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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

06-10-2014

Per capire adeguatamente è necessario porre attenzione ai principi che stanno alla base di questo
corso. Parlare della funzione di insegnare implica che ci sia una realtà chiamata "Chiesa", con
una propria identità, un fondamento, una missione da compiere e una messaggio da comunicare.
Allo stesso tempo il messaggio da comunicare costituisce il fondamento di questa realtà e
l'identità della Chiesa. Questa realtà realizza la sua missione di annuncio attraverso la funzione di
santificare. Ecco la connessione tra il munus docendi e il munus sanctificandi. DV 2 dice che Dio
si rivela e si dona all'uomo svelando il suo Mistero.
2. Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli
uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2
Pt 1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es
33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Questa economia della Rivelazione
comprende eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la
dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto. La profonda verità,
poi, che questa Rivelazione manifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza
di tutta intera la Rivelazione.

Questo messaggio, che è Cristo, è allo stesso tempo il fondamento e il contenuto del messaggio
che la Chiesa proclama. Allo stesso tempo questa rivelazione è compiuta ma la nostra
comprensione e l'annuncio è sempre incompiuto. il munus docendi interviene allora affinché tutti
gli uomini possano conoscere il messaggio di salvezza di Cristo. Sin dall'inizio questa verità è
stata consegnata agli Apostoli. Il Vangelo è stato tramandato sia dagli Apostoli, sia dai loro
discepoli sia da coloro che misero per iscritto la storia della Salvezza. Affinché il Vangelo
trasmesso agli Apostoli, e da questi ai loro successori, si mantenesse integro, gli Apostoli
scelsero i vescovi per continuare la predicazione Apostolica con una successione continua fino
alla fine dei tempi
7. Dio, con somma benignità, dispose che quanto egli aveva rivelato per la salvezza di tutte le genti, rimanesse per sempre integro e venisse
trasmesso a tutte le generazioni. Perciò Cristo Signore, nel quale trova compimento tutta intera la Rivelazione di Dio altissimo, ordinò agli
Apostoli che l'EVangelo, prima promesso per mezzo dei profeti e da lui adempiuto e promulgato di persona venisse da loro predicato a tutti
come la fonte di ogni verità salutare e di ogni regola morale (8), comunicando così ad essi i doni divini. Ciò venne fedelmente eseguito, tanto
dagli Apostoli, i quali nella predicazione orale, con gli esempi e le istituzioni trasmisero sia ciò che avevano ricevuto dalla bocca del Cristo
vivendo con lui e guardandolo agire, sia ciò che avevano imparato dai suggerimenti dello spirito Santo, quanto da quegli Apostoli e da uomini a
loro cerchia, i quali, per ispirazione dello Spirito Santo, misero per scritto il messaggio della salvezza (9).

Gli Apostoli poi, affinché l'EVangelo si conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa, lasciarono come loro successori i vescovi, ad essi «
affidando il loro proprio posto di maestri » (10). Questa sacra Tradizione e la Scrittura sacra dell'uno e dell'altro Testamento sono dunque come
uno specchio nel quale la Chiesa pellegrina in terra contempla Dio, dal quale tutto riceve, finché giunga a vederlo faccia a faccia, com'egli è (cfr.
1 Gv 3,2).

La sacra Tradizione

8. Pertanto la predicazione Apostolica, che è espressa in modo speciale nei libri ispirati, doveva esser conservata con una successione
ininterrotta fino alla fine dei tempi. Gli Apostoli perciò, trasmettendo ciò che essi stessi avevano ricevuto, ammoniscono i fedeli ad attenersi alle
tradizioni che avevano appreso sia a voce che per iscritto (cfr. 2 Ts 2,15), e di combattere per quella fede che era stata ad essi trasmessa una
volta per sempre (11). Ciò che fu trasmesso dagli Apostoli, poi, comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa del popolo di Dio e
all'incremento della fede; così la Chiesa nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che
essa è, tutto ciò che essa crede.

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

Questa Tradizione di origine Apostolica progredisce nella Chiesa con l'assistenza dello Spirito Santo (12): cresce infatti la comprensione, tanto
delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro (cfr. Lc 2,19 e 51), sia
con la intelligenza data da una più profonda esperienza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale
hanno ricevuto un carisma sicuro di verità. Così la Chiesa nel corso dei secoli tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in
essa vengano a compimento le parole di Dio.

Le asserzioni dei santi Padri attestano la vivificante presenza di questa Tradizione, le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e nella vita della
Chiesa che crede e che prega. È questa Tradizione che fa conoscere alla Chiesa l'intero canone dei libri sacri e nella Chiesa fa più profondamente
comprendere e rende ininterrottamente operanti le stesse sacre Scritture. Così Dio, il quale ha parlato in passato non cessa di parlare con la
sposa del suo Figlio diletto, e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce dell'EVangelo risuona nella Chiesa e per mezzo di questa nel
mondo, introduce i credenti alla verità intera e in essi fa risiedere la parola di Cristo in tutta la sua ricchezza (cfr. Col 3,16).

Questa trasmissione, compiuta nello spirito Santo, è chiamata Tradizione. La Tradizione, anche
se distinta, è strettamente legata alla Sacra Scrittura e permette alla Chiesa di perpetuare e
trasmettere alle generazioni tutto ciò che essa è e crede. Grazie a tutto ciò la comunicazione
divina rimane presente e operante nella Chiesa nella sua interezza. In questo modo la Sacra
Scrittura e la Tradizione congiuntamente rendono attuale e fecondo il Mistero di Cristo. La Sacra
Scrittura è la Parola di Dio messa per iscritto sotto l'azione dello Spirito. la Tradizione conserva
la Parola di Dio e la trasmette. La Tradizione viva della Chiesa riceve questa Parola e la
trasmette integralmente ai successori degli Apostoli i quali devono conservare fedelmente il
messaggio ricevuto.

13-10-2014

Il Depositum Fidei è inteso come contenuto della Sacra Scrittura e della Tradizione. E' il
contenuto affidato dagli Apostoli all'autorità della Chiesa.

La funzione di insegnare della Chiesa.

Il linguaggio utilizzato nel libro III ci permette di discostarci dal linguaggio tecnico-giuridico,
tipico di altri libri del CDC, perché i concetti espressi nel libro III hanno una grande fondamento
teologico. il libro III presenta sostanzialmente la regolamentazione giuridica in modo che sia
facilitato il compimento di quell'impegno primario della Chiesa, costituito dall'annuncio del
Vangelo e dalla tutela del patrimonio di fede nelle diverse circostanze del tempo e della vita. Si
deve osservare che la collocazione del libro III nel codice ha un suo preciso significato nel
quadro dell'impostazione giuridica della Chiesa. Questa collocazione risponde al principio
secondo il quale una volta collocata l'esposizione del popolo di Dio, libro II, si esplicita l'obbligo
fondamentale che spetta al popolo di Dio, quello di proclamare la Parola di Dio e di vivere in
conformità a questa Parola. Allo stesso modo la vita cristiana inizia con la fede, resa possibile
dalla predicazione del Vangelo e si sviluppa per mezzo dei sacramenti e degli altri mezzi di
grazia. Questa vita si esprime nella testimonianza che ogni cristiano è chiamato a svolgere nella
sua esistenza.

Anche la struttura del libro III indica i criteri di priorità presenti all'interno del libro stesso.
Troviamo innanzitutto il ministero della Parola divina (756-780): in questo primo titolo troviamo
due componenti principali: la predicazione e la catechesi, strumenti principe con cui la Chiesa

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

realizza questo compito; troviamo poi l'attività missionaria (781-782) che secondo il Concilio
Vaticano II è azione di tutta la Chiesa. Abbiamo infine gli altri titoli che sono strumentali agli
altri due: L'educazione cattolica, gli strumenti di comunicazione sociale e la professione di fede.
Appare così chiaro che il libro III dispone la normativa in un contesto di missione, senza
distinguere eccessivamente tra attività della Chiesa ad intra e a extra ma facendo riferimento alla
vita della comunità cristiana e alla sua proiezione verso il mondo contemporaneo. Di
conseguenza la ragione d'essere delle norme contenute in questo libro è quella di contribuire a
garantire la fedeltà della Chiesa alla Verità lasciata da Cristo perché la missione della Chiesa sia
efficace. Si deve anche notare che la prospettiva missionaria, secondo la quale ognuno pur con
diversità di funzioni deve realizzare, ci permette di dire che nel libro III del CDC non è più
possibile distinguere in maniera netta e assoluta tra Chiesa docente e Chiesa discente.

Tutta la Chiesa è allo stesso tempo discente, quando cioè ascolta l'annuncio del Vangelo
lasciandosi guidare dal Vangelo che ha ascoltato. Allo stesso tempo tutta la Chiesa è docente
perché, avendo ricevuto la Parola divina, realizza la sua missione di trasmettere la sua parola in
maniera fedele. Certamente il codice distingue le funzioni e i compiti in una dinamica di ascolto,
trasmissione e recezione del Vangelo, in particolare la funzione decisiva del Magistero. Sulla
linea tracciata dal Concilio, queste funzioni sono inserite nella missione di insegnare che è
affidata a tutta la Chiesa.

I primi 9 canoni:

i canoni 747-755 costituiscono i canoni preliminari introduttivi del libro III. Questi nove canoni
sono il fondamento dottrinale e dogmatico di tutto il libro III. Sono un punto irrinunciabile per la
comprensione di tutto il libro. I temi contenuti possono essere sintetizzati così:

in questi canoni si afferma il diritto-dovere della Chiesa di custodire e trasmettere


INTEGRALMENTE a tutti i popoli la Verità rivelata, il Depositum Fidei ricevuto da Cristo
(747);

allo stesso modo si afferma il diritto-dovere di tutti gli uomini di cercare la verità nelle cose che
riguardano Dio e di abbracciarla. (748);

si descrive il Magistero infallibile della Chiesa (749) e le altre verità che richiedono l'assenso di
fede (750), mentre nel 751 vengono elencate le tre posizioni delittuose di fronte alla fede
(scisma, eresia ed apostasia);

viene presentato l'insegnamento del Magistero autentico dell'autorità suprema della Chiesa a cui
il fedele risponde con il religioso ossequio della fede e della volontà (752);

ad un livello più basso troviamo il Magistero autentico dei singoli vescovi o delle Conferenze
episcopali e dei concili provinciali a cui il fedele risponde con il religioso ossequio dell'anima.

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C'è una condizione alla quale il fedele è tenuto ad aderire: la presunzione della comunione del
proprio vescovo con il Collegio e il Romano pontefice (753);

Si richiama infine l'obbligo dei fedeli di osservare le legittime disposizioni dell'autorità


ecclesiastica (754) e il dovere dell'autorità ecclesiastica di promuovere l'attività ecumenica (755).

Il Depositum Fidei (can 747): la Chiesa ha sempre avuto viva coscienza del suo compito:
annunciare con autorità il Vangelo a tutti i popoli. La Chiesa è colonna e fondamento della
Verità. E' il dono ricevuto da Cristo e l'autocoscienza della fede che permette di fare questa
affermazione. Il Magistero ha il compito di insegnare e testimoniare tutto ciò che la Chiesa ha
ricevuto dagli Apostoli e ha il compito di insegnarlo e testimoniarlo con autorità, fedelmente. La
Chiesa, alla luce di questa consapevolezza, ha il compito di conservare libera da errori e
deformazioni questa dottrina ricevuta. Allo stesso tempo ha il compito di giudicare con autorità
nuove dottrine e proporre approfondimenti secondo le necessità dei tempi e delle persone (LG
24-25). Il soggetto della predicazione del Vangelo a tutti gli uomini è la Chiesa a cui è affidato il
deposito della fede. La sottolineatura di questo canone fa riferimento alla varietà di compiti e
carismi nella Chiesa presenti nei pastori e nei fedeli attraverso i quali si realizza il munus
docendi. Il compito di annunciare la buona novella vale per tutti in ragione del battesimo e della
cresima. L'evangelizzazione quindi non è mai un fatto puramente individuale. E' sempre un fatto
ecclesiale. L'evangelizzatore agisce a nome di tutta la Chiesa la quale a sua volta agisce in nome
di Cristo. L'evangelizzatore non è padrone del messaggio che trasmette perché egli stesso lo ha
ricevuto da altri e deve trasmetterlo integro così come lo ha ricevuto da altri. Come abbiamo già
ricordato (DV 7) per assicurare continuità nella predicazione e perché il Vangelo restasse vivo,
gli Apostoli lasciarono ai loro successori il compito di interpretare autenticamente la Parola di
Dio. Tuttavia non si può dimenticare che il Magistero è al servizio della Parola di Dio, non ne è
padrone. Insegnando solo ciò che è stato trasmesso il Magistero stesso ascolta, custodisce e
espone fedelmente tutto ciò che propone di credere come verità rivelata da Dio. Questo
Magistero è esso stesso al servizio della Parola di Dio e trasmette fedelmente ciò che ascolta.
Facendo ciò, la Chiesa procede nella fedeltà all'insegnamento di Cristo e allo stesso tempo lo
approfondisce per l'uomo del nostro tempo. Alla luce del compito ricevuto dal suo Signore la
Chiesa afferma davanti a tutti il suo "diritto nativo" di predicare il Vangelo con ogni mezzo e
indipendentemente da ogni autorità. Si tratta di un punto nodale che identifica e specifica la
Chiesa in quanto tale, ossia come realtà assolutamente unica e non riconducibile a nessuna altra
organizzazione umana. Questa coscienza nasce dal compito che gli Apostoli hanno ricevuto dal
Signore. Nessuna potestà umana può cambiare questa realtà che si fonda su Cristo. E' un diritto
che la Chiesa ha in se stessa come parte costitutiva di se stessa. Qual è l'oggetto dell'annuncio?
L'oggetto è costituito dal Depositum fidei che la Chiesa custodisce, approfondisce e trasmette. Il
deposito non è un oggetto immobile ma una dottrina viva che vive con l'uomo. Il nucleo
fondamentale di questo depositum è sempre lo stesso, immutabile ma la conoscenza di questo
oggetto e il suo approfondimento è sempre in evoluzione così come si evolve l'uomo e la sua
cultura. Non muta il dogma ma solo la sua comprensione. E il luogo ermeneutico della

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comprensione del dogma è solo la Chiesa. Il can 747 usa tre parole fondamentali: conservare,
approfondire e trasmettere. Conservare il Depositum Fidei significa mantenerlo libero da errori e
deformazioni. Ora se tutti abbiamo ricevuto il compito di annunciare il Vangelo, il triplice
compito enunciato dal can 747 appartiene a coloro che hanno ricevuto il carisma di giudicare con
autorità la ricezione e lo sviluppo della dottrina rivelata. Approfondire indica conoscere e vivere
aspetti sempre nuovi del mistero di Cristo, unico evento di salvezza. Infine l'espressione
trasmettere indica la missione evangelizzatrice vera e propria che ha in oggetto il deposito della
fede così come Cristo lo ha lasciato alla Chiesa per trasmetterlo fedelmente. Il Vangelo è la
persona viva di Cristo che interpella l'uomo, di conseguenza l'uomo stesso è chiamato ad una
scelta di vita che interessa tutta la sua esistenza e non soltanto la dimensione spirituale. La
Chiesa ha quindi autorità per proclamare giudizi morali. Da un lato la Chiesa non esercita il
potere temporale e neppure dà soluzioni politiche ma forma la coscienza dei fedeli a partire dalle
verità evangeliche, dall'esperienza concreta di fede. Dall'altro lato afferma che la dottrina non
può essere ridotta a un pacchetto di verità religiose che riguardano solo Dio e la coscienza e
l'intimo dell'uomo perché questo non è cristianesimo. Piuttosto l'esperienza vera di Cristo
indirizza alla piena comprensione dell'uomo, dei suoi bisogni più veri verso il riconoscimento
della propria identità e costruire così una vita più giusta per ogni uomo. Quando la Chiesa
denuncia ingiustizie e abusi o condanna deformazioni della convivenza civile, politica o
economica, lo fa a partire dai principi morali del Vangelo, non fa altro che svolgere un servizio
per i fedeli e tutti gli uomini.

Di fronte a questo diritto-dovere della Chiesa di annunciare il Vangelo, troviamo il can 748 par.
1 che parla del dovere di ogni uomo di cercare la verità su Dio. Ciò si fonda sulla natura
razionale dell'uomo. Da questa domanda dipende l'esistenza e l'agire dell'uomo e questa risposta
è assolutamente personale, insostituibile e nessuno la può dare al nostro posto. In questo senso
allora è considerata una legge divina iscritta nel cuore dell'uomo che lo spinge a domandarsi
della presenza di Dio, spinge l'uomo a prendere posizione di fronte a Dio. Da questa risposta
dipende tutta la vita dell'uomo e le sue scelte (DH 1-3). La libertà religiosa si fonda sulla libertà
dell'uomo. La professione di fede ha senso solo se è frutto di una libera decisione dell'uomo. Il
diritto alla libertà religiosa appartiene a qualunque persona di fronte a qualunque realtà, anche di
fronte alla Chiesa. Ha come riferimento ultimo la volontà salvifica di Dio e la missione della
Chiesa di portare la salvezza a tutti gli uomini. Questa libertà esprime il dovere che nessuno può
convincere un altro ad abbracciare la fede. L'atto di fede è per sua natura libero.

Can 749: il Magistero infallibile. Se leggiamo LG 24 e DV10 possiamo affermare che il deposito
della fede è affidato a tutta la Chiesa. Il compito di interpretare autenticamente e in maniera
autorevole la Parola di Dio scritta e trasmessa, è stato affidato al Magistero vivo della Chiesa che
esercita questo munus nel nome di Cristo, per istituzione divina. Questo Magistero ha il compito
di ammaestrare autenticamente i fedeli con l'autorità di Cristo. Il compito di interpretare
autenticamente e autorevolmente il Depositum Fidei è una competenza esclusiva dei pastori che
sono successori di Pietro e degli Apostoli. L'infallibilità è un dono di Cristo alla sua Chiesa e

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questo dono garantisce, con l'assistenza dello Spirito Santo, l'indefettibilità della fede trasmessa
dagli Apostoli. Grazie a questo carisma noi siamo sicuri che nella Chiesa quella è la fede
trasmessa dagli Apostoli. In questo senso l'infallibilità è una prerogativa soprannaturale per
mezzo della quale la Chiesa in forza di una peculiare esistenza divina non può essere nell'errore
nel proclamare, professare e definire una verità rivelata. Solitamente si distingue tra infallibilità
in credendo e infallibilità in docendo. L'infallibilità in credendo indica che mediante la virtù
teologale della fede, la creatura è resa capace di acconsentire infallibilmente alla rivelazione
sotto l'impulso della grazia di modo che la totalità della fede non può ingannarsi in materia di
fede. L'infallibilità in docendo è invece una prerogativa particolare della quale godono gli atti del
Magistero supremo della Chiesa, quando questo Magistero impegna la sua autorità al massimo
grado e chiede ai fedele la massima adesione obbligando così i fedeli di tutta la Chiesa a ritenere
come definitivo il pronunciamento dottrinale in materia di fede e costumi. Se per definizione gli
atti del Magistero sono autentici e veritieri, la garanzia dell'infallibilità in docendo si dà solo per
alcuni atti, per cui il carisma certo della verità raggiunge la massima espressione nell'infallibilità
vera e propria. In questo caso la Chiesa ha la certezza assoluta della verità della dottrina
insegnata che è indipendente dalla concreta ricezione da parte dei credenti. L'infallibilità non è
una qualità abituale o permanente dei soggetti titolari di questo carisma (papa e collegio
episcopale). Questa si ha soltanto quando questi soggetti si pronunciano su una dottrina in
materia di fede e morale dichiarando che la loro affermazione è accompagnata da precisi requisiti
formali in modo che non ci sia più nessun equivoco su quella verità insegnata. Il can 749
presenta così l'ampiezza e l'estensione del Magistero della Chiesa e si delineano i due soggetti
titolari dell'infallibilità: il papa da solo e il Collegio dei Vescovi “uno cum Petro et sub Petro”
(749 par 1 e 2).

20-10-2014

I due soggetti dell'infallibilità nella Chiesa cattolica, abbiamo visto, sono il Papa e il collegio dei
vescovi. Il magistero straordinario è quello che si verifica solo in circostanze eccezionali o nel
modo in cui questo magistero viene espresso. Diversamente abbiamo magistero ordinario.
Queste caratteristiche indicano la volontà di esprimere una decisione definitiva. Il Magistero
straordinario può essere esercitato dal collegio dei vescovi in concilio o dal Romano Pontefice
quando parla ex cathedra. I due paragrafi del can 749 indicano i termini in cui si esplica questa
infallibilità.

Il romano pontefice, come successore di Pietro e in collegio dei vescovi, come successore del
collegio apostolico sempre in comunione con il papa. Il §1 gode di infallibilità "in docendo"
quando pone un atto con il quale esercita il suo ufficio di Pastore supremo di tutti i fedeli (non
come vescovo di Roma); deve manifestare l'intenzione e la volontà di realizzare un atto di
magistero infallibile definendo così una dottrina che deve essere da tutti i fedeli accettata; deve
trattarsi di una dottrina appartenente all'ambito della fede e della morale. Quando l'insegnamento
del romano pontefice riunisce questi tre elementi allora si tratta di magistero solenne e infallibile.
E' questo l'insegnamento "ex cathedra". Quando il papa si pronuncia con formule esortative non

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

siamo davanti al magistero straordinario così come quando pone delle riflessioni o da giudizi e
pareri personali; non è magistero infallibile quando insegna come vescovo di Roma. E' evidente
che tutte queste forme non costituiscono magistero straordinario e infallibile. Il § 3 del can 749
precisa che per entrambi i soggetti deve essere espressamente detto che si tratta di magistero
infallibile. L'infallibilità di un insegnamento non si presume mentre si presume l'autenticità di un
insegnamento.

749 §2: il soggetto collegiale. Secondo soggetto del magistero infallibile. E' considerato
successore del corpo degli Apostoli. Può esercitare un magistero solenne o straordinario
infallibile in due modi: riuniti in concilio ecumenico si pronunciano dichiarando per tutta la
Chiesa che la dottrina espressa in materia di fede e morale è definitiva. Si deve esplicitamente
manifestare l'intenzione di definire qualche verità a cui tutti devono aderire. Non tutto
l'insegnamento di un concilio è infallibile. Ciò che è garantito dall'infallibilità è solo ciò che
viene definito. Il collegio dei vescovi esercita il carisma dell'infallibilità anche quando i vescovi
sono sparsi per il mondo ma mantenendo il vincolo di comunione tra di loro e con il papa,
insegnano autenticamente insieme al romano pontefice, una verità in materia di fede e morale e
concordano su una verità che deve essere da tutti ritenuta come definitiva.

In entrambi i casi deve risultare in modo manifesto che si vuole rendere la dichiarazione
infallibile.

Di fronte a questi due soggetti si pone l'atteggiamento del singolo fedele che si manifesta
attraverso l'assenso. Il can 750 §1 il legislatore definisce l'oggetto della fede divina e cattolica.
Per fede divina e cattolica bisogna credere tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o
tramandata (Tradizione), ossia nell'unico deposito della fede affidato alla Chiesa e proposto
come rivelato da Dio. Oltre al magistero solenne bisogna credere anche al magistero ordinario
universale, ossia quello che si manifesta con la comune adesione dei fedeli sotto la guida del
sacro magistero. E' un insegnamento di verità credute da sempre e ovunque. Anche questo
magistero è infallibile i quanto è definitivo pur non essendo definito perché non ce ne è stato mai
bisogno di fare una definizione. Fede divina e cattolica significa che si tratta di un assenso di
fede a quelle verità che appartengono al depositum fidei e che la Chiesa dichiara come
divinamente rivelata e esplica ciò attraverso il magistero solenne o mediante il magistero
ordinario universale. Se una verità appartenente al magistero ordinario e universale, va creduta
con fede divina e cattolica proprio a causa dell'assistenza dello Spirito Santo che non può
sbagliare nel guidare la Chiesa.

Non tutti i pronunciamenti del magistero hanno lo stesso grado e la stessa qualità. Il fedele deve
aderirvi volontariamente e liberamente alla verità proposta perché è contenuta nella rivelazione,
rivelata da Dio e proposta dalla Chiesa (fede divina e cattolica).

750 §2: aggiunto con il motu proprio “ad tuendam fidem”, del 5 maggio 1988. In forza di questo
secondo paragrafo si devono pure fermamente credere, accogliere e ritenere anche e tutte le

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

singole cose che vengono poste dal magistero della Chiesa, richieste per custodire santamente e
esporre santamente lo stesso deposito della fede. Si tratta di tutti quegli insegnamenti definitive
che non sono proposti co formalmente rivelati. Queste verità che tecnicamente non sono rivelate
sono però in stretta connessione con altre verità rivelate. Questa connessione può esserci sia sotto
il profilo storico sia logico. Questa concatenazione è necessaria per custodire e spiegare il
Depositum. Sono quindi verità proposte definitivamente ma non come verità rivelate.
Ciononostante per queste verità è richiesto un assenso fermo e definitivo, fondato sulla fede
sull'assistenza dello Spirito Santo al magistero della Chiesa.

Nel caso proposto dal §1 di stratta di dottrina "de fide credenda"; nel §2 si parla invece di
dottrina "de fide tenenda". In questo caso l'assenso non ha lo stesso grado così come la
responsabilità del magistero. Ogni magistero utilizza il grado massimo quando la verità insegnata
è infallibilmente certa, insegnata con l'assistenza dello Spirito santo.

L'assenso alle verità infallibili è il più esigente. Questo assenso pieno che si deve al magistero,
costituisce il grado massimo di risposta del fedele cristiano.

Il magistero può definire soltanto ciò che appartiene al deposito della fede affidato alla Chiesa.
Normalmente si distingue tra "oggetto primario" e "oggetto secondario" dell'infallibilità. L'ogg.
primario si riferisce a tutto ciò che è stato rivelato per la nostra salvezza implicitamente o
esplicitamente e in maniera scritta o tramandata. Questo è esattamente ciò che si definisce
DOGMA DI FEDE. questa verità fa quindi parte della fede normativa della fede cattolica, che
deve essere creduta perché Dio l'ha rivelata. L'oggetto secondario si riferisce a tutte quelle cose
che è necessario dire perché possa essere spiegato il deposito della fede. Sono tutte quelle
dottrine che pur non essendo necessariamente verità rivelate sono tuttavia ritenute verità certe
dalla Chiesa cattolica. di conseguenza mentre l'infallibilità del magistero riguardo all'oggetto
primario viene descritto come verità rivelata, riguardo all'oggetto secondario viene descritto
come verità cattolica.

751: eresia, apostasia e scisma. Di fronte alle verità rivelate proposte come definitive dalla
Chiesa (750 §1), tutti sono tenuti ad assumere un atteggiamento di vigilanza per evitare dottrine
contrarie alla fede. Possono però esserci delle defezioni che in qualche modo possono
direttamente minare l'unità della Chiesa e corrompere la comunione tra i membri della Chiesa
fino a condurre alle situazioni descritte dal 751. A differenza del cjc del 17, l’attuale codice
utilizza una terminologia più astratta e si riferisce alle tipologie e alle persone che sono
battezzate e hanno abbracciato la fede cattolica ma che successivamente hanno abiurato. Non fa
riferimento quindi a quei cristiani non cattolici che vivono fuori dalla Chiesa.

eresia: negazione o il dubbio ostinato su una verità che si deve credere per fede divina e cattolica.
Deve trattarsi di una negazione o di un dubbio ostinato, ossia persistente, cosciente, frutto di una
decisione personale e volontaria, risultato di una sufficiente valutazione. Non si deve confondere
questo atteggiamento con chi, mentre studia e ricerca una verità, mette in discussione alcune

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verità ma non le rifiuta. Allo stesso tempo non si tratta di coloro che negano per mancanza di
conoscenza, che non produce un giudizio. Le verità sono quelle che appartengono al depositum
fidei e che la Chiesa ritiene divinamente rivelate e definite infallibili. Tutte le altre verità non
rientrano nel caso di eresia se venissero non credute.

27-10-2014

apostasia: è uno dei più gravi delitti perché va a toccare non solo una verità ma tutta la fede. E'
l'abbandono totale della fede CRISTIANA. La fede cristiana si abbandona sia per aderire ad
un'altra fede o per il semplice rifiuto di qualsiasi fede. L'espressione rifiuto o abbandono, indica
che si tratta di azione cosciente e volontaria, posto in essere con un atto positivo di volontà di
modo che da un atteggiamento interiore dell'animo, ci sia una manifestazione esterna del rifiuto.
Gesti, azioni, parole dalle quali inequivocabilmente si capisce che il soggetto rifiuta la fede
cristiana o qualunque altra religione. La richiesta formale di essere "sbattezzati" è uno dei modi
con i quali si configura l'apostasia. Deve essere fatta per iscritto e deve essere rivolta all'autorità
ecclesiastica. Una volta recepita l'istanza, il fedele perde tutti i diritti e i doveri connessi allo
status di cristiano. Chiaramente è una "fintio iuris" perché il carattere del battesimo è indelebile
ma si viene esonerati dal diritto positivo della Chiesa.

Scisma: si tratta del rifiuto della sottomissione o della comunione con gli altri membri della
Chiesa che sono in comunione col papa. Lo scisma non riguarda la fede ma il riferimento
all'autorità magisteriale e disciplinare del romano pontefice che egli esercita su tutta la Chiesa.
Tuttavia indirettamente questo rifiuto della sottomissione al romano pontefice tocca una verità
dogmatica che è il riconoscimento della potestà del papa su tutta la Chiesa come vicario di
Cristo. Il principio della comunione regola tutta la vita della Chiesa e non si riferisce solo alla
relazione con il Dio trinitario ma si riferisce al vincolo associativo esistente tra tutti i cristiani. IL
can 205 afferma che la comunione nella Chiesa non è un semplice sentimento ma si identifica
attraverso tre requisiti concreti: appartengono alla piena comunione coloro seguono la stessa
professione di fede, gli stessi sacramenti e lo stesso governo ecclesiastico. Dove uno solo di
questi requisiti difetta, non esiste piena comunione.

La gravità di questi delitti viene sottolineata anche dalla gravità della pena inflitta (can 1364) che
è la scomunica latae sententiae. Esistono quindi effetti giuridici correlati: privazione dell'ufficio
ecclesiastico, irregolarità nel ricevere gli ordini, espulsione da ordini religiosi e negazione delle
esequie religiose.

Il Magistero autentico del papa e del collegio dei vescovi. Papa e vescovi non insegnano sempre
con magistero infallibile ma ciò non vuol dire che il loro magistero sia inutile. E' un magistero
autentico un magistero che bisogna comunque seguire. E' caratterizzato dall'autenticità. Papa e
vescovi, pur non intendendo proclamare una dottrina definitiva, intendono portare avanti un
insegnamento su materia di fede e morale per il bene della Chiesa. Essi agiscono come maestri e
dottori della fede, testimoni della divina e cattolica verità. Anche in questo caso l'autenticità

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

dell'insegnamento è esercitata soprattutto attraverso encicliche, esortazioni apostoliche e altri


documenti aventi carattere dottrinale. Il fondamento di questa autenticità è nel vincolo che unisce
il papa agli altri vescovi e insieme a Cristo nello Spirito santo quando si pronunciano in materia
di fede e morale. A tutti questi documenti del romano pontefice si aggiungono i documenti delle
congregazioni, pontifici consigli e commissioni che svolgono argomenti dottrinali e morali e
fanno ciò con l'autorizzazione del romano pontefice. Il papa quindi svolge questo magistero o da
solo o coadiuvato dalle congregazioni di curia.

Di fronte all'insegnamento non infallibile del romano pontefice e del collegio dei vescovi
(magistero autentico), non si richiede l'obbedienza di fede divina e cattolica ma un religioso
ossequio dell'intelletto e della volontà con il quale accogliere quelle verità che vengono proposte
ma non proclamate in maniera definitiva. Questo religioso ossequio della volontà e
dell'intelligenza (LG 25) lo si deve in modo particolare al magistero del romano pontefice anche
quando non parla ex cathedra. questo religioso ossequio dell'intelletto e della volontà non può
essere solo un atteggiamento esteriore o disciplinare ma corrisponde ad un assenso interno da
parte di chi si trova di fronte ad un testimone qualificato della fede e della dottrina, sia esso papa
o vescovo. E' una vera adesione per motivi di ordine soprannaturale. Non coincide ma si avvicina
molto all'atto di fede. Allo stesso tempo ci troviamo di fronte a una presunzione di autenticità
dell'insegnamento della suprema autorità della Chiesa perché, per definizione, l'autorità nella
Chiesa esiste per insegnare e guidare il popolo di Dio.

Can 752: richiamando i fedeli ad evitare dottrine che non concordano con ciò che la Chiesa
insegna autenticamente, il canone non esclude la possibilità di approfondire la ricerca teologica
ma sempre nel rispetto dei suoi interventi dottrinali e magisteriali e senza dimenticare il dovere
della comunione ecclesiale (can 209) e la coscienza dei propri limiti come singola persona nei
confronti di tutta la Chiesa.

Magistero autentico dei vescovi. Non fa riferimento al collegio dei vescovi ma ai vescovi presi
singolarmente o presi per piccoli gruppi. I canoni precedenti riguardano atti del magistero
ordinario della Chiesa universale al massimo grado dell'infallibilità. Il can 753 tratta del
magistero particolare e autentico dei vescovi considerati individualmente o riuniti in conferenze
episcopali o concili particolari. Anche se questi soggetti non godono dell'infallibilità, secondo
LG25 i vescovi quando insegnano in comunione col romano pontefice, devono essere da tutti
ascoltati con venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità. C'è qui una presunzione
dell'autenticità dell'insegnamento nella misura in cui sussiste comunione con il romano
pontefice. Il canone però sottolinea il requisito principale, cioè l'essere considerati maestri e
pastori soltanto se sussiste comunione col romano pontefice. Anche in questo caso c'è
presunzione di autenticità. Senza questa comunione col romano pontefice, la forza del magistero
del vescovo o del gruppo di vescovi, il loro insegnamento è gravemente mutilato fino a diminuire
e sparire completamente. La comunione gerarchica non è un vago sentimento ma garanzia di
unità tutta la Chiesa e per lo stesso fedele. Il can 753 richiede che i fedeli sono tenuti ad aderire
con il religioso ossequio dell'anima. Non è un assenso di fede, non è un religioso ossequio

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

dell'intelletto e della volontà ma è un livello ancora più bassa. Questo non vuol dire che è
un'adesione solo eterna o disciplinare ma è un'adesione interiore dell'anima del fedele.

Can 754: gli interventi dell'autorità ecclesiastica. L'autorità ecclesiastica non interviene per
proporre nuove dottrina ma anche per spiegare dottrine già date e correggere dottrine già date o
richiamare dottrine e verità che vengono dimenticate. Tutto ciò perché una deriva di queste
dottrine possono ledere i fedeli e creare scandalo nella comunità. Le costituzioni e i decreti sono
visti come atti specifici del munus docendi. In questi atti si insegna una verità o si interpreta
autorevolmente quella verità o si corregge una dottrina o si corregge una opinione di qualche
autore ritenuta erronea. Sono tutti interventi e disposizioni che riguardano determinati problemi
in determinate circostanze e in determinati luoghi. Possono essere costituzioni conciliari,
pastorali, pontificie o decreti dei singoli vescovi e delle conferenze episcopali. Ovviamente qui
non si chiede l'assenso di fede o il religioso ossequio ma prescrive l'obbligo di osservare le
costituzioni e i decreti emessi dalle autorità ecclesiastiche con particolare attenzione agli
interventi provenienti dal romano pontefice e dal collegio dei vescovi.

Can 755: questo canone riguarda il movimento ecumenico. L'importanza di questa ma teria è tale
che in questo settore questo lavoro non può essere lasciato alla libera iniziativa di ciascuno.
Questo canone riconosce la fondatezza e l'importanza del movimento ecumenico al massimo
grado e per tutta la Chiesa. Il codice stabilisce gli organi che si occupano di questo movimento
nella Chiesa: Romano pontefice e collegio dei vescovi (universale); vescovi e conferenze
episcopali (particolare) ma con le direttive della sede apostolica. Possiamo ricordare anche altri
canoni che permettono una certa comunione con i fratelli separati: Can 844 (comunione in
sacris); can 855 che permette la pubblicazione delle bibbie comuni o interconfessionali. Tuttavia
il documento principale per l'ecumenismo resta il direttorio sull’ecumenismo (1993, PCUC).

TITOLO I

IL MINISTERO DELLA PAROLA DIVINA (can 756-780)

Secondo AG 35, tutta la Chiesa è al servizio della parola di Dio. Il primo modo di insegnare è
insegnare la Parola divina e questo è un compito di tutta la Chiesa che ognuno esercita nei modi
e nel posto che ognuno occupa nella Chiesa. I can 756-771 sono introduttivi del titolo primo.

Gli operai dell'evangelizzazione

le fonti e il contenuto oggettivo dell'evangelizzazione,

i mezzi per annunciare la dottrina cristiana

Nell'esercizio di questo compito di evangelizzazione che interessa tutta la Chiesa non tutti hanno
lo stesso grado e gli stessi compiti. In riferimento a tutta la Chiesa tale responsabilità ricade sul
papa e il collegio dei vescovi perché loro hanno ricevuto il messaggio di evangelizzare tutti i
popoli. Secondo EV, questo compito consiste nel papa che predica e fa predicare il messaggio

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

del buona novella. I vescovi, in forza dell'ordinazione episcopale ricevono l'autorità per
annunciare la fede. Non è un'autorità che viene dal papa. L'ufficio che il papa assume verso la
Chiesa universale, con il collegio episcopale, i singoli vescovi lo detengono per le singole chiese
particolari, così per le chiese particolari. Il vescovo è moderatore in diocesi dell'annunzio della
fede perciò è tenuto a vigilare che non si infilino abusi. Al § 2 troviamo possibilità di riunirsi e di
parlare con un altro vescovo. i primi collaboratori dei vescovi sono i presbiteri e in particolare i
parroci. Il can 757 dice che è proprio dei presbiteri annunciare la Parola. Secondo PO4 questa
cooperazione tra vescovo e presbitero ha un campo molto vasto e non indica solo uno stato di
vita ma il ministero di predicazione della Parola. I presbiteri infatti dipendono dal vescovo
nell'esercizio del proprio ministero, pur essendo costituiti "in persona Christi". Per cui è chiaro
che il ministero presbiterale deve avvenire in comunione col vescovo (LG 28-29). Questo dovere
di comunione vale per tutti i presbiteri. Si viene consacrati presbiteri per il servizio della parola a
favore del popolo di Dio e di tutta l'umanità. A titolo speciale questo canone riguarda in
particolare i chierici che hanno ricevuto una cura d'anime.

03-11-2014

I religiosi possono essere chiamati dal vescovo ad esercitare un ministero di annuncio ma il loro
annuncio primario è la loro vita. Il can 758 parla di istituti di vita consacrata, quindi anche gli
istituti secolari sono chiamati alla evangelizzazione. Tutti questi soggetti adempiono al diritto
dovere dell'evangelizzazione secondo le norme del diritto particolare e le direttive del proprio
superiore. Secondo la loro peculiare vocazione collaborano all'annuncio del Vangelo.

I laici (can 759). Sulla scia dell'insegnamento conciliare (lg, aa, ag) questo canone sintetizza la
dottrina del concilio circa i laici e l'evangelizzazione. In virtù del Battesimo e della
Confermazione, vincolo sacramentale, i laici devono osservare il diritto-dovere di annunciare il
Vangelo. Attraverso il Battesimo essi sono conformati a Cristo e incorporati nella Chiesa
(soggetti di diritti e doveri) e attraverso la Confermazione questo compito si rafforza e il
cristiano è chiamato a diffondere e difendere il Vangelo. La testimonianza con la parola, pur
essendo un vero ministero secondo le possibilità di ciascun laico, non si può identificare come
una vera predicazione, come quella dei ministri consacrati. E' più una testimonianza ma non c'è
un mandato preciso. Questo perché lo specifico della testimonianza del laico è la propria vita.
Essi ricercano il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole a Dio (Lg 31).
Ovviamente c'è la possibilità per il laico di essere chiamato a svolgere un servizio particolare
sotto il profilo della evangelizzazione. In questo caso il laico ha il diritto di ricevere la
formazione e la preparazione adeguata per svolgere il ministero a cui è stato chiamato.

Il Ministero della Parola divina: fonte e contenuto.

Il contenuto è il Mistero di Cristo. Attraverso due avverbi: fedelmente e integralmente, si indica


come va trasmesso il contenuto centro del ministero della predicazione. Ct afferma che chi
ascolta ha il diritto di ricevere la parola in tutto il suo rigore e vigore. Ciò vuol dire che

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

l'evangelizzazione non è mai un atto individuale, soggettivo. Esso è sempre un atto ecclesiale. In
questa prospettiva ogni ministro è collegato all'attività evangelizzatrice di tutta la Chiesa che si
traduce in scelte e comportamenti concreti. Questo vincolo può essere sia istituzionale che dal
punto di vista della Grazia, perché questa è la sua specifica vocazione. L'operatore
dell'evangelizzazione non è padrone della propria azione evangelizzatrice ma deve svolgerla in
comunione con la Chiesa. Come conseguenza, l'oggetto di questa evangelizzazione è il Mistero
di Cristo, unico e immodificabile ne passabile sotto silenzio. Non possiamo costruirci un Mistero
di Cristo a nostro uso e consumo o adattarlo ne sminuirlo ma deve essere "integre ac fideliter".

Le fonti di questo Mistero di Cristo sono la Parola scritta o tramandata (Sacra Scrittura,
Tradizione) e vissuta nell'esperienza viva della fede. Altra fonte del Mistero di Cristo è la
liturgia, fede della Chiesa pregata. Cambiare arbitrariamente la liturgia non è possibile. Il
Magistero è fonte dell'insegnamento, in tutti i gradi già esposti. Esso è garanzia di infallibilità nel
credere. In un senso più ampio e generale, fonte dell'evangelizzazione è la vita stessa della
Chiesa. Pur con tutti i limiti, questo è il luogo dove fare esperienza viva del Mistero di Cristo.

I mezzi dell'annuncio e della diffusione della dottrina cristiana (can 751). I mezzi più importanti
sono la predicazione e la catechesi. Ma non ci sono solo questi due mezzi. I codice presenta
anche altri mezzi: scuole, università, associazioni, convegni e moltissimi altri mezzi.

LA PREDICAZIONE DELLA PAROLA DI DIO (762-772)

Distinguiamo gli operatori, i contenuti, le forme, il metodo, i destinatari della predicazione e due
norme accessorie.

Gli operatori:

(762) questo canone fonda il carattere giuridico della predicazione sul principio fondante della
Parola di Dio come elemento di unità e costitutivo della Chiesa, attraverso il suo ascolto. Allo
stesso tempo è la Parola a far crescere e progredire la Chiesa. E' legittimo quindi che gli uomini
ricerchino dai ministri sacri la Parola di Dio e i sacramenti. Sono essi che, costituiti in sacris,
hanno il dovere di pascere il gregge attraverso l'esercizio dei tria munera.

763: viene riconosciuto ai vescovi il diritto di predicare ovunque la Parola di Dio (non al
presbitero nè tantomeno al diacono). Secondo il cjc del 17 predicare ovunque era un privilegio
che il vescovo esercitava con il consenso almeno presunto dell'Ordinario del luogo.
Approfondendo la dottrina vediamo che ciò non nasce da una concessione del romano pontefice
ma nasce dall'ordinazione episcopale stessa. Va però esercitato in comunione con il romano
pontefice (CD 2; LG 24). Questo diritto di predicare ovunque può essere però limitato nel suo
esercizio da un altro vescovo, nel caso in cui un vescovo abbia espressamente vietato la
possibilità di predicare nel suo territorio. Da questa categoria di esclusione sono esclusi tutti
coloro che non sono vescovi, come il vicario e il prefetto apostolico. Deve comunque trattarsi di
un caso particolare espressamente detto e non una norma generale.

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

764: Presbiteri e diaconi sono ordinati per annunciare il Vangelo. Perciò essi non hanno il diritto
ma la facoltà di predicare ovunque. La facoltà di predicare, riconosciuta dal codice, è un diritto
proprio ed è una facoltà che si estende a tutta la Chiesa. Per esercitare legittimamente questa
facoltà, il codice pone delle condizioni:

consenso almeno presunto del rettore della Chiesa in cui si predica

licenza del superiore (locale, provinciale o generale) un caso di prediche a ordini religiosi (can
765).

L'ordinario competente può limitare la facoltà a determinati luoghi, persone e circostanze o


togliere del tutto la facoltà a un determinato presbitero o diacono. L'ordinario competente può
essere l'ordinario religioso, quello del predicatore o quello del luogo dove il sacerdote si reca a
predicare. Il riferimento è sempre alla legge particolare eventualmente esistente in quel territorio.

I laici possono essere ammessi a predicare in una Chiesa o in un oratorio (can 766). il precedente
codice proibiva espressamente questa possibilità. Nel codice vigente la predicazione resta il
principale compito dei chierici. Tuttavia si deve prendere atto che i laici possono essere ammessi
alla predicazione. Nel caso del laico non si tratta ne di diritto ne di facoltà ma di una facoltà che
può dipendere da determinate esigenze e momenti. Non possono però tenere mai l'omelia che è
riservata ai soli chierici. Ovviamente, fuori dalla Chiesa o dall'oratorio, i laici possono predicare
ovunque, in forza del Battesimo e della Confermazione e sotto la sua personale responsabilità.
Non devono avere un incarico speciale ma devono seguire le direttive dei pastori. L'espressione
"possono" ricorre spesso nei canoni dedicati ai laici. L'espressione "a determinate condizioni"
significa che non deve essere una soluzione abituale ma sottolineano l'eccezionalità della
circostanza. Questo non per tenere i laici fuori dalle cose sacre ma perché la vocazione specifica
del laico è un'altra. Tuttavia vi sono situazioni in cui può verificarsi una mancanza abituale di
sacerdoti e diaconi per cui un laico potrebbe essere investito in maniera continuativa della
possibilità di predicare. Tutto ciò però è sempre legato all'eccezionalità del momento.

La CEI ha stabilito che i laici, per predicare nelle chiese ed oratori debbono avere questi
requisiti: ortodossia della fede, preparazione teologica e spirituale, vita esemplare a livello
personale e comunitario; devono aver ricevuto il mandato dall'Ordinario del luogo. La necessità
del mandato del vescovo indica che si tratta di un caso eccezionale e che è il vescovo il
responsabile ultimo della predicazione nella diocesi.

Il contenuto della predicazione (768).

Il contenuto NECESSARIO della predicazione è uno solo: ciò che si deve credere e ciò che si
deve fare per rendere gloria a Dio e per la salvezza degli uomini. In altre parole si tratta di quelle
verità di fede che appartengono alla fede della Chiesa e le norme della vita morale;

la dottrina del magistero della Chiesa riguardo alla libertà e alla dignità dei figli di Dio;

14
D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

la dottrina della Chiesa sulla famiglia, sul matrimonio, sui compiti e gli obblighi della vita
matrimoniale. Obblighi della vita sociale e politica, ossia quell'ordine delle cose temporali
orientate a Dio;

presentare la dottrina sociale della Chiesa come impegno per realizzare una comunità umana più
giusta ed equa, attenta ai bisogni dell'uomo, solidale.

Can 767: le forme della predicazione: la forma più importante è l'omelia. Essa è quella forma di
predicazione che si ha durante la messa. Consiste nella spiegazione di qualche aspetto delle
Letture, della Scrittura o di altri testi della celebrazione di quel giorno, tenuto conto degli
ascoltatori. Da questo canone possiamo ricavare diversi punti:

l'omelia parte della liturgia, è riservata ai ministri in sacris, è legata al testo sacro, ha come
contenuto l'esposizione dei misteri della fede e le norme della vita cristiana, è obbligatoria la
domenica e nelle feste di precetto. Solo una grave causa può esimere da questo obbligo. L'omelia
è raccomandata con un discreto numero di fedeli, nelle messe feriali dei tempi forti, in occasioni
di solennità, feste, lutti o altre circostanze.

Spetta al parroco o al rettore della Chiesa che le norme sull'omelia siano religiosamente
osservate. Al vescovo è riservato il compito di vigilare affinché la normativa sia osservata. Il can
256 raccomanda la preparazione omiletica dei seminaristi. I laici non possono tenere l'omelia. La
pontifica commissione per l'interpretazione autentica ha affermato che il vescovo non può
dispensare da questa ultima norma di riserva dell'omelia ai soli chierici in sacris.

il can 770 chiede al parroco di organizzare altre forme di predicazione quali ritiri, esercizi
spirituali, missioni popolari ecc...

10-11-2014

I destinatari: tutti sono i destinatari della predicazione perché a tutti deve essere annunciato il
Vangelo. Deve essere una preoccupazione costante dei vescovi e dei parroci affinché l'annuncio
raggiunga anche coloro che, a causa delle loro condizioni di vita, non possono ricevere una
regolare cura pastorale. Anche ai non credenti deve essere offerto l'annuncio della Salvezza,
questo come dovere di tutti i pastori.

Il vescovo diocesano nella sua diocesi è il moderatore di tutto il ministero della parola (can 772).
Si attribuisce alla Conferenza Episcopale il compito di dare delle norme per la predicazione
attraverso i mezzi di comunicazione sociale poiché questi mezzi travalicano i confini delle
singole diocesi. la CE del Belgio ha stabilito che quando si parla di particolari argomenti di fede
e morale, sicuramente delicati, bisogna specificare se ciò che si dice è il punto di vista ufficiale
della Chiesa o il proprio. Per intervenire abitualmente in trasmissioni radiotelevisive, i chierici
hanno bisogno dell'autorizzazione e del mandato dell'Ordinario del luogo. I religiosi, oltre a

15
D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

questo, hanno bisogno anche del permesso del superiore. Alcune CE hanno stabilito invece che
basta solamente la presenza del permesso già posseduto dal chierico per la predicazione.

L'istruzione catechetica 773-780

773-778: Diritto-dovere di tutta la Chiesa. Tutti i membri della Chiesa devono sentire una
particolare sollecitudine per la catechesi, sotto la guida dell'autorità ecclesiastica e ciascuno
secondo la propria condizione. E' dovere di tutta la Chiesa ma non tutti i membri hanno le stesse
responsabilità e gli stessi compiti. Ciò dipende dalla missione di ognuno.

La catechesi consiste nella istruzione sulla fede e sulla morale in modo che i fedeli tutti possono
conoscere ciò che debbono credere, professare e come devono comportarsi nelle varie situazioni
della vita, scelte e cose da fare. La catechesi tende a ravvivare tra i credenti la fede, non a
suscitarla, e renderla operativa e concrete: portare il fedele alle decisioni congruenti con le
decisioni di fede. Il can 773 afferma che è dovere proprio e grave, soprattutto dei pastori, curare
la catechesi del popolo cristiano. Questo canone indica inoltre le finalità della catechesi: far
diventare viva, esplicita e operosa la fede ricevuta col battesimo. I mezzi presentati sono
l'insegnamento della dottrina e l'esperienza di vita cristiana. Il compito per tutta la Chiesa spetta
al papa che adempie questo compito sia personalmente sia collegialmente attraverso i concili
ecumenici e i sinodi. Anche attraverso la curia romana, il papa adempie a questo compito
soprattutto attraverso la Congregazione per il Clero che promuove la collaborazione e regola il
lavoro degli uffici catechistici nazionali, approva i direttori catechetici e i catechismi preparati
dalle CE.

774: si sottolinea l'obbligo che hanno i genitori nei confronti dei figli di istruirli nella fede e nella
morale, compito che per diritto naturale viene prima del parroco e della parrocchia.

775: si elencano i compiti del vescovo diocesano in materia di catechesi. Egli deve dettare norme
sulla catechesi, provvedere che siano disponibili gli strumenti adatti per svolgere questo compito
e preparare un catechismo qualora lo ritenesse opportuno; favorire e coordinare le iniziative
catechetiche della diocesi; approvare la pubblicazione di catechismi e ogni altro scritto destinato
all'istruzione catechetica (827 §1). Egli deve vigilare perché siano osservate fedelmente le norme
che riguardano la catechesi. Tra gli strumenti abbiamo i mezzi di comunicazione, i sussidi, le
persone preparare e (ma non è obbligatorio) l'ufficio catechistico. Il vescovo può preparare un
catechismo per la propria diocesi anche se ha approvato il catechismo nazionale. Il catechismo
preparato dalla CE ha bisogno dell'approvazione della Sede Apostolica, ciò non serve nel caso
del vescovo che è dotato di potestà propria e ordinaria. (Il vescovo esercita la sua potestà perché
ricevuta con l'ordinazione stessa. è lui il moderatore della catechesi. La potestà del vescovo è di
diritto divino. La Conferenza Episcopale, al contrario, non ha potestà di diritto divino).

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

La CE deve pubblicare i catechismi per la propria nazione di riferimento, istituire l'ufficio


catechistico nazionale o regionale. Per approvare un catechismo la CE ha bisogno del voto della
maggioranza qualificata (2/3).

776-777: al parroco compete la formazione catechetica di adulti, giovani e bambini. il can 528
stabilisce per il parroco l'obbligo affinché a tutti i parrocchiani giunga la predicazione e la
catechesi. In questo impegno egli può servirsi della collaborazione di altri chierici coadiutori in
parrocchia, di membri religiosi e fedeli laici con il compito di catechisti. Il parroco deve inoltre
promuovere e sostenere l'impegno della catechesi familiare dei genitori. Secondo il can 777 deve
curare la catechesi sacramentale, la catechesi dei fanciulli (confessione, comunione e cresima).

Il superiore degli istituti religiosi e delle SVA deve curare la formazione catechetica, soprattutto
se hanno una Chiesa stabilmente aperta al pubblico e secondo le indicazione del vescovo
diocesano

779: gli strumenti della catechesi: viene raccomandato l'uso di tutti gli strumenti possibili purché
siano efficaci strumenti di annuncio. Si tengano presente l'indole, l'età e la capacità dei fedeli
affinché ci sia corrispondenza tra predicazione e comportamento dei fedeli. In CT il papa dice
che il fine specifico della catechesi rimane dello di promuovere una fede ancora germinale . Il
Cristiano deve imparare sempre meglio a pensare come Cristo, ad agire come Cristo.

Il can 780 affida all'ordinario del luogo il compito di formare i catechisti attraverso una
formazione permanente e una costante educazione affinché conoscano sempre meglio l'oggetto
di cui devono parlare. Il catechista si caratterizza per la sua vocazione e per il suo essere
testimone di Cristo. La psicologia e la sociologia hanno rilevanza se inseriti in questa prospettiva
di vita cristiana da testimoniare coerentemente.

I catechisti sono chiamati ad essere testimoni coerenti di vita cristiana. Il documento CEI sulla
formazione dei catechisti dell'82 ricorda quattro obiettivi:

la piena realizzazione della personalità umana e cristiana;

formazione biblico-teologica;

la conoscenza dell'uomo storico a cui si rivolge l'annuncio (l'uomo qui ed ora);

Una competenza pedagogica e metodologica.

Titolo III

L'EDUCAZIONE CATTOLICA (793-821)

Le principali fonti di questi canoni dedicati all'educazione cattolica fanno riferimento alla
dichiarazione conciliare "gravissimum educationis momentum". Questo documento sottolinea il
passaggio da un concetto di educazione dove l'uomo è soggetto astratto e passivo, ad un concetto

17
D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

di educazione che mette al centro la persona umana come soggetto attivo di educazione. Questo
passaggio permette di sottolineare non solo i diritti che vanno riconosciuti all'uomo nel settore
dell'educazione ma ci permette di dare rilievo alla concretezza storica dell'uomo. In questa
prospettiva vediamo come il processo educativo dovrà essere sempre adeguato all'uomo storico.
La vera educazione deve promuovere la formazione integrale della persona umana. Ciò significa
che si deve avere presente il fine ultimo della persona e il bene della società in cui quella persona
è inserita (dimensione traascendente e dimensione storico-sociale).

Secondo GE ai nn. 5,6,7 la scuola è uno dei mezzi più incisivi per coltivare l'educazione della
persona. Ai genitori deve essere garantita una reali libertà di scelta della scuola e ogni scuola
deve garantire la formazione integrale della persona. In questo orizzonte si muove la scuola
cattolica il cui scopo è assumere e orientare i valori umani aprendo i valori alla dimensione
soprannaturale (GE 8-11). In questa direzione troviamo varie realtà: scuole, università cattoliche
e università ecclesiastiche. Queste tre realtà si inseriscono appieno nella missione
evangelizzatrice della Chiesa che è quella di annunciare la salvezza a tutti gli uomini. In altre
parole le scuole tendono a ricongiungere tra loro l'esperienza di fede e la cultura dell'uomo in
modo che il Vangelo penetri in tutti i campi del sapere i quali diventano a loro volta luoghi di
apostolato e di evangelizzazione.

I canoni relativi all'educazione cattolica, sia nel codice dell'83 che in quello del 17, si presentano
come principi volti a regolare l'educazione cattolica più che norme volte a regolare puntualmente
la materia. Nel cod del 17 la materia andava dal 1372 al 1383. Se li confrontiamo con il codice
vigente vediamo che la normativa pio-benedettina era piuttosto confusa e aveva un tono
apologetico. Sotto lo stesso titolo infatti trattava delle scuole elementari, medie, superiori,
università e facoltà. Dietro questi canoni si capisce la situazione della scuola dell'epoca in cui
manca u approfondimento scientifico e una ricerca dottrinale. Non dobbiamo dimenticare che la
Chiesa si trovava nella necessità di difendere i propri diritti e le proprie libertà di fronte alla
crescita del predominio degli stati nel campo dell'istruzione e dell'educazione (laicità dello stato).
Da qui il carattere apologetico dei canoni.

Nel 1929 Pio XI promulga l'enciclica "Divini illus Magistri" in cui si esprime la dottrina cattolica
sull'educazione in maniera molto più chiara tant'è che il codice dell'83 farà riferimento a questa
enciclica come fonte dei canoni sull'educazione cattolica. L'enciclica afferma che il diritto di
educare spetta a tutte e tre le società in cui l'uomo è inserito: Chiesa, famiglia e stato ma in modo
diverso. Queste tre realtà hanno però il compito di unirsi in modo armonico per svolgere l'attività
educativa secondo i compiti propri di ciascuno. Alla Chiesa il diritto di educare spetta per diritto
divino positivo perché così è la volontà del Fondatore. La Chiesa è madre e maestra che genera
gli uomini a vita nuova. Essa ha quindi il pieno diritto di promuovere la scienza, le lettere, le arti,
di fondare scuole e istituzioni proprie di ogni disciplina e grado. Allo stesso tempo la Chiesa ha il
compito di vigilare sulle istituzioni pubbliche e private non solo riguardo all'insegnamento
religioso ma anche su ogni altra disciplina perché anche le altre discipline hanno a che fare con
l'uomo e lo scopo della Chiesa è la formazione integrale dell'uomo.

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

Il diritto di educare spetta alla famiglia per diritto naturale. Nessuno può ledere questo diritto: né
lo stato, né la Chiesa. Sono i genitori a generare i figli e a loro spetta il diritto inalienabile e
inviolabile di allevarli ed educarli secondo i loro desideri e le loro preferenze. La famiglia, per
raggiungere queste finalità, deve ricorrere all'aiuto dello stato ma ciò non toglie il diritto proprio
della famiglia di educare secondo le proprie convinzioni. Il diritto dei genitori è subordinato al
diritto naturale e divino e al fine ultimo stabilito dal Creatore.

Allo stato il diritto di educare spetta per il titolo di autorità in quanto questo diritto di educare
rientra nel fine proprio dello stato, il bene comune temporale. Questa funzione dello stato è
necessaria ma rimane secondaria rispetto alla famiglia e alla Chiesa. Allo stato spetta proteggere,
promuovere, supplire e integrare l'opera della famiglia e della Chiesa. Lo stato ha quindi una
funzione sussidiaria. Allo stato compete in maniera esclusiva la possibilità di creare istituzioni
per la formazione di cittadini alla difesa dello stato in modo che i cittadini siano preparati
all'amministrazione della cosa pubblica e alla difesa interna. Spetta allo stato esigere che tutti i
cittadini raggiungano la conoscenza necessaria dei loro doveri come cittadini dello stato.
Compito dello stato è quello di rendere possibile, a quanti lo richiedono, il raggiungimento di
una cultura superiore o specifica, ossia dare i mezzi perché il cittadino possa raggiungere un
livello di educazione superiore.

Infine l'enciclica sottolinea il tema della "giusta cooperazione ed intesa" fra lo stato e la Chiesa
per ciò che concerne l'educazione. Nello stesso anno era stato firmato il concordato lateranense
tra la Santa Sede e l'Italia di Mussolini.

17-11-2014

PRIMA AFFERMAZIONE DELL’ENCICLICA


L’educazione è un problema eminentemente sociale. Riguarda tutti.
Secondo la mentalità del tempo il Papa distingueva e dice che questo diritto ad educare spetta a
tutte e tre le società in cui l’uomo è inserito.
Quali sono queste tre società?
LA CHIESA – LA FAMIGLIA – LO STATO
Questo diritto di educazione spetta a tutte e tre in modo diverso e con priorità diverse.
Ma tutte e tre queste realtà devono concorrere nell’educazione in modo armonico per poi
cominciare a distinguere quella che spetta alla chiesta, allo stato alla famiglia.

LA CHIESA
Alla Chiesa il diritto ad educare spetta per Diritto Divino, perché è stata costituita così dal suo
fondatore, e cioè è stata costituita come maestra e madre spirituale che genera gli uomini ad una
vita nuova.
Di conseguenza la chiesa ha pieno diritto di promuovere la scienza, le lettere, le arti. Fonda
scuole, istituzioni proprie in ogni disciplina e grado di cultura.
Ancora la chiesa proprio per diritto divino positivo vigila in ogni istituzione pubblica o privata
non soltanto riguardo all’insegnamento strettamente religioso ma anche in ogni altra disciplina.
Perché la Chiesa si intromette anche nelle altre discipline?

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

Perché compito della Chiesa è quello di sorvegliare la dignità della persona umana, ecco perché
si intromette anche in discipline che non sono prettamente religiose laddove è richiesto
l’intervento della Chiesa per salvaguardare la dignità dell’uomo in quanto figlio di Dio e membro
della comunità .

LA FAMIGLIA
Questo diritto ad educare spetta alla famiglia per diritto naturale e nessuno glielo toglie perché
sono i genitori a generare i figli e quindi ad essi spetta il diritto inalienabile di allevarli ed
educarli secondo i loro principi, i loro desideri, le loro convinzioni. E’ ovvio che per realizzare
questo la famiglia ricorre allo stato, ma questo non toglie che il diritto spetta in primis alla
famiglia.
Alla famiglia spetta il diritto di verificare che i figli ricevino l’educazione che loro vogliono.
Ancora, alla famiglia spetta il compito di ricorrere a quelle istituzioni che garantiscano loro che i
figli ricevino l’educazione, i valori che loro desiderano per i loro figli.

LO STATO
Allo stato questo diritto di educare spetta a titolo di autorità, cioè rientra nel suo fine proprio che
è quello del bene comune della società.
Rendiamo concreta la realtà stato attraverso la partecipazione al voto ed alla vita polita e sociale.
Una volta costituito noi ci riconosciamo in quello stato.
La funzione dello stato però è una funzione secondaria rispetto alla famiglia ed alla Chiesa. Dove
la famiglia non arriva interviene lo stato, ma supplisce anche dove la Chiesa non arriva.
Parliamo quindi di funzione sussidiaria dello stato.
Ma allo stato spetta che tutti i cittadini arrivino a raggiungere la conoscenza necessaria dei loro
doveri nei confronti dello stato e della società.
Ancora spetta allo stato permettere che i propri cittadini raggiungano tutti i livelli di istruzione
possibile, cioè una cultura superiore e specifica con l’aiuto di tutti gli strumenti che lo stato può
mettere a disposizione.
Infine l’enciclica sottolinea il tema della cooperazione tra stato e Chiesa in merito alla
educazione.
Facciamo un passo in più e arriviamo al 1731. Il 24 maggio 1931 papa Pio XI promulga la
Costituzione Apostolica Deus Scientiarum Dominus.
Come detto prima i canoni del codice del ‘17 avevano una dottrina piuttosto scarsa e confusa,
soprattutto per quanto riguardava le università cattoliche ed ecclesiastiche.
In quelli anni, mancava un vero ordinamento degli studi ecclesiastici, allora Pio XI con la
costituzione Deus Scientiarum Dominus intese rivedere e riorganizzare tutta la materia degli
studi ecclesiastici.
Seguirono poi le norme di attuazione che riguardavano i seminari e le università statali.
Nella normativa di Pio XI si distinguevano chiaramente le varie facoltà in cui dovevano
articolarsi le università ecclesiastiche, teologiche, giuridiche e filosofiche.
Sotto il nome di università o facoltà venivano compresi gli istituti eretti dalla Santa Sede in
Roma, tra queste anche la nostra facoltà di utroque.
Ancora, vi furono poi delle innovazioni anche in materia di titoli accademici, che sono quelli che
noi utilizziamo: baccalaureato, licenza, dottorato.

Passiamo al Concilio Vaticano II.

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

Dichiarazione conciliare Gravissimum Educationis.


Questa dichiarazione, che riguarda l’educazione, ampia il percorso in riferimento alla persona
umana, facendola diventare il centro della formazione.
Al centro della educazione c’è la persona e il suo diritto all’educazione e alla cultura.
Nei canoni 793-831 vi sono ben 22 riferimenti a questa dichiarazione conciliare.
Quali sono i contenuti di questa dichiarazione?
1) Lo scopo della educazione è quello di perseguire la formazione integrale della persona
umana in vista del suo fine ultimo e contemporaneamente in vista del bene comune della
società. Come si realizza allora questo obiettivo dello sviluppo integrale della persona
umana? Si realizza attraverso lo sviluppo armonico delle capacità fisiche, morali ed
intellettuali dell’individuo in modo da condurre questo signore ad un maggiore senso di
responsabilità e ad un maggiore inserimento nella vita sociale nelle diverse sfere della
convivenza umana.
2) Secondo la tradizionale dottrina, la dichiarazione ribadisce che i genitori hanno l’obbligo
– per diritto naturale – di educare la prole. Richiamandoci poi a documenti precedenti, la
dichiarazione afferma che lo Stato, nell’ambito della educazione, ha una funzione
sussidiaria rispetto ai diritti/doveri dei genitori (GE 3). Questo dovere di educare, oltre
che allo Stato e alla famiglia, spetta anche alla Chiesa, non soltanto in quanto società
umana capace di dare una educazione, ma soprattutto perché essa ha il compito di
annunciare a tutti gli uomini la salvezza.
3) Terzo punto di questa dichiarazione conciliare LA SCUOLA.
Tra gli strumenti educativi un’importanza particolare ce l’ha la scuola, sia per l’intervento che
essa ha sull’individuo, sia per il fatto che richiede una partecipazione da parte dei soggetti che
sono coinvolti nell’educazione (GE n.5).
La dichiarazione ribadisce ancora il diritto dei genitori di godere di una reale libertà di scelta
della scuola, lo Stato dal canto suo (pubblico potere) ha il compito di far si che questo diritto di
libertà di scelta della scuola non resti una mera affermazione di principio e quindi vanificato
nella realtà.
4) LA SCUOLA CATTOLICA.
Dopo aver affermato il diritto di ogni uomo alla educazione, dopo aver considerato la scuola
come un luogo privilegiato per l’educazione, dopo aver riconosciuto il diritto-dovere di ogni
persona a ricevere l’educazione la dichiarazione, di cui ci stiamo occupando, parla della scuola
cattolica, della sua identità e dei suoi scopi (GE n.8). Infine il documento fa riferimento ai centri
di cultura superiore. Quali sono? Sono le università ecclesiastiche e cattoliche.

Oltre alla dichiarazione che vi ho appena letto vi sono altri documenti che si occupano della
educazione e della scuola: l’Apostolica Actuositatem n. 24 e n. 30, la Christus Dominus n. 35,
Gaudium et Spes n. 62, Optatam Totius n. 18.

Facciamo un altro passetto. Dopo il Vaticano II abbiamo la Regimini Ecclesiae Universae, è la


costituzione che riforma la Curia Romana. Bene, Paolo VI demandò il compito di attuazione dei
principi di attuazione dei principi conciliari e dei documenti sopra citati, di realizzare e
concretizzare le indicazione relative alla educazione cattolica, bene, affidò questo compito alla
congregazione per l’educazione cattolica che si chiamava la Sacra congregazione per i seminari
e le università, poi con la Regimini Ecclesiae Universae che ha riformulato il tutto è diventata la
“congregazione dell’educazione cattolica” che ha la competenza in materia.

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

Nel 1968, poi, furono emanate le norme quedam per la revisione delle costituzioni di Pio XI – la
Deus Scientiarum Dominus. Le norme applicative di questa costituzione sono state cambiate,
appunto, dalle norme quedam del 1968.
Dopo ancora – questa ve la dovete stampare perché è materia d’esame – nel 1979 abbiamo la
costituzione Sapientia Christiana, perché ve la dovete stampare questa? Perché è la costituzione
che regola la vita dell’università ecclesiastica, quella dove siamo noi.
Quali sono i punti nodali della nuova legislazione?
a) Tutta la materia è inserita in un contesto ecclesiologico.
b) Viene definito cosa si intende per università e facoltà ecclesiastiche, la loro natura e la
loro finalità.
c) Le conferenze episcopali sono chiamate ad istituire speciali commissioni per le
università- facoltà ecclesiastiche.
d) Viene specificata la funzione, il compito che ha il magistero ecclesiastico in merito alla
libertà di ricerca e di insegnamento. «La vera libertà di ricerca deve poggiare sulla
ferma adesione alla parola di Dio e su un atteggiamento di ossequio verso il magistero
della chiesa» Ricerca si, approfondimenti si, ma nel rispetto delle singole competenze.
e) Infine viene stabilito che le facoltà università ecclesiastiche devono collaborare con tutte
le componenti universitarie esistenti localmente. Tutti devono sentirsi corresponsabili del
bene comune e contribuire al conseguimento del fine della università.

Siamo una comunità accademica che vive non soltanto di libri e di esami ma di tante altre cose
che appartengono alla dimensione integrale dell’uomo.
Anno 1990, siamo già dopo il codice. Abbiamo un’altra costituzione apostolica, la Ex Corde
Ecclesiae. Questa costituzione ha come tema specifico non più le università-facoltà
ecclesiastiche ma le università cattoliche che sono molto diverse.
Adesso cominciamo l’analisi della normativa Can 793-821.
L’educazione cattolica, anche qui facciamo un po’ l’introduzione al nostro tema.
Il titolo, come sempre in queste cose, non è stato scelto a caso, si tratta di educazione non di
istruzione cattolica.
Il termine educatio ha un significato molto intenso e riguarda l’uomo nella sua totalità, non è un
insieme di dati da comunicare, un’istruzione appunto, ma è una educazione. Riguarda l’uomo in
tutte le sue dimensioni sia essa biologica, affettiva, sociale.

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

Can 803: in questo canone troviamo a sintesi di due tendenze presenti in sede di revisione del
codice. Una tendenza che voleva identificare la scuola cattolica mediante il contenuto, l'atra
tendenza tendeva a identificare la scuola cattolica attraverso il legame giuridico con la autorità
ecclesiastica. nel primo paragrafo si fissa la caratteristica della scuola cattolica attraverso
l'intervento dell'autorità ecclesiastica senza il quale nessuna scuola può essere definita cattolica.
nel paragrafo 2 si trovano gli elementi sostanziali che identificano la scuola cattolica. questi
elementi sono il presupposto per ricevere il riconoscimento. queste due tendenze quindi vengono
a fondersi.

Il §1 distingue due tipi di scuole cattoliche: quelle che acquisiscono ipso facto lo statuto di
cattolica grazie ad un vincolo istituzionale tra l'ente che gestisce la scuola e l'autorità. Un
secondo tipo sono quelle che ricevono la qualifica di scuola cattolica mediante un atto scritto da
parte dell'autorità ecclesiastica. Nel primo gruppo (acquisizione ipso facto) fanno parte quegli
istituti diretti dall'autorità ecclesiastica o da una persona giuridica pubblica ecclesiastica. Nel
secondo gruppo troviamo tutte le altre scuole fondate da persone private che non hanno
personalità giuridica canonica o scuole che hanno chiesto e ottenuto il riconoscimento giuridico
come scuola cattolica. evidentemente il riconoscimento da parte dell'autorità è subordinato ai
contenuti e alla loro fisionomia interna secondo i requisiti del §2.

§2 contenuti e possibilità di intervento dell'autorità ecclesiastica presso quella realtà scolastica


per verificare, mantenere e proteggere l'identità di scuola cattolica. In ogni caso spetta al vescovo
diocesano i requisiti affinché una scuola sia riconosciuta come cattolica. Sono le CE che dettano
i criteri territoriali e i requisiti affinché una scuola sia definita cattolica. Il riconoscimento è però
un atto amministrativo dell'ordinario del luogo. Questo paragrafo stabilisce anche le qualità
personali e i requisiti richiesti ai docenti. Secondo GE al n. 8 peculiare è il clima di unità
scolastica animato dallo spirito evangelico di libertà e carità. La scuola cattolica deve orientare la
cultura umana al messaggio evangelico in modo che gli alunni siano illuminati dalla fede. In
questo quadro di identità cattolica fondamentale è la qualità dei docenti che oltre alla
preparazione e competenza, si richiedono determinati requisiti morali. Se confrontiamo questo
canone con il n. 804 §2 si possono stabilire differenze tra i professori di religione e quelli di
materie profane. Non è escluso che professori non cattolici insegnino nelle scuole cattoliche.
Questa possibilità si deduce dalle differenti terminologie usate dai due canoni. Nel 803 §2 si
parla di probità di vita mentre nell'804 §2 si parla di testimonianza di vita cristiana. La probità di
vita, per i professori in generale, consiste nel comportamento personale, familiare, sociale che
non sia in contrasto con i principi della legge morale naturale a cui tutti sono tenuti ad osservare.
La retta dottrina, per i professori di qualunque materia, significa adesione ai principi della morale
naturale e quindi il rispetto della morale cattolica. In caso di professori cattolici essi devono
seguire non solo la morale naturale ma anche la morale cattolica. E' questa una conseguenza
dell'essere pienamente incorporati nella Chiesa mediante il battesimo e la confermazione.

803 §3: il nome di "scuola cattolica". Non si tratta qui lo status giuridico. il nome indica
esternamente che quella realtà educativa propone un progetto educativo cattolico. Se

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

consideriamo la rilevanza sociale e la convinzione che la realtà sia coerente con quell'aggettivo, è
ragionevole che intervenga l'autorità a dare l'espresso consenso perché una scuola possa
chiamarsi cattolica. Ciò fa riferimento ai contenuti e non allo stato giuridico trattato nel §1.

Per quanto riguarda le scuole cattoliche previste nel §1, il loro status giuridico coincide con il
nome. Al contrario, per le scuole che non sono giuridicamente cattoliche anche se di fatto hanno
un progetto educativo cattolico, si deve vedere caso per caso se ci siano garanzie di un progetto
veramente cattolico. L'adozione di scuola cattolica, previo consenso dell'ordinario del luogo, non
equivale allo status giuridico di scuola cattolica. Le scuole di fatto cattoliche sono quelle dove si
impartisce una educazione cattolica e sono fondate da entità giuridiche pubbliche e private. Si
tratta di quelle scuole sorte per iniziativa di fedeli laici che in questo modo intendono partecipare
alla missione evangelizzatrice della Chiesa. Queste scuole si reggono e si governano secondo il
giudizio di quei singoli fedeli che si sono impegnati in quella realtà. Queste scuole, frutto
dell'impegno personale dei fedeli, non entrano nella tipologia di scuola cattolica e quindi non si
applica la normativa canonica ma devono seguire le norme civili. La concretizzazione dei
principi cattolici è responsabilità dei fedeli coinvolti nella conduzione i quelle scuola. L'autorità
ecclesiastica, pur non potendo intervenire, può esprimere un giudizio su quelle scuole, in merito
alla conformità di queste scuole.

can 802: la responsabilità di fondare scuole cattoliche. E' un dovere del vescovo curare che nella
sua diocesi vi siano scuole cattoliche, o deve provvederne in caso di loro assenza. E' inoltre
dovere dei vescovi fondare scuole professionali di arti e mestieri.

can 801: la missione specifica degli istituti religiosi. Tra coloro che sono tenuti a favorire le
scuole cattoliche vi sono gli istituti religiosi che hanno un particolare carisma verso l'educazione
scolastica. A questi istituti viene rivolta una duplice esortazione: mantenere la propria missione
salvaguardando il proprio carisma educativo, favorendo l'ingresso anche alle persone meno
abbienti(578) e portare avanti le scuole cattoliche fondate col consenso del vescovo diocesano.

Autorità responsabile dell'istruzione religiosa (804-806). L'istruzione religiosa e cattolica è


sottoposta all'autorità della Chiesa: CE, Vescovo diocesano, Ordinario del luogo, moderatore
della scuola. Le competenze: alla CE spetta emanare delle norme generali per il territorio in
questa materia. Al vescovo diocesano compete regolare l'istruzione e l'educazione cattolica in
conformità alle norme della CE. Compete al vescovo diocesano la vigilanza su tutte le scuole
cattoliche e visitare e vigilare sulle scuole cattoliche nel suo territorio, anche quelle fondate e
dirette dai religiosi. A lui spetta dare disposizioni circa l'ordinamento delle scuole cattoliche (806
§1). All'ordinario del luogo compete provvedere che gli insegnanti di religione siano eccellenti
per retta dottrina, testimonianza di vita cristiana e nell'insegnamento. All'ordinario del luogo
compete nominare o approvare gli insegnanti di religione e la possibilità di rimuoverli o esigere
che siano rimossi. Quando non si tratta di una scuola dipendente da una persona giuridica
diocesana, l'ordinario può solo approvare ma la nomina spetta all'autorità scolastica.

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

can 807-814:Università cattoliche. La distinzione tra università cattoliche ed ecclesiastiche viene


introdotta dalla costituzione "Deus Scientiarum Dominum" di Pio XI. A partire da questa
costituzione queste facoltà e università ecclesiastiche si occupano della Rivelazione cristiana e
delle discipline connesse. Alle università cattoliche invece si applicavano i can 1372 e ss del
codice del 17.

Con il concilio vaticano II si comincia a distinguere nel GE le università cattoliche da quelle


ecclesiastiche. Con Sapientia christiana del 1979 si definiscono le facoltà e le università
ecclesiastiche che, occupandosi della Rivelazione, sono più strettamente connesse alla missione
evangelizzatrice della Chiesa. Sono erette e approvate dalla Santa Sede e insegnano le dottrine
derivate dalla Rivelazione. Questa distinzione con le università cattolica viene sancita nel codice
dell'83 dove troviamo una legislazione distinta per i due casi. Per le università ecclesiastiche
troviamo la costituzione "Ex corde Ecclesia".

Alle università cattoliche si applica la legislazione data dai canoni 807-814 più la ex corde
ecclesia mentre per le facoltà ecclesiastiche si applica la normativa prevista dai can 815 e
seguenti più Sapientia Christiana.

Insieme alle università cattoliche la normativa si occupa pure degli istituti superiori che hanno
una strutturazione simile alle università e offrono un contributo alla Chiesa e al mondo civile
attraverso lo studio di ricerca. Sono università a tutti gli effetti anche se si chiamano
diversamente; bisogna far riferimento alla legislazione particolare del paese in cui si trovano.
Con il termine università si identifica una struttura dedicata alla creazione e alla divulgazione del
sapere. La ex corde ecclesiae la definisce una comunità accademica. In riferimento all'università
cattolica la libertà accademica serve per perseguire gli scopi e raggiungere la verità. Tutto questo
fatto alla luce della esigenza di verità del bene comune e della comunità accademica.

L'università cattolica è una comunità di studiosi che rappresenta i vari gradi del sapere umano ma
studiati alla luce della fede cattolica e l'impegno al servizio del popolo di Dio. Questa è la
missione della università cattolica. Sono università cattoliche quegli istituti collegati alla Chiesa
o attraverso lo statuto e l'atto costitutivo ma anche attraverso le persone che manifestano questo
desiderio.

I contenuti delle università cattoliche: ogni università cattolica deve manifestare la propria
cattolicità con un gli statuti propri documento pubblico a meno che non sia stata autorizzata ed
eretta dalla autorità ecclesiastica. L'università cattolica deve garantirsi anche i mezzi per portare
avanti la propria missione.

can 810: nomina dei docenti. CE e vescovo hanno il dovere di vigilare affinché sia rispettata la
retta dottrina. I docenti che devono insegnare una materia teologica nelle università cattoliche
devono ricevere l'apposito mandato. Il mandato è un incarico formale dato per iscritto in forza
del quale si insegnano determinate discipline teologiche in un determinato istituto. Il mandato
non è missio canonica ma semplicemente attesta l'idoneità della persona. La missio canonica

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

invece dice che la persona può parlare a nome della Chiesa. Gli autori sono concordi nel ritenere
che questo mandato si tratti di un atto amministrativo in quanto è un atto con il quale la
competente autorità si conferisce formalmente per iscritto una cattedra ad un docente. E' atto
pubblico nel quale l'autorità certifica l'idoneità dell'insegnate e della sua comunione con la
Chiesa. Il mandato assicura che quell'insegnamento è conforme alla dottrina della Chiesa. Il
docente che venisse meno a questi principi potrà essere rimosso dall'insegnamento.

Università e facoltà ecclesiastiche (815-821).

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

01/12/2014

CANN 815-821----> UNIVERSITA' E FACOLTA' ECCLESIASTICHE

Le universita' e le fac eccl, differiscono dalle precedenti per finalita' e materie studiate.

Fonti: codice, regolamento applicativo della cost sapientiae chritianae e la costituzione


medesima.

Il fine e', secondo SC3, coltivare le discipline ecclesiastiche che, cioe', approfondicono la
rivelazione cristiana, in modo che si possa sempre piu' profondamente conoscere la verita' della
rivelazione

Secondo obiettivo e' formare ad un livello di alta qualificazione gli studenti nelle materie eccl.
secondo la disciplina cattolica. In modo particolare si tratta di preparare i ministri ad assolvere
nella chiesa i propri compiti in maniera adeguata.

Terzo obiettivo e' collaborare strettamente con la Chiesa particolare nella opera di
evangelizzazione; sotto questo profilo le univ e fac eccl, occupandosi della riv cristiana sono piu'
ntimamente connesse con la funzione evangelizzatrice della chiesa. Per questo il can 815
riconosce l diritto della chiesa a disporre di fac ed univ. ecclesiastiche.

Si persegue, insomma, una sempre piu' profonda conoscenza del depositum fidei onde
trasmetterlo alle nuove generazioni.

Quarto obbiettivo e' incentivare il dialogo ecumenico.

Sap. Cristiana al n2 definisce le fac ed univ eccl, quelle canonicamente ERETTE o


APPROVATE dalla Sede Apostolica, insegnando le scienze sacre. Sono quelle realta'
accademiche aventi il diritto di conferire i titoli a nome della Santa Sede.

All'intern delle univ eccl, si distinguono le UNIVERSITA' PONTIFICIE: quelle DIRETTE ed


APPROVATE dalla Santa Sede.

Le univ eccl. haano personalita' di persone giuridiche canoniche pubbliche (CAN 816 ~2).
Possono essere costituite soltanto se erette o approvate dalla Santa Sede. Ad essa competet anche
la loro direzione (CAN 816 ~1). IL dicastero competente e' la CONGREGAZIONE PER
L'EDUCAZIONE CATTOLICA.

Il codice equipara queste fac eccl. pur denominandole a parte: Universita' E FACOLTA'
ECCLESIATICHE. SI TRATTA DI QUELLE FACOLTA' NON A SE STANTI ma inserite in
altre facolta', sia pubbliche che private.

Ma in ogni caso, essendo situazioni speciali, si deve far riferimento agli accrdi intervenuti tra
stato e Xhiesa, se, appunto, sono facolta' inserite in facolta' statali.

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

COMUNITA' ACCADEMICHE E GOVERNO.

Tutti devono sentirsi coresponsabili del bene comune onde perseguire il fine della comunita'
accademica (Sap. christ. 11).

Sono dirette da rettore magnifico, decano e preside. Sono autorita' personali (sap. christ. 15).
Competenze e durata sono stabilite dagli statuti. Esiste anche la autorita' collegiale: Consigli e
Senato. I docenti sono un numero congruo agli studenti; i requisiti per la docenza sono stabiliti
dagli statuti. Quei professori che insegnano materie attinenti fede e morale devono avere il
mandato da parte del gran cancelliere e dal suo delegato. Per le materie piu strettamente afferenti
alla fede e' richiesta la MISSIO CANONNICA, in forza dellaquale insegnano a nome della
chiesa.

Gli studenti: tutti possono accedere alle fac ed univ eccl., purche' persone idonee ed aventi
condotta idonea (Sap. Christ. 31). Sono richiesti gli stessi titoli delle univ. civili (Sap Christ. 32).

Il codice obbliga i vescovi diocesani e superiori religiosi ad inviare studenti CAPACI per indole,
virtu' ed impegno personale.

ORDINAMENTO STUDI E GRADI ACCADEMICI

Il percorso di studi va articolato per cilci. I gradi accademici sono baccellerato, Licenza e
Dottorato. La Licenza da la possibilita' di insegnare nei seminari maggiori, il dottorato alle
universita'.

CAN 820. LE COLLABORAZIONI

Esorta a collaborare con fac. civili, con lo scopo di promuovere la ricerca, la complementarieta'
tra le discipline, etc. Conosciamo 3 TIPI DI COLLEGAMENTI, tra univ e istituti superiori:

1)AFFILIAZIONE. E' un collegamento tra la univ. e un centro di studi (di norma di filosofia o
teologia). Siamo al primo livello di collegamento: l'istituzione non e' ancora sviluppata e si
appoggia per poter rolasciare il primo titolo di studio. Di norma si tratta di istituti perifierici dove
si studia filosofiao teologia

2)AGGREGAZIONE. Un istituto di fil o teologia che e' organizzato un po' meglio sulla falsariga
di universita' che si collega con una universita', in modo che un istituto aggregato possa rilasciare
Baccalaureato e licenza.

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

3)INCORPORAZIONE. E' il collegamento piu' alto tra un centro di studi ed universita'. Il centro
di studi, per varie ragioni, non si costituisce autonomamente, ma puo' rlasciare tutti e tre i tipi di
titoli di studio.

CAN 821 ISTITUTI SUPERIORI DI SCIENZE RELIGIOSE

Si esortano i vescovi a costituirli. La confref per la educazione cattolica ha promulgato una


normativa specifica.

Sono istiuti la cui finlita' e' promuovere una formazione teologica DEI LAICI perche' possano
avere una maggiore partecipazione nel compito di evangelizzazione. C'e' anche un'altra finalita',
quella cioe' di preparare i laici a svolgere i MINISTERI ECCLESIALI che possono essere
richiesti ai laici. Questi sitituti hanno anche lo scopo precipuo di preparare i docenti di religione.

CANN 822-832. STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE.

Oltre a questi canoni, si faccia rierimento ad un documento "Mass media e dottrina della fede",
1992.

Questi strumenti sono utili e necessari alla formazione cristiana e all'annuncio della salvezza
offerta a tutti gli uomini.

LG25......

Ta gli strumenti piu' efficaci per dffondere il vangelo, second il can 822 la Chiesa rivendiica il
diritto di usare gli strumenti di comunicazione sociale. Allo stesso tempo i vescovi devono
istruire i fedeli circa il loro dovere di partecipare a queste realta' della comunicazione sociale,
dimodoche' siano animati da spirito cristiano.

I pastori, responsabili del retto uso degli strumenti sono:

-suprema autorita' della chiesa, personalmente ed attraverso i suoi organi (Romano pontefice e
varie congregazioni)

-Vescovi, nei riguardi del popolo loro affidato, personalmente o attraverso concili particolari o
conferenze eiscopali, onde regolamentare il loro utilizzo (Can 823 ~2).

Nell' ambito delle loro competenze hanno l'obbligo di custodire intatto il deposito della fede e di
custodire il diritto dei fedeli di essere educati nella sana dottrina e non disorientati: si deve
pertanti evitare che non si arrechi danno alla fede, attravrso gli strumenti. Pertanto I vescovi che

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

redarguiscono un libro o programma, lo fanno in questa prospettiva e non per ingerenza. Essi
hanno altresi' che siano sttomessi gli scritti che tocchino materie di fede o morale (scritti di
fedeli) al loro vaglio primadella pubblicazione.

Devono condannare gli scritti che arrechino dannno alla retta fede o buoni costumi.

IL diritto /dovere di vigilanza va esercitato con prudenza ma tempestivamente per il bene della
comunita' onde evitare disagi e disorientamenti. Di grande aiuto possono essere le commisioni
dottrinali, sia a livello diocesano, che di conferenze episcopali. Giocano un ruolo importante i
seminari e le faclta' eccl. per il discernimento di questi mezzi.

EXPLICATIO TERMINORUM

Con il termine ORDINARIO DEL LUOGO ----> ordinario proprio del luogo dell' AUTORE o
del LUOGO IN CUI IL TESTO E' PUBBLICATO (CAN 824).

A questo ordinario del luogo va richiesta la LICENZA o APPROVAZIONE per la pubblicazione


del libro.

LICENZA----> e' un permesso per poter pubblicare CERTI TIPI DI SCRITTI o per poter
pubblicare SU DETERMINATE RIVISTE, oppure e' un permesso per poter SCRIVERE SU
DETERMINATE MATERIE relative alla fede o morale (CAN 832).

La licenza non riguarda tanto il contenuto MA RIGUARDA LA PERSONA, IL LUOGO, IL


MODO oppure L'OPPORTUNITA' DI PUBBLICARE lo scritto.

L'APPROVAZIONE-----> indica che nello scritto NON C'E NULLA DI DANNOSO PER LA
FEDE O MORALE. Si guarda al CONTENUTO. Essa rileva ch lo scritto e' PRIVO DI ERRORI
RELATIVI A FEDE E MORALE.

LIBRO-----> questa parola indica QUALUNQUE SCRITTO (dall'enciclopedia al singolo foglio)


DESTINATO ALLA PUBBLICA DIVULGAZIONE (CAN 824).

QUANDO SI RICHIEDE LA APPROVAZIONE

Il codice ESIGE l'approvazione o licenza per alcune categorie di libri.

Si richiede NECESSARIAMENTE la APPROVAZIONE per:

-LIBRI DI SACRA SCRITTURA E TRADUZIONI in lingua corrente. Le autorita' competenti


sono: Santa Sede e Conferenza episcopale.

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

-CAN 827 E 755 ~2: CATECHISMI. E' competente l'ORDINARIO DLE LUOGO

-LIBRI DI TESTO RELATIVI A FEDE E MORALE, adottati nelle scuole. Can 827 ~2.

QUANDO SI RICHIEDE LA LICENZA

E' necessaria la licenza

-per la pubblicazione, da parte dei fedeli, in collaborazione coi fratelli separati di TRADUZIONI
DI SACRA SCRITTURA. E' competente la CONFERENZA EPISCOPALE

-PUBBLICAZIONE LIBRI DI PREGHIERA. E' competente ORDINARIO DEL LUOGO

-PUBBLICAZIONE di COLLEZIONI DI DECRETI O ATTI AUTORUTA' ECCLESIASTICA


(CAN 828). E' competente l'autorita' che li ha pubblicati per la prima volta (????)

- PUBBLICAZIONE DI SCRITTI DI RELIGIOSI (CAn 831 ~1)........Competente e'


ORDINARIO DEL LUOGO. Per i religiosi, l'autorita' competente e' il SUPERIORE
MAGGIORE (can 832).

-LIBRI LITURGICI (CAN 838)

Sia l'approvazione che la licenza richiedono il parere favorevole del collegio dei censori (Can
830). In ogni caso la concessione di licenza ed aprovazione dovrebbe contenere il rispettivo
canone di riferimento: in forza del can. toto si concede la......

Ci sono casi nei quali il codice non esige la licenza o la approvazione ma li raccomanda.

In genere tutti gli scritti relativi alle discipline religiose, benche' non impiegati
nell'insegnamento, si richiede siano sottoposti al giudizio dell'ordinario del luogo (Can 827).

IL vescovo diocesano potrebbe esigere, con precetto singolare (can 49), anche per gli scritti di
cui sopra la licenza o approvazione (can. 823), benché non richiesta cogentemente dal codice. Il
precetto singolare e' quello relativo alla singola persona, categorie peculiari o casi particolari o
detrerminate materie.

Sia per quanto riguarda la licenza che la approvazione, e' importante sottolineare che essa vale
solo per l'originale e non puo' estendersi ad altre edizioni (certamente la ristampa non e'
considerata nuova edizione), a norma del Can 829.

Il richidente la approvazione o licenza, o perche' obbligato o perche' e' raccomandata, ha diritto


ad una risposta da parte dell'autorita' cui ci si e' rivolti.

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

NEGAZIONE DELLA LICENZA O APPROVAZIONE

Contro una risposta negativa

1)si ricorre rivolgendosi all'ALTRO ORDINARIO COMPETENTE. (ricorso amministrativo a


norma dei cann 1722-1729).

Se ho formulato richiesta al mio ordinario posso rivolgermi all'altro ordinario. C'e tuttavia un
requisito: MENSIONE ESPRESSA DEL RIFIUTO (MA NON IL PERCHE' DEL RIFIUTO),
cio' perche' le MOTIVAZIONI le puo' chiedere l'ordinario al precedente ordinario che si e'
rifiutato.

Il nuovo ordinario non puo' concedere se non ha ottenuto le motivazioni del rifiuto dal e del
precedente ordinario.

EDITORIA CATTOLICA

Tutta questa editoria dipende, in genere da Diocesi,Confegazioni, Istituti religiosi, etc.

L'attivita' dell'editoria va svolta obbedendo alle leggi canoniche e tenuto conto dello speciale
vincolo che lelega alla autorita' ecclesiastica. Pertanto gli editori cattolici non dovrebbero
publicare libri non avevnti la licenza o approvazione ecclesiasitica, in ogni caso quando e'
obbligatoria, ma sarebbe meglio anche in tutti gli altri casi.

IL can 827 ~4, dipsone che mai le pubblicazioni siano esposte nelle chiese se prive di licenza o
autorizzazione.

SUPERIORI RELIGIOSI

I superiori religiosi,pur non essendo ordinari in senso proprio, sono maestro autentici dell fede e
pastori,can 618. L'azione dei religiosi deve essere esercitata a nome e per mandato della chiesa
ed in comunione con la chiesa, in particolare col vescovo.

Il can 590 ricorda agli istituti il loro rapporto di subordinazione alla chiesa e l'obbedienza al
romano pontefice. Ebbene i superiori hanno la resp., insieme all'ordinario del luogo, di concedere
licenza o approvazione per gli scritti dei membri del loro istituto. Tutti i superiori hanno ildovere
di vigilare perche' nel loro istituto si osservata la disciplina ecclesiastica anch nella materia delle
pubblicazioni.

15.12.2014

La professione di fede (can 833)

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

La professione di fede in senso ampio è un atto esterno di virtù che presuppone la fede. In senso
proprio però si tratta di una manifestazione solenne ed esterna delle proprie convinzioni religiose
fatte in ossequio all'autorità di Dio che si rivela. Si distingue l'aspetto morale, che interessa la
morale, e l'aspetto giuridico. Si tratta di una legge ecclesiastica che obbliga ad emettere una
professione di fede determinate persone in determinate circostanze. La professione di fede è un
atto giuridico di natura dichiarativa che, oltre alle conseguenze morali, dal punto di vista
giuridico è un requisito per assumere in modo idoneo l'incarico per il quale è stato richiesto. In
altri termini è un atto obbligatorio perchè qualcuno possa assumere un incarico e deve essere
compiuto personalmente prima o nel momento in cui si assume l'ufficio. Sin dai primi secoli la
chiesa esigeva la professione di fede ai catecumeni o ai cattolici sospettati di eresia. La stessa
veniva richiesta agli eretici che tornavano alla cattolicità, ed era richiesta prima di ricevere il
sacramento dell'ordine in ognuno dei tre gradi. La stessa era pronunciata dai padri sinodali
davanti al sinodo o al concilio. Nel corso dei secoli si estese a casi sempre più numerosi fino ad
arrivare a Pio X che impose, oltre alla professio fidei, il giuramento antimodernista. Solo
recentemente il giuramento è stato abrogato (1967) quando fu introdotto un nuovo formulario
insostituzione della vecchia formula tridentina. La nuova formula è il frutto del lavoro di
revisione iniziato già durante il CVII. Quando nel 1983 fu promulgato il Codice, la formula
vigente era quella del 1967. Il nuovo codice ha portato alcuni cambiamenti rispetto alla
legislazione piano-benedettina, soprattutto per i soggetti e i casi i un la professio fidei è
obbligatoria. Sono state eliminate le pene previste per coloro che omettevano l'obbligo della
professione di fede. L'attuale can 833 è vincolante per una serie di persone in determinate
circostanze. Tuttavia questo obbligo non si identifica con l'impegno morale che ogni cristianoha
di confessare pubblicamente la propria fede quando ve ne fosse bisogno. Si tratta piuttosto di una
vera professione di fede e non solo di un formalismo esteriore che il diritto esige da coloro che
sono chiamati a ricoprire determinati uffici o ad assumere determinate dignità, questo prima di
ricevere l'ufficio e la dignità corrispondente. Si tratta di un impegno personale e pubblico di
obbedire a Cristo e al magistero della chiesa, aderendo così alle verità fondamentali della chiesa
cattolica.

Nel 1989 la CDF pubblicò una nuova formula di professione di fede a cui si aggiungeva una
nuova formula di giuramento di fedeltà in sostituzione della formula del 1967 (AAS 81/89).
Entrambe queste formule furono approvate dal pontefice e sono quelle ancora in vigore. La
formula consta di due parti: la prima propone integralmente il testo del 1967, in pratica il Credo
niceno-costantinopolitano; la seconda parte consta di tre proposizioni,ciascuna delle quali si
riferisce ad una determinata categoria di verità. A ciascuna categoria è associato il
corrispondente grado di assenso che si richiede nel fedele.

la prima proposizione fa riferimento alle verità divine che richiedono un vero e proprio assenso
di fede; la seconda fa riferimento alle verità di dottrina e morale proposte dalla chiesa in modo
definitivo e che esigono una accettazione ferma; la terza proposizione si riferisce

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D'Auria - La funzione di insegnare della Chiesa

all'insegnamento autentico ma non definitorio del papa e dei vescovi (ossequio dell'anima).
Questo magistero esige il religioso ossequio dell'intelletto e della volontà.

Alla prima proposizione appartengono le verità di fede che costituiscono il depositum fidei
(sacra scrittura e tradizione) e che la chiesa propone di credere come divinamente rivelate,
attraverso una dichiarazione definitoria del romano pontefice o del collegio dei vescovi o
attraverso il magistero autentico universale. Alla seconda proposizione appartengono le verità di
fede e morale proposte dalla chiesa come definitive ma non come divinamente rivelate. Nella
terza categoria ci si riferisce a tutte quelle verità proposte dal magistero autentico del romano
pontefice o del collegio dei vescovi ma senza l'intenzione di proporle come definitive. Il
religioso ossequio che si deve a questa ultima categoria non poggia solo su argomentazioni
razionali ma fa riferimento al concreto riconoscimento della funzione ecclesiale del romano
pontefice e dei vescovi a cui gli apostoli affidarono l'ufficio di magistero.

Questa nuova formula mette in evidenza come nel codice dell'83 mancasse la regolamentazione
delle verità giuridiche della seconda proposizione. Giovanni Paolo II decise di promulgare il
motu proprio "ad tuendam fidem" del 18 maggio 1998. Con questo mp vennero introdotte delle
note precise relative a questa seconda categoria di verità che non sono rivelate e viene
completato il can 750 e 1371 dell'83. Il § 2 del 750 chiarisce che possono essere oggetto del
magistero infallibile anche quelle verità che, pur non essendo divinamente rivelate, sono
necessarie per custodire ed esporre fedelmente il depositum fidei. Il cristiano è tenuto ad
un'adesione ferma a queste volontà anche se non si tratta di un atto di fede.

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