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1 Cf. G. GHIRLANDA, Il diritto nella Chiesa mistero di comunione (= DCMC), Cinisello Balsamo – Roma, 20003, n. 104.
2 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. Pastores dabo vobis (= PDV), 25 apr. 1992, nn. 15-18, 19-30, in AAS84 (1992) 657-
804.
3 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. Vita consecrata (= VQ, 25 mar. 1996, nn. 16; 31 e 32, in AAS 88 (1996) 377-486;
EV15/434-775.
(c. 1008), sia un nuovo stato di vita nella Chiesa (consacrazione oggettiva; cfr. c. 290). È Dio che
consacra il ministro sacro con l’unzione dello Spirito Santo, nel conferimento del sacramento
dell’ordine al suo culto e al servizio del popolo di Dio, per cui in ogni atto ministeriale che il
ministro compie agisce sempre Cristo in favore della sua Chiesa (consacrazione ministeriale).
Tuttavia, sebbene l’azione del ministro sia strumentale rispetto a quella di Cristo, proprio la dignità
di essa richiede che chi la compie lo faccia in modo degno. È necessaria, allora, una consacrazione
personale da parte del ministro sacro, che nella carità risponde al dono di grazia ricevuto, servendo
nello spirito delle beatitudini Dio e la comunità cristiana, nell’adempimento, secondo il suo grado,
del ministero che gli è affidato, fino al sacrificio della vita (PO 13a). Il servizio, che è il contenuto
della stessa consacrazione del ministro (PO 12b), dev’essere vissuto nella dimenticanza di sé, nella
dipendenza da Dio, nella carità universale, e manifestarsi in una vita semplice e modesta, in spirito
di povertà (PO 17; c. 282), nell’osservanza della perfetta e perpetua continenza per il Regno dei
Cieli, cioè nel celibato (PO 16; c. 277, § 1), nel pieno rispetto e nell’obbedienza al Sommo Pontefice
e al Vescovo (PO 7; 15; c. 273), ed in tutti gli altri obblighi propri della condizione clericale (cc. 273-
289).
Proprio perché la consacrazione al ministero sacro comporta una partecipazione ad un titolo
speciale al sacerdozio di Cristo (LG 28; PO 2; 5a; 7a), il ministro non può che tenere uno stile di
vita conforme all’osservanza dei consigli evangelici nello spirito delle beatitudini (PO 13; 15-17; cc.
276, § 1; 273; 277; 282), come espressione della sua sempre più profonda inserzione nel mistero
pasquale, che egli rende presente nell’offerta eucaristica fatta a nome e per tutto il popolo di Dio
(PO 13c; 14b), e come annuncio delle realtà eterne (PO 16b). Attuando lo spirito delle beatitudini
nel suo servizio incondizionato, il ministro consegue la perfetta carità e dà a Dio il culto vero (PDV
19-30).
Considerato ciò che comporta la consacrazione ministeriale per la vita del ministro sacro, essa si
deve basare su una libera scelta personale (cc. 1026; 1036; 1034).
Da tutto questo deriva che la formazione nel seminario deve tendere a formare presbiteri che,
vivendo lo spirito del Vangelo (c. 244), siano adatti all’annuncio di esso, alla santificazione e alla
guida pastorale del popolo di Dio (DCMC 118).
Lo stesso ministero esige un’assimilazione nello spirito e nelle intenzioni da parte del presbitero
a Cristo, che è l’autore principale degli atti ministeriali che deve adempiere. Chi riceve il ministero,
ad un nuovo e peculiare titolo, deve avere gli stessi sentimenti di Cristo (Fil 2, 5-11). In Cristo
l’amore verso il Padre diventa amore verso gli uomini.
Affinché il presbitero possa attuare tutto questo nella sua vita ministeriale deve essere formato
ad un rapporto profondo con Cristo (c. 244) ed a partecipare alla stessa carità di Cristo (c. 246, § 1).
La formazione sacerdotale deve tendere anche ad alimentare un vero amore verso la Chiesa di
Cristo, nella obbedienza al Romano Pontefice e al Vescovo proprio, e nella fraterna amicizia e
unione con gli altri presbiteri e tutti i fedeli (OT 9; PO 3; 8; 9; c. 245, § 2; REIS 3).
La vocazione è un dialogo tra Dio e l’uomo concreto che ha luogo nell’intimo dell’anima umana.
Questa chiamata, quando è accolta dal suo destinatario, impregna TUTTO il suo essere e si manifesta
di modi diversi. L’oggetto del nostro studio, pertanto, si incentra nella persona–oggetto della
chiamata, il CANDIDATO.
La persona umana è un essere aperto alla TRASCENDENZA, creato ad immagine di Dio, capace di
conoscere ed amare il suo proprio Creatore (GS 12) e con capacità di rispondere alle mozioni dello
Spirito. Ma contemporaneamente, è un essere diviso in sé stesso (GS 10) poiché la natura umana è
stata danneggiata dal peccato. Tuttavia, questa non è stata pervertita, perché fu guarita per
l’intervento di Quello che è venuto a salvarla ed ad elevarla alla vita divina. ‘Sarebbe demolirla il
considerarla incapace di un impegno vero.
Dobbiamo partire pertanto di un’antropologia cristiana che contempli la possibilità reale che
l’uomo accolga la vocazione e la porti ad un compromesso permanente, adottando,
contemporaneamente, una visione realistica e non ingenua, che tenga in conto che i peccati e le
limitazioni possono portare all’uomo verso un’opzione sbagliata. Non chiunque crede avere
vocazione ha sempre autentica vocazione. Vediamo quindi alcuni aspetti:
5 Certo si deve fare attenzione a non manipolare la coscienza del candidato, minacciandolo con l’inferno o atre cose del
genere, se rifiuta di farsi ordinare.
Elementi del discernimento 4
Questo fa sì che possiamo trovarci con persone che credano con sincerità che hanno vocazione,
quando in realtà non l’hanno. Questo può darsi per vari ragioni: per necessità incoscienti
dell’individuo che gli impediscono di agire in modo cosciente; o per una sbagliata concezione
dell’oggetto vocazionale che se dà quando il candidato ha un’erronea concezione di quello che
significa il sacerdozio.
Potrebbe darsi il caso che una persona opti per uno stato di vita spinta da motivi invalidi o
inadeguati: sono invalidi quelli che, carenti di una motivazione soprannaturale, partono di una
motivazione puramente umana, sia di origine materiale (onori, benessere) o più elevata (appoggio
sentimentale, desidero di coltivare le proprie attitudini...); sono inadeguati i motivi religiosi che
sebbene siano validi non rispondono finalmente alla finalità del sacerdozio.
Sono motivi VALIDI tutti quelli che s’ispirano ad un amore totale ed esclusivo che viene dà Dio e
che a lui ritorna; manifestano la risposta libera ad una chiamata personale di Dio, ad un’opzione per
il Regno come compromesso esclusivo. I motivi validi sono motivati dalla scoperta di una relazione
personale con Cristo e dalla necessità profonda di vivere preferibilmente questa relazione nella vita
sacerdotale. Vari sono gli indizi della presenza di una motivazione valida: la capacità di superare i
conflitti, il gusto spirituale, la capacità di superare frustrazioni ed la graduale disposizione socio-
centrica del candidato.
Le persone mosse da motivi coscienti sono quelle attratte, stimolate e nutrite quasi totalmente da
ragioni logiche. Quando questo tipo di motivazioni predomina nella condotta dell’individuo, questo
vive uno stato di integrazione armonico tra la sua sfera affettiva ed il dato razionale, gode di una
sostanziale libertà interna di elezione e se orienta senza ansietà verso le mete, non solo quelle
conosciute e desiderate, ma anche quelle adeguate alle sue reali capacità personali.
Sono motivi AUTENTICI quelli che sono percepiti e riconosciuti dall’individuo che li accetta ed
agisce in conseguenza con essi. Può darsi che la persona agisca secondo alcuni motivi o valori non
soprannaturali, che sono semplicemente sostituti di altri vere motivazioni che l’individuo, per un
processo di rimozione incosciente, non riconosce. Possiamo dire che gli interessi vocazionali
possono sorgere spesso come una strada con cui l’individuo, senza rendersi conto, tenta di risolvere
determinate situazioni di conflitto o frustrazione. Nel caso della vocazione sacerdotale, non si può
dire che tutti i motivi che sono autentici, siano anche validi; il fatto per esempio, che un giovane
vuole essere coscientemente sacerdote perché considera questa una carriera di prestigio e se sforza
per raggiungerla, è un motivo autentico psicologicamente, ma non vale per intraprendere questa
strada. I motivi che devono stare alla base di una vera vocazione sono psicologicamente i motivi
autentici di contenuto soprannaturale.
2.3 Atteggiamenti
Partiamo da Dio che dà a quelli che egli chiama le qualità necessarie per sviluppare la missione
che Lui affida. Da questo deduciamo che solo avrà vera vocazione al sacerdozio chi manifesta
d’avere le qualità necessarie per potere fare un’opzione di vita definitiva e per vivere fruttuosamente
il ministero. Bisognerebbe comprovare che il candidato è capace di:
a) Capire gli obblighi inerenti al sacerdozio, per potere decidere la sua opzione di vita di modo
cosciente e libero. Occorre che l’individuo abbia capacità di capire quello che significa essere
pastore secondo lo stile di Gesù Cristo, comprendendo il significato della povertà, l’obbedienza, e la
castità, non solo nel piano teorico, ma anche nella pratica, percependo in modo vero le sue capacità
per assumere gli obblighi inerenti.
b) Realizzare gli obblighi pastorali inerenti al ministero. Per portare avanti la dura vita del sacerdote, la
Chiesa esige che il candidato offra garanzie di assumere una vita apostolica di offerta e totale
disponibilità vissuta in povertà, castità ed obbedienza. Quello stile di vita richiede oltre ad una certa
resistenza fisica, un alto grado di equilibrio, e maturità. La grazia agisce sulla natura, perciò
bisognerà che il candidato conti con le qualità umane necessarie per realizzare i compiti pastorali
che l’aspettano.
In questo momento, chiave per il buon sviluppo posteriore del processo formativo,
bisogna esaminare accuratamente ogni candidato, «perché non è infrequente che i seminaristi,
dato quel primo passo, proseguano l’iter verso il sacerdozio considerando ogni tappa come
una conseguenza e proiezione necessaria di quel primo passo».
La selezione iniziale vuole scoprire questi casi ed agire con la dovuta fermezza. Perciò, i
responsabili ecclesiastici devono essere consapevoli che scegliere un candidato senza le
dovute qualità significa una mancanza di onestà con quella persona che ha diritto a che si
faccia un discernimento serio sulla sua vocazione, ed inoltre, un’enorme spreco di energie che
sarebbe meglio impiegate con i candidati adatti. Ammettere negligentemente queste persone
può pregiudicare il processo formativo e rovinare la vita del seminario.
y a) Seminario minore
Il primo discernimento personale ed istituzionale può cominciare a darsi nel seminario
minore. Lì si comincerà ad esaminare il giovane comprovando se ci sono in lui «semi di
vocazione» (OT 3). I responsabili del seminario minore faranno un primo scrutinio per
ammettere unicamente quelli che apertamente accettano l’idea di essere sacerdoti, che
l’ammettono come possibile, o almeno che, dotati di buone qualità, non perdono del tutto la
speranza di arrivare un giorno al sacerdozio (RFIS 13). Inoltre, esamineranno con cura le
qualità fisiche, psichiche, morali ed intellettuali dell’alunno, e tutto quello che tocca le sue
circostanze familiari. Se mancasse qualcuna delle qualità richieste bisogna supporre che non
esiste vocazione (RFIS 11 b). Se durante il processo formativo nel seminario minore, i
y b) Periodo propedeutico
Oggigiorno, in occidente, le circostanze vocazionali sono cambiate molto rispetto ai
decenni passati ed i nostri giovani, spesso, arrivano ai seminari con poca maturità umana e
poca formazione religiosa. Questo fa che ogni volta diventi più imperiosa la necessità di
instaurare nelle diocesi un tempo introduttivo previo al seminario propriamente detto. I
giovani di oggi sono cresciuti in stati laici dove la presenza religiosa nella società (scuola,
mezzi di comunicazione) è molto scarsa, e d’altra parte il miglioramento delle condizioni di
vita in occidente hanno portato ad un graduale aumento del periodo di gioventù ed
un’assunzione sempre più tardiva di responsabilità. Tutto questo fa sì che ogni volta sia
sempre maggiore il numero di candidati immaturi, che pochi provengano dal seminario
minore che gran parte provenga da gruppi e movimenti, e che molti entrino ad un’età adulta.
La possibilità di instaurare un periodo propedeutico o introduttivo fu una questione
ricorrente nei dibattiti conciliari e ha continuato ad esserlo nei Sinodi posteriori dando come
risultato la sua raccomandazione costante negli ultimi documenti magistrali.
¾ Obiettivi del periodo introduttivo: formazione e discernimento
Due sono i fini fondamentali che devono essere raggiungi: da una parte offrire al
postulante una formazione dottrinale e spirituale adeguata, e poi stabilire un periodo ampio
affinché tanto il candidato come i responsabili ecclesiali possano fare un discernimento serio.
In questo periodo deve completarsi la formazione dell’aspirante nell’aspetto umano,
culturale-religioso e comunitario. Nell’aspetto umano, il periodo propedeutico deve aiutarlo a
conoscere le linee essenziali della sua personalità e del suo carattere affinché, conoscendo le
sue potenzialità e limiti, avanzi verso la maturità personale. Rispetto alla formazione culturale,
è importante che ogni individuo raggiunga la preparazione sufficiente per potere affrontare
gli studi filosofico-teologici; e questo include una specifica formazione cristiana. Infine, in
quello che riguarda l’ambito comunitario, questo periodo è un banco di prova per vedere se il
candidato è capace di convivere con gli altri, di accettare criteri ed opinioni distinte dalle sue e
di assumere la sua vocazione come una realtà ecclesiale e non privata.
Anche questo tempo servirà affinché il candidato chiarifichi e consolidi la sua opzione
vocazionale (PFSM 185). Perciò, gli saranno offerti strumenti dottrinali, pastorali, spirituali e
comunitari necessari affinché possa fare un discernimento personale adeguato a partire dalla
considerazione dell’eccellenza e della natura della vocazione sacerdotale e degli obblighi a essa
inerenti (RFIS 42a).
¾ Modi di organizzare il periodo propedeutico
In quanto all’organizzazione di questo periodo troviamo in pratica tre maniere di
concepirlo: integrato nel seminario, maggiore o minore, unito alla pastorale vocazionale, o
come periodo autonomo.
9 Periodo propedeutico integrato col seminario minore o maggiore. Questa pratica è poco
raccomandabile e, in realtà, si è andata superando l’abitudine instaurata in alcune diocesi di
integrare il corso introduttivo nei primi semestri del sessennio, poiché la densità degli studi
e la dinamica propria del seminario ostacoleranno le condizioni necessarie per fare
l’adeguato discernimento personale ed istituzionale.
y c) Periodo di selezione
È un dovere di giustizia verso l’aspirante e verso la Chiesa che il seminario conti su un
programma di ammissione e di discernimento adeguato. Inoltre, un processo selettivo serio
favorisce la fiducia dell’alunno nel progetto educativo al quale si affida. Quando per le distinte
circostanze della diocesi non si istituisse il periodo propedeutico, bisognerebbe stabilire,
almeno, un periodo di colloqui e di raccolta di relazioni affinché i formatori possano fare la
selezione secondo i criteri stabiliti nel c. 241 § 1.
La valutazione si completerà con le relazioni dei responsabili della comunità di
provenienza (parrocchia, movimento...). È necessario includere lettere di presentazione dei
sacerdoti che hanno accompagnato il candidato nel discernimento vocazionale previo al
seminario (1051. 2) e, in caso, relazioni scritte del rettore del seminario minore al quale è
appartenuto. Si richiedono anche altre certificazioni che accreditino la storia personale e
familiare dell’aspirante.
Bisognerebbe prestare attenzione speciale nel momento dell’entrata al candidato
proveniente da un altro seminario o casa di formazione. In questi casi si esige ottenere un
testimonium del superiore che ha deciso la dimissione (c. 241 §3). Attualmente i vescovi hanno
l’obbligo sub gravi di investigare le cause di espulsione di coloro che vengono da un altro
seminario o istituto religioso (RFIS 39c); si chiederà in questi casi una relazione del rispettivo
superiore che spieghi il motivo dell’espulsione.
y a) Retta intenzione
Affinché l’aspirante sia ammesso nel seminario si richiede che abbia fatto un’opzione
sufficientemente chiara per il sacerdozio, benché sia normale che all’inizio la vocazione si basi
su valori confusi, dove le motivazioni naturali e soprannaturali si trovano mescolate. Benché
le motivazioni non siano chiare al principio, devono essere almeno rette e buone, disponibili
ad essere maturate nel futuro. Ciò suppone che bisogna escludere da un principio i candidati
con motivazione di evasione, di rifugio, o di ricerca di una vita facile.
Il rettore tenterà di conoscere dal primo momento qual è l’intenzione del candidato
domandando in forma esplicita nei colloqui quali sono le sue motivazioni vocazionali.
«Consideriamo che gli educatori ben preparati sono in condizione di distinguere l’autenticità
delle vocazioni negli individui normali, coi criteri selettivi comuni». In certe occasioni,
possono esistere alcune motivazioni profonde ed inconsce il cui discernimento richiede gran
capacità di intuizione, osservazione, esperienza e lucidità da parte del formatore.
7 Benché la prima redazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, dell’anno 1992, affermasse nel suo numero
2358, che esistevano tendenze omosessuali «istintive» ed alieno alla volontà della persona, presto si rettificò
questa posizione con la nuova redazione del Catechismo nell’anno 1997, in cui si sopprime la parola istintiva e
la frase «non scelgono la loro condizione di omosessuale». Inoltre, la lettera della CDF Homosexualitatis problema
(1986), nel suo numero 3 affermava che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché in sé
non sia peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente
brutto dal punto di vista morale, e che «per questo motivo l’inclinazione stessa deve essere considerata come
obiettivamente disordinata». Si segue quindi, che, secondo il magistero ecclesiale, non può concepirsi
l’omosessualità come qualcosa di innato o istintivo e la cosa massima che potrebbe affermarsi è che la «sua
origine psichica rimane in larga misura sconosciuta» (CEC 2357).
8 D’altra parte, la Sacra Congregazione per l’educazione cattolica nel suo documento del 1974 sulla formazione
per il celibato, non dubita di riconoscere che esiste un tipo di omosessualità strutturale sofferta da coloro che
non sono stati capaci di superare la prima fase di sviluppo sessuale. Queste persone sarebbero comprese entro
la nevrosi sessuale, propria di quelli che hanno una predisposizione costitutiva, aggravata dalle circostanze
della società attuale. Tuttavia, la comunità scientifica, animata principalmente da criteri politici ed ideologici, si
rifiuta tuttavia di considerare l’omosessualità come perturbazione o disordine.
y d) Attitudini intellettuali
Prima di ammettere un candidato al seminario bisognerebbe vedere se ha le doti
intellettuali sufficienti per potere assumere in futuro il ministero sacro (c. 241 §1). Bisognerà
cominciare comprovando se possiede:
a) Un minimo di capacità intellettuale necessario per potere approfittare della formazione
dottrinale che offre il seminario. Nei casi dubbi può rimettersi allo psicologo affinché per
mezzo del test corrispondente segnali il coefficiente intellettuale della persona in questione.
b) Una certa capacità per lo studio. Non basta essere intelligente, è necessario anche essere
capace di concentrarsi per fare rendere i talenti ricevuti.
c) Un certo livello culturale e dottrinale. Il primo si suppone, tenendo in conto che
devono avere quella formazione umanistica e scientifica che permette ai giovani nella sua
nazione di avere accesso agli studi superiori (c. 234 §2; OT 13). Quanto alla questione
dottrinale, si richiede una conoscenza abbastanza ampia della dottrina della fede (PDV 62b),
incidendo specialmente sulla sua concezione del sacerdozio e le possibili deviazioni dottrinali
che portare con sé (RFIS 39b).
d) infine, bisognerà comprovare la rettitudine e sensatezza di giudizio del candidato (RFIS
39b).
La responsabilità principale nell’accertamento di questo aspetto sarà del rettore che dovrà
raccogliere il certificato di studi opportuni, c. 1050,1, e comprovare nell’incontro previo, le
conoscenze dei contenuti di fede del candidato.
y e) Attitudini spirituali
La maturità cristiana è un processo di graduale crescita nella fede e suppone un
avanzamento graduale nel processo di configurazione con Cristo che si manifesta in una serie
di qualità che bisogna discernere. In questo primo momento, le doti spirituali esigite dal c.
241 §l potrebbero sintetizzarsi in: amore verso Dio e verso il prossimo, desiderio di fraternità e di
abnegazione, docilità, castità provata, senso di fede e di Chiesa e sollecitudine apostolica e missionaria (RFIS
39b).
Attualmente bisognerebbe prestare attenzione molto speciale ai neofiti (1042. 3); si tratta
di quelli che passarono alla fede in età adulta (quattordici anni al tenore del 1478 §3) e hanno
ricevuto il battesimo in forma assoluta. Questi adulti, prima di essere ordinati, devono
maturare il loro ingresso nella Chiesa per un certo tempo. Nella stessa linea, sembra
opportuno che si adotti un atteggiamento prudente con quei battezzati che dopo un lungo
periodo di lontananza della vita della Chiesa, ritornano e chiedono di entrare nel seminario.
Una volta che il candidato è ammesso nel seminario comincia una nuova tappa, un
periodo in cui è preparato affinché sviluppi le qualità necessarie per, a suo tempo, potere
prendere una decisione vocazionale il più liberamente possibile e sviluppare il suo ministero
in modo fruttifero. In questo periodo l’aspetto formativo acquisisce una rilevanza
9 El spiritus director (c. 239 §2) es figura institucional, oficial, designada por el obispo con una función en el foro
externo comunitario y con posibilidad de acceder también al foro de la conciencia de cada candidato. En todo
seminario es necesario «al menos» un director espiritual oficial (c. 239 §2). Los sacerdotes deputati (c. 239 §2) son
personas elegidas y designadas por el obispo para la dirección espiritual individualizada, queriendo evitar que la
figura única del director espiritual oficial coarte libertad de manifestación de conciencia que la Iglesia reconoce
a los fieles. Dependiendo de los estatutos del seminario podrán o no tener la calificación de directores
espirituales. Su actuación se limita al ámbito de la conciencia, y su elección por parte del alumno debe ser
notificada al rector. El moderator vitae spiritualis (c. 246 §4) es persona escogida libremente por el candidato de
entre sacerdotes no propuestos por el obispo, como ayuda a su formación espiritual. Su función se limita al
plano personal, en el que tiene las mismas funciones que el director espiritual. Su elección por parte del
alumno no sólo debe ser notificada al rector, sino que además debe ser permitida y aprobada por éste, de
modo que podría oponerse a esa elección si considera que el moderador escogido es una persona no idónea
para tan alta responsabilidad.
10 Cf. L. M. Rulla-F. Imoda- J. Ridick, Antropologia della vocación, II, 115 nt. 23.
1. Qualità fisiche e psichiche. Nel momento ultimo del discernimento, si sono scartati
normalmente già i casi più gravi di malattie fisiche e mentali. Se il rettore mantiene
qualche dubbio sullo stato psichico di uno dei candidati, dovrà ricorrere al perito prima di
redigere la sua relazione, affinché, una volta vagliato l’alunno in profondità, possa
accertarsi che sarà capace di compiere gli obblighi sacerdotali (c. 1051. 1). Se si pensa che
il candidato può soffrire amenza o un’altra malattia psichica che lo rende irregolare a
ricevere gli ordini (c. 1041. 1), il vescovo farà un decreto col quale il candidato rimane
obbligato a sottoporsi alla visita dello psicologo o psichiatra.
2. Attitudini intellettuali. Il vescovo dovrà comprovare che il candidato possiede la scienza
dovuta congruente con l’ordine che va a ricevere (c. 1029). I segni concreti che
manifestano l’attitudine dottrinale del candidato oltre i risultati accademici sono:
l’interesse per gli studi ecclesiastici, amore alle Sacre Scritture, interesse per letture
formative, preoccupazione per la conoscenza di documenti del magistero e capacità per
esercitare il ministero della parola.
3. Attitudini umane. In questo momento non basta che le attitudini stiano in germe, ma deve
comprovarsi che sono arrivati ad un alto grado di maturità manifestato nello sviluppo
nella sua capacità di giudicare in forma realistica persone ed avvenimenti, nella sua
capacità di assumere responsabilità e nel suo equilibrio emozionale. I segni concreti che
mostrano la maturità umana sono: la sincerità, l’amore alla verità, la fedeltà alla parola
data, la capacità di dialogo e comunicazione, la capacità di accettazione di persone e modi
di pensare distinti, la capacità di collaborazione con altri e la capacità di assumere il
silenzio e la solitudine (PFSM 54).