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I.

LA DIACONIA DELLA VERITÀ

Javier Salinas Viñals

Il compito fondamentale del catechista è condurre i catechizzandi all’incontro con Gesù Cristo,
alla comunione con Lui, che ci introduce nel mistero di Dio. Per questo, egli è anche un servitore
della Verità, che è Cristo, perchè «non si vuole che ciascuno trasmetta la propria dottrina o quella di
un altro maestro, ma l’insegnamento di Gesù Cristo, la Verità che Egli comunica o, più esattamente,
la Verità che Egli è» (CT 6). D’altra parte, l'ufficio del catechista è espressione e realizzazione del
servizio alla verità, cui la Chiesa è sempre chiamata. Infatti, essa obbedisce al mandato del Signore
che risuona costantemente nel suo essere per la forza dello Spirito Santo: «andate dunque e fate
discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19). Così la Chiesa è maestra della verità e la sua missione è
annunciare e far conoscere la Verità, che è Cristo, che illumina le grandi aspirazioni dell’uomo,
risponde alle sue domande, porta a compimento i suoi valori. In sostanza mostra il senso della vita e
la apre ad una speranza oltre la morte, come ha ricordato il Vaticano II in un testo memorabile:
«solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo» (GS 22).

Il desiderio e la crisi della verità

La vita degli uomini è sempre un cammino da percorrere, una realtà aperta, costellata da
molteplici domande. L’uomo si chiede chi sia, quale sia il senso di ciò che vuole e di ciò che fa,
cosa ci sia dopo la norte; si chiede, soprattutto, se l’odio, i conflitti e quanto rovina la pace nella
propria vita e in tutta la società, un giorno avranno fine (cf. NA 1). L’aspirazione alla verità e
l’incessante ricerca di un senso appartengono alla sua realtà più profonda. Dio ha creato l’uomo a
sua immagine e somiglianza ed egli porta con sé, nel cuore e nella mente, l’aspirazione alla verità
che, insieme all’amore, costituiscono la sua vocazione più autentica. Tutta la sua storia è
attraversata da questa inquietudine, da questa ricerca, che Agostino nelle Confessioni spiegò tanto
brillantemente: «ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in Te».
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Tuttavia, questo desiderio di verità è indebolito, come conseguenza del peccato originale, che si
è manifestato in molti modi nel corso della storia: oggi in particolare nella cosiddetta dittatura del
relativismo, che non conosce nulla di definitivo e che lascia l’uomo in balia dei suoi interessi
immediati, che spegne in lui il desiderio della verità e ancor più nega l’esistenza della verità e,
pertanto, la possibilità di avervi accesso. Inoltre, in una cultura come quella odierna, nella quale
prevale la ragione strumentale, si offre una visione della verità come di un’idea che noi stessi
dobbiamo costruire, al contrario di quando ha detto Signore: «la verità vi farà liberi» (Gv 8,32).

La diaconia della verità

In tale contesto acquista forza il servizio alla verità che la Chiesa è chiamata a realizzare, perchè
essa stessa è il frutto di questa Verità, che è Cristo presente nella storia. Nel dinamismo di questo
servizio, la catechesi è una delle azioni più decisive per la trasmissione della verità sull’uomo, sul
mondo e sulla storia. Analizziamo gli elementi fondamentali che costituiscono questa azione
ecclesiale, che ha il suo fondamento nella Rivelazione di Dio, alla luce della quale possiamo
scoprire la verità ultima dell’uomo e del mondo. Sarà necessario vedere la relazione esistente tra la
Rivelazione e la sua trasmissione, manifestata nella Tradizione e nel linguaggio proprio nel quale ci
viene comunicata la buona notizia del Vangelo, verità che rende felici gli uomini.

La Rivelazione, fondamento della diaconia della verità


«Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua
volontà […]. La profonda verità, poi, che questa Rivelazione manifesta su Dio e sulla salvezza degli
uomini, risplende per noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la
Rivelazione» (DV 2). La Rivelazione di Dio, che si manifesta nel dono di se stesso agli uomini –
perché è Lui che precede l’uomo, viene ad incontrarlo e gli rivela il suo Mistero e la sua volontà – è
la Verità, perché Lui stesso fa conoscere la sua vita intima, fondamento di tutta la realtà, e il suo
progetto di salvezza. Nella Verità che Dio rivela e che è la persona stessa di Cristo l’uomo trova
risposta al suo desiderio di verità: «con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad
ogni uomo» (GS 22).

Cristo, pienezza e rivelatore della Verità


Alla luce di questa verità, che è Cristo (CCC 422-423), si svela una novità di vita: «In questo
senso, tutta la vita del Cristo fu un insegnamento continuo: i suoi silenzi, i suoi miracoli, i suoi

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gesti, la sua preghiera, il suo amore per l’uomo, la sua predilezione per i piccoli e per i poveri,
l’accettazione del sacrificio totale sulla croce per la redenzione del mondo, la sua risurrezione sono
l’attuazione della sua parola ed il compimento della rivelazione» (CT 9). A sua volta, Cristo stesso
si fa rivelatore della Verità, fondamento e pienezza della vita degli uomini: «questa è la vita eterna:
che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17,3).

La fede, accettazione della Verità


Davanti alla Verità rivelata, l’uomo è chiamato dalla fede a consacrarsi liberamente e totalmente
a Dio e ad accettare come vero tutto ciò che Egli ci ha manifestato di sé e dei suoi progetti di
salvezza. La fede in Dio necessita cioè che l’uomo riconosca come vero quello che Dio ha rivelato.
In realtà, la fede cristiana è un credere che è allo stesso tempo un sapere, non una supposizione o
un giudizio. Papa Francesco lo spiega così: «l’uomo ha bisogno di conoscenza, ha bisogno di verità,
perché senza di essa non si sostiene, non va avanti. La fede, senza verità, non salva, non rende sicuri
i nostri passi. Resta una bella fiaba, la proiezione dei nostri desideri di felicità, qualcosa che ci
accontenta solo nella misura in cui vogliamo illuderci. Oppure si riduce a un bel sentimento, che
consola e riscalda, ma resta soggetto al mutarsi del nostro animo, alla variabilità dei tempi, incapace
di sorreggere un cammino costante nella vita. Se la fede fosse così, il re Acaz avrebbe ragione a non
giocare la sua vita e la sicurezza del suo regno su di un’emozione. Ma proprio per il suo nesso
intrinseco con la verità, la fede è capace di offrire una luce nuova, superiore ai calcoli del re, perché
essa vede più lontano, perché comprende l’agire di Dio, che è fedele alla sua alleanza e alle sue
promesse» (LF 24).
Allo stesso modo, sappiamo che «è impossibile credere da soli. La fede non è solo un’opzione
individuale che avviene nell’interiorità del credente, non è rapporto isolato tra l’“io” del fedele e il
“Tu” divino, tra il soggetto autonomo e Dio. Essa si apre, per sua natura, al “noi”, avviene sempre
all’interno della comunione della Chiesa. La forma dialogata del Credo, usata nella liturgia
battesimale, ce lo ricorda. Il credere si esprime come risposta a un invito, ad una parola che deve
essere ascoltata e non procede da me, e per questo si inserisce all’interno di un dialogo, non può
essere una mera confessione che nasce dal singolo. È possibile rispondere in prima persona,
“credo”, solo perché si appartiene a una comunione grande, solo perché si dice anche “crediamo”»
(LF 39).

La Tradizione, trasmissione della Verità rivelata

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«La Rivelazione di Dio, culminata in Gesù Cristo, è destinata a tutta l’umanità: “Dio vuole che
tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1Tm 2,4). In virtù di questa
volontà salvifica universale, Dio ha disposto che la Rivelazione si trasmettesse a tutti i popoli, a
tutte le generazioni e rimanesse per sempre integra (cf. DV 7). Per adempiere questo disegno
divino, Gesù Cristo istituì la Chiesa sul fondamento degli Apostoli e, inviando loro lo Spirito Santo
da parte del Padre, li mandò a predicare il Vangelo in tutto il mondo. […] Questa Tradizione
apostolica si perpetua nella Chiesa e per mezzo della Chiesa. Ed essa, tutt’intera, pastori e fedeli,
vigila per la sua conservazione e trasmissione» (DGC 42-43).
La Chiesa realizza in modo particolare il suo servizio alla verità attraverso la trasmissione della
fede agli uomini di tutti i tempi. Questa trasmissione esprime il centro più intimo del suo essere, in
quanto, nata dal Vangelo, essa è chiamata a evangelizzare e, illuminata dalla Verità che è Cristo, a
dare testimonianza di Lui. Questa trasmissione della verità, che Dio dà in Cristo, si realizza
attraverso uomini concreti che agiscono nel suo nome e in dialogo con la cultura e le culture. In
questo senso, il servizio alla verità esige dei testimoni personali. Questi non apportano
semplicemente delle conoscenze ma, con la loro stessa vita, trasmettono Cristo. In ultima istanza,
essere cristiano significa esistere per gli altri, come Cristo stesso. Così la tradizione è un processo
vitale, un avvenimento intersoggettivo e comunicativo, creatore di vincoli. È l’esperienza della
Chiesa stessa, la comunità di quelli che credono in Gesù e lo seguono. Come dichiara il Concilio
Vaticano II: «La Chiesa nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte
le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede» (DV 8).

Necessità di un linguaggio per la trasmissione della Verità


Il soggetto storico della comprensione della Verità rivelata è la Chiesa e la conoscenza, la
trasmissione e l’appropriazione di questa Verità della Rivelazione ha un luogo e un linguaggio
propri. Per accedere alla verità rivelata e appropriarsi della tradizione della fede, è necessario un
linguaggio. La Rivelazione, in cui sono inseparabili fatti e parole, si è data attraverso un linguaggio
– quello della Sacra Scrittura, del Simbolo, della Liturgia e delle formule dogmatiche – e questo
prezioso deposito deve essere custodito fedelmente, con l’aiuto dello Spirito Santo (cf. 1Tm 6,20;
2Tm 1,13-14). Il deposito della fede risuona costantemente nella Chiesa per mezzo dello Spirito
Santo, che è il maestro interiore che rende l’uomo capace di entrare in relazione con Cristo ed
essere contemporaneo a Lui e lo porta oltre ogni linguaggio, per entrare in relazione con Dio.

Il Catechismo al servizio della Verità

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La diaconia della verità porta la Chiesa a proporre il “linguaggio di base della fede”, il
linguaggio della Tradizione, per mezzo del quale risuona sempre con tutto il suo significato
salvifico. In questo senso, un Catechismo costituisce uno strumento di base per la comunione nel
linguaggio della fede e, pertanto, per la comunione ecclesiale in sé. Come strumento della
Tradizione e compendio sistematico e organico della Verità rivelata nella sua completezza, il
Catechismo raccoglie e incorpora le forme distinte del linguaggio della Scrittura e della Tradizione,
con le quali la Chiesa, una e unica, esprime il suo linguaggio della fede. Qui risiede il grande valore
del Catechismo della Chiesa cattolica come riferimento fondamentale per la diaconia della verità.
In effetti, in esso «emerge la ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto, custodito ed
offerto nei suoi duemila anni di storia. Dalla Sacra Scrittura ai Padri della Chiesa, dai Maestri di
teologia ai Santi che hanno attraversato i secoli, il Catechismo offre una memoria permanente dei
tanti modi in cui la Chiesa ha meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare
certezza ai credenti nella loro vita di fede» (PF 11).

Dimensione salvifica della diaconia della Verità


Di fronte alle domande e alle necessità dell’uomo odierno è necessario sottolineare la realtà della
salvezza cristiana, la capacità umanizzante del Vangelo, la sua forza per suscitare una nuova
umanità e una nuova cultura. Questo è un compito fondamentale della diaconia della verità che,
mostrando la verità, crea uno splendore che illumina tutte le realtà umane, aprendole ad una nuova
pienezza. In questo senso, il catechista è chiamato a far conoscere e a legare l’uomo a Gesù Cristo,
che è affermazione dell’uomo, e a trasmettere il Vangelo, che è un messaggio che contiene il senso
profondo della vita e risponde ai desideri più profondi del cuore umano. Quale forza acquistano le
parole di Benedetto XVI: «Non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si
dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo e troverete la vera vita»1.

Le sfide per la diaconia della Verità

La situazione culturale odierna, specialmente nel mondo occidentale, marcata dalla crisi della
verità, pone grandi sfide alla diaconia della verità, che la Chiesa è chiamata a realizzare. Ciò vale
specialmente per quanto riguarda il lavoro e la missione propria della catechesi e, quindi, del
catechista. Un testo di Benedetto XVI illumina questo oscuramento della verità, così presente nella
vita concreta di molti uomini e donne del nostro tempo, ed offre il criterio fondamentale per

1
BENEDETTO XVI, Omelia per l'inizio del Ministero Petrino, 24 aprile 2005.
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affrontarlo: «Solo il precedere di Dio rende possibile il camminare nostro, il cooperare nostro, che è
sempre un cooperare, non una nostra pura decisione. Perciò è importante sempre sapere che la
prima parola, l’iniziativa vera, l’attività vera viene da Dio e solo inserendoci in questa iniziativa
divina, solo implorando questa iniziativa divina, possiamo anche noi divenire − con Lui e in Lui −
evangelizzatori»2.

Soggettivismo, relativismo, pluralismo, incertezza e dubbio


Oggigiorno è più che mai necessario accentuare la dimensione veritativa della fede e il suo
realismo. È necessario proporre con onestà il tesoro integro del messaggio cristiano, senza
selezionarne i contenuti, seguendo l’esempio della pedagogia divina, che si adatta agli uomini,
tenendo però conto della pienezza della Rivelazione. Si tratterebbe di partire da una semplice
esposizione dell’intera struttura del messaggio cristiano, guardando alla gerarchia delle verità (cf.
DGC 114-115). D’altra parte, nell’attuale pluralismo culturale, è da stimolare nelle comunità la
creazione di spazi di dialogo: in particolare, spazi di dialogo interreligioso e, in generale, con
qualsiasi persona che cerca la verità, perché «il cristiano […] ha la grande certezza di fondo di poter
prendere tranquillamente il largo nel vasto mare della verità, senza dover temere per la sua identità
di cristiano. Certo, non siamo noi a possedere la verità, ma è essa a possedere noi: Cristo, che è la
Verità, ci ha presi per mano, e sulla via della nostra ricerca appassionata di conoscenza sappiamo
che la sua mano ci tiene saldamente. L’essere interiormente sostenuti dalla mano di Cristo ci rende
liberi e al tempo stesso sicuri. Liberi: se siamo sostenuti da Lui, possiamo entrare in qualsiasi
dialogo apertamente e senza paura. Sicuri, perché Egli non ci lascia, se non siamo noi stessi a
staccarci da Lui. Uniti a Lui, siamo nella luce della verità»3.
Alla luce di questo, è anche necessario superare la paura di essere tacciati di fondamentalismo
perché, come ricorda papa Francesco, «la verità oggi è ridotta spesso ad autenticità soggettiva del
singolo, valida solo per la vita individuale. Una verità comune ci fa paura, perché la identifichiamo
con l’imposizione intransigente dei totalitarismi. Se però la verità è la verità dell’amore, se è la
verità che si schiude nell’incontro personale con l’Altro e con gli altri, allora resta liberata dalla
chiusura nel singolo e può fare parte del bene comune. Essendo la verità di un amore, non è verità
che s’imponga con la violenza, non è verità che schiaccia il singolo. Nascendo dall’amore può
arrivare al cuore, al centro personale di ogni uomo. Risulta chiaro così che la fede non è
intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al

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BENEDETTO XVI, Meditazione durante il Sinodo dei Vescovi, 8 ottobre 2012.
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BENEDETTO XVI, Discorso alla Curia Romana, 21 dicembre 2012.
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contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci
possiede» (LF 34).

Frammentazione e individualismo
Come abbiamo notato, la diaconia della verità si situa all’interno della totalità della realtà e del
mistero della Chiesa. Essa infatti offre a ogni cristiano il Vangelo di Gesù Cristo così com’è creduto
e professato dal popolo di Dio; garantisce anche l’ambiente vitale, cioè le comunità cristiane, e
illumina la meta, perché propone che quanti sono iniziati alla fede possano divenire membri attivi
della vita e della missione della Chiesa. Niente di più lontano di questo che una catechesi
frammentaria, che conduce a visioni parziali, o chiusa in gruppi cristiani autosufficienti (DGC 137-
139). Il servizio alla verità si pone in comunione di fede con la Chiesa (cf. EN 70). Essere cristiano
significa immergersi nella storia, nella tradizione e nella vita della Chiesa, nei suoi costumi e nel
suo linguaggio. Non si tratta di imparare un libro, ma di partecipare alla realtà viva della Chiesa,
che è il vero soggetto della fede e la catechesi deve tenere questo in grande considerazione.

Sfiducia nei confronti della tradizione e concezione della verità come elaborazione
La fede è prima di tutto accoglienza di Qualcuno che si è dato per fecondare l’esistenza e
trasformare le realtà storica. La missione della catechesi è di trasmettere ciò che ci fu dato, ciò che
abbiamo ricevuto (cf. 1Cor 15): un dono nuovo e sorprendente, inaspettato per l’uomo, una novità
che ci è offerta, e che non proviene da noi, ma che ci è data come grazia. Per questo, è necessario
fare della catechesi un vero servizio alla verità, offrendo in modo chiaro e semplice, con tutti i
mezzi possibili, i fatti fondamentali della nostra salvezza, senza nascondere nulla, lasciando che Dio
e Gesù Cristo si manifestino come hanno voluto fare, lasciandoli essere chi sono, senza
addomesticare la Parola o sottoporla al filtro delle nostre interpretazioni o elaborazioni. Alla fine, si
tratta di offrire «quelle certezze, semplici, ma solide, che li aiutino a cercare di più e meglio la
conoscenza del Signore» (CT 60).

Irrilevanza personale e sociale della verità


Per molti, la fede cristiana appare come alquanto superata, priva di forza per illuminare
realmente la vita. In questo senso, la diaconia della verità deve sforzarsi di presentare un messaggio
significativo per la persona: ciò non è una questione di metodo, ma scaturisce dalla stessa verità
cristiana, che apre tutta l’esistenza umana alla comunione con Cristo (cf. DGC 116). Per questo,
mostrare la credibilità della fede impone di presentare ciascuna verità della fede nella sua
dimensione salvifica, in modo che illumini le aspirazioni, le inquietudini e le ricerche degli uomini.

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Si tratta di non ridurre la verità cristiana ad un insieme di idee, ma di mostrare che essa è la «luce
del mondo». È necessario, perciò, che sia accompagnata dalla testimonianza di adesione alla Verità
e all’evento di Gesù Cristo da parte della comunità ecclesiale e, concretamente, del catechista. In tal
modo, assume forza la missione educativa della Chiesa, ancor più nel contesto attuale di emergenza
educativa, perché è possibile educare una persona in tutte le sue dimensioni proprio grazie
all’incontro con la Verità, col Dio vivente e grazie ad una vita che apprezza tutto ciò che è buono,
bello e vero. Si tratta di «evangelizzare educando ed educare evangelizzando» (cf. CT 58).

Conclusione. Il catechista, testimone della Verità

La domanda «cos’è la verità?» nella scena di Gesù davanti a Pilato ha sempre accompagnato, in
modi diversi, il lungo percorso della Chiesa. La risposta di Gesù continua a essere la forza e lo
slancio della comunità ecclesiale, che ha la missione di condurre gli uomini alla pienezza della vita:
«Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità.
Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (Gv 18,37). Il discepolo va sempre dietro al proprio
maestro e, pertanto, anche il catechista è chiamato a essere servitore della Verità. Paolo VI aveva
affermato in Evangelii nuntiandi che «il Vangelo che ci è stato affidato è anche parola di verità.
Una verità che rende liberi (cf. Gv 8,32) e che sola può donare la pace del cuore: questo cercano gli
uomini quando annunziamo loro la Buona Novella. Verità su Dio, verità sull’uomo e sul suo destino
misterioso, verità sul mondo. Verità difficile che ricerchiamo nella Parola di Dio ma di cui non
siamo, lo ripetiamo, né padroni né arbitri, ma i depositari, gli araldi, i servitori» (EN 78). Il
catechista, con la sua testimonianza al servizio della verità, contribuisce alla grande missione della
Chiesa. Come afferma papa Francesco: «La Chiesa afferma il diritto di servire l’uomo nella sua
interezza, dicendogli quello che Dio ha rivelato circa l’uomo e la sua realizzazione, ad essa desidera
rendere presente quel patrimonio immateriale senza il quale la società si sfalda, le città sarebbero
travolte dai propri muri, abissi e barriere. La Chiesa ha il diritto e il dovere di mantenere accesa la
fiamma della liberta e dell’unità dell’uomo»4.

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FRANCESCO, Discorso all’Episcopato brasiliano, 27 luglio 2013.
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