validitatem. Cfr. RAVASI, Speciali facoltà per i Superiori e le
Superiore, 503.
La potestà di governo nella vita consacrata
184
lamente i sudditi, in senso ampio, dei Superiori cui tali facoltà sono
concesse. Tra questi vanno ascritti non solo i religiosi dopo la profes-
sione solenne, ma pure i novizi, gli oblati e i postulanti nonché colo-
ro che risiedono per tutto l’arco della giornata nella casa religiosa, sia
per motivi di ospitalità che di educazione scolastica. Cfr. PUGLIESE,
Commentarius ad rescriptum..., 430.
202 In questo paragrafo ci limiteremo ad un’analisi delle facoltà nel
2.8. Conclusioni
Cap. III
La fase di codificazione
del can. 596
pagine dal titolo Principia directiva generalia pro Codicis Iuris Canonici
recognitione. Cfr. GUTIÉRREZ J.L., La formazione dei principi per la rifor-
ma del «Codex Iuris Canonici», in CANOSA J. (a cura di), I principi per
la revisione del Codice di Diritto Canonico. La ricezione giuridica del
Concilio Vaticano II, Milano 2000, 14.
4 Infatti, fu sollevato anche l’interrogativo (che non passò nei
1946, in AAS 38(1946), 145, in cui afferma che “tutta l’attività socia-
le è per sua natura sussidiaria”.
16 Cfr. GIOVANNI XXIII, Enciclica Mater et magistra, 15 maggio
46(1957), 15.
21 Cfr. PAOLO VI, m.p. Ecclesiae Sanctae, in AAS 58(1966), 778.
22 “Un organe supérieur ne devrait jamais s’emparer de la fonction
d’un organe inférieur, mais ne devrait agir qu’en second lieu, pour le
fortifier quand c’est nécessaire”; ORSY L., L’autorité dans la vie religieu-
se, in Vie consacrée 39(1967), 224.
La potestà di governo nella vita consacrata
206
AAS 50(1958), 153, afferma che questa autorità passa dal Papa ai
Superiori con la delega della suprema giurisdizione, sia tramite il
Codice, sia tramite l’approvazione delle Regole e degli Istituti. CAR-
DIA C., La rilevanza costituzionale del principio di sussidiarietà nella Chie-
sa, in CANOSA J. (a cura di), I principi per la revisione del Codice di
Diritto Canonico. La ricezione giuridica del Concilio Vaticano II, Milano
2000, 256, nota che “il principio primaziale ecclesiastico viene inter-
pretato come ontologicamente contrapposto e impeditivo per l’espli-
carsi della sussidiarietà”. Questa posizione può essere accolta solo se il
principio primaziale viene inteso in maniera verticistica-assoluta e
non piuttosto come elemento fondante la stessa potestà nella Chiesa,
sia nel collegio episcopale in forma ordinaria, sia a chi venga delega-
ta da chi la detiene, in forma straordinaria.
28 Cfr. GUTIÉRREZ, El principio de subsidiariedad, 425.
La potestà di governo nella vita consacrata
208
la Chiesa, 240.
Cap. III - La fase di codificazione del can. 596
209
lità deve stabilire i criteri a cui l’autorità deve rifarsi per esercitare
questa stessa discrezionalità, secondo il principio di legalità stesso.
41 Cfr. HERVADA J., Los derechos fundamentales del fiel a examen, in
del Nuovo Diritto per gli Istituti di vita consacrata, in VitCons 13(1977),
405-406.
La potestà di governo nella vita consacrata
214
no: Philippe P., Mauro A., Bézac R., Bank G., Maggioni F., Moeller
C., Paventi S., Muttukumaru M.G., Urtasun C., Augier A., Lanne E.,
Wojnar M., Gallagher T., A SS. Rosario A., Leite A., Beyer J.,
Rousseau G., Fogliasso E., Lazzati G. Purtroppo vi è la completa assen-
Cap. III - La fase di codificazione del can. 596
215
mento della vita consacrata, in VitCons 12(1976), 385: “il diritto comu-
ne in corso di revisione deve esercitare un influsso molto meno impor-
tante e intensivo di quello che esercitò il Codice di Diritto Canonico”.
La potestà di governo nella vita consacrata
216
lium, in CpR 51(1970), 115 ss.; LARRAINZAR C., Los laicos, in IusCan
13(1973) 473-474; DANEELS F., De participiatione laicorum in Ecclesiae
muneribus iuxta «schema emendatum Legis Ecclesiae Fundamentalis», in
Per 62(1973), 96-116; GUTIÉRREZ A., Participatio laicorum in regimine
Religionibus clericalis, in CpR 51(1970), 97-114, che idealmente si ri-
collegava all’articolo dallo stesso titolo apparso due anni prima in CpR
46(1967) 377-387.
La potestà di governo nella vita consacrata
220
102 Era quanto già aveva affermato PIO XII (cfr. AAS 50[1958], 154)
e quanto viene ripreso successivamente anche da Paolo VI. Anche
BEYER, Dal Concilio al Codice, 63, sostiene che sicuramente questa pote-
stà indefinita è pubblica, in quanto partecipazione a quella di Cristo.
103 Vi fu certamente la soppressione della figura del commissario epi-
scopale, che tanta parte ebbe nel CIC 17 contro l’autonomia soprat-
tutto negli Istituti religiosi femminili. Le Moderatrici dell’Istituto dio-
cesano possono ora trattare gli affari dell’Istituto direttamente con il
Vescovo diocesano. Cfr. BEYER J., Il nuovo diritto degli Istituti di vita con-
sacrata, in VitCons 12(1976), 78.
Cap. III - La fase di codificazione del can. 596
233
cio adnectitur; delegata quae ipsi personae non mediante officio con-
ceditur. §2. Potestas regiminis odinaria potest esse sive propria sive vi-
caria. §3. Ei qui delegatum se asserit, onus probandae delegationis in-
cumbit.
120 §1. Delegatus qui sive circa res sive circa personas mandati sui
fines excedit, nihil agit. §2. Fines sui mandati excedere non intelligi-
tur delegatus qui alio modo ac in mandato determinatur ea ad quae
delegatus est peragit, nisi modus ab ipso delegante ad validitatem fue-
rit praescriptus.
121 Can. 134 – §1. Potestas exsecutiva ordinaria delegari potest tum
stata vista dalla dottrina come una conferma della teoria di Larraona,
che considerava la potestà dominativa come una forma imperfetta di
potestà giurisdizionale.
Cap. III - La fase di codificazione del can. 596
239
dolo sul rito o sul merito. Questo avrebbe pure reso più
grave il ricorso alla dimissione proprio per il bisogno di
conferma della Santa Sede. Queste alcune difficoltà solle-
vate a favore del ricorso: il piccolo numero di membri di
alcuni Istituti femminili; la mancanza di responsabilità da
parte dei Superiori femminili.132
Un’altra corrente, invece, non voleva la conferma del
decreto di dimissione da parte della Santa Sede; questo
avrebbe favorito il ricorso gerarchico ad ogni livello per i
membri di voti perpetui che fossero stati dimessi, renden-
do la procedura uniforme per tutti gli Istituti, clericali e
laicali. Questa sarebbe stata una concessione di facoltà
operata dal diritto stesso concesso dal Romano Pontefice.
Infatti, alle difficoltà sollevate dalla prima corrente si ri-
batteva che all’esiguo numero di membri di alcuni Istituti
sia maschili che femminili aveva già provveduto il
Concilio raccomandando la fusione o l’unione con altri
Istituti. Inoltre, la cosiddetta mancanza di responsabilità
delle Superiore avrebbe piuttosto dovuto dare un nuovo
impegno alla SCRIS di rimozione degli abusi grazie alla re-
lazione quinquennale che gli Istituti avrebbero mandato
alla Santa Sede.133
I suggerimenti furono inseriti nello Schema del 1982
che richiedeva la conferma della Santa Sede per il decre-
to di dimissione emesso dal Moderatore supremo di un
Istituto di diritto pontificio, clericale e laicale, perché po-
tesse entrare in vigore.134 Tale conferma non avrebbe reso
Cap. IV
L’ufficio di Ordinario
Nel tit. VIII del primo libro del Codice di Diritto Ca-
nonico, sotto il nome De potestate regiminis, si tratta della
potestà di governo e di coloro che sono chiamati ad eser-
citarla nel servizio della Chiesa universale, particolare, o
di determinate porzioni e categorie del popolo di Dio. Tra
questi, risulta avere un ruolo preminente l’Ordinario. Que-
sta è una parola tecnica che viene usata nel Codice per
una sorta di economia giuridica che permette di non ripe-
tere tutta una serie di uffici che rientrano sotto questo
concetto ogniqualvolta venga loro attribuita una qualche
competenza.1
Il capitolo presente si propone di rilevarne caratteristi-
che e competenze, in relazione con quanto viene attribui-
to ai Superiori maggiori di Istituti religiosi clericali e lai-
cali e con le loro competenze specifiche, notandone tutto
l’ammontare di doveri e diritti, le somiglianze e le differen-
ze nel governo del popolo o dei sudditi loro affidati. Dopo
un primo paragrafo sulla potestà ordinaria e sull’Ordinario
in quanto tale, sulla potestà delegata e sui limiti di pote-
stà di colui che ne è investito, il secondo paragrafo elenca
i numerosi doveri e diritti propri di ogni Ordinario, affian-
candosi poi un terzo paragrafo con i doveri e diritti di ogni
Superiore maggiore.
Infine, il capitolo si chiude con alcune considerazioni
sul Superiore maggiore degli Istituti religiosi e su alcuni at-
2 Cfr. can. 131 §1: “Potestas regiminis ordinaria ea est, quae ipso
iure alicui officio adnectitur; delegata, quae ipsi personae non median-
te officio conceditur”.
3 Cfr. MAROTO F., Instituciones de Derecho Canonico en conformidad
6 Cfr. GARCÌA MARTÌN J., Le norme generali del Codex Iuris Canonici,
Roma 20024, 520.
7 Cfr. can. 145 §2: “Obligationes et iura singulis officiis ecclesiasti-
cis propria definiuntur sive ipso iure quo officium constituitur, sive de-
creto auctoritatis competentis quo constituitur simul et confertur”.
8 Cfr. can. 131 §2: “Potestas regiminis ordinaria potest esse sive
9 Cfr., ad es., WERNZ F., Ius Decretalium. II. Ius constitutionis Eccle-
plona 1987, 247, afferma che i Moderatori supremi degli Istituti cleri-
cali di diritto pontificio sono considerati Ordinari “exclusivamente
para sus sùbditos por un fenomeno juridico mixto de potestad domi-
nativa unida a una linea de potestad de jurisdicciòn en virtud del
Sacramento del Orden y la incardinaciòn”. Se i Superiori maggiori de-
gli Istituti clericali di diritto pontificio sono riconosciuti come
Ordinari, ciò non è certo per la potestà dominativa che era loro attri-
buita nel CIC 17, di cui godevano assieme a molti altri nella norma-
tiva precedente, ma per la potestà esecutiva di governo, così come spe-
cificato nel can. 134 §1 stesso.
Cap. IV - L’ufficio di Ordinario
253
secutivam et iudicialem”.
20 Can. 135 §2: “Potestas legislativa exercenda est modo iure prae-
27.
33 “Ecclesiae particulares, in quibus una et unica Ecclesia catholi-
34 Cfr. can. 620: “Superiores maiores sunt, qui totum regunt insti-
tutum, vel eius provinciam, vel partem eidem aequiparatam, vel do-
mum sui iuris, itemque eorum vicarii. His accedunt Abbas Primas et
Superior congregationis monasticae, qui tamen non habent omnem
potestatem, quam ius universale Superioribus maioribus tribuit”.
35 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, cost. ap. Spirituali militum curae, 21 apri-
38 Cfr. can. 333 §1: “Pontifex, vi sui muneris, non modo in univer-
del luogo. Cfr. can. 134 §2: “Nomine Ordinarii loci intelleguntur om-
nes qui in §1 recensentur, exceptis Superioribus institutorum religio-
sorum et societatum vitae apostolicae”. Esso viene definito per via ne-
gativa, dicendo che vi corrispondono tutti gli Ordinari del 134 §1,
tranne i Superiori degli Istituti religiosi e delle Società di vita aposto-
lica, cioè tranne coloro che non hanno carattere territoriale ma per-
sonale (e solo per i propri membri), anche il Prelato di Prelatura per-
sonale e l’Ordinario di Vicariato castrense. Tuttavia, gli Ordinari del
luogo hanno potestà sul territorio, sulle persone, sulle cose che sono
in quel luogo e con essi si comprendono anche i loro vicari.
Cap. IV - L’ufficio di Ordinario
263
to intimandum est”.
47 Can. 194 §2: “Amotio […] urgeri tantum potest, si de eadem
Di diverso avviso BEYER J., Il diritto della vita consacrata, Milano 1989,
231, secondo cui il diritto proprio “non può tuttavia conferire a que-
sto superiore intermedio le competenze che il diritto della Chiesa ri-
conosce ai superiori provinciali come superiori maggiori […] questi su-
La potestà di governo nella vita consacrata
264
periori intermedi non sono superiori maggiori; non si può neppure nel
diritto proprio, conferire loro poteri che il Codice affida ai superiori
provinciali come superiori maggiori e soprattutto come ‘ordinari’
(c. 134)”.
49 Il can. 134 §1, dicendo che tali Ordinari devono avere “ordina-
ria saltem potestas exsecutiva”, ammette che possano averne altre, co-
me effettivamente avviene, esercitando anche potestà legislativa e
giudiziale. Tali potestà esercitano soltanto per i loro sudditi, senza re-
lazione al territorio, con meno doveri e diritti degli Ordinari del luo-
go, ma secondo il diritto universale ed anche proprio.
50 URRUTIA, De normis generalibus, vol. II, 49.
Cap. IV - L’ufficio di Ordinario
265
60 Ad actus collegiales quod attinet, nisi iure vel statutis aliud ca-
veatur:
1° si agatur de electionibus, id vim habet iuris, quod, praesente
quidem maiore parte eorum qui convocari debent, placuerit parti ab-
solute maiori eorum qui sunt praesentes; post duo inefficacia scrutinia,
suffragatio fiat super duobus candidatis qui maiorem suffragiorum par-
tem obtinuerint, vel, si sunt plures, super duobus aetate senioribus;
post tertium scrutinium, si paritas maneat, ille electus habeatur qui se-
nior sit aetate;
2° si agatur de aliis negotiis, id vim habet iuris, quod, praesente
quidem maiore parte eorum qui convocari debent, placuerit parti ab-
solute maiori eorum qui sunt praesentes; quod si post duo scrutinia suf-
fragia aequalia fuerint, praeses suo voto paritatem dirimere potest;
3° quod autem omnes uti singulos tangit, ab omnibus approbari de-
bet.
61 Pluribus successive delegatis, ille negotium expediat, cuius man-
non gli sia stata revocata. Svolto l’affare dal primo, la de-
lega dei successivi cessa.62
Quanto alla cessazione, le cause sono diverse.63 Con ri-
guardo alla potestà e quindi alla delega, il can. 142 §1 ci-
ta sia il compimento del mandato sia la scadenza del tem-
po per il quale fu concessa la delega (tuttavia, il §2 pone
come eccezione l’atto posto per inavvertenza dopo la sca-
denza del tempo di concessione nel solo foro interno an-
che non sacramentale); sia l’esaurimento del numero dei
casi sia la cessazione della causa finale della delega (che
deve perciò essere manifestata nella delega stessa).64
Con riguardo invece alla potestà del delegante, il §1 ci-
ta la revoca da parte del delegante (che deve essere inti-
mata direttamente al delegato e che necessita di una cau-
sa per la liceità). Se il delegante ha condizionato la con-
cessione alla sua potestà, la perdita di questa da parte del
soggetto delegante può essere una ulteriore causa di cessa-
zione (andando contro il principio generale che non pre-
vede perdita della potestà delegata nel caso in cui venga
meno il diritto del delegante).65
elapso tempore vel exhausto numero casuum pro quibus concessa fuit;
cessante causa finali delegationis; revocatione delegantis delegato di-
recte intimata necnon renuntiatione delegati deleganti significata et
eo acceptata; non autem resoluto iure delegantis, nisi id ex appositis
clausulis appareat.
§2. Actus tamen ex potestate delegat, quae exercetur pro solo fo-
ro interno, per inadvertentiam positus, elapso concessionis tempore,
validus est.
64 Cfr. URRUTIA, De normis generalibus, vol. II, 63-64.
65 Cfr. GARCÌA MARTÌN, Le norme generali, 552.
Cap. IV - L’ufficio di Ordinario
271
sitivo et probabili sive iuris sive facti, supplet Ecclesia, pro foro tam
externo quam interno, potestatem regiminis exsecutivam.
§2. Eadem norma applicatur facultatibus de quibus in cann. 882,
883, 966, et 1111, §1.
70 L’errore comune consiste nella valutazione inesatta, da parte di
chi deve soggiacere ad una potestà, del fatto che un soggetto determi-
nato ne sia investito. È di diritto quando riguarda l’interpretazione
delle norme giuridiche che regolano l’esercizio della potestà; di fatto
quando riguarda l’errata valutazione di un insieme di circostanze di
fatto che portano a considerare che un soggetto abbia potestà confor-
me al diritto stesso. Questo fatto non deve essere necessariamente
pubblico, ma certo, stabile e la supplenza deve nascere dall’interesse e
dal beneficio generale della comunità.
71 Il dubbio positivo e probabile di diritto e di fatto riguarda il sog-
getto che esercita la potestà ed è tale quando colui che esercita tale
potestà ha motivi solidi di giudizio per ritenere di esserne investito.
Non è tale pertanto il caso in cui chi agisce lo faccia per negligenza.
Cap. IV - L’ufficio di Ordinario
273
Funzione legislativa
– privare chi gravemente abusa del privilegio concessogli
dallo stesso Ordinario (o da altro; se esso fu concesso dal-
la Sede Apostolica è tenuto ad informarla dell’avvenuta
privazione), ma solo dopo che sia stato ammonito inva-
no (can. 84).
Nello stesso modo l’Ordinario procede in caso di abuso
di una deroga fatta ab homine della norma privilegiata
singolare.
Funzione esecutiva
– rispettare i limiti della propria competenza riguardo agli
atti amministrativi singolari (can. 35);77
– ricercare le notizie e le prove necessarie e, per quanto
possibile, ascoltare coloro i cui diritti possono essere lesi
prima di emettere un decreto singolare (can. 50);
– dare sempre per iscritto il decreto, esponendo almeno
sommariamente le motivazioni quando si tratti di una
decisione (can. 51);
– intimare con un documento legittimo a norma del dirit-
to il decreto singolare, per poterne urgere l’osservanza
(can. 54 §2);
Funzione penale
– attestare l’ammonizione o la riprensione di colui che si
trovi nell’occasione prossima di delinquere (o sul quale
dall’indagine fatta cada il sospetto grave d’aver commes-
so il delitto) con qualche documento da conservarsi nel-
l’archivio segreto della curia (can. 1339 §3);
– constatato che non si può riparare lo scandalo, ristabili-
re la giustizia, emendare il reo né con l’ammonizione fra-
La potestà di governo nella vita consacrata
280
Funzione giudiziale
– indagare con prudenza sui fatti, le circostanze, l’imputa-
bilità, personalmente o tramite persona idonea, quando
si abbia notizia almeno probabile di un delitto, sempre
che tale indagine non sembri del tutto superflua (can.
1717 §1) ed evitando di ledere la buona fama di alcuno
(can. 1717 §2);86
– avviare la procedura giudiziale o amministrativa per in-
fliggere o dichiarare le pene, solo quando si constati
l’inutilità dell’ammonizione fraterna, della riprensione e
degli altri mezzi fraterni (can. 1341);87
– conservare gli atti dell’indagine e i decreti dell’Ordina-
rio, se non sono necessari al processo penale, nell’archi-
vio segreto della curia (can. 1719);
– se l’Ordinario ha deciso di procedere per via extragiudi-
ziale: a) rendere note all’imputato l’accusa e le prove,
dandogli possibilità di difendersi; b) valutare tutte le
prove e gli argomenti con l’aiuto di due assessori; c)
quando consti con certezza del delitto e l’azione crimina-
le non sia estinta, emanare un decreto a norma dei cann.
1342-1350, esponendo le ragioni in diritto e in fatto
(can. 1720);
– se l’Ordinario ha avviato un processo penale giudiziario,
trasmettere gli atti dell’indagine al promotore di giusti-
zia (can. 1721 §1);
ex can. 973.
La potestà di governo nella vita consacrata
284
degli IVCR e delle SVA clericali di diritto pontificio ed ora estesa agli
Abati che presiedono congregazioni monastiche.
91 Nel caso in cui a dispensare sia un Superiore locale di un IVCR
Funzione legislativa
– giudicare se le consuetudini universali o particolari, vi-
genti al presente e che non vanno contro le disposizioni
del CIC 83 o che sono centenarie o immemorabili, non
possano essere rimosse a causa di circostanze di luoghi e
di persone e perciò vadano tollerate (can. 5 §1);92
– promulgare le Costituzioni e gli Statuti che contengono le
norme fondamentali dell’Istituto (cann. 94 §3; 587 §1).
Funzione esecutiva
– dispensare dalle leggi irritanti ed inabilitanti nel dubbio
di fatto purché, se si tratta di dispensa riservata, venga
solitamente concessa dall’autorità cui è riservata (can.
14);
– dare decreti generali esecutivi, entro i limiti della loro
competenza, per determinare più precisamente i modi da
osservarsi nell’applicare una legge o per urgere l’osser-
vanza delle leggi (can. 31);93
– dare istruzioni per rendere chiare le disposizioni delle
leggi e determinare i procedimenti nell’eseguirle (can. 34
§1);94
ri, la qual cosa è pur vera, ma non completa. È infatti prerogativa an-
che degli Istituti religiosi (non secolari) laicali di diritto pontificio di
produrre atti amministrativi singolari, tanto come decreti, tanto come
precetti o rescritti. Tale argomento verrà trattato in seguito.
95 URRUTIA, De normis generalibus, vol. I, 95, afferma che, secondo
Funzione penale
– ammonire direttamente o tramite altri colui che si trovi
nell’occasione prossima di delinquere o sul quale cada il
sospetto grave di aver commesso il delitto (ammonizio-
ne che deve constare da documento scritto conservato
nell’archivio segreto; can. 1339 §§1-2);
– provvedere ad avviare la procedura giudiziale o ammini-
strativa per infliggere o dichiarare le pene, una volta
constatato che né l’ammonizione né altri solleciti richia-
mi abbiano ottenuto gli effetti previsti (can. 1341);
Cap. IV - L’ufficio di Ordinario
289
Funzione giudiziale
– stare in giudizio personalmente o tramite altri a nome
delle persone giuridiche soggette alla potestà propria nel
caso i legittimi rappresentanti non si siano presentati o
siano trovati negligenti (can. 1480 §2);
– accusare la validità della sacra ordinazione di un proprio
chierico (can. 1708);
– avere gli stessi poteri ed obblighi che ha l’uditore nel
processo nel caso di un delitto probabile previsto al can.
1717 §1 (can. 1717 §§1; 3);
– decidere se gli elementi raccolti bastino per procedere in
conformità a quanto prescritto nei cann. 1718-1731 per
avviare un processo penale (can. 1718 §§1-4);
– udito il promotore di giustizia e citato l’accusato stesso,
allontanare l’imputato dal ministero sacro o da un uffi-
cio o compito ecclesiastico, imporgli o proibirgli la di-
mora in qualche luogo o territorio, vietargli di partecipa-
re pubblicamente alla santissima Eucaristia al fine di pre-
venire gli scandali, tutelare la libertà dei testimoni e ga-
rantire il corso della giustizia (can. 1722);
– dare il mandato o il consenso perché il promotore di giu-
stizia possa rinunciare alla causa, in qualunque grado di
giudizio (can. 1724 §1);
– ordinare che venga sospesa l’esecuzione del decreto nel
caso in cui il ricorso non lo sospenda per il diritto stes-
so, purché ciò avvenga per causa grave ed evitando che
la salus animarum ne tragga danno (can. 1737 §3);
– ordinare che il ricorrente si presenti personalmente
per essere interrogato, per evitare inutili ritardi nel ca-
La potestà di governo nella vita consacrata
290
tere al noviziato qualcuno per gli stessi motivi, violenza, timore grave
o inganno, porrebbe un atto ugualmente invalido.
La potestà di governo nella vita consacrata
292
105 Documenti è parola generica che vuole indicare non solo de-
108 I Superiori incaricati della visita delle case e dei membri del-
112 Ciò infatti porterebbe non pochi rischi all’Istituto verso i cre-
113 Si tratta dei delitti contro la vita (omicidio, aborto effectu secu-
to, mutilazione, ferimento grave, …), contro la libertà della persona
(rapimento, detenzione, …), contro il voto di castità (concubinato,
permanenza scandalosa in altro peccato esterno contro il sesto precet-
to del Decalogo o commessi con violenza, minacce, pubblicamente,
con minore di anni 16, …).
114 Cfr. can. 1341 riguardante la comminazione delle pene da par-
118 Facoltà già concessa con il rescr. Cum admotae (I, 11) ed ora
119 Il can. 35 dice che tali atti possono essere emanati “ab eo qui
potestate exsecutiva gaudet”. Tali atti possono essere emanati dai
Superiori maggiori di Istituti religiosi laicali di diritto pontificio che
non godono di potestà esecutiva in maniera esplicita secondo il can.
596 §1.
120 Se il legislatore lo ha concesso, possono anche concedere privi-
di fedeli nella diocesi; a tal fine, occorre il consenso scritto del Vesco-
vo diocesano (consenso già implicito nel consenso dato per l’erezione
di una casa di un IR); cfr. can. 312 §2. Vd. anche par. 4.4.1.
La potestà di governo nella vita consacrata
304
supremo.
134 Si tratta di un rescritto, atto amministrativo singolare, retto dal-
tum sive est rescriptum, elici potest, intra fines suae competentiae, ab
eo qui potestate exsecutiva gaudet, firmo praescripto can. 76, §1.
La potestà di governo nella vita consacrata
312
piani diversi, due nature diverse, secondo cui “l’una scaturisce dalla di-
pendenza giuridica che, in considerazione degli obblighi nascenti dal
Cap. IV - L’ufficio di Ordinario
315
blica, ita dividatur ut aut illius pars alii personae iuridicae uniatur aut
ex parte dismembrata distincta persona iuridica publica erigatur, auc-
toritas ecclesiastica, cui divisio competat, curare debet per se vel per
exsecutorem, […]”.
158 Can. 116 §2: “Personae iuridicae publicae hac personalitate do-
publicas segun el canon 116 §1, in CpR 82(2001), 89-105; IDEM, Actos
administrativos singulares, 130.
La potestà di governo nella vita consacrata
324
184 Can. 686 §1: “Supremus Moderator, de consensu sui consilii, so-
Cap. V
Dottrina sulla potestà
dei Superiori maggiori
va che l’inabilità dei laici all’esercizio della potestà sacra non era mai
stata affermata dal Concilio.
La potestà di governo nella vita consacrata
330
laicali, il CIC2 [cioè il CIC 83] concede una potestà che qualitativa-
mente è di regime ecclesiastico per governare la vita cristiana […]; una
potestà, però, limitata (quantitativamente) alla sola funzione esecutiva,
limitatamente ancora a quanto definito nel diritto universale per loro
e nelle costituzioni e, in quanto al modo dell’esercizio, secondo i c.
131, 133, 137-44, oltre che nel diritto proprio”. Cfr. anche GUTIÉRREZ
A., El nuevo Codigo de Derecho Canonico y el derecho interno de los
Institutos de vida consagrada, in Informationes SCRIS 9(1983), 104-106.
6 ANDRÉS D.J., Il diritto dei religiosi. Commento esegetico al codice,
potestà viene perciò trasmessa nella misura in cui gli Istituti ne abbia-
no bisogno e, se sono laicali, non può venir loro trasmessa la potestà
di regime unita inseparabilmente all’ordine sacro.
Cap. V - Dottrina sulla potestà dei Superiori maggiori
333
in Per 58(1969), 10. Ritroveremo questo autore tra coloro che non
ammettono potestà sacra in tutti gli IVC o SVA. Questa unità, co-
munque, è stata osservata anche da GIOVANNI PAOLO II, epistula Novo
incipiente ad universos Ecclesiae sacerdotes, adveniente Feria V in
Cena Domini, 8 aprile 1979, in AAS 71(1979), n. 3: “si loci concilia-
res accurate inspiciantur, patet loquendum potius esse de triplici ratio-
ne ministerii ac muneris Christi quam de tribus diversis officiis”.
25 Cfr. BEYER J., Il diritto nella vita consacrata, Milano 1989, 127.
dei laici alla potestas sacra nel Codice, quando è detto che
essa proviene da Dio ed è concessa ai Superiori religiosi
«per ministerium Ecclesiae».28
Stickler, analizzando in prospettiva storica e conciliare
la potestà di governo, sottolinea che essa per essere ordi-
naria deve essere annessa all’ufficio.29 Perciò essa può esse-
re distinta nella misura in cui Cristo ha voluto una gerar-
chia di governo e una di santificazione; correlata in quan-
to proviene dall’unione di poteri dalla stessa persona; dif-
ferenziata, perché «è possibile mantenere la loro natura di-
stinta, la loro origine distinta, le loro proprietà distinte, e
anche le loro finalità distinte».30
Urrutia tratta invece della potestà di governo delegata
ai laici.31 Egli nota, parlando di uffici diocesani, che «non
c’è motivo per negare che questi casi comportano qualche
potestà esecutiva di governo o giurisdizione, una potestà
inoltre che può essere esercitata da persone laiche».32 Tut-
28 Cfr. BEYER, Teologia e diritto della potestà sacra nella Chiesa, 77. In
altro luogo, BEYER J., La Chiesa si interroga sulla vita consacrata. Verso il
IX Sinodo ordinario dei Vescovi, in Quaderni di diritto ecclesiale 6(1993),
377, afferma che la vita consacrata appartiene alla struttura gerarchica
della Chiesa e perciò esercita il potere che gli viene trasmesso dal
Sommo Pontefice. Cfr. Anche BEYER J., Dal Concilio al Codice. Il nuo-
vo codice e le istanze del Concilio Vaticano II, Bologna 1984, 63-65, do-
ve distingue tra potestà sacramentale e potestà di missione.
29 Cfr. STICKLER A.M., Le pouvoir de gouvernement, pouvoir ordinai-
ne]. Da notare che arriva a queste conclusioni non senza affermare che
ai laici, anche se religiosi, non può essere delegata ogni tipo di pote-
Cap. V - Dottrina sulla potestà dei Superiori maggiori
337
stà: così, ad es., non potrà essere nominata una religiosa nell’ufficio di
vicario episcopale per la vita consacrata; cfr. p. 350.
33 MCDONOUGH E., Religious in the 1983 Code. New Approaches to
mulgazione del nuovo Codice, non si interessano del problema della po-
testà riconosciuta ai Superiori degli IVC. Cfr. MORLOT F., Gli Istituti seco-
lari: breve commento del nuovo Codice, in OBERTI A. (a cura di), Gli Istituti
secolari nel nuovo Codice di Diritto Canonico, Milano 1984, 25, 9-59.
36 MCDONOUGH E., The potestas of can. 596, in Antonianum 63(1988),
1988, 141.
38 Cfr. IANNONE, Il Capitolo generale, 143. Ivi sostiene che il proce-
57 Cfr. HUELS J., The power of governance and its exercise by lay per-
sons: a juridical approach, in StuCan 35(2001), 59-96.
58 HUELS, The power of governance and its exercise by lay persons, 75
[nostra traduzione].
59 Cfr. HUELS, The power of governance and its exercise by lay persons,
ne].
La potestà di governo nella vita consacrata
346
76 Ma secondo l’autore ciò non significa che i laici, in virtù del bat-
tesimo, non partecipino ai tria munera sanctificandi, regendi, docendi,
non solo nel mondo ma anche nella Chiesa. Cfr. MÖRSDORF K., Das
konziliare Verständnis vom Wesen der Kirche, 489-491. Vd. anche
MÖRSDORF K., De conceptu officii ecclesiastici, in Apollinaris 33(1960),
75-87; IDEM, Die hierarchische Struktur der Kirchenverfassung, in Semina-
rium 18(1966), 403-416; IDEM, Ecclesiastical Authority, in Sacramentum
Mundi, vol. 2, Brescia 1969, 133-139; IDEM, De sacra potestate, in
Apollinaris 40(1967), 41-57; IDEM, Das eine Volk Gottes und der Teilhabe
der Laien an der Sendung des Kirches, in Ecclesia et Ius: Festgabe für
Audomar Scheuermann zum 60. Geburtstag, Munich 1968, 99-119.
77 Cfr. BONNET P.A., Una questione ancora aperta: l’origine del pote-
112.
84 DE PAOLIS, La vita consacrata nella chiesa, 112.
85 Obligationes et iura singulis officiis ecclesiasticis propria defi-
niuntur sive ipso iure quo officium constituitur, sive decreto auctorita-
tis competentis quo constituitur simul et confertur.
86 DE PAOLIS, La vita consacrata nella chiesa, 112. Vd. anche DE
PAOLIS V., La potestà di governo nella Chiesa. Gli uffici ecclesiastici (libro
I, cann. 129-196), in I religiosi e il nuovo Codice di Diritto Canonico.
Atti della XXIII assemblea della Conferenza Italiana dei Superiori
Cap. V - Dottrina sulla potestà dei Superiori maggiori
351
b) potestà comune
Gambari nega che la potestà di regime sia attribuita
«agli Istituti secolari clericali, anche se di diritto pontifi-
cio; agli Istituti religiosi clericali di diritto diocesano e, na-
turalmente, agli Istituti laicali di qualsiasi genere».87 Egli
chiama ‘comune’ la potestà di tutti i Superiori e capitoli
degli Istituti di vita consacrata. Tuttavia, subito dopo di-
chiara che i Superiori e i capitoli, al can. 596 §1, «hanno
sui membri la potestà di regime definita dal diritto univer-
sale e nelle costituzioni».88 Infine attribuisce a tutti i
Superiori non dotati della potestà di regime, una potestà
in stretta analogia con il potere di regime, pubblica ed
esercitata perché a capo di un ufficio ecclesiale; con tutte
le funzioni analoghe a quella di regime: legislativa, giudi-
ziaria, esecutiva. Questo ci sembra l’autore voglia con
maggior insistenza sottolineare.89
Anche secondo Kasirye essa è potestà comune da non
confondersi con la potestà di governo nelle sue diverse pe-
duzione]. Ciò farebbe anche capire perché nei vari schemi di prepara-
zione del Codice, il secondo paragrafo dell’attuale can. 596 veniva
presentato senza la formula iuris pontifici, dando potestà ecclesiastica
di regime a tutti gli Istituti religiosi clericali. Vd. già al riguardo
GALLEN J.F., Canon law for religious after Vatican II, in RevRel
32(1973), 1286-1287.
92 DAMMERTZ V., La nuova figura del Superiore, in AA.VV., Il nuovo
LIO F., Necessità e funzione della sacra potestà nella Chiesa, in MonEccl
118(1993), 299-316.
96 Cfr. ESPOSITO B., Alcune riflessioni sul Superiore maggiore in quan-
nario, 712. Secondo l’autore, che riprende GAMBARI, I religiosi nel co-
dice, 51, questa potestà ha una doppia componente: l’erezione del-
l’Istituto ed approvazione delle costituzioni da parte della Chiesa e
l’Istituto stesso, cui la Chiesa attribuisce effetti giuridici nel proprio
ordinamento.
98 MONTAN A., Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apo-
stolica, 167.
101 Cfr. MONTAN A., Il diritto nella vita e nella missione della Chiesa.
Apostolica, in AA.VV., Il diritto nel mistero della Chiesa, vol. II, Roma
Cap. V - Dottrina sulla potestà dei Superiori maggiori
355
Law, 426.
109 RINCÒN-PÉREZ T., Titulo I Normas comunes a todos los Institutos
d) potestà indefinita
Non dà alcuna denominazione a questa potestà Gallen,
il quale ricorda che «superiori provinciali e locali devono
possedere l’autorità necessaria almeno per il governo nor-
male della provincia e delle case […]».119 Lo stesso autore
nota che questi Superiori esercitano una ‘potestà giudizia-
le imperfetta’ sui membri dell’Istituto e una ‘potestà coer-
citiva’ di imporre pene conformi al diritto particolare.120
121 Cfr. VALTORTA U., Le norme comuni agli Istituti di vita consacrata,
in AA.VV., Gli Istituti religiosi nel nuovo Codice di Diritto Canonico,
Milano 1984, 101. L’affermazione è rilevante, quanto meno perché non
considera gli Istituti religiosi laicali maschili a priori, creando una dif-
ferenza di trattamento indebita che va contro il disposto del can. 606.
122 Cfr. CONGREGATIO PRO RELIGIOSIS ET INSTITUTIS SAECULA-
vita consacrata. Superiori, Consigli e Capitoli (L. II, P. III, Cann. 573-
633), in AA.VV., I religiosi e il nuovo Codice di Diritto Canonico. Atti
della XXIII Assemblea CISM. Collevalenza (PG) 8-11 Novembre 1983,
Roma 1984, 115; 122. Un altro autore, CORIDEN J.A., An introduction
to Canon Law, New York 1991, 156, 96, afferma che il Codice resta
volutamente ambiguo riguardo alla cooperazione dei laici al governo
nella Chiesa, per lasciar spazio ad applicazioni diverse.
La potestà di governo nella vita consacrata
360
Life, 50.
127 Cfr. MODDE M.M., Religious Houses and Governance : Canons
[nostra traduzione].
133 Cfr. MARCUZZI P.G., Natura della Potestà degli Istituti di Vita
f) potestà propria
Ara osserva il tema della potestà nella Chiesa e negli
IVC innanzitutto dal punto di vista del servizio: se la na-
tura e caratteristiche della potestà negli IVC è conforme a
134 Cfr. MARCUZZI P.G., Natura della Potestà degli Istituti di Vita
137 Cfr. ARA S., La potestad de gobierno en los Institutos de vita con-
g) potestà spirituale
Nel commentare il can. 596 §1, Khoury traduce lo stes-
so con «i Superiori ed i capitoli degli istituti godono verso
i soci di quella autorità, la quale è definita nel diritto uni-
versale e nelle costituzioni».142 Con questa traduzione erra-
ta, l’autore prosegue negando che tale potere provenga da
una delega fatta dalla gerarchia o «dalla volontà dei mem-
bri che si danno un superiore per farsi governare».143 Perciò
egli la qualifica come ‘potestà spirituale’, in quanto gli IVC
ed SVA traggono origine dallo Spirito Santo. Tuttavia,
l’autore nota che «negli istituti religiosi questo potere è, in
più, ecclesiale e quindi aggregato al potere dei Vescovi, ha
carattere giurisdizionale, in virtù del quale i superiori eser-
citano un potere in foro interno ed esterno».144
h) potestà religiosa
Dal canto suo, Castaño indica che la potestà di gover-
no negli Istituti religiosi è «una potestà ‘religiosa’ che
compete ai superiori e capitoli di tutti gli istituti religiosi,
anche agli istituti laicali».145 Quanto alle sue caratteristi-
158 Come già notato (cap. IV), si tratta di potestà di governo non
terno dei capitoli? È solo una attribuzione spirituale? O forse anche qui
si attribuiscono potestà diverse a soggetti pure diversi: ai Superiori sia
il foro esterno che quello interno, ai capitoli solo il foro esterno?
Difficile capire il dettato del canone, che si rivela ancora una volta
molto approssimativo.
160 Ad essi è pure consentito dispensare dai voti privati per una giu-
salvati e arrivino alla conoscenza della verità. Uno solo infatti è Dio
e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù”.
Cap. V - Dottrina sulla potestà dei Superiori maggiori
377
169 Can. 275 §1: “Clerici, quippe qui omnes ad unum conspirent
opus, ad aedificationem nempe Corporis Christi, vinculo fraternitatis
et orationis inter se uniti sint, et cooperationem inter se prosequantur,
iuxta iuris particularis praescripta”. Purtroppo la traduzione italiana
del testo usa il verbo collaborare, che svia dalla ricerca circa la coope-
razione, ma che forse fa meglio trasparire l’uguaglianza intercorrente
tra i chierici stessi. Si parla di cooperazione anche in diversi altri ca-
noni, tra cui ricordiamo il can. 759 sulla cooperazione del fedele lai-
co (battezzato e cresimato) con il Vescovo e presbiteri nell’esercizio
del ministero della Parola; il can. 296 circa la cooperazione dei laici
nelle opere apostoliche di una prelatura personale; il can. 434 circa la
cooperazione che vi deve essere tra i Vescovi di una stessa regione.
170 Cfr. ARRIETA, Titulus VIII. De potestate regiminis, 143.
Cap. V - Dottrina sulla potestà dei Superiori maggiori
379
1994, 154.
172 Cfr. WOJTYLA K., Sources of Renewal: The Implementation of
5.5. Conclusioni
Conclusione
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La potestà di governo nella vita consacrata
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La potestà di governo nella vita consacrata
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Sec./secc. secolo/i.
Secr. St. Segreteria di Stato.
StuCan Studia Canonica.
SVA Società di vita apostolica.
USG Unione Superiori Generali.
Vd. vedi.
VitCons Vita consacrata (già Vita religiosa).
VitRel Vita religiosa (poi Vita consacrata).
Vol./voll. volume/i.
§/§§ paragrafo/i.
433
Ward; 360
439
Sommario
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
CAP. I
POTESTÀ DOMINATIVA DALLE ORIGINI
AL CIC 17: SVILUPPO ED ESSENZA . . . . . . . . . . 15
CAP. II
DAL CIC 17 AL CONCILIO ECUMENICO
VATICANO II . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
2.1. La tematizzazione del CIC 17: can. 501 §1 . . . . . 101
2.1.1. Le fonti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
2.1.2. La prospettiva del CIC 17 . . . . . . . . . . . . 108
2.2. La natura giuridica della potestà dominativa . . . . . 111
2.2.1. Il soggetto della potestà dominativa . . . . 114
2.2.2. L’oggetto della potestà dominativa . . . . . 115
2.3. Il rescritto Cum admotae . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118
2.3.1. Soggetto attivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122
2.3.2. Soggetto passivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126
2.4. Le singole facoltà in specie . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129
2.5. La costituzione dogmatica Lumen gentium,
cap. VI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167
2.6. Decretum de accomodata renovatione vitae
religiosae Perfectae Caritatis (28 ottobre 1965) . . 173
Sommario
441
CAP. III
LA FASE DI CODIFICAZIONE DEL CAN. 596 . . 199
3.1. Principi ispiratori della riforma codiciale . . . . . . . . . 199
3.1.1. Il principio di sussidiarietà . . . . . . . . . . . . 203
3.1.2. La tutela dei diritti della persona . . . . . . 209
3.2. Il coetus de iure religiosorum . . . . . . . . . . . . . . . . . 213
3.3. Alcuni documenti redatti durante la codificazione . 217
3.4. L’iter redazionale del canone . . . . . . . . . . . . . . . . . 223
3.4.1. Lo Schema del 1977 . . . . . . . . . . . . . . . . 225
3.4.2. Lo Schema del 1980 . . . . . . . . . . . . . . . . 233
3.5. Conclusioni e prospettive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 242
CAP. IV
L’UFFICIO DI ORDINARIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . 249
4.1. L’Ordinario secondo il can. 134 §1 . . . . . . . . . . . . 250
4.1.1. La potestà di governo ordinaria . . . . . . . . 252
4.1.2. I soggetti che ricadono sotto il nome
di Ordinario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258
4.1.3. La potestà di governo delegata . . . . . . . . 264
4.2. Atti di governo dell’Ordinario . . . . . . . . . . . . . . . . 273
4.2.1. Doveri specifici dell’Ordinario . . . . . . . . 274
4.2.2. Diritti specifici dell’Ordinario . . . . . . . . . 282
4.3. Atti di governo comuni a tutti i Superiori maggiori 290
4.3.1. Doveri specifici dei Superiori maggiori . . 290
4.3.2. Diritti specifici dei Superiori maggiori . . 298
Sommario
442
CAP. V
DOTTRINA SULLA POTESTÀ DEI SUPERIORI
MAGGIORI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 329
5.1. Le principali posizioni dottrinali . . . . . . . . . . . . . . . 329
5.1.1. Partecipazione della potestà di governo . 330
5.1.2. Mancanza della potestà di governo . . . . . 346
5.2. Diversità di vedute: prospettive ermeneutiche . . . . . 366
5.3. Linee personali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 370
5.4. Applicazioni e strade aperte . . . . . . . . . . . . . . . . . . 380
5.4.1. La formulazione di un nuovo canone? . . 381
5.4.2. Strade aperte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 384
5.5. Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 385
Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 389
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 401
A. Fonti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 401
1. Pontificie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 401
2. Curia romana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 402
3. Autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 403
B. Letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 405
1. Studi monografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 405
2. Articoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 413
Indice delle abbreviazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 431
Indice degli Autori citati nel testo . . . . . . . . . . . . . . 433
Sommario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 439
MONOGRAFIE