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ESCATOLOGIA UNIVERSALE
VII.1. Parusia
1. Cosa vuol dire parusia?
Parusia viene dalla parola παρ-ἑιμί che vuol dire “essere presente”. Quando in 1Ts 2, 19 si dice: nel momento della
sua ‘venuta trionfale’, vuol dire semplicemente: farsi presente. Nel NT questo termine designa solitamente la venuta
di Cristo glorioso (la seconda venuta), con potere e maestà, per giudicare gli uomini. La parusia è la pasqua della
creazione. Pietro e Paolo parlano e ci credono alla seconda venuta appunto perché Gesù stesso lo aveva detto (Mt
24–25; cf. Dn 7: la venuta del Figlio dell’uomo).
5. Come hanno reagito i cristiani al protrarsi della venuta gloriosa del Signore?
C’era una sincera attesa di un veloce ritorno del Signore Gesù. La fede nella sua promessa unita alla nostalgia e al
desiderio di ritrovarlo, specialmente dopo aver sperimentato le persecuzioni e sofferenze della vita, stimolavano la
convinzione circa la sua imminenza. Il cristianesimo si è sviluppato ed è cresciuto nella constatazione del ritardo della
parusia, che è stato assunto in un modo naturale, pacifico, senza suscitare delle crisi di fede. In alcuni momenti
si è vissuta una maggiore consapevolezza della possibilità che il mondo stesse finendo: ad esempio attorno all’anno
Mille della nostra era, con il fenomeno del “millenarismo”, che si è riproposto in forme diverse nel cambio di
millennio del Duemila. In realtà, a ogni generazione umana non manca l’esperienza della fragilità e contingenza del
mondo e della propria esistenza, manifestata anche dalle calamità cosmiche e umane.
7. Dice la liturgia che la parusia è speranza della Chiesa? Cosa è l’adventus medius?
Ratzinger dice che la parusia costituisce la pienezza della liturgia della Chiesa e «la liturgia è la parusia in
mezzo a noi». L’intreccio tra presente e futuro che caratterizza il cristianesimo consente di affermare che «ogni
Eucaristia è parusia; l’arrivo del Signore, eppure ogni Eucaristia fa aumentare il desiderio che Egli riveli il suo splendore
nascosto. Gesù, in quanto crocifisso, continua a essere Colui che se ne va, ma è insieme Colui che, quale trafitto con
le mani distese, continua a venire!».
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Tra il primo Avvento e l’ultimo, c’è l’adventus medius. In linea con l’escatologia del presente giovannea, e senza
abbandonare l’attesa della venuta definitiva, il tempo intermedio non è vuoto. In esso si dà la “venuta intermedia”,
una presenza anticipatrice che fa parte dell’esistenza cristiana, i cui modi sono molteplici: «Il Signore viene mediante
la sua parola; viene nei sacramenti, specialmente nella santissima Eucaristia; entra nella mia vita mediante parole o avvenimenti».
VII.2. Risurrezione
8. C’è qualche relazione tra la fede nella risurrezione e la fede nella creazione?
Come segnala Ratzinger, l'Incarnazione e la Risurrezione, eventi centrali del cristianesimo, fanno diretto riferimento
al valore positivo della materia nel progetto di Dio, manifestando l’unità del disegno di creazione e salvezza. Il ritorno
di Cristo non ha come fine una spiritualizzazione del creato che implichi la distruzione della sua dimensione materiale,
bensì mostrare la vocazione eterna della materia. La fede nella risurrezione è legata alla fede nel Creatore.
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14. Perché la predicazione della risurrezione trovò così forti ostacoli?
Per il contrasto con la mentalità del tempo:
- Sembrava contraria al senso comune ed alle leggi di natura. La carne ed il corpo sono legati fortemente
con la corruttibilità come è possibile pensare che siano destinati alla gloria eterna?
- Sul piano più filosofico, per il neoplatonismo la materia era concepita come estranea al corpo, era una
prigione da cui liberarsi. Anche lo gnosticismo sottolineava che la vera salvezza era quella dell'anima. È da
notare però che i greci ammettevano l'immortalità dell'anima.
15. Come si può spiegare che la risurrezione non è assurda ma l’unico modo di sostenere l’immortalità
della vita umana?
San Tommaso concepisce l’anima come forma del corpo. Sostiene che l’anima separata dal corpo non solo è innaturale ma
contra natura, in quanto la sua attività naturale è informare il corpo. E così, senza il corpo l’anima è imperfetta.
Quando si afferma la riunificazione di corpo e anima come avviene nella risurrezione, si sta dicendo
qualcosa di naturale (anche se causata soprannaturalmente, naturale rispetto al fine, soprannaturale rispetto al
principio attivo, cioè l’intervento divino perché l’anima da sola non lo può fare). Perciò se si considera l’unità
dell’uomo, è ragionevole affermare la necessità della risurrezione per garantire il giusto ordine all’immortalità
dell'anima, insomma della vita umana.
18. Come si può spiegare l’identità tra corpo terreno e corpo risorto?
La Sacra Scrittura mantiene che la nostra risurrezione sarà conforme a quella di Gesù Cristo (cf. Fil 3,20-21), il quale,
dopo la risurrezione ebbe un corpo palpabile, di carne e ossa, come lui stesso dovette ricordare agli Apostoli sorpresi
perché pensavano di vedere uno spirito (cf. Lc 24,39), possiamo dire con parole di Ratzinger, si tratta di un realismo
spirituale. Ma non è possibile sostenere quest’identità tra corpo terreno e corpo risorto basandoci sia da una
posizione materiale, che da quella formale. San Tommaso d’Aquino risolve la questione, partendo da Ef 4, 13: finché
arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungeremo la misura della
pienezza di Cristo. Cristo che è risorto, ed è risorto con tutta la sua storia: “con le ferite dei chiodi”. L’età perfetta è: 33,
poiché in essa c’è la pienezza dell’essere umano. Lungi da una continuità materiale o formale, puntiamo a una visione
personalistica: ciascuno è la sua storia e risorgerà con la sua storia. Il Concilio Lateranense IV dice: ciascuno riceverà
secondo le sue opere (Ap: ai giusti li accompagneranno le loro opere). Quindi, sono le azioni delle persone che costituiscono una
storia, la cui viene conservata nella memoria (sant’Agostino). Romano Guardini al riguardo, afferma che: risurrezione
vuol dire che non risorge solo la forma, ma la storia, non solo la sostanza, ma la vita dell’uomo.
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2. Is 65, 17: Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e terra nuova; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà
e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio.
3. Mt 19,28: Io vi dico in verità che nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, anche
voi, che mi avete seguito, sarete seduti su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele.
4. Rm 8, 19-21: anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei
figli di Dio.
5. Ap 21, 1-4 parla di un rinnovamento con riferimento al soprannominato brano del profeta Isaia: “Ecco, io faccio
nuove tutte le cose”.
6. 2Pt, 3,10-13: Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal
calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta… i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati
fonderanno”.
20. Quali sono i pregi e i limiti della visione del Cristo cosmico di Teilhard de Chardin?
Pregi: sostiene che c’è una continuità fra storia del cosmo e storia della salvezza. Tutto cammina verso l’Omega, cioè verso
Cristo. Quindi, collega Cristo con la creazione, essa è stata creata in vista di lui…
Limiti: sembra tener una visione troppo evoluzionista e inoltre panteista (inno alla materia), e proprio questo linguaggio
che tende a dire che tutto è Cristo e che Cristo è solo alla fine, non sta bene, perché vuol dire che noi ancora dobbiamo
aspettare: vuol dire che l’Incarnazione e la Redenzione non ci hanno salvato. Cristo è visto solo come l’Omega. Invece
noi crediamo che Cristo è l’Alfa e l’Omega e quindi, tutto è stato creato non solo in vista di lui, ma per mezzo di Lui,
e per Lui!
22. Quali testi del Concilio Vaticano II sono fondamentali sul rapporto fra progresso umano e Regno
di Dio?
LG 48: apre il capitolo dedicato all’indole escatologica della comunità ecclesiale, ed esprime l’armonia fra la sua
dimensione presente (già) e quella futura (non ancora). GS 39: si trova alla fine del capitolo dedicato all’attività umana,
e si concentra sul valore che essa può assumere nell’orizzonte escatologico. I due testi costituiscono, nella loro
complementarità, un esempio dell'equilibrio fra impegno cristiano nel mondo e attesa escatologica. Già ma non ancora;
si devono distinguere ma non separare.
VII.4. Giudizio
24. C’è qualche testo nell’AT che parla di un giudizio escatologico? Quale sarà il luogo di tale giudizio?
Gioele 4,1-2.12.14-16: In quei giorni e in quel tempo, quando ristabilirò le sorti di Giuda e Gerusalemme, riunirò tutte le genti e le
farò scendere nella valle di Giòsafat, e là verrò a giudizio con loro per il mio popolo Israele… Si affrettino e salgano le nazioni alla
valle di Giòsafat, poiché lì siederò per giudicare tutte le nazioni dei dintorni… Il sole e la luna si oscurano e le stelle cessano di
brillare. Il Signore ruggirà da Sion, e da Gerusalemme farà udire la sua voce; tremeranno i cieli e la terra.
Il luogo: la valle di Giosafat, che non è da intendere come un luogo fisico ma, guardando alla sua etimologia,
come la valle della Decisione o del giudizio (Giosafat = Dio giudica).
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26. Perché solo Dio giudica? Se è così, perché si dice nel NT che anche i santi giudicheranno?
Solo Dio giudica perché il giudizio è collegato alla verità. Dio, che è la verità, che è l’unico Creatore e Signore di tutto,
è il solo adatto a tale compito. Il ruolo dei santi nel giudizio testimonia la dimensione ecclesiale di questa
verità della fede: «L'incontro col Cristo avviene nell'incontro con i suoi, nell’incontro con il suo Corpo; motivo per cui la nostra sorte,
la nostra verità, proprio quando sia intesa nel senso teologico e cristologico, dipende dal rapporto che abbiamo instaurato con il suo Corpo
e con le sue membra sofferenti; a questo riguardo i “Santi” sono “giudici”» dice san Tommaso: «A un santo viene riconosciuta
la funzione di giudice perché il suo cuore sarà compenetrato di tutta la verità divina, così da poterla manifestare agli
altri.
31. Quale è il nome più adatto dal punto di vista biblico per designare la comunione con Dio per
sempre? Perché?
Il nome più adatto è “vita eterna”. Perché già nel AT si vede che Dio è colui che dona la vita (Gn 2) e che non gode
della morte dei viventi (Sap 1). Dio è Colui che dà la vita in pienezza e offre agli uomini la possibilità di partecipare
della sua stessa vita. La nozione di vita eterna è sviluppata in particolare in Giovanni. Gesù stesso è «pane e luce
della vita», «risurrezione e vita», «via, verità e vita». La vita eterna è già iniziata, è disponibile per chi la vorrà accogliere
ed è aperta all'eternità. Due modi in cui Dio dona la vita in un contesto escatologico: come vita eterna per coloro che
credono nel momento presente: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo»
(Gv 17,3), e come resurrezione di tutti che avrà luogo alla fine dei tempi: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha
la vita eterna, ed io lo risusciterò alla fine dei giorni” (Gv 6,54).
32. Sarà una noia la vita eterna?
No, non sarà una noia. Il tema è affrontato da Benedetto XVI in Spe Salvi 10-12. Già la vita sulla terra è un continuo
intreccio di riposo e attività. Vita, richiama all’attività che però è anche fatica. Eterna ci fa pensare all’interminabile
che ci spaventa. L’eternità non è un continuo susseguirsi di giorni del calendario ma è un farsi abbracciare dalla totalità
e abbracciarla a nostra volta, è un sempre nuovo immergersi nella ampiezza dell’essere che è amore. Sant'Ireneo
diceva che nella vita eterna il Figlio ci mostrerà sempre qualcosa di nuovo del Padre.
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Il «riposo santo e perpetuo da ogni fatica e da ogni molestia» come dice sant’Agostino, «non consiste in
un’infingarda inattività, ma in un’ineffabile tranquillità di riposante attività, che conserva ciò che costituisce
la caratteristica del riposo, ossia agire senza affaticarsi, pensare senza preoccuparsi».
34. Perché si è insistito nel chiamare lo stato finale col nome di visione beatifica?
Vedere Dio è soprannaturale per l’uomo, perché questi non ha per natura la capacità di giungervi; al contempo, la
visione divina è il fine che il Creatore ha dato alla sua creatura, e pertanto ha iscritto nella sua natura quel
desiderio del fine che l’attira. Il tema della visione sottintende il primato della facoltà conoscitiva. Questo non vuol
dire che neghi le altre. Infatti, si parla di beatifica cioè che rende felici, il che non è possibile senza l'adesione della
libertà e della volontà. Il linguaggio della visione per descrivere lo stato dei beati ha la funzione insopprimibile di
salvaguardare la trascendenza di Dio e l'autonomia delle creature.
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Gesù usa il termine ghéenna per descrivere il luogo della condanna del diavolo e di coloro che lo seguono. È una realtà
che: preesiste all’uomo (cf. Mt 25,41); un abisso di fuoco (cf. Mt 13.42.50), parabola del grano e la zizzania; spazio
della punizione eterna dopo il giudizio (cf. Mt 25, 41.46; 23, 15.33); luogo «dove il loro verme non muore» (Mc 9,48);
san Paolo parla di coloro che si perdono e saranno castigati con una rovina eterna (Fil 3, 19; 2Ts 1, 9).
41. Quale rapporto esiste fra la definizione del peccato e le punizioni dell'inferno?
Nel peccato l’elemento formale è l'aversio a Deo e l’elemento materiale la conversio ad creaturas. Al primo corrisponde
la pena di danno, cioè la perdita di un bene infinito: Dio (separazione, allontanamento da Dio) che porta alla
disperazione, frustrazione e solitudine; al secondo, la pena del senso che fa riferimento alla nostra condizione fisica,
porta sofferenze fisiche, richiama il fuoco dell'inferno.
42. Come si può descrivere il dolore della perdita della visione di Dio?
L’intelletto sarà privato totalmente del lume divino, e l’affetto sarà ostinatamente contrario alla bontà di Dio.
L’oscurità dell’intelletto che non vedrà più la luce e la malizia della volontà separata per sempre dalla bontà
provocheranno nello spirito umano uno stato permanente di frustrazione per non aver raggiunto il suo fine, di disperazione nel
capire che non c’è più possibilità di raggiungerlo e di solitudine per essersi chiuso in se stesso.
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Sant’Agostino dice che prima del peccato l’uomo poteva non morire perché poteva non peccare –non per costituzione della
sua natura ma dall’albero della vita–, quindi Adamo era mortale per costituzione ma immortale per dono di Dio. San
Tommaso riflette sull’anima forma corporis: l’anima di per sé spirituale è immortale (perciò per l’uomo la morte non è
naturale per la sua forma). La materia invece è di per sé corruttibile, perciò da questo lato la morte è naturale. Ora
Dio, nella sua onnipotenza, tolse all’uomo la necessità della morte, beneficio che fu ritirato per colpa dei progenitori.
Perciò la morte è naturale per la condizione della materia ma è un castigo per la perdita del dono divino che preserva
dalla morte. Probabilmente se non ci fosse stato il peccato, comunque, l’uomo sarebbe dovuto passare da questa vita
all’altra perché non aveva ancora la pienezza escatologica (sant’Agostino) ma lo avrebbe fatto senza paura e angoscia
(GPII). Per tanto, e questa è la chiave: ciò che era naturale all’uomo (morire) diventa allo stesso tempo,
conseguenza del peccato. La morte è conseguenza del peccato ed è naturale.
49. In che cosa consiste l’ipotesi della scelta finale nel momento della morte?
Autori come Glorieux e Boros, sostengono che nella morte ci sarà per ciascuno un momento di lucidità in cui si
potrà compiere la definitiva scelta pro o contro Dio. Il presupposto è che Cristo avrebbe assunto la morte,
rendendola perfetta ed efficace, perché essa avrebbe in sé un potere per l’autorealizzazione dell’uomo. Rahner sostiene
che la morte costituisce per natura l’autorealizzazione personale. La morte, quindi, sarebbe il momento principale
della vita umana in cui si concentra tutta l’escatologia.
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54. Perché si parla di un giudizio particolare diverso da quello finale?
Sant'Agostino (dubita sulla retribuzione dopo la morte) sostiene che subito dopo la morte c’è un giudizio individuale
(fondato su parabola dei talenti, del povero Lazzaro e del buon ladrone). San Tommaso però approfondisce dicendo
che infatti c'è anche il giudizio particolare diverso da quello finale perché:
1. La retribuzione dell'uomo è doppia: una, secondo l'anima (individuale) nel momento della morte e un'altra,
rispetto al corpo e all'anima (collettiva) al momento della resurrezione;
2. Poiché Dio è sia creatore che provvidente, allora il giudizio particolare corrisponde all'opera di governo, si
viene giudicati per le proprie azioni anche in rapporto al governo universale, poi c'è anche un giudizio
universale che corrisponde alla prima creazione di tutte le cose nell'essere.
3. Per la distinzione tra dimensione sociale e personale dell'essere umano.
55. Quali aspetti costituiscono il contesto biblico della dottrina sul purgatorio?
1. La santità di Dio, che non ammette alcuna imperfezione accanto a sé.
2. La condizione peccaminosa dell’uomo, cioè non pienamente pura, in cui si trovano tanti alla fine della
vita.
3. L’unità della Chiesa, che offre una misteriosa solidarietà che permette la purificazione dei suoi membri
peccatori. Anche la comunione dei santi che implica la preghiera di intercessione; le preghiere degli uni
funzionano per gli altri per via della comune appartenenza al corpo mistico di Cristo.
56. Ci sono testi nell’AT e nel NT che parlano di una purificazione dopo la morte?
1. 2Mac 12,40-45: Giuda Maccabeo ordina di offrire suffragi per alcuni soldati che sono morti in battaglia
avendo nelle loro tasche degli idoli → sono morti con un certo peccato (difendevano Israele ma erano un
po' idolatri) → il testo presuppone che ci sia la possibilità di pregare per i defunti (preghiera per i defunti e fede nel
purgatorio vanno insieme, i santi non hanno bisogno di preghiera come anche i condannati).
2. 1Cor 3, 10-15: utilizza l'immagine del fuoco che rivelerà la natura di quello che l'uomo ha costruito sul
fondamento di Cristo nella vita; ma alcuni vedranno bruciare la loro costruzione, questi saranno puniti ma
poi si salveranno passando per il fuoco stesso → sant'Ambrogio, Agostino e Gregorio Magno vedono questo
testo come fondamento per il purgatorio.
3. Mt 5,25: Gesù dice di mettersi d'accordo con l'accusatore perché una volta che sei in prigione devi pagare
fino alla fine → alcuni hanno visto la prigione come il purgatorio.
57. Quale è l’elemento comune indiscusso tra l’Oriente e l’Occidente per quanto riguarda la
comprensione della purificazione dopo la morte?
La preghiera liturgica per i defunti, in modo particolare la celebrazione della Santa Messa. Occidente e Oriente
coincidono in due punti: il valore della penitenza ecclesiale dopo la morte e la possibilità dell’aiuto mutuo
oltre i confini tra l’aldiquà e l’aldilà. Santa Perpetua intercede per il fratellino defunto; San G. Crisostomo offre
preghiera per i defunti; la tradizione delle messe gregoriane, ecc.; san Tommaso dice: se preghi per i defunti allora deve
esserci il purgatorio perché i dannati e i salvati sono già a posto. Inoltre, la preghiera per i defunti aiuta anche a chi la compie
perché è un atto di carità.
58. Quali sono gli elementi di controversia tra l’Oriente e l’Occidente a proposito della purificazione
dopo la morte?
Con il dialogo con gli gnostici, che intendono la vita come un processo di purificazione e maturazione, Clemente
d’Alessandria sostiene che è importante l'educazione, il fuoco educherà i non eletti al bene. Origene riprende questo e
formula la teoria dell'apokatastasis legandola al fuoco. Crisostomo rigetta questa posizione e lega l'esistenza del
purgatorio all'idea del ritardo della piena retribuzione, generando successivamente confusione tra purgatorio e
refrigerium interim. Dunque, in Oriente negano il fuoco purificatore (che resta per loro legato all'apokatastasis; inferno
temporale) e della sofferenza. In Occidente non ci sono problemi ad accettare la nozione di un fuoco
purificatore.
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usano offrire per gli altri fedeli, secondo le consuetudini della chiesa».
60. Quali sono le ragioni addotte dai riformatori per negare l’esistenza del purgatorio?
1. Non accettano tale dottrina perché essa non può essere dimostrata con le Scritture (sola Scriptura), dato
che negavano la canonicità dei Libri dei Maccabei. Inoltre, dicono che la preghiera per i defunti viene
dai pagani, è una tradizione corrotta.
2. Se la giustificazione è realizzata per la sola fede, il purgatorio «contraddice l’articolo fondamentale che
Cristo solo, e non l’opera umana, può venire in aiuto alle anime». Gli uomini non possono contribuire né
alla propria salvezza né a quella degli altri.
3. Siccome la giustificazione non opera un rinnovamento interiore che implichi purificazione, ma
un’imputazione esterna della salvezza di Cristo, l’uomo è simultaneamente giusto e peccatore. Una
peccaminosità così profonda non può essere cancellata totalmente dallo spirito.
64. Possono intercedere per noi mentre si purificano le anime del purgatorio?
San Tommaso è del parere che ciò succeda dopo la loro purificazione: Le anime del purgatorio, pur essendo superiori a noi
per l’impeccabilità, sono tuttavia inferiori per le pene che soffrono. Perciò esse sono nella condizione non di poter pregare, ma piuttosto di
aver bisogno di preghiere (Summa Theologica, II-II, q. 83). Sant’Alfonso de’ Liguori, fa una sottile distinzione fra ‘non
essere in istato di pregare’ e ‘non poter pregare’. Non possono pregare perché stando a patire sono inferiori a noi e più presto
bisognosi delle nostre orazioni; ma in tale stato ben possono pregare, perché sono anime amiche di Dio. Le anime del
purgatorio non conoscono le nostre orazioni, ma il Signore fa loro note le nostre preghiere, ed esse che sono piene
di carità, non lasciano di pregare per noi (ad.es. santa Caterina di Bologna attestava che molte grazie che non aveva
ottenute per intercessione dei santi, le aveva poi conseguite per mezzo delle anime del purgatorio.
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corpo ed è senza il corpo, è imperfetta. Dunque, è impossibile che ciò che è naturale sia finito, e che ciò che è contro natura e
accidentale sia infinito, il che accadrebbe se l’anima durasse sempre senza il corpo.
66. Come valuta San Tommaso la situazione dell’anima separata dal corpo?
San Tommaso dice che, anche se oggettivamente l’anima [separata dal corpo] è accontentata dal dono della visione di
Dio, soggettivamente invece non lo è, perché rimane senza soddisfare un desiderio essenziale, quello dell’unione con
il suo corpo. “La separazione dell’anima dal corpo è necessariamente accidentale e contro natura, se l’unione
dell’anima al corpo è per sé naturale, quindi, l’anima non può essere in perpetuo separata dal suo corpo”, è
necessario, dunque, la risurrezione del corpo.
67. Perché è interessante considerare l’evoluzione della posizione di Ratzinger sulla questione
dell’immortalità dell’anima?
Perché riafferma che la soluzione cattolica alla escatologia intermedia non comporta sottomettere la Rivelazione (unità
dell’uomo) a schemi filosofici greci (dualismo anima/corpo). Inoltre, intende armonicamente i doni della natura (creati con
anima e corpo) con quelli della grazia (la risurrezione al modo di Cristo). Ratzinger fa una spiegazione biblica in prospettiva
storico-salvifica e cristologica (indica la nostra vita dopo la morte come risurrezione in Cristo) e non una spiegazione
metafisica (immortalità dell’anima come qualità naturale della nostra essenza).
68. Quali sono le principali correnti della teologia protestante del secolo XX sull’escatologia
intermedia?
Tre correnti (le prime 2 negano lo stato intermedio, la 3 no):
1. Teoria della morte totale: la morte implica la completa eliminazione dell’individuo (risurrezione come nuova
creazione dell’uomo tutto intero).
2. Atemporalismo (Barth e Brunner): la morte porta l’uomo fuori dal tempo, per cui la risurrezione avviene con la
morte che sopprime ogni distanza temporale con la parusia.
3. Il “sonno” (Cullmann): il NT parla di risurrezione, l’immortalità è un concetto greco; però c’è una escatologia
intermedia. Questo autore parla di sopravvivenza dell’uomo senza corpo nello Spirito Santo perché nota che san Paolo
parla di coloro che dormono dopo la morte.
69. Quali argomenti possono essere adotti per criticare la teoria della risurrezione nel momento della
morte?
1. Motivo cristologico: nostra risurrezione è partecipazione a quella di Cristo: Lui è risorto dopo 3 giorni
rimanendo per quel tempo nella morte;
2. Motivo mariologico: se fosse vero l’atemporalismo, la situazione della Madonna non sarebbe diversa da
quella di tutti i salvati.
3. Motivo antropologico: con l’atemoporalismo c’è un ritorno al platonismo perché il corpo (cadavere) viene
privato definitivamente della salvezza; inoltre, c’è una svalutazione della storia (tensione nel rapporto tempo-
eternità).
70. C’è qualche documento importante del Magistero della Chiesa nell’epoca contemporanea
sull’escatologia? Quali sono i punti salienti?
La CDF ha pubblicato la “Lettera su alcune questioni concernenti l'escatologia” (1979). Si riassume in 7 punti
salienti:
1. La Chiesa crede nella risurrezione dei morti.
2. La risurrezione si estende a tutto l'uomo.
3. Sussistenza dell'anima (=elemento spirituale dotato di coscienza e volontà) dopo la morte; il termine anima
non va rigettato.
4. La Chiesa esclude le teorie che rendono senza senso la sua preghiera per i defunti.
5. La Chiesa aspetta la manifestazione del Signore che è distinta (concettualmente) e dilatata (nei tempi) rispetto
alla condizione dell'uomo subito dopo la morte.
6. La Chiesa esclude le teorie che rendono senza senso l'Assunzione.
7. Esistono il paradiso per i giusti, l'inferno per i dannati e il purgatorio per chi deve espiare.
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