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L’ANTROPOLOGIA TEOLOGICA IN DOMANDE E RISPOSTE

Luis F. Lagaria, Antropologia teologica (abbr. AT)


, Introduzione all’AT (abbr. Intr)
Redazione Edizioni Studio Domenicano, Sintesi della teologia dogmatica (abbr. ESD)
Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC)

L’ANTROPOLOGIA TEOLOGICA

1. Che cos’è l’antropologia teologica?

L’antropologia è quella disciplina che cerca il senso dell’uomo e le sue problematiche a


partire dal rapporto che l’uomo ha con Dio, rapporto costitutivo e fondamentale.

2. Qual è la prima dimensione di questo rapporto?

È la dimensione creaturale. L’uomo esiste in quanto creatura e sulla sua creaturalità si fonda
ogni altra determinazione (per es la sua vocazione alla comunione con Dio e col mondo).

LA CREAZIONE (nn 3 - )

3. Che cos’è la creazione?

Con il termine creazione designamo a) l’atto creatore di Dio (la creazione del mondo in sei
giorni); b) l’effetto di questo atto creatore, la creatura stessa (parliamo di “tutta la
creazione”); c) la relazione tra la creatura e il creatore che la costituisce nel suo essere. Per S.
Tommaso la creazione è la relazione di dipendenza radicale dell’essere creato rispetto al
principio dal quale viene costituito (AT 63, 64).

LA TRINITÀ E LA CREAZIONE
Il Dio che crea è contemporaneamente il Dio uno e trino. La creazione suppone un Dio
personale; essa può avere luogo perché in Dio stesso c’è l’alterità, la”distanza” tra le persone
che rende possibile la distanza tra Dio e le creature. Secondo il concilio di Costantinopoli II
(553) noi confessiamo che a) tutto procede dal Padre, b) tutto è stato fatto per mezzo del
Signore Gesù Cristo, c) tutto esiste nello Spirito Santo La differenziazione delle funzioni
nella Trinità creatrice costituisce un solo principio delle creature . Dio crea per potersi fare
egli stesso creatura (AT65,66, Intr 50).

4. La creazione è opera del Padre o di tutte e tre le persone divine?

Per S.Tommaso la creazione è opera di tutte e tre le persone divine (Dio crea secondo la sua
essenza), però essa viene “appropriata” (causalità appropriata), cioè attribuita di preferenza
al Padre a motivo della somiglianza che c’è fra il fatto che il Padre è all’origine della vita
trinitaria e il fatto che Dio è all’origine del mondo (anche se si tratta di due origini di tipo
radicalmente diverso)(ESD 29; AT67).

5. Che relazione c’è nella Prima Persona della Trinità tra la sua condizione di Padre e la sua
condizione di creatore?

La prima è previa alla seconda. Dio ha creato proprio per rendere gli uomini partecipi della
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condizione filiale propria di Gesù Cristo (AT41). Ma Dio non è Pdre perché crea, ma crea
perché è Padre (Intr51).

6. Che funzione svolge il Verbo nella creazione?

Gesù Cristo è il mediatore della creazione. L’insegnamento del NT non è tanto che Dio ha
creato tutto, ma che Dio creatore è il Padre del nostro Signore Gesù Cristo che ha fatto tutto
mediante suo Figlio. La creazione è stata fatta da lui, sussiste in lui e cammina verso di lui
(Intr 41). La creazione di tutto è “in Cristo”, e non semplicemente nel Logos: tutte le cose
sono create unicamente in vista del loro compimento nel secondo Adamo Non possiamo
separare la creazione del Dio che crea dai disegni che sin dall’eternità ha per la sua creatura
(AT68;Intr 52).

7. Che cosa si intende per rilevanza cosmica di Gesù?

Gesù è colui che dà al mondo il suo senso essendo il mediatore e il fine di tutta la creazione.
Alla mediazione creatrice di Cristo in chiave protologica corrisponde, in chiave escatologica,
la sua funzione ricapitolatrice dell’universo. Sin dal primo istante tutto è stato fatto non
soltanto per mezzo di lui, ma anche per lui e verso di lui (Col 1,16). C’è una corrispondenza
tra la mediazione creatrice e quella riconciliatrice, tra la primogenitura della creazione e la
primogenitura tra i morti (Intr 41).

8. Ogni comunicazione/manifestazione di Dio implica la mediazione del Logos?

La costante mediazione del Logos dà unità a tutte le tappe della storia della salvezza. Il
Figlio, Parola del Padre, è il principio divino in virtù del quale Dio esce da se stesso. Per
questo ogni manifestazione di Dio agli uomini deve essere considerata alla luce
dell’incarnazione. Così anche per i Padri (AT43)1.

9. Che funzione svolge lo Spirito Santo nella creazione?


Il NT non dice nulla, sebbene gli conceda un ruolo rilevante nella storia della salvezza.
Subito però nella storia della Chiesa si è incominciato a contemplare lo Spirito Santo unito
al Padre e al Figlio nella creazione: è logico che lo SS, avendo un ruolo insostituibile nella
salvezza, eserciti questo ruolo anche nella creazione (AT65,66).

RAPPORTI

10. Che rapporto c’è tra creazione e incarnazione?

Creazione e incarnazione non sono due ordini in sé chiusi, bensì interdipendenti. Non c’è un
prima “naturale” della creazione e un dopo “restauratore” dell’incarnazione, ma la creazione
è già l’inizio della storia della salvezza che avrà il suo culmine in Gesù. E d’altro canto è
proprio dall’esperienza del Kyrios glorioso che la chiesa è risalita verso il concetto di Cristo
mediatore della creazione: se il mondo è stato salvato per Cristo e in Cristo, questo significa
che è stato creato per lui e in lui. (Intr41)
Gesù è colui che dà al mondo il suo senso essendo il mediatore e il fine di tutta la creazione.
Il cristiano, di conseguenza, non è una sovrapposizione esteriore dell’umano, ma ciò che
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Ma allora il Padre e lo Spirito non possono comunicare in proprio? Non si dice poi che l’incarnazione è appropriata
allo Spirito? (ESD 42).Evidentemente anche la possibilità e l’appropriatezza fanno in qualche modo leva sulla
mediazione del Cristo. Ricordiamo poi che secondo la dottrina tutte le opere ad extra di Dio sono di tutta la Trinità.
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conferisce a quest’ultimo la sua pienezza e profondità definitive. La mediazione universale


di Gesù è la ragione per la quale tutto riceve da lui il senso. Questa mediazione inizia con la
creazione, ma si manifesta nella sua pienezza nella salvezza dell’uomo da parte del Figlio
incarnato.(AT 48)

11. Quali sono i motivi dell’incarnazione secondo le due scuole rappresentate da Tommaso e
Duns Scoto?

Per Tommaso il motivo dell’incarnazione è la redenzione del genere umano, tanto che se
l’uomo non avesse peccato il Verbo non si sarebbe incarnato; egli però non afferma la
necessità dell’incarnazione, ma la sua convenienza. Duns Scoto invece afferma che la natura
umana del Cristo è anteriore a qualsiasi altra creatura e che l’incarnazione fu decisa da Dio
prima di qualsiasi merito o demerito da parte dell’uomo. La dottrina del Concilio Vat II
unisce la dottrina redentiva a quella perfettiva (con una propensione per quest’ultima): in
effetti la salvezza di Cristo è la pienezza dell’essere dell’uomo in tutte le sue dimensioni e
non solo la liberazione dal peccato (AT45, 46)2.

12. Qual è la differenza tra il concetto di salvezza e quello di redenzione?

La salvezza è un concetto più ampio di quello di redenzione. Essa è il dono che Dio ci fa di
se stesso in Gesù e nello Spirito, che ci permette la partecipazione alla sua vita trinitaria, alla
comunione con lui. Per l’uomo la salvezza consiste nel realizzare l’ideale umano che trova
in Cristo risorto il suo paradigma. (AT47)

13. Che rapporto c’è tra storia del mondo e storia della salvezza?

La storia del mondo ha in se stessa il suo senso immanente (relativa autonomia dell’uomo e
della realtà temporale). Dalla storia stessa non possiamo però scoprire il suo senso unitario.
Solo il riconoscimento in alcuni eventi storici completi di una dimensione trascendente alla
storia stessa può illuminare l’ambiguità di quest’ultima. Ciò è possibile solamente a partire
dalla confessione di Gesù come Figlio di Dio, perché soltanto così ci troviamo di fronte ad
un avvenimento storico che trascende contemporaneamente la stessa storia. La storia, in se
stessa aperta e ambigua, ha in sé il principio di superamento di questa ambiguità (AT 49-54).

14. Che rapporto c’è tra creazione e realtà temporale?


Il cammino della creazione si svolge nel disegno di Dio rispettando l’autonomia della realtà
temporale, all’interno della quale va ricercata la risposta alle domande che ineriscono il
quadro intramondano. Il concilio Vaticano II ha fatto importanti affermazioni sulla bontà e
consistenza della realtà creata (GS36): Dio stesso si è fatto creatura e ciò conferisce alla
creazione la sua dignità definitiva e, viceversa, l’affermazione del valore del creato significa
il riconoscimento del Creatore. Nemmeno il peccato distrugge la radicale bontà del mondo
creato. L’uomo deve rispettare e seguire le leggi immanenti al mondo creato (la creatura
senza il riferimento al Creatore svanisce), cooperando così all’opera creatrice di Dio, la
quale non è conclusa. La creazione cammina verso la creazione nuova, quando il disegno di
Dio sarà concluso. Tra la creazione iniziale e la nuova creazione si situa la “creazione

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Cristo è la pienezza dell’umanità: “chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto si fa lui pure più uomo” (GS 41). “In realtà
solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Adamo infatti, il primo uomo, era figura
di quello futuro. . Cristo che è il nuovo Adamo ... svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima
vocazione. ... Egli è l’immagine dell’invisibile Dio. Egli è l’uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la
somiglianza con Dio” (GS 22).
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continua”: Dio continua a creare , non soltanto perché “conserva” ciò che ha fatto, ma perché
nella sua provvidenza lo conduce verso il fine a cui sin dall’inizio lo ha destinato (AT 69-
78). Dunque la creazione, che di per sé indica essere in dipendenza, rivela al tempo stesso
una sua autonomia e un’esistenza autentica e propria. Dio in qualche modo si ritira, lascia
spazio alla sua creazione accordandole una consistenza “al di fuori di Dio”. Dio
manifestandosi nella sua creazione, contemporaneamente si nasconde. L’amore creatore si
fonda sull’amore umile che è capace di annientarsi (fino alla kenosis dell’incarnazione e
della croce). La creazione di Dio non è dunque soltanto un fare, ma anche un lasciar essere:
suscita la vita e le dona libertà e autonomia (relative)(Intr.47-48).

UNIVERSALITÀ DELLA SALVEZZA

15. La salvezza di Cristo è offerta a tutti gli uomini o solo a chi crede in lui nella Chiesa?

Dio Padre, nel suo progetto, vuole che tutti gli uomini siano salvi in Cristo per mezzo dello
Spirito Santo. È chiaro S.Paolo nella sua prima lettera a Timoteo: «A) Dio vuole che tutti gli
uomini siano salvi e arrivino alla conoscenza della verità. B) Uno solo infatti è Dio e uno
solo il mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto
per tutti». Se la creazione, nella sua origine e nella sua fine, è già inserita nel disegno
salvifico, questo deve essere necessariamente universale. Infatti con la sua incarnazione il
Figlio di Dio ha assunto tutta l’umanità. Il disegno universale di salvezza di Dio non viene
frustrato dal fatto che la maggior parte degli uomini vive al di fuori della Chiesa. Già gli
antichi cristiani parlavano della presenza universale del Logos nel mondo, da cui scaturisce
ogni bene. Inoltre furono sempre previste eccezioni al principio canonizzato nella bolla
Unam sanctam di Bonifacio VIII e nel concilio di Firenze del 1442 secondo cui extra
Ecclesia nulla salus (ignoranza invincibile, battesimo di desiderio, votum Ecclesiae). Il
concilio Vaticano II ha poi parlato in termini positivi delle religioni non cristiane,
considerando ciò che di buono è in loro come una preparazione al vangelo, con la possibilità
della salvezza3. Infine non possiamo porre limiti all’azione dello Spirito Santo, e l’azione
universale dello Spirito è di conseguenza quella di Gesù (e Gesù dove trova corrispondenza
alla sua azione, salva). Tuttavia non possiamo ignorare che, proprio perché lo Spirito Santo è
lo Spirito di Cristo, spinge l’uomo verso la sua Chiesa come ambito oggettivo nel quale
questa presenza di Cristo e dello stesso Spirito si rende visibile e si realizza in massimo
grado. Tutti gli altri modi di attuazione dello Spirito devono essere considerati in qualche
maniera come ordinati a questo. Cosicché il rifiuto deliberato della Chiesa (nella quale
abbiamo la continuità storica dell’annuncio e della vita della salvezza di Dio che ha avuto
luogo in Gesù) è segno di un rifiuto di Cristo o di una cattiva comprensione della verità
rivelata. Cristo è la salvezza, ma la Chiesa ne è segno e sacramento (dunque rimanda come
segno e contiene come sacramento, ma non esaurisce la realtà divina e le sue
operazioni)(AT55-62).

LA LIBERTÀ DI DIO E IL FINE DELLA CREAZIONE

16. C’è un motivo per cui Dio crea?


Non vi sono motivi estrinseci alla creazione. Dio crea il mondo e l’uomo senza altro
presupposto che il suo amore disinteressato. Se Dio creasse per un motivo estrinseco (per
necessità o per perfezionarsi) sarebbe da questo dipendente e condizionato, dunque non
sarebbe Dio e non sarebbe trascendente al mondo se fosse condizionato da una creatura. Il

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LG 1,9,16; GS 10,22,45; AG 1-9,11,15; NA 2; JPII, Redemptoris missio 9,10,28
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concilio Vaticano I (1870) afferma che Dio creò il mondo “per un disegno liberissimo”.
L’indipendenza di Dio da ogni realtà creata è l’affermazione della sua onnipotenza. La
libertà del Creatore si comunica alla creazione ed è il fondamento della libertà e creatività
umana (AT78-84).

17. Qual è il fine della creazione?


Dio crea per manifestare la sua bontà e il suo amore. La comunicazione della bontà e dei
benefici divini equivale nel linguaggio della Chiesa alla “gloria di Dio”. Dio ha creato per
potersi manifestare in Cristo e con questo ottenere la pienezza della creatura e della
creazione. Il mondo è stato creato per la gloria di Dio (concilio Vaticano I)(AT85, Intr.46). Il
fine ultimo della creazione è che Dio “che di tutti è il Creatore, possa anche essere tutto in
tutti (1Cor 15,28) procurando ad un tempo la sua gloria e la nostra felicità” (Ad Gentes 2 cit
in CCC294).

18. Che cos’è la gloria di Dio?


Non esiste nel magistero della Chiesa una definizione precisa; soltanto si deduce la relazione
tra manifestazione di Dio, pienamente in Cristo e quindi nell’uomo, e la felicità degli
uomini. Il CCC solenizza questa interpretazione con la citazione distesa di S.Ireneo, per il
quale “la gloria di Dio è l’uomo vivente e la vita dell’uomo è la visione di Dio: se già la
Rivelazione di Dio attraverso la creazione procurò la vita a tutti gli esseri che vivono sulla
terra, quanto più la manifestazione del Padre per mezzo del Verbo dà la vita a coloro che
vedono Dio”(CCC294). In concreto per il Ladaria la gloria di Dio è “quello che fa aumentare
nell’uomo l’immagine di Cristo e la partecipazione alla sua vita, in modo peculiare il
martirio. Nell’Antico Testamento essa è legata alla manifestazione di Dio nell’esodo e nella
salvezza del popolo. Nel NT essa è legata a Cristo (trasfigurazione), alla salvezza da lui
guadagnata a noi (Paolo), alla sua morte e resurrezione come glorificazione da parte del
Padre (Giovanni)(AT 85-88).

19. Che cosa usa Dio per creare?

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