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“La testimonianza di Gesù nello spirito di

profezia”

Due testimoni dell’Apocalisse –


testimonianza clarettiana
alla luce del brano Ap 11, 3-11

Jolanta Maria Kafka rmi


Professore: P. Eduardo Huerta CMF

Roma 2010
Introduzione

1. Testimonianza nelle Costituzioni delle Religiose di Maria


Immacolata Missionarie Clarettiane del 1984

1.1 Ricorrenza della parola e il suo contesto.


1.2 Riferimenti indiretti nelle Costituzioni alla testimonianza.
1.3 Connessione alla spiritualità clarettiana.

2. Due testimoni dell’Apocalisse –testimonianza comunitaria in Ap


11, 3- 11

2.1 Contesto prossimo del brano.


2.2 Due testimoni vestiti di sacco.
2.3 Testimoniare fino a morire.

3. Testimonianza –mezzo di evangelizzazione

3.1 Valore della testimonianza proposto dalla VC.


3.2 Spunti per la comunità clarettiana.

Conclusione

2
Introduzione

Diceva nella sua famosa frase Paolo VI che "l’uomo contemporaneo


ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri
lo fa perché essi sono dei testimoni" (EN 41). La parola
testimonianza è chiave nella vita cristiana perché è attraverso la
testimonianza che la missione affidata da Cristo agli Apostoli di
annunciare il Regno di Dio viene compiuta lungo i secoli.

Mi soffermo sul concetto della testimonianza com’è presente nelle


Costituzioni rinnovate della mia Congregazione di Religiose di
Maria Immacolata Missionarie Clarettiane. Illuminerò la nozione
della testimonianza con il brano dell’Apocalisse 11, 3- 11.

1. Testimonianza nelle Costituzioni delle Religiose di Maria


Immacolata Missionarie Clarettiane del 1984.

Le Costituzioni rinnovate, approvate nel 1984, concludono il periodo di


rinnovamento lanciato dal Concilio Vaticano II. Sono il frutto di un lungo
processo iniziato nell’anno 1969 con il Capitolo Speciale. Questo periodo
dal 1969 al 1984 fu tempo di riscoperta del Carisma dei due Fondatori
ven. Maria Antonia Paris e sant’Antonio Maria Claret. Così, dal tempo
della fondazione dell’Istituto nell’anno 1855 a Santiago di Cuba,
riappariva per la prima volta in luce completa quella ricchezza
dell’ispirazione carismatica che Dio suscitò nella Chiesa chiamando ad
esistere questa congregazione. Come Istituto dove l’azione apostolica
appartiene alla sua stessa essenza1, sembra ovvio che la testimonianza sia
un tema centrale nella sua dottrina.

1.1Ricorrenza della parola e il suo contesto.

Vediamo in primo luogo come appare la parola testimonianza nel corpo


delle Costituzioni.
Nel suo portale, che chiamiamo “Costituzione Fondamentale” perché
contiene 10 punti essenziali del nostro carisma, nel N. 6 leggiamo:
Ci impegniamo a seguire lo stile di vita di Gesù, per mezzo della professione dei
voti pubblici di povertà, obbedienza e castità, vivendo profondamente il mistero

1
CC 61. 3
eucaristico; in fraterna comunione di vita e di missione; in semplicità, povertà e
laboriosità; per essere testimoni dell’amore salvifico di Dio per gli uomini e
della presenza del Regno futuro sulla terra.

La nostra chiamata di seguire Cristo nella consacrazione è orientata ad


essere testimoni dell’amore di Dio che salva, sulla stessa scia di Cristo
perché “ne seguiamo le orme”, come il nostro “sommo bene” (CC 3). In
questo modo partecipiamo all’unica missione della Chiesa iniziata da
Gesù (CC 5). Ecco dunque, il senso della vocazione della clarettiana:
essere testimone dell’amore di Dio.

La seconda menzione che vi troviamo è nel capitolo sulla povertà


evangelica:

La vita della comunità deve essere testimonianza di povertà por la sua semplicità,
austerità, laboriosità, rallegrandoci nel Signore quando delle volte ci manca del
necessario.. “Dio vuole che si dia una testimonianza pubblica in favore della
povertà, giacché, - per disgrazia – oggigiorno vi si pone più fiducia nel denaro che
in Dio”2. (CC 19)

Si dice che la comunità clarettiana deve essere testimonianza. Si richiede


non soltanto dare testimonianza ma veramente esserla, abbinandola con la
semplicità, austerità, laboriosità e allegria nel sentirsi bisognose. Questo
“deve” viene rafforzato da un testo del Fondatore dove dice
espressamente Dio vuole… Ci mette in questo modo di fronte al volere di
Dio che aspetta da noi questa testimonianza visibile, come antidoto alla
eccessiva fiducia che si pone nei beni materiali. Per le clarettiane, infatti,
sarà la testimonianza della povertà un mezzo fondamentale per fare
diventare autentico l’annuncio del Vangelo, nota caratteristica del suo
carisma.
Le Costituzioni esprimono nel capitolo sulla missione apostolica che

Il nostro primo mezzo di evangelizzazione è la testimonianza personale e


comunitaria di fedeltà a Cristo, povertà e distacco dai beni materiali, e di libertà
di fronte ai poteri del mondo. (CC 68)

Questo punto ci da la chiave di quale povertà si tratta. Parte dalla fedeltà a


Cristo perché Lui è il povero per eccellenza. La testimonianza di povertà
è testimonianza di Cristo che “si è fatto povero per arricchirci con la sua

2
Cfr. Lettera P. Fondatore alla M. Fondatrice, 30-1-1862. 4
povertà (2 Cor 8,9)” (CC 13). La somiglianza con Lui è partecipazione
alla sua povertà ed è frutto dello Spirito Santo: mosse dallo Spirito Santo
partecipiamo della povertà di Cristo.
La testimonianza è uno strumento di crescita della stessa comunità
clarettiana. Il miglior modo di raccomandare l’Istituto e l’invito più
efficace per abbracciare la vita religiosa è la testimonianza della nostra
vita personale e comunitaria. (CC 74) Lo deve essere persino il modo di
vestire perché per testimoniare la povertà portiamo un abito o un vestito
semplice e decoroso. (CC 93)
Anche la comunità della casa formazione deve essere “una vera
testimonianza della vita clarettiana perché si trasmette lo spirito della
Congregazione non tanto nella dottrina ma attraverso la comunione di
vita. (CC 85)
In modo specifico le Costituzioni ribadiscono alle responsabili di
formazione, affinché diano testimonianza di amore alla povertà e
semplicità evangelica.
E’ interessante notare come si parla della testimonianza sia a livello
personale che comunitario. La comunità come un organismo vivo deve
essere segno visibile come lo è la vita di una singola persona consacrata.
Ma anche di più: è all’interno della stessa comunità dove mutuamente
abbiamo bisogno di testimonianza che ci sproni a costruirla come
famiglia: “Fomentiamo la vita della comunità con la fedeltà alla nostra
propria vocazione e con la testimonianza dell’amore.” (CC 36)

1.2 Riferimenti indiretti nelle Costituzioni alla testimonianza

Nelle nostre Costituzioni la realtà della testimonianza è presente anche in


un contenuto più ampio. In primo luogo possiamo leggere alcune
espressioni del cosiddetto “Blanco y Fin” - una specie di carta magna
scritta dalla Fondatrice nelle Costituzioni Primitive, che indica le mete e
fine della Congregazione. Questo testo forma parte della Costituzione
Fondamentale.

Il fine principale e la mèta delle Clarettiane è vivere con tutta radicalità i


consigli evangelici e “all’imitazione degli Apostoli lavorare fino a morire
nell’insegnare ad ogni creatura la Legge Santa del Signore” (CC 3). Si
parla della dedizione costante, sino a morire, sull’esempio degli Apostoli.
Come non leggere qui l’allusione alla testimonianza suprema che hanno
reso gli Apostoli, col martirio? A continuazione, nello stesso brano, vi è
5
una esplicitazione, non solo letteraria, che parla della forma con cui
raggiungiamo questo obiettivo che sembra anche molto impegnativa:
coloro cha fanno il cammino, (si intende coloro che hanno abbracciato
questo stile di vita) “strada facendo, rendano facile agli altri lo stesso
cammino con le armi della giustizia ed esempio”. Essere esempi, modelli,
ma non lontani, perché fanno la stessa strada, si può vedere anche come
un aspetto della testimonianza come dimostrazione con la vita di ciò di
cui si è convinti.3
L’annuncio della Parola al centro della nostra missione, non è inteso
come un servizio alla diffusione della Parola scritta, ma come mettere in
gioco tutta la persona. La testimonianza infatti è il modo più evangelico di
annunciare. Così ce lo ricordano le Costituzioni:

L”annuncio della Parola esige che viviamo in profondità la nostra consacrazione.


Quanto più intimamente ci uniamo a Cristo e con il popolo che evangelizziamo,
facendoci tutte a tutti mediante la donazione dei noi stesse, tanto più fecondo sarà
il nostro apostolato. (CC 63)

1.3 Connessione alla spiritualità clarettiana.

Nell’esperienza fondante Maria Antonia Paris scopre che sia la vita


religiosa, sia la Chiesa stessa (parliamo del secolo XIX in Spagna)
attraversano una crisi forte, dovuta alle circostanze politiche e sociali
esterne, ma anche all’abbassamento di livello di fedeltà di vita cristiana
all’interno della Chiesa, specialmente tra i consacrati. Come risposta a
questi “mali” il Signore le chiede di fondare un Ordine nuovo con
Antonio Maria Claret che pochi anni prima ha iniziato il suo ministero
apostolico. Dio suscita anche in tutti e due un grande amore alla Parola di
Dio e lo zelo per annunciarla in ogni modo e in qualunque posto, nelle
fraternità o comunità consacrate a questo fine. L’elemento fondamentale
di questa fraternità per annuncio è la testimonianza della povertà
evangelica “perché per mancanza di questa virtù è andata in rovina tutta
la vita religiosa”4.
Perciò nella spiritualità clarettiana il vissuto radicale dei consigli
evangelici ha carattere di annuncio, testimonianza. Ma se lo è in genere,
lo è particolarmente per la vita in povertà, perché essa è “la chiave
maestra per introdurre nell’intimo dell’uomo la Legge Santa del Signore”
(CC 13). Sembra dunque, che la testimonianza nella spiritualità
clarettiana sia strettamente collegata all’annuncio, alla dimensione
martiriale e alla povertà. E’ questa nuova “comunità” – Istituto –

3
Cfr. P. Eduardo Huerta, Appunti del seminario, Pag. 10.
4
Maria Antonia Paris, Autobiografía 11. In: Escritos, Pag. 61. 6
intravvista nell’ispirazione dei Fondatori, che è chiamata chiaramente a
viverlo.

Le nostre Costituzioni rinnovate raccolgono questi elementi essenziali del


carisma dei Fondatori e spiritualità clarettiana.
Questo modo di orientare il tema della testimonianza ci riporta al
messaggio dell’Apocalisse e la sua teologia della testimonianza, chiave
nella vita della comunità dei credenti.

2. Due testimoni dell’Apocalisse – testimonianza comunitaria in


Ap 11, 3- 11

Abbiamo scelto il brano sui “Due testimoni” come esempio eloquente di


fedeltà alla missione ed espressione del carattere drammatico che porta
ogni annuncio del Vangelo.

2.1 Contesto prossimo del brano.

3 Farò in modo che i miei due testimoni, vestiti di sacco


Compiano la loro missione di profeti per milleduecentosessanta giorni.
4 Questi sono i due olivi e le due lampade che stanno davanti al Signore della terra.
5 Se qualcuno pensasse di far loro del male, uscirà dalla loro bocca un fuoco che
divorerà i loro nemici. Così deve perire chiunque pensi di far loro del male. Essi
hanno il potere di chiudere il cielo, perché non cada pioggia nei giorni del loro
ministero profetico.
6 Essi hanno anche il potere di cambiar l’acqua in sangue e di colpire la terra con ogni
sorta di flagelli tutte le volte che lo vorranno. 7 E quando poi avranno compiuto la loro
testimonianza, la bestia che sale dall’Abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li
ucciderà.
8 I loro cadaveri rimarranno esposti sulla piazza della grande città che simbolicamente
si chiama Sodoma ed Egitto, dove appunto il loro Signore fu crocifisso. 9 Uomini di
ogni popolo, tribù, lingua, nazione vedranno i loro cadaveri per tre giorni e mezzo e
non permetteranno che i loro cadaveri vengano deposti in un sepolcro.
10 Gli abitanti della terra faranno festa su di loro, si rallegreranno e si scambieranno
doni perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra.
11 ma dopo tre giorni e mezzo, un soffio di vita procedente da Dio entrò in essi e si
alzarono in piedi, con grande terrore di quelli che stavano a guardarli.

Il brano appartiene alla seconda parte dell’Apocalisse, alla sezione delle


“Sette trombe”. Le trombe annunciano la venuta di Dio in mezzo a una
realtà di scontro. L’intervento di Dio nella storia è in contrapposizione
alle forze del male.5

5
Cfr. Ugo Vanni, Apocalipsis, Introducción y comentario, Buenos Aires 1977, Pag. 60. 7
Lo precede immediatamente un incontro simbolico dell’autore
dell’Apocalisse con un Angelo. L’autore viene invitato a mangiare un
libro, a sembrare dalle caratteristiche, della parola di Dio. Questo atto lo
riveste di autorità per profetizzare. Lo stesso angelo (che qui ha delle
sembianze divine, come in molti passi della Scrittura raffigurando Dio
stesso)6, manda il narratore a misurare – separare – il santuario di Dio e i
suoi adoratori, lasciando l’atrio esterno escluso come luogo profanato dai
pagani.7

2.2 Due testimoni vestiti di sacco.

In questo scenario, come tra il tempio – l’unico posto fino a Cristo della
presenza di Dio – e la storia dove Dio agisce ora, vengono mandati due
testimoni (v.3), vestiti di sacco perché compiano la loro missione per
1260 giorni – un numero figurativo che significa un tempo finito,
determinato. Nella lettura del testo ci soffermiamo soltanto su questi due
personaggi emblematici dei testimoni.

Il concetto testimone-testimonianza è essenziale nel corpo giovanneo.


L’autore dell’Apocalisse applica nel nostro testo in primo luogo (v.3) la
parola: ma,rtusi,n,,, (martysin) che ha un significato piuttosto giuridico:
testimonianza – deposizione su un fatto o in un giudizio. Nel secondo
momento (v.7) si usa marturi,an che ha una connotazione più esistenziale,
compromettente tutta la persona e la sua vita, fino a donarla. 8
Indipendentemente dalla forma grammaticale ha sempre il suo prototipo
in Cristo stesso che vi è presentato come testimone fedele9 (Ap 1, 5a; 3,
14). L’incontro con Cristo fa diventare testimoni, come leggiamo nella
1Giov 1, 2: la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò
rendiamo testimonianza.

Chi sono questi testimoni e qual è la loro missione?


Alcuni autori10 vedono nei due personaggi tracce personali di Mosè ed
Elia perché il linguaggio con cui sono descritti rimandano ai testi
dell’Antico Testamento: Es 7,17; 2 Re 1,10. Troviamo pure l’allusione ai
due consacrati del libro di Zaccaria (Zac 4, 1-14). Secondo Bonsirven la
difficoltà nel individuare una appropriazione dei personaggi significa che
non era questo l’obiettivo dell’autore ma piuttosto dobbiamo cercare un
6
Idem. Pag. 66.
7
Comentario “San Jerónimo”, Vol. IV, Pag. 563. n. 52.
8
Ugo Vanni, Divenire nello Spirito, Roma 2000, Pag. 150.
9
Testigo- testimonio in: Xavier Lèon Defour, Diccionario del NT, Madrid 1977.
10
Per esempio: Vanni, Shökel nella Biblia del Peregrino; commentatore nel Comentario“San
Jerónimo”. 8
altro significato. Forse è intenzionale far vedere una collettività che rende
testimonianza 11 . Due persone, infatti, sono segno della presenza del
Signore (Dove due o tre si riuniscono nel mio nome, lì sono io in mezzo a
loro… Mt 18,20) e due sono i teste necessari per deporre in un giudizio e
accertare una verità. Se invece guardiamo dalla prospettiva di colui che
manda questi testimoni, possiamo leggere un messaggio confortante che
Dio non smetterà mai di far sorgere personalità, comunità sull’esempio di
quelli del AT, che svolgeranno la missione dei profeti e la porteranno fino
alla fine.12

Questi due testimoni sono vestiti di sacco (v.3), in segno di penitenza.


Non appaiono in vesti liturgiche, ne tantomeno bianche; il loro aspetto è
già significativo perché invita almeno al volgere attenzione, non
passeranno inavvertiti. Anche qui vediamo sullo sfondo tanti personaggi
biblici nei loro gesti di chiamata alla conversione o di penitenza (Giona,
Re Davide, Giovanni Battista…). Non è solo un simbolo di austerità, ma
di ritorno all’essenziale, un mezzo per rendere la loro missione profetica
visibile. Potrebbe essere che di fronte al crescente arricchimento della
società e anche delle comunità ecclesiali, dove si mette tanta fiducia nei
beni (come lo rimprovera Dio nella lettera alla Chiesa di Laodicea: Ap 3,
17), la povertà, austerità è un richiamo alla Chiesa di scostarsi dalle
tendenze mondane, di ritornare alla fedeltà. Un esasperazione della
visibilità della povertà è forse un arma che non è violenta ma punge,
scomoda. Dagli inizi della Chiesa la povertà è segno che accompagna la
testimonianza perché ha delle radici nel Vangelo e la vita di Gesù. Sono
allora i due testimoni – o una comunità testimoniante – che esternano ciò
che predicano con la Parola.

Hanno il potere straordinario ma sembra che non lo usano perché la loro


missione è quella di “compiere testimonianza” (v.7). doveva essere molto
provocativa se “erano il tormento degli abitanti della terra” (v.10). Ecco la
comunità cristiana che è chiamata ad essere coscienza della gente, a
portare la verità come Cristo che è venuto al mondo per rendere
testimonianza alla verità (Gv 18, 37). I testimoni non sono armati né
usano nessun segno straordinario ma il loro esempio di vita, costante,
giorno dopo giorno, non strepitoso ma inquietante, tanto da svegliare la
Bestia dell’ abisso a farle la guerra (v.7).

11
Giuseppe Bonsirven, L’Apocalisse di San Giovanni, Roma 1963, Pag. 187. Anche Comentario “San
Jerónimo”, Pag. 564.
12
Ugo Vanni, Apocalipsis, Una asamblea litúrgica, Estella 1985,Pag. 62 9
2.3. Testimoniare fino a morire.

In contrasto con la precedente assicurazione che i testimoni saranno


protetti straordinariamente (v.5), dopo la guerra sono sconfitti, uccisi e
corrono la stessa sorte del loro Signore. La loro morte e diffamazione dei
loro cadaveri ci fa capire quanto grande sia stato l’odio verso di essi e
quale sollievo sentono “gli abitanti della terra” facendo festa dopo la loro
morte (vv. 9-10).
I testimoni hanno compiuto la testimonianza e non sono venuti meno sino
alla fine. Sono stati fedeli come il loro Signore ma il mondo non l’ha
accolto, anzi la fine della loro vita riveste le stesse caratteristiche predette
da Gesù agli apostoli:

Giovanni 16, 20 Apocalisse 11, 10

Voi piangerete e vi rattristerete Faranno festa su di loro, si


ma il mondo si rallegrerà… rallegreranno e si scambieranno
doni…

La sorte dei testimoni non può essere diversa dal loro Maestro.
È da notare anche il cambiamento nel vocabolo che si riferisce alla
testimonianza. Mentre nella prima forma nel testo – due testimoni, è usato
il termine giuridico, la seconda volta che appare – la testimonianza – si
adopera il termine strettamente vincolato alla coerenza di vita che si mette
in gioco per una verità, ideale, fino allo spargimento di sangue.

La morte dei testimoni, come quella del loro Signore, non è una parola
definitiva. La vita dello Spirito di Dio (v.11) li fa ergersi in piedi di
nuovo, vittoriosi, così da meritare una nuova chiamata: quella di
ascendere lassù, a condividere la vita con Dio.
La loro assunzione è l’ultima testimonianza perché tutti quelli che
combattevano contro i testimoni, ora li vedono risuscitati. E’ l’esperienza
della speranza della Chiesa non solo nei primi decenni; non sono mancati
mai i testimoni suscitati da Dio, rivestiti della sua forza che con fedeltà,
sino alla morte, hanno dato prova del amore a Cristo.

Ma se non sono mancati i modelli, (e ne troviamo abbondante raccolta nel


Martirologio cristiano) neanche sono mancate le comunità ecclesiali che
hanno lasciato una memoria straordinaria di testimonianza collettiva e
partecipata:
- i gruppi di martiri dei primi secoli della Chiesa
- i martiri di Korea, del Giappone, del Messico
10
- martiri della guerra civile in Spagna, specialmente il Seminario di
Barbastro del Missionari Clarettiani
- Trappisti di Algeria … etc.
Senza però, arrivare alla morte violenta, la vita religiosa in fraternità è
chiamata a rendere testimonianza profetica, anche quando essa diventa
scomoda, provocativa. Rappresentando la vita di Gesù Cristo, le sue
scelte e valori, non vi è dubbio che se ne resta fedele, non mancheranno
coloro che le daranno guerra.

3. Testimonianza – mezzo di evangelizzazione.

Sin dagli inizi della sua esistenza la vita consacrata è stata segno profetico
di contestazione e proposta alternativa di richiamo alla fedeltà al Vangelo.
Come tale è testimonianza a partire dal suo essere e tanto più per il suo
agire.

3.1 Valore della testimonianza proposto dalla Esortazione Apostolica Vita


Consacrata.

La testimonianza della vita consacrata ha carattere evangelico perché vuol


esprimere in pienezza l’intima natura della vocazione cristiana (VC 3).
Sempre, ma specialmente nella cultura contemporanea, i consacrati,
siamo chiamati a rendere in ogni situazione una concreta testimonianza
del nostro appartenere a Cristo (VC 25), e che il mondo non può essere
trasformato senza lo spirito delle Beatitudini.

Tutti i consacrati devono dare testimonianza dell’amore di Dio e di


appartenenza a Cristo (VC 45.46.72), perciò questa testimonianza non
può essere data se non nella comunione di vita. E’ vero che la stessa vita
di consacrazione testimonianza diventa annuncio e missione, ma la vita
apostolica è altrettanto necessaria perché entrambe raffigurano Cristo,
consacrato dal Padre e inviato al mondo per la salvezza di tutti (VC 72).

Nella sua inserzione nella storia umana, la vita consacrata non può restare
insipida, ma rendere testimonianza profetica, leggibile. Annuncia e
denuncia quanto è contrario al volere di Dio (VC 84). Ma lo possono fare
le persona consacrate senza entrare in contrasto, persino conflitto, con
questo mondo dove sembra che Dio è escluso dai principi e valori umani,
sociali, politici, economici? Non diventerà provocazione una vita coerente
fra l’annuncio di verità, giustizia, primato di Dio e la vita del testimone?
11
(VC 85) Quanti, individualmente o in comunità, hanno reso testimonianza
confermandola con il dono della vita e così hanno compiuto la loro
missione?

Il Papa nell’Esortazione anima i consacrati ad essere provocazione con la


vita in castità, con la ricerca appassionata di ciò che vuole Dio (VC 91).
Fa così una lettura profetica dei voti, ma sembra insistere in modo
particolare sulla testimonianza di povertà: abnegazione, solidarietà, stile
di fraternità in semplicità e ospitalità, con amore preferenziale ai poveri
(VC 90). Ribadisce ancora che siamo chiamati ad “offrire la
testimonianza nella relatività delle realtà visibili … aiutando a liberarsi
della cattura ossessiva della scena di questo mondo che passa”. (Cfr. 1
Cor 7, 31; VC 99) L’invito va marcatamente rivolto sia alle persone
consacrate sia alle comunità intere. L’apporto della nostra testimonianza
alla Chiesa e al mondo è quello di vita povera, individuale e comunitaria.
(VC 102)

Questo rapido passaggio nei testi dell’Esortazione dimostra quanto sia


importante la dimensione di testimonianza della vita consacrata. Esso va
in consonanza con i punti essenziali del carisma clarettiano, come si è
intravvisto nella prima parte.

3.2 Spunti per la comunità clarettiana.

Il punto di partenza per essere testimoni è l’esperienza vissuta, ogni


giorno di nuovo, della chiamata di Cristo, che nello Spirito Santo rende
ciascuna delle clarettiane una donna consacrata centrata in Cristo e per la
sua missione. 13 Così soltanto può testimoniare ciò che vive, ne prende
parte in prima persona e lo trasmette, non da ciò che ha imparato. Questa
esperienza è condivisa in fraternità. Sin dagli inizi la comunione
nell’Istituto è stata un valore carismatico più costoso e battagliato.
Rimane come segno profetico (CC35) dove la missione, la preghiera, la
condivisione della fede, la condivisione dei beni, hanno il suo punto di
partenza e di arrivo.

Ma le difficoltà non mancano. Nel nostro ultimo Capitolo Generale


(2005) è stata fatta un amplia riflessione sulla nostra vita nell’ambito di

13
Nelle Costituzioni leggiamo: Nella consacrazione religiosa, per la forza dello Spirito diamo una
risposta d’amore con offerta totale del nostro essere al Padre; ci configuriamo al mistero di Cristo,
vivendo in povertà, obbedienza e castità e compiamo con gioia comunitaria la missione apostolica che
ci è stata affidata. CC 12 12
spiritualità, comunità, povertà, missione, inserzione nel mondo in maniera
profetica. Siamo anche nel periodo di riflessione ulteriore con l’occasione
del 125 anniversario della morte della Fondatrice che celebreremo l’anno
prossimo. Vogliamo riflettere insieme il nostro vissuto dell’identità e
delle forme. Credo sia una chiamata questa a rileggere l’ispirazione
originale carismatica: quale comunità clarettiana oggi?, quale visibilità
della nostra povertà oggi? Quali sfide per la missione? Come essere
testimonianza personale e comunitaria di fedeltà a Cristo, di povertà e
distacco dai beni materiali. Quali atteggiamenti e azioni Dios aspetta da
noi per manifestare la libertà di fronte ai poteri del mondo. (CC 68)

Ma c’è - a mio avviso – un altro richiamo – più profondo e basico.


Quando ci domandiamo sul come proiettarsi come testimoni, non
dovremmo tralasciare quello di lasciarci fare suoi (cioè di Cristo)
testimoni. Avvivare cioè l’esperienza di fede, di comunione con Lui, di
seguire le sue orme lì dove oggi si fa presente, oppure ci invia. Non
possiamo rimanere sordi alla voce delle nuove realtà dove Dio ci chiama
a rinnovare questo nostro compito: “essere testimoni del suo amore
salvifico” (CC 6).

Conclusione

Le parole dell’Apocalisse ci hanno sollecitato a riscoprire il valore,


rischio e promessa della testimonianza. Il valore – perché è una “forma di
vita” evangelica per eccellenza, di Cristo stesso. Il rischio – perché la
testimonianza viene a costare e non si può passare inavvertiti quando ci
sono di mezzo le urgenze di Dio; la promessa – perché i testimoni sono
protetti a maniera divina e nessuna morte è parola definitiva. Ci ha fatto
scoprire quale importanza ha che questa testimonianza ha un carattere
comunitario. Così lo ripete anche l’ Esortazione Vita consacrata e così
noi, clarettiane, unite alla comunità ecclesiale, siamo chiamate a riscoprire
le nuove sfide e risposte nel mondo di oggi. Forse non è il caso di
rivestirci di sacco, ma sì, rivestirci di Cristo (Ga 3,27).

13
Bibliografia:

Biblia:

La Bibbia di Gerusalemme, Ed. Brescia 1988.


La Biblia del Peregrino, Ed, Luis Alonso Shökel, Pamplona 1998. Vol.
III.

Documenti ecclesiali:

Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Post-sinodale Vita Consecrata,


Citta del Vaticano 1996. (VC)

Libri:

1. Bonsirven, Giuseppe, L’Apocalisse di San Giovanni, Roma 1963.


2. D’Aragon, Jean-Louis, Apocalipsis, en: Comentario Bíblico “San
Jerónimo”, Madrid 1972. Vol. IV.
3. Lèon- Dufour, Xavier, Diccionario del Nuevo Testamento, Madrid
1977.
4. Vanni, Ugo, Apocalipsis, Introducción y comentario; Buenos Aires
1979.
5. ___, Apocalipsis, Estella 1985.
6. ___, Divenire nello Spirito, Roma 2000.
7. Paris, Maria Antonia, Escritos, Barcelona 1985.

Costituzioni delle Religiose di Maria Immacolata Missionarie Clarettiane,


Roma 1988. (CC)

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