Sei sulla pagina 1di 11

VII.

ESCATOLOGIA UNIVERSALE
VII.1. Parusia
1. Cosa vuol dire parusia?
Parusia viene dalla parola παρ-ἑιμί che vuol dire “essere presente”. Quando in 1Ts 2, 19 si dice: nel momento della
sua ‘venuta trionfale’, vuol dire semplicemente: farsi presente. Nel NT questo termine designa solitamente la venuta
di Cristo glorioso (la seconda venuta), con potere e maestà, per giudicare gli uomini. La parusia è la pasqua della
creazione. Pietro e Paolo parlano e ci credono alla seconda venuta appunto perché Gesù stesso lo aveva detto (Mt
24–25; cf. Dn 7: la venuta del Figlio dell’uomo).

2. In che cosa consiste la teoria dell’escatologia conseguente?


Sottolinea il carattere essenzialmente escatologico del messaggio di Gesù, che prediceva con certezza la prossimità
del Regno di Dio, cosa che non accadde ed è da ritenerlo come un inganno. Nonostante l’esperienza apostolica
della risurrezione del Maestro, quel regno non si realizzò neanche per loro e quindi il messaggio cristiano si deve
confrontare di continuo con l’idea che l’escatologia appare sempre più remota e meno credibile.

3. Quale punto unisce la escatologia realizzata e il sovratemporalismo?


Li unisce la negazione della parusia come fine del mondo in senso reale (e cioè la evasione dal tempo), proprio
perché per l’escatologia realizzata, il regno è già venuto e si è pienamente realizzato nella vita, nelle parole e nella morte
e risurrezione di Gesù e per il sovratemporalismo, è rilevante per la fede soltanto il momento presente nel quale la
coscienza del credente confessa la sovranità di Dio e si può risvegliare per riconoscere in esso la possibilità dell’istante
escatologico.

4. Secondo il vangelo di Matteo, la parusia è imminente o si protrae nel tempo?


In alcuni testi Gesù confermerebbe la sua convinzione circa una fine immediata con la venuta del Figlio dell’uomo
(cf. Mt 10,23; 16,28; 24,34). Ma occorre interpretare i singoli testi alla “luce dell’insieme”. Nel Vangelo di Matteo ci
sono altri testi che sembrano escludere tale imminenza. Ad.es. quelli che parlano dell’istituzione della Chiesa e della
sua natura missionaria (cf. Mt 16,18; 28, 16-20), il che è difficile da capire se Gesù avesse avuto in mente una fine
immediata. Anche alcune parabole, sia nel contesto del discorso escatologico (cf. Mt 24–25) che in quello parabolico
del cap. 13. In tutti i casi, si lascia intendere che si richiede un lungo intervallo di tempo per l’arrivo del Regno. In
conclusione: siamo di fronte a una realtà che si va configurando gradualmente lungo la storia e che, tenuto
conto del tenore di altri testi, implicherebbe anche un coinvolgimento dell’agire dell’uomo nella sua attuazione: «Non mi vedrete
più fino a quando non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 23,39).

5. Come hanno reagito i cristiani al protrarsi della venuta gloriosa del Signore?
C’era una sincera attesa di un veloce ritorno del Signore Gesù. La fede nella sua promessa unita alla nostalgia e al
desiderio di ritrovarlo, specialmente dopo aver sperimentato le persecuzioni e sofferenze della vita, stimolavano la
convinzione circa la sua imminenza. Il cristianesimo si è sviluppato ed è cresciuto nella constatazione del ritardo della
parusia, che è stato assunto in un modo naturale, pacifico, senza suscitare delle crisi di fede. In alcuni momenti
si è vissuta una maggiore consapevolezza della possibilità che il mondo stesse finendo: ad esempio attorno all’anno
Mille della nostra era, con il fenomeno del “millenarismo”, che si è riproposto in forme diverse nel cambio di
millennio del Duemila. In realtà, a ogni generazione umana non manca l’esperienza della fragilità e contingenza del
mondo e della propria esistenza, manifestata anche dalle calamità cosmiche e umane.

6. Quali sono i segni tradizionalmente enumerati della parusia?


1. La predicazione universale del Vangelo (Mt 24,14; Mt 16,15). Rivolta a tutti i popoli e alle nazioni.
2. La conversione di Israele (cfr. Rm 11,25-27). Si fonda sulla fedeltà di Dio all’alleanza stabilita con il popolo
eletto che non è mai stata revocata.
3. La manifestazione dell’anticristo, l’apostasia generale e gli sconvolgimenti cosmici (Mt 10,24 e Gv
15,20; 2Ts 2; 1Gv). Ciò indica le persecuzioni che dovranno subire i cristiani in ogni epoca.
4. L’invito alla vigilanza (Mt 24, 43; 25,11).

7. Dice la liturgia che la parusia è speranza della Chiesa? Cosa è l’adventus medius?
Ratzinger dice che la parusia costituisce la pienezza della liturgia della Chiesa e «la liturgia è la parusia in
mezzo a noi». L’intreccio tra presente e futuro che caratterizza il cristianesimo consente di affermare che «ogni
Eucaristia è parusia; l’arrivo del Signore, eppure ogni Eucaristia fa aumentare il desiderio che Egli riveli il suo splendore
nascosto. Gesù, in quanto crocifisso, continua a essere Colui che se ne va, ma è insieme Colui che, quale trafitto con
le mani distese, continua a venire!».

1
Tra il primo Avvento e l’ultimo, c’è l’adventus medius. In linea con l’escatologia del presente giovannea, e senza
abbandonare l’attesa della venuta definitiva, il tempo intermedio non è vuoto. In esso si dà la “venuta intermedia”,
una presenza anticipatrice che fa parte dell’esistenza cristiana, i cui modi sono molteplici: «Il Signore viene mediante
la sua parola; viene nei sacramenti, specialmente nella santissima Eucaristia; entra nella mia vita mediante parole o avvenimenti».
VII.2. Risurrezione
8. C’è qualche relazione tra la fede nella risurrezione e la fede nella creazione?
Come segnala Ratzinger, l'Incarnazione e la Risurrezione, eventi centrali del cristianesimo, fanno diretto riferimento
al valore positivo della materia nel progetto di Dio, manifestando l’unità del disegno di creazione e salvezza. Il ritorno
di Cristo non ha come fine una spiritualizzazione del creato che implichi la distruzione della sua dimensione materiale,
bensì mostrare la vocazione eterna della materia. La fede nella risurrezione è legata alla fede nel Creatore.

9. Cosa è lo sheol di cui si parla nell’AT?


La parola “sheol” è tradotta di solito come “inferi”, non nel senso di ciò che noi chiamiamo inferno, ma in relazione
alle profondità della terra (l’oltretomba):“terra delle tenebre e dell’ombre di morte, terra di oscurità e disordine”
(Gb 10,22), dove i morti (refaim) discendono (Nm 16,30; 1Re 2,6; Pro 1,12; 7,27), sia i buoni che i cattivi (Sal 89,49),
per avere lì una triste sopravvivenza: “non ci sarà ne attività, ne ragione, ne scienza, ne sapienza giù negli inferi, dove
stai per andare” (Qo 9,10). Tuttavia, lì i morti conservano una certa consapevolezza, non essendo completamente
consegnati all’oblio (Gb 26,5; Is 14,9-17; Ez 32,21). Non si trattava né di meri cadaveri né di spiriti in piena attività. Ciò
implica una credenza nell’immortalità dell'anima (cf. Sap).

10. Ci sono nell’AT testi che parlano di una risurrezione finale?


1. Molti di quelli che dormono nella regione delle polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e
per l’infamia eterna (Dn 12,2).
2. Da Dio ho queste membra e, per le sue leggi, le disprezzo, ma da lui spero di riaverle di nuovo. È bello morire a causa degli
uomini, per attendere da Dio l'adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te la risurrezione non
sarà per la vita (2Mac 7, 11.14).

11. Come è compresa la risurrezione ai tempi di Gesù? È accettata da tutti?


Le persone più vicine a Gesù hanno posizioni diverse:
1. Gesù con Marta: “Tuo fratello risusciterà!”; Marta risponde: “So che risusciterà nell'ultimo giorno! → La
risurrezione sembra un dato già acquisito (Gv 11,23-24)
2. Dopo la trasfigurazione i discepoli discutono su cosa sia il risorgere dai morti → dato non acquisito (Mc
9,9-10)
Non è accettata da tutti. C'è discussione tra i farisei e i sadducei, i primi insegnavano la dottrina sulla risurrezione
mentre i secondi la negavano. In Mc 12,18-27 Gesù risponde ad entrambi:
1. Ai farisei dice che il mondo futuro non è una replica di questo mondo (non si prenderà moglie o marito) ma
si vivrà come angeli (i farisei ne accettavano l'esistenza).
2. Ai sadducei dice che Dio è Dio dei vivi e cita Esodo, risponde con il Pentateuco per mostrare che la
risurrezione è una cosa reale!
Per i primi Gesù si sofferma sulla discontinuità (“come gli angeli”), ai secondi sulla continuità (“Dio dei viventi, dei
padri”).

12. Perché Gesù risorto non viene subito riconosciuto da alcuni?


Gesù non viene riconosciuto da Maria, Pietro, i discepoli di Emmaus. Sono i gesti che compie o le parole che dice
che permettono di riconoscerlo. Ci troviamo davanti al mistero dell’irruzione dell’eschaton (ciò che è ultimo),
anzi dell’eschatos (colui che è l’ultimo), nella nostra storia, con la tensione tipica del “già e non ancora”, del
presente e del futuro, della continuità e della discontinuità, dell'identità e della novità. Gesù è Lui stesso (continuità),
ma non è più lo stesso (discontinuità): ha istaurato un nuovo modo di essere, è un Gesù glorioso, risorto. Non è
quello di prima. Ad.es. Nell’apparizione agli apostoli, per entrare non ha bisogno di bussare la porta...
13. Come partecipa il cristiano alla risurrezione di Gesù?
Tramite il battesimo: per mezzo del battesimo, dunque, siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato
dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti
a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione. (Rm 6, 4-5). Così il cristiano può dire
con Paolo «non sono più io che vivo ma Cristo vive in me» (Gal 2, 20). Benedetto XVI «Io, ma non più io: è questa
formula dell'esistenza cristiana fondata nel battesimo, la formula della risurrezione dentro il tempo».

2
14. Perché la predicazione della risurrezione trovò così forti ostacoli?
Per il contrasto con la mentalità del tempo:
- Sembrava contraria al senso comune ed alle leggi di natura. La carne ed il corpo sono legati fortemente
con la corruttibilità come è possibile pensare che siano destinati alla gloria eterna?
- Sul piano più filosofico, per il neoplatonismo la materia era concepita come estranea al corpo, era una
prigione da cui liberarsi. Anche lo gnosticismo sottolineava che la vera salvezza era quella dell'anima. È da
notare però che i greci ammettevano l'immortalità dell'anima.

15. Come si può spiegare che la risurrezione non è assurda ma l’unico modo di sostenere l’immortalità
della vita umana?
San Tommaso concepisce l’anima come forma del corpo. Sostiene che l’anima separata dal corpo non solo è innaturale ma
contra natura, in quanto la sua attività naturale è informare il corpo. E così, senza il corpo l’anima è imperfetta.
Quando si afferma la riunificazione di corpo e anima come avviene nella risurrezione, si sta dicendo
qualcosa di naturale (anche se causata soprannaturalmente, naturale rispetto al fine, soprannaturale rispetto al
principio attivo, cioè l’intervento divino perché l’anima da sola non lo può fare). Perciò se si considera l’unità
dell’uomo, è ragionevole affermare la necessità della risurrezione per garantire il giusto ordine all’immortalità
dell'anima, insomma della vita umana.

16. Qual è la caratteristica fondamentale di tutti i corpi risorti?


L’incorruttibilità. Si risorge per non morire più. Come afferma san Paolo: È necessario, infatti, che questo corpo corruttibile
si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità (1Cor 15,53). Ciò significa che il corpo, che in sé
è corruttibile, viene fatto incorruttibile in virtù del potere divino, che rende l’anima perfettamente signora del corpo
in quanto alla sua funzione vivificante.

17. Quali sono le caratteristiche peculiari dei corpi gloriosi?


1. Chiarezza (claritas) è la ridondanza nel corpo della luce dell’anima che gode della visione di Dio. «È seminato
nella miseria, risorge nella gloria» (1Cor 15,43). Gesù l’aveva già preannunciato nella Trasfigurazione.
2. Agilità: l’anima che gode della visione di Dio sperimenta il compimento di ogni suo desiderio, e come il
corpo è mosso dal desiderio dell'anima, il corpo glorioso obbedirà in tutto allo spirito. «È seminato nella
debolezza, risorge nella potenza» (1Cor 15,43).
3. Impassibilità: il corpo perfezionato dall’anima, e proporzionalmente a essa, sarà immune da ogni male sia
in quanto all’atto che alla potenza. «È seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità» (1Cor 15,42).
4. L’ultima caratteristica riassume le precedenti, descrivendo il corpo glorioso come un corpo spirituale. Si
tratta di un corpo perfettamente sottomesso all’anima, che partecipa delle sue caratteristiche. «È seminato corpo
animale, risorge corpo spirituale» (1Cor 15,44). Deve unirsi a questo aspetto il carattere sottile del corpo glorioso,
che può godere di flessibilità in quanto alla sua locazione.

18. Come si può spiegare l’identità tra corpo terreno e corpo risorto?
La Sacra Scrittura mantiene che la nostra risurrezione sarà conforme a quella di Gesù Cristo (cf. Fil 3,20-21), il quale,
dopo la risurrezione ebbe un corpo palpabile, di carne e ossa, come lui stesso dovette ricordare agli Apostoli sorpresi
perché pensavano di vedere uno spirito (cf. Lc 24,39), possiamo dire con parole di Ratzinger, si tratta di un realismo
spirituale. Ma non è possibile sostenere quest’identità tra corpo terreno e corpo risorto basandoci sia da una
posizione materiale, che da quella formale. San Tommaso d’Aquino risolve la questione, partendo da Ef 4, 13: finché
arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungeremo la misura della
pienezza di Cristo. Cristo che è risorto, ed è risorto con tutta la sua storia: “con le ferite dei chiodi”. L’età perfetta è: 33,
poiché in essa c’è la pienezza dell’essere umano. Lungi da una continuità materiale o formale, puntiamo a una visione
personalistica: ciascuno è la sua storia e risorgerà con la sua storia. Il Concilio Lateranense IV dice: ciascuno riceverà
secondo le sue opere (Ap: ai giusti li accompagneranno le loro opere). Quindi, sono le azioni delle persone che costituiscono una
storia, la cui viene conservata nella memoria (sant’Agostino). Romano Guardini al riguardo, afferma che: risurrezione
vuol dire che non risorge solo la forma, ma la storia, non solo la sostanza, ma la vita dell’uomo.

VII.3. Nuovi cieli e nuova terra


19. Ci sono testi biblici riguardanti una trasformazione finale del cosmo? Quali?
1. Mt 24, 21s: Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale non vi è mai stata dall’inizio del mondo fino ad ora, né mai
più vi sarà.

3
2. Is 65, 17: Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e terra nuova; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà
e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio.
3. Mt 19,28: Io vi dico in verità che nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, anche
voi, che mi avete seguito, sarete seduti su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele.
4. Rm 8, 19-21: anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei
figli di Dio.
5. Ap 21, 1-4 parla di un rinnovamento con riferimento al soprannominato brano del profeta Isaia: “Ecco, io faccio
nuove tutte le cose”.
6. 2Pt, 3,10-13: Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal
calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta… i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati
fonderanno”.

20. Quali sono i pregi e i limiti della visione del Cristo cosmico di Teilhard de Chardin?
Pregi: sostiene che c’è una continuità fra storia del cosmo e storia della salvezza. Tutto cammina verso l’Omega, cioè verso
Cristo. Quindi, collega Cristo con la creazione, essa è stata creata in vista di lui…
Limiti: sembra tener una visione troppo evoluzionista e inoltre panteista (inno alla materia), e proprio questo linguaggio
che tende a dire che tutto è Cristo e che Cristo è solo alla fine, non sta bene, perché vuol dire che noi ancora dobbiamo
aspettare: vuol dire che l’Incarnazione e la Redenzione non ci hanno salvato. Cristo è visto solo come l’Omega. Invece
noi crediamo che Cristo è l’Alfa e l’Omega e quindi, tutto è stato creato non solo in vista di lui, ma per mezzo di Lui,
e per Lui!

21. Spiegare brevemente la discussione fra escatologismo e incarnazionismo


Gli escatologisti, sostenevano che non si deve pensare la pienezza della salvezza in totale continuità con le dinamiche
di questo mondo. Gli incarnazionisti pensavano che una fede incarnata significasse responsabilità per la costruzione
del Regno in questo mondo, e quindi vedevano di buon occhio la dimensione sociale e politica dell’impegno cristiano.

22. Quali testi del Concilio Vaticano II sono fondamentali sul rapporto fra progresso umano e Regno
di Dio?
LG 48: apre il capitolo dedicato all’indole escatologica della comunità ecclesiale, ed esprime l’armonia fra la sua
dimensione presente (già) e quella futura (non ancora). GS 39: si trova alla fine del capitolo dedicato all’attività umana,
e si concentra sul valore che essa può assumere nell’orizzonte escatologico. I due testi costituiscono, nella loro
complementarità, un esempio dell'equilibrio fra impegno cristiano nel mondo e attesa escatologica. Già ma non ancora;
si devono distinguere ma non separare.

23. Come si può descrivere la ricapitolazione di tutte le cose in Cristo?


Ef 1,10 infatti, parla della ricapitolazione di tutte le cose in Cristo. San Tommaso sostiene che si parli di angeli, uomini
e tutte le cose che dipendono dal destino dell'uomo perché tutto è creato per l'uomo. La glorificazione della creazione,
quindi, sarà una trasformazione soprannaturale del cosmo, in cui si vede l'ordinamento del naturale al soprannaturale.
Ma il pieno compimento della creazione che si avrà alla fine della storia si è già dato nell'umanità di Cristo. Così la
ricapitolazione finale e lo stato finale non sarà una novità assoluta ma realizzerà pienamente ciò che già si
verificò nell'Incarnazione.

VII.4. Giudizio
24. C’è qualche testo nell’AT che parla di un giudizio escatologico? Quale sarà il luogo di tale giudizio?
Gioele 4,1-2.12.14-16: In quei giorni e in quel tempo, quando ristabilirò le sorti di Giuda e Gerusalemme, riunirò tutte le genti e le
farò scendere nella valle di Giòsafat, e là verrò a giudizio con loro per il mio popolo Israele… Si affrettino e salgano le nazioni alla
valle di Giòsafat, poiché lì siederò per giudicare tutte le nazioni dei dintorni… Il sole e la luna si oscurano e le stelle cessano di
brillare. Il Signore ruggirà da Sion, e da Gerusalemme farà udire la sua voce; tremeranno i cieli e la terra.
Il luogo: la valle di Giosafat, che non è da intendere come un luogo fisico ma, guardando alla sua etimologia,
come la valle della Decisione o del giudizio (Giosafat = Dio giudica).

25. Chi è il giudice degli uomini secondo il NT?


Il giudice è Dio, ma Gesù partecipa del suo giudizio, perché è il Figlio e perché il Padre l’ha mandato per questo: Il
Padre, infatti, non giudica nessuno ma ha dato ogni giudizio al Figlio. Come infatti il Padre ha la vita in sé stesso, così ha concesso
anche al Figlio di avere la vita in sé stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Da me io non posso far
nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha
mandato (Gv 5, 22.26-27.30).

4
26. Perché solo Dio giudica? Se è così, perché si dice nel NT che anche i santi giudicheranno?
Solo Dio giudica perché il giudizio è collegato alla verità. Dio, che è la verità, che è l’unico Creatore e Signore di tutto,
è il solo adatto a tale compito. Il ruolo dei santi nel giudizio testimonia la dimensione ecclesiale di questa
verità della fede: «L'incontro col Cristo avviene nell'incontro con i suoi, nell’incontro con il suo Corpo; motivo per cui la nostra sorte,
la nostra verità, proprio quando sia intesa nel senso teologico e cristologico, dipende dal rapporto che abbiamo instaurato con il suo Corpo
e con le sue membra sofferenti; a questo riguardo i “Santi” sono “giudici”» dice san Tommaso: «A un santo viene riconosciuta
la funzione di giudice perché il suo cuore sarà compenetrato di tutta la verità divina, così da poterla manifestare agli
altri.

27. Spiegare la relazione fra giudizio e verità


Il giudizio implica una affermazione sulla vera realtà delle cose. Il giudizio è semplicemente la verità stessa, il suo
rivelarsi. Dio è la Verità, la Verità è Dio, è “persona”. Dunque, una verità che giudica, che è definitiva, può esistere
soltanto se ha carattere divino; Dio è giudice, in quanto Egli stesso è la Verità (J. Ratzinger).

28. Gesù giudicherà in quanto Dio o in quanto uomo?


San Tommaso, ricorda che è conveniente che sia Gesù a giudicarci in virtù della sua umanità con la quale è morto e
risorto. Perciò Gesù esercita il potere di giudizio non solo come Figlio ma anche come uomo nel nome della solidarietà
con ogni uomo. In definitiva a Cristo spetta giudicare in quanto ha il dominio sugli uomini di cui è il Signore non
solo per la creazione ma anche per la redenzione (che è stata possibile grazie alla sua umanità). Pertanto, Cristo
giudicherà nella sua umanità (con la quale ci ha conquistato il Regno del quale il giudizio è la porta di ingresso) in
forza della sua divinità.

29. Gesù è il nostro giudice o il nostro salvatore?


Sia uno che l’altro. «La Verità che giudica l’uomo ha preso essa stessa l'iniziativa di salvarlo». Il potere divino di
giudicare è stato legato alla missione di Cristo, quale Salvatore, il cui mostra la volontà salvifica di Dio (cf. 1Tm
2, 4), e così il giudicare stesso appartiene all'opera e all’ordine della salvezza. Come ricorda Ratzinger: «Cristo non
condanna nessuno; egli è pura salvezza e chi aderisce a lui si trova nella zona della salvezza e della Grazia. La
perdizione non viene decisa da lui, ma essa esiste là dove l'uomo è rimasto lontano da lui».

VIII. ESCATOLOGIA CONSUMATA


VIII.1. Cielo
30. Con quali nomi si può designare lo stato finale dei beati?
Cielo, Paradiso, Banchetto, Riposo, Regno dei cieli, Gerusalemme celeste, Chiesa trionfante, Felicità perpetua,
Visione beatifica, Regno di Dio, Gloria di Dio, Comunione con Dio.

31. Quale è il nome più adatto dal punto di vista biblico per designare la comunione con Dio per
sempre? Perché?
Il nome più adatto è “vita eterna”. Perché già nel AT si vede che Dio è colui che dona la vita (Gn 2) e che non gode
della morte dei viventi (Sap 1). Dio è Colui che dà la vita in pienezza e offre agli uomini la possibilità di partecipare
della sua stessa vita. La nozione di vita eterna è sviluppata in particolare in Giovanni. Gesù stesso è «pane e luce
della vita», «risurrezione e vita», «via, verità e vita». La vita eterna è già iniziata, è disponibile per chi la vorrà accogliere
ed è aperta all'eternità. Due modi in cui Dio dona la vita in un contesto escatologico: come vita eterna per coloro che
credono nel momento presente: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo»
(Gv 17,3), e come resurrezione di tutti che avrà luogo alla fine dei tempi: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha
la vita eterna, ed io lo risusciterò alla fine dei giorni” (Gv 6,54).
32. Sarà una noia la vita eterna?
No, non sarà una noia. Il tema è affrontato da Benedetto XVI in Spe Salvi 10-12. Già la vita sulla terra è un continuo
intreccio di riposo e attività. Vita, richiama all’attività che però è anche fatica. Eterna ci fa pensare all’interminabile
che ci spaventa. L’eternità non è un continuo susseguirsi di giorni del calendario ma è un farsi abbracciare dalla totalità
e abbracciarla a nostra volta, è un sempre nuovo immergersi nella ampiezza dell’essere che è amore. Sant'Ireneo
diceva che nella vita eterna il Figlio ci mostrerà sempre qualcosa di nuovo del Padre.

33. Lo stato finale consiste nell’attività oppure nel riposo eterno?

5
Il «riposo santo e perpetuo da ogni fatica e da ogni molestia» come dice sant’Agostino, «non consiste in
un’infingarda inattività, ma in un’ineffabile tranquillità di riposante attività, che conserva ciò che costituisce
la caratteristica del riposo, ossia agire senza affaticarsi, pensare senza preoccuparsi».

34. Perché si è insistito nel chiamare lo stato finale col nome di visione beatifica?
Vedere Dio è soprannaturale per l’uomo, perché questi non ha per natura la capacità di giungervi; al contempo, la
visione divina è il fine che il Creatore ha dato alla sua creatura, e pertanto ha iscritto nella sua natura quel
desiderio del fine che l’attira. Il tema della visione sottintende il primato della facoltà conoscitiva. Questo non vuol
dire che neghi le altre. Infatti, si parla di beatifica cioè che rende felici, il che non è possibile senza l'adesione della
libertà e della volontà. Il linguaggio della visione per descrivere lo stato dei beati ha la funzione insopprimibile di
salvaguardare la trascendenza di Dio e l'autonomia delle creature.

35. In cielo si vede Dio in modo diretto o indiretto?


L’invisibilità non è un limite da parte di Dio, ma un modo di segnalare l’alterità e la trascendenza divina. Sant’Agostino
diceva che Dio è invisibile per natura ma è visibile per sua volontà. Al concilio di Firenze si disse che le anime dei
purificati vedono direttamente Dio così come Egli è anche se si ammette una gradualità: «Alcuni in modo
più perfetto di altri, a seconda della diversità di meriti.» (DS 1305). Già la Benedictus Deus aveva detto che i beati in
cielo vedono Dio senza mediazioni e prima ancora il Concilio di Vienne (1312) insegnò che c'è la visione diretta anche
se non lo si fa con le nostre forze naturali ma grazie al lumen gloriae.

36. Che cosa è il lumen gloriae?


È un dono divino, il cui Dio diventa forma dell'intelletto umano. Così l'essenza divina è ciò che è visto (quod videtur)
e insieme il mezzo con cui si vede (quo videtur).

37. La vita eterna consiste nel vedere Dio o nell’amare Dio?


Esiste una circolarità fra conoscenza e amore: bisogna conoscere per amare, ma più ami più conosci. Per
Tommaso il fine supremo è vedere Dio, per Bonaventura è amare, rispettivamente le categorie più alte sono il Vero
e il Bene; le due proposte non sono contraddittorie, si integrano a vicenda. Per ambedue il vero è anche il bene, ed il
bene è anche il vero; vedere Dio è amare ed amare è vedere. Inoltre, l'intelletto è superiore alla volontà simpliciter,
la volontà è superiore all'intelletto secundum quid. Trattandosi di Dio, nel quale verità e bene coincidono, la vita
eterna è il dono che produce una partecipazione alla vita di conoscenza e di amore della Trinità.

38. Saremo liberi in cielo?


Sì. Al riguardo san Tommaso sorregge che la libertà ha un oggetto che è il bene; nella vita terrena i beni si presentano
in modi variegati, il male si presenta come un bene falso; in Cielo, quando si ha la visio di Dio non c'è più il problema
della confusione perché abbiamo davanti il Sommo Bene. Nella visio beatifica non c'è più il problema di dover scegliere
un bene o un altro. Dio è la bontà per essenza quindi non scontenta nessuno. Nella Terra si desidera perché non si
ha quello che si vuole e si può sbagliare nella scelta; invece, nella vita eterna non c'è più il problema perché Dio è
tutto. Il vero concetto di libertà non è la scelta ma il possesso del bene. La libertà più che una scelta è uno stato. Il
cristianesimo intende la libertà come la liberazione che Cristo ha operato in noi (cf. Gal 5,1), la «libertà della gloria
dei figli di Dio» (Rm 8,21).

39. Che cosa è l’aevum?


È chiaro che la temporalità è la nostra condizione creaturale, mentre l’eternità è propria dell'essere divino. Ma come sarà possibile
entrare nell’eternità senza smettere di essere creature? La teologia ha coniato il termine evieternità (aevum), per indicare che
l’esistenza dei beati e degli angeli non coincide con l’eternità di Dio, ma non è neanche la nostra temporalità: si
tratta di una eternità partecipata. Si esprime così la compatibilità misteriosa tra il fatto che non ci sarà più
progresso, perché il dono è stato raggiunto e non si può perdere, e il fatto che ci sarà una crescita infinita,
perché la visione di Dio costituisce un arricchimento per noi.
VIII.2. Inferno
40. Si parla dell’inferno nella Sacra Scrittura?
Sì. Indica l’aldilà nel quale si trovano i morti che non parteciperanno alla beatitudine. Ma con questo termino sono stati resi
concetti biblici diversi:
▪ Il mondo sotterraneo (sheol, hades) che indica una località lontana, abbandonata da Dio e ostile agli uomini.
▪ L’abisso (abyssos), la dimora dei demoni.
▪ L’inferno propriamente detto (ghéenna), luogo di punizione finale futura (cf. Ger; Is).

6
Gesù usa il termine ghéenna per descrivere il luogo della condanna del diavolo e di coloro che lo seguono. È una realtà
che: preesiste all’uomo (cf. Mt 25,41); un abisso di fuoco (cf. Mt 13.42.50), parabola del grano e la zizzania; spazio
della punizione eterna dopo il giudizio (cf. Mt 25, 41.46; 23, 15.33); luogo «dove il loro verme non muore» (Mc 9,48);
san Paolo parla di coloro che si perdono e saranno castigati con una rovina eterna (Fil 3, 19; 2Ts 1, 9).

41. Quale rapporto esiste fra la definizione del peccato e le punizioni dell'inferno?
Nel peccato l’elemento formale è l'aversio a Deo e l’elemento materiale la conversio ad creaturas. Al primo corrisponde
la pena di danno, cioè la perdita di un bene infinito: Dio (separazione, allontanamento da Dio) che porta alla
disperazione, frustrazione e solitudine; al secondo, la pena del senso che fa riferimento alla nostra condizione fisica,
porta sofferenze fisiche, richiama il fuoco dell'inferno.

42. Come si può descrivere il dolore della perdita della visione di Dio?
L’intelletto sarà privato totalmente del lume divino, e l’affetto sarà ostinatamente contrario alla bontà di Dio.
L’oscurità dell’intelletto che non vedrà più la luce e la malizia della volontà separata per sempre dalla bontà
provocheranno nello spirito umano uno stato permanente di frustrazione per non aver raggiunto il suo fine, di disperazione nel
capire che non c’è più possibilità di raggiungerlo e di solitudine per essersi chiuso in se stesso.

43. Come si può intendere il fuoco dell’inferno?


La pena di senso (conversio ad creaturas) corrisponde alla colpa nel suo aspetto di avversione al bene eterno a cui si
sono preferiti i beni materiali. La Scrittura si riferisce a questa afflizione corporale con diversi termini, la principale è
il fuoco. La Tradizione e il Magistero hanno insegnato che il fuoco della condanna è da intendersi in senso reale
e non metaforico. Per fare ciò il problema principale è costituito dai demoni e dalle anime dei dannati prima del
giudizio finale. San Tommaso lo spiega dicendo che le sostanze incorporee soffrono il fuoco corporeo per modum
alligationis; se Dio ha creato l’anima legata al corpo come sua forma, tanto più gli è possibile legare gli spiriti al fuoco,
alle cose infime, questa è la loro pena.

44. Cosa è l’apokatastasis? Chi ha sostenuto questa teoria?


L’apokatastasis è la teoria che sostiene la riconciliazione universale alla fine dei tempi, dopo le pene medicinali e quindi
temporali dell'inferno. È Origine chi ha sostenuto questa teoria.

45. Come si può coniugare la condanna perpetua con la misericordia divina?


San Tommaso spiega che in ogni opera di Dio ci sono sia giustizia (distributiva = amministrare i beni secondo
ciò che ciascuno merita) che misericordia (= desiderio di liberare l'altro dal male). Dio ha creato liberamente per la
sua bontà, quindi ogni opera di giustizia divina presuppone e si fonda sulla misericordia. Nella dannazione degli empi: la
giustizia si vede perché la colpa della condanna è nell'uomo stesso che si è rifiutato di aprirsi alle diverse
offerte di ravvedimento di Dio. La condanna allora è giusta perché ristabilisce l'ordine infranto (cosmico e sociale)
e può essere di aiuto per chi ancora cammina sulla terra; la misericordia si vede perché Dio condanna meno di
quello che dovrebbe (Dio mantiene nell’esistenza, già questo è un segno di misericordia).
46. Ci sono persone nell'inferno? Si può sperare la salvezza di tutti?
Certo che ci sono persone nell’inferno: coloro che hanno rifiutato Dio. La fede ci dice che chi muore in peccato si
condanna. Peraltro, Dio vuole che tutti si salvino; ma dalla volontà divina universale di salvezza, non si segue l’effettiva
salvezza di tutti, perché Dio rispetta appunto la libertà dell’uomo che prende la decisione irrevocabile di rifiutarlo.
Anche se l’idea di una salvezza universale non è contraddittoria, non si può fare di una possibilità a posteriori una
necessità teologica a priori. Respingiamo con questo sia il condizionalismo che l’universalismo.

47. Si parla nella Scrittura di un nesso tra la morte e il peccato?


Sì. Nel creare l’uomo, Dio gli ha dato quel soffio vitale che gli consente di vivere e di conservare la vita. Era un dono
condizionato dall’obbedienza al precetto: “Dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare,
perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire” (Gn 2, 17). Questo purtroppo si avverò e,
quindi, la morte fece ingresso nel mondo come conseguenza del peccato: “Con il sudore del tuo volto mangerai il
pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai” (Gn
3,19). La prospettiva paolina conferma questo nesso; in riferimento alla vicenda adamitica dichiara “A causa di un
solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata
la morte, poiché tutti hanno peccato” (Rm 5,12).

48. Secondo Agostino e Tommaso, la morte è naturale o conseguenza del peccato?

7
Sant’Agostino dice che prima del peccato l’uomo poteva non morire perché poteva non peccare –non per costituzione della
sua natura ma dall’albero della vita–, quindi Adamo era mortale per costituzione ma immortale per dono di Dio. San
Tommaso riflette sull’anima forma corporis: l’anima di per sé spirituale è immortale (perciò per l’uomo la morte non è
naturale per la sua forma). La materia invece è di per sé corruttibile, perciò da questo lato la morte è naturale. Ora
Dio, nella sua onnipotenza, tolse all’uomo la necessità della morte, beneficio che fu ritirato per colpa dei progenitori.
Perciò la morte è naturale per la condizione della materia ma è un castigo per la perdita del dono divino che preserva
dalla morte. Probabilmente se non ci fosse stato il peccato, comunque, l’uomo sarebbe dovuto passare da questa vita
all’altra perché non aveva ancora la pienezza escatologica (sant’Agostino) ma lo avrebbe fatto senza paura e angoscia
(GPII). Per tanto, e questa è la chiave: ciò che era naturale all’uomo (morire) diventa allo stesso tempo,
conseguenza del peccato. La morte è conseguenza del peccato ed è naturale.

49. In che cosa consiste l’ipotesi della scelta finale nel momento della morte?
Autori come Glorieux e Boros, sostengono che nella morte ci sarà per ciascuno un momento di lucidità in cui si
potrà compiere la definitiva scelta pro o contro Dio. Il presupposto è che Cristo avrebbe assunto la morte,
rendendola perfetta ed efficace, perché essa avrebbe in sé un potere per l’autorealizzazione dell’uomo. Rahner sostiene
che la morte costituisce per natura l’autorealizzazione personale. La morte, quindi, sarebbe il momento principale
della vita umana in cui si concentra tutta l’escatologia.

50. Come Gesù ha trasformato la morte?


La morte in sé non ha nessun valore o potere, anzi è nemica di Dio creatore della vita. Ma in Cristo la morte diventa
il luogo della perfetta obbedienza e quindi glorificazione di Dio e sconfitta della morte stessa. La morte di
Gesù è una morte per qualcuno (Rm 5), appunto perché san Paolo afferma: “Per me, infatti, il vivere è Cristo e il
morire un guadagno” (Fil 1,21). Gesù trema di fronte alla morte in virtù della sua umanità ma la accetta (senza smettere
di amare il Padre e gli uomini) e così rompe il potere del peccato. Cristo assume su di sé il peccato e accetta liberamente la
morte per ridare la vita all'uomo peccatore. Non è una esaltazione della morte, anzi Dio recandosi nel regno della morte l'ha
vinta e sconfitta. La morte non è più una maledizione ma una sorgente di benedizione perché atto di obbedienza e amore a Dio.

51. Cosa vuol dire che Gesù è disceso agli inferi?


Secondo Benedetto XVI vuol dire che Dio, fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrare nella solitudine
estrema e assoluta dell'uomo dove non arriva alcun raggio di amore, dove regna l'abbandono totale senza
alcuna parola di conforto: gli inferi. Cristo discendendo agli inferi gli ha dato un senso: anche nel buoi più assoluto,
nell'estrema solitudine c'è una voce che ci chiama e una mano che ci conduce fuori. Anche nello spazio della
morte è penetrato l'amore cioè la vita: Cristo. In quel luogo c'erano tutti i santi e i giusti che perirono prima della morte di
Gesù Cristo e non avevano modo di arrivare in cielo: i patriarchi, i profeti, i re, ecc. Secondo la Tradizione della
Chiesa, quando Gesù muore, scende nello sheol e porta con sé in cielo tutti coloro che credevano in Dio.

52. Si dà una piena retribuzione dopo la morte? Discussioni storiche.


Il tempo di meritare finisce con questa vita, perché dopo il giudizio non ci sarà più questa possibilità. Ci sarà uno
stato diverso, di premio o castigo definitivo per le opere fatte in questa vita.
Discussione: i Padri Apostolici e Cipriano parlavano di una piena retribuzione subito dopo la morte, mentre
Giustino, Ireneo e Tertulliano sostenevano che bisogna aspettare il giudizio finale per avere la definitiva separazione
fra giusti e peccatori, anche se accettavano che la loro situazione dopo la morte è diversa. Nel IV sec. la maggior parte
dei Padri difese la retribuzione subito dopo la morte ma con due eccezioni: Ambrogio e Agostino. Alcuni tratti: 1) I
padri che differiscono la retribuzione dicono che la discesa agli inferi di Cristo gli ha dato un senso (non è più un
luogo di attesa indifferenziata) ma non ha cambiato la dinamica temporale. 2) La centralità appartiene alla risurrezione,
quindi, come dice Agostino, se il trionfo di Cristo non si è rivelato ancora pienamente, quindi neanche il premio. 3)
Anche gli gnostici parlavano di retribuzione immediata. Dal VIII sec. in poi, la piena retribuzione dopo la morte è
accettata, ma non mancheranno delle eccezioni. In occidente, la più nota è quella di san Bernardo; d’altra parte, le
figure di Fozio e Teofilatto contribuiranno a che buona parte della teologia in oriente, a partire dal Medioevo, sostenga
la piena retribuzione alla fine dei tempi. San Tommaso ragiona che appena l’anima si separa dal corpo, essa riceve il
premio o il castigo, per quanto ha compiuto mentre era nel corpo.

53. Si dà una piena retribuzione dopo la morte? Definizione dogmatica


Benedetto XII, con la costituzione Benedictus Deus, definì dogmaticamente che infatti, dopo la morte c’è una
retribuzione immediata e piena. Insegna che le anime che non hanno bisogno di alcuna purificazione vanno in cielo anche
prima della risurrezione dei corpi e del giudizio universale, senza passare per uno stato intermedio. La risurrezione finale cambierà
la condizione delle persone, ma non la loro situazione rispetto a Dio; perciò, questa definizione dogmatica lascia
spazio per lo stato intermedio di chi non è ancora del tutto purificato.

8
54. Perché si parla di un giudizio particolare diverso da quello finale?
Sant'Agostino (dubita sulla retribuzione dopo la morte) sostiene che subito dopo la morte c’è un giudizio individuale
(fondato su parabola dei talenti, del povero Lazzaro e del buon ladrone). San Tommaso però approfondisce dicendo
che infatti c'è anche il giudizio particolare diverso da quello finale perché:
1. La retribuzione dell'uomo è doppia: una, secondo l'anima (individuale) nel momento della morte e un'altra,
rispetto al corpo e all'anima (collettiva) al momento della resurrezione;
2. Poiché Dio è sia creatore che provvidente, allora il giudizio particolare corrisponde all'opera di governo, si
viene giudicati per le proprie azioni anche in rapporto al governo universale, poi c'è anche un giudizio
universale che corrisponde alla prima creazione di tutte le cose nell'essere.
3. Per la distinzione tra dimensione sociale e personale dell'essere umano.

55. Quali aspetti costituiscono il contesto biblico della dottrina sul purgatorio?
1. La santità di Dio, che non ammette alcuna imperfezione accanto a sé.
2. La condizione peccaminosa dell’uomo, cioè non pienamente pura, in cui si trovano tanti alla fine della
vita.
3. L’unità della Chiesa, che offre una misteriosa solidarietà che permette la purificazione dei suoi membri
peccatori. Anche la comunione dei santi che implica la preghiera di intercessione; le preghiere degli uni
funzionano per gli altri per via della comune appartenenza al corpo mistico di Cristo.

56. Ci sono testi nell’AT e nel NT che parlano di una purificazione dopo la morte?
1. 2Mac 12,40-45: Giuda Maccabeo ordina di offrire suffragi per alcuni soldati che sono morti in battaglia
avendo nelle loro tasche degli idoli → sono morti con un certo peccato (difendevano Israele ma erano un
po' idolatri) → il testo presuppone che ci sia la possibilità di pregare per i defunti (preghiera per i defunti e fede nel
purgatorio vanno insieme, i santi non hanno bisogno di preghiera come anche i condannati).
2. 1Cor 3, 10-15: utilizza l'immagine del fuoco che rivelerà la natura di quello che l'uomo ha costruito sul
fondamento di Cristo nella vita; ma alcuni vedranno bruciare la loro costruzione, questi saranno puniti ma
poi si salveranno passando per il fuoco stesso → sant'Ambrogio, Agostino e Gregorio Magno vedono questo
testo come fondamento per il purgatorio.
3. Mt 5,25: Gesù dice di mettersi d'accordo con l'accusatore perché una volta che sei in prigione devi pagare
fino alla fine → alcuni hanno visto la prigione come il purgatorio.

57. Quale è l’elemento comune indiscusso tra l’Oriente e l’Occidente per quanto riguarda la
comprensione della purificazione dopo la morte?
La preghiera liturgica per i defunti, in modo particolare la celebrazione della Santa Messa. Occidente e Oriente
coincidono in due punti: il valore della penitenza ecclesiale dopo la morte e la possibilità dell’aiuto mutuo
oltre i confini tra l’aldiquà e l’aldilà. Santa Perpetua intercede per il fratellino defunto; San G. Crisostomo offre
preghiera per i defunti; la tradizione delle messe gregoriane, ecc.; san Tommaso dice: se preghi per i defunti allora deve
esserci il purgatorio perché i dannati e i salvati sono già a posto. Inoltre, la preghiera per i defunti aiuta anche a chi la compie
perché è un atto di carità.

58. Quali sono gli elementi di controversia tra l’Oriente e l’Occidente a proposito della purificazione
dopo la morte?
Con il dialogo con gli gnostici, che intendono la vita come un processo di purificazione e maturazione, Clemente
d’Alessandria sostiene che è importante l'educazione, il fuoco educherà i non eletti al bene. Origene riprende questo e
formula la teoria dell'apokatastasis legandola al fuoco. Crisostomo rigetta questa posizione e lega l'esistenza del
purgatorio all'idea del ritardo della piena retribuzione, generando successivamente confusione tra purgatorio e
refrigerium interim. Dunque, in Oriente negano il fuoco purificatore (che resta per loro legato all'apokatastasis; inferno
temporale) e della sofferenza. In Occidente non ci sono problemi ad accettare la nozione di un fuoco
purificatore.

59. Quali sono i principali pronunciamenti conciliari sul purgatorio?


1. Concilio di Lione (1274): «le anime di chi muore prima di aver pagato tutti i suoi debiti, sono purificate
dopo la morte con pene che lavano e purificano».
2. Concilio di Firenze (1439): «Definiamo che le anime di chi, veramente pentito, muore nell'amore di Dio,
prima di aver soddisfatto per i peccati e le omissioni con degni frutti di penitenza, vengono purificate dopo
la morte con le pene del purgatorio; che, perché siano sollevate da queste pene, sono loro utili i suffragi dei
fedeli viventi, cioè il sacrificio della messa, le preghiere, le elemosine, ed altre pratiche di pietà, che i fedeli

9
usano offrire per gli altri fedeli, secondo le consuetudini della chiesa».

60. Quali sono le ragioni addotte dai riformatori per negare l’esistenza del purgatorio?
1. Non accettano tale dottrina perché essa non può essere dimostrata con le Scritture (sola Scriptura), dato
che negavano la canonicità dei Libri dei Maccabei. Inoltre, dicono che la preghiera per i defunti viene
dai pagani, è una tradizione corrotta.
2. Se la giustificazione è realizzata per la sola fede, il purgatorio «contraddice l’articolo fondamentale che
Cristo solo, e non l’opera umana, può venire in aiuto alle anime». Gli uomini non possono contribuire né
alla propria salvezza né a quella degli altri.
3. Siccome la giustificazione non opera un rinnovamento interiore che implichi purificazione, ma
un’imputazione esterna della salvezza di Cristo, l’uomo è simultaneamente giusto e peccatore. Una
peccaminosità così profonda non può essere cancellata totalmente dallo spirito.

61. Secondo san Tommaso, quale genere di sofferenza si dà nel purgatorio?


Sofferenza temporale e purificatrice, ordinata alla salvezza cioè in attesa della visione di Dio (le anime del
purgatorio sono anime salvate). Secondo san Tommaso sono sofferenze analoghe alle pene satisfattorie che sarebbero
state necessarie durante la vita terrena. In purgatorio c'è una pena di ritardo (si ritarda la visione di Dio che comunque
è assicurata) e una pena di senso (diversa da quella dell'inferno che è per il tormento, questa per la purificazione)
cioè per vincere la conversio ad creaturas.

62. Come intende Tommaso la purificazione della cosiddetta pena temporale?


Dopo la morte occorre purificare quello che rimane della pena temporale. San Tommaso dice che la purificazione ha
due dimensioni: Attiva: è una pena volontaria, cioè l'anima la accetta perché è l'unica via per vedere Dio. Passiva:
l'anima senza corpo accetta passivamente perché non può più meritare. In purgatorio ci può essere un atto meritorio
in quanto alla remissione della colpa veniale, però non la diminuzione della pena come in questa vita. Interviene qui
la comunione dei santi, mediante la preghiera ecclesiale per i defunti. Precisamente perché resta non la colpa, ma la
pena, e la capacità di soddisfare per i peccati termina con questa vita, è possibile che ciò che i morti non possono più
fare, lo facciano i vivi al loro posto, in virtù della comunione che lega tutti i membri del corpo di Cristo.

63. Come descrive Ratzinger l'aspetto cristologico del purgatorio?


La dimensione cristologica illumina lo stato dell’anima che si purifica, cioè il fuoco; e la partecipazione dell’intera
Chiesa in questa purificazione, cioè la preghiera per i defunti.
▪ La questione del fuoco: rifacendosi a 1Cor 3 si legge il fuoco purificatore come Cristo stesso nella sua
qualità di Giudice che trasforma l’uomo e lo rende conforme al suo corpo glorificato (cf. Rm 8,29; Fil
3,21). La sofferenza, il dolore sono visti come il tormento per il ritardo della presenza dell'Amato.
▪ La partecipazione della Chiesa: la ricerca della salvezza personale include una responsabilità per quella
degli altri (la preghiera per i defunti). “La mia vita entra in quella degli altri: nel male come nel bene. Così la mia
intercessione per l’altro non è affatto una cosa a lui estranea, una cosa esterna, neppure dopo la morte” (Spe salvi, n. 48).

64. Possono intercedere per noi mentre si purificano le anime del purgatorio?
San Tommaso è del parere che ciò succeda dopo la loro purificazione: Le anime del purgatorio, pur essendo superiori a noi
per l’impeccabilità, sono tuttavia inferiori per le pene che soffrono. Perciò esse sono nella condizione non di poter pregare, ma piuttosto di
aver bisogno di preghiere (Summa Theologica, II-II, q. 83). Sant’Alfonso de’ Liguori, fa una sottile distinzione fra ‘non
essere in istato di pregare’ e ‘non poter pregare’. Non possono pregare perché stando a patire sono inferiori a noi e più presto
bisognosi delle nostre orazioni; ma in tale stato ben possono pregare, perché sono anime amiche di Dio. Le anime del
purgatorio non conoscono le nostre orazioni, ma il Signore fa loro note le nostre preghiere, ed esse che sono piene
di carità, non lasciano di pregare per noi (ad.es. santa Caterina di Bologna attestava che molte grazie che non aveva
ottenute per intercessione dei santi, le aveva poi conseguite per mezzo delle anime del purgatorio.

65. La fede cristiana riguarda l’immortalità dell’anima o la risurrezione dei corpi?


Riguarda la risurrezione dei corpi ma anche l’immortalità dell’anima. Cioè, la fede cristiana nella
risurrezione ha come presupposto l’immortalità dell’anima. Anzi la risurrezione del corpo è l’unico modo
ragionevole di sostenere l’immortalità dell’anima, perché l’anima “non è tutto l’uomo”, ma una parte della
sua costituzione. Se l’unità dell’essere umano deve essere considerata un principio irrinunciabile, allora è ragionevole
ammettere la necessità della risurrezione del corpo per garantire nel giusto ordine l’immortalità dell’anima. Se si nega
la risurrezione del corpo è molto difficile sostenere l’immortalità dell’anima. Risulta infatti che essa è naturalmente
unita al corpo e la sua separazione da esso, è contro natura e accidentale. Pertanto, l’anima, quando è spogliata del

10
corpo ed è senza il corpo, è imperfetta. Dunque, è impossibile che ciò che è naturale sia finito, e che ciò che è contro natura e
accidentale sia infinito, il che accadrebbe se l’anima durasse sempre senza il corpo.

66. Come valuta San Tommaso la situazione dell’anima separata dal corpo?
San Tommaso dice che, anche se oggettivamente l’anima [separata dal corpo] è accontentata dal dono della visione di
Dio, soggettivamente invece non lo è, perché rimane senza soddisfare un desiderio essenziale, quello dell’unione con
il suo corpo. “La separazione dell’anima dal corpo è necessariamente accidentale e contro natura, se l’unione
dell’anima al corpo è per sé naturale, quindi, l’anima non può essere in perpetuo separata dal suo corpo”, è
necessario, dunque, la risurrezione del corpo.

67. Perché è interessante considerare l’evoluzione della posizione di Ratzinger sulla questione
dell’immortalità dell’anima?
Perché riafferma che la soluzione cattolica alla escatologia intermedia non comporta sottomettere la Rivelazione (unità
dell’uomo) a schemi filosofici greci (dualismo anima/corpo). Inoltre, intende armonicamente i doni della natura (creati con
anima e corpo) con quelli della grazia (la risurrezione al modo di Cristo). Ratzinger fa una spiegazione biblica in prospettiva
storico-salvifica e cristologica (indica la nostra vita dopo la morte come risurrezione in Cristo) e non una spiegazione
metafisica (immortalità dell’anima come qualità naturale della nostra essenza).

68. Quali sono le principali correnti della teologia protestante del secolo XX sull’escatologia
intermedia?
Tre correnti (le prime 2 negano lo stato intermedio, la 3 no):
1. Teoria della morte totale: la morte implica la completa eliminazione dell’individuo (risurrezione come nuova
creazione dell’uomo tutto intero).
2. Atemporalismo (Barth e Brunner): la morte porta l’uomo fuori dal tempo, per cui la risurrezione avviene con la
morte che sopprime ogni distanza temporale con la parusia.
3. Il “sonno” (Cullmann): il NT parla di risurrezione, l’immortalità è un concetto greco; però c’è una escatologia
intermedia. Questo autore parla di sopravvivenza dell’uomo senza corpo nello Spirito Santo perché nota che san Paolo
parla di coloro che dormono dopo la morte.

69. Quali argomenti possono essere adotti per criticare la teoria della risurrezione nel momento della
morte?
1. Motivo cristologico: nostra risurrezione è partecipazione a quella di Cristo: Lui è risorto dopo 3 giorni
rimanendo per quel tempo nella morte;
2. Motivo mariologico: se fosse vero l’atemporalismo, la situazione della Madonna non sarebbe diversa da
quella di tutti i salvati.
3. Motivo antropologico: con l’atemoporalismo c’è un ritorno al platonismo perché il corpo (cadavere) viene
privato definitivamente della salvezza; inoltre, c’è una svalutazione della storia (tensione nel rapporto tempo-
eternità).

70. C’è qualche documento importante del Magistero della Chiesa nell’epoca contemporanea
sull’escatologia? Quali sono i punti salienti?
La CDF ha pubblicato la “Lettera su alcune questioni concernenti l'escatologia” (1979). Si riassume in 7 punti
salienti:
1. La Chiesa crede nella risurrezione dei morti.
2. La risurrezione si estende a tutto l'uomo.
3. Sussistenza dell'anima (=elemento spirituale dotato di coscienza e volontà) dopo la morte; il termine anima
non va rigettato.
4. La Chiesa esclude le teorie che rendono senza senso la sua preghiera per i defunti.
5. La Chiesa aspetta la manifestazione del Signore che è distinta (concettualmente) e dilatata (nei tempi) rispetto
alla condizione dell'uomo subito dopo la morte.
6. La Chiesa esclude le teorie che rendono senza senso l'Assunzione.
7. Esistono il paradiso per i giusti, l'inferno per i dannati e il purgatorio per chi deve espiare.

11

Potrebbero piacerti anche