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IL CODICE
DI
DIRITTO CANONICO
Commento giuridico-pastorale
II
Libri III-IV-V-VI
Seconda edizione
accresciuta e aggiornata
ISBN 88-396-0226-7
LIBRO III
LA FUNZIONE D'INSEGNARE
DELLA CHIESA
Secondo l'insegnamento della Cast. Lumen Gentium del Concilio Vaticano 11 , la 3089
Chiesa ha ricevuto da Cristo un triplice ufficio o funzione : d'insegnare, di santificare e
di governare (nn . 25-27). È la stessa triplice funzione che Cristo ricevette dal Padre :
profetica , sacerdotale e regale (can. 204, § l ).
La funzione d'insegnare (munus docend ù è la funzione primaria. Ad essa il nuovo 3090
Codice dedica il libro III. Alla funzione di santificare imunus sanctificandi) è riservato
il libro IV. Manca un libro a sé per la funzione di governo (munus regendi), e non pochi
ne fanno un oggetto di critica. Altri, invece, giustificano l'assenza di un libro a parte,
perché della funzione di governo il Codice tratta, si può dire, in ogni titolo e capitolo,
in particolare nel 11 libro dedicato al Popolo di Dio.
Il m libro è di grande ricchezza dottrinale. Esso abbraccia 87 canoni, distr ibuiti in 3091
cinque titoli, preceduti da una introduzione teologico-giuridica. l titoli trattano distinta-
mente delle varie attività comprese nel "munus docendi ".
I o Il ministero della Parola di Dio
- La predieaz ione
- L'i struzione eateehetica
2° L'azione missionaria della Chiesa
)0 L'educazione cattolica
- La scuola
- Le università cattoliche e gli altri istituti di studi superiori
- Le università e le facoltà ecclesiastiche
4 o Gli strumenti di comunicazione sociale e i libri in specie
50 La professione di fede
Alla base dell'insegnamento della Chiesa e della sua azione missionaria è il man-
dato del Signore: «Andate per il mondo intero , predicate il Vangelo ad ogni creatura»
(Mc. 16, 15). Il can. 747, all' inizio del m libro, ne è il commento, che non manca di
una certa solennità.
Atte sa l' importanza della materia , il nuovo Codice ha ded icato alla funzione 3092
magisteriaie della Chiesa un libro a sé, mentre nel Codice anteriore questa si presentava
come quarta parte del libro Il, De rebus, col titolo "De Magisterio ecclesiastico". Nell' at-
tuale Codice, l'esposizione è più ordinata e più logica, e la terminologia più moderna,
conforme al linguaggio del Concilio Vaticano Il. Vi sono trattati nuovi argomenti: l' azione
missionaria della Chiesa (tit. 11) c gli strumenti di comunicazione sociale (tit. IV). Le
norme e le direttive sui Seminari sono state inserite nel Il libro, parte l, titolo III, cap. I,
con la denominazione più appropriata "La formazione dei chierici" (cann. 232-264).
È stato giustamente osser vato che la nuova normativa sul "munus docend i" della 3093
Chiesa si contraddistingue soprattutto per lo spirito che la anima: uno spirito di conti-
nuità e di rinno vamento , di fedeltà alla tradizione e di apertura alla nuova situazione
storico-culturale, in cui il messaggio evangelico dev'essere trasmesso e attuato.
2 LIBRO III - Il "m unus doccndi" della Chiesa
Il libro III dell'attuale Codice, sia solto l'aspetto sistematico che souo q uello
con tenut istico, co me per il suo deciso orientamento pastorale, merita un particolare
appre zzame nto. l canoni più impor tanti da un punto di vista dottrinale sono stati tratti
dal progetto della Lex Fundam entalis, che si aveva in animo di promulg are a part e.
CAN. 748 • § 1. Omnes homines § I. Tutti gli uomini sono tenuti a ricer-
veritatem in iis, quae Deum eiu- care la verità in quei che riguarda Dio e la
sque Eeclesiam respiciunt, quae- sua Chiesa, e, conosciutala, hanno il do-
rere tenentur eamque eognitam vere e il diritt o, in forza della legge divi-
ampleetendi ae servandi obliga- na, di dare ad essa la propri a adesione e di
tione vi legis divinae ad stringun- custodirla.
tur et iure gaudent.
§ 2. Homines ad amplectendam § 2. Non è mai lecito ad alcuno indurre
fidem eatholicam contra ipsorum gli altri ad abbracciare la fede ca ttolica
conscientiam per eoaetionem ad- co ntro la propria coscienza, con la cos tri-
duce re nemini umquam fas est. zione.
747, § 2 Il magistero de lla Chiesa non può limitarsi alle verità strettamente religio-
se. La Ch iesa ha il diritto e il dovere di proclamare con asso luta libertà i princip i della
morale, inseparabili dalle verità dogmatiche , compresi anche quelli concernenti l'ordine
sociale e politi co. Tutt i gli eventi e le cose umane, riguardanti i diritti fondamentali della
persona o la salvezza delle anime, rientra no nella sua competenza.
È questo un princip io affermato con insistenza dal Co ncilio Vaticano Il :
- Per volontà di Cristo. la Chiesa Cattolica è Maestra di verità e la sua missione è di
annunziare e d' insegnare in modo autentico la Verità che è Cristo. e nello stesso tempo di dichia-
rare e di confermare con la sua autorità i principi dell'ordine morale, che scaturiscono dalla stessa
natura umana (Dignitatis humanae, n. 14. 2) .
- Sempre e dovunque è diritto della Chiesa predicare con vera libertà la fede. insegnare la
sua dottrina socia le. esercitare senza ostacoli la sua missione tra gli uomini e dare il suo giudizio
morale anche su cose che riguardano l' ordine politico. quando ciò sia richiesto dai diriui fondamen-
tali della persona o dalla salvezza delle anime... Nella fedeltà al Vangelo e nello svolgimento della
sua missione nel mondo. la Chiesa, che ha come compito di promuovere ed elevare tutto ciò che
di vero, di buono e di bello si trova nella comunità umana. rafforza la pace tra gli uomini. a gloria
di Dio (Gaud ium et Speso n. 76. 5).
4 LIBRO /Il . Il " munus doccnd i" de lla Chiesa
Tali contenuti, concernenti sia il piano personale che quello comunitario, possono
leggersi utilmente nell' Enchiridion Vaticanum, voI. 7, pp. 540-545, nn. 564-567.
3110 3) Precisazione
749, § 3 (1323, § 3*) Perché una dottrina possa e debba essere considerata infal-
libilmente definita, la definizione deve risultare in modo manifesto. Se tale definizione
non risultasse o fosse dubbia, la presunzione sta per la non infallibilità, finché non si
dimostri il contrario.
Principi c nonne iruroduttivc 7
CAN. 750 - Fide divina et catho- Sono da credere per fede di vin a e ca tto -
Iica ea omnia credenda sunt qua c lica tutte le verità che sono co nten ute nel-
verbo Dei scripto vel tradito, uno la parol a di D io sc ritta o trasm essa per
scilicet fidei deposito Ecclesiae tradi zione, ossia nell'unico deposito della
commisso, continentur, et insi- fed e affi dato alla Chiesa, e che nell o stes-
mul ut divinitus revelata propo- so tempo so no proposte co me di vinam en -
nuntur sive ab Ecclesiae magiste- te rivelate sia dal magistero solenne dell a
rio sollemni, sive ab eius magi- C hiesa sia dal suo m agistero ord inario e
steri o ordinario et uni versali, un iversale, m a nifestato d i fatto dall a co -
quod quidem communi adhaesio- mu ne adesione de i fed e li so tto la guida
ne christifidelium sub ductu sacri de l sac ro magistero; tutti, pertan to , so no
magisterii manifestatur; tenen- obbligati ad ev itare qu alsiasi dott rin a ad
tur igitur omnes quascumque dc- es se co ntraria .
vitaredoctrinas iisdem contrarias,
CAN. 751 • Dicitur haeresis, per- Si d ice e res ia la pe rtinace negazion e,
tinax, post receptum baptismum, dop o av er rice vuto il batt esimo, d i un a
alicuius ver itatis fide divina et veri tà che si deve cre dere per fede d ivin a
catholica cre denda e denegatio, e cattol ica , o il dubbio pertinace su d i
aut de eadem pertinax dubitatio; essa; - apos tasia, il ripud io tot ale de lla
apostasia, fidei christianae ex to- fed e c ristiana; - scisma, il rifiu to della
to repudiatio; schisma, subiectio- sott omissione al Roman o Pontefice o del -
nis Summo Pontifici aut commu- la co m unione con i memb ri dell a Chiesa a
nionis cum Ecclesiae membris lu i soggetti.
eidem subditis detrectatio.
750 (1323, § I *) L'obbligo di tale assenso suppone una duplice concorrente con-
dizione:
l " Che la verità sia contenuta nella Parola di Dio scritta o trasmessa per tradizione,
vale a dire nell'un ico deposito della fede affidato alla Chiesa.
2 0 Che, nello stesso tempo, la verità sia proposta come divinamente rivelata dal
magistero solenne della Chiesa (Papa o Concilio Ecumenico), o anche dal suo magistero
ordinario e universale, manifestato di fatto dalla comune adesione dei fedeli solto la
guida dei sacri Pastori.
Quando una verità è sem plicemente conte nuta nella Parola di Dio (rivelazione),
e non c'è alcun intervento definitorio da parte del magistero della Chiesa, essa è
soltanto di fede divina. Le verità di fede divino-cattolica forma no i vari dogmi o
articoli di fede.
La conseguenza teologica e giuridica del principio enunzia to è che tutti i fedeli, 3 11 2
nessuno eccettua to, devono tenersi lontani da qualsiasi dottrina contraria alla verità
definita, che è insieme divina (contenuta nella Parola di Dio) e cattolica (proposta come
divinamente rivelata dal solenne magistero della Chiesa). Aderendo al magistero infal-
libile dei sacri Pastori. il popolo cristiano partecipa alla medesima infallibilità: alla
infallihilitas in docendo corrisponde la infallibilitas in credendo (cfr. Lumen Gentil/III.
n. 12: Dei Yerbum. n. l O),
Ma in tal modo - si oppone spesso - il magistero ecclesiastico si pone al di sopra della 3113
Parola di Dio, si sostituisce al Vangelo. crea nuove verità. Sono accuse infondate. che derivano in
8 LIBRO III -11 "munus doccndi" della Chiesa
parte da un concetto errato del sacro magistero. Soltanto la Parola di Dio costituisce il "deposito
sacro" della fede, e i Pastori del gregge sanno «di essere discepoli prima che maestri; ministri prima
che difensori; canale insomma, non sorgente» (Card. Montini).
Il compito della Chiesa è di trasmettere la Parola di Dio, così come Cristo gliel'ha affidata.
Ma per trasmetterla con fedeltà, deve anche poterla interpretare autenticamente dichiarandone il
senso genuino e difendendola da ogni errore e deviazione. Il magistero è a servizio della verità.
Non è la regola costitutiva della fede, ma la regola direttiva, poiché della Parola di Dio la Chiesa
è, in forza del mandato di Cristo, depositaria, custode e interprete infallibile.
I Nel Codice precedente, al concello di eresia, apostasia e scisma (can. 1325, § 2), era
premesso nel § I il richiamo formale dell'obbligo di professare apertamente la propria fede ogni
volta che il silenzio o la tergiversazione o il modo di agire comportino l'implicita negazione della
fede, il disprezzo della religione, l'offesa verso Dio o lo scandalo del prossimo. Il paragrafo non
è stato riportato nel nuovo Codice, ma non c'è dubbio che esso sia tuttora valido, poiché si tratta
di un obbligo di legge naturale e positiva.
, Cfr. Decr. conco Unitatis redintegratio, n. 3, J. Il Direttorio ecumenico Ad totam
Ecclesiam, 14 maggio 1967, n. 19, parla di fratelli separati «che si trovano per nascita nell'ere-
sia o nello scisma e vi permangono in buona fede» (Enchir. Vat., voI. 2, p. IO19, n. 1212). Ma
è evidente che, con la promulgazione del nuovo Codice, la seconda condizione della "buona
fede" è stata soppressa.
Principi è norme huroda uive 9
CAN. 752 - Non quidem fidei as- Non certo un assenso di fede, ma pur
sensus, religiosum tamen intellec- tuttavia un religioso ossequio dell 'intellet-
tus et voluntatis obsequium prae- to e della volontà dev 'essere prestato ad
standum est doctrinae, quam sive una dottrina enunziata in materia di fede o
Summus Pontifex sive Collegium di costumi sia dal Sommo Pontefice sia
Episcoporum de fide vel de mori- dal Colle gio dei Vescov i nell'esercizio
bus enuntiant, cum magisterium del loro magistero autentico, anche se non
authenticum exercent, etsi defini- intendano proclamarla con un atto defini-
tivo actu eandem proclamare non tivo; i fedeli, pertanto, abbiano cura di
intendant; christifideles ergo devi- evitare ciò che con essa non concordi.
tare curent quae cum eadem non
congruant.
CAN. 753 - Episcopi, qui sunt in l Vescovi che sono in comunione con il
communione cum Collegii capite capo e con gli altri membri del Collegio,
et membris, sive singuli sive in sia individualmente sia riuniti nelle confe-
conferentiis Episcoporum aut in renze episcopali o nei concili particolari,
conciliisparticularibuscongregati, pur non godendo dell a infall ibil ità nel
Iicet infaIlibilitate in docendo non loro insegnamento, sono autentici dottori
polleant, christifidelium suae eu- e maestri della fede per i fedeli affidati
rae commissorum authentici sunt alle loro cure ; a questo magistero autenti-
fidei doctores et magistri; cui aut- co dci propr i Vescovi , i fedeli son tenuti
hentico magisteriosuorum Episeo- ad aderire con religioso ossequio dell'an i-
porum christifideles religioso ani- mo.
mi obsequio adhaerere tenentur.
752 IL Romano Pontefi ce e il Collegio dei Vescovi. Il magistero dc i Romano Pon- 3117
tefice e del Colle gio dei Vescovi in materia di fede o d i cos tumi o di veri tà intimamente
connesse, anche se non intende enunziare una dott rina con atto definitivo, obbl iga i
fedeli a prestare a tale dottrina un religioso ossequio, evitando con cura quello che con
essa non sia concord e. Non basta una semplice adesione esterna: è necessaria anche e
sopratt utto quella interna, dell'intelletto e della volont à.
Qu esto non impedisce che la verità enunziata venga opportunamente approfondita,
ai sensi de i ca nn. 2 18 e 386, § 2. L' app rofondim ento comprende anche lo "s viluppo",
ma eodem sensu eademque sententia.
Per la sanzione annessa al can. 752. cfr. can. J 371, n. I.
IO L1IlRO J1I - Il "m unus doccndi' de lla Chiesa
CAN. 754 • Omnes christifideles Tutti i fedeli hanno l' obbli go di osser-
obligatione tenentur servandì con- vare le cos tituzio ni e i dec reti ema nati
stitutiones et decreta, quae ad doc- dalla legittima autorità de lla Chiesa, per
trinam proponendam et erroneas prop orre una do ttrina e per con dan nare
opiniones proscribendas fert legi- opini oni erron ee; in mod o speciale quelli
tima Ecclesiae auctoritas, speciali promul gati dal Romano Pontefice o da l
vero ration e, quae edit Romanus Collegio dei Vescovi.
Pontifex vel Collegium Epì sco-
porum,
CAN. 755 - § l. Totiu s Collegii § 1. Spetta princip alm ent e a tutto il
Episcoporum et Sedis Apostolicae Collegio dei Vescov i e alla Sede Apos to-
irnprimis estfovere et dirigere mo- lica favorire e dirigere fra i cattolici il mo-
tum oecumenicum apud catholi- vimento ecumenico, il cui scopo è di ri-
cos, cuius finis est unitatis redinte- stabilire l'unità di tutti j cristiani, che la
gratio inter uni versos chrlstianos, Chiesa è tenu ta a promu overe per volontà
ad quam promovendam Ecclesia di Cristo.
ex volunta te Christi tenetur,
§ 2. Epi scoporum item est, et, § 2. Spe tta parime nti ai Vescovi c, a
ad normam iuris, Episcoporum nonn a de l diritto, alle Co nfere nze Epi-
conferentiarum, eandem unitatem scop ali, promuovere la medesima unità,
promovere atque pro variis adiun- e, seco ndo le varie necessità dell e situa-
ctorum necessitatibus velopportu- zioni o la loro utilità, impa rtire norm e
nitatibus, normas practìcasirnper- pratiche, atte ne ndosi alle d isp osiz ioni
tire, attentis praescriptis a supre- em anate al riguard o dall a supre ma au to-
ma Ecclesiae auctorita te latis. rità della Chi esa.
3118 753 Vescovi sing oli e Vesco vi riuniti in Conferenze Episcopali o in Concili pa rti-
colari. In comu nione con il Rom ano Pont efice e con gli altri mem bri del Co llegi o
Ep iscopale, sono anch'essi au tent ici dollori e maestri della fede nell ' esercizio del loro
" munus doccndi". E un magistero che ha tutte le garanzie , e al quale i fede li son ten uti
ad aderi re con religioso ossequio dell' animo, anche se sia privo del cara ttere assolu to e
incond izionato dell ' assenso di fede.
3119 754 Costituzioni e decreti. Spesso il magistero ecclesiastico , nell' enun ziare una
dott rina o nel condannare opi nioni erro nee, viene es presso mediante costi tuzioni o de-
creti, che assu mono , com'è ovvio , un carattere norm ativo più mani fe sto. I fede li -
afferma il canone, ad integrazion e del can. 212, § I - hanno l'obbligo di osservare tali
costi tuzio ni e dec reti. in modo speciale quell i prom ulgati dal Rom ano Pontefice o da l
Co llegio dei Vesco vi.
Decreti e dic hiarazion i possono essere emanati anche dai Vescovi c dalle Conferen-
ze Episcopali, nell'ambito della propria compe tenza . Una particolare autorità hanno gli
atti delle Congregazioni, spec ialmente. in materia di fede , quelli eme ssi dalla Co ngre -
gazio ne per la Dottrina de lla Fede. che ha il preciso «compito di tutelare la dottrina
riguardante la fede e i cost umi in tutto il mon do cattolico» (Cas t. Ap . Regimini
Ecclesiae, 15 ago sto 1967, n. 29; cfr. anche i numeri successivi 30-40: Enchir. Vat., val.
2. pp. 1294-1 297 , nn. J 569 - 1580).
cile. delicata. co mplessa, né può essere lasciat a alla libe ra iniziati va dei fedeli e neppure
dei singo li Pastori, Essa va dirett a oppo rtunamente:
- In primo luogo da l Romano Pontefice e dal Collegio dei Vescovi, che rappre-
senta no la suprema autor ità nella Chiesa (ca nn. 33 I e 336).
- Nell' ambito della propria com petenza e a norma del diritto, oss ia secondo le
norm e e le diretti ve ema nate dalla suprema aut orità, anche dai singoli Vescov i e da lle
Co nferenze Ep iscop ali.
Tutti i fedeli devono co nformarsi alle norm e e alle direttive dell ' autorità ecclesia-
stica. «astenendosi da qualsiasi leggerezza e da qual siasi zelo im prude nte, che possano
nuocere al vero progresso nell'un ità» (Dccr. co nco Unitatis redintegratio, n. 24. I).
L'interesse e la cura per il rist abilimento dell 'unità dei cristiani gravano su tutta la
Chiesa, sui fede li e sui pastori (Decr. cit., n. 5). La promoz ione di tale unità è legata alla
volontà di Cr isto.
Principali documenti sull'ecumenismo: 3121
- Il Decr. con cil iare Unitatis redintegratio, 21 nov. 1964'
- Il Diret torio del Segret ari at o per l' unità dei er isti ani: I parte A d totam
Ecclesiam, 14 maggio 1967: - II parte Spiritus Domin i, 16 aprile 1970 (Enchir. Val..
vol. 2, pp. 1004- 1083) . Relati vament e alla I parte. cfr. il Discor so di Paolo VI. 13 nov.
1968 (Insegnamenti, vo I. VI, pp. 59 8-602).
- La Dichiarazi one Dans ces derniers temps dcI medesimo Segretariato, 7 ge nna-
io 1970 iEnchir. Vat., voI. 3, pp. 12 18-1229 ).
- L 'I stru zione De peculi aribus casib us admittendi alios christianos ad
communionem eucharisticam in Ecclesia catholica, l " giugno 197 2, e la successiva
Nola dcI 17 ottobre 197 3 (Enchir. Vat. , vo I. 4, pp. 1024 -1041 ).
- Il Documento cir ca la Collaborazione Ecumen ica sul piano region ale. nazion ale
e locale. del Segretariato per l' unità de i cristiani, 22 febbraio 1975 t Enchi r. Vat.. vol.
5, pp. 66 8-7 35) .
Norme vari e contenute nel Codice: 3122
- Can. 256. § 2: Gli alunni del seminario e i problemi ecumenici
- Can. 383. § 3: Il particolare dovere del Vescovo diocesano verso i fratelli che non sono
in piena comunione con la Chiesa cattolica
Can. 463. § 3: Invito al Sinodo diocesano
- Ctln . 825. § 2: La versione delle Sacre Scritt ure in collaborazione con i fratelli separati
- Can. 844 : Recezione e amm inistrazione dei sacramenti della penitenza. dell'Eucaristia e
dell' unzionc degl'infermi
Can. 874..Ii 2: Divieto di far da padrini nel battesimo: solo testimoni
- Cun. 908 : Divieto di concelebrazione eucaristica
- Cl/n. 933 : Celebrazione eucaristica in una chiesa di fratelli separa ti, da parte di un sacer-
dote cattolico
- Catl . 1183: Esequi e cattoliche
- Can. 1365: 11 reato di "cornrnunicatio in sacris"
.' È bene tener presente anche la Dichiar. Nostra aetate, 28 ott. 1965, circa le relazioni della
Chiesa con Ic religioni non cristiane.
12 LIBRO III - Il "rmmus doccndi" della Chiesa
Titolo I
Il ministero della Parola divina
e 336). Come tali, essi hanno l'ufficio e la responsabilità primaria di provvedere all'an-
nunzio del Vangelo in rapporto alla Chiesa universale (§ I).
Le Chiese particolari sono affidate ai Vescovi. Ciascuno di essi è nella propria
Chiesa il responsabile dell'a nnunzio evangelico, il moderatore di tutte le attività concer-
nenti il ministero della Parola. I Vescovi possono esplicare tale loro funzione anche
congiuntamente, per es.• nell' ambito della provincia. della regione, della nazione. ma ad
normam iuris - precisa il canone - ossia nell' osservanza delle disposizio ni e delle
direttive emanate dalla superio re autorità.
Circa il ministero pastorale della Parola di Dio, proprio del Vescovo diocesano, v.
il can . 386: nn. 1970-1972.
CAN. 759 - Christifideles laici, In virtù del battesimo e dell a con fer-
vi baptismatis et confirmationis, ma zion e, i fedeli laici son o testimoni del
verbo et vitae christianae exem- messaggio evangelico con la parola e co n
pio evangelici nuntii sunt testes; l'esempio di una vita cri sti ana; essi po sso -
vocari etiam possunt ut in exer- no venire anche chiamati a cooperare co n
citio ministerii verbi cum Episco- il Vescovo e con i pre sbiteri nell' esercizio
po et presbyteris coopcrentur. del min istero della parol a.
CAN. 760 - In ministerio verbi, Nel ministero della parola, che de ve
quod sacra Scriptura, Traditio- fond arsi sulla sacra Scrittura, sull a T rad i-
ne, liturgia, magisterio vitaque zione, sulla liturgia, sul magistero e sulla
Ecclesiae innitatur oportet, Chri- vita dell a Chiesa, si propong a integral-
sti mysterium integre ac fideliter mente e fedelmente il mistero d i Cr isto.
proponatur.
CAN. 761 - Varia media ad doc- Per annunziare la dottrina cristiana, si
trinam christianam annuntian- usino i vari mezzi disponibili, soprattutto
dam adhibeantur quae praesto la pred icazione e l' istruzione catechetica,
sunt, imprimis praedicatio atque che sono sempre al primo posto , ma an-
catechetica institutio, quae qui- c he l' e sposizione della dottrin a nelle
dem semper principem locum te- scuole, nelle accademie, nelle conferenze
nent, sed et propositio doctrinae e riunion i d'ogni ge nere, come anche la
in scholis, in academiis, confe- sua diffu sion e med iante pubbliche dichia-
rentiis et coadunationibus omnis razioni della legittima autorità , fatte in oc-
generis, necnon eiusdem diffusio ca sione d i spe ciali eventi, attraverso la
per declarationes publicas a legi- stampa e con altri strumenti di comuni ca-
tima auctoritate occasione quo- zione soc iale.
rundam eventuum factas prelo
aliisque instrumentis communi-
cationis socialis.
dice co n for mula incisiva Paolo VI (Evangelii nuntiandi, n. 26)1. È un mistero che
dev' es sere prop osto in tu tta la sua interczza e co n assoluta fedeltà.
Il min istero della Parola ha il suo fondament o nella Sacra Scrittura, nella Tra dizio-
ne, nel Magistero ecclesiastico, nell a liturgia, nella vita dell a Ch iesa (cfr. Decr. eonc.
Christus Dominus, n. 14, l ).
I Sul "cristocc nrris rno" d 'ogni istru zione religiosa. e in particolare de lla catechesi. v. l'Esort .
Ap. Catechesi tradendae di Giovanni Paolo Il, 16 ottobre 1979. nn. 5-9 i Enchlr. Var.• pp. 1181-
1187).
16 LIBRO 111 • Il " munus doccndl" della Chiesa
CAPITOLO I
LA PREDICAZIONE DELLA PAROLA DI DIO
CAN. 762 - Cum Dei populus Poiché il popolo di Dio viene radunato
primum coadunetur verbo Dei in primo luogo dalla parola del Dio viven-
vivi, quod ex ore sacerdotum te, ed è del tutto legittim o ricercare questa
omnino fas est requirere, munus parola dalla bocca dei sacerdoti, i sacri
praedicationis magni habeant sa- ministri abbiano in grande considerazione
cri ministri, inter quorum praeci- il ministero della predicazione, e tra i loro
pua officia sit Evangelium Dei precipui doveri sia quello di annun ziare a
omnibus annuntiare. tutti il Vange lo di Dio.
CAN. 763 - Episcopi s ius est ubi- È diritto dei Vescovi predicare la parola
que, non excIusis eccIesiis et ora- di Dio dovunque, non escluse le chiese e
toriis institutorum reIigiosorum gli oratori degl ' istituti religiosi di dir itto
iuri s pontificii, Deiverbum praedi- pontificio, tranne che, in cas i particolari,
care, nisi Episcopus loci in casibus il Vescovo del luogo ne faccia espresso
particularibus expresse renuerit. divieto.
CAN. 764 - Salvo praescripto Salvo il disposto del can. 765. i presbi-
can, 765, facultate ubique praedi- teri e i diaconi hanno la facoltà di predi-
candi, de consensu saltem prae- care dovunque - da esercitarsi per altro
sumpto rectoris ccclesiae exer- con il consenso almeno presunto del retto-
cenda, gaudent presbyteri et dia- re della chiesa - tranne il caso che essa sia
coni, nisi ab Ordinario competen- stata limitata o tolta dall'Ordinario com-
ti eadem facultas restricta fuerit petente, o che per legge particolare si ri-
aut sublata, aut lege particulari chieda la licenza espressa .
Iicentia expressa requiratur,
CAN. 765- Ad praedicandum relì- Per predicare ai religiosi nelle loro chie-
giosis in eorum ecclesiis vel ora- se e nei loro oratori , si richiede la licenza
toriis Iicentia requiritur Superio- del Superiore competente a norma delle
ris ad normam constitutionum costituzioni.
competentis.
Tale diritto spetta ai Vescovi, non ai Vicari, ai Prefetti e agli Amministratori apo-
stolici, tranne che siano insigniti della dignità episcopale. Può essere esercitata con piena
libertà in ogni Chiesa particolare, nessuna esclusa, tranne che per gravi ragioni, in casi
particolari, il Vescovo del luogo ne faccia espresso divieto .
Per l'obbligo personale dei Vescovi diocesani di predi care con frequ en za (per se ipsi
frequenteri nella propria diocesi, cfr. can. 386, § l.
liturgico, il commento del testo sacro (ex textu sacro), con la rispondente esposizione,
dottrinale e pratica, dei misteri della fede e delle norme della vita cristiana.
L'omelia festiva è un particolare dovere ex officio del parroco (can. 528, § l). Per
gli alunni del seminario, i quali devono essere preparati con cura all'esercizio del sacro
ministero, l'omiletica, come la catechistica, devono far parte di una preparazione spc-
cifica (can. 256, § I).
3144 Un chiarimento. Il divieto per un fedele laico di tenere l'omelia al posto del sacerdote o del
diacono durante la celebrazione della Messa, è formale e per sé non ammette eccezioni, né il
Vescovo diocesano può dispensare dalla norma prescritta (Pont. Comm. interpr. Codice, 26 maggio
1987). Nulla, tuttavia, proibisce ex iure communi, che, dopo una breve omelia fatta dal ministro
sacro, intervenga un laico ad ag$iungere, ad integrazione, qualche parola di commento, portando
la sua testimonianza personale. E però preferibile che lo faccia al termine della Messa, prima del
congedo dei fedeli. Nel Direttorio per le Messe dei fanciulli la possibilità è prevista in modo
esplicito: «Nulla vieta che uno di questi adulti che partecipano alla Messa, con l'assenso del
parroco o del rettore della chiesa, dopo il vangelo rivolga ai fanciulli la parola, specialmente se al
sacerdote riesca difficile adattarsi alla mentalità dei piccoli ascoltatori» (n. 24).
Il divieto, ovviamente, non sussiste per la Liturgia della Parola, celebrata senza Messa a
norma del can. 1248, § 2, né occorre più attenersi strettamente alla prescrizione della citata Istru-
zione Inter oecumenici della S. Congregazione dei Riti: «Colui che presiede, se è diacono, tcnga
l'omelia, oppure, se non lo è, legga un'omelia scelta dal Vescovo o dal parroco» tEnchir. Val., voI.
2, p. 317, n.247, 2). Una tale disposizione restrittiva non è conforme allo spirito del nuovo Codice.
D'altra parte, essa è stata omessa nella Risposta data al Presidente della Conferenza Episcopale
Tedesca (20 nov. 1973), in cui è detto in modo assoluto: «Nei luoghi in cui mancano i sacerdoti
o i diaconi, i Vescovi scelgano dei laici che siano in grado di tenere l'omelia nella celebrazione
della Parola di Dio in modo che nelle domeniche e nelle feste di precetto, si dia ai fedeli l'oppor-
tunità di santificare il giorno dedicato al Signore» (n. I: X. Ocnox, Leges Ecclesiue, V, col. 6686).
Nella medesima Risposta, sono date ai Vescovi della Germania ulteriori facoltà, "pro
experirnento" (nn. 2-8).
3145 767, § 2 L'omelia - prescrive il canone, riportando la deliberazione conciliare
della Cost. Sacrosanctum Concilium, n. 52 - deve tenersi nei giorni di domenica e nelle
feste di precetto, in tutte le Messe che si celebrano con concorso di popolo, né può
essere tralasciata se non per grave causa (gravi de causa).
Sono comprese - precisa l'Istr. Inter oecumenici, n. 53 - anche le Messe conventuali e
pontificali e quelle in canto iEnchir. Val., voI. 2, p. 331, n. 263).
La prudicaz ione 21
767 , § 3 Il terz o paragrafo del ca none 767 racc omand a, con viva so lleci tudi ne 3146
pastorale, che l'omelia sia tenuta anche nelle Messe celebrate nei gio rni feriali , se è
presente un numero sufficiente di fedeli, soprattutto nel tempo di Avvento e di Quare-
sima . o in occasio ne di fes te o di eve nti luttuosi,
767, § 4 Il parroco ha la cura e la respons abilità de lla propria chiesa e . similmente, 3147
il rettore dell a chiesa non parrocch iale (ca nn. 556 e 562). Es si hanno il parti col are
dovere di prov vedere che le disp osizion i circa l'omelia siano oss er vate relig iosament e
(religiose) da tutti nella propria chiesa. Un uguale dovere è richiamato per i Vescovi,
nell ' ambito della intera diocesi (ca n. 386, § l).
L'o bbligo dell 'omelia è anche un dovere personale del Vescovo. Dice a tal riguardo il 3148
"Direttorio pastorale":
- Una particolare forma di predicazione per una comunità già evangelizzata è l' omelia. Il
Vescovo l'adopera durante la celebrazione dei sacri riti, con un lunguaggio piano, famil iare e adatto
alla capacità di tutti gli astanti, basandosi sul testo sacro per illustrare le meravigliose opere di Dio
e i misteri di Cristo e per formare i fedeli secondo le leggi della vita cristiana.
Poiché l' omelia si tiene dopo la lettura della Sacra Scrittura durante lo svolgimento della
liturgia, culmine e fonte di tutta la vita della Chiesa. essa eccelle sulle altre forme di predicazione
e in qualche modo le riassume. specialmente la catechesi. Il Vescovo raramente o ben difficilmente
potrà fare egli stesso la catechesi; ebbene l'omelia gli offre l' occasione di fare un'effi cace cateche-
si, sia pur breve e sintetica, attingendo le fondamentali verità cristiane dalla stessa liturgia del
giorno, a meno che motivi pastorali non consiglino diversamente.
Per toccare più facilmente gli animi ed invitarli alla verità, il Vescovo deve conoscere bene
la mentalità, le consuetudini, le situazioni, i pericoli, i pregiudizi delle persone e delle categorie alle
quali predica, e adattare continuamente la forma del suo insegnamento alla loro capac ità, alla loro
indole, alle loro necessità, sì che ciascuno possa attingere con gioia dalle fonti della salvezza (cfr.
ls. 12, 3) e dal tesoro della dottrina sacra (Enchir. Val., voI. 4, nn. 2032-2033) .
1) Il contenuto
768 (1347, § / *) Il contenuto prim ario ed essen ziale della sac ra pred icazione sono
le verit à e le norm e cristiane, nec essarie per poter credere e operare rettamente, per la
glo ria di Dio e la salvezza delle anim e (§ l).
Ma la morale crist ia na suppo ne e co m prende anc he la morale natur ale, per cui il
§ 2 richi am a il dovere de gli annunziatori de lla Parol a di Dio d 'im partire inoltre la
dottrina proposta dal Mag istero dell a Chies a:
S ulla di gnità e sulla libert à della person a uman a
Sulla uni tà e stabilità dell a fam igli a, sulla sua funzione e i suoi com piti
Sugli obbligh i dell a vita soc iale
Sulla organ izzazione dell e cose temporal i, secondo l'ordine stabilito da Dio.
Più diffusamente il Decr. conco Christus Dominus, n. 12, 2-3:
- I Vescovi mostrin o inoltre che le stesse realtà terrene e le umane istituzioni, nei disegni
di Dio Creatore, sono ordinate alla salvezza degli uomini. e possono, per ciò, contribuire non poco
all'edificazione del Corpo di Cristo. Insegnino pertanto quale sia, secondo la dottrina della Chiesa,
il valore della persona umana, della sua libertà e della stessa vita fisica, - il valore della famiglia,
della sua unità e stabilità, della procreazione ed educazione della prole; - il valore della convi-
venza civile, con le sue leggi e con le varie professioni in essa esistenti, - il valore del lavoro e
del riposo delle arti e della tecnica, della povertà e della ricchezza. E da ultimo espongano come
debbano essere risolti i gravissimi problemi sollevati dal possesso dei beni materiali, dal loro
sviluppo e dalla loro giusta distribuzione, dalla pace e dalla guerra, e dalla fraterna convivenza di
tutti i popoli.
22 LIBRO III • Il "munus doce ndi" odi o Chic.sa
3150 2) Il metodo
769 (/347, § 2*) Il canone , seguend o l'insegnamento del Concilio Vaticano Il
(Christus Dominus, n. 13, I), si limita a dettare una fondamental e norma pedagogica:
la dottrina cristiana dev'essere proposta in modo rispondente alla condizione e alla
capacità degli ascoltatori e, nello stesso tempo, dev'essere adattata alle necessità dei
tempi, «sì che risponda - aggiunge il Coneilio - alle difficolt à e ai problemi da cui
so no maggiormente assillati e angustiati gli uomini» (ibid.).
Il can. 1347, § 2, del Codice del 1917 aggiungeva un ammonimento quanto mai
opportuno. tratto da S. Paolo (I Cor. 2, 1-5):
- Gli annunziatori della Parola di Dio si astengano dal trattare argomenti difficili
(abstrusis), che superano la comune capacità degli ascoltatori ; esercitino il ministero
evangel ico non con gli allettanti discorsi della sapienza umana né con le lusinghe pro-
fane di una vuota e ambiziosa eloquenza, ma con un linguagg io fondato sullo Spirito e
sulla virtù divina; predichino non se stessi, ma Cristo crocifisso.
4. Norme ulteriori
anc h'esse all' istruzione e alla formazione cristiana dei fedeli, co m'è d imostrato dal-
l' esperienza,
Circa "la somma importanza. utilità c opportunità" degli esercizi spirituali, predicati pubbli-
camente al popolo e soprattutto gli esercizi "chiusi", conserva tutto il suo valore l' Enc. Mens IIOSfra
di Pio XI. del 20 dicembre 1929'.
.' Tutte le Encicliche dei Sommi Pontefici, Dall'O glio Editore, Milano 1979, V ed.. voI. I, pp.
832·843.
24 LIBRO III -II "munus doccndi" della Ch i~Sà
CAPITOLO II
L'ISTRUZIONE CATECHETICA
Connesso col can. 772. § 2. è il can. 831. § 2. che demand a alle medesime Con-
ferenze l' emanazione delle norme sui requisiti necessari, perché sia consentito ai chierici
e ai membri degl'Istituti religiosi partecipare a trasmissioni radiofoniche o televisive su
questioni riguardanti la dottrina cattolica o la morale.
3155 1. Introduzione
La seconda forma essenziale del ministero della Parola di Dio è l'istruzione cate-
chistica o catechesi.
In genere. la catechesi può definirsi: L'insegnamento della dottrina cristiana. fatto
per sé in modo organico e sistematico, allo scopo di educare i fedeli alla pienezza della
vita cristia na. È, in sostanza, la definizione data da Giovanni Paolo Il nella Esort. Ap.
Ca tec hesi tradendae, n. 18, 4. Risulta così la differenza della catechesi propriamente
detta dalla predicazione, che ha il compi to dì esporre alcuni aspetti del messagg io di
Cristo, con uno scopo prevalentemente parenetico, diretto a muovere la volontà e i
sentimenti degli ascoltatori, esortandoli a vivere cristianamente in conformità co n la
legge evangelica.
La catechesi «è la base della vita religiosa e la profonda esigenza del nostro tem-
po»'. È «un compito di vitale importanza per tutta la Chiesa- ". «Un compi to prioritario
delle attività e dei programmi pastorali»". Un'attività «indispensabile per la maturazione
della fede dei cristiani e per la loro testimonianza nel mondo - ".
3156 Il magistero ecclesiastico ha emanato vari documen ti circa la catechesi. Citiamo i
principali. che occorrerà tener presenti per l' approfondimento e l'interpretazione delle
norme contenute nel Codice.
I Paolo VI, in "Temi pastorali", a cura di L. Chiappetta, ed. Dehoniane, Napoli 1980. voI. I,
p. 49.
, IV Sinodo dei Vescovi, La catechesi nel nostro tempo, n. 12 tEnchir. Var.• vol. 6. p. 3 13.
n. 401.
-' Giovanni Paolo Il, Catechesi tradendae, n. 15 (Enchir. Vaf.• voI. 6. p. t 197. n. 1793.
4 Giovanni Paolo Il, ibid. n. 25. 3 (Enchir. Vaf. , vol. 6, p. 12 t 3. n. 1823).
L'Istru zione cncchctica 25
CAN. 774· § 1. Sollicitudo cate- § I. L' impegno per la catec hesi, sotto la
chesis, sub moderamine legiti- guida della legittima autorità ecclesiasti-
mae ecclesiasticae auctoritatis, ca, riguarda tutti i membri della Chie sa,
ad omnia Ecclesiae membra pro ciascuno per la sua parte.
sua cuiusque parte pertinet.
§ 2. Prae ceteris parentes obli- § 2. I genitori, prima di lutti gli altri,
gatione tenentur verbo et exem- hanno l' obbligo di educare i loro figli con
pio filios in fide et vitae christia- la parola e con l'esempio nella fede e nella
nae praxi efformandi; pari obli- pratica della vita cristiana; lo stesso obbli-
gatione adstringuntur, qui paren- go grava su coloro che ne fanno le veci e
tum locum tenent atque patrini. sui padrini.
2) L 'impegno di tutti i membri della Chiesa e dei genitori in partico lare 3159
774 (1335*) Nella Chiesa di Cristo, tutti i fedeli che ne fanno parte in virtù de l
battesimo, devono sentire l' obbligo e la responsabilità di partecipare attiva mente alla sua
26 LIBRO III- Il "rnunus doccndi" della Chiesa
missione. Di co nseguenza, l' impegno per la catechesi, come in genere per il ministero
della Parol a , de v'essere di tutti i cristiani, ciascuno per la su a parte , secondo le proprie
attitudini e capacità, le co ndizioni di età e di vita, i doni o carismi, le disponibilit à, e
sem pre sotto la legittim a gu ida dell'autorità eccles iastica.
Un obblig o primario grava per altro sui genitori, i quali , prima e più di tutti gli altri
(prae cetcris), hanno il dovere di educare i loro figli, con la parol a e con l'esempio , nell a
fede e nell a pratica dell a vita cristian a. Tale dovere vien e richiamato con insis tenza
anche in altri canoni : 226, § 2, 793; 1136 ; 1154, ecc. AI medesimo obbligo so n tenuti
coloro che fanno le veci dei genitori e i padrini di battes imo c di confermazio ne (cann.
872 e 892).
Sulla catechesi familiare, «che precede accompagna ed arricchisce ogni forma di catechesi»,
sul suo carattere "insostituibile" e sull'vinestimabile servizio" ch'essa rende alla Chiesa, ha insistito
con particolare forza Giovanni Paolo Il nella sua Esort. Ap. Catechesi tradendae, n. 68 tEnchir.
VlIl., vol. 6, pp. 1278-1281 , nn. 1920-1921 ).
CAN. 776 - Parochus, vi sui mu- In for za del suo ufficio , il parroco è
neris, catecheticam efformatio- tenuto a curare la formaz ione catechet ica
nem adultorum, iuvenum et pue- degli adulti, dei giovan i e dei fanciulli; a
rorum curare tenetur, quem in fi- tal fine, si valga della collaborazione dei
nem sociam sibi operam adhi- chierici addetti alla parro cchia, dei mem-
beat c1ericorum paroeciae addic- bri degl 'i stituti di vita consacrata e delle
torum, sodalium institutorum vi· società di vita apostolica, tenendo conto
tae consecratae necnon socìeta- del carattere di ciascun istituto , come pure
tum vitae apostolicae, habita ra- dei fedeli laici, soprattutto dei catechisti;
tione indolis uniuscuiusque insti- tutti questi, se non sono legittim amente
tuti, necnon christifidelium laico- impediti , non si rifiutino di prestare vo-
rum, praesertim catechistarum; lentieri la loro opera. Nell a catechesi fa-
hi omnes, nisi legitime impediti, miliare, promuova e sostenga il comp ito
operam suam libenter praestare dei genitori, di cui al can. 774, § 2.
ne renuant. Munus parentum, in
catechesi familiari, de quo in can,
774, § 2, promoveat et foveat,
Ci rca le Conferenze Episcopali, il canone si limita a una dupl ice norma direttiva, 3162
concernente:
- La pubbl icazione , "si utile videatur", di catec hismi per il proprio territorio, co n
previa approvazione da parte della Santa Sede;
- L' opportunità della istituzione di un Ufficio Catechistico Cent rale, col compito
precipuo di offri re la propria assisten za in materia catechetica alle singole diocesi
I catechismi pubblicati dalle Conferenze Episcop ali non sono obbligatori , poiché
ogni Vescovo ha la facoltà di redigere catechismi propri (§ I) .
I catechismi compilati dalle Conferenze Episcopali devono essere approvati dalla Sede Apo-
stolica : cfr. a tal riguardo la Risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede in data 7 luglio
1983 (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, VI, n. 4991, coli. 8656-8660).
, Attesa l' approvazione della Santa Sede, tali catechismi non hanno bisogno di alc una appro-
vazione da parte degli Ordinari del luogo (can. 827, § I).
28 LIBRO 111 - Il "m unus doccndi" della Ch iesa
- La catechesi dei fanciulli in ordine alla prima recezione dei sacramenti della
penitenza e della SS. Eucaristia e del sacr amento della confermazione. Cfr. a tal riguar-
do l'All egato "De primo accessu ad sacr ament a paenitentiae et Eu charisti ae" , posto in
appendice al "Direttorio Catechistico Generale" della Congregazione per il Cle ro, Il
aprile 1971 (Enchir. Vat., voI. 4 , pp. 390 -397 ); - la Dichiarazione congiunta dell a S.c.
per la disciplin a dei Sacramenti e della S.c. per il Clero, in data 24 maggio 1973, e la
Risposta congi unta della S.c. per i Sacrament i e il Culto Divino e della S.c. per il C lero ,
in data 20 maggio 1977 tEnchir. Var., val. 4, pp. 398-39 9).
- La catechesi dei minorati fisici o psichci, per quanto lo permettano le loro
co nd izio ni. Cfr. Direttorio Catechistico Generale, n. 91 ; Eso rt. Ap . Catechesi
t radenda e, n. 4 I .
- La catechesi dei giovani e degli adulti, con forme e iniziative varie, in modo
che la loro fede sia rafforzata , illuminata e portata a maturità.
Per la catechesi differenziata in ordine all'età , cfr. il Direttorio Catechistico Ge-
nerale della S.c. per il Clero , parte V, nn. 77-97 , e l'Esorto Ap. Catechesi tradendae,
nn. 35-45 .
3. Norme ulteriori
1) L'uso di suss idi didattici e degli strumenti di comunicazione soc iale 3166
779 La cate chesi è una vera scuola d' istruzione religiosa, che va impartit a secondo
i principi e i criteri di una sana didattica e pedago gia, rispondenti alle esig enze moderne.
30 LIBRO III ~ Il "muuus docendi" della Chiesa
CAN. 780 - Curent locorum Or- Gli Ordinari dei luoghi curino che i
dinarii ut catechistae ad munus catechisti siano debitamente preparati a
suum rite explendum debite svolgere in modo conveniente il loro
praeparentur, ut nempe continua compito, che cioè dispongano di una for-
formatio ipsis praebeatur, iidem- mazione permanente, abbiano una cono-
que Ecclesiae doctrinam apte co- scenza adeguata della dottrina della Chie-
gnoscant atque normas discipli- sa e apprendano teoricamente e pratica-
nis paedagogicis proprias theore- mente i principi propri delle discipline
tice ac practice addiscant. pedagogiche.
3169 L'azione missionaria della Chiesa è stata oggetto di un particolare Decreto del
Concilio Vaticano Il: l'Ad Gentes del 7 dicembre 1965. Seguirono il 6 agosto 1966 le
norme applicative di Paolo VI, contenute nella III parte del M.P. Ecclesiae Sanctae
(Enchir. Val., voI. 2, pp. 758-769).
L' azione miss ionaria 31
Titolo II
L 'azione missionaria della Chiesa
CAN. 781 - Cum tota Ecclesia na- Considera ndo che tutta la Chiesa è per
tura sua sit missionaria et opus sua natura missionar ia, e che l' opera di
evangelizationis habcndum sit evangelizzazione è da ritenersi un dovere
fundamental e ofticium populi Dei, fondamentale del popolo di Dio , tutti i fe-
christifidelcs omnes, propriae re- deli, consa pevoli della loro responsabilità,
sponsabilitati s con scii, partcm assum ano la prop ria parte nell'attivi tà
suam in opere missionali assumant. missionaria.
La normati va dcI Codice , ispirata ai detti doc umenti , fa parte del 1JI libro De
Ecc/esiae munere docendi, perché, nell' azione missionaria, l' annunzio del Vangelo è
l' aspetto fond ament ale, anche se, nello stesso tempo, siano co mpre se in essa la funzione
di governo e, più ancor a, quella sa ntificatrice.
Circa l'azione missionaria della Chiesa, la CE I, Com missi one Episcopal e per la cooperazione
fra le Chi ese, ha emanato in data 21 aprile 1982. il Documento pastorale : L 'impegno missionario
della Chiesa italiana: Enchlr. CE/. val. 3, pp. 538-605. Cfr. in particolare l' Enciclica Redemptoris
missio di Giovanni Paolo Il s ulla peren ne validità del mandato missionario. 7 dicem bre 1990
iEnchir. l'a t.. vol. 12, pp . 448-623).
delle regioni i missionari, elaborare inoltre un piano organico di azione, emanare nonn e direttive
e principi adeguati in ordine alla evangelizzazion e ; stimolare, infine, promuovere e coordi nare
efficacemente la raccolta di sussidi, che vanno poi distribuiti oppo rtunamente , tenendo conto delle
esigenze e delle necessità» (Ad Gentes, n. 29, 2) .
Conferentiarum cum detrimento iuris nativi Episcoporum diocesanoru m. non iudicatur opportunum
competentiam generalem Episcopo rum Confercntiis hac in re Codice tribuere. Hoc tamen non
impedit quod Conferentia actionem coordi net, quin tamen decreta generalia virn legis habentia
ferat» (Communicationes, a. 1983, p. 99, can. 737, n. l ).
L' azione missionaria 33
- Perché l'attività missionaria dei Vescovi si eserci ti più efficaceme nte a vantaggio di tutta
la Chiesa, è bene che le Conferen ze Episcopali regoli no tutte le questi oni che si riferiscono alla
ordinata cooperazione nella propria regione . In sede di Conferenza, i Vescovi devono trattare:
Dei sac erdoti del clero dioce sano da destinare alla evangelizzazione delle genti:
Dci determinato co ntributo finanziario che ciascuna dioces i, in proporzione al proprio reddito ,
deve versare annualmente per l'opera missionaria;
Della direzione e de ll'organizzazione dei modi e dei mezzi, ord inati al soccorso diretto delle
Missioni:
Dell'aiuto da offrire agl ' Istit uti missionari ed ai Seminari di clero diocesano per le Missioni
e, se è necessa rio, della loro fondazione ;
Della maniera di favorire rapporti sempre più stret ti tra questi Istituti e le diocesi (n. 38, 4-5).
Il M.P. Ecclesiae Sanctae fa obbligo d 'i stit uire in seno alle Conferenze Episco-
pali una part icolare Commissione, «co l co mpi to d i in creme ntare l' attività e la co-
scienza missio naria e una coe rente dis po nibilit à alla cooper azione tra le diocesi: di
mantenere rapporti con le altre Conferenze Ep isco pali e di escogitare il modo di
procurare di ligentemente l'eq uità nell'aiuto alle missioni» (III, 9; Enchir. Val . , val.
2, n. 894).
I compiti de lla delta Commissione per le Missioni so no maggio rmente precisati nella Istr. Quo
aptius della S. Co ngregaz ione per l'Evangelizzazio ne dei Popoli, 24 febbraio 1969, n. 6 (Enchir.
Var., vo I. 3, p. 467 , n. 807).
I ca tec histi devono essere laici di ese mplare vita cristia na. Devono inoltre essere
convenie ntemente prep arati al loro comp ito, possibilm ente in scuole a ciò destinate.
Dove que ste manchin o , vi provvederanno gli stessi missionari. «II loro co ntrib uto è
insostituibile per la prop agazi one dell a fede e della Chiesa» (Ad Gentes, n. 17, I).
4) / neofiti 3180
789 /I termine è di S. Paolo (l Tim . 3, 6): indica i catecumen i battezzati di recente .
Essi non hanno la maturità sufficiente, per cui devono essere guidati, mediante un'op-
portuna formazione, ad una conoscenza approfondita della verità evangelica e all'adem-
pimento degli obblighi assunti attraverso il battesimo. È da inculcare loro, in particolare,
un amore sincero verso Cristo e la Chiesa .
Circa i neofiti, cfr.:
Can. /0/ , § I: il luogo d'origine
- Cali. /042, n. 3: impedimento per la recezione degli ordini sacri
3. Norme ulteriori
, Cfr. gli Statuti di dette Opere, pubblicati il lO maggio 1976: Enchir. Val., voI. 5, pp.
1252-1271.
L'cd ucuxiouc canol lca 39
Titolo III
L'educazione cattolica
CAN. 793 - § 1. Parentes, necnon § L. I genitori , e similmente quelli che
qui eorum locum tenent, oblìga- ne fanno le veci , hanno l'obbligo e il di-
tione adstringuntur et iure gau- ritto di educare la prole; i genitori cattolici
dent prolem educandi; parentes hanno anche il compito e il diritto di sce-
catholici officium quoque et ius gliere quei mezzi e quelle istituzioni, me-
habent ea eligendi media et insti- diante i quali, secondo le circostanze dei
tuta qui bus, iuxta locorum adiun- luoghi, possano provvedere nel modo più
eta, catholicae filiorum educatio- adatto alla educ azione cattolica dei loro
ni aptius prospicere queant. figli.
§ 2. Parentibus ius est etiam iis § 2. È anche diritto dei genitori di poter
fruendi auxiliis a societate civili usufruire degli aiuti che la società civile è
praestandis, qui bus in catholica tenuta a fornire e di cui essi hanno biso-
educatione filiorum procuranda gno , per procurare l' educ azione cattolica
indigcant. ai loro figli.
I Cfr. L. CHIAI'PlilTA, Temi pastorali nel Magistero di Paolo VI, Ed. Dehoniane, Napoli 1980,
val. Il , p. 240.
40 LIBRO lIf - Il "munus doccndi" della Chiesa
li diritto e il dovere dei genitori è ricono sciuto in modo form ale anche nella Costituzion e
ltaliana :
- È dovere e diri tto dei genitori mante nere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del
matri monio (art. 30, I a co mma).
Il diri tto e il dovere dell a Chie sa è esercitato soprattutto dai pa stori d 'anime,
che ne hanno la maggio re responsabil ità. Su d i ess i grava l' obbligo di provvedere
efficacemente perché tutt i i fedeli abbiano a beneficiare dell' educazione catto lica.
All'obbligo dei pastori fa riscontro il diritto dei fedeli, sa ncito nel can. 2 17, di rice-
vere, in forza del battesimo, un'a deguata educazione cristiana per conoscere e vivere
il mistero della sal vezza, conseguendo nello stesso tempo la piena maturità dell a
persona umana (nn. 1369- 1370 ).
42 LIBRO 111- Il "munus doccndi" della Chiesa
CAPITOLO I
LE SCUOLE
intellettuali, sviluppa nello ste sso tempo la cap acit à di giudizio, mette a contatto del
patrimonio culturale acqui sito dalle pas sate generazioni, promuove il sen so dei valori .
prepara la vita professionale. genera infine un rapporto di amicizia tra alunni d 'indole
e condizione diversa, disponendo e favorendo la comprensione reciproca» tGravissimum
educationis, n. 5, I).
Bisogna apprezzare la scuola - afferma il can . 796, § I - riconoseerne il valore
e l'importanza, e l'aiuto inestima bile che essa presta alla famiglia nell' adempimento
della sua missione educativa.
I Cfr. L. CfIIAPPETTA, Temi pastorali nel Magistero di Paolo VI. voI. Il. pp. 381-382.
44 LlBRO IIJ - Hvmunus doccndi" della Chiesa
Un Monitum della Congregazione dci S. Ufficio del 28 luglio 1950 proibisce formalmente
la freque nza d'i stituzioni educ ative comuni ste. I gen itori che vi mandass ero i loro figli e gli stessi
giovani che ne sono alunni, non possono essere ammessi ai sacrame nti (X. OCHOA, Leges Ecclesiae ,
Il, n. 2144. col. 2765).
professionali e tecniche, più adatte ai giovani delle famiglie meno abbienti, ed anche
di altre richieste da speciali necessità: scuole per adulti, per ciechi, sordomuti,
subno rmali, ecc.
Il canone non accenna alle scuole miste di secondo grado, che una Istruzione della Congre- 3207
gazione dei Religiosi, in data 8 dicembre 1957, approvata dal Romano Pontefice, vietò in linea di
principio. senza un particolare indulto della Santa Sede (X. OCHOA, Leges Ecclesiae , Il, n. 27 14,
coli. 3797-38(0). Una Dichiarazione della S. Congregazione per l'Educazione Cattolica in dala ) 0
febbraio 1971, approvata anch'essa dal Papa, confermò la norma suddetta. ma demandò l'e ventuale
concessione dell'autorizzazione all'Ordinario del luogo iEnchir. Val., vol. 4, p. 91, n. 3). In base
a tale Dichiarazione e anche a termine dell'attu ale can. 806, § l, che rimette al Vescovo diocesano
la normativa circa l'ordinamento generale delle scuole cattoliche, la decisione circa le scuole miste
rimane di competenza del Vescovo.
3210 Le scuole cattoliche dipendono dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica, detta oggi
"Congregazione dei Seminari e degl'Istituti di Studi" (Cost. Ap. Pastor Bonus, 28 giugno 1988,
artt. 112-116).
Sulla scuola cattolica, la detta Congregazione ha emanato in data 19 marzo 1977 un impor-
tante documento (Enchir. Vat., voI. 6, pp. 60-119). Un particolare documento pastorale su La
scuola cattolica, oggi, in Italia, è stato pubblicato dalla Conferenza Episcopale Italiana, Commis-
sione Episcopale per l'educazione cattolica, 25 agosto 1983 tEnchir. CE/, voI. 3, pp. 817-871). Cfr.
anche il successivo documento della Congregazione per l'Educazione Cattolica, Dimensione reli-
giosa dell 'educazione cattolica, 7 aprile 1988 (Enchir. Vat., voI. II, pp. 262-313).
CAN. 805 - Loci Ordinario pro L'Ordinario del luogo ha il diritto, per
sua dioecesi ius est nominandi la propria diocesi, di nominare o appro va-
aut approbandi magistros reti- re gl'insegnanti di religione, come pure di
gionis, itemque, si religionis mo- rimuoverli o di esigere che siano rimossi,
rumve ratio id requìrat, amoven- se lo richiedano motivi religiosi o morali.
di aut exigendi ut amoveantur.
che l' insegnament o religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore
sviluppo nelle scuole medie, secondo program mi da stabilirsi d' accordo tra la Santa Sede e lo
Stato (comma l"),
Art. 2 della Legge 5 giugno 1930:
- Sono dispensati dall' obbligo di frequentare l'insegnament o religioso gli alunni i cui geni-
tori. o chi ne fa le veci. ne facciano richiesta per iscritto al capo dell'istituto all'inizio dell' anno
scolastico.
L'an. 9. n. 2. del nuovo Accordo, stipulato tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana,
prescri ve invece :
- La Repubblica Italiana, riconos cendo il valore della cultura religiosa e tenend o conto che
i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimoni o storico del popolo italiano, continuerà ad
assicurare, nel quadro dellc finalità della scuola. l'insegnamento della religione cattolica nelle
scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado.
Ncl rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito
a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di dello insegnamento.
All ' atto dell'iscri zione gli studenti o i loro gen itori esercitera nno tale diritto . su rich iesta
dell'autorità scol astica. senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discrimi-
nazione.
Protocollo addizionale, 18 febbraio 1984, n. 5, lett. a: 3213
- L' insegnamento della religione cattolica nelle scuole indicate al n. 2 è impartito - in
conformit à alla dottrina cattolica e nel rispetto della libertà di coscienza degli alunni - da inse-
gnanti che siano riconosciuti idonei dall'autorità ec clesiastica, nominati, d'intesa con ess a,
dall' autorità scolastica.
Nelle scuole materne ed elementari detto insegnamento può essere impartito dall' insegnante
di classe, ricono sciuto idoneo dall'autorità ecclesiastica, che sia disposto a svolgerlo.
Le dette norme , profondamente inno vati ve , hanno dato luogo a vivaci discussioni circa la
loro stessa interp retazi one . Da molti si teme che esse abbian o compro messo seriame nte l' inse-
gnamento religioso nella sc uola italiana. Circa l'insegnamento della religi one cattolica nelle
pnbbliche scuole, è da tener presen te l'Intesa concordata tra il Ministro dell a Pubbl ica Istruzio -
ne e il Presidente della CEI , 14 dicembre 1985 i Enchir. CEI , vol . 3, pp. 1610-1617). Cfr. anche
la relativa Dichiarazione de l Presidente della CE!. in data J6 dicembre dello stesso anno
iEnchir., vol . 3, pp. 1617-1 62 1). e la prec eden te Nota della Presidenza dell a CE I, 23 settembre
1984 (Enchi r.• pp. 1122- 1 J 30).
4. Norme ulteriori
1) La competenza del Vescovo dioc esano circa le scuole cattoliche esistenti 32] 6
in dio cesi
806, § l (1381, § l, e 1382 *) Il can. 804 stabilisc e la dipenden za dell 'insegnamen-
to religioso dall'autorità eccle siastica e le competenze dell'Ordinario del luogo circa il
medesimo. Nel can. 806, si determinano le attribuzioni del Vescovo circa le scuole
cattoliche esistenti nella sua diocesi.
È anzitutto un potere normati vo, in quanto egli può emanare disposizioni riguarda n-
ti l'ordinament o generale delle dette scuole .
È anche un potere di vigilanza e di visita canon ica - sive per se sive per alios -
che comprende tutte le scuole cattoliche situate nel territorio, anche quelle fondate o
dirette da membri d'Istituti religiosi, tranne che si tratti di scuole interne, frequent ate
esclusivamente dagli alunni dell'Istituto (can. 683 , § l).
Le norme em anate dal Vescovo diocesano valgono anche per le scuole dci mede-
simi religio si, salva per altro la loro autonomia circa la direzione interna. Quanto alle
scuole private , il Vescovo , in forza del suo ufficio di pastore, ha il diritto di vigilanza
generale "circa doctrinam et mores", ma non quello di "visitarle" canonicamente (Com-
municationes, a. 1986, p. 153, ultimo cpv.).
CAPITOLO II
LE UNIVERSITÀ CATTOLICHE
E GLI ALTRI ISTITUTI DI STUDI SUPERIORI
CAN. 807 - Ius est Ecclesiae eri- La Chiesa ha il diritto d'istituire e diri-
gendi et moderandi studiorum gere università di studi , che contribui sca-
universitates, quae quidem ad al. no ad una più elevata cultura umana e a
tiorem bominum culturam et ple- una più compiuta promozione della perso-
niorem personae humanae pro- na, come pure all'attuazione della sua
motionem neenon ad ipsius Ec- propri a missione d'insegnare.
clesiae munus docendi ìmplen-
dum conferant,
CAN. 808 - Nulla studio rum Nessuna università di studi, anche se
universitas, etsi reapse catholica, cattolica di fatto , porti il titolo di univer-
titulum seu nomen universitatis sità cattolica, se non con l'assenso della
catholicae gerat, nisi de consen- competente autorità eccle siastica.
su competentis auctoritatis ee-
clesìasticae,
clesiastica» (n. 1368). La norma viene rinnovata nel can. 300, relativamente alle "asso-
ciazioni", nel can. 803, § 3 relativamente alle scuole in genere, ed ora nel can. 808,
rispetto alle Università degli Studi.
È dovere e diritto delle Conferen ze Episcopali e dei Vescovi dioce sani interessati
aver cura e vigilare opportunamente perché nelle Università Cattoliche siano osser vati
fedelme nte i principi della dottrina cattolica.
3227 La nomina dei docenti dell'Uni versita Cattolica del Sacro Cuore è stata oggetto dell' Accordo
stipulato tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana il 18 febbraio 1984. L'art. IO, n. 3, stabilisce:
- Le nomine dei docenti dell'Università del Sacro Cuore e dei dipendenti Istituti sono
subordinate al gradimento, solto il profilo religioso, della competente autorità ecclesiastica.
Ap. Sapientia christiana, a. 1979 , parla di "missio": art. 27) della comp etente autori tà
ecclesiastica tComrnunicationes, a. 1983, pp. 104-10 5, ca n. 767). T ale insegnamento
può essere affida to anche a dei laici (can. 229, § 3).
A norma del can. 833 n. 7. «i docenti che insegnano in qualsiasi Università discipline attinenti
alla fede o ai costumi, son tenuti ad emettere all' inizio dell'i ncarico la professione di fede, dinanzi
al I{ctlore, se sacerdote. o all'Ordi nario del luogo oppure a un loro delegato».
8) Norme ulteriori
- La partecipazio ne ai Conci li particolari : ca n. 443 , § 3, n. 3.
56 LIBRO 111- Il t'munus doccndi" dclla Chiesa
revisione da parte dell a Sant a Sed e (can.455, § 2), dett i "Ordi na menti" loc ali o reg ionali
saranno va lidi per tutte le Univers ità Ca tto lic he d i Studi S uperi or i dell a regi on e, ad
ec cezione dell e Unive rsità e Facol tà Eccl esiastich e. Qu este ultime Istituzion i, com pre se
le Facol tà Ecclesiastich e ap pa rte ne nti a una Unive rsità Cattolica , so no rette dall e no rme
della Costitu zio ne Aposto lica "Sapie ntia c hris tia na (Enchir. Vat., vol. J2, nn. 464 -465).
r Sia la costituzione di una tale Università. sia le condizioni alle quali può considerarsi
Università Cattolica. dovranno essere conformi alle precise indicazioni fomite dalla Santa Sede.
dalla Conferenza Episcopale o da altra Assemblea della Gerarchia Cattolica.
58 LIBRO III - Il "munus doccndi" de lla C hiesa
CAPITOLO III
LE UNIVERSITÀ E LE FACOLTÀ ECCLESIASTICHE
ArI. Il. Sono abrogate le leggi particolari o cons uetudini, al presente in vigore, che
siano contra rie a questa Costituzione. Parimenti sono abrogati i privilegi concessi sino
ad oggi dalla Santa Sede a persone sia fisiche che morali, e che siano in contrasto con
questa stessa Costituzione tEnchir. Val., voI. 12, nn. 488-49 1).
I ) Introduzione
La normativa circa le Università Ecclesiastiche, contenuta nel Codice, ha carattere
generale e dev'essere opportunamente integrata con i Documenti specifici, emanati dalla
Santa Sede:
- La Cost. Ap. Sapientia christiana, promulgata da Giovanni Paolo II in data 15
aprile 1979 tEnchir. Val., voI. 6, pp. 946-997). Era stata preparata da Paolo VI.
- Le Norme applicative emesse dalla Congregazione per l'Ed ucazione Cattolica
in data 29 aprile dello stesso anno (Enchir . Val., voI. 6, pp. 998-1033).
È da ricordare, per il suo valore dottrinale e storico, la Cost. Ap. Deus scientiarum
Dominus di Pio XI, 24 maggio 1931 (X. O CIIOA Leges Ecclesiae , I, n. 1030, colI. 1272-
1281 ), uno dei più importanti documenti della Chiesa, che segnò il rinnovamento degli
studi ecclesiastici. dando per la prima volta. nella storia dell' ordinamento canonico . una
normativa completa circa l'i nsegnamento universitario.
In co nsegue nza della prom ulgazionc della Sopientia cttristiana di Giovanni Paolo Il , la
Deus scientiarum Dominus e le Norme e manate il 20 maggio 1968 dalla Congregazione per
l' Edu cazione Catto lica (Enchi r. Vat.• voI. 3, pp. 106- 151), so no state abrogate. Gli ele menti
tuttora validi dei detti documenti sono stati ripres i nella nuova Costitu zione (Enchi r. Val.. voI.
6. p. 959, n. 1J54) .
3238 Circa le Unive rsità Catto liche. esiste solo la normativa ge nerale dci cann. 807-8 14. Manca una
propria regola mentazione . perché lali Unive rsità. per la loro erezione c il loro funzionam en to. sono
subordi nate alla legislazione civile dei singoli Stati in cui esse svolgono la loro att ività. Spesso ,
tuttavia, interve ngono accordi con la Santa Sede, com'è avvenuto in Italia, relativa mente alla
Università Catto lica del Sacro Cuore.
- Gli istit uti universitari. i seminari, le acca demie, i co llegi c gli altri istituti per ecclesiastici
e religiosi o per la loro formazione nelle discipline ecclesiastiche, istituiti secondo il diri tto cano-
nico . conti nueran no a dipendere unicamente dalla com petente autorità ecclesiastica (n. I).
- I titoli accademici in teologia e nelle disci pline ec clesiastiche, determinate d 'accordo tra
le Parti, co nferiti dalle Facoltà approvate dalla Santa Sede, sono riconosciuti da llo Stato. Sono
parimenti rico nosciuti i diplomi co nseg uiti nelle Sc uole vati cano di paleografia, dipln ma tica e
archivistica e di bibl ioteconomia (n. 2) .
Titolo IV
Gli strumenti di comunicazione sociale e i libri in specie
CAN. 822 - § l. Ecclcsiae pasto- § l . l p astori della Chiesa, valendosi
res, in suo munere explendo iurc nell'adempimento della loro missione del
Ecclesiae proprio utentes, instru- diritto proprio della Chiesa stessa, si stu-
menta communicationis socialis dino di utilizzare gli strum enti di comuni-
adhibere satagant. cazione soc iale.
§ 2. Iisdem pastoribus curae sit § 2. Sia cura dei medesimi pastori istru-
fidelesedocere se officioteneri coo- ire i fedeli sul do vere che essi hanno di
perandi ut instrumentorum com- cooperare perché l'uso degli strumenti di
municationis socialis usus humano comunicazione sociale sia animato da uno
christianoque spiritu vivificetur. spirito umano e cristiano.
§ 3. Omnes christifideles, ii § 3. Tutti i fedeli, specialmente quelli
praesertim qui quoquo modo in che hanno parte nell 'organizzazion e o
eorundem instrumentorum ordi- ne\1'uso dei detti strum enti, siano solleciti
natione aut usu partcm habent, nel prestare la loro collaborazione all'azio-
solliciti sint operam adiutricem ne pastorale, in modo che la Chie sa possa
actioni pastorali praestare, ita ut svolgere effic acemente la sua missione
Ecclcsia etiam his instrumentis anch e con questi strumenti.
munus suum cfficaciter cxerceat.
Dev'essere cura delle Conferenze Epi scopali e de i Vescovi d iocesan i che tali Istituti
siano fond ati nel terri torio di loro competenza e funzi onin o debit am ent e secondo i
principi dell a dottrina cristiana.
Sull' argomento, v. la No /a pastorale della Conferenza Episcopale Italiana (Commissioni
Episcopali per la dottrina della fede, la catechesi e la cultura e per l' educazione cattolica). 19
maggio 1985: Ellchir. CEI, vol. 3, pp. 1366-1396.
Nella Cost. Ap. Pastor Bonus di G iovanni Paolo II sulla Curia Romana (28 giugno
1988) so no dedicati al Pontificio Consi glio delle Comunicazioni Sociali gli artt. 169-
1701•
Per l'Itali a. è da tener presente il Documento emanato dalla CEI, Ufficio per le Comunicazioni
Sociali , in data 25 luglio 1975 , a conclusione di un cor so di aggiornamento svoltosi a
Monteeampione , per Vescovi e responsabili della pastorale delle comunicazioni sociali (Enchir.
CEI, voI. 2, pp. 775-7 86).
I Art. 16 9. § I: «Il Consiglio si occupa delle question i che riguardano gli strumenti di comu-
nicazione sociale, affinché, anche per mezzo di essi, il messaggio della salvezza e l'umano
progresso possano servire all 'in cremento della civiltà e del costume».
Art. 169. § 2: «Nell' adempimento delle sue funzioni, esso deve procedere in stretto collega-
mento con la Segreteria di Stato».
Art. 170. § I : «II Consiglio attende alla precipua funzione di suscitare e sostenere tempesti-
vamente e adeguatamente l' azione della Chie sa e dei fedeli nelle molteplici forme dell a
comunicazione sociale; di adoperarsi perché. sia i giornali e gli altri scritti periodici, sia gli spet-
tacoli cinematografici, sia le trasmissioni radiofoniche e televisive siano sempre più permeati di
spirito umano e cristiano».
Art. 170. § 2: «Con speciale sollecitudine esso segue i quotidiani cattolici. le pubblicazioni
periodiche, le emittenti radiofoniche e televisive, perché realmente corrispondano alla propria in-
dole e funzione, divulgando soprattutto la dottrina della Chiesa, qual è proposta dal Magistero, e
diffondendo corrett amente e fedelm ente le notizie di carattere religioso ».
Art. /70. § 3: «Favorisce le relazioni con le associazioni cattoliche, che operano nel campo
delle comunica zioni».
Art. 170. § 4: «Si adopera perché il popolo cristiano. specialmente in occasione della celebra-
zione della Giornata delle Comun icazion i Sociali. prenda coscienza del dovere, che spetta a
ciascuno di impegnarsi affinché tali strumenti siano a disposizione della missione pastorale della
Chiesa».
64 LIBRO ili ' Il " muuus docend!" della Chies.
CAN. 824 • § l. Nisi aliud sta- § I. Tranne che sia stabilito diversamen-
tuatur, loci Ordinarius, cuius Ii- te, l'Ordinario del luogo, a cui, a nonna dei
centia aut approbatio ad libros canoni di questo titolo, va richiesta la li-
edendos iuxta canones buius titu- cenza o l'approvazione per la pubblicazio-
li est petenda, est loci Ordinarius ne dei libri, è l'Ordinario del luogo proprio
proprius auctoris aut Ordinarius dell'autore oppure l'Ordinario del luogo in
loei in quo libri publiei iuris fient. cui i libri di fatto saranno pubblicati.
§ 2. Quae in canonibus buius § 2. Se non consta diversamente, le
tituli statuuntur de libris, quibus- nonne stabilite circa i libri nei canoni del
libet scriptis divulgationi publi- presente titolo, sono da applicare a qua-
cae destinatis applicanda sunt, lunque scritto destinato alla pubblica di-
nisi aliud constet. vulgazione.
- I Vescovi, sia individualmente sia riuniti nei Concili particolari o nelle Confe-
renze Episcopali, relativamente ai fedeli affidati alle loro cure
- La Suprema Autorità della Chiesa, rispetto a tutto il Popolo di Dio
dà la licenza o l'approvazione per la pubblicazione dei libri. Tale Ordinario è nel nuovo
Codice:
- L' Ordinario del luogo proprio dell ' autore, a term ini del can. 107
- Oppure l'Ordinario del luogo in cui i libri di fatto vengono pubblicati, ossia in
ge nere l'O rdinario del luogo in cui ha sede la Casa Editrice
*
È stato tralasciato il terzo Ordinario previsto nel can, 1385, 2. del Cod ice precedente: q uello
del luogo in cui il libro viene stampato, per le incertezze che potevano derivarne, in q uanto il lavoro
per l'edi zione di un libro (composizione, stampa propriamente detta e legatura) oggi è spesso diviso
fra più aziende, che risiedono in luoghi diversi.
Nel caso che uno degli Ordin ari indicati neghi la licenza o l' approvazione. non è
vietato rivolgersi all'altro, purché venga debitamente informato del precedent e diniego.
Il secondo Ord inario dovrà attenersi alla disposizione del can. 65, § l (nn. 52 1-522) . Cfr.
Decr. Ecclesiae Pastorum, art. l , n. I; cfr. anche Communicationes, a. 1983, pp. 106-
107. can. 779 .
3257 Il canone distingue tra licenza e approvazione. Specificamente, si parla di licenza nei cann,
825, * 2; 826, § 3; 827, § 4; 828; 830, § 3; e di approvazione nei cann. 825, * I; 827. §§ 1-2. La
Iicenza autorizza la pubblicazione di UIlOscritto (imprimatur), con "implicita dichiarazione che in
esso non c' è alcun errore contro la fede e i costu mi (nihil obstat), L'app rovazione, invece, è più
che IlIl semplice "imprimatur": comp orta anche, sia pure genericamente, un apprezzamento dd-
l'opera c del suo positivo valore.
similmente delle loro versioni in altra lingua, occo rre l'appro vazione della Sede Apo-
stolica o delle Conferenze Episcopali (Communicationes, a. 1983, p. 107, can. 780).
Le versioni, inoltre, devono essere corredate da opportune spiegazioni.
Le versio ni dei Libri de lla Sacra Scrittura, corredate di spiegazioni, possono essere
preparate e pubblicate anche in coll aborazione con i fratelli separat i, su licenza della
Conferenza Episcopale . Relativamente a tali versi oni ecumeniche, bisogna tener presen-
te le direttive pubbli cate il l° giug no 1968 dal Segretariato per l'Unione dei cristiani.
- La Sacra Scrittu ra
- La Teologia
- )) Diritto Canonico
- La Storia ecclesiastica
- Le discipline religiose o morali
non possono essere usati come testi-base per l'insegnamento se non siano stati appro vati
dalla co mpetente autorit à eccle siastica. con approva zione previa alla pubbli caz ione o
almeno successi va.
pubblicazione di uno scritto di carattere religioso o morale, suppone l'esame del mede-
simo da parte di uno o più censori. Trattandosi di più censori, l'esame può essere anche
collegiale, secondo le disposizioni dell'Ordinario.
La scelta del censore è di competenza dell'Ordinario, il quale ha diritto di designare
a tale compito persone di sua fiducia. Per venire in aiuto delle diocesi, che potrebbero
non disporre di esaminatori qualificati, le Conferenze Episcopali possono procedere:
- Alla compilazione di un elenco di censori, eminenti per scienza, retta dottrina
e prudenza, che siano a disposizione delle curie diocesane
- Alla istituzione di una commissione di censori, che gli Ordinari del luogo pos-
sano consultare, se lo ritengano opportuno.
Un elenco o una commissione di censori possono essere disposti anche a livello di
Conferenza Episcopale.
3267 830, § 2 Il compito del censore riveste una particolare responsabilità. Egli deve
esaminare lo scritto da pubblicare con piena obiettività, mettendo da parte ogni ri-
guardo personale (omni personarum acceptione seposita), e attenendosi solo alla
dottrina della Chiesa sulla fede e sui costumi, qual è proposta dal magistero eccle-
siastico. In caso di esame collegiale, sarà opportuno tener presenti le norme in vigore
presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, pubblicate il 15 gennaio 1971
(Enchir. Vat., vol. 4, pp. 82-87).
3268 830, § 3 Il giudizio dev'essere formulato in iscritto, ma l'Ordinario, al quale com-
pete concedere l'approvazione o la licenza, non è vincolato ad esso. Decide con respon-
sabilità propria, pro .1'110 prudenti iudicio.
Se la licenza è concessa, questa deve indicare il nome dell'Ordinario del
luogo, segnando anche nei libri dati alla stampa la data e il luogo della conces-
sione (Pont. Comm. per l'interpretazione del Codice di Diritto Canonico, 26
maggio 1987, Il: Enchir. Vat., vol. IO, p. 1281). Non è più necessario riportare
il nome del censore che ha dato il suo "nihil obstat". Se la licenza non è accor-
data, l'Ordinario è tenuto a comunicare le ragioni del diniego all'autore dell'ope-
ra, il quale ha diritto di presentare le sue osservazioni. Nel caso di un diniego
definitivo, egli ha due possibilità:
- Rivolgersi all'altro Ordinario competente, che tuttavia deve essere debitamente
informato della decisione del primo Ordinario (n. 3256).
Strumenti di comun. soc iale c libri 71
- Far ricorso alla Sa nta Sede, oss ia alla Congreg azione per la Dottrina dell a
Fede.
La licenza otte nuta dev'essere riprodotta nel libro pubblicato: "indicatis nomi ne
conccdent is, die et loco concession is" (Pont. Comm. interpr. Codice . 20 giug no 1987).
Titolo V
La professione di fede
CAN. 833 - Obligatione ernit- Hanno l'obbligo di emettere personal-
tendi personaliter proCessionem mente la professione di fede, secondo la
fidei, secundum Cormulama Sede formula approvata dalla Sede Apostolica:
Apostolica probatam, tenentur:
1° coram praeside eiusve dele- I ° dinanzi al presidente o a un suo de-
gato, omnes qui ConcilioOecume- legato, tutti quelli che prendono parte al
nico vel particulari, synodo Epi- Concilio Ecumenico o particolare, al sino-
scoporum atque synodo dioecesa- do dei Vescovi e al sinodo diocesano, con
nae intersunt cum voto sive deli- voto deliberativo o consultivo; il presiden-
berativo sive consultivo; praeses te, a sua volta, dinanzi al Concilio o al
autemcoram Concilioaut synodo; sinodo;
2° promoti ad cardinalitiam 2° coloro che sono stati elevati alla di-
dignitatem iuxta sacri Collegii gnità cardinalizia, secondo gli statuti del
statuta; sacro Collegio;
3° coram delegato ab Aposto- 3° dinanzi al delegato della Sede Apo-
lica Sede, omnes promoti ad epi- stolica, tutti coloro che sono stati promos-
scopatum, itemque qui Episcopo si all'episcopato e, similmente, quelli che
dioecesano aequiparantur; sono equiparati al Vescovo diocesano;
4° coram collegio consulto- 4 ° dinanzi al collegio dei consultori ,
rum, Administrator dioecesanus; l'Amministratore diocesano;
I Secondo la dichiarazione riportata in Communicationes, a. [983. p. 109. can. 788 l'e spres-
sione "insegnanti di teologia" comprende tutti i docenti di "materie teologi che" : S. Scrittura,
Liturgia, Diritto Canon ico. Storia ecclesiastica, ecc.
74 LIBRO III ~ n "munus doccndi" della Chiesa
3274 2) La formula
lo N. credo fermanente e professo tutte e singole le verità contenute nel Simbolo della
fede, cioè:
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose
visibili ed invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di
tutti i secoli. Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa
sostanza del Padre, per mezzo di Lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la
nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della
Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.
Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà. nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo, che è Signoree dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con
il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti.
La professione di fede 75
Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono
dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà, Amen.
Credo pure con ferma fede tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o trasmessa
e che la Chiesa, sia con giudizio solenne sia con magistero ordinario e universale, propone a
credere come rivelato.
Fermamente accolgo e ritengo anche tutte e singole le verità circa la dottrina che riguarda la
fede o i costumi proposte dalla Chiesa in modo definitivo.
Aderisco inoltre con religioso ossequio della volontà e dell'intelletto all'in segnamento che il
Romano Pontefice o il Collegio Episcopale propongono quando esercitano il loro Magistero auten-
tico, sebbene non intendano proclamarli con atto definitivo (Enchir. Val.. voI. Il , p. 687).
LIBRO IV
LA FUNZIONE SANTIFICATRICE
DELLA CHIESA
Il IV libro del Codice è dedicato alla funzione più importante e più sacra della 3276
Chiesa, la santificazione delle anime, che costituisce la ragione e il fine di ogni sua
attività, come fu la ragione e lo scopo della missione di Cristo: munus sanctificandi'.
Esso è diviso in tre parti:
l° I sacramenti: cann, 840-1165
- Battesimo: cann . 849-878
- Confermazione: cann. 879-896
SS. Eucaristia: cann . 897-958
- Sacramento della penitenza: cann , 959-997
- Unzione degl'infermi : cann . 998-1007
- Ordine sacro: cann. 1008-1054
- Matrimonio: cann . 1055-1165
2° Gli altri alli di culto : cann, 1166-1204
- Sacramentali: cann. 1166-1172
- Liturgia delle Ore: cann. 1173-1175
- Esequie ecclesiastiche : cann . 1176·1185
- Culto dei Santi , delle sacre immagini e delle reliquie : cann. 1186-1190
- Voto e giuramento: cann . 1191-1204
3° I luoghi e i tempi sacri: cann . 1205-1253
I Circa il titolo dd IV libro De Ecclesiae munere sanctificundi, fu rilevato da più pani che
esso era incompleto, in quanto considerava solo un aspetto della sacra Liturgia, la santificazione
dell'uomo, e trascurava un suo aspetto essenziale primario: quello latr èutico o cultuale, in rapporto
a Dio (Communicationes. a. 1980, pp. 324 e 383). Furono proposti altri titoli : "De munere sacer-
dotali Ecclesiae", "De cu!tu divino", ecc . (ibidem).
Il rilievo era fondalo , ma la Commissione, a grande maggioranza, fu del parere di conservare
ugualmente il titolo scelto:
- Per un motivo di carattere formale : «Consultores fere omnes adrnittunt inscriptionern "De
munere sacerdotali Ecclesiae" exact iorern esse si ad doctrinam attendatur. Attamen si attendatur ad
systematicam totius novi Codici s, rationes suadent ut retineatur inscriptio "De Eccle siae rnunere
sanctificandi". Ratio enim praecipua novae distributionis materiae pendet ab iIIa tripartitione
muneris Ecclesiac, munus scilicet docendi , sanctificandi et regend i, qua ratione ordinantur varia
capita » (Communicationes, a. 1980, p. 324) .
- Per un motivo di contenuto: «Quia materia totius Libri IV attinet modo praevalenti ad
aspectus sanctificationis hominum » (Communicationes, a. 1980, p. 383).
Parve infine che « trias - munus docendi, sanctificandi, regendi - magis Codici congruit et
a Concilio Vaticano Il pluries usitatur : LG 21, UR 2, CD 11, 15, 30, AA 2; PO 2, 7" tCommu -
nicationes. a. 1983, p. 171, n. 5).
78 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa
3285 835, § 2 Associati ai Vescovi sono i Presbiteri, partecipi del medesimo sacerdozio
di Cristo, i quali, in virtù del sacramento dell'Ordine, sono i ministri sacri che "in
persona Christi" adempiono nella Chiesa le funzioni d'insegnare, di santificare e gover-
nare» (can. 1008). Consacrati per la celebrazione del culto divino c per la santificazione
del popolo, essi esercitano il loro ministero in collaborazione col Vescovo c sotto la sua
autorità.
Cfr. Cost. Lumen Gentium, n. 28, c Decr. Presbyterorum Ordinis. n. 5.
Ca noni prel imina ri 81
CAN. 836 - Cum cultus christia- Poiché il culto cnstiano, nel quale si
nus, in quosacerdotium commune esercita il sacerdozio comune dei fedeli, è
christifidelium exercetur, opus sit opera che procede dalla fede e in essa si
quod a fide procedit et eadem in- fonda, i sacri ministri abbiano grande cura
nititur, ministri sacri eandem ex- di ravvivarla e illuminarla, soprattutto col
citare et illustrare sedulo curent, ministero della parola, mediante il quale
ministerio praesertim verbi, quo la fede nasce e si alimenta .
fides nascitur et nutrìtur,
835, § 3 Anche i Diaconi sono ministri sacri (cann. 1008-1009). Come tali, hanno
parte anch'essi nella celebrazione del culto divino e nell'opera di santifi cazione a van-
taggio dei fedeli, in comunione col Vescovo e con i Psesbiteri.
Cfr. Lumen Gentium n. 29.
835, § 4 Il sacerdozio cristiano non è solt anto quello ministeriale. Com'è affermato 3286
nel ca none seguente, esiste nell'economia della salvezza anche il sacerdozio comune dei
semplici fedeli, in virtù del batte simo (can. 204 , § l ). Di consegu enza, anch' ess i eser-
citano una propria funzion e nell ' opera santifica trice della Chiesa, partecipando, fra l'al-
tro, alle cele brazioni liturgiche, so prattutto a quella eucaristica, e operando nel propri o
campo specifico, mediante l'animazione cristi ana delle realtà temporali (can . 225, § 2).
Una parte del tutto spec iale è riser vata ai genitori, attraverso la vita coniugale 3287
vissuta con spirito cristian o, e l'opera diretta ali' educazione dei figli (ann. 226, § 2: 793,
§ I: 1136). La famigl ia - ha ricordato il Concilio - è "il santuario domestico dell a
Chiesa" (Apo stolicam actuositatem, n. Il ,4); è anzi la "Chiesa domestica", secondo un a
profonda definizione di S. Giovanni Cri sostomo e di S. Agost ino. Di essa i genitori sono
i "maestri della fede" e, in un certo senso, i "sacerdoti" propri . Il padre, secondo una
espressione cara a S. Ago stino, sarebbe come il " vescovo" della sua casa, col compito
di vigilare e pro vvedere al bene d i tutti i suoi membri, e di presiedere alla preghiera di
famigl ia, che è come la "liturgia" della chiesa domestica.
Sono illuminanti, a tal riguardo , i nn. 55-56 dell a Esort. Ap. Familiaris conso rtio
di Gio vanni Paolo Il, in data 22 novembre 198 1.
stessa della Litu rgia, che, quale "esercizio del sacerdozio di Cris to", presenta, com e s'è
già rilevato, un carattere essenzialmente comu nitario, ministeriaie e cristologico.
Le azioni liturgiche, affer ma il Concilio e con esso il Codice:
- Non sono azioni private, ma celebrazioni della stessa Chiesa , "sacra mento di
unità", cioè popolo santo radunato e ordin ato sotto la guida dci Vescovi (celebrazioni
ecclesiali).
- Appartengono pertanto all'i ntero corpo della Chiesa, lo manifestano c lo coi n-
volgono.
- I singoli membri vi so no impegnati in diverso modo, seco ndo la diversità degli
ordini, delle funzio ni e della effettiva partecipazione.
- T rattandosi di azioni che "suapte natura" sono di carattere comunitario, è op-
portuno che, per quanto è possibile, siano celebrate con la parteci pazio ne attiva dei
fedeli .
Cfr. in part icolare il can. 899, § 2, circa la celebrazione della Sinassi eucaristi ca. Cfr. inoltre
il can .906, che, per la celebraz ione della Messa, richiede la partecipazione di almeno qualche
fede le, tranne che intervenga una "ca usa iusta et rationabilis" ,
3291 l ) li principio
838 , § l La discipli na della sacra Liturgia è sottoposta in modo escl usivo al-
l' autorità della Chi esa. Il principio, affe rmato già nell a Cast. Sacrosanctum
Canoni preliminari 83
Concilium (n. 22, § I), è motivato dalla natura stessa della Liturgia. che è essen-
zialmente azione di Cris to c della Chiesa, diretta alla santificazionc del Popolo di
Dio. Ne consegue - aggiunge il Concilio - che nessuno, al di fuori dell' autorità
costituita, la Sede Apostolica e i Vescovi, neppure i sacerdoti, possono aggiungere.
togliere o modificare qualcosa di propria iniziativa nella Liturgia approvata' dalla
Chiesa (cfr. can. 846, § I).
«Le nuove norme liturgiche, tuttavia, sono state concepite con una certa fles sibilità, che
conse nte l'adattamento ai fini di una maggiore effi cacia pastorale . Ma ciò non significa che
ogni sacerdote possa agire in piena libertà e ristrutturare a piace re i sacri riti della Chiesa.
Bisogna anz itutto cons iderare a chi la Chiesa ha attrib uito la facoltà di fare simili adattame nti;
in secondo luogo, si deve tener con to delle effettive disposiz ioni e vedere fino a che punto
l'adattamento sia permes so» (Cons iglio per l'esecuzione della Costituzione circa la sac ra Li-
turgia. Circolare 30 giugno 1965. n. I: Enchir. Val., voI. 2, p. 411, n. 49 1). Cfr. anche S .C. dei
Riti, Dichiarazio ne circa alcune iniziative liturgiche arbitrarie, 29 dicembre 1966: Enchir. Val.,
voI. 2, pp. 778 -779.
3. Consiglio per l'esecuzione della Costituzione circa la sacra Liturgia, Circolare sul rinno-
vamento liturgico, 30 giugno 1965: voI. 2, pp. 408-425
4. Paolo VI, Enc. Mysterium fidei sulla dottrina e sul culto della SS. Eucaristia, 3 settembre
1965: voI. 2, pp. 430-469
5. S.c. dei Seminari e delle Università degli Studi Istr. Doctrina et exemplo, circa la forma-
zione liturgica nei seminari, 25 dicembre 1965: voI. 2, pp. 514-579
6. Consiglio per l'esce. della Costituzione circa la sacra Liturgia, Circo L'heureux
développement, sulla riforma liturgica, 25 gennaio 1966: vol. 2, pp. 586-595
7. S.C. dei Riti, lstr. Tres abhinc annos, sulla riforma liturgica, 4 maggio 1967: voI. 2, pp.
%6-974
8. S.c. dei Riti, Istr. Eucharisticum mysterium, sul culto del mistero eucaristico, 25 maggio
1967: vol. 2, pp. 1084-1153
9. Consiglio per l'esec. della Cost. circa la sacra Liturgia, Istr, Comme le prévoit, sulla
traduzione dei testi liturgici, 25 gennaio 1%9: vol. 3, pp. 422·445
IO. S.c. dei Riti, Norme universali sull'anno liturgico e sul calendario, 21 marzo 1%9: voI.
3, pp. 512-543
II. S.C. per il Culto Divino, Istr. Liturgicae instaurationis, 5 settembre 1970: voI. 3, pp.
1644-1669
12. S.c. per il Culto Divino, lnstitutio generalis Missalis Romani, 26 marzo 1970: voI. 3, pp.
1270-1438
13. S.c. per l'Educazione Cattolica, Istr. In ecctesiasticam tuturorum. sulla formazione litur-
gica nei seminari, 3 giugno 1979: voI. 6, pp. 1044-1125
14. S.c. per i Sacramenti e per il Culto Divino, Istr. lnaestimabile donum, sul culto eucari-
stico, 3 aprile 1980: voI. 7, 282-303
15. C. per il Culto Divino, Circolare Paschalis sollemnitas sulla preparazione e celebrazione
delle Feste Pasquali, 16 gennaio 1988: Enchir. Vat., voI. Il, pp. 12-67
È anche opportuno tener presente il Direttorio liturgico-pastorale, emanato dalla Conferenza
Episcopale Italiana in data 27 giugno 1%7: Enchir. CEI, vol. I, pp. 351-362.
I Abbiamo tradotto il termine recognitio del testo latino con approvazione, perché in italiano
"approvazione" è più esatto, giuridicamente, di "revisione, esame, controllo". Nel pensiero dei
Padri Consultori i due termini sostanzialmente si equivalgono. Nella "Relatio synthetica" c'è infatti
la seguente nota: «Loco approbare dicatur recognoscere . Notetur tamen accurate quod hac
modificatione, ratione tantum uniformitatis terminologicae cum Clm. 330 introducta, nullo modo
mutatur sensus legis. Recognitio (veluti approbatio, confirmatio) denotat in casu actum superioris
auctoritatis competentis quo permittitur auctoritative (autorizzazione, billigen) prornulgatio legis ab
inferiore factae. Quae recognitio non est tantum formalitas quaedam sed actus porestatis regiminis,
absolute necessarius (eo deficiente actus inferioris nullius valoris est) et quo imponi possunt
modificationes, etiam substantiales in lege vel decreto ad recognitionem praesentato. Actus tamen
(lex vel decretum) non fit auctoritatis superioris sed manet semper actus auctoritatis quae illum
statuit et promulgat. Quod erat et manet sensus canonis» (Communicationes. a. 1983, p. 173, can.
792, n. 2).
Canon i preliminari 85
È anche dovere dei sacri Pastori «vigilare attentamente che nell'azione liturgica non
solo siano osserv ate le leggi per la valida e lecita celebrazione, ma che i fedeli vi
prendano parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente» (Cost. Sacrosanctum
Concilium , n. I I ).
PARTE I
I SACRAMENTI
3299 1. Introduzione
Nel Codice pio-benedettino. la trattazione dei sacram enti, considerati come "cose
sacre", era compresa nel 1II libro De Rebus, di cui costituivano la prima parte. La
colloc azione era piuttosto artificio sa, poiché nel detto libro erano accomunati, con una
strana eterogeneità e confusione , i canoni circa i sacramenti (pars I), i luoghi e i tempi
sacri (pars Il), il culto divino (pars ITI), la parola di Dio e il magistero ecclesiastico (pars
IV), i benefici ecclesiasti ci (pars V), i beni temporali della Chiesa (pars VI).
Nel nuovo Codice, che ha adottato una divisione propria e originaria, più ade-
rent e alla natur a e ai fini della Chiesa, i sacramenti hanno un a collocazione di rilie vo,
che ne mette in luce l'essenza e l'importanza. I sac ramenti sono azion i di Cristo e
dell a Chiesa (can. 840 ), espressione dell'ufficio sacerdotale di Cri sto e del suo Corpo
Mistico , ese rcizio perenne del culto pubblico integrale dovut o a Dio , mezzo prim ario
dell a funzion e santificatrice della Chie sa (can. 834). In tale prospettiva. i sacramenti
costituiscono la prima parte del IV libro del nuovo Cod ice, dedicato al "munus
Ecclesiae sanctificandi".
Una second a differenz a fra i due Codici è nella trattazione nettamente diversa della
materia . La normativa del Codice pio-benedettino si limitav a quasi esclusivamente agli
aspetti giuridici; quella del nuovo Codice presenta insieme un ricco contenuto leologico-
pastorale , ispirato all'insegnamento del Concilio Vaticano II.
Nell'uno e nell'altro Codice , la trattazione dei singoli sacramenti è precedut a da
alcuni canon i sui sacramenti in genere.
l sacram e nti in genere 87
CAN. 841 - Cum sacramenta ea- Poi ch é i sacramenti so no gli stess i per
dem sint pro uni versa Ecclesia et tutta la C hiesa e fann o parte del di vino
ad divinum depositum pertineant, deposito, è d i esc lusiv a competen za dell a
unius supremae Ecclesiae auctori- suprem a aut ori tà della Chi esa approvare o
tatis est probare vel definire quae definire i req uisi ti per la loro validità;
ad corum validitatem sunt requi- spetta anche alla medesima o ad altra au-
sita,atquc eiusdem aliusve auctori- torità competente, ai sen si del can. 838,
tatis competentis, ad normam can, §§ 3 e 4 , de terminare qu anto riguarda la
838, §§ 3 et 4, est deccrnere quae loro lecita ce le brazio ne, am m inistrazione
ad cornm cclebrationem, adrnini- e rece zio ne, e anche il rit o da osservarsi
strationcm et receptionem Iicitam nell a loro ce lebra zio ne.
necnon ad ordinem in eorum ce-
lebratione servandum spcctant.
I) Concetto e fi ne 3300
840 (731, § 1*) II canone, ispirato direttamente al n. 59 della Cost. con co
Sacrosanctum Concilium , determina con grande concisione e compiutezza la natura, il
.
fine e gli effetti dei sacramenti istituiti e affidati da Cristo alla Chiesa.
La natura
- Sono azioni di Cristo e della Chiesa, poiché, come tutte le azioni liturgiche,
rappresentano la continuazione e l' estensione nella storia dell'u fficio sacerdotale di
Cristo, attraverso l'opera della Chiesa. Sono cioè azioni del "Cristo totale".
- Sono segni e mezzi di grazia e di salvezza, perché rappresentano simbolicamen-
te la grazia e realmente la conferiscono a chi li riceve con le dovute disposizioni (mezzi
efficaci).
Il fine e gli effe tti dei sacramenti 3301
- Esprimere e rafforzare la fede. I sacramenti, insegna il Concilio, non solo pre-
suppongono la fede, ma. con le parole e gli elementi sensibili, la nutrono, la
irrobustiscono e la esprimono, per cui son detti a ragione "sacramenti della fede"
iSacrosanctum Concilium , n. 59, l ).
- Rendere il dovuto culto a Dio.
- Operare la salvezza dell'u omo.
- Promuovere, confermare e manifestare la comunione eccles iale: «edificare,
anzi, il Corpo di Cristo», come afferma la detta Costituzione conciliare (ibid.).
È dovere dei ministri, come dei fedeli - ammonisce il n. 59, 2 - celebrare i
sacramenti con grande diligenza e con profonda venerazione.
843, § 2 Come s'è già accen nato nel commento. al can. 836, i rapporti tra sacra-
menti ed evangelizzazione costituiscono un grave problema pastorale, su cui s' è discus-
so ampiamente in questi anni post-conciliari. I sacramenti sono "sacramenti della fede":
come tali, secondo l'insegnamento del Concilio già riportato (n. 330 1), oltre a rafforzare
la fede, la presuppongono e la esprimono. Non basta però una fede qualsiasi: generica,
devozionale, formalistica, superficiale o, peggio, superstiziosa. La fede, componente
essenziale dell'azione sacramentale, dev'essere viva, profonda, pienamente coscien te e
responsabile, per cui occorre conoscere e apprezzare i sacramenti nel loro autentico
valore, ossia nella loro realtà essenziale di eventi salvifici, pasquali - di personali e
intimi incontri fra Dio e l'u omo - di vitale partecipazione alla morte e alla risurrezione
di Cristo. Ma questo richiede un' adeguata catechesi, che è opera di tutta la comunità
ecclesiale, pastori e fedeli.
Si è lamentato da più parti che per secoli, nella Chiesa cattolica, si sia data una importanza 3307
prevalente alla "sac rarnent alizzazion e", trascu rando spe sso la "evangelizzazione", con grave danno
della coscien za e della vita cristiana . In effetti, in non poche zone e ambienti soprattutto popolari,
i sacramenti sono st:lti co nsidera ti come semplici atti di culto, pratiche religiose , al pari di altre
pratiche devoz ionali, e non come sorgenti di vita e di salvezza, Le cause sono state molteplici: fra
l' altro, forse, anche il fatto di aver esage rato il concetto teologico dell'eflicacia sacra mentale ex
opere operaio , sottova lutando, alme no nella prassi, il valore dell ' 0pUJ operantis, indispensabile
anche questo perché i sacra menti non si trasformino, con evidente falsificazione, in riti mecca nici.
L'opuJ operantis è la coll aborazione attiva e generosa dell' uomo al dono di Dio.
90 LIBRO IV - Il "m unus sanctin candì" della Chiesa
3308 Oggi, però, tutti riconoscono l'importanza e la necessità di un'adegu ata preparazione cateche-
tica alla recezione dei sacramenti. La Parola e il Sacramento sono in un rapporto vitale fra loro.
L'u na è ordinata all'altro, ed è nel Sacramento che la Parola raggiunge, per così dire, la sua
pienezza e il suo compimento. La Parola e il Sacramento formano un'unità inscindibile , poiché
sono due aspetti coessenziali di un medesimo processo salvifico. La Parola, in concreto
l' evangelizzazione, staccata dai Sacramenti si ridurrebbe a una semplice dottrina astratta, senza vita
e, d' altra parte, i Sacramenti , staccati dall'evangelizzazione, degenereh bero in semplici gesti
ritualistici, di carattere magico.
3309 Non bisogna però cadere neppure nell'eccesso opposto: quello di limitare troppo severamente
l'amm inistrazione dei sacramenti, pretendendo una preparazione catechetica perfetta, Sarebbe er-
rato pastoralmente e anche teologicamente, poiché si verrebbe a sottovalutare l'intima efficacia
dell'opI/I operatum , ossia la virtù dell'azion e sacramentale e, in definitiva, del dono di Dio. «I
sacramenti - ha ricordato l'Epi scopato Angolano in una Lettera Pastorale del febbraio 1972 -
sono stati istituiti per gli uomini, quali sono con le loro fragilità e debolezze, per cui, supposte le
debite disposizioni morali, si avrà cura della preparazione catechetica con serietà, ma senza ecces-
sivo rigore-'.
I Cfr. Lettere Pastorali, Ed. Magistero Episcopale, Verona 1975, vol. VIII. col. 95 1, n. 9.
I sucmmcnti in genere 91
- L' Istr. In quibus rerum circumstantiis del medesimo Segretariato, IOgi ugno 1972 : Casi
particolari di ammiss ione di altri cris tiani alla Comun ione e ucaristica tE nchi r. VOl., vol. 4, pp.
1024-1037)
- La Nora del 17011obre 197 3 (Enchir. Val., vol. 4, pp. 1038-1041 ).
I nuovi principi sono stati sancit i nel Codice. «Fondamento della mitigazion e - avverte la
nota 33 del Dec reto eo ne. Orientalium Ecclesia rum - si co nside ra:
I° L'l validità dei sacrame nti
2° La buon a fede e la retta disposizione dei sogge tti
3° La necessità dell 'eterna salvezza
4° L ' assenza del propri o sacerdo te
5° L 'esclusione dei pericoli da evitare e della formale adesione all'errore».
, In ge nere, la deno minazio ne "Chiesa" suole essere riservata alle comunità ecclesiali orto-
dosse e a quelle protestant i che hanno co nserva to il sacerdozio ministeriale, sotto la guida del
Vescovo, che ne possiede la pienez za. Le altre comun ità, che esclu dono il sacerdozio rninisterial e,
son dette genericamente "co munità eccles iali".
94 LIBR O IV - Il "m uuus sanc tificundi" della Chiesa
Cfr . a tal riguardo il Direttor io Ecumen ico, nn. 9- 15 (Enchir. Vat., voI. 2, pp. 1013 -1017) .
Per i particolari dubbi sul battesimo, v. can. 869 e relativo comment o .
Come è a tutti noto, è molto delicato e complesso il problem a della iterazione dell' ordinazio ne
sacra relativamente ai ministri anglicani. Occo rre tener presente la Lettera Apostolicae curae et
caritatis di Leone XIII. 13 sette mbre 1896, con la formale dichia razione d'i nvalid ità delle ordina-
zioni anglicane per difett o di forma e di intenzion e (Dcnzinger-Schonmctzer, nn. 33 15-33 19).
.\ Nella redazione dei canoni sui sacramenti e, in genere, dell 'intera normativa del IV
libro, dedi cato alla funzione santificatrice della Chiesa, la Commissi one si è atte nuta a un
preciso criterio: di non riportare le no rm e liturgiche, «nisi ipsae pecul iarern rationem
disciplinarern induant, quarum observantiu exigitur non solum ad cultum rite ordinandum, sed
e tiarn et praecipue ad ordinern extcrnum Eccle siae fovendum». Ma questo - è stato messo in
rilievo - «minime significai alia s normas liturgicas indolem legis non habe re, sed tantum quod
ipsae non in Codice luris Cano nici, scd in libris Iiturgicis ab Ecc lesia probati s fuse praebentur.
(Com municationes, a. 1980, p. 320, lett. C) .
I sacramenti in ge nere 95
3) Le offerte 3321
848 (736* ) La legittimità delle offerte versate dai fedeli in occasione della celebra-
zione dei sacramenti, è fondata sul principio enunziato da S. Paolo: «qui in sacrario
operantur de sacrario edunt , et qui altari deserviunt cum altari participant» (I Cor. 9, 13),
e sulla secol are tradizione della Chie sa. A parte , tuttavia, le offerte spontanee che pos-
sono riceversi liberamente in ogni caso, sempre però con la dovuta discrezione e pru-
denza, tutte le altre offerte devono essere autori zzate dalla competente autorità eccle sia-
stica (cfr. cann . 952 e 1264, n. 2). Di conseguenza, a nessun ministro è lecito chiedere
- «quavis de causa vel occasione, sive dire cte sive indirectex (can. 736 , Codice 1917)
- un'offerta maggiore di quella prescritta, tenendo per altro presente che le persone
bisognose hanno diritto a un servizio completamente gratuito. Se per l'amministrazione
di un sacramento la competente autorità eccl esiastica non ha presc ritto alcuna offerta,
il ministro non può esigere nulla.
Secondo la direttiva emanata dal Sinodo dei Vescovi del 1971 nel documento De sacerdotio
ministeriali, «è auspicabile che i proventi dei sacerdoti siano disgiunti dagli atti di ministero,
specialmente da quelli di natura sacram entale, e che il popolo sia prudentementc educato a questo
principio (parte Il, n. 4: Enchir. Val., voI. 4. pp. 796-799).
La determinazione delle offerte da corrispondere in occasione dell'amministrazione dci sacra-
menti e dei sacramentali, spetta all'assemblea dei Vescovi della provincia (can. 1264. n. 2).
Titolo I
II battesimo
CAN. 849 - Baptismus, ianua Il battesimo, porta dei sacr amenti , ne-
sacramentorum, in re vel saItem cessario di fatto o almeno nel desiderio
in voto ad salutem necessarius, (in re vel saltem iII voto) alla salvezza, per
quo homines a peccatis liberan- mezzo del quale gli uomini vengon o libe-
tur, in Dei filios regenerantur at- rati dai peccati, sono rigenerati com e figli
que indelebili charactere Christo di Dio e, configurati a Cristo con carattere
configurati Ecclesiae incorpo- indeleb ile. vengono incorpo rati alla Chie-
rantur, valide confertur tantum- sa, è conferito validame nte solo med iante
modo per lavacrum aquae verae il lavacro di vera acqua e con la debita
cum debita verborum forma. formula di parole.
- Cl/ n. 561 : La licenz a del rettore o di altro legittimo superi ore per l' amm inistrazione dei
*
sacra menti in una chiesa
- Can. 1331. l, n. 2: Un divieto per lo scomunicato
- Cl/n. 1332: Per l'interdetto
Delitti contro i sacramenti in genere
- Cl/ n. 1379: La simulazione dei sacra menti
- Can. 1380: Il conferimento o la recezione simoniaca
La norm ativa sul battesimo compr ende un canone introdutti vo di caratt ere prevalen-
temente teolo gico sulla natura c sugli effett i del battesimo, e cinque capitoli:
I° La celebrazione: cann. 850-860
2° Il ministro: cann, 861-863
3° Il sogge tto: ca nn. 864-87 1
4° I padri ni: cann . 872-874
5° La prova e la registrazione : cann. 875-878
Il medesimo schema si ritro va sostanzialmente, servatis servandis, nella normativa
circa gli altri sacramenti, ad eccez ione del matrimonio, che , a motiv o della sua partico-
lare natura, ha una struttura propri a.
Sarà uti le tener presente il Direttorio liturgico-sacramentale dell a Conferenza
Episcop ale Italiana, 27 giugno 1967, nn. 23-41 tEnchir. CEI, voI. l , pp. 362-373).
CAPITOLO I
LA CELEBRAZIONE DEL BATTESIMO
I ° Il batte simo "ex aqua et Spir itu Sancto" (G v, 3, 5) è la porta e il fond amento
di tutti i sacramenti (n. 3303).
2° Il batte simo di acqua o alm eno di desiderio (in re vel saltem in voto) è
necessar io per salv arsi (Gv . 3, 5; Mc. 16, 16). Nel battesimo di desiderio , che con-
siste con cretamente nell' amore perfetto verso Dio (Le. IO, 27- 28; Gv . 14, 21 e 23),
è compreso il battesimo di sangue (haptismus sanguinis), ossia il martirio (MI. IO,
32; 16, 25 ).
3° /I battesimo Iihera l'uomo dal peccato: dal pecc ato originale e anche dai
peccati person ali, qualo ra il soggetto venga battezzato dopo aver raggiunto l'u so di
ragione .
4° Rigener a spiritu almente l'uomo e lo costituisce figlio di Dio attraverso il miste-
ro della grazi a (Rom. 8, 15; Il Pt. I, 4).
5° /I battesimo "ex aqua et Spiritu Sancto" configura a Cristo con car attere inde-
lebil e, " in ani ma impres sum" (Co nc. Tr identino, sesso VII , can . 9: Denzinger-
Schonmet zer, n. 1609). Con tale carattere che ci riveste di Cristo (Gal. 3, 27) e ci fa sue
membra (I Cor. 12, 12-13 e 27), siamo cost ituiti in Popolo di Dio e siamo resi partecip i,
ciascuno " suo modo" , dell'ufficio sacerdot ale, profetico e regale di Cri sto stesso (can.
204, § I).
6° Nello stesso temp o, il battesimo "ex aqua et Spiritu Sancto" ci incorpor a alla
Chiesa e in essa siamo costituit i "persona", ossia soggetto de i doveri e dei diritti propri
dei cristiani (can. 96).
Il battesimo è così non solo il principio dell a nostra vita soprannaturale (atto per-
sonale), ma anche l'atto costitut ivo dei nostri dir itti ecclesi ali, della nostra appartenenz a
alla Chiesa (atto sociale, comunitario) . Nella società civile di regol a si è cittadini di uno
Stato per diritto originario di nascita. Ma nella Chiesa, che è una società soprannaturale,
la quale abbra ccia «i crede nti in Cristo, nati non per via di sangue né per volere di carne ,
né per volo ntà di uomo, ma solo da Dio» (Gv. I, 12-13), l' appartenenza alla medesima
non può essere orig inaria. Non si nasce, ma si diventa cristiani , e si entra a far parte
della Chie sa median te il battes imo.
7° Il batte simo viene conferito validamente solo mediante il lavacro (materia pros-
sima) di vera acqua (materia remot a) e con le debite parole della forma.
Il canone introduttivo del Codice anteriore comprendeva un secondo paragrafo, con la distin-
zione tra battesimo solenne e battesimo privato (can. 737, § 2). Nel nuovo Codice. la distinzione
è stata soppressa.
98 UBR O IV - Il " munus sanctificu ndi" della Chiesa
IO Trattandosi di un adulto (ca n. 862), la preparazione rigua rda lo stesso battezz an-
do, che de v'e ssere ammesso previamen te al catecumenato, ristabilito dal Con cilio Va-
ticano Il iSacrosanctum COlici/iI/III, n. 64), e condotto, per quanto è possibile, attra verso
vari gradi, alla iniziazione sacramentale secondo il rito adottato dalla Conferenza Epi-
scopale c le norme partic olari stabilite da essa e dal Vescovo diocesano.
l gradi previsti nel Rito sono tre : cfr. Rito del/a iniziarione cristiana, nn. 6-7, 68- 132, 133-
207, 208-234 .
Relati vamente ai fanc iulli nell 'e tà del cate chismo: cfr. nn. 3 14-329. 330 -342, 343 -369 .
3) Precisazioni 3327
852 (745. § 2 *) In ordine al batte simo, si distinguono il bambino e l'adulto. Il
bambino (infans), a termine del can. 92 , § 2, è il minore che non ha compiuto ancora
i sette ann i. L'adulto in vece . relat ivamente a l battesimo, non è so lta nto la per sona che
ha raggiunto la magg iore età, ai sensi del can. 97, § 1, ma anch e il min ore che abbia
superato i se tte anni, e nello stes so tempo, sia in posse sso dell 'u so di ragione. Chi ,
pur avendo superato l'età infantile, a ca usa di disturbi psi chici è destituito stab ilmen -
te dell 'uso di ragione, anche per quan to rigu arda il battesimo è as similato all' infante
(can. 99) .
Di conseguenza, le norme contenu te nei canoni circa il battesimo degli adulti, si
estend ono a tutti colo ro che , usciti dall'infanzia, hanno raggiunto l'u so di ragion e,
mentre le norme prescritte per il battes imo degl'infanti, si applicano alle persone adult e
che non sian o responsabili dei propri atti (noli sui comp otesi .
100 LIBRO IV - Il "mUl1US sanctifi cundi" della Ch iesa
CAN. 854 - Baptismus confera- Il battesimo sia co nfe rito o per immer-
tur sive per immersionem sive sione o per infusione , in conformità alle
per infusionem, servatis Episco- dispo sizioni della Conferenza Epi scopale.
porum conferentiae praescriptis,
CAN. 855 - Curent parentes, pa- I genitori , i padrini e il parroco abbiano
trini et parochus ne imponatur cura che non venga imposto un nome alie-
nomen a sensu christiano alienum, no dal senso cristi ano.
3333 8) Il luogo
857-859 (77 /, 773-775 *) Il battesimo è un sacramento, un rito di grazi a. Il luogo
proprio della sua celebrazione è la chie sa o l' oratorio, tranne che per motivi di necessità
si sia costretti a celehrarl o in un altro luogo.
Col battesimo si viene incorporati alla Chiesa, e ragion i di co nve nienza esigo no
che questa incorpo raz ione avve nga med iante una comun ità ecc les iale con creta, la
parrocchi a, la quale assum e la respon sabilità e l'impegno di aiutare il batt ezz ato a
crescere nell a fede e a matur are la sua coscienza cristi an a. Di regola, pert anto, il
conferimento del battesimo deve aver luog o nella chiesa parrocchiale: in quell a pro-
pria del battezzando, se si tratta di un adulto; in quella propri a dei genitori, se si tratta
di un bam bino ; tranne che una giusta causa, nell'un caso e nell 'altro. con sigli diver-
sa me nte.
Di conseguenza, ogni chiesa parrocch iale dev'essere provvista di un propr io fonte
battesimale , salvo il diritto cumulativo acqui sito da altre chiese.
Per comodità dei fedeli, l'Ordinario del luogo, sentito il parere del parroco del
luogo, può permettere o disporre che il fonte battesimale sia anche eretto in un' altra
chiesa o oratorio, entro il territorio della parrocchia.
In casi particolari , qualora il battez zando, a causa della distanza o per altre circo-
stanze, non possa accedere o non possa essere portato senza grave incomodo alla chie sa
parrocch iale o ad altra chiesa o oratorio provvisti di fonte battesimale. il battesimo puà
e deve essere conferito in un ' altra chiesa o oratorio più vicini. o anche in un altro luogo
decente.
CAPITOLO II
IL MINISTRO DEL BATTESIMO
grave causa (grav i de causa), presc rive il nuovo canone, con magg iore severità del
Codice precedente, che richiedeva solo una "c ausa giusta e ragionevole", aggiungendo
per altro "in cas u aliquo ext raordinario" (776, § l , n. 2*).
In caso di necessità (perico lo di morte . malallia, ecc.), non c 'è bisogno dell' auto-
rizzazio ne dell' Ordin ario del luogo: è il canone stesso che lo permette: "praeter casum
necessitatis" .
Quanto alle cliniche e ai centr i di mate rnità, per sé sono escl usi anch 'essi, tranne
che il Vescovo diocesano abb ia stabilito d iversamente. Mancando delle no rme diocesane
a tal riguardo, il battesi mo può esse re celebrato nei dett i luoghi solo in caso di necessità
o per altra valida ragione pastorale.
Dal Rito del battesimo dei bambini:
- Nelle cliniche - a meno che il Vescovo non abbia preso la disposizione di cui al n. Il
(l'erezio ne de l fonte battesima le nella clinica) -
non si celebri il battesimo se non in caso di
necessità o per altra ragio ne pastorale davvero impellente. Se mpre però si avvert a il parroeo c si
curi un'adeguata preparazione dei genitori (n. 13 delle "Pre messe").
"vir", è stata soppressa. È stato anche soppresso il § 3 del detto canone, nel qual e si
vietava al padre e alla madre di battez zare i propri bamb ini «praeterquam in morti s
periculo, quand o alius praesto non est, qui baptizet» (Communicationes, a. 1971 , p. 199,
Caput I, De baptismi ministro).
In caso di necessità , considerato il suo stretto nesso con l' etern a salvezza, il bat-
tesimo - «in re vel saltern in voto ad salutem necessarius»: can . 849 - può essere
conferito da chiunque: anche da un eretico, uno scomunicato, un infedele e perfino un
apostata o un ateo, purché sia mosso dalla debit a intenzione, ossia secondo l' espres sione
del Con cilio Tr identino, purché abbia realmente l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa
(Sess. VII, can. Il "De sacrament is in genere": Denzinger-Schonmetzer, n. 16I l; Istr.
S. Uftìcio, 30 genn aio 1830). Attesa questa possibilità. il canone fa obbligo ai pastori
di anime, soprattutto al parroco, di aver cura che i fedeli siano istru iti convenientemente
sul retto modo di battez zare.
Dal Rito del battesimo dei bambini:
- Tutti i laici, come memb ri del popolo sacerdotale - soprattutto i genitori e. in forza del
loro ufficio, i catechisti. le ostetriche. le assistenti familiari e socia li, le infermiere, i medici e i
chirurghi - procurino di conoscere il meglio possibile il modo esa tto di dare il battesimo in caso
di necessità. I parroci. i diaconi e i catechisti s'i mpegnino a istruirli; i Vescovi. nella loro diocesi.
predispongano le forme adatte per questa istruzione (n. 17 delle " Premesse") .
CAPITOLO III
I BATTEZZANDI
4. II soggetto 3338
CAN. 866 - Adultus qui baptiza- L'adulto che viene batte zzato, se non vi
tur, nisi gravis obstet ratio, sta- si opponga una grave rag ione , subito dopo
tim post baptismum confirmetur il battesimo riceva la confermazion e e
atque celebrationem eucharisti- partecipi alla celebrazione eucari stica, ri-
carn, communionem etiam reci- cevendo anche la comunione.
piendo, participet.
3340 865, § 1 (752, §§ l e 3 *) Nei casi ordinari. Perché un adulto pos sa essere battez-
zato, so n necessarie le seguenti condi zioni :
La volo ntà espressa d i riceve rlo
Una suffic iente istru zione nelle ver ità della fede e sui doveri cr istiani
Un periodo di pro va att raverso il catec umenalo
/I pentimento dei propri peccati
L'intenzione. almeno abituale (emessa e non ritrattata), è necessaria per la validità stessa del
battesimo.
La sufficiente istruzione fa parte della preparazione catcchctica che deve precedere la recezio-
ne di qualsiasi sacramento. a norma del can, 843, § 2.
Il previo catecumenato serve per accertare la serietà delle intenzioni e dei propositi del
battezzando: di esso si è già parlato nell'esposizione del precedente can. 85J. n. l.
Il pentimento dci propri peccati, poiché senza di esso nessun peccato può essere rimesso,
anche se il battesimo sia stato validamente conferito. Nel caso, il battesimo imprime il carattere.
ma non è produttivo della grazia: conferirà la grazia, quando vi sarà il pentimento.
3341 865, § 2 (752, § 2 *) II/ pericolo di morte . Atteso il caso di urgenza, è sufficiente:
- Ch e il battezzando abb ia una cono scen za sommaria dell e principali verità dell a
fed e: l' esistenza di Dio uno e trina, l'Incarnazion e salvatrice del Figlio di Dio , il premio
de i buoni c la co nda nna dei cattivi da parte di Dio giudice (Risposte della S. Congre -
gazione del S. Ufficio, 25 gennaio e IO maggio 1703 ).
Per il rito da osservarsi, nei limiti dci possibile, cfr. Rito della iniriazione degli adulti. cap. III.
- Ch e abbia manifestato in qu alsia si modo sia in forma esplicita che in forma
implicita, la sua intenzione di ricev ere il battesimo.
- Ch e prometta sinceram ent e di os servare, guarendo, i comandamenti della reli-
gio ne cristiana.
3342 866 Nisi gravis obstet ratio, È un' appli cazione con cret a del ca ra ttere unit ario dei
sacramenti dell a iniziazione cristiana - battesimo, co nfermazione ed Eucari stia -
affermato nel can . 842 , § 2. Se non vi si opp one una grave rag io ne , l'adulto che viene
battezz ato, subito dop o il batte simo riceve la confermazione e partecipa alla celebraz io-
ne eucar istica. ricevendo la Comunione. La confermazione viene conferita dal medesi-
mo sacerdote che ha celebrato il batte simo, a norma del can. 88 3, n. 2.
teologico , pastora le, sociologico. Attesa l' impo rtanza de l problema, è inter venuta
diretta mente la Congregazione per la Dottri na della Fede , che , in data 20 ottobre
1980, ha emanato a tal riguardo l'I struzione Pastoralis actio con l' espressa approva-
zione de l Romano Pontefice.
L'importante Istruzi one. che co nferma la seco lare prassi de lla Chiesa, è di visa in tre part i a
cui precede una introd uzione e segue una conclusione:
- La dottri na tradizionale circa il battesi mo dei bamb ini
- Risposta alle diffi coltà mosse nei nostri tem pi
- Direttorio pastora le
Il testo intero si può leggere in Enchi r. Var.. voI. 7, pp. 568- 603.
867 (770-771*) Il compito dei genitori. I genitori, respons abili della vita naturale 3344
e soprannaturale dei propri fig li e della loro salvezza eterna, legata nell'economia ordi-
naria del disegno di Dio alla recezione del battesimo', hanno l'obbligo di provvedere che
i loro bambini siano battezzati e ntro le prime settimane di vita (il Codice precedente
prescriveva: quamprimum : ca n. 770 *). Pertanto, al più presto dopo la nascita, anzi già
prim a, bisogna che essi si rechino dal parroco a chiedere il sacramento per il loro
figliuol o e che diano inizio, sotto la guida del parroco, alla propria prep arazione cate-
chetica e spirituale, prescritta dal can. 85 1, n. 2.
Nel caso c he il bambino versasse in pericolo di vita, il battesimo dev'essere con-
ferilo senza alcun indugio (sine lilla mora). Per il relativo rito, cfr. il ca p. III del Rito
del battesimo dei bambin i.
3345 868 (750, § 2* ) Le condizioni prescritte. La Chiesa richiama l'obbligo di battcz-
zarc i bamb ini, ma, d' altra parte, rispett a anche i diritti propri dei genitori, i primi
responsabili dell' educazione dei loro figli; nello stesso tempo si preoccup a de ll' avvenire
dei battezzat i, della cresc ita e dello sviluppo della loro fede, ricevuta attraverso il bat-
tesimo. Si prescrive, pertanto, che, per battezzare lecitam ente un bamb ino, è necessar io
una dupli ce condizione:
- C he i gen itori, o almeno uno di essi , o chi tiene legittimament e il loro posto,
diano il loro consenso
- Che vi sia la fondata spera nza che egli sarà educato nella religione cristiana; se
tale speranza manchi del tutto (pro rsus) il battesimo dovrà essere differito secon do le
disposizion i del diritto particol are (norme e dirett ive del Vescovo diocesano o della
Conferenza Episcopale ), spiegando ai genitori la ragione del rinvio.
In pericolo di morte. Sui diritti dci genitori, preva le la salvezza eterna del bambino,
per cui eg li viene battezzato lecitamente anche co ntro la loro volontà, perfino se si tratta
di genitori non cattolici"
3346 Dalla Istruzione Pastoralis actio della Congregazio ne per la Dottrina della Fede, 20 ott.
1980:
- La Chi es a, pur cos cie nte dell'e ffic acia della sua fede nel battesi mo dei bambini , c
della va lidità del sacramento confe rito, rico nosce dei limi ti a lla s ua prassi . pe r cui . al di
fuori del perico lo di morte. non a mmette al sacramento del battesim o se non col con se nso
dei genitori e con la seri a garanzia che a l bambino sa rà data un ' educazione catto lica , si
preoccup a infatti sia dei dir itti naturali dei genito ri, che delle esige nze di sviluppo dell a
fede del ba mbi no (n. 15).
- Se le garanzie offerte - ad ese mpio, la sce lta dei padrini e delle madrine. che si pren-
dera nno seria cura del bambin o, o l' aiuto della comunità dci fedeli - sono sufficient i. il sace rdote
non potrà rifiutarsi di ammin istrare senza indugio il battesimo, co me nel caso dei bamb ini di
famiglie cristiane. Ma se le gara nzie sono insufficienti, sarà prudente dif ferire il battesimo: tuttavia
, La redazione del § 2 del can. 868 subì varie modifiche. che dimostrano l' incertezza dei
Consultori. .
Nel testo originario. si affermava che «infantes qui in discrim ine vitac versant ur et rnorituri
praevidentur, Iicite non baptizantur, si ambo parente s aut qui eorum locum tenenl sint expresse
contra rii» tCommunicationes, a. 1971, p. 200, caput Il).
Il test o esami nato nel marz o 1978 disp oneva : «Infans, sive pare ntum catho licoru m sivc
et ia m non ca tholico rurn qu i in eo ve rse tur vitac discrim ine ut prud en ter praevidea tur
moriturus anteq uam usurn rationis att ingat , licit e baptizatur, dummodo non sint ex presse
co ntrarii a mbo paren tes au t qui legi time eo runde m locu m tencnt » tCommunicu tiones. a.
198 1. p. 223. ca n. 16, § 2) .
Il testo approvalo nella medesima sed uta, dopo lunga disc ussione, su proposta del Re latore:
«lnfans parentum catholicorum , imm o et non catholicorum, qui in co versatur vitae discrimine U!
prudenter praevidcatur moriturus antequam rationis usum attingat, licite ba ptizatur, e tiarn invitis
parenribus, nisi exinde periculu m exsurgat adii in religionern» (ibid.. p. 224).
Success ivame nte il testo fu di nuovo modificato. e ricevette la formulazione attua le.
Il hancsimo 109
i parroci dovranno mantenersi in contatto con i genitori, in modo da ottenere da essi, per quanto
è possibile, le condizioni richieste per la celebrazione del battesimo. Se poi non fosse possibile
neppure questa soluzione, si potrebbe proporre, come ultimo tentativo, l'i scrizione del bambino al
catecumenato, per il tempo della sua età scolare (n. 30, 4).
4° La re iterazione del batte sim o è un fatt o deli cato, che può sus cita re mera vi-
gli a. perplessità e anche scandalo. Per evitare tutto questo, il § 3 prescrive pru-
dentemente che , qualora il battesimo debba es sere reiterato per il persist ere di seri
dubbi , si spieg hino debitamente le ragioni della incerta validit à del batte sim o celebra-
to ante cedentemente:
~ Allo stesso battezzato, se si tratta di un adulto
- Ai suoi geni tori. se si tratta di un bambino
Cfr. a tal riguardo il Direttorio ecumenico, 14 maggio 1967, nn. 9- 15 tEnchir. Vat., val. 2.
pp. 1013-1017).
3349 5. I padrini
È un'u san za antich issima della Chie sa (vetustissimus Eccle siae mos: can. 762, § I,
Codi ce 1917) dare al battezzando un padrino o una madrina. Il compito è grave e
delicato, ma, purtroppo, una così importante istituzione ha perduto molto del suo carat-
tere religioso. Spes so si è ridotta a una formalità convenzionale, dettata da motivi pu-
ramente um ani.
CAPITOLO IV
I PADRINI
battezzato conduca una vita cristiana conforme al battesimo e adempia fedelmente gli
obblighi annessi». La loro responsabilità a tal riguardo è analoga a quella dei genitori.
come ammonisce il can . 774 , § 2. L' obbligo primario grava per altro sui genitori (can.
226, § 2).
Trattandosi di un battezzando adulto, il padrino ha ancbe il compito di assisterlo
durante la fase dci suo catecumenato, oltre che durante il rito della iniziazione cristiana.
Trattandos i di un battezzando infante , il padrino lo presenterà al battesimo insieme con
i suoi genitori.
La presenza del padrino non è semplic emente facoltativa, né assolutamente precet-
tiva: il canone richiede che ci sia per quanto è possibile: "quantum fieri potest",
Anche i padrini , come i genitori , devono ricevere da parte del parroco . in occa-
sione del battesimo, una opportuna prepa razione sul signific ato di questo sacramento
e sugli obblighi che esso comporta (can. 851. n. 2). Genitori, padrini e parro co
devono inoltre aver cura che al batt ezzando non venga impost o un nome alieno dal
senso cri stiano (ca n. 855).
Nell' ordinamento precedente. tra il padrino o la madrina di battesimo e la figlioccia o il 3351
figlioccio, la parentela spirituale che sorgeva fra loro costituiva un impedimento dirimente in ordine
al matrimonio (cann. 768 e 1079, Codice 1917). Nel nuovo ordinamento. l'impedimento è stato
abrogato, ma la parentela spirituale evidentemente non è cessata. Di essa non si fa menzione nel
Codice, "quia talis cognatio nullum deinceps habebit effectum iuridicum" (Communicationes, a.
1971, p. 20 1, Caput IV; a. 1975, p. 30).
CAPITOLO V
LA PROVA E LA REGISTRAZIONE DEL BATTESIMO CONFERITO
3 0 Che sia cattolico, che abbia già ricevuto la co nferma zio ne e il sacrament o del-
l'Euc aristia, e inoltre conduca una vita conforme alla fede e a l compito ch e sta per
assumere. Sono pertanto esclu si i co sidde tti " pubblici pec catori", coloro che abbiano
contratto il semplice matrimonio ci vile e coloro che aderissero notori amente ad ideolo-
gie materialistiche o atee.
4 0 Che non sia colpito da alc una pena ca no nica legittimamente inflitta o d ichi arata.
50 Che non sia il padre o la mad re del battezzando lo
Un battezzando c he appa rte ng a a una comunità ecclesiale non ca ttolica, non pu ò 3354
essere ammesso se non ins ieme con un padrino cattolico, e soltanto in qualità di testi-
mone del batte simo",
Precisazioni. È da rilevare che un chierico non ha più bisogno, come per il passato (can. 766, 3355
n. S, Codice 1917) del permesso del proprio Ordinario. Quanto ai religiosi e alle religiose. la
licenza del Superiore è necessaria solo se essa è imposta dalle regole dell'I stituto (can. 766, n. 4,
Codice 1917; cfr. Communicationes, a. 1978. p. 84, can. 54).
È anche da rilevare ehe il nuovo diritto esclude, in linea di principio, i padrini e le madrine
troppo giovani. Trattandosi, tuttavia, di un padrino e di una madrina. sarà sufficiente che soltanto
uno di essi - poiché è necessario un solo padrino o una sola madrina - realizzi le condizioni
prescritte relativamente all'età.
.1 Una tale prassi, che si andava affermando in più luoghi, è ora esclusa formalmente nel
nuovo Codice, che conferma la proibizione contenuta nel can. 765, n. 3, del Codice anteriore. anche
a fine di evitare il possibile declino di una importante tradizione della Chiesa. Il padrino viene
associato alla funzione educativa dei genitori, e la sua opera è preziosa, specie se i genitori venis-
sero a mancare o trascurassero i loro doveri cristiani.
• Tale divieto non riguarda i non cattolici delle Chiese Orientali. Il Direttorio Ecumenico. n.
48. li ammette espressamente nel battesimo come veri padrini e non come semplici testimoni: «A
causa della stretta comunione (di fede) esistente fra la Chiesa cattolica e le Chiese orientali sepa-
rate. è lecito ammettere per un giusto motivo un fedele orientale come padrino insieme col padrino
cattolico (o con la madrina cattolica) nel battesimo di un bambino o di un adulto cattolico, purché
si provveda alla educazione cattolica del battezzato e consti l'idon eità del padrino» iEnchir. Var.,
voI. 2. p. 1035, n. 1241; cfr. anche p. 104 1, n. 1250). D'altra parte, avverte la "Relatio synthetica"
che «Ecclesias Orientales ortodoxas in schemate sub nomine cornmunitatis ecclesialis non venire:
canon ergo eis non applicatur» tCommuni cationes, a. 1983, p. 182, can. 823, § 2).
114 LIBRO IV - Il " munus sa ncu ficaudi't dclla Chiesa
CAN. 878 - Si baptismus neque a Se il battesimo non sia stato cele brato
parocho neque eo praesente admi- dal parroco né alla sua presen za, il mini-
nistratus fueri t, minister bapti smi, stro che l'ha co nferito, chiunque egli sia.
quicumque est, de collato bapti- deve informa re il parroco della parroc-
SOl O certiorem facere deb et paro- chia, nella qual e il battesimo è stato am-
chum paroeciae in qua baptismus ministrato, perché lo annoti a norma del
administratus est, ut baptismum can. 877, § I.
àdnotet ad normam can. 877, § 1.
chia, nel cui territorio il battesimo è stato ammi nistrato, perché lo regis tri a norma del
can. 877, § I.
Non è più necessario informare dell' avven uto conferimento del battes imo il parroco proprio
del battezzato. come prescrive va il can. 77 8 del Co dice precedente, poic hé non è il parroco proprio
che deve registrare l' atto, ma il parroco del luogo in cui s'è compi uta la celebrazione (cfr. can. 877.
~ l, precedente). Una infor mazione dell'avvenuto battesimo , tuttavia. sarà se mpre utile non perc hé
si registri l' allo, ma perché il parroco ne sia informa to.
Titolo II
II sacramento della confermazione
CAN. 879 • Sacramentum con- II sacramento della confermazione, che
firmationis, quod characterem imprime il carattere e per mezzo del quale
imprimit et quo baptizati, iter i battezzati , proseguendo il cammino della
initiationis christianae prose- iniziazione cristiana, sono arricchiti del
quentes, Spiritus Sancti dono di- dono dello Spirito Santo e vincolati più
tantur atque perfectius Ecclesiae perfettamente alla Chiesa , fortifica i me-
vinculantur, eosdem roborat ar- desimi e li obbliga più strettamente ad
ctiusque obligat ut verbo et opere essere con la parola e con le opere testi-
testes sint Christi fidemque dif- moni di Cristo e a diffondere e difendere
fundant et defcndant. la fede.
CAPITOLO I
LA CELEBRAZIONE DELLA CONFERMAZIONE
I) L'unzlone sullafronte
880, § 1 (780 e 781 *) Il § l determina la materia prossima della confermazione:
l'unzione col sacro crisma sulla fronte del cresimando, mediante l'imposizione delle
mani e le parole prescritte nei libri liturgici approvati.
Appartengono all'essenza del sacramento e l'unzione sulla fronte, com'è richiesta
dalla tradizione, e l'imposizione delle mani, come risulta espressamente dagli Atti degli
Apostoli (8, 17; 19, 6). Non si richiede, tuttavia, una imposizione distinta: basta quella
che accompagna l'unzione stessa (cfr. Risposta della Commissione per l'interpretazione
dei Decreti del Concilio Vaticano Il,9 giugno 1972: X. OCHOA, Leges Ecclesiae, IV, n.
4057, col. 6277; Communicationes, a. 1972, p. 117). L'unzione va fatta per altro con la
mano (col pollice della mano destra), non con ovatta o con altro mezzo (can. 781, § 2,
Codice 1917). Questa sola imposizione è necessaria per la validità della confermazione:
le imposizioni fatte su tutti i cresimandi al principio e alla fine del rito, sono semplici
cerimonie, come ha dichiarato formalmente la S. Congregazione di Propaganda Fide in
data 6 agosto 1840 e, successivamente, il S. Ufficio in data 17 aprile 1872 e 22 marzo
1892 (Collectanea S. Congr. de Prop. Fide, I, 507).
Anche il Rito della Confermazione:
- L'imposizione delle mani sui cresimandi, accompagnata dall'orazione "Deus omnipotens"
non appartiene, è vero, al valido conferimento della confermazione, ma dev'essere tenuta in grande
considerazione per l'integrità del rito, e per una intelligenza più profonda e più completa del
sacramento (Premesse, n. 9, 2).
3371 Con la Cost. Divinae consortium naturae di Paolo VI, in vigore dal l" gennaio
1973, è stata modificata la formula tradizionale in uso nella Chiesa Romana dal sec.
XII, e si è adottata quella delle Chiese di rito bizantino: «Accipe signaculum doni
La confermazione 119
CAPITOLO II
IL MINISTRO DELLA CONFERMAZIONE
Spiritus Sancti : Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dat o in don o» iEnchir.
Vat., volo 4 , pp. 702 -705 , nn. 1077-1080).
CAN. 883 - Ipso iure facultate con- Hanno ipso iure la facoltà di ammini-
firmationem ministrandi gaudent: strare la confermazione:
1° intra fines suae dicionis, qui 1° entro i confini della propria circo-
iure Episcopo dioecesano aequi- scrizione, coloro che dal diritto sono equi-
parantur; parati al Vescovo diocesano;
2° quoad personam de qua agi- 2° relativamente al soggetto da confer-
tur, presbyter qui, vi officii vel mare il presbitero che, in forza del suo
mandati Episcopi dioecesani, in- ufficio o per mandato del Vescovo dioce-
fantia egressum baptizat aut iam sano, battezza una persona uscita dal]' in-
baptizatum in plenam Ecclesiae fanzia, oppure ammette nella piena comu-
catholicaecommunionemadrnittit; nione della Chiesa cattolica una persona
3° quoad eos qui in peri culo già battezzata;
mortis versantur, parochus, im- 3° per coloro che versano in pericolo di
mo quilibet presbyter. morte, il parroco, anzi qualsiasi presbitero.
l Se tuttavia si tratta di una persona battezzata nella Chiesa Cattolica, la quale abbia perduto
la fede sin dall'infanzia, e poi ritorni nella piena comunione della Chiesa, la disposizione non si
applica. Vale a dire, il sacerdote che lo ammette nella comunione ecclesiale non ha la facoltà di
conferirgli la confermazione (Pontificia Commissione per l'interpretazione dei Decreti del Concilio
Vaticano Il,21 dicembre 1979: Communicationes, a. 1980, p. 23, n. l, I).
La eonfcrmazlrmc 121
1917). Nel nuovo ordinamento, anche il Vescovo diocesano può concedere tale facoltà
a uno o più presbiteri determi nati, in caso di necessità' . Per sé, tuttavia egli è tenuto ad
amministrare la confermazio ne personalmente o a provvedere che sia conferi ta da un
altro Vescovo .
II § 2 prevede un' altr a possibilità: che il Vescovo diocesano o anche il preshitero 3377
a cui sia stata conferita la faco ltà di amministrare la confe rmazione, si associ no altri
presbite ri nella celebrazi one de l sac rame nto. Qu esto, tuttavia. può effettuarsi so lo in
singoli casi (in singulis casi bus ) e per grav i mot ivi. come sarebbe ad ese mpio il
numero rileva nte dci cresi mali (Ordo confirmationis, n. 8. l ). Nel medes imo Ordo
s'i ndica no i pre sbiteri da associa rsi: Vicari ge nerali, epi scopal i e distr ettual i, parroco
del luogo, ccc . A ter mine del nuovo Cod ice, la disposizione no n è più pre scritt iva (il
ministro dell a con ferma zione sceg lie liberamente) , e può valere oggi solo come una
norma dir etti va.
2 Non è necessario "ad validitatem" che la facoltà sia conferila in iscritto (Commun;cat;ones.
a. 1983. p. 186. can. 838, § Il.
122 LIBRO IV - 1I"I1l 11 nllSsanctificandi' della Chiesa
CAPITOLO III
I CONFERMANDI
4. Il soggetto 3381
È per allro e vidente che . nel conferire la confermazione a un ad ulto subito dopo il
battesimo. le promesse battesima li non vanno rinnovate nel rito de lla cresim a (COIIIIll U-
nicationes, a. 1983, p. 187, can. 843, § 2).
3383 3) L 'obbligo
890 (787* ) Il canone confer ma l' obbligo per il fedele cristiano di ricevere "tempe -
stive" ossia "opportuno tempore" il sacramento della confermazio ne. anche se non sia
strettamente necessario per salvarsi. «A nessuno è lecito - affermava in modo formale
il ca n. 787 del Codice anteriore - trascurare questo sacramento». La cresim a, difatti,
cos tituisce un arricchimento meravig lioso di grazi a e di forza soprannaturale, che faci-
litano l'eserciz io della vita cris tiana e il consegu imen to dell ' eterna sa lvezza. Attesa anzi
la tristezza dei temp i che viviamo e la dura lotta quotidiana a cui si è sottoposti per
difendere la propria fede e le proprie idea lità. la cresima, per molti, oggi non è più solo
utile, ma moralmente necessaria.
Attesa l'importanza della confermazione, il § 2 del canone richiama es pressamente
l'obbligo dei genitori, dei pasto ri di anime, soprattutto dei parroc i, di aver cura che i
fedel i veng ano preparati adeguatamente a riceverla e vi acced ano a tempo opportuno. È
un do vere di tutta la comunità cristiana, come ammonisce il n. 3 del Rito per la con-
[erma zione, Premesse.
CAPITOLO IV
I PADRINI
5. I padrini 3385
CAPITOLO V
LA PROVA E L'ANNOTAZIONE DEL CONFERIMENTO
DELLA CONFERMAZIONE
per la sacra unzione, e aiutarlo poi ad osservare fedelmente le promesse del Battesimo,
corripondendo all'azione dello Spirito Santo, ricevuto in dono nel sacramento. Data l'attuale situa-
zione pastorale, è bene che il padrino della Confermazione sia lo stesso del Battesimo... Non è però
affatto esclusa la possibilità di scegliere per la Confermazione un padrino apposito: può anche darsi
il caso che siano i genitori stessi a presentare i loro bambini. Spetterà comunque all'Ordinario del
luogo, tenute presenti le circostanze di tempo e di luogo, stabilire il criterio da seguire nella sua
diocesi».
- Can. 874, § l. n. 5°; «Perché qualcuno sia ammesso all'ufficio di padrino, è necessario...
che non sia il padre o la madre del battezzando».
- Can. 893, § l: «Per assumere l'ufficio di padrino (nella Confermazione), è necessario
osservare le condizioni di cui al can. 874».
3388 La risposta della Congregazione (Enchir. Vat., voI. 9, pp. 682-685):
Non sembra che si possa trovare alcuna contraddizione, se si pondera bene quanto segue.
I. «II cresimando, per quanto possibile, sia assistito dal padrino» (CIC can. 892; cfr. Ordo
Confirmationis, 5).
2. A norma del can. 893 (cfr. 874, § I, 5°), né il padre né la madre possono essere ammessi
all'ufficio di padrino .
3. Tuttavia i genitori, anche quando vi sia un padrino, sono autorizzati a presentare i loro figli
al ministro della Cresima (Ordo Confirmationis, 5).
Questa presentazione, definita più distesamente nel corso del rito, avviene in questo modo:
proclamato il Vangelo, quando la Cresima è conferita durante la Messa, oppure finite le letture,
quando la Cresima viene conferita fuori della Messa, «i singoli cresimandi ... si accostano al pre-
sbiterio; se invece sono bambini, vengono condotti da uno dei padrini o da uno dei genitori, e si
fermano davanti al celebrante» (Ordo Confirrnationis, 21, 38).
Da quanto s'è detto risulta chiaro che i genitori e il padrino esercitano compiti diversi nel
sacramento della Cresima. Perciò i genitori possono presentare i loro figli, anche se non possono
essere ammessi all'ufficio di padrini, in quanto questo ufficio non aggiungerebbe nulla al loro
compito di genitori'.
6. La prova e la registrazione
" Evidens manet parentes, qui, lectionibus expletis, pueros suos praesentaverunt, agere posse
in ritu chrismationis ad norrnam n. 26 et n. 43 Ordinis Confirmationis: «Qui autem eonfirmandum
praesentavit, ponit manum dexteram super umerum eius et dici t Episcopo nomen eius, vel
confirrnandus sua sponte dicit».
La confermazione 127
- Cun. 759: Il dovere della test imonianza cris tiana in virt ù dell a conferma zione
- Call. 1033 : Richiesta , "ad liceitatem ", la confermazio ne. per l' ammi ssione agli ordini sac ri
- Call. 1065, § I : Cresima e matrimonio
Titolo III
La santissima Eucaristia
CAN. 897 - Augustissimum Sa- La santissima Eucaristia è il più augusto
cramentum est sanctissima Eu- dei sacramenti, poiché in essa è contenu-
charistia, in qua ipsemet Chri- to, viene offerto e si riceve lo stesso Cri-
stus Dominus continetur, offer- sto Signore, e in virtù del sacramento vive
tur ac sumitur, et qua continuo e cresce continuamente la Chiesa. Il Sa-
vivit et crescit Ecclesia. Sacrifi- crificio eucaristico, memoriale della mor-
cium eucharisticum, memoriale te e della risurrezione del Signore, in cui
mortis et resurrectionis Domini, si perpetua nei secoli il Sacrificio della
in quo Sacrificium crucis in sae- croce, è il culmine c la fonte di tutto il
cula perpetuatur, totius cultus et culto e di tutta la vita cristiana: con esso
vitae christianae est culmen et si esprime e si effettua l'unità dcI popolo
fons, quo significatur et efficitur di Dio e si compie l' edi ficazione del Cor-
unitas populi Dei et corporis po di Cristo. Gli altri sacramenti, infatti, e
Christi aedificatio perflcitur, Ce- tutte le opere di apostolato della Chiesa
tera enim sacramenta et omnia sono strettamente legati all' Eucaristia e ad
ecclesiastica apostolatus opera essa sono ordinati.
cum sanctissima Eucharistia co-
haerent et ad earn ordinantur.
- Lettera Dnminicae Caenae di Giovanni Paolo Il. 24 febbraio 1980: Enchir. Vat., voI. 7,
pp. 166-229
- Istr. Inaestimubil e donum della S. Congregazione per i Sacramenti e per il C ulto Divino,
3 aprile 19 80: Enchir. Vut., voI. 7, pp. 282-30 3
È da tener presen te anche il documento pastorale dell' Episcopato Italiano Eucaristia. comu-
nione e comuni t à, 22 magg io 1983: Ench ir. CEl , voI. 3. pp. 721 -790 .
CAPI TOLO I
LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
ART. I
IL MINISTRO DELLA SANTISSIMA EUCARISTIA
CAN. 904 - Sacerdotes, memoria I sacerdoti, sempre memori che nel mi-
semper tenentes in mysterio Sa- stero del Sacrificio eucaristico si svo lge
crificii eucharistici opus redem- ininterrottamente l'opera della reden zio-
ptionis continuo exerceri, fre- ne, celebrino frequentemente; anzi si rac-
quenter celebrent; immo enixe comanda vivamente la celebrazione quoti-
commendatur celebratio cotìdìa- diana , la quale, anche quando non si possa
na, quae quidem, etiam si prae- avere la presenza dei fedeli, è sempre un
sentia fidelium haberi non possit, atto di Cristo e della Chie sa, e, con esso,
actus est Christi et Ecclesiae, in i sacerdoti adempiono il loro principale
quo peragendo munus suum prae- ministero.
cipuum sacerdotes adimplent.
CAN. 905 • § 1. Exceptis casibus in § I . Eccettuati i cas i in cui, a nonna del
quibus ad normam iuris Iicitum dir itto, è consentito celebrare o concele-
estpluries eadem die Eucharistiam brare l'Eucaristia più volte nello stesso
celebrare aut concelebrare, non giorno, non è lecito al sacerdote celebrare
Iicet sacerdoti plus semel in dìe più di una sola volta al giorno.
celebrare.
§ 2. Si sacerdotum penuria ha- § 2. Se vi è scarsezza di sacerdoti, l'Or-
beatur, concedere potest loei Or- dinario del luogo può co ncedere che i
dinarius ut sacerdotes, iusta de sacerdoti , per giusta causa, celebrino due
causa, bis in die, immo, necessita- volte al giorno, e nelle domeniche e feste
te pastorali id postulante, etiam di precetto, per necessità pastorali, anche
ter in diebu s dominieis et festis tre volte.
de praecepto, celebrent.
- Nel Natale del Signo re: «tutti i sacerdoti possono celebrare o co ncelebrare le tre
Messe, purché lo facciano nelle ore corrispondenti» (Institutio Generalis Missalis Roma-
ni. n. 158, a, b, c: Enchir . Vat., voI. 3, pp. 1362-1365).
- Nella Commemorazione di tutti i fedeli def unti: è in facolt à di ogni sacerdote
celebrare tre Messe, applic andone una secondo la propria intenzione, ad libitum, un' altra
in suffragio di tutti i fedeli defunti e la terza seco ndo le inten zioni del Rom ano Pont efice
(Cost. Ap. Incruentum altaris sacrificium di Benedetto XV. IO agosto 1915 ).
3414 È co nse ntita una seco nda Me ssa in ragione della concclcbr azione:
- Se la concelebrazione è presieduta dal Vescovo o da un suo dele gat o : «in occasione del
Sin od o, dell a visita pasto rale o d ' incont ri sacerdotali». La stessa facoltà vale per i rel igios i, scrvatìs
servandis, se co nce lebrano co l prop rio O rdinario (lnst , Ge n. Missal is Roman i, n. 168, d) .
3415 Ulteriori concessioni:
- «I membri dei capitoli cattedrali e delle comu nità di qual sivoglia Istitu to di perfezione . che
so n tenuti a celebra re per il bene past orale dei fed eli, possono co nce lebra re nello stesso gio rno
anche la Messa co nventuale o di comu nità» (Dic h, In celebra /ione Missae della S. Con gregazione
per il Culto Divino, 7 agosto 1972 , n. I: Enchir. Vat.. voI. 4, p. I 103, n. 1743) .
- "Og ni sace rdote che, in occasione dell a visita pasto rale o di una particol are riun ione di
sace rdo ti, per esempio in con vegni di cara ttere pastorale , co ngressi, pellegrinaggi, co nce lebra la
Messa pri ncipale ai sensi del n. 158 di " Principi e norme per l'uso del Messale Rom ano", può
celebrare un 'altra Messa per l'utilità de i fede li» (Dichiar . ci t., n. 2) ,
Tali facolt à valgono soltanto per la binazione, non per la trinazione (S. Con grega-
zione per il Culto Divino, Risposta particolare all' Arcivescovo di Milano, 3 1 ge nnaio
1973 : X. O CHOA, Leges Ecclesiae, V, n. 416 8, col. 6454).
3416 Facoltà dell'Ordinario del luogo circa la binazione.
A parte i casi finora indicati, l'Ordinario del luogo può concede re la facoltà della
binazione nei giorni f estivi come iII quelli f eriali, alle seguenti co ndizioni:
- Che vi sia scarsi tà di sacerdoti (sacerdotum penuri a)
- Che ricorra una giusta causa (iusta de causa), da interpretare co n una certa
larghezza : esigenza di una comunità religiosa o di un gruppo di fede li, celebrazione di
nozze o di esequie . ecc. (§ 2).
Il ca n. 905 , ~ 2. come il precedente can . 806 , ~ I, del Codice 191 7, parla so lo dell'Ordinario
del Inogo. Prob ab ilmente, tu ttavia , la medesima faco ltà spetta anche all' O rdina rio di un Istituto
re ligioso o di una Società di vita apos tolica cle ricali di diritto pon tificio (ca n, 134 , ~ I ), rel ati va-
men te ai prop ri sudd iti.
l Il gio rno festi vo, co m 'è noto, ha inizio liturgicament e il vespro del giorno precedente.
Tenen do cont o di q uesto fatto , può il Vesco vo diocesano co nce dere la facoltà di tri nare il giorno
precedente. "pe r ragioni pastorali" ? Considerando lo spirito e la finalità dell a norma cont enu ta nel
can . 905 , ~ 2, riten iam o di sì .
La Sanuxsirna Eucurisua 137
CAN. 906 - Nisi iusta et ratio- Se non esiste una causa giusta e ragio-
nabili de causa, sacerdos Sacrifi- nevole, il sacerdote non celebri il Sacrifi-
cium eucharisticum ne celebret cio eucaristico senza la partecipazione di
sine participatione alicuius sal- almeno qualche fedele.
tem fidelis.
CAN. 907 - In celebratione eu- Nella celebrazione eucaristica non è
charistica diaconis et laicis non consentito ai diaconi e ai laici recitare le
Iicet orationes, speciatim precem orazioni, in particolare la preghiera euca-
eucharisticam, proferre vel ac- ristica, o compiere le azioni che sono pro-
tionibus fungi, quae sacerdotis prie del sacerdote celebrante.
celebrantis sunt propriae.
CAN. 908 - Sacerdotibus catho- È vietato ai sacerdoti cattolici concele-
, Iicis vetitum est una cum sacer- brare l'Eucaristia con sacerdoti o ministri
dotibus vel ministris Ecclesiarum di Chiese o comunità ecclesiali. le quali
communitatumve ecclesialium non sono in piena comunione con la Chie-
plenam communionem cum Ec- sa cattolica.
cIesia catholica non habentium,
Eucharistiam concelebrare.
cattolici di concelebrare l' Eucaristia con sace rdoti o ministri di Chiese o comu nità
ecclesiali , le qual i non sono in piena comunione con la Chiesa catto lica. La trasgressione
di tale norma è passibile di pene canoniche (can. (365).
3421 Perché, nonostante l' apertura ecu menica del Concilio Vaticano Il c deg li atti ema nati succes-
sivamente dali' Autorità ecclesiastica, s'è conservato con severi tà tale divieto? Per un duplice
motivo: teologico e pratico.
Teolo gico: perché lo stretto rapporto esistente fra il mistero della Chiesa e il mistero euca-
ristico, esige che la celebrazione dell'Eucaristia conisponda alla pienezza della professione di fede
e della co munione eccles iale. È q uesto un principio che non può essere alterato (lstr, /11 quibus del
Segretariato per l'u nità dei cristiani. l° giugno 1972, n. 4, Il : Enchir. Var.• vol. 4, p. IOJ3 n. 1635).
In casi particolari, si può permettere la "comrnunicatio in sacris" in ordine all'ammissione alla
Co munione eucaristica, ma non in ordine alla celebrazi one del santo Sacri fic io.
Pratico : perché la "cornmunicatio in sacris" nella celebrazione eucaristica, non potendo essere
motivata da alcuna necessità di ordine pastorale, co mporterebbe, nel caso, un rischio reale per la
fede cattolica. in q uanto favorirebbe l' errore e l' jndifferentismo, cose da escludere in forza della
stessa legge divina (Decr. eone. Orientalium Ecclesiarum, n. 26).
3422 Ammonisce a ragione il Decr, eone. Unltatis redintegrutio:
- Non è lecito conside rare la comunicazione in sacris come un mezzo da usarsi indiscrimi-
natament e per il ristabilimento dell'unità dei cristiani. Questa comunicazione dipend e soprattutto
da due principi: dalla manifestazione dell'unità della Chiesa e dalla parteci pazione ai mezzi della
grazia. La significazio ne dell'unità per lo più vieta la comunicazione in sacris, La necessità di
co nseguire la grazia talvolta lo racco manda. Circa il modo co ncreto di agire av uto rig uardo a tutte
le circostanze di tempo, di luogo, di perso ne, spetta decidere all'autorità e piscopale del luogo,
tranne che sia stabilito diversamente dalla Co nferenza Episcopale. a norma dei propri statuti. o
dalla Santa Sede (n. 8. 3).
) iEnchir. Val., vo I. 4, pp. 1214-1217), rappres enta un a delle più im portan ti in no va-
zioni in materia liturgi co-sacramentaria, poiché s i d à facoltà ai lai ci di e s sere mini st r i
dell a C omun ione.
A termin i del nu o vo canone:
l O Ministro ordinario dell a Comunione è il min istro sacro in v irt ù de ll'ordi nazio-
ne co nferi ta g li : il Vescovo, il Presbitero e anc he il Di acono (can. 1009, § I).
2 0 Ministro straordinario è l' accolito, o anc he un altro fedele, uomo o d onn a,
deputato ab itu almente o ad actum a norma d el ca n. 230, § 3, ossi a all a duplice condizione:
Che si tr atti di un caso di necessit à
- Che m an chi il m ini stro proprio (n. 1425)
Per la retta interp retazione del § 2, occo rre tener presente la citata Istru zione lmmensue 3425
curitutis.
La deputazione è di competenza dell'Ordinario del luogo:
I. «È data facoltà agli Ord inari dei luoghi di consent ire che persone idonee, individualmente
scelte, possano, in qualità di ministri straordinari, in singole circostanze od anche per un periodo
di tempo definit o, oppure anche permanentemente in caso di necessità , sia cibarsi da se stesse del
Pane eucaristico, sia distribuirlo agli altri fedeli e porta rlo agli ammalati nelle loro case , quando :
a) manchin o il sacerdote, o il diacon o, o l' accolito ;
b) i mede simi siano impediti di distribu ire la S. Comunione a motivo di un altro ministero
pastorale, per malattia o per età avanzata;
c) il numero dei fedeli che desiderano accostarsi alla S. Comunione, sia tale da far prolungare
eccessivamente la celebrazione della Messa o la distribu zione della Comunione fuori della Messa»
(Enchir. VIlt., vol. 4, pp. 1214-1217 , n. 1927 ).
II. «Gli stessi Ordinari dei luoghi godono de lla facoltà di permettere ai singoli sacerdoti. che
esercitano il sacro min iste ro, di deputa re una persona idonea, la quale , nei casi di vera necessità
distribuisca ad actum la S. Comun ione» (ibid., p. 1217, n. 1928).
III. «I menzio nati Ordinari dci luoghi posso no delegare tali facolt à ai Vescovi a usiliari , ai
Vicari episcopali c ai Delegati episcopali » (ibid., p. 1217, n. 1929)' .
Infra Missam et extra Missam:
«Le circos tanze nelle quali può mancare un sufficien te numero di ministri per la distribuzione
della S. Comunione, sono diverse, cioè:
- Durante la celebra zione della Messa, a moti vo di un grande affoll amento di fedeli oppure
per una particolare diftì coltà del celeb rante;
- Fuori della Messa, quando, per la distan za dei luoghi. sia difficile portare II:sacre Specie ,
soprattutto in form a di Viatico, agli ammalati che si trovino in pericolo di morte. - oppure quando
il numero degl' infermi , so prattutto negli ospeda li o in istituzioni del genere, richieda l' opera di più
ministri» (ibid., p. 1215, n. 1926).
P er la scelt a del ministro straordinario: 3426
«Il ministro straordinario della S. Co munione , debitamente preparato, si deve disti ngue re per
la vita cristiana, la fede e la condotta. Dovrà cercare di non essere impari a questo gra nde ministero,
coltivare la pietà verso la SS. Eucaristia ed esse re di esempio agli altri fedeli con la sua devozione
e la sua riverenza verso l'augustissimo Sacrament o dell ' Altare. Nessuno sia scelto a tale ufficio.
se la sua designazione possa dar motivo di meraviglia ai fedeli» (ibid., p. 1217. n. 1934 ).
ART. 2
LA PARTECIPAZIONE ALLA SANTISSIMA EUCARISTIA
CAN. 912 • Quilibet baptizatus, Ogni battezzato, a cui non sia vietato
qui iure non prohibeatur, admitti dal diritto , può e deve essere ammesso
potest et debet ad sacram com- alla sacra comunione.
munionem.
CAN. 913 • § l. Ut sanctissima § l. Per poter amministrare la santissi-
Eucharistia ministrari possit pue- ma Eucaristia ai fanciulli, si richiede che
ris, requiritur ut ipsi sufficienti essi abbiano una sufficiente discrezione e
cognitione et accurata praepara- ricevano un'accurata preparazione, così
tione gaudeant, ita ut mysterium da avere del mistero di Cristo una com-
Christi pro suo captu percipiant prensione proporzionata alla loro capacit à
et Corpus Domini cum fide et de- ed essere in grado di ricevere con fede c
votione sumere valeant. devo zione il Corpo del Signore.
§ 2. Pueris tamen in periculo § 2. Ai fanciulli che versino in pericolo
mortis versantibus sanctissima di morte , tuttavia, la santissima Eucari-
Eucharistia ministrari potest, si stia può essere amministrata se san capa-
Corpus Christi a communi cibo ci di distinguere il Corpo di Cristo dal
discernere et communionem re- comune cibo e ricevere la comunione con
verenter suscipere possint. riverenza.
I Il giudizio definitivo sull' ammissione dei fanciulli alla prima Comunione spetta così al
parroco. Nel Codice precedente, esso era lasciato anche al confessore (can. 854, § 4*). Una tale
disposizione è stata soppressa: «Non expedit - è scritto nella Re/a/io syntlieticu - esser usus
scicntiae ex confessione el ageretur de foro interno» (Communicationes, a. 1983, p. 193, can.
863, § 3).
La Sant issima Eucaristia 143
CAN. 915 • Ad sacram comrnu- Non si ammettano alla sacra com unio ne
nion em ne admittantur excom- g li sc om unicati e gl' interdetti dopo l' irro -
municati et interdicti post irro- ga zione o la di chiarazione della pena , e
gationem vel declarationem poe- quanti do vessero persi stere ostinatamente
nae aliique in manifesto gravi pec- in un m an ifesto grave peccato.
cato obstinate perseverantes.
CAN. 916· Qui conscius est pecca- Chi è co nsa pevole di essere in peccato
ti gravis, sin e praemissa sacramen- grave, non cel ebri la M essa né rice va il
tali confessione Mis sam ne celebret Corpo del Si gnore, senza a ve r fatto pr ima
neve Corpori Domini communicet, la confessione sacramental e , tranne che vi
nisi adsit gravis ratio et deficiat sia un a grav e ra gion e e man chi l' opportu-
opportunitas confitendi; quo in nità di confessar si ; in qu esto caso, ricordi
casu meminerit se obligatione te- che ha l'obbligo di premettere un allo di
neri ad eliciendum actum perfec- co ntrizione perfetta, col proposi to di co n-
tae contritionis, qui includit propo- fessarsi al più pr esto.
situm quam primum confitendi.
- La Circo lare congiunta delle medesime Congregazioni, 3 1 marzo 1977: Ench ir.
Vat., voI. 6, pp. 132·139
- La Risposta congiunta delle medesime Congregazioni, 20 maggio 1977, che
vietò «ornni a ex per ime nta rec ipie ndi pri marn S. Com mun ion em absq ue prae via
receptione sacramenti Paenitentiae»: Enchir. Vat. , voI. 6. pp. 140-141
II Codice conferma tali disposizioni.
Una direttiva della Con ferenza Episcopale Italiana:
- Molto curata dev ' esse re la prima confessione. anche per il riflesso psicologico. che può
avere su tutta la vita religiosa del fanciullo. Tale confessio ne, che deve sempre precede re la prima
Comunione. anche se deb itame nte da essa distanziata. verrà opportuname nte inserita in una certa
celebrazione penitenziale, nella quale tutto de v'essere preparato con cura. perché i fanciulli la
sentano propria e possa no parteciparvi con gioioso impegno. senza ansietà e indebiti timori»
(Enc!lir. CEI. vol. 2. pp. 49 1-492. n. 1472).
CAN. 917 • Qui sanctissimam Eu- Chi ha già ricevuto la sa ntiss ima Eu-
charistiam iam recepit, potest eam caristia , può riccverla una seco nda vol-
iterum ead em die susciperesolum- ta nello stesso gio rno, ma solo dura nte
modo intra eucharisticam celebra- la ce lebrazione e ucaristica alla qu ale
tion em cui participat, sal vo prae- pa rtecipa, sa lvo il d isp osto de l ca n.
scripto can , 921, § 2. 92 1, § 2.
, Per il valore dell' iterum dci canone - "una seconda volla" e non "di nuovo" , nel senso di
"q uoties" - v. la Risposta autentica della Pont. Co mmissione per l'i nterpretazione del Codice, II
luglio 1984: Cammunicutiones: a. 1984, p. 240. I.
La Samìsstmu Eucaristia 145
918 (863 *) Il miglior comm ento al presente canone ci è dato da lla sua fonte dirett a:
il Decr. Eucharistia e celebrat io dell a Congregazio ne per il Culto Div ino. 2 1 giugno
1973. nn. 13-16, che riportiamo lestualment e:
- Una partec ipazione più perfetta alla ce lebrazione eucaristi ca è la comu nione
sacramentale ricevuta durante la Messa. Questo risulta più c hiarame nte, se i fedeli
ricevono il Corpo del Signore dopo la Comunione del sacerdote c dal medes imo Sacri-
ficio iSacrosanctutn Concilium , n. 55). Per la Comunione dei fedeli. si lisi quin di pane
di confezione rece nte, e lo si consacri, di norma, in ogni celebrazio ne eucaristica (n. 13:
Enchir. Var. , voI. 4, p. 1635, n. 2523) .
- Si devono indu rre i fedeli a comunicarsi dur ante la ste ssa cel ebrazione
eucaristica. I sacerdoti però non rifiutino di dar e la santa Comunione anche fuori
della Messa ai fede li che ne facciano richiesta. È be ne anzi che a quanti so no
impediti di partecipare alla cele brazione e ucaristica dell a co munità. si porti co n
premura il ci bo e il conforto de ll' Euca ristia, perché possano così se ntirsi uniti alla
comunità stessa, e sost enuti dall'amore dei fratell i (n. 14: Enchir. Vat., voI. 4, p.
1635, n. 252 4).
Basta un "giusto motivo" . diceva l'I str. Eucharisticum Mysterium della S.c. dei Riti, 25
marzo 1967, n. 33 (Enchir. Vaf.• voI. 2, p. 11 25, n. 1333), e ripete il nuovo Codice, per cui non
si comprende la severità eccessiva di alcuni pastori di anime. " Iusta causa" è anche il solo desiderio
di fare la S. Comunione. q uando. per impegni o per altri motivi, non sia possibile assistere alla
celebrazione eucaristica.
- Si abbia cura d'i nseg nare ai fede li che , anche qu ando ricevo no la Co mu-
nione fuor i dell a Messa, si unisco no intima me nte al santo Sac rificio in cu i si
perpetua il Sac rificio della C roce, e prendono parte a quel sacro con vito nel
quale, per mezzo dell a Co munio ne del Corp o e del Sangue del Signore , il pop olo
di Dio part ecipa ai be ni del Sac rificio pasqu ale, rinnova il nuovo Patto fatto una
volta per sem pre co n Dio e co n gli uom ini nel Sangue di Cr isto , e nell a fed e e
nella spera nza an ticip a e prefigura il convi to escatologico nel reg no de l Pad re.
annun ziand o la Morte del Signore "finché Egli venga" (n. 15: Enchir. Vat., va l.
4, p. 1635. n. 2525) .
146 LIBRO IV • Il "rnunus s anctifi candi" de lla Chi osa
§ 2. Sacerdos , qui eadem die bis § 2. Il sacerd o te che nell o s tesso g io rno
aut tcr sanctissimam Eucharistiam celebra d ue o tr e volte la sant issima E u-
celebrat, aliquid sumere potest ano ca rist ia , pu ò p re nd e re q ua lc o s a pri ma
te sccundam aut tertiam celebra- della second a o d ell a terza celebrazio ne ,
tionem, etiarnsi non intercesserit a nc he se non sia inte rcorso lo spazio di
spatium unius horae. un ' ora.
§ 3. Actatc pro vectiet infirrnitatc § 3. L e perso ne a nziane e coloro che
quadam laborantes necnon eorum so no affe tti d a qua lche in fe rmi tà , come
curae addicti,sanctissimam Eucha- p ure le perso ne c he li assistono, po sson o
ristiam accipere possunt, etiamsi ri ceve re la santissima E ucaristia a nc he se
int ra horam antec edentem aliquid hanno p reso qualco sa e ntro l' ora an tece-
sumpserint. dente.
Art. 14: «La Ch iesa ha se mpre riservato grande attenzione e riverenza all'Eucaristia, anche nel
modo di avvicina rsi a lla mensa e rice vere: la Com unione. Particolarmente appropriato app are ogg i
l' uso di acce dere procession almente all'altare ricevend o in piedi , co n un ges to di riverenza, le
specie eucaristic he, professand o con l'Am en la fede nella presen za sac ramenta le: di Cri sto».
A rt. 15: «Acca nto all'uso dell a Comunione: sulla lingua, la Chies a permette di dare: l'Eu ca-
ristia deponendola sulle mani dei fedeli protese entrambe verso il mini stro, ad accogli ere con
riverenza e rispett o il Cor po di Cristo.
I fedeli sono liberi di scegliere tra i due modi ammessi . Ch i la riceverà sulle mani la porterà
alla bocca dava nti al ministro o appen a sposta ndos i di lato per co nsentire al fedele che segue di
avanzare.
Se la Co munio ne viene data per intinzionc, sarà con sentita soltanto nel primo modo».
Art. 16: «In og ni caso è il ministro a dare l'Ostia consacrata e: a porge re il calice . Non è
consentito ai fedel i di prendere co n le proprie mani il pane co nsacrato direttamente dall a patena,
di intingerl o nel calice del vino, di passare le specie e ucaristiche da una mano all'u ltra».
Art. 17: «Chiunq ue si sarà accostato alla Comunione eucaristica renderà grazie in cuor suo
e nell' assem blea dei fratelli al Padre che gliene ha co ncesso il dono, sostando per un congruo temp o
in adorazio ne del Signore Ges ù ed in intenso colloq uio con Lui.
Confortato dalla graz ia divi na, il fedele si apra così alla missione di testim onianz a e di carità
tra i fratell i, perché l'Eucaristia, co n la forza dell o Spi rito Santo, continui nella vita di og ni giorno
a lode della gloria di Dio Padre (cfr. Ef. I, 14»>.
.' I Padri Consultori, tuttavia, non ritennero di doverlo affermare nel canone, "cum lex non
determinet gravitatem moralem" iCommunicationes. a. 1983, p. 195, can. 872).
La Santissim a Eucaristia 149
- operazione pericolosa
- condanna alla pena cap itale
- guerra
- naufragio , ecc.
i fedeli che versano in essa, hanno l'obbligo grave di ricevere il conforto della S.
Comunione come Viatico (can. 921, § J).
"La Comunione sotto forma di Viatico dev'essere considerat a segno speciale di partecipazio-
ne al mistero pasquale celebrato nel sacrificio della Messa, al mistero cioè della Morte del Signore
e del suo ritorno al Padre. In esso, il fedele, che sta per lasciare questa vita fortificato dal Corpo
di Cristo, riceve il pegno della risurrezione» (Istr, Eucha risticum Mysterium della S.C. dei Riti, 25
maggio 1967, n. 39, I: Enchir. Var., voI. 2. p. 1131, n. (339).
Se il fedele ha già ricevuto la S. Comunione nello stesso giorno in cui è soprag- 3448
giunto il pericolo di morte . non è obbl igato a fare una nuova Comunione, ma è esortato
vivamente a farlo, per averne il conforto nece ssario (can. 92 1, § 2).
Perdu rando il pericolo di morte, la Chie sa raccomanda di amministrare la S. Comu-
nione più volte, in giorni distinti (can. 921, § 3). Ammoni sce inoltre di non differire
troppo (nimium) il santo Viatico agl'infermi, per trascuratezza o per falsa pietà. È
dovere della famiglia , ma soprattutto di coloro che hanno cura d'anime, provvedere
perché gl' infermi ricevano il Viatico , come l'unzione sacramentale, nel pieno possesso
delle loro facoltà (can. 922 ). -II dovere è anche dei Superiori di case religio se o di
comunità di Società di vita apostolica .
La Comuni one sotto le due specie: «Il Viatico si riceva, se possibile, durante la Messa, in 3449
modo che l' Inferrno possa fare la Comunione sotto le due specie; la Comunione in forma di Viatico
è infatti un segno speciale della partecipaz ione al mistero celebrato nel sacrificio della Messa, il
mistero della morte del Signore e dci suo passaggio al Padre» (CE I, Sacramento dell 'Unzione e
cura pastoral e degli infermi. Libreria Editrice Vaticana, 1974, pp. 26-27 , n. 26).
Cfr. anche Enchir. CEI, vol. 4, n. 9, pago974.
150 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa
ART. 3
I RITI E LE CERIMONIE DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
È materia invalida il pane di altre specie di cereali, come orzo, avena, miglio, riso, saggina .
Il pane di segaia è materia dubbia; quello di farro o di spelta è ritenuto comunemente materia
valida, nonostante il parere contrario di S. Tommaso (Summa Theol., p. III, q. 3, ad 2).
Il vino dev' essere di pura uva (de genimine vitis), sufficie nte mente matura, e non
alterato.
Sono materia invalida: l'agreste. ricavato da uva acerba; il vinello, ricavato dalle vinacce,
mediante l'in fusione di acqua; il vino artificiale e quello inacetito o sostanzialmente modificato con
la mescolanza di acqua o di altro liquido. È materia dubbia il vino di uva selvatica (S.c. di
Propaganda Fide, Risposta del 1819: Coli. P.F., I, n. 732).
Il vino fatto con uva passita, è materia valida, purché il colore e il gusto siano di vero vino
(S. Ufficio, 22 luglio 1706; 7 magggio 1879; IO aprile 1889). Valido è per sé anche il mosto,
perché la fermentazi one alcoolica ha subito inizio dopo la pigiatura; è per altro materia illecita, per
le impurità che contiene, per cui è necessaria l'autorizzazione della Santa Sede. Recentemente la
S.c. per i Sacramenti e per il Culto Divino ha concesso a un sacerdote che in nessun modo poteva
prendere bevande alcoo liche, di poter celebrare col " mosto" '.
L' aggiunta dell'acqua contiene un triplice simbolismo: 3453
- Ricorda le ultime stille di sangue, frammiste ad acqua, sgorgate dal petto del Redentore.
squarciato dali' asta di Longino
- Rappresenta l'uni one della natura umana e della natura divina in N.S. Gesù Cristo
- Simboleggia infine la mistica incorporazione dei fedeli a Gesù Cristo per mezzo del suo
sacrificio (cfr. anche Concilio Tridentino, Sesso XXII, 17 sett o 1562, cap. 7 e cnn. 9: Denzingcr-
Schiinmetzer, nn. 1748 e 1759).
[ X. OCHOA, Leges Ecclesiae, V, n. 4588, col. 7479. Nel medesimo rescritto si è concesso al
medesimo sacerdo te di far la comunione, in caso di concelebrazio ne, "tantummodo sub specie
panis",
, «In caso di necessità e a giudizio del Vescovo, è lecito amministrare l' Eucaristia sotto la
sola specie del vino, a coloro che non possono riceverla SOllO la specie del pane. In questo caso
152 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" dellaChk's;J
Le nonne liturgiche circa la Co munione sotto le d ue specie so no co nte nute nella lnstitutio
Generalis Miss alis Romani. nn. 240-242 (Enchir. Val.• voI. 3. pp. 1388- 1393), e nella lstr. Sacra-
mentali communione della S.c. per il Culto Divino, 29 giugno 1970 (Enchir. Val.• voI. 3. pp.
1570-1575).
è permesso. a giudiz io dell' Ord inario de l luogo, celebrare la Me ssa p resso l 'inf ermo. Se la Messa
non viene celeb rata pres so l'infermo. il Sangue del Signore dev ' essere co nservato , dopo la Messa,
in un calice deb itamente coperto e riposto nel tabern acolo; ma non dev 'essere recato all'infermo,
se non in un vaso chiuso in modo tale che sia del tuIlo evitato il pericolo di spargimento. Nell'am-
ministrare il Sacra mento, poi, si sce lga caso per caso il modo più conve niente, fra quelli proposti
nel rito per la distribuzi one della Co munione sotto le due specie . Se dopo l'amministrazione della
Comunione rimane qualche goccia del preziosissimo Sangue. questo sia cons umato dal ministro.
c he avrà cura di compie re le dovute abluzioni » (Instr. Eucharisticu m Mysterium. n. 41: Enchir.
Val. , vol. 2, p. 1133, n. 1341).
La Santissima Euca ristia 153
ART . 4
IL TEMPO E IL LUOGO DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
I «Dove lo esiga una ragione pastorale, l'Ordinario del luogo potrà permettere che, oltre alla
Messa principale " In Cena Domini", venga celebrata un'a ltra Messa, nelle ore vespertine, nelle
chiese e negli oratori ... In caso poi di vera necessità, potrà concedere che q uesta Messa sia
celebrata anche nelle ore mattutine, ma solo per quei fedeli che non possono in alcun modo
partecipare alla Messa vespcrtina. Tuttavia, si faccia attenzione che tali celebrazioni non avvengano
a vantaggio di privati e che non siano di danno alla Messa vespertina principale» (Rescritto della
S.c. dei Sacramenti. IO marzo 1970: Enchir. Val.• voI. 3. p. 1256, n. 1999).
156 LIBRO IV - Il "rnunus sanctificandi" della Chiesa
CAPITOLO II
LA CONSERVAZIONE E LA VENERAZIONE
DELLA SANTISSIMA EUCARISTIA
dote catto lico nel tem pio d i una Chiesa o comunità ecclesiale , che non sono in pien a
comunion e con la Chiesa cattol ica, alle seguenti condi zioni:
- Che ricorra una giusta causa (iusta de causa)
- Che ci sia la licenza espressa, non sempliceme nte presun ta, dell' Ordinario del
luogo
- Che non ci sia il pericolo di scandalo o d' indifferentisrno
Similmente. anche i fratelli se para ti possono usare per le loro fun zioni le chiese e gli
oratori catto lici. co l permesso dell' Ordinario del luogo. qualora non dispongano di locali ada tti
(Direttorio Ecum eni co, 14 maggio 1967. nn. 52 e 6 1: Enchir. Val., voI 2, pp. 1037 e 1043. nn.
1245 e 1254).
CAN. 935 - Nemini licet sanctissi- A nessuno è lecito conservare la san tis-
mam Eucharistiam apud se reti- s im a Eucaristia nella propria c as a o por-
nere aut secum in itinere deferre, tarla con sé durante un viaggio, tranne ch e
nisi necessitate pastorali urgente per una necessità pastoral e e o sservando
et servatis Episcopi dioecesani le d isposizioni del Vescovo dioces ano.
praescriptis.
3473 2) Condizioni
934, § 2 (1265. § 1) La co nservazione della 55. Eucaristia in un luogo sacro,
qualunque esso sia, è soggetta a una dupli ce condizione:
l ° Che vi sia sempre qualcuno, sacerd ote o laico, che ne abbia cura, provv edendo
opportunam ente all'accensione della lampad a, alla pulizia, all 'addob bo. ecc .
2° Che. per quanto è possibile, un sacerdote vi celebri la Messa alme no due volte
al mese, per l' opportun a rinnovazione delle sacre specie (can. 939)
È particolare dovere del Vescovo diocesano promuovere con la più grande cura (summa cura)
l' adorazione di Cristo Signore. sostanzialmente presente nell' Eucaristia iDirettorio pus/orale dei
Vescovi, n. 90, a: Enchir. Var., voI. 4, p. 1321. n. 2078). Per il dovere dei fedeli e dei membri
degl'Is tituti religiosi, cfr. cann. 663. § 2, 898 e 937.
I ) Il tabernacolo 3477
938 (1268-1269 *) Per un senso di sacro rispett o, l' Eucaristia dev' essere custo-
160 LIBRO IV . Il "munu s sanctificundi" della Chic,..a
dita in un piccol o proprio santuario, dett o tabernaco lo (§ I ). Solt anto per una grave
causa è co nsentito conser varla in un altro luogo più sic uro . ma decoro so, so prattutto
nelle ore nollurn e (§ 4). La chiave del tabern acol o dev' essere custodita co n la
massim a dili genz a (§ 5).
Il ca none pres crive norme preci se sulla strutt ura e sulla coll oca zione del taber-
nacol o.
3478 Struttura . Il tabern acolo nel quale si custodisce abitualmente la SS . Eucaristia:
De v' es sere inam ovibile
- Dev 'essere costruito con materi ale solido , non trasparente
- Dev ' essere ben chiu so , in modo da evitare quanto più possibile (quam maxime)
ogni pericolo di profanazione (§ 3)
3479 Collocazione. Il tabern acolo va collocalo in una parte distin ta della ch iesa o del-
l'oratorio, ben visibile, orn ata decorosamente, adatta alla preghi era (§ 2), te nendo pre-
se nte che la SS. Eucaristia, abitualmente, va co nservata in un solo tabern acol o della
chiesa o dell' oratorio (§ I ).
3480 Ad integrazione dell e dette prescri zioni , occorre ric hia marsi ad ulteriori norme e
diretti ve, em ana te dall a Congregazione comp etente. Riport iam o le più imp ortanti.
- Il luogo per la conservazione dell'Eucaristia si distingua davvero per nobilt à e deco ro. Si
raccomand a vivamente che sia anche adatto all ' adorazione e alla preghiera personale , in modo che
i fedeli possano con facili tà c con frutto onorare , anche con culto privato, il Signore presente nel
Sacramento. È più facile raggiungere lo scopo , se si prepara una cappella separat a dal corpo
centrale della chiesa, specialmente nel caso di chiese in cui si svolgono frequente mente celebrazio-
ni di matrim oni e di funerali o che sono meta di pellegrinaggi o di visite per i loro tesori di arte
e di storia (lstr. Eucharistiae celebratio della S.C. per il Cullo Divino. 2 1 giugno 1973, n. 9:
En chir. Val.. voI. 4, p. 1631 , n. 25 19).
- La SS . Eucaristia si c ustod isca in un tabernacolo solido, non trasparen te, inviolabile.
Di no n na. ci sia in ogni chies a un solo tabernacolo. o posto sopra l' alt are o collocato. a
La Santis sima Eucaristia 161
giudizio de ll' O rdinario del luogo, fuo ri dell' altare, ma in una parte dell a chiesa che sia davvero
nobile e debitamente ornata. La chiave del tabernacolo de v' essere custodita co n la mas sima
cura da l sace rdote res po nsa bile della ch iesa o dell ' oratori o, o da l ministro straord inario , a c ui
è stata co ncessa la facoltà di dis tri bu ire la Sa nta Co munione (n. IO: Enchir. Val., voI. 4, pp.
1630- 1633. n. 2520).
- La prese nza de lla SS . Eucari st ia nel tabernacolo ven ga indica ta dal eo nopeo o da a ltro
mezzo idoneo , stabilito da ll' a utorità competente. Secondo la tradizi one, arda se mpre davanti
all' altare una lamp ada o un cero , seg no di ono re reso al Sign ore» (n , I l : Enchir. Val. , vo I. 4,
p. 1633, n. 252 I).
- È lecito celebra re la Messa rivolti ve rso il popo lo. anc he se sull'al tare c'è il tabern a-
colo di picco le dimensioni , ma con ven ient e (Istr. Eucharisticum Mysterium della S.c. de i Riti.
25 maggio 1967, n. 54 , 2 : Enchir. Val.. vol. 2, p. 1143. n. 1354).
Per direttive più dett agliate, cfr. l' lstr. Nullo umquam dell a S.C. de i Sacram enti, 26 mag-
gio 1938: X , Oc nox, Leges Ecclesiue . I, n, 1435, co lI. 1882-1888,
3) La lampada 3482
940 (/27 J *) Seco ndo una sig nificativ a tradizione, d inanzi al tab ern acolo in cui
si custodisce la SS . Eucaristia , deve ardere co ntinuame nte (perenniter) una la mpada
speciale. Essa ha lo scopo d' ind icare e onorare la prese nza de l Sig nore .
Se il tabern acolo è posto sull' altare , la lampada va co llocat a non su di esso, ma
di fianco.
A norma del can. 1271 de l Codice precede nte. la la mpada per sé doveva essere alimentata co n
olio di ulivo o con cera d 'api . Una tale presc rizione non è stata ricon ferrnata (Commun ìcati ones.
a. 1972, p. 56 , De tubernaculo). È peraltro opportuno che così si continui, per il maggiore simbo-
lismo offerto dalla lampa da ad olio o a cera , che " lucet et arder" , ma il nuovo Codice non lo
prescrive. Per sé, si può usare anche una lampad a elett rica, una "veille use" decorosa che imiti la
forma della lam pada ad olio.
162 LIBR O IV - Il "rnunu s sanctificundi" della Chiesa
persona designata dall'Ordinario del luogo, attenendosi alle disposizioni dci Vescovo
diocesano. La bened izione resta in ogni caso riservata al ministro sacro, sacerdote o
diacono (can. 943).
Da tene r presente il divieto del n. 66, 3, dell 'I st r. Eucharisticum Mysteriunt dell a S.c. dei Riti :
«Expositio, qu ae unice fiat ad benedictionern post Missam imperticnda m, prohibetur» (Enchir.
Val.. voI. 2, p. 1153, n. 1366).
CAPITOLO III
L'OFFERTA PER LA CELEBRAZIONE DELLA MESSA
3488 È un problema molto delicato, discusso anche ai nostri giorni, e nel quale la
posizione della Chiesa, dettata anche da motivi di carattere teologico e pastorale,
rimane saggiamente costante, sia per quanto riguarda la legittimità dell'offerta con-
testata da un puritancsimo eccessivo (cfr. Cast. Auctorem fidei di Pio VI, 28 agosto
1794, con la riprovazione di 85 proposizioni del Sinodo celebrato a Pistoia nel 1786:
prop. 54: Denzinger-Schonmetzer, n. 2654), sia per quanto riguarda la netta condanna
d'ogni eventuale abuso. La legittimità dell'offerta è stata confermata nei nostri tempi
da Paolo VI, nel M.P. Firma in traditione del 13 giugno 1974 (Enchir. Vat., val. 5,
pp. 330-341).
Nel Codice precedente, si parlava promiscuamente di "eleemosynae", di "stipendia" e di
"stipes" (cann. 824-844*). Nel nuovo Codice, il termine "stipendium" è stato soppresso, perché
nella versione in lingue moderne, esso ha piuttosto il significato di "compenso. retribuzione, mer-
cede" per un lavoro o un servizio prestato. e questo concetto è del tutto alieno dalla natura
dell'offerta fatta in occasione della celebrazione eucaristica. Viene pertanto usato il termine "stips''
(stips a fidelibus oblata), più proprio perché "magis congrui t cum natura oblationis occasione
celebrationis facrae" (Communicationes, a. 1972. p. 57).
della Ch ie sa' , com pre nsiva di tutti i sacra menti (can. 848: n . 3321), c a nc he del -
l'esplicito ins egnamento del sa cro Magist ero, come risulta dagli acce nnati docu m enti
di Pa olo VI.
R isulta anc he dalle finali tà dell' o ffert a:
- Contribuire al be ne dell a C hiesa
- Partecip are all a sua sollec itudine per il ma nteni me nto dei suoi m inist ri e de lle
sue o pe re (ca n. 946).
Nel citato M.P. Firma in traditione, Paolo VI accenna anche a motivi di carattere teologico: 3490
- Con tale prassi, i fedeli si associano più intimamente a Cristo, che si offre come Vittima
e ne percepiscono frutti più abbondanti; essa è stata non solo approvata, ma anche incoraggia ta
dalla Chiesa che la considera come una specie di segno di unione del battezzato con Cristo. nonché
del fedele con il sacerdote, il quale proprio in suo favore svolge il suo ministero (Proemio . n. 2).
Il sacerd ote, da parte sua, deve dimo strare di essere distaccat o dalle offerte m ate-
riali, per c ui il § 2 del can . 945 lo esort a vi vamente (eni xe) a voler cel eb ra re second o
le intenzioni d ei fed e li, so pratt utto dei poveri, anc he se nz a rice vere a lcuna offerta' .
I Communicationes, a. 1972, pp. 57-58, n. 3: «Historice si res consideratur, usus dandi stipem
ortus videtur ex Missae offertorio, in quo christifideles celebratione rn Euc haristicam participantes
necessaria ad celebrationern, imprimis panem et vinum attulerunt, aliaque etiam dona naturalia, in
sacerdotum sustentationem, irnrno el in pauperum alimentum, obtulerunt. Hac ratione stips oblata
cum ipsa Eucharisticn cele bratione proprie coliigata erar. Remansit quidem ut a plerisque, ut
videtur, scriptoribus de natura huius stipis agentibus, eadem stips declarata sit oblatio quarn, occa-
sione sacrificii Eucharisti ci ad sui intentionem celebrati et applicati. christifidele s faciunt, ut pro
parte sua conferant rum ad Ecclesiae ministrorum sustentationi providendum, tum ad Ecclesiae
variis necessitatibus prospiciendum ».
, L' offerta della Messa cantata , in caso di concelebrazione: «Spella al celebrante principale
e non agli altri concelebranti. poiché, salvo che non sia espressamente indicato il contrario,
l' oblarore ehe offre lo stipendio per la celebrazione della Messa cantata. intende che questa sia
celebrata individualmente» (S. Congregazion e del Concilio, Risposta a un Vescovo diocesa no, a
firma del Segretario. 18 aprile 1966: X. Oel!OA, Leges Ecclesiae. III. n. 3429, colI. 4971-4972 ).
166 LIBRO IV - U"munus sancriticandi" della Chiesa
CAN. 948 - Distinctae applican- Dev' essere app lica ta una Messa distint a
dac sunt Missae ad eorum intentio- per ciasc una delle inten zion i per cui è sta-
nes pro quibus singulis stips, licet ta data e acc ettata un 'o ffe rta, anc he se
exigua, oblata et acceptata est. esigua.
CAN. 949 - Qui obligatione grava- Chi ha l'obbl igo di celebrare una Messa
tur Missam celebrandi et applican- e di applica rla secondo l' inte nzione del-
di ad intentionem eorum qui stio l' offerente, vi è tenuto ugualmen te, anc he
pem obtulerunt, eadem obliga- se l' offert a percepi ta sia anda ta perd uta
tion e tenetur, etiamsi sin e ipsius senza sua colpa .
culpa stipes perceptae perierint.
CAN. 950· Si pecuniae summa of- Se viene offerta una so mma di den aro
fertur pro Missarum applicatione, per l' applica zion e di Messe senza indi care
non indicato Missarum celebran- il nu mero dell e Messe da ce lebra re , si
darum numero, hic supputetura t- co mpu ti ques to num ero in ragio ne dell' of-
ten ta stipe statuta in loco in quo ferta stabilita nel luogo di dimora de ll'of-
oblator commoratur, nisi aliam ferente, tranne che si debba legittim amen-
fuisse eius intentionem legitime te presumere che la sua inten zione sia sta-
prae sumi deb eat. ta diversa.
Contro i trasgressori della norma è prevista un' adeguata sanzione penale: «Chi trae
illeciti profitti dalle offerte per la Messa. sia punito con una censura (scomunica. inter-
detto e. se chierico. sospensione) o altra giusta pena» (can. 1385)
3492 Non è raro che alcune case editrici diano i loro libri e le loro riviste a sacerdoti. che. invece
di versare il prezzo cor rispettivo co n de l denaro, s' impeg nano di celebrare un determi nato numero
di Messe . Una tale prassi è am messa da alcuni ma, a considerarla obiettivamente, non sembra che
si concili col can. 947, che proibisce "ornnino" la stessa apparenza (speciesi di co mmercio .
4° Come regolarsi relati vam ente alle offerte che i fedeli depongon o nelle cassette, 3495
poste in chiesa per la ce lebrazione di Mes se? Una risposta della Con gregazione per il
Clero del 2 1 agosto 1981 , richiama il principio contenuto nel can . 828 del Co dice [91 7,
disposto anche nei cann. 948 e 950 del nuovo Codice : «T ot missae celebrandae et
applicandae quot stipendi a», secondo l'offerta stabilita dalla competente autori tà (cfr. X.
O CHOA, Leges Ecclesiae, VI, n. 4856 , col. 8206) .
3499 Art. 3
§ f: Nel caso in cui a ll'art.2, § I, al celebrante è lecito trattenere la sola elemosina
stabilita nella diocesi (can .952 ).
§ 2: La somma residua eccedente tale offerta sarà consegnata all'Ordinario di cui
al can .95I , § I, che la destinerà ai fini stabiliti dal diritto (cfr . can. 946).
3500 Art. 4
Speci almente nei santuari e nei luoghi di pellegrinaggio, do ve abitualmente afflui-
scono numerose offerte per la celebrazione di Messe, i Rettori, onerata conscientia,
devono attent amente vigilare che vengano accuratamente applicate le norme della legge
universale in materia (cfr. principalmente cann . 954-965) e quelle del presente Decreto.
3501 Art. 5
§ f : l sacerdoti che rice vono offerte per intenzioni particolari di sante Messe in
gran numero, per es . in occasione della Commemorazione de i Fedeli Defunti, o di altre
particolari ricorrenze, non potendovi soddisfare personalmente entro un anno (cfr. can.
953), invece di respingerle, frustrando la pia volontà degli offerenti e distogliendoli dal
buon proposito, devono trasmetterle ad altri sacerdoti (cfr. can. 955) oppure al proprio
Ordinario (cfr. can . 956).
§ 2: Se in tali o simili circostanze si configura quanto è descritto nell'art. 2. § I,
di questo Decreto. i sacerdoti devono attenersi alle disposi zioni dell'art. 3.
3502 Art. 6
Ai Vescovi diocesani incombe particolarmente il dovere di far conoscere con pron-
tezza e con chiarezza queste norme, valide sia per il clero secolare che religioso, e
curarne l'osservanza.
3503 Art. 7
Occorre perciò che anche i fedeli siano istruiti in questa materia, mediante una
catechesi specifica, i cui cardini sono:
- l'alto significato teologico dell'offerta data al sacerdote per la celehrazione del
Sacri ficio eucaristico, al fine soprattutto di prevenire il pericolo di scandalo per la
parvenza di un commercio con il sacro;
- l'importanza ascetica dell'elemosina nella vita cristiana. insegnata da Gesù stes-
so, di cui l'offerta per la celebrazione di sante Messe è una forma eccellente;
La S.lnlis..s ima Eucaristia 169
- la cond ivisione dei beni, per cui mediante l'offerta di intenzioni di Messe i
fedeli concorrro no al sostentamento dei mini stri sacri e alla realizzaz ione di attività
apostoliche della Chiesa.
\ Seco ndo l'interpretazione di alcu ni autori. il can . 95 1, § 2. considera solo il caso di due
Messe concelebrate, per cui il sacerdote che ce lebra nello stesso giorno due Messe l'una individual-
mente e l' altra in co ncelebrazio ne, può ritenere indifferentemente l' offerta della Messa individuale
oppure della Messa co nce lebra ta. Sem bra però che una tale interpretazione co ntras ti co l testo del
canone, che fa es presso divieto di ricevere pe r la Messa con celeb rata qualsias i com pe nso (nullo
titulo), anche se l' altra Messa sia stata ce lebrata indi vidualmente. Una interpreta zione autentica del
canone sarebbe necessaria.
4 Attesa l' importanza della innovazione, riportiamo integral me nte la detta dic hiarazione.
Suggerimento di un Padre Consultore : «Magis clare dicatur - uti habe batu r in can. 824. §
2. CIC - si qu is plu ries in die ce lebra r, et unam Missarn ex titulo iustitiac ap plicar, ex . gr. Missa
pro populo, potest vel non stipendi urn alterius Missae suum facere ».
Risposta: «In canone non proh ibetur, ergo perm ittitur».
170 LIBRO IV - Il "Jl1UIlU S suuctiflcandì" della Chiesa
Quest o. ovviamente. ex iute communi, poiché il diritto particolare - decreto dell' assemblea
provinciale dei Vescovi (can .952. * I) o del Vescovo diocesano - può imporgli l' obbligo di
trasmettere in C uria l'offerta ricevuta. per intero o in parte.
CAN . 956 · Omnes etsinguli admi- Gli amm inistratori d i ca use pie e coloro
nistratores eausarum piarum aut che in qua lunq ue modo sono o bbliga ti a
quoquo modoobligatiadMissarum c urare la cel ebrazione di M esse, sia chie -
eelebratione m curandam, sive cle- rici che laici , tu tti e si ngo li rim ett an o ai
riei sive laici, onera Missarum qui- propri Ord inari , secondo le m od alità da
bus intra annum non fuerit sati sfac- essi stabi lite, gli oneri dell e Messe a cui
tumsuis Ordinariis tradant, secun- non si sia soddisfatto entro l' ann o .
dum modum a b his definiendum,
CAN . 957 - Offieium et ius advìgi- Il do vere e il d iritto di vi gil ar e sul-
landi ut Mi ssarum onera adim- l' ad empimento deg li o ne ri d i M es se,
pleantur, in ecclesiis cleri saec ula- competono, nell e chiese del clero secola-
ris pertinet ad loci Ordinarium, in re, all' Ordinario del luogo ; nell e c hiese
ecclesiis institutorum re ligiosoru m degl' istituti reli giosi o dell e società d i vita
aut societatum vita e apostoli cae ad apostolica, ai loro Superio ri.
eorum Superiores .
3° Rimane responsabile della celebrazione delle Messe trasmesse, finché non abbia
ricevuto l'atte stato sia dell' accettazione dell'obbligo che della recezione dell'o fferta (§ I).
L 'inizio dell'obbligo. Il tempo entro il quale le Messe devono essere celebrate ha
inizio, se non consti diversamente, dal giorno in cui il sacerdote a cui tocca applicarle,
le ha ricevute (§ 2).
35 10 L'annotazione delle Messe trasmesse. Coloro che affidano ad altri Messe da cele-
brare, son tenuti ad annotare senza indugio (sine mora) nell' apposito registro sia le
Messe ricevute sia quelle trasmesse agli altri, segnando le relative offerte (§ 3).
L 'annotazione delle Messe ricevute e applicate. Qualsiasi sacerdote, anche se Ve·
scovo, deve segnare accuratamente le Messe da celebrare ricevute e quelle che ha
applicato, adempiendone l' obbligo (§ 4).
958 (843*) Il parroco , il rettore di una chiesa. il superiore o dirett ore di un luogo
pio, in cui si accettano Messe da celebrare, son tenuti ad avere un apposi to registro , nel
quale vanno annotati accuratamente :
- Il numero delle Messe ricevu te
- L' intenzione relativa
- L' offerta versata
- L'avvenut a celebraz ione (§ l )
L'Ordinario ha l' obbli go di esaminare og ni anno i detti registri , personalmente o
per mezzo di alt ri (§ 2).
Anche il sacerdote singolo, diocesano o religioso, che riceve personalment e Messe da cele- 3514
brare, è tenu to ad ave re il proprio registro: si ricava indirettamen te dal can, 955, § 4. Trattandosi
di un registro privato, non è soggetto al controllo dell'Ordinario. tranne che, relati vamen te al
sacerdote religioso, dispongano così le Regole dell' Istituto.
2. Non è necessario che le 30 Messe siano celebrate dal medesimo sacerdote e su un mede-
simo altare (S. Ufficio, 12 dicembre 1911), tranne evidentemente che il sacerdote abbia assunto un
obbligo del genere.
3. Le Messe devono essere celebrate in trenta giorni distinti, per cui si possono applicare delle
Messe binate nei medesimi giorni.
4. È consigliabile che il sacerdote, potendo, celebri la Messa da "requiem" (S. Ufficio, 12
dicembre 1912).
Titolo IV
Il sacramento della penitenza
CAN. 959 - In sacramento paeni- Nel sacramento della penitenza, i fedeli
tentiae fideles peccata legitimo mi- che confessano i propri peccati al legitti-
nistroconfitentes, deiisdem centri- mo ministro e, penti ti dei medesimi , han-
ti atque propositumsese emendandi no il fermo proposito di emendarsi, me-
habentes, per absolutionem ab eo- diante l'assoluzione impartita dallo stesso
dem ministro impertitam, veniam ministro ottengono da Dio il perdono dei
peccatorum quae post baptismum peccati commessi dopo il battesimo e, in-
commiserinta Deoobtinent.simul- sieme , si riconciliano con la Chiesa, che,
que reconciliantur cum Ecclesia, peccando, hanno ferito.
quam peccando vulneraverunt.
- L'Ordo paenitentiae pubblicat o dalla S.c. per il Cult o Divino . 2 dicembre 1973: En chir ,
Vat., voI. 4, pp. 1740-1 785
- Le Propositiones del VI Sinodo dei Vescovi, svoltosi nell'ottobre del 1984
- L'Esort, Ap. Recon ciliati o et paenitentia di Giovanni Paolo Il, 2 dicembre 1984
Documenti della Conferenza Episcopale Italiana 3522
- 1\ Direttorio liturgico-pas torale. 27 giu gno 1967 , nn. 58· 7 1: En ch ir. CE I, voI. I, pp.
383-393
- 1\ Rito della penitenza. 8 marzo 1974, versione italiana dell'Orda paenitent iae, divenut o
obbligatorio dal 2 1 ap rile 1974
- Doc. Pastoral e Evongelizzazione e sacramenti della penitenza e dell 'unzione degl'infermi.
12 luglio 1974 : Enchir. CEI , va l. 2, pp. 461- 512
- Contributo al VI Sinodo dei Vescovi, 9 novembre 1982: En chir. CEI . voI. 3, pp. 639-666
«La pratica del sacramento della penitenza - avvert e Giovanni Paolo II - per 3523
quanto riguarda la sua celebrazione e la sua forma , ha conosciuto un lungo processo
di sviluppo, come attestano i più antichi sacram ent ari, gli atti di Concili e di Sinodi
episcopali, la prcdi cazione dei padri e [' insegnamento dc i dottori dell a Chiesa. Ma
circa la sostan za del sacramento è rimasta sempre solida e immutata nella cosci enza
della Chiesa la certezza che, per volontà di Cri sto , il perdono è offerto a ciasc uno per
mezzo dell' assoluzione sacramentale, dat a dai ministri della penitenza: è certe zza
riaffermata con particolare vigore sia dal Concilio di Trento (Sess. XIV , cap. l e can.
I), che dal Concil io Vatican o Il (Lurnen Gcntium, l l )» (Eso rt. Ap. Reconciliatio et
paenitentia, n. 30 , 2).
3525 Il sacrame nto dell a pe niten za ha una str u ttur a giudiziale (Co nc . T ridcn tin o, Sess o
XIV, 25 nov. 155 1, ca n. 9 (Dc nz inger-Sc ho nme tzer, n. 1709 ), e richiede da part e de l
penit ente tre atti essenziali, necessari per la sua stessa val id ità (can. 4 : Denzi nge r-
Sc honrnetzer, n. 1704 ).
3526 I ° Il dolore dei peccati commessi, col pro posito d i no n più peccare .
Tale dolore o «contrizione è l'anima della conversione cristiana e quindi di ogni gesto
penitenziale. Esso non s' identifica con un rimorso, depressivo e avvilente, che divora e paralizza,
né col senso di colpa di cui parla la psicanalisi, e nemmeno col pentimento motivato soltanto dal
timore dei castighi meritati. E invece il rincrescimento sincero per aver offeso Dio infinitamente
buono e per aver recato danno ai fratelli. Esso si accompagna al proposito di voler restare fedeli
al Signore per la vita e per la morte» (Conferenza Episcopale Italiana, Evangeli zm zione e sacm-
menti del/a penitenza e dell 'unzione degl'injermi, n. 56: Enchir. CEl, voI. 2, p: 476, n. 141 4).
35 27 2° L'accusa dei peccati al leg ittim o min istro.
«Quest' accusa appare cosi rilevante, che da secoli il nome usuale è stato ed è tuttora quello
di Confessione . Accusare i propri peccati è, anzitutto, richiesto dalla necessità che il peccatore sia
conosciuto da colui che nel sacramento esercita il ruolo di giudice, il quale deve valutare sia la
gravità dei peccati, sia il pentimento del penitente, ed insieme il ruolo di medico, il quale deve
conoscere lo stato dell'infermo, per curarlo e guarirlo» (Giovanni Paolo Il, Reconciliatio et
paenite ntia, n. 31. lII, 5).
3528 3° La volontà di soddisfare o riparare il male commesso ; de lla soddisfazione si
di rà in particolare nel can. 981 .
Da par te sua, il confessore impartisce "in persona Christi" l'assoluzione', a cui è
legato un duplice effetto :
- Il pe rdo no dei peccati commessi do po il hatte simo (i peccat i com messi prima
sono rimessi da llo stesso battesimo )
' - La rico ncil iazion e con Dio e co n la Chiesa, e anche con se stesso.
Con se stesso, riacquistando la pace e la serenità e la libert à interiore.
Con Dio, ricuperando la sua amicizia e la sua grazia.
Con la Chiesa, ritornando nella piena comunione vitale con essa e con i fratelli di fede che
ne fanno parte. anzi col mondo intero. poiché il peccato, anche quello più intimo, possiede sempre
una dimensione ecclesiale e sociale e costituisce una rottura che potremmo definire "cosmica".
La riconciliazione con la Chiesa è messa in luce dal Concilio Vaticano Il nella Cost. Lumen
Gentium:
- Quelli che si accostano al sacramento della penitenza, ricevono dalla misericordia di Dio
il perdono delle offese fatte a Lui e insieme si riconciliano con la Chiesa. alla quale hanno inflitto
una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità. l' esempio e la preghiera
( n. Il . 2).
3529 Da qua nto s'è detto ris ulta c he «il do lore o co ntrizio ne, la con fessione. la sodd isfa-
zio ne e l' assol uzione so no le parti essenziali de l sacrame nto de lla pen itenza. Ma esse
non va nno co nsi de rate co me degli atti iso lati, ben sì come altretta nte tap pe di un proces-
so pc ni tenziale unitario, il cui culmine è l' assolu zione... Nell ' assolu zion e ap pare il ruolo
deci sivo proprio del sacerdote c he assolve, ed è la ratifica ecclesiale e il sigi llo sacra-
ment ale del processo pen itenziale compi uto dal peccatore per ritornare a Dio» (CEI,
E vangelizza zione e penitenza, nn. 69 e 73, I: Enchir. CEI, voI. 2, pp. 479-480, n. 1429,
e p. 481 , n. 1434, l).
I Nel can. 870 del Codice precedente, l' assoluzione era della "expressis verbis" iudicia tis. Per
i motivi che hanno indotto i Consultori dci Gruppo di studio De sucrame ntis ad eliminare tale
parola. cfr. Commun icationes , a. 1978, p. 50. can. 130.
Il sacramento de lla peniten za 177
CAPITOLO I
LA CELEBRAZIONE DEL SACRAMENTO
L' assolu zione dev'essere pro ferita ora lmente: data per iscritto o con segni , è comunemente 3530
ritenuta invalida, secondo la tradi zione e la prassi della C hiesa . Si d iscu te sulla validità dell ' asso-
luzione data per telefono . AI que sito «Utrum in casu extremae nece ssitatis da ri possit abso lutio per
telephonium », la Sacra Penitenzieria in dat a IO luglio 1884 rispo se : «Nihil ess e respondendum ».
La maggior parte degli autori ritiene che tale assoluzione sia non sol o grav emente ille cita. ma anche
invalida, perché manca la presen za fisica del pen itent e. Tuttavia. in caso di estrema nece ssit à, se
il telefono fosse l'uni co me zzo per asso lvere un moribond o. penso che un sacerdote potreb be e
dovrebbe farlo. nella speranza che una tale as soluzione sia valid a.
Schema
I. Il triplice rito 3. Norme liturgiche
2. Nonne teologico-giuridiche
In conformità con le direttive del Con cilio Vaticano Il. l'Ordo paenitentiae ema-
nato dalla S.c. per il Culto Divino, 2 dicembre 1973, ha predisposto tre riti per la
celebra zione del sacramento della penitenza.
Il primo è per la rico nci liazi one dei singoli penitenti (Premes se. nn . 15-21).
Questa prima form a «consente la valorizzazione degli aspetti più propriamente per-
sonali , compresi nell'itinerario penitenziale» (Giovanni Paolo Il , Recon ciliatio et
paenitentia , n. 32, 3).
Il secondo è per la ricon cil iaz ione di più penitenti , con la confessione e l'assolu -
zione individuale (Prem esse. nn. 22-30). Questa seco nda form a, che si distingue dalla
prima per la celebrazione comunitaria preme ssa all'accusa e all'assolu zione ind ividuale,
«sottolinea me glio il carattere ecclesiale della conversione e dell a riconc iliazione»
(Reconciliatio et paenitentia, n. 32, 4) .
Il leno è per la riconciliazione di più penitenti. con la confessione e l'assoluzione
generale ( Premesse, nn . 31-35 ). Ha luogo soltanto in circostanze eccezionali . quando
non sia possibile, fisicamente o moralmente, fare la prop ria accu sa ind ividu ale.
Sono anche previst e particolari celebra zioni penite nziali, «allo scopo di ascoltare la proclama- 3533
zione della Parola di Dio, che invit a alla conversione e al rinnovamento della vita, e annun zia la
nostra liberazion e dal peccato, per mezz o della morte e risurrezione di Cristo » (Ordo n. 36, I).
178 LIBRO IV - Il "m unus sunctitlca ndi" de lla Chiesa
Il Codice, per il suo carattere giuridico, parla soltanto della duplice assoluzione:
individuale, relativa al primo e al secondo rito, e generale, relativa al terzo rito, e non
accenna affatto alle "celebrazioni penitenziali", che non hanno carattere sacramentale.
Alla confessione e all'assoluzione individuale è dedicato il can. 960; all' assoluzione colletti-
va, i cann. 96 1-963.
2. Norme teologico-giuridiche
3) Condizioni 3537
L'assoluzione generale è possibile solo alle seguenti condizioni :
IO Che sia imminente un pericolo di morte e al sace rdo te o ai sacerdoti manchi il
tempo di ascoltare le confessioni de i singoli penitenti.
182 LIBRO IV - Il "munus sanc tificand i" della Chiesa
CAN. 963 - Firma manente oblio Fermo restando l'obbligo di cui al can.
gation e de qua in can. 989, is cui 989, il fedele che ha ricevuto il perdono
generali absolutione gravia pec- dei peccat i gravi mediante l'assoluzione
cata rcmittuntur,ad confessionem impartita in form a genera le, si accos ti al
individualem quam primum, oc- più presto, avend one l' occasione, alla
casionc data, accedat, antequam confessione individuale, prima di ricevere
aliam recipiat absolutionem gene- un'altra assoluzione collettiva, tranne che
ralem, nisi iusta causa interveniat. sopravvenga una giusta causa.
1° Per poter ricevere l' assoluzione sac ramentale in form a co llettiv a. è necessario
avere:
- Non so lo le debi te disposizioni (pe ntime nto si ncero e vo lontà di riparare gli
scanda li e i da nni co lpevo lme nte arrecati);
- Ma anche il proposito di accusare a tempo debito? i si ngo li peccati gravi , che
al mome nto non si possono co sì confessare . Tale intenzione o proposito è ric hiesto "ad
valid itate m" (n. VI dell e No rme).
2° È dovere del sace rdote che impartisce l'assoluzione in forma ge nera le, istruire
i pen itenti circa Ic disposizion i interne ch'essi devono pos sedere, ed aver cura che
all'assoluz ione - anche nel caso dipcricolo di morte - "si tem pus sùppetat" - si
prem etta da ciascuno un atto di co ntrizio ne.
3° Ferm o restando l'obbligo di cu i al can. 989 (l'obbligo della confessione annua le
dei peccati grav i, dop o che si è raggi unta l' età della discre zion e), i fede li che hanno
ricev uto il perdono dei peccati gravi med iante l' assolu zione generale, son tenuti ad
accostarsi al più presto (quam primum) - ave ndo ne l' occasione - alla con fess ione
individ uale . prima di ricevere un'altra asso luzio ne collettiva. tranne che soprav venga
una gi usta causa.
2 Debito tempore. Un Padre Consultore propose di aggiungere tra virgolette: "Ubi prirnum
opportunitatern habeat", e un altro richiese che l'espressione venisse determinata nel Codice. Fu
risposto loro: «Quod in animadversionibus postu!aturnon est materia legis, sed interpretationis. Pro
lege sufficit dicere "debito tempero": ultcrior deterrninatio vel interpretatio pertinet ad interpretes
vel potius ad moralistas» iCommun icationes. a. 1983. p. 206. can. 9 J6. I). *
Il sacramento della penitenza 181
2 0 Che ricorra una grave necessità, ossia quando , atteso il numero dei penitenti,
non si abbiano a dispo sizione con fessori sufficienti per ascoltare convenientemente le
confess ioni dei singoli entro un congruo spazio di tempo, sicché i penitenti , senza loro
colpa, sarebbero costretti a rimanere a lungo privi della grazia sacramentale o della santa
Comunione.
3 0 Non sussiste per sé una vera necessità per il solo fatto di una grande affluenza
di penitenti. quale può verificarsi in occasio ne di una grande festa o di un pellegri nag-
gio, qualora in dette circostanze non si possa avere a disposizione un numero adeguato
di confessori '.
3538 Circa l'u so dell'assoluzione gene rale, il Vescovo diocesano ha una particolare re-
sponsabilità.
- Spetta a lui (non al confessore: Communicationes, a. 1978, p. 53) giudicare se
ricorrano le condizioni richieste a norma del § I. n. 2 (caso di grave necessità).
- Egli può determin are i casi concreti in cui la necessità si verifica. ma tenendo
conto dei criteri concorda ti con gli altri membri della Conferen za Episcopale. Non basta,
a tal riguardo. la semplice consultazio ne (collatis consilii s), com' era pur disposto nel
documento della S.c. per la Dottrin a della Fede (Enchir. Vat., voI. 4. p. 1047, n. 1659).
Il Codice usa un'espressione più impegnativa: "criteriis concordati s".
- Il Vescovo diocesano è tenut o ad attenersi rigorosamente all e norme prescrit-
te. «Non è autorizzato a cambi are le condizioni richieste, a sostituirl e con altre, o a
determinare la necessità grave secondo i suoi personali criteri, comunqu e degni»
(Pao lo VI, Discorso ai Vesco vi statunitensi , 20 aprile 1978: Insegnam enti , vol . XVI,
p. 293 ).
J La fonte del can. 96 1. § l , che permette l'a ssoluz ione in form a gene rale o collettiva in
pericolo di morte (n. I) e nel caso di una grave necessità (n. 2), è la Dichiarazione "Sacram entum
paenitentiae" del 16 giugno 1972 della S.C. per la Dottrin a della Fede, approvat a "speciali modo"
da Paolo VI. Il canone riporta "ad litteram" i nn. Il e III della Dichiarazione, aggiungendo tuttavia
l' avverbio "non" nella parte finale del seco ndo paragrafo.
- Testo della Dichiarazione: «Hoc vero non licet, cum confessarli praesto esse possunt.
ratione solius magni concursus pacnitcntìac, qualis verbi gratin potest haberi in magna aliaque
fcstivitate aut peregrinationis» (cfr. Enchir. Val., voI. 4, p. 1045, n. 1657).
- Testo del COllOne: «Necessitas vero non censetur sufficicns, cum co nfessar ii praesto esse
non possunt , ratione solius magni concursus paenitentium, qualis haberi potest in magna aliqua
festivitate aut peregrinationis».
Co me interpret are questa modifica del testo origi nale (Comm unicationes , a. 1977 , p. 54, n. 2),
che sembra porre un certo cont rasto fra le due parti del canone (n. 2) ? La prima. infatti . permctte
l' assoluzione in forma generale alla duplice condizione che vi sia un gran numero di penitenti e
che manchi una sufficiente disponibilità di confessori (<<q uando, attento paenitent ium numero,
confessari orum copia praesto non est ad rite audiendas singolorurn confessio nes intra congruum
tempus, ctc.»; la seconda, invece, dispone che, in occasione di "gra ndi feste" o di " numerosi
pellegrinaggi", non basta il fatto della mancanza di confes sori sufficienti.
Senza dubbio. con l'aggiunta dell' avverbio negativo non, si è voluto porre rimedio a degli
abusi che si andavano introducend o in più parti . applicando con troppa larghezza la norma dell' as-
soluzione collettiva, la quale , seco ndo la mente del legislatore, deve conserv are un carattere
straordinario , cosa che, per sé. non si verifica nelle comuni "feste", anche se "g randi", né nei
comuni "pellegrinaggi" , anche se numerosi. Il maggior rigore del Codice è pertant o giustificato ,
ma, a nostro sommesso parere , occo rreva formulare il canon e (n. 2) con maggiore precisione e
chiarezza.
Circa gli abusi verificati si in particolare negli Stati Uniti d 'America. v. la Lettera di Mons,
Bernardin, Presidente della Co nferenza Episcopale Statuniten se. in data 8 febbraio 1977, c la
Risposta della S.c. per la Dottrina della Fede, 20 gennaio 1978 (Enchir. Val.. voI. 5, pp. 422 -425).
Il sacra mento della penitenza 183
Deliberazione della Conferenza Episcopa le It alian a, 18 aprile 1985. in vigore dal 18 rnag- 3542
gio dello stesso anno:
- La celebrazione abituale del sacramento della penitenza, fatto salvo quanto disposto dal
can, 964, ~ 2 del Codice di Diritto Canonico circa la garanzia di sedi confessionali con grata fissa.
è consentita in altre sedi. purché siano assicurate le seguenti condizioni: le sedi siano situate in
luogo proprio (chiesa, oratorio o loro pertinenze); siano decorose c consentano la retta celebrazione
dci sacramento iEnchir. CEI, voI. 3, pp. 1318-1319, n. 2285).
Circa le ves ti liturgi c he da usare ne lla cele brazio ne del sacram ento de lla penitenz a,
l' Ordo rim and a alle norme stabil ite dagl i O rd inari dc i luog hi (n. 14). In Italia, la Con-
fe renza Ep isco pa le ha dis posto :
- Che nella celebrazione comunitaria si usino l'alba e la stola
- E nella celebrazione individuale in luogo sacro, l' alba e la stola. oppure la veste talare c
la stola (NO li! della Presidenza, 30 aprile 1975. n. 5: Enchir. Cf:I , voI. 2. p. 716. n. 2070).
184 LIB RO IV - Il "munus sanctificandi' della Chies a
CAPITOLO II
IL MINISTRO DEL SACRAMENTO DELLA PENITENZA
In forza del § 2, tutti coloro che hann o la facoltà di ascolt are abitualmen te
(habitualiter) le confessioni :
- sia in ragione del loro ufficio
- sia per concessione dell 'Ordinario del luogo d' incardinazi on e o dcI luo go in cui
hanno il domicilio'
possono esercitare do vunque la medesima facoltà, tranne che (nisi), in caso particolare,
si opponga l'Ordinario del luogo, ferme restando le disp osizioni del ca n. 974 . §§ 2 e 3.
Il " nisi" di que sto paragr afo riguard a la valid ità (Communicationes , a. 1978 , p. 59, can. !
137 , § 2); non così il " nisi" del § I concernente i Vesco vi, poich é esso è form almente i
preceduto da "licite" . Ma l' avverbio "licite" è anche nel § 3, per cui sem bra che tra il ~
§ 2 e il § 3 ci sia una certa cont raddi zione. !
In conseguenza della detta estensione, non è stato riprodotto il can. 883 del Codice 1917, ij
relativo alle speciali facoltà per i "viaggi marittimi" e divenuto ormai superfluo. J
3552 967, § 3 Una seconda estensione. Rigu arda i sacerdoti membri di un Istituto re-
ligioso o di una Società di vita apos tolica c leric ali e di diritto pontifi cio , i quali. in virtù j!
dell 'ufficio o per concess ione del Superiore competente. hann o la facolt à abitua le di i
ascoltare le confessioni. Tale facoltà si estende ipso iure a tutti i membri deIl 'l stit uto o •
della Società e a quanti dimorano giorno e notte nelle loro case, e può essere esercitata
lecitamente (Iicite ) do vunque (ub ique ), trann e che, in caso part icolare. si op ponga il i
l
di vieto di qualche Superiore maggiore relativamente ai propri sudd iti. Tale divieto, I
com 'è detto espressamente, riguarda la liceità, non la validità del sac ramento. i
I Non il quasi-domicilio. come pur era stato disposto nello Schema. «O pport unum
CAN. 968 - § 1. Vi offieii pro sua § l. In forza del loro ufficio hanno la
quisque dieione facultate ad con- facoltà di ascoltare le co nfessioni, ciascu-
fessiones exeipiendas gaudent loci no nell' ambito della propria circoscrizio-
Ordinarius, canonicus paenitentia- ne, l'Ordinario del luogo, il canonico
rius, itemque parochus aliique qui penitenziere , e parimenti il parroco e gli
loco parochi sunt, altri che ne fanno le veci .
§ 2. Vi offieii facultate gaudent § 2. In forza del loro ufficio hanno la
confessiones excipiendi suorum facoltà di ricevere le confessioni dei pro-
subditorum aliorumque, in domo pri sudditi e di quanti dimorano giorno e
diu noctuque degentium, Superio- notte nella casa, i Superiori di un istituto
res instituti religiosi aut societatis religioso o di una società di vita apostoli-
vitae apostolicae, si sint clericales ca che siano di diritto pontificio e clerica-
iuris pontifieii, ad normam consti- li, i quali dispongano a norma delle costi-
tutionum potestate regiminis exse- tuzioni della potestà di governo esecutiva;
cutiva fruentes, firmo tamen prae- resta fermo per altro il disposto del can.
scripto can, 630, § 4. 630, § 4. .
CAN. 969 - § 1. Solus loei Ordina- § l. Soltanto l'Ord inario del luo go è
rius competens est qui facultatem compe tente a conferire a qualunque pre-
ad confessiones quorumlibet fide- sbitero la facolt à di ascoltare la confessio-
liumexcipiendas conferatpresbyte- ne di qualsiasi fedele ; i presbiteri membri
ris quibuslibet; presbyteri autem d 'istituti religiosi, tuttavia, non si avval-
qui sodales sunt institutorum reli- gano di que sta facolt à senza la licenza
giosorum, eadem ne utantur sine almeno presunta del proprio Superiore.
licentia saltem praesumpta sui
Superioris.
§ 2. Superior instituti religiosi § 2. Il Superiore di un istituto religioso
aut societatis vitae apostolicae, de o di una società di vita apostolica di cui
quo in can. 968, § 2, competens est al can . 96 8, § 2, è competente a conferire
qui facultatem ad excipiendas con- a qual siasi presbitero la facolt à di ascol-
fessionessuorum subditorum alìo- tare la confessione dei suoi sudditi e de-
rumque in domo diu noctuque de- gli altri che dim orano giorno e notte nel-
gentium presbyteris quibuslibet la casa.
conferat,
3554 Sacerdoti del Clero 11011 diocesana. In forza del loro ufficio, hann o la facoltà di
ricevere le confessioni dei propri sudditi e di quanti dimorano giorno e notte nella
casa, i Sup eriori (maggiori e minori ) di un Istituto religioso o di una Societ à di vita
apostoli ca di diritto pontificio e clericali , i quali godano a norm a delle costituzioni
dell a potestà di go verno esecutiva (ca n. 596, § 2). Rest a per altro integro il pre sc ritto
del ca n. 630, § 4 . che vie ta ai dett i Superiori di asco ltare la co nfessio ne de i propri
suddi ti. "nisi sponte sua id petant" .
, Un sacerdote può aver ricevuto la facoltà di confessione sia dal suo Vescovo d'incardina-
zione che dal Vescovo di domicilio. Se uno di essi revoca la facoltà. il sacerdote continua a poter
confessare validamente "ubique" in forza della facoltà ricevuta dall'altro Vescovo. Non può con-
fessare solo nella diocesi del primo Vescovo.
Il sacramento della penitenza 191
plice nel peccato contro il sesto precetto del Decalogo, che, al di fuori dci peri co lo di
morte, non so lo è in valida, ma cos tituisce anche un gr ave delitto, contro il qua le è
comminata la sco mu nica " latae sententiae" riservata alla Sede Apostolica (v. ca n. 1378,
§ I, ed esposizione re lativa, sopra ttutto in ordine al concetto di "complicità" ). A termine
del precedente canone 884 del Codice 191 7, l'assol uzio ne del complice «in pericolo di
morte fuori de l caso di nece ssità», pur essendo valida, era dichiarata illecita "ex parte
confessarli". Una tale disposi zione di Bened etto XIV è stata soppressa nel nuo vo Co-
dice, per cui l' assol uzione de l com plice «in periculo mortis» non solo è valida, ma è
anche leci ta in og ni caso . Può di ventare anc he dov erosa in particolari ci rcostanze , che
potrebbero decid ere dell a sa lvezza eterna del mor ente' ,
, Un Padre della Plenaria, esageratamente rigorista, propose di estendere la nonna del can.
977 a qualsiasi peccato in cui si verifi casse la complicità: « Dc unico peccati typo mentio in textu
fit, ideoque proponitur ut dicatur: Absolutio complicis in quocumque peccato gravi invalida est,
praeterq uam in mortis periculo- (Communicationes. a. 1983, p. 210, can. 93 1, n. 2). Naturalmente,
la sua proposta fu respinta.
Il sacr.U1Jcntu della penitenza 193
Come medico, fa la diagnosi delle malattie dello spirito, prescrive gli opportuni rimedi. risana
le ferite e le piaghe prodotte dalla colpa.
Come maestro, istruisce il penitente sugli obblighi che lo attendono, scioglie i dubbi, correg-
ge gli errori, suggerisce i consigli adatti, illumina in una parola la sua anima.
Ma nella confessione il sa cerdote è soprattutto padre, al quale il penitente può
aprire con pien a confidenza il proprio cuore. Come padre, egli accoglie in nome di Dio
tutti i figliuo li prodighi , rigenerandoli alla vit a della gra zia.
2° Il secondo grave dovere del confessore, che, nell 'esercizio delle sue funzi oni , è 3570
ministro della Chiesa e non una persona pri vata, è di attenersi fed elmente alla dottrina
del Mag istero e alle norme della competente a utorità (ca n. 978, § 2).
3° È tenuto anche a curare l'integrità della confessione, per cui , se necessario, può 3571
e deve rivolgere al penitente le dom ande ch e l'accusa richiede. In questa materi a deli-
cala, egli deve comunque agire con prudenza e discrezione, tenendo conto delle con-
dizioni e dell'età del penitente, e as tene ndosi, in ogni caso , dall'indagare sul nome di
eventuali complici , qu alunque sia il peccato commesso (can . 979 ).
Cfr. a tal riguardo le Norme emanate dalla S.c. dci S. Ufficio in data 16 maggio 1943 : X.
O CHOA, Leges Ecclesiae, Il, n. 1749. colI. 2 174 -2 176).
4° Infine, se il confessore non ha dubbi sulle buone d isposizioni del penitente, non 3572
può negare o differire l'assoluzione. Oltre a disporre arbitrari ame nte di un sacramento
che appartiene al divino deposito (can. 841), verrebbe a ledere gravemente un diritto
sacro del pen itente (ca n. 980 ).
CAN. 982 - Qui confitetur se falso Chi confessa di aver falsamente denun-
confessarium innocentem apud ziato all' autorità ecclesiastica un confes-
auctoritatem ecclesiasticamdenun- sore innocente per il delitto di sollecita-
tiasse de crimine sollicitationis ad zione al peccato contro il sesto precetto
peccatum contra sextum Decalogi del Decalogo, non sia assolto se non abbia
praeceptum, neabsolvaturnisi prius prima ritrattato formalmente la falsa de-
falsam denuntiationem formaliter nunzia e non sia disposto a riparare i dan-
retractaverit et paratus sit ad da- ni che ne fossero derivati.
mna, siquaehabeantur, reparanda.
§ 1. Il sigillo sacramentale è inviolabile,
CAN. 983 - § 1. Sacramentale si- per cui è assolutamente illecito al confes-
gillum inviolabile est; quare nefas sore svelare nulla sia pure parzialmente,
est confessario verbis vel alio quo- con parole o in qualsiasi altro modo e per
vismodoetquavisdecausaaliqua- qualsiasi motivo, della confessione del
tenus prodere paenitentem. penitente.
§ 2. Obligatione secretum ser- § 2. È obbligato all'osservanza del se-
vandi tenentur quoque interpres, greto anche l'eventuale interprete, come
si detur, necnon omnes alii ad quos pure tutti gli altri che, in qualsiasi modo,
ex confessione notitia peccatorum siano venuti a conoscenza dei peccati ac-
quoquo modo pervenerit. cusati in confessione.
CAN. 984 - § 1. Omnino confessa- § l. È assolutamente proibito al confes-
rio prohibetur scientiae ex confes- sore far uso, con pregiudizio del peniten-
sione acquisitae usus cum paeni- te, delle conoscenze acquisite attraverso
tentis gravamine, etiam quovis re- la confessione, anche se resti escluso ogni
velationis periculo excluso. pericolo di rivelare qualcosa.
§ 2. Qui in auctoritate est consti- § 2. Chi è costituito in autorità non può
tutus, notitia quam de peccatis in avvalersi in nessun modo per il governo
confessionequovis tempore excep- esterno di notizie di peccati, che abbia ap-
ta habuerit, ad exteriorem guber- preso in confessione in qualsiasi tempo
nationem nullo modo uti potest. ascoltata.
Ev ide nteme nte. le co lpe de l peni tente cos tit uiscono l' oggetto essenzia le del sigi llo.
unitarnente alle ci rcostanze annesse, quali la negazione o il di ffe rime nto de ll'assoluzio-
ne, la peni te nza imposta, ecc.: oggetto accidenta le sono g li e le men ti seco nda ri, co me ad
esempio i di fetti fi sici o psichi ci de lla person a.
La vio laz io ne diretta del sigi llo sacrame nta le è co lpita d all a scom un ica " latae
sententiae" rise rvata alla Sa nta Sede (ca n. 1388. § l ; v. il co m me nto relativo) .
Il segreto' non vincola so lo il co nfessore , ma anche l' e ve ntu ale interprete e tutt i 3576
quelli che in q ua lsiasi modo, anc he ca sua lme nte, fossero ve nuti a co noscenza de i peccati
accusati in confessio ne (ca n. 983. § 2) . Le eventuali trasgr essioni so no passi bili d i gravi
pene (cfr. anche ca n. 1388, § 2).
A fine di tu tel are meglio il se greto della confession e, la Chiesa ha d is po sto an ch e 3577
altre caute le:
l ° È assoluta me nte proib ito al co nfessore di far uso in qu alunque modo de lle
conoscenze acquisite a ttraverso la confessione, COl i pregiudizio del penitente (e um
paen ite ntis gravam ine) , anche se res ti es cl uso qu a lsiasi pe rico lo d i rivelazione (ca n. 984,
§ I). Il "gravarnen" pot re bb e essere anche di altri. ai qu ali il de tto " uso" ren desse odioso
il sacra me nto d ell a penitenza' .
2° Chi è costituito in auto rità non può avvalersi in nessun modo, per il governo
esterno, di notizie di peccati c he in qualsias i tem po abbia appreso in co nfessione (can.
984, § 2).
3° Sono co nsid erati testi " inca paci" in giud izio «i sacerdoti. pe r quanto sia ve nuto 3578
loro a conoscenza dall a confession e sac ra mentale, anc he nel caso c he il penitente ne
chieda la rivelazi on e; anzi, tutto ciò che da chiunque e in qualsiasi mod o sia stato udit o
in occ asio ne dell a con fess io ne , non pu ò es sere recep ito neppure com e in diz io di verità»
(can. 1550, § 2, n. 2).
Il segreto confessionale è tutelato anche dalle legislazioni civili: 3579
- Codice ltaliano di Procedura Penale. art. 200: «Non possono essere obbligati a deporre
su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero. ufficio o professione, salvi i casi in
cui hanno l' obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria: a) i ministri di confessioni religiose. i cui
statuti non contrastino con l' ordinamento giuridico italiano...» . Cfr. anche art. 249 del Codice di
procedura Civile.
, Nel Codice precedente, il segreto sacramentale era delta "sigillo sacramentale", sia in rap-
porto al confessore sia in rapport o ad altre persone venute a conoscenza di peccati o colpe accusate
in confessione (cfr. can. 889*). Nel nuovo Codice. il "sigillo sacramentale" è riferito solo al
confessore (cann. 983, ~ l, e 1388, ~ l ), mentre per le altre persone si parla solo di "segreto" (cann.
983, § 2. e 1388. § 2). Ovviamente anche questo segreto è in un certo senso "sacramentale", per
quanto non sia più denominato "sigillo",
, Da Communicationes. a. 1978, p. 67, can. 154, § 2: «Reicitur observatio quae opport unum
iudicat exceptionem forsan addere quando in certum et evidens beneficium paenitentis est, quia
nemo rem iudicare potest et satis periculosa est».
196 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa
CAN. 986 - § 1. Omnis cui anima- § L Tutti coloro a cui, in forza del loro
rum cura vi muneris est deman- ufficio, è demandata la cura delle anime,
data, obligatione tenetur provi- sono obbligati a provvedere che siano
dendi ut audiantur confessiones ascoltate le confessioni dei fedeli a loro
fidelium sibi commissorum, qui affidati, i quali ne facciano ragionevole ri-
rationabiliteraudiri petant, utque chiesta, e che sia data ad essi l'opportuni-
iisdem opportunitas praebeatur tà di accostarsi alla confessione individua-
ad confessionem individualem, le nei giorni e nelle ore stabilite per loro
diebus ac horis in eorum commo- comodità.
dum statutis, accedendi.
§ 2 Urgente necessitate, quilibet § 2. In caso di necessità, ogni confesso-
confessariusobligationeteneturcon- re è tenuto ad ascoltare le confessioni dei
fessiones christifidelium excipiendi, fedeli; in pericolo di morte, vi è obbligato
et in periculo mortis quilibet sacer- qualsiasi sacerdote.
doso
- Nuovo accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana. 18 febbraio 1984, mi. 4, n.4:
«Gli ecclesiastici non sono tenuti a dare ai magistrati o ad altra autorità informazioni su persone
o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero».
Circa la registrazione delle confessioni, v.la Dichiarazione pubblicata il23 marzo 1973 dalla
S.C. per la Dottrina della Fede: Enchir. Vat., vol. 4, pp. 1502-1503,e altri due documenti riportati
in nota. Cfr. anche vol. II, p. 845, Decreto del 23 setto 1989.
CAPITOLO III
IL PENITENTE
CAN. 987 - Christifidelis, ut sa- Per ricevere il salutare rimed io del sa-
cramenti paenitentiae remedium cramento della penitenza, il fedele deve
percipiat salutiferum, ita dispo- avere le disposizioni necessarie, in modo
situs sit oportet ut, peccata quae che, ripudiando i peccati commessi e fa-
commiserit repudians et propo- cendo il proposito di emendarsi, si con-
situm sese emendandi habens, ad verta a Dio.
Deum convertatur,
In caso di necessità, ogni confessore è tenuto ad ascoltare le confessioni dei fedeli. 3582
Non è proprio un dovere di ufficio. ma è certo un impegno che si assume per il fatto
stesso che si chiede o si accetta la facoltà di confessare, anzi per il fatto stes so che si
è ordin ati sacerdoti .
In pericolo di morte, l'obbligo grava "ex caritate" (can . 892, § 2, Codice 1917) su 3583
qualsia si sacerdote, anche privo di facolt à (cfr. can. 976).
Sono materia necessaria, per la integrità della confessione, tutti I peccati gravi
commessi dopo il battesimo e non ancora rimessi direttamente, attraverso la potestà
delle chiavi della Chiesa, né accusati in una confessione individuale, dei quali si abbia
coscienza dopo un accurato esame di se stesso (Conc. Tridentino, Sesso XIV, 25 nov.
1551, cap. 5 e can. 7: Denzinger-Schonrnetzer, nn. 1680 e 1707).
3588 Nel Codice precedente si parla espressamente di peccati "mortali" (cann. 901 e 902). Nel
nuovo Codice l'aggettivo "mortale" è stato sostituito con "grave". Giovanni Paolo Il nella Esort,
Ap. Reconciliatio et paenitentiu riparla di "peccato mortale" (n. 17), una espressione che è celta-
mente più teologica e anche più biblica. Ma le due espressioni sono equivalenti.
3589 L'integrità della confessione a cui si è già accennato nell'esposizione dei cann.
960-961, esige:
l ° Una confessione distinta dei peccati: un'accusa generica è permessa solo in caso di grave
e urgente necessità, che impedisca l'accusa particolare di ogni peccato grave (can. 960)
2° Secondo la specie, vale a dire distinguendo tra peccati veniali e mortali (specie teologica)
e indicando contro quali virtù o comandamenti di Dio s'è peccato e in che modo (specie morale).
3° Secondo il numero, perché ogni peccato grave è un delitto commesso contro Dio: chi non
ricorda il numero preciso dei peccati gravi, deve indicarlo in modo approssimativo.
4° Secondo le circostanzeche ne mutanola natura: per esempio, una bugia che riesca di grave
danno al prossimo.
5° Secondo le circostanze che aggiungono una speciale grave malizia: per esempio, il furto
di una cosa sacra (peccato di furto e di sacrilegio), ecc.
3590 Sono materia libera i peccati veniali, che, in quanto tali, non privano della grazia
e dell'amicizia di Dio, e di cui possiamo ottenere il perdono anche con altri mezzi, quali
la preghiera, l'elemosina, la mortificazione, la santa Comunione, purché, naturalmente,
ci sia il pentimento del cuore.
CAN.990- Nemo prohibetur quo- Non è proib ito confessarsi per mezzo di
minus per interpretem confitea- un interprete, evitando per altro gli abusi
tur, vitatis quidem abusibus et c gli sc andali . e fermo restand o il disposto
scandalisatquc firmo praescripto del can. 983, § 2.
can, 983, § 2.
CAN. 991 - Cuivis christifideli Qualsiasi fedele ha diritto di confessa re
integrum est confessarlo legitime i propri peccati al confessore legittima-
approbato etiam alius ritus, cui mente approvato che egli preferisce, an-
maluerit, peccata confiteri. che se di altro rito.
2 0 Ri gu ar da soltanto co loro che hanno ragg iunt o l' et à dell a discrezione (can. Il ).
3 0 Deve ade mpie rsi almeno una volta l'anno: saltem semel in ann o. La fo rmula
deter min a il mi nimo indi sp en sabil e dell' obbligo ca nonico. ma , nell o stesso tempo, in-
dica c hia ra me nte il vivo desiderio dell a Chi esa c he i fed eli si confessi no frequen tem ente
per le lo ro esig en ze spirituali, a nche se non si sia no commessi c he peccati veniali. La
confessio ne. in fa tti, non è solo un sac rame nto di perd on o , m a an che di gra zia , che
rafforza la no stra frag ilità e aumenta la no stra res istenza al male.
È superfluo notare che non si soddisfa al precetto della confessione annuale con una confes-
sione sacrilcga o volontariamente nulla (cfr. can. 907. Codice 19 17).
CAPITOLO IV
LE INDULGENZE
3596 Nel nuovo Codice, come in quello precedente, le indulge nze costituiscono un ca-
pitolo de l sacramento della penitenza, a cui sono intimamente co nnesse e di cui sono,
in un certo senso, il completamento. La relativa disciplina è stata opportunamente rior-
dinata da Paolo VI, con la Cost. Indulgentiaru m doctrina del IOge nnaio 1967 tEnchir.
Vat., voI. 2, pp. 780 -809). È seguito il 29 gi ugno 1968 l'Enchiridion lndulgentiarum
della S. Pen itenzieria Apostolica, contenente 36 norme dettag liate tEn chir. Vat., va l. 3,
pp. 240-25 1). La terza ediz ione de ll' Enchiridion lndulgentiarum è del 1986 (Enchir.
Vat., val. IO, pp. 462 -485) ; la versione italiana è del 1987: cfr. le relative norme.
L' attuale capitol o dedica alle indulgenze soltanto sei canoni , co n i quali si è inteso
stabilire alcuni princip i di carattere generale, Essi sono tratti quas i letteralment e dagli
accen nati docu menti.
CAN. 994 - Quivis fidelis potest in- Qualsiasi fedele può lucrare per se stes-
dulgentias sive partialessive plena- so le indulgenze sia plenarie che parziali,
rias, aut sibi ipsi lucrari, aut defun- ovvero appli carle ai defunti a modo di
ctis applicare ad modum sutTragii. suffragio.
CAN. 995 • § 1. Praeter supremam § I. Oltre alla supre ma autorità della
Ecclesiae auctoritatem ii tantum Chiesa, po ssono concedere indulgenze
possunt indulgentias elargiri, qui- soltanto quelli a cui que sta facoltà è rico-
bus haec potestas iure agnoscitur nosciuta dal diritto o è conc essa dal Ro-
auta RomanoPontifice conceditur. mano Pontefice.
§ 2. Nulla auctoritas infra Ro- § 2. Nessuna autorità inferiore al Rom a-
manum Pontificem potest potesta- no Pontefi ce può conferire ad altri la fa-
tem concedendi indulgentias aliis coltà di concedere indulgenze, se questo
committere, nisi id ei a Sede Apo- indulto non sia stato attribuito espressa-
stolica expresse fuerit indultum. mente dalla Sede Apostolica.
, Parti colare concessione del Rom ano Pontefice . Decreto della Penit en zieria Apostolica, 14
dice mbre 1985 (Enchi r, Vat., vo I. 9, pp. 1782-17 85:
Le indu lgenze 203
CAl\!. 996 • § l. Ut quis capax sit § l. Per essere capaci di lucrare le in-
lucrandi indulgentias debet esse dulgenze, è necessario essere battezzati,
baptizatus, non excommunicatus, non essere colpiti da scomunica ed essere
in stato gratiae saltem in fine ope- in stato di grazi a almeno al termine delle
rum pracscriptorum. opere prescritte.
§ 2. Ut vero subiectom capax eas § 2. Per lucrare di fatto le indulgenze, il
lucretur, habere debet intentionem soggetto capace deve avere almeno l'in-
saltem eas acquirendi et opera tenzione generale di acquistarle, e adem-
iniuncta implere statuto tempore piere le opere prescritte nel tempo stabili-
acdebito modo, secundum conces- to e ncl modo do vuto, secondo il tenore
sionistenorem. della concession e.
Metropoliti: «I Metrop oliti possono concedere l'indulgenza parziale nelle diocesi suffraganee
come nelle proprie diocesi».
Patriarchi: « ] Patriarchi posson o concedere l' indul genza parziale ne i singo li luoghi. anche
esenti, del prop rio patriarcato, nelle chiese del propri o rito fuo ri del patriarcato, e dovunqu e per i
fedeli del proprio rito. La stessa facoltà è con cessa agli Arcivescovi maggiori ».
Cardinali. « ] Ca rdinali hanno la facoltà di conce dere ovunque l'indulgenza par ziale , che può
essere acquistata soltanto dai presenti , volta per volta» (Manuale delle Indulgenze, versione italia-
na, ed. 1987, nn. 10-13 delle Norme , pp. 26-27 ; cfr . anche Enehir. Vat., voI. IO, pp. 473 -475 ).
Nessuna autorità inferiore al Romano Pontefice può dare ad altri la facolt à di
concedere indulgenze, se quest o non le sia stato concesso espressamente dalla Sede
Apostolica (§ 2).
- «Da varie parti sono giunt e alla Santa Sede richieste affi nché, come si fa semp re più
frequente e perfetto l'uso degli strumenti di comunicazione radio-televisiva per la diffusione del
messaggio della salvezza - c ciò per il don o dell a Provvid enza divina che tutto dirige al fine della
salvezza - così quest i medesimi strumenti possano servi re per la distribu zione dei favor i spiri tua li.
per quanto lo consente la loro natura.
Questo precisament e hanno prop osto alcuni Vescovi circa l'indulgen za plenari a. annessa alla
Benedizione Papale che . secondo la norma Il , li 2, dell' Ench iridion Indulgentiarum, i Vescovi
possono co ncedere tre volte all' anno, affi nch é siano in grado di acquistarle quei loro fedeli che. per
una ragionevole causa, non posson o essere fisicamente presenti ai sacri riti durante i quali viene
impartita la Benedi zione Pap ale, pur ché seguan o piamente lo svolg iment o dci riti attraverso la radio
e la televisione. e ricevan o la Benedi zione stess a a lle solite condizioni dell a con fess ione, de lla
Comunione e della pregh iera secondo l'intenzione del So mmo Pontefi ce.
La Sacra Penitenzieria ha creduto di accogliere volentieri questo adatta mento della vigente
disciplina, tanto più che ciò molto ne avvantaggerà la stima delle indulg enze in mezzo al pop olo
cristiano, che si sentirà in tal modo stimolato ad acqui starla o ad accre scere la graz ia sant ifi cante
per mezzo dei sacramenti, come pure verrà maggiormente raffo rzata l'uni one spirituale dei fedeli
col proprio Vescovo .
Pertanto, nell 'udienza del 13 dice mbre co rrente co ncessa al sottosc ritto Penitenziere Mag gio-
re. il Summo Pontefice si è beni gnamente degnato di co ncede re che i fedeli possano acquista re
l' indulgenza plenaria come so pra è stato espo sto. e dispone che questa concession e venga pubbli -
cata.
Con il presente Decreto la Sacra Penitenzieria ese gue la decisione del Somm o Pontefi ce,
Nonostante qualsiasi cosa in contrario».
204 LIBRO IV ~ Il " munus sanctificundi" della Chi esa
Il batt esimo, che ci fa membr i della Chiesa e partecipi della Comuni one dei
Santi
L' assenza di una scomunica ca nonica
- Lo stato di grazia, almeno al ten nine delle opere prescritte. «Le indulgenze -
avve rte Paolo VI - non possono essere acquistate senza una sincera conversione e
senza l' unione con Dio, a cui si aggiunge il compimento delle opere rich ieste. Viene
conservato dunque l'ordine della carità, nel quale s'in serisce la rem issione delle pene
grazie alla distribuzione del tesoro della Chies a» tlnd ulgent iarum doctrina, Introduzi o-
ne, n. Il , I).
3605 Da notare
- Si ritiene in genere dalla dottrina che i catecumeni possano acquistare le indulgenze in
suffragio dei defunti.
- Si discute se il medesimo principio valga anche per i peccatori privi dello stato di grazia
e perfino per gli scomunicati. La Congregazione delle Indulgenze, interrogata a tal riguardo, non
volle dirimere la questione , la prima volta, rispose "D ilata" (20 agost o 1822); la seconda: "Consulat
probatos auctores" (22 febbraio 1847).
3. L'indulgenza plenaria
Per acquistare l'indulgenza plenaria, è necessario eseguire l' opera indulgenziata e adempiere
tre condizioni:
La confessione sacramentale
- La Comunione eucaristica
- La preghiera secondo le intenzioni del Romano Pontefice: la recita di un
Padre nostro e di un'A ve Maria ; «è lasciata tuttavia a i sing o li fedeli di recitare
qual si as i a ltra pregh iera, seco ndo la pietà e la devozione di ci ascuno» iEnchiridion
indulgentla rum, n. 29).
Si richiede inohre che sia escluso qualsias i affetto al peccato anche veniale. Se manca la piena
disposizione e non sono poste le tre predelle condizioni, l'indulgenza è solamente parziale .
Le tre condizioni possono essere adempiute sia prima che dopo l'ese cuzione dell'opera pre-
scritta, anche se si tratta di più giorni (pluribus diebus). Tuttavia conviene che la comunione e la
preghiera sec& do le intenzioni dci Sommo Pontefice siano fatte nello stesso giorno in cui si compie
l'opera (lndulgentiurum doctrina. Norme, nn. 7-8: Enchir. Val., val. 2, p. 803, nn. 94 1-942).
§ 2: «L' indulgenza annes sa all 'u so di un oggetto di piet à cessa solta nto quando l'o ggett o
vada distrutto o sia venduto».
5. L 'opera prescritta (n . 22)
- «L'opera prescritta per lucr are l'indulgen za plenaria annessa ad una chies a o ad un
oratorio consiste nella devota visit a di questi luoghi sacri, recitando in es si il Padr e nos tro ed
il Credo , sa lvo che in casi particol ari sia diversam ente stabilito».
6. Confessione e Comunio ne ( n. 23 ~ 2)
- «Co n una sola co nfessio ne sacra mentale si possono acq uistare più indulgenze ple narie;
inv ece co n una sola Com unione euca ristica e una so la preghiera secondo Ic inten zioni del
Sommo Pontefice si può acqui stare una sola indul genza plenaria »,
3612 7. L 'adempime nto delle tre condizioni (n . 23. § 3)
- «Le tre condi zioni possono essere adempiute pare cchi giorni prim a o dop o aver com-
piut o l'opera prescritta; tutt avi a è con veniente che la Comunione e la preg hiera secondo lc
intenzioni del Sommo Pontefi ce siano fatte nell o stesso gi orno. in c ui si co mpie l' ope ra».
8. La preghiera secondo le inten rioni del Papa ( n . 23. ~ 5)
- «Si ade mpie pienamente la condizione dell a pre ghie ra seco ndo le intenzion i del Som-
mo Pontefice, reci tando seco ndo le sue inten zioni un Padre nost ro ed un' A ve, o Maria : è
lasciata tutt avia libert à ai singoli fedeli di recitare q ualsiasi altra pre ghi era seco ndo la piet à e
la devozi one di cias cun o».
9. Qualsi asi lingua (n. 25)
- «L' indulgenz a annessa ad una pregh iera può esser e acqu istat a in qu alun q ue lingua
es sa venga recitata, purché con sti dell a fedelt à dell a vers ione per dichiarazione o dell a Sacra
Penitenzieri a o di uno degl i Ordin ar i o Ge rarchi dei luoghi do ve è co munemente parlata quell a
lingua ».
3613 IO. La preghiera altemata o seguita mentalmente (n. 26)
- « Per l'acquisto dell'indulgen za ann essa ad una preghiera.basta rccitarla alternativa-
mente con un altro o seguirla ment almente mentre un altro la recita» .
Il . Commutazione da par re dei confessori ( n. 27)
- «I co nfesso ri possono com muta re sia l' opera prescr itta sia le co ndizio ni a q uelli che
siano legitt ima mente im pediti dal co mpierle».
12. Facolt à degli Ordina ri e dei Gerarchi ( n. 28 )
- «Gli Ordinari () i Ge rarc hi dei luoghi possono co ncedere ai fedeli , s ui qu ali eser citan o
la loro a utor ità a norm a del diritto. se risiedono in luoghi dove in nessun mod o o al meno molto
difficilmente possono accostarsi ai sacramenti della confessione o della Comunione, di poter
acq uistare l'indulgenza plenaria sen za l'attuale confessione e Comunion e, purché sian o contriti
e propongano di accosta rsi ai predetti sacra me nti app ena sarà loro possibile ».
13. Sordi e muri ( n . 29)
- <<I sor di e i muti possono acq uistare le ind ulgenze annesse a pubbliche preghier e se.
trovand osi insieme ad altri fedeli che pre gan o, innalzino piament e l' animo a Dio; se si tratta
di preghi era pri vata. basta che le recitino mentalmente o le manife stin o co n seg ni o le legg ano
so lta nto co n gli occhi" .
Titolo V
Il sacramento dell'nnzione degl'infermi
CAN. 998 • Unctio infirmorum, L'unzionc degl'infermi, con la quale la
qua Ecclesia fideles periculose Chiesa raccomanda al Signore sofferente
aegrotantes Domino patienti et e glorificato i fedeli infermi in modo pe-
glorificato, ut eos allevet et salvet, ricoloso , affinch é li sollevi e li sal vi, vie-
commendat, confertur eos linien- ne conferita ungendoli con l'olio e pro -
dooleoatque verba proferendo in nunziando le parole prescritte nei libri li-
Iiturgicis Iibris praescripta. turgici .
L Premessa
A parte il canone introduttivo, il titolo V è diviso in tre capitoli :
I ° La celebrazione del sacramento: cann . 999 -1002
2° Il ministro : can. 1003
3° Il soggetto: cann . 1004-1007
Documenti post-conciliari emanati dalla Santa Scde 3615
- Costo Ap. Sacram unctionem in flrmorum di Paolo VI, 30 nov. 1972: En chir. Vat., voI. 4,
pp. 1154-1163
- L'Ordo unctionis infirmorum dell a S.C. per il Cult o Divino, 7 dic. 1972 : Enchir. Vat., voI.
4. pp. 1170-1195
Documenti della Conferenza Episcopale Italiana 3616
- Il Dir ettor io liturg ico-pastorale , 27 giugno 1967 , nn . 72 - 113: En chi r. C EI, vo I. l , pp.
394-4 18
- Il Sacramento dell'unrione e cura pastorale degl'infermi. 23 maggio 1974: versione ita-
liana dell'ardo unctionis infirmorum, entrat o in vigore il 16 febbraio 1975
- Il doc. pastoEvangelizzarione e sacramenti della penitenza e dell 'unzione degl 'infermi. 12
luglio 1974, nn. 118-176: Enchir. CEI, va l. 2, pp. 497-5 12
In conform ità col n. 73 della Cost. eone. Sacro sanctulll Concilium, nel nuo vo 3617
Codice non si parla pi ù di "e strema unzio ne" (un termine entrato nell 'uso canonico
nel sec . XII ), ma di "un zione degl'i nfermi" per mettere in rili evo che il dett o sacra-
mento «non è so lta nto il sacramento di col oro che sono in fin di vita », ma anche di
coloro c he «comincia no ad essere in pericolo di morte per malattia o per vecchi aia»
(Cost. cit. ). Com c risul ta evidente, non si tratta di una semplice mod ifica di tenn i-
nologia.
2. Il canone introduttivo
998 (937*) Il canone, ispirato al n. Il, I, della Cost, conco Lumen Gentium , enun- 3618
zia il concetto dell'unzione degl'infermi, determinandone il soggetto, la finalità e gli
elementi essenziali.
Il soggetto è il batte zzato colpito da infermit à pericolosa (periculose aegrotans): di
esso trattano in modo specifico i cann . 1004-1007 .
La finalità del sacrament o è dare sollievo e salvezza all' infermo. A que sto scop o,
la Chiesa lo «raccomanda al Signore sofferente e glorificato e lo esorta anzi a unirsi
spontaneame nte alla passione e morte di Cristo» tLumen Gentium, n. 11 , 2).
208 LIBRO IV - ll t'munus sant:lilicandi"lI dla Chiesa
CAPITOLO I
LA CELEBRAZIONE DEL SACRAMENTO
- Questo sacramento conferisce al malato la grazia dello Spirito Santo. Tutto l'uomo ne
riceve aiuto per la sua salvezza, si sente rinfrancato dalla fiducia in Dio e ottiene forze nuove contro
le tentazioni del maligno e l' ansietà della morte. Egli può così non solo sopportare validamente il
male, ma combatterlo. e conseguire anche la salute. qualora nc derivasse un vantaggio per la sua
salvezza spirituale. Il sacramento dona inoltre, se necessario, il perdono dci peccati e 'porta a
termine il cammino penitenziale tOrdo, Premesse, n. 6).
36 19 G li elementi costitutivi so no:
- L' olio benedetto: la materia rem ot a
- Le sacre unzioni : la materia prossima
- La preghie ra rituale, prescritta nei libri liturgic i: la forma
, Si noterà che una simile facoltà non è concessa per il crisma della confermazione (can. 880,
*2). Ma nulla impedisce che in futuro sia concessa per i casi di necessità.
L'un zìonc degl'Infe rmi 209
CAPITOLO II
IL MINISTRO DELL'UNZIONE DEGL'INFERMI
L'esempi o dei Vescovi e dei Presbiteri, richiamato dal Direttorio dei Vesco vi della Co ngre-
gazione per i Vescovi, 22 febbraio 1976:
- Art. 89: «Il Vescovo, co me capo e modello dei Presbiteri e dci fedel i. ricev e in modo
esem plare i sacra menti che so no necessari a lui non meno che a q ualsiasi altro membro de lla
Chiesa . Particol armente eg li procu ra che. ammalato con serio pericolo, gli ve nga amministrato il
sacramento dell 'un zione degl 'infermi e gli venga recato il santo Via tico co n so lennità e acco mpa-
gname nto di clero e di popolo .
Parimenti, per quanto sta in lui. il Vesc ovo cerc a che i med esimi riti siano cele brati in forma
comunita ria anche per i Presbiteri. Alle loro eseq uie, per quant o è possibi le, presi ede person almente
(Enchir. VCI/., voI. 4, n. 2077 ).
4. Il ministro 3627
1003 (938-939*) Il canone è unico ma le prescrizioni sono molteplici.
J° Il ministro "ad va lid ita tem" . È in modo esclusivo il sace rdote insignito del-
l'ordine presbiterale (Co nc. Trid entino, Sess o XIV. 25 nov. 1551, cap. 3 e can . 4:
Denzinger-Sch onmetzer, nn. 1697 e 1719).
2° Il ministro "ex offlcio" . È il sacerdote in cura d' anime. e che, come tale , ha il
dovere c il diritto di amministrare l'un zione degl'infermi ai fedeli affid ati alla sua
responsabilità pastorale (§ 2, J parte ).
Tale amministrazione è una funzione demandata in modo speciale al parroco (can. 530, n. 3),
un compito del cappellano (can, 566. § l ). del rettore dcI seminario (can. 262). Il n. 16 dell' Ordo
enumera espressamente anche i Vescovi. i coopera tori dei parroci. i cappellani di ospedali u di case
di riposo. i superiori delle comunità religiose clericali.
3° La facoltà d'ogni sacerdote. Pe r una causa ragi onevole (ex ration abili ca u- 3628
sa), qualsiasi altro sac erdote può ammi nistrare il sac ramento dell 'unzione degl'infer-
mi, col consenso al me no presunto del sacer dote che ne ha il di ritto e il dover e "ex
officio" (§ 2, Il parte).
In pericol o di morte - avverti va il can . 939 del Codice precedente - qualsiasi
sacerdote è tenuto "ex caritate" ad amministrare il sacramento.
4° Una concessione giustificata dai tempi . A qualsiasi sacerdote è perm esso por- 3629
tare con sé l'olio benedetto, per poter amm inistrare il sacramento dell'unzione degl'in-
fermi in casi di nece ssità (§ 3).
5° Presenza di più sa cer doti . «Quando al capezzal e d i un malato ci sono due o 3630
più sacerdoti, nulla viet a che uno di essi pronun zi le preghiere e faccia l'unzion e co n
la formula sacramentale prescritta, e gli altri si spartiscano fra di loro le varie parti della
celebrazione: riti iniziali , lettura dell a parola di Dio, invo cazioni , monizioni. Ognun o di
essi può imporre le mani sul malato» tOrdo, n. 19).
6° Ministri non cattolici : cfr. 844 e commento relativo. 3631
5. Il soggetto 3632
I ) La malattia gra ve
1004 (940*) Il sogg etto dell 'unzione sacra mentale è il cristiano batte zzato grave-
mente infermo.
Le condizioni per la validità sono cinque: lo stato di vita, il carattere battesima le,
l'età della discre zione, l' intenzione almen o implicita e la malattia grave. Alla intenzione
è riser vato il can . 1006.
IO Lo stato di vita e il carattere battesimale suno condizioni di carattere generale. Il
catecumeno. pertanto. non può ricevere validamente l'un zione degl'infermi. Il carattere battesi male
è conferito solo dal battesimo "ex aqua et Spiritu Sancto".
20 L'età della discre zione è necessaria, perché chi non l'ha raggiunta non può avere una vera 3633
coscienza della morte né è capace di peccare e, quindi, di perdere la grazia di Dio. Di conseguenza.
212 LIBRO IV - 11 "rmmu s sancti ficandi" della Chiesa
CAPITOLO III
LE PERSONE A cm DEV 'ESSERE CONFERITA
L 'UNZIONE DEGL'INFERMI
l'unzione degl'infermi non si amministra ai bambini che non hanno a ncora l'uso di ragione, né ai
pazzi che sono sempre stati tali dalla nascita, né ma; hanno avuto intervalli di lucid ità. Nei casi
dubbi si a mministra sotto condizione (can. 1(05).
3634 3° La malattia grave è quella da cui si teme la morte . La gravit à, tuttavia. è da intendersi con
maggiore larghezza che ncl Codice precedente :
- Il Codice del 1917 limitava infatti l' unzionc sacra mentale agli infermi che "versassero in
pericolo di morte" (can . 940 . § I *). Nel nuovo Codice si parla invece di persone che «cominciano
ad essere in pericolo di vita" (can . 1004, § I). La differenza di espressione è rilevante .
- È prevista la celebrazione com unitaria del sacra mento a più infermi (can . 1002), «prove-
nient i da varie parrocchie e da ospedali diversi» tOrdo, n. 17, 2). Ma questo, ovviamente, suppone
che il pericolo di vita non sia del tutto grave . ma solo possibile.
Deve però trattarsi d'i nfermità o di grave ferimento, perché se il pericolo o l'imminenza della
morte deriva da altra causa, co me per esempio da un naufragi o, da una battagli a, da una co ndanna
capital e, finché la persona è fisicamente sana, l'unzione degl'infermi non può essere amministrata.
"Prima di un' operazione chirurgica, si può dare la sacra unzione all' infermo, qua ndo motivo
dell' operazione è un male pericoloso" (O rdo, n. IO).
36 35 Alla infermità è eq uiparala la vecchiaia, che declina grave mente , seco ndo la nota massi ma di
Terenzio: «Senectus ipsa est morbus: la vecchiaia è per se stessa una malattia". Pertanto. «ai
vecchi, per l'i ndebolimento acce ntuato delle loro forze. si può dare la sacra unzione, anche se non
risultino affetti da alc una grave malattia " (a rdo, n. Il ).
Riassu mendo: «Si de ve provvedere con ogni premura e diligenza al co nferi mento dell' unzione
a quei fedeli , il cui stato di salute risulta seriamente co mpromesso per malattia o vecchiaia. Per
valutare la grav ità del male. è sufficie nte un giudizio prude nte o probabile. senza inutili ansietà . Si
può eve ntualmente interpellare un medico» (ardo, n. 8)' .
3636 La re ùerazione del sacramento. L'un zione degl' infermi non imprime carattere.
Può quind i essere ricevuta più volte. purché non si tratti del medesimo pericolo di vita.
, In occasione di corsi di missioni o di eserciz i al popolo, spesso, con l'int ento di operare una
catechesi più significat iva ed efficace, si celebra comunitariamente in chiesa l'unzione degl'infer-
mi. È un'otti ma iniziativa pastorale, ma, in questa occasione, non si può co nferire la sacra unzione
indisti ntame nte a tutte le perso ne anziane. Non basta infatti. nel caso , l'età avanzata, ma si richiede
anc he un grave indebolimento delle forze, che fa temere per la vita delle dette persone.
L'u nzinnc dcgf' Infermi 213
CAN. 1005· In dubio utrum infir- Nel dubhio se l'infermo abbia raggiunto
mus rationis usum attigerit, an l'uso di ragione, se abbia una malattia
periculose aegrotet vel mortuus pericolosa o se sia già morto, questo sa-
sit, hocsacramentum ministretur. cramento dev'essere amministrato.
Praticam en te . l' un z ion e de g l'inferm i pu ò e deve ammi nistrars i in ogni nuova malattia .
e anc he ne lla stessa m al att ia, se il peri col o d i m o rte cess i e po i si ri nnovi, o ppur e si
faccia più grave (ca n. 1004 , § 2).
.' Da una Risposta della Pont. Accademia de lle Scienze, 2 1 ottobre 1985: «Una persona è
mort a quando ha subito una perdita irreve rsibi le di ogni capacità di integrare e di coordinare le
funzioni fisiche e mentali del corpo . '
La morte sopravviene q uando:
a) le funzioni spontanee cardiache e respiratorie sono definitivamente cessate, o
b) si è verificata una cessione irreversibile di ogni fu nzio ne cerebrale.
Dal dibattito è emerso che la morte cerebrale è il vero criterio della morte, giacché l'a rresto
definitivo delle funzioni ca rdio-respiratorie conduce molto rapidamente alla morte cerebrale.
Il gruppo ha dunque analizzato i diversi metodi clinici e strumentali, che permettono di
costatare questo arresto irreversib ile delle fun zioni cerebrali. Per ess ere cert i - tramite
elettroencefalogramma - che il cervello è diventato piatto, vale a dire che non presenta più attività
elettrica, è necessario che l' esame sia e ffettuato due volte a distanza di sei ore» (L 'Osservatore
Romano, 3 1 ottob re 1985, pago5: cfr. X. Ocu ox , Leges Ecclesiae , VI, n. 5 146. col. 9220, I; Enchir.
Vat.. voI. 9, n. 1768).
Sostanzialmente simile è [a definizione della "morte" contenuta nel Document o " Dans le
cadre" pubblicato il 27 giugno 1981 dal Consiglio Pontifi cio Cor Unum: cfr. Enchir. Vat., voI. 7 ,
nn. 1262-126 3).
214 LIBRO IV - 11 "rn unus sanc tifi cundi" dcllu Chiesa
CAN. 1006 - Infirmis qui, cum Si conferisca il detto sacramento agI' in-
suae mentis compotes essent, hoc tenni che, mentre erano in possesso delle
sacramentum implicite saItem pe- loro facoltà mentali, l' abbiano chiesto al-
tierint, confcratur. meno implicitame nte.
CAN. 1007 - Unctio infirmorum Non si conferisca l'unzione de gl'infer-
ne conferatur iIIis, qui in manife- mi a coloro che dovess ero persistere osti-
sto gravi peccato obstinate perse- natamente in un peccato grave manifesto.
verent.
Titolo VI
L'ordine
CAN. 1008 - Sacramento ordinis C on il sacramento dell'ordine , per di vi-
exdivina institutione inter christi- na ist itu zion e alcuni tra i fedel i, segnati
fideles quidam, charactere inde- con carattere ind elebile, so no costit uiti
lebili quo signantur, constituuntur ministri sacri; consacrati e deputati per-
sacri ministri, qui nempe cen se- tan to a pascere il popol o d i Dio. essi
crantur et deputantur ut , pro suo ade mpiono ne lla persona d i C r isto C apo,
quisque gradu, in persona Christi ciasc uno ne l suo grado, le funz io ni d 'inse-
Capitis munera docendi, sanctlfi- gn are, santi ficare e governare.
candi et regendi adimplentes, Dei
populum pascant.
riconoscenza verso il Signore che l' ha istituita. e sarebbe anche un alto di sconsidera ta
imprudenza. perché priverebbe l' anima di grazie e di aiuti preziosi nel momento più
decisivo della vita, da cui dipende il nostro desti no eterno.
Il rifiuto dell'unzione degl'i nfermi potrebbe essere anche causa di scandalo, in tal
caso, l'obbligo di riceverla è per sé grave.
La normativa circa l'ordine sacro contiene due canoni introduttivi di carattere dot- 3643
trinale e tre capitoli di cui il secondo è diviso in quattro articoli : un complesso di 47
canoni di fronte ai 64 del Codice precedente.
l ° La celebrazione e il ministro dell'ordinazione: cann, \Ol 0- 1023
2° Gli ordinandi: cann. 1024- 1052
- [ requisiti negli ordinandi: cann. 1026- 1032
- I requisiti previ all'ordinazione: cann. 1033-1039
- Irregolarità e altri impedimenti: cann. 1040-1049
- I documenti richiesti e lo scrutinio: cann. 1050-1052
3° L'annotazione e l' attestato dell'avvenuta ordinazione: cann. 1053-\054
CAN. 1009- § 1. Ordines sunt epi- § I. Gli ordini sono l'episcopato, il pre-
scopatus, presbyteratus et diaco- sbiterato e il diaconato.
natus.
§ 2.Conferunturmanuumimpo- § 2. Essi sono conferiti mediante l'im-
sitioneet precatione consecratoria, posizione delle mani e la preghiera
quam pro singulis gradibus libri li- consacratoria, prescritta dai libri liturgici
turgici praescribunt. per ciascun grado.
I Con terminologia costante. il Codice parla di consecratio episcopalis (cann , 332, § I; 351,
§ I; 375, § 2; 379; 437, § I; 1014; 1382), - di ordinatio sacerdotalis o presbyteralis (cann. 279,
§ 2; 1016), - e di ordinatio diaconalis (can. 1016). Rileva tuttavia la "Relatio synthetica", pub-
hlicata in Communicationes, a. 1983, p. 217, can. 961, n. 4: «Sive ordinare, sive consecrare, sub
diverso tamen respectu (ordinare significai ordinem conferre: consecrare, actioncm qua candidatus
per ordinem Deo consecratur) applicatur diaconis, presbyteris et episcopis, quarnvis ex lISU reccpto
(quem schema noluit auferre) potius dicatur de episcopis».
L'ordi ne S&.'fO 217
Nel Codice precedente (can. 949*), insieme con gli ordini d'i stituzione divina, figuravano 3649
anche gli ordini d' istituzi one ecclesiastica: suddiaconato, acc olitato, esorc istato, lettorato e
ostiariato. Senza dubbio , essi rappresentavano una tradizione veneranda della Chiesa Ialina. ma non
più adatta. nel suo complesso. ai nostri tempi e alle moderne esigenze. Col M.P. Ministeria
quaedam (Enchir. Vat., voI. 4, pp. 1106- 11 17) in data 15 agosto 1972, Paolo VI ha proceduto a
una sua o pportuna riforma.
Secondo la nuova disciplina :
I° Quelli che finora erano detti ordini minori, per l'av venire saranno denominat i " ministeri".
2° Tali ministeri non sono più da considerarsi come riservati ai candidati al sacerdozio , per
cui potranno essere affidati anche ai laici.
3° I ministeri che, per diritto comune, sono mantenuti nella Chiesa latina, adattati alle odierne
necessità, sono due: quelli del lettore e dell'accolito, che, a giudizio delle Conferenze Episcopal i,
può chiamarsi anche suddiacono.
4° L'ufficio proprio del lettore è di leggere la Parola di Dio nell' assemblea liturgica; quello
dell' accolito di coadiuvare il diacono e di far da ministro al sacerdote. In caso di particolari
necessità. l' accolito può anche distribuire la S. Comun ione cd esporre pubblicamente all' adorazione
dei fedeli la SS . Eucaristia.
l Circa i nuovi riti per l'ord inazione episcopale, presbiterale e diaconalc, v. la Cost. Ap.
Pontificalis Romani di Paolo VI, 16 giugno 1968 tEnchir. Val.. voI. 3, pp. 210-219) . Vedi anche
il Decreto della Congre gazione per il Culto Divino e per la Disciplina dci Sacramenti. 29 giugno
1989 tEnchir. Val.. voI. Il , pp. 1432-1479).
218 LIBRO IV . Il "m unus sanctitlcandi" della Chiesa
CAPITOLO I
Durante il solenne sacrificio della Messa: "intra Missarum sollemn ia" (can. 1010)
In g iorno di domenica o in una festa di precett o (can. 1010)
Nella chiesa cattedrale (ca n. 1011, § l )
Per ragioni pastorali , tuttavia, l'ordinazione :
- Può aver luogo anche in altri giorni, non esclusi quelli feriali
- Può essere compiuta anche in altra chiesa o oratorio
All'ordinazione devono essere invitati i chierici e gli altri fede li, in modo che la
parte cipazione della comunità eccle siale alla celebrazione sia la più numero sa e larga
possibile. Una diretti va della Congregazione per l'Educazione Catto lica:
- Le sacre ordinazioni dei diaconi e dei presbiteri. per quanto sia utile che qualche volta
vengano celebrate con grande frutto pastorale sia nella parrocchia dei candidati, sia in quella ave
hanno esercitato qualche ministero, costituiscono tuttavia lieti eventi per tutta la comunità dioce-
sana. È opportuno, pertanto, che questa ne sia informata e sia invitata a parrcciparvi. La
celebrazione va preparata con diligenza e dignità, in modoche i sacerdoti, i diaconi, gli alunni dci
seminario e i fedeli si uniscano al Vescovo (Istr. In ecclesiasticum ju turorum, 3 giugno 1979, n.
39: Enchir. Vat., val. 6, p. 1075, n. 1598).
Second o un' antica prassi, che risale al Concilio di Nicea (a. 325), l'ordinazione 3655
episcopale è celebrata collegialmente da almeno tre Vesco vi, di cui uno funge da con-
sacrante principale. È per altro conv eniente che tutti i Vescovi presenti con sacrin o
insieme co n essi l'eletto.
Perch é la con sacrazione sia compiuta da un so lo Vesco vo, è necessaria la dispe nsa dell a
Santa Sed e .
il dis posto del canone, co nferisse gli ordini a chi non è suo suddito senza le legittime
lettere di missorie, incorrerebbe nel divieto di confe rire gli ordini per un anno, mentre la
perso na ordinata sarebbe sos pesa ipso facto dall' ordine ricev uto (ca n. 1383).
- È do vere del Vescovo proprio, se non sia imped ito da una gius ta ca usa, ord inare
personal mente i propri suddit i (§ 2).
- Per poter ordin are lecitamente un suddito di rito orientale, si ric hiede un indulto
apostolico (§ 2).
- Chi può dare le lettere di missorie per il co nferimento degli ordini, può anche
conferirli person almente, se è insign ito de l cara ttere epi sco pale (§ 3).
3657 Relativamente alle or di nazioni illegittime. si hanno due atti della Congregazi one del S.
Ufficio:
a) Ordinazioni di soggetti cattolici da parte di l/n Ve.w:(I\·o acattolico:
- <<I soggetti così ordi nali, a seconda delle circostan ze dei diversi casi, vanno considerali
co me eretici, o almeno come sospetti di eresia»,
- «Tali ordinazioni non sono riconosciute dalla Chiesa, e quindi i soggetti sono da consi-
derarsi co me laici a tutti gli effetti ca nonici, inclusa la faco ltà di contrarre ma tri monio.
(Comunicato dell'S maggio 1959: X. O CHOA, Leges Ecclesiae, 1If, n. 2821, col. 3936 ).
3658 h) Ordinazioni illegittime di \'escol'i e di presbiteri da l'arie cii 1m Vescol'o cattolico:
- <<I Vescovi che hanno ordinato altri Vescovi. come pure i Vescovi ordinati, oltre che nelle
sanzioni di cui ai canoni 2370 e 2372 , I e 3 del CfC (Codice del 19( 7), sono incorsi "ipso facto"
anche nella scomunica riservata in modo specialissimo alla Sede Apostolica, c della quale si tratta
L'ordine sacro 221
nel Decreto della Congregazione del S. Ufficio del 9 aprile 1951 . La pena poi. di cui al can. 2370,
viene applicata anche ai presbiteri assistenti, qualora ve ne siano stati»,
- <.I presbiteri ordinati in questo modo illegittimo. sono sospesi ipso facto dall' ordine rice-
vuto, secondo il can, 2374, e se hanno esercitato l'ordine sono anche irregolari, a termine del can.
985,7».
- «Infine, relativamente a coloro che hanno ricevuto l'ordinazione in questo modo illegit-
timo, o a coloro che da questi eventualmente ricevessero l'ordin azione, indipendentemente dalla
validità o meno degli ordini, la Chiesa non riconosce né riconoscerà in futuro la loro ordinazione,
e li considera. a tutti gli effetti dal punto di vista giuridico, nello stato in cui ciascuno si trovava
prima, ferme restando, fino a che non si siano ravveduti, le sanzioni penali sopra ricordate» (De-
creto del 17 settembre 1976: Enchir. Vilt.• vol. 5, pp. 1388-1391, n. 2109).
1016 2° Il Vescovo proprio : 3659
- Relativamente all'o rdinazione diaconale di soggetti che intendono ascriversi al
clero secolare, è il Vescovo della diocesi nella quale il candidato ha il domicilio, o della
diocesi al cui servi zio egli si propone di dedicarsi.
- Relativamente all' ordinazione presbiterale di diaconi seco lari, è il Vescovo
della diocesi nell a quale l'ordinando è stato già incardinato con il diaconato.
1017 3° L'ordinazione fuori del proprio territorio. È una norma antic a, che risale 3660
al Sinodo di Antiochia del 341. Ciascun Vescovo deve compiere le proprie ordinazioni
nel territorio di propria competen za. Per celebrarle lecitamente nella circos crizione di un
altro Vescovo , deve averne la licenza, almeno presunta .
- Dal Vescovo diocesano proprio, ai sensi del can. \O16, anche se non sia con-
sacrato.
- Dai Presuli equiparati al Vescovo diocesano: il Prelato e l'Abate territoriale, il
Vicario e il Prefetto apostolico, l'Amministratore apostolico di amministrazione stabil-
mente eretta (cann. 368 e 381, § 2).
- Dall'Amministratorediocesano,col consenso del collegio dei consultori (§ l, n. 2).
- Dal Pro-vicario e dal Pro-prefetto apostolico, col consenso del consiglio della
missione (§ I, n. 2; cfr. can. 495, § 2).
È vietato, per altro, all' Amministratore diocesano, al Pro-vicario e al Pro-prefetto apostolico,
concedere le lettere dimissorie agli aspiranti ai quali l'accesso agli ordini sia stato negato dal
Vescovo diocesano oppure dal Vicario o dal Prefetto apostolico (~ 2).
Il Vicario generale o episcopale possono concedere lettere dimissorie solo "de speciali man-
dato" (can. 134. ~ 3).
3663 1019, § 1 Trattandosi di membri d'Istituti religiosi o di Società di vita apostolica
di diritto pontificio e clericali, la concessione delle lettere dimissorie per l'ordinazione
dei propri sudditi, ascritti secondo le costituzioni in modo perpetuo o definitivo all'Isti-
tuto o alla Società, viene effettuata dal Superiore maggiore competente.
Lo stesso vale, probabilmente, per gl'Istituti secolari, che, per concessione della
Santa Sede, incardinano i loro membri nell' Istituto, come previsto nel can. 266, § 3.
3664 1019, § 2 Trattandosi di membri di qualsiasi altro Istituto o Società (Istituti di
diritto diocesano, Istituti secolari in genere, Istituti laicali anche di diritto pontificio
aventi dei chierici), occorre attenersi alle norme stabilite per i chierici secolari (can.
1018). Eventuali indulti concessi ai Superiori restano revocati "ipso iurc", per espressa
disposizione del paragrafo.
Poiché il Codice riferisce la revoca ai "Superiori", alcuni ritengono che gl'indulti concessi
direttamente all'Istituto o alla Società non sono da considerarsi abrogati. La cosa è dubbia.
vari documenti (can. 1050). Occorre inoltre effettuare un opportuno scrutinio circa le
qualità del candidato (can . 1051). Di conseguenza, l'autorità competente non può con-
cedere le lettere dim issorie senza essersi prima fornito di tutti i cert ificati e documenti
richiesti per diritto, a norma dei detti canoni (can . 1020).
1021 (961 *) 1/ Vescovo destinatario. Non è necessario che le lettere dimissorie
siano indirizzate a un Vescovo determinato. È sufficiente che siano rivolte genericamen-
te a qualsiasi Vescovo in comunione con la Sede Apostolica, tranne che si tratti di un
Vescovo di rito diverso da quello dell'ordinando, poiché in tal caso si richiede un
indulto apostolico.
1022 (962*) Jl dovere del Vescovo ordinante. È di assicurarsi della piena autenti- 3666
cita delle lettere dimissorie, condizione essenziale per poter procedere lecitamente al-
l'ordinazione del candidato. Il loro contenuto deve rispondere alle prescri zioni del can .
1052, § 2.
1023 (963*) Limitazioni e revoca. Le lettere dimis sorie possono essere limitate da 3667
condizioni e anche date "ad tempu s" , e il Vescovo ordinante deve attenersi rigorosamen-
te ad esse . Possono essere anche revoc ate da chi le ha concesse o dal suo succes sore
nell'ufficio, ma, una volta rilasciate, non perdono la loro efficacia col venir meno del
diritto di chi le ha concesse. Questa ultima norma è un ' applicazione del can. 46.
CAPITOLO II
GLI ORDINANDI
l L' intenzione abituale-implicita e quella abituale -esp licita coincidono nel fatto che l'inten-
zione di farsi, ad esempio. diacono, è stata emessa dal sogge tto e non è stata più revocata.
Differiscono. perché nella prima l' aspirante al diaconato, nell' emettere l' intenzione di ricevere il
sacro ordine. non ha riflettuto agli oneri annessi al medesimo; nella seconda. invece. l' aspirante vi
ha riflettuto c coscientemente ha avuto intenzione di assumere il diaconato con gli obblighi relativi.
L' ordine sacro 225
lo riceve, ma come un servizio di Dio e della Chiesa: esso è oggetto di una vocazione specifica.
totalmente gratuita... Non bisogna dimenticare che il sacerdozio non fa parte dei diritti della per-
sona, ma dipende dall'e conomia del mistero di Cristo e della Chiesa. La funzione del sacerdote non
può essere ambita come termine di una promozione socia le: nessun progresso puramente umano
della società o della persona può di per se stesso darvi accesso: si tratta di un ordine diverso (n.
VI. 1-5).
La detta " Dichiaraz ione". approva ta e con fermata dal Romano Pontefice. che ne ha ord i-
nato la pubblic azione. ha certamente un grande valore dottrinale. che a nessuno è lecito
contestare e a cui tutti i fedeli devono atten ersi «con religios o ossequio dell'intell etto e della
volontà» (can. 752). ma non ha valore domrnatico, sl da richiedere l' assenso di "fede divi na
e cattolico". di cui al can. 750.
ART. l
I REQUISITI NEGLI ORDINANDI
CAN. 1026- Ut quis ordinetur de- Per essere ordinato, è necessario che il
bita libertate gaudeat oportet; ne- candidato goda della debita libertà; è as-
fas est quemquam, quovis modo, solutamente illecito costringere qualcuno,
ob quamlibet causa m ad ordines in qualsiasi modo e per qualsiasi motivo,
recipiendos cogere, vel canonice a ricevere gli ordini, o dissuadere dal rice-
idoneum ab iisdem recipiendis verli chi è canonicamente idoneo.
avertere.
Si richiede inoltre:
a) Che si disponga dei documenti prescritti nel can. 1050.
b) Che sia fatto lo scrutinio disposto dal can. !oSI.
c) Che, trattandosi dell'ordinazione di un chierico destinato al servizio di un'altra
diocesi, il Vescovo proprio che lo ordina sia sicuro ch'egli sarà realmente assegnato alla
detta diocesi.
3674 Nel nuovo Codice. non si esige più il "titolo" canonico di ordinazione (beneficio. patrimonio,
pensione, servizio della diocesi, ecc.), di cui nei cann. 979-982 e 2373, n. 3, del Codice 19J7)'.
, A norma del can. 979 del Codice precedente, il titolo doveva assicurare il decoroso sosten-
tamento del chierico secolare ordinato "in sacris", secondo le norme stabilite dagli Ordinari "pro
diversis locorum et temporum necessitatibus et adiunctis".
Erano previste tre diverse forme: la concessione di un beneficio, la costituzione di un proprio
patrimonio, l'erogazione di una pensione. Nel caso che non fosse possibile assegnare uno dci tre
titoli, bisognava ordinare il chierico "titulo servitii diocesis" e, nei territori soggetti alla Congre-
gazione di Propaganda Fide, "titulo missionis".
Per i religiosi, il can. 982 disponeva: il "titolo di povertà" per i regolari, di "mensa comune"
di "Congregazione" o di altro Istituto simile per i religiosi di voti semplici, a norma delle costi-
tuzioni. Un Istituto analogo a quello dei chierici era stabilito per gli altri religiosi.
L'ordine sacro 227
Evidentemente il deli tto più gr ave è nella pr im a ipotes i, poiché le conseg ue nze po treb-
bero essere funes te e i danni irreparabi li, per l'i nte ressato e anc he per la C hiesa. Contro
un siffatto reat o , il C od ice prec edente comminav a la scom unica " Iatae se nte ntiae" ,
qualunque foss e la d ignità del suo autore (can. 2352*).
La C hiesa ce rca di tut elare con og ni mezzo la libertà del ca ndidato. T utt e le norm e
circa la formaz ione dei chierici (cann. 232-264) so n dirett e a qu esto scopo. Il can . 1036
- come vedremo - impone an ch e una form ale dichiarazione scritta e firmata di pro -
prio pugno da parte del ca ndida to.
Nonostante queste misure pru denziali, può tuttavia accadere che una persona acceda agli 3677
ordini sacri costretto dalla violenza o spinto dal timore.
IO In caso di violenza, l'o rdinazione è nulla di pieno diritt o (can. 125, § I). Giuridicamente
si richiede per altro una regolare dichiarazione di nullità da parte dell'autorità competente, ai sensi
del can. 290, n. I. Si suppone che alla violenza il candidato opponga il suo dissenso interno.
20 In caso di tim ore grave, può darsi una duplice ipotesi:
- Il soggetto accede all' ordine sacro senza alcuna intenzione di riceverlo: l'ordinazione è
similmente nulla, poiché l' intenzione è, negli adulti, un elemento essenziale per la valida recezione
dei sacramenti.
- Nonostante il timore grave che subisce, il soggetto ha la reale intenzione di ricevere
l'ordine sacro: l'ordinazione è per sé valida (can. 125, § 2), ma l' interessato, se ha validi argomenti,
può chiedere la dispensa dagli obblighi annessi, con la conseguente perdita dello stato clericale
(can. 290. n. 3). La procedura stabilita nel can. 2 14 del Codice precedente, che non è stata richia-
mata nel nuovo Codice. è da considerarsi abrogata.
Nella sua finalità personale, il titolo di ordinazione, mirante all' onesto sostentamento del
Clero si concretò originariamente nell' nssegnazione di un ufficio stabile, come risulta fra l' altro dal
can. 6 del Codice di Calcedonia del 45 1. Esso si trasformò in "beneficio" a partire dal sec. VI. e.
successiva mente, prese anche la forma sussidiaria di "patrimonio privato" (sec. XII) e infine di
"pensione" o di rendita fissa nel Concilio di Trento (sess, XXI del 1562). Il titolo di "missione"
prese a svilupparsi in particolare tra il sec. XVI e il sec. XVII.
Il titolo di ordinazione è stato opportunamente soppresso col nuovo Codice.
228 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi' della Chies a
CAN. 1029- Ad ordines ii soli pro- Siano promossi agli ordini soltanto
moveantur qui, prudenti iudicio quelli che, a prudente giudizio del Vesco-
Episcopi proprii aut Superioris vo proprio o del Superiore maggiore com-
maioris competentis, omnibus per- petente, considerata ogni cosa, hanno una
pensis,integramhabent fidem, ree- fede integra, sono mossi da retta intenzio-
ta moventurintentione, debita pol- ne, posseggono la debita scienza, godono
lent scientia, bona gaudent existi- una buona stima, sono di costumi irre-
matione, integris moribus probati- prensibili e di provata virtù, e sono dotati
sque virtutibus atque aliisqualitati- delle altre qualità fisiche e psichiche ri-
bus physicisetpsychicisordini reci- spondenti all'ordine da ricevere.
piendocongruentibussunt praediti.
CAN.1030-Nonnisiexcausacano- Soltanto per una causa canonica, anche
nica, licet occulta, proprius Epi- se occulta, il Vescovo proprio o il Supe-
scopus vel Superior maior compe- riore maggiore competente possono vie-
teus diaconis ad presbyteratum de- tare la promozione al presbiterato ai
stinatis, sibi subditis, ascensum ad diaconi loro sudditi ad esso destinati,
presbyteratum interdicere potest, salva la facoltà del ricorso a norma del
salvo recursu ad normam iuris, diritto.
ART. 2
I REQUISITI PREVI ALL'ORDINAZIONE
L'obbligo di questa dichiarazione venne introdotto dalla lstr. Quam ingens della S.C. per la
Disciplina dei Sacramenti, 27 dicembre 1930 (X. O CHOA, Leges Ecclesiae, n. 1004, col. 1206, § 3.
l, e col. 1207. Appendix, mod o I)'.
, Alcuni autori restano alquanto incerti circa l'obbligo della detta dichiarazione espresso
nell'attuale Codice : se, cioè debba esser riferito soltanto al diaconato o anche al presbiterato . Il motivo
del dubbio è la congiunzione alli. che figura nel testo del canone : «ad ordinem diaconatu s aut
presbyteratus». Ma qui l'aut ha valore copulativo rafforzativo, non disgiuntivo. Significa: «il candidato
al diaconato e a maggior ragione al presbiterato» (cfr. Dizionario latino del Georges, col. 336).
D'altra parte, nella citata Istr. Quam primum , è dello espressamente che la "dichiarazione"
dev'e sser fatta "in singuli s sacris ordinibus " (X. O CHOA, Leges Ecclesiae , I, col. 1207, Mod. I).
234 LIBRO IV - Il " munus sanctiflcundi" della Chiesa
CAN. 1039 - Omnes qui ad aliquem Tutti coloro che devon o essere pro-
ordinem promovendi sunt, exerci- mossi a un ordine, fac ciano un corso di
tiis spi rituali bus vacent perquinquc es erci zi spirituali di almeno ci nque giorn i,
saltem dies, loco et modo ab Ordi- nel luogo e nel modo determ inat i dall'Or-
nario determìnatìs; Episcopus, ano din ario ; prima di procedere all'ord inazio-
tequam ad ordinationem procedat, ne , il Ve sco vo de ve acc e rta rs i che i
certior factus sit oportet candida- candidati abbiano atteso debitamente a
tos rite iisdem exercitiis vacasse, qu esti eser cizi.
ART . 3
IRREGOLARITÀ E ALTRI IMPEDIMENTI
CAN. 1040 • A recipiendis ordini- Sono e scl usi d alla rece zi one degli
bus arcentur qui quovis impedimen- ordi ni sac ri coloro c he so no affetti da un
to afficiuntur sive perpetuo, quod qual siasi impedimento, sia perpetuo, che
vcnit nomine irregularitatis, sive vie ne sotto il nome d ' ir regolarità, sia
simplici; nulIum autem impedimen- semplice ; non si co ntrae tuttavia alcun
tum contrahitur, quod in eanonibus altro impedimento, al di fuori di quelli
qui sequuntur non contineatur. compresi nei seguenti ca non i.
Il can. 1039 fa obbligo al Vescovo che procede all'o rdinazione, di accertarsi che i
candidati abbiano atteso debitamente agli esercizi prescritti.
, Un'altra differenza e che l'irregolarità può essere tanto "ex delicto" quanto "ex defcctu":
l'impedimento, solo "ex defectu".
236 LIBR O IV · ll vmunus sanctifi ca ndi' de lla ChilOSJ
Similmente è escl uso che la consuetud ine possa introdurre una nuova irregola rità o un nuovo
impedimento canonico o essere contraria a quelli esistent i (cfr. can. 1076).
3695 2° Ch i abb ia com messo il delitt o di apostasia, eresia o scisma (can . 75 1), colpi to
anche, a termini del can, 1364, § I, da scomunica "Iatae sententia e", Non è neces sario
che il delitto sia pubbli co, com 'è affermato invece nel can. 1044, § l , n. 2, rela tivamente
all' esercizio dell'ordine. È tuttav ia da tener presente il can. 1330 .
All'apostasia viene equ iparata, in ordine alla sacra ord inazione e al matrimonio,
l'ascrizion e a una setta ateistica: Risposta della Pont. Commissione per l'interpret. del
Cod ice, 30 luglio 1934 (X. O CHOA, Leges Ecclesiae, l, n. 1238, col. 1573, I) ,
3696 3° Chi abb ia attentato il matrimonio, anche solo civile:
- O perch é egli stes so era impedito dal contrarre matrimonio a cau sa di un
precedente vincolo matrimoniale (can. 1085, § I) o dell'ordine sacro (can. 1087) o del
voto pubbl ico e perpetuo di casti tà eme sso in un Istituto relig ioso (ca n. 1088);
~ Communicationes, a. 1978 , p . t96 , can. 224 : «Supprirnitur formali s distin ctio inter
irregularitatcm ex defectu et irregularitatem ex delicto».
L' ordine sacre 237
CAN. 1042 - Sunta recipiendis or- Son o s em p lic eme nte impediti dal
dinibus simpliciter impediti: ricevere gli ordini:
l ° vir uxorem habens, nisi ad l ° l'uomo che è spo sato, tranne che sia
diaconatum permanentem legiti- destinato legittimamente al diaconato per-
me destinetur; m anent e;
2°qui officium veladrninistratio- 2° chi esercita un ufficio o un'amm ini-
nem gerlt clericìs ad normam can. strazione vietata ai chierici a norma dei
285et 286 vetitam cuius rationem cann. 285 c 286 , di cui debba rendere
reddere debet, donec , depositis of· conto, finch é, lasc iato l'ufficio e l'ammi-
ficio et adrninistratione atque ra- nistra zione e res i i conti dovuti, non se ne
tionibus redditis, Iiber factus sit ; sia liberato ;
3° neophytus, nisi, iudicio Ordì- 3° il neofito, tranne che, a giudizio
narli, sufficienter probatus fuerit. dell'Ordinario , sia stato già suffici entem en-
te sperimentato.
- O perché l' att ent ato sia stato compiuto con una donna unita gra 111 un
matrimonio valido (can: 1085, § I) oppure vincolata dal medesimo voto (can. 1088).
4 0 Chi abbia commesso un omicidio volontario - non cas uale o colposo. per 3697
omissione della debita diligenza, o per legittima difesa - o sia ricorso a pratiche
abortive "e ffcctu secuto" (can . 1398), e tutt i coloro che vi abbiano co operato
positivamente , in maniera determinante (can. 1329).
50 Chi abbia gravemente e dolosamente mutilato se stesso o altri, oppure abbia 3698
tentato il suicidio.
La mutilazione s' intende di un organo che abbia una sua propria funzione: l' occhio. la mano.
il piede. ecc. E necessaria la mutilazione effettiva, non il semplice tentativo rimasto senza effetto.
Per il tentativo di suicidio. occorre la piena responsabilità: qualora sia compiuto in un gesto di follia
o per infermità psichica, l'Irr egol arità non si contrae.
6 0 Chi abbia posto un atto di ordine sacro riservato a coloro che sono cost ituiti 3699
nell'episcopato o nel presbiterato:
- Mentre era privo del detto ordine (usurpazione);
- Oppure era colpito dal divieto di esercitarlo a causa di una pena canonica
dichiarata (se "latae sententiae") o inflitta (se "ferendae sententiae"),
Sono state soppresse alcune delle " irregolarità" precedenti, che non rispondevano più alla
mentalità moderna: per es. la illegittimità dei natali (can. 984. n. I. Codice 1917; cfr. Commu ni-
cationes, a. 1983. p. 2 19, can. 994. nn. 1-2).
I° Chi abbia ricevuto illegittim amente gli ordini, mentre era affetto da una irrego-
larità: l'irregolar ità perdur a anche dopo l' ordinazio ne.
2° Chi abbia commesso il delitto di apostasia , eresia o scisma, di cui al ca n. 1041,
n. 2, se il delitto è pubblico. Delitto pubblico, a ter mini del ca n. 2 197, n. l , del Codice
precedente, è quello che sia già divulgato, ossia conosciuto da una larga cerchia di
persone, o che, per le circostanze a cui è legato, si possa e si debba prudentem ente
supporre che facilmente sarà divulgato.
3° Chi abbia commesso uno dei delitti di cui al ca n. 1041, nn. 3,4, 5 e 6:
- attentato di matrimonio anche solo civile (n. 3)
- omicidio volontario e pratiche abortive "effectu secuto" (n. 4)
- grave e dolosa mutilazione di se stesso O di altri o tentato suicidio (n. 5)
- usurpazione di ordine sacro (n. 6)
- illegittimo ese rcizio di ordine sacro, vietato da una pena canonica dichiarata o inflitt a
(n. 6)
CAN. 1048 - In casibus occultis Nei casi occulti più urgenti, se non si
urgentioribus, si adiri nequeat possa ricorrere all'Ordinario o, trattandosi
Ordinarius aut cum de irregulari- delle irregolarità di cui al can. 1041, nn. 3
tatibus agatur de qui bus in can. e 4, alla Penitenzieria, ed esista il pericolo
1041, nn. 3 et 4, Paenitentiaria, et imminente di grave danno °
infamia,
si periculum immineat gravis colui che è impedito da irregolarità dal-
damni aut infamiae, potest qui l'esercizio dell'ordine, può esercitarlo,
irregufaritate ab ordine exercen- fermo restando tuttavia l'obbligo di ricor-
do impeditur eundem exercere, rere al più presto all'Ordinario e alla
firmotamen manente onere quam Penitenzieria, senza fare alcun nome c tra-
primum recurrendi ad Ordina- mite il confessore.
rium aut Paenitentiariam, retici-
to nomine et per confessarium.
Si discute fra gli autori se, ai fini di tale "deferimento", sia sufficiente l'istanza presentata al
giudice a termini dei cann. 1501-1504, o sia anche necessaria l'accettazione della detta istanza da
parte del tribunale. ai sensi del can. 1505. § I. Riteniamo che . mentre l'istanza è all'esame del
tribunale. l'eventuale competenza dell'Ordinario di cui al § 4, resta sospesa: egli deve attendere
l'esito definitivo della detta istanza e. se la cosa è urgente, deve ricorrere alla Santa Sede.
È riservata similmente alla Santa Sede la dispensa dalle seguenti irregolarità e
impedimenti relativi alla recezione degli ordini :
- Irregolarità derivante dai delitti pubblici, di cui al can. 1041, n. 2 (apostasia ,
eresia e scisma) e n. 3 (attentato di matrimonio anche solo civile)
- Irregolarità derivante da delitto sia pubblico che occulto, di cui al can. 1041, n.
4 (omicidio volontario e pratiche abortive "effectu secuto")
- Impedimento di cui al can. 1042, n. I (l'uomo che ha la consorte, tranne che
venga ammesso legittimamente al diaconato permanente) (§ 2)
È riservata infine alla Santa Sede la dispensa dalle irregolarità relative all'esercizio
dell'ordine ricevuto di cui al can, 1041, n. 3 (attentati vari di matrimonio , anche solo
civile) e n. 4 (omicidio volontario e pratiche abortive "effectu secuto"):
- Per quanto riguarda il n. 3, soltanto nei casi pubblici
- Per quanto concerne il n. 4, in tutti i casi, pubblici e occulti (§ 3)
Nei cas i occulti. la dispensa è concessa per il foro interno dalla Penitenzieria Apostolica: negli
altri casi attinenti al foro est erno dalla Congregazione dei Sacramenti ai laici e ai chierici del clero
diocesano, dalla Congregazione per i Religios i e per gl'Istituti secolari ai membri degl' Istituti
religiosi e secolari, dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per i delitti di apostasia, eresia
e scisma , di cui al can . 1041, n. 2 .
L'O r d i n a r i o 3707
In tutti i casi d'irregolarità e d'impedimenti non riservati alla Santa Sede, la
dispensa è di competenza dell'Ordinario ai sensi del can. 134, § I: Vescovo dioce sano,
Presule equiparato, Vicario generale ed episcopale, Superiore maggiore d'Istituto reli-
gioso o di Società di vita apostolica clericali e di diritto pontificio e suo Vicario a norma
del can. 620 (§ 4).
ART. 4
I DOCUMENTI RICHIESTI E LO SCRUTINIO
CAN. 1050· Ut quis ad sacros or- Per la promozione ai sacri ordini, si ri-
dinespromoveri possit, sequentia chiedono i seguenti documenti:
requiruntur documenta:
l ° testimonium de studiis rite l ° l'attestato degli studi regolarmente
peractis ad normam can. 1032; compiuti a norma del can. 1032;
2° si agatur dc ordinandis ad 2° l'attestato dell'avvenuta recezione del
presbyteratum, testimonium re- diaconato , se si tratta di ordinazione al
cepti diaconatus; presbiterato ;
3° si agatur de promovendis ad 3° gli attestati di battesimo e di confer-
diaconatum, testimonium recepti mazione e dell'avvenuto conferimento dei
baptismi et confirmationis, atque ministeri di cui al can. 1035, se si tratta di
receptorum ministeriorum de qui- ordinazione al diaconato ; parimenti l'atte-
busin can.1035; item testimonium stato della presentata dichiarazione di cui
factaedeclarationis de qua in can. al can. 1036, e se il cand idato che dev 'es-
1036, necnon, si ordinandus qui sere promosso al diaconato permanente sia
promovendus est ad diaconatum sposato, anche gli attestati di matrimon io
permanentem sit uxoratus, testi- e del consenso della moglie.
moniacelebrati matrimonii etcon-
sensus uxoris.
1050 (993*) Per la promozione agli ord ini sac ri, si richied ono i seguenti docu -
menti:
I ° Il certificato degli studi regol armente compiuti a norma del can . 1032.
2° L' attestato dell' avvenuta recezione del diaconato, se si tratta di ord inazione
presbiterale.
3° Gli attestati di battesimo e di confermazi one e de ll' avvenuta recezione dei
ministeri di lettore e di accolito e del loro ese rcizio "per congruum tempus" (can. 1035),
se si tratta di ordin azion e diaconale.
244 LIBROIV . Il "munus sanctificandi" della Ch iesa
3713 2) Lo scrutinio .
105] II canone è i~irato a due importanti documenti emanati dalla Santa Sede, che
converrà tener presenti, per le norme e le direttive ch'essi danno in proposito:
- L'Istr. Quam ingens della Congregazione per la Disciplina dei Sacramenti, 27 dicembre
1930: X. OcH OA , Leges Ecclesiae, l, n. 1004, coli . 1203-1208
- L'l str. Quantum religionis della Congregazione dei Relig iosi, IO dicembre 1931: Leges
Ecclesiae , I. n. 1064. coli . 1355·1360
L'attuale canone prescrive le seguenti norme:
IO Lo scrutinio circa l'idoneità del candidato si fonda in particolare sull'attestato
del rettore di seminario o della casa di formazione, che hanno seguito il candidato con
vigile cura durante il periodo della sua formazione. L'attestato deve riferire con grande
senso di responsabilità e di obiettività sulle qualità del detto candidato (cfr. anche can.
1029). In concreto, deve contenere tutte le informazioni necessarie:
- circa la sua retta intenzione
la debita scienza
- la retta dottrina
- la pietà sincera
- i buoni costumi
- la stima in cui è tenuto
- le virtù e le capacità
L'ord ine sacro 245
CAPITOLO III
L'ANNOTAZIONE E L'ArrESTATO
DELL'AVVENUTA ORDINAZIONE
2. L'attestato 3718
1053, § 2 (IDIO, § 2*) Il Vescovo ordinante è tenuto a consegnare ai singoli
ordinati un attestato dell'ordinazione ad essi confer ita. L' ordinato, da parte sua, qualora
abbia ricevuto l' ordin azione da un Vescovo di altra diocesi con lettere dimis sorie, pre-
senterà al più presto il detto attesta to al proprio Ord inario, per la relativa annotazione
nell' apposito registro da conservarsi in Curia.
I Il Concilio Vaticano Il tratta del matrimonio anch e in altri documenti : Cost . Lumen
Gentium, nn . 35, 41 ; - Cost , Sacro sanctum Conci lium, nn. 77-88 : - Dccr. Apost olicam
uctuositatem, n. Il .
(I matrimonio 249
Titolo VII
Il matrimonio
CAN. 1055 - § l . Matrimoniale § 1. Il patto matrimoniale, mediante il
foedus, quo vir et mulier inter se to- quale l'uomo e la donna costituiscono tra
tius vitae consortium constituunt, di loro il co nsorzio di tutta la vita, ord ina-
indole sua naturali ad bonum coniu- to per sua natura al bene dei coniugi e alla
gumatque ad prolis generationem procreazione ed educazio ne della prole,
eteducationem ordinatum, a Chri- tra i battezzati è stato elev ato da Cristo
stoDomino ad sacramenti dignita- Signore alla dignità di sacrame nto.
tem inter baptizatos evectum est.
§ 2. Quare inter baptizatos ne- § 2. Pertanto , tra i battezzati non può
quitmatrimonialis contractus vali- sussis tere un contralto matrimoniale va-
dus consistere, quin sit co ipso sa- lido , che non sia per ciò stesso sacra-
cramentum. mento.
J ca noni pre lim in ari enu nziano i prin cipi teol ogic o -giuridici sulla natura del matri-
mon io sui fini e sulle propri età es se nziali, sul " ius connubi i", sulla competen za della
Chi esa, ccc. Comprendono inoltre alcune norme di carattere ge nerale.
0
I La famosa definizione romana di Modestino (3 sec. d.C.). discepolo di Ulpiuno: «Nuptiae
sunt coniunctio maris et feminae et consortium omnis vitae, divini et humani iuris communicatio»
(Digesto , 23, 2, l). Tale "cornmunicatio" significa che, mediante il matrimonio, la donna romana
partecipava al culto familiare (lari e penati) del marito e condivideva col medesimo agli obblighi
e diritti. La definizione contenuta nelle "Institutiones" di Giustiniano (l, 9, I), è attribuita a
Ulpiano : «Viri et mulieris coniunctio individuam consetudinem vitae continens». Sono definizioni
tuttora valide, che. non lontane dalla concezione cristiana del matrimonio, hanno un ricco contenuto
di valori umani, etici. sociali e religiosi.
l l matri monio 251
Ovviamente il consorzio coniugale non è una semplice unione di fatto, pura con- 3731
vivenza more uxorio, quale purtr oppo si verifica con frequenza sempre maggiore nella
società odierna, che giustifica ed approva i cosiddetti matrimon i "camerateschi" , di
"week-end" (di fine settimana) , di "prova" e lo stesso libero amore, mentre si tratta di
forme aberranti di vita, vere parodie di una istituz ione sacra. Il con sorzio matrimoni ale
è una unione stab ile legata ad un imp egno formale, solenne, sancito e tutelato dall a
legge. Il patto (foedus) di cui parla il can. 1055, § I , è anche un eontratto (contractus),
giuridicament e vincolante. com ' è detto espre ssamente nel § 2. Il term ine "contratto"
esprime la realtà giuridica. Il termine "patto", di origine biblica (è usato nei Lib ri Sacri
per indicare la particolare relazione esistente fra Dio e il popol o eletto ). ne esprime la
realtà più intima, fondata sull' amore. Il matrimonio è così un'alleanza fra l'uomo e la
donna, da cui «è posta in essere un'intima comunità di vita e di amore , istitui ta dallo
stesso Creatore e strutturata con leggi proprie» (Gaudium et Spes, n. 48, I) e ord inata
a propri fini .
La pro creazi one dell a prol e - congiunta alla sua edu cazione - è il fine proprio 3734
ed essenzial e dci matrimonio nel sen so che il matrimonio è ordinato "natura sua" ad
essa (ca n. 1055, § I ). Di fatto , tutta via , i figli posso no mancar e a ca usa dell a sterilità
dell'uno o dell 'altro coniuge, o anch e per legittima volontà deg li spos i, che , moss i ad
esempio da moti vi reli giosi, oppu re da es ige nze di paternità respon sabile, qu alo ra
temessero fo ndatamente la nascita di figli anormali, ecc., decidono concordemente di
non far uso de l diritto coniugale. In tali casi , il matrimonio su ssiste nella sua pien a
validità : «A nc he se man ca la pro le, pur viva mente des ide rata - affe rma il Concili o
Vaticano Il - il mat rim oni o co ns erv a il suo va lore e la sua ind isso lubilit à»
(Gaudium et Spes, n. 50) .
Però è anche vero che la nascita dei figli conferisce al matrimonio un sign ificato
più pie no e una ricchezza più profonda, e rafforza l'amore coniugale, cos tituendone
il coro namento. Co n la ge neraz io ne d i nuo ve vite, g li sposi attuano ed es primo no più
compiutamente se stessi e i loro valori persona listi ci, umani e cri stiani, di venend o
gl'i nterpreti e i co operatori de II' A mo re d i Di o Crea to re . In effetti il " bo num
coniugum" e il "bonum prolis" sono legati intimamente fra loro e l'uno è correlativo
all' altro .
252 LlBR() IV - Il "munus sanctificundi" dcllu Chiesa
CAN. 1056- Essentiales matrimo- Le propri età essenz iali del matrim o-
nii proprietates sunt unitas et in- nio sono l'unità e l'indissolubilità, che
dissolubilitas, quae in matrimo- nel matrimonio cristiano rice vono una
niochristiano ratione sacramenti part icolare stabilità a motivo del sacra-
peculiarem obtinent firmitatem. mento.
- non è un elemento essen ziale: "Nupt ias non co ncubitus, sed consensus facit". La cons umazione
conferisce per altro al matrimonio fra battezzati un'a ssolu ta stabil ità. per cui non può essere più
disciolto dal potere vicariale supremo del Romano Pontefice (cnn. 114t ).
b) Sacramentum pèrmanens. 3739
Il matrimon io, o llre c he co ntratto, è per i battezz ati anche un sac rame nto, e lo
è non so lo nell 'i stante in cu i si compie (matrimo nio "i n fieri") , ma anche dop o,
nell'union e che ne consegue (m atrimonio "in facto ess e"). Tale dottrina, difesa in
particolare da S. Roberto Bel/armino e, precedent emente da Ugo di San Vitto re. è
stata fatta prop ria da P io XI ne ll' Enc. Cast i Connubii: «Il sacramento del mat rim on io
può essere conside ra to so tto due aspe tti: men tre si ce lebra e in qu ant o perm ane dop o
la sua ce lebrazio ne. Esso è infatti si mile a ll' Euca ristia , che è sacramento non so lo
mentre si compie , ma a nche ment re perdura: "sacramentum pèrmanens". Allo stesso
modo, fin ché i coniugi sono in vita. la loro unione è sempre il sacramento di Cri sto
e della Chiesa» (n. 42 ).
Si può anche dire che il sacramento del matrimoni o ope ra negli sposi una certa
consacrazione pe rmanente, analoga a quella dei sacrame nti che imp rimono il carat tere
(battesimo, co nfe rmazione e ord ine sacro). Per essa, gli spos i cristiani han no nella
Chiesa un propri o parti col are stato. con obbl igh i e diritti specifici (cfr. Gaudium et Spes ,
n. 48, 2).
c) Conseguenze teologico-giuridiche. 3740
Dalla inseparabilità fra con tratto matrimoniale e sacramento derivano importanti
conseguenze di carattere teo logico giuridico . Ril eviamo le più importanti.
I ° La competenza esclusiva de lla Ch iesa circa i matrimoni dei catto lici, salva la
competenza dell o Stato circ a gli effetti puramente civili (can. 1059).
2° L 'ob bligatorietà per i cattolici dell ' osserv anza dell a form a ca nonica prescritt a,
salve le eccezio ni sta bilite dalla legge (ca n. II 17).
3° L ' identi tà dei min istri del sacramento con le parti co ntrae nti: il mini stro sacro
"assistente" è solo il testimone ufficiale che ha il compito di richi edere e di rice vere il
consenso degl i spos i in nome della Ch iesa (ca n. 1108, § 2).
4° L'interdipendenza giuridica fra contratto matrimoniale e sacramento, per cui,
nei battezzati, l' eventu ale escl usione co n volon tà positiva del sacrame nto comporterebbe
eo ipso l' escl usione ossia la nullit à del co ntratto (ca n. 1099).
3742 L'indissolubilità rende assoluto il vincolo matrimoniale, che dura tutta la vita e non
può spezzarsi se non con la morte di uno dei coniugi. È questa l'indissolubilità intrin-
seca, per cui il consenso dato dagli sposi è irrevocabile e il vincolo matrimoniale resta
sottratto a qualsiasi loro arbitrio o potere'.
L'indissolubilità estrinseca ammette invece, come vedremo, dei casi eccezionali in
cui il matrimonio può essere sciolto:
- Per dispensa del Romano Pontefice, relativamente al matrimonio rato e non
consumato: can. 1142
Per il privilegio paolino: cann. 1143-1147
- Per la potestà vicari a del Romano Pontefice (privilegio petri no): cann. 1148-
1149'.
3743 L'unità e l'indissoluhilità sono proprietà essenziali di qualsiasi matrimonio con-
tratto validamente, sia di quello cristiano sia di quello semplicemente naturale o
ci vile tra persone non battezzate. Ricevono per altro, nei battezzati, una particolare
stabilità e fermezza in forza del sacramento, che fa dell'unione degli sposi cristiani
una figura e una espressione della mistica unione esistente fra Cristo e la Chiesa (Ef.
5,21 ss.), In virtù del sacramento - afferma il Concilio Vaticano II - «l'autentico
amore coniugale è assunto nell'amore divino ed è sostenuto ed arricchito dalla virtù
redentrice del Cristo e dall'azione salvifica della Chiesa... I coniugi cristiani sono
corroborati e come consacrati dal sacramento per i doveri e la dignità del loro stato»
(Gaudium et Spes, n. 48, 2).
La poliandria è oggi piuttosto rara nel mondo. La poliginia è praticata tuttora dai
maomettani, dai mormoni e da varie popolazioni primitive. Il divorzio è diffuso largamente dovun-
que, ed è ammesso formalmente da quasi tutte le legislazioni civili.
L'esclusione dell 'unità o dell'indissolubilirà da parte dei contraenti, renderebbe nullo il ma-
trimonio (can. 1101, § 2).
, Insegna Giovanni Paolo" nella Esort, Ap. Familiaris consortio: «La comunione coniugale
si caratterizza non solo per la sua unità, ma anche per la sua indissolubilità... È dovere fondamen-
tale della Chiesa riaffermare con forza la dottrina della indissolubilità del matrimonio: a quanti, ai
nostri giorni, ritengono difficile o addirittura impossibile legarsi ad una persona per tutta la vita e
a quanti sono travolti da una cultura che rifiuta l'indissolubilità matrimoniale e che deride aperta-
mente l'impegno degli sposi alla fedeltà, è necessario ribadire il lieto annunzio della definitività di
quell' amore coniugale, che ha in Gesù Cristo il suo fondamento e la sua forza.
Radicata nella personale e totale donazione dei coniugi e richiesta dal bene dei figli,
l'indissolubilità del matrimonio trova la sua verità ultima nel disegno che Dio ha manifestato nella
sua Rivelazione: Egli vuole e dona l'indissolubilità matrimoniale come frutto, segno ed esigenza
dell'amore assolutamente fedele che Dio ha per l'uomo e che il Signore Gesù vive verso la sua
Chiesa ... Testimoniare l'inestimabile valore dell'indissolubilità e della fedeltà matrimoniale è uno
dei doveri più preziosi c più urgenti delle coppie cristiane del nostro tempo (n. 20, 1-3 e 6).
., Secondo l'insegnamento di Pio XTllo Stato non ha alcun potere di sciogliere i matrimoni
civili soggetti alla sua competenza e legittimamente contratti: «II matrimonio è, secondo la volontà
del Creatore, una res sacra. Perciò, quando si tratta dell'unione fra battezzati, esso rimane per
natura sua fuori della competenza dell' autorità civile. Ma anche fra i non battezzati, i matrimoni
legittimamente contratti sono nell'ordine naturale una cosa sacra, di guisa che i tribunali civili non
hanno il potere di scioglierli, né la Chiesa in simili casi ha mai riconosciuto la validità delle
sentenze di divorzio . Ciò non toglie che le semplici dichiarazioni di nullità dei matrimoni mede-
simi, relativamente rari in paragone dei giudizi di divorzio, possano in determinate circostanze
essere giustamente pronunciate dai tribunali civili, e quindi riconosciute dalla Chiesa» (Discorso ai
componenti della S. Romana Rota, 6 ottobre 1946: Discorsi e Padiomessaggi di Pio XII, Tip.
Vaticana, vol. VlII, 261).
Il matrim onio 255
• C fr. L. C HIAPPETTA, Temi pastorali ilei Magistero di Paolo VI, voI. Il, pp. 327-329.
258 LIBRO IV - Il "munus sunctificandi" della Chiesa
3749 L'insegnamento di Paolo VI è chiaro e ci porta a distinguere tra l'amore inteso nella
sua accezione sentimentale e psicologica e l'amore considerato nel suo aspetto oggettivo
e deontologico, come impegno di comunione e di vita nei suoi rapporti essenziali. Il
primo è un elemento integrante del matrimonio, e la sua esclusione non ha rilevanza
giuridica, anche se psicologicamente esso è (dovrebbe essere) alla base della comunione
di vita fra gli sposi e delle loro relazioni. Il secondo è un elemento essenziale e la sua
esclusione vizia il consenso e rende nullo il matrimonio.
È illuminante, a tal riguardo, l'insegnamento di Giovanni Paolo Il:
- Il Concilio ha visto il matrimonio come patto d'amore (Gaudium et Spes, n.
48)... Parlando qui d'amore, non possiamo ridurlo ad affettività sensibile, ad attrazio-
ne passeggiera, a sensazione erotica, a impulso sessuale, a sentimento di affinità, a
semplice gioia di vivere. L'amore è essenzialmente dono. Parlando di atto di amore,
il Concilio suppone un atto di donazione, unico e decisivo, irrevocabile come è un
dono totale, che vuole essere e restare mutuo e fecondo" (Discorso ai componenti
della Rota Romana, 28 gennaio 1982: X. OCHOA, Leges Ecclesiae, VI, n. 4897, colI.
8372-8373).
Cfr. in merito l'importante sentenza emessa dalla Segnatura Apostolica il 29 no-
vembre 1975: X. OCIIOA, Leges Ecclesiae, V, n. 4419, colI. 7092-7093)'.
, Riporto da Mons. Mario F. Pornpcdda, Uditore della Romana Rota, la seguente nota invia-
tami cortesemente nei mesi scorsi:
I. È da distinguere l'amore affettivo dall'amore effettivo: il primo appartiene alla sfera del
sentimento e si pone in relazione al matrimonio soprattutto quale spinta psicologica nella scelta e
nella conclusione del patto matrimoniale; il secondo appartiene alla sfera della volontà, c quindi
potrebbe essere sinonimo di ciò che il legislatore ha voluto intendere con l'espressione "bonum
coniugum" (can. 1055, § I). Tale "bonum" costituisce indubbiamente un elemento essenziale del
matrimonio, tanto che, se fosse positivamente escluso con atto di volontà o se si fosse incapace a
realizzarlo, ne risulterebbe la nullità del consenso e quindi del matrimonio.
2. Alla luce di tale distinzione (affettivo - effettivo) si potrebbe intendere una teoria di mezzo
(espressa molto spesso dalla scuola canonistica di Pamplona), per la quale col consenso matrimo-
niale sorge fra i coniugi un "amore dovuto": se prima del matrimonio l'amore era qualcosa di
libero, dopo esso diviene un dovere. Evidentemente la cosa non va riferita all'affettuosità, bensì
all' amore effettivo.
Il matrim onio 259
mento giuridico. La sua soppressione o anche la sua limita zione , non giustificata da
gravi e adeguate ragi oni , cost ituisce - ha ammo nito Paolo VI - un' aperta viola-
zione della dignità umana: " actum est de humana dig nitate" (Enc. Populorum
progressio, n. 37).
La Chiesa ha co ndan nato recisame nte i divieti di matrimo nio per motivi di razza
(Pio XII, Allocuzione de l 3 ottobre 1941 : Discorsi e Radiomessaggi, voI. III, p. 209
ss.), come le dottri ne eugenetiche le qua li hanno da to luogo alla steri lizzazione del-
l'uo mo o dell a donn a, alla proi bizion e de l matrimoni o alle persone affette da gra vi
infermit à, ecc. (S.C. del S. Ufficio, 21 marzo 1931 e 24 febbraio 194 0: X. OCHOA,
Leges Ecclesia e, I, n. 1020, col. 1243; n. 15 19, co l. 1955).
Il "i us connubi i" è affermato sole nneme nte nella Dichiarazione Universal e dei Diritti 3751
dell' Uomo. approvata e proclamata dali' Assem blea Generale delle Nazioni Unite il IO dicem -
bre 194 8:
- Uomini e donn e in età adatta hanno il di ritto di sposarsi e di fondare una famiglia.
senza alcuna limit azione di razza, citta di nanza o religio ne (art. 16, n. l ).
Riportiamo anche l'art. I della Carta dei Diritti della Famiglia, redatta dalla Santa Sede 3752
in data 22 otto bre 1983:
- Ogni uomo o donna, che ha raggi unto l' età del matri monio e ne ha la necessaria
capacità, ha il diritto di sposarsi e di forma re una famiglia senza alcu na discrimina zione;
restrizioni legali all' esercizio di ques to diritto, sia di carattere perm anente che te mporane o,
possono essere introdotte solamente qua ndo sono riehieste da gravi ed oggettive esige nze dello
stesso istituto matrimoniale e della sua rilevanza sociale e pubblica , e devono, in ogni caso,
rispettare la dignità e i diritt i fondamentali della persona (lett . a) .
- Coloro che desiderano sposarsi e for mare una famiglia hanno il diritt o di attendersi
dalla società q uelle condizioni mora li, educa tive , sociali ed economiche, che li mettano in
grado di esercitare il lo ro diritto a spos arsi in piena maturità e res ponsab ilità (lett . b: Comm u-
nicationes, a. 1983, pp . 143-144 ).
Co ns egue nze giuridiche del " ius connu bii". In si ntesi : 3753
I o Il "i us con nubii " è un diritto fo ndamentale de lla person a umana c, co me tale,
irrinun ziabile, ina lienabile, perpetuo.
20 È com pito e do vere de lla pubblica autor ità, relig iosa e civile, ricon oscere
formal me nte tale diritto e tutelarn e con giuste leggi il libero eserc izio .
3 0 Ogn i proi bizione o limitazione de l " ius co nnubi i" dev'essere giustificato da
esigenze di valori superiori, ossia da adeg uati motivi conce rne nti il bene e l'interesse
della socie tà, de lle perso ne, de llo stesso istituto matrimoniale. Deve ino ltre risultare
in modo espresso.
4 0 Tali proibizi o ni e limitazioni (in particolare gl' impedi me nti matrimo nia li)
non hann o alc un carattere penale: intendono solo tutel are e pro muovere il retto e
ordin ato esercizio del "ius connubii", c he evidentemen te no n può essere lascia to
all'arbitrio e all'anarchia dei singoli con trae nti.
5° Esse sono soggette a rigorosa interpretazione, ai se nsi dci can. 18, per cui si
applic ano sol o nei casi prev isti es pressamente da lla legge.
6° Nel dubbio prevale il principio della libertà (cfr . can . 17: cfr. anc he ca n.
1084, § 2), sa lvo che il dubbio rig uardi :
- L'esiste nza dell'impedimento di consag uineità in qua lunq ue grado de lla linea
retta o il secondo grado della linea co llaterale (can. 109 1, § 3);
- Op pure l'esisten za del vinco lo di un matrimonio precedente (cann. 1060 e
1085. § 2; cfr. tuttavi a ca n. 1150, circa il pri vilegio della fed e).
260 LIBRO IV - lt vmunus sancrifcundì" de lla C hiesa
a far parte nel corso del sec . XIX della legislazione della magg ior parte degli Stati d 'Europa
e d' Ameri ca, determinando fra Chies a e Stato uno dei più gravi conflitt i dell ' epoca ",
c) Precisazioni. 3758
Per un' esatta interpretazione del can. 1059. occorre tener presente la norma di
carattere generale stabilita nel can. Il: «Sono obbligate alle leggi puramente ecclesia-
stiche le persone battezzate nella Chiesa cattolica o accolte successivamente in essa...
tranne che sia disposto di versamente in modo espresso».
Non sono pertanto soggette a tali leggi:
- Le persone non battezzate. compresi i catecumeni;
- Le persone battezzate nelle Chiese e nelle comunità non cattoliche e appar-
tenenti tuttor a ad esse, vale a dire gli ortodossi e i protestanti : i cosiddetti "fratelli
separati".
Restano invece soggette alle leggi ecclesiastiche:
- Le persone battezzate nella Chiesa Cattolica , anche se in seguito si siano sepa-
rate formalmente da essa: dopo tale separazione, esse ne perdono in ge nere i diritti, ma
ne conservano gli obblighi. in conformità col principio canonico che "se rnel catholicus,
semper catholicus",
- Le persone battezzate nelle Chiese e comunità non cattoliche (ortodossi, prote-
stanti, anglicani, ecc.), passate successivament e alla Chiesa Cattolica, anche se poi se ne
fossero distaccate.
" In Italia , con l'unificazione politica della penisola , il matrimonio civile fu sancito nel
Codice del 1865 entrato in vigore il IO gennaio 1866, divenendo in tal modo istituto di Stato
obbligatorio (art. 55 ss.), AI matrimon io religioso non venne riconosciuta alcuna efficacia giuridica.
I Patti Lateranensi dell 'II febbraio 1929 mutarono tale ordinamento, poiché con essi (art. 34) si
riconobbe, in alternat iva, il matrimon io religioso celebrato dinanzi al parroco (a un suo delegato),
e il matrimon io civil e non eb be più il carattere obbligatori o. La normativa concord ataria del 1929
è stata confermata sostanzialmente nei nuovi Accordi stipulati fra la Santa Sede e la Repubblica
Italiana il 18 febbraio 1984 (art. 8).
262 LIBRO IV - Il "m unus sunctificandi' della Chiesa
CAN. 1060- Matrimonium gaudet Il matrimonio gode del favore del dirit-
favore iuris; quare in dubio stan- to, per cui, in caso di dubbio, bisogna
dum est pro valore matrimonii, affermarne la validità finch é non sia pro-
donec contrarium probetur, vato il contrario.
In co nformità col can. II, il can. 1059 stabilisce un dupli ce prin cipio :
IO Il matrimonio dei cattolici , di escl usiva competenz a dell a Chi esa, è retto dall a
legge canonica, oltre che da qu ella di vina .
2 0 È soggetto alla legge ca nonica anc he il matrimonio d i due per sone di cui una
sola sia cattolica, poiché si tratta di un solo e medesim o matrimonio.
4° Matrimonio di due persone, di cui una sola sia cattolica, mentre l'altra non è
cattolica (matrimonio misto) o non è neppure battezzata (matrimoni o con disparità di
culto ): la competenza è, parimenti, della Chiesa cattolica e preval gono le sue leggi, a
mot ivo della unicità dell'atto matrimoni ale.
Circa il matrimonio di persone che, battezzate nella Chiesa cattolica o ricevute in essa, ab-
biano poi defezionato dalla medesima con atto formale. si dirà in seguito nei canoni specifici: cfr.
cann. 1086 e 111 7.
Il matri monin 263
2. Nor me ulteriori
I) Distinzioni 3761
In rapporto ai suoi vari aspetti, il matrimon io può essere:
- Religioso e civile
- Valido , invalido, putativo e attentato
- Semplice mente rato e consumato insieme
- In fieri e in facto esse
Diamo per ora la sola spiegazione dei term ini: per gli approfondimenti , rimandia mo
ai canoni seguenti.
a) Matrimonio religioso e civile 3762
Il matrimon io religioso è quello celebrato nella forma cano nica prescritta dalla
Chiesa. Il matrimonio civile, quello contralto nella forma prescritta dallo Stato, dinanzi
al pubblico magistrato o funzionario. Tale matrimonio è per altro legittimo, se i contra-
enti non sono battezzati (cfr. can. 1015, § 3, Codice 1917, e can. 1117 Cod ice 1983);
- illegittimo, se attentato da persone tenute alla forma canonica del can. 1117.
A termine de l can . 1015. § 3, del Codice pio-benedettino, il matrimonio legittimo
è il matrimonio contralto validamen te da persone non battezzate. Tale denominazio ne è
stata abbandonata nel nuovo Codice tCommunicationes, a. 1977, p. 128, can. 257, § l).
È qui usata , perc hé no n cc n' è un' altra più appropriata, che possa sostit uirla. Alcu ni
suggeriscono di usare l' espressione "matrimonio naturale", ma è troppo ampia e supera
i limiti del matrimoni o civile.
b) Matrimonio valido e invalido, putativo e att entato 3763
1061 (1015. § 4 *) Il matrimonio valido è quello che. celebrato nell' osservanza
delle condizioni e delle moda lità stabi lite dalla legge, crea fra gli sposi il vincolo coniu -
gale. Il matrimon io invalido. quello da cui non sorge tale vincolo per difetto di co nsenso
o di forma opp ure a ca usa di un imped imento diri mente.
264 LIBRO TV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa
, Da notare: si è parlato di violenza e d' ingan no, non di timore. L' atto sessuale, anc he se
co mpiuto per timore grave e ingiusto. è vero atto coniugale in ordine alla consum azione del
matrimonio, tranne che il timore incusso al partner sia stato tale da co mpromettere la sua ca pacità
d'intendere c di volere.
Ma può dirsi "consumato" il matrimonio qualo ra la copula si realizzi co n mezzi anticonce-
zionali? La questione Fu discussa dal Gruppo di Studio "De iure matrim oniali" nella sed uta del 19
febbraio 1970, e i pareri dei Consultori furono diversi. Le conclu sioni , riassunte dal Card. Pericle
Felici, furono le seguenti: ..
- Quand o media anticonceptionalia afficiunt ipsum coitum, non habetur copula perfecta et
ideo non habetur consummatio matrimonii
- Quan d o iIla med ia non aftici unt coi tu m habe tu r copula perfecta et ideo habetu r
consummatio
- Aliquae dubitationes pèrmanent circa cop ulam condo matam (Communicationes. a. 1974.
p. 195)
Il matrimonio 265
diventano una sol a carne (Gen. 2, 24)8. Si approfondi rà il conce tto di "copula" nel
commen to al ca n. 1084 .
Celebrato il matrimonio, se i coniu gi hanno coabitato fra loro, se ne presume la
consum azione (praes umptio iuris), finch é non si dimo stri il contrari o.
La co nseg uenza giuridic a più importa nte della distinzione tra mat rimonio sempli-
cemente rato (matrimonio-sacramento) e matrimonio rato e consumato insieme, è che il
primo può esse re sciolto "iust a de ca usa" dal Romano Pontefi ce in virtù della sua
suprema potestà (ca n. 1142), mentre il seco ndo non può essere scio lto da nessuna
autorità umana né per alcuna causa, ecc etto la morte (ca n. 114 1).
Da notare. La dott rina prevalente ritiene che il matrimonio contratto fra una persona battez- 3766
zata e un' altra non battezzata, non sia sac ramento neppu re per la persona battezzata , perché - si
afferma - il matri monio fra l'u na e l'altra persona è un atto unitario e indivisi bile. Un tale motivo,
tuttavia, non sembra del tutto convincente: l'un itariet à dell ' atto - si osserv a - non impedisce che
esso abbia un'efficacia diversa nei due soggetti. D'altra parte - si aggiunge - negare che il
matrimonio sia sacra mento nel coniuge battez zato è pri varlo, per un motivo molto discutibile. della
grazia sacramentale, di cu i eg li ha bisogno per l'assol vimento dei suoi gra vi doveri. Sembra che
in tal modo si limit i arbi traria mente l'immensa generosità di Dio nell'elargire la sua gra zia.
Un argomento a favore de lla non sacramcntalità del matrimonio contratto fra una persona 3767
battezzata e un'altra non battezzat a, può derivarsi dal fatto che un tale matri monio vie ne ormai
sciolto dalla Chiesa, anche se non consumato. Se fosse sacrame nto, lo scioglimento non sare bbe
possibile , perch é in cont rasto col principi o affermato nel can. 1141. I primi atti di sciog limento
risalgono al pontific ato di Pio XI, relativamente ai matri moni contratti fra una persona non battez-
zata e una persona battez zata acattolica, disposta a convertirsi al cattolicesimo. Sotto il pontificato
di Pio XII i medesimi atti furono estesi ai matrimoni cont ratti, previa dispensa dall 'impedimento
di disparità di culto, fra una parte non battez zata e una parte battezzata cattolica.
8 L' espressione biblica "et erunt duo in carne una" non ha soltanto un significato fisico, ma
anche moral e, poiché il termine "caro" indica in ebra ico non so lo il corpo, ma la person a umana
nella sua integri tà. L 'un ità fra gli sposi, dev ' essere dunque piena e compl eta, comprendere cioè il
pensiero, il se ntime nto, la volo ntà, l' amore, oltre che la sfera sessuale.
266 LIBRO IV - Il "munus sanctificundi' della Chiesa
Greci. dai Romani e da altri popoli, e che la Chiesa non mancò di accogliere nella sua
prassi pastorale e giuridica, spogliandola delle superstizioni che l'accompagnavano e
donandole un sign ificat o religio so . II termine latino è sponsalia, dal verbo sponde o ,
promettere. Gli spons ali sono definiti da Fiorentino, giuri sta romano del \I secolo d.C. :
"Ment io (conventio?) et reprom issio nuptiarum futurarum" (Digesto. XXIII , I, de
spons., l). Alla promessa di matrimonio, si suole unire una convenzione patrirnoniale.
a) Formalità dell'atto 3782
Giuridicamente, la promessa di matrim onio è unilaterale e bilateral e.
- Unilaterale , quando la promessa è fatta da una sola delle due parti, che intende
vincolarsi con essa , mentre l'altra si limita ad accettarla, senza impegnarsi a sua volta;
- Bilaterale, quand o la promessa è reciproca.
II Codi ce precedente, confermando la norm a stabilita da Pio X nel Decreto Ne
t èmere del 1907, ne fissò direttamente le formal ità, stabilendo che, ai fini della validit à
"pro utroque foro", la promessa, sia unilat erale che bilaterale, venisse fatta con un
documento scritto, firm ato dalle parti e insieme dal parroco o dall'Ordinario del luogo
o almeno da due testimon i. Il nuovo Codice ne lascia inve ce la regol arnent azione alle
Conferenze Epis copali , che, nell ' emanare le norme relative, dovranno tener con to delle
eventu ali co nsuetudini e delle leggi civili.
La Conferenza Episcopale Italiana, con delibera del 23 dicembre 1983. ha deciso di non
«emanare normative particolari per le promesse unilaterali o bilaterali di matrimonio in Italia»
(Enchir. CEI, voI. 3, p. 915, n. 1597). Occorre quindi attenersi O al disposto del can. 1017, §§ l ·
2. del Codice 1917, o alle norme della legislazione civile, contenute negli artr. 80-81 del Codice
civile, o anche alle legittime consuetudini.
b) Condizioni 3783
Nel can . 1062 dell' attuale Codice - come neppure nel ca n. 1017 del Codi ce
precedente - nulla è stab ilito circa la capacità dei prom inenti. Ma poich é la promessa
di matrim onio è ordinata alla sua celebraz ione, ne viene di conseg uenza che, ai fini della
validità dell a promessa, valgono sostanzialmente le mede sime condizioni prescritte per
il consenso matrimoniale (can . ] 095 S5.).
È necessario in particolare:
- Che i promittenli abbi ano la necessaria cap acità d'intendere e di volere (can .
124, § I) e una sufficiente maturità: la discrezione di giud izio del can . 1095, n. 2.
- Che non siano affetti da anom alie psichi che (can. 1095, n. 3).
- Che la promessa non sia viziata di errore sostanziale (ca n. 1097), timore grave
(can. 1103), dolo (can. 1098) o violenza (cann. 125. § I, e J 103).
- Che la promessa sia fatta con la necessaria deliberaz ione , ossia con un ' adegu ata
conoscenza della natura del matrimonio e degli obblighi ch 'esso comporta (can. 1096).
Nel foro esterno, la promessa di matrim onio fatta legalmente co n le debite formalità
si presum e valida "donec contrarium probetur" .
c) Effetti 3784
La promessa di matrimonio - promessa formale, giuridica, fatta secondo le norme
stabilite dalla legge , non semplice promessa fatta privatamente, che "ex iure positivo"
non ha alcun valore né in foro esterno né in foro interno - vincola in coscienz a chi l'ha
fatta, il quale è tenuto ad adempierla, tranne che un motivo grave lo esim a dall'obbligo .
Giuridicamente, tuttavia - attesa la natura del matrimonio fondato sul libero consenso
- egli non può essere costretto ad osservare la sua promessa. È tenuto solo a riparare
i danni colpevolmente arrecati. qual ora, senza gius to motivo , rifiuti di contrarre rnatri-
270 LIBRO TV- Il "rnunus sanctificandi" della Chiesa
monio oppure dia all'altra parte un giusto motivo di troncare il fidanzamento. L'azione
relativa - la quale non può sospendere la celebrazione del matrimonio, che la parte
colpevole intendesse contrarre con un'altra persona - può essere proposta sia presso il
giudice ecclesiastico che quello civile (Pont. Comm. per l'interpret. del Codice, 2-3
giugno 1918, n. IV, 1-2: X. OCHOA, Leges Ecclesiae, I, n. 94, col. 125).
3785 Per le nonne statuali in tale materia, sono da tener presenti gli artt. 79-81 del Codice Civile
Italiano:
- Art. 79: «La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si
fosse convenuto per il caso di non adempimento».
- Art. 80: «Il promittente può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa
di matrimonio, se questo non è stato contratto».
- ArI. 81 (secondo la "Riforma del diritto di famiglia" del 1975): «La promessa di matrimo-
nio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata da una persona maggiore di età
o dal minore ammesso a contrarre matrimonio a nonna dell'art. 84, oppure risultante dalla richiesta
della pubblicazione, obbliga il promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla, a risarcire
il danno cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella
promessa. Il danno è risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla
condizione delle parti».
3786 d) L'eventuale scioglimento
Il fidanzamento, diversamente dal matrimonio, è un contratto risolutivo. Può essere
sciolto per motivi vari:
- Per decisione consensuale delle parti
Per denunzia della parte che ha accettato la promessa, qualora questa sia uni-
laterale
Per il sorgere di un motivo grave, che impedisca il matrimonio
Per il sopravvenire di una grave malattia, soprattutto mentale
Per il mutamento notevole delle circostanze
Per l'inadempienza di una condizione apposta alla promessa
Perché una delle parti intende abbracciare la vita sacerdotale o religiosa
Perché si teme fondatamente che il matrimonio non avrà esito felice, ecc.
CAPITOLO I
LA CURA PASTORALE E REQUISITI PREVI
ALLA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO
sociale, affi nc hé i fedeli siano debitamente istruiti sul significato del matrimonio cristia-
no, inteso come vocazione e missione, sui valori umani e soprannaturali, sui compiti dei
coniugi e dei genitori (n. I).
3790 La preparazione personale è quella immediata , che, con apposi ti corsi ed altre
iniziative, è impegnata ad approfondire la catechesi matrimoniale e, in particolare, a
disporre spiritualmente i fidanzati alla santità e agli obblighi del loro nuovo stato (n. 2).
Segue la celebrazione liturgica del matrimonio, che va preparata ed effettuata con
grande cura, sì da mettere in luce come i coniugi sono il segno vivente del mistero di
unità e di amore fecondo esistente tra Cristo e la Chie sa (Ef, S, 21 ss.) e realmente vi
partecipano (n. 3).
3791 La pastorale matrimon iale continua per altro anche dopo la celebrazione del ma-
trimonio. Gli sposi, infatti, hanno bisogno di una particolare continua assis tenza, affin-
ché osservino e custodiscano fedelmente il patto coniugale e vivano in seno alla propr ia
famiglia una vita cristianamente sempre più santa e più piena (n. 4). Come si dirà nel
canone seguente, l'organizzazione concreta di tale assistenza spetta in particolare all'Or-
dinario del luogo. Nell'ambito parrocchiale, spetta al parroco.
3792 " migliore commento al can. 1063 è la sua fonte immediata , i nn. 66-69 della Esort. Ap.
Familiaris consortio di Giovanni Paolo Il, di cui riportiamo i passi più significativi, ricchi di
saggezza pastorale.
- La preparazione al matrimonio va vista e attuata come un processo graduale e continuo.
Essa, infatti, comporta tre principali tappe: una preparazione remota, una prossima e una immediata.
La preparazione remota ha inizio sin dall'infanzia, in quella saggia pedagogia familiare
intesa a dirigere i fanciulli a scoprire se stessi come esseri forniti di rieche e complesse doti
psicologiche e di una propria personalità, con forze e debolezze proprie. È questo il tempo in cui
va inculcata la stima per ogni autentico valore umano, sia nei rapporti intcrpersonali sia in quelli
sociali. Esso è importante per la formazione del carattere. per il dominio e il retto uso delle proprie
inclinazioni, per il modo di considerare e incontrare le persone dell'altro sesso, e così via. È
richiesta inoltre, specialmente per i cristiani. una solida formazione spirituale e catecherica, che
sappia mostrare nel matrimonio una vera vocazione e missione, senza escludere la possibilità del
dono totale di sé a Dio nella vocazione alla vita sacerdotale o religiosa.
Su questa base s'i mposterà in seguito. con maggiore ampiezza. la preparazione pressi-
ma. la qua le esige una più specifica preparazione alla recezione dei sac rame nti, qu asi a una
loro scop erta. Questa rinnovata catec hesi di quant i si preparano al matrimoni o cris tiano è del
tutto necessaria affin ché il sac ramento sia celebrato con le dovute disposizioni morali e spiri-
tuali , e di esso poi si viva . La formazione religiosa dei giovani dovrà esse re integrata, al
moment o adat to e secondo le varie esigenz e concrete. da una prep arazione alla vita a due che,
prese nta ndo il matrim onio co me un l'apporlo interperso nale dell 'u omoe dell a donna da svilup-
parsi co ntinuamente, stimoli ad approfo ndire i problemi dell a sessualità co niugale e della
paternit à responsabile, con le conosce nze med ico-biologiche esse nziali che vi so no co nnesse,
e porti all'acquisizione dei retti metod i di educazione de i figl i e. nello stesso tempo, degli
element i di base per un' ordinata conduzione de lla famiglia...
La preparazione immediata deve aver luogo negli ultimi mesi e settimane che precedono le
nozze. quasi a dare un nuovo significato, un nuovo contenuto e una nuova forma al cosiddetto
esame prematrimoniale, richiesto dal diritto canonico. Di questa preparazione, sempre necessaria
in ogni caso, hanno maggiormente bisogno quei fidanzati che presentassero carenze e difficoltà
nella dottrina e nella pratica cristiana. Si tratta di un cammino di fede, analogo al catecumenato,
nel quale occorre in particolare approfondire la conoscenza del mistero di Cristo e della Chiesa, il
significato della grazia del matrimonio cristiano, i suoi compiti, e disporsi debitamente a prendere
parte attiva e consapevole ai riti della liturgia nuziale.
Alle diverse fasi della preparazione al matrimonio - che abbiamo descritto solo a grandi
linee indicative - deve sentirsi impegnata non solo la famiglia cristiana, ma tutta la comunità
ecclesiale... Relativamente alla celebrazione. il matrimonio cristiano esige per sé una celebrazione
liturgica, che esprima in forma sociale e comunitaria la natura essenzialmente ecclesiale e sacra-
mentale del patto coniugale fra i battezzati... Il rito stesso della celebrazione dev'essere semplice
Il matrimonio 273
CAN. 1064 - Ordinarii loci est cu- Spetta all'Ordinario del luogo curare
rare ut debite ordinetur eadem as- che tale assistenza sia debitamente orga-
sistentia, auditis etiam, si opportu- nizzata, consultando anche, se sembri op-
num videatur, viris et mulieri bus portuno, uomini e donne di provata espe-
experientia et peritia probatìs, rienza e competenza.
e dignitoso. secondo le norme stabilite dalla competente autorità della Chiesa. alla quale spetta pure
- in conformità con le nonne impartite dalla Sede Apostolica - di assumere eventualmente nella
celebrazione quegli elementi propri di ciascuna cultura, che meglio valgano ad esprimere il profon-
do significato umano e religioso del patto coniugale. purché nulla contengano d'incompatibile con
la fede e la morale cristiana tEnchir. Var., voI. 7, p. 1541 ss.).
Circa la preparazione personale e immediata al matrimonio, è opportuno ricordare 3793
che i pastori d'anime non possono mostrare uno zelo eccessivo . imponendo sotto pena
di esclusione dal matrimon io la partecipazione dei fidanzati ai corsi da essi predisposti.
Sarebbe un abuso di potere e insieme un grave errore pastorale. contrario alle espresse
direttive dalla Chiesa.
Nel 1918, fu presentato alla Commissione per l'interpretazione del Codice il seguente quesito
in rapporto al can. 1020, ~ 2 (Codice 1917) :
- Nel caso che la fidanzata o il fidanzato ignorino la dottrina cristiana, bisognerà negar loro
la celebrazione del matrimonio oppure differirla, finché non acquisiscano una sufficiente istruzione?
Risposta del 2-3 giugno 1918:
- II parroco osservi il can. 1020, ~ 2 ... Cerchi d'impartire con cura ai fidanzati almeno i
primi elementi della dottrina cristiana . Se poi essi si rifiutino non è opportuno escluderli dal
matrimonio, a norma del ClIO . 1066 (X. O CHOA . Leges Ecclesiae, l, n. 94, IV, 3, col. 125).
Il can. 1066 vietava al parroco - <misi gravis urgeat causa, de qua, si fieri possit, consulat
Ordinariurn- - di assistere ai matrimoni di un pubblico peccatore o di una persona colpita da
censura, che si rifiutasse di accostarsi alla confessione sacramentale o di riconciliarsi con la Chiesa.
CAN. 1066- Antequam matrimo- Prima di procedere alla celebraz ione del
nium celebretur, constare debet matrimonio, deve con stare che nulla si
nihil eius validae ac licitae cele- oppone alla sua validità e liceità.
brationi obsìstere,
Il principio di carattere generale, formulato nel can. 1066, ha la sua determin azione
concreta nel canone seguente, che prescrive delle accurate indagini circa lo stato libero
dei contraenti. La normativa è lasciata alla competenza delle singole Conferenze Episco-
pali, le quali potranno adattarla opportunamente alle particolari esigenze dei propri
territori . Rimane per altro obbligatorio l'esame degli sposi, ma il contenuto e le modalità
sono precisati dalle singole Conferenze. Il contenuto essenziale è per altro già fissato dal
Codice: concerne l'assenza d'impedimenti (can. 1083 55.) , il libero e valido consenso dei
contraenti (can. 1095 5S.) , una sufficiente conoscenza della dottrina cristiana in genere
e della dottrina matrimoniale in particolare: significato e fini del matrimonio, proprietà
essenziali, doveri reciproci degli sposi, doveri verso i figli, valore e dignità del matri-
monio-sacramento, ecc. (can. 1063).
Cfr. anche can. 1020, § 2, Codice 1917.
3802 L 'Istruzione emanata dalla Congregazione dei Sacramenti in data 4 luglio Inl amm onisce
espressame nte che «non è lecito ai parroci assistere a un matrimonio, neppure col pretesto o
l' intenz ione di distogliere i fedeli da un turpe concubinato, o per evitare lo sca ndalo del cosiddetto
matrimonio civile, prima che si siano legittimamente accertati dello stato libero de i contraenti e
abbiano osservato tutte le prescrizioni disposte dal diritto» n. I : X. OCHOA , Leges Ecclesiae , I, n.
365. col. 399 ). La successiva Istruzione del 29 giugno 1941 della medesima Congregazione affer-
ma che l'obbligo del parroco di accert arsi debitamente dello stato libero dei contrae nti è grave:
«M unus inqu ircndi parocho sub gra vi incumbere patet ex gravitate rei : nequ e a tali onere ipse
e ximitur, Iicet moraliter certus sit nihil obstare validae ac licitae matrim oni i ce lebrationi» (n. 4:
Leges Ecclesiae, I, n. 1626. col. 206 5).
3803 Le pubblicazioni non sono più obbligatorie per diritto comune (Communicationes,
a. 1977, p. 140, can. 251), poiché le indagini necessarie possono effettuarsi anche con
altri mezzi. La loro conservazione. nella forma orale o scritta (per affissione) , dipende
dalla deliberazione delle Conferenze Episcopale. Per le norme richiamate dalla Confe-
renza Episcopale Italiana, v, n. 3830.
Il parroco, da parte sua, può procedere all'assistenza del matrimonio solo dopo
l'e satto adempimento di tutte le formalità prescritte.
3804 Il compito delle indagini prematrimoniali spella per sé al parroco a c ui compete l'assistenza
canonica alle nozze, ossia. a nonna del can. 1115:
H matrim onio 277
CAN. 1069 - Omnes fideles obli- Tutti i fedeli hanno l'obbligo di rivela-
gatione tenentur impedimenta, si re al parroco o all 'Ordinario del luogo,
quae norint, parocho aut loci Or- prima dell a celebrazione del matrimonio,
dinario, ante matrimonii celebra- gli impedimenti di cui fossero a cono-
tionem, revelandi. sce nza.
CAN. 1070 - Si alius quam paro- Se le indagini sono state eseguite da un
chus, cuius est assistere matrimo- parro co diverso da quello a cui compete
nio, investigationes peregerit, de assistere al matrimonio, il detto parroco
harum exitu quam primum per au- informi al più presto l'altro del loro esito
tbenticum documentum eundem con un documento autentico.
parochum certiorem reddat.
I Il parroco è per sé quello che ha eseguito le indagini prematrimoniali, in ordine alla celebra-
zione del matrimonio, in conformità col can. 1115 (Communicationes. a. 1983, p. 226. can. 1023).
278 LIBR() IV • Il "m unus sancti ficnndi" della Chiesa
parroco ha l' obbligo d'informare tempestivamente l'altro parroco del risultato delle sue
indagini, mediante un documento autentico, debitamente firmato e munito del sigillo
parrocchiale. Trattandosi di un parroco di diversa diocesi, il documento va spedito
tramite la Curia diocesana, con l'a ggiunta del "nulla osta" dell'Ordinario (Istr. della
Congregazione dei Sacramenti, 29 giugno 1941 , n. 4, a 2-3: X. OCHOA, Leges Ecclesiae,
I, n. 1626, col. 2065 ).
, A tal rigua rdo è da tener present e l' art. 8 dei nuovi Accordi interve nuti tra la Sant a Sede
c la Repubblica Italiana ( 18 febbraio 1984).
Ovvia mente, è necessaria l'autorizzazione dell ' Ordinario del luogo anche per la celebraz ione
dci matrimon i religiosi di cui, per particolari motivi, non s'i ntende chiedere la trascri zione ag li
effetti civili, com e risulta espressamente dall ' art. 28 della Istruz ione della S. Congrega zione dei
Sacramenti, IOluglio 1929. Il 4 0 comma di tale articolo avverte anzi gli Ordinari di procedere con
molta circospezione nel perme ttere tali matrimoni, potendosi verificare degl'inconvenienti non lievi
(X. OeIlDA, Leges Ecclesiae, I, n. 9 14, col. 1098).
È anche da tener presente l'art. 39 del documento pastorale Evangelizruzione e sacra mento
del matrimonio dell'Episcopato Italiano, in data 20 giugno 1975 :
- Per i cristiani non vi sono diverse possibilit à di contrarre valido matrimon io, ma una sola:
la celebra zione, cioè. del matrimon io secondo la forma stabilita dalla Chiesa . Per i battezzati ,
infatti, non vi può essere valido matrim onio che non sia nello stesso te mpo sacramento, e come tale
sottoposto alla legitt ima com petenza della Chiesa. Il matr imonio così contratto deve avere anche
in campo civi le, a lutti gli effetti, la rilevanza che spe tta ad un valido mat rimon io. In Italia, ciò è
garantito al presente dal conco rdato in vigore, e conisponde non solo a un diritt o dei con iugi, ma
anche al dovere che i coniugi stessi hanno di assicurare, nei limiti delle possibilità, il riconoscimen-
to civile alla loro unione matrimoniale, sia nell'in teresse legittim o dei figli , sia per riguardo alle
280 LIBRO IV . Il "mu nus su.m.'.fificandi" della Chiesa
3812 Il caso più frequente è quello di una persona sposata nella forma civile, la quale desidera
contrarre il matrim onio religioso con un' altra persona. La Conferenza Episcopale ha liana ha dato,
a tal riguard o, la seg uente diretti va, ispira ta al n. 20 dell a Istruzione della Congregazione dei
Sacramenti del 25 marzo 1955 (X. OcIlOA , Leges Ecclesiae, Il, n. 2493, col. 3380 :
- Più delicato è il caso in c ui una perso na cattolica sposata solo civil mente, separata dal
"coniuge" e in attesa di ottenere il divorzio , chiede di celebrare il matrimonio solo religioso con
una terza persona canonicamente libera. Anche se il richiedente risulta "libero" di fronte alla Chiesa
(perché la celebrazione civile non l'h a vincolato ad un valido matrimonio, per la mancan za della
"forma canonica") e quindi conserva integro il suo fondamentale diritto al matrimonio valido, non
si può disattendere il fatto ch'egli ave va pur espresso, celebrando il matrim onio civile, una precisa
volontà matrimoniale verso una diversa persona, con la quale poi, forse, è vissuto per anni e magari
anche con la presenza di figli. L' azione pastorale della Chiesa deve proce dere co n grande equili-
brio, sia per ragioni di equità verso tutte le persone implicate nella situazione, sia perché la crisi
di quella situazione "coniugale" induce a doverosa prudenza circa le atti.tudini matrimoni ali del
richiedente, sia e ancor più perché la Chiesa - che ha sempre difeso la stabilità dell'i stituto
matrimoniale - non può rischiare di favorire, di là dalla sua inten zione. il " moltiplicarsi" delle
esperienze co niugali, con il pericolo d' ingenerare la prassi di una sorta di "matrimonio di prova",
Per questi motivi non si dovrà normalme nte co ncedere la celebrazione del matrimonio sem plice-
mente religioso con una terza persona, finché la vicenda del precedente matrimon io civ ile non si
sia conclusa con una regolare sentenza di divorzio , che abbia compo sto le eventuali penden ze tra
tutte le parti interessate'.
3813 3° Il matrimonio di chi sia legato da obblighi naturali, sorti da una unione prece-
dente, verso l'altra parte o i figli nati dalla detta unione.
Le ipotesi possono essere diverse:
Matrimonio valido, cessato per la morte di uno dei coniugi
Matrimonio dichiarato nullo dalla competente autorità
Matrimonio sciolto per dispensa del Romano Pontefi ce
Matrimon io civile sciolto per divorzio
Semplice unione di fatto, ecc. (Communicationes, a. 1977, pp. 144-145, lettoc).
Da queste unioni legittime o illegittime precedenti possono sorgere obblighi natu-
rali, che vanno opportunamente tutelati nell' eventualità di passaggio a nuove nozze.
L'Ordinario del luogo ne ha il dovere e il diritto , e, qualora la parte interessata non
intenda adempiere i suoi obblighi, egli può anche vietarle il matrimonio religioso, ai
sensi del can. 1077, § l.
esigen ze del bene comune della società, di cui la famiglia è la cellula primordiale. Ment re pertanto
rimango no in vigore le disposizioni del concordato in materia matrimonia le... i Vescovi richiamino
l' attenzione dei fedeli sul principio che i cattolici in Italia - sal ve le eccezioni che l' Ordinario
diocesano stimasse opportun o di conced ere per giuste ragioni di ordine pastorale - debbano
celebrare il matrim onio soltanto nella forma canonica, avvale ndosi del riconoscimento agli effetti
civili ass icurati dal concordato (Enchir. CEI, voI. 2, pp. 759-760, nn. 2 196-2 (97) .
.\ CEl , La pastoral e dei divorzia ti. ecc.. 26 aprile 1979, n. 40: Enchir. CEI , vol. 2, p. 1264 nn.
3446-3447 . - Relativamente ai cattolici sposati civilmente , i quali chiedono di regolarizzare re-
ligiosamente la loro unione , la norma dettata dalla CEI nel medesimo documento è la seguente:
- Di fronte alla richiesta di cattolici sposati solo civilmente di "rego larizzare" la loro posi-
zione, è necessaria una particolare prudenza pastorale. Questa, mentre si rifiute rà di procedere in
forma sbrigativa e quasi burocrati ca come se si trattasse di una mera "sistem azione" di una situa-
zione anormale, dovrà farsi attenta ad individuare i motivi della richiest a del matrimonio religioso
alla luce della scelta precedentemente fatta in contrasto con la legge della Chiesa. Per la celebra-
zione del matrimonio religioso, si dovrà accertare che i nubendi siano sincera mente pentiti e
disposti a rimette rsi in cordiale comunione con la Chiesa, ed esige re una particolare preparazione
anc he dal punto di vista della catechesi cristiana del matrimonio (n. 39: Enchir. CEI, voI. 2, pp.
1263- 1264, n. 3445).
Il matrim onio 281
Una disposizione molt o giusta della Conferen za Episcopale Colombiana, 1975, n. 195:
- Quando uno dei contraenti ha avut o dei figli da una libera unione precedente, il parroc o,
prima di procedere alla ce lebrazione dci matrim onio can onico con una terza persona , de ve cercare
con molta prudenza che veng a sanata la della unione con un legame legittimo. Sarebbe contrari o
alla giustizia ammettere indiscriminatamenle al matrimonio religioso persone che hanno contratto
obblighi da una unione , la quale, pur senz a vincolo giuridico, ha dato vita a una famiglia .
4 ° Il matrim onio di chi abbia abbandonato notoriamente la fede cattolica. Per il 3814
significato di " abbando no notorio " , v. n. 1142.
Occorre rilevare inoltre:
a) L'abbandono notorio della fede non coincide con la defezione form ale dalla
Chiesa cattolica. Chi , infatti, si distacchi form almente da1la Chies a cattolica, non è più
soggetto a1la form a canonica del matrimonio (can. 1117), tranne che sposi una person a
battezzata rimasta fedele alla Chiesa (can. 1059), mentre, come appare chiaramente dal
can. 1071, § I, n. 4, chi abbandoni notoriamente la fede cattolic a, riman e soggetto alla
legge del matrimonio canonico .
b) L'abbandono notorio della fede cattolica non deve unirsi all'ascrizione a una
comun ità ecclesiale non cattolica, poiché in tal ca so si avrebbe il matrimonio misto,
regolato da i cann . 1124-1129.
c) L' abbandono notorio della fede cattolica, di cui si parla nel can . 1071 , § l ,
n. 4, probabilmente non deve intendersi in senso stretto, ma nel senso di un abban-
dono notori o dell a prat ica religiosa o anche de1la situazione dei cosiddetti "non ere-
denti" , a cui accenna Gi o vanni Paolo II nell a Esort . Ap . Familiaris consortio, n. 68.
ossia di qu ei cattolici che, sen za un formale atto di apostasia né una notori a ade sione
a una relig ione non cattolica, vivon o tutt av ia in un atteggiamento di agnostici smo o
di ateismo pratico". Tr atteremo in particol are del matrimonio dei " battezzati non
credenti" nel n. 4157.
Del matrimonio dei comunisti s'interessò a suo tempo la Congrega zione del S. Uffi cio 3815
(Dichiara zione dell ' Il agosto 1949), stabilendo ch'esso pote va ce lebra rsi a norma dei eann. 1065-
1066 (Codice 1917), tranne che si trattasse di comun isti atei (cfr. X. OeIlOA, Leges Ecclesiae, [I,
n. 2055, coli . 2603 -2604 ; n. 2073, coli. 2623-2624). Le deliberazioni del S. Ufficio prob abilmente
non sono più in vigore, ma da esse possiamo trarre la norm a giuridi co-pastorale in rapport o al can.
1071, § I, n, 4 del l' attual e Codice. In genere . l'adesione a un parti tu comunista. anche mediante
formale iscri zione , non comporta l' abband ono della fede catto lica, e il parroco può procedere alla
4 La posizion e di tali persone fu discussa a lungo in seno al Grupp o di Studi o "De matrim o-
nio" ; cfr. Communica tiones, a. 197 3, p. 71, 3° e 4° cpv.; a. 1977. p. 145,lctt. f Venne ro fatti a tal
riguardo i se guenti rilie vi:
- - La norma stabilita nel can. 1065 del Codice 1917, non contiene un impedime nto in senso
proprio, anche se un tal mat rimonio , contratto da una persona che abbia abbandonato notoriamente
la fedc cattoli ca, talvolta può dar luogo a inconvenienti maggiori che non lo stesso matrimoni o
misto.
- La questione dive nta pastoralmente molto più difficile, se tutt 'e due le parti contrae nti
abbiano abbandonato notori ament e la fede cattolica, e tuttavia , per ragioni non religiose, quali , ad
esemp io, le tradiz ioni di famig lia o i costumi dell a regione. desideran o contrarre in chiesa il loro
matrimonio. Da una patte, non sembra conveniente concedere il matrim onio religioso, di cui gli
stessi contraenti non riconos cono il valore c il significato: dall' altra , coloro che abband onino la
fede, non pe r que sto perdono il diritto di contrarre un matrim onio valido, diritt o che può essere
esercitato so lo medi ante il matrim onio nella forma canonica, a c ui essi restano obbligati.
- Per que st i moti vi, si ritiene opp ortuno di non dover negare il matrim onio religioso alle
dette persone , e quest o ancor meno se l'altra parte sia una praticante cattolica. Si dispon e per altro
che il parroc o non vi assista "nisi Ordinarius loci ., licentiarn dederit" (Commun icotiones, a. 1973,
p. 71. 3° e 4° cpv.).
282 LIBROIV - Il "munus sanctificundi' della Chiesa
celebrazione del loro matrimonio, senza la licenza dell'Ordinario del luogo. Trattandosi invece di
comunisti, iscritti e non iscritti, che seguono l'ideologia comunista atea e materialistica, sussiste un
vero abbandono della fede cattolica e forse anche una defezione formale, e il parroco ha l'obbligo
di deferire il caso al proprio Ordinario, attenendosi alle sue decisioni.
Ovviamente bisogna tener conto delle profonde trasformazioni politiche, sociali, economiche
e anche religiose, iniziate da alcuni anni nella Russia Sovietica, soprattutto ad opera di Michail
Gorbaciove dalla sua perestroika (rinnovamento), che ha reso possibile il crollo dei regimi comu-
nisti nell'Est europeo. In Cina la situazione è rimasta immutata.
3816 50 Il matrimonio di chi sia incorso notoriamente tCommunicationes, a. 1977, p.
144, n. 4, letto d) in una censura: scomunica o interdetto personale, che, com'è disposto
nei cann. 1331, § l, n. 2, e 1332, vietano "ad liceitatem" la recezione di qualsiasi
sacramento.
Tale divieto di massima è giustificato, poiché la scomunica importa la rottura della
comunione ecclesiale (can. 2257, § l, Codice 1917), e l'interdetto, pur non escludendo
la detta "comunione", ne pregiudica gravemente l'efficacia. In effetti, tra la situazione
dello scomunicato e dell'interdetto e l'ammissione ai sacramenti c'è un aperto contrasto,
che perdura finché non sia cessata la "contumacia", ossia finché la persona incorsa nella
censura non si sia riconciliata con la Chiesa (cfr. can. 1347). Trattandosi però di matri-
monio, il divieto non può essere assoluto, in quanto bisogna anche tener conto di un
diritto fondamentale della persona, il "ius connubii". Conseguentemente si può anche
procedere alla celebrazione del matrimonio di uno scomunicato o di un interdetto, ma
ciò richiede la licenza dell'Ordinario del luogo, che, insieme col parroco, farà di tutto
per indurre la persona interessata a riconciliarsi con la Chiesa (cfr. anche can. 1066,
Codice 1917). E chiaro, per altro, che in nessun caso la scomunica o l'interdetto rendono
nullo il matrimonio, qualora il soggetto non sia stato assolto da essi.
3817 Peccatori pubblici o manifesti
Sono considerati tali, soprattutto in ordine all'Eucaristia (can. 915), all'amministrazione del-
l'Unzione degl'infermi (can. 1007) e alla concessione delle esequie ecclesiastiche (can. 1184):
- Gli apostati, gli eretici e gli scismatici: cfr. can. 1184, § 1, n. I
- Gli aderenti in modo notorio a ideologie atee o materialistiche: cfr. can. 696, § 1
- Gl'iscritti ad associazioni che tramano contro la Chiesa: cfr. can. 1374
- Coloro che abbiano disposto la cremazione del proprio corpo per ragioni contrarie alla
fede cristiana: cfr. can. 1184, § 1, n. 2
- I pubblici concubinari: cfr. can. 1395, § I, ecc.
Relativamente al matrimonio del "pubblico peccatore", il can. 1066 del Codice precedente
ne vietava la celebrazione "si prius ad sacramentalem confessionem accedere recusaverit", e faceva
obbligo al parroco di consultare l'Ordinario. La norma non è stata confermata nel nuovo Codice,
ma non c'è dubbio che la disposizione del can. 1701. § l, n. 5, debba applicarsi similmente al detto
caso, "excepto casu necessitatis".
3818 6 0 Il matrimonio di un minorenne, ossia di un figlio di famiglia, che non abbia
compiuto 18 anni (can. 97, § l), qualora il matrimonio dovesse avvenire all'insaputa dei
genitori o contro la loro ragionevole volontà.
Il «compito dei genitori e dei tutori - afferma il Concilio Vaticano II - è di
guidare i più giovani con il loro prudente consiglio, offerto in modo che questi lo
ascoltino volentieri, guardandosi però dall'esercitare una pressione diretta o indiretta per
spingerli al matrimonio o alla scelta del coniuge» (Gaudium et Spes, n. 52, l).
Spetta al parroco valutare le ragioni dell'eventuale opposizione dei genitori. Se
queste, a suo giudizio, sono arbitrarie, egli può procedere liberamente alla celebrazione
del matrimonio. Se invece sono giustificate, deve consultare il proprio Ordinario e
attenersi alla sua decisione.
Il ma trimonio 283
È da notare per altro che la legge civile italiana vieta ai minori di età di contrarre matrimoni o 3819
(alt. 4 della Legge 19 maggio 1975. n. 151 circa il nuov o diritto di famiglia: art. 80 del Codice
Civile). È tuttavia possibil e, in casi particolari, l'autorizzazione del tribunale:
- Il tribunale, su istanza dell' intere ssat o. accertata la sua maturità psico-fisica e la
fondatezza delle ragioni add otte, sentito il pubblico ministe ro, i genitori o il tutore , può con decreto
emesso in cam era di consiglio ammettere per grav i motiv i al matrimonio chi abbia co mpiuto i
sedici anni (2° comma).
Ne conseg ue che , se nza tale autorizza zione, il matrim onio canonico di un minorenn e non può
essere riconosciuto dallo Stato agli effett i civili. E così disposto form almente nell'art. 8, n. I,
comma 2. dei nuovi Accordi stipulati tra la S. Sede e la Repubbli ca Italiana. Bisogna pertanto che
l'Ordinario dci luogo tenga conto di tale norma nell'autorizzare il matrimonio ca nonico dei dctti
minorenni. Se questi poi non abbiano compiuto i 16 anni. la trascrizione civile dci matrimonio
religioso non può aver luogo in nessun caso.
Art. 8, n. I, co mma 2, lett. a, dei nuovi Accordi :
- La Santa Sede prend e atto che la trascrizi one non potrà aver luogo: a) quand o gli sposi
non rispondano ai requ isiti della legge civile cirea l'età richiesta per la ce lebraz ione,
T" Il matrimonio per procura (can. 1105), che richi ede particolari cautele, non 3820
solo perché il matrimonio sia celebrato valida mente, ma anche perché s'istituisca al più
presto la co nvivenza coniugale' ,
1071, § 2 Il 2° paragrafo del canone riprende il caso del matrimon io di chi abbia 3821
abbandonato noto riamente la fede cattolica (§ I, n. 4), e a tutela della fede del co niuge
credente e dell'educazione cattolica della futura prole, prescrive che si osservino con gli
opportuni adattamenti (congrua congruis referendo) le norme stabilite nel can. l 125,
relativamente ai matrimon i misti.
.' Occo rre tener present e la Circolare della S. Congregazione dei Sacramenti in data l O
maggio 1932, che dà a tal riguard o le seguenti nonne:
- A scongiurare pericoli e inconve nienti di varia natura, a cui la celebrazione del matrim o-
nio per procura potrebbe dare pretesto, giudicas i conveniente richiamare l' atten zione degli Ecc.mi
Vescovi. perché nella loro so llecitudine pastorale procedan o con la necessaria oculatezza e cautela
nel concedere l'autorizzazione a contrarre matrimoni in detta forma . Il più grave pericolo da evit are
con le gravi conseguenze d' indole non solo economica, che può coinvolgere si è questo: che cioè
la donna , in ta l modo sposata, venga a trovarsi poi nell'impossibilità di raggiungere il prop rio
marito all' estero . o perché lo vietano le leggi sull'emigrazio ne in determ inati paesi, o perché non
può munirsi del necessario passaporto...
Tenuta presente quest a situazione, gli Ecc.m i Presuli si atte rrano alle seg ue nti nonne:
l ° Indagheranno sulla pratica possibilità che la donna sposata per mezzo di procuratore,
raggiun ga il marito all'estero...
2° Esigeranno che il mandato di procura , redatt o ben inteso nella forma prescritta, sia inoltre
vidimato dall 'Ordinario del luogo, dove trovasi il mandante. a garan zia della sua autenticità.
3° Richiederanno di più una garanzia per iscritto, giurata dal mandante e firmata da lui e da
due testi. anch'essa vistata dall'Ordinario del luogo , con la quale lo sposo s'i mpegna, dopo con-
tratto il matrimonio per procura, di presentare all' Autorità consolare regol are allo di chiamata della
propria moglie.
Con que ste cautele e con altre sugge rite caso per caso, gli Ecc .mi Vescovi e Ordinari dei
luoghi potranno autoriz zare la celebrazione dei matrim oni per procura , previ sempre, com ' è ovvio,
gli accertamenti canonici riguardanti la giusta causa e, in particolare, lo stato libero del contraente
dimorante all'estero (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, l, n. 1088, colI. 1386-1388).
La su ccessiva Circolare della medesima Congregazione in data IO settembre 1941 conferma
il carattere eccezionale dei matrimoni per procura :
- Gioverà tener presente che siffatti matrimoni per procura... debbon o costituire . per la loro
stessa natura e nell'interesse dei medesimi contraenti nonché del vincol o matrim oniale , una ecce-
zione da essere autorizzata soltant o in base a giust a causa. Sarà quindi opportuno che gli Ord inari
procedano in merito con la maggiore ocul atezza e prudenza. allo scopo di evit are gravi e talora
irreparabili danni (n. 9: Leges Ecclesiae, l, n. 1642, col. 2093).
284 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa
Art. 43 del Decreto Generale della Conferenza Episcopale Italiana, 5 novembre 1990:
- Quando si tratta di nubendi che hanno notoriamente abbandonato la fede o che sono irretiti
di censura, il parroco, salvo il caso di necessità, non proceda al matrimonio senza aver ottenuto la
licenza dell'Ordinario del luogo (cfr. can. 1071, § l, nn. 4-5). Le procedure previste dal Codice di
Diritto Canonico e dai nn. 48-52 del presente Decreto siano osservate anche nel matrimonio tra una
persona credente e un'altra che ha notoriamente abbandonato la fede (cfr. can. 1071, § 2).
In concreto non è facile riconoscere il configurarsi della fattispecie del notorio abbandono
della fede. Molte persone, anche se dichiarano di non riconoscersi più come credenti, non danno
segni pubblici chiari e inequivocabili di abbandono della fede. È bene, tuttavia, che il parroco nel
dubbio ricorra all'Ordinario del luogo, il quale valuterà, caso per caso, se sia necessario esigere le
procedure richiamate dal comma precedente tEnchir. CEI, vol. 4, n. 2657).
5) Concrete indicazioni
- N. 5: «Le prescrizioni ca noniche riguardanti l'i struttoria comprendono:
I. La verifica dei documenti;
2. L'esame dei nubendi circa la libertà del consenso e la non esclusione della
natura, dei tini e delle proprietà essenziali del matrimoni o;
3. La domanda all'Ordinario del luogo di dispensa da eventuali impedimenti o di
licenza alla celebrazione nei casi previsti dal Codice di Diritto Canonico, dal presente
Decreto o dal diritto particolare».
3828 9) L'istruttoria dei nubendi che dopo il 160 anno di età, abbiano dimorato per
più di un anno in una diocesi diversa
- N. 9: «Quando i nubendi, dopo il compimento del sedidesimo anno di età,
hanno dimorato per più di un anno in una diocesi diversa da quella in cui hanno il
domicilio o il quasi-domicilio o la dimora protratta per un mese, il parroco che procede
all 'istruttoria dovrà verificare la loro libertà anche attraverso un apposito certificato di
stato libero, risultante dall'attestazione di due testimoni idone i oppure, in mancanza di
questi, del giuramento suppletorio deferito agl 'interessati. In questo caso il giuramento
suppletorio viene reso e inserito nell'esame dei nubendi, di cui al numero seguente dcI
presente Decreto ».
I Si ricordi che l'art . 3 dell' Accordo di revisione del Concordato Lateranense stabilisce che
il parroco, come il ministro che a norma del diritto lo sostituisce. devono essere cittadini italiani,
eccezion fatta soltanto per la diocesi di Roma e per quelle suburb ìcarie .
Si tenga presente che a norma del Diritto Canonico, in caso di assenza. il parroco può essere
sostituito:
a) Da un sacerdote, dotato di facoltà, designato dal Vescovo diocesano (cfr. can. 533. ~ 3);
b) Da un sacerdote nominato dal Vescovo diocesano amministratore parrocchiale (cfr. can.
549) il quale ha gli stessi diritti e doveri del parroco (cfr. 540, § I);
c) Dal vicario parrocchiale. che nel caso è tenuto a svolgere le funzioni del parroco (cfr. cann.
549 e 541, § I).
Se invece il parroco è impedito, può essere sostituito:
a) Da un sacerdote nominato dal Vescovo diocesano amministratore parrocchiale (cfr. can.
541, § I), il quale ha gli stessi diritti e doveri del parroco (cfr. can. 540, § I);
b) In mancanza di questo, dal vicario parrocchiale, il quale esercita interinalmente le funzioni
parrocchiali (cfr. can. 541, § I).
La della nota - settima del testo - fa parte del Decreto della CE\. Segue sostanzialmente
l'art. 18 del Disegno di Legge esecutiva n. 2252 presentato al Senato il 6 marzo 1987, che non è
stato ancora ratificato: «Le attribuzioni riservate al parroco dalla legge devono essere svolte da lui
personalmente o, in caso di sua assenza o impedimento. dal ministro di culto. avente la cittadinanza
italiana, che a norma del diritto canonico lo sostituisce. salvo quanto è disposto dall'art . 3 dell' Ac-
cordo 18 febbraio 1984 ratificato con legge 25 mano 1985, n. 121».
Propriamente, tuttavia. l'obbligatorietà della "cittadinanza italiana" per ogni ministro di culto
non era stabilita così espressamente nell'art. 3, n. 3, dci nuovo Accordo fra la Santa Sede e l'Italia.
Il matrimonio 289
CAPITOLO II
GL'IMPEDIMENTI DIRIMENTI IN GENERE
111 senso proprio o giuridico, qual è detenni nato dal can. 1073, l'impedimento
matrimoniale è l' impedimento dirimente, ossia una circostanza estern a o un rapporto
person ale che, per diritto divino o umano, rendono inabile la persona a contrarre ma-
trimonio, sì che l'eventuale celebrazione non sarebbe soltanto illecita, ma anche invalida
radicalmente "ipso iure " '.
Gl' impedimenti di diritto umano, ecclesiastico o civile, non intendono es sere per sé
una limitazione del "ius connubii", spett ante ad ogni essere umano (can . 1058) ma una
regolamentazione necessaria del suo esercizio, per motivi di carattere etico, religioso,
soci ale e, in relazione alla consanguineità, anche per ragioni genetiche, nell 'interesse
degli stessi sposi e della felicit à familiare, oltre che per la tutela del retto ordine e del
bene comune.
Trattandosi di leggi inabil itanti (can. 15, § I) , né l'ignoranza né l'errore scusano
dagl'impedimenti, che dirimon io il matrimonio, anche se esso venga celebrato in
buona fede .
L'impedimento, com'è ovvio, tocca direttamente il matrimonio in quanto contratto, non in
quanto sacramento. E poiché esso è un atto giuridico indivisibile, anche se l'impedimento è solo
da una parte (per es. l'impedimento di età), rende nullo il matrimonio nei confronti di ambedue i
partners (can. 1036, § 3, Codice 1917).
I L'impedimento costituisce una legge inabilitante e non soltanto irritante. Per la differenza
non è se mpre necessariamente notorio : è, ad ase mpio, il caso di un impedimento conosci uto da
poche persone (anche due o tre), che, degne di fede, siano in grado di dimostrarn e l' esistenza
con la loro deposizione.
culto, qualora la persona non battezzata riceva il battesimo; l' impedimento di ratto, che
perdura finché la donna non venga liberata e posta in un luogo sicuro.
- Cun. /OX4. § 2 : «Se l'impedimento d'Imp oten za sia dubbio , sia per dubbio di diritt o che
per dubbio di fatto, il matrimonio non dev'essere impedito, né può essere dichi arato nullo, finché
sussista il dubbio».
- CtIn. 109/. § 4: «Non venga mai permesso il matrimonio, se sussista qualche dubbio che
le parti siano consanguinee in un grado della linea retta o nel secondo grado della linea collaterale».
Nessuna competenza dichiarativa o istitutiva spetta alle autorità ecclesiastiche infe- 3845
riori: i Concili particolari, le Conferenze Episcopali, i Vescovi diocesani' , Gli Ordinari del
luogo (non i parroci) possono vietare un matrimonio, ma al divieto non è consentito
annettere alcuna clausola dirimente. che resta anch'essa di esclusiva competenza della
suprema autorità della Chiesa. Il divieto, inoltre, è soggetto a varie condizioni:
IO Può essere imposto soltanto in casi particolari : non quindi per legge o decreto
generale',
2° Solo temporaneamente: non per sempre né, similmente, a tempo indeterm inato.
3° Per una grave causa e finché questa perduri .
4° Può colpire i propri sudditi (in ragione del domicilio o del quasi-dom icilio : can.
107, § l) dovunque si trovino sia nel territorio di competenza dell'Ordinario del luogo
che fuori di esso; i /10/1 sudditi, solo nel caso che si trovino in atto nel detto territorio .
Quanto alle consuetudini, che pur possono avere forza di legge (can. 23) ed anche 3846
derogare a quelle esistenti (can. 26), è espressamente disposto che esse non possono né
introdurre un nuovo impedimento nè essere contrarie a quelli vigenti. Sotto questo
aspetto. sono formalmente riprovate, e, come tali, sono soppresse se mai esistessero e
per il futuro sono giuridicamente inefficaci (cann. 5, § I, e 24, § 2). Lo scopo di questo
divieto è d'impedire che si abbia nella Chiesa una disciplina difforme in materia d'im-
pedimenti matrimoniali.
Stori camente, un imped iment o introdotto per consuetudine è stato quello di disparità di culto.
Nota esplicativa. Potrebbe sembrare che ci sia un contr asto tra l' attuale can . 1075. § 2. che 3847
attribu isce alla suprema autorità della Chiesa la potestà di stabilire impe dimenti di diritto ecclesia-
stico nei confronti dei batte zzati in genere - quindi. anche se appartenenti a Chie se e co munità
di fratelli separati - e il can. 1059. il quale dispone che soltanto il matrim onio dei cattolici è
soggetto alle norme canoniche. Tra i due canoni, tuttavia, non esiste alcuna oppo sizion e, poiché il
can. 1075 parla solo di "ius", Pone cioè un'affermazione di principio. per cui a ragione adope ra
il termin e "battezzati" . Non si può infatti negare in linea di principio questo diritto della Chiesa.
sancito espressamente nel Codice precedente (can. 1038, § 2). e rimasto in vigore tin o al 27
novembre 1984. Trattandosi invece del problema di fatto. ossia della effettiva obblig atoriet à delle
norme matrimoniali prescritte dalla Chiesa, il Codice non parla più di "battezza ti" in genere. ma
solo di "cattolici" . poiché questi soli di fatto sono soggetti alle leggi purament e ecclesiastiche . a
nonna del can. II.
.' Per più secoli, la potestà normat iva circa gl'impediment i matrim oniali fu esercitala dai
Vescovi diocesani e dai Concili particolari, ma. a partire dal sec. XIII una tale potestà fu riservata
esclusivamente al Romano Pontefice in modo da avere nella Chiesa una disciplin a uniforme.
Durante la redazione del nuovo Codice. si deliherò in un primo tempo di riconoscere alle Confe -
renze Epi scopali la facoltà d 'Isti tuire impedi menti matrimon iali per il territo rio di propria
competenza. Il can. 262, § 3. dello schem a De Sacramentis disponeva infatti così: «Episcoporum
Conferenriac, attentis pecul iaribus ad iunct is. impedimenta particularia sive prohibent ia sive
dirirnentia constituere possunt, decreto ad normam iuris lato» (Cammunìcatlone s. a. 1977. p. 80.
III quaestio). Successivamente, la detta norma fu soppressa per una espressa richiesta della Com-
missione Plenaria dei Card inali e di un gran numero di Vescovi e di Conferenze Epi scopali, che
non ritenn ero opportuno. pastoralmente, di abbandonare il principio della uniform ità in questa
materia iCommunicationes. a. 1978, p. 126, lett . c; a. 1983, p. 226, can . 1028).
• Il Vescovo, tuttavia, può proibire con decreto di carattere generale la celebrazione dei
matrimon i in determinate festivit à o in detenninate ore del giorno. Ma si tratta di divieti di altro
genere. diversi da quelli considerat i nel can . 1077.
294 LID RO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa
Nel § 3 si precisa che la Chiesa non concede mai la dispensa dall'impedimento di 3855
consanguineità in linea retta o nel secondo grado della linea collaterale (matrimonio tra
fratello e sorella). L'impedimento di consanguineità nel primo grado della linea retta
(matrimonio fra padre e figlia e tra madre e figlio) è certamente di diritto naturale; circa
gli altri, come vedremo, si discute nella dottrina se siano di diritto naturale o ecclesia-
stico. Nel dubbio , la Chiesa esclude anche questi da ogni possibile dispensa.
, Fuori dd pericolo di morte, neppure il Vescovo diocesano può dispensare dalla forma
canonica del matrimonio (Pont. Comm . interprct. Codice, 14 maggio 1985: Communicationes a.
1985. p. 262, ili). Restano salve le facoltà previste nei cann. 1127. § 2, I 129 e I 165.
296 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa
supposto per altro che egli sia presente, come previ sto dal citato can. 1116, *2 iCommu nicutiones,
a. 1977 , p. 350, can. 269, lett . b).
(, L 'e spressione "cum iam ornnis sunt parata ad nuptias" è stata riprod otta testualmente dal
*
can. 1045, l , de l Cod ice precedent e. Tutti ammetteva no che la detta es press ione dovesse esse re
intesa in se nso ampio. ma da alcuni era inter pretata co me " una co ndicio sine qua non" , da altri.
invece, più fond atamente, come una semplice circosta nza in cui suole verificarsi la grav e e urgente
necessità, che co nsente la concess ione dell a dispen sa da parte delle persone indicate nel cano ne. Se
si trattasse di "condicio sine qu a non", la validità de l matrim onio dipend ereb be da una cla uso la che
non è facile va lutare co ncretamente , e que sto cause rebbe gravi perplessità, che certa mente il legi-
slatore non intende creare .
Secondo P. Cappell o, «verba cum iam omn la sunt l' a rata ad nuptias non sign ificant
conditionem sine qua non, sed exprimunt peeuli arem facti circum stantiam: idcirco non habent
sensum exclu sivum sed indicativum, qu atenus indicant pcculiaria adiuncta, in quibus verifica ri solct
casus gruvis et urgentis necessitatis, seu his verbis aeq uivalcnt: Possunt locorum Ordin arii... ex tra
rnortis periculum. in quolibet casu gravis et urgentis necessitatis, dispensationern co ncedere» (De
matrimonio, ed. 1961 , pp. 2 19-220, n. 234) . Il senso indicati vo dell a espressio ne risult a chiara men-
te anche da una rispos ta dell a Pont . Co mm. per l' interpretazione del Codice , 27 luglio 1942 (X.
OcUOA. Leges Ecclesiae , Il, n. 1740. co l. 2 136, I).
300 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chies,",
3864 3° Il confessore, come disposto nel can. 1079, § 3, esercita la sua facoltà sia
nell'atto della confessione sacramentale che fuori di essa, ma solo per il foro interno.
Ovviamente, in pericolo di morte qualsiasi sacerdote può essere "confessore", a
norma del can. 976.
3865 Le suddette facoltà, concesse dal diritto valgono anche per la convalidazione del
matrimonio (cann. 1156-1160), qualora ricorra il medesimo caso di emergenza, vale
a dire:
- Che manchi il tempo necessario per ricorrere alla Sede Apostolica o all'Or-
dinario del luogo, relativamente agl'impedimenti da cui questi può dispensare
- Che insieme esista un probabile pericolo di grave danno nell'eventuale ritar-
do della convalidazione
In questa ipotesi, il ministro competente che procede alla convalidazione del
matrimonio, ha pure la facoltà di dispensare da eventuali impedimenti, nell'ambito
del paragrafo precedente.
Sembra che la convalida di cui al detto can. 10SO, § 2, debba intendersi in senso stretto, ossia
come convalida semplice (cann. 1156-1160): da una parte, perché la "sanatio in radice" è riservata
alla Sede Apostolica e al Vescovo diocesano (can. 1165), e gli altri Ordinari del luogo di cui al
can. 134, §§ 1-2, non dispongono di alcun potere a tal riguardo, e hanno bisogno di un mandato
speciale (can. 134, § 3); e d'altra parte, perché la "sanatio in radice" comporta già da se sola la
dispensa dagli eventuali impedimenti (can. 1161, § I).
CAPITOLO III
GL'IMPEDIMENTI DIRIMENTI IN PARTICOLARE
CAN. 1083 • § 1. Vir ante deci- ~ I. L'uomo prim a dei sedici anni com-
mum sextum aetatis annum com- piuti e la donna prima dei quattordici pa-
pletum.mullerantedecìmumquar- rimenti compiuti non possono co ntrarre
tum item completum, matrìrno- un matrimonio valido.
nium validum inire non possunt.
§ 2. Integrum est Episcoporum § 2. La conferenza Episcopale può sta-
conferentiae aetatcm superiorem bilire un'et à superiore, per la lecita cele-
ad Iicitam matrimonii celebratio- brazione del matrimonio.
nem statuere.
La dispen sa concess a nel foro esterno dev'essere inoltre annot ata regolarmen te nel
registro dci matrimoni. Non dev'es sere invece annotata in nessun registro - e neppure
dev' essere comunicala all' Ordinario del luogo - la dispen sa conce ssa dal confessore
nel foro intern o sacrament ale, poiché essa fa parte del sigillo confessi onale. La relativa
dispensa ha ovviamente valore soltanto nel foro interno , per cui, se l'impedimento
occulto (can. 1089, § 3) di ventasse in seguito pubblico, sarebbe necessaria una nuo va
dispen sa per il foro estern o (can, 1047, ultima parte, Codi ce 1917).
6) Disp ensa da L1n impedimento occulto Ile/foro intern o non sacramentale 3867
1082 (/047* ) Il canon e considera il caso della dispensa da un imped imento occul-
to. conce ssa dalla Pcnitenzieria Apostolica, nel foro interno non sacramentale. In questa
ipotesi, la dispensa va annotata nel particol are libro da conservarsi nell'archivio segreto
della Curia, tranne che la Sacra Penitenzieria disponga diversamen te. Trattando si co-
munque di foro interno non sacramentale, qualora l'impedimento occulto diventi in
seguito pubblico, non ci sarà bisogno di una nuova dispensa: basterà rendere pubblica
la registrazione che esiste nell'archivio segreto.
1/ canone non con sidera il caso del/a dispe nsa da un impedimento occ ulto, concess a nel loro
interno non sacra mentale dal co nfessore . Riteni am o che anch e que sta dispen sa debba per sé essere
annot ata nel particolare reg istro della Cur ia, tranne che il penitente si opp ong a.
menti di diritto ecclesiastico possono essere dispensati dalla competente autorità, poiché
sono stati istituiti dalla Chiesa e restano sotto la sua autorità. Gl'impedimenti di diritto
divino non sono suscettibili di dispensa, e la Chiesa non ha per sé su di essi alcun potere.
Agl'impedimenti di diritto divino sono soggetti tutti gli uomini, anche quelli non
battezzati. Agl'impedimenti di diritto ecclesiastici soltanto i battezzati nella Chiesa catto-
lica o accolti nella medesima (non quindi i battezzati che fanno parte di una Chiesa o
comunità ecclesiale non cattolica), ai sensi dei cann. II e 1059 (cfr. il relativo commento).
2° Perplessità e riserve. L'età di 14 e 16 anni con servata nel nuovo Codice suscita 3874
tuttora perplessità e riserve da parte di non pochi autori, i quali ritengono che la legge
avrebbe dovuto fondarsi non solo sulla presunzione della maturità biologica, ma anche
di quella psicologica. Ora - si osserva - è molto raro che un giovane, all'età di 14-
16 anni, sia in grado psichicamente di valutare con sufficiente responsabilità i gravi
doveri che il matrimonio importa e di assumerne coscientemente gl'impegni essenziali,
come pur richiede il can. 1095. Fra tali impegni è anche quello dell'educazione dei figli,
che ovviamente richiede la necessaria effettiv a maturità .
3° Un duplice fatto significativo. Bisogna riconoscere che i suddetti rilievi hanno
una certa consistenza, soprattutto se si considerano due fatti concreti:
- Un dato statistico, da cui risulta che il maggior numero di separazioni e di
divorzi si ha tra coloro che hanno contratto matrimonio in età inferiore ai 20 anni
(teenagers) .
- n fatto che, nell' attuale ordinamento canonico, si esige un'età superiore in
genere ai 14-16 anni per il compimento di atti giuridici o per l'assunzione di compiti e
di uffici, che hanno spesso una importanza minore di quella del matrimonio, che impe-
gna totalmente e per tutta la vita l'esistenza di due giovan i.
Riporti amo alcuni interes santi rilievi sul problema dell'età matrimoni ale, contenuti 3875
nella sentenza del 2 febbraio 1982, n. 16, della Corte Costituzionale Italiana:
- Gi à in sede di lavori preparatori del nuovo Codi ce Ci vile non erano manc ate voci,
peraltro non ascoltate. contrarie ai s uddetti limiti di età (16 anni compiuti per l'u omo e 14
similmente compiuti per la donna ), perché ritenuti oltremodo bassi. Autorevole dottrina con-
siderava fin d'allora co me essi non solo fossero da censurare per ragioni fisiologiche ed
euge netic he. ma s i pone ssero so prattuu o in co ntrast o con la prim a esigenza che i nubendi
abbiano piena co nsape vo lezza dei complessi obblighi che il matrimonio comporta, e degl' im-
pegni che ad ess i con seguono nel l'ambito della famiglia c he ne trae ori gine, so prattutto nei
confronti de i figli .
- Son o state individuate almeno tre ragioni specifiche che consigli ano di ele vare l'età ne-
cessaria per il matrimoni o.
Innanzi tutto, la fine della famiglia patriarcale, che porta i nuovi coniu gi ad una maggiore
autonomia di vita nel conte sto dci tessuto sociale.
In seco ndo luogo , la necessità di una formazi one scolare più lunga , qualunque ne sia il campo
operativo verso il quale l' individu o è direttn.
Infine , l'avvertita esigenza che la vita matrimoniale venga affrontata con maggiore prep ara-
zione e so prattutto che il matrimonio non sia soltanto un passaggi o cronologico di fasi di vita, ma
anche una maggi ore respon sabilizzazion e dell 'individu o.
Si è altresì consi derato che l'abbassamento dei limiti di età , operato nel 1929, è risultato
nefasto nei suoi riflessi concreti; cert o è, infatti , che i matrimoni contratti da giova nissimi hanno
un'esi stenza precaria, com 'è dim ostrato dall 'altissimo nnme ro di separazioni. Sì che, conclusiva-
mente , è apparso vera mente co ntra rio alla rilevanza giuridica e morale che la Costituz ione dà al
matrim onio, il manten iment o agli attuali limiti dell'età necessaria per compiere un atto di tanta
importanza individuale e soci ale .
2° Matrimoni concordatari. [) Codice Ci vile Itali ano fissa l'età minima, per poter
co ntra rre matrim onio, a 18 anni compiuti. che. per decreto del tribunale. pos son o esser
ridott i a 16, qu alo ra intervengano mot ivi gravi e sia accertata la maturità psico-fisica del
gio vane (art . 180).
Nella celebrazione del matrimonio dei minorenni, da tra scrivere civilmente , oc co rre
tener presenti tali disposizioni . poiché, a term ini dei nuovi Accordi intervenuti fra la
Sant a Sed e e la Repubblica Itali an a il 18 febbr aio 1984 , il mat rimonio religio so di
giov ani di età inferiore ai 16 ann i non può essere trascritto in nes sun modo, c quell o dei
giovani che abbia no compiuto 16 anni, rich iede la pre via autorizzazione del tribunale
civ ile.
3877 Norme della CEI: art t. 36-37 del Decreto Generale , 5 nov . 1990 : Enchir. CE1, voI.
4, nn. 2650-2651.
- N. 36: «L' Ordinario del luogo non conceda la dispensa dall'i mpedimento di età stabilito
dal can. 1083, § I. se non per ragioni gravissime. dopo aver valutato le risultanze di un esame
psicologico. compiuto da un consultorio di ispirazione cristiana o da un esperto di fiducia. circa la
capacità del minore di esprimere un valido consenso e di assumere gl' impegni essenziali del
matrimonio ai sensi dei cann. 1057 e 1095 .
Lo stesso Ordinario faccia presente agl'i nteressati, alle loro famiglie e anche ai fedeli. che le
ragioni di convivenza sociale o di prassi tradizionale non valgono da sé sole a configurare gli
estremi della speciale gravità, ricordando che anche gli aspetti etici eventualmente implicati dal
caso debbono comporsi con la morale certezza circa la stabilità del matrimonio e considerando che
nella fattispecie il matrimonio canonico non potrà conseguire gli effetti civili».
- N. 37: «La dispensa dalla delibera n. IO della Conferenza Episcopale Italiana, concernente
la proibizione del matrimonio dei minorenni aventi età superiore a quella stabilita dall'im pedimento
di cui al numero precedente, può essere concessa dall'O rdinario del luogo soltanto in presenza di
ragioni gravi.
La celebrazione del matrimonio canonico può essere autorizzata dall'Ordinario del luogo
quando il parroco è in grado. oltre che di motivare la gravità delle ragioni, di assicurarsi circa la
libertà del consenso e la maturità psicofisica del minore, eventualmente mediante l'inter vento di un
esperto del consultorio di ispirazione cristiana, soprattutto se la persona minore non è prossima al
raggiungimento del diciottesimo anno di età.
Di norma non si permetta la celebrazione del matrimonio canonico prima che il tribunale per
i minorenni abbia rilasciato " autorizzazione a procedere, senza il quale non è possibile ottenere la
trascrizione agli effetti civili».
3878 3° Natura dell'impedimento di età. Ex se è un impedimento di diritto ecclesia-
stico. poi ché il dir itto natural e esige solo il sufficie nte uso di rag ione, l' ade gu ata matu-
rità psicolog ica e l' assen za di ano malie psichiche che impedisc ano di as sumere gli
obblighi del matrimonio (can. 1095) . Il relativo divieto, come s'è già notato, ob bliga
solt anto i battezzati cattolici. Non vi è soggetto iI contraente non batt ezzato o battezzato
non ca tto lico , e neppure nel caso di un suo matrimonio co n un batt ezzat o non cattolico ,
e neppure nel ca so di un suo matrimoni o con un battezzat o ca tto lico .
Di co nseg uenza , il matrimonio celebrato fra un gio vane cattoli co di 18 ann i e una
rag azza non battez zata di 13 anni , è pienament e valido (se mpre che la ragazza ab bia
ragg iunto la necessari a maturità psicologica), né c'è bisogno di di spen sa (è necessaria,
nel caso, solo la dis pensa dall' impedimento di disparità di culto: can . 1086 , § I) . Se
invece il mat rimonio ha luogo sen za la debita dispensa fra un gio vane cattolico di 15
anni e una giovane non battezzata di 16 anni, il matrimonio è invalido.
3879 4° Il computo degli anni. Nell'impedimento di età, gli anni devono es sere co m-
piuti integralme nte. Se manca sse anche un so lo giorn o all' età stabilita, il matr imonio
sarebbe inv alid o. Una tale null ità, a moti vo di un solo gio rno o anche di poc he ore,
potrebbe semb rare strana, ma la norma giuridica non amm ette alt re poss ibili tà e va
osservata in mod o rigoroso.
Il matrimonio 305
L'anno va computato in conformità col can . 203, § l, in cui si dispone che il giorno
"a quo" non si computa mai nei termini. tranne che il termine o momento iniziale
coincida con l'inizio del giorno o sia disposto altro espressamente nel diritto . Se pertanto
il momento iniziale cade alla mezzanotte, quando ha inizio il nuovo giorno, il giorno
iniziale si computa nei termini concessi o prescritti ; se invece cade dopo la mezzanotte,
qualunque sia l'ora, il giorno non si computa, perché non è intero.
Conseguentemente, un giovane nato ad esempio il I o gennaio 1985, in qualsiasi ora
dopo la mezzanotte (alle tre del mattino , alle 15 del pomeriggio, ecc.), potrà contrarre
matrimonio validamente solo a partire dalla mezzanotte fra il IOe il 2 gennaio del 2001.
50 Cessazione dell'impedimento. Il difetto di età è un impedimento ternpora- 3880
neo: cessa ex se non appena si sia raggiunta l'età richiesta. Non per questo, tuttavia,
viene sanato il matrimonio che eventualmente sia stato contratto invalidamente a
motivo del difetto di età . Il matrimonio resta nullo e occorre convalidarlo a termini
del can. I 156-1158.
L'impedimento del difetto di età non è riservato alla Sede Apostolica: può dispen-
sare da esso anche l'Ordinario del luogo a termini del can. 1078, § l, sempre che non
ci siano dubbi sulla maturità psicologica del contraente. La mancanza della debita
maturità determinerebbe un vizio sostanziale di consenso (can. 1095, n. I).
6 0 La maturità sessuale. Si è detto che l'età matrimoniale fissata dalla legge si 3881
fonda sulla presunzione della maturità biologica. Non è però necessario che il giovane,
il quale si sposa a 16 anni compiuti . sia già in grado di compiere l'atto sessuale. Per
motivi vari, potrebbe non esserlo ancora , ma il matrimonio sarebbe pienamente valido,
purché, ovviamente, si tratti di semplice ritardo del normale sviluppo, e non di anomalia
fisica legata ad impotenza, e purché esista la debita maturità psichica, che renda possi-
bile il consenso di cui ai cann. 1095-1096.
D'altra parte, se il giovane si sposa prima dei 16 anni compiuti senza la legittima
dispensa, il matrimonio è invalido, anche se egli nell'atto della celebrazione possegga
già la capacità sessuale e quella psichica.
(Communicationes. a. 1971, p. 74; a. 1974, pp. 177-198; a. 1975, pp. 52-62 ; a. 1877,
pp. 360-362 ), ma non ne ha determin ato il concetto né gli elementi. Si è limitato a
richiamare alcune sue caratteristiche e a distinguerle dalla sterilità.
L'impotenza sess uale è trattata nel can. 1084, a cui va annesso il ca n. 1061. § l,
circa il principio che il matrimon io è consumato «se i coniugi compiono tra loro, in
modo umano , l' atto coniugale idoneo per sé alla gener azione dell a prole, al quale il
matrimon io è ordinato per sua natura e per il quale i coniu gi di ventano una sola carne».
Second o la dottrina prevalente, l' impotenza, è un impedimento di diritto natura/e.
Non mancano tutta via autori di rilievo, i quali sostengono che si tratti di un impedime nto
di diritto ecclesiastico. La questi one fu discussa in seno al Gruppo di Studio "De iure
matrimon iali", e i pareri non furono del tutto concord i (cfr. Communicationes, a. 1975,
pp. 54-56 ; a. 1977, pp. 360-36 1)1 . Si decise pertanto di adottare una formul a più attenta,
affermando che l' impotenza "coéundi" antecedente rende nullo il matrimonio ex ipsa
eius natura, 11011 ipso naturae iure; com' era detto nel Codice del 1917 (can. 1068 , § I)
e si era riportato nello Schema (Communicationes, a. 1975, pp. 55-5 6; cfr. anche a.
1977 , p. 361, can. 283, § l) . Le due formule, tutta via, sono sosta nzialmente identi che,
poiché l' una e l'altra afferman o che si tratta di un imped imento di diritto naturale, di cui
nessuna autorità umana può dispen sare (cfr. Re/aria /981 , p. 252, can. 1037,2).
3883 A) Concetto e caratteristiche
L'impotenza "co éundi" consiste nella incapacità di compi ere o portare a termine
l' atto sessuale. Tale incapacità deve avere unitariamente le seguen ti caratteristiche:
3884 IO Dev'essere antecedente al matrimonio, deve cioè sussistere all'atto della sua
cel eb razione. Una impote nza c he so praggiungesse dopo le noz ze (im po te ntia
subsequens), a causa di una malattia, di un incidente, ecc., non intlui rebbe in alcun
modo sulla validità del matrimonio già contratto regolarmente.
2° Dev'essere perpetua: l'i mpotenza temporanea che cessi da sé o da c ui si possa
guarire con rimedi facili, ordinari, certamente non costituisce impedimento. Se invece
fosse necessario il ricorso a mezzi straordinari che comp ortino un grave pe ricolo di vita
o un grave danno per la salute, o a mezzi illeciti, la cosa è discussa: da alcuni una tale
impotenza giuridicamente viene considerata perpetua; da altri, forse più fondatamente,
temporanea, per cui non costituisce alcun impedimento.
Nella termin ologia medica . l' impotenza perpetua è solo quella del tutto inguaribile. Se può
guarire col ricorso a mezzi straordin ari, rischiosi, o anche illeciti, è cons idera ta temporanea. Oggi
comunque. per i grandi progressi della medicina e della chirurgia, molti rischi si sono atten uati o
non es istono più, e quel che un tempo poteva essere un mezzo strao rdinario e perico loso. o
addirittura impossibile, è ormai un mezzo ordinario, poiché non comporta gravi difficoltà. E il
I Cfr. Communicationes . a. 1975, pp. 54-56: a. 1977, pp. 360 -361. Rilievi di un Consultore:
- Hist orice con st at non se rnper neque com munite r adm issam fuisse doct rina m de
ìncapacìtate eorum qui impote ntia laborant contrahendi matrirn oniurn , lmp orentes enim ante
Innocentium III adm issi sunt ab Ecclesia ad contrahendum matrim onium, et auctores maximi
nomini s (S. Thornas, Petrus Lornbardus) admi serunt possibilitatern hu iusm od i mat ri monii.
Communiter dicitur legern naturalern inscriptam esse in cordibus nostris, quod sccumfert omnes
idem sentire debere circa praecipua postulata iuris naturae. Iamvero talis conscnsus unanimis non
habetur circa impotentiam, imo , si etiarn extra Ecclesiam inspiciatur . mult i sunt qui censeant
impotenti am coéundi non irritare matri monium (cfr. leges civiles). Videretur quod et iam illustris
Professor, qui votum pro nostra Commissione fecit, sit aliquo modo incert us... Nemo dub itar quin
matrirnonium ordinaturn sit ad prolem, scd nimi s Consultores premu nt hoc argumentu m. Haec ratio
agendi nos perducere deberet ad irritandurn matrimonium quando non adsit verum serne n, quando
mulier sit excisa, etc.; imo etiam quan do impote ntia supèrvenit. matrimonium solvi deberet (Com -
muni cationes , a. 1975, p. 55, l" e 20 epv.).
Il mutrimonin 307
.' Nella seduta del 16 maggio 1977, un Consultore del Gruppo di Studio " De iure matrimo-
niali" non mancò di accennare che «addi possit norma qua edicitur valere matrimonium si altera
pars defeetum irnpotentiae sciat» (Communica tiones. a. 1977, p. 36 1, can. 283, § I).
Cfr. anche Communicationes, a. 1974, pp. 185-186, ad tertium :
- Peritus A censet dari et consistere posse verum matrimonium , quin habeatur capacitas
penetrandi vaginam. Sufficit ut mulier acceptet situationem et contenta sit de seminationc artificiali.
Non nimis insistendum est in verbi s Evangelii "fiunt una caro" ad urgcndarn necessitatem
penetrationis (p. 185).
- Alius consultar censet capa cit atern penetrationis non esse necc ssari arn ad valide
contrahendum; esse vero necessariam ad matrimonium consummandum (p. 186).
In ltalia, con la riforma del diritto di famiglia , l'impedimento d'impotenza è scomparso dalla
legislazione civile (art. 122 del Codice Civile dell'aprile 1942 - art. 17 della Legge 19 maggio
1975, n. 151).
Ii matrirnonlo 309
, Communicationes, a. 1975, p. 59, n. 6: «Sterilitas certo certius es t qualitas quae nata est ad
consortium vltae coni ugalis gravit er pertu rbandam, et ideo dolu s de sterilitate nullum facit
marrimonium».
310 LIBRO IV - 11 "munus sanctificandi" della Chiesa
rapprese nti solo una modifica del diritto positivo della Chiesa. La distinzione ha grande importanza,
perché nel primo caso il Decreto avrebbe valore retroatrivo e comporterebbe il riesa me di non
poche sentenze. emesse dai tribunali ecclesiastici. alla luce del nuovo principio ; nel secondo caso,
invece. la rerroattività non avrebbe luogo e il Decreto si applicherebbe soltanto ai matrimoni
celebrati dopo la loro ent rata in vigore.
Probabilmente il Decreto ha valore dottrinale e non soltanto discipli na re, co me risulta dal
Discorso che Paolo VI rivolse il 28 gennaio 1978 ai componenti della Roma na Rota. Riferendosi
al detto Decreto , il Pontefice ebbe a dire: «Il Decreto emanato nel magg io dello scorso anno dalla
Congregaz ione per la Dottrina della Fede e da Noi esplicitamente appro vato, appare llll test par-
ticolarmente significativo. Voi ne conoscete l' origine, il valore e le motivazioni: preceduto da studi
lunghi e accurati... esso si articola in due importanti risposte, che troveranno frequente applicazione
proprie nel vostro stesso lavoro. Noi non dubitiamo che tali principi di dottrina vi saranno di
orientamento e di guida in sede di giudizio . ed avremo così un'ulteriore dimos trazio ne della per-
so nale adesio ne al Magistero . che codesto rinomato Tribunale dell a Santa Sede ha se mpre
professato nella sua vita secolare » ilnsegnumenti di Paolo VI, vol. XVI. p. 76).
La maggior parte delle sentenze rotati riconosce il valore dottrinale del Decreto .
la morte di uno dei due contraenti né per legittimo scioglimento nei modi previsti
dall'ordinamento canonico: dispensa del Romano Pontefice dal matrimonio non con-
sumato (can. 1142) ; privilegio paolino (can. 1143, § I); privilegio petri no (cann.
1148-1149). " divorzio civile non scioglie il matrimonio: "Quod Deus coniunxit,
homo non sèparet" (MI. 19, 6) .
L'impedimento, come s'è già accennato, è di diritto naturale , per cui non è suscettibile di
dispensa (diretta) e ha valore anche per i non battezzati, che abbiano contralto valido matrimonio
secondo le leggi o i costumi del loro paese.
Nel dubbi" circa la validità del precedentematrimonio, non si possonocelebrare nuove nozze
finché non si sia dimostratacon certezza l'invalidità del primo matrimonio, che. a termine del can.
1060, gode del "faver iuris",
L'impedimento derivante dal vincolo matrimoniale tuttora esistente, non può ces- 3895
sare per dispensa diretta dal medesimo, poiché è un impedimento di diritto naturale,
sottratto a qualsiasi autorità umana. Se fosse possibile la dispensa diretta, si avrebbe un
vero e proprio caso di bigamia legalizzata, in quanto, nella ipotesi, lascerebbe intatto il
vincolo matrimoniale precedente, per cui si avrebbero in atto contemporaneamente due
matrimoni ugualmente validi. La dispensa del Romano Pontefice "su per rato", a cui s 'è
accennato, non è dispensa dall'impedimento, ma scioglimento del matrimonio, che fa
cessare lo stesso vincolo matrimoniale, sì che l'impedimento non esista più, né in foro
interno né in foro esterno.
b) Le seconde nozze (§ 2) 3896
L'impedimento del vincolo coniugale esclude un nuovo matrimonio finché perdura
la validità del primo, ma non impedisce né vieta ulteriori nozze quando il vincolo del
matrimonio precedente sia cessato. La posizione di alcune sette rigoristiche dei primi
secoli, che non ammettevano le secondo nozze, è in aperto contrasto con l'insegnamento
dell'Apostolo Paolo (Rom. 7 , 2-3; ] Cor. 7, 39; I Tim . 5, 14).
L'insegnamento di Paolo è rinnovato dal Concilio di Trento, Sess XXVI , can.IO.
Per poter contrarre un nuovo matrimonio, sono prescritte, in alcuni casi, delle 3897
formalità.
- Can. 1707, § l: «Ogni volta che la morte del coniuge non possa essere dimo-
strata con un documento autentico, ecclesiastico o civile, l'altro coniuge non può essere
considerato sciolto dal vincolo matrimoniale se non dopo la dimostrazione di morte
presunta, pronunziata dal Vescovo diocesano».
- Can. 1085, § 2: Trattandosi di un matrimonio nullo per se stesso (a causa di un
impedimento dirimente, per difetto di forma, per vizio di consenso) o sciolto legittima-
mente dalla competente autorità nei casi previsti , senza dubbio l'impedimento nel primo
caso non esiste e nel secondo cessa, ma ad liceitatem (non Iicet) non si può procedere
alla celebrazione del secondo matrimonio, se prima non consti con certezza e in forma
autentica della nullità o dello scioglimento del primo matrimonio.
Il caso di nullità può dar luogo a gravi contrasti tra foro interno e foro esterno. Tale, ad 3898
esempio, è il caso di un matrimonio oggettivamente nullo per un vizio insanabile, ma non
riconosciuto tale dal tribunale ecclesiastico. Nel foro interno . gli pseudo-coniugi, che non
hanno alcun dubbio sulla nullità del loro matrimonio, non sono marito e moglie; nel foro
esterno sono coniugi ad ogni effetto. Il conflitto di coscienza è evidente. Come risolvere il loro
problema, anzi il loro dramma? Si sperava che il nuovo Codice considerasse questi casi ango-
sciosi - che devono pur essere risolti - e desse una norma o una direttiva a tal riguardo.
Senza dubbio il problema è molto delicato e forse non è ancora maturo, ma la Chiesa, nella
sua materna saggezza saprà offrire a tempo opportuno una soluzione soddisfacente, che forse
non può essere più differita a lungo.
Ritorneremo fra breve sull'argomento.
312 LIBRO IV - Il " munus §allC:liliC"dncJi"' della Chiesa
amore tra Cristo e la sua Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare
motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in
errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sulla indissolubilità dcI matrimonio (n. 84, 4).
So L'ammissione al sacramento della penitenza 3906
- La riconciliazione nel sacramento della penitenza - che aprirebbe la strada al sacramento
eucaristico - può essere accordato solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell' Alleanza
e della fedeltà a Cristo , sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione
con l'indissolubilità del matrimonio. Ciò importa, in concreto, che quando l'uomo e la donna, per
seri motivi - quali ad esempio l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della
separazione, assumono l'impegno di vivere in piena continenza. cioè di astenersi dagli atti propri
dei coniugi (n. 84, 6).
6° Iniziative non opportune 3907
- Similmente il rispetto dovuto sia al sacramento del matrimonio sia agli stessi coniugi e ai
loro familiari, sia ancora alla comunità dei fedeli. proibisce ad ogni pastore, per qualsiasi motivo
o pretesto anche pastorale, di porre in atto a favore dei divorzisti che si risposano, cerimonie di
qualsiasi genere. Queste. infatti, darebbero l'impressione della celebrazione di nuove nozze sacra-
mentali valide ed indurrebbero conseguentemente in errore circa l'indissolubilità del matrimonio
validamente contrailo (n.84, 6).
Un caso particolare. - Quanto si dispone nei suddetti documenti, riguarda i "divor- 3908
ziati risposati" in genere. Ma vi sono dei casi speciali. che forse meritano una conside-
razione a parte. Si tratta di persone:
- Che in coscienza sono assolutamente certe della nullità del loro matrimonio
per validi motivi oggettivi , che tuttavia non sono riusciti a dimostrare nel processo
ecclesiastico;
- Che, trovandosi in una situazione irrisolvibile, si son visti costretti, per gravis-
simi motivi, a chiedere il divorzio e a contrarre il matrimonio civile con altro partner.
Possono essere ammessi al sacramento della Penitenza e alla Comunione euca-
ristica i detti risposati divorzisti? La risposta del P. Haring è affermativa (Assistenza
religiosa ai divorzisti e a quanti vivono in un matrimonio nullo. in "Concilio" , a.
1970. p. 157).
314 LJBRO IV - Il "munus xanctificundi" della Chiesa
I PAO LO VI, M.P. Matrimonia mixta, 31 marzo 1970, introduzione: «Matrimonia mixta id est
matrimonia inita a parte catholica cum parte non catholica sive baptizata sive non baptizata»
(Enchir. Val., vol. 3, p. 1440, n. 2415).
Il matrimonio 3 15
di Arles, in Francia (a. 3 14), di Laodicea, in Asia Minore (a. 372), dì Ippona, nell' attuale
Algeria (a. 393), di Calcedonia, in Asia Minore (a. 451), ecc. Il divieto, tuttavia, riguar-
dava la sola liceità del matrimonio. L'in validità venne introdotta più tardi, a partire dal
sec. VII, e si estese probabilmente, come norma universale, nel sec. XII. La sanzione
definitiva si ebbe nel Codice pio-benedettino del 1917 (can. 1070).
La distinzione giuridica dell'impedimento di disparità di culto dall' impedimento di
mista religione si deve a Uguccione di Pisa ( 1130- 1210).
b) Motivazioni e condizioni 3911
L' impedimento di disparità di culto tocca direttamente la parte cattolica, poiché,
trattandosi di legge ecclesias tica, vi sono obbligati solo i cattolici (can. Il ). Indiretta-
mente, riguarda anche la parte non battezzata, a termine del can. 1059. La sua ragion
d'essere è fondata su una triplice esigenza etico-religiosa:
- Tutelare la fede e la pratica cristiana della parte cattolica, che potrebbero essere
poste in pericolo dalla convivenza coniugale con un partner non battezzato
- Assicurare l'educazione cristiana della prole
- Assicurare agli sposi e all'intera famiglia una piena comunion e di vita, che
potrebbe essere compromessa da una fede religiosa diversa
Perché si abbia l' impedimento di disparità di culto : 3912
2 0 Relativamente alla persona non battezzata, si rich iede che il batte simo 3914
non abbia avuto luogo o che non sia stato ammin istrato validam ente. Si discus se
in seno al Gruppo di Studio "De iure matrimonii " se escludere dall'impedimento
il matrimon io contratto da una persona batte zzata con un "catecumeno" , co m'era
stato proposto da alcuni; ma la proposta non fu accettata tCommunicationes. a.
1977, p. 363, can. 285).
316 LIBRO IV - Il "munus sanctiflcandi" della Chiesa
Novo incipien te ai Sacerdoti in data 8 apri le 1979 (Enchir. Vat., voI. 6, pp . 92 1-93 1).
Cfr. anche il do cument o De sace rdotio ministeria li del Sinodo dei Ve sco vi cel ebrato nel
1971 tEnc hi r. Vat., vo I. 4, pp . 785-791 ).
Si discute nella dottrina se l'obbligo del celibato derivi ai ministri sacri dalla legge ecclesia-
stica oppure dal voto emesso tacitamente nella prima ordinazione. Si ritiene fondatamente che
derivi dalla legge della Chiesa più che dal voto personale. L'impedimento, com'è ovvio, deriva in
modo esclusivo dalla legge della Chiesa, poiché soltanto essa ha il potere di stabilire gl'im pedimen-
ti matrimoniali di diritto ecclesiastico e di conferire al voto l' efficacia dirimente.
3923 b) L'eventuale dispensa
Co nside rato il carattere perpetuo e inde lebile dell a sacra ord inazio ne, l'impedimen-
to matrimoni ale che ne deriva può cessare so ltanto pe r di spen sa, che ai di aconi viene
co ncessa "o b graves tan tum ca usas", ai presb iteri " ob gravissimas ca usas" (cfr. can. 290,
Il. 3), ai Vescovi non è stata mai concessa.
Con indulto del 15 agosto 180 l , per la pacificazione religiosa della Francia, Pio Vl! concesse
la dispensa generale dal celibato a sacerdoti che, nella situazione determinata dalla Rivoluzione
Francese. avevano contratto il matrimonio civile. Ne usufruirono circa duemila sacerdoti. Per
volontà del Pontefice, fu escluso il principe Charles-Maurice Talleyrand, che nel )789 era stato
Vescovo di Autun.
3924 l " La di spen sa dal cel iba to c dall'impedimento matrimoni ale che vi è a nnesso, è
ris erv ata in modo esclusivo al Romano Pont efice (cann. 291 e 1078, § 2, n. l ). Riservato
in modo speciale è l'impedimento proven iente dal sacro ord ine del presbiter ato: nessuno
- né parr oco né Ordinari o del luogo - può mai dispen sare da ess o, neppure in pericolo
di mort e (ca n. 1079, §§ 1-2). In pericol o di morte , si può invece disp ensa re per motivi
adegu at i dall'impediment o pro veniente dall' ord ine del d iacon ato (ca n. ci t.),
3925 2 0 Il ca n. 29 1 precisa c he «la perdita de llo sta to clerica le non co mpo rta la
d ispe nsa dall 'obbli go dci ce libato»: pe r tale di spensa è nece ssario un particolare
indulto del Romano Pont efice . Solo nel caso c he l'ord inazi on e sia nulla, tal e indulto
non è necessari o (ca n. 29 1). poich é , in qu esta ip otesi , l'impedimento non es iste né
pu ò esistere (no n è ma i esistito ). Occorre per altro, pe r il foro es te rno c he la dichi a-
razion e di null ità ris ulti in mod o aut en tico da una se ntenza gi udi zi aria o da un dec reto
ammin istrativo (ca nn. 290 e 1708-171 2). Questo, tutta via, ad liceitatem, poiché un
eventual e matrimonio ce lebrato senza la detta sentenza o decreto, sa reb be senza
dubbi o valido, anche se grave mente illecito.
3926 3° Contro il chierico - sia appartenente al clero diocesano, sia membro di Istituto di vira
consacrata o di Società di vita apostolica - che allentasse il matrimonio anche solo civile, sono
previste varie sanzioni canoniche:
- La perdita "ipso iurc" di ogni ufficio ecclesiastico (can. 194, l , n. 3). *
- L' irregolarità relativamente alla recezione e all'esercizio degli ordini sacri (cann. 1041, n.
3, e 1044. * l , n. 3).
- La sospensione "latae sententiae" (can. 1394, § I).
- La dimissione dallo stato clericale "ferendae sententiae", nel caso che il reo, ammonito,
non si ravveda c continui a dare scandalo (can. 1394, l). *
3927 c) L'impedimento canonico e la legislazione civile
L' impedimento deriv ante dall'ordine sacro non è ricon osciuto dall a legislazione
dello Stato,
Nel Co ncordato itali an o del 1929, l' art . 5, comma 3, disponeva so lta nto che «i
sace rdot i a pos tati o irreti ti da ce nsura non po tra nno essere ass unti né con se rvat i a con-
tatto immediato co l pub blico ». Tale norma non è sta ta co nferma ta nel nuo vo Acco rdo
sti pu lato tra la Santa Sede e la Repubblica Itali ana il 18 febb rai o 1984 .
Il matrimon io 319
3935 Sanzioni penali. Contro il religioso noli chierico, il quale attentasse il matrimonio anche solo
civile. sono comminate le seguenti pene:
- L'irregolarità per la recezionc degli ordini sacri (can. 1041, n. 3)
- L' interdetto "larae sententiae" (can. 1349, § 2)
Contro il religioso chierico e non chierico:
- La dimissione "ipso facto" dall'Istituto religioso (can. 694, § I, n. 2)
Per il religioso chierico, v. il commento al canone precedente (parte finale)
I Propriamente, non si dispensa dall'impedimento ma dal voto. a cui l'imp edimento è legato.
CAN. 1089 - Inter virum et mulìe- Tra l'uomo e la donna rapita o anche
rem abductam velsaltem retentam solo trattenuta con l'intento di contrarre
intuitu matrimonii cum ea contra- matrimonio con essa, non può sussistere
hendi, nullum matrimonium con- alcun matrimonio, tranne che, successiva-
sistere potest, nisi postea mulier a mente, la donna, separata dal rapitore e
raptore separata et in loco tuto posta in un luogo sicuro e libero , scelga
ac libero constituta, matrimonium spontaneamente il matrimonio.
sponte eligat,
3939 L'impedimentum raptus si ritrov a nel nuovo Codice, sostanzialmente nei medesimi
termini del Cod ice precedente.
Vi furono tuttavia alcuni che ne proposero la soppressione, rilevando che, per tutelare la
libert à della donna , poteva essere suffi ciente quanto era stabilito nel ca pitolo " De consensu
matrimoniali" , circa il vizio derivante dalla violenza e dal timore (l'is et metus ). Ma i Consul-
tori ritennero di dover conservar e l'impedimento come figura a sé, «quia facturn abdu ctionis
mulieris non est tarn infrequens uti prima facie quis putare potests (Communicanones, a. 1977,
p. 366, ca n. 289).
Non si deve comunque confondere il "ratto" col timore o la violenza. Il ratto è un impedi-
mento matrimoniale; il timore e la violenza sono un vizio del consenso. Il ratto rende inabili
ambedue i contraenti l'uno verso l'altro; il timore e la violenza solo la persona che li subisce.
3940 b) Le condizioni
L' imp edim elltum raptus , co me s'è già accennato, ha soprattutto lo scopo di tu-
telare la libertà della donna, che ha il diritt o di contrarre matrimonio se nza alcuna
cos trizio ne. Tale raptus può ass umere una dupli ce for ma: di " ra pime nto" in senso
proprio, e di "detenzione for za ta" o "seq ues tro". Il rapimento s u ppo ne il
prel evamento della donna dal luog o in cui essa dimora o si trov a occ asionaimente,
e il suo trasferimento forz ato nel luogo pre scelto dal rapitore. La detenzione , pur essa
fo rzata, può avvenire anche nel luogo in cui la donna dimora, se le s'impedisce di
muoversi e di agire liberamente.
Le condizioni perché si abbi a !'impedimento sono le seguenti:
I ° Che la persona rapita o trattenuta forzatamente sia la donna, non l'uomo.
Questo, teoric amente, potrebbe sembrare un'anomalia, di fatto però i casi di rapimento
dell 'u omo sono molto rari, per cui non possono essere considerati dalla legge tCommu-
nica tiones , a. 1977, p. 366, can. 289). La violenza, inoltre, dev ' essere usata dirett amente
contro la donn a. Se venissero rap iti o sequestrati i suoi genitori o tutori, o qualcuno della
sua famig lia, per costringerla a cedere, !'i mpedime nto non sussiste rebbe.
3941 E se il rapito a scopo di matrimonio fosse l'uom o? Come risulta dal can.1089, l' impedimento
del raptus, nel caso, non esisterebbe. Ma l' eventuale matrimonio che ne seguisse, potrebbe essere
ugualmente nullo per vizio di consenso, qualora l'u omo accettasse di sposare la donna che l'ha
rapito, perché costretto dalla violenza o dal timore grave, ai sensi del can.1103: «È invalido il
matrimonio contratto a causa di violenza o di timore grave proveniente dall'e sterno, anche se non
incusso intenzionalmente, se, per liberarsene, una persona sia costretta a scegliere il matrimonio.
3942 2° Che il rapim ento o la detenzione avvenga contro la volontà della donna,
mediante la violenza, le minaece, l'inganno. Se invece lei fosse consen ziente (anche se
questo abbia luogo all' insaputa o contro la volontà dei suoi genitori), non esisterebbe
alcun impedimento: nel caso si avrebbe la seduzione o la fuga, non il ratto (Co ngrega-
zione del Concilio, 14 marzo 1772), L'impedimento, al co ntrario, esisterebbe nel caso
che il rapimento o la detenzione fossero attuati d'intesa con i genitori, ma contro la
volontà della donna.
La rapita potrebbe essere anche la fidanzata, promessa ufficialmente al rapitore. Ma se lei
rifiuta il suo assenso e si oppone, l'impedimento sorge ugualmente. L'antica regola: "Non fit raptus
propriae sponsae" è da considerarsi soppresso.
3943 3° Che il rapimento o il sequestro siano effettuati a scopo di matrimonio (intuitu
matrimonii), non per altri motivi: politici , terroristici, estorsi vi, odio o vendetta, libidine,
ecc. In questi casi si avrebbe un delitto contro la libertà, passibile di sanzioni penali
(can. 1397), ma non l'impedimento matrimoniale. Non ha importanza se la donna sia
rapita o trattenuta direttamente da colui che intende sposarla, o se questi si serva del-
l'opera di altre persone. Ovviamente queste altre persone che esegui scono il ratto , non
con traggono alcun impedimento.
Uma:trimonio 323
Potrebbe anche avvenire che una donna venga rapita a scopo di libidine. e che poi sia rrat-
tenuta forzatamente a scopo di matrimonio. L'impe dimento sorge ugualmente dalla "dcte ntio" . Se
per altro. precisano alcuni autori, l'iniziativa del matrimon io parte dalla donna e non dall' uomo. il
quale si limita ad accettare la proposta fattagli, l'impedimento probabilmente non esiste, purché la
decisione della donna sia avvenuta in piena libertà e non sia stata determinata dalla necessità di
riparare al proprio onore. non avendo altra a lternativa.
c) La cessazione 3944
Finché il rapimento o il sequestro perdurano, ogni celebrazione del matrimoni o
resta invalida. Perché l'impedimento cessi, è necessario congiuntamente:
l ? Che la donna venga separata dal suo rapitore o seque stratore: materialmente e
psicologi camente.
2 0 Che sia posta in un luogo sicuro e libero , sì da non esser più sotto il dominio
del rapitore: "sub ilio influxu subiectionis". Se questo non avviene, l' imped imento ha la
sua efficacia anche se la donna acconsenta liberamente al matrimon io: non si avre bbe
nel caso il vizio di consenso, ma rimarrebbe l' incapacità giuridica in ordine al matrimo-
nio. a causa dell' impediment o.
Luogo libero e sicuro non è sempre per altro la casa della propria famiglia, che. per motivi
di onore, potrebbe forzare la donna a sposare il suo rapitore.
30 Che acc onsenta liberament e al matrimonio . Il libero co nsenso è la con dizio ne
esse nziale: se mancasse, a part e il "vizio" che ne deriv erebbe a norma del can. I 103,
l'i mpe dime nto co ntinuerebbe a sussis tere, determ inand o l'inabil ità giu ridica dei con-
traenti .
Cessando l'impe dimento, il rapitore e la rapita possono contrarre matrimonio. Il parroco,
tuttavia, prima di procedere alla celebrazio ne, deferirà opportunamente il caso al proprio Ordinario,
a cui spella il giudizio definitivo circa l'effettiv a cessazione dell' impedimento. La consultazione
dell' Ordinario è necessaria anche nella ipotesi che il parroco abbia dei dubbi, in UII caso concreto
della ipotesi del ratto (abductio vel rei rctentio),
d) La dispensa 3945
Il "ra ptus" in qu anto tale è un impedi me nto dirim ente di diritto ecclesiastico. Ciò
è dimostr ato da l fatto che l'imped iment o perdura nel suo effetto invalid ante anche nel
caso che la do nna rapi ta o sequestrata acco nsenta liberamente , pur nella sua situaz io-
ne, al mat rimon io col suo rap itore o sequestratore, Sc l' imped imento fosse di diritto
natur ale , il libero co nse nso c he la donna è in grado ed ha in animo di dare determi-
nerebbe "e o ipso" la sua cessazi one. L'impedimen to in vece perm ane anc he in questa
ipotesi, in forza dell a legge ecclesiastica, che, ai fini dell a incapacità giuridica dci
contraenti, co nsidera il fatto ogg ett ivo del " raptus" , ind ipend entemente dal fatto de l
co nse nso.
Dal carattere ecclesiastico dell ' impedimento , deriva una duplice conseguenza: 3946
I o L'impedim ento non rende invalido il matrim onio di due persone non battezzate
né di di d ue persone battezzate non cattoliche, le quali, come tali, non sono soggette alle
leggi ecclesiastiche (can. I I). Rende invalido invece. a norma del can. 1059. il matri-
monio di due contrae nti. anche quando uno solo di essi sia cattolico (lstr. del S.Uffic io
ai Vesco vi dell' Albania , 15 febbr aio 190 1). L'inabilità disposta dal can. 1089 colpi sce
sia il rapitore c he la donn a rapita o sequestrata : direttamente il co ntraente cattolico,
indirettame nte il partner non cattolico.
2° Che in linea di principio è possibile la dispensa dall'impedimento, purché, co-
m' è ovvio, non si abbiano dubb i sulla piena libertà della donna, la quale, nonostante la
situazione in cui si trova , sia in grado di prestare un libero consenso. Di fatto, tuttavia,
una dispensa del genene non si dà se non in casi eccezionali, quando , per circostanze
324 LI BRO IV - I I "mun us sanc tificnnd i' del la Chi esa
CAN. 1090 - § 1. Qui intuitu ma- § I. Chi, allo scopo di contrarre mat ri-
trimonii cum certa persona ineun- monio con una detenninata persona, pro-
di, huius coniugi vel proprio co- voca la morte del co niuge di questa o del
niugi mortem intulerit, invalide pr opri o co niuge. attenta inval idam ent e
hoc matrimonium attentat. tale matrim onio.
§ 2. Invalide quoque matrìmo- § 2. Attentano pure invalidamen te il
nium inter se attentantqui mutua ma trimonio tra loro quelli che abbia no
opera physica vel morali mortem inferto la morte al coniuge, coop erandovi
coniugi intulerunt. insieme fisicamente o moralmente.
particolarissime, la donn a non possa esse re separata dal suo rapitore. Per un elementare
senso di prude nza, l'i mpedimento può e deve cessa re ad opera dello stesso rapitore o
sequest ratore ,
3947 e) Nor me ulteriori
I ° Sanzioni canoniche . Nel Codice precede nte, il rapimento di una donn a a scopo
di matrim onio o di libidine (intuitu matrimonii vel explend ae libidinis) comportava la
pena " latae sententiae" della escl usio ne dalle legittime attività ecclesi astiche enumerate
nel can. 2256 , n. 2, e pene "ferendae sent entiae" da intl iggere dal superiore o dal gi udice
ecclesi astico "pro gravitate culpae" (can. 2253). Agli effetti della pena , tuttavia, la
detenzi one de lla donna stranamente non era equiparata al rapime nto: il canone parla solo
di rapime nto. Il delitto, ovv iamente, non si estingue per il cessare dell ' imped iment o.
Nel nuovo Cod ice si consi dera deli tto il ra pime nto d i qu alsiasi per sona, qual un-
que ne sia il motivo (can. 1397 ). AI reo e ai complici necessar i (can, 1329) s' Infligge
"pro delicti gravi tate" un a delle pene es piatorie (privazioni e proi bizioni ) previ ste nel
can. 1336.
3948 2 ° La legislazione civile. In genere le legislazioni civil i moderne non co ntem plano
l' impedi mento del ratto. Prevedono invece l'impugnazione de l matrimon io da parte del
co niuge che ha subito la violenza.
L 'alt. 122, co mma l °, del Codice Italiano, seco ndo la nuova formu lazione dell a Legge 19
maggio 1975 , n. 15 1, così dispone:
- 1\ matrim onio può esse re impugnato da qu ello dei coniu gi il cui consenso è stato e storto
con violenza o de terminato da timore di ecce zion ale gravità derivan te da ca use estern e allo sposo.
Negli artt. 522 , 523 e 524 del Codice penale sono co mminate le segue nti puni zioni:
IO La recl usione da uno a tre anni, per il ratto di una donn a a fine d i mat rimon io .
2° La reclu sione da tre a cinq ue anni, per il ratto a fine di libidine.
3 0 Pene maggiori di quelle indicate, per il ratto a fine di matrimonio o a scopo di libidine di
persone minori di anni 18 o di malati di mente.
con sid erato uno dei più gravi, era punito co n pubb liche penitenze, ma non rend eva nullo
il matrim onio dei due colpevoli , come risulta dal Concilio di Elvira , celebrato in Spag na
tra il 30 0 e il 301. L'impedimento invalidant e venne istit uito dall ' imperatore
Giustiniano nel 556 (Novella 134, ca p. 12). Esso fu acco lto dalle Chi ese Orient ali,
mentre in Occidente si mantenne il sistema penitenziale, e le nozze fra i compli ci erano
possibil i al term ine dell a penitenza e dopo la morte del con iuge.
Nel Concilio di Trebur (Triburiense), in Germ ania , svoltosi nel1'895, venne istitu ito
il primo impedimento dirimente, col quale s' intese colpire l' adulterio qualificato, al
quale cio è fosse unita la prom essa di matrimonio dopo la morte del co niuge . All a fine
del sec . XII , sotto il pontificato di Clemente /II (1188-1191 ) c di Celestino /II (1191-
1198), furono aggiunte due altre figure d'impedimento: l' adult eri o come attentato di
matrim oni o e in coniugicidio , anch e nel caso che non ci fosse adulterio .
Tale normativa, trasmessa dall e Decretali, venne co nfermata sostanzialm ente dal 3951
Codice pio-benedettino, nel quale furono formalm ente distinte quattro forme d'impe-
diment o:
Adulterio con prome ssa di matrimon io
Adulterio con atte ntato di matrimonio anche solo civile
Adulterio con coniugici dio (uno patrante )
Coniugicidio di comune inte sa tra due coniugi (utroq ue patra nte)
Nel nuovo Codice, soppre sso ogni riferimento all' adult erio (come pur era stato già
auspicato dal Concilio Vaticano I), viene considera to solo il coniugicidio (l' uccisione del
proprio co niuge o del coniuge della persona che si vuole spos are) in una dup lice forma :
IO Con iugicidio a scopo di matrimon io, ad opera di una sola persona, l'uomo o la
donna: con azione sia fisica che morale (istiga zione o mandato).
2 0 Coni ugicid io ad opera comune dell'uomo o della donn a.
Si suppone che il coniuge sia legato al suo partner da un matrimonio valido, anche se non
consumato. Se il matrimonio fosse nullo o anche solo putativo, l' impedimento non potrebbe sor-
gere, perché sarebbe privo del suo fondamento, e non si avrebbe l' uxoricidio.
I È chiaro che. nel caso in cui il coniugicidio sia compiuto per mezzo di un sicario, l'impe-
dimento viene contratto solo dal coniuge che è il mandante, e non dal sicario nel quale manca
*
Yintuitus sui matrimoni! del can. 1090, I.
326 Ll RRO IV - Il "m unus saoctiflcandi" della Chiesa
l Sono state fatte a tal riguardo molte indagini, ma le conclusioni non sono concordi. È per
altro affermazione com une degli studiosi di genet ica che la pericolosità delle unioni tra consangui-
nei (unioni endogamicbe) non deriva dalla consanguineità come tale. ma dal fatto che nei ceppi
genealogici esistono q uasi sempre dei geni recessivi sfavorevoli. ossia delle tare ereditarie. che
nelledeae '1il1'liooi ·e aQogamiche. a causa della formazione di individui omozigoti, si manifestano
con maggio re facilità, mentre nelle unioni esogamiche, con la formazione di individui eterozigoti,
la manifestazio ne delle tare è più rara o più attenuata. Sono pert anto sconsigliabili per ragioni
biologiche - oltre che soc iali -le unioni tra consanguinei, mentre negli animali gli accoppiamen-
ti del genere possono contribuire al perfezionamento della razza e alla loro maggiore purezza, in
quanto le eventuali manifestazioni degenerative sono facilmente controllabili cd eliminabili me-
diante la soppress io ne degl'individui tarati. Un tale sistema. molto pratico in zootecnia e filotecnia,
a parte il possibile fenomeno negativo della sterilità. ha dato e continua a dare buoni risultati.
328 LIBRO IV ~ li " rnunus sancrificundi' della Chiesa
4° Il matrimonio non può essere mai permesso, qualora sussista un dubbi o di 3963
una certa ser ietà che le parti siano consanguinee in un gra do dell a line a retta o nel
secondo grado dell a lin ea co llaterale (§ 4). Per mettend olo, si correrebbe il rischi o di
violare un a legge di natur a, nel cas o che la co nsanguineià esistesse realment e nel
detto grado.
5° Non si può mai concedere dispensa dall'impediment o di consanguin eità nella
linea retta, qualunqu e sia il suo grado, e dall' impedimento di consanguineità del seco ndo
grado dell a linea collatera le, ossia tra fratelli e sorelle (can. 1078, § 3).
Nel ter zo e qu art o grado della linea co llaterale , la dispensa è pos sibil e e d è di co mpe tenza
dell 'Ordinari o del luogo (ca n. 1078). Tratt ando s i di consanguineit à di qu art o gr ado . la disp ensa
si conce de con facilità ; per il terz o grado, essa è più di fficil e e si richiedono ca use più gra vi
(lstr. de lla Co ngregazione de i Sacram ent i. ) 0 ag osto 1931 : X. OCHOA, Leges Ecclesiae, L n.
1045, co lI. 1342-13 44 ).
T ali principi giuridici si richiamano alla dottrina tradizionale della Chie sa, secon- 3964
do la qual e:
- La consanguineità nella linea retta è certamente di diritto natur ale nel primo
grado (padre-fig lia, madre- figlio); molto probabilmente lo è anche in tutti gli altri gradi"
ascendenti e discendenti.
- Second o la dottr ina prevalente , la consangu ineità nel seco ndo grado della linea
collat erale (fratelli-sorelle) è di diritto natur ale secondario, tale cioè che non appare in
diretto contr asto con i fini e l' essenza del matrimonio, per cui, in casi del tutto eccezio-
nali , è possibile la dispensa da parte della Chiesa dal relativo impedimento.
La detta dottrina risult a confermata da una Risposta del S. Ufficio in data 13
dicemhre 1916 e da un Rescritto di Paolo VI in data 21 gennaio 19771.
, Nel 191 6 fu presentato al S. Ufticio il seg uente qu esito : «Q uid se ntie ndum de matrimon io
contra cto in infidel itate a fratre cum sorore uterina, dein de ad fidem co nversi s» , R. «Non esse
inquietan dos ».
«In data 21 ge nnaio 1977, il Santo Padre Paolo VI, in una co municazio ne invia ta alla S.C .
per la Dott rina della Fede, per me zzo dell a qu ale gli era stata dom andata per un fratell o e una
sorella uterini (nati dall a stessa madre, ma da padr i di versi ), catt olici , cresciu ti separat ament e
nell'i nfanzia. da anni conviven ti, la dispensa di co nsanguineità in linea collaterale di primo grado.
allo scopo di rego lare col matrimon io religioso la loro unione e di legitt ima re la prole . si dichiarò
competente a conce derla. tenuto presente l' interesse pastorale del caso e ... cons idera ta l'opinione
dei canonisti che la prassi della Chiesa di non co ncede re la dispensa nei cas i co me quello prese n-
tato , non escl ude che la Chiesa abbia il diritto di co ncederla in casi ecceziona li. poten dosi
conside rare di diritto eccle siastico, non divino, l'i mpedi mento in ques tione» (X . OCHOA. Leges
Ecclesia e. V, n. 44 88. col. 72 88).
Si noti come il Rescrit to di Paolo VI parli di "diritto eccl esias tico" e non di "diritto natura le
seconda rio" . La disti nzione tra di ritto natural e prima rio e seco ndario non i: oggi infatti accettata da
tutti.
330 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa
CAN. 1092 - Affinitas in linea ree- L'affinità nella linea retta dirime il
ta dirimit matrimonium in quoli- matrimonio in qualunque grado.
betgradu.
dosi di consanguineità di quarto grado, la dispensa si concede con una certa facilità;
per il terzo grado essa è più difficile e si richiedono cause più gravi. Cfr. a tal
riguardo la direttiva impartita dalla Congregazione dei Sacramenti ai Vescovi dioce-
sani nella Istruzione del l" agosto 1931, in cui si richiamano gli Ordinari a una
maggiore severità, che oggi, evidentemente, dev'essere bene intesa (X. OCHOA, Leges
Ecclesiae, I, 1045, colI. 1342-1344).
L'impedimento di due consanguinei è per sua natura correlativa, vale a dire vincola
le due persone consanguinee allo stesso modo e con lo stesso grado. Di conseguenza la
dispensa data a una delle parti contraenti, vale anche per ciò stesso per l'altra, in quanto
riguarda il medesimo e unico matrimonio.
inclusive", corrispondente al terzo e al quarto grado del sistema attuale. Nel nuovo
Codice , esso è limit ato alla linea retta in qual siasi grado (in quolib et gradu) , per e videnti
ragioni di cara ttere morale e socia le. Dirime pertanto il matrimonio:
- Tra suoce ro e nuora
- Tra suoce ra e genero
- Tra patrig no e figliastra (la figlia che la moglie ha av uto da una precedente unione o
rapporto)
- Tra matrigna e figliastro (il figlio che il marito ha avuto da una precedente unione o
rapport o) e così via
È stato sop presso l'impedimento relativo all'afti nità nella linea collaterale (tra
cognat i, ad esempio), poiché «mo lto spesso il mat rimon io tra amni costituisce la miglio -
re soluzio ne per provvedere alla eventuale prole, nata dal matrimonio preceden te»
iCommunicationes, a. 1977, p. 368, can. 292) .
Come per la consan guineità, resta soppressa anche la "moltiplicazio ne" dell 'affini -
tà, per il fatto stesso che nella linea collatera le non esiste più alcun impedi mento.
c) L'eventuale dispensa 3969
L' affinità, come la consanguineità, è un vincolo o rapporto oggettivo e l'i mpedi-
mento che ne sorge è " natura sua" pe rpe tuo, che non cessa né per la morte del coniuge.
né per una eventuale dispe nsa "supcr rato" co ncessa da l Romano Pontefice.
L' impedimento, tuttavia, anche nella linea retta è di diritto ecclesiastico (qualche
autore antico lo considerò di diritto naturale)' , per cui la Chiesa in linea di princip io può
dispensare da esso; di fatto dispensa solo in cas i del tutto eccez ionali, per non suscita re
scandalo. La dispen sa non è riservata alla Santa Sede e rientra nella competenza dell 'Or-
dinario del luogo (ca n. 1708).
Ovviamente all'i mpedi mento di affinità non sono sogge tte le perso ne non battezzate (cfr. can. 3970
I l) , finché restan o tali, tranne che l'impedim ento sia previsto nella legislazi one civile del loro
paese. Se si battezzano, l'affinit à che es iste in esse diventa eo ipso impedi mento cano nico, anc he
se l' impedimento no n è co ntemp lato dalla legge civile. Una tale conseguenza, logica in sé, è
confer mata da una Rispost a del S. Ufficio in data 3 1 gennaio 1957 .
Dubbio pr oposto: «A n affinitas, in infi de litate co ntracta, impedime nt um e vadat pro
matrimoniis. quae incantu r post bapti sm um, etsi unius par tis tantum».
Rispos ta: «Affirrnative» (X. O CHOA, Leges Ecclesiae, Il, n. 2626, col. 3484).
l Sosten ne una tale tesi. per la stessa aftinit à nella linea collate rale , anche Enrico VlIl d 'In-
ghilterra (1509 -1547) , a fine di poter sposare Anna Bolena Avend o eg li contratto matrim onio,
mediante dispensa pontifi cia, co n la cog nata Cate rina d' Aragona, vedov a del fratello Art uro, eg li
affermava che tale matrimonio era nullo perché il Papa non aveva il potere di dispensare da un
impedi ment o di diritto naturale.
Essend o di diritto ecclesiastico, l'i mpedi me nto di affinità riguarda so lo i cattolici: i non
cattolici. batt ezzati o no n battezzati, non vi sono soggetti, tranne che sposino un catto lico del q uale
sono affini (obbligo indiretto) .
332 LIBRO IV - Il "rnunus sanc tificandi" della Chies a
L ' impedimento di affinità in linea retta è considerato " inderogabile" (Nuovi Accor-
di tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana, Protocollo aggiuntivo, n. 4, letto a). Di
conseguenza, un eventuale matrimonio religioso cont ratto con dispensa non viene tra-
scritto civilmente, per cui la dispensa dal detto impedimento non può es sere conc essa
dall'Ordinario del luogo "se non in presenz a di gravi motivi" (Decreto Generale della
CEI, 5 novembre 1990, n. 39: Enchir. CEI, col. 4, n. 2653) .
Il concubinato suppone una relazione di una certa continuità, che offra una so mi-
glianza con la vit a matrimoniale.
Si distingue pertanto:
- Dalla prostituzione
- Dal semplice adulterio
- Dalle relazioni saltuarie
Non si richiede, tuttavia, la convivenza nella medesima casa. Una tale circostanza potrà essere
una prova del "concubinato", ma non ne costituisce l'essenza.
Il concubinato può sussistere anche con più persone simultaneamente, né ha importanza se
siano o no sposate.
Il con cubinato è impedimento tanto nella forma notori a che in quella pubblica (si
su ppo ne che il concubinato sia effetti vo, o ssia sussista re almente). Concubinato notorio
è quello conosciuto unive rsa lme nte , sì c he ri sulti, di fatto o d i diritto, in modo
incontrovertibile (ca n. 2197, nn . 2-3, Codice 1917). Concubinato pubblico, a termine del
ca n. 1074, è quello c he può essere provato in foro esterno.
Riteniamo che sia sufficiente a creare l'imped imento il fatto della convivenza pubblica o
notoria "more uxorio", e che non sia necessario che tale convivenza sia conosciuta dagli altri come
concubinato.
Il concubinato occulto o sem plice me nte presunto non costituisce impedimento.
b) L'ambito e la cessazione 3976
Col nuovo Codice, " impedimento di pubblica onestà è lim itat o al primo grado
della linea retta tra l'u om o e le consanguinee della donna e viceversa, os sia fra l'uomo
e la mad re o la figlia della donna, e fra la donna e il padre o il figlio dell'uomo. Non
c'è impedimento nel sec ondo grado della linea retta.
L'impedimento è "ex natura sua" perpetuo, per cui cessa soltanto con la sua legit-
tima dispensa, che può essere concessa an che dall'Ordinario del luogo , in quant o non
è rise rvata all a Santa Sed e (cfr. can . 1078 , § 2. Per la co ncess io ne si richiedono motivi
1II0ito gravi e sem pre che non ci sia alcun dubbio circa un possibile legame di paternità
o di fig lio lanza, sia pure naturale , fra le parti (c fr. ca n. 1094, § 4 ).
Trattandosi d' impedimento di diritto ecclesiastico. è chiaro che non vi sono soggetti gli 3977
acattolici a tenni ne del can. Il. Si può però fare il medesimo quesito presentato al S. Ufficio nel
1957. relativamente all'i mpedimento di affinità:
- An relatio publicae honest atis, in infidelitate instituta, impedimentum evadat pro
matrimoniis, quae ineantur post baptismum, etsi unius partis tantum.
Alcuni autori restano dubbiosi. Altri danno una risposta negativa in quanto - affermano -
la stessa relazione di pubblica onestà è di creazione ecclesiastica. Altri infine, forse più fondata-
mente, danno una risposta positiva. perché - si osserva - la relazione di pubblica onestà
determinatasi ai sensi del can. 1093, non è una semplice creazione della legge canonica, ma esiste
"cx se", come fatto oggettivo, ed esiste anche una norma etica di diritto naturale, che esclude come
"illeciti" gli eventuali matrimoni contratti in siffatte circostanze. Ritengono pertanto che la Risposta
del S. Ufficio debba applicarsi. per analogia. anche nel caso prospettato.
Nelle legislazi oni civili, l'impedimento di pubblica onestà non è pre visto.
c) Il matrimonio civile 3978
È il matrimonio cele brato dinanzi a un pubblico fun zion ario dello Stato, nella forma
pres critta dall a legge ci vile. T ale matrimonio - puramente civile - contratto da due
persone non soggette alla legge della Chiesa a termine del c an . 1117 , è pienamente
valido: co ntra tto in vece da persone che vi sono obbligate, e ciò nonostante rifiut ano
quell o canonico o religioso, è nullo "ipso iure", nel foro esterno ecclesiastico e nello
stesso foro interno di coscienza.
334 LIBRO IV - Il " munus sanct ificandi" della Chiesa
Ovviamente. un tale matrimonio non può ess ere celebrato da un cattol ico. Tuttavia,
relati vamente al can .1093, è sempre valida la Rispo sta dell a Pon t. Comm. per l'interpret.
dci Codi ce in data 12 marzo 1929 , n. Il, che di stingue opportunam ent e tra matrimon io
civile in qu anto tale (atto di mat rimonio) ed effetti va con vivenza delle parti. Dal solo
atto di matrimonio non sorge l'impedimento; l'impedimento di pubblica onestà so rge
sol o dalla even tuale convivenza (notoria o pubblica), che s'instauri suc cessivamente (X.
OCHOA, Leges Ecclesiae, l, n. 888 , col. 1034).
3979 Nel nu o vo spi rito di maggiore tollera nza e di comprension e , il matrimoni o civ ile
co ntra tto da per son e sogg ette alla form a cano nic a non è più equiparato dall a C hies a
a un pubblico concubinato'. In effetti , nel con cubinato v'è una situazio ne del tutt o
di versa, in qu ant o le du e pe rsone ch e così co nvivo no non hann o int en zi on e di vi vere
in maniera sta bile come marito e moglie. Nel matrimon io c iv ile, co ntratto da due
per sone soggette alla forma canonica, v'è inv ece una int en zione e un impegno d i una
certa stabilità co niugale, con tutto un insieme di valori psicologici , morali e um ani
di not evole rili evo . Afferma a tal ri guardo Giovanni Paolo Il nell a Esort . Ap .
" Fa m iliaris consortio", n. 82:
- La situazione dei cattolici che, per motivi ideologici e pratici, preferiscono contrarre il
solo matrimonio civile o almeno rimandando quello religioso, non può equipararsi senz' altro a
quella dei semplici conviventi senza alcun vincolo, in quanto vi si riscontra almeno un certo
impegno a un preciso e probabilmente stabile stato di vita, anche se spesso non è estranea a questo
passo la prospettiva di un eventuale divorzio. Ricercando il pubblico riconoscimento del vincolo
da parte dello Stato, tali coppie mostrano di essere disposte ad assumere con i vantaggi anche gli
obblighi tEnch ir. Val., vol. 7, n. 1791).
3980 Ma è pur sempre vero che il dett o matrimoni o non ha valore "in for o co nsc ie ntiae":
ess o è «inacc etta bile per la Chies a, la quale insegna che per i ca ttolici l' un ico matrim o-
nio valido che li costituisce marito e moglie davanli al Signore è quell o sacramenta le,
per la c ui celebrazion e è richiesta la form a canonica » (C EI, La pastorale dei divo rzi,
ecc., 26 april e 1979 , n. 37, 2: Eflchir. CEI, vo I. 2, pp. 126 2-1 263).
Conseguenza pastorale. I cattolici che celebrassero il matrimonio semplicemente civile,
restano esclusi dalla Comunione a norma del can. 915, tranne il caso che non convivano. In questa
ipotesi, "remoto scandalo" e con l'impe gno di celebrare appena possibile il matrimonio religioso,
possono essere ammessi oggi alla Sacra Mensa.
I Nella lstr. della Congregazione dei Sacramenti in data IO luglio 1929, al n. 2 è detto
espressamente: «Qualora gli sposi osassero contrarre civilmente, sia pure con l' intenzione di cele-
brare in appresso il matrimonio religioso, saranno trattati come pubblici peccatori» (X. O CHOA,
Leges Ecclesiae, l, n. 914, col. 1095 ), nel caso - s' intende oggi - che alla celebrazione civile
segua l' effettiva convivenza.
Il matrimonio 335
l O Se l'atto di adozione civi le è invalido per mancanza di form alità sostanzi ali. non
si dà cognazio ne legale né può sor gere l'i mpedimento prev isto nell ' ord inamento ca no-
nico.
2° Se nel territorio di uno Stato non esi ste l'istituto dell ' adozion e, in quel terr ito rio
non si avrà neppure l' impedimento canon ico.
3 0 L' ado zione va inte sa in sens o stretto:
- Non basta pertanto la tutela, che non produce civilmente alcun a parent ela legale.
- Non basta neppure l' affili azion e, pre vista civilmente in vari St ati.
3987 Sotto il nome di affiliazione sono stati compresi. in epoche e luoghi diversi. vari istituti
giuridici. Nell'ordinamento italiano. l'affiliazione è stata introdotta nel Codice del 1942: artt. 400-
412. modificati in parte dagli am o 164-167 della Legge 19 maggio 1975. n. 151 (Riforma del
Diritto di Famiglia) e successivamente dalla Legge 4 maggio 1983, n. 184. Essa è un misto di
adozione e di tutela. che comporta per l' affiliante l' obbligo di mantenere l'affiliato. d' istruirlo e di
educarlo come se fosse un proprio figlio. di amministrarne i beni. L'a ffiliazione ha effetti propri,
minori da quelli derivati dall' adozione. L' affiliazione esisteva già di fatto nel nostro paese, poiché
in diverse famiglie si accoglievano fanciulli orfani o abbandonati dai genitori. provvedendo al loro
mantenimento e alla loro educazione. Il Codice del 1942, con le sue norme. intese disciplinarle
giuridicamente.
d) Norme ulteriori
3990 Altri effeui della "cognatio legalis "
Son o co nness i, nell ' ord inamente ca no nico, con la "p atria potestà". Cfr., a tal rig uar-
do i ca nn.98, § 2; 105, § l , n. l ; 774 , § 2; 793; 796 , § 2; 797 ; 798; 85 1 § 2; 855; 867;
868 . § I. n. 2; 869, § 3; 872; 874, § I; 890; 914 ; 1071, § l , n. 6; 1136 ; 1183. § 2; 1258;
1366, ecc .
3991 La legislazione italiana
L'impedimento di adozione e di affiliazione è considerato nell 'art. 5 dell a Legge 19
maggio 1975, n. 151, circa il Diritto di Fam iglia . Nel medesimo artico lo si tratta anche
della con sanguineità e dell' affinit à. Lo ripo rtiamo per intero, in mod o che sia abbia il
prospetto completo dei detti imp edimenti stabiliti nell'ordinamento civile italiano.
- "Non possono contrarre matrimonio fra loro:
I) gli ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali;
Il matrirnon io 337
CAPITOLO IV
a CONSENSO MATR~O~E
CAN . 1095 - Sant inc apacrs .... Sono incapaci di contrarre matrimonio:
biwwtii amtrahendì:
1° quì!ìiilfticiarti rationis uso 1° coloro che sono privi di sufficiente
calUlt; uso di ragione;
l O. . bborant gravi dtfìectu 2 ° coloro che difettano gravemente del-
otseretioais ÌIIII1ÌcÌÌ .circa iura et la discrezione di giud izio circa i diritti e i
officia matrimorrialia ew 6-, doveri matrimoniali essen ziali, da conce-
.-ttm lr.adenda et acceptanda; dere e da accettare reciprocamente;
3° qui obausaslUblr.aeps)'chi- 3° coloro che per cause di natura psichi-
.cacobIWationesmatrimonii esses- ca non sono in grado di ass ume re gli ob-
liiates A'Ill f t 8Ml v.aleDt. blighi es;s.e:nmJi del matrimonio.
In data 2-3 grO'gJJ0, ila ,Fll!lnti.ficia Commissione rispose c he ij detti m atrimoni ImO
e ran o .dive nuti validi in forza del nuovo Codìce, ma che essi avev ano bisogno di regolare
co nvalida (X. I(~Clil(\)A., Leges Ecclesiae, l , n. 94, 7 , .omL 125). Ovviamente non era più
nec es saria la dispensadalt'impedimento canonico, poiché questo, con l'entrata in vigore
.del muovo Codice, non esi steva più .
A tale rispesta .eccerre .auenersi anche oggi per quei matrimoni iCIVoo.tnaalmen te nu Ili,
per ché celebrati prima 'del TI novembre 1983 con un impedimento dirimente (per es ,
quello ,.di .censanguineirà esi stente fra cugini secondi), che co l nuo vo Codice è stato
soppresso (infatt i T inymdirnento di con sanguineità nella fineacoììaterale n on si estende
I ~gi -oltrei primi cugini: cfr. can . 109 I, § 2).
31)97 Il.cap . IV, dedicato al " co nsenso", è .uno dei più important i dell a inte ra materi a
ma tri mo ni ale. Il 'co nsenso è infa tt i, l' elemento fon damental e cos tiuu ivo del m atri-
mon io : "Nuptias consensu s f acit" (ca n. LOS7 , § I). An che il Codi ce preceden te
ded icava al consenso matrimoniale un capitolo a sé, ma.le norme apparivano ormai
in ad eguate. L'attuale capit olo si pre senta profondamente rinn ovato, e il merito
mag giore va senza dubbio alla giurisprudenza canonica, ch e , pur nella fedeltà ai
principi 'tradizio nali, non ha man cato di tener presenti i progre ssi delle scienze
psicologiche, .da «iui H'intimo .pro.cesso dell'atto umano del consenso ha ricevuto
m aggi ore luce e comprensione.
La de finizione del consenso matrimoni ale è contenuta nel can. 1057, *2: «/I co nsenso ma-
trim on iale è l' atto de/l a volontà con cui l'uom o eIn donna si don an o c si accetta no co n patto
irrevocabile, per costituire il mat rimoni o» (v. il co mmento relat ivo).
g matri monio 339
l. Incapacità 3')98
1095 La capacità naturale e giur idica del soggetto è il presupposto esserrziaìe.
come s' è d'etto, per poter contrarre matrimonio vali.damente. La capacità natu rale è
determinata dalle condizi oni soggettive dci contraenri: quell a giu ridica dalla legge , e
consiste nel pos sesso dei requisiti prescritti .
Il canon e 1095 considera tre figure d'incapacità natur.ale (f@l;dir.u~ psicologico, che
consentono di contra rre matrimon io valido. Ciascuna di esse costituisce un capo auto-
nomo di nullità matrimoniale :
- Manc anza di un sufficiente uso di ragione (n'. l )
- Grave' difetto di: discrezi one di giudizi o (n. 2)
- Difett i psichici che impediscono di, assumere gli obblighi essenziali del matri-
monio (n. 3)
1° L'uso' di ragi9ne, che ~ acquist a normalmente a partire dai sette anni (cfr. can . 3999
97, § 2). appartiene per sé alla sfera conoscitiva, anche se; per l'unità. psichica della
person a umana, tutte le facolt à dell 'uomo operano norm almente in una reciproca
interdipendenza. Esso è essenziale perché si ponga in essere Wl atto umano volontario,
responsabile. libero. La sua mancanza o anche' la sua. inadeguatezza rendon o. invalid o
e ineffic ace il con senso.
Sono pertanto incapaci di contrarre matrimonio (come di porre qualsiasi atto giu-
ridico), tutti coloro che, qualunque ne sia la causa, son o privi dei sufficiente uso di'
ragione (e non è necessaria una privazione totale):
I ° Sia in modo permanente , per carenze o alterazio ni che hanno,impedi to il . neces-
sario sviluppo o maturit à del soggetto (ebeti o idioti , alienali , demeriti; ecc.);
2° Sia in modo tempora neo, per disturbi dovuti· a·causc'occasiona li' o transitorie di
natura fi sica o psichica (deliri febbrili , eccessi di colle ra, cris i epilettiche , sugges tioni
ipnotiche. sonnambulismo, ebrietà, droga, particolar i farmaci, ecc.) ed esistenti all' atto
di contrarre matrim onio. Non ha importanza se la causa sia stata provo cata di proposi to.
I lucidi intervalli.. Sono .cosi dette, nel lingua ggio co rrente, le temporan ee rem ission i di una 4000
malattia o di un qu alsias i turb amento psi chico di ca rattere abituale. Un tale matrimonio celebrato
in queste co ndiz ioni può essere considerato valido?
Il Codice di Diritto Cano nico non, dispon e null a a tal riguardo >. Nella dott rina•.alc uni sosten-
gono la validi tà del mat rim on io . Alt ri. forse più fonda ta men te, so no di parere co ntra rio , e
richiamandosi. ai cann , 1322 e 1323, n. 6, per i quali gli " habitualiter usu rationis ca rentes" , sono
considera ti incapaci di co mmettere un deliuo nei loro lucidi intervall i; e. di co nseg uenza, non
soggetti ad alcu na pen a, rite ngo no che il mede simo principi o possa e debba app licarsi per analogia
anche in ordine al matrimonio. co nsiderando tali persone, prive abitualme nte dell'uso di ragione,
incap aci di dar e un valido consenso anche nei "lucidi intervalli" , soprattutto se fii' tiene. conto che
le delle pe rsone , pur avendo deiIucirìi interva lli, non sono in gra do, per la loro infermità abituale
(infermità abitua le, non altra)' di· assumere gli obblig hi:essenzi ali derivanti da l matrim oni o, co m 'è
richiesto dal ca n . 1095, n. 3.
È da not ar e che' la mod erna psichiatri a es cl ude ch e , nelle forme più gra vi di demen za,
possan o aversi de i lu cid i int ervalli . Una tale affermazione è cond ivisa oggi dalla pre valente
giuris pru de nza dei tribunali ec clesiastici ; era co nte nu ta sos ta nz ialmente nell a cel eb re Glossa
Ordinari a di Accursio (se c . XIII ), nel comm e nto a un a Decretale di Alessandro III : «Sae pe
enim furi osi (g li am entes) s unt cons tituti in co ns pec tu umbratae quietis..nec tu me n sunt mentis
sanae , licet vidc antur» (Ad ve rbu m "Furor" ),
3. L'errore 4009
I ) L 'errore difatto
1097 (1083 *) L'errore è una conoscenza inesatta, un falso giudizio, che può dipen-
dere da varie cause. In ord ine al consenso matrimoniale, consiste nel presente canone
in un errore di fa tto (dell'errore di diritto si tratterà nel can. 1099), vertente su un
duplice oggetto:
342 LIBRO IV - U "rnunu s sa nctificandi" della Chicsu
- La persona, co n la qu ale s' intend e co ntrarre matrimon io (error ide ntita tis)
- Le s ue qua lità : fisic he, mor ali, sociali, ecc.
Nel primo caso, pos sibi le so lo in circosta nze del tutto ecceziona li, l'errore rende
invalido il matri monio, po iché si trat ta d i un errore sostanzia le , concernente l' ident ità
stessa del pa rtner (can. 126). È quel che avv enne nel l' Antico Testa mento a G iaco bbe.
quand o , nella ce lebraz ione del suo matrimo nio con la fig lia d i Labano , Lia fu sosti tuita
co n inganno a Rach ele (Ge n. 29, 16- 25).
Nel secondo caso, l' errore, anc he se dia ca usa al con trailo matri mo nia le, no n rende
per sé inv alido il ma trimo nio, tra nne c he la qu alità sia intesa di re tta mente e pri nci pal-
mente' , trasform and osi sostanzi alme nte in una condizion e " sine qua no n" , oppu re , come
si dir à nel ca none segu ent e, che sia og gett o d'inganno.
4010 Un CllSO concreto. Un giovane sposa una ragazza, sicuro che sia vergine. mentre vergine non
è. In questa ipotesi. l'errore ha dato causa al contralto matrimoniale. poiché il giovane, se l'avesse
saputo prima. non avrebbe sposato la ragazza in tali condizioni. Il matrimonio è valido o invalido?
Il matrimonio è per sé valido. tranne che il giovane, prima di sposare. con volontà esplicita,
non semplicemente interpretativa o ipotetica, abbia inteso "directe et principaliter" di sposare una
ragazza vergine, facendone una "condicio sine qua non".
I La norma segue l'in segnamento di S. Alfonso Maria de' Liguori (Theologia morulis. lib. VI ,
tracl. VI. De matrimonio, cap. III, dubium Il, n. 1016), applicalo già dalla giurisprudenza della S.
Romana Rota (Communi cationes. a. 1983, p. 232, can. 1051. § 2).
Nel Codice anteriore si parlava di «error qualitatis in errorem personae redundans» (can.
1083. § 2. n. I). Una tale espressione, che dava luogo a dubbi e incertezze e ad interpretazioni
diverse, è stata opportunamente modificata nel can. 1097 dci nuovo Codice.
Il millrimoni" 343
Non è necessario che l'errore causato dal dolo determini la volontà contrattuale del
partner: la legge non lo richiede.
Il canone non fa alcuna esemplificazione, lasciandone il compito alla giurisprudenza. Potrebbe 4012
essere la sterilità (can. 1084, § 3), una malattia contagiosa o inguaribile, gravi precedenti penali.
lo stato interessante tgra viditas ab a/io), ecc. La nonna è per altro completamente nuova, poiché
di essa non vi è alcun cenno nel Codice precedente: fu richiesta da numerosi canonisti e da molti
Vescovi, in particolare dall'Episcopato tedesco. Senza dubbio v'è il pericolo ch'e ssa dia occasione
a un notevole aumento delle cause di nullità matrimoniale (Commlln;cat;ones, a. 1977, p. 373. can.
300). Ma. d'altra parte, era giusto che la legge tutelasse con maggiore efficacia la libertà e la
dignità degli sposi e la felicità del loro matrimonio. che non può essere compromessa o distrutta
da indegne e illecite manovre.
La norma contenuta nel can. 1098 è una innovazione di diritto positivo. Come tale,
non ha effetto retroatti vo (can. 9).
2 Così si spiega la validità dei matrimoni celebrati dai cristiani ortodossi. che pur ammettono
lo scioglimento del matrimonio a causa dell' adulterio.
344 LIBRO IV - Il " munus sa nctjficandi" della Chiesa
CAN. 1l()() • Scientia aut opinio Il fatto che si sappia o si ritenga che il
nullitatis matrimonii consensum matrimonio sia nullo, non esclude neces-
matrimonialem non necessario sariamente il consenso matrimoniale.
excludit.
CAN. 1101 - § 1. Internus animi § l. Il consenso interiore dell'animo si
consensus praesumitur conformis presume conforme alle parole o ai segni
verbis velsignis in celebrando ma- usati nel celebrare il matrimonio.
trimonio adhibitis.
§ 2. At si alterutra vel utraque § 2. Tuttavia, se una delle parti o en-
pars positivo voiuntatis actu exclu- trambe, con un positivo atto di volontà,
dat matrimonium ipsum velmatri- escludono lo stesso matrimonio o un ele-
monii essentiale aliquod elemen- mento essenziale del matrimonio o una sua
tum, vel essentialem aliquam essenziale proprietà, contraggono invali-
proprietatem, invalide contrahìt, damente.
I La simulazione totale, in cui il consenso manca del tutto poiché si esclude l'essenza stessa
det matrimonio, può assumere varie forme e modalità. Così, ad esempio, simula totalmente il
consenso matrimoniale:
- Chi non intendesse contrarre matrimonio con nessun partner;
- Chi non intendesse sposare una determinata persona;
- Chi non intendesse istituire un vero "consortium totius vitae" (can. 1055, § I), ma una
semplice unione di fatto, una pura convivenza "more uxorio".
346 LIBRO IV - Il "0111nUS sanctifìcandi' della Chiesa
2° Le prop rietà essenziali del matrimonio (can. 1101, § 2). Sono le leggi fonda- 4025
mentali che ne determinano la struttura, ossia, a term ine del can. 1056, l'un ità e Vindis-
solubilit à. All'unità si oppone la poligam ia; alla indissolunilità il divorzio, oss ia lo
scioglimento del vincolo matrimon iale ad opera degli stessi coniugi.
L'esclusione positiva dell'un ità e della indissolubilità, effettuata nei term ini preci-
sati nella prece dente lettera c anche da uno solo dei con traenti, rende nullo il matrimonio
sia dei cris tiani che dei non cristiani, ossia dei non battezzati, poiché le dette proprietà
sono di diritto natur ale e valgono per qualsiasi matrimonio, senza possibilità di modi fica
da parte dei co ntraenti. come de lla pubblica autorità.
Di conseguenza, non presentano un conse nso giuridicamente opera nte e non co n-
traggono un valido matri monio coloro che, con volontà positiva e antecedente:
- Intendono. ad esem pio. contrarre un matrimonio "a prova" (ad expe rimentum)
- Intendono consi derarsi liberi da ogni vincolo alla scadenza di un termine fissato (matri-
monio "a d ternpus") o al verificars i di un eve nto (matrimonio condizionato)
- Co ntrarre un secondo matrimonio, conservando il primo vincolo. contro la legge della
monogamia (ipotesi possib ile nei paesi in cui è am messa la poligamia)
- Si rise rvano il "diritto" di divorziare (non di chiedere la semplice separazione) in caso di
fallimento della loro unione.
3° Elementi essenziali del matrimonio (can. 1101, § 2). I dett i elementi non so no 4026
precisati nel Codice. Toccherà quindi alla dottrina e alla giurisprudenza dare un conte-
nuto a questa nuova formula della legge canonica. Possiamo dire che, mentre le proprie-
tà esse nziali determ inano la struttura del matrimonio . gli clementi esse nziali ne rilevano
i fini c i valori. Tene ndo pertanto presenti il can. 1055, § I, del nuovo Codice e il
can. 1086. § 2. del Codice precedente , possono indicarsi tra gli elementi essenziali del
matrimo nio - da non confondersi con gli elementi integrativi, che son pure necessari
per la sua piena realizzazione - i classic i beni dell a tradizione teologica e cano nistica.
ossia il " bonum prolis" e il "bonu rn fidei", a cui è da aggiungere il "bonurn coniug um" .
- Il bonum prolis è la generazione e l' educazione della prole' .
- Il bonum fi dei è la recipr oca fedeltà degli sposi. conseguenza diretta dell 'unità.
di cui è anzi sinonimo, in forza del messaggio cristiano'.
) Un mezzo radica le per evitare i figli è la sterilizzazione dell' uomo o della donna. Se essi
decido no. a tale sco po. di sotto porsi al relativo interve nto c hirurgico, è valido il loro matrimonio'!
Senza dubbio. nel caso che la sterilizza zione sia eseg uita dopo che il loro matrimonio sia stato
validamente contratto, essa non ha alcuna rilevanza giuridica. Ma se essa ha luogo prima, i pareri
sono discordi. Per alcuni , il matrimonio è invalido; per altri è valido . Le motivazio ni che si
adducono dall' una e dall'a ltra parte, non sono decisive .
/I problema. a mio parere, si pone soltanto nel caso che la sterilizzazio ne avve nga di comune
intesa. Se invece essa ha luogo per iniziativa autononoma dell' uomo - poiché la detta operazione,
anche se effe ttuata in modo tota le e irreversi bile, non causa l' impotenza sessuale il "verum semen
in testicul is elaboratum non requiri tur", ma solo la sterilità - a norma dei eann. 1084. § 3. e 1098.
e il matrimonio ne sareb be invalidato solo nel caso che si determinasse l'errore doloso.
, In rapporto al "bonum fidei", senza dubbio contrae invalidamen te chi. ad esempio, con
volontà positiva e antecedente:
- Si riserva il diritto di avere delle relazioni extraconiugali: il cosidd etto "matri monio aper-
to", con diritto al libero amore;
- Di tenere contemporanea mente un' altra donna, in qualità di amante o di conc ubina;
- Di continuare nella vita libertina di prima, ecc .
È questo diritto . che un partner intendesse avere. ad invalidare il matrimonio. Se eg li invece ,
nel contrarre matrimonio. ha in animo di commettere adulterio c di conserva re un' amante solo in
linea di [atto, questo semp lice pro posito o intenzio ne non rende nullo il matrimonio.
348 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa
.I Essenzialmente diverso è il caso di due sposi, i quali, contraendo il matrimonio, per loro
voto al Signore intendesseroconservare la perfetta castità, vivendo come fratello e sorella il cosid-
detto "matrimonium virgineum". In questa ipotesi, c'è una rinunzia reciproca, di piena e libera
intesa, all'esercizio del "ius in corpus", la quale lascia intatta l'efficacia del consenso matrimoniale.
Fu il caso notissimo di Maria Santissimae di San Giuseppe. Lo stesso deve dirsi per il caso di due
sposi coniugi che, di piena e libera intesa, decidono di rinunziare alla prole per il fondato timore
- a causa di un formale avvertimento del medico - che la prole nascerà tarata da grave malattia.
11 matrimonio 349
rilevato - intendess e posit ivamente cont rarre matrimonio riser vandosi ad esempio il diritto di
divorziare quando lo ritenesse opportuno o di contrarre simultaneamente un secondo e un terzo
matrimonio. in realt à manca di " intentio contrahendi" e il matrimonio così contratto è da
considerarsi invalido. Parte della dottrina e della giuri sprud enza. tuttavia. esclud e la distinzione
tra " ius" ed "exerciti urn iuris" solo dalla indissolubil ità.
Nel diritto romano , il matrimoni o co ntrailo per violenza fis ica ' (vis absoluta o
corpori illata) era con siderato nullo, al pari d' ogni ne gozio giurid ico, e il matrimonio
contratto per timore (vis animo illata o compulsiva ), era considerato valido, ma
rescind ibile, oss ia annullabile.
La libertà dci matrimon io fu se m pre di fesa dalla Chiesa. L a sua vio la zio ne fu
co nda nnata dal C on cilio d i Trento come un delitto infame : max ime nefa rium
matrimonii libertat em violarel. E contro co loro - cuiuscumque gradus , dignitatis et
conditionis - che quovis modo, dir ecte vel indirecte, ~i re ndesse ro colpe vol i di tanto
crimine, fu co mm ina ta la scomunica " ipso fa cto incurrenda" Sesso III-V, Il nov.
1561 , cap . IX ).
metum grave m", Il semplice timore "concomitante" non ha, nel caso, alcun rilievo
giuridico '.
Non è necessario che il timore sia incusso intenzionalmente (timore diretto), per 4043
obbligare la persona al matrimonio. È sufficiente che sussistano oggettivamente le minac-
ce (timore ind iretto: "h aud consulto incussum"), e che il soggetto, per evitarle. si veda
costretto a ricorrere al matrimonio. È questa una precisazione importante, poiché con essa
si chiude una lunga discussione esistente tra i canoni sti, per quanto la maggior parte di essi
e la giurisprudenza rotaIe nella sua quasi unanimità fossero già orientati nel senso deter-
minato dal canone. Caso tipico di timore indiretto: quello di una giovane, costretta a
sposare un uomo , che pur avversa nel suo intimo, per sottrarsi ai continui maltrattam enti
del padre, che le rende impossibile la vita; per sfuggire alle pressioni di chi. in casa,
vorrebbe forzarla ad avere illeciti rapporti con lei o a darsi alla prostituzione.
Il Codi ce precede nte esigeva anche che il timore fos se inferto ingi usta mente : iniuste 4044
incussum. Il term ine e ra ripetuto nello Schema esaminato dal Grup po di Studio " De matrimon io"
nella seduta del 20 maggio 1977, ma venne soppresso ad unanimità iCommunicationes. a. 1977,
p. 376. can. 304; cfr. anche a. 1983, p. 234 , can. 1057, n. I). In effetti; un timore che tenda a
costringere una persona a contrarre matr imonio, difficilmente si può configurare co me "giusto". È
pure da conside rare c he il timore inferto. giusto o ingiusto che sia, è sempre un attentato contro
la libertà, la quale è un'e sigenza assoluta "i ure naturae" dci consenso matri moniale'.
I Il timore "co nco mitante" è quello che si associa al contralto matrimoniale, ma non ne è
causa (timore "deter minante" ). Si presta il consenso con timore, ma non per timore. Un chiaro
esempio di timore "concomitante" e "determinante" fuori del matrimonio, è quello di un ladro : se
egli ruba con la paura di essere sorpreso, si ha il timore "concomitante": se invece ruba perché
costretto a rubare dal padre, si ha il timore "determinante".
, La violenza e il timore nel diritto matrimoniale italian o: «II matrim onio può essere impu-
gnato da quello dei coniugi il cui consen so è stato estort o con violenza o determinat o da timore
di eccezionale gravità derivante da cause esterne allo sposo... L' azione non può essere proposta. se
vi è stata coabitazione per un anno dopo che siano cessate la violenza o le ca use che hanno
detenninato il timore ...» (Art. 122 del Cod ice Civile , modificato dall'art. 17 della Legge 19 maggio
1975, n. 151. circa la riforma del diritto di famiglia). Nello stesso articolo, si parla dell'errore e dei
suoi effetti in ordine al matrimonio.
354 LIBRO IV - li "munus sanctificandi" della Chiesa
Occorre partanto nei detti casi considerare attentamente i fatti e accertarsi soprat-
tutto dello stato d'animo dei giovani. Se essi sono rassegnati alla volontà delle loro
famiglie, anche se con un certo disappunto, il matrimonio è da considerarsi valido. Se
invece essi si sono piegati, perché non potevano farne a meno, e con atto positivo sono
stati contrari a quel matrimonio, anche se esternamente, per timore riverenziale, abbiano
taciuto, il matrimonio è invalido. Ovviamente tutto questo va dimostrato giudizialmente.
giustificato da alcun motivo, ovviamen te non rende invalido il matr imonio (cfr. a tal
riguard o la sent en za rotale corali! Graziali, IO lug lio 1939: S. Romanae Rot ae
Decisiones, voI. 31, pp. 436-437). D' altra parte, il semplice silenzi o, la pura presenz a
passiva, sarebbe ro giuridicamente inoperanti, poiché non manifestano esternamente la
volontà interna in modo inequi vocabile.
Consultori dci Gruppo di Studio " De matr imonio " dec isero ad unanimità di conserv arlo a motivo
della sua necessità pastorale , atte sa la grand e mobil ità delle persone nell 'attuale società (Commu-
nicationes, a. 1977, p. 377, can. 306).
4051 Formalità da osservare
Sono tutte prescritte "ad validitatem" nel canone accennato. che comprende qua ttro
paragrafi.
I° Il procuratore dev'essere designato mediante un mandato speciale , diretto alla
celebrazione del matrimonio con una det erminata persona, des ignata in modo
inequivoco, sì che non ci siano dubbi sulla sua identificazione. Un mandato "generale" ,
mediante il quale si affida a un procuratore la cura e la rappre sentanza di tutti i propri
negozi giuridici, sarebbe insuffi ciente.
2° La designazione del procuratore dev' essere fatta direttamente dal mandante
(ab ipso mandante), né può essere rimessa ad altri, anche nel caso che il mand ante non
abbia raggiunto la maggiore età.
3° Il mandato dev'essere eseguito personalmente dal mandatario il qual e non
può farsi sostit uire nel suo incarico , neppure se questa facolt à gli sia stata co ncessa
espressament e dal mandante: munere suo per se ipse fungatur. Cfr. Commi ssione per
l' interpret. del Codice, 31 maggio 1948: X. OCHOA, Leges Ecclesiae. Il, n. 1994, colI.
2502-2503. Trovandosi pertanto il mandatario nella impossibilità di esegu ire il mandato
ricevuto o venendo a mancar e per decesso, il mandan te deve affidare l'incarico ad un
nuovo procuratore.
4° Il mandato dev' essere conferito in iscritto: un mandato orale non è valid o.
5° L'atto dev' essere firmato personalmente dal mandante, e inolt re:
- Dal parroco o dall'Ordinari o del luogo in cui il mandato viene conferito, o da
un sace rdote delegato dall'uno o dall' altro (documento pubb lico ecclesiastico);
- Oppure da almeno due testimoni (documento privato).
4052 Il mandato può essere redatt o anche a norma del diritt o civ ile (doc umento pubblico civile):
è questa norm a una innovazi one rispetto al Codice del 1917. La firma del mand ante nel caso non
è necessaria, se non è richiesta dalla legge civ ile del paese . Qu alora il mand ante - si dispone nel
§ 3 - non sa ppia o non possa firmare , occorre annotarlo nel mandat o stes so, e l' atto de v'e ssere
sottoscritto anche da un a ltro teste.
4053 Tutte le suddette formalità (nn. 1-5) - come s'è già detto - sono prescritte "ad
validit atem". È necessaria anche la data? Non c'è dubb io a tal riguard o. anche se nel
canone non si fa alcun accenno a tale form alità, che tutta via è richiesta dall a natura
stessa della procur a.
4054 b) L'eventuale revoca del mandato (§ 4)
Il mand ato di procura matrimoni ale può essere revocato dal mandante in qualsiasi
momento. Dopo tale revoca (è opportuno che sia fatta in iscritto, segna ndovi il giorno
e l' ora esatta)', il mand atario resta privo d'o gni facoltà, e l'eventuale celebrazione del
matrimonio sarebbe invalida, anche nel caso che la revoca non sia a co noscenza del
procuratore e dell'altra parte contraente. Ovviamente, la revoca dovrà poi essere debi-
tamente pro vata nel foro esterno : mancando tale pro va, il matr imonio , se celeb rato. si
con sidera valido (praesumpti o iuris).
A nonna dci principi canoni ci, la revoca potrebbe avvenire anche per un sernpl ice atto il/ ferno
del mandante, ma in qu esto caso, mancand o la revoca, si determinerebbe un irrep arabil e co ntrasto
tra foro interno ed esterno.
I È opp ortuno. di co nseguenza, che l' ora esatta sia segn ata anch e nell'atto di matrim onio.
Il mutrimnnin 357
Il matrimonio non può essere celebrato quando sono trascorsi ce ntottanta giorni da
quello in cui la procura è stata rilasciata.
La co ab itaz ione, anche temp orane a, dopo la celebrazione del matrimon io , elimi-
na gli effetti dell a re voca della procura, ignor ata dali' altro coniuge al mom ent o della
ce lebrazione ».
L'atto pubblico, a cui si accenna nel 4° comma del suddetto articolo, è così dctermioato
dall'alt. 2699 del Codice Civile:
- «L' atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro
pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato».
4060 e) L'interprete
1106 (1090-1091*) Può accadere che i due sposi parlino una lingua div ers a o che
la loro lingua sia ignorata dal ministro sacro che assiste al matrimoni o, o anche dai
testimon i. [n questo caso, si può ricorr ere ad un interprete,
Non è necessario alcun mandato da parte degli spo si (l'interprete non è un procu-
ratore), né si prescrivono condizioni o formali tà o particolari qu alifiche. Il compito
dell 'interprete è solo di tradurre le dom ande del mini stro e le risposte degli sposi.
Ch iunque può assolvere questo incarico ; anche uno degli stessi testimoni. Si richie-
de solo che la persona conosca bene le lingue usate nella celebrazione e che , a giudizio
del parroco , dia garanzia di serietà e di rettitudine. È opp ortuno che l'interpr ete presti
il giurame nto "de munere fideliter implendo".
Non è necessaria la licenza dell 'Ordinario, richie sta nel can. 1091 del Cod ice del
1917.
Può accadere che l'interprete non si trovi. In tal caso, riteniamo che il matrimonio
possa essere celebrato ugualmente, ricorrendo, per la mani festazione del consenso ma-
trim oniale, ai "segni equ ivalenti" di cui al can . 1104, § 2, se mpre che tali "segn i" siano
inequivoci e non sorga su di essi alc un dubb io.
l. Introduzione 4063
L a cel ebra z ione del matrimon io cos tituisce non so ltan to un atto sacra m e n ta le , m a
a nc he un atto g iu ri d ico di singol ar e im po rta n za , c he, per ev identi ragi oni di c arattere
re li g io so , moral e e soc ia le , deve ri vesti re, nell 'interesse degli s tessi s posi, parti col a r i
fo rm alità s ta b ilite d all a legge. Anch e ne gli ordin amenti s ta ta li s i a p p lica lo st e sso
p ri nci pio .
Prima del Concilio di Trento, non era prescritta "ad validitatem" alcuna fon na giuridica . Di
regola, i matrimoni dei cristiani venivano celebrati alla presenza del sacerdote e dei parenti ed
amici. ma "iure naturae" erano considerati valid i, per quant o gravemente illeciti. a nche i mat rimoni
"clandes tini" , contratti privatamente senza l'intervento del sacerdote o di testim oni. Il Concilio di
Trento volle porre fin e a questi abusi e ai gravissimi inconven ienti d'ogni genere che ne seguivan o.
e col ce lebre decre to Tametsi dell' Il novembre 1563, venne sancito formalm ente, solto pena
d' invalidità, che tutti i matrimoni dovessero essere celebrati davanti al parroco proprio dei contra-
enti o a un sace rdote che ne avesse licenza dal medesimo o dall' Ordinario, e alla presenza di
almeno due testimoni, ment re i matrimoni clandestini furono dichiarati "irriti et nulli" di pieno
diritto (Denzinger -Scho nmetzer, nn. 18 13-1816).
L'o bbligatorietà del decreto fu tuttavia subordinata alla sua promul gazio ne nelle singole par-
rocchie, e poiché questo non avvenne dappertutto. in numerose localit à - special mente nel nord
e nell 'est dell 'Europa - i matrim oni clandestini continuarono a rimanere in vigore, creand o non
poca confusione nella Chiesa'.
A q uesta gra ve situaz ione intese rimediare Pio X, col decreto Ne temere della Congre gazione 4064
del Concilio in data 2 agos to 1907. Con esso:
IO L'obbligo dell a forma canonica prescritta dal Concilio Tridentino fu estesa dovunqu e,
divenendo così precettiva per tutti i cattolici.
I Altri inconvenienti deri vavano da l fatto che la co mpetenza del parroco era personale e non
territoriale, e la sua assis tenza era semplicemente passiva, per cui erano possibili anche i matrim oni
"di sorpresa". corne quello tentato ne " l Promessi Sposi" da Renzo e Lucia, per suggerimento di
Agnese (capp. VI e VIli).
360 LIB RO IV • Il " munus sancu ficandiv dclla Chiese
CAPITOLO V
LA FORMA DELLA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO
2° Fu disposto che l' assistenza ai matri moni da parte dell' Ordinario e del parroco fosse
strettamente territoriale, e non più personale, per cui cessò la facoltà dei medesimi di assistere
dovunque (ubiq ue terrarum ) al matrimonio dei propri fedeli e furono validi solo i matrimoni
celebrati entro i limit i del loro proprio territorio.
3° Fu anche disposto che l'assi ste nza fosse attiva e non più semplice mente passiva , nel senso
che l'Ordinario e il parroco non dovessero limitarsi a ricevere il consenso dei cont ruent i, ma
dovesse ro anche richicderlo a nome della Chiesa e in piena libertà, senza subire costrizioni, inti-
rnidazio ni o frode (Denzinger -Schonmetzer, nn. 3469-3474).
Il decreto entrò in vigore nella Pasqua dell' anno successivo ( 19 aprile 1908) e le sue norme,
opportuna mente ritoccate, vennero inserite nel Cod ice del 1917.
4065 L 'att ua le Codice ri prod uce sosta nz ia lmente la normat iva a nteriore , ma non man ca-
no importan ti in no vazioni, d i c ui si farà cen no nell'esp osizione de i cano ni.
L'intero ca pito lo V è dedicat o alla forma da osservarsi nella ce le brazio ne del
m a trimon io . Possono d ist in gu e rsi in esso tre parti :
(O La forma ordinaria: cann. 1108-1115
2° La forma straordinaria: can. 1116
3° Norme ulteriori :
- Circa le persone obbligate alla forma canonica: can. 111 7
- Il luogo di celebrazio ne: can. 1118
- L' osservanza del rito prescritto: cann . 1119-1120
- La registrazione dell 'atto: can n. 1121-1122
- L' annotazione di eventuali modifiche dello stato matrimoniale dei co ntraenti: can . 1123
, Nella celebrazi one del matrimon io, occorre distinguere la forma giuridica, la forma sacra-
mentale e quella liturgica.
Il matrimonio 361
- Con l'assistenza qualificata dell'Ordinario del luogo o del parroco in forza del
loro ufficio, oppure di un sacerdote o di un diacono delegato a tal fine dall'uno o
dall'altro
- E, insieme, alla presenza di due testimoni
Restano salve le eccezioni stabilite in alcuni canoni:
- Can. /44: supplenza da parte della Chiesa
- Can. J Il 2..~ /: speciale delega a dei laici
- Can. JJ /6: forma straordinaria
- Can. 1127, .~* /-2: matrimoni misti
l? L'Ordinario del luogo. A parte il Romano Pontefice, che, in forza del primato 4067
conferito da Cristo a Pietro e ai suoi successori, «gode nella Chiesa di una potestà
ordinaria, suprema, piena, immediata e universale, che può esercitare sempre liberamen-
te» (can. 331), sono Ordinari del luogo con specifica facoltà di assistere canonicamente
alla celebrazione dei matrimoni:
- Il Vescovo diocesano e i Presuli equiparati: il Prelato e l'Abate territoriale, il Vicario e
il Prefetto apostolico, l'Amministratore apostolico di amministrazione stabilmente eretta (cann. 368
e 381, § 2), l'Amministratore diocesano (can. 427, § I)
- Il Vescovo coadiutore e il Vescovo ausiliare con facoltà speciali (cann. 405, § 2, e 406, § l)
- Il Vicario generale (cann. 134, §§ 1-2: 475, § I; 479, § I)
- Il Vicario episcopale costituito per una determinata parte del territorio, limitatamente a
questo territorio (can. 476)
- Il Vicario episcopale costituito per i fedeli di un determinato rito o ceto, limitatamente ai
detti fedeli (can. 476)
- Il Vicario episcopale costituito per la pastorale della famiglia o anche per la pastorale in
genere (can. 476)
- Il Vicario episcopale, costituito per altri particolari settori, può assistere validamente ai
matrimoni solo se il Vescovo diocesano ha inteso comprendere nei suoi compiti tale facoltà'.
20 Il parroco. Hanno facoltà ordinaria, nei limiti delle loro competenze anche i 4068
parroci. Sono compresi sotto tale nome:
- Il parroco propriamente detto, nell'ambito del proprio territorio (cann. 519: 530, n. 4)
La forma giuridica è costituita dalle modalità prescritte dalla legge, la cui osservanza è
necessaria perché il consenso matrimoniale prestato dagli sposi abbia efficacia legale.
Le forma sacramentale, secondo la sentenza più comune, è costituita dal consenso delle parti,
che, come offerta e donazione di sé, è la materia del sacramento, e come accettazione di detta
offerta vicendevole ne è la forma.
La forma liturgica (cann. 1119-1120) comprende i riti e le cerimonie religiose che accompa-
gnano il matrimonio cristiano, esprimendone il carattere ecclesiale e sacramentale. Tali riti,
contenuti nell'Ordo celebrandi matrimonium, emanato dalla Congregazione dei Riti il 19 marzo
1969, non sono "ad validitatem", ma solo "ad liceitatem".
, È superfluo notare che né i Cardinali di S. Romana Chiesa, né i Legati Pontifici (neppure
nella sede della Legazione: can. 366. n. I) hanno facoltà ordinaria per assistere canonicamente alla
celebrazione dei matrimoni. Non l'hanno neppure i Vescovi Metropoliti nelle diocesi suffraganee
né i Primati fuori della propria diocesi.
362 LIBRO IV - Il "rnu nus sanctificandi" della Chiesa
sone indotte per timore o dolo e perfino costrette con la violenza. Importa solo che siano
presenti all'atto del matrimonio e si rendano conto di quel che accade.
La presenza di almeno due testimoni è prescritta per la stessa validità del matrimo-
nio. La norma vale anche per la forma canonica straordinaria. Resta la sola eccezio ne
prevista nel ca n. 11 27, § I, relativamente ai matrimoni misti contratti da cattolici con
battezzati acattolici di rito orientale (ortodossi): per tali matrimoni si richiede "ad
validitatem" soltanto la presenza del ministro sacro.
Il matrimon io senza testimoni può essere celebrato validamente se vi sia stata
dispensa (can. 1079, §§ 1-2), e nel caso previsto dal can. 1127.
5° La presenza simultanea. È necessaria "ad validitatem" che il ministro sacro 4073
assistente e i due testimoni siano presenti simultaneamente all'atto di celebrazione de l
matrimonio, compiuto dai contraenti.
6° L'as sistenza del ministro sacro. La presenza dei testimoni è una semplice pre- 4074
senza comune, che si limita a seguire "de visu" e "dc auditu" lo svolgimento dell' atto
celebrato. Quello del ministro assistente è invece essenzialmente attiva: non è sufficien-
te che egli si limiti ad ascoltare passivamente le dichiarazioni degli sposi, ma deve anche
chiedere e rice vere formalmente il loro consenso in nome della Chiesa (can. 1108, § 2).
Evidentemente, è oppo rtuno che la richiesta sia fatta a viva voce, ma, per la validità,
sarebbe anche sufficiente una richiesta espressa con un cenno della mano o del capo o
con altro segno.
Tale assistenza dev'essere anche libera: prestata sotto l'impulso della violenza o del timore 4075
grave, non sarebbe valida. Questa norma, contenuta espressamente nel Codice precedente (can.
1095, § I. n. 3*), non è stata riportata nel nuovo Codice, ma non perché sia stata soppressa: è stata
ritenuta, superflua la sua menzione, poiché si tratta di un principio generale, applicabile ad ogni atto
giuridico (can. 125: Communicationes, a. 1976, p. 37, lett. b).
La violenzao la graveintimidazionepossonoproveniresiadai contraenti chedaaltrepersone, ma
devonoavereanchecomescopo(violenzao intimidazionediretta) o anchesolo come effetto (violenza
o intimidazioneindiretta)dicostringere il ministroad assistereal matrimonio controlasuavolontà. Nel
can. 1095* si parla soltanto di violenzao di timore. non di dolo: il dolo non è considerato, percui, se i
contraenti o altre persone si limitano ad esso, il matrimonio nonne resta invalidato.
Ovviamente è anchenecessario che il ministroassistentesianel possessodellesuefacoltà mentali.
Una sentenza rotaie del 31 marzo 1929 dichiarò nullo un matrimonio, perché il ministroassistente era
ubriaco, e un'altradel 19 novembre 1965, perché il ministro era affetto da demenza senile.
mon i dei loro stessi sudd iti, hanno bisogn o di un a reg ola re del ega da par te dell 'Ordina-
rio o del parro co del luogo (ca n. 1108, § I).
Nel propri o territo rio ass isto no invece valid am ente non sol o ai m atrimoni d ei pro pri
sudd iti, sia di rito latin o ch e di rito ori entale, ma anc he ai matrim oni di qu elli che non
lo sono , purch é (dùmmodo) almeno uno di es si sia di rito lati no".
Ovviamente, l'Ordinario del luogo e il parroco:
4077 IO Assistono validamente alla celebrazione di un matrimonio dal momento in cui hanno preso
legittimo possesso del loro ufficio (can. 1095, ~ l, n. I, Codice 1917), e finché ne conservano la
titolarità (cann. 143. § I. e 194, § I).
2° Sono privi d'ogni facoltà in caso di scomunica, interdetto o sospensione dall' ufficio. ma
soltanto se la pena sia stata inflitta con sentenza o decreto (pena "ferendae sententiae") o dichiarata
con i medesimi atti (pena "latae sententiae" ), In questi casi, la facoltà di assistere ai matrimoni né
può essere esercitata personalmente. né può essere delegata ad altri.
Si parla di sos pensione dall'uffi cio, non di altra sospensione: ab ordine, a divinis, a
iurisdictione, poiché l'assistenza al matrimonio non è un atto sacramentale né un atto di giurisdi-
zione. La sospensione di carattere generale comprende anche la sospensione dall'uffi cio (can. 2278.
§ 2. Codice 1917).
Si parla inoltre di pene inflitte o dichiara te. Di conseguenza, se la pena "latae scntentiae" non
è stata dichiarata. l'O rdinario o il parroco non sono privati della loro facoltà, ma è vietato "ad
Iiceitatem" il loro esercizio (can. 1331. § I, n. 3), tenendo per altro presente la possibilità offerta
dal can. 1355' .
• D ùmmodo: condizione "ad validitatem" (can. 39, cfr. anche Communicationes. a. 1983 p.
235 . can. 106 3, n. 2). Potrebbe, tuttavia, valere nel caso il principio del "s upplet Ecclesia", a norma
del can. 144, § 2.
, Può accadere che, per particolari circostanze. una parrocchia non disponga di una chiesa
adatta per la celebrazione dei matrimoni. e che il Vescovo diocesano assegni a tal fine una chiesa
sussidiaria che ha sede in un' altra parrocchia. Il parroco ha bisogno in questo caso di una partico-
lare delega per assistere ai matrimoni celebrati nella detta chiesa, oppure vi assiste "iure proprio"?
Dipende da quel che ha disposto il Vescovo. Se questi ha inteso "formaiiter et iuridice", anche
se temporaneamente, fare della chiesa una pertinenza della parrocchia sprovvista di una chiesa
adatta. non c'è dubbio che il relativo parroco vi esercita "iure proprio" le sue funzioni (ma questo
deve risultare in modo chiaro dal provvedimento). (n caso diverso, egli ha bisogno di una delega
da parte del Vescovo o da parte del parroco, nel cui territorio la chiesa sussidiaria è situata. L2
delega avrà opportunamente carattere generale.
II matrimonio 365
matrimoni di fedeli che hanno il loro parroco e non sono loro sudditi, sempre però che
uno di essi sia di rito latino (can. 1115).
l O Cappellani di emigranti, nomadi, naviganti, ecc. Le loro attribuzioni e le loro 4079
facoltà sono per sé equiparate a quelle dei parroci, a termine della Istr. Nemo est della
Congregazione per i Vescovi, in data 22 agosto 1969: Enchir. Vat ., voI. 3, p. 896 ss.
Il titolo della Istruzione è "De pastorali migratorum cura", ma la voce "migranti"
comprende «tutti coloro che , per qualunque motivo, si trovano a vivere fuori della
propria comunità etnica, e per vera necessità hanno bisogno di una particolare assi -
stenza» (n. 15).
Principali norme
- Art. 3R: «II cappellano o missionario, a cui è stata affidata una parrocchia , gode della
potestà di parroco con tutte le facoltà e gli obblighi , che a norma del diritto canonico competono
ai parroci» .
- Art. 39..~ J: (d i cappellano o missionario , a cui è stata affidata una missione con cura
d'anime , gode di propria potestà e, fatte le debite distinzioni , viene equiparata al parroco».
- Art. 39, § 2: «Tale potestà è personale, va cioè esercitata soltanto nei riguardi delle
persone degli emigrati, aventi la stessa lingua, e nel territorio della stessa missione».
- Art. 39..~ 3: «La medesima potestà è cumulativa aequo iure con quella del parroco .
Pertanto, ogni emigrato ha piena facoltà di rivolgersi liberamente per la celebra zione dei sacramen-
ti, compreso il matrimonio , sia al cappellano o missionario della sua lingua, sia al parroco del
luogo» iEnchir. Vat., voI. 3, pp. 940-943, nn. 1576-1577).
20 Cappellani militari. Sono retti da leggi speciali, emanate dalla Congregazione 4080
per i Vescovi. Fondamentale, a tal riguardo , è l'lstr. "De Vicariis castrensi bus", 23
aprile 1951 (X. OCHO A, Leges Ecclesiae, Il, n. 2208, coli. 2887-2888). È anche da tener
presente la Cost. Ap. "Spirituali militum" di Giovanni Paolo Il, in data 21 aprile 1986:
cfr. Communicationes, a. 1986, pp. 12-17, e i vari accordi con gli Stati.
(, Si deduce anche dalla formulazione del can. 313, § 2, contenuto nello schema del 1975:
«Delegarlo facultatis assistendi mntrimoniis, ut valida sit, dererrninatis personis expresse. immo si
dc delegatione generali agitur, scripto dari debet» (Commun icationes, a. 1978, p. 88). Si deduce
similmente dalla discussione che ebbe luogo fra i Consultori nella seduta dell' Il novembre 1970
(Communicationes, a. 1976, p. 41. can, 1096. § 2).
Iì maìrimoni o 367
opportuno che anche questa sia data in iscritto. almeno nei casi in cui il delegante non
sia presente alla celebrazione del matrimonio. È valida, comunque, la delega orale,
anche se data per telefono (Communicationes, a. 1983. p. 235. can. 1065, ad 2).
6° In circostanze speciali, la delega può essere conferita anche a dei semplici laici 4084
- uomini e donne - ma solo dal Vescovo diocesano, non da altri Ordinari del luogo,
molto meno dai parroci, e alle seguenti condizioni:
- Che nella località in cui il matrimonio viene celebrato, i ministri sacri (sacerdoti
o diaconi) manchino effettivamente?
- Che il Vescovo diocesano si munisca previamente del voto favorevole della
Conferenza Episcopale (se gli è negata, potrà presentare ugualmente la sua domanda alla
Santa Sede, esponendo le sue ragioni).
- Che ottenga la licenza della Santa Sede" ,
Ovviamente il laico non ha la facoltà di dispensare da eventuali impedimenti . Tale facoltà, in
pericolo di morte e nel caso urgente (cum iam omnia sunt parata ad nuptiasy compete, a determi-
nate condizioni, solo al ministro sacro (cann. 1079, § 2, e 1080).
È superfluo notare che il laico, anche se sia stato delegato in forma generale, non può
suddelegare la facoltà ricevuta, né il Vescovo può autorizzarlo in tal senso. La facoltà che riceve
il laico è strettamente personale.
Per evidenti ragioni pastorali, si prescrive "ad liceitatem" di scegliere un laico
idoneo, capace di preparare gli sposi catechisticamente e spiritualmente, e di celebrare
in modo debito la liturgia matrimoniale",
Il rito da osservare dall'assistente laico è contenuto nella lstr, della S. Congregazione per il 4085
Culto Divino in data 1974 : X. OcHOA, Leges Ecclesiae, V, n. 4349 , coli. 6954-6956.
, È sufficiente anche l'impedimento dei ministri sacri, a causa del regime di persecuzione
esistente nel paese: cfr. Cost. conco Lumen Gentium, n. 35, 4.
, Facoltà del genere erano state già concesse da alcuni anni dalla Santa Sede a Ordinari di
varie regioni: cfr. Communicationes. a. 1978, p. 92, seduta del 18 ottobre 1977.3° cpv.; a. 1983,
p. 236, can. 1066.
" Nella lstr. Sacramentalem indolem della S.C. per la disciplina dei Sacramenti. 15 maggio
1974 (Enchir. Vat., voI. 5, p. 294 ss.), si dà questa norma (n. 3. b) :
- L'Ordinario in persona, esclusa qualsiasi delega, scelga il fedele cattolico per svolgere
questa funzione. Può essere designata soltanto una persona degna solto ogni punto di vista, dcbi-
tamente preparata. che non sia mossa da alcun interesse personale, che sia inoltre capace di dare
una opportuna istruzione ai futuri sposi e sia in grado di presenziare alla celebrazione secondo il
rito stabilito dalla S.C. per il Culto Divino. in modo che ne risulti chiaramente il significato
spirituale, Il laico prescelto avrà cura di redigere un regolare documento dell'alto compiuto, ossia
della celebrazione delle nozze, con le firme degli sposi, dei testimoni e dello stesso assistente.
Provvederà similmente di persona a compiere le formalità civili che sono da osservare quando il
matrimonio viene celebrato alla presenza dell'Ordinario del luogo o del parroco. o dci sacerdote
o diacono delegato .
368 LIBRO IV • Il "munus sanctificuudi' della Chiesa
IO Parrocchia come territorio giurisdizionale , non come chiesa parrocchiale. che viene consi-
territorii). Vi sono tuttavia delle norme da osservare in ordine alla liceità. Solto tale
aspetto, la parrocchia che i contraenti possono scegliere per il loro matrimonio libera-
mente, po iché nessuno dei parroci possibili ha "ex iure communi" diritto di preferenza:
- È la parrocchia in cui gli sposi o almeno uno di essi ha il domicilio (can. 102,
§ I ) o il quasi-domicilio (can. 102, § 2) o vi dim ori di fatto da un me se" . È soppressa
la preferenza che nel Codice precedente s i dava alla parrocchia della sposa c, nel caso
di rito mi sto, alla parrocchia dello sposo (can. 1097, § 2, Codice 1917; c fr. Communi-
cationes, a. 1976, pp . 55-56).
- Tratt andosi di girovaghi , ossia dei "vag ì" , che non hanno in a lcun luo go il
domicilio o il qu asi -domicilio, il parroco del loro matrimonio è per sé il par roco dell a
parr occhia in cui si trovano attualmente (cfr. anche can. 107, § 2).
Con la licenza del proprio Ordinario o del proprio parroco, il matrimonio può essere 4090
ce le b ra to altro ve (a libi) , ossia in altra parrocchia. Per e videnti motivi pa storali,
«fave nd um est ut, qu antum fieri pos sit, matrimonia in propria communitate paroeciali
celebrentur» (Communicationes, a. 1978, p. 91. can. 3 17, ultimo cp v.).
La dett a licen za non è da confondere con la delega di cui ai cann. 1108 e 1111.
" La dimora di un mese (menstrua commoratio) s'intende la dimora jlsic«, moralmente con-
tinuata, per lo spazio di un mese. L'interruzione notevole di molti giorni, anche se si ha
l'intenzione di tornare. interromperebbe tale dimora mensile e bisognerebbe calcolarla "ex novo":
«Cuique pater interruptionem trium hebdomadarum esse interruptionem norabilem, quae dcstruit
continuitatem moralem prioris menstruae commorationis sponsae in paroecia» (lstr, Congregazione
dei Sacramenti, 28 gennaio 1916: AAS, a. 1916. p. 64).
La "menstrua commoratio" deve inoltre precedere immediatamente la celebrazione dci matri-
monio (S.c. dei Sacramenti, ibidem). Non è però necessaria un'abitazione propriamente detta:
basta anche la semplice dimora a titolo di ospite. di studio, di villeggiatura. ecc.
370 LIBRO IV. Il "rnunus sanctificundi" dellaChiesa
l'ordinamento della Chiesa, che, mossa da motivi pastorali, dimostra una maggiore
flessibilità, allo scopo di venire incontro a particolari situazioni dei fedeli e provvedere
in tal modo al bene delle anime'. Accanto alla forma ordinaria determinata nel can.
1108, esiste pertanto nella legislazione canonica una forma straordinaria di matrimonio,
celebrato alla presenza dei soli testimoni, senza l'intervento del ministro sacro compe-
tente, che vi assista "nomine Ecclesiae" (can. 1108, § 2). Anche questo matrimonio -
che può essere quello celebrato civilmente (Communicationes a. 1978, p. 95, can. 318)
- è lecito e valido canonicamente, se i contraenti hanno l'intenzione di celebrare un
vero matrimonio (qui intendunt verum matrimonium inire), sempre che si verifichino le
seguenti condizioni:
4092 I ° Occorre anzitutto che l'assistente competente a norma di diritto- non possa
raggiungersi, né nella propria parrocchia né in una parrocchia vicina, o perché fisica-
mente assente, o perché questo comporterebbe un "grave incomodo". L'incomodo gra-
ve, fisico o morale, può essere sia da parte degli sposi che dell'assistente qualificato
(Pont. Commissione per l'interpret. del Codice, 3 maggio 1945, n. 2: X. OCHOA, Leges
Ecc/esiae, II, n. 1832, col. 2291; cfr. anche Communicationes, a. 1978, p. 94, can. 318).
E questo può verificarsi anche nel caso che l'assistente sia materialmente presente (Pont.
Comm. per l'interpr. del Codice, 25 luglio 1931 e Congregazione dei Sacramenti 24
aprile 1935: Leges Ecc/esiae, I, n. 1043, col. 1341; n. 1270, col. 1620).
4093 2° Deve trattarsi di pericolo di morte o di fondata previsione che il suddetto stato
di cose (impossibilità di adire senza grave incomodo l'assistente competente) si pro-
trarrà per un mese.
Il pericolo di morte può provenire da qualsiasi causa, e può riguardare tutt' e due i contraenti
o anche uno solo di essi. Non è necessario che sia imminente o certo: è sufficiente che sia prossimo
e fondatamente probabile, anche se poi i fatti smentiscano una tale supposizione.
Anche il timore che lo stato di cose si protragga per un mese dev'essere fondato. Non basta,
a tal riguardo, la semplice assenza del parroco o di altro assistente qualificato o il loro grave impe-
dimento: è necessario che di tale assenza o impedimento e del loro protrarsi per un mese, si abbia
una fondata prudente previsione: «dùmmodo prudenter praevideatur earum rerum condicionem esse
per mensem duraturam»:'. Se poi il parroco o l'altro assistente tornassero o fossero disponibili prima
del previsto, il matrimonio celebrato resta ovviamente valido a tutti gli effetti.
4094 3° I testimoni. È sufficiente "ad validitatem" la presenza dei due soli testimoni,
capaci, come s'è già detto, di testificare circa l'avvenuto matrimonio. Se tuttavia sia
possibile l'intervento di altro sacerdote (altro, nel senso che non sia munito di delega)
o di un diacono, "ad liceitatem" i contraenti son tenuti a chiamarlo.
l In Italia, l'unica forma di celebrazione del matrimonio civile è quella determinata dall'art.
107 del Codice Civile, riconfermato nell'art. IO della Legge 19 maggio 1975, n. 151, relativa alla
riforma del Diritto di Famiglia: «Nel giorno indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla
presenza di due testimoni, anche se parenti, dà lettura degli articoli 143, 144 e 147, riceve da
ciascuna delle parti personalmente, l'una dopo l'altra, la dichiarazione che esse si vogliono pren-
dere rispettivamente in marito e moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio.
- L'atto di matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la celebrazione».
, Tale assistente può essere anche il laico debitamente autorizzato a norma del can. 1112: "Si
adest laicus de quo in can.I066 (l'attuale can. 1112), scil, delegationcm habens ad assistendum
matrimonio, applicari nequit forma extraordinaria, quia iIIe laicus est assistens ad normam iuris
competens» (Communicationes. a. 1983, p. 237, can. 1071, § 2).
.1 È rimasta, così, attenuata la Risposta della Pont. Comm. per l'lnterpret. del Codice, IOnov.
1925, n. VIII, che richiedeva con maggiore severità «la certezza morale per la notorietà del fatto
o per una seria indagine» (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, I, n. 673, col. 780). La formula della detta
Commissione non fu accettata dal Gruppo di Studio "De matrimonio", che preferì attenersi al testo
del can. 1098, n. I, del Codice del 1917 (Communicaliones. a. 1976, p. 55).
Il matrimonio 371
A termine del can. 1098, n. 2, dci Codice precedente, il sacerdote così presente aveva pro- 4095
babilme nte la facoltà dele gata "a iure" per assistere canonicamente al matrimonio. Nel nuov o
Codice, il verbo "assistere" è stato sostituito con "adesse'", per cui si dovrebbe ritene re che il
sace rdo te o diacono presenti non abbiano più la facoltà di chiedere e accettare il consenso degli
sposi in nome della Chie sa: una modificazione piuttosto strana. pastoralmente e gi uridicamente,
della norma preced ente. I dett i ministri hanno comunque in pericolo di morte, a norm a del ca n.
1079, ~ 2, e alle cond izioni ivi prescritte, la facoltà di dispen sare da eventuali impedimenti di diritt o
ecclesiastico. occulti e pubbli ci, «eccettuato l'impediment o deriv ante dall' ordine sacro del presb ì-
terato» (cfr. can . 1079 e il relativo co mmento). La presen za del ministro sacro ha inoltre lo sco po
di ass icurare la retta celebraz ione del matrimonio, di pome in eviden za il carattere religio so c
d'impartire agli spo si la benedizione nuzial e. In caso di necess ità, il ministro sacro può anche essere
uno dci due testimoni richiesti dal canone.
Nel caso che a l matrim onio celebrato nella forma strao rdinaria. dinanzi ai soli testimoni , si 4096
opponesse un impedimento, qual è il suo valore giuridico ? Riportiamo il parere di un Maestro , il
P. Felice Cappello:
- Si validitati mat rimon ii obs te t impedimentum iur is ec c lesiastic i, sup er qu o Ecclesia
solet dispensare, et desit sacerdos, qui di spenset, coniugium, salte probabiliter, potest , urgent e
revera gravissi ma necessitate, valide contrahi, non quid em vi esplicitae disp en sation is, sed vi
cessat ioni s legis ec clesiastic ae , in co nflictu cum lege naturali » (De matrim onio, ed . 1961 , p.
625, n. 692, 4).
4° La manifestazione del consenso. Non è richiesta alcuna formalità: è sufficiente 4097
che gli sposi manifestino esternamente davanti ai testi la loro volontà di contrarre
matrimon io, né è necessario che i testi rivolgano loro le domande di rito. Nulla per altro
vieta che essi domandino agli sposi quale sia la loro volontà. Sarà opportun o comunque.
che i Vescovi diocesani c, a livello nazionale, le Conferenz e Episcopali diano diretti ve
a tal riguardo, in modo che anche la celebraz ione del matrimonio alla presenza dei soli
testimoni, rivesta un carattere sacro e religioso.
4. Norme ulteriori
, Il verbo "as sistere" è però ri fe rito nel can. 1079, ~ 2, anche al sacerdote e al diac ono di cui
nel can. 1116, § 2).
372 LIBROIV - Il "munus sanctificandi' della Chiesa
I A termine del can. 1099, § 2, del Codice del 1917, non vi erano obbligati neppure i figli
di acattolici, che, pur battezzati nella Chiesa cattolica, fossero stati allevati sin dall'infanzia nel-
l'eresia o nello scisma o in una religione non cristiana (in infidelitate), oppure fossero cresciuti
senza alcuna religione "quories cum parte acatholica contraxerint". Ma questa norma fu abolita da
Pio XII col M.P. Ne tèmere del IO agosto 1948 (X. OcHOA, Leges Ecclesiae, Il, n. 2006, col. 2510).
, Nello schema originario la formula era più ampia: «nec actu formali aut notorie ab ea
defecerit», Nella seduta del 19 ottobre 1977 il "notorie" venne soppresso ad unanimità, poiché in
contrasto col can. 283 (l'attuale can. 1071, § I, n. 4). In effetti, da tale canone, che vieta - senza
la licenza dell'Ordinario del luogo "excepto casu necessitatis" - di assistere al matrimonio di chi
abbia abbandonato notoriamente (non formalmente) la fede cattolica, risulta indirettamente che egli
è soggetto alla forma cattolica (Communicationes, a. 1978, pp. 96-97, can. 319 cfr. anche a. 1971,
p. 80, 2° cpv., e a. 1976, p. 60, righi IO-II).
) Durante i lavori di revisione del Codice di Diritto Canonico, venne proposto da alcuni
(paucissirni tamen) di concedere agli Ordinari dei luoghi la facoltà di dispensare dalla forma
canonica, riservata alla Santa Sede in forza del M.P. De Episcoporum muneribus di Paolo VI, in
data 15 giugno 1966, n. X, 17 (Enchir. Vat., voI. 2, p. 689, n. 735). La proposta non fu accolta dai
Consultori. per gli abusi che ne sarebbero potuti derivare (Communicationes. a. 1978, p. 97. can.
319, § I, ultima parte; cfr. anche a. 1976, p. 65, 2° cpv.).
Per la Risposta data in merito dalla Pont. Comm. per l'interpretazione del Codice. v. n. 616,
nota 2.
Il matrimonio 373
Certamente, ciò costituisce un importante pass o avanti, ma forse non è sufficiente. poi ché
lascia sen za rispo sta molte situazioni delicate . [n effetti, se il principio della "esenzione " . po sto
per venire incontro pastoralmente a coloro che si siano distaccati formalmente dalla Ch ie sa
cattolica. rim ane circoscritto ai soli tre canoni acc ennati, numerosi altri problemi resteranno
senza soluzione. Occorreva forse estendere [' applicazione del detto principio ad alt re norme,
in particolare agl'impedimenti matrimoniali di carattere ecclesiastico, come pur era stato de-
liberato dal Gruppo di Studio "De matrimonio" (Conimunicationes. a. 1973, p. 72, 3° cpv.; a.
1975, p. 3R, 2° cp v.), Il relativo canone 263 venne però successivamente soppresso (COl1ll1llt -
nicationes, a. 1977 . p. 36. can . 263).
Senz a dub bio, l' esenzion e non può riguardare l'impedimento derivante dall'ordine sac ro e
forse neppure da quello originato dal voto pubblico perpetuo di cast ità, ma per tutti gli altri è forse
opportun o sta bilirla, com e s'è fatto per l'impedimento di disparità di culto (can. ID86). Ovv iarnen-
te, bisogner à co ntinuare ad aver cura di queste persone che non fanno più parte della Chiesa,
svolgendo per esse una pastorale appropriata, ma questo cos tituisce un problema diverso da quell o
giuridico, che attende una propria adeguata soluzione.
4 Si noti : il parroco può autorizzare la celebrazi one del matrimonio "in altra chiesa o orato-
rio". ma non in una cappella privata (cann . 1226 e 1228). Per le cappelle private. la competen za
è solo dell'Ord inario del luogo : si appli ca cioè il § 2 del canone.
374 LIBR O IV . Il "mun us sanctificandi" delta Chiesa
CAN. 1119- Extra casum necessi- Fuori del c a so di nece s sità , n ell a cele-
tatis, in matrimonii celebratione b razi one d el matrim onio si osservino i riti
serventur ritus in libris liturgicis, prescritti nei libri liturg ici a p p rovati dalla
ab Ecclesia probatis, praescripti Chie sa, o recepiti p er legittim e con s uet u -
aut legitimis consuetudini bus dini.
recepti,
sacro, purch é dec oro so ; non so no escl use le case priv ate (Communicationes. a . 1978 p.
104, can. 329, § 2). Si richied e un a causa gra ve? Du rante i la vori d i redazione del nu o vo
Co dic e, fu proposto da alcuni di aggiungere fo rmalmente la cl a usol a limitat iva dell a
" g ravi ex causa". M a i C on sult ori non lo ri te nne ro o pportuno, pensando c he fosse
com pi to dell 'Ordinario valutare ne i singoli i m ot ivi addot ti e dec id e re. secondo la sua
prude nza, se concede re o negare l' autorizzazion e a celebra re il matri monio fuori del
luogo sacro (Communicationes, a. 1978, p. 104, ca n. 329).
4102 Non si fa più cen no nel nuovo Codice alle chiese e agli oratori dei semi nari e alle case delle
religiose, in cui e ra per sé vietata la celebrazione dei matrimoni, tranne che l'O rdinario, per motivi
di necessità e con le dovute ca utele (urgente necessitate ac opp ortun is ad hibitis ca ute lis), co ncedes-
se la sua autorizzazione. Il divieto è pertanto da considerarsi abrogato' .
4103 1118, § 3 Trattandosi invece del m atrimonio tra un a parte catto lica e l'altra non
battezzat a (con dispensa dall 'im ped im ento di disparità di culto ), esso pu ò celebrarsi
in c hiesa o in un altro luogo co nveniente (Communication es, a. 1983, p. 237 can.
107 3, § I), né si richiede a lc un per messo.
4104 Qu anto al giorno o al tempo de lla ce le bra zio ne , non esistono limita zioni d a parte
de l d ir itt o comune. 11 can. 328 dell o Sch ema 1975: «Matrimoniurn qu olibet a nn i
tem po re contra hi potest, secun d u m probatos libros liturgicos», venne soppr esso co me
su perfluo (Comm unicationes , a. 1978, p. 103, can. 328). Sar anno perta nto i Vescov i
diocesani a detta re norme al rig uardo , se lo riten gano opport un o.
L' Ordo celehrandi matrimonium del 19 marzo 1969 vieta di celebrare il matrimonio nel
tJiduo pasquale: giovedì, venerdì e sabato santo (nn. 63-64).
, Decreto Generale della CEI, 5 nov. 1990, nn. 23-2 4. - La parrocchia della celebrazione
delle nozze è di norma quella nella quale i nubendi sono inseriti a norma del can. 1115.
Per motivi di necessità o di convenienza pastorale, il matrim onio potrà essere celebrato in
altre parrocchie. In questo caso , il parroco, che ha svolto l' istruttoria matrimoniale. dia licenza
all'al tro parroco trnsmertendo soltanto l' attestato riassuntivo dei doc umenti necessa ri e il nulla osta
rilasciato dal com une.
Se è destinato a un parroco di altra diocesi, l' attestato riassunt ivo sarà vidimato dalla cancel-
leria della Curia diocesan a di provenienza.
Nell'a mbito della stessa diocesi, questa vidimazione è necessaria soltanto se le disposizioni
del diri tto particolare la prevedono. Non si tralasci, in ogni caso, di dare al parroco nella cui
parrocchia si celebrerà il matrimonio sufficie nti e chiare indicazioni, affinché possa notificare
l' avvenut a celebrazione del matrimonio al parroco che ha dato la licenza e a quello della parrochia
di battesimo degli sposi, quando fosse diversa da quella in cui è stata istituita la pratica.
La celebra zione delle nozze si svolge no rmalmente nella chi esa parrocchia le. Con il per-
messo dell'Ordinario del luogo o del parroco potrà compiersi in altra chiesa od o rato rio (cfr.
can. 1118, § I).
Soltanto in presenza di particolari ragioni pastorali, l'Ordinario del luogo può permettere che
il matrimonio sia celebrato in una cappella privata o in un altro luogo conveniente (cfr. can, 1118,
§ 2; 1228).
L' Ordinario del luogo può vietare la celebrazione di matrimoni in una chiesa non parrocchiale
qualora a suo giudizio essa nuoccia al ministero parrocchiale (cfr. ca nn. 121 9: 558 -559) (Enchir.
CEI, voI. IV. nn. 2637-2638).
Il matrimonio 375
1119-1120 (l1oo *) Nella celebrazione del matrimonio, come di tutti gli altri sacra-
menti (can. 846 , § I), sono da osservare i riti prescritti nei libri liturgici, approvati dalla
Chie sa o recepiti per legittima consuetudine. In caso di necessit à (pericolo di morte.
urgenza per altri moti vi), il rito matrimoniale può essere ridotto alla parte essenziale . La
f orma liturgica non va infatti confu sa con laf orma giuridica: la prima è "ad Iiceitatem" ,
la second a "ad valid itatem " .
Il libro liturgico, emanato dalla Congregazione dei Riti in data 19 marzo 1969, in ediz ione
tipica. per la Chiesa univer sale, è l' Ordo celebrandi matrimonium, entrato in vigore il ( 0 luglio
success ivo.
4113 1122 L 'annotazione nei libri di battesimo. A norma del can. 535, § 2, nel libro di
battesimo, che è il libro-base, dev'essere annotato volta per volta tutto ciò che determina
una qualsiasi modifica dello stato canonico del fedele : adozione, recezione dell'ordine
sacro , professione perpetua emessa in un istituto religioso, cambio di rito , matrimonio.
L'annotazione marginale costituisce un secondo mezzo di prova del matrimonio celebrato.
Capita spesso che il matrimonio venga celebrato in una parrocchia diversa da quella di bat-
tesimo. In questo caso, è dovere del parrocodel luogo in cui è avvenutala celebrazione,trasmettere
al più presto (quam primum) la relativa notifica al parroco della parrocchia di battesimo.
4114 1123 Ulteriori annotazioni. Riguardano una triplice ipotesi, che può verificarsi in
un matrimonio, dopo la sua celebrazione, mod ificando lo stato giuridico dei contraenti :
- Il matrimonio può essere convalidato per il foro esterno, qualora sia stato con-
tratto invalidamente
- Può essere dichiarato nullo dalla competente autorità ecclesiastica
- Può essere sciolto legittimamente con dispensa del Romano Pontefice "super
reto" (can. 1142)
Tutto questo va regolarmente annotato, sia nel registro dei matrimoni che in quello
del battesimo delle parti, e i relativi parroci del matrimonio e del battesimo devono
essere regolarmente informati: in genere dall'Ordinario del luogo, attraverso la Curia
diocesana.
l Manca tuttora da parte dell'autorità italiana l'approvazione della legge esecutiva per l'ap-
plicazionedelle norme concordatarie concernenti il matrimonio. Il relativo disegno di legge n. 2252
è stato presentatoal Senato fin dal 6 marzo 1987, con l'annessa relazionedell'On. Craxi, Presidente
del Consiglio dei Ministri. Cfr. il testo nel volume "La discipina del matrimonio concordatario
dopo gli Accordidi Villa Madama"a cura di E. Vitalie G. Casuscell i, Ed. A. Giuffrè, Milano 1988.
pp. 422-434. Vedi anche il nostro volume "Prontuario teorico-pratico di Diritto Canonico", voce
Trascrizione civile del matrimonio canonico, n. III.
li matrimonio 379
"matrimoni contratti secondo l'ordinamento canoni co". L'esclusione della trascrizi one dci marri -
moni celebrati con l'assistenza di un laico o anche - agg iungeremmo - "cora m solis testibus",
non sarebbe soltanto in contrasto con una norma patrizia. ma costituirebbe una limita zione del tutto
inopportun a e ingiu stifìcata. per non dire arbitrari a. È anche da considerare che la trascri zione di
tali matrimoni non appare in contrasto "con i principi supre mi dell'ordinamento costituzionale dello
Stato" . il criterio stabilito dalla Corte Costituzionale . A term ini degli artI. 113 e 117 del nuo vo
Codice Civile del 1942. il matrimoni o celeb rato davanti a un apparente ufficiale dello stato civile
oppure se nza la presenza dei testim oni. è considerato va lido dalla legge . anche se contro il dell o
ufficiale apparente o vero viene appli cata una sanzi one ammini strati va (art. 32. IOcomma. Legge
24 novemb re 19 81. n. 6 89).
riconoscimento civile. sia alla loro unione matrimoni ale sia nell' interesse legittimo dei
figli. sia per riguardo alle esigenze del bene eomune della società , di cui la famiglia è
la cellula primordiale».
- N. 42 : «Nei casi di cui ai numeri 40-41 del presente decreto . il ministro del culto
assiste alla celebrazione del matrimonio solo canonico è tenuto a dare lettura degli
articoli 143, 144 e 147 del Codice civile e a redigere l'atto di matrimonio in doppio
originale. al fine di salvaguardare la possibilità che i coniugi chiedano la trascrizione del
loro matrimonio ai sensi dell' art. 8. n. l, comma secondo. dell' Accordo di revisione del
Concordato Lateranense».
1. Introduzione 4136
Il problema dei " matrimoni misti" è un problem a delicato e complesso. di estrema
importanza e attualità. per i suoi molteplici aspetti: teologico , morale, giuridico, pasto-
rale, sociologico. La Chiesa v i ha dedicato sempre, ma soprattutto in questi anni, le sue
particol ari attenzioni e sollecitudini.
«La sollecitudine della Chiesa - ha affermato Paolo VI nella introduzione al M.P .
Mutrimoniu mixta del 3 marzo 1970 - è necessaria oggi con maggiore urgenz a, a motivo delle
speciali condizioni dei nostri tempi. Mentre infatti in passato i cattolici vivevano separ ati dai
seguaci di altre confessioni cristiane e dai non cristiani anche in rapporto al luogo e al territorio ,
nei tempi più recenti non solo tale separazione s'è molto attenuata, ma le stesse relazioni fra gli
uomini di varie regioni e religioni hanno avuto un ampio sviluppo, per cui n' è derivat o un grande
incremento numeri co delle unioni miste . In tutto questo hanno anche influit o lo sviluppo e la
diffusione della civiltà umana e dell'attività indu striale. il fenomeno della urban izzaz ione con il
conseguente scadimento della vita rurale , le migrazioni di massa e l'aumento di profughi d' ogn i
genere » (Enchi r. Var., voI. 3, p. 1441, n. 2415 ).
384 LIBRO IV . Il "munus sanctific undi" della Chiesa
CAPITOLO VI
I MATRIMONI MISTI
4137 Nell' ordinamento anteri ore , la " mixta religio" costituiva un imp cdimento
impediente, che vietava "sev erissime" la celebrazione del relativo matrimonio (can.
1060, Codice 1917), comm inando le pene "latae sententiae" della sospensione dagli atti
legittimi ecclesiastici e dai sacrame ntali, finché non si otten esse la dis pensa dell'Ordi-
nario (can. 2375*).
Col nuovo Codice, le pene accenna te so no state soppresse e la materia dei matri-
moni misti è stata opportunamente riorganizzata, in co nformità con le de liberazioni
co nciliari (Decr. Orientalium Ecclesiarum; n. 18) e con la legislazio ne emanata a tal
riguardo dopo il Concili o:
- L'l str. Matrimonii sacramenuun della Congregazione per la Dottrina de lla Fede.
18 marzo 1966 (Enchir. va.. voI. 2, pp. 630-639).
- L'lstr. Crescens matrimoniorum dell a Congrega zione per la C hiesa Orientale,
22 febbraio 1967 (Enchir. Vat., voI. 2, pp. 820-823).
- Il M.P. Matrim onia mixta di Paolo VI. 3 1 marzo 1970 (Enchir. Vat., voI. 3, pp.
1440-1453).
Cfr. anche la Lettera della Segreteria di Stato. 15 apri le 1970, che dà alcu ne indicazio ni
imp ortanti circa l'applicaz io ne de l M.P. Mutrimonia mixtu di Paolo VI. e le Risposte della Pont.
Comm. per l'interprer. dei Decreti Con cil iari Il febbraio 1972, n. I. e 9 ap rile 1979 (X . OcHOA.
Leges Ecclesiae , IV. n. 4033 . col. 6234). Cfr. inoltre il n. 78 de lla Esort , Ap . Familiaris consorti»
di Giovann i Paolo Il. 21 nove mbre 198 1.
Il problema dei matrimoni misti venne discusso nella prima Assemb lea del Simulo dei Vesco-
vi. svol tos i a Roma nell' ott obre del 1967. Il Sinodo fu chiamato ad es primere il proprio voto circa
otto quesiti. Di tale voto tenne co nto Paolo VI nel citato M.P. "Ma trimo nio mixta" ,
- E l'altra faccia parte di una Chiesa o di una comunità ecclesiale, che non abbia
la piena comunione con la Chiesa cattolica l
Per il senso di "defezione formale", v. commento al can. 1086.
Tali matrimoni sono per sé proibiti dal diritto canonico, e per la loro celebrazione 4139
è necessaria la licenza espressa della competente autorità', La proibizione è motivata dal
fatto che essi possono costituire un grave «ostacolo alla piena comunione spirituale dei
coniugi» (M.P. Matrimonia muta, n. l), e un pericolo non lieve sia per la fede della
parte cattolica sia per l'educazione cattolica della prole. Se questo pericolo esiste real-
mente, il matrimonio è vietato dalla stessa legge divina (can. 1060, Codice 1917), né il
coniuge cattolico può esporsi a tale pericolo se non per gravi e proporzionati motivi e
osservando le debite cautele.
In ordine alla necessità della licenza e, di conseguenza, all'osservanza del can. 1125, è equi- 4140
parato al matrimonio misto:
- Il matrimonio di chi abbia abbandonato notoriamente la fede cattolica (can. 107 l , § l, n.
4, e § 2);
- Il matrimonio di chi sia iscritto ad una setta o società ateistica: Pont. Comm. per
l'interpret. del Codice, 30 luglio 1934, n. l (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, I, n. 1238, col. 1573).
I In senso più ampio, i "matrimoni misti" - come s'è già accennato (n. 3909, nota J) -
comprendono anche i matrimoni celebrati con la dispensa dall'impedimento di disparità di culto.
I matrimoni misti in senso proprio sono oggi denominati anche "matrimoni interconfessionali",
2 Licenza, non dispensa, poiché il matrimonio misto, come s'è già notato, non costituisce più
nel nuovo ordinamento un impedimento (Communicationes. a. 1983, p. 239, can, 1078, n. 2). -
Licenza espressa. afferma il canone: non basta quindi la licenza presunta. V. per altro la nota
seguente.
386 LIBRO IV . Il "mu nus sanctifica ndi" della Chiesa
Condizioni richieste:
IO C he la parte ca ttolica d ichi ari di essere decisa a ri m uovere i pe ricoli di abban-
don are la fed e e prometta s ince ra me nte di fare quanto è iII suo potere, perch é tutta la
prol e ve nga battezz ata ed edu cat a nell a Ch iesa Cattolica .
La promessa riguarda propriamente la prole che nascerà dopo la celebrazione del matrimonio,
non quella che eventualmente fosse già nata. Tuttnvia, come avverte una Risposta del S. Ufficio
in data 16 gennaio 1952, il coniuge cattolico ha l'ohhlif{o morule. se non giuridico, di curare
l' educazione cattolica anche della prole già nata: «Q uarnvis per sé. ad normam praefati canonis,
cautiones non exigantur de prole forte iam naia ante matrimonii celebmtionem, omnino rnonendos
esse nupturientes de gravi obligatione iuris divini eurandi catholicam educationern etiam dictae
prolis forte iam nata» (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, Il, n. 1661. col. 2 11 1).
2 0 Ch e di qu este promesse , a c ui è tenuta la part e ca tto lica , sia informata tempe-
stivamente l'altra par te , in modo da risultare co n certe zza che es sa è verament e co nsa-
pe vole dell a promessa e dell'obbligo della parte cattolica.
3 o Ch e ent ra mb e le parti siano edotte s ui f ini e sulle proprietà essenziali del ma-
trimonio , che nessun o dei due contraenti può es cl ude re, pe r la valid ità dci matrimonio.
Il moti vo è che spesso g li acattolici se guo no cir ca la natura e le propriet à essen ziali del
matrimonio , spe cialmente circa l' ind issolubili tà, principi e opinio ni non co nfo rmi alla
do ttrina cattolica.
.1 La facoltà degli Ordinari del luogo è annessa all'uffi cio e, di conseguenza, è ordinaria:
come tale, può essere delegata sia "ad actum" sia "ad universitatem casuum" (can. 137, § I ). In
pericolo di morte e nel caso urgente (cum iam omnia sunt parata ad nupt ias ), la licenza dell'Or-
dinario si può anche presumere; può darla anzi lo stesso parroco il quale, nei detti casi, può perfino
dispensare dagl'i mpedimenti matrimoniali di diritto ecclesiastico (can. 1079, § 2): «Plus semper in
se continet quod est minus- - «Cui licet quod est plus licet utique quod est minus» (Regulae luris
in VI Decretalium Bonifacii VIII, 35 e 53).
Il matrimonio 387
Non è più richiesta dalla parte non cattolica la garanzia di cui al can. 1061, § I, n. 2. del 4143
Codice 1917 4 • Ma se l'Ordinario fosse moralmente certo che essa non permetterà alla parte
cattolica di adempiere le sue promesse e i suoi impegni, non può in coscienza permettere il
matrimonio (cfr. can. 1061, § I, n. 3, Codice 1917), se non in casi del tutto particolari:
«tantummodo ob causas vere gravcs, v.g.si denegatio dispensationis partem catholicam privaret
unica occasione matrimonium ineundi eamque practice poneret in impossibilitale ius naturale
ad matrimonium exercendi, forsan cum detrimento animae ob periculum incontinentiae» (S.C.
per la Propagazione della Fede, 4 settembre 1972, Lettera ali' Arcivescovo di Malacca,
Singapore: X. OCHOA, Leges Ecclesiae, n. 4154, colI. 6410-6418).
4 Cfr. Communicationes, a. 1970, p. 113,4° cpv. Una tale prassi richiesta precedentemen-
te, sarebbe oggi «in contrasto con i principi di libertà religiosa proclamati dal Concilio» (S.C.
per l'Evangelizzazionc dci Popoli, Lettera al Card. V. Garcias, Arcivescovo di Bombay, 16
dicembre 1972).
5 La Conferenza Episcopale può determinare le modalità della dichiarazione, ma non abolirla.
Essa è sempre richiesta, come è detto espressamente nel can. 1126. Per la "formula" proposta dalla
Conferenza Episcopale Italiana, vedi Enchir. CEl, voI. I, pp. 985-986. Vedi anche il mio volume
"Prontuario teorico-pratico di Diritto Canonico", voce Matrimonio misto, nota 2 del Il paragrafo.
388 LIBRO IV - Il "munus sanctilicandi" della Chiesa
" I motivi di tale eccezione sono indicati nel Decr. Crescens matrimoniorum della S.c. per
le Chiese Orientali:
- Per evitare matrimoni invalidi tra cristiani di rito latino e cristiani non cattolici di riti
orientali (spesso infatti tali matrimoni venivano celebrati senza la forma canonica prescritta)
- Per favorire la stabilità e la santità del matrimonio
- Per alimentare sempre più la carità tra i fedeli cattolici e i fedeli orientali non cattolici
tEnchir. Vat., voI. 2, p. 820 n. 962).
L'eccezione riguarda solo i matrimoni misti contratti con battezzati non cattolici di riti orien-
tali (ortodossi), non con battezzati acattolici, appartenenti a Chiese o comunità cristiane separate
di occidente (protestanti), i quali, contraendo matrimoniocon un cattolico, son tenuti all'osservanza
della forma canonica. I principi teologici e disciplinari degli ortodossi sono infatti più vicini ai
principi cattolici, che non quelli dei protestanti. Si pensi al sacerdozio rninisteriale.
Il matrimonio 389
Il ministro sacro - Vescovo, presbitero, diacono - può essere sia cattolico che
ortodosso . Non è necessaria alcuna carica o delega. Non si richiede neppure un 'assisten-
za attiva, a norma del can. 1108, § 2, anche se sia pastoralmente opportuna. Giuridica-
mente è sufficiente la sola presenza.
È d'obbligo la presenza dei due testimoni, ma non "ad validitatem": una tale clausola non
esiste per essi.
1127, § 2, I parte La dispensa dalla forma canonica da parte dell'Ordinario del 4149
luogo . Nei matrimoni misti con acattolici sia ortodossi che protestanti. come con catto-
lici che siano passati ad altra confessione religiosa (Pont. Comm . per l'interpret. del
Codi ce, I I febbraio 1972, n. I: X. OCHOA, Leges Ecc/esiae, IV, n. 400 3, co l. 6234 ), è
pre vista anche la possibilità della dispensa dalla forma canonica, se gravi difficoltà
(graves difficultates) ne impedisca no l'osservanza. Competente, a tal riguardo, è l'Or-
dinario del luo go della parte cattolica, il quale è tenuto a consultare l'Ordinario del
luogo in cui viene celebrato il matrimonio.
La dispensa va concessa non in forma generale. ma nei singoli casi. Per la validità
del matrimonio è poi richiesto che venga celebrato iII una qualche forma pubblica in modo
da evitare i matrimoni clandestini. È sufficiente, nel caso, anche la forma civile, poiché
il canone parla genericamente di "aliqua publica forma celebrationis", qualunque essa sia,
purché, ovviamente, la forma pubblica sia tale di diritto e non semplicemente di fatto? È
7 La forma pubblica di diritto è quella effettuata in un certo contesto sociale: per es., secondo
le consuetudini locali. il rito di una comunità religiosa, o, come s'è già detto, il rito civile, deter-
minato dalla legge dello Stato. La forma pubblica di fatto è quella che di pubblico ha soltanto uno
scambio di consenso alla presenza di molte persone, e questo certo non è sufficiente per conferire
validità al matrimonio ai termini del can. 1127. § 2.
390 LJBROIV - Il " munus sunctificundi" della Chiesa
tuttavi a in facoltà del Vescovo diocesano circoscrivere l' ambito della concessione median-
te clau sole limit ative, da osservarsi "ad validit atem" (pont. Comm. per l' int erpret. dei
Decreti del Concilio, 9 aprile 1979, n. I: Comm unicatio nes, a. 1970, p. 241 ).
4150 1127, § 2, Il parte La competenza della Conferenza Episcopale. Spe tta alla
Conferen za Epi scopal e dettare no rme concrete circa la co ncessione dell a dispen sa e la
form a pubbli ca da osservare, in modo che ciò avven ga con un iformità d i c rite ri. L'Or-
din ario del luogo è obbligato "ad Iiceit atem" (Communicationes , a. 1978, p. 98 , can.
319, § 3) ad attenersi a qu este norme (S.c. pe r la Dottrin a della Fede, 13 lugli o 1971:
X. OCH OA, Leges Ecclesiae , V, n. 4139, coll, 6399-6400).
4151 Nonne emanate dalla Conferenza Episcopale Italiana. Sono ispirate alle norme stabilite da
Paolo VI nel M.P. Matrimonio mixta del 31 marzo 1970:
- L' Ordinario ha la facoltà di dispensare dalla forma canonica. quando si oppongono gravi
difficoltà alla sua osservanza. Le norme della Conferenza elencano le seguenti difficoltà, che per
altro, vanno interpretate in senso esemplificativo: a) il legame di parentela o speciale dovere di
rapporti sociali e di amicizia delle parti con il ministro acattolico; b) la resistenza validamente
fondata della parte non cattolica nei riguardi della celebrazione con la forma canonica.
- Si richiede che, in caso di dispensa dalla forma canonica, il matrimonio sia celebrato
davanti ad un legittimo ministro del culto: si è voluto, in tal modo, evidenziare il carattere religioso
del matrimonio e agevolare nei contraenti la consapevolezza della indissolubilità del vincolo co-
niugale. Non è stata posta, quindi, l'altern ativa del solo matrimunio civile (CEI, Commissione
Episcopale per l'ecumeni smo, 20 giugno 1972: Enchir. CE/, voI. I, p. 1257, n. 4238).
4152 1127, § 3 (1063*) Un divieto giustificato, relativo alla celebrazione del m atrimo-
nio mi sto nell a forma ca no nica, d i cu i al § l . Il di vieto, c he tende ad evitare possibili
confusion i nell'animo dei co ntraenti e dei fede li, è duplice:
- È pro ibi to che, prim a o do po la celebrazion e canonica, abbia luogo un ' alt ra
celebrazion e religiosa del med esim o matrimonio, per la prestazione o il rinn o vo del
co nsenso matrimoniale.
- È vie tata, sim ilme nte , la co siddett a "c elebrazio ne ec ume nica", oss ia l' assisten za
si multanea del m inistro catt o lico e del mini stro non catto lico, i qu ali, cel eb rand o ciascu-
no il proprio rito, c hieda no insiem e il co nse nso delle part i. «È ovvio ch e tale proibizione
s' ispi ra non ad una discrimina zio ne de l va lore ritual e , ma a una conside razione di
caratter e ec ume nico e pedagogico: una so la ce lebrazio ne liturgica, presieduta dal rispet-
tivo mini stro, assolve il suo significato sacr amentale» tEn chir. CEI, voI. I , p. 1258, n.
4240,3).
Non è tutt avia pro ibito c he alla celebrazio ne del rito catt oli co partecipi il mini stro
aca tto lico , in qu alità di tes timo ne (cfr. can. 874, § 2). Egli inoltre «può interve nire al rito
con qu alche lettura bibl ica, con parole di aug urio e co n pregh iere in co mune. Egual e
modo di part ecip azione è possibile al sac erdo te ca ttolico, che sia prese nte al rito non
cattoli co ... Il sacerdote ort od os so pre sent e alla celebrazione in rito cattoli co , pu ò pronun-
ziare un' om el ia e dire qu alche preghiera» tEn chi r. CEI, voI. l , p. 1260 , n. 4243 , 5).
4153 La registrazione. I matrimoni misti celebrati davanti al ministro cattolico o non cattolico.
vanno tutti registrati regolarmente :
- Bisogna fare in modo che tutti i matrimoni validamente contratti siano registrati diligen-
temente nei libri prescritti dal diritto canonico. I pastori d'an ime procurino che anche i ministri
acattolici collaborino inserendo nei loro libri la registrazione delle nozze con la parte cattolica
(M.P. Matrimonia mixta, n. IO).
- La parte cattolica è tenuta a trasmettere l' attestato dell' avvenuto matrimonio al proprio
parroco. che ne curerà l'annotazione nei registri prescritti dal diritto canonico (Decreto CEI, 25 setto
1970, n. 3: Enchir. CE/, voI. I, p. 985, n. 3480).
Per i matrimoni contratti con dispensa dalla forma canonica, v. can. 11 21, § 3, e commento
relativo.
Il mummoniu 391
CAN. 1128 - Locorum Ordinarii Gli Ordinari dei luoghi e gli altri pastori
aliique animarum pastores curent, d'anime abbiano cura che, al coniuge cat-
ne coniugi catholico et filiis e ma- tolico e ai figli nati dal matrimonio misto,
trimonio mixto natis auxilium spi- non manchi l'assistenza spirituale per
rituale desitad eorum obligationes adempire i propri obblighi, e diano ai co-
adimplendas atque coniuges adìu- niugi il loro aiuto perché abbiano a pro-
vent ad vitae coniugalis et familia- muovere l'unità della vita coniugale e fa-
ris fovendam unitatem. miliare.
CAN. 1129 - Praescripta cann. Le norme contenute nei cann . 1127 e
1127et 1128 applicanda sunt quo- 1128 devono applicarsi anche ai matrimo-
que matrimoniis, qui bus obstat ni ai quali osta l'impedimento di disparità
impedimentum disparitatis cul- di culto, di cui al can. 1086, § l .
tus, de quo in can. 1086, § 1.
dci loro matrimon io. Anche se a malincuore, egli ha il dove re di prendere atto de lla
situazione e di far comprendere agl'i nteressa ti che, stando così le cose, non è la
Chiesa, ma essi stess i ad impedire quella celebrazione che essi pur chiedono» (n.68 ,
6: Enchir. Vat., volo 7, n. 1739).
Vedi anche l'in segnamento dell'Episcopato Italiano in "Evangelizzazione e sacra-
mento del matrimonio", 20 giugno 1975, nn. 91-96 : Enchir. CEI, volo 2, pp. 756-75 8).
CAPITOLO VII
LA CELEBRAZIONE SEGRETA DEL MATRIMONIO
CAN. 1130· Ex gravi et urgenti Per una causa grave e urgente, l'Ordina-
causa loci Ordinarius permittere rio del luogo può permettere che un matri-
potest, ut matrimonium secreto monio venga celebrato in segreto.
celebretur.
pericoli che possono derivarne: scandalo, mancata Iegittimazione dei figli, insufficiente
educazione dei medesimi, frodi matrimoniali, ecc. Ha ritenuto tuttavia di conservarli
ancor oggi nella sua legislazione, per venire incontro a particolari situazioni, che diver-
samente resterebbero insolute, con danno delle anime.
I In una risposta della Congregazione dei Sacramenti, 2 luglio 1917, era detto in modo
tassativo che, relativamente alle vedove di guerra, la perdita della pensione civile non poteva
costituire motivo sufficiente per la celebrazione di un matrimonio segreto, e che, ricorrendo par-
ticolari circostanze, bisognava rivolgersi alla Santa Sede "in singulis casibus" (X. OcHOA, Lcges
Ecclesiae. I, n. 43, col. 78). Una tale norma venne successivamente attenuata, e gli Ordinari
diocesani possono, in casi del tutto particolari, concedere l'autorizzazione "iuxta suam prudentiam
et conscientiarn, prout magis in Domino expedire iudicaverint" (2D giugno 1919, ID giugno 1922,
21 gennaio 1927: Leges Ecclesiae, I, n. 187, col. 214; n. 424, col. 474; n. 734, col. 858).
396 LlBR() IV - Il " munus sanctificundi" oella Chiesa
CAPITOLO VIII
GLI EFFETTI DEL MATRIMONIO
CAN. 1134· Ex valido matrimonio Dal matrim onio valido nasce tra i co-
enascitur inter coniuges vinculum niugi un vincolo che, per sua natura, è
natura sua perpetuum et exclusi- perpetuo ed esclusivo; inoltre , nel matri-
vum;inmatrimoniopraetereachri· monio cristiano i coniugi sono corroborati
stiano coniuges ad sui status officia e come consacrati da uno speciale sacra-
et dignitatem peculiari sacramento mento per i compiti e la dignità del loro
roborantur et veluti consecrantur. stato.
Nel capitolo Vili , ded icato agli effetti del matrimonio , possono dis tinguersi due
parti:
- Effett i del matrimonio, contralto valid ament e, nei riguardi dei coniugi: cann.
1134- 1136
- Effetti nei riguardi dei figli : cann. 1137-1140
Il Codice, com'è ovvio, considera gli effetti propriamente giuridici; degli effetti
sacra mentali, che appartengono alla disciplina teologica, c'è solo un accenno nel can.
11 34.
CAN. 1135 - Utrique coniugi ae- Entrambi i coniugi hanno pari doveri e
quum officium et ius est ad ea diritti per ciò che riguarda il consorzio
quae pertìnent ad consortium vitae della vita coniugale.
coniugalis.
I Cfr. L. C HIAPPf,TTA, Temi pastorali nel magistero di Paolo VI, Ed . Dehoniane di Napoli , voI.
Il, pp. 404 -405 .
400 LIBRO IV - 11 "munus sanct ificandi" della Chi esa
Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà. all'assistenza morale e materiale alla
collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione.
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria
capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia .
Art. 144. lndirirm del/a vita familiare e residenza della fami gliu. ~I coniugi conco rdano tra
loro l'indirizzo della vita famili are e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di
entrambi e quell e preminenti della famiglia stessa .
A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attua re l'indirizzo concordalo.
, Il dovere dell' educazione della prole è sancito formalmente nella legislazione italiana :
- Art. 30 della Costituzione: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare
i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi d'incapacità dei genitori, la legge provvede a
che siano assolti i loro compiti » (I O e 20 comma).
- Art. 147 del Codice Civile, secondo il nuovo Diritto di Famiglia: «Il matrimonio impone
ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle
capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli ».
.' Per altre importanti affermazioni del Concilio, le quali confermano il costante insegnamento
della Chiesa sul problema dell'educazione. v. il commento ai cann . 793 e 795, nel quale i compiti
educativi spettanti alla famiglia sono messi in rilievo ancbe in ordine alla scuola.
11 maLrimoniu 401
CAN. 1137 • Legitimi sunt filii Sono legittimi i figli concepiti o nati da
concepti aut nati ex matrimonio un matrimonio valido o putati vo.
valido vel putativo.
CAN. 1138 • § 1. Pater is est, § 1. Il padre è co lui c he è indi cato co me
quem iustae nuptiae demonstrant, tale dalle giuste nozze, tranne che si prov i
nisi evidenti bus argumentis con- il contrario con prove e vide nti.
trarium probetur,
§ 2.Legitimi praesumunturtilii, § 2 . Si presumono legittimi i tigli nati
qui nati sunt saltem post dies 180 almeno dopo 180 giorni a decorrere da
a die celebrati matrimonii, vel in- quello della celebrazione del matrimonio,
fra dies 300 a die dissolutae vitae o entro 300 giorni a decorrere da quello
coniugalis. della rottura della vita co niuga le.
Il compito educativo dei genitori nei riguardi dei loro figli, è stato riaffermato di
recente nella Carta dei Diritti della Famiglia pubblicata dall a Santa Sede il 22 ottobre
1983, art. 5 (cfr. Communicationes, a. 1983, pp. 146·147).
, Il ca n. 105 1 del Codi ce precedente è stato sopp resso (Co mmuni cat ìones. a. 1973, p. 78.
50 c pv.).
I La tendenza degli attu ali ordinamenti civili è per la piena equiparazione dei figli legit-
timi e illegittimi (si preferi sce de no minare que sti ultimi "naturali" ). La legislazione della
Chiesa seg ue lo stesso principio c he, per la verità, risponde maggiorment e al se ntimento cri-
stiano dell a carità e della giusti zia in quanto i figli non possono essere discriminati per le colpe
dei ge nitor i. Forse sarebbe stato opportu no so pprimere la stessa distin zione tra figli legittimi
e illegittim i. co me da più part i e ra stato ef fettiva me nte richie sto. Si è rite nuto co nservare la
di stinzione. per mettere in luce la santità del matrimonio e la profond a d istinzione morale
esistente tra le union i legittime e quelle illegittime o irregola ri (Com munica tiones . a . 197 3. pp.
76 -77 . ca p. IX; a. 198 3, p. 240. cann. 1091- 1094 ).
Il matrimonio 403
CAPITOLO IX
LA SEPARAZIONE DEI CONIUGI
ART. 1
LO SCIOGLIMENTO DEL VINCOLO
Il cap. IX tratta della separazione dei coniugi. Tale separazione può essere perfet-
ta, con scioglimento dello stesso vincolo matrimoniale (art. I), oppure semplice, con la
sola rottura della convivenza coniugale (art. 2).
Lo scioglimento del vincolo matrimoniale ha luogo mediante dispens a "s uper
rata " (can. 1142) e attr aver so il privilegio paolina (cann. 1143-1147 ) e petri no (ca nn.
1148-1149)
Il privilegio paolino e quello petrino sono ambedue privilegi della fede. che hanno
una stretta affini tà fra di loro, anche se i concetti siano distinti.
In ordine all'appl icazi one del "privilegio petri no", a llo scioglimento del matrim onio legitt imo
"in favorem fidei" , cfr. l' Istr . Ut notum eSI della Con gregazione per la Dottrina della Fed e e le
Norme procedurali relati ve , 6 dicembre 1973: Enchir. Vat., voI. 4, pp. 1786-1799 .
seguito in mod o umano l' atto co niuga le, ido neo per sé alla ge nera zione dell a prole (cfr.
i! commento al dett o ca no ne) . L ' e ventu ale "atto" com piuto prim a dell a ce le braz ione del
mat rimonio, non ha alcuna ri!evanza so tto questo aspetto , ossi a no n è "co ns umazio ne"
nel se nso inteso dal ca no ne .
4195 T ale matrimon io non può esser e sciolto per nessun a cau sa:
- Né intrinsecamente, pe r volo ntà degli sposi, i! c ui reciproco co nsen so è asso lu-
tame nte irrevoc abile
- Né estrinsecamente, per l' int erv ento di alcuna autorità umana, ci vile o re ligiosa
So lo la morte può sc iogliere un tale matrimonio (I Cor. 7, 39)1. La ragion e dell a sua
assoluta indi ssolubilità è nel suo duplice elem ento: il carattere sa cr a me nta le e il fatto
dell a co ns umaz io ne, che, insiem e , es primo no perfettam ente l' in separabile unione di
Cristo co n la Ch ies a.
4196 L'mdissolubilità assoluta è affermata solo per il matrimonio-sacramento contratto fra due
persone battezzate e da esse debitamente consumato. È possibile, invece, in casi eccezionali e per
adeguati motivi:
- Lo scioglimento del matrimonio-sacramento, a cui non sia seguita la debita consumazione:
matrimonio rato e non consumato
- Lo scioglimento del matrimonio legittimo, contratto fra due persone non battezzate o fra
una persona battezzata e un'altra non battezzata, anche se consumato
Un tale potere spetta nella Chiesa al Romano Pontefice in virtù della sua potestà vìcarla,
ossia della pienezza della sua potestà apostolica. Egli può sciogliere in favorem fidei , per cause
gravi, i matrimoni che non riuniscano insieme i due caratteri o elementi: la sacramentalit à e la
consumazione' .
4197 2. La motivazione
La rag ion e dell'asso luta indiss o lubilità de l matrimon io rato e co ns umato c he si
suo le addurre tradi zion almente nell a dottrina ca tto lica, è nel suo du plice e le me nto: il
caratte re sac ra me ntale e il fatt o dell a sua con sumazione, c he , insieme, espri mono per-
fett am ente l'unione inseparabile d i Cr isto con la Chiesa (Ef. 5, 2 1 55.) , confere ndo al
matrimon io cristiano una piene zza e una perfezione c he ne imped isce lo sciog limento
da parte di qualsi asi autorità umana , non esclu sa quella vic ari ale del Romano Pontefice .
O ggi , tuttavia, il detto princip io è messo in di scu ssion e d a non pochi c anonisti e
teo logi, i qu ali afferman o :
IO Che la sacramentalità del matrimonio è sostanzialmente identica nel mat ri mon io raro e in
quello rato e consumato.
20 Che la consumazione del matrimonio, dovuta a un impulso d' istinto, è un l'ano puramente
biologico, il quale, se pur integra il simbolismo del matrimonio cristiano, esprimendo con maggiore
I Qualora la morte del coniuge non possa essere dimostrata, si ha il caso della "morte pre-
sunta", per il quale è da tener presente il can. 1707, § I: «Ogni volta che la morte del coniuge non
possa essere dimostrata con un documento autentico, ecclesiastico o civile, l'altro coniuge non sia
considerato sciolto dal vincolo matrimoniale se non dopo la dichiarazione di morte presunta. pro-
nunziata dal Vescovo diocesano».
, Non fanno difficoltà le parole del Cristo, che richiamano il divieto divino: «L' uomo non
separi quel che Dio ha congiunto» (MI. 19, 6), poiché tali parole escludono la dissolubilità intrin-
seca del matrimonio, per volontà degli sposi, e quella estrinseca per l' autorità dello Stato, ma non
lo scioglimento estrinseco, in determinate circostanze, per la potestà della Chiesa, che viene eser-
citata in nome e per autorità di Dio. Cfr. a tal riguardo il Discorso rivolto da Pio XII ai membri
della S. Romana Rota il 3 ottobre 1941 , n. 3 (Dimm i e Radiom essaggi , vol. III, pp. 2 13-2 15).
Il matri monio 405
pienezza l'uni one indissolubile di Cristo con la Chiesa, nulla però aggiunge alla perfezione del
matrimonio considerato nella sua propria natura.
Ne deriva la con seguenza che il Papa potrebbe "ex potestate vicaria" sciogliere per
adeguati moti vi anche il matrimonio rato e consumato.
È tuttavia da rilevare che i documenti pontifici limitano senza alcun dubbio il 419&
potere di dispensa o di scioglimento ai matrimoni rati e non consumati (citiamo fra gli
altri Gregorio XVI, Pio VII, Pio IX, Leone XIIl , Pio XI, Pio XII, Paolo VI). Conseguen-
temente, il magistero dei Romani Pontefici circa l'assoluta indissolubilit à del matrimo-
nio rato e consumato è formale e vincolante. È un insegnamento autentico che ogn i
fedele, a norma del can. 752, ha l'obbligo di accettare "con religioso ossequio dell'in-
telletto e della volontà".
Però è anche vero che il detto insegnamento non è definitivo, ossia non ha
carattere "d ogm atico" e quindi irrefo rmabile, e che pertanto non può esse re esclusa
la possibilità che, a segu ito di un approfondimento teologi co-giuridico del problema,
venga adottata in avvenire una soluzione diversa, la quale riconosca al Romano
Pontefice una pote stà più ampia, comprensiva del matrimonio rato e consumato, per
il bene supremo delle anime . E significativo che nei documenti del Concilio Vatican o
Il si parla solo della indis solubilità del matrimonio in genere (Gaudium et Spes, n.
48, I; 50, 5; Apostol icam actuositatem , n. 112), ma in nessuno di essi si riferisce
questa indissolubilità al matrimonio rato e consumato. Il problema resta pertanto
aperto e molti auspi cano che venga risolto positivamente, comprendendo tra i poter i
conferiti alla Chiesa da Cri sto anche quello di sciog liere per motivi adeguati anche
il matrimonio rato e con sumato.
Alcuni sostengo no che la Chiesa , nei secoli passati , abbia effetti vamente dispensato in 4199
alcuni rari casi dal matrimonio rat a e consumato, e citano a tal riguardo Gregorio Il (715-731 )
e Celestin o III (11 81-1198), e anche duc Concili particolari , il Vermerien se (a. 756) e il
Compedien se (a. 759). Ma su quelle dispense non si hanno prove certe e le delib era zioni dei
due Co ncili non furon o mai prese in con siderazione, anche perché formulat e solto la pressione
di principi secolari , a ciò intere ssati (Communicationes, a. 1975, p. 186). Il problem a storico
merita comunque di essere approfondito.
Quanto al problema dottrinale e giuridico, son noti i tentati vi fatti in que sti ultimi tempi 4200
per s upe rare le diff icoltà del matrimonio raro e consumato. Alcun i sostengono che la
indissolubilit à del matrimonio rappresenti solo un ideale proposto da Cristo c sia in sostanza
una norma etica più che una norma giuridica. font e di doveri e di diritt i. Altri, come il prof.
Bernard propongon o la cosiddetta teoria della "consumazione esistenz iale" , per cui non basta
la sola unione fisica , ma si richiede anche il raggiungimento di un ulteriore perfezionament o
mediante la "unitas cordium" degl i sposi. Ma sono teor ie prive di con sistenza, e si corre il
rischio co n esse di destabi lizza re il matrim onio .
Nel I 159 salì sulla Cattedra di Pietro il celebre Maestro Roland o Bandinelli , co l nome di
Alessandro III. Egli che precedentemente aveva seg uito la Scu ol a di Bologna. di ve nuto Papa
vo lle dirimere la co ntrove rsia, ass ume ndo a tal riguardo una posizione intermedia, c he e bbe il
merit o di conci liare le o pposte posizioni dell e du e Scuole. Afferm ò infatti che il matrim onio
anche non consumato è sac ramento c, dali' altra, distinguendo tra matrimonio se mplice mente
rato e ma tri monio raro e co nsumato, stabilì il princip io che il matr imoni o se mplice mente rato
potes se sciogliersi per una gi usta caus a, e che solo il matrimoni o rato e co nsumato fosse da
considerarsi del tutto indisso lubile .
Aless andro III. tutt avia, non parlò es pressa mente del pote re dell a Chiesa di sciogliere il
matrim on io med iante la dispensa. Un tale pote re co minciò ad esser e a ttribuito in modo formale
al Rom ano Ponte fice nel sec . XIII . ma non tutti i canonisti erano d' accord o e si ebber o tra essi
vivaci polem iche, per cui nel 1599 Clemente VIII (1592-1605) affidò l'esame dell a questione
a una Commissione di ott o Cardinali, i quali riconobbero ad unanimità che non c'era alcun
dubbio sul potere del Pontefice . Le discussioni co ntinuarono anc ora in forma più attenu ata per
tutto il sec . XVII , poi cessarono definitiva mente nel sec. XVIII , e il conse nso dci cano nisti e
dei teologi sull' autor ità del Papa fu unanim e.
J Lo scioglimento da pane del Papa del matrimonio non consum ato fra batte zzati o fra una
parte battez zata e l'altra non bettezzata, è detta comunemente dispensa, ma è solo in senso impro-
prio, in quant o il Romano Pontefice non rimette l'obbligo della indissolubilità imposto dalla legge
divina, ma ag isce direttamente sull' atto umano proveniente dalla libera volontà del fedele soggetto
alla sua autorità, con una certa remi ssione "ex parte materiae" . L'effetto è lo scioglimento del
vincolo matrimoniale posto in esse re dalla volontà del fedele. da non confondere co n la dichiara-
zione di nullità del matrim onio, che, contratto invalidamente. non è mai esistito.
Il matrimonio 407
La dispensa concerne sia il matrimonio non consumato di due persone battezzate, 4204
sia quello contratto fra una persona battezzata e l' altra non battezzata, con dispens a
dall'impedimento di disparità di culto. La sua concessione, tuttavia , richiede per la
stessa validità una giusta causa.
La giusta causa è necessaria "ad validitatem" per un duplice motivo: 4205
- Perché la dispensa ha luogo su una legge divina e non ecclesiastica
- Perch é la sua concessione, fatta in nome e per autorità di Dio , esig e "ex sua
natura" un motivo adeguato, escludendo ogni abuso e arb itrarietà
Tale causa è sos tanzialmente una sola: la salus animarum, che è la suprema legge
della Chiesa (can. 1752) . Ad essa si richiamano tutte le cause concrete, che, secondo la
prassi, sogli ano addursi. Ovviamente, il relativo giudizio è da rapportarsi alle particol ari
circos tanze del caso speci fico: " habita ration e adiunctorum casu s" (can. 90, § I).
Precipue cause:
- L 'a ssoluta incompatibilità di carattere fra gli sposi, che rende la loro convivenz a partic o-
larmente diffi cile
Il timore di gravi disco rdie e di risse fra le loro famiglie
Il divorzio civile ottenuto da una delle parti. la quale già convive con un' altra persona
Una inguaribile malattia co ntagiosa, contratta da uno dei coniugi
Una grave malattia mentale
- L'apostasia dalla fede
- Il pericolo di "perversione" di un coniuge, per l'atteggiamento assunto dalla comparte, ecc.
È anche nece ssario che sia prov ato giuridicamente il fatto della non co nsumazione,
che è il presupposto essenziale per la concessione della dispen sa.
L'esistenza della giusta causa e il fallo dell a non consumazione si accertano
giudizialmente mediante un parti colare proc esso , le cui norme fondament ali sono con-
tenute nei ca nn. 1697-1706.
La dispensa - afferma il canone - viene concessa dal Romano Pontetìce su
richiesta di a mbedue le parti o di una di esse, anche se l' altra sia contraria (cfr. can .
1697). Ovviamente, nell'istruttoria del proces so, si valutano debitamente anche le ragi o-
ni della par te contraria.
Nell' ordinamento precedente, il matrimonio rato e non consumato veniva anche sciolto "ipso 4206
iure" dall a solenne professione religiosa (can. 1119, Codice 1917). Tale norma è stata so ppressa
nel nuovo Codice, poiché non ha più alcuna rilevanza pratica (Communicationes, a. 1973 , p. 80,
2° e 3° cpv.).
4208 Si discute sul carattere della nonna contenuta nel detto testo, se cioè sia di diritto divino. in
quanto stabilito personalmenteda Cristo, oppure di diritto apostolico. Sembra che sia stato lo stesso
Paolo a dettarla, in forza della sua autorità di Apostolo, anche perché egli distingue bene tra la
legge della indissolubilità istituita da Dio: "Non sono io, ma il Signore ordina...", e il privilegio
della fede attribuito a se stesso: "Agli altri dico io, non il Signore...". Sostanzialmente il valore
normativo del privilegio non muta, poiché anche nella seconda ipotesi il privilegio deriva indiret-
tamente da Cristo, che ha eletto i suoi Apostoli, conferendoloro la necessaria potestà per governare
pastoralmente la Chiesa. I canonisti che seguono la prima interpretazione parlano di "privilegium
a Christo Domino concessum et ab Apostolo prornulgatum".
4209 Ovviamente il privilegio paolino, che ha per noi qualche punto oscuro o incerto,
dev' essere interpretato alla luce della tradizione, frutto di una lunga riflessione teo-
logica e canonistica durata più secoli. I primi documenti pontifici che trattano di esso
con una certa organicità sono le Decretali di Clemente III e quelle di Innocenza III
(1198-1216). Seguono, a partire dal sec. XVI, le varie istruzioni e direttive delle
Congregazioni Romane che ne determinano con una certa compiutezza le modalità e
i limiti di applicazione, in rapporto ai nuovi problemi pastorali sorti dall'evangeliz-
zazione del nuovo mondo. 11 Codice attuale conferma sostanzialmente la normativa
del Codice precedente.
4210 Relativamente all'epoca patristica, il primo scritto che, commentando il passo paolino, affer-
ma in modo espresso e inequivocabile la facoltà del coniuge cristiano di contrarre un nuovo
matrimonio, è quello famoso dell'Ambrosiaster, un autore non identificato del IV secolo, che, al
tempo di Papa Damaso (366-384), scrisse un commento alle Lettere di S. Paolo, esclusa quella agli
Ebrei. L'opera, attribuita un tempo a S. Ambrogio, è per altro spuria, com'ebbe a dimostrare
Erasmo di Rotterdam (1466-1536), che, per designare l'autore, foggiò il nome di "Ambrosiaster",
ossia "Pseudo-Ambrosius" (cfr. P.L., 17, 219).
Tutti gli altri scritti (ad es. di Tertulliano, S. Agostino S. Cirillo di Alessandria, Teodoreto,
S. Giovanni Crisostomo, ecc.) non parlano espressamente della possibilità di contrarre nuove noz-
ze, per cui potrebbero essere interpretati nel senso di scioglimento della convivenza coniugale,
senza lo scioglimento del vincolo matrimoniale.
4211 È il privilegio paolino che ha consentito alla Chiesa di prendere coscienza, attraver-
so un lungo processo, dei suoi poteri su altri casi che non coincidono con quello con-
siderato dall' Apostolo, ma che presentano con esso una grande somiglianza ed hanno lo
stesso fondamento, il "favor fidei". Sono i casi compresi genericamente nel cosiddetto
"privilegio petri no".
Il ma trimonio 409
l) Il contenuto 4212
1143 Il privilegio paolino in senso stretto riguarda il matrimon io contra tto va-
lidamente da due persone non battezzate. Finché esse rimangono senza battesimo,
il loro matrim onio valido "ex iure naturae", è indissolubile. Se una di esse si co nverte
alla fede cristian a e riceve il battes imo - battesim o "ex aqua et Spiritu Sancto'" -
il perdura re del vincolo matr imoni ale dipend e dal comportame nto della parte non
battezzata :
}O Se si converte anch'essa e riceve il battesimo, il matrimonio resta per sé indis-
solubile.
2° Rimane indissolubile - ossia non è applicabile il privilegio paolino - anche
nel caso in eui essa non riceve il battesimo, ma accetta di convivere "pacificamente,
senza offesa del Creatore", col coniuge battezzato.
3° Se invece essa si sepa ra (tranne che la parte battezzata, dopo la sua co n-
versione, ab bia dato motivo a que sta separaz ione con una condotta colp evole, per
es. con un adulterio), oppure non sia disp osta a conv ivere "pacifica mente, senz a
offesa del Creatore", il matrim onio viene scio lto in favo re della fede, anche nel
caso che sia stato consumato, per il fa tto stesso che la parte battezzata contrae un
nuovo matrimonio" Dopo tale sciogli mento, anche la parte non battezzata riacqui-
sta la sua libertà.
- Pacificamente, ossia lasciando al coniuge battezzato la piena libertà di seg uire la propria
religione e di ed ucare in essa la prole, ed evitando che la sua co nversione al c ristia nesimo dive nti
un motivo di litigi, alterchi o. peggio, di vessazioni.
- Sen za offesa a l Cre atore : come sare bbe, ad esem pio, se con tinuasse a vivere in modo
poligamico secondo g li usi del paese, oppure esigesse dal con iuge cristiano la parte cipazione a
pratiche immorali o idolatriche, impediss e l'educazione cristiana dei figli, ecc .
- In favore della fed e: co l privi legio paolino, s'i ntende infatti tutelare la fede e la sere nità
della parte battezzata. assicurandole una vita paci fica ed evitando le il pericolo di una possibi le
perversione '.
Co me precis ava il can . 1120 . *
2, de l Codice anter ior e, il privilegio pa olino non può
essere applica to al matrimonio co ntratto tra una parte già batt ezzata e l'altra non batt ezz ata,
4213
con la dispensa dall' im ped iment o di dis pari tà d i cu llo'. Non può essere applica to neppure al
matrim on io di due aca ttolici "d ubie bap tizati" , se il d ubbio è inso lubile (S .c. del S. Uffici o,
IOgi ugno 1937 : X. O CHOA, Leges Ecclesiae, I. n. 1388. co l. 1828), poi ché. nel caso che fos sero
realme nte batte zzat i e il matrimonio fosse stato cons umato. si verr ebbe a violare il ca n. 1141 ,
che enunzia un prin cipio di diritto divin o (assoluta indi ssolubilità del matrimonio rato e con -
sumato) . Nell a ipotesi che "d ubie ba ptizatus" fosse un so lo con iuge, bis ogna deferire il caso
alla Sa nta Sede (ibide m. n. 2).
I Non bas ta la semplice conv ersione alla fede cristiana: è necessa rio anche il battesimo va-
lidamente conferito, nell a Chiesa cattolica oppu re in una Ch iesa o co munità ecclesiale non
cattolica.
, Lo sciog limento del matri monio non avviene dunque per il fatto che la parte convertita alla
fede cristiana si batte zzi. Il battesimo le conferisce solo il diritto di contrarre nuove nozze, cd è nel
momento stes so in cui queste vengono celebrate che il matri monio precedente si scioglie.
, L 'importan za della fede e della salvezza spirituale delle anime prevale sul vincolo matrim o-
niale. in qua nto la relazi one della crea tura col Creatore è più forte e più necessaria di qua lsiasi a ltra
relazione uman a. Si tratta, tuttavia, di un privilegio, al quale la parte battezzata può anche rinun-
ziare. essendo giuridicamente libera di esercitarlo o di non esercitarlo, senza s ubire costrizioni da
parte di alcun o.
, Può essere appl icato invece il privi legio pettino, come si dirà in seguito, nel commento ai
cann. 1148 -1149.
410 LIBRO IV · Il "m unus sanctificandi" della Chiesa
CAN. 1147 - Ordinarius loci ta- Per una gr ave ca usa, tuttavia l'Ordina-
mCD, gravi dc causa, concedere po- rio del luo go pu ò concedere a lla parte
test ut pars baptizata, utens privi- batt ez zat a, che usufrui sce dci pri vilegio
legio paulino, contrahat matrimo- paolin o, di contrarr e matrimoni o con una
nium cum parte Doncatholica sive persona non cattolica, sia battezzat a che
baptizata sive non baptizata, ser- non ba ttezzata. . os servando per altro le
vatis etiam praescriptis canonum norme dei ca no ni sui matrim oni misti.
de matrimoniis mixtis.
La de tta espressione co minciò ad essere usata negli anni quara nta. Teologicamente
essa ha un valore impropri o, per cui non ricorre nei documenti uffi ciali della Sant a Sede .
Continua tuttavia ad essere adoperata nell a dottrina per la sua utilità pratica. poich é
serve a dist inguere co n immediatezza lo scioglimento dcI matrim oni o in applicazione
della legge paolina . da llo sciog limento del matr imon io in virtù della suprema potestà che
spetta di diri tto al Vicario d i Cr isto .
l ) Premessa 4221
Fino al sec. XVI era opinione unanime dei teolo gi e dei canonisti che nessun matri-
monio co ntratto "in infidelitate" da persone non battezzate. potesse sciogliersi fuori del-
l'amhito del privilegio paolino. Una tale opinione fu superata nel corso del detto secolo
a seguito di tre Costi tuzio ni pontificie emanate per provvedere a speci ali situazioni es isten-
ti in varie terre d i missione. diverse dall' Occi dente latino pe r leggi, costumi e cultura:
- La Cost. Altitudo di Paolo 1tI, [ O giugno 1537, per l' India
- La Cost o Romani Pontljicis di S. Pio V. 2 ago sto 1571, pure per l'I ndia
- La Cost , Populis di Greg orio XIII, 25 gennaio 1585. per l'Indi a. l' Angola e il Brasile
Con esse fu reso possib ile lo scioglime nto di matr imoni contratti " in infidelitate"
in forza della suprema a uto rità de l Ro man o Po ntefice (d e apo sto lica potestat e
plenitudin e) in due cas i particol ari: qu ello della poligam ia e della co nvive nza con iug ale
impedita da prigio nia o da persecuzione.
La normativa delle dette Costituzioni , emanate senza dubbio sotto l'intlusso del "pri -
vilegio paolino" c, sostanzialmente per la medesima ragione di fondo - tutelare la fede
dei convertiti - venne estesa a tutta la Chiesa col Codice pio-benedett ino de l 1917 (ca n.
2125*). Essa è stata co nfermata, co n alc une mod iliche e integra zioni, nell' attuale Codice.
Nei casi previsti da i ca nn. 1148-1149, lo scioglime nto del matri monio avviene
"ipso iure" , per disposizio ne di legge. Ma la potestà dci Rom ano Pontefice non è cir -
coscritta ai detti casi: ne abbraccia altri, nei qua li lo sciog limento de l matrimon io ha
luogo per uno speci ale atto della supre ma autorità de lla Ch iesa , la quale ha in tale
materia un solo limite: il matrimoni o-sacramento, de bitam ente consumato, ch e, a term i-
ne de l can . 1141 , non può essere scio lto da alcun a pote stà uman a, ecce tto la mo rte. La
ragione e lo scopo di un potere così vasto è il favor [id ei o salus animarum.
Q uesti ulteri ori casi hanno un a loro regolamentazione nella Istr. VI notum sit dell a
Congregazione pe r la Dottrina dell a Fede del 6 agosto 1973 , in cui sono sta bilite anch e
le Norme di car att ere processuale.
ziare alla poligamia, che è in di retto contrasto con una delle due proprietà esse nzia li del
matrimo nio, l'unità (ca n. 1056). Per sé, dovrebbe ritene re la prima mog lie, c he si sup-
pone quella vera, ma se questo gli dovesse riuscire gravo so, egli può scegliere que lla che
preferisce, separandosi dalle altre: ceteris dimissis'. La dett a norma vale anche nel caso
che la poligamia sia da parte della donna, la quale abbia cont em poraneamente più mariti
non battezza ti. Il battesimo del poligamo o della poligama deve avvenire nella Chiesa
Cattolica: "reccpto in Ecclesia catholic a baptismo".
4223 1148, § 2 Il seco ndo paragrafo presc rive che, nel suddetto caso di poliga mia,
l'uomo o la don na, ricev uto il battesi mo, devo no contrarre matrimo nio nella forma
ca nonica legittima, atte nendosi, se necessario, alle norm e sui matrimo ni misti e alle
a ltre disposizioni del d iritto.
4224 Durante i lavori della revisione de l Codi ce. fu osserv ato da alc uni che non era necessario né
opportuno celebrare un nuovo matrimo nio , poiché era naturalmente valido il precedente . contralto
prima de l battesimo. Ma i Consultori. q uasi all 'u nanimità . dec isero di conservare il disposto , poiché
- dissero - la rinnovazione del con senso pur non essendo necessaria, è opport una a fine di
rendere certa , con un atto forma le. la scelta della compatt e non battezza ta (Communicotia nes. a.
*
1978, pp. 114-115, can . 344, I l. Riteniamo che la prescrizione sia giustifica ta anche da l fatto che,
trattandosi di unioni poligamiche, probab ilmente nessuna di esse costituisce un vero matrimonio
valido, tranne forse che per la prima moglie.
4225 Quanto alla dispen sa dall ' impedimento di disparità di c ulto, i medesimi Consultori afferma-
rono che non occ orre una dispe nsa esplicita da parte dell'Ordinario del luogo: la concess ione della
dispe nsa è "implicita" nel fatto che il canone permette al poligamo di riten ere la donna che
preferi sce (ibidem, p. 115).
4226 1148, § 3 Il poligamo che si battezza può ritenere una sola de lle donne che con-
vivono con lui, e la Chiesa non può non tener conto della deli cata situ azione in cui
vengono a trovarsi le donne allontanate . A tal riguardo, spetta all' Ordinario del luogo
- in rispo ndenza alla condizio ne morale, socia le ed eco nomic a dei luoghi e delle
I?erso ne - aver cura che si provveda sufficientemente alle necessità delle dette donne.
E un dovere di giusti zia e di equità naturale , e insieme di carità cristia na,
l Non è sempre necessaria la separa zione materiale. In casi particolari , non è proihito all' ex
poligamo continuare a tenere in casa le altre don ne, spec ialmente se si tratti di persone anziane, che
diversamente sarebbero espos te alla miseria e al disonore. È ovvio, per altro, che deve essere
rimosso ogni sca ndalo , e che resta vietata qualsiasi intimità e rapporto coniuga le con le medes ime
da parte dell' uomo. il quale è tenuto anche a rimuovere ogni pericol o prossimo di peccato .
Il matrimonio 415
CAN. 1149· Non baptizatus qui, La persona non battezzata che, ricevuto
recepto in Ecclesia catholica bapti- il battesimo nella Chiesa cattolica. non
SOlO, cum coniuge non baptizato possa ris tabili re la co abitazio ne co n il
rationecaptivitatis vel persecutio- coniuge non battezzato a causa di prigio-
niscohabitationern restaurare ne- nia o di persecuzione, può contr arre un
queat, aliud rnatrirnoniurn contra- altro matrimonio, anche se nel frattempo
here potest, ctiarnsi altera pars l' altra parte abbia ricevuto il battesimo,
baptismum interea receperit, fir- fermo restando quanto è stabilito nel can.
mo praescripto can . 1141. 1141.
Il can. 1148 considera. nel caso di poligamia, l' applicazione del privilegio petrino. Potrebbe 4227
applicarsi, nella detta ipotesi, il privilegio paolino, nel senso che sia consentito al poligamo battez-
zalo se pararsi da tutte le mogli che forman o la sua famiglia e sposare una nuova donna osservando
per altro la normativa prescritta nei can n. I 143-1 147? Riteniamo che la risposta debba essere
positiva, per quanto nel caso concret o, l' Ordin ario del luogo sia tenuto a cons ultare previa mente
la Santa Sede (la Co ngregazione per la Dottrina della Fede).
Il caso era previsto nello Schema esaminato dal Gruppo di Studio "De iure matrimoniali"
nella seduta del 3 1 gennai o 1978 (Communicationes. a. 1978, p. 117), ma il relativn canone 346
venne successivamente soppresso, perché poteva sembrare una limitazion e della potestà del Roma-
no Pontefice. Rimane comunque il principio generale affermato nel can , 1142, per il quale il
matrimonio non consumato fra battezzati o fra una parte battezzata e l'altra non battezzata può
essere sciolto dal Romano Pontefice per una giusta causa: in tale principio è compreso anche il caso
suddetto. Rimane inoltre la normativa contenuta nella lstr. VI notum esi della Congregazione per
la Dottrina della Fede in data 6 dicembre 1973, da cui l'accennato canone 345 era stato tratto
(Enchir. Val., vol. 4, pp. 1786-1799). In essa si afferma espressamente:
- Può essere sciolto anche il matrimonio tra una parte cattolica e una parte non battezzata.
contratto con dispensa dall' impedimento di disparità di culto. purché si verifichino le condizioni
stabilite ai nn. I e Il, e consti che la parte cattolica, a causa delle particol ari circostanze locali,
soprattutto per l'esiguo numero dei cattolici della regione , non poté evitare il matrimonio né poté
condurre in esso una vita conforme alla religione cattolica. È necessario inoltre che questa S.
Congregazione venga informata circa la pubblicità del matrimonio celebrato (n. IV).
Ritorneremo sull'argomento.
Si tratt a della separazione semplice. che non comporta lo scioglimento del vincolo
matrimoni ale, ma solt anto la sospensione temporanea o la rottura definitiva della con-
vivenza coniugale: convictus coniugalis, che non fa parte della essenza del matrimon io,
ma della sua integrità.
4232 La materia è anche di competenza dello Stato, ai sensi del can . 1692, §§ 2-3, per
cui il presente articolo si limita a stabilire delle norme di carattere generale. Tali norme
coincidono sostanzialmente con quelle del Codice precedente, pur presentando un carat-
tere spiccatamente pastorale.
Come ebbe a rilevare il Card . Pericle Felici nella Relazione svolta al Sinodo dei
Vescovi del 1980, nella normativa canonica circa la separazione dei coniugi si manifesta
Il matrimonio 417
ART. 2
LA SEPARAZIONE CON PERMANENZA DEL VINCOLO
con tutta evi de nza la sollec itudine dell a Chiesa per il be ne della famiglia. Pu r co nsen-
tendo l'i nterruzione o la rottu ra della co nvive nza coniug ale, in casi di particol are gra -
vità, essa insiste più volte per ric hiamare i coniugi alla riconciliazione e al rista bilime nto
della loro effettiv a unione, secondo i princip i de lla carità cristia na (Communicationes,
a. 1980, p. 231 , n. l O).
1151 ( / /28 *) La co nvive nza co niuga le è la condizione indispe nsabile per poter
attuare quella "i ntima comunità di vita e di amore" (Cos t. Gaudium et Spes, n. 48 , l l,
a cui tend e il matrimonio, e raggi ungere i fini esse nziali a cui esso è ordi nato: il " bonum
coniugum" e la " pro lis ge nera tio et ed ucatio" (can . 1055).
Questa co nvivenza, che, secondo l'espressione giuridica trad izionale, co mprende
fra l'altro la "c ommu nio tori, mcnsae et habitationis" (Denzinger-Schonrnetzer, n.
1808), è un dovere e un diritto reciproco dei con iugi, i quali so n tenuti ad osservarla e
ne so no sc usa ti so lo da una legittima causa. Il dovere non è soltanto morale, ma anche
giurid ico (Comm uniccuiones, a. 1973, p. 86, art. Il, 2° cpv.),
La separazione può essere consens uale e unilaterale; temporanea e definitiva ; parziale e totale. 4234
Può avve nire per ca use diverse : ragioni di studio, di lavoro, di servizio militare o civile, d' infer-
mità, di co lpevolezza della compane, ecc . Possono consigliare o esigere la separaz ione anche
motivi di carattere religioso e soprannaturale:
- Il desiderio di seguire Cristo Signore in uno stato di maggiore perfezione: «In verità vi
dico, non c'è ness uno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di
Dio, che non riceva molto di più in questo tempo presente, e la vita eterna nel tempo che verrà»
(Lc. 18, 29-30) .
- Il desiderio di dedicarsi ad opere di carità o di apostolato.
- Di prestare la propria opera nelle terre di missione, ecc.
In questi casi, tuttavia, è necessario il consenso della compan e.
41 8 UBRO IV - Il " rnunus sa nctificandi" della Chiesa
I ) La separazione perpetua
1152 (f 129-1130*) Il Cod ice cons id era com e ca usa di leg ittima separazion e tota le
e pe rpetua l'adulterio, una g ravi s sim a vio lazio ne de ll'amore e dell a fede ltà coni uga le,
c he tur ba profondamente la vita dei co niug i, ren dendo spesso int oll e rabi le i ra pport i
int erper sona li'.
Pasto ralm ente , si eso rta in stantemente (enix e ) il co niuge innoce nte a vo le r perd o-
nare il con iuge che s'è macchi ato di una tale co lpa , a non interrompere la vita co ni ugale
per moti vi d i carità cristiana e pe r il be ne dell a fa migli a, so pra tt utto se vi sono dei fig li
da alle va re e da ed uca re.
4236 Giuridicamente. si fissano dell e norme. a cui bisogn a atte ne rsi. Il di ritto d i sci oglie-
re la co nv ive nz a co ni uga le è legato infatti alle seguen ti co ndizioni :
IO C he si tratt i di vero adu lteri o, ma teri ale e fo rm a le:
l Forse sarebbe stato opportuno distinguere tra adulterio e adulterio. Non sembra che una
simile colpa, commessa una volta sola e in un momento di debolezza, possa essere sanzionata
giuridicamente con una separazione totale e perpetua, che duri tutta la vita. Vi sono spesso nella
vita coniugale situazioni ben più gravi di quella determinata dall' adulterio; epp ure, per queste, è
prevista solo una separazione temporanea. E significativo il fatto che il Concilio Tridentino parli
solo di separazione a tempo determinato e indeterminato (ad certuni incertumque tempus s, ma non
di separazione perpetua (Denzinger-Schonrnetzer, n. 1808). S'insiste, d'a ltra part e, nell' affermare
che la separazione dei coniugi non da considerarsi una "pena", ma solo un provvedi mento reso
è
necessario dalle circostanze, anzi un "rimedio". È difficile vedere un "rimedio" in una sentenza di
separazione perpetua, a seguito di un adulterio commesso una sola volta.
L'istituto della separazione dei coniugi una creazione del Diritto Canonico medieva le, che,
è
di fronte al principio della indissolubilità del matrimonio, escogitò l'originale figura' della separa-
zione, detta allora "divorzio" quoad torum, mensam et ha bitationem.
Il matrimonio 419
- Mat eriale. ossia di congiunzio ne sessuale completa con una persona diversa dal
proprio con iuge
- Forma/e, ossi a volontari a: non è adulterio una violentazione subita a ca usa di
costrizione o inganno
- Mo ra/mente certo: non bastano i dubbi , le supp osizioni , i sospetti.
All'ad ult er io s uo le e q uipararsi la sodo mia e la bestia lit à ; sec o ndo alc uni anche la
fecondaz ione art ific iale eterologa, ossia co n liquid o sper rnatico proven iente da uom o diverso dal
propri o marit o.
2 0 Che l' adulteri o non abbia avuto luogo con l'approvazione o col co nsenso espli-
cito o impli cito, della co mparte o, peggio, con la sua diretta istigazi one a fine di lucro
o per raggiungere un particolare scopo.
r Che questa non vi abbia dato causa diretta con la sua cond otta.
4 0 Che la medesima comparte non si sia macchiata d'identica colpa, poiché in tal
caso si avrebb e una "mutua compensazione" delle colpe: un motivo piutto sto strano, in
verità, che ogg i non pochi contestano. Comunque, se la parte innocente si macchi a sua
volta di adult erio dopo la separazio ne, non è obbligata a riconcil iarsi né perde il dir itto
che ha già acquisito.
50 Che da parte del coniuge innocente non ci sia stato il perdon o, espresso o tacito.
- Si ha il perdono tacito, se il coniuge innocente, dopo essere venuto a con oscen-
za dell'adulterio, si comporti spontaneamente (non per forza o timore) con l'altro co niu-
ge "con affetto maritale" , ossia con espres sioni e atti d' intimit à.
Nel foro esterno, si presume il perdon o, se egli abbia conservato per sei mesi la 4237
convivenza coniugale, senza far ricors o all' autorità ecclesiastica. I sei mesi decorrono
dal giorno in cui è venuto a conoscenza dell ' adulterio. Considerata la "praesumptio
iuris", trascorsi i sei mesi tocca al coniuge innocente provare di non aver dato il suo
perdono.
Per sé, la parte innocente che intende sepa rarsi defin itivamente dal coniuge col pe- 4238
vole, deve rivolg ersi alla competente autorità ecclesiastica. Non può infatti procedere
di propri a iniziati va a una separazio ne perpe tua (Communicationes, a. 1973, p. 87,
ultimo cp v.). La norm ativa di tali processi, giudiziari o amministrativi, è cont enut a nei
cann. 1692-1696 . Con seguentemente, il ean. 1152, § 3, fa obbligo al coniuge innocen te,
che abbia scio lto di sua iniziativa la convi venza, di deferire entro il termine di sei mesi,
420 LlBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa
1 Anche l'abbandono ingiustificato della convivenza coniugale può essere motivo valido per
chiedere la separazione di diritto (quella di fatto già esiste), in quanto tale abbandono è causa di
gravi ,conseguenze per il coniuge abbandonato e per la prole.
E motivo valido una malattia cronica, incurabile? E evidente che da sé non lo è, poiché fra
i doveri degli sposi è anche quello di prestarsi aiuto e assistenza vicendevole nei bisogni. Perché
sia un motivo legittimo, è necessario che la malattia costituisce un grave pericolo per il partner o
per i figli: tale è ad esempio una malattia gravemente contagiosa oppure una demenza furiosa. Ma
anche in tal caso, pur ammessa la legittimità della separazione, resa necessaria dalle circostanze,
al coniuge infermo che senza sua colpa versa in uno stato di grave bisogno, non deve mancare la
debita solidarietà e assistenza: per dovere coniugale e per carità cristiana.
Il matrimonio 42]
- Il nuovo artico modificato, con la Riforma del Diritto di Famiglia (Legge 19 maggio
1975, n. 151, alt . 33): «La separazione può essere chiesta quand o si verificano. anche indipenden-
temente dall a volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatt i tali da rende re intoll erabile la
prosecuzione della con vivenza o da recare grave pregiud izio alla educazione della prole».
CAN. 1155· Coniux innocens lau- Con un gesto che merita lode, il coniu-
da biliter alterum coniugem ad vi- ge innocente può riammettere l'altro co-
tam coniugalem rursus admittere niuge alla vita coniuga le; in questo caso,
potest, quo in casu iuri separatio- egli rinunzia al diritto di separazione.
nis renuntiat.
esc lusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle condi zioni determ inate dal giudice . Salvo
che sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore inter esse per i figli sono adottare da entram-
bi i coniugi, Il coniuge cui i figli non siano affidati ha il diritt o e il dove re di vigilare sulla loro
istru zione ed educazione, e può ricorrere al giudice quando ritenga e he siano sta te ass unte decisioni
pregiudizievoli al loro interesse.
L'abitazione nella casa famili are spetta di preferenza. e ove sia possibile, al coniuge cui
vengono affidati i figli .
Il giudice dà inoltre disposizioni circa l'amministrazion e dei beni dei figli e. nell'i potesi che
l'esercizio della potestà sia affidata ad entrambi i genitori, il conco rso degli stessi al godimento
dell 'u sufrutto legale.
In ogn i caso il giudice può per gravi moti vi ordinare che la prole sia co llocata presso una terza
persona o, nella imp ossibilit à, in un istitut o di educazione .
Ne ll' e manare i provvedimenti relativi all' affidamento dei figli e al contributo al loro munte-
nimento, il giudice de ve tener cont o dell'accord o fra le parti : i provved imenti possono essere
diversi rispett o alle domand e delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi
di prova dedotti dalle parti o dispost i d ' ufficio dal giudice.
I coniu gi hanno diritt o di chiedere in ogni temp o la revisione delle disposizioni concernenti
l' affidam ento dei figli, l'attribuzione dell' esercizio della potestà su di ess i e le dispos izioni relative
a lla misura e alle modalità del contributo (art. 36).
CAPITOLO X
LA CONVALIDAZIONE DEL MATRIMONIO
ART. l
LA CONVALIDAZIONE SEMPLICE
l. Introduzione 4250
Posson o es iste re dei matr imoni validi in apparenza c nulli in realt à: il caso non
è infrequente. In un a tale ipotesi , la so luzi one g iur idica è duplice: la dichiarazione
di nullità, a termine del can. 1671 ss. , oppu re la convalida del matrimonio, a norma
dei canoni del presente capitolo. Si ricorre alla dichiarazione di null ità, solo qu ando.
per particol ari ci rco stanze e difficolt à. non sia possibil e o con sig liabile la con valida.
Questa, pert anto , rim ane la solu zion e ordin ar ia, so lleci tata da più ragio ni, nell'inte-
resse dell a famiglia. L' istituto dell a conval ida dimostra ancora una volta la gra nde
preocc upazione pasto rale dell a Chiesa e la sua apertura e disponib ilit à ai problem i dei
suoi fig li.
L' invalidità di un matrimonio ce lebrato "corarn Ecclesia" può dipendere da varie 4251
cause, riducib ili a tre categorie o classi:
- L' esistenza di un impedi mento
- Il difetto di co nsenso
- Il difetto della form a ca nonica
La convalida può esse re semplice, medi ante il rinnovo del co nsenso da parte di
entrambi i coniugi o almeno di uno di essi, e può anche avve nire senza tale rinnovo.
mediante la sa na zione in radice, co ncessa dalla competente autor ità ecclesiastica.
Nell' una e nell'altra. il matrimon io diventa valido, come suol dirsi, ex mmc, ossia dal
momento in cui si rinnova debitamente il co nsenso o si conc ede l'indulto de lla
sanazione in radice. Quanto agli effetti canon ici. nella conv alida sempli ce il matrimonio
opera ex IllIll C; nella sanazione in radic e, per retroa ttività giuridica, opera invece ex tunc,
vale a dire da l momento in cui fu co ntratto il matrimonio apparentemente valido , tranne
che sia disposto diversamente .
Sembra che il primo ese mpio di convalida matrimoniale risalga al Papa Sergio III 4252
(904-91 1), in favore di Leone VI, Imperatore d'Oriente (886-9 11). Con valide generali
424 LIBRO IV - Il "m unus snnctificundi" della Chie sa
si ebbero nel sec. XIX , come quell a concessa da Pio VII , con indulto del 15 agosto
1801 , per la pacificazione religiosa della Fran cia nella situazione determinatasi a ca usa
dell a Rivolu zione' ,
I La convalida del matrimonio esiste anche negli ordinamenti civili, ma con significato e
modalit à del tutto dive rse dalla convalida prevista nell' ordinamen to canonico. Civilmen te si COIl-
valida un matrimoni o co ntra lto co ntro il disp ositivo dell a legge , mediant e l'i stitut o della
prescrizione o decad enza, che rende impossibile l' impugnazione del matrim onio. In virtù della
delta prescrizione. un matrimonio annull abile entro un determ inato periodo di tempo - trascorso
il termine stabilit o senza che nessuno il quale ne abbia il diritto ne impugni la validità - acq uista
un valore definitivo, che non può essere più infirmato, Cosi, ad ese mpio, in caso di simulazione,
il nuovo articolo 123 del Codice Civile Italiano. Un altro caso riguarda a termine dell' art. 120
l'incapacità di intendere e di volere.
Una tale convalida del matrimonio non è possibile nell'ordinament o canonico. perché in
co ntrasto con la natura e le proprietà del matrimonio affermate nella concezio ne cristiana. Cano-
nicamente . un matrimonio valido non può essere annullato, e un matrimo nio nullo non può essere
convalidat o dalla legge senza il presupposto essenziale del perdurar e o del rinnovarsi del consenso
delle parti.
Il matrimnnic 425
dal prim o, per cu i non può essere posto in essere se non da chi sappi a o supponga che
il matrimonio sia stato nullo da principio, a cau sa dell'impedimento.
Se rag ioni particolari impedisco no il rinnovo del consen so, è necessar io ricor rere alla
sanazione in radice.
In caso di nullità dubb ia dci matrimon io, il conse nso viene rinnovato sotto condizione.
2 Il significato più ampio dell'aggettivo pubblico sembra suggerito dal fatto che il Gruppo di
Studio "Dc ime matrimoniali" non accolse la proposta fatta da alcuni di sostituire il termine "pub -
blico" con l'espressione "probari potest" del can, 1074 iCommunicationes. a. 1978, p. 122, can. 354),
426 LIB RO IV - Il "muuus sanctificandi" dell a Chiesa
ART. 2
LA SANAZIONE IN RADICE
norma del can. 1108, salvo il disposto del can. 1127, § 2, relativo alla dispensa da detta
forma nei matrimoni misti.
Se non fosse possibile il rinnovo del consenso nella forma canonica prescritta -
come, ad esempio, nel caso che il difetto di forma fosse noto soltanto all' Ordinario del
luogo. al parroco o al ministro assistente, e particolari circostanze impedissero di ma-
nifestare il fatto ai coniugi putativi - bisognerà ricorrere alla sanazio ne in radice, di cui
al can. 1163, § I.
Il difetto di forma può verifica rsi in più modi: assenza del ministro competente per facoltà
ordinaria o delegala (tranne che la Chiesa "supplisca" la mancanza della facoltà necessaria a nonn a
del can. 144), assenza dei testimoni o anche di uno di essi. Lo stesso matrimonio civile può essere
considerato un matrimonio nullo per difetto di forma .
sanata, per cui acqui sta validi tà giuridica) , ad opera diretta dell a co mpetente autorità
eccl esias tica . No n è questa, tuttavia, che crea il vincolo matri m oniale. L'elemellto co-
stitutivo de l matrimonio è se mpre il con sen so personale degli sposi , c he non può essere
supplito da nessun a autorità um ana (ca n. 1057 ). Nell a sa naz io ne in radi ce , la C hies a non
fa c he prendere atto del perdu rare del conse nso e, rimo vend o gli ostaco li che ne hanno
imp edito l'efficaci a giuridica. mette in g rado un tale con sen so " naturalite r suffici ens" di
porre in essere un matrimoni o valido a tutti gli effetti.
Per questo . la sanazione in radi ce è possibile so lo nel ca so che il matr imon io sia
nullo a motivo di un im pedime nto di riment e o per difetto di forma. Qu alora il co nsenso
sia viziato o manchi del tutt o, la sanazio ne in radice è del tutt o in attu abil e. perch é pri va
del suo supposto essenziale .
4265 La sanazione in radice è un istituto proprio del Diritto Canonico. Con esso si convalida di
regola un matrimonio celebrato "coram Ecclesia" e nullo, come s'è detto, a causa di un impedi-
mento o per difetto di forma canonica. È però prevista anche la sanazionc di un matrimonio nullo
per difetto iniziale di consenso. prestato poi successivamente in modo natura/mente valido, anche
se giuridicamente inefficace (can. 1162. § 2). È possibile, come s'è già accennato, la stessa
sanazione di un matrimonio civile. purché il consenso prestato nella sua celebrazione sia natural-
mente valido ed efficace. Per sé è possibile perfino la convalida, mediante sanazione in radice. di
una semplice unione di fallo. qualora subentri nei conviventi una sincera volontà di vivere stabil-
mente come marito e moglie.
Si ricorre alla "sanatio in rad ice" . quando particolari difficolt à imp ediscono l'appli-
cazione della convalida semplice.
4266 Essa comporta "ipso iure" :
- La di spensa da eventuali imp edimenti e dalla forma cano nica, se no n sia stata
osserva ta
- La retroatti vità degli effett i canon ici
La convalida ha luogo dal mom ento in cui si concede l' indulto: è da questo mo-
ment o , infatti , che nas ce il vero matrim onio, nel suo aspetto di co ntra tto e di sac rame nto.
D i co nse g uenza . se. ottenuta la sa nazio ne in radice, i co niugi non co nsum ino il loro
matrimonio, questo ri ma ne so lta nto "rato", e per sé può essere oggetto di dispen sa da
parte del Romano Pont efi ce (dispensa "s uper rato" ).
Gli effetti canonici invece, co me s'è già notato , per fic tio iuris so no opera nti dal
mo me nto in cui è stato ce lebrato inva lidame nte il matrimoni o. trann e che sia stabilito
div ersamente in modo espresso' . Uno degli effetti è la piena legi ttimità dei tigli. nati
dopo tal e matrimonio, e non la semplice legittimazione. La legi tti mità può essere det er-
minata anche dal matrimon io put ativo, a norma del can. 1137 .
I Per diritto comune, sono i casi previsti nei cann, 1162. § 2 (consenso mancato all'inizio)
e 11 63. § 2 (matrimonio contratto con un impedimento di diritto naturale o divino positivo), in cui
la sanazione in radice può essere concessa solo dal momento in cui è stato prestato il consenso o
è cessato l'impedimento. ed è da questo momento che decorrono gli effetti canonici.
Per diritto particolare, ossia per disposizione inserita nello stesso atto della "sanatio in radice",
la retroazione degli effetti, per esempio, può essere concessa a decorrere dalla nascita dei figli (e
non dalla celebrazione del matrimonio). in modo da assicurarne la lcgittimazione.
Il mat rimonio 429
che le parti non hanno più la volont à di perseverare nella vita coniugale, la sanazione
in radice non può essere conce ssa, in quanto il consenso matrimoni ale non può essere
supplito da nessuna autorità umana, ne civile né religio sa (can . 1057, § I). Non è
opportuno, evidentemente, ricorrere alla sanazione in radice per salvare un matrimonio
in crisi: sarebbe una soluzione pien a di pericol i, con danni forse irreparabili .
Un tale principio è confermato nel can . 1162; difettando il consenso in e ntrambe
le parti, o anche in una sola di esse, il matrimonio non può essere sanato in radice,
tanto se il consenso sia mancato dall'inizio, quanto se, prestato all'atto del matrimo-
nio. sia stato revocato in seguito. In questi casi. infatti . verrebbe a mancare la " radice
da sanare". ossia il con senso a cui occorre dare efficacia giuridica perché sorga il
vincolo con iugale.
Se poi il consenso, pur mancando all'inizio, successivamente viene prestato , la
sanazione può essere concessa a partire da questo momento.
Ov viamente, il con senso dev 'essere vero consenso matrimoniale. naturalmente
efficace, anche se giuridi camente sia stato inoperante.
Integrando quanto s'è già dello nell'esposizione del can . 1/61 , § l, possiamo quindi dire che 4268
la sanazione in radice è possibile per i matrimoni che risultino nulli:
- A causa di un impedimento dirimente
- Per un difetto di forma
- Per un vizio inizial e di consenso, eliminato success ivame nte prima della concessione della
convalida .
CAN. 1164- Sanatio valide conce- La sanazione in radice può essere con-
di potest etiam alterutra vel utra- cessa validamente anche all'insaputa di
que parte inscia; ne autem conce- una sola o di entrambe le parti; ma non si
datur nisi ob gravem causam. conceda se non per grave causa.
Trattandosi d'impedimenti di diritto naturale o divino positivo, che non sono su-
scettibili di dispensa, il matrimonio può essere sanato solo dopo la cessazione dell'im-
pedimento stesso. La dispensa in tal caso è assolutamente esclusa, poiché sugl'impedi-
mento di diritto naturale o divino positivo la Chiesa ha solo un potere dichiarativo, che
si limita a interpretarne il senso e la portata (can. 1075, § I).
4270 In conformità con la Risposta del S. Ufficio in data 2 marzo 1904, il Codice precedente
disponeva che «il matrimonio contratto con un impedimento dirimente di diritto naturale o divino
positivo, non viene sanato in radice dalla Chiesa, neppure quando questo sia cessato» (can. 1139,
§ 2*). Era un'affermazione di fatto, non di diritto, quasi si trattasse d'impossibilità da parte della
Chiesa. Nel nuovo Codice, la norma è stata soppressa, poiché il can. 1163, § 2, parla di sanazione
in radice di un matrimonio nullo a causa di qualsiasi impedimento, dopo la sua cessazione. L'in-
novazione risale propriamente al M.P. De Episcoporum muneribus di Paolo VI, in data 14 giugno
1966, n. IX, 18, b (Enchir. Val., voI. 2, p. 689, n. 736), ed è stata molto opportuna, poiché la
disposizione del can. 1139, § 2*, fondata su un semplice motivo storico mancava ormai di una
"ratio sufficiens",
4271 Il caso inverso. Può anche accadere che l'impedimento di diritto naturale o divino positivo
- per esempio l'impotenza assoluta e perpetua - non esisteva al momento della celebrazione del
matrimonio, invalido per un altro motivo, e sopravvenga invece successivamente in una delle patti.
È possibile in questo caso di sopravvenuta impotenza la sanazione in radice?
[n genere gli autori rispondono negativamente e interpretano gli indulti concessi dalla Santa
Sede come sanazioni in radice improprie, ossia parziali, in quanto derivano da essi alcuni effetti
collaterali, come ad esempio la legittimazione della prole, non propriamente la convalida del
vincolo matrimoniale. Su una tale intepretazione riduttiva si possono tuttavia avanzare dei dubbi,
poiché nella sanazione in radice concessa ad esempio dal S. Ufficio il 12 maggio 1953, sembra che
l'effetto sia stato quello di rendere valido, legittimo e indissolubile "iure divino" il matrimonio
contratto invalidamente dalle parti per difetto di forma, e non per l'impedimento d'impotenza, che
allora non esisteva (cfr. X. OCHOA, Leges Ecclesiae, Il, p. 2349, col. 3144).
se mpre il perdurare del loro co nsenso , la sa nazione in rad ice espl ica la sua effi cacia giu ridica per
la potestà del Superio re ecclesiasti co , né richied e il conse nso o l'a ccettazione dc i de stin atari . Di
regol a, tutt avia, essi dev on o esse re de bitamente inform at i: è una norma di prudenza e di saggio
governo past orale, che dev' essere osservata trann e che una gra ve cau sa con sigli diversamente
tComnnmicationes. a. 1978, p. 124. can . 360)' . Tale causa, trattandosi di autorità inferiore al
Romano Pontefic e, è prescritta "ad validitatern", co me risulta dalla part icella " nis i" (can. 39) . Se
per altro i due coniu gi o anche uno solo di essi fossero a conoscenza della inv alidità del loro
matrimoni o. è necessario comunicar loro l'avvenuta convalida per effetto della sanazio ne in rad ice.
1165 (l 141 *) L'autorità competente per la con cessi one dell a sanazione in radice , 4274
è la Sede Apostolica, a cui ognuno può rivolgersi direttamente : la Penitenzieria Apo-
stolica per il foro intern o e la Co ngregazione dei Sac ramenti per il foro esterno, salva
la competenza dell a Con gregazione per la Dottrin a della Fede (matrimoni misti) e dell a
Congregazione per le Chie se Orientali.
Nell'ambito delle Chiese particol ari, è a norm a del nuovo Codice il Vescovo dio- 4275
cesano o il Presule che giur idicamente gli è equiparato (il Vicario generale o episcop ale
solo per mandato specia le: can . 134, § 3), con i seguenti limiti e le seg uenti facolt à
I c Il Vescovo diocesa no può co ncedere la sanazione in radice so lo in cas i singo li. determ inat i
(q ualunq ue ne sia il numero) con ind ulto particolare per cias cuno dei matrimon i da sa nare, e non
con indulto di carattere generale, che rest a riservato alla Santa Sede. Ogni singolo matrimonio
dev' essere infatti considerato a parte, soprattutto per acce rtare il perdurare dci con senso, oltre che
l'esistenza de lla giusta e adeg uata ca usa. La facoltà del Vescovo resta per altro sem pre delegabi le.
perché è facolt à ordinaria, annessa all ' ufficio.
2° Co me s 'è già accennato , perché il Vescovo diocesan o co nceda la sa naz ione in radi ce
all ' insa puta delle parti, è necessaria "ad validitatern" una grave causa. Nel dubbio sull a gra vità
della ca usa la co ncess ione della sanazion e è leci ta e vali da (cfr . can. 90 , § 2) .
3° Il Vescovo può co nce de re la sanaz ione in radice anche se, nello stesso matrimo nio, co n-
corrano più cause di nullit à. sia per l'esisten za d'impedimenti che per il difett o dell a forma
canonica.
4° Nel ca so di matrimoni misti , deve attenersi alle prescrizioni del can. 1125, relative alle
dichi arazioni c alle promesse della parte catt olica .
l È ca usa sufficie nte il timore fond ato che le parti - qu alora siano av vertite dell a nullit à del
loro matrimon io e della necessità di ricorrere alla sanazi onc in radice - abbiano a separars i? La
risp osta è ne gativa, poiché una tale possib ilità, se probabil e. lascia dubit are circa la volontà dell e
parti di perse verare nella vita co niuga le, seco ndo il dispo sto del ca n. III , § 3.
432 LIBRO IV - Il "mu nus sanc tificandi' della Chiesa
5° Non può concedere la sanazione in radice qualora si tratti d'impedimenti la cui dispensa
sia riservata alla Santa Sede, a norma del can. 1078, § 2: impedimento derivante dagli ordini sacri
o dal voto di castità emesso in un Istituto religioso di diritto pontificio. In questi casi, è necessario
ricorrere alla Santa Sede.
6° A norma del can. 62. l' indulto della sanazione in radice concesso per il foro este rno,
dev'es sere dato in iscritto: rilasciato in forma graziosa. esso ha effetto dal momento in cui è firmalo
l' atto ; rilasciato in forma commissoria, dal momento dell'esecuzione.
7° Il Vescovo può delegare la sua facoltà in ordine alla sanazione in radice, non solo al
Vicario generale e ai Vicari episcopali, ma anche ad altri sacerdoti e agli stessi diaconi. poiché si
tratta di una facoltà che gli spetta d'uffi cio (facoltà ordinaria). Si discute nella dottrina, se egli abbia
la facoltà di sanare in radice il matrimonio civile. Probabilmente possiede anche questa facoltà. e
alcuni Vescovi già l'esercitano di fatto. Sarebbe comunque opportun a una risposta autentica da
parte del Pontificio Consiglio della interpretazione dei testi legislativi.
4276 In pericolo di morte e, qualora manch i il tempo necessario per ricorrere alla Sa nta
Sed e o al Vesco vo diocesan o "et pe riculum si t in mora" , nei casi di emergenza. po s-
so no convalida re un mat rim onio nullo anc he il parroco , il m inistro sa cro de legato , il
sacerdote o diacono che assisto no a norma de l can. Il 16, § 2: cfr. can. 1080, § 2.
4277 DA NOTARE. La registrazione del matrimonio convalidato.
- Convalida concessa nel [oro esterno: "Ogni volta che un matrimon io viene convalida-
to per il foro esterno... il parroc o del luogo in cui il matrimonio è stato celebr ato dev'essere
infor mato per poter fare debitamente la relativa annotazione nel registro dci matrimoni e dci
battesi mi" (can , 1123).
- Convalida concessa nel foro interno extrasacramentale: va annotata nel particolare
libro seg reto della Curia diocesana (can . 1082)
- Convalida concessa nel [o ro interno sacramentale : non dev ' essere registrata in alcun
libro, per non violare il seg reto dell a co nfessio ne.
4280 1. Concetto
1166 (/144 *) La definizione dei sacr am entali contenuta nel canone ri porta testual-
me nte la definizione del Conci lio Vatican o II :
- I sacramenta li son o segni sacri istituiti dall a Chie sa , pe r mezzo dei qu ali , co n
I sacramentali 433
PARTE II
GLI ALTRI ATTI DEL CULTO DIVINO
Titolo I
I sacramentali
una certa imitazione dei sacramenti, sono significati e, per impetrazione della Chiesa,
vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali. Per mezzo di essi, gli uomini vengono
disposti a ricevere l'effetto principale dei sacramenti e sono santificate le varie circo-
stanze della vita (Sacrosanctum Concilium, n. 60).
- La liturgia dei sacramenti e dei sacramentali offre ai fedeli ben disposti la
possibilità di santificare quasi tutti gli avvenimenti della vita per mezzo della grazia
divina, che fluisce dal mistero della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo, dal quale
derivano la loro efficacia tutti i sacramenti e i sacramentali . In tal modo, non c'è quasi
nessun uso retto delle cose materiali, che non possa essere indirizzato alla santificazione
dell'uomo e alla lode di Dio (n. 61).
I sacramentali sono segni sacri della fede orante e intercedente della Chiesa (ex 4281
Ecclesiae impetrationei e degli effetti che producono. Secondo la determinazione del
can. 1144 del Codice antecedente, sono cose o azioni tres aut actionesi.
- Cose, che acquistano i! carattere di sacramentali mediante la consacrazione o la
benedizione (costitutiva): l'acqua benedetta, le sacre ceneri, i! cero pasquale, gli oggetti
sacri riservati al culto, ecc .
- Aziolli, ossia , in sostanza, i sacri riti: le consacrazioni e le dedicazioni, le be-
nedizioni , le preghiere liturgiche, le pubbliche processioni, la benedizione pasquale delle
case, il segno della Croce. ecc .
I sacramentali risalgono ai primi tempi della Chiesa; i più antichi (i! segno della 4282
Croce e l'acqua benedetta) agli Apostoli. Gli esorcismi sono stati istituiti dallo stesso
Cristo:
- Risanate gl'infermi, risuscitate i morti, guarite i lebbrosi, scacciate i demoni
(Mt. IO, 8).
- Nel nome mio scacceranno i demoni (Mc. 16, 17).
La benedizione di creature irrazionali. di cose e oggetti materiali. nella volontà della Chiesa,
ha lo scopo di porre tutto solto la protezione divinae di elevare ogni cosa a mezzodi santificazione
e di virtù.
Le indulgenze non sono sacramentali . Sono la remissione della pena temporale dovuta per i 4283
peccati, ottenuta ad opera della Chiesa che dispensaed applica. come ministradella redenzione, il
tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi (can. 992).
434 LIBRO IV - 11 "munus sanctificandi' della Chiesa
4287 3. Il ministro
4295 I ) Le persone
1170 (1/49 *) Se non osta una proibizione della Chiesa, le be nedizioni possono
essere imp artite a tutte le persone:
I sacramentali 437
CAN. 1171 - Res saerae, quae de- Le cose sacre, che sono destinate al cul-
dicatione vel benedietione ad divi- to divino mediante la dedicazion e o la
num eultum destinatae sunt, reve- benedizione, siano tratta te co n riverenza,
renter traetentur nee ad usum pro- né siano adoperate per un uso profano o
fanum vel non proprium adhi- non proprio, anche se appartengano a per-
beantur, etiamsi in dominio sint sone private.
privatorum.
CAN. 11 72· § 1. Nemo exorcismos § I. Nessuno può compiere legittima-
inobsessos proferrelegitimepotest, mente esorcis mi sugli ossessi, se non nc
nisi ab Ordinario loci peeuliarem ha ottenuto speciale ed espressa licen za
et expressam lieentiam obtinuerit. dall'Ordinario dcI luogo.
§ 2. Haee lieentia ab Ordinario § 2. L 'Ordin ar io del luogo co nce da
loei eoneedatur tantummodo pre- questa licenza so lo al presbitero dotato di
sbytero pietate, seientia , prudentia pietà, scienz a, pruden za c integrità d i
ae vitae int egritatc praedito. vita.
- Anzitutto ai cattolici, in risponde nza al can. 213, che riconosce loro il diritto di
ricever e dai prop ri pastori gli aiuti che derivano dai beni spirituali dell a Chiesa.
- Ai catecume ni, che sono uniti con un proprio vincolo particolare alla Ch iesa Iii
quale ne ha cura come se fossero già suoi (can. 206, § I).
Sulle benedizioni ai catec umeni insiste l' Ordo initiationis christianae adultorum: «Si offrano
ai catecumeni anche quelle benedizio ni che significano l' amore di Dio e la viva sollecitudine della
Chiesa, perché, mentre sono ancora privi della grazia del sacramento. possano ricevere dalla Chiesa
incoraggiamento, gioia e pace per la prosecuzione del loro laborioso cammino» (n. J02).
- Agli acattolici - battezza ti e non battezzati, credent i e non crede nti - poiché
son tutti figli di Dio e su tutti il Signore sparge i suoi favori e le sue graz ie (Comma-
nicationes, a. 1983, p. 244, ca n. I 124). Ovviamente, bisogna agire con prudenza ed
evitare possibili scan dali.
- Agli stessi scom unicati (remoto scanda lo), poiché. per diritto comu ne, il can.
1331 § I, n. 2, vieta la recezione dei sacra menti, ma non dei sacra mentali. Cfr. tuttav ia
il can. 1352, § I.
2) Le cose 429 6
1171 ( lJ 50 *) Le cose destinate al cu lto div ino mediante la co nsacrazione o la
benediz ione costitutiva. acquista no un carattere sacro , che le sottrae ad ogn i uso pro-
fano o non proprio, anche se appartengano a privati, ed esige c he siano trauate co n la
dovuta riverenza. Il carattere sacro di tali cose determ ina una limitazione del diritto di
proprietà dei loro possessori.
Il can. 1229 tutela in particolare il carattere sacro degli oratori e delle ca ppelle
private, che devono essere riser vati esc lusivame nte al culto divino e tenuti liberi da ogni
uso do mest ico.
Sono anche da ricordare circa le cose sacre le seguenti norme: 4297
- La visita canonica del Vescovo diocesano: can. 397, § I
- L' acquisto: can. 1269
- L' uso profano, dopo la perdita della dedicazione o della benedizione: can. 1269
- La profanazione di una cosa sacra e sanzione relativa: can. 1376
Si profanano le cose sacre o benedette anche con il loro abuso, che purtroppo non è raro,
trasformandole cioè in oggetti di superstizione. Succede inoltre una cosa strana: spesso, nei paesi
che si vanno scristianizzando, il culto dei sacramentali prevale su quello dei sacramenti.
438 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi' della Chiesa
I L'esistenza del demonio è oggetto di particolare contestazione nel nostro tempo, anche
fra cattolici. Sul tema "Fede cristiana e demonologia", la Congregazione per la Dottrina della
Fede ha emanato il 26 giugno 1975 un importante documento storico-dottrinale: cfr. Enchir.
Val., voI. 5, pp. 830-879.
La Liturgia de lle Ore 439
Titolo II
La Liturgia delle Ore
CAN. 1173 - Ecclesia, sacerdotale La Chiesa, esercitando l'ufficio sacer-
munus Christi adimplens, litur- dotale di Cristo , celebra la liturgia delle
giam horarum celebrat, qua Deum ore, co n la quale, asc oltando Dio che
ad populum suum loquentem au- parl a al suo popolo e commemorando il
diens etmemoriam mysterii salutis mistero dell a sa lvezza, incessantem ente,
agens, Ipsum sine intermissione, col ca nto e con la preghi er a, Gli rende
cantu et oratione, laudat atque in- lode c Lo invoca per la salvezz a di tutto
terpellat pro totius mundi salute. il mondo.
La Liturgia delle Ore, dett a anche Ufficio Divino, ha sempre avuto nella Chiesa una
grande importan za. Sorse dal desiderio di adempiere il precett o del Signore di pregare
continuamente, senza mai stancarsi (Le . 18, I ), e si svil uppò in Occidente parallelamen-
te alla liturg ia eucar istica, di cui fu come la preparazio ne nelle ore notturne e mattu tine,
e l' esten sione nelle ore della giornat a.
Principali documcnti conciliari c post-con ciliari
- COSI. Sa crosun ctum Conciliu m, 4 dico 1963, cap. IV, nn. 83- 101
- Cast. Ap. l.audis CWUiClI1Il di Paolo VI, ( 0 nov. 1970 Enchir. Vat., val. 3, pp. 1670-1685
- S.C. per il Culto Divino, lnstitu tio Generalis de Liturgia Horarum , 2 febbr. 1971:
Enc hir. Vat., val. 4, pp. 94-209 . La detta " Institutio" è inserita nel ) 0 volume della "Liturg ia
Horarum" , inizio.
4305 2. L'obbligo
1174, § 1 (135; 610, § l; 1475*) La celebrazione della Liturgia delle Ore è «un
compito che spetta in modo particolare ai Vescovi e ai sacerdoti, che, in forza del loro
ufficio, pregano per il loro popolo e per tutto il popolo di Dio, e agli altri ministri sacri,
come pure ai religiosi» (lnstitutio Generalis Liturgiae Horarum, N. 17, 2).
La Liturgia ùcHe 0'" 441
CAN. 1175 • In liturgia horarum Nel celebrare la liturgi a delle ore, si os-
persolvenda, quantum fieri potest, servi , per quanto è possibile, il tempo pro-
verum tempus serveturuniuscuìus- prio di ciascuna ora.
que horae.
Non si tralascino queste Ore se non per un motivo grave », Sembra pertanto, che l' obbligo grave
concerni, per i chierici, soltanto la recita delle Lodi e dei Vespri (Lodi e Vespri insieme).
Titolo III
Le esequie ecclesiastiche
CAN. 1176 - § 1. Christifideles de- § 1. Ai fedeli defunti devono esser rese
functi exequiis eccIesiasticis ad le esequie ecclesiastiche, a norma del di-
normam iuris donandi sunt. ritto.
§ 2. Exequiae eccIesiasticae, qui- § 2. Le esequie ecclesiastiche con le
bus EccIesia defunctis spiritualem quali la Chiesa iJlv6éi il soccorso spiri-
opem impetrateorumque corpora tuale per i defunti e ne onora i corpi, e
honorat ac simul vivis spei sola- nello stesso tempo offre ai vivi il conforto
cium affert, celebrandae sunt ad della speranza, devono essere celebrate a
normam legum Iiturgicarum. nonna delle leggi liturgiche.
§ 3. Enixe commendat Ecclesia, § 3. La Chiesa raccomanda vivamente
ut pia consuetudo defunctorum che si conservi la pia consuetudine di sep-
corpora sepeliendi servetur; non pellire i corpi dei defunti; non proibisce,
tamen prohibet cremationem, nisi tuttavia, la cremazione, tranne che sia sta-
ob rationes christianae doctrinae ta scelta per motivi contrari alla dottrina
contrarias electa fuerit. cristiana.
l cardini dell'Ufficio Divino, come s'è già accennato, sono le Lodi e i Vespri:
«rivestino il carattere di vere preghiere del mattino e della sera» (Cast. Ap. Laudis
canticum di Paolo VI, n. 2, 2), e tali, in realtà, dovrebbero essere.
L'osservanza del tempo proprio - afferma il Concilio Vaticano Il - è necessaria
«per santificare veramente il giorno e per recitare le Ore stesse con frutto spirituale»
(Sacrosanctum Concilium, n. 94).
1. Norme introduttive
1176 Il canone contiene tre norme di carattere generale: il diritto dei fedeli defunti
alle esequie ecclesiastiche, il fine delle esequie, l'inumazione delle salme.
443
1176, § l Tutti i fedeli defunti hanno diritto alle esequie ecclesia stiche , tranne che
ne siano privati legitt imamente (can. 1184). È un diritto di carattere pubblicisti co che
non dipende dall a volontà dei privati, per cui si può rinun ziare a singo le parti del rito,
ma non si può escludere arbitrariamente qualsiasi rito esequiale'.
Al diritto dei fedeli, corrisponde il dovere della famiglia di provvedere alle esequ ie
e al parroco di ce lebrarle (can. 530, n. 5).
"Exscq uiis ecclesiasticis demandi SII/U", prescrive formalment e il canone.
I Cfr. il voto di un Consultore , nella risoluzione della S.c. del Concilio, 12 genn aio 1924,
n. I: X. O CHOA. Leges Ecclesiae, l, n. 556. col. 634.
444 LIBRO IV - 11 "munus sunctificundi" della Chiesa
4318 Si deve alla comprensione pastorale di Paolo VI la modifica di tali norme, attraverso l'Istr.
Piani et constantem della Congregazione del S. Ufficio, 5 luglio 1963, che dettò le seguenti
disposizioni:
I ° Bisogna provvedere con ogni cura perché sia conservata religiosamente la consuetudine di
seppellire i cadaveri dei fedeli. A tal fine, gli Ordinari, con opportune istruzioni e ammonimenti,
cureranno che il popolo cristiano si astenga dalla cremazione dei cadaveri, e non receda, se non in
casi di vera necessità, dalla inumazione, che la Chiesa ha sempre mantenuto, adornandola di riti
particolarmente solenni (n. I). /---
2° È sembrato... per altro conveniente attenuare alquanto le disposizioni del Diritto Canonico,
relative alla cremazione, per cui quanto è stabilito nel can. 1240, § I, n. 5 (diniego della sepoltura
ecclesiastica a chi abbia disposto la cremazione del proprio cadavere) non sia più da applicarsi in
tutti i casi, ma solo quando consti che la cremazione sia stata scelta come negazione dei dogmi
cristiani, o con animo settario, o per odio contro la religione cattolica e la Chiesa (n. 2).
3° Conseguentemente, a coloro i quali abbiano disposto la cremazione del proprio cadavere
non dovranno essere negati, per questo motivo, i sacramenti e i pubblici suffragi, tranne il caso in
cui consti che tale scelta sia stata fatta per i motivi indicati, contrari alla vita cristiana (n. 3).
4319 4° Per non pregiudicare il pio sentimento del popolo cristiano e il suo attaccamento alla
tradizione ecclesiastica, e per dimostrare chiaramente la contrarietà della Chiesa alla cremazione,
i riti della sepoltura ecclesiastica e i conseguenti suffragi non potranno mai celebrarsi nel luogo
stesso in cui si compie la cremazione, e neppure vi si accompagnerà il cadavere (n. 4: Enchir. Vat.,
voI. 2, p. 109, n. 62).
Il canone 1176 del nuovo Codice di Diritto canonico s'ispira alle suddette norme',
, Fu chiesto alla Congregazione del S. Ufficio, se fosse consentito celebrare in chiesa i riti
cscquiali, presente l'urna contenente le ceneri raccolte dalla cremazione del cadavere. Con atto
del gennaio 1977, la Congregazione rispose che non è opportuno celebrare sulle ceneri i riti ordinati
alla venerazione del corpo del defunto:
- Non videtur opportunum super cineres ritus celebrare, qui ad corpus defuncti venerandum
ordinantur. Non agitur de crematione damnanda sed potius de veritate signi in liturgica actione
servanda. Etenim cineres, qui humani corporis corruptionis exstant signum, indolem "dorrnitionis''
in resurrectione exspectanda inepte adumbrant. Corpus insuper, non autem cineres, Iiturgicos
accipit honores, quia baptismo sacratum templum factum est Spiritus Sancti. Maxime interest
veritatern signi servare ut liturgica catechesis necnon celebratio ipsa in veritatc ct CUlO fructibus
fianl. Si vero corpus defuncti in Ecclesiam ad Missam exsequialem celcbrandam deferri nequit,
eadem Missa celebrari potest, aliis non impedientibus rationibus, etiam absente corpore defuncti,
iuxta normas quae pro celebratione praesente cadavere servandae sunt (X. OCHOA, Leges Ecclesiae,
V, n. 4493, col. 7290).
Le eseq uie ecclesiastiche 445
CAPITOLO I
LA CELEBRAZIONE DELLE ESEQUIE
Dia coni e laici. «Le esequie senza la Messa posso no essere celebrate dal diacono. Se la 43 21
necessità pastorale [o esige . la Con ferenza Episcopa le può. con il consenso della Sede Apostolica.
designare anche un laico» (OrdII exsequiarum, n. 19).
1177, § 2 (1216, § l, 1223, 1224, 1226 *) Qualsiasi fedele può scegliere Iibcrarnen-
te un'altra chiesa funerante, qualunque essa sia, né c'è hisogno che possegga il "ius
funerandi", com' era prescritto nel can. 1225 del Codice 1917.
Si richiedono per altro due condizioni:
- Che ci sia il consenso del rettore
- Che sia avvertito il parroco proprio del defunto
Questi, tuttavia. non può opporsi. poiché non deve dare alcuna licenza o autorizza-
zione. Dev'essere soltanto informato.
446 I.lRRO TV - Il "munus sanctificundi" della Chiesa
La scelta della chiesa funerante può essere e ffettuata anche dalla famiglia del de-
funto, o da coloro a cui spetti di provvedere alle esequie.
lo stesso defunto o co loro a cui spetta provvedere alla loro sepo ltura, ne abbiano scelto
legittimamente un altro.
La libert à di scelta spetta a qu alsiasi fedele , se non ne abbia divieto dal diritt o.
Circa il di ritto dei Cardinali c dei Vescovi diocesani. anche emeriti, di poter esse re
seppelliti nella propria chiesa, v. can. 1242.
CAPITOLO II
LE PERSONE A CUI SI DEVONO CONCEDERE
O NEGARE LE ESEQUIE ECCLESIASTICHE
(cfr. 1239, § 3, Codi ce 1917 ). Nel canon e attuale si estende tale diritto ai ca tecumeni;
nello stesso tempo , si dà la facolt à di concedere le esequie anche ai bamb ini morti senza
battesimo c ai fratelli separa ti, a determi nate condizioni.
4333 a) I catecumeni
1183, § 1 I catecum eni, come più volte s'è rile vato, sono già uniti co n un vincolo
part icolare alla Chie sa, che ne ha cura co me se fossero già suoi e concede loro varie
prerog ative, che sono proprie de i battezzati (ca n. 206, §§ 1-2). Rispetto alle eseq uie, essi
sono equip arati ai fedeli. Si attribuisce pertanto loro il diritto di riceve re le esequie
ecclesi astiche, mentre si fa obbligo ai parroci di celebrarle in modo conveniente, "Ap-
parten gono anch' essi alla famiglia di Cristo" (S. Agostin o, Tract, in loann ., Il, 4: PL
35, 1476 ; cfr. Decr. conco Ad Gentes, n. 14, 5).
4334 b) I bamhini morti senza battesimo
1183, § 2 Con tale paragrafo, s' è attenuata la prescrizione del can. 1239, § l , del
Codic e precedente, che vietava , senza alcun a ecce zione , le esequie eccl esiastiche di
coloro che [assero morti senza battesimo. L'Ordinario del luogo può permettere che si
celebrino le esequie dei bamb ini morti senza battesimo, se i ge nitori avev ano intenzione
di battezzarli.
Per celebrare tali esequie , il parroco ha pertanto l' obbligo di richied ere la debita
autorizzazione, e l'Ordinario del luogo, da parte sua, de ve acce rtarsi della reale inten-
zione dei genitori. Si comprende per altro come l'Ordinario esiti a concedere il permes-
so, quando si tratti di un bambino già cresciuto negli anni. e il cui battesimo sia stato
trascurat o dai suoi genitori o volontariamente ritardato .
Il Rito delle esequie. pubblicato in Italia dalla Confere nza Episcopale nel sette mbre del 1974.
contiene il particolare rito da usare nelle eseq uie dei suddetti bambini . con la segue nte norma
introdutt iva, che è poi quell a dcll' Ordtl exsequiarum della Congregazione per il Culto Divino:
Le esequie ecclesiastiche 449
CAN. 1185 • Excluso ab ecclesìa- A coloro che siano esclusi dalle esequie
sticis exequiis deneganda quoque eccl esiastiche, dev'essere negata anche
est quaelibet Missa exequialis. ' qual siasi Messa esequiale.
Gl i esclusi su no;
I ° Gli apostati. gli eretici e gli scismatici 1I0tOri. non quelli occ ulti c he non risul-
tino co n ce rtezza. La notorietà può ess ere di diritto, se l' apostasia, l'eresia o lo scisma
risultino da una sentenza giudiziaria, da una dichiarazione uffi ciale dell ' autorità eccle -
siast ica. da lla co nfessione giuridica dello stesso apostata, eret ico o scisma tico; - e può
ess ere anche di fa tto, quando l' apostasia, l'eresia o lo scis ma sono talme nte conosciuti,
divulgati, che non sia più possibil e negarli o dubitarne (cfr. can . 2197 , Codi ce 1917).
2° Coloro che abb iano dispost o la cremazione del proprio corp o, per ragi oni con-
trarie alla fede cristiana (cfr. can. 1176, § 3).
4337 3° Gli altri peccatori manifesti , ai qu al i non sia po ssib ile co nce dere le eseq uie
ecclesiastic he, se nza pro vocare pubbl ico sca nda lo nei fedeli . Pe r tal i peccatori (pub-
blici co ncubi nari, ader en ti in mod o notorio a ideo logie atee e materialistiche, isc ritti
ad associ az io ni che trama no co ntro la Chi e sa, ecc .) - co me a nche, ovv iame nte , per
gli apos tati, gli eretici , gli scisma tiei notori del n. I - non bas ta dunque ave r es pres-
so un segn o di pentiment o. Si richi ede anche che la con ce ssione de lle esequi e eccle-
siastiche non ca usi scand alo tra i fedeli (cfr. Decreto della S.c. per la Dottrina della
Fede 20 settembre 1973: Enchir. Vat., val. 4, p. 1698, n. 26 10) . «Lo sca nda lo dei
fedel i e dell a co munità ecclesiale - avv erte una Cir col are dell a med esima Co ngre-
gazio ne in da ta 29 maggio 1973 - potrà tutt avia essere attenuato o evitato nell a
misura in cui i pastori sapra nno illustrare in modo con veniente il sig ni ficato delle
ese quie cristiane, in cui mol ti ved ono un rico rso alla miseri cord ia di Di o e una
testimonian za d i fede dell a co munità nell a risur rezi one dei mort i c nella vita del
mo ndo che verrà» (Enchir. Vat., vo I. 4, p. 1620, n. 2508, 5).
4338 Non si parla nel canone né dei suicidi né dci morti in duello (can. 1240. ~ 1, nn. 3-4, Codice
1917). Ma, ovviamente . rientra no nella categoria dei pubbli ci peccatori, purch é il delitto sia loro
gravemente imputabile, ai sensi del can. 1321, § I.
4339 1184 , § 2 (/240, § 2*) Il paragrafo secon do è stato semplificato. Occorre interpre-
tarlo alla luce del can. 1240, § 2, del Cod ice precedente. che con una maggiore com-
pletezza prescri ve va:
- Qu alora nei sudde tti casi sorga qualche du bbio, si rico rra all' Ordinario se il
tempo lo con sente (si tempus sinat y; se il du bbio do vesse persist ere. si pro ceda alla
sepoltura eccl esiastica, rimovendo per altro lo scandalo.
Titolo IV
Il culto dei Santi, delle immagini sacre e delle reliquie
1. Il culto d ei Sa n ti 4342
\
CAN. 1187- Cultu publico eos tan- È permesso venerare c o n c ulto puhblico
tum Dei servos venerari lìcet, qui so lo quei servi d i Dio che, per autorità
auctoritate Ecclesiaein album San- della Chiesa, sia no s ta ti annoverati nel-
ctorum vel Beatorum relati sint. l' albo dei Santi o d ei Beati .
CAN. 1188 - Firma maneat praxis Si co nser v i la pras si di esporre nelle
in ccclesiissacrasimaginesfidelium chiese le sacre immagini alla ve ne ra z io ne
venerationi proponendi; attamen dei fedeli; esse, tuttavia, s iano e sposte in
moderato numero et congruo ordi- numero moderato e in un ordine appro-
ne exponantur, ne populi christiani priato, per non destare meraviglia nel po-
adrniratio excitetur, neve devotioni polo cristiano né dare occasione a una
minus rectae ansa praebeatur, devozione meno retta.
4344 Sul culto della Beata Vergine Maria sono stati emanati da Paolo VI due magistrali docu-
menti:
- L'Esort , Ap. Signum magnuni del 13 maggio 1967: Enchir. VaL. vol. 2, pp. 980-1003
- L'E sort. Ap. Marialis cultu s del 2 febbraio 1974: Enchir. Vat., vol. 5, pp. 42-127
Di grande importanza è anche l'Enc. Redemptoris Mater di Giovanni Paolo Il del 25 marzo
1987: Enchir. Val., voI. IO, pp. 906-1043.
AI culto di Maria è associato il culto "vero e autentico" degli altri Santi , i quali
edificano i fedeli con il loro esempio e li proteggono con la loro interces sione.
Anche il culto dei Santi è essenzialmente cristologico: cfr. Sacrosunctum Concilium, n. 104.
- Dall'altra dispone che tali immagini siano esposte in numero moderato e nel-
l' ordine do vuto. per non destare meraviglia nel popolo cristiano. né dare occasione a una
devozione meno retta.
La norma riproduce letteralment e il n. 125 della CoSI.eone . Sacrosanctum Concilium.
Può servire da commento il n. 278 della lnstitutio Generalis Missalis Romani:
- Second o un' ant ichissima tradizio ne della Chiesa, nei luogh i sac ri ve ngono
esposte legittimamente alla venerazio ne dei fedeli le immag ini del Signore, della Beata
Vergine Mari a' e dei Santi. Si abb ia cura tutta via. da una parte, che il loro numero non
sia eccessivo. e che , dall'altra, la loro collocazione non distolga l'attenzione dei fedeli
dalle stesse celebrazioni. Di un medesimo Santo non si abbia che una sola immagine.
In generale, nell' orn amento e nella disposizione della chiesa, per quanto riguarda le
immagi ni. si tenga presente la devozione di tutta la comunità».
Ovviamente, il culto delle immagini sacre. come anche delle reliquie, è relativo, non assoluto,
in q uanto non si presta alla immag ine o alla reliquia in sé, ma è diretto al Sa nto, a cui l' immagine
o la reliquia si riferiscono (can. 1255, § 2, Codice 1917).
1189 (/ 280*) Le imm agini preziose son quell e che hann o un particolare valore
storico, art istico o cu ltura le. Il canone s'i nteress a, naturalmente, dell e immagin i sacre
esposte nelle chi ese o negli orat ori, e prescrive che, per il loro eve ntual e rest auro,
debb a richiedersi l' autorizzazione dell'Ordinario , che è l'Ordinario del luogo per le
chiese e gli oratori appartenenti alla diocesi, e l'Ordinario dell'I stitut o religioso o
della Società di vita apos tolica per le c hiese e gli ora tori di prop rietà dell'Istituto o
della Società (ca n. J 3 4 . § I ).
L'Ordinario, da parte sua, prima di concede re l' autori zzazione. da rilasciare
in iscritto. de ve co nsu ltare de i periti. In ogni diocesi, per quanto è possibile,
dev 'essere cos tituita la Commissione Diocesan a di Arte Sacra tSac rosanctum
Concilium, n. 46).
LI: immagini preziose sono "beni preziosi". Come tali. sono soggette a tutte le norme concer- 4349
nenti i beni e le cose aventi questa qualifica:
- La debita custodia: can. 1220, § 2
_. L'accurato inventario: can. 1283, nn. 2-3
- L'alienazione: can. 1292, § 2
- La prescrizione: can. 1270
I Circa l'in coronazione delle immagini di Maria 55 ., v. le Norme emanale dalla S.c. per il
Culto Divino, 25 marzo 1973 (Enchir, Vat., va l. 4, pp. 1504-1507). e l' DI'do coronandi imuginem
B. Mar ine Virginis.
454 LIB RO IV - Il "munus sancliJichlllti" della Chiesa
4350 3. Le reliquie
Le sac re re liq uie han no un valore religioso maggiore dell e immagini, poiché
so no i resti mo rtali di M artiri e di Santi . il cui corpo è stato sulla terra il tempio vivo
dello Spirito Sa nto e lo str umento di vir tù eroic he, ricon osci ute uffici al me nte da lla
Chiesa . Sull e reliqui e il ca n. 1190 de tta una du pli ce norma giuridic a ne i §§ 1-2, che
vale non solo per le rel iqu ie in se nso stretto , ma an che , "servatis ser vandis" , per
quell e in senso più largo, co me gli oggetti apparten uti a i Sa nti , le stesse rel iqu ie della
Sa nta Croce.
Il can. 1255, § 2, de l Codice precedente preci sava che il cult o religi oso prestato alle
reliquie e alle immagini dei Sa nti e dei Martiri non è assoluto, ma relati vo, in qua nto
si riferisce non alla reliquia o alla immagi ne in sé, ma alla persona de l Santo o dci
Mart ire, che esse ric hiam ano.
Titolo V
Il voto e il giuramento
CAPITOLO l
IL VOTO
l. Il voto 4355
I ) Concetto
1191, § l (/ 307, § J*) La defini zione de l voto, ripo rtata nel canone, è quella
tradizionale , co ntenuta "iisd em verbis" nel can . 1307, § L del Codice precedente.
- Il W/lo è una promessa: vera prom es sa. COli 1;1 quale una persona intende obbli garsi ,
non se mplice prop osito o vngo desiderio, pri vo di un se rio impegno vinco lante.
- Falla a Dio: a Dio so lo, perché il VOlo è un allo di latria, e. come tale, non può esse r fatto
ai Santi o alla Madonna, anche se con esso s' intende ono rurli, Una promessa fatta esclusiva mente
a un Santo, senza alcun riferimento a Dio, sare bbe una se mplice promessa, non un voto.
- Deliberata e libe ra : una prome ssa c he non fosse suffic ie ntemen te tale , non av rebbe
valore .
- Di 11I1 bene: ossi a di una cosa o di un alt o buono; pretende re di offrire a Dio una cos a
indifferente o. peggio. cattiva, sare bbe inse nsato e co ntraddiuorio.
_.- Di un bene possi lrile: moral men te e fisicamente; un bene che superasse le prop rie
ca paci tà, non può es se re mate ria di voto (per es. il voto di evitare tutte le imp erfe zioni, anche
que lle involontar ie) .
- Di un bene migliore: migliore di q uel che sare bbe la sua omissi one o il suo contrar io
conside rate tutte le circostanz e (rel at ive meli us). Per es. il voto di verg inità, che , rel igiosamen-
te. è per sé prefer ibile al matrimoni o (l CI)r. 7, :\Il).
- Promessa da adempiersi I,eI' virt ù di religione: il voto, infatti , ha nella virt ù de lla
religione il suo ele mento ca ratteri zzante, la su a motivazion e. il s uo fi ne.
456 LIBRO IV - Il "mur ms sanctiflcandi" della Chiesa
4357 3) Distinzioni
1192 (/308*) Si riportan o le dis tinzioni tradizionali , in rappor to alla forma e al-
l'ogge uo.
IO fil rapporto alla f orma. i voti possono essere pubblici e privati, solen ni e sem-
plici .
- Il voto è pubblico, se è ricevu to in nome dell a Ch iesa (nomine Ecc lesiae ), dal
legittim o Superiore determ inato dal diritt o .
- È privato og ni altro voto che no n ha l' accettazione da parte della competente
autorità ecc lesiastica: è fatto so lo "corarn Dea ", non "coram Ecc lesia".
- Il voto è solenne, se viene riconosci uto come tale dall a C hiesa .
- È semplice, negli altri casi.
4358 La distinzione era molto importante nel Codice anteriore, poiché il voto solenne aveva lilla
maggiore stabilità ed ef ficacia gi urid ica . e re ndeva inva lidi gl i alli co ntra ri (per es . il voto
sole nne di castità cos tituiva un impedimento di rime nte in ordi ne al mat rimon io: ca n. 1073.
Codi ce 1917 ), mentre il voto semplice li rendeva soltanto illeciti (per es . il voto semp lice di
cas tità costit uiva solo un impedimento impediente: can. 1058, § I ). Col nuovo Codice, la
disti nzione no n ha più alcu n rilie vo per diritto com une (giuridicamente i voti sole nni e se mplici
Il voto C il giura mento 457
CAN. 1193 - Votum non obligat, Il voto, per sua natura, obbl iga so ltanto
ratione sui, nisi emittentem. ch i lo emette.
sono equiparati tra loro: cfr. n. 2694); può averla invece per diritto particolare, nelle costitu-
zioni degli Ordi ni rel igiosi ( Communicut ùmes. a. 1980, p. 376. can. 60; a. 1983. p. 73, can.
580). Quanto all'i mpedi mento matrimoniale del voto di castità. il nuovo Codice così dispone:
«Attentano invalidamente il matrimonio coloro che sono vincolati dal volo pubblico perpetuo
di castità. emesso in un Istituto religioso» (can. 1088).
2° In rapporto all'oggetto, i voti so no per sonali , rea li e m isti. 4359
- Il voto personale ha per ogg etto un ' az ione: ad esempio. la recita di un a preghie-
ra. l'assistenza alla S. Messa, l' astinenza dall a carne, ecc.
- Il vo to reale ha per og getto un a co sa o un be ne ma teri a le: a d es emp io. la
do nazione a u na ch iesa d i un calice . d i un a to vag lia d i a ltare, l' o ffe rta di un' el emo-
sina, ecc.
- Il voto misto co m pre nde un' azio ne e un a cosa insieme : tale, ad ese mp io , sa reb -
be il vo to d i po rta re per son alm ente un ' offer ta a un sa ntu ario d ell a Madonna .
3° 111 rapporto alla durata, i voti po sson o esser e temporanei e perpetui. Infine, 4360
in rappor to alla eventuale dispensa, sono riservati e non riservati.
Nell'att uale ordinamento, nessun voto privato è riservato iCommunicationes, a. 1973. p. 45,
leu, D). La riserva alla Santa Sede dei due voti di perfetta c perpetua castità e d'ingresso in una
religione di voti solenni. emessi in forma assoluta dopo il compimento del 18° anno di età, di cui
al can, 1309 del Codiee anteriore. è stata soppressa.
Quanto ai voti pubbli ci, esistono norme specifiche nei canoni propri degl' Istituti religiosi e
delle Società di vita apostolica (cann. 686-688, 69 1-692, 70 1, 728, 743, ccc.) e nella normativa
degl'i mpedimenti matrimoniali (cann, 1078-1079).
CAN. 1194 - Cessat votum lapsu Il voto ces sa per lo sc a de re del tempo
temporis ad finiendam obligatio- fi ssato per l 'adempimento d ell ' o b b ligo,
nem appositi , mutatione substan- per la mutazion e sos ta nz iale dell ' oggetto
tiali materiae promissac, deficien- d ell a p rom essa, p e r il v e n ir m eno dell a
te condicione a qua votum pendet c ond izion e d a c ui il voto dipend e e d el
aut eiusdem causa finali, dispen- s uo sc o p o, per d ispens a, per co m m uta -
satione, commutatione. z ìon e.
CAN. 11 95 - Qui potestatem in Chi ha potestà s u ll a materia dcI voto,
voti materiam habet, potcst voti pu ò sosp e n d e re l'obbligazione d el voto
obligationem tamdiu suspende- s tesso per tutto il tempo che il s uo ad e m -
re, quamdiu voti adimpletio sibi pimento g li re chi p regiudizio.
praeiudicium afTerat.
Materia grave, nei voti personal i, è riten uta la co nfessione, la Comun ione, la S.
Messa, ecc.; nei voti reali, un ogge tto o una so mma il cui furto cos tituirebbe peccato grave.
7 ) La dispensa 4366
L ' a u t o r i t à c o m p e tc n t e 4367
1196 (/313 *) La dispensa. di cui tratta il ca none. riguarda i voli pri vati nessuno
escluso, almeno per diritt o comune. La dis pensa dai voti pubblici è considera ta a parte.
co me s' è già rile vato. in cano ni propri .
Oltre al Rom ano Pon tefice , la cui potestà è estesa alla Chiesa uni versale. possono
dispen sare dai voti privati :
l ° L'Ordinario del luogo e il parroco, relat ivamente a tutti i loro sudditi anche se
si trovin o fuori del prop rio territorio. Nell ' ambito della propria circo scrizione, la dispen-
sa può esse re concessa anche ai forestieri (peregrini).
Da nota re : la mede sima facoltà di dispensa (e di commutazione ) riconosciuta all' O rdinario del
luogo, è ogg i attrib uita anche al parroco. Sarebbe stato opportuno concedere tale facoltà anche ai
confesso ri, com'era stato proposto da più parti. ma i Co nsultori, ecce tto due, furono contrari a tale
estensione, c la proposta non venne accolta tCo mmunicationes. a. 1980, p. 377. can. 64).
2° Il Superiore di un Istitut o relig ioso o di una Soc ietà di vita apostolica di diritto 4368
pontifi cio e clericali :
Rispett o ai membri dell ' Istituto o della Soc ietà
- Rispetto ai novi zi
Rispetto a lle persone c he vivono giorno e notte in una casa dell' Istituto o della
Societ à
460 LIBRO IV - Il "munus sunctiflcandi" della Chiesa
La facoltà è limitata ai Superio ri d ' Istituti religiosi o di Soc iet à di vita apostol ica clericali.
poiché la dispen sa è un atto di potestà di giurisdizione o di governo. che spetta alle persone
*
insignite de ll' ordi ne sacro (can . 129, I).
4369 3° Coloro ai quali sia stata delegata la facoltà di dispensare dalla Sede Apostolica
o dall'Ordinario del luogo (non dal parroco). Nel Codice precedente. la facoltà di de-
legare era esclusiva della Santa Sede, a norma dci can. 1313. n. 3*' .
4370 Diversa dalla dispensa è l'inte rpretazione del voto, che. non essendo un atto di
giurisdizione, ma solo un atto dottrinale o giurisprudenziale, può esser fatta senza alcun
bisogno di delega.
Hanno esp ressa mente la faco ltà delegata di com mutare i voti privati, purché non venga no lesi
i diritti acquisiti degli altri. i Nunzi, gl' Inrernunzi e i Delegat i Aposto lici (S. Congregazione per i
Vescovi . lndexfacultatum, l° gennaio [968 , n. 9: Enchir. Vat., voI. J , p. J I. n. 9).
4371 C o n d i z i o n i
Per la validità della dispensa, si richiede l'osservanza di una duplice condizione:
- Che la concessione della dispensa sia motivata da una giusta cau sa (iusta de
causa). Per es., il bene pubblico. il maggior bene spirituale del vovente, ecc.
- Che non siano lesi e pregiudicati i diritti acquisiti da altri.
Nel caso che la dispensa leda tali diritti, è necessario ricorrere alla Santa Sede
(applicazione analogica del can. 1203).
4372 8) La commutazione
1197 (13 14*) Riguarda esclusivamente i voti privati. Occorre distinguere:
- Se l'opera promessa con voto privato viene sostituita con un'a ltra di maggiore
o uguale importanza. la commutazione può esser fatta di propria autorità dalla stessa
persona che ha emesso il voto, né c'è bisogno di alcuna causa giustificativa. almeno
quando si tratti di "commutatio in rnelius".
- Se l'ope ra promessa viene sostituita con un'alt ra di minore importanza, è neces-
sario ricorrere a chi ha la facoltà di dispensare, a norma del can. 11 96. poiché. nel caso.
si tratta in realtà di dispensa parziale.
j Non mancavano, tuttavia. deg li autori. i quali, nonostante la dispo sizio ne del can . IJ IJ n.
3. ritenevano fondatamente che anche i Vescovi potessero delegare la faco ltà di dispe nsare dai voti,
poiché la loro faco ltà - osservavano - era. nel caso, "ordi naria" .
Il voto c il giuramento 461
CAPITOLO II
IL GIURAMENTO
Si tratta d i sospensio ne, non di dispensa. per cui l' obbligatorietà di tali voti emessi
prima della profess ione. riso rge nel caso che il pro fesso religioso non facesse più pa rte
dell' Istituto.
I vo ti emessi du ra nte la profession e, per sé devono essere osse rvati . Po ssono essere
dispensati da tutte le persone enumerate nel ca n. 1196.
, Ci si può domandare perché nel can. 1191, § 3, relativo al voto, si parli di timore grave
"ingiusto", c nel can. 1200. § 2, l'aggettivo "ingiusto" sia stato tralasciato. Il motivo è che la
qualifica di "ingiusto" risulta indirettamente dal verho "extortum - estorto" (Connnunicatinnes, a.
19S0, p. 37R. can. 68. § 2).
Il ...1l10 C il giuramento 463
È nu llo, similmen te , un giur amento emesso per ignoranza o errore sos tanziale.
Nel Codice pre cedente, il giuramento estorto con la forza o col timore grave. era considerato
per sé valido (se l'a tto. natu ralmente, conservava sostanzialmente una sufficiente libert à). Poteva
per altro essere scio lto dalla com petente autorità ecclesiastica. Nel nuovo Codice, è invece dichia-
rato senz' altro nullo di pieno diritto.
La nullità prevista nel can. 1200, § 2, rigu arda i giuramenti sia promissori che
assertori.
4386 6) L 'interpretazione
1204 (/32/ *) La norma generale è che il giuramento dev'essere interpretato:
- /11 senso stretto , poiché chi giura contrae un'obhli go e cede dei suoi diritti
(analogia col can, 18).
l lunghi c i tempi sucri 465
- A norma del diritto, e non arbitraria mente , sopratt utto se sul caso dovesse pro-
nunziarsi l'autorità giudiziaria.
- Secondo l'intenzione di chi giura. poiché il valore e l'obbl igo del giuramento,
come del voto, dipendono esse nzia lmente dalla volontà dell a persona da cui è e messo .
Tuttav ia, se chi giur a abbia agito con dolo , il giuramento va interp retato seco ndo
l' inten zione del suo beneficiario , al quale occorre anche risarci re i danni eventu alm ente
arrecati.
PARTE III
Titolo I
I luoghi sacri
CAN. 1205 - Loca sacra ea sunt Luoghi sacri so no quelli destin ati al
quae divino cultui fldelium ve se- c ulto divi no o alla sepolt ura dei fedeli
pulturae deputantur dedicatione med iant e la ded icazione o la benedi-
vel benedictione, quam liturgici zio ne, p rescritta a tal fin e dai libri li-
libri ad hoc praescribunt. turgici .
CAN. 1206 · Dedicatio alicuius loci La dedicazione di un luogo spetta al
spectat ad Episcopum dioeccsanum Vescovo diocesano c a co loro che dal di-
et ad eos qui ipsi iure aequiparan- ritto gli sono eq uiparati ; le dett e persone
tur; iidem possuntcuilibet Episcopo possono affidare a qualsias i Vescovo o
vel,in casibus exceptionali bus, pre- anche, in cas i eccezionali, a un presbitero,
sbytero munus committere dedica- il com pito di eseg uire tale benediz ione nel
tionem peragendi in suo territorio. loro territor io.
è riservata per sé al Vescovo diocesano e a coloro che gli sono eq uiparati a termini dei
cann. 368 e 381. anche se sia no privi del cara ttere episcop ale:
Il Prela to e l'Abate territo riale
- 11 Vicario e il Prefetto apostolico
- L' Am ministratore di un' amministrazione apostolica stabilmente eretta
- L ' Am ministratore diocesa no (can, 427, § 1)
Le suddette perso ne possono affidare l'incarico di eseguire la dedicazione nel pro-
prio terri torio :
- A qualsia si Vescovo , anche in modo stabile
- A un presbite ro, so lo ecc ezio nalmen te, oss ia in casi de term inat i. La delega al
presbitero costitu isce una novi tà dell' attuale Codice, che confe rma una norma di spo-
sta g ià dall' Orda dedicationis ecc/esiae et altaris d ella Congregazione per i Sacra-
menti e per il C ulto Divino. 29 maggio 1977. ca p. Il, n. 8 (Enc hir. Va t., voI. 6. p.
161, n. 203 , 2).
CAN. 1209 - Dedicatio vel bene- Per la prova della dedicazione o della
dictio alicuius loei, modo nemini benedizione di un luogo, è sufficiente la
damnum fiat, satis probatur etiam testimonianza anche di un solo testimone
perunum testem omni exceptione al di sopra di ogni sospetto, purché non
maiorem. torni a danno di nessuno .
CAN. 1210· In loco sacro ea tan- In un luogo sacro siano consentite solo
tum admittanturquae cultui, pieta- quelle cose che servono all' eserci zio o al-
ti, religioni exercendis vel promo- l'incremento del culto, della pietà, della
vendis inserviunt, ac vetatur quid- religione, mentre è vietato tutto ciò che
quid a loci sanctitate absonum sit, possa essere sconveniente alla sua santità.
Ordinarius vero per modum actus L'Ordinario può per modum actus per-
alios usus, sanctitati tamen loei mettere altri usi , sempre però che non
non contrarios, permittere potest. siano contrari alla santità del luogo.
Formalità. <<I due esemplari dell 'atto di dedicazione, debitament e fi rmat i dal Ve scovo,
dal rett ore della chiesa e dai rappresentanti della comunità local e. ve rra nno conse rvati uno
ncll 'archivio diocesano e l'altro nell'archivi o della chiesa dedicata . Qu and o si fa la deposizione
dell e reliquie, si prepari un terzo esemplare, e lo s'includa opportunament e nello stesso cofano
dell e reliquie. - Nell'atto s'indichi l' anno, il mese, il giorno della dedicazione, il nome del
Vesc ovo celebrante, il titolo della chi esa e se è il caso. i nomi dei Marti ri o dei Santi, le cui
reliquie vengono deposte solto l'altare . - Si collochi inoltre in un luo go ada tt o della chiesa
una iscrizione che rechi la data - gio rno , mese e anno - della dedic azion e co mpiuta. il titolo
della chies a e il nome del Ve scov o ce lebrante» (Ordo dedicationis ecclesia e et alturis, cap. Il,
n. 25 : Enchir. Vat ., voI. 6. p. 175, n. 226) .
Per diritto comune, la redazione del documento è prescritta anch e per la benedizio-
ne di un ci mitero, non però per la benedizione di un oratorio o d i una cappella privata
tCommunicationes, a. 1980, p. 328, ca n. 5).
4395 1209 (/159, § 1*) Per la prova della dedicazione o dell a ben edizione di un luogo,
basta, qu ando manchi un documento, la testimonianza anche di un solo testimone al di
sopra di ogn i sospetto, purché non torni a danno di nessuno.
La prova testirnoni ale è ammessa anche relativamente al battesi mo e alla confermazione
(cann, 876 e 984).
Nel caso che la consacra zione o la benedizione di un luogo siano dubbi e. occorre rinn ovarle
"ad cautelam" (can. 1159, § 2, Cod ice 1917 ). Ad cautelam, non "sub co nditio ne",
3. Norme varie
CAN. 121 I - Loca sacra violantur Si violano i luoghi sacri, se si comp iono
per actione s graviter iniuriosas in essi, con scandalo dei fedeli, azio ni
cum scandalo fidelium ibi positas , gra vemente ingiuriose, che, a giudizi o
quae, de iudicio Ordinarii loci, ita dell'Ordinario del luogo , riveston o tale
graves et sanctitati loci contrariae gravità e sono così contrarie alla santità
sunt ut non Iiceat in eis cuItum del luogo, che non sia più lecito esercitar-
exercere, donec ritu paenitentiali vi il culto, finché l' offesa non venga ripa-
ad normam Iibrorum liturgico- rata con un rito penitenziale, a norma dei
rum iniuria reparetur, libri liturgici.
2) La violazione 4397
1211 (1172*) È conservato nel nuovo Codice il concetto di "vio lazione", ma la
norma relativa è stata sem plificata c attenuata. A term ine del can. 1211 , si violano i
luoghi sacri - con i co nseguenti effetti giuridico-liturgic i - non per qualunqu e profa-
nazione e "ipso facto", ma solo per quegli atti che a giudizio dell'Ordinario del luogo
I Cir ca i co nce rti ne lle chiese. la Co ngrega zione per il C ulto Divi no ha e manato pa rtico lari
Norme in data 5 nov. 1987 (L' Osservatore Roman o, 6 dico 1987, p. 6; Communicationes, a. 1987,
pp. 179-( 81). Riportiamo le disposizion i più importanti.
I. Il pri ncip io che l' utilizza zione de lla chiesa non dev'essere co ntra ria alla santità del luogo,
determ ina il criterio secondo il qu ale si de ve apri re la porta de lla c hiesa a un co nce rto di musica
sacra o religi osa e la si deve chiudere ad ogni altra spec ie di mu sica ... Non è legittimo programmare
in una chiesa l' esecu zione di una mu sica che non è d ' ispi razione religiosa : ciò non rispetterebbe
il carattere sa cro della chiesa (n. 8).
2. La musica sacra, cioè q uella co mpos ta per la litu rgia... e la musica re ligiosa. cioè q uella
che si ispira al tes to dell a Sacra Scri ttu ra o della liturgia o che richia ma a Dio alla Vergi ne Maria,
ai Sa nti, o all a Chies a, possono avere il loro posto nell a chiesa.. pos sono "servire o favorire la pietà
o la reli gion e" (n. 9) .
3. Q ua ndo un co ncert o è proposto dagli orga nizzatori per ess ere eseguito in una chiesa, spe tta
all'Ordi nario acc ordare la conces sione " per modum actus" , Ciò deve 'e ssere inteso relat ivam ente a
concerti occasionali. Si esclude pertanto una conce ssio ne cumulativa, per esempio, ne l quadro di
un festi val , o di un ciclo di co ncetti (n. IO, I).
4. Perché la sacralità della ch iesa sia salvaguarda ta ci si atte nga, in ordine all' aurorizza zione
dci co nce rti alle seguenti condizioni, che l'Ordi nario del luogo potrà preci sare :
- Si dovrà fare domanda. in tempo utile, per iscritto, all'Ordinario del luogo con l' ind ica-
zione della data del concerto, dell'orario, de l programma conte nente le ope re e i nomi degl i autori.
- L'entrata nella chiesa dovrà esse re libera e gra tuita.
- Gli esec utori e gli udito ri dov ranno aver un abbig lia mento e un comportamento conve -
nienti a l ca ratte re sac ro della chiesa.
- Il SS . Sacramento sarà , per qu anto è possibile, conservalo in una cappella annessa o in un
altro luogo sicuro e decoroso.
- Il concerto sarà prese ntato ed eve ntualme nte acco mpagnato da co mmenti che no n siano
soltanto di ordi ne artistico o storico. ma che favoriscano nna migliore comprensione e partecipa-
zione inter iore deg li udito ri (n . 10. 4 ).
470 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chies a
rivestono tale gravità e son così contrari alla santità del luogo , che non sia più lecito
eserci tar vi il culto , finch é la detta pro fan azion e no n ve nga riparata co n un rito
penitenziale, a norma dei libri liturgici .
Il criterio della " violazione", pert anto, non è solta nto og gettivo, comc nel Codice
preceden te, ma anche soggettivo: lo sca ndalo dei fedeli, che dipe nde anche dal grado
dell a loro sensibilità religio sa, e la valutazione della gravi tà de lla profanaz ione, lasciata
al giudizio de ll'Ordi nario, il qua le deve emettere a tal rig uardo un dec reto o alme no una
dich iarazione iCo mmunicationes, a. 1980, pp. 329 e 33 1, ca n. 6).
CAPITOLO l
LE CHIESE
CAN. 1214· Ecclesiae nomine in- Col nome di chiesa s' intende un edi fi-
tellegituraedes sacra divino cnltui cio sacro destinato al culto divino, nel
destinata, ad quam fidelibus ius quale i fedel i hanno diritto di entrare per
est adeundi ad divinum cuItum esercitarvi tale culto soprattutto pubblica-
praesertim publice exercendum. mente.
I) La normativa precedent e
Nel Co d ice pio -bened etti no, si d istin guevano le chiese e gli o rato ri.
La chi esa era defi nita: «Un edific io sacro dedi cato al cul to divino, col fine pri ncipal e di
servire alla celebra zio ne del c ulto pubblico da parte di tutti i fede li» (can . 116 1, Codice 19 17).
L'oratorio , invece, era «un luo go des tinato al culto, ma non allo sco po pri ncipale di servire
a tutti i fede li per il pubbli co eserciz io della religione» (can. 1188, § I).
L ' oratorio era d i tre spec ie:
- Pubblico: quell o cretto per sé a vantaggio d i unti parti colare comunità o anc he di privat i.
ma col d iritto riconosciuto a tut ti i fedeli di acc edervi libera ment e , almeno d urante la celebrazione
dei divi ni uf fici (ean . 1188, § 2, n. Il . Ta li erano , in gene re, gli oratori del le confraternite. Giu-
ridica mente l' o ratorio pu bbl ico era eq ui parato alla chiesa (can. 1191 , § 1"').
- Se m i-p u b b lico: qu ello eretto per sé a va ntagg io di una de term inata comu nità o di un
dete rminato ceto di fed e li, e al q ua le gl i alt ri IlOIl av evano li be rt à d i acc es so . Tali , ad ese mpio ,
la ca ppe lla inte rna di un se minario, de lle case religi ose , dei collegi, degl i or fan otro fi, delle
carceri, ec c.
- Privato: quel lo cretto in genere nell e case pri vare, c rise rvato a una part icolare fa miglia
o a determinare persone.
4405 L'elemento comune alla chiesa, all'oratorio e alla cappella privata è la loro desti-
nazione al culto divino. L'elemento proprio e distint ivo riguarda invece i fede li che
hanno il di ritto di usarne:
- Se tale diritto spetta a tutti i fede li indistintamente, si ha la chiesa . Non ha
importa nza se la chiesa appartenga a persone private o giuridiche. opp ure sia fornita di
propr ia perso nalità.
- Se spetta a una determ inata comuni tà o a un determin ato gruppo di fedeli. si ha
l'ora torio.
- Se spetta infine a una o più persone fisiche determinate, a una famig lia. si ha
la cappella privata,
4406 Altro elemento comune è l' autorizzazione da parte della competente autorità eccle-
siastica :
a) Il Vescovo diocesano per le ch iese, comprendenti. come s 'è rilevato. anche gli
orato ri pubblici del Codice precedente (ca n. 1215).
b) L'O rdinario (l' Ordinario del luogo oppure l'Ordinario d'I stitut i religiosi o di
Socie tà di vita apostolica clericali e di diritto pontificio, secondo le proprie competenze),
per gli oratori (can. 1223).
c) L' Ordinario del luogo (Vescovo dioc esano, Vicario generale ed episco pale), per
le cappelle private (can. 1226).
Nelle chiese i fedeli hanno diritto di entrare, per esercit arvi il culto sia in forma
privata sia soprattutto in for ma pubblica (can. 1214). Cfr. Communicationes, a. 1980, p.
332. can. 8, ultima parte.
Le chiese 473
2. L'erezione 4407
2) L' osser vanza dei principi e delle norme della liturgia e dell'arte sacra 4410
1216 (1/64, § I *) La Chiesa lascia molta libe rtà nella costruzione dei sacri edifici
destinati al culto. Lo rile va espressamente il Concilio Vaticano Il, nella Co st.
Sacrosanctum Conci/il/m:
- La Chiesa non ha mai avuto un proprio stile artistico, ma. secondo l'in dole e le condizioni
dei popoli e le esigenze dei vari riti. ha accolto le forme artistiche di ogni epoca , creando, nel corso
dei secoli, un tesoro d'arte, che va con servato con ogni cura. Anche l'arte conte mpora nea, di tutti
i popoli e paesi, deve avere nella Chiesa libertà di espressi one, purehé serva con la dovuta riverenza
e il dovuto onore alle esigen ze degli edifici sacri e dei sacri riti. In tal modo essa potrò aggiungere
la propria voce al mirabile concento di gloria, innalzato da uomin i eminen ti nei secoli passati alla
fede cattolica (n. 123).
I Il termine "erezione" indica sia la costruzione di una chiesa, sia la destinazione a chiesa di
un edifici o già esistente.
474 LI BRO IV ·1 1..mun ux sancuflcandi" della Chicsu
Il ca none prescrive in linea generale di osse rvare, nella costruzione e nella ripara-
zione delle chiese, i principi e le norme dell a liturgia e dell' arte sacra, avvalend osi del
co nsiglio di esperti e, ovviamente, dell'opera delle Commissioni d' Arte Sacra e di
Litur gia, che dovrebbero essere istituite in ogni dioce si (cfr. Sacrosanctum Concilium,
nn. 44-46). .
4411 Il Co ncilio. nella cita ta Costituzione. ha indicato alcuni principi e criteri direttivi:
- Nella costruzione degli edifici sacri , occorre promu overe un' arte autentica mente sacra.
ricercando una nobile bellezza. piuttosto che una mera sontuosità (n. 124. I).
- Bisogna a llontanare dalla casa di Dio e dagli a ltri luoghi sacri tutto ciò che sia contrario
alla fede e ai costumi e alla pietà cristiana o che offenda il genuino senso rel igioso, tutte quelle
ope re d'arte depravate nelle forme, mediocri o false nell'espressione artis tica (n. 124, 2) ,
- Nella loro strutt ura. disposizione e ordine. gli edifici sacr i devono consentire lo svolgi-
mento delle azio ni liturgiche e la partecipazione attiva dei fedeli (n. 124. 3).
- Bisogna curare con diligen za e propriet à la forma degli altari. la dignità e la sic urezza del
tabernacolo e ucaristico. la funzionalità del battistero, la conveniente disposizione delle sacre imma-
gini. la decorazione e l' orn amento (n. 128. I),
Per norme più dettagliate, v. la tnstitutio Generalis Missalis Romani, 26 marzo 1970, cap . V,
/1/1. 253 -280 .
CAN. 121 R- Unaquaeque ecclesia Ciascuna chiesa abbia il suo titolo, che,
suum habeat titulum qui, peracta dopo il rito della ded icaz ione , non può
ecclesiae dedicatione, mutari ne- essere mutato.
quit.
Norme con cordatarie. Nel Concordato del 1929, era previsto il ricon oscim ento da parte dello 4414
Stato Italian o della personalit à giuridica di tutte le "chiese pubbliche ape rte al culto" , che già non
l' avessero. co mprese quelle già app artenenti agli enti ecclesi astici so ppressi (ar t. 29, comma 2°).
L'istanza re lati va doveva esse re presentata dagli Ordinari diocesani, che lo ritenessero opportuno,
al Ministe ro per la Giu sti zia e gli Affari di Culto (art. IO del Regolament o esecut ivo della Legge
27 maggio 192 9, n. 84 8; art. I della Circolare n. 2779 della Co ng regaz io ne del Co nci lio, 25 giugno
1930). Tale norm ativa è stata modificata notevolmente co n i nuovi Accord i interve nuti fra la Santa
Sede c la Repubblica Italian a il 18 febbraio 1984.
- Conferm ando nella sostanza i requi siti previsti dall e norm e vige nti per il ricon osciment o
deg l' istituti religiosi, dell e co nfraternit e e delle fond azioni di culto, si introducon o imp ortanti
innovazioni per altri tipi di ent i eccle siastici. Tra queste innovazio ni si seg nala. co n riferiment o alle
chiese , il principio per il qual e ci sarà una sola person a giur idica, ricono sciuta civilmente, co rri-
sponde nte ad un unico ce ntro di impu tazione canonica sos tanziale. Non è infreq uente, infatti co n
il regime del 192 9, che a determinate realtà canoniche (parrocchie, diocesi, istit uti rel igiosi) cor-
rispond ano più persone gi uridiche (beneficio parro cchiale e chiesa parrocchi ale; mensa vescovi le
c chiesa catt edra le, istituto relig ioso e chiesa anne ssa), con e videnti co nseg uenze negat ive anch e dal
punto di vist a dell'amministrazione degli emi interessati. che in tal modo si sdoppia. La Commis-
sione ha riten uto di pOlTC ter mine a tale anomalia, consentendo che le chiese ape rte al pubbli co
possano es sere rico nosciute so lo se non annesse, o pertinent i, ad altro ente ecclesiastico: in tale
caso, infatt i, sarà que sto ente ad avere la personalità giuridica civile (Relazione su i principi della
Com missione paritetica per gli ent i ecclesiastici, 6 lugli o 1984, l, I ; cfr. anche III, I).
- Il riconoscimento delle chiese è ammes so solo se aperte al culto pubblic o e non annesse ad
altro ente eccles iastico, e semp re che sia no fom ite dei mezzi sufficienti per la manutenzione e la
officiatura (art. Il delle Norme esecutive circa gli enti e i beni ecclesiastici in Italia. 3 giugno 1985).
- Co n l'acquisto , da parte della parrocchia. della personalit à gi uridic a a nonna dell' an . 28.
si estingue, ove es istente, la person alità giuridic a della chie sa parro cchiale e il suo patrim onio è
trasfe rito di diritto alla parro cchia, che succe de all' ente estinto in tutti i rappor ti attivi e passivi...
Le disposi zioni dei co mmi precedenti si applicano anche all'estinzione di chiese catted rali e al
trasferiment o dei loro patrim oni alle rispetti ve diocesi, qual ora l' autorit à ecclesiastica adoni i re-
lativi pro vved iment i (art , 30 dell e mede sime Norme) ' .
4) Il titolo 4415
1218 (/ 168*) È tradizione liturgica che ogni chie sa abbia il suo titolo, che porti
cioè il nome della SS, Tr inità, di una Persona Divina, di un sacro Mistero del Signore,
della B. Vergine Maria . di un Angelo, di un Santo. Un Bea to può essere titol are di una
chiesa solo per indulto apostolico (ca n. 1168, § 3, Codice 19 17).
, Secondo l' artic olo cita to la chiesa cattedrale può perdere se l' abbia. la personalità giur idica ,
e tutti i suoi ben i patrim oniali, co mpreso il sacro edificio, sono attribuiti all'eme diocesi. Ma la
chiesa catted rale è anc he sede di un capito lo (can. 503 ), e può esse re anche sede di una parr occhia
(can. 5 10, § 2) . Le Norme esecu tive non co nsidera no qu esti casi, com e pu r avrebbero dovuto, ma
è chiaro che la chiesa cattedrale può essere annessa civilmente non so lo all'ente diocesi, ma anche,
in alternativa , all' ente capito lo o all' ente parro cchia , secondo la richiesta del Vescovo. opp ure
conse rvare la prop ria person alità.
Nel caso che la chiesa cattedrale sia insieme capitolare e parrocchiale, enti giuridici rico nosciuti
civilmente pot ranno essere sia il capitolo (an . 14 dclle Norme esecutive), che la parrocchia. Ovv ia-
mente, la chiesa cattedrale e i beni patrirnoniali che le appartenessero saranno attribuiti all'uno o
all'a ltro ente, i quali avrann o ciascuno i propri beni. indi pendentemente l'un o dall' altro. L'us o comu -
ne della chiesa sarà regolato dal diritto interno della Ch iesa (diritto comune e particolare),
476 LIBRO IV - Il "rnunus sunctificandi" della Chiesa
Spesso, sul portale delle chiese, si legge la formula D.O.M. (Deo Optimo Maximo)
sub invocatione Beati ... Ciò significa che la chiesa, edificata anzitutto per la gloria di
Dio, intende onorare in particolare la Vergine SS., un Angelo, un Santo.
Il titolo di una chiesa, che di regola viene già scelto nella posa della prima pietra,
dcv' essere unico, tranne che si tratti di Santi riportati insieme (una simul) nel Calendario
(Ordo dedicationis ecclesiae at altaris, cap. Il, n. 4: Enchir. Vat., voI. 6, p. 161, n. 20 I).
Dopo il rito della dedicazione, il titolo non può essere più mutato, se non con l'auto-
rizzazione della Santa Sede. La titolarità di una chiesa viene celebrata annualmente, col
grado di "solennità" tCalendarium Romanum, n. 59,4 d).
Il titolare di una chiesa è anche il patrono della medesima, che va distinto dal
patrono del luogo (nazione, provincia, diocesi, città). Spesso, tuttavia, il patrono della
chiesa e quello del luogo coincidono.
3. Norme varie
CAN. 1222 - § 1. Si qua ecclesia § I. Sc una chiesa non pos sa essere più
nullo modo ad cultum divinum adibita in alcun modo al culto divino e
adhìberi queat et possibilitas non manchi la possibilità di ripararla, può es-
detur eam reficiendi, in usum sere ridotta dal Vescovo dioc esan o ad un
profanum non sordidum ab Epi- uso profano non sco nveniente.
scopo dioccesano redigi potest.
§ 2. Ubi aliae graves causae sua- § 2. Quando altri grav i motivi consi-
deant utaliqua ecclesiaad divinum gliano che una chiesa non sia più adibita
cultum amplius non adhibeatur, al culto divino, il Vescovo diocesano, udito
eam Episcopus dioecesanus, audi- il parere del consiglio presbiterale, può
to consilio presbyterali, in usum ridurla a uso profano non sconveniente,
profanum non sordidum redigere col consenso di coloro che hanno legitti-
potest,de consensu eorumqui iura mamente dei diritti su di essa, e a condi-
in eadem sibi legitime vindicent, zione che non ne deri vi alcun danno al
et dummodo animarum bonum bene delle anime.
nullum inde detrimentum capiat.
CAPITOLO II
GLI ORATORI E LE CAPPELLE PRIVATE
CAN. 1223· Oratorii nomine intel- Col nome di oratorio s ' inte nde un luogo
legiturlocusdivinocultui,incommo- destinato, con la licenza dell 'Ordinario, al
dum alicuius communitatis vel coe- culto divino a vantaggio di una comunità
tus fidelium co convenientium de li- o di un gruppo di fedeli che ivi si radun a-
centia Ordinariidestinatus,ad quem no, e al quale possono accedere anche
etiam alli fideles de consensu Supe- altri fed eli con il consenso del Superiore
rioriscompetentisaccederepossunt. competente.
1. L'oratorio 4423
Sono oratori, ai se nsi del can. 1223, gli o ratori dei se minar i, de i coll egi delle
comunità religi ose, degli ospedali, degli orfanotrofi, delle navi, dell e cas erme mili-
tari , ecc.
CAN. 1226- Nomine sacelli priva- Col nome di cappella privata s' intende
ti intellegitur locus divino cultui, un luogo destinato , con la licenza dell 'Or-
in commodum unius vel plurium dinario del luogo, al culto divino a van-
personarum physicarum, de taggio di una () più persone fisiche .
Iicentia Ordinarii loci destinatus.
CAN. 1227- Episcopisacellum pri- I Vescovi possono costituire per sé una
vaturnsibiconstituerepossunt,quod cappella privata, che gode dei medesimi
iisdemiuribus ac oratorium gaudet. diritti dell'oratorio.
I) Concetto 4430
1226 (1188, § 2, Il. 3; 1190*) Il concetto di capp ella del nuovo Codi ce co incide
con quell o di "or ator io privato" o "domestico" del Cod ice anteriore (cfr. commento
al can. 1214). Cappell a privata in senso giuridico (Communicationes. a. 1980, pp.
339-3 40, can. l R) è un luogo dest inato, con la licenza dell'Ordinario del luogo , al
culto divino a vantaggio di una o più persone fisiche o di una fam iglia. Gli Ord inari
degl' Istituti religiosi e delle Soc ietà di vita apostoli ca clericali di diritto pontificio
possono costituire "oratori" all'interno delle loro case (can. 1223), ma non delle
"ca ppelle" di cui tratt a il can. 1226 .
A termine del can. 1190 del Codice prece dente, le ca ppelle cimiteriali erette da com unità, da 4431
famiglie o da persone private per la loro sepo ltura, sono cappelle private. In esse, tuttavia, l' Or-
dinario del luogo può permettere la celebrazione abituale di più Messe (can, 1194, Codice 19 17).
r Da tener present e : "Conviene fomentare il senso della comunità ecclesiale, che è alimentato
cd es presso in modo spe ciale nella celebrazione eucaristica comun itaria della domenica. sia intorno
al Vescovo, soprattutto nella cattedrale, sia nell'assemblea parroc chiale , il cui pastore fa le veci del
Vesco vo... Soprattutto la domeni ca e i giorni festiv i, le celebrazioni che si effettuano in altre chiese
ed oratori, debbono essere coo rdinate con le celeb razioni della chiesa parrocchiale, sì da essere di
aiuto all'azione pastorale. Anzi è utile che le piccole comunità di religio si non chierici e altre dello
stesso genere , soprattutto quelle che svo lgono la loro attività in parrocchia. parte cipino in quei
giorni alla Messa nella chiesa parr occhiale » s.c. dei Riti, Eucharisticum Mysterium. 25 maggio
1967, n. 26, I e 3 ( Enchir. Vllf., voI. 2, p. 1117, n. 1326).
482 LIBRO IV ~ Il "mun us sanctifica ndi' della Chie sa
CAN. 1228 - Firmo praeseripto Ferm o restando il disp osto del can.
ean. 1227, ad Missam aliasve sa- 1227. per la celebrazione della Messa o di
eras eelebrationesin aliquosaeello altre sacre funzioni in una capp ella priva-
privato peragendas requiriturOr- ta. si richiede la licenza dell'Ordinario del
dinarii loci Iicentia. luogo.
CAN. 1229 - Oratoria et sacella È conveniente benedire gli orato ri e le
privata benedici convenit secun- cappelle private, secondo il rito prescritto
dum ritum in libris Iiturgicis prae- nei libri liturgici; è d'o bbligo. invece, ri-
scriptum; debent autem esse divi- servarli esclusivamente al culto divino, te-
no tantum cultui reservata et ab nendoli liberi da ogni uso domes tico.
omnibus domesticis usibus libera.
4434 4) Una norma comune per gli oratori e per le cappelle private
1229 (1196*) Non è co nsentita la dedicazione degli oratori e delle ca ppelle priva te,
né, d'altra parte, è prescritta la loro benedizione costit utiva. L' attuale ca none dice sol-
tanto che è conveniente (conve nit) benedirli secondo il rito approv ato nei libri liturgici.
Tutt avia, indipendentemente dalla benedizione, sia gli oratori che le cappelle private
devono essere riservati esclu sivamente al culto divino, per cui non è ammesso alcun uso
privato o domestico. È quest a una limitazione di carattere pubblicistico al diritto di
proprietà privata, che deriva dal fatto stesso che gli oratori e le cappelle private sono
destinate al culto, mediante la licenza dell'Ordinario compet ente.
Il mini stro della benedi zione degli oratori è l'Ordinari o; delle cappelle pri vate,
l'Ordinario del luogo. Ess i posson o affi dare tale incari co a qualsiasi presbi tero
(can. 1207).
I santuari 483
CAPITOLO III
I SANTUARI
CAN. 1230 - Sanctuarii nomine Col nome di santuario s' intende una
intelleguntur ecclesia vel alius 10- chiesa o altro luogo sacro, al quale i fede-
cus sacer ad quos, ob peculiarem li, per un particolare motivo di pietà, si
pietatis causam, fidelesfrequentes, recano in pellegrinaggio in gran numero ,
approbante Ordinario loei, pere- con l'approv azione dell' Ordinario del
grinantur. luogo.
Istruzione CEI IO apr ile 1992, n. 109: "Col nome di cappella privata s ' intende il luogo
destinato. su licenza dell 'Ordinario del luogo, al culto divino in favore di una o più persone fisiche
(cfr. can. 1226) . Per celebrare la Messa o altre sacre funzioni in una cappe lla privata, si rich iede
la licenza dell'Ordinario del luog o (cfr. can. 1228).
La respon sabilit à amm inistrativa ed econom ica della cappe lla spe tta alla pers ona fisica che ne
è prop rietari a, fermo restando il diritto dell 'Ordinario diocesano di esercitare il propr io pote re di
vigi lanza (cfr . ca n. 12 13)" .
I santuari rappresentano un capitolo nuovo nella normativa del Codice attuale sui
luoghi sacri. La loro figura era per altro delineata chiaramente nella dottrin a ed anche
in un docum ento ufficiale della Santa Sede, un "Rcsponsum" della S. Cong regazione
degli Stud i, in data 8 febbraio 1956' .
Per le norme dettale dalla Conferenza Episcopale Italiana circa i santuari e i pel-
legrinaggi che vi si compiono, v. il document o "Pastorale del tempo libero e del turismo
in Italia" , 2 febbraio 1980, nn. 41-44 iEnchir. CEI, voI. 3, pp. 54-56, nn. 78-81).
I Nel det to "Resp onsum " è riportata la definizi one di sa ntua rio. app rovata da Pio XII:
«Sanctuarii nom ine intelli gitur ecc lesia se u aedes sacra di vino cultui publice exe rcendo dica ta, qu ae
ob pecul iarem pietatis ca usa rn (ex. gr. ob imagi nem sac ram ibi venerata rn, ob reliq uiam ibi
conditam, ob m iraculum quod Deus ibi operatus est, ob peculiarem indulge ntiaIO ibi lucrand arn ),
a fidelibu s constituìtur meta peregrin ati onum ad gratias impe trandas ve! vota solvenda» (X. OCHOA,
Leges Ecclesiae, Il, n. 2558, col. 3455) .
484 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa
dell'autorità ecclesiastica è successiva: viene data, per motivi di prudenza, solo dopo
una prolungata sperimentazione dei fatti e una loro attenta e ponderata valutazione. La
prima approvazione è, in genere, dell'Ordinario del luogo: senza di essa, non si ha il
santuario in senso proprio, ossia in senso giuridico. I santuari che sono tali per antica
tradizione, non hanno bisogno dell'approvazione dell'Ordinario del luogo.
4438 Varie specie di santuari
1231 I santuari possono essere diocesani, nazionali e internazionali.
r santuari diocesanihanno l'approvazione dell'Ordinario del luogo; quelli nazionali,
della Conferenza Episcopale; quelli internazionali, della Santa Sede.
Ovviamente, il santuario internazionale suppone l'affluire di fedeli da ogni parte del
mondo (Lourdes, Pompei, Loreto). Nel Santuario nazionale, i pellegrinaggi sono a ca-
rattere nazionale; in quelli diocesani, a carattere locale.
2. Norme varie
Poiché numerosi santuari sono affidati alla cura d'Istituti religiosi o similari, durante la
reda zione del nuovo Codice alcuni prop osero che venissero determinati i diritti di tali Istituti
e le loro relazioni con l'Ordinario del luogo . Ma i Consultori del Gruppo di Studio " De loci s
et de temporibus sacris deque cultu div ino" ritennero quasi all'unanimità che tale determina-
zione non fosse nece ssaria. poiché , anche relativamente ai santuari, i rapporti fra l'Ordinario
del luogo e gl'Istituti sono soggetti alle norme comuni (Commumcationes, a. 1980, pp. 343-
344. can . 26).
4442 Nei santuari va anche favorita la pratica della pietà popolare. Sulla importanza di
tale pietà ha insistito Paolo VI nella Esort. Ap. Evangelii nuntiandi dell'8 dicembre
1975, n. 48:
- La religiosità popolare è oggi un po' dappertutto l'oggetto di una riscoperta... Essa ha
certamente i suoi limiti. E frequentemente aperta alla penetrazione di molte deformazioni della
religione, anzi di superstizioni ... Ma se è ben orientata, soprattutto mediante una pedagogia di
evangelizzazione, è ricca di valori. Essa manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri
possono conoscere. Rende capaci di generosità e di sacrificio fino all'eroismo, quando si tratta di
manifestare la fede. Comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la
provvidenza, la presenza amorosa e costante. Genera atteggiamenti interiori raramente osservati
altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli
altri, devozione. A motivo di questi aspetti, Noi la chiamiamo volentieri "pietà popolare", cioè
religione del popolo, piuttosto che religiosità (Insegnamenti di Paolo VI, vol. XIII, p. 1463).
4444 3. Le basiliche
Il Codice attuale non accenna alle basiliche, a cui invece il Codice anteriore dedi-
cava il can. 1180*.
Le basiliche sono chiese insigni per antichità, celebrità o magnificenza. Le quat-
tro patriarcali romane: S. Giovanni in Laterano, S. Pietro in Vaticano, S. Paolo fuori
le Mura e S. Maria ad Praesepe, si chiamano maggiori. Le altre son dette minori.
Affini alle maggiori sono le Chiese di S. Francesco e di S. Maria degli Angeli in
Assisi.
La normativa sulle basiliche è contenuta nel Decreto della Congregazione dei Riti
Domus Dei decorem, 6 giugno 1968: X. OCHOA, Leges Ecclesiae, III, n. 3663, colI.
5383-5385.
4452 6. La proprietà del sacro edificio: «La proprietà di un edi ficio di culto può
essere diversamente intest ata nei registri immobiliari:
- A un ente ecclesiastico (es. diocesi, parrocchia, ente chiesa, capi tolo . istituto
di vita co nsacrata, confraternita, seminario o altro ente);
- A un ente pubbli co (es . dem anio, Fondo ed ifici di culto , comune, IPAB o
altro ente);
A una persona giuridi ca privata ;
- A una persona fisica» (n. 92, I).
4453 7. L 'eventuale convenzione: «Nel caso che il soggetto proprietario della chiesa sia
distinto dalla comunità di fedeli che ne ha l'uso e vi celebra la liturgia, il che si verifica
in ogni caso quando il proprie tario è una persona fisica o un ente non ecclesiastico, si
rende necessaria tra le parti una convenzione per la concessione in uso dell 'edificio di
culto alle cond izioni da determinarsi.
Il proprietario infatti non può sottrarre l'edificio alla destin azione di culto. a
norm a dell'art. 831 del Codice Civile. Né d'altra parte è ipotizzabiIe che lo stesso
propri etario dell' edificio abbia la " gestione" del culto, dato il pri ncip io che il sogget-
to che celebra la sacra liturgi a può essere soltanto una comunità di fedeli in comu-
nione con il Vescovo diocesano. Resta pertanto come unica possibilità che il soggetto
proprietario conceda l'edificio in uso alla comunità di fedeli designata dal Vescovo
per l'esercizio del culto» (n . 92, 2· 3).
4454 8. La personalità giuridi ca nell 'ordinam ento canoni co: «Nell' ordi namento ca-
nonico vigente fino al 26 novembre 1983, tutte le ehiese erano person e morali per
disposizione stess a del diritto ritenute pubbli che dalla più autorev ole dottrina. Con
l' entrata in vigo re dell 'attuale Codi ee di Diritto Canoni co, le nuove chiese sono
persone gi uridiche pubbli che se erette come tali con form ale decret o dell' autor ità
ecclesiastica . Alcune chiese hann o com e funzione pasto rale prevalente la ce lebrazio-
ne dell a liturgia da parte di una parrocehia o di altra persona giuridica pubbli ca: tali
chiese si dico no annesse a una persona giuridica. Altre chiese invece, denom inate
rettorie (can. 556), sono desti nate al culto pubblico per i fedeli di tutt a la diocesi con
una finalità pastorale specifi ca determinata dal Vescov o: per queste è nece ssaria
l'erezione in persona giuridica pubbli ca» (n. 93, I).
4455 9. L' ordinamento italiano: «Nell' ordinamento italiano occo rre distinguere:
- Le chiese annesse ad altra persona giuridica che sia civilmente riconosciuta
come ente ecclesias tico non possono in futuro essere riconosciute civilmente (cfr. art. Il
della Legge 222/ 1985);
- Le altre chiese invece possono ancora essere ricon osciut e ai se nsi dell' art. Il
della Legge 222/1985 se già non lo sono: anzi è bene che il Vesco vo rich ieda tale
rico nosci mento, in modo che sia individuato un soggetto responsabile dell ' attiv ità di
culto» (n. 93, 2).
4456 IO. La responsabilità pastorale ed economica: «La respon sabilità pastorale di una
chiesa compete al sacerdote denomin ato comunemente "rettore" o con altro titolo secon-
do la diversa qualificazione pastorale della chiesa stessa.
La responsabilità econom ica di una chiesa compete al rettore (se questa ha la
personalità giuridica) o all'amministratore dell 'ente ecclesiastico cui la chiesa è annessa
(se questa non ha la personalità giuridica); in questo secondo caso l' ammin istrazione
dell' attività di culto è assorbita nell' amministrazione dell'ente ecclesiastico cui la chiesa
è annessa» (n. 94).
Chiese. oratori c santuari 489
4476 2. L' autorità competente: «L' autorità comp etente per la qua lificazione com e "sa n-
tuario" di una ehiesa o altro luog o sac ro e per l' approvazione degli statuti del medesimo
santuario è "Ordinario del luogo per i santuari diocesani , la Con feren za Episcopale per
i santuari nazionali e la Santa Sede per i santuari intern azionali (cf r. can. 1232, § l,
delibera CEI, n. 34)>> (n. 102, 2).
4477 3. Funzione pastorale del santuario: «La funzione pastorale del santuario è l' eser-
cizio del cult o da parte dei fedeli di tutta una diocesi (o nazion e o chiesa universale ) e
pertanto la chiesa -santuario non può considerarsi chiesa annessa a un istituto religioso
o a una determin ata comunit à di fedeli. anche se quest o ente è prop rietario dell 'immo-
bile» (n. 102. 3).
4478 4. Condizione giuridica e statuto: «La condizio ne giuridica dell a chiesa quali ficata
santuario è pari a quell a delle altre rettorie con person alità giuridica canonica, salvo
quanto previ sto dai cann. 1230-1234 e dagli statuti propri del santu ario.
Ogni santuario deve avere uno sta tuto app rovato dall ' autorità comp etente a norma
del ca n. 1234, § I» (n. 103 , I).
4479 5. La vigilanza da parte dell'autorità ecclesiastica: «II santuario è sotto la specia le
vigila nza dell 'autorità ecclesiastica che ha approvato lo statuto, anche perc hé l' esercizio
del culto in tale luogo riguarda i fedeli di tutta la diocesi (o nazione o chiesa uni versale);
com pete alla medesima autorità anche la tutela sull' amministrazione dei ben i del san-
tuario» (n. 103, 2).
4480 6. L 'approvazione dello statuto: «Nel caso che un santuario si trovi attualment e in
una situazione di fatto diversa da quella prevista dalla norm ativa vigente. il Vesco vo
diocesano pro vveda, a nonna del can . 1232, § I, ad approvar e uno statuto redatto
secondo i principi sopra indicati , e a chiedere il ricono scimento civile della person alità
giuridica se il santuario già non l' abbi a» (n. 103, 3).
4481 7. Santuario in senso lato: «La denomin azione "santu ario" in senso lato può essere
conservata, per motivi storici e trad izionali, anche per quelle chiese e luogh i che non
siano qualificati santuari o in senso strettamente giuridico a norma dei cann . 1230-1234»
(n. 103,4).
4482 8. Santuari sede di una parrocchia: «La qualificazione di una chiesa sede di una
parro cchia come "s antuario" significa il riconoscimento da parte del Vescovo che la
chiesa ha come funzion e pastorale prevalente la celebrazione del cult o da parte dei fedeli
che si reca no in pellegrinaggio rispetto alla celebrazione della comun ità parrocchiale.
In caso contrario la chiesa sarebbe qualificata chiesa parrocchial e e potrebbe essere
denominata "sa ntuario" in senso lato, non giurid ico.
Sarà di competenza del santuario provvedere alla custodi a e manut enzione dell'edi-
ficio di culto , all' eserciz io del culto (a ecce zione delle celebrazioni parro cchiali) e alla
pastorale di accog lienza dei pellegrini. Sarà invece di compe tenza dell a parroc chia prov-
vedere alla custodia e manutenzione dci locali parrocchiali, alle celebrazioni parrocchiali
e all ' atti vità pastorale della comu nità parroc chiale» (n. 104).
4483 9. Santuari affi dati a istituti religiosi o a società di vita apostolica: «Il Vescovo
dioc esano può affidare la retto ria di un santuario, per statuto o mediante con venzione,
a un istitut o religioso clericale o a una socie tà clerical e di vita apo stolica e d isporre
"assegnazione al medesimo istitut o di una parte delle offe rte ricevut e dai pellegrini.
Nel caso che il Vesco vo dioc esano intend a affidare a un istituto religioso cleri cale
o a una società cleri cale di vita apostolica un santuario che sia anche sede di una
parrocchi a, do vrà fare con l'istituto una specia le co nvenzione. che prevede il duplice
affidamento del santuario e della parrocchia come persone giuridiche ben distint e, con
due distinte amministrazioni.
Chiese. oratori C santuari 493
4489 3. Le competenze pastorali: «Per qu anto riguar da l'Immediata responsab ilità pasto-
rale, occ orre distingu ere. Secondo i vari casi essa compete :
- Se chiesa parrocchi ale annessa alla parrocch ia: al parroco ;
- Se chi esa annessa al capitolo: al cano nico che ha la respon sabilità dc i culto a
norm a dello statuto capitola re;
- Se chies a annessa a un a casa di un istituto religioso clericale o di una soci età di
vita apo stoli ca: al superiore dell a casa (que sti, pur essendo den ominato comunemente "ret-
tore ", non è rettore nel sen so proprio del can. 556 e perciò non è nominato dal Vescovo);
- Se c hies a annessa a un a casa di un istituto religi oso laicale o femm in ile o di
una soc ietà laicale o femm inile di di vit a apo stolica o di un istituto sec ol are: al rett ore
nom inat o dall'Ordin ario diocesano . Il Codice preved e c he sia retto re il ca ppe lla no
stesso de lla casa reli giosa , a men o che la cura della co mu nità o dell a chi esa non es iga
altra scelta (cfr. can . 570) , e ch e l'Ordin ario del luog o non proceda alla nomi na dci
cappell an o senza ave r co ns ultato il superiore , il quale ha il di ritt o, se ntita la co mu-
nità , di proporre qu alche sa ce rdo te (c fr. ca n. 567, § I);
- Se chiesa annessa a una confraterni ta: al rettore nom inato dall'Ordin ario dioce-
sano (q uest i dov rebbe esse re lo stesso ca ppellano dell a co nfraterni ta, a meno che la cura
dell a co munità o dell a chiesa non esiga altriment i);
- Se chiesa annessa a un seminario o ad altro ente ecc lesias tico: al rett or e nomi-
nato dal Vescovo diocesano (questi dovrebbe essere lo stesso rettore del sem inario o del
collegio retto da chierici cui la chiesa è anne ssa, a meno che il Vescovo dio cesano non
abbia stabil ito altrimenti );
- Se chiesa ann essa a una parrocchia: al parroco» (n. 107, 3).
CAPITOLO IV
GLI ALTARI
CAN. 1235 - § 1. Altare, seu mensa § I . L' altare o mensa sulla quale si
super quam Sacrificium eucharisti- celebra il Sacrificio eucaristico, si dice
cum celebratur,jixum dicitur, si ita fi sso se è costruito in modo che faccia
exstruatur ut cum pavimento co- corpo col pavimento, sì da non poter
haereat ideoque amoveri nequeat ; esse re rimosso; si dice mobil e. se è tra-
mobile vero, si transferri possit. spo rtabile.
§ 2. Expedit in omni ecclesia al- § 2. È conveniente che in ogni chiesa vi
tare fixum inesse; ceteris vero in sia un altare fisso ; negli altri luoghi desti-
locis, sacris celebrationibus desti- nati alle celebrazioni sacre, l' altare può es-
natis, altare fìxum vel mobile. sere fisso o mobile.
Fra gli accessori di una chiesa o di un oratorio, sono da notare l'ambone per
l' annu nzio dell a Parola di Dio, i confessionali, l' organo, le campane, i quadri, le statue,
il fonte battesimale nelle chiese parrocch iali, ecc. Ma l' elemento esse nziale è l'altare, su
cui viene offerto il santo Sacrificio. Esso è il centro verso il quale tutto converge. Attesa
la sua dignità e la sua importanza, il Codice attuale, come quello anteriore, vi dedica un
capitolo a sé.
CAN. 1236 - § 1. Iuxta traditum § l. Seco ndo l' uso trad izion ale della
Ecclesiae morem mensa altaris fixì Chiesa , la mensa dell' altare fisso sia di
sitlapidea, et quidem ex unico lapi- p ietra, e tal e da essere co sti tu it a da
de naturali;attamen etiam aIia ma- un' unica lastra naturale ; a giudi zio de lla
teria digna et solida, de iudicio Epi- Co nfere nza Ep iscopale, tutt avia, si può
scoporum conferentiae, adhiberi adoperare anche un' altra materi a decoro-
potest. Stipites vero seu basis ex sa e solida . Gl i stipiti o base in vece, pos-
qualibet materia contici possunt. so no ess ere di qu alsiasi materia.
§ 2. Altare mobile ex qualibet § 2. L 'altare mobil e può essere cos truito
materia solida, usui liturgico con- con qualsiasi materia solida, co nveniente
gruenti, extrui potest. all' uso liturgi co .
- L'altare è la mensa privilegiata del Sacrificio e del Convito pasquale : ara. sulla quale
viene perpetua to misteriosamente nei secoli il Sacrificio dell a Croce; mensa. attorno alla quale si
riuniscono i figli della Chiesa, per rendere grazie a Dio e ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo
(n . 4, 2).
- L'altare è Cristo: vittima, sacerdote e ara del suo Sacrificio (n. I) .
- Altare sono anche i fedeli, associati al Sacrificio di Cristo, mediante l ' offert a di una vita
santa (n. 2) .
- Per sua stessa natura, l' altare, anche se eretto in onore dei Santi, è dedi cato a Dio solo,
perché soltanto a Dio viene offerto il Sacrificio e ucaristico (n. IO. I).
2. La normativa
CAN. 1237 - § 1. Altaria tixa dedi- § 1. Gli altari fissi devono essere dedi-
canda sunt, mobilia vero dedicano cati; quelli mobili. invece, dedicati o be-
da aut benedicenda, iuxta ritus in nedetti, secondo i riti prescritti nei libri
Iiturgicis lìbris praescriptos. liturgici .
§ 2. Antiqua traditio Martyrum § 2. Conformemente alle norme stabili-
aliorumve Sanctorum reliquias te nei libri liturgici, si conservi l'antica
sub altari flxo condendi, servetur, tradizione di riporre sotto l'altare fisso
iuxta normas in Iibris Iiturgicis delle reliquie di Martiri o di altri Santi.
traditas.
La Conferenza Epi scop ale Italiana ha già deci so in merito. disponendo che «la men sa
dell'altare fisso sia co stituita normalmente da un so lo blocco di pietra na turale, sal va la pos-
sibilità. con l'approvazione dell'Ordinario del luogo e sentite le Commissioni dioce sane per la
Liturgia e per l'Arte Sacra, di adope rare anche altre materie degne . sol ide e ben lavorate ,
pur ché conve nienti per qualità e funzional ità all 'uso liturgico» (Delibera n. 35. 18 april e 1985:
Enchir. CEI, vol. 3, p. 1320. n. 2290 ).
Gli stipiti o base dell ' altare possono essere di qualsiasi mater ia adatta.
Similmente, l'altare mobile può essere costruito con qualsiasi materia solida, con-
veniente all' uso liturgico.
- La dignità dell'altare deriva dal fatto che esso è la mensa del Signore. Non sono dunque
i corpi dei Martiri che onorano l' altare, ma è l' altare che piuttosto dà prestigio al sepolcro dei
Marti ri. Proprio per onorare i corpi dei Martiri e degli altri Santi, come pure per indicare che il
sacrifi cio delle membra trae principio e significato dal sacrificio del Capo, conviene che l'altare
venga eretto sui sepolcri dei Martiri. o che sotto l'altare siano deposte le loro reliquie. in modo che
«queste vittime trionfali abbiano il loro posto ave Cristo si offre vittima. Egli però sta sopra l'altare.
poiché ha patito per tutti; essi invece, redenti dalla sua passione, sono collocati sotto l'altare»
iEnchir. Vaf., voI. 6, p. 185, n. 235).
CAPITOLO V
I CIMITERI
il quale precisava inoltre che i cadaveri non potevano essere seppelliti "prope altare" se
non a un metro almeno di distanza: «secus Missam in altari celebrare non licet, donec
cada ver removeatur». Nel caso che la rimozione del cad avere do vesse pro vocare un
grave risentimento della famigli a dci defunto, la dispo sizione "ex quad am epikéia" non
urge. La distanza di "un metro " moraliter sumptum (S.c. dei Riti, Decreta authentica,
n. 3944, 12 gennaio 1897), s'intende dall'angolo dell' altare (S.C . dei Riti, 25 ottobre
1942: X. OcHOA, Leges Ecclesiae, Il, n. 1715, coli. 2144-2145).
Il divieto non comprende i cadaveri sepolti in un vano sottostante, ossi a nella
cosiddetta "cripta" (S.c. dci Riti, 27 luglio 1878, Decreta authentica, n. 3460).
La voce "cimitero", derivata da! greco , significa in senso letterale "dormitorio", e 4509
in senso traslato "luogo di riposo". E il luogo in cui vengono deposti, per inum azione
o per tumulazione, i resti mortali dei defunti. Cristianamente, ci ricorda S. Giovanni
Crisostomo, ne) cimitero noi siamo "solo assopiti", e da esso il Signore ci richiamerà
per la vita eterna (In coemeterii app ellationem : P.G., 49 , 393).
Durante il periodo grec o-romano, i cimiteri comuni esiste va no in gen ere per i
poveri. Per i ricchi , invece, si costruivano tombe e monumenti scpolcrali, allineati di
regola fuori della città, lungo le vie di grande comunicazione. l primi cimiteri cristia-
ni di carattere comune furono le "catacombe" , ricavate in gallerie sotterranee. Nel suo
"Apologeticum" della fine del Il secolo, Tertulliano atte sta che , in ogni comunità. i
"fratelli" contribuivano mensilmente per il sostentamento e la sepoltura dei poveri
(39, 6). Dopo la pace costantiniana, i cim iteri presero a costruirsi in cortili o giardini
anne ssi ai luoghi sacri o anche nei locali sotto stanti.
Considerata la loro natura , i cim iteri furono consider ati luoghi religio si e quindi
sotto mess i alla disciplina ecclesiastic a. Solo nel sec . XVIII cominciò la loro
laicizzazione, per cui l'autorità su di essi passò esclusivamente allo Stato.
Schema esaminato nel dicembre del 1979 dal Gruppo di Studio «De loci s et de
temporibus sacris deque cultu divino». Ma i Padri Consultori decisero a maggioranza di
sopprimerla. Questo, tuttavia, non significa che la Chiesa abbia rinunziato al suo diritto
(Communicationes, a. 1980, pp. 348-349, can . 31). Di fronte alle legislazioni civili , che
non riconoscono tale diritto, la Chiesa ha preferito non farne più menzione, ma esso
rimane intatto: resta compreso nel diritto generale della Chiesa di possedere beni tem-
porali, indipendentemente dalla potestà civile, per conseguire i suoi propri fini, a termine
del can. 1254.
Tenendo conto della situazione di fatto, il legislatore prospetta tre soluzioni:
l ? Dove sia possibile, ossia dove sia consentito dalla legge civile, la Chiesa abbia
dei cimiteri propri, per la tumulazione dei fedeli defunti.
2° Se questo non sia possibile , si abbiano almeno degli spazi particolari , compresi
nei cimiteri civili.
4512 Cimiteri e spazi particolari vanno benedetti secondo il rito.
3° Se neppure questo possa ottenersi, si benedicano di volta in volta, secondo il
rito, i singoli tumuli .
4513 Attesa la loro destinazione, i cimiteri e le tombe son considerati per sentimento
universale "luoghi sacri" . Ma non sono tali in senso strettamente canonico, se non
ricevono la benedizione liturgica costitutiva, ai sensi del can. 1205. La benedizione di
un nuovo cimitero è riservata all'Ordinario del luogo (S .C. dei Riti , Istr. lnter
oecumenici, 26 setto 1964, n. 77: Enchir. Vat., vol. 2, p. 343, n. 287).
Relati vamente ai cimiteri parrocchiali, bisogna tener presente il ean. I 180, § I. il qual e
prescrive che siano tumulati in esso i fedeli defunti apparte ne nti alla parrocch ia, tranne che sia statu
scelto legittimamente un altro cimitero.
Il can. 121 I del Cod ice precedente faceva obbligo agl i Ordinari dei luoghi. ai parroci e ai
superiori interessati, di aver cura che gli epitaffi dei cimiteri, gli elogi funebri e le decorazioni dei
monumenti non contenessero nulla che fosse in contrasto con la religione cattolica e con la pietà.
Per altre norme del Cod ice anteriore, da inserire eventualmente, servatis servandis, nel diritto
particolare , v. cann. 1209-1210. 1212-1214 .
I Vescovi diocesani e anche Presuli ad essi equiparati: Prelati e Abati territorial i e inoltre
Vicari e Prefetti apostolici e Amministratori di ammini strazione apostolica stabilmente eretta (can.
368). se il deces so di questi ultimi avvenga "durante mùnere".
50 2 LIBRO IV • Il "m unus sanctifi candi" ddla Chic, a
I Trattandosi di una norma giuridica, il Codice non fa distinzi one tra "so lennità" e "fes te", e
parla so lo di "dies festi" , L'accennata distinzione ha solo un valore liturgico (Cammunicationes. p.
166, De temp oribus sac ris).
l tempi sacri 503
Titolo II
I tempi sacri
CAN. 1244 - § 1. Dies festos itern- § I. Stabilire, trasferire o sopprime re i
que dies paenitentiae, universae giorni di festa e, similmente, i giorni di
Ecclesiae communes, consti tue re, peniten za comuni a tutta la Chiesa, spetta
transferre, abolere, unius est su- unicamente all a suprema autorità della
premae ecclesiasticae auctoritatis, Chiesa stessa, fermo restando il disposto
firmo praescripto can. 1246, § 2. dcI can. 1246 , § 2.
§ 2. Episcopi dioecesani peculia- § 2. I Vescovi diocesani possono indire
res suis dioecesibus seu Jocisdies fe- particolari giorni di festa o di peniten za
stos aut dies paenitentiae possunt, per le loro diocesi o luoghi, ma solo per
per modum tantum actus, indicere. modum actus.
- Stabilire
- Trasferi re
- Soppri mere
i giorni di festa e, similmente, i gio rni di penitenza, com uni a tutta la Ch iesa.
Delle particolari facoltà attribuite alle Conferenze Episcopali. si dirà nei cann. 1246, § 2, e 1251.
CAN. 1245 - Firmo iure Episcopo- Fermo restand o il diritto dei Vescovi
rum dioecesanorum de quo in can. diocesani, di c ui al can. 87, il parro co, per
87, parochus, iusta de causa et se- una giusta cau sa e in conformità alle di-
cundum Episcopi dioecesani prae- spos izioni del Vescovo diocesano , può in
scripta, singulis in casibus conce- singoli casi dispensare dall ' obbli go di os-
dere potest dispensationemab obli- servare il giorno festivo o di peni tenza,
gatione servandi diem festum vel oppure commutarlo in altre opere pie; ]0
diem paenitentiaeautcommutatio- stesso è consentito anche al Superiore di
nem eiusdem in alia pia opera; id- un istituto religioso o di una società di
que potest etiam Superior instituti vita apostolica , se sono cleric ali di diri tto
religiosi aut societatis vitae aposto- pont ificio, rispetto ai propri sudditi e agli
Iicae,sisintclericaliaiuris pontificii, altri che vivono giorno e notte nella loro
quoad proprios subditos aliosque casa.
in domo diu noctuque degentes.
4527 La dispensa e. similmente. la commutazione, può essere concessa ai propri fedeli sia nell' am-
bito della parrocchia che fuori di essa : di persona, per lettera, per telefono. per mezzo di terze
persone, ecc. Nell' ambito della parrocchia, possono godere della dispensa o della commutazione
concessa dal parroco anche i forestieri e i girovaghi (can. 9 1). A termine del dello canone, «chi
gode della facoltà di dispensare, può esercitarla validamente... anche verso se stesso».
4528 La facoltà attribuita ai parroci è concessa anche ai Superiori, sia maggiori che
locali, d'I stituti religiosi o di Società di vita apos tolica di diritto pontificio e cleri ca li,
limitatamente ai propri sudditi e agli altri che vivono giorno e nolie nelle propr ie case .
4530 I) La domenica e gli altri giorni f estivi di precetto per diritto universale
1246, § 1 (/247 *) Seg uendo il Co ncilio Vaticano Il, che ha inteso res tituire al
"giorno del Signore" tutta la sua dignità e la sua importanza , il ca none prese nta la
domenica come "il pri mordiale giorno festivo di precetto", da oss er varsi in tutta la
Chiesa, poiché in ess o si ce lebra, fin dai temp i apostolici, il Mis tero Pasqu ale della
Passione, Morte, Risu rrezione e Glori a de l Signore. La dome nica «è il fondame nto
e il nucleo ce ntrale di tutt o l' anno liturg ico» (Sacrosanctum Concilium, n. 106). È
que sto se nso pasqu ale che deve co ntrassegnare la ce lebrazione dell a dome nica da
parte de l cris tiano, che, in que l gio rno, non adempie la semplice obb ligazione
natu rale di re nde re a Dio il culto dovuto, ma onora Dio con Cristo e attraverso
Cr isto .
4531 Sono ino ltre giorni festivi a tutti gli effetti die ci particolari solen nità , le più
importanti e signi ficative dell ' anno liturgico:
lO La Natività di N.S. Gesù Cristo: 25 dicembre
20 L' Epifania del Signore: 6 gennaio
30 L' Ascensione: giovedì successivo alla VI domenica di Pasqua
4 0 Il 55 . Corpo e Sangue di Cristo: giovedì dopo la 55. Trinità
5 0 La Santa Madre di Dio Maria: ) 0 gennaio (la precedente festa della Circoncis ione del
Signore)
I giorn i di fcsur 505
CAPITOLO I
I GIORNI DI FESTA
6°
L' Immac olata Concezi one: B.d icembr e
70
L ' Assun zione di Maria : 15 agosto
8°
S. Giuseppe: 19 marzo
9°
SS . Apostoli Pietro e Paolo: 29 giugno
10° T utti i Santi: Io novem bre
CAN. 1247 - Die dominica aliis- La domenica e gli altri giorni festivi di
que diebus festìs de praeceptofide- precetto, i fedeli hanno l'obbligo di parte-
les obligatione tenentur Missam cipare alla Messa; si astengano inoltre da
participandl; abstineant insuper quei lavori e da quelle attività che impe-
ab iIIis operibus et negotiis quae discano il culto dovuto a Dio, la letizia
cultum Deo reddendum, laetitiam propria del giorno del Signore o il giusto
diei Domini propriam, aut debi- riposo della mente e del corpo.
tam mentis ac corporis relaxatio-
nem impediant.
CAN. 1248 - § 1. Praecepto de § l. Soddisfa al precetto di partecipare
Missa participanda satisfacit qui alla Messa chi vi assiste dovunque venga
Missae assisti t ubicumque cele- celebrata in un rito cattolico, sia nello
bratur ritu catholico vel ipso die stesso giorno festivo sia la sera del giorno
Cesto velvespere diei praecedentis. precedente.
§ 2. Si deficiente ministro sacro § 2. Se, per la mancanza del ministro o
aliave gravi de causa participatio per altra grave causa, la partecipazione alla
eucharisticae celebrationis impos- celebrazione eucaristica diventi impossi-
sibilis evadat, valde commendatur bile, si raccomanda vivamente ai fedeli di
ut fìdeles in liturgia Verbi, si quae prendere parte alla liturgia della Parola, se
sit in ecclesia paroeciali aliove sa- ne venga celebrata qualcuna nella chiesa
cro loco, iuxta Episcopi dioecesani parrocchiale o in altro luogo sacro, secon-
praescripta celebrata, partem ha- do le disposizioni del Vescovo diocesano,
beant, aut orationi per debitum oppure di attendere per un conveniente spa-
tempus personaliter aut in Camilia zio di tempo alla preghiera, personalmen-
vel pro opportunitate in familia- te o in famiglia o, secondo l'opportunità,
rum coetibus vacent. in gruppi di famiglia.
, Il Codice parla sempre di "partecipazione" alla Messa . In questo canone, tutt avia, usa il
verbo "assi stere" : volutarnente, poiché s'indica in tal modo che, per soddisfare al precetto, è
necessario almeno assistere alla Messa (Communicationes. a. 1980, p. 362. can, 47 ).
, Da tener presente il n. 47 del Direttorio Ecumenico del Segretariato per l'unità dei cristiani.
parte I, 14 maggio 1967: «Il fedele cattolico che occasionalmente, pcr le cause di cui più avanti,
al n. SO, assiste alla Messa presso i fratelli orientali e separati, nei giorni di domenica o di precetto,
non è più obbligato ad ascoltare la Messa di tale precetto in una chies a cattolica. Anzi è opportuno
che i cattoli ci, nei suddetti giorni, se impediti di ascoltare la Messa nella propria chiesa, assistano,
per quanto è possibile. alla liturgia dei fratelli separati» iEnchir. Var.• vol. 2, p. 1035, n. 1240).
Le cause o motivi a cui si accenna nel n. SO: «La presenza dei cattolici al culto liturgico dei
fratelli orientali separati può essere ammessa per giusto motivo: ad esempio, per il pubblico ufficio
o funzione che esercitano. per la parentela, per l'amicizia o anche per il desiderio di una migliore
conoscenza, ecc .».
I giorni di resta 507
orato rio, in una cappella ci miteriale, in una cappella privata (precedentemente , le cap-
pelle pri vat e, dette o ratori privati, erano escluse: can . 1249, Codice 1917 ).
- Sia nello stess o gio rno festivo sia nell e ore ves pertine de l giorno precedent e
tCommunicationes, a. 1983, pp . 151-15 2, can. 1199) , in confo rmità co n la norma litu r-
gica: «Il gio rno litu rgico deco rre dall a mezzan ott e alla mezz anotte, ma la ce lebrazione
della domeni ca e delle solennità ha inizio il ves pro precedente» (Calendario Romano,
n. 3, 2), ossia, secondo un a fond ata interpretazione , «ab hora secunda po st meridiems".
Avverte l'I str, Euchari sticum Mysterium della Congregazione dci Riti, 25 maggio 1967, n. 28, 4536
l : «Nei luoghi in cui è consentito di soddisfare al precetto della Messa domenicale la sera del
sabato precedente, i pastori abbiano cura d'istruire i fedeli sul significato di questa concessione, sì
che il senso della domenica non venga in qualche modo oscurato. Infatti questa concessione vuole
mettere in grado i fedeli, nelle circostanze attuali, di celebrare più facilmente il giorno della
Risurrezione del Signore» (Enchir. Vat., voI. 2, p. 1119, n. 1328).
L'obbligo di assistere alla S. Messa è grave e sarebbe stato opportuno affermarlo in modo 4537
espresso, com'era stato richiesto da più parti (Communicationes. a. 1980, p. 36 1, can, 46). Solo nel
successivo can. 1248, § 2, l' obbligo grave risulta indirettamente, dall'espressione "gravi de causa".
A nonna del can. II, non sono tenuti all'obbligo della partecipazione alla S. Messa i ragazzi 4538
che non hanno compiuto i sette anni di età. e quanti, anche dopo tale età, non godono di un
sufficiente uso di ragione' .
2° L'astensione dal lavoro, In ordi ne a tale astensione nell ' ordin am ento an teriore 4539
si distingueva, secondo la clas sificazione trad izionale, fra lavo ri servi li, o pere liberal i,
fo rensi, civili e comuni. Un tale criterio risultava ormai superato, per cu i il can . 1247
de l nuo vo Co dice prescr iv e in modo più semplice e razionale di astenersi da qua lsias i
lavo ro e attiv ità che imp edisca:
- Il culto do vuto a Dio
- La let izia prop ria del giorno del Signore
- Il g iusto riposo della mente e del corpo, necess ario per poter ritem prare le
proprie forze ed energie
Da notare. La celebrazione della domenica c delle solennità ha inizio il vespro precedente 4540
(Calendario Romano n. 3, 2). Ma l' astensione dal lavoro prescritta dalla legge riguarda il solo
giorno della domenica o della solennità, decorrente dalla mezzanotte alla mezzanotte (Communi-
cationes, a. 1980, p. 359, can, 44) .
1248, § 2 Il parag ra fo non co ntie ne un a prescrizion e giuridica , ma solo una esor- 4541
tazio ne pasto rale: se per la mancanza del min istro o per alt ra grave causa (im possi bilità
fisica o mor ale, nec essità gra ve e urgente, grave do vere di stato o di uffi cio. doverosa
ca rità vers o il prossimo , ecc .), la partecip azione alla S. Mes sa di venti impossi bi le, si
raccomanda vivamente:
- D i prendere parte alla liturgia della Pa rola, se mai venga cele brata nell a chiesa
parrocch iale o in altro luo go sac ro, seco ndo le disposizio ni del Vesco vo dio cesano
CAPITOLO II
I GIORNI DI PENITENZA
CAN. 1249- Omnes christifideles, Tutti i fedeli, ciascuno a suo modo, son
suo quisque modo, paenitentiam tenuti per legge divina a far penitenza; ma
agere ex lege divina tenentur; ut perché si uniscano insieme tra loro in una
vero cuncti communi quadam comune osservanza della penitenza, sono
paenitentiae observatione inter se prescritti dei giorni penitenziali, nei quali
coniungantur, dies paenitentiales i fedeli si dedichino in modo speciale alla
praescribuntur, in quibus christi- preghiera, compiano opere di pietà e di
fideles speciali modo orationi va- carità, pratichino l'abnegazione di sé,
cent, opera pietatis et caritatis adempiendo con maggiore fedeltà i propri
exerceant, se ipsos abnegent, pro- doveri e soprattutto osservando il digiuno
prias obligationes fidelius adim- e l'astinenza a norma dei canoni seguenti.
plendo et praesertim ieiunium et
abstinentiam, ad normam cano-
Rum qui sequuntur, observando.
CAN. 1250- Dies et tempora pae- Sono giorni e tempi di penitenza nella
nitentialia in universa Ecclcsia Chiesa universale i singoli venerdì del-
sunt singulae feriae sextae totius l'intero anno e il tempo di quaresima .
anni et tempus quadragesimae.
CAN. 1251 - Abstinentia a carnis Si osservi l'astinenza dalle carni o da
comestione vel ab alio cibo iuxta altro cibo , secondo le norme della Confe-
conferentiae Episcoporum prae- renza Episcopale, nei singoli venerdì del-
scripta, servetursingulisanni sextis l'anno, tranne che coincidano con una
feriis, nisi cum aliquo die inter sol- delle solennità indicate ; l' astinenza e il
lcmnitates recensitooccurrant; ab- digiuno, invece, sono da osservarsi il mer-
stinentia vero et ieiunium, feria coledì delle Ceneri e il venerdì santo della
quarta Cinerum et feria sexta in Passione e Morte di Nostro Signore Gesù
Passione et Morte Domini Nostri Cristo.
lesu Christi.
(, Durante i lavori di redazione del nuovo Codice , si discuss e in se no al Gruppo di Studio " De
locis et de ternporibus sacris dequ e cultu divino" se l'astinenza dovesse limitarsi alla carne, secondo
la tradizionale prassi dei cristiani, o comprendere invece alternativamente altri cibi. da determinarsi
dalle Conferenze Episcopali. Prevalse, quasi ad unanimità. il criterio dell'alternativa. in quanto
«l' astinenza dall'e carni rispondeva so lo alla cultura e ai costumi di alcuni popoli, per cui non
se mbrò opportuno imporla ad altri popoli, per i quali l'astinenza da qualche altro cibo costituisce
una penitenza maggiore» (Commulli catiolleS. a. 1980, p. 364, can . 48 quater),
7 Nulla si muta invece circa i voti delle persone fisiche o morali , e circa le costituzioni e le
rego le delle Congregazioni religiose o Istitut i approvati (ibidem) .
J g iorni d i penitenza 511
CAN. 1252 - Lege abstinentiae te· Sa n tenuti alla legge dell' astinen za co-
nenturqui decimum quartum aeta- loro che hanno compiuto il quattord icesi-
tis annum expleverint; lege vero mo anno di età; alla legge del digiun o,
ieiunii adstringuntur omnes aetate invece, tutti coloro che sono di età mag-
maioresusque adannum inceptum giore fino al sessantesimo anno iniziato. I
sexagesìmum, Curent tamen ani- pastori di anime e i genitori, tuttavia, ab-
marum pastores et parentes ut biano cura che anche i minori di età, i
etiam ii qui, ratione minoris aetatis quali non sono obbligati alla legge del di-
ad legem ieiunii et abstinentiae non giuno e dell' astinenza, sia no educati a un
tencntur, ad gcnuinum paeniten- genuino spir ito di penitenza.
tiae sensum informentur.
2° Restano giorni di astinenza dalle carni. secondo l'antica tradizione cristiana , tutti i venerdì
di quaresima (n. 2).
3° Negli altri venerdì dell 'a nno. non c' e stretto obbligo di aste nersi dalle carn i, e si lasc ia ai
fedeli libertà nella scelt a di altra opera di penitenza. in sostituzione di tale obbl igo . Può essere opera
penitenziale:
- L' astenersi da cibi particolarme nte desidera ti o costos i
- Un atto di carità spirituale o corporale
- La lettura di un brano della Sacra Scrittura
- Un esercizio di pietà preferibil mente a carattere familiare
- Un maggiore impegno nel portare il peso delle diffic oltà della vita
- La rinunzia ad uno spettacolo o divertimento
- Altri atti di mortificazione (n. 3).
La Conferenza Episcopale Italiana non ha emanato altre norme, per cui: 4553
- Qua nto all'astinenza, è da tener prese nte la legge che vieta l'u so della carne e,
in genere. di tutto ciò che ha diretta relazione con essa : sangue, grasso, estratti , ecc. Son
permessi , invece. il pesce. le uova, i latticini c anc he il condimento co n grasso di
animali, lardo o strutto (can. 1250, Codice 19 17; Cost. Paenitèmini, III, § I).
- Quanto al digiuno , la legge prescriv e di fare un solo pasto comp leto durante la
giornata, consentendo per altro di prendere un po' di cibo al mattino e alla sera, atte-
nendosi per la qu alità e la quant ità alle consuetudini locali approvate (can . 1251, § I,
Codice 1917 ; Cost. Paenitèmini, III, § 2).
Nei giorni di digiuno, il pasto principa le può esser fatto indifferentemente a mez-
zogiorno o la sera (can. 125 1, § 2, Codice 1917). In esso , è permesso qualsiasi cibo ,
anche la carne, tranne che sia anche giorno di astinenz a.
4556 La gr avit à dell'obbligo. Nella Cost. Paenitèmini di Paolo VI è detto che «la sostanziale
osse rvanza dei giorni di penitenza obbliga graveme nte». Questa "osservanza sostanzia le" non si
riferisce ai singoli giorn i di penitenza da osservarsi obbligatoriame nte in tuua la C hiesa. ma all'in-
sie me dei giorni penitenziali , per cui pecca gravemente contro la legge soltanto colui che . senza un
proporzionato motivo. trascura una parte notevo le, quantitativame nte o qu alitativamen te, dell' os-
serva nza penitenziale prescritta complessivamente (Congregazione del Conc ilio, 24 febbra io 1967:
X. OcHO". Leges Ecclesiae, III. n. 3537. coli. 5 110-5 11l ).
Scusa dalla legge dell'astinenza e del digiuno solo una causa adeguata: l'i mpossi-
bilità, il grave incomodo, l' infermità, i lavori pesanti o altre giuste cause. Per l'astinen-
za. tuttavia. si richiede una causa più grave che per il digiuno. Quando l' impossibilità
di osservare l' astinenza o il digiuno è certa ed evidente, non occorre chiedere la dispen-
sa. Ma se il motivo è dubbio o non del tutto sufficiente. si ricorre all'autorità ecclesia-
stica (can. 1245).
4557 Lo spi rito della legg e. Occo rre tuttavia comprendere lo spirito della legge, prescr itta dalla
Chiesa . In realtà la mortificazione mater iale non è fine a se stessa. ma è ordinata a sostenere e a
rafforzare que lla spirituale. che è la vera ed esse nziale mortificazione. Yab negatio intesa da Cristo.
La mortificazione dci corpo . per motivi ragionevoli, può esse re differita o sospesa . ma la mortifi-
cazione dello spirito non conosce scuse o dispense né interruzioni o soste, e tutti. anc he i poveri,
gli ammalati. i sofferenti, vi sono ugualmente e perennemente obbligati,
4558 È infi ne da notare che il precetto del digiuno e dell'a stinen za ha uno sco po e minenteme nte
carita tivo e sociale oltre che morale e intimo . La Chiesa. difatti. prescrive tal i privazio ni. perché
i risparmi in tal modo realizzati sia no spesi in opere di carità e di bene. soprnttutto a sollievo dei
poveri . La Cost , Paenit èminl ricorda oppo rtunamente cbe la carità cristiana deve raggi ungere «i
fratelli che soffrono la povertà e la fame. oltre ogni barriera di nazioni e contin enti» (III, c. 5).
LIBRO V
I BENI TEMPORALI
DELLA CHIESA
Il nuovo Cod ice ded ica ai beni tempo rali della Chiesa un libro a sé, il quinto, 4560
co mprendente una parte introduttiva (can n. 1254-1258 ) e quattro titoli:
I° L' acqu isto dei beni: cann . 1259-1272
2° L' amministrazione: cann. 1273-1289
3° I contratti, in particolare l'alienazione: cann. 1290-1298
4° Le pie volontà in genere e le pie fond azioni : cann. 1299-1310
La dist ribuzione della materia è identi ca a quella del Codice precedente (libro III, 4561
parte VI: cann . 1495-1551), ma le norme contengono profonde innovazioni. Le prin-
cipali sono:
- La riforma beneficiaria, con la con seguente soppressione dell a V parte del III
libro del Codice anteriore, relativa ai benefici ecclesiastici e alla loro intricata discipl ina
(tit. XXV , cann. 1409-1448) (Communicationes , a. 1977, p. 269, 2° cpv.).
- L' accentu azione del fine spir itua le degli uffici ecclesiastici , seco ndo il delib e-
rato co ncilia re del Decr. Presbyterorum Ordinis (n. 20, 2).
- La creazi one di nuovi Istituti per il sostentamento e la previdenza socia le del
Clero, e per le varie necessità della dioc esi (ca n. 1274).
- L' erezione di nuovi Organism i amministrativi, come il Con siglio per gli affari
economi ci, diocesano e parrocchiale, di cui nei precedenti cann . 492 e 537, e dell 'Eco-
nomo diocesano (cann. 494 e 1278).
- L' attribu zione di una maggio re competenza in materia econom ica alle Ch iese
particolari, a livello dioc esano e nazionale, in applicazione del principio di "sussi diarie-
tà" approvato dal Sinodo dei Vesco vi nell' ottobre del 1967 (n. 5: Enchir. Vat., voI. 2,
pp. 1366-1 369, nn. 1705-1707)1 .
- Un più largo rinvio alle norme del diritto civile.
Con la nuova legislazione, s' è inteso dare una concreta attuazione ag li orientamen- 4562
ti conciliari, co llocando i beni temp orali nel contesto della "comunione eccle siale " e
dell a "missione religiosa", e inform ando l' economia, pur necessaria alle attività della
Chiesa, alla sua organ izzazione e al suo sviluppo, a un autentico spirito di povert à e di
carità evangelica (cfr. in particolare il Decr, Presbyterorum Ordinis, sul minister o c sulla
vita sacerdotale (nn . 8, 17, 20-21).
- Cl/n. 211 / : l'ad eguata e dignitosa rimune razione dei chierici, che si dedi cano al ministero
ecclesiastico
- Cann. 3/9 e 325: l' amministrazione dei beni delle associazioni pubbliche e private dei fedeli
ClI/ln . 492-493: costituzione e compiti del Consiglio diocesano per gli affari eco nomici
Cali . 494: nomina e comp iti dell'Economo diocesano
Cl/n . 510, § 4: offerte fatte ad una chiesa che è insieme parrocchiale e capitolare
Can n. 53 / e 55/ : offerte da versare nella cassa parrocchiale
- Cali . 532: responsabilità del parroco nell 'amministrazione dei beni parrocchiali
- Can. 537: la costituzione del Consigli o parrocchiale per gli affari economici
- Cann. 634-640, 7/ 8, 74/ : l'amministrazione dei beni tempo rali degl'Istituti religi osi, de-
gl'Istituti secolari e delle Società di vita apostolic a
- Can. 848: offerte in occasion e dell'amministrazione dei sacramenti
- Cann. 945·958: l'offerta per la celebrazione della Messa
- Can. // 11/: offerte in occas ione di funerali
Principi c n OITIl l.: prel iminari 515
[ Il diritto patrirnoniale della Chiesa è anche un diritto d 'ordine naturale, fondato sul prin-
cipio della libertà religiosa. Lo ric hiama lo stesso Concilio Vatica no Il nella Dichia razione
Dignitatis humana e:
- Purché non siano violate le giuste esigenze dell ' ordine pubblico. dev' essere riconosciuto
alle com unità religiose il d iritto di reggersi seco ndo norme proprie per poter onora re la suprema
Divinità co n cult o pubbli co. aiutare i propri membri nell 'es ercizio della vita religi osa ... Spetta
similmente alle delle comunità il diritto di costruire edifi ci religiosi, di acquistare e di godere beni
adeg uati (n. 4, 2-3) .
Il principio vale per ogni associazione, reli giosa e non religiosa, che perseg ua fini onesti e
utili, e og ni Stato che intende essere uno " Stato di diritto" ha il dovere di curarne la debita
attuazione.
1 Un tale principio , affermato nel cali . 1495, § l, del Codice an teriore (libe re et
indep end ent er a c ivili potes tate) fu omesso in un prim o tempo , per ch é rite nuto "alquanto
pole mico" Ilei rig uar di de llo Stato t Communicationes. a. 197 3, p. 94, n. I ). Venne rimesso
nell a se dut a del 19 giug no 197 9, pe r evita re che si traessero dell e co nseg uenze err ate di
carattere do ttrinale tCommunicationes , a. 19 80, p. 396 , ca n. I, ultimo c pv.), q uas i c he la Chiesa
mod ifica sse il su o atteggiame nto circa un principio cos tante del suo magistero, co nfermato
dall o stes so Con cil io Vat icano 11 (Di chiar. Dignitat is humanae, n . 4, 2; 13. per intero, ma
specialm ente il 3 0 c pv.; Cos t. Gaudium et Spes, n. 42 . 4) .
516 LIBRO V - I ben i temporal i della Chiesa
4566 Sono i fini propri della Chiesa, che danno consistenza e legittimità ai suoi diritti di
carattere eco nomico, giustificando l'esistenza di un patrim onio eccìesiastico' . Tali fini,
già accennati nel can. 114, § 2, sono principalmente :
I° L'o rganizzazione del culto divino che, ovviamente, comprende anche la costru-
zione e la manutenzione degli edifici sacri e delle loro pertin enze.
2° Il dignitoso sostentamento del Clero e delle altre persone, che dedicano la loro
attività a servizio della Chiesa. Relativamente al Clero , occorre provvedere anche alla
sua debita formazione spirituale, culturale e scientifica.
3° L'esercizio delle opere di apostolat o e di carità, specialmente a favore dei po-
veri: un campo vastissimo, che richiede energie e mezzi adeg uati.
4567 2. I vari soggetti dei diritti patrimoniali e l'alto dominio del Romano
Pontefice
l ) l vari soggetti
1255 (1495, § 2 *) Canonicamente sono soggetti di diritti patrimoniali, con capacità
giuridica di acquistare. possedere, amministrare, alienare, dispor re dei propri beni "ad
normam iuris":
I° La Chiesa universale (can. 204, § 2) e la Sede Apostolica (can. 361), che sono
persone morali in forza dello stesso ordinam ento divino (can. 113, § I) . Per Sede
Apostol ica o Santa Sede s'i ntende il Supremo Pontificato, distinto, in quanto ufficio ,
dalla persona fi sica del Romano Pontefice.
2° Le Chiese particolari : diocesi. prelature e abbaz ie terr itoriali , vica riati e pre-
fettur e aposto liche, amministra zioni apostoliche stabilmente erette (ca n. 368), che per
la loro stessa legittim a erezio ne, godono "ipso iure" della personalit à giuridica (ca n.
373) .
3° Tutte le persone giuridiche ecclesiastiche, pubbli che e private, costituite a
norma del diritto (can. 116, § 2): seminari, parrocchie, istituti religiosi, associ azioni di
fedeli, pie fondazioni, ecc ., poiché la capacità patrimoniale fa parte della personalità
giuridica (Communicationes, a. 1973, p. 96, n. IO, l ° cpv.).
4568 La capacità giuridica della Chiesa universal e è un'affermazione di principio. Di fallo ess a non
è titolare diretta e immediata di beni patrimoniali. Possiede e agisce tramite la Santa Sede , che è
.' Questi principi so no richiamati con insistenza dal Concili o Vatica no Il:
- I sacerdoti. per i quali il Signore è "pars et haereditas" (N um, 18, 20), debbono usare dc i
beni temp orali solo per quei fini ai quali è lecito dest inarli in conformità con la dottrina di Cristo
Signore e con gli ordinamenti della Chiesa (Decr , Presbyterorum Ordinis. n. 17, 2).
- I beni ecc lesiastici propriamente detti devono essere amministrati dai sacerdot i come esige
la loro stessa natura, a norma delle leggi ecclesiastiche, e possibilmente con l' aiuto di es perti laici.
Bisogna inoltre impiega rli sem pre per quegli sco pi per il cui conseg uimento è lecito (Iicet) alla
Chiesa possed ere beni temp orali, vale a dire : l' organizzazione del culto divi no, il dignitoso sost en-
tamento del clero, la prom ozione delle opere di misericordia e di carità. spec ialmente a vantaggio
dei poveri (Dccr. cit., n. 17, 3).
- La Chiesa si serve dei beni temporali nella misura richiesta dalla propria missio ne:
quantum propria e ius missi o id postulat (Cost, Gaudium et Spes, n. 76, :;).
- Lo spirito di povertà e d ' amore è la gloria e la testimonianza de lla Chiesa di Cristo (Cos t.
cit., n. 88, I ).
Da tali affermazio ni risulta in modo chiaro che, nello spirito de l Concilio, la prop rietà di beni
desti nati a tini estra nei alla missione propr ia della Chiesa o anche a fini non necessari o non utili.
non è legittima né si giustifica in alc un modo.
Principi e norme preliminari 517
il suo organo centrale, le Chiese particolari, «nelle quali e dalle qualila Chiesauniversale sussiste»
(can.368), e altre persone giuridiche pubbliche (le province ecclesiastiche, le conferenze episcopali,
le stesse parrocchie, ecc.), che ne sono l'espressione concreta.
Nel present e canone. si considerano so ltanto le persone giuridiche, non q uell e fi siche, i cui
beni non potrann o mai essere "ecclesi astici" in sen so canonico . anche se appart en enti a persone
rivestite di compiti e responsabilità ecclesiastiche.
I belli ecclesiastici sono retti dalle norme contenute nel Cod ice (principalmente nei
canoni del presente libro) e dai propri statuti, legittim ament e approvati. I beni noli
ecclesiastici sono invece retti dagli statuti delle person e giurid iche a cui appartengono,
e non dai canon i, tranne che sia disposto diversament e in modo espresso, come ad
esemp io nei cann. 264, 325, 1263, 1265, 1267, 1269, 1280, 1480, § 2.
4574 - Diritti reali e personali (can. 1270): i primi attribuiscono al soggetto titolare un
potere diretto e immediato sulla cosa; i secondi, detti anche diritti di credito, obbli gano
una persona verso un'altra "ad aliquid dandum , faciendum , praestandum ",
pubbli ch e c pr ivate. perch é an ch e q ueste ultime perseguono sos tanz ia lme nte i fin i propri dell a
Chi es a. anch e se con forme e mod alità di verse dall e persone giuridiche pubbliche (can . 114.
§§ 1-2). Tale fu anche. in un primo tempo , il parere del Gruppo dei Co nsult ori che re dasse lo
Sch em a s ul di ritt o patrimonial e della Chi es a:
- Non obsrante dis tinctione iam ab alio Coetu introducta inter persona s canonicas publicas
el pe rsona s canonicas priv atas, ce nsuit Coetu s noster bon a pat rirnon ialis ornni a ad urrarnqu c
personarum spccie m pertinentia aequa ratione "ecclesias tica" habenda esse (Communicationes, a.
1973, p. 96, n. 12).
Si aggiunge tuttav ia, com'era da aspettarsi :
- Diversurn aut ern inter utramque personarum speciem debet esse règimen bon orum.
Quae nempe ad personas publicas pèrtinent, moderantur can o nes iuri s co mmuni s in hac Co dice
part e contenti ; quae vero ad pe rson as privatas pert incnt , mod erantur ius particul ar e aut propria
statura. ni si aliud in hi sc e canonibus ca utu m sit (q uo d fit hi c ill ic ex pre sse pri vat as
mem orando) (ibid.. n. 13).
Nelle adun anze successive. i pareri furono discordi . e la cos a rima se inde cisa ( Communico-
tiones, a . 1977 . p . 270-271). Il ca none esaminato dal Gruppo di Studio "De bonis Eccl esiae
tempo ralibus" nella seduta del 20 gi ugno 1979, definiva formalmente "beni ecclesiastici" i beni
appartenenti alle persone giuridiche private iCommunicutiones, a . 1980, p. 398. ca n. 2 ter , § 2) . Si
decise tuttavia di se mplificare il canone e la detta precisaz ion e ve nne soppressa. Rimase per altro
intatto il princip io formul ato nel prim o paragrafo , per il quale, seco ndo l' interpretazione più fon -
dat a. se mbra di dover co mprendere fra i "beni ecclesiastici" in senso giuridico soltanto i beni
appartenenti alle person e giuridiche pubbli che , poiché so ltanto que ste agiscono propriament e " no-
mine Ecclesiae" (can. 116. § I) .
L'ucquisto dei beni 519
CAN. 1258 - In canonibus qui se- Nei canoni seguenti, col nome di Chie-
quuntur nomine Ecclesiae signifi- sa s'intende non solo la Chiesa universale
catur non solum Ecclesia universa o la Sede Apostolica, ma anche qualsiasi
aut Sedes Apostolica, sed etiam persona giuridica pubblica nella Chiesa,
quaelibet persona iuridica publica tranne che risulti diversamente dal conte-
in Ecclesia, nisiexcontextu sermo- sto o dalla natura della cosa.
nis velexnatura rei aliud appareat.
1. Principi generali
La prima espressione della capacità patrimoniale di una persona giuridica è l'acqui-
sizione dei beni, che dà diritto al possesso e al godimento dei medesimi, alla loro
amministrazione e disponibilità.
520 LIBR O V • I hcni temp orali della Chiesa
Titolo I
L'acquisto dei beni
CAN. 1259 • Ecclesia acquirere La Chiesa può acquistare ben i temporali
bona temporalia potest omnibus in tutti i modi legittimi di diritto sia natu-
iustis modis iuris sive naturalìs rale sia positi vo, che so no conse ntiti agli
sive positivi, quibus aliis Iicet. altri.
CAN. 1260 . Ecclesiae nativum ius La Ch iesa ha il diritto nati vo di es igere
est cxigcndi a christifidelibus, quae dai fedeli quanto è necessario ai suoi pro-
ad finessibi proprios sint necessaria. pri fini.
1260 (1496*) A parte la facoltà di valersi dei mod i co nsentiti a tutti gli altri in 4579
forza del diritto natu rale e positi vo , la Chiesa ha anche il diritto nativo di esigere dai
fede li, che fann o parte di ess a, quanto è necessari o per lo svo lgime nto della sua missione
e il co nseg uimento dei suoi prop ri fini (ean. 1254 , § 2).
Il diritto di esige re (ius exigendi ) comprende non solo il diritto di chiedere tius
petendi o exquirendi) o di raccogliere delle offerte (ius colligendi), ma anche il diritto
d' imporre dei contribu ti in forza della sua potestà di governo (entrate di diritto pubbli co).
In se no al Gruppo di Studio "D e bon is Ecclesiae temp oralibus", si discu sse su lla terminologia
da usare. Alc uni osservarono che l' espressione "ius exigendi" mal si acco rdava co n la sensi bilità
mode rna , e si deci se di usare la formul a più attenuata "ius exquirendi" (Communi catinnes, a. 1980.
p. 500. can. 3). Ma, successivamente. fu rimessa nel canone l' espressione più esatta e co mpleta del
Codice anteriore: "i us ex igendi" , Nello spirito dell a legge, tuttavia, è che «fideles suasione magis
quam coac tione indu cendi sunt ut subsidia Eccles iac confera nr» (Commun icationes, a. 1973, p. 95,
n. 5; cfr. anche a. 1980, p. 40 I, can . 5. § 3).
CAN. 1263 - Ius est Episcopo Per le necessità della sua diocesi, il
dioecesano, auditis consilioa rebus Vescovo diocesano, sentiti il consiglio per
oeconomicisetconsilio presbytera- gli affari economici e il consiglio presbi-
li, pro dioecesisnecessitatibus, per- terale, ha il diritto d'imporre alle persone
sonisiuridicis publicissuo regimini giuridiche pubbliche soggette al suo go-
subiectis moderatum tributum, ea- verno, un contributo moderato, proporzio-
rum redditibus proportionatum, nato ai loro redditi; rispetto alle altre per-
imponendi; ceteris personis physi- sone fisiche e giuridiche, gli è solo con-
cis et iuridicis ipsi Iicet tantum, in sentito, in caso di grave necessità e alle
casu gravis necessitatis et sub iìs- medesime condizioni, d'imporre un con-
dem condicionibus, extraordina- tributo straordinario e moderato, salve le
riam et moderatam exactionem leggi e le consuetudini particolari, che gli
imponere, salvis legibus et consue- attribuiscano maggiori diritti.
tudinibus particularibus quae ei-
dem potiora iura tribuant.
I Communicationes, a. 1984, p. 29, ultimo cpv.: «In novo Schernate systerna ordinarium
acquisitionis bonorum invenitur in can. 1214, sciI. per subventiones rogatas, dum e contra tributum
irnpositum est tanturn medium cxtraordinarium. Hoc sensibilitati hodiernae, praxi et realitati magis
respondet, quia ubi lege civili non imponitur, nullam habet Ecclesia effectivam potestatern
quibuslibet christifidelibus imponendi tributa».
L 'ucq uistn dci beni 523
CAN. 1264 • Nisi aliud iure cau- Tranne che il diritto abbia disposto di-
tum sit, conventus Episcoporum versamente , spetta all' assemblea dei Ve-
provinciae est: scovi della provincia:
I ? praefinire taxas pro actibus IO stabilire le tasse da versare per gli
potestatis exsecutivae gratiosae vel atti di potestà esecutiva graziosa o per
pro exsecutione rescriptorum Se- l'esecuzione dci rescritt i della Sede Apo-
dis Apostolicae, ab ipsa Sede Apo- stolica; tali tasse per altro devono essere
stolica approbandas; anche approvate dalla Sede Apostolica;
20 definire oblationes occasione 2 0 determin are le offerte da corrispon-
ministrationis sacramentorum et dere in occasione dell'amm inistrazione dei
sacramentalium. sacramenti e dci sacramentali.
A i contributi ordinari, os sia abitua li, so n tenute tutte le person e giurid iche pubbli-
che, soggette alla giuri sdi zione del Vesco vo ; ai contributi straordinari , le per sone giu-
rid iche pri vate c le persone fisich e, sempre che non siano ese nti dall a sua giur isdizione' .
In tutt' e du e i casi, il co ntributo richi esto non può essere arbitra rio: 4584
l ° Deve rispondere alle re ali necessità della diocesi tCommunicatìoncs. a. 1984 , p.
28, can. 1213, n. 2).
2° Dev ' essere proporzionato alle effettive possibilità dei contribuenti (redditibus
proportionatum),
3° Dev' essere moderato (moderatum) .
4° Occorre inoltre che il Vesco vo richied a previam ente il parere del Co nsig lio
diocesa no per gli affari ec onom ici e del Con siglio presbiterale, che, a termine de l can.
127, va es press o collegialmente.
Ovviamente il contributo straordinario non può avere car att ere di co ntinuità:
«tributum perpetuum non est amplius extraordinarium» tCommuni cationes, a. 1984, p.
28, can. 1213 , n. I).
TI ca no ne con ti en e una c la uso la fin al e : «sa lvis le gibus e t co ns uct udi ni bus
parti cul aribus», che altribu isca no al Vesco vo poteri più ampi.
Presenta nel Codi ce un particolare rilievo il tributo ''pro Seminario", di cui al can. 264, e 4585
che può grava re su tutte le persone giuridiche, pubbliche e private, con sede in diocesi (non però
su quelle fisiche ). con le ecce zioni ivi indicate.
Sulle offerte per l'applicazione delle Messe - prescrivev a il can. 1506 del Codice 191 7 - 4586
non può essere i mposto alcun tributo. Il divieto non è stato riprodotto nel nuovo Codice. ma non c'è
dubbio che sussista tuttora : cfr. Communicationes, a. 1980 , p. 402; a. 1984, p. 28. can , 1 21 ~ . n. 2.
, Riteni amo che. in casi particol ari, il Vescovo possa imp orre il tribut o straordinario anche
alle persone giuridiche pubbl iche, già soggette a quell o ordinari o, ma non alle persone esenti dalla
sua giurisdizio ne. come intendono alcuni.
Relati vamente alle "sc uole esterne degl'istituti religio si di diritto pontifi cio", una Risposta
della Pont . Co mmissione per l'interpret. del Codi ce del 20 maggio 19 89 ha dichiarato che le delle
scuole non so no tenute a versare per la diocesi il proprio contri buto a term ine del can. 1263
(EI1I:"ir. Vi/ I., voI. Il , n. 227 1. n. Il).
524 LIBRO V - I ben i temporali del la C hies a
CAN. 1265 - § 1. Salvo iure reli- § l . Salvo il diritto dei religiosi mend i-
giosorum mendicantium, vetatur canti, è vietato a qualunque persona priva-
persona quaevis privata, sive phy- ta, sia fisica che giuridica, raccogliere of-
sica sive iuridica, sine proprii Or- ferte per qualsiasi istituto o fine pio o ec-
dinarii et Ordinarii loci licentia, clesiastico, sen za la licenza scritta del
in scriptis data, stipem cogere pro proprio Ordinario e dell'Ordinario del
quolibet pio aut ecclesiastico in- luogo.
stituto vel fine.
§ 2. Episcoporum conferentia § 2. La Conferenza Ep iscopale può sta-
potest normas de stipe quaeritan- bilire norme sulIe questue , che devono
da statuere , quae ab omnibus essere osservate da tutti, non esclusi colo-
servari debent, iis non exclusis, ro che per istituzione si chiaman o e sono
qui ex institutione mendicantes mendicanti.
vocantur et sunto
sacerdotcs non alios proventus habent nisi ilIos qui ipsis prae bentur occasi one actuum
ministerii» tCommuni cationes. a. 1980, p. 403, ca n. 6). Il Codice conserva, pertanto, i
con tributi annessi ai detti servizi, distinguendo per altro tra "tasse" (taxae) c " offe rte"
(oblationes), secondo il voto espresso dal Sinodo dei Vescovi del 1971: «Ut provcntus
sacerdotum separentur ab actibus ministerii, praesertim sac ramentalibus» (Enchi r. Vat..
vol. 4. p. 798, n. 1234).
A termine del presente cano ne, le tasse riguardano i servizi di carattere ammi nistra-
tivo (rilascio di certificati, autorizzazioni, co ncessi one di dispense matrimon iali, ccc.) e
l' esecuzione di rescritti della Santa Sede. Le offerte, invece, sono legate alla ce lebrazio-
ne dci sacramenti e dei sacrame ntali, comprese le eseq uie, di cui al can . l 181.
4588 La determin azione delle une e delle altre - a fine di ottenere una certa unifor mità
nell'ambito di una medesima pro vincia ecclesiastica iCommunicationes. a. 1984, p. 30,
can. 12 I5) - è rime ssa alla competenza dell ' assemblea dei relati vi Vescovi (non delle
Co nferenze Episcopali), tranne che il diritto abbia disposto di versamente (cfr. ad es. can.
1649, circa le spese giudiziarie; per le offerte di Messe. v. can. 952) .
Le tasse definite dalle assemblee provinciali dei Vescovi, sia per i serviz i di carattere
amministrativo che per l' esecuzione dei rescritti della Sede Apostolica. di cui al n. l " del
canone. devo no essere sottoposte all' approvazione della Santa Sede. Relativamente alle
offe rte di cui al n. 2°, non c' è bisogno dell ' approvazione dell'a utorità superiore.
Da ricordare il can . 848 il qual e vieta che. per l' ammin istrazione dei sacramenti il ministro
possa richied e re nulla oltre alle offerte stabilite dalla competente a utorità. Il divieto vale per qual-
siasi tipo di prestazione. a nche non sacramentale .
.' È ovv io che, se la licenza sia stata concessa dalla Santa Sede, non si richiede quella del-
l' Ordinario.
L' acquis to dci beni 525
Stipe m cogere - dice il canone, ripet end o una espre ssione del Cod ice precedente (ca n. 1503)
- . che dalla dottrina viene inte sa come racco lta di offerte fatta di person a a viva voce. special-
mente di porta in port a (q uestu a nel se nso classico c giuridic o). Non do vrebbe rient rare pertanto
nel di vieto :
- La richi esta di offerte, fall a a una ristretta ce rchia di persone
- La rac colt a per mezzo di lettere ci rcolari o per mezzo della sta mpa
Il divieto non rig uarda neppure le persone giuridiche di carattere pubblico (il canone parl a di
" persone private"), pe r es. la parrocchia e, per essa, il parroco , nell'ambito del proprio territorio e
del proprio ufficio tCommunication es. a. 1980, p. 404, can. 7 )4.
2° È compito delle Conferenze Episcopali stabilire norme concrete sulle questue, 4590
da osserva rsi da lutti i fedeli, laici e chierici. «non esclusi coloro che per istituzione si
chiamano e sono mendicanti» (§ 2).
Tale facoltà ve nne già attribuita alle Con feren ze Episcopali da Paolo VI, co l M .P. Ecclesiae 459]
Sunctae del 6 agos to 1966 , parte l, n. 27. In data 15 maggio 1968, la Conferenza Episcopale
Italiana, co n una NOla approv ata dal Co mita to dei Vescovi e dei Religi osi, do po ave r rilevato che,
«mentre molli addett i alla q ues tua edi fica no col loro ese mpio di pietà. discre zione e correttezza,
anch e esteri ore. ve ne so no non pochi che non si di mos tra no prep arat i a que sto co mpito cosi
de lica to», ha eman ato le seguenti nor me e direttive:
- Siano inv itat i i Superiori interessati a curare diligentemente la prep ara zione uman a e
spiritua le dei religi osi des tinati alla questu a, e a scartare rigorosamente qu elli ehe non sono ad atti
a questa delicata attività (Il, a).
- Siano osse rvate sc rupolosamente le prescri zioni ca noniche circa il dovere di ottenere il
per messo deg li Ordi na ri de i luogh i. Gl i Ordin ari. a loro volta. si valga no di questa circos tanza per
vigilare sul retto e decoroso esercizio della qu estua non co ncede ndo il per messo o anche l'e voc an-
dol o in caso di palesi inco nvenienti (II, b).
- In og ni caso . non si eserc iti la questua in luoghi pubbl ici, intendend o con que sto te rmine
i pubblici eserc izi e og ni altro luogo in cu i per qualsiasi motivo anche re ligioso co nvengono molte
persone liberamente e indiscrim ina ta mente (ad es . alberg hi. port i. stazio ni ferroviarie. luoghi di
villeggiatura, spiagge. campi spo rtivi. ci nema, bar, tren i, negozi. ecc .) ( II. c) .
- Si ritiene pure non opportuno l'esercizi o dell a q ues tua in occas ione della vis ita al cam po-
santo nci giorni dei mo rti. In ogni caso, rimane proibito ai religiosi nell'atto della questua, farsi
acco mpagnare da bambini o bambine (II. d) .
4 I nu ovi Accordi sti pulati fra la Sant a Sed e c la Repubbli ca Itali an a hann o co nfe rmato,
per la raccolta di o fferte all' intern o e all'i ng ress o degli edifici di culto o ecclesiastic i, le norme
vige nt i. C iò sig nifica che le aut orità ecclesiastiche possono eseg ui re coll ett e a ll' interno o a l-
l' ingre sso dei detti edifici, senza alc una ingerenza dell e aut orità ci vili (Co nco rdato 11 feb braio
1929, art. 2).
526 LIBRO V - l beni temporali della Chiesa
4592 Nel medesimo documento, si esortano gl'Istituti religiosi, nello spirito di quanto indicato
nel Decr. Perfectae caritatis, n, 13, e nello stesso Motu Proprio di Paolo VI (Il, 23), a voler
preferire alla questua, per quanto è possibile, «nuove forme ... che nel nostro tempo rendano più
efficace l'esercizio e la testimonianza della povertà volontaria» (Enchir. CEI, voI. l, p. 536.
nn. 1666, 1668-1673).
6. La prescrizione 4601
Della prescrizione in genere si è già parlato nei cann. 197-199 (cfr. l'esposizione
relativa). Nell' attuale titolo si tratta in particolare della prescrizione dei beni ecclesia-
stici, la cui normativa presuppone quella generale, stabilita nei suddetti canoni.
528 LIBR O V - I beni temporali del la Chiesa
non possono essere prescritte se non da altra persona giuridica pubblica, per cui resta
esclusa "ex iure" ogni possibilità di prescrizione sia da parte di persone fisiche. sia
da parte di persone giuridic he private, sia infine da parte di persone giuridiche civili
di qualsiasi tipo.
L' acquisto ùci hcni 529
CAN. 1271 - Episcopi, ratione vin- In ragione del vincolo di unità e di ca-
culi unitatis et caritatis, pro suae rità, i Vescov i concorrano, secondo le
dioecesis facultatibus, conferant possibilità della propria dioce si, a fornire
ad media procuranda, qui bus alla Sede Apostolica i mezzi di cui essa
Sedes Apostolica secundum tem- ha bisogno seco ndo le condiz io ni dei
porum condiciones indiget, utser- tempi , perché sia in grado di prestare de-
vitium erga EccIesiam universam bitamente il suo servizio alla Chiesa uni-
rite praestare valeat. versale.
2° Soggetti titolari. Se i sudde tti beni, diritt i e azioni appa rtengo no alla Sant a Sede, 4606
possono es sere prescritti solo nell o spazi o di cento anni. Se invece appartengono ad altra
persona giuridica eccles iast ica pubblica, è suffic iente lo spazio di trent' ann i.
Con seg ue nteme nte, le altre ca tegorie di be ni apparte nenti alla Sant a Sed e o alle
pers one giuridiche ec cles iastiche (per es. i ben i mobili non preziosi) e, similmen te, tutti
i beni di qu alsiasi ge nere apparte ne nti a persone giuridic he private restano soggette al
tempo pre scri tto dalla legge ci vile, "ca noni zzata" dal diritto dell a Chi e sa.
I pri vilegi c he , in tale materia, go dono alc uni Istituti re lig io si (Cappucci ni, 4607
Cist ercensi , Ben edettini , ccc .), restano tuttora vali di, a norm a del can . 4.
Nella legge civile italiana. si prevedono prescrizioni con tempi vari: 4608
- Relativamente alla prescrizione acquisitiva o usucapicne, il tempo è, secondo i casi. di 20,
15, IO, 5 e 3 anni (cfr. art. 1158 55 . del Codice Civile).
- Relativamente alla prescrizione liberativa, detta semplicemente "prescrizione", il tempo è
di 20. 15, 5, 2 anni, 18 mesi, I anno. 6 mesi (cfr. art. 2946 55.).
Norme speciali sono stabilite per la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni causati
da reato (art. 2497) .
CAN. 1272 - In regionibus ubi be- Nell e regioni In cui esi stono ancora
neficia proprie dieta adhuc exsi- benefici prop riam ente detti , spe tta alla
stunt, Episcoporum conferentiae Conferenza Episcopale regolarn e il regi-
est, opportunis normis cum Apo- me con opportune norme conc ordate con
stolica Sede concordatis et ab ea la Sede Apostolic a e da questa approvate,
approbatis, huiusmodi beneficio- in modo che i reddit i, anzi, per quanto è
rum regimen moderari, ita ut possibile , la stessa dote dei benefici, siano
reditus, immo quatenus possibile gradualmente trasferiti all'istituto di cui al
sit ipsa dos beneficiorum ad in- can . 1274, § l.
stitutum, de quo in can. 1274, § l,
paulatim deferatur,
4610 Il Direttorio pastorale dei Vescovi, trattand o della collaborazio ne che l'Epi scop at o cat -
tolico de ve prest are al Rom an o Pont efi ce . richi ama il dovere dei Vescovi di ocesani di
ocontrib uire l' m viribus alle attiv ità apos to liche dell a Chie sa uni ver sale promo sse da lla Sede
Apostoli ca (pe r es. le Pontificie Opere Mi ssionarie), affinc hé possan o svilupparsi in tutt o il
mondo e non manch ino de i necessari aiuti s piritua li ed economi ci», e li esorta a «non trascurare
quell a parti colare racc o lta di offerte, detta Obolo di San Pietro, destinat a a far sì che la Chiesa
di Roma possa ade mpiere val idamente il su o ufficio di pre sid ent e della carità universale » (n.
46, 3: Enchir. Val., voI. 4, p. 1275, n. 2015 ).
4611 Il cali. 1271, nuovo nella legislazione canonica, non intende imporre un tributo. Si
limita a richiamare i Vescovi a un obbligo annesso al loro stesso ufficio e fondato sul
vincolo di unità e di carità, che li lega al Romano Pontefice, concorrendo seco ndo le
possibilità della propria diocesi, a fornire alla Santa Sede i mezzi necessari perché sia
in grado di prestare adeguatamente il suo servizio alla Chiesa universaie',
A parte i contributi rime ssi annualmente, i Vescovi, secondo una prassi molt o anti ca, sog lia no
fare personalmente alla Santa Sede un'offerta particolare in occasione della visita "ad limina" .
5 Il contributo offert o al Papa per i bisogni c le necess ità della Sede Apostoli ca, fu detto in
origine "Denaro di San Pietro" . Venne versato per più secoli da Sovrani e da Principi, in segno di
rispettoso omaggio verso il Romano Pontefice. Sorse per la prima volta in Inghilterra nel sec . VII
e si diffu se in seguito in vari altri Stati: Regno delle Due Sicilie (1059 ), Danimarca (ID63), Spagna
(l073), Boem ia (1075), Croazia e Dalmazia (1075), Portogallo (1144) , ecc. Finì per estinguer si nci
tempi della Riforma .
L' attual e organizzazione dell' Obo lo di San Pietro risale a Charles Montalembert, insigne
uomo politico e pubbli cista francese, che ne promosse l'i stituzi one nel 1859. L'opera s'i ncre mentò
note volmente dopo la cessazione degli Stati Pontifi ci. nel 1870.
L' acquisto dei beni 53 1
norm ativa concreta, che per altro dovr à essere opp ortun amente concordata con la Santa
Sede. Nel nuov o regime, i redditi benefi ciari e, per quanto è possibile, la stessa dote dei
benefici , devono essere gradualmente trasferiti allo speciale Istituto diocesano, previsto
nel can. 1274, § I, a cui spetta assicurare l'adeguato sostentamen to del Clero, che è al
servizio della dioce si.
Si tratta per altro dei benefici propriamente dett i, «non de quibuscumqu e bonis ex quibu s 4613
reditus ad onus aliquod solvendum promanant» (Communicationes, a. 1984, p. 3 1, can. 1223). E
benefici propriamente detti, a termin e del can. 1409 del Codice del 1917, sono quegli «enti giu ridici
eretti in perpetu o dalla comp etente autorità ecclesiastica, e costituiti da un ufticio sacro e dal diritto
di perccpirne i reddit i annessi » (cfr. a nche can. 1410*). Non sono pertanto benefi ci propriamente
dett i le figu re e numera te nel can , 1412*: vic arie par rocchiali erette tcmp oraneamente, lc
cappellan ie laicali. le coadiutorie, ecc .
Con la prevista soppr essione del sistema benefici ario è ovvio che non potranno più
cos tituirsi nuov i benefi ci eccl esiastici, ma questo non impedi sce che «in posterum
quaedam officia eccle siastica bona temporalia tamquam dotem retinere possint », Tutta-
via, «ncxus ili c, per quem titularis officii suos faciat doti s fructu s, rcscind i debet et
aequ a rctributio ex massa communi attingi debe t» tCommunicati ones, a. 1977, p. 27 1;
2° CpV.)6.
Una riform a del sistema benefi ciario s' imponeva da sé, per l' esigenza stessa delle 4614
cose. Era anche richiesta da più parti ed era recl amat a dall o stesso Clero. In effett i, il
benefi cio era da con siderare un istitut o orm ai superato, anche se di fatto esso rim aneva
in vigore in "p aucae omnino in Eccl esia regione s" tCommunicationes. a. 1977, p. 269,
2° cpv.). II Codice ha inteso venire incontro a tali esigenze e richieste, ma il mod o
radicale in cu i la riforma è stata disp osta e attuata, ossia con l'accorpament o di tutti i
ben patrim onial i dei benefici ecclesi astici nell'unico Istitut o di cui al can. 1274, § 1,
lascia molto perple ssi. Del resto, la soppressione de i bene fici non ebbe il consenso
unanim e dci Consultori addetti alla revisione dell a materia . Alcuni di ess i non manca-
rono di rile varne i pericol i di carattere tecnico, giuridi co, pastorale:
- Pastoralis tendentia huic normae subiacens periculosa est et ad erroneas ducit conclusiones.
- Rationern non habet historiae, neque Ecclesiae structurae, quae ab imm oderata et inutili
centralisatione abhorret.
- In mutatione documentorum prop rietati s, superi ngcns pecuniae su rnma inutili ter disperiret .
- Huroc ratia augeretur et periculi s non paucis ob monetari am crisim alia rnve ob ca usam
patrirnonium Ec clesiae cx poneretur (Communicationes, a. 1984. p. 3 1, ca n. 1223).
Questi rilievi dovettero far ritl ettere il Gruppo di Studio "De bon is Eccle siae
temporalibus", il quale modificò alqu anto il testo originario del canone, attenuando ne la
forma. La sos tanza è però rima sta.
r, La riforma del sistema benefi ciari o prevede la graduale soppressione dei benefici ecclesia -
stici . Sorge così il problema del titolari del beneficio all' atto della sua soppressione. Senza dubbio.
essi conse rvano l'ufficio né possono esserne rimossi. Ma. quanto al reddito beneficiale, hanno
diritto di continuare a goderne come prima, tinché conservano la titolari là dell'ufficio? Valgono
cioè per essi i "diritti acquisiti" ?
Riten iamo che. nel caso, non si possa parlare di "diritti acquisiti" in senso proprio, poiché
questi sussis tono nel ca mpo del diritto privato, non in quell o del diritto pubbl ico. ed è in questo
ambit o che si opera la soppressio ne del be neficio, in forza della legge. Conseguentemente. i par-
roci. i canonici, ecc., non possono vantare alcun "diritto acqu isito" sul benefi cio goduto finora, e
hanno solo diritt o a un'adeguata rimunerazione a termini del can . 281. Motivi di equità, tuttavia,
do vrebbero indurre a considerare con un cert o favo re la parti colar e situazione di questi ex
benefic iati.
532 LIBRO V · I beni temporali della Chiesa
4615 Ne ssun o , certo, inte nde negar e lo scopo ideale del provvedimento, diretto a rea-
lizzare la pien a perequazione economica del Cl ero , in un o spirito aute ntico di co mu-
nion e e so lida rietà ec clesiale. Ma i rischi dell' accentramento patrimoniale ch'esso
co mpo rta, so no molt epli ci e gravi, per cui non pochi - e sono soprattutto g li esperti
di economia - non nascondono al riguardo le loro fond ate riserve, anche perché un
tale accentramento - soprattutto se effettuato a livello nazional e - può dar e l'im-
pressione errata di una Chiesa che sia un a "s uperpote nz a economica" , in contrasto
co n i principi evangelici. Erano possibili , e forse con sigli abili, altre alterna tive meno
rad icali e più liberistic he.
4618 1. Introduzione
a) L' obbligo dei fe deli: «I fede li sono te nuti all 'obbl igo di sovvenire alle ne ces-
si tà della C hiesa, affin ché essa possa disporre di qua nto è ne cessario per il culto
div ino , pe r le opere di apostolato e di carità e per l'onesto sostantamento dei mini-
stri» (can. 22 2. § I ).
Anche nel campo economico-amm inistrativo non basta però richiamare ai fede li
l' adempimen to dei loro doveri: occorre edu carli a vive re i valori, in part icolar modo
quell o dell a partecipazione attiva e corresponsa bile, secondo le indi cazioni offerte nel n.
18 del documento della CE! "Sovveni re alle necessità della Chiesa" (cfr. Enchir. CEl,
vol. 4, pp. 658 -695).
I fedeli possono ade mpiere il dovere di sovvenire alle necessità della C hies a in
diverse form e: infatti essi sono liber i di scegliere il mom ento opportuno e il modo che
ritengono migliore per far pervenire alla Chiesa i mezzi di cui abbi sogna, salv o c he in
caso di grave necessità il Ves covo impo nga un tribu to straordinario e mode rato a tutti
i fedeli (cfr. ca n. 1263).
Non si tralasci, tutta via, di richiamare all a loro attenzio ne le rifl essioni e g l' indirizzi
educa tivi co ntenuti nel do cum ento dell a CEI "Sovve nire alle necessità de lla C hiesa", in
special mod o al n. 13 (Li bertà dei fedeli e attenzione alle es igenze pastorali ), al n. 14
(II diverso valore dell e forme di co ntributo alla Chiesa) c al n. 15 (Veri fica e rinnov a-
mento delle forme di partecipazione) (n. 24).
4619 b) Le varie fo rme di offerte: «In Italia i fedeli sovvengo no abitua lmente a lle neces-
sità de lla Chiesa:
- All e offerte ric hieste dall a parrocchia per tutte le necessità della comunità par-
rocch iale (subventiones rogatae);
Sovvenzioni e offerte per la Chiesa 533
Le offe rte delle "giornate" vanno consegnate solleci tame nte dal parroco o da l ret-
tore della chiesa alla curia della dioces i, che le trasmetterà (giornate nazionali) o le
assegnerà per le finalità stabilite (gio rnate diocesane).
La CE I, co mpeten te ai sensi del can . 1262, determ ina per quali "giorna te" le par-
rocchie e le chiese possono dedurre dall a co lletta la so mma corrisponde nte alla med ia
de lla co lletta delle domen iche ordinarie» (n. 28).
Titolo II
L'amministrazione dei beni
CAN. 1273 . Romanus Pontifex, In virtù del primato di governo, il Ro-
vi primatus regiminis, est omnium mano Pontefice è il supremo ammini stra-
bonorum ecclesiasticorum supre- tore c dispensatore di tutti i beni ecclesia-
mus admìnistrator etdispensator. stici.
La tassa è dovuta dalle persone giuridiche soggette alla giurisdizione del Vescovo
diocesano per le autorizzazioni previ ste e con l' aliquota fissata dall'assemblea dci Ve-
scovi della provincia.
Per gli IOSC e gli IISC ci si deve attenere a diversa dispo sizione della CEI, alla
determ inazione seguente:
a) Se si tratta di acquisti a titolo gratuito. l'aliquota massima è del 15% del valore
del bene, al netto delle spese e degli eventual i oneri.
b) Se si tratta di alienazioni o di permute con congu aglio , l' aliquot a massima è del
10% del valore del bene o dell ' entità del congu aglio, al netto delle spese e degli e ven-
tuali one ri» (n. 43).
Per amministrazione in senso proprio s'intende, nel diritto canonico, il compl esso 4634
degli atti diretti alla conservazione e al miglioramento del patrimonio ecclesiastico e alla
percezione ed impi ego de i suoi reddit i e frutti. In senso più ampio, l'amministrazione
comprende anche l' acqui sto e l' alienazione dei beni e i contratti relati vi.
- Di stabilirne la disciplina con norme a cui tutti i fedeli e tutte le istituzioni sono
soggetti
- Di esercitare sull'amministrazio ne dci beni ecclesiastici una funzione di vigilan-
za, di controllo e di coordinamento
- Di avocare a sé alcune particolari autorizzazioni
- Di disporre degli stessi beni, qualora lo esiga il "bo num Ecclesiae" e l' interesse
comune (cfr. Communicationes, ibidem ).
§ 4. Pro diversis locorum adi un- § 4. Secondo le di verse circosta nze dei
ctis, fines de quibus in §§ 2 et 3 lu oghi , gli scopi di cu i ai §§ 2 e 3 po sson o
aptius obtineri possunt per insti- ottenersi in modo p iù ada tto attraverso la
tuta dioecesana inter se foederata, feder azion e di più isti tuti diocesan i, oppu-
vel per cooperationem aut etiam re me diante la co operazio ne o anche l' op-
per eonvenientem consociationem portuna consociazione tra varie di ocesi,
pro variis dioecesibus, immo et anzi per tutto il territorio dell a Con ferenza
pro toto territorio ipsiu s Episco- Ep iscopale .
porum conferentiae constitutam.
§ 5. Haee instituta, si fieri possit, § 5. Qu esti isti tuti, se possibil e, siano
ita eonstituenda sunt, ut effieaciam co stituiti in mod o da avere efficacia anche
quoque in iure civili obtineant. nell ' ordiname nto g iuridico civ ile.
CAN. J 275 • Massa bonorum ex Il fond o comune dei beni prov enienti da
diversis dioecesibus provenientium diverse dio cesi è ammini strato seco ndo
administratur secundum normas norme opportunamente concordate dai
ab Episcopis, quorum interest, op- Vescovi interessati .
portune concordatas.
CAN. 1276 • § 1. Ordinarii est se- § I. Spetta all'Ordinario vigilare atten -
dulo advigilare administrationi tam ent c sull' ammini strazione di tutti i
omnium bonorum, quae ad perso- beni appartenenti alle per son e giuridiche
nasiuridicaspublicassibisubiectas pubbliche a lui sog gette, sa lvo titoli le-
pertinent, salvis legitimis titulis gittimi che gli co nferiscano poteri più
quibus eidem Ordinario potiora ampi.
iura tribuantur.
§ 2. Habita ratione iurium, legi- § 2. Tenendo conto dei diritti , dell e le-
timarum consuetudinum et cir- gittimc consuetudini e delle circos tanze ,
cumstantiarum, Ordinarii, editis gli Ordinari abb iano cura di disciplin are
peculiaribus instructionibus intra l'intera materia dell 'amministr azion e de i
fines iuris universalis et particu- beni , em anando speciali istru zioni nei li-
laris, universum administrationis miti del diritto universale e particolare,
bonorum ecclesiasticorum nego-
tium ordinandum curent.
patrim oni ale , che si costituirà mediante trasferime nto dc i beni redditizi appartenenti agli e x benefi ci
e provvede ranno al sos tentamento del clero diocesan o secondo i criteri gene rali stab iliti da lla
Co nfe renza Ep isco pale Italiana , con nuove gara nzie giuridiche per il Cle ro, secondo lo spirito e le
nonne del Codex del 1983 (Relazione del/a Commissione paritetica per gli enti ecclesiastici, 6
luglio 1984, n. 4. 4-5) .
- Saranno co stituiti gli istituti - diocesan i e interdioccsani - per il sostenta mento del
clero, che av ranno ope legis personalit à giuridica ca nonica e civile q uali enti eccl esiastici. e per i
qu ali la Co nfere nza Epis co pale Italian a predisporrà uno statuto-tipo. L 'i stitut o pro vvede, per se et
principal iter. al sos te ntamento del clero che presta ser viz io in favore della diocesi ; pot rà asso lvere
anche funzioni previ de nziali inte grat ive per il clero stesso (Rclaz, cit., n. 7, 2).
Le di sposizioni di legge relat ivamen te all' istitu to per il sos tentamento del cle ro so no co nte-
nute nel seco ndo titol o delle "Norme circa gli enti e i beni eccle sias tici in Italia", e man are il 3
giugno 1985. Cfr. in particolare gli art t. 21-24 c 27-28.
I) La vigilanza 4667
1276, § 1 (1519, § l *) Come il Romano Pontefic e, in virtù del primato di governo,
è l' amministratore supremo dei beni ecclesiastici nella Chiesa universale, così il Vesco-
vo diocesano , in virtù della sua autorità pastorale, è il primo responsabile dcll'a mmini-
strazione dci beni ecclesiastici, compresi nell' ambito della Chiesa particolare. affidata
542 LIB RO V - I ben i temporali della Chiesa
CAN. 1277 - Episcopus dioecesa- Per quanto rig uarda gli att i di am rrunr-
nus quod attinet ad actus admini- strazio ne che, attesa la situazione econo-
strationis ponendos, qui, attento mica della dioce si, sono di maggior rilie-
sta tu oeconomico dioecesis, sunt vo, il Ves covo diocesa no deve chiedere il
maioris momenti, consilium a re- parere del consig lio per gli affari econo-
bus oeconomicisetcoUegium consul- mici e de l collegio dei co nsultori ; ha per
torum audire debet ;eiusdem tamen altro bisog no de l conse nso del medesimo
consilii a tque etiam collegii consul- consiglio e anc he de l co lleg io dei consul-
torum consensu eget, praeterquam tori, oltre che nei cas i indicati esp ressa-
in casibus iure universali veltabulis mente dal diritto universale o nelle tavole
fundationis specialiterexprcssis,ad di fonda zione, per tutti gli all i di ammi ni-
ponendos actus extraordinariae ad- strazione straord inaria . Spetta alla Co nfe-
ministrationis. Conferentiaeautem re nza Episcopale determinare q uali atti
Episcoporum est definire quinam deb bano considerarsi di ammi nistrazio ne
actus habendi sint extraordinariae straordinar ia.
administrationis.
alle sue cure e appartenenti alle persone gi uridiche pubbliche soggette a lla sua potestà.
Sono associ ati al Ves covo g li altri O rdinari de lla diocesi, ai se nsi del can . 134, §§ 1-
2, ossia il Vicari o gen erale e i Vicari episcopali. Gli Ordinari del luogo hann o anz itutto
il do vere e il diritto di vigilare con cu ra (sedulo) sull' ammini strazione dei detti beni ,
salvo tito li legittimi, che attr ibu iscano loro poteri più es tesi, co me ad ese mpio relativa-
mente ag l' Istituti di diritto diocesano e ai mo nas teri "s ui iuri s'' (can. 637 ).
Il canone parla di Ordinari il! ileI/ere, che, a termi ni de l ca n. 134. § I. com pre ndo no anche
i Superiori Magg iori deg l' Istituti religiosi c delle Società di vita apostolica clericali e di dirit to
pontificio . Anche a tali Ordin ari spella di vigilare sui be ni dell' Istituto o dell a Società, secondo le
proprie com petenze determi nate nei propri statu ti.
4668 2) La regolamentazione
1276, § 2 (15 19, § 2 *) Ag li Ord inari non spetta solo il di ritto di vigilanza sull' am-
min istrazion e dei beni di propria com petenza, ma anche il potere di dettare norme
opportu ne per la loro disci plin a e regolamentazione. Non si tratta per alt ro di un potere
arbitrari o. Nell' emanare nor me, istruzion i e direttive :
- Occorre anzitutto tener conto de i diritti e delle legittime co nsuetudini esi stent i
c de lle circosta nze co ncrete
- Bisogna ino ltre rimanere nei limiti del diritto universale e particolare
Sono invece atti di amministrazione ordinaria tutti gli atti attinenti alla conser- 4671
vazione dei beni patrimoniali e al loro normale sfruttamento.
Per esempio:
- La riscossione delle rendite
- La vendita del raccolto di un fondo
- La locazione d'immobili di comune valore per un periodo non superiore a nove anni
Gli atti relativi a una eventuale coltivazione diretta di un fondo
L'acquisto di oggetti necessari all'economia domestica o all'amministrazione del pa-
trimonio
Il pagamento delle imposte
- L'assicurazione contro i danni e le calamità
- La riparazione normale degl'immobili, ecc.
Il canone stabilisce che, per tutti gli atti di amministrazione straordinaria - oltre 4672
che nei casi indicati espressamente dal diritto universale o nelle tavole di fondazione
- il Vescovo diocesano ha bisogno del consenso (can. 127) sia del Consiglio dio-
cesano per gli affari economici (can. 492) sia del Collegio dei consultori (can. 502).
Quanto agli atti di amministrazione ordinaria, che, attesa la situazione economica
della diocesi, sono di maggior rilievo, il Vescovo diocesano è obbligato soltanto a
chiedere il parere dei detti organismi. Anche per tali atti "maioris momenti", il Ceto
dei Consultori non ha ritenuto opportuno fissare un criterio di determinazione (Com-
municationes, a. 1984, p. 33, can. 1228).
Disposizioni della CE!: Decreto Generale del IO aprile 1992, nn. 58-59. 4673
l. AI/i di amministrazione straordinaria per la diocesi e le persone giuridiche 4674
amministrale dal Vescovo diocesano
- «Gli atti di straordinaria amministrazione diversi dalle alienazioni del patrimonio sta-
bile e dai negozi peggiorativi dello stato patrimoniale sono determinati nella delibera n. 37
della CE! del 21 sett. 1990 (Enchir. CEI, voI. 4, pp. 1249-1250), ai sensi del can. 1277, come
segue:
] L'art. 13 della Legge 27 maggio 1929, n. 848, esecutiva del Concordato del 1929, compren-
deva «fra gli atti e contratti eccedenti l'ordinaria amministrazione, oltre le alienazioni propriamente
dette, le affrancazioni volontarie di censi e di canoni, i mutui, gli atterramenti di piante di alto fusto,
le esazioni e gl'impieghi di capitali, le locazioni ultranovennali d'immobili, le liti, sia attive che
passive, attinenti alla consistenza patrimoniale degli enti».
544 LIBRO V • I be ni temporali del la Ch ic...a
a) L' alie nazione di beni immob ili diversi da quelli che costituisco no per legittima assegn a-
zione il patrimo nio sta bile della perso na giuridica, di valore superio re alla so mma minima fissata
dalla de libera n. 20 ;
b) La decis ione di nuove voci di spesa rispetto a quelle indicate nel preventivo approvato, che
comportino una spesa superiore alla so mma mini ma fissata da lla delibera 20 ;
c) L'inizio, il subentro o la partecipaz ione in attività considera le co mmerciali ai fini fisca li:
d) La mutazione di destinazione d'u so di immobili di valore super iore alla somma minima
fissata da lla delibera 20, determinando il valore dell'immobile attraverso la molti plicazione del
reddito catastale per i coeffi cienti stabiliti dalla legislazione vigente in Italia ;
e) L' esecu zione di lavori di costruzione, ristrutturazione o straordinaria man uten zione per un
valore superio re alla som ma mini ma fissata dalla delibera 20.
4675 A questi att i occo rre aggi ungere, ai sensi del can. 1297, la locazio ne di immob ili di va lore
superiore alla so mma minima fissata dalla delibe ra 20, ecce tto il caso che il locatario sia un ente
eccles iastico, seco ndo quanto determinato da ll'art. 3 della de libera 38 de lla CEI.
Per la valid ità di ta li atti è necessario e sufficie nte il provved imento del Vescov o dioce sano
con il con senso del Consiglio per gli affari econo mici e del Collegio dei cons ultori; non si richiede
in ness un caso la licenza dell' autorit à superiore, q ualunque sia il valore de ll' affare, salvo che -
co me sopra richia mato - il negoz io rientri nella pre visione del can . 1295 in co nsidera zione degli
ele menti concre ti che lo caratterizza no.
Il decreto dci Vescovo diocesano, controfirmato dal cancell ie re, deve menzionare il co nsenso
dei due organi consultivi e la data delle rispettive sedute. Non è necessario pertant o né opport uno
esibire a terzi il verbale delle adunanze degli organi consultivi della diocesi».
Se lo ritiene opportuno, il Vescovo può anc he affidargli altri com piti. come ad
ese mpio:
l ? La vigilanza sull'amminist razione di tutt i i beni appartenenti alle persone giu-
ridiche pubbliche soggette alla sua autorità (ca n. 1276, § l).
2 0 L'ammin istrazione diretta dei ben i di una person a giuridica pubb lica, che per
diritto o per tavo la di fondazione o per statu to non abbia am ministratori propri (ca n.
1279, § 2).
Pcr le disposizioni de lla CE I, v. l vol., nn. 2298-2299.
CAN. 1280- Quaevis persona iuri- Qualsiasi persona giuridica abbia il pro-
dica suum habeat consilium a re- prio consiglio per gli affari economici, o
bus oeconomicis veI saltem duos almeno due consiglieri, che coadiuvino
consiliarios, qui administratorem, l'amministratore nell'adempimento del
ad normam statutorum, in mu- suo ufficio, a norma degli statuti.
nere adimplendo adiuvent.
CAN. 1281 - § 1.Firmis statutorum § l. Ferme restando le disposizioni de-
praescriptis, administratores inva- gli statuti, gli amministratori pongono in-
lide ponunt actus qui fines modum- validamente gli atti eccedenti i limiti e le
que ordinariae administrationis ex- modalità dell'amministrazione ordinaria,
cedunt, nisi prius ab Ordinario fa- se prima non abbiano ottenuto in iseritto
cultatemscripto datam obtinuerint. l'autorizzazione dell' Ordinario.
o da una legittima consuetudine (per es. l'economo generale, provinciale o locale de-
gl'Istituti religiosi: can. 636, § I), e salvo il diritto dell'Ordinario d'intervenire in caso
di continuata negligenza o anche di reiterati abusi da parte dell'amministratore. Un
diritto indeterminato e, di conseguenza molto ampio, che gli dà facoltà non solo di
richiamare l'amministratore, ma anche - si casus ferat - di sostituirlo (Communica-
tiones, a. 1980, p. 415, can. 23).
4680 1279, § 2 (1521, § 1 *) S'ipotizza nel paragrafo l'eventualità che la persona giuridica
pubblica non abbia - né per diritto, né per tavola di fondazione, né per statuto - un
amministratore proprio. In questo caso, la nomina dell'amministratore spetta all'Ordinario,
che può scegliere a suo libero giudizio la persona idonea, uomo o donna tCommurucatio-
nes, a. 1980, p. 416, can. 24). L'incarico è triennale, con possibilità di conferma.
Le norme contenute nei due paragrafi del can. 1279, riguardano solo le persone giuridiche
ecclesiastiche di carattere pubblico.
3° Se negli statuti no n è sta bil ito quali sia no gli atti di amministrazione stra or di-
naria, la loro determina zio ne per le persone giur idiche soggette al Vescovo di ocesano,
spe tta al Vesco vo stesso, udito il parere dci Con sigli o per gli affari econo m ici. Ovvia-
me nte. eg li te rrà a nche co nto delle norm e emanate dall a Co nferenza Epi scop ale, d i c ui
al ca n. 1277.
(can. 116 § l), cd è questo l'elemento che le caratterizza, distinguendole dalle persone
giuridiche private. Di conseguenza, tutti coloro, sia chierici che laici, i quali hanno parte
nell'amministrazione dei loro beni (beni ecclesiastici), san tenuti ad adempiere i loro
compiti in nome della Chiesa, ossia nel suo spirito, in conformità con la sua natura e
la sua missione, e nell'osservanza delle norme prescritte (ad normam iuris). Tale prin-
cipio vale non solo per gli amministratori propriamente detti, ma anche per i membri
degli organismi di assistenza e di vigilanza, sia che agiscano collegialmente, sia indivi-
dualmente: omnes qui partes habent.
Contro coloro che non adempissero il loro dovere a norma del diritto e degli statuti
o commettessero abusi, l'autorità a cui compete il diritto di vigilanza può assumere i
provvedimenti necessari (v. ad esempio il can. 1741, n. 5, relativamente al parroco).
7° accepti et expensi libros bene 7° tenere ben in ordine i libri delle en-
ordinatos habere; trate e delle uscite;
8°rationem administrationis sin- 8° compilare al termine di ogni anno il
gulis exeuntibus annis componere; rendiconto dell' amministrazione;
9° documenta et instrumenta, 9° ordinare debitamente i documenti e
quibus Ecclesiae aut instituti iura gli strumenti sui quali si fondano i diritti
in bona nituntur, rite ordinare et patrirnoniali della Chiesa o dell' istituto, e
in archivo convenienti et apto cu- conservarli in un archivio conveniente e
stodire; authentica vero eorum adatto; depositare poi copia autentica dei
exemplaria, ubi commode fieri medesimi nell'archivio della curia, se ciò
potest, in archivo curiae deponere. si possa fare senza difficoltà.
§ 3. Provisiones accepti etexpen- § 3. Si raccomanda vivamente agli am-
si,utab administratoribus quotan- ministratori di redigere ogni anno il bilan-
nis componantur, enixe commen- cio preventivo delle entrate e delle uscite;
datur; iuri autem particulari relin- si lascia al diritto particolare di renderlo
quitur eas praecipere et pressius obbligatorio e di determinarne dettagliata-
determinare modos quibus exhi- mente le modalità di presentazione.
bendae sint.
CAN. 1285 - Intra limites dumta- È consentito agli amministratori, entro i
xat ordinariae administrationis fas soli limiti dell'amministrazione ordinaria,
estadministratoribus de bonis mo- fare donazioni a scopi di pietà o di carità
bilibus, quae ad patrimonium sta- cristiana dai beni mobili, che non fanno
bile non pertinent, donationes ad parte del patrimonio stabile.
fines pietatis aut christianae cari-
tatis facere.
4688 1284, § 2 Segue nel secondo paragrafo un elenco dettagliato dei principali obbli-
ghi degli amministratori:
l " Vigilanza sulla conservazione dei beni amministrati, anche mediante contratti di
assicurazione, se necessario (quatenus opus sit),
0
2 Tutela della proprietà patrimoni ale, in forme civilmente valide.
30 Osservanza delle norme prescritte dal diritto canonico c civile, c delle disposi-
zioni stabilite dal fondatore o donatore o dalla legittima autorità.
0
4 Riscossione tempestiva dei redditi, debita conservazione, impiego secondo la
volontà del fondatore o donatore o le prescrizioni delle legittime norme.
50 Puntuale osservanza delle scadenze di eventuali obbligazioni contratte per
mutuo o ipoteca.
6 Collocazione oculata delle somme attive con il consenso dell'Ordinario, impie-
0
1 Cfr. l' Enc. Laborem exe rcens di Giovanni Paolo Il. 14 settembre 1981. in particolare la IV
parte : Diritti degli uomini del lavoro (nn. 16-23). Cfr. L. C IIIAPPF.1TA, 1/ lavoro ali/a no nell'Enc.
"Laborem exercens" di Giovanni Paolo Il, Ed. Dehoniane, Napoli 1982. pp. 189-224.
552 Ll HRO V - J be ni temporalidella Cbìcsu
§ l ). Ai fin i d i un effettivo eserc izio d i qu esta vig ilanza, il canone pre scr ive che g li
am mi nistratori, c hierici e lai c i, d i qu a ls iasi ben e ecclesiastico, che non siano leg itti -
mam ente esenti dall a gi urisdizione del Vescovo diocesano (co me, ad ese m pio , g l' Isti-
tuti d i di ritto po ntificio, a no rm a dei cann . 59 1, 593 , 732), presentin o annu almente il
re nd ic onto de lla propri a gestio ne (can. 1284, § 2, n. 8) all' Ordinario del luogo, che
lo far à esamin are c oll eg ialmente da l Consigli o diocesan o per gli affari econ omici ].
La norm a è assolutamente precett iva, per cui vie ne escl usa e riprovata og ni cousue-
tudine contraria, co n le consegue nze gi uridiche d ispos te ncl ca n. 5, § I. Re stan o per a ltro
in vigo re i privilegi eve ntualme nte concessi dalla Sede Aposto lica (cann. 4 c 78, § I).
4693 Il Codice tratta in particolare, in altri canoni, dell'obbligo del rendiconto da parte delle asso-
ciazioni pubbliche. degli amministratori degl' Istituti religiosi, dci monasteri "sui iuris", delle case
religiose di diritto diocesano, dell'amministrazione parrocchiale, degli esecutori di pie volontà.
l " Le associazioni pubbliche devono rendere conto annualmente della loro amministrazione
all' Autorit à ecclesiastica competente: la Santa Sede, la Conferenza Episcopale, il Vescovo dioce-
sano, secondo che si tratti di associazioni di carattere universale o internazionale, di carattere
nazionale, di carattere diocesano (cann. 3 12, § l ; 319, § I). Alla medesima autorità, si deve anche
presentare il rendiconto dell'i mpiego delle offerte e delle elemosine raccolte (can. 3 19. § 2).
2° Gli economi e gli amministratori degl' Istitutl religiosi devono presentare il proprio rendi-
conto all'a utorità competente. «nel tempo e nel modo stabilito dal diritto proprio - (cari, 636, § 2).
3° I monasteri "s ui iuris" e le case religiose di diritto diocesano presentano il rendiconto
all'O rdinario del luogo (can. 637).
4° L' amministratore parrocchiale, al nuovo parroco titolare della parrocchia (can. 540, § 3).
5° Gli esecut or i di "pie volont à" . all'Ordinario, dopo l'asso lvimento dell' incarico (can.
1301. § 2)'.
4694 1287, § 2 L'ammi nis trazione dci beni ecclesiastici deve av ere a nc he la sua " tra spa-
Vescovo diocesano, presenteranno il rendiconto annuale all' autori tà da cui dipendono: cfr. cann.
319 e 636.
, Le persone giur idiche l' rivale amministrano liberamente i propri beni. a norma degli statuti
(can. 1257, cfr. anche can. 325), per cui non sono per sé obbligate a rendere eonto della loro
amministrazione. Senza dubbio sono anch'esse soggette alla vigilanza della competente autorità
ecclesiastica, che ha il diritto e il dovere di assicurarsi che i beni vengano impiegati effettivamente
per i fini previsti (can. 325), ma questo non comporta necessariamente l'obbligo del rendiconto.
L' amminis trazione dci hcni ecc lesiastic i 553
renza" , speci alm ente circa le offerte fatte dai fedeli. Questo contribuirà a far cadere non
pochi pregi udizi sulle pretese ricchezze della Chiesa e incoraggerà i fedeli a sosten ere
eco nomicamente le attività di culto e le opere di apos tolato e di carità. Si stabilisce ,
perta nto, che gli amministratori diano conto anche ai fedeli dell'impiego fatto delle loro
offerte ", osservando le modalità stabilite dal diritto partico lare . Ovviamente, più che un
rendiconto formale, si tratta di una informazione che può essere dala anche in chiesa,
ora lmente.
, Nello sc hema esa minato il 13 novembre 1979 dal Gruppo di Studio "De bonis Ecclesiae
tcmp oralibus" era contenuta la clausola "ni si iusta causa aliud suadeat" (Commun tcutiones . a. 1980.
p. 42 0, can . 3 1, § 2 ). Tale clauso la fu success ivamente soppre ssa tCommunicationes , a. 1984. p.
34, ca n. 1238. § 2l e il rendimento ai fedeli ha carattere obbli gatorio in ogn i caso.
(, Per gl' Istituti religiosi e le Societ à di vita apostolica cleri cali e di diritto pontificio, l' Ordì-
nario di cui parla il canone è il S uperior e maggiore dete rminato dal diritto proprio (can. 134. § Il.
Tratt andosi di altri Istituti e Società, occ orre la licenza dell'Ordinario del luogo.
554 LIBROV - I beni temporali della Chiesa
non è consentito. Ricorda inoltre che, se da esso sia derivato un danno alla Chiesa
(Chiesa, nel senso ampio del can. 1258), si è obbligati giuridicamente, oltre che moral-
mente, al debito risarcimento.
- Lo Stato continua ad esercitare tino al 31 dicembre 1986 la tutela per gli atti eccedenti
"ordinaria amministrazione dei benefici ecclesiastici.
Dal l° gennaio 1987 e fino al dicembre 1989, i benefici eventualmente ancora esistenti non
possono effettuare alienazioni di beni e altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione senza i
provvedimenti canonici di autorizzazione. l contralti di vendita devono contenere gli estremi di tale
autorizzazione, che determina anche le modalità di reimpiego delle somme ricavate (art. n. 52).
Tale dovere di vigilan za co mprende alcuni compiti che co mporta no l'esercizio dell a
pote stà esecu tiva (ad ese mpio, licenz a per g li atti di straor dinaria amministrazio ne) e
altri compit i che non comportano tale pote stà (ad esemp io, esame dei bilanci, ispe zioni
amministrative, consulenza tecnic a e giuridica) .
Il Vescovo affida ahitualmente ad altri questi ultimi : in co ncreto, o a ffida ta l co m-
piti all'eco nomo (cfr. can. 1278) ovvero , qualora non ritenga opportuno riunire in un
so lo ufficio i compiti di amministrazione de i heni dell'ente diocesi e di vigila nza sugli
altri enti . ad altro officiale della curia (denominato correntem ente direttore dell'ufficio
amministrati vo diocesano).
Si tenga presente che all' Or dinario del luogo compete anche l' esercizio della vigi-
lanza sull'attività amm inistrati va dell e assoc iazio ni private di fedeli, ai se nsi c nei limit i
de i cann. 305 e 335» (n. 20).
I Principali divisioni. l co ntratt i possono esse re classificati in vari modi. secondo le loro
Titolo III
I contratti e in particolare l'alienazione
CAN. 1290 • Quae ius civile in Le nonne stabilite in ciascun territorio
territorio statuit de contractibus dal diritto civile, relativamente sia ai con-
tam in genere, quam in specie et tratti in genere che ai co ntraili in specie,
de solutionibus, eadem iure cano- com e pure ai pagamenti, siano anche os-
nico quoad res potestati regiminis servate in forza del diritto canoni co circa
Ecclesiae subiectas iisdem cum i beni soggetti alla potestà di governo del-
effectibusserventur, nisi iuri divi- la Chiesa e con gli stessi effe tti, trann e
no contraria sint aut aliud iure che siano contrarie al diritto divino o che
canonico caveatur, et firmo prae- il diritto can onic o pres cr iva diversam ente,
scripto can. 1547. e renna restando il dispo sto del can . 1547 .
, Prima del 1918, la Chiesa seguiva in materia contrattuale il diritto romano, recepito dovun-
que, quasi universalmente, durante il Medio Evo. La sostituzione del diritto romano col diri tto
civile proprio di ciascuno Stato, fu una necessità formale c sostanziale che s'im pose da sé.
, Si discute fra i canonisti se le norme civili emanate per i contratti, valgano anche in rapport o
alla "capacitas contrahendi" delle persone. Sembra che la risposta debba essere affermativa, poiché
il canone recepisce le dette leggi senza alcuna limitazione, escludendo solo quelle che fossero in
contrasto con le leggi divine o con le norme canoniche, e fermo restando il disposto del cali. 1547.
Cfr. ad esempio il can. 1299, § I, in forza del quale chi per diritto naturale o canonico ha la capacità
di disporre liberamente dei propri beni. può destinarli in favore di cause pic sia con atto tra vivi
sia per atto "mortis causa", anche se questa capacità gli sia negata dal diritto civile.
4 Per la legislazione italiana. cfr. gli aru . 272 1-2776 dcl Codice Civile.
558 LIBRO V - I beni tcmporuli della Chiesa
a) Sia la nozione di contralto in genere, definito ad esempio nell'alt. 1321 del Codice Civile
Italiano: «L'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto
giuridico patrimoniale».
b) Sia la nozione dci singoli contratti, come ad esempio:
- La vendita: «II contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o
il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo» (alt. 1470).
- La locazione: "II contratto col quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa
mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo» (art. 1571).
- Ilmandllto: «Il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici
per conio dell'altra» (art, 1703).
- Il deposito: <di contralto col quale una parte riceve dall'altra una cosa mobile con l'ob-
bligo di custodirla e di restituirla in natura» (art. 1766).
- Il mutuo: <di contratto col quale una parte consegna all'allra una determinata quantità di
danaro o di altre cose fungibili, e l'altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie
e qualità» (art. 1813).
- Lajideiu.uione: «È fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore,
garantisce l'adempimento di una obbligazione altrui» (art, 1936).
- La transazione: «Il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono
fine a una lite già incominciata o prevengono una lite ehe può sorgere tra loro» (art. 1965).
2° C he il bene faccia parte de l patrimonio stab ile dell ' ente per leg ittima assegn a- 4710
zio ne (ex legitima assignatione): per es . un ed ificio, un fon do , a nc he i be ni mobi li (can.
1285 ) costituenti la "do te" de ll 'ente stesso, oss ia la base eco nomica nece ssaria per la sua
vita e la sua atti vit à. Il patrimon io stabil e si distingu e dal cos iddetto "patri mo nio tl ut-
tua nte" , q ua li so no , ad ese mpio, il prodotto di un fo ndo o di una ind ustria , le pubb lica -
zio ni di un a casa edi tr ice , la produzio ne di una ca sa discogr afica, il da naro non
capitalizzato, ecc. '.
3° C he il va lore del be ne da alie nare superi il lim ite fissato dal diritto.
l" Se il valore del bene è compreso tra la somma minima e la somma massima
stabilita dalla Conferenza Episcopale, con approvazione da parte della Santa Sede (Com-
municationes, a. 1984, p . 35, can. 1243, § 1)6:
- Trattandosi di persone giuridiche pubbliche soggette al Vescovo diocesano,
l'autorizzazione è di competenza del Vescovo stesso, col consenso del Consiglio per gli
affari economici, del Collegio dei Consultori c inoltre dell'ente interessato. Il consenso
del Consiglio diocesano per gli affari economici e dcI Collegio dei Consultori è neces-
sario al Vescovo anche per l'alienazione di beni appartenenti alla diocesi.
- Trattandosi di persone giuridiche non soggette al Vescovo dioc esano, l'autorità 4712
competente è quell a determinata dai propri statuti.
- Trattandosi d'Istituti rel igiosi , d'I stituti seco lari (can. 718 ) e di Socie tà di
vita aposto lica (ca n. 74 I. § l ), si applica il can. 63R, § 3, in cui la co mpete nza è
attribuita al Supe riore indicato dalle costituzioni, co n il consenso del suo co nsiglio .
La somma minima e mas sima tuttavi a, come risult a dallo stesso canone, non è deter-
min ata dall a Con ferenza Epi scopale, ma di rettament e dalla Santa Scd c per le singo le
reg ioni . Nel caso d 'I stituti e di Societ à di diritto dioce sano oppure di mon aste ri "s ui
iuri s" di c ui al can . 615, è anche neces sari o il co nsenso sc ritto dell 'Ordi nario del
luogo (can. 638, § 4).
2° Se il valore dei beni supera il limite massim o stabilito, per la validità de ll'a lie- 4713
nazione si rich iede inoltre (insuper) la licenz a della Sant a Sede.
3° Se si tratt a di doni votivi fatti alla Chiesa (qualunque sia il loro valore e anche
se il donatore dia il suo consenso: Congregazione del Concil io, 14 genna io 1922: X.
OCHOA, Leges Ecclesiae, l, n. 385 , coll . 417-418, nn. II-III), - op pure si tratta di oggetti
preziosi per valore intrin seco, artistico o stori co, si richiede similmente e "insuper" per
la loro valida alienazione l'autorizzazione della Sede Apo stolic a".
Per la sa nazio nc prevista co ntro chi alienasse un bene ecclesiastico "sine praescripta liccnti a" ,
v. can. 1377.
2) Il dovere delle persone a cui spetta dare il consenso o il parere prescritto 4715
1292, § 4 Tal i persone de vono es primere il loro consenso o pare re con respon sa-
bilit à e rettitudine (cfr. anche can. 127, § 3). È un dovere morale , oltre che gi uridico .
A termine dcI canone , il loro obbligo concreto è duplice:
- Render si conto dell'esatta situazione econ omic a della person a giuridica , i cui
beni s' intendono alienare
- Con sider are le alienazioni già effettu ate
7 A nonna della Ci rcolare della Congregazione per il Clero in data l 1 aprile 1971, « ili
rem itt endi s petiti onibus a d lic entiam (S anc tae Sed is ) obrinendam . clare ind ic etur vot um
Corn mission is de Art e Sacra necnon de Sacra Liturgia, et , si cas us ferat , ctiarn de Musica Sacra.
virorurnque peritorum, et pro unoquoque casu attendatur ad lege s civiles de hac re vigenres» (X.
O CHIl A. Leges Ecclesiae, IV, n. 3964. col. 5990, n. 7).
562 LIBRO V - I beni temporali della Chiesa
, Da tener presente: un contratto invalido non può essere sanato se non dal Romano Ponte-
fice, in virtù della sua autorità suprema, anche con pregiudizio di terzi, se il bene comune lo esiga.
Nessuna autorità inferiore dispone di tale facoltà, a termine del can. 86. Cfr. a tal riguardo la
"Risoluzione" della Congregazione del Concilio, in data 17 maggio 1919 (X. Ocuox, Leges
Ecclesiae, I, n. 181, colI. 205-207).
I contralti 565
CAN. 1297 - Conferentiae Episco- Spetta alla Confere nza Ep iscop ale , co n-
porum est,attentis locorum adiun- siderate le circo stanze locali, stabilire nor -
ctis, normas statuere de bonis Ec- me circa la loc azione d ei beni d ella Chie-
clesiae locandis , praesertìm de Ii- sa , so pratt utto c irca la licen za da ottene re
centia a competenti auctoritate ec- dalla co mpete nte autorità ecclesiastica.
clesiastica obtinenda.
CAN. 1298 - Nisi res sit minimi Tranne c he si tratti di c osa d i m in im o
momenti , bona ecclesiastica pro- va lore , i beni ec cl esiastic i non de vono
priis administratoribus eorumve essere venduti né d ati in loc azion e ai pro-
propinquis usque ad quartum con- pri am mi nistratori o ai loro co ngi unti fino
sanguinitatis vel affinitatis gra - al quart o grado di consan guineit à o di af-
dum non sunt vendenda aut lo- finità, senza un a specia le licen za scritta
canda sine speciali competentis d ell ' auto rità co m pete nte .
auctoritatis licentia scripto data.
') Cfr. " Yademecum" per l'amministrazione della Parrocchia, Diocesi di Roma. 1994. n.9,3.2. p.68.
Le pie vo lo nlà 567
1. Introduzione 4731
Il titolo IV tratta delle pie volontà in genere e dell e pie fondazion i, che delle pie
volontà costituiscono un a particolare importante varietà.
Alcuni hanno criticato la collocazione delle cause pie nel V libro dcI Codi ce; in
effetti sembrano qua si fuori posto. La difficoltà fu avverti ta fin dall ' inizio dall o stesso
gr uppo dei Consultori : «No n omnia qu ae in ei s ordinantur, ad ius patrimoniale Ecclcsiae
prop rie pèrt inent», Si deci se comunque, per mot ivi di carattere tecni co , di co lloca re le
pie volo ntà alla fine del V libro De bonis Ecclesiae temp oralibus. come "a ppendice"
tCommun icationes, a. 1973, p. 101, penult. cpv .).
Biso g na per altro riconoscere che la trattazi one dell a materia pre senta una magg iore
completezza e organicità di fronte al Codice precedente. [n effetti , le norme del Codice
pio-henedettino risultavano formulate in modo piuttosto di sarticolato come appare dalla
semplice enumerazione dei canoni: 1489-1494, 1513-1517.
Notevoli sono anche le innovazioni. Fra le più importanti rilevi amo: 4732
IO Una più chiara e logica defin izione delle fond azioni. in cui sono comprese non
solo le fond azioni non autonome, di cui al can. 1544, § l, del Codice anteriore, ma anche
quelle autonome, dette precedentemente "istituti ecclesiastici non coll egiali ", di cui al can.
1489 ss. dci medes imo Codice 1917 tCommunicationes. a. 1977, pp. 272-273).
2 0 La tra ttazione unit aria dell e pie volontà e delle pie fondazioni : «Piac voluntates
simul cum piis fundation ibus tractantur, quia in praxi intime conectuntur- iCommuni-
cationes, a. 1973 , p. 10 1, penul timo cpv.).
3 0 " ricono scimento di pi ù ampie facoltà a i Vescovi di ocesani e ag li Ordinari circa
la ridu zione degli one ri annessi alle caus e pie e gli on eri di Me sse, co nformemente al
"principio di sussidiarietà" , per cui restano co nfermate le facolt à co nce sse circa tale
materia in do cumenti post-concili ari , quali il M.P. Pasto rale munus di Paol o VI, 30
no vembre 1963 (I, 11-12), e il M.P. Firma iII traditione del medesimo Pontefice, 13
giugno 1947 (cfr. Communicationes, a. 1977 , p. 273, ultimo cpv.).
I Le pie volontà danno origine alle cause pie. che, ovviamente. sono di due specie: ecclesia-
stiche e laicali.
Sono ecclesiastiche, se i loro beni rispondono al concetto determinato nel can. 1257, ossia se
sono affidati a una persona giuridica ecclesiastica pubblica, oppure costituiscono una fondazione
autonoma, eretta dalla competente autorità ecclesiastica in ente giuridico pur esso di carattere
pubblico (can.1303, § I). Sono laicali, se i beni, anche se destinati a un fine religioso o caritativo,
sono affidati a una persona fisica oppure a una persona giuridica di carattere privato. Canonica-
mente, tuttavia, fondazioni non autonome s'intendono soltanto quelle i cui beni sono affidati a
persone giuridiche ecclesiastiche pubbliche (Commun ìcationes. a. 1973, p. 102, n. 47).
J beni delle cause pie ecclesiastiche sono soggetti alla normati va dell'attuale titolo IV del
Codice. I beni delle cause pie laicali sono per sé disciplinati dai propri statuti (can. 1257, § 2), salva
la potestà dell'Ordinario, esecutore di tutte le pie volontà (can. 1301 , § I), che, come tale ha il
diritto e il dovere di vigilare opportunamente perché le pie volontà siano adempiute con diligenza
e al quale gli altri esecutori, assolto il loro compito, son tenuti a rendere conto del proprio operato
(can. 1301 , § 2).
568 LIBRO V - I beni temporali della Chiesa
Titolo IV
Le pie volontà in genere e le pie fondazioni
CAN. 1299- § 1. Qui ex iure natu- § 1. Chi per diritto naturale e canonico
rae et canonico libere valet de suis ha la capacità di disporre liberamente dei
bonis statuerc, potest ad causas propr i beni, può destinarli ad una causa
pias, sive per actum inter vivossi- pia sia con atto tra vivi sia per atto mortis
ve per actum mortis causa, bona causa.
relinquere.
§ 2. In dispositionibus mortis § 2. Nelle disposizioni a causa di morte
causa in bonum Ecclesiae serven- a benelicio della Chiesa, si osservino , se è
tur, si fieri possit, sollemnitates possibile, le formalità prescritte dal diritto
iuris civilis; quae si omissae fue- civile; se queste fossero state omesse, gli
rint, heredes moneri debent de eredi devono essere ammoniti circa l'ob-
obligatione, qua tenentur, adim- bligo, a cui son tenuti, di adempie re la
plendi tcstatoris voluntatem. volontà del testatore.
lnter vivos, se la disposizione ha effetto durante la vita del suo autore: di regola,
segue immedi atamente alla posizione dell'atto. Per es., una dona zione .
Mortis causa, se l' effetto ha luogo solo dopo la morte . Esemp io il testamen to".
! Le disposizioni "rnortis causa" sono sempre revocabili. L'e spressione tipica è il testamento ,
definit o dall'art. 587 del Codice Civile Italiano: «Un atto revocabile con il quale taluno dispone.
per il tempo in cui avrà cessato di vivere. di tutte le proprie sostanze o di parte di esse».
Le pie volon tà 569
CAN. 1300 - Voluntates fidelium Le volontà dei fedeli, i quali don ano o
facuitates suas in pias causas do- lasci ano i loro beni per cause pie sia con
nantium vel relinquentium, sive atto tra vivi sia per atto mortis causa, una
per actum inter vìvos sive per vo lt a legittimamente ac c e ttate , s ia no
actum mortis causa, legitimc ac- adempiute scrupo losame nte anche circa il
ceptatae, diligentissime implean- modo di ammini strare e d'impiegare i
tur etiam circa modum admini- beni , ferm o restand o il d isposto del can.
strationis et erogationis bonorum, 1301 , § 3.
firmo praescripto can. 1301, § 3.
CAN. 1301 - § 1. Ordinarius om- § l. L'Ordinario è l'esecutore di tutte le
nium pia rum voluntatum tam pie volontà, sia mortis causa che inter
mortis causa quam inter vivos vivos.
exsecutor est.
§ 2. Hoc ex iure Ordinarius vigi- § 2. In forza di questo diritto, l'Ordina-
lare potest ac debet, etiam per vi- rio può c deve vigilare, anche medi ant e
sitationem, ut pia e voluntates im- visita, perché le pie volontà siano adem-
pleantur, eique ceteri cxsecuto- piut e, e gli altri ese cutori, assolto il loro
res, perfuncti munere, reddere incari co, san tenuti a rendergliene conto.
rationcm tenentur.
§ 3. Clausulae huie Ordinarii § 3. Le clausole che fossero state ag-
iuri contrariae, ultimis voluntati- giunte alle ultime volontà in contrasto co n
bus adiectae, tamquam non ap- questo diritto dell'Ordinario, si con sideri-
positae habeantur, no come non apposte .
non esime dall'obb ligo canonico, tranne che una particolar e norma determini la legge
natura le' .
Le persone a cui spetta - in particolare l'Ordinario di cui al ean. J 34, § I (can. 4737
130 1, § I) - sono per sé tenuti (debent) ad avvertire gli eredi del loro obbligo, trann e
che l'ammo nimento sia del tutto inutile o, a causa di particolari moti vi pastorali , risulti
inopp ortuno .
Ne llo Schema esam inato dal Grup po di Studio " De bonis Ecclesiae tcmporalibux" nella seduta
del 15 novembre 1979, l'obbl igo era qualificato "ex iustitia", ma l' espressione. ritenuta troppo
rigida (nirnis rigida), venne opportunamente omessa (Communica tiones. a. 1980, p. 429, can. 45).
, È, ad esempio. il cas o della quota di legittima spettante ai figli, e che il padre non può certo
disattendere. Una disposizione del genere violerebbe il diritto naturale, e i figli, escl usi in un modo
così palesemente ingiusto, non hanno alcun obbligo di esegu irla. - Per la legislazione italiana, v.
art. 536 del Cod icc Civile, sostitu ito dall'art. 172 della Legge 19 maggio 1975, n. 151. relativa alla
Riforma dcI Diritto di Famiglia.
570 LIBRO V - l beni temporali della Chiesa
CAN. 1302· § 1. Qui bona ad pias § I. Chi riceve fiduciariamente dei beni
causas sive per actum inter vivos destinati a cause pie, sia con atto tra vivi
sive ex testamento fiduciarie acce- sia con testamento, deve informarne l'Or-
pit, debet de sua fiducia Ordina- dinario, indicandogli tutti i detti beni, mo-
rium certiorem reddere, eique bili e immobili, con gli oneri annessi; se il
omnia istiusmodi bona mobilia vel donatore glielo avesse espressamente c
immobilia cum oneribus adiunctis assolutamente vietato, non accetti la fidu-
indicare; quod si donator id ex- cia.
presse et omnino prohibuerit, fio
duciam ne acceptet.
§ 2. Ordinarius debet exigere ut § 2. L'Ordinario deve esigere che i beni
bona fiduciaria in tutocollocentur, fiduciari siano collocati in modo sicuro;
itemque vigilare pro exsecutione nello stesso tempo, deve vigilare sull' ese-
piae voluntatis ad normam can. cuzione della pia volontà a norma del can.
1301. 1301.
§ 3. Bonis fiduciariis alicui soda- § 3. In caso di beni fiduciari affidati ad
li instituti religiosi aut societatis un membro di un istituto religioso o di
vitae apostolicae commissis, si una società di vita apostolica, se i detti
quidem bona sint attributa loco beni sono destinati ad un luogo o ad una
seu dioecesi eorumve incolis aut diocesi o ai loro abitanti o a favore di cause
piis causis iuvandis, Ordinarius, pie, l'Ordinario, di cui ai §§ l e 2, è l'Or-
de quo in §§ l et 2, est loci Or- dinario del luogo; in caso diverso, è il
dinarius; secus est Superior maior Superiore maggiore nell' istituto clericale
in instituto clericali iuris pontificii di diritto pontificio e nelle società clerica-
et in clericalibus societatibus vitae li di vita apostolica di diritto pontificio,
apostolicae iuris pontificii, aut oppure l'Ordinario proprio del religioso
Ordinarius eiusdem sodalis pro- fiduciario negli altri istituti religiosi.
prius in aliis institutis religiosis.
me), non solo nel suo contenuto sostanziale, ma anche circa il modo di amministrare c
d'impiegare i beni, fermo il prescritto del can. 1301, § 3, posto a tutela del diritto
dell'Ordinario.
4 Il compito dell'Ordinario come "esecutore nato" delle pie volontà, non è da confondere
con le attribuzioni proprie dell'esecutore testamentario, previsto dalla legge civile. Di regola
grava sull'Ordinario solo il dovere della vigilanza (cfr. Communicationes, a. 1980, p. 429, can.
47, 2 0 cpv.).
Le pie volontà 571
b) Tut ti gli altri esecutori - qualun que sia il loro ufficio o la loro autorità -
assolto il proprio incari co, son tenuti a renderglien c conto .
1301 , § 3 c) Il di ritto dell'esecut ore nato è inderogabil e, per cui le eventu ali clau-
sole annesse alle ultime disposizioni in contrasto con esso, si co nsiderano come non
apposte.
1302, §§1-2 d) Son o sogge tte alfa vigilanza dell'Ordinario anche le disposizioni 4741
fiduciarie a favo re di cause pie, oss ia i beni che una persona riceve sia con atto "inter
viva s" sia con testament o, con l' incarico d'impi egarli per partic olari lini religios i o
eccles iali. Chiunque - chierico, reli gioso o la ico, e non solt anto "c lericus vel
rel ig ios us", co m' era d ispo sto nel can . 1516, § l , de l Codice 1917 - rice ve
fiduciariamente tali beni , mobili c immobili , anche in forma riservata o segreta, è tenuto
ad informare temp estivamente l'Ordinario, indicandone co n esatte zza la natura e la
consistenza e gli oneri annessi. Se il donatore glielo avesse espressamente vietato
(expres se et omnino), il fiduciari o non deve accett are l'incarico. Se poi il divieto non
presenta questa rigidità. si può considerare come non apposto , analoga mente a l caso
previ sto nel can. 1301 , § 3.
L'Ordinario, da parte sua, deve esigere che i beni fidu ciari siano colloca ti in modo
sicuro (ili tuto). Nello stesso tempo, deve vigilare in mod o o pportuno sulla fede le ese-
cuzione della pia volontà, a norma del can. 1301.
572 LIBRO V· J beni temporali della Chiesa
1) Concetto e distinzione
1303, § l (1544 *) Come s'è già rilevato, fra le cause pie hanno una particolare
importanza le pie fondazioni, costituite di beni economici, mobili o immobili, destinati
ai fini indicati nel ean. 114, § 2: opere di pietà, di apostolato o di carità, sia spirituale
che temporale.
Si distinguono in fondazioni autonome e non autonome.
Le pie fondazioni autonome - denominate nel Codice precedente "istituti eccle-
siastici non collegiali" - sono erette in persona giuridica dalla competente autorità, a
norma del can. 114, § P.
Le pie fondazioni non autonome sono invece costituite di beni attribuiti in qual-
siasi modo (quoquo modo data) a una persona giuridica pubblica già esistente, con
l'onere di devolverne il reddito annuo o parte di esso per la celebrazione di Messe o di
altre determinate funzioni ecclesiastiche, oppure per la realizzazione dei fini di culto, di
apostolato o di carità, secondo l'accennato can. 114, § 2.
Le fondazioni autonome, in quanto persone giuridiche, sono ex se perpetue, a
termine del can. 120. Quelle non autonome restano in vita per un ampio spazio di tempo
(per diuturnum tempus), da determinarsi dal diritto particolare.
, Nelle nuove Norme concordatarie, è disposto che «le fondazioni di culto possono essere
riconosciute (civilmente) quando risultino la sufficienza dei mezzi per il raggiungi mento dei fini
e la rispondenza alle esigenzereligiose della popolazione» (Norme esecutive circa gli enti e i beni
ecclesiastici in Italia, 3 giugno 1985, art. 12).
Le pie volo ntà 573
2° Se i beni sono stati affidati ad una persona giuridica non soggetta al Vescovo
diocesano (altro caso ipotizzabile, compreso nell'avverbio "secus") - per esempio ad un
istituto di vita consacrata o ad una società di vita apostolica (cfr. Communicationes, a.
1980, pp. 432-433, can. 49) - passano alla detta persona, tranne che sia stato disposto
diversamente a termine del can. 1304, § 2, d'intesa col fondatore, nell'atto di costituzion e.
Fondazioni non autonome, costituite "in perpetuum". Nel Codice precedente, le fondazi oni 4745
non autonome, dette semplicemente " fondazioni" (can. 1544, ~ l ), potevano essere cos tituite sia "in
perpetuurn" che "in diuturnum ternpu s" (ca n. cit.), Nel nuovo Codice, le dette fondazioni sono
costituite solo "in diuturnum tempu s, iure particulari determinandum" (can . 1:\03 , ~ l, n. 2). Così
venne deciso all'inizio dal Celo dei Consultori : «Consulto omittuntur verb a in perpetuum, propter
progre ssivam bonorum vilescentiarn nostris ternporibus co mmunem» (Commu nicusiones. a. 1973,
p. 102, n 47) .
Successivamente, si ritornò alla disposizione del Cod ice precedente, e fu ammessa la possi-
bilità delle fondazioni non autonome costituite "in perpetuum": «Proponitur ut piae fundationes non
auton ornae constitui possint vel perpetuae vel in diuturnum ternpus, sicut est in vigenti Codi ce.
Quamvis enim Comrnissio aliquando accederet sententiae non admiuendi fundationes in
perpetuum, ob progressivam bonorum vilescentiam nosrri s ternporibus communem, tamen, re
matur ius perpensa, non opportunum cen suit vetitum ponere contra eo s qui piam fundarion em
perpetu am co nstituerc velint. Ad praecaven das autem diffi cultates ex fundati on ibus perpetuis folte
orit uras, ius parti culare co nditiones opportunas imponere potest vi can. 50 (sostanzialmente. l'at-
tuale ca n. 1304. § 2)>> (Co mmunicationes. a. 1977, p. 273 , 2° cpv.),
In un terzo temp o, nella seduta del 15 novembre 1979, si dispose nuov amente che le fonda-
zioni non autonome fossero costituite soltanto "in diuturnum tcrnpu s" : «Plurcs suggesserunt ut non
adrnitranrur onera in perpetuum, quia conditiones hodiernae oeco nomiae tales sunt ut diffic ulter
reditu s stabiles haberi possint ad onera in perpetuum implenda. Consultore s ornnes, lino tantum
exce pto, hanc suggcs tioncm recipiunt et approbants (Communicationes. a. 1980, p. 431. can , 49 ).
Considerato l'iter del canone e i motivi poco consistent i che hanno indotto il Ceto dei Consulto ri
a stabilire la temporaneità delle fondaz ioni non autonome, si può forse ritenere che la delta dispo si-
zione non abbia valore assoluto, e che il Vescovo diocesano c gli Ordinari d 'Istituti religiosi e di
Società di vita apostolica possano in casi particolari autorizzare la costituzion e di fondazioni non
autonome anche "in perpetuurn", con la clausola espressa che, in caso di svaluta zione (vilescentia)
dei beni costituenti la pia fondazione, gli oneri relativi si riducono "eo ipso" proporzionalmente.
La suddena norma del can . 1303. § 2, non riguarda comunque un legato di Messe lasciato
fiduciar iamente a una persona giuridica ecclesiastica pubblica, per es. un Seminario diocesano. Tale
lascito - per es. degli appartamenti o dei fondi - può avere anche carattere "perpetuo", senza alc un
divieto, qualora gli appartamenti o i fondi siano destinati a vantaggio del Seminario, e le Messe di
suffragio siano un semplice onere parziale (modus), di cui resterebbe gravato in perpetuo il Seminari o.
574 UBRO V - I beni tem porali del la Chiesa
CAN. 1305 - Pecunia et bona mo- Il danaro e i ben i mobili assegnati a ti-
bilia, dotationis nomine assignata, tolo di dotazione, siano depositati subito
statim in loco tuta ab Ordinario in un luogo sicuro, da approvars i d all 'Or-
approbando deponantur cum in dinario, allo scopo di custodire il danaro
finem, ut eadem pecunia vel bo- stess o o il ricavato dci beni mobili e d 'in-
norum mobilium pretium custo- vestirlo con cautela e utilmente al più pre-
diantur et quam primum caute et sto secondo il prudente giudizio del me-
utiliter sccundum prudens eiu- desimo Ordinario - sentiti per altro gl'in-
sdem Ordinarii iudicium, auditis tcrcssati e il proprio consiglio per gli affa-
et iis quorum interest et proprio a ri economici - a vantaggio della fondazio-
rebus oeconomicis consilio, collo- ne, con l'espressa e specifica menzione
centur in commodum eiusdem del]' onere.
fundationis cum expressa et indi-
vidua mentione oneris.
4748 1304, § 2 Il secondo paragrafo del canone riguarda sia le fondazioni autonome da
costituire sia quelle non autonome da accettare (ad constitutionern et accep tationern
fundationum). Per le une e per le altre, si lascia al diritto particolare (pontificio, nazio-
nale o diocesano) di stabilire ulteriori condizioni . Condizi oni più dettagli ate possono
essere stabilite anche dall'Ordinario competen te all 'atto della costituzione o dell'uccct-
tazione della fondazion e, d'int esa col fondator e.
" Valide, precisa l' attuale canone, ponend o così fine alla discussione esistent e nella dottrina
c alla incen ezza della giurisprud enza, in quanto tale avverbio mancava nel rispondente can. 1546
del Codice precedente .
7 «In acceptatione, constitutione et administratione fundationis patronus ecc lesiae nullum ius
habet», teneva a precisare il can, 1546, § 2, dci Codice precedente. La norma è stata omessa. perché
ritenuta superflua.
Le pie volontà 575
tuale ricavato dei beni mobili venduti. Tale deposito dovrà avere l'approvazione dell'Or-
dinario, definito dal can. 130I, § I, l'esecutore nato di tutte le pie volontà. Il suo
consenso è necessario anche per l'utile e prudente (caute et utiliter) investimento del
danaro, nell'interesse della fondazione. Per questa operazione, che va fatta al più presto
(quam primum), bisogna ascoltare inoltre il parere degl'interessati e del proprio Consi-
glio per gli affari economici (il Consiglio proprio dell'Ordinario).
- L'Ordinario (Vescovo diocesano e Presule ehe gli è equ iparato. Vicario gene-
rale ed episcop ale, Superiore magg iore d' Istituto religioso o di Società di vita apostolica
Le pie volontà 577
clericali e di diritto pontificio: can. 134, § l), può effettuare la riduzione degli oneri di
Messe, a causa della diminuzione dei redditi, se questo è previsto espressamente nelle
tavole di fondazione.
- Il Vescovo diocesano e i Presuli che gli sono equiparati tCommunicationes, a. 4754
1980, p. 434, 2° cpv.) - Il Vicario generale ed episcopale solo "de speciali mandato"
(can. 134, § 3) - a causa della medesima diminuzione dei redditi e finché questa
perduri, anche se non sia previsto nelle tavole di fondazione:
a) Hanno la facoltà di ridurre le Messe degli oneri o legati autonomi (per se stantia)
- aventi cioè dei propri cespiti, destinati a tale specifico scopo - secondo l'elemosina
legittimamente vigente in diocesi (can. 952), purché non ci sia nessuno che abbia l'ob-
bligo e possa essere costretto efficacemente a provvedere all'aumento dell'elemosina.
La facoltà è delegabile, perché annessa all'ufficio, e perciò ordinaria (can. 131, § I). Cfr.
Communicationes, a. 1980, p. 434, can. 55, ultimo cpv.).
b) Hanno similmente la facoltà di ridurre le Messe degli oneri o legati non
autonomi, gravanti cioè su istituti o enti ecclesiastici, ma solo nel caso che i relativi
redditi siano diventati insufficienti a conseguire convenientemente le finalità proprie
dell'{stituto".
- Il Moderatore supremo di un Istituto religioso clericale dì diritto pontificio ha 4755
le medesime facoltà, spettanti al Vescovo diocesano, relativamente ai legati di Messe,
autonomi e non autonomi, di sua competenza.
Il canone attribuisce tali facoltà solo al Moderatore supremo degl' Istituti religiosi. Ne restano
quindi esclusi i Superiori generali delle Società di vita apostolica, anche se clericali e di diritto
pontificio tCommunicationes. a. 1984, p. 37, can. 1260).
x Dal M.P. Pastorale munus di Paolo VI, parte I, n. 12, da cui la norma è stata tratta: «(II
Vescovo residenziale ha) similmente (la facoltà di) ridurre gli oneri o legati di Messe gravanti sui
benefici o altri istituti ecclesiastici, qualora il reddito del beneficio o dell'istituto sia divenuto
insufficiente all'onesto sostentamento del beneficiario e all'esercizio delle opere di sacro ministero
eventualmente annesso al beneficio, o al conveniente conseguimento del fine proprio dell'istituto
ecclesiastico» iEnchir. Va!.. voI. 2, p. 155, n. 98).
578 LIBRO V - J beni temporal i della Chiesa
contenimento (moderatio) riguarda i costi relativi; la commutazione (comm ulatio) è la sosti tuzione
di un atto o prestazione con un altro atto o prestazione.
Le pie volontà 579
in potenza. Il riconoscimento ci vile infatti d à effic aci a g iuridica all ' att o di dot azione:
fino a tale momento il patrimonio iniziale re sta di proprietà del fond atore, non della
fond azione.
AI fine di far coincidere g li effe tti giuridici dell ' att o d i fond az ion e nei du e
ordin amenti ca nonico e civi le , il Vescovo può opportunamente porre nel decreto di
erezione can oni ca la cla uso la fin ale: "G li effetti giuridi ci del pre sent e nostro decr eto
sono sos pes i nell'ordinamento canonic o fino alla data del riconoscimento ci vile dell a
fond azione stes sa" ».
4763 3) Opere
N. 122 : " Con il termine "o pera" e con quelli equi valenti di "centro" , "i stituto" e
simili, si intende un insieme di persone e di ben i organizzati per realizzare un a dell e
finalità inerenti alla mission e della Chie sa, di cui al can. 114, § 2.
L'opera può div entare soggetto di diritto se viene ere tta in persona giuridica e
ricon osciuta civilmente: in tal caso div enta una fondazione autonoma (opus [undatumi.
Fino a che non sia eretta in persona giuridica, l'opera rest a solo un'attività, che
richiede necessariam en te un sogg etto. Le opere possono essere promosse da una perso na
fisica, da più persone riunite in associazione di fatto , o vvero da una persona giuridica.
Si tenga presen te, in proposito. quanto sottolineato nel ca pitolo seco ndo della presen te
Istruz ione , al n. 13».
"Vademecum per l'amministrazione della Parrocchia". È un prontuario molto utile, pre-
parato da un gruppo di Economi delle Diocesi italiane per le Parrocchie, che può servire
d' integrazione alle norme e direttive contenute nel V Libro del Codice, anche per il suo contenuto
concernente le disposizioni concordatarie vigenti in Italia. Il volume. aggiornato al 30 settembre
1994, è stato già pubblicato da varie Diocesi: Roma, Milano, Brescia, Venezia, Reggio Calabria,
ecc. È conveniente avere una copia di tale "Vadernecum", come della "Istruzione in materia
amministrativa", pubblicata dalla CEI il ( 0 aprile 1992.
11 Vllihmdcl Codice 581
LIBRO VI
LE SANZIONI NELLA CHIESA
Il diritto penale, che nel Codice precedente seguiva al diritto pro cessuale col titolo 4764
De delictis et poenis (libro V) , nel nuovo Codice è collocato più corrett amente prim a col
titolo più ge ne rico De sanctionibus ili Ec clesia' . Il De delictis et poenis è di venuto
so ttotito lo de lla Il parte.
Il libro è diviso in due parti: i delitti e le pene in genere (cann . 131 1-1363); - le
pen e per i si ngoli delitti (cann. 1364-1399).
La prima parte comprende sei titoli, nei quali sono formulati i principi generali dell'ordina-
mento penale canonico:
J o La punizione dei delitti in genere: eann. 13 J 1-1312
2 0 La legge penale e il precetto penale: cann. 1313-1 320
3° Il soggetto passivo delle sanzioni penali: cann. 1321-13 30
4° Le pene e le altre punizioni: cann. 1331-1340
- Le censure: cann. 1331-1335
- Le pene espiatorie: cann. 1336-1338
- I rimedi penali e le penitenze: cann. 1339-1340
5° L'applicazione delle pene: cann. 1341-1353
6° La cessazione delle pene: cann. 1354-1363
La seconda parte si compone di sette capitoli:
I° Delitti contro la religione e l'unità della Chiesa: cann. 1364-1369
2° Delitti contro le autorità ecclesiastiche e contro la libertà della Chiesa: eann. 1370-1377
3° Usurpazione di ministeri ecclesiastici e delitti nel loro esercizio: cann. 1378-1 389
4° Delitto di falso: cann. 1390-1391
5° Delitti contro obblighi speciali: cann. 1392-1396
6° Delitti contro la vita e la libertà: cann. 1397-1398
7° Norma generale: can, 1399
Il nuovo diritto pen ale si presenta profondamente rinnovato, nel contenuto e soprat- 4765
tut to nello spirito". Si è effettuata in ess o una vera rifo rm a, animando il sistema pen ale
di un vivo sen so di "pastoralità", c he, del resto, pervade in modo aperto tutta la nuo va
leg islazione ca no nica.
In questa prospettiva , si è pro ceduto: 4766
a) A una netta semplificazione delle norme giuridiche: il nuo vo Codice ded ica al
diritto penale 89 canoni (1311-1399 ), di fronte ai 220 del Codice precedente (2195-
2414): una riduzione di quasi tre quinti.
I Il diritto penale sostantivo, che stabilisce i reati e le pene annesse, precede logicamente il
diritto penale fo rmale o proc essual e, il quale non fa che applicare il primo.
, La normativa penale precedente. pur apprezzata per la sua grande perfezione tecnica e
scientifica, risultava ormai da più anni del tutto inadeguata ai nuovi tempi e poco applicata.
582 LIBRO VI- Le sanzioni nella Chiesa
4767 In conformità con tali principi, le numerose pene "latae sententiae" comminate nel Codice
precedente sono state ridotte a pochi casi di eccezionale gravità: «ad paucos omnino casus, imo ad
paucissima eaque gravissima delicta- (Communiciuiones. a. 1969, p. 85, n. 9, 2)'. Con un po' di
coraggio, forse si poteva deliberare la completa soppressione delle censure "Iatac sententiae",
contro le quali c'è oggi una diffusa crescente ostilità, anche da parte di coloro che pur riconoscono
la piena legittimità del diritto penale della Chiesa".
4768 La totale abrogazione era stata chiesta da più parti tCommunicatìoncs, a. 1969, p. 85, n. 9,
2; a. 1975, p. 96, n. 6). Ma il Ceto dei Consultori ritenne di dover conservare tali pene, sia pure
in numero molto ridotto perché spesso «unicum praebent medium aptum ad tutandum bonum
animarum quod in discrimen venire potest per quaedam delicta occulta» (Communìcationes. a.
1976, p. 171, can. 5; cfr. anche a. 1975, p. 96, n. I).
Il motivo è forse valido da un punto di vista pastorale. Giuridicamente, tuttavia, le pene "latae
sententiae" rappresentano una figura piuttosto anomala (alcuni l'hanno definita "ibrida"), poiché
creano confusione tra il foro esterno e il foro interno. In effetti, impediscono la piena applicazione
di un principio affermato dalla stessa Commissione per la revisione del Codice, e approvato dal
Sinodo dei Vescovi del 1967, secondo il quale il foro esterno deve rimanere opportunamente
distinto da quello interno iCommunicationes, p. 79, n. 2)'.
, Nel Codice pio-benedettino, le scomuniche "latae sententiae" erano ben 50, 13 le sospen-
sioni e 5 gl'interdetti. Sono state conservate 7 pene di scomunica (5 riservate e 2 non riservate),
6 di sospensione, e 5 d'interdetto personale. L'interdetto "locale" è stato del tutto soppresso.
4 La soppressione completa di qualsiasi pena "latae sententiae" è prevista nel Codice di
Diritto Canonico Orientale, secondo i principi direttivi deliberati dalla relativa Commissione di
revisione (Enchir. Val., vol. S, p. 163, n. 150).
, Ci si rammarica, comunque, che nel nuovo Codice sia stato tralasciato il meraviglioso
testo trldentino, pur riportato nel can. 2214 del Codice precedente. Il brano era piuttosto
lungo, ma ricco di saggezza pastorale, di umanità e di carità e, nello stesso tempo, singolar-
mente attuale, per cui sarebbe stato molto opportuno conservarlo nella nuova legislazione. Lo
riportiamo in una nostra traduzione: «Si ricordino i Vescovi e gli altri Ordinari di essere pastori
e non fustigatori; occorre infatti governare i propri sudditi non dominando su di essi, ma
La punizione dci delitti in generale 583
PARTE l
I DELITTI E LE PENE IN GENERE
Titolo I
La punizione dei delitti in generale
CAN.1311-Nativumetproprium La Chies a ha il diritto nativo e proprio
Ecclesiae ius est christifideles de- d'infliggere sanzioni pen ali ai fedeli che
Iinquentes poenalibus sanctioni- co mmettano de i delitti .
bus coercere.
amando li co me figli e frate lli. Si adoperino. perta nto , con le eso rtazio ni e le ammonizio ni. a
tenerii lontani dai co mporta menti illeciti, sì da non essere cos tretti. q ualora com metta no dei
reati. a infliggere loro le dov ute pene. Se poi, per l' umana fragi lità accada loro di macchiarsi
di qualche colpa, è da osscrv arsi da parte dei Presuli il prece tto dell ' Apostolo di riprenderli,
suppl icarli , scongiurarli con ogni bont à e pazienza, poiché spes so, verso i colpe voli. vale più
la benevolenza che la seve rità. più l'esortazione che la minaccia . più la carit à chc il potere. Che
se, per la gra vità dci delitto , ci sarà bisogno di ricorrere alla verga, allora il rigore dev ' essere
contemperato con la mansuetudine, la conda nna con la misericordia, la severità con la dolcez-
za, affi nché la disciplin a, pur necessaria e salutare ai popoli, sia tutelata senza as prezza, e
co loro che si è cos tretti a punire si emen di no. o. se non voglia no ravvede rsi, almeno gli altr i
siano sollecitati dal l'e sem pio salutare de lla loro puni zione a tenersi lontani dai vizi» .
Un altro testo di grande saggezza e prudenza pastorale emanato dal Concilio Tridentino
relativo alle sco muniche : «Quamvis cxcornmunicationis gladius nervus sit ecclesiasticne disciplinae
et ad contine ndos in officio populos valde salutaris, sobrie tamen magnaque circumspectione
exerccndus est, cum experientia doceat , si temere aut levibus ex rebus incutiatur, magis contemni
quam formidari. et pernicie m potius parare quam salutem».
" Per una più comp leta applicazio ne del principio della distinzione tra foro interno e foro
esterno (Communication es, a. 1974, p. 34), nello schema originario predisposto dal Relatore Prof.
Pio Ciprotti, e approvato dagli altri Consultori. era stata apportata una radicale innovazione nella
pena della scomunica. eliminando da essa il divieto di ricevere i sacramenti della penitenza e della
unzione degl' infermi, che potevano pertanto essere ricevuti anche senza l' assoluzione dalla detta
pena. Il testo del can. 16, corrispondente all'attuale ca n. 1331, era il seg uente: «Excornmunicarin
vetat .; sacrame nta, cxcep tis paenitent ia et infirmo rum unctione, rec ipere et sacram enta vel
sacramentalia conficere vel adrninistrare» (Commun icationes , n. 1977, p. 147). Successi vamente, fu
ripristinata la proibizione di ricevere tutti i sacramenti (can. 1331, § I, n. 2), com'era nel Codice
anteriore (can, 2260 , § I: • v. n. 4874).
584 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa
Un primo elemento oggettivo: la legge a cui sia annessa una sanzione penale
alme no indete rminata. Non si co ncepisce . infatti, un delitto in sen so giuridico senza una
legge che lo preved a co me ta le: " Nullum cri me n sine lege" (nn. 1380-1 381). Co nse-
gue nte me nte. la violazio ne. anche deliberata di una legge priva di sanzione (per es.
l' om issione della comunione annuale: ca n. 920). è peccato da un punto di vista morale.
ma. giurid ica mente. non cos tituisce un delitt o né può essere pun ito. tranne che nel caso
previsto nel can . 1399. Si può pertant o dire che og ni delitto è un peccato. ma non og ni
peccato è un delitto.
Un secondo elemento oggettivo: la vio laz ione esterna dell a legge o de l precett o
penale. G li atti puram ent e interni non so no sogge tti ad alcu na sa nzio ne : "Cogitationis
poenam nem o patiatu r" (Graziano) . Secondo la se nte nza pi ù fondata . non posso no
I Nel linguaggio corrente ed anche in qualche ordinamento statuale, altro è il delitto e altro
il crimine, un termine riservato ai delitti più gravi. Il Diritto Canoni co usa prorniscuarnente i due
termini: "Nulla datur distinetio" (Com munica tiones. a. 1984. p. 78. ad partem IV). Similmente nel
Diritto Penale Italiano vigente. in cui è scomparsa. assorbita in quella di delitto. la figura autonoma
del crimine. come delitto di maggiore gravità. Si distingue invece nel Diritto Canonico l'a zione
crimin ale dall' azione penale (Communicationes, ibidem): la prima è diretta alla condanna del reo;
la seconda all'ese cuzione della pena (cann. 1362- 1363).
, Definizione del Codice precedente: «Col nome di delitto, s'Intende nel diritto eccles iastico
una violazione esterna e moralmente imputabile di una legge. alla quale sia annessa una sanzione
canonica almeno indeterminata» (can. 2 195*).
La punizione dc i delitti in generale 585
neppure esserlo. atteso il loro carattere esclusivamente interno. È tutta via da tene r
presente che "esterno" non vuoi dire " pub blico": una violazio ne esterna può anch e
rimanere "oc c ulta".
Un elemento soggettivo: l'imputabilità per dolo, ossia per delib erata volontà di
violare la legge o il precetto, ovvero per colpa, in concreto per omissione della deb ita
diligenza: can. 1321. § 2 (cfr. Communicationes, a. 1984. p. 39. can. 1272, n. 2). Nel
foro esterno, l' imputabilità è sempre presunta, "nisi aliud appareat" (can. 132 J, § 3).
Ritorn eremo su questi concetti nell'esposizione del can. 1321.
2) Distinzioni 4774
«Novus Codcx - è affermato nel primo dei "Principi direttivi", a cui s' è ispirata la
nuova legislazione canonica - indolem iuridicam omnino retineat oportet cum spiritu
proprio. lndolem dicimus iuridicam quam postulat ipsa natura socialis Ecclesia, quae in
potestate iurisdictionis, ab ipso Christo hierarchiae tributae, fundatur - tCommuniccuio-
nes, a. 1969, p. 78, n. I). Il fondamento scritturistico è innegabile: risulta con evidenza
dal noto testo di S. Matteo, 18, 18 (cfr. anche MI. 28, 18-20, Gv, 20, 2 1, 2 1, 15-1 7),
ed è confermato chiaramente dal comportamento di S. Paolo nei riguardi della comunità
di Corinto (I COL S, 1-5).
4777 D'alt ra parte - com' è stato giustamente osservato - le sanzioni canonich e non
intendono creare nella Chiesa un semplice ordine esterno, fine a se stesso, ma sono il
mezzo di cui la Chiesa si serve per guidare efficacemente la coscienza dei fedeli nel-
l'osservanza dcIIc norme cristiane e facilitare il conseguim ento dei tini a cui le dette
norme tendono, impedendo quei fatti che possono dare scandalo e indurre altri ad agire
contro la legge.
Nella sua prima allocuzione ai componenti della S. Romana Rota, in data 17 feb-
braio 1979, Giovanni Paolo" ha definito la pena strumento di comunione ecclesiale:
- Nella visione di una Chiesa che tutela i dir itti dei singoli fedeli, ma, altresì ,
promuove e protegge il bene comune come condizione indispensabile per lo sviluppo
integrale dell a persona umana e cristi ana, s' inserisce positivamente la discipl ina
penale : anche la pena comminata dall'autorità ecclesiastica... va vista come strumen-
to di comuni one, cioè come mezzo di recupero di quelle carenze di bene individuale
e di bene comune, che si sono rivelate nel comportamento antiecclesiale, delittuoso
c scandaloso, dei membri del popolo di Dio (Insegnam enti di Giovanni Paolo Il, va l.
Il, a. 1979, p. 412).
La pena ecclesiastica in se nso propri o è la pri vazione d i un ben e spirituale (pe r es.
la recezi one de i sac ramenti) o temporale (pe r es. la rimozione da un uffi cio , la re voca
d i un titol o onorifico), inflitta dall a legittima aut orità, co nformeme nte al fine sopra nna-
turale dell a Chi esa (cfr. ca n. 1312, § 2)1.
Tutte le pen e ec clesi as tiche hanno una funzi one e una finalità essenzialme nte pa- 4779
storale (Communicaiiones, a. 1975, p. 95, n. 4, 2) , po iché tendono pe r la loro ste ssa
natura all' e me nda me nto e alla rieducazione del reo ' , alla riparazione dell o scandalo , al
ristabilimenlo dell ' ordine e della disciplina nella comunità ecclesi ale (cfr. can. 1341 ).
Per il fine diretto e im med iato , tutt avi a, secondo un a lunga tradizione ca no nistica, esse
si di stin guono in medicinali ed esp iato rie".
- Nelle pene medicinali, l'em en damento del reo è lo scopo d iretto e pre valente
inteso dalla Ch iesa. Col tenni ne tecn ico, esse sono den om inate censure, di cui si tratt a
nei cann. 1331 -1 333.
- Nelle pene espiatorie, il fine esterno è propriam ente il cast igo del de litto, la ripa-
razio ne pubblica del di sordine e del danno cau sato alla co munità ecclesiale dalla infra-
zion e dell a legge o de l prece tto . L 'espressione "pena espia toria " è tratta da l " De ci vitate
Dei " d i S. Ag ostino (2 1, 13 ), e sostituisce opportunam ent e qu ell a più sev era ed a nc he in
ce rto senso equi voca" del Cod ice pre ced ente: " poena vind icati va" (ca n, 22 16, n. 2*).
Le pene espiatorie sono elencale nel can. 133 6. L 'enumerazione non ha carattere 4780
tassativo, per cui nel § 2 dell'altua1e cano ne, si afferma che la legge , generale o parti-
col are - non per ò il precetto di cui al ca n. 1319 - può stabilire altre pene espiatorie,
non co mprese nel can . 1336.
Oltre alle pen e pro priame nte dette, le sa nzio ni pen ali comprendon o i rimedi penali 4781
e le penitenze, d i c ui ai ca nn. 1339-1340. l rimedi penali sono dire tti prin cip almen te
(praese rtim ) a prev en ire i delitti; le pen iten ze piutt osto (potius) a so stitu ire o ad acc re-
sce re le pene.
.\ La pena può imporre talvolta anche qualcosa di positivo, per es. l'in giunzione di risiedere
in un determinato luogo (can, 1337), l'impo sizione di una multa pecuniaria (cann. 1448-1449). Ma,
giuridicamente, essa è sempre considerata nel suo aspetto negativo.
4 È questo un principio affermato formalmente anche nella Costituzione Italiana: «Le pene...
devono tendere alla rieducazione del condannato» (art. 27, comma 3).
.' Venne proposto da alcuni di abolire la detta distinzione, ma non poté essere accettata.
«Aliqui proposuerunt ut aboleatur distinctio inter censuras et alteram pocnarum speciern. cum
careat fundamento theologico. Consultores unanimiter censent hanc propositionem respuendam
esse quia paene evertit systema poenarurn quod fundatur in probata traditiones ecclesiastica» ( C011l-
municationes, a. t976, pp. 169-170, can. 3, lett. c).
(, Poteva infa tti essere interpretata come una "vendetta" contro il reo, cosa che esula comple-
tamente dal pensiero e dalla intenzione della Chiesa. Il mutamento di termine fu proposto dal
relatore Prof. Pio Ciprotti, in un progetto di canoni presentato nel luglio 1967.
588 LIB RO VI - Le sanzioni nella Chiesa
Titolo II
La legge penale e il precetto penale
CAN. 1313 - § 1. Si post delictum § I. Se la legge venga modificata dopo
commissum lex mutetur, applican- che si è commesso un delitto, deve appli-
da est lex reo favorabilior. carsi al reo la legge più favore vole .
§ 2. Quod si lex posterior tollat § 2. Se una legge successiva abrog a la
legem vel saltem poenam, haec legge o almen o la pena, questa cess a im-
statim cessato mediatamente.
Le due fonti hanno carattere tassati vo, per cui resta escl usa og ni altra fonte di
diritto oggettivo , quale potrebbe essere la consuetudine (can. 23 55.) . Que sta, per altro,
si esclude da sé, in quanto è possib ile che una consuetudine introdotta dall a comunità
abroghi o modifichi una nonna penale. ma non è concepibile che una comunità intro-
duca a suo danno una nuova figura di delitto con pena annessa.
Della legge penal e si è già trattato nel I libro del Codice. Vanno pertanto tenute
presenti le nonne di carattere genera le ivi disposte, in particolare i cann. 18 e 19, circa
l' obbligo della stretta interpretazione, e il divieto d'ogni applicazione estensiva (n. 305)
o analogica (n. 325).
r È da tener presente che, a norma del can. 6, § l. nn. 2-3, con l'entrat a in vigore del nuovo
Codice (27 novembre 1983), sono state abrogate le leggi pellali parti colari emanate da autorità
diversa dalla Santa Sede, contrarie alle prescrizioni del Codice, e le leggi penali universuli e
particolari emanate dalla Santa Sede. non riprese nel medesimo Codice.
~ La cessazione della pena, evidentemente. non impedisce al superiore competente di appli-
care al reo i rimedi penali o le penitenze (can. 1312 § 3), se lo ritiene opportuno per provvedere
al suo bene o a quello della comunità ecclesiale (cfr. can. 1348).
La kp.~c penale c il p ~CCLl O penale 589
- Non possono colpire neppure tutti i delitti dolosi, ma soltanto alcuni di essi di
particolare gravità (quaedam singularia), che siano causa di maggiore scandalo e non
risultino punibili efficacemente con pene "ferendae sententiae": can. 1318.
- Non tutte le pene espiatorie previste dal diritto possono essere "Iatac
scntcntiac": can. 1336, § 2
- Resta esclusa in particolare la dimissione dello stato clericale: can. 1336, § J,
n.5.
4787 Delle altre distinzioni, nel nuovo Codice v'è soltanto un accenno:
- Pene determinate e indeterminate: cann. 1315, § 3; 1319, § I; 1349 (gran parte delle pene
sono indeterminate)
- Pene facoltative e obbligatorie o precettive: cann. 1315, § 3; 1343; 1344; 1727, § I
- Pene riservate e non riservate: cann. 508, § l; 566, § 2; 1355, §§ 1-2; 1357, § 3; 1367;
1370, § l; 1378, § l; 1382; 1388, § I.
Non si accenna più alla distinzione tra pene a iure e ab homine, perché, col nuovo sistema
penale, essa ha perduto il suo interesse.
1) Principi normativi
1315 (2220-2221 *) Il canone tratta del potere istitutivo della pena mediante la
legge (legge penale). Del potere istitutivo della pena mediante il precetto singolare
(precetto penale), si parla nel ean. 1319. Il potere istitutivo della pena è da distinguere
591
ovviame nte dal potere applicativo , esercitat o per sé d al potere esecu ti vo: con proced i-
me nto am m inistra tivo, da pa rte del superio re co m pe te nte ; co n procedim ento giud iz ia rio,
da pa rte dci giudice .
R el at ivamente a lle pene istituite per legge , il cano ne dà le segue n ti norme. 4789
l ° Ch i gode d i pot est à legislati va può anc he munire di u na pen a ad egu ata la legge
che egli eman a di sua in iziati va e autorità nell ' ambito della propri a co m petenza. n
pot er e coattivo , in fatti , non è che un as pe tto della pote stà legislativa e più in genere dell a
pot est à di governo.
Come s 'è indicato nell' esposizione del can, 135, ~ 2, organi della potestà legislativa nella
Chiesa sono:
a) Relativamente alle leggi uni vers ali, valevoli dovunque:
- Il Romano Pontefice : can. 33 1
- Il Collegio dei Vescovi in comunione col Papa: cann, 336, 337, 34 1
b) Relativamente alle leggi particolari, nell'ambito della propria competenza :
- I Vescovi diocesani e i Presuli ad essi equiparati: cann, 39 1 e 466
- Le Conferenze Episcopali : can. 455 (decreti generali)
- I Concili particolari: can , 455
- I Capitoli generali e i Superiori maggiori degl'I stituti religiosi e delle Società di vita apo-
stolica clericali e di diritto pontificio, a norma delle costituzioni: cann. 134, ~ l ; 596, ~ 2; 631, ~ I
2° Può anche mu nire di una co ng rua pena un a legge già esistente : divina o anche 4790
ecclesiastic a , sia pure e manata da un ' aut orità supe rio re, rim anendo per altro nei limiti
de lla propria co mpe te nza territori al e o per son ale (ratione territorii ve l person arum ).
3° L a pena , come s'è già rilevato, pu ò esse re de te rm ina ta d all a legge stessa 4791
o p pur e può e ssere lasc ia ta alla prud en te discrezio ne de l gi ud ic e , sia quanto a l fa tto
de ll'ap plic a zio ne, sia qu anto alla modali tà (p e na de term inat a e indet erm inata , prece t-
ti va e faco lta tiva)" .
La pen a inde te rminata pu ò esse re co m m inata m edi an te legge, gene rale o parti col a-
re , no n mediante precetto: c a n. 1319, § 14 •
4 ° L a legge pa rticol are pu ò anc he aggiunger e altre pene a q uell e stabili te d all a 4792
legge universale (pe ne aggiuntive). Qu esto, tuttavia, va fat to solo in circosta nze del tutto
part ic ol ari tCommun icationes, a. 1976, p. 173, can. 8, lett. a), per gra vi ssima necessità
(ex gravis sim a ne ce ssitat e) .
e al superiore un potere discrezionale troppo ampio. [n effetti sono concesse loro attribuzioni che
sembra no eccedere la compe tenza propria del loro ufficio (l'ap plicazione della legge), appartenen-
do piuttosto all' ambito del potere legislativo. È in facoltà del giudice "cxprcsso iure" non solo
sospendere o differire la pena, mitigarla o aggravarla (cann. 1326, 1343, 1344), ma spesso anche
detcrmi nnrla in concreto (cnn. 1315, § 2). La norma generica "iusta poena puniatur" o " puniantur",
che lascia piena libertà al giudice, ricorre nel Codice in ben 24 casi (cfr. cann . 1366, I3611, 1369,
137 1. 1373, ecc.), e questo non favorisce certo una retta cd imparziale amministrazione della
giustizia, ispirata anch'essa al principio di uguaglianza . Da parte di non pochi c'è anche la fondata
preoccupazione che l' eccessiva discrezionalità concessa al superiore o al giudice possa nuocere alla
efficacia dello stesso diritto penale.
J Nel corso della revisione del Codice di Diritto Canonico, alcuni proposero la soppressione
di tutte le pene indeterminate. La risposta del Gruppo di studio " De iure poenali" fu la seguente:
«Haec suggest io non placet. Schema enim ita proponit UI poenae indeterminatae iarn non possint
poenali pra ecepto. sed sola lege constitui. Allenta quidem indole ecclesiasticarum poenarum diffi-
cile est in lege - quae abstracte considerar delicta futura - et speciem et mensuram poenarum
taxative statuere, quod contra facilius fieri poresr in praeceptis ad singulos casus attinentibus»
(Communicutiones, a. 1976, p. 171. can. 6, a).
592 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa
4796 1317 (2214, § 2*) II criterio della effettiva necessità. È quello più importante,
che manifesta lo spirito e la finalità del diritto penale della Chiesa. Nell'ordinamento
canonico, le pene hanno carattere eccezionale e possono essere istituite e inflitte solo
nella misura in cui sono veramente necessarie a promuovere la disciplina ecclesiasti-
ca, e quando siano stati esperiti tutti gli altri mezzi, suggeriti da un'autentica solle-
citudine per il bene delle anime. I Vescovi - ammonisce il Concilio Tridentino -
devono ricordare se pastores non percussores esse (can. 2214, Codice 1917). In
questo spirito, si vieta formalmente - come s'è già accennato - ehe la dimissione
dallo stato clericale, la pena più grave prevista per un chierico, possa essere stabilita
per legge particolare (n. 182). A termine del can. 1336, § 2, tale pena non può essere
mai "latae scntcntiae".
4797 1318 (2241, § 2*) Pene "latae sententiae" e "scomuniche". Nel medesimo
spirito, si prescrive che le pene ordinariamente, anzi nella maggior parte dei casi -
plerumque, come si afferma nel can. 1314 - siano "ferendae sententiae". Quelle
"latae sententiae" devono essere limitate "ad paucos omnino casus, imo ad
L3 legge pe nale c il prece tto penale 593
CAN. 131 R- Latae sententiae poe- Il legislatore non comm ini pe ne latae
nas ne comminetur legislator, nisi sententiae se non, eventualmente, contro
forte in singularia quaedam delic- alcuni particol ari delitti dolosi . che possa-
ta dolosa, quae vel graviori esse no esse re di maggiore scandalo o che non
possintscandalo velefficaciter pu- sia po ssibile punire efficaceme nte co n
niri poenis ferendae sententiae non pene fe rendae sententiae; non sta bilisca
possint; censuras autem, praeser- ce nsure, specialmente la scomunica , se
tim excommunicationem, ne con- non con la massima moderazi one e sol-
stituat, nisi maxima cum modera- tanto contro i delitti più gravi.
tione et in sola delicta graviora,
CAN. 1319 • § l. Quatenus quis § l . Nella misura in cui qualcun o, in
potest vi potestatis regiminis in fo- virtù della potestà di gove rno, può impor-
roexterno praecepta imponere, ea- re prec etti nel foro esterno, può anche
tenus potest etiam poenas determi- comminare con un precetto pen e determ i-
natas, exceptis expiatoriis perpe- nate, ad eccezione delle pene espiatorie
tuis, per praeceptum comminari. perpetu e.
§ 2. Praeceptum poenale ne fera- § 2. Non si emani un precetto penale, se
tur, nisi re mature perpensa, et iis non dopo matur a riflessione, e osserva ndo
ser vatis, quae in cann. 1317 et quanto è stabilito nei ca nn. 1317 e 1318
1318 de legibus particularibus sta- sulle leggi partic olari .
tuuntur,
paucissi ma eaqu e gravissi ma de licta" (n. 4767), vale a dire con tro alcuni part icolari
de litti di carattere dolo so (non sempliceme nte co lposo):
- Che possano essere di magg iore scandalo
- O c he non sia possibile punire effic acemente con pene " fe rendae sententiae"
Le stesse cen sure, che sono pene medicinali e in particolare la scomunica, la più
grave di esse, non de vono essere co mminate né inflitte se non co n la massima mode-
razione (maxima cum moderatione) e soltanto contro i delitti di maggiore gravità.
Non possono, comunque, essere oggetto di comm inazione "latae sententiae": 4798
- Le pene indeterminate e quell e facoltative, per la loro stessa natura
- Le pene esp iatorie enumerate nel ean. 1336, § I, nn. I, 2, 4, 5: solo le pene
indicate ncl Il . 3 posso no essere "latae sentcntiae".
4801 Senza dubbio. il Vicario generale e il Vicario episcopale possono emanare decreti e precetti
singolari di carattere giurisdizionale. poiché dispongono di una vera potestà di governo esecutiva
(cann. 134. § I. e 479, §§ 1-2). Ma possono emanare anche precetti penali? Il can. 2220 . § 2, del
Codice precedente lo escludeva formalmente: «Vicarius Generalis sine mandato speciali non habet
potestatem intligendi poenas». Tale norma non è stata riprodotta ncl nuovo Codice. per cui si
potrebbe supporre che. nell' attuale ordinamento. abbiano anch'es si la potestà d'infliggere delle
pene. Riteniamo, tuttavia, che. trattandosi di una materia così delicata, come quella penale, debba
conservarsi la disciplina precedente, che riservava al Vescovo diocesano la potestà di stabilire c
d'infli ggere delle pene canoniche. Per poter imporre tali pene. il Vicario Generale c il Vicario
Episcopale hanno bisogno tuttora di un mandato speciale del Vescovo.
4802 A non na delle proprie Costituzioni. possono stabilire o infliggere pene canoniche ai propri
sudditi i Superiori provinciali (non i loro Vicari) d' Istituti religiosi e di Società di vita aposto lica
c1erieali e di diritto pontificio, anche disponendo della sola potestà esecutiva (can. 134, § I).
4803 Il precett o penale va le ovviamente solo per la per son a o le per son e d etermin ate , alle
q uali è imposto (ean. 49), né può ess ere esteso ad altre person e o ad alt ri casi (ca n . 36,
§ 2) . Ne l d ubb io, va inter pre tato rcs trit tivamente (ea n. 36, § I), e co ntro d i esso si può
ricorrer e alla co m pe tente autorità (ea n. 14 00 , § 2), a norma de i ca nn, 1734-l739 l .
4804 2 0 Le pe ne c he posson o essere co mmi nate medi an te il precett o singo lare. so no
so ltanto q uell e "determ inale" (n. 4784) : sono escluse le pen e "inde terminate", c he po s-
so no essere im pos te so lo pe r legge (Communicationes, a. 1976, p. 171, ca n. 6, let t. [I).
4805 3° Restano similment e escluse :
Le pen e espiatorie non previste dall a legge: cann . 1312 e 1336
- Le pe ne es piatorie perpetue, pu r pre viste dall a legge : ea n. 131 9, § 16
- Le ce nsure perpetue, c he per de fin izi one non sussisto no né possono sussistere
nell'ord in ament o ca nonico: c fr. can . 1358 , § I
- La sos pe ns ione ge nerale " latae sente ntiae", c he può essere sta bili ta so lo per
legge: ca n. 1334, § 2
- La dimi ssione dall o stato clericale , c he non pu ò essere istituita neppu re per
legge part ico la re, ma solo per legge gene rale : ea n. 1317
Nel caso che il precett o imponga una pe na c he è a l d i fuo ri d ella sua compete nza
e pert a nto null a, il com and o o il d iviet o co nte nuti in esso res ta no per sé va lid i, an c he
se pri vi d i sa nzione.
CAN. 1320- In omnibus in quibus In lutto quello in eui sono soggetti al-
religiosi subsunt Ordinario loci, l'Ordinario del luogo, i religiosi sono pas-
possunt ab eodem poenis coerceri. sibili di pene da parle del medesimo.
Si tratta della imputabilità giuridica, che è distinta da quella morale. La distinzione 4810
è necessaria, poiché il delitto non s'identifica col peccato. Come s'è già rilevato, tutti
i delitti sono peccato, ma non ogni peccato è delitto (n. 4773).
Il peccato è d'altra parte un presupposto indispensabile del delitto, che, sogget-
tivamente, richiede una violazione cosciente e deliberata della legge o del precetto
penale. E questo, ovviamente, esige il pieno esercizio delle facoltà intellettive c
volitive, ossia la piena capacità d'intendere e di volere (cfr. anche art. 85, comma 2°,
del Codice Penale Italiano).
596 LIBRO VI . Le sanzio ni ncllu Chiesa
Titolo III
Il soggetto passivo delle sanzioni penali
I Come appare evidente. altro è il do lo consi dera to nel diritto penale. altro il dolo in rapporto
ag li atti giuridici. Nel diritto penale, il dolo è "la volontà deliberata di violare la legge" (ca u, 2200.
* I, Codice 1917). Relativamente agli atti giuridici, è la manovra, il raggiro, l' artificio posto in atto
per ingannare una perso na (v. n. 878).
L'Imputabili tà pena le 597
2. Le conseguenze 4812
1321, § 2 (2200, § t. e 2203. § l *) La fonte della imputabilità è dupl ice: il dolo
c la colpa. che o vviamente possono presentare tipi c gradi diversi.
Se il delitto è stato determinato da dolo , ossia da deliberata volontà di violare la
legg e o il precetto penal e. il reo è soggetto alla sanzione stabilita. AI dolo. precisava il
can. 2200. § I. del Cod ice precedente. si oppon e nella sfera intellettiva il difetto di
conosc enza e nella sfera volitiva il d ifetto di libertà.
Se il delitto è stato invece determinato da semplice colpa , ossia da omissione della 4813
debita diligenza (delitto co lposo) , cont rariamente a quanto era stabilito nel Codice an-
terio re (cfr. cann. 2 199; 2203, § 1,2229. § 3, n. 2: Communicationes, a. 1970. p. 103.
De delicto et delinquente, IO cpv.), il suo autore rimane esente dalla pena, tranne che
la legge o il precetto dispongano diversamente in modo espresso . Ciò significa che il
delitto colposo soggetto a pena si ha soltanto nei casi form almente previsti dalla legge
o dal precetto (cfr. ad esempio il can . 1389, § 2)2.
Dalla di stinzione tra imputabilità per dolo e per colpa , deriv ano importanti con se- 4814
guenze . Un partico lare caso di delitt o colposo, con circosta nza "aggrava nte", è conside-
rato nel can . 1326. § I. n. 3.
, Nella violazione della legge dovuta a colpa. il delitto resta e. come tale. dovrebbe essere
soggetto a pena. La sua gravità, d' altra palle, è ben diversa da quella del delitto colposo. c il
legislatore canonico. nel suo senso d'in dulgenza, per sé non ritiene necessario punirlo, tranne in
casi particolari definiti in modo espresso .
Relat ivamente al delitto colposo. possono configurarsi vari tipi di colpa giuridica: per colpa
generica (impruden za. negligenza o imperizia) e per colpa specifica. vale a dire per l'in osservanza
delle norme prescritte dalla legge.
Similmente sogliono darsi questi esempi: ricorriamo ad essi, perché sono molto chiari.
Delitto colposo per imprudenza . Percorro di notte a velocità sostenuta una strada provinciale.
Un ciclista poco visibile è dava nti a me, ed io. a causa della velocità. non riesco a frenare in tempo
e lo investo, ferendolo gravemente. È fuori dubbio che non intendevo investirlo, ma il suo
ferimento è conseguenza della mia condotta imprudente, per cui dovrò rispondere dinanzi al giu-
dice di lesioni colpose.
Delitto colposo per negligenza. Un elettricista ripara un impianto e, per disattenzione, lascia
alcuni fili sco perti. L'ut ente non se ne accorge e si ustiona. Giuridicamente, le sue ustioni sono
colpose. poiché l' elettricista avrebbe dovuto usare maggiore diligenza nel suo lavoro e prevedere
i pericoli di un filo scoperto,
Delitto coll'OSO per imperizia. Un medico opera un paziente secondo una tecnica che gli è
poco conosciuta. " paziente muore : dovrà rispondere dinanzi al giudice di omicidio colposo a causa
della sua im perizia professionale.
Delitto co lposo specifico. È norma di legge che tutte le parti in movi me nto dell e macchin e
utensili siano opp ortuna mente protette, in modo da evitare eventuali infortuni agli operai ad-
dett i. Se una macchina è sprovvista di queste protezioni e un operaio si feri sce man ovrand ole,
l' im pren ditore dovrà rispond ere de lle sue lesion i per "colpa specifica", oss ia per l'inosservanza
della legge.
Non esiste invece delitto colposo, quando l' effetto del mio agire o del mio comporta mento
non è determ inato da imprudenza, negligenza, imperizia, ccc., ma si tratta di una conseguenza che
non è possibile prevedere o prevenire (caso fortuito: can, 1323, n. 3, Codice 1983: can. 2203, § 2.
Codice 1917). Così, ad ese mpio. un automobilista che procede a velocità consentita. nel pieno
rispetto delle nor me del Codice stradale, se investe un ragazzo che improvvisamente attraversa la
strada. non è responsabile del suo ferime nto né della sua morte. L'imprudenza è stata da parte del
ragazzo. Prevedibile è invece il ferimento o la morte del partner da parte di un lanciatorc di coltelli
in un circo. Se il ferimento o la morte del partner si verificano, il lanciatore di coltelli ne è
responsabile penalmente. poiché egli è obbligato a tener conto della possibilità di un tale event o.
Nel caso, anzi , si tratta di "co lpa cosciente", che aggrava la sua responsabilità.
598 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa
CAN . 1322 - Qui habitualiter ra- Coloro che sono privi ab itualmente del-
tionis usu carent, etsi legem vel l'uso di ragione, anche se abbiano violato
praeceptum violaverint dum sani la legge o il precetto mentre apparivano
vidcbantur, delicti incapaces ha- sani, sono considerati incapaci di com-
bcntur. mettere un delitto.
CAN. 1323 - NuJIi poenae est ob- Non è soggetto ad alc una pen a chi,
noxius qui, cum legem velpraecep- quando violò la legge o il precetto:
tum violavit:
1° sextum decimum aetatis an- 1° non aveva ancora compiuto il sedi ce-
num nondum explevit; simo anno di età;
2° sine culpa ignoravit se legem 2° ignorava senza sua colpa di violare
vel praeceptum violare; ignoran- una legge o un precetto; all'i gnoranza so no
tiae autem inadvertentia et error equiparati l'inavvertenza e l'errore;
aequiparantur;
3° egit ex vi physica vel ex casu 3° agì per violenza fisica o per un cas o
fortuito, quem praevidere vel cui fortuito che non poté prevedere o, previ-
praeviso occurrere non potuit; stolo, non poté rimedi ar vi;
4° metu gravi, quamvis relative 4° agì costretto da timore grav e, anche
tantum, coactus egit, aut ex neces- se solo relativamente tale, o sotto l'impul-
sitate vel gravi incommodo, nisi so della necessità o di un grav e incom odo ,
tamen actus sit intrinsece malus tranne , tuttavia, che l'atto sia intrin seca-
aut vergatin animarum damnum; ment e cattivo o torni a danno delle anim e;
5° legitimae tutc1ae causa contra 5° agì per legittima dife sa contro un
iniustum sui vel alterius aggresso- ingiusto aggressore suo o di un ' altra
rem egit, debitum servans mode- person a, conservando la dovuta modera-
ramen; zione ;
6° rationis usu carebat, firmis 6° era privo dell 'uso di ragione, fermo
praescriptis cann. 1324, § 1, n. 2 et restando le disposizioni dei cann. 1324 , §
1325; I , n. l, e 1325;
7° sine culpa putavit aliquam 7° credette senza sua colp a che sussi -
adesse ex cireumstantiis, de qui bus stesse qualeuna delle circostanze di cui al
in nn. 4 vel 5. n. 4 o 5.
Sostanzi almente il delitto è la violazione della legge o de l precetto pen ale , ma una
tale violazione può essere più o meno grave e può anche non imputarsi affatto nei casi
previ sti dalla legge. Sono le circostanze concrete che determin ano que sti effetti , in
rapporto ai quali si distinguono in esimenti, attenuanti e aggravanti.
Le circostanze esimenti esc ludono giur idicamente l'imputabilit à, ossia l' attribuzio-
ne giuri dica del delitto e, di conseguen za, la pena.
Le circostanze attenuanti rendono meno grave il reato e alleggeriscono la sanzione.
Le circostanze aggravanti, infine, rendono più grav e il delitt o e comportano una
pena maggior e.
litto, che. per essere tale. esige una violazione "graviter imputabilis" della legge o del precetto
penale (can. 1321. § Il.
600 LIBRO VI - LI: sanzioni nella Chiesa
4819 1323, n. 1 (2204 e 2230*) L'età inferiore ai 16 anni compiuti. La legge canonica
non esime dalla pena tutti i minori, ma solo coloro che non hanno compiuto 16 anni.
La minore età dai 16 anni compiuti ai 18 similmente compiuti a norma del can. 1324,
§ I, n. 4, è considerata causa attenuante.
4820 1323, n. 2 (2202*) L'ignoranza, l'inavvertenza e l'errore circa la violazione della
legge o del precetto. Come s'è già notato nell'esposizione del can. 15, l'ignoranza è la
mancanza della debita conoscenza (carentia scientiac dcbitac); l'inavvertenza è la mancan-
za di attenzione; l'errore è una conoscenza inesatta, manchevole, un falso giudizio (falsum
iudicium). Si tratta per altro d'ignoranza, d'inavvertenza e di errore "sine culpa" (o anche
con colpa lieve: can. 1321, § I), poiché, se c'è colpa, possono costituire in detenni nati casi
anche una circostanza aggravante (cfr. ad esempio il can. 1325). Per l'ignoranza concer-
nente la sola pena annessa alla legge o al precetto, v. il can. 1324, §, n. 9.
A tenni ne del can. 15, § 2, l'ignoranza o l'errore circa la legge o la pena non si
presumono.
4821 1323, n. 3 (2205, § I, e 2203, § 2*) La violenza fisica e il caso fortuito. La
violenza è una coazione esterna che forza ad agire contro la propria volontà. Può essere
assoluta e relativa. La violenza assoluta è quella contro la quale non si è in grado di
resistere; la violenza relativa è quella contro la quale si può opporre resistenza.
A termine del can. 125, § I, l'atto posto per violenza assoluta, contro la quale la
persona non poté resistere in nessun modo, è considerato come non avvenuto, e tale è
da ritenersi anche l'eventuale violazione di una legge o di un precetto penale, effettuata
per violenza fisica irresistibile. E nel caso che contro la violenza si possa opporre
qualche resistenza? Il ean. 1323, n. 3, non distingue tra violenza resisti bile e irresistibile,
per cui non manca chi sostiene che anche la violenza "rcsistibile" sia una causa esimen-
te. Occorre però tener presente il can. 2205, § I, del Codice precedente, in cui si afferma
espressamente: «Vis physica quae omnem adimit agendi facultatem, delictum prorsus
cxcludit». Non penso che un tale principio sia stato modificato. Se pertanto la violenza
non è irresistibile, è necessario tentare qualche resistenza, almeno per dimostrare che la
violazione della legge o del precetto avviene contro la propria volontà. Tale violenza
sarà poi esimente o attenuante, secondo il grado di resistenza che effettivamente si è
opposta ed era possibile.
Nel ean. 1323, n. 3, si tratta anche dci caso fortuito, del caso cioè che non si poté
prevedere o, previstolo, non si poté evitare", L'eventuale violazione della legge o del
precetto penale che segue a un caso fortuito, è considerato similmente dalla legge come
non avvenuta, poiché manca in essa del tutto l'elemento soggettivo sia del dolo che della
colpa giuridica.
4822 1323, n. 4 (2205, §§ 2-3*) Il timore grave, lo stato di necessità e il grave
incomodo. Sono circostanze che, per sè, non annullano ma solo diminuiscono la respon-
sabilità: «Coacta voluntas, est semper voluntas» tCommuniccuiones, a. 1984, can. 1274).
Nel suo senso di comprensione e di clemenza, tuttavia, la legge canonica le considera
circostanze "esimenti" da qualsiasi pena, purché l'atto delittuoso non sia intrinsecamente
cattivo né torni a danno delle anime. Se così fosse, le dette circostanze avrebbero solo
un'efficacia attenuante (can. 1324, § I, n. 5).
Il timore è il se nso di a ppre ns io ne e d 'inqu ietudine che si det ermina nell'animo. 4823
di fronte all a po ssibilità d i un male o di un pericolo, da cu i si è o si ritiene minacci ati.
Si co nsi de ra nel ca none il timore grave, tale tuttavia ch e indebolisca la libertà psi-
co log ica, ma non la so p p ri ma, co me avver re b be nel caso di un c o m p le to
perturba me nto dell a ragio ne. Il tim or e grave pu ò esser e tale sia in se nso asso luto
(me tus q ui ca dit in virum cons tantem), c he in se nso relativo, ci oè in rapp orto a un
de ter m ina to sogge tto a ca usa delle sue parti colar i co nd izioni (de bo lez za, se nsi bili tà,
im m aturità , ecc. ).
Lo stato di necessità è la particol are situ a zione in c ui un a persona si ve de 4824
costrella a violare la legge . per ev ita re a sé o ad altri un g rav e danno o peri col o . È
prev isto anche da l Co d ice Pen ale Ital iano : «Non è pun ib ile c hi ha commesso il fatto
per esserv i stato costrett o da lla necess ità d i sa lvare sé o altri dal peri col o att ua le d i
un danno grave alla persona, pe ricol o da lui non vo lo ntariame nte ca usa to , né altri-
menti ev ita bile. se mpre c he il fatto sia pro porzio na to al per icolo. - Qu esta disp osi-
7.io ne non si appli ca a ch i ha un particol are dove re giuridico di es por si al pericolo »
(a rt. 54, IO e 2 0 comma)'.
Esempi classici civilistici: un naufrago che, per salvarsi. respinge in mare una persona che si
è aggrappato alla stessa tavola; un alpinista che, per salvarsi. taglia la corda che lo lega al com-
pagno e che rischia di trascinarlo con sé.
Il grave incomodo. affi ne allo stato di necessità, si ha quando l' adempi mento della 4825
legge comport a un grave d isturbo o dis agio, di st into da qu ello prop rio e spec ifico de-
rivante dall a stessa osserva nza de lla legge. È, ad esempio. il caso d i c hi. osservando la
legge, ven isse a trovarsi ne lla sit uaz ione di do ve r rendere pu bblico un fatt o. ch e lede-
rebbe in mod o grave la sua riputazio ne.
La co nd izion e: pur ch é "atto no n sia intrinsecamente illeci to e non torni a danno
delle anime. At to intrinsecamente cattivo sarebbe un om ic idio, un aborto, ris petto ai
qu ali pert anto non posson o esserci ma i dell e cause g iuridic he esi me nti, ma so lo atte-
nuanti. a nor ma del can. 1324, § I. n. 5.
1323, n. 5 (2205 , ,9 4 *) La legittima difesa. No n og ni difesa è legittima: perché 482 6
sia tale ed abbia un effett o esiment e è necessa rio ;
- C he sia diretta contro un ingiusto aggressore, proprio o d i un' altra persona
- C he si co nse rv i la de bita mod e razione, va le a di re che ci sia pro por zi on e tra
l'aggressione subita, il mezzo usato pe r rcsp ingerla, e l'i mportanza del di ritto da
tute lare.
Man cando la de bita moderazione, la difesa no n è piena me nte legittim a e po trà
cos tituire so ltanto una circostanza attenua nte (can. 1324, § l. n. 6) .
1323, n. 6 (2201, § J *) Il difetto dell'uso di ragione. Non si tratt a del di fett o 4827
abituale, dov uto ad im maturit à psich ica: per ta le d ifett o, con siderato nel ca n. 1322. la
pe rso na non è so lo ese nte dall a pe na, ma è moralme nte c giuridicame nte inca pace di
commettere un del itto. S i tratt a invece di un difett o momentan eo, che può di pe ndere da
varie ca use. Se la perdita dell'uso d i rag ione ne ll'atto in c ui si vio la la leg ge o il prec etto
no n è do vuta a co lpa ed è completa, il soggetto è esente da qu alsiasi pen a; in caso
diverso , si ha una circos ta nza att enu ante o anche agg ravante, a termini dci ca n n. 1324 ,
§ I, n. I , e 1325. .
, Tale è. ad esempio, il caso di un parroco che è tenuto per dovere di ufficio ad assistere un
parrocchiano moribondo, colpito da malattia gravemente contagiosa.
602 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa
4828 1323, n. 7 Un giudizio errato, ma senza colpa. È una ulteriore circostanza esimen-
te, disposta dal legislatore a favore di chi, violando la legge o il precetto penale, ritenga
erroneamente di trovarsi in una delle circostanze previste nei nn. 4 e 5 del presente canone,
relativi al timore grave, allo stato di necessità, al grave incomodo e alla legittima difesa.
Come s'è già accennato, deve trattarsi di un errore "sine culpa". È inoltre necessario che
l'atto non sia intrinsecamente illecito e che non sia di danno alle anime",
4 La norma penale cede anche di fronte alla dispensa, legittimamente concessa dalla compe-
tente autorità. Essa, tuttavia, non è né può essere considerata una causa esimente, perché non esime
soltanto dalla pena, ma esonera dalla stessa osservanza della legge (can. 85), in modo da escludere
radicalmente ogni violazione della medesima.
L~ circostanze od dd il lU 603
6° ab eo, qui legitimae tutelae 6° da chi agì per legittima difesa contro
causa contra iniustum sui vel alte- un ingiusto aggressore suo o di un'altra
rius aggressorem egit, nec tamen persona, ma senza conservare la dehita mo-
dcbitum servavit moderamen; derazione;
7° adversus aliquem graviter et 7° da chi agì contro qualcuno a seguito
iniuste provocantem; di una grave e ingiusta provocazione;
Soab eo, qui per errorem, ex sua 8° da chi, per un suo errore colpevole,
tamen culpa, putavit aliquam credette di trovarsi in qualcun a delle cir-
adesse ex circumstantiis, de qui- costanze di cui al can. 1323, n. 4 o 5;
bus in can. 1323, nn. 4 vel 5;
9° ab eo, qui sine culpa ignoravit 9° da chi, senza sua colpa, ignorava che
pocnam legi vel praecepto esse ad- alla legge o al precetto fosse annessa una
nexam; pena;
10° ab eo, qui egit sine pIena 10° da chi agì senza una piena impu-
imputabilitate, dummodo haec tabilità, sempre che questa sia rimasta
gravis permanserit. grave.
§ 2. Idem potest iudex facere, si § 2. Lo stesso può fare il giudice, se vi
qu a alia adsit circumstantia, quae sia qualche altra circostanza, che diminui-
delicti gravitatem deminuat. sca la gravità del delitto.
§ 3. In circumstantiis, de quibus § 3. Nelle circostanze di cui al § 1, il
in § 1, reus poena lame sententiae reo non incorre nelle pene latae sententiae.
non tenetur.
turbamento doloso. ossia intenzionale, non diminuisce in alcun modo l' imputabilità
(can. 1325) ; potrebbe anzi aggravarlo, dando luogo alla violazione premeditata della
legge o del precetto penale.
1324, § 1, n. 3 (2206*) L'impeto grav e di passione: gravis passionis aestus, 4832
purché questa non sia stata eccitata o provocata volontariamente: se così fosse, occorre
applicare il can. 1325.
Si tratta per altro della passione che non impedisca ogni deliberazione della mente
e ogni consenso della volontà. Qualora - non eccitata né favorita volontariamente -
dovesse causare un completo turbamento psichico, si avrebbe una circostanza dci tutto
esimente, a termini del can. 1323, n. 6.
1324, § 1, n. 4 (2204 *) L'età minore, dai 16 anni compiuti ai 18 non terminati. 4833
L'età penale, com'è disposto nel can. 1323, n. I, ha inizio con i 16 anni compiuti. A
18 anni compiuti il giovane diventa "maggiorenne" e, in condizioni normali, ha la piena
responsabilità dei suoi atti, come il pieno esercizio dei suoi diritti (can. 98, § l ). Durante
i duc anni intermedi. l' età minore costituisce. per disposizione del legislatore, una cir-
costanza attenuante, da valutarsi concretamente dal superiore o dal giudice competente.
1324, § 1, n. 5 (2205, § 3 *) Il timore grave, lo sta to di necessità e il grave 4834
incomodo (nel senso spiegato nel commento al can. 1323, n. 4), qualora l'atto delittuoso
compiuto in queste circostanze sia intrinsecamente illecito o torni a danno delle anime.
Se una tale ipotesi non si verifica. la circostanza è considerata del tutto esimente, a
termine del citato can. 1323. n. 4.
1324, § 1, n. 6 (2 /99 e 2205, § 4*) La legittima difesa, che si effettui senza la 4835
debita moderazione. Conservando la debita moderazione, la circostanza è esimente (can.
1323, n. 5) .
604 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa
4836 1324, § 1, n. 7 (2205, § 4*) La grave provocazione. mediante atti o gesti, capaci
di suscitare l'ira, lo sdegno, il risentimento, causando un'intima agitazione.
Perché la provocazione sia una circostanza attenuante, è necessario che sia grave
e, nello stesso tempo, ingiusta.
4837 1324, § 1, n. 8 Un giudizio errato "ex sua culpa", circa le circostanze previste
nei nn. 4 e 5 del canone precedente (timore grave, stato di necessità, grave incomodo
c legittima difesa). Il giudizio errato "sine culpa" è causa esimente (ibidem).
4838 1324, § I, n. 9 (2202, .ii 2*) L'ignoranza "sine culpa" della pena annessa alla
legge o al precetto, in quanto tale ignoranza «imputabilitatem delicti non tollit, sed
aliquantum minuit- (can. 2202, § 2, Codice 1917). In caso d'ignoranza crassa o supina
oppure affettata, si applica il can. 1325.
L'ignoranza non colpevole della stessa legge o dci precetto, come s'è visto nel can.
1323, n. 2, costituisce una circostanza esimente.
4839 1324, § 1, n. lO (2218, .ii 2*) Qualsiasi altra circostanza che tolga la piena
responsabilità, purché rimanga grave c non sia dovuta a colpa. Se infatti la re-
sponsabilità non è grave, la circostanza ha valore ed effetto di causa esimente; e
se è dovuta a colpa, non ha earattere attenuante e può trasformarsi anche in causa
aggravante.
4840 3. Precisazioni
CAN. 1325 - Ignorantia crassa vel L ' ignoranza crassa o supina o affettata
supina velaffectata numquam con- non pu ò mai essere presa in con siderazio-
siderari potest in applicandis prae- ne nell'applicazione delle norme dei cann.
scriptis cann. 1323 et 1324; item 1323 e 1324 ; e così pure l'ubriachezza o
ebrietas aliaeve mentis perturba- altr e perturbazioni della mente, se siano
tiones, si sint de industria ad delic- state provocat e ad arte per commettere il
tum patrandum vel excusandum delitto o per averne una sc usante, e la
quaesitae, et passio, quae volunta- pa ssione volontariamente eccitata o favo-
rie excitata vel nutrita sit rita.
CAN. 1326 - § 1. Iudex gravius pu- § l . Il giudice può pun ire più grave-
nire potest quam lex vel praecep- ment e di quel che la legge o il pre cett o
tum statuit: sta bilisca no:
I" eum, qui post condemnatio- IOchi, colpito già da una co nda nna o da
nem vel poenae deelarationem ita una di chiarazion e di pen a , continui a
delinquere pergit, ut ex adiunctis delinquere, sì che dalle circostan ze si pos-
prudenter eius pertinacia in mala sa prudentemente presumere la su a perti-
voluntate conici possit; nacia nella cattiva volontà;
20 eum , qui in dignitate aliqua 2 0 chi è costituito in qualche dignità, o
constitutus est, vel qui auctoritate chi ha abusato della sua autorità o del suo
aut officio abusus est ad delictum ufficio per commettere il delitto;
patrandum;
3° reum, qui, cum poena in delic- 3° il reo che , pur essendo stabilita una
tum culposum consti tuta sit, even- pena per un delitto colposo, previde l'even-
tum praevidit et nihilominus cau- to e, ciò nono stante, omise per evitarlo
tiones ad eum vitandum omisit, quelle precau zioni che qual siasi persona
quas diligens quilibet adhibuisset. diligente avrebb e usato .
§ 2. In casibus, de qui bus in § 1, § 2. Nei casi di cu i al § l , se la pena
si poena consti tuta sit latae senten- stabilita sia latae sententiae, si può ag-
tiae, alia poena addi potest vel giungere un'altra pena o penitenza.
paenitentia.
4846 l ) La recidiva
1326, § I, n. I (2208 *) Il termine significa "ric aduta". Nel diritto penale ecclesia-
stico, è la particolare situazione del reo. che, dopo essere stato colpito da una pena con
sentenza o decreto condannatorio in caso di pena "ferendae sententiae", oppure con
senten za o decreto declaratorio in casodì pena "Iatae senrentiae", comm ette un altro
delitto contemplato nell'ordinamento giuridic o ecclesiasti co : della stessa specie (recidi-
va specifica) oppure di specie diversa (recidiva generica).
La recidiva costitui sce una circostan za aggravante, perché chi continua a violare la
legge o iI precetto, specialmente se si tratti di delitti della stessa specie, dimostra per sé
una volontà pertinace, che non intende emendarsi. Second o la sentenza comune, non si
può parlare di recidiva nel caso di un reo che commette un secondo delitto a notevole
distanza di tempo dal primo e che in questo periodo ha conservato una condotta corretta
e incensurata.
Anche il delitto "continuato", come quello di un parroco che trascuri gravemente
e in modo abituale il suo ufficio (can. 1741, n. 4), può costituire una circostanza aggra-
vante ma di esso non v' è alcun cenno nell'attuale canone. Per il "cumulo" di delitti, v.
i I can. 1346.
CAN. 1327 - Lex particularis po- La legge particolare può stabilire altre
test alias circumstantias eximen- circostanze esimenti, attenuanti o aggra-
tes, attenuantes vel aggravantes, vanti, oltre ai casi previsti nei cann. 1323-
praeter casus in cann. 1323-1326, 1326, sia con una norma generale sia per
statuere, sive generali norma, sive i singoli delitti. Parimenti, si possono sta-
pro singulis delictis. Item in prae- bilire nel precetto circostanze che esima-
cepto possunt circumstantiae sta- no dalla pena istituita col precetto, o l'at-
tui, quae a poena praecepto con- tenuino o l'aggravino.
stituta eximant, veleam attenuent
vel aggravent.
§ I. Chi fece od omise qualcosa allo
CAN. 1328 - § 1. Qui aliquid ad scopo di commettere un delitto, e tuttavia,
delictum patrandum egit vel orni- indipendentemente dalla sua volontà, non
sit, nec tamen, praetersuam volun- consumò il delitto, non è soggetto alla
tatem, delictum consummavit, non pena stabilita per il delitto consumato,
tenetur poena in delictum consum- tranne che la legge o il precetto disponga-
matum statuta, nisi lex vel prae- no diversamente.
ceptum aliter caveat. § 2. Se gli atti o le omissioni portano
§ 2. Quod si actus vel omissiones per loro natura all' esecuzione del delitto,
natura sua ad delicti exsecutio- l'autore può essere sottoposto ad una pe-
nem conducant, auctor potest pae- nitenza o ad un rimedio penale, tranne che
nitentiae vel remedio poenali su- spontaneamente abbia desistito dal porta-
bici, nisi sponte ab incepta delicti re a compimento il delitto iniziato. Ma se
exsecutione destiterit. Si autem ne sia derivato scandalo o altro grave dan-
scandalum aliudve grave damnum no o pericolo, l'autore, anche se abbia
vel periculum evenerit, auctor et- spontaneamente desistito, può essere pu-
si sponte destiterit, iusta potest nito con giusta pena, sempre però più lie-
poena puniri, leviore tamen quam ve di quella stabilita per il delitto consu-
quae in delictum consummatum mato.
constituta est.
diligentiae", non è passibile di pena, tranne che ciò sia previsto espressamente dalla
stessa legge o precetto. Supposta, pertanto, la comminazione della pena in caso di delitto
colposo, il soggetto che, compiendo un'azione, ne prevede le conseguenze delittuose e,
ciò nonostante, non si da pensiero di usare le debite precauzioni per evitarle, come
farebbe una persona diligente, pone in essere una circostanza aggravante, che aumenta
la sua personale responsabilità.
- Se, tuttavi a, dagli atti messi in ope ra sia derivato scandalo o altro grave danno
o peri colo, il loro autore pu ò essere punito con giusta pena, sempre però più lieve di
quell a stabilita per il delitto e ffettuato .
Tutte le pene previste per il delitto non consumato sono per sé facoltative, ossia a discrezione
dci giudice o del superiore (cfr. CO/n/nu/!icationes. a. 1970, pp. 103-104, De delicto et delinquente,
a. 1976, p. 182, can. 14, 6° cpv.).
CAN. 1330· Delictum quod in de- II delitto che consista in una dichiara-
c1aratione consista t vel in alia vo- zione o in un' altra man ifestazione di vo-
luntatis veI doctrinae veIscientiae lontà, di dottrin a o di scienza, deve co nsi-
manifestatione, tamquam non derarsi come non consumato, se nessuno
consummatum censendum est, si percepi sca tale dichiarazione o manife sta-
nemo eam declarationem veI ma- zione.
nifestationem percipiat.
Da notare. Nel caso di concorso nel reato «la capacità penale, l'im putabilità e le circosta nze 4859
esimenti, aggravanti e attenuanti vanno valutate separatarnentc per ciascuna delle persone che
concorrono nel delitto , anche se talune di esse (cioè le cosiddette circostanze obiettive) sono
*
ordinariamente comuni a tutti. Può perciò accadere che, nonostante la disposizione del 2, taluno
anche dei conco rrenti necessari non incorra nella pena latae scntcntiae prevista per il delitto. o
viceversa che vi incorra taluno dei concorrenti necessari e non v'i ncorra l' autore del delilio (cfr.
*
cann. 1321- 1323. 1324, 3); e che a taluno soltanto sia applicabile la disposizione del can. 1324,
* 3. Similment e può, in caso di pene ferendac scntentiae, accadere che un complice sia punito più
gra vemente dell'autore del delitto, se per quello vi sia una circostanza aggrava nte e per q uesto una
circostanza attenuante» (Pio Ciprotti).
I Un altro esempio del genere: la confezione di un documento pubblico eccles iastico falso
(can. 1391. n. I), che tuttavia non viene adoperato né mostrato ad alcuno; una bestemmia profferita
senza che alcuno sia presente o la oda.
612 Ll BHO VI- Le sanzioni nella Chic..sa
4862 Dopo aver affermato la potestà coa ttiva della Chie sa (ius nativum et prop rium ) e
aver determinato la fonte istitutiva delle sanzioni canoniche (la legge e il precetto pe-
nale) e il soggetto passi vo delle mede sime, il Codice passa ad esam inare in concreto
queste sanzioni , comprende nti, come s' è già accennato nel can. 1312,Ie pene medicinali
o censure (cann. 1331 -1335), le pene espiatorie (cann. 1336-13 38), i rimed i penali e le
penitenze (cann. 1339-134D).
Le cen sure, aventi come fine principale e diretto l' emendamento del reo, sono tre:
- La sco munica
- L'interdetto
- La sospensione
L'enumerazione è tassativa (ca nn. 1312, § I , n. I ; 1331-1 333 ), per cui , nel diritto
vigent e, nessuna legge particol are o precetto, tranne che siano emanati dalla Sede Apo-
sto lica, possono stabilire altre figure di censure.
«Una pena, mediante la quale una persona battezzata che ha commesso un delitto ed
è contumace , viene privata di alcuni beni spirituali o annessi ai medesimi, fi nché,
recedendo dalla contumacia, venga assolta».
La pena è la co nseg ue nza gi uridic a pubbl ica, pre vista dal diri tto per la vio laz io-
ne dell a legg e o del precetto penale.
La persona battezzata è il soggetto passi vo dell a pen a, secondo i princ ipi 4865
d 'i mputabi lità. determin ati nei ca nn. 1321-1 330. A norma de l can . l I. so no passibili
di pen a ca no nica solta nto le persone battezzate nell a Chi esa Cattolica o accolte suc-
cess ivame nte in essa, anche se in seg uito si si ano se parate da essa form alment e,
tran ne che sia dis pos to di versamente nel diritto in modo es presso (nn . 2 18-2 19). È il
batt es imo, infa tti, che incorpora all a Chi esa e re nde il fedele soggetto alle sue leggi ,
di cui le pene so no una particolare espressione.
La persona " d e linq u ens et contumax" . l due elementi so no essenziali : «Cen- 4866
sura punitur tantummod o deli ctum externum, grave, consummat um, cum co ntumac ia
co niunctum » (ca n. 2242, § l, Co di ce 19 17). G iurid icame nte v ie ne consid era to
contu mace «q ui non obstantibus moniti onib us (canonicis ) a delicto no n des istit vel
patrat i delicti poenitentiam cum debita da mno rum et scandali repa ratione s age re
detrectat - (can. 2242, § 2). Nelle cen sure " latae sententiae" l'ammonizion e è impli-
cita nell a stessa legge o precetto che commina la pena. e la contumacia, ossi a la
perversa vol ont à del reo, risulta dal fatto stesso che egli compie il delitto nonostante
la pena annes sa "ipso facto" alla violazi one. dimostra ndo in tal mod o un aperto
dispre zzo dell a nor ma canonica . Nell e ce nsure " Iere ndae sente ntiae" , la " praevia
admo nitio" è nec essaria "ad validitate rn" (ca n. 134 7, § I).
Titolo IV
Le pene e le altre punizioni
CAPITOLO I
LE CENSURE
distinzione tra scomunicati "vitandi" e "tolerati", di cui al can. 2258, § I, del Codice
1917 (Communicatio..nes, a. 1977, p. 148, letto d).
Gli effetti determinati dalla legge sono tassativi e indivisibili, Di essi soli e di tutti
è passibile il fedele colpito da scomunica. Il superiore ecclesiastico non ha alcuna
facoltà di separarli, di ridurli o di ampliarli.
A termine del can. 2255, § 2, del Codice precedente: «Excommunicatio afficere potest tantum
personas physicas, et ideo, si quando feratur in corpus morale, intelligitur singulos afficere qui in
delictum concurrerint: interdictum et suspensio, etiam cornrnunitatern, ut personam moralern». Nel
nuovo ordinamento penale, «censurae in communitatem suppressae sunt» (Communicationes. a.
1970, p. 104, De poenis, 50 cpv.).
I Commu nication es, a. 1977. pp. 149-150. § I. lett. c: «Quaesiturn est etiam utrum verbum
officium non debeat potius compleri verbi ministeriis, propter nova ministeria laicis collare. -
Propositio omnibus placet».
, Commun icati ones , a. 1977, p. 148. len , c: «Consultores dicunt verbum velare certo
invaliditatcm non importare; quando autern acta sint invalida cxpresse indicatur».
, Da tener presente che l'irrogazione o la dichiarazione della scomunica in via giudiziaria
richiede "ad validitatern" un tribunale collegiale di tre giudici (can. 1425, § I, n. 2), salvo il
disposto del § 4.
Le pene medicinali o censure 617
una g rave ca usa (potrebbe essere anche lo sca nda lo dei fedeli ). È ovv io, per altro che.
trattandosi della S. Messa , se si è già iniz iato il canone e soltanto allora ci si rende conto
che il diacon o assistente è colpito da scom unica e si rifiuta di allontanarsi , la Messa deve
co ntinuare sino alla fine.
2° Gli atti di giurisdizione o di governo (di foro interno ed esterno, di pot està 4879
ord inari a e del egat a, ecc .) - e so lta nto qu esti, non gli atti dell a potestà di ordine -
sare bbero invalidi e non più solt ant o illeciti. È invalida anche l' assistenza ca no niea alla
ce lebraz ione del matrimoni o, per qu anto non sia un att o di gi urisd izio ne, poiché così
dis po ne espre ssamente il can. 11 09.
A term ini del ca n. 976, qu alsiasi sace rdote, anche se privo di facolt à o scomunicat o,
ass olve validamente e lecitamente da qualunque censura o peccato qualsiasi pen itente
che versi in pericolo d i morte, anche se sia presente un sacerdo te appro vato. Secondo
alcuni auto ri per esempio, P. C app ello" - al peri colo di morte è eq uiparato il caso del
tutto eccezio nale per altra ca usa grav issima .
Nell'errore comune - per quanto riguarda gli alti di potestà esecutiva, l'assoluzione sacra-
mentale c l'ass istenza al matrimonio - "s upplet Ecclesia" (ca n, 144).
3° Lo sco munica to non perde i privilegi ecclesiastici personali, ricevuti prim a 4880
de lla scomunica intl itta o dich iarata, ma non può più fa rne uso. I pri vilegi infatti, se non
consti diversamente, so no per sé perpetui (can . 78, § I).
4° Co nserv a sim ilm ente le dignità, gli uffici e gl'incarichi ottenuti già nella Chic- 4881
sa, ma non può validamente ottenern e di nuovi fin ché perdura la pena.
Per l' eser cizio, occorre tener present i le prob izion i determinate in pre cedenza.
5° No n ha più diritto di percepire i proventi di dign ità, uffi ci, inca richi di qu alsiasi 4882
ge ne re. che abb ia nella Chiesa , e ne ppure la pensio ne già ma tur ata. Il c hierico tuttavia,
a termine del can. 1350, § I , non può essere pri vato de l decoroso sos tentame nto . La
stessa norm a vale per il laico, per obbligo di equità e di carità cristia na.
4889 1. Concetto
L' interdetto è defin ito nel Cod ice preced ente: «Una censura mediante la quale si
, Secondo "interpretazione più fondata, la riserva delle censure è nel nuovo Codice di esclu-
siva competenza della Santa Sede. A norma del Codice precedente. tale riserva poteva essere
istituita da qualsiasi autorità che avesse il potere di comminare le censure. Dispone va per altro il
can. 2246. § I: «Ne reservetur censura nisi attenta peculiari gravitate delictorum et necessitate
aptius providendi disciplinac ecclesiasticae et medendi conscientiae fidelium».
Da notare: è scomparsa nel nuovo Codice la distinzione delle scomuniche riservate alla Santa
Sede simpliciter. speciali modo. specialissimo modo.
Le pene medicinali o censure 619
vietano a dei fedeli. che rimangono per altro nel/a comunione della Chiesa, determinate
azioni sac re» (ca n. 2268, Codice 1917).
Per tali divieti. che sono inseparabili , l'interdetto ha qualche affinità con la scomu-
nica. per cui è talvolt a denominato, sia pure impropri amente , "scomunica minore". Ne
differisce essenzi almente, perché il fedele che ne è colpito , con serva, come s'è rile vato,
la comunione ecclesiale.
Nel nuovo ordinamento, l'interd etto ha soltanto carattere medicin ale. Non potend o
avere carattere espiatorio, esso è inflitto. come qual siasi censura. senza indicazio ne di
du rata (n. 4868 ). E inoltre soltanto personale: quello locale è stato soppresso (Commu-
nicationes, a. 1984, p. 42, ean. 1283).
I divieti che seguono all' interdett o personale sono limitati agli aspetti spirituali.
2. Effetti 4890
- Il divieto "sub poena invaliditatis", per l'Ordinario dci luogo e per il parroco,
di assis tere alla celebrazio ne dei matrimoni, e, ovviamente, di delegare altri sace rdot i o
diaconi: can. 1109 . Resta intatto il princip io della "supplenza" dell a Chiesa nei casi di
errore comun e (can. 144).
1333·1334 (2278 -2285 *) La sospensione è una pena con effetti vari, che può col-
pire soltanto i chierici'. In se no al Gruppo dei Consult ori si fu incerti se es tenderla ai
laici, poiché or mai "ad plura offici a deputantur", ma infine il Gruppo deci se a maggio-
ranza di Iimitarla ai chierici iCommunlcationes, a. 1977, p. 153, can . 18, lett. li).
I Se pertanto il chierico perde giuridicamente lo stato clericale (can. 290), non è più soggetto
alla sospensione, e quella che fosse stata inflitta o nella quale fosse incorso cessa "ipso iure". Se
poi perdesse lo stato clericale per invalidità della sacra ordinazione (can. 290. n. I), bisognerebbe
concludere che la sospensione effettivamente non c'è mai stata.
Le pene medicinali o censure 621
Come s'è già rilevato. nel nuovo ordinamento penale la sospensione e. similmente.
l' interdetto, hanno soltanto carattere medicinale (nn. 4868 e 4889). La sospensione
prevista nel can. 1383 è piuttosto un provvedimento di carattere disciplinare.
2. Precisazioni 4896
soggettivamente, nei riguardi del Superiore che la infligge, sia oggettivamente, in rap-
porto al contenuto della pena.
A termine del presente paragrafo, il divieto della sospensione non può mai com-
prendere:
I ° Per una ragione giuridica: gli uffici o la potestà di governo, che non rientrano
nella competenza del Superiore che infligge la pena. È una norma di corretta ammini-
strazione. Così, ad esempio, non può un Vescovo diocesano sospendere un sacerdote
dall'ufficio che questi ha in un'altra diocesi. Una norma parallela si ha nel can. 1338,
§ 1, relativamente alle pene espiatorie. Nel Codice precedente, era stabilito che
"suspensio latae sententiae", iure communi irrogata, affieit omnia officia... in
quacumque dioecesi possideantur» (can. 2282). La disposizione vale tuttora, "ex natura
rei" e anche a norma del can. 1333, § 3, n. l.
2° Per motivi di equità: il diritto di abitazione, che il reo abbia in ragione dell'uf-
ficio che rivesta: è una norma di umanità, oltre che di carità cristiana.
3° Per motivi di prudenza: il diritto di amministrare i beni, che eventualmente
appartengano all'ufficio di chi è sospeso, se la pena è "latae sententiae". Lo scopo è di
non pregiudicare i diritti patrimoniali dell'ufficio. Se invece la pena è "ferendae
sententiae" e viene inflitta mediante decreto o sentenza, essa può privare il titolare
dell'amministrazione dei beni, tranne che ciò sia escluso dalla legge o dal precetto.
un ufficio ecclesiastico (n. 4895) . Non avendo alcuna determinazione o limitazione, una
pena gravis sima così formulata può essere istituita solo per legge (generale o partico-
lare), non per precetto'. La legge infatti, per la sua nota di universalità, che prescinde
dalle singole person e e dalle situazioni particolari , è in grado di garantire maggiormente
la giustizia e l'imparzialità e di evitare possibili abusi di potere . Il precetto può stabilire
pertanto una sospensione di carattere generale solo come pena "ferendae sententiae".
Alla sospension e di carattere generale seguono tutti gli effetti indicati nel can. 1333,
§ l , per cui al chierico che ne venga colpito è vietato unitariamente:
Di porre gli atti di potestà d'ordine e di governo
- Di esercitare i diritti o funzioni inerenti al suo ufficio.
l Una sospensione generale "latae sententiae", anne ssa al precetto sarebbe nulla "ips o
iure", tranne che il pre cetto sia eman alo dall a Sed e Apo stolica. La nullità, tuttavia ,
riguardarebbe solo la pena, non il precetto in sé, che resterebb e valido in quanto comando o
divieto (cfr. n. 4805). Nulla però vieta - secondo alcuni - che un precetto commini una
sospen sione "latae sententiac" con tutti gli effetti enumerati nel can. 1333, § I, purché siano
indicati espre ssamente. Una tale sospensione, tuttavia. valida forse da un punto di vista forma-
le. sarebbe però contraria allo spirito della legge.
624 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa
1335 (2261, §§ 2-3; 2275, 2°*) La legge suprema della Chiesa è la salvezza delle
anime (can. 1752). In rispondenza a tale principio, il can. 1335 dispone in alcuni casi
la sospensione di qualsiasi censura (scomunica, interdetto personale, sospensione pena-
le), distinguendo una duplice ipotesi.
CAPITOLO II
LE PENE ESPIATORIE
1. Introduzione 4906
1336-1338 (2286-2305*) Le pene espiatorie differiscono essenzialmente da
quelle medicinali, dette con termine proprio "censure", per i seguenti elementi carat-
teristici:
1° Il fine principale e diretto delle pene espiatorie è il castigo del delitto, la ripa-
razione dell'ordine e della disciplina ecclesiale. turbati dalla violazione della legge o del
precetto penale (n. 4779).
2° L'applicazione della pena espiatoria non è legata alla contumacia (can. 1347),
né la sua remissione dipende dalla cessazione della medesima (can. 1358, § I; cfr. anche
can. 2286, Codice 1917).
3° La pena espiatoria può essere imposta in perpetuo, per un tempo determinato o
626 LIBR O VI • Le sa nzioni nella Chiesa
I Durante i lavori di revisione del Codice venne proposto da alc uni di so pprimere le pene a
carattere perpetuo, perché poco rispondenti ai princip i di equità e di carità, che dovevano informare
il nuovo ordinamento penale ecc lesiastico . La proposta non fu acco lta: «Siquidcrn - ri sposero i
Consultori - quaedam huiusm odi poenae, ex. gr. dimiss io a statu clericali , natur a s ua sunt
perpetu ae. Ceterum nota perpetuitatis non ita abso luta est ut rem issionem poena e exc ludat» (Co m-
municutiones, a. 1977 , pp. 155-156, lett. a).
, Commu ni cution es, a . 1977, p. 156, let t. b : «Permulti malunt indicem poen arum
cxpiatoriarum qui sit taxativus in Codi ce. Consultores autern censent magis cohaerere cum indole
totius schernatis haec facult as legi particulari facta statuendi alias poena s expiatorias, quac forte
respondcnt moribus et circumstantiis singularurn regionum».
.' È la legge a cui si acee nna nel can. 1312, § 2, la quale può stabilire altre pene non co mprese
nel can. 1336, privando il fedele di qualche bene spirituale o temp orale, in conformità co l tìne
sop rannaturale della Chiesa: legge particolare, ma anche universale, emanata eventualmente dalla
Santa Sede dopo la promulgazione del Cod ice. Resta escluso il precetto (n. 4780) .
4 Un tale provvedimento può avere anche se mplice caratt ere preventi vo e non puni tivo: cfr.
can. 679. Cfr. anche il can. 1722, circa il provvedi mento adotta to dal giudice nei confronti dell'un-
putato, come misura prudenziale.
, Communicutiones, a. 1977, p. 156,lett . d: «Declaratio quae habetur in norma sub c), scilicet
"quae proh ibitiones numqu am suni sub poena nullitatis" , cxprobata est a nonnullis utpote quae apta
sit ad poenarn vanificanda m imo irridendam, s uggestum est itaque ut ilIa declaratio suppri matur.
Relator non idem sentit quia, dicit ipse, auctorit as quae nullitatem actorum intend at, infligere potest
poenam sub h)», La lettera b prevedeva la privazione e non la semplice proibizione: corrisponde
a l n. 2 dell 'attuale § I del can. 1336.
Le pene espiatori e 627
1336, § 2 Le pen e es pia torie, co me quelle medi cinali , po sson o essere sia 4909
"ferendae" che "l atae sententiae". Per le prime, il secondo paragrafo del can . 1336
stabilisc e che pos sono esser "l atae sententi ae" solt anto quelle previste nel n. 3 del
paragrafo precedente, ossia le proibizioni (no n le privazioni) di ese rcitare una pote stà,
un uffi cio , un inca rico , un diritto, un privile gio , un a facoltà, una grazia, un titolo , una
insegn a, anche di semplice ca rattere onorifico.
Relativamente alle pene espiatorie, sono anche da tener presenti i seguenti canoni: 4910
(, La pena della di missione da llo stato clericale è comminata nel Codice attuale :
- Per il delitto di apostasia dalla fede, per l' eresia o lo scis ma, nei casi di "prol ungata
contumacia o di grave scandalo": can. 1364, § 2
- Per la profanazione delle specie consacrate: can. 1367
- Per la violenza fisic a usata contro la perso na augusta del Romano Pontefice, o per il suo
assassinio: cann, 1370, § l, e 1397
- Nei casi più gravi del delitto di sollecitazione: can. 1387
- Per il delitto di attentato matrimonio, anche solo civile, se il chierico, «dopo essere stato
ammonito non si ravveda e continui a dare scandalo»: can. 1394, ~ I
- Per altri reati commessi contro il sesto comandamento del Decalogo, particolarmente in
caso di concubinato: can. 1395
Per gli effe tti conseg uenti alla perdita dello stato clericale, v. can. 292.
1 Communicat iones, a. 1970, p. 105, De poenis: «In poenis expiatoriis tuns com munis
recensendis earumque effe ctibus statuendi s, suspensio et interdictu m praeterrnissa sunt, ita ut hac
poenae esse tantumm odo censurae possint... Praeterea et inf amia et sepolturae ecclesiasticae
privatio abolitae sunt cum et nimis durae sint et minime efficaces, privationem autem sepulturae
ecclesiasticae... melius visum est remitti, si servanda videatur, ad cano nes de ecc lesiastica
sepultura... Abolita etiam est pocnalis translatio vel suppressio sedis episcopalis vel paroecialis, ita
IIt ne in lege quide rn particulari possit, si schema ita maneat, constitui... Item abolita est ime
communi, cum et nimis dura visa sit et parum efficax, poena privationis sacramentalium, quae
poterit iure particula ri, si ita videarur, constitui»,
628 I.fRRO VI • Le sanzioni nella Chie sa
- CUli. 1312, § 2: solo la legge, e non il precetto, può stabilire altre pene espiatorie, non
comprese nel can. 1336, § I (n. 4780).
- CUli. 131 7: la dimissione dallo stato clericale non può essere istituita per legge particolare
(n. 4907 , 5°).
- Can. 1319. § 2: non si possono commina re pene espiatori e perpetue mediante precetto
(n. 4805 ).
- Con. 1336. § I . n.5. Il § 2: non si possono infliggere o dichiarare pene perpetue mediante
decreto amministrativo, ma solo mediante sentenza giudiziaria.
- ClIll. 1349: un particolare divieto per il giudice, relativamente alle pene perpetue, quando
la pena comminata sia indeterminata.
4911 3. Precisazioni
s Nello Schema originario si parlava di "chierici o religiosi". L'espressione però venne mutata
e si disse: "clericos vel sodales institutorum vitac consecratae" iCommunicationes, a. 1977, p. 157,
can. 22). Successivamente si ritornò alla espressione primitiva: non se ne comprende la ragione. La
pena dovrebbe colpire allo stesso modo membri d'ist ituti religiosi, d'istituti secolari e di società di
vita apostolica. Comunque, stando alla lettera dci canone, la pena può colpire soltanto i chierici e
i religiosi: ai membri d'istituti secolari e di società di vita apostolica la pena si può applicare per
analogia.
I rimedi penali c le peni tenze 629
CAPITOLO III
I) L'ammonizione 4917
1339, § l L' ammonizione canoni ca, di cui nel present e canone, differi sce essen-
zialmente da quell a paterna, fratern a o amichevole. Differisce anche dall a " monitio"
diretta a far recedere dall a "contumac ia" in ord ine alle cen sure (ca n. 1347 ) o a indurre
alla ritratt azion e di cui nel can. 1371. Con essa, si richiam a " for maIiter et auctorit ative"
una persona che si trova in occasione prossima di violare una legge o un precetto penal e,
o sulla quale, effettuata una ind agine, cade il grave sospetto che abbia commesso un
delitto. Nel prim o caso, l'ammonizione ha lo scopo di prev enire il delitto; nel secondo.
di farne rile vare le conseguenze pen ali, esortando anche l' eventuale colpevole ad evitare
o ridurre. se possibile, gli effetti dannosi del suo comportamento delittuoso.
L' ammonizione è lasciata alla prudente deci sion e del Superi ore , che può inflig gerla
sia personalmente che per mezz o di altr i (per se vel per alium).
2) La riprensione 4918
1339, § 2 La ripren sione ca nonica è un biasimo form ale della condotta irregolare,
ma non propriamen te delittuosa, di una persona, la quale , col suo agire , pro voca sca n-
dalo o gra ve perturhamento dell' ordine disciplinare ecclesiale.
La riprensione dev 'essere commisurata alle condizioni del soggetto (età, sesso,
indole, sta to, condizione fisica e psichic a, ecc.) e alle circo stanze del fatto (imprude nza
o leggerezza, colpa gra ve, dolo. rccidività, ecc.). Occorre , a tal fine , svolgere una se ria
indagine, con molta prudenza in modo da tutelare con venientemente la buon a fama del
soggetto.
Sia la ripren sione che "ammonizi one possono essere effettuate in form a segreta o
pubblica, giudi ziale ed extragiudiziale (cfr. can. 2309, §§ 1-4, Codi ce 1917). secondo le
esigenze del caso. Trattandosi per allro di provvedimenti di car attere giuridico. ess i
devono esse re o ppor tunamente motivati: «Monitio non pote st consistere sine indic atione
motivorum » tCommunicationes, a. 1984, p. 44 , can. 129 1, § l ). Lo stes so vale per la
ripr ensione.
Ulteriori canoni da tener presenti: 1324, 1326, § 2; 1328, § 2; [342, § I; 1343; 1344, Il . 2;
1358, § 2. Il can. 1357, § 2, riguarda una penitenza di foro interno sacramentale.
4920 2. Le penitenze
1340 (2312-2313*) Le penitenze canoniche sono state sempre in uso nella Chiesa,
fin dai primi tempi. Avendo carattere di pena, esse suppongono il delitto. «Poenitentiae
- afferma il can, 2312, § I, del Codice precedente - in foro externo imponuntur ut
delinquens vel poenam effugiat, vel poenae contractae absolutionem aut dispensationcm
recipiat».
Consistono nel compimento di qualche opera di religione, di pietà o di carità. In
concreto, secondo il can. 2312 del Codice 1917, le principali opere che possono imporsi
sono le seguenti:
- Recitare determinate preghiere
- Fare un pio pellegrinaggio o altra opera di pietà
- Praticare uno speciale digiuno
- Erogare delle elemosine a scopi pii
- Attendere agli esercizi spirituali in una casa pia o religiosa per uno o più
giorni, ecc.
4921 Trattandosi di trasgressione occulta, la penitenza imposta non può essere mai pub-
blica (§ 2). Ciò non significa che a una trasgressione pubblica debba seguire necessa-
riamente una penitenza pubblica. Questo per sé va falto solo se sia opportuno o neces-
sario per riparare un eventuale scandalo, oppure per piegare la contumacia del reo. Negli
altri casi, è preferibile ricorrere alle penitenze private - e, similmente alle ammonizioni
e correzioni dello stesso tipo - perché spesso sono più efficaci e, d'altra parte, tutelano
convenientemente la buona fama personale, a cui ha diritto anche chi è colpevole di un
reato.
Relativamente alle penitenze, non è prescritto che di esse debba conservarsi nell'ar-
chivio di curia un documento scritto, com'è invece disposto per l'ammonizione e la
correzione (can. 1339, § 3). Se l'Ordinario lo ritiene opportuno, le penitenze possono
essere aggiunte ai rimedi penali (§ 3).
Titolo V
L'applicazione delle pene
CAN. 1341 - Ordinarius procedu- L'Ordinario provveda a dar corso al
ram iudicialem vel administrati- procedimento giudiziario o amministrati-
vam ad poenas irrogandas vel de- vo, per infliggere o dichiarare le pene,
c1arandas tunc tantum promoven- soltanto dopo aver costatato che né con la
dam curet, cum perspexerit neque correzione fraterna, né con la riprensione,
fraterna correctione neque cor- né con altri mezzi dettati dalla sollecitudi-
reptione neque aliis pastoralis ne pastorale, sia possibile riparare suffi-
sollicitudinis viis satis posse scan- cientemente lo scandalo, ristabilire la giu-
dalum reparari, iustitiam restitui, stizia, ottenere l'emendamento del reo.
reum emendari.
I In questo caso, l'Ordinario pu lÌ e per sé deve dar corso al procedimento penale. Il canon e
usa il precettivo curet, che tuttavia lascia alla prudenza dell'Ordinario un ampio spazio di discre-
zionalità .
, Prescrive opportunamente il can, 2218, li I. del Codice precedente: «In poenis decernendi s
servetur acqua proportio cum delicto , habita ratione imputabilitatis, scandali et damni quare attend i
debent non modo obiectum et gravitas legis, sed etiam aetas, scientia, institutio sexus, conditio,
status mentis delinquentis, dignitas personae quae delicto offenditur, aut quae delictum committit ,
finis intentu s, locus et tempus quo delictum commissum est, num ex passionis impelu vel ob
gravem metum delinquens egerit, nurn eurn delieti poenituerit eiusdernque malos effectus evitare
ipse studue rit, aliaque sirnilia».
634 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa
CAN. 1342 - § 1. Quoties iustae § l. Ogni volta che, per giuste causa,
obstent causae neiudicialisproces- non sia possibile ricorrere a un processo
sus fìat, poena irrogari ve)declara- giudiziario, la pena può essere inflitta o
ri potest per decretum extra iudi- dichiarata con decreto extragiudiziario; i
cium; remedia poenalia autem et rimedi penali e le penitenze possono esse-
paenitentiae applicari possunt per re applicati con decreto in qualunque
decretum in quolibet casu. caso.
§ 2. Per decretum irrogari ve) § 2. Con decreto non si possono intlig-
declarari non possunt poenae per- gere o dichiarare pene perpetue, né quelle
petuae, neque poenae quas lex ve) pene ehe la legge o il precetto che le sta-
praeceptum eas constituens vetet bilisce, vieta di applicare con decreto.
per decretum applicare.
§ 3. Quae in lege ve) praecepto § 3. Quanto è detto nella legge o nel
dicuntur de iudice, quod attinet precetto a riguardo dci giudice, rispetto alla
ad poenam irrogandam vel decla- pena da infliggere o da dichiarare in giu-
randam in iudicio,applicanda sunt dizio, si deve applicare anche al Superiore
ad Superiorem, qui per decretum che infligga o dichiari la pena con decreto
extra iudicium poenam irroget ve) extragiudiziario, tranne che consti diver-
declaret, nisi aliter constet neque samente oppure si tratti di norme attinenti
agatur de praescriptisquae ad pro- solo alla procedura.
cedendi tantum rationem atti-
neant.
la pena si contrae per il fatto stesso che si viola la legge o il precetto penale, né c'è bisogno di un
particolare intervento del giudice o del superiore, che infligga la pena, Tale intervento è necessario
solo perché la pena già contratta nel foro interno abbia valore ed efficacia anche nel foro esterno,
conseguendo determinati effetti giuridici. Si tratta però non di "applicazione" della pena, che s'è
già effettuala da sé, ma della sua "dichiarazione". Nel caso della pena "ferendae sententiac", la
sentenza del giudice o il decreto del superiore, sempre necessari, sono pertanto di carattere
irrogatorio; nel caso della pena "latae sententiae", la sentenza del giudice o il decreto del supe-
riore. se hanno luogo, sono esclusivamente di carattere dcclaratorìo'.
, Per evitare ogni confusione col precetto penale, fonte normativa della pena canonica (cfr.
titolo Il, cann. \3\3-1320), il nuovo Codice usa il termine decreto penale per indicare il provve-
dimento del superiore che infligge o dichiara la pena mediante un atto extragiudiziale, di carattere
amministrativo. Il precetto penale è invece l'atto con cui il competente superiore impone a deter-
minate persone un comando o un divieto, sanzionandone la violazione con una pena "ferendae" o
"latae sententiae". Cfr. Communicationes, a. 1970, p. 106, De poenis applicandis.
L' upplicuzionc dcIII,.': pene 635
o dich iarars i solo mediante sentenza giudiziaria, e quelle pene che la legge o il precett o,
da cui sono stabilite, vietano di applicare mediante decr eto. Un decret o dcI genere
sareb he nullo "ipso iure" .
Tr attandosi della impos izione di rimedi penali o di penitenze (ca nn. J 339- 1340 ) che
non hanno lo stesso rilievo delle pene propri amente dette , si può adopera re il decr eto
ammi nistrativo, in qualunque caso (in quolibet casu ).
Durante i lavo ri Ili redazione del nuovo Codice, «nonnulli proposuerunt ut poena numqu am 4926
irroge tur via administrativa ideoque ne admittantur causae quae exe usent a processu iudieiali
instituendo pro applicandis poenis. Consuliores, qu amvis non ignorent finem huius pro positionis,
ut maior scilice t iusritia assequatur in applicandis poeni s, censent rarnen propositionem ipsam esse
contra realita tern, quae exigit instrumcnturn agile et expeditum sicu t est via administrativa. Ceterum
redactio canonis talis est ut dare appare at praeferen tia legislatoris pro via iudici ali» (Communica-
tiones, a. 1977 , p. 161. ca n. 28, lett . a).
CAN. 1345 • Quotics delinquens Ogni volta che il reo abbia avuto l'u so di
velusum rationis imperfectum tane ragione in maniera soltanto imperfetta , o
tum habuerit, veldelictum ex metu abbia commesso il delitto per timore o per
vel necessitate vel passionis aestu necessità, o impeto di passione, o in stato
velin ebrietate aliave simili pertur- di ubriachezza o di altra simile perturba-
batione patraverit, iudex potest zione della mente, il giudice può anche
etiam a qualibet punitione irrogan- astenersi dall' infliggere qualsiasi pena, se
da abstinere, si censeat aliter possc ritenga che si possa meglio prov vedere in
mclius consuli eius emendationi. altro modo al suo emendam ento.
CAN. 1346 - Quoties reus plura Ogni volta che il reo abbia comm esso
delicta patraverit,si nimius videa- più delitti, se il cumulo delle pene f eren-
tur poenarum ferendae sententiae dae sententiae sembri eccessivo, è lascia-
cumulus, prudenti iudicis arbitrio to alla prudente discrezi one dci giudice
relinquitur poenas intra aequos ridurre le pene entro equi limiti.
terminos modcrari.
3° D i sospendere l' esecuzio ne della pena (non l'irroga zione, che viene effettuata
ugu almente), qualora si tratti del primo delitto commesso dopo una vita inc en surata.
trascorsa in modo lodevole (condanna condizionale), ma alle seguenti condizioni :
- Ch e non urga la necessità di riparare lo scandalo eventualmente provocato
- Che in ca so di rec idiva, entro il termine sta bilito dallo stesso giudice o dal
superio re, il reo debba sco ntare la pena per ambedue i delitti , salva l'eventuale prescri-
zione dell'azion e penale per il primo delitto, come previsto nel can. 1363 (sos pens io ne
co ndizionale)".
La norma del n. 3 non riguarda solo le pene "ferendae sententiae". ma anche quelle "latae 4931
sententiac". Anche circa queste il giudice e il superiore competenti a dichiararle, hanno la facoltà
di sospendere l'esecuzion e (1 'obbligo di osservarla), se si verificano le condizioni previste nel
paragrafo. Si tratta comunque di pene espiatorie, perché le censure seguono una norma a sé, in
quanto relativamente ad esse, occorre considerare la "contumacia" del reo: se questi recede dalla
contumacia. dev 'essere senz'altro assolto: e se non recede, la censura non può essere né rimessa
né sospesa (can. 1358, § Il .
• Come s'è già rilevato nel commento al can. 1326, § l, n. l , non si considera recidivo chi
commette un seco ndo delitto a notevole distanza dal primo, dopo aver conservato nel frattempo una
condotta incensurata.
638 LIB RO VI - Le sanzioni nella Chiesa
Il prob lema si pone ovv iamente solo per le pene "ferendae se ntenti ae". Il ean .
1346 non riguarda le pene " latae sen tentiae", in cui s'i ncorre dis tintamen te e per
intero co me previsto dalla legge o da l precetto per ciascun de litto, né quando siano
stat e contratte , il giudice o il superiore hanno facolt à di ridurle o di mitigarle, salvo
quant o s'è detto preced entemente (n. 4931) circa la faco ltà del giudice e del superiore
di sospendere, in particolari circostanze , l'esec uzione di una pena espiatoria " Iatae
se ntentiae " nell ' atto di dichiara rla.
CAN. 1348 - Cum reus ab accusa- Nel caso che l'imputato venga assolto
tione absolvitur vel nulla poena ei dall'accusa o non gli sia inflitta alcuna
irrogatur, Ordinarius potest op- pena, l'Ordinario può provvedere al suo
portunis monitis aliisque pastoralis bene e a quello pubblico con opportune
sollicitudinis viis, vel etiam, si res ammonizioni o con altri mezzi di solleci-
ferat, poenalibus remediis eius uti- tudine pastorale, o anche, se necessario,
litati et publico bono consulere. con rimedi penali.
transgressio legis vel cui sit adnexa latae sententiae poena, nisi reus legitima causa ab
hac excusetur» (can. 2242, § 2, Codice 1917; v. anche n. 4866)'.
Come si dirà nel can. 1358, § I, cessando la contumacia, la censura
"ferendae sentcntiae", prevista dalla legge o dal precetto, non può essere più
irrogata, e quella "ferendae sententiae" già inflitta o "latae sententiae" già contrat-
ta dev'essere rimessa. Giuridicamente il reo dimostra di aver receduto dalla con-
tumacia, se si è realmente pentito del delitto commesso e, nello stesso tempo,
abbia riparato convenientemente i danni e lo scandalo provocati col suo compor-
tamento delittuoso, o almeno abbia seriamente promesso di farlo", «Indicare autem
utrum poenitentia vera sit, satisfactio congrua aut eiusdem promissio seria necne,
illius est a quo censurae absolutio petitur- (can. 2242, § 3, Codice 1917). Nel
delitto permanente e in quello abituale (n. 4972), il pentimento reale esige che si
desista da essi.
, La "monitio" è richiesta per l'irrogazione della censura, non per la sua dichiarazione nel
caso di censura "latac scntcntiae". Era così disposto nel can. 31, § I, esaminato dal Gruppo di
Studio De iure poenali: «Censura irrogari vel declarari nequit, nisi antea reus semel saltem monitus
sit ut a contumacia reccdat..». Ma un Consultore proposc di sopprimere "ve! dcclarari", rilevando
che «monitio ante declarationem poenae latae sententiae est aliquid incongruum, sive quia reus
poenam latae sententiae incurrit a momento patrati delicti. sive quia monitio ut recedat a contuma-
cia implicita est in ipso actu quo reo notificetur initium procedurae ad poenarn declarandam». La
proposta fu accolta, ma forse sarebbe stato prefcribilc lasciare il canone così com' era stato formu-
lato (cfr. Communicationes, a. 1977, p. 164).
r, Communicationes, a. 1977, p. 171, can. 42, Iett. a: «Consultores animadvertunt recessionem
a contumacia non consistere tantum in aliquo actu interno voluntatis, quia secumfert etiam
observantiam quarumdam conditionum externarum, qui bus positis iarn habetur restauratio ordinis
socialis»,
640 L1BI~O VI· Le sanzioni nella Chiesa
CAN. 1349 • Si poena sit indeter- Se la pen a sia indeterm inata c la legge
minata neque aliud lex caveat, iu- non disponga diversamente, il gi udice no n
dex poenas graviores, praesertim infl igga pe ne tropp o gravi , so pratt utto
censuras, ne irroget, nisi casu s ce nsure, tranne che sia asso lutamen te ri-
gravitas id omnino postulet; per- chiesto dalla gravità del caso ; non può co-
petuas autem poenas irrogare non munqu e irrogare pen e per petue.
potest.
CAN. 1350· § 1. In poenis cIerico § I. Nell' infliggere pene a un chierico ,
irrogandis semper cavendum est , si deve sempre provvedere che no n man-
ne iis quae ad honestam suste nta - chi del necessario per un decoroso sosten-
tionemsunt necessaria ipse careat, tamento, tranne che si tratti de lla dimis-
nisi agatur de dimissione e statu sione da llo stato cle ricale.
clericali. § 2. Se, tuttavia, il chierico dimesso dallo
§ 2. Dimisso autem e statu cleri- stato cler icale ris ultasse verame nte biso-
cali,qui propter poenam vere indi- gnoso a causa della pena inflit tagli, l'Or-
gea t, Ordinarius meliore quo fieri dinario abbia cura di provve dere in suo
potest modo providere curet. favore nel miglior modo poss ibile.
7 Dalla legge, perché il precetto non può comminare pene indeterminate (n. 4804).
L 'applica zione delle pene 641
CAN . 1351 • Poena reum ubique La pena obbliga il reo dovunque, anche
tenet, etiam resoluto iure eius qui se sia cessato il diritto di col ui che l'ha
poenam constituit vel irrogavit, stabilita o inflitta , tranne che sia disposto
nisi aliud expresse caveatur. espressamente in modo diverso.
CAN. 1352 - § 1. Si poena vetet re- § I. Se la pena vieta di ricevere sacra-
cipere sacramenta vel sacramen- menti o sacramentali, il divieto resta so-
talia, vetitum suspenditur, quam- speso finché il reo versa in pericolo di
diu rcus in mortis periculo versatur, morte.
§ 2. Obligatio servandi poenam § 2. L' obbligo di osservare una pena
latae sententiae, quae neque decla- latae sententiae, che né sia stata dichiara-
rata sit neque sit notoria in locoubi ta né sia notoria nel luogo ovc si trova
delinquens versatur,eatenus extoto colui che ha commesso il delitto, è sospe-
vel ex parte suspenditur, quatenus so in tutto o in parte nella misura in cui il
reuseam ser vare nequeatsine peri- reo non possa osse rvarla senza pericolo di
culo gravis scandali vel infamiae, grave scandalo o d'infamia.
nuovo Accordo fra la Santa Sede e l'It alia circa gli enti e i beni ecclesiastici in Italia: «Gl' istituti
diocesani destinano, in conform ità ad apposite norme statutarie, una quota delle proprie risorse per
sovvenire alle necessità che si manifestino nei casi di abbandono della vita ecclesiastica da parte
di coloro ehe non abbiano altre fonti di reddito".
Per il chierico religioso, v. can . 702 (n. 2988).
5. Norme ulteriori
Riguardano l' efficacia della pena, la sua sospensione in casi particolari, l'effetto di
un eventuale ricorso o appello.
CAN. 1353 - Appellatio vel recur- L' appello o il ricorso contro le sentenze
sus a sententiis iudicialibus vel a giudiziarie o i decreti, che infliggono o
decretis , quae poenam quamlibet dichiarano qualsiasi pena, hanno effetto
irrogent vel declarent, habent ef- sospensivo.
fectum suspensivum.
" Una sospe nsione stabi lita per l' elezione del Romano Pontefice: art, 35 della Cos t, " Romano
Ponti fici eligen do" di Paolo VI, I o ottobre 1975:
- Nessun Cardi nale e lettore potrà essere escl uso da ll'elezione, alti va e passiva, dci So mmo
Pontefice, a causa o col pretesto di qualsiasi sco munica, sospensione, interdett o o di alt ro impedi-
ment o ecclesiastico; queste cens ure dov ranno ritene rsi sospese agli effetti di tale elezione (Enchir.
Val. , vol. 5, n. 1484).
La disposizione è stata ripresa quasi "ad litte ram" dall' art. 35 della Costituzione emanata l' 8
dicembre 1945 da Pio XII (X. OCHO A, Leges Ecclesiae , Il, col. 2305) . - Cfr. anche il n, 35 della
nuo va Cost. Ap. "U nivers i dominici gregis" di Giovanni Paolo Il, 22 febbraio 1996 .
.) A un Padre Consultore, il quale avrebbe voluto che l' appello fosse so lo in devoluti vo , "secus
poena inèfficaxeva dit". fu risposto giustamente: «lnterposita appe tlatio ne vel recurs u, poen a nondum
haberi pote st iuridice inflieta vel ce rta, ideoq ue non èxpedi t ut applicetur, saltc m in ime cano nico , ubi
criteriurn miseri cord iae et benignitatis prae valet- (Communicationes, a. 1984, p. 45, can. 1305).
La ccs...azione delle pene 643
sospensivo, e non semplicemente devolutivo (cfr. anche can. 1736, § I). Ciò significa
che gli effetti della pena "ferendae sententiac" eventualmente inflitta con senten za o
decreto, e, similmente, gli effetti ulteriori della pena "latae sententiae" confermat a con
sentenza o decreto decl aratori o, restano sospesi, finché non si avrà la legittima notifi-
cazion c del risult ato finale dell' appe llo o ricorso .
Restano per altro gli effetti della pena "latae sente ntiae" non dichiarata, cont ro la
quale non c' è possibilità di appello o ricorso , poiché la sua efficacia deri va dalla stessa
legge che l'ha istituita, e i suoi effetti si producono da sé, ipso f acto.
1. Introduzione 4944
Il nuovo Codice dedica un titolo a sé anche alla cessazione delle pene, racco-
glie ndo in esso unitariamente le relat ive norm e, che nel Codice precedente erano
sparse in più tit ol i: tit. VII, cann. 2236-2 240 (remiss io ne dell e pene in genere), tit.
VJII, cann . 2247-2254 (ass oluzione delle cen sur e), tit. IX, cann. 2289-2 290 (cessazio-
ne delle pene vendicative) .
Nell'ordinamento ecclesiastico, la ce ssazione delle pene può avvenire in più modi:
- Con la morte del reo, per la quale si ha l'estinzione total e della pena e dei suoi
effetti. poiché, co n un tale evento , il defunto cessa di far parte della Chiesa "pellegrina
sulla terra", e la giust izia umana non ha più aleun potere su di lui '
- Col decorso del tempo, relativamente allc pene espi atorie inflitte a tempo
determ inato
- Con l'esecuzione completa della pena, avente per oggetto uno o più alti de-
term inati
- Con l'abrogazione della legge penale, in forza della quale si è incorsi in una
pena "latae senrentiae", o una pena "ferendae sententiae" è stata inflitta (can. 1313. § 2)
- Con la prescrizione, che può riguardare sia l' azione criminale in ordine alla
condanna per il delitto commesso (can. 1362), sia l'azione penale in ordine all ' esecu-
zione della pen a (can . 1363)
- Co n la legitt ima remissione o cond ono da parte della competente autorità?
Relativamente alla remi ssione delle pene. il Codice precedente distingue va tra la rem issione
delle pene espiat orie (vendicative), detta dispensa, e la remissione delle pene medicinali o ce nsure.
I Sono ec cettuati alcuni effetti applica bili anche ai defunti . com e i pubbl ici suffrag i per
co loro ai qu ali sia no state negate le esequie eccle siastiche (can , 1185). Prop riamente, tutt avi a.
tale privazion e non è più considerata una pena, ma solo un pro vvedimento di ca rattere ammi -
nist rativo (n. 4340 ).
2 Nella legislazione italiana. si prevede l' estin zione del reato e della pena.
detta assoluzione (can. 2236, ~ I ). Il nuovo Codice ha abbandonato questa tradizionale distinzione
e usa in genere la voce "remissione" per ogni tipo di pena, espiatoria c medicinale. Il termine
"assoluzione" - alto spec ifi co del foro interno sac ramentale - è rimasto solo nei cann. 508, ~ I;
566, ~ 2; 976, relativi al sacramento della penitenza. Esiste comunque una profonda differenza tra
la remissione delle pene medicinali o censure e la remissione delle pene espiatorie. La prima è un
allo di giustizia. perché il reo che recede dalla contumacia, ha il diritto alla remissione, e l' organo
competente ha il dovere di concedergli il perdono (can, 1358, § l). Con la cessazione della con-
tumacia si è infatti conseguito il fine della censura (il pentimento del reo), e la pena di carattere
medicinale non ha più ragione di essere: si trasformerebbe in espiatoria. La remissione della pena
espiatoria. invece, è propriamente un alto di grazia, a cui il reo non ha alcun diritto e che, per sé.
dipende esclusivamente dalla clemenza dci superiore.
La pen a espiatori a, come s'è già accenna to, cess a da sé per decorso del tempo, ossia
co n la sua effe ttiva esecuzione. La ce nsura cessa solta nto medi ant e la re miss io ne leg it-
tim am ent e co ncess a da c hi ne ha la potestà (ca n. 2248 , § 1, Cod ice (917 ).
L'attuale titolo è distinto in du e parti : la prima tratta de lla cessazio ne dell a pen a
med iante remi ssione (ca nn. 1354-1361); la seco nda, dell a prescri zion e dell' az ione c ri-
minale e penale (cann. 1362-1363 ). Non acce nna alla ce ssazion e dell a pen a per la mort e
elci reo o per decorso del tempo. pre supponendola dall a dottrina.
4946 1) Premessa
La remissione della pena è propriam ent e un atto di potestà esec uti va, c he spetta pe r
sé a co loro che godono di tale potestà in foro es terno. Ovviamente spe tta in primo luogo
a coloro che dispongono nell a Chi esa dell a potestà legi slativa. poic hé nell ' ordinamento
ca no nico la potestà è unit aria e la po tes tà legi slati va comprende inse parabilme nte a nc he
quell a esecutiva e giudiz iaria (nn. 976-977). Qu anto a coloro c he d isp on gono so lta nto
de lla potestà in foro interno, per sé essi non hanno alcuna com petenza nella remi ssione
de lla pen e ca noniche, tranne che il diritto (ca n. 508; 566 , § 2; 976; 1357 , § I) o una
part icol are delega' concedano loro tale facoltà.
4947 La remi ssione della pen a in foro interno segue le norm e stabili te nel ca n. 130 , per
cui i suoi effetti «no n sono ricon osciuti nel fo ro esterno, se non in qu anto ciò sia sta bili to
da l diritto per casi determinati» (n. 939). È comunque appli cabil e tutt o ra il prin cipio
co ntenuto nel can . 2251 del Codi ce 1917 (n. 4967).
- Con l' amnistia, che, oltre ad estinguere il reato, fa cessare l' esecuzione della condanna e
le pene accessorie (art. 15I).
- Con la prescrizione (a11. 157).
L'estinzione della pena si ha:
- Con la morte del reo, avvenuta dopo la condanna (art. t7l )
- Per decorso del tempo (art. 172)
- Mediante l'indulto o la grazia. che condonano in tutto o in parte la pena inflitta o la
computano in un'altra specie di pena stabilita dalla legge (art. 174)
L' indulto, come l'amnistia, è concesso dal Presidente della Repubblica, su legge di delega-
zione delle Camere (Costituzione, art. 79). La grazia è concessa similmente dal Presidente della
Repubblica (Costituzione, art . 87, comma Il), ma è un provvedimento di carattere amministrativo
concernente un caso specifico.
Nell'ordinamento canonico, non sono previsti né l'amnistia né l'indulto . C'è solo la grazia nei
singoli casi, in ordine alle pene espiatorie, mentre per tutte le pene c'è la remissione.
, La delega è possibile. perché, come s'è rilevato, la remissione è un alto di potestà esecutiva,
delegabile a norma del can. 137.
La cCSSaZillOC de lle pene 645
Titolo VI
La cessazione delle pene
CAN. 1354 - § l. Praeter eos, qui in § l . Oltre alle persone ind icate nei ca nn.
cann.1355-1356 rccensentur, om- 1355-1356 , tutti coloro che posson o di-
nes, qui a lege, quac pocna munita spe nsare da una legge mu nita d i pena o
est, dispensare possunt vel a prae- esentare da un precetto commin ante una
cepto poenam comminanti exime- pen a, possono a nc he rimette re qu ell a
re, possunt etiam eam poenam re- pena.
mittere.
§ 2. Potest praeterea lex vel § 2. La legge o il precetto, che stabili -
praeceptum, poenam constitucns, scono una pena, possono co nfer ire anche
aliis quoque potestatem facere re- ad altri la pote stà di rime tterla.
mittendi,
§ 3. Si Apostolica Sedes poenae § 3. Se la Sed e Apostol ica abbia riser-
remissionem sibi vel aliis reserva- vato a sé o ad altri la rem issione d i una
verit, r eservatio stricte est inter- pena, la riserva dev' essere interpretata in
pretanda. se nso stretto.
CAN. 1355 - § l. Poenam lege con- § I. Possono rimettere la pen a, infl itta o
stitutam, si sitirrogata vel declara- d ichi arata , stabilita per legge, purché non
ta, remittere possunt, dummodo sia riservata alla Sede Apos tolica:
nonsitApostolicaeSedi reservata :
l ° Ordinarius, qui iudicium ad 1° l'Ordinario che ha prom osso il giudi-
poenam irrogandam vel declaran- zio per infligger e o dichiarare la pen a
dam promovit vel decreto eam per oppure l'ha inflitta o dichiarata con un
se vel per alium irrogavit vel decla- suo decreto, pers onalmente o per me zzo
ravit; di altri ;
2° Ordinarius loci in quo delin- 2° l'Ordinario del luogo in cui si trova
quens versatur, consulto tamen, chi ha commess o il delitto, dopo aver però
nisi propter extraordinarias ciro co nsultato l'Ordinario di cui al n. I , salvo
cumstantias impossibile sit, Ordi- che per straordinarie circostan ze c iò sia
nario, de quo sub n. 1. impo ssibile.
§ 2. Poenam latae sententiae § 2. Quanto alla pena latae sententiae
nondum declaratam lege consti tu- stabilita per leg ge, ma non anco ra dich ia-
tam, si Sedi Apostolicae non sit rata, sempre che non sia riservata alla Sede
reservata, potest Ordinarius re- Apostolica, l'Ordinario del luogo può ri-
mittere suis subditis et iis qui in metterla ai propri sudditi e a coloro che si
ipsius territorio versantur vel ibi trovano nel suo territorio O vi abbiano com-
deliquerint, et etiam quilibet Epi- messo il delitto, e anch e qu alunque Ve-
scopus in actu tamen sacramen- scovo, ma solo nell'atto dell a co nfessione
tali s confessionis, sacramentale.
Codice. La remissione delle leggi penali è infatti riservata per sé alla Santa Sede, poic hé
tale facoltà non è concessa neppure ai Vescovi diocesani (can. 87. § l). Tutt avia, in virtù
del can. 1355 e nei limiti in esso defi niti, gli Ordinari posso no rimettere le pene stabilite
co n legge universale nel Cod ice, purché non siano riser vate alla Santa Sede.
4950 Il secondo principio riguarda l'in terpretazione della riser va delle pene fatta dalla
Santa Sede: tale riserva - che è "sub poena nullit atis" , in quanto priva gli altri del
potere di rimettere la pena - va interpretata in senso stretto, per cui, in caso di dubbio ,
la presunzione è a favore della non riserva. Fa eccezione a tale norm a il can. 1329, che
estende la pena stabilita per l' autore principale di un delitto anche ai suoi complici.
4951 A norma dell' attuale Codice, sono riservate alla Santa Sede soltanto cinque pene di
scomunica (n. 4885). È stata inoltre soppressa la distinzione delle scomuniche in riser-
vale simpliciter. speciali modo e specialissimo modo (n. 4885 , nota 5). La riserva , che
può essere istituita solo dalla Sede Apostol ica, non ha cara ttere di pena, poich é non
aggrava la situazione del reo. Si tratta invece di una misura di carattere disc iplinare ma
so prattutto pastorale, la quale ha lo scopo di richiamare l'attenzione dei fedeli sulla
partico lare gravità di alcuni delitti. in modo che abbiano a tene rsene lontani.
2) Pene "latae sententiae " stabilite per legge. universale o particolare, non 4954
ancora dichiarate
1355, § 2 Tali pene, sempre ehe non siano riserv ate alla Sede Apostolica, possono
essere rimesse:
648 LIBRO VI - L.: sanzioni nella Chiesa
4955 3) Pene "ferendae " o "latae sententia e", stabilite per precetto"
1356 Il canone considera solo le pene "Ierendac" o "latae sententiae" stabilite per
precetto da un' autorità inferiore alla Sede Apostolica. Tali pene. oltre che dall'autore del
precetto. possono essere rimesse anche se "latae sententiac'' dichiarate:
I o Dall'Ordinario del luogo in cui il reo si trova (versatur): per ragioni di domi-
(, Si tratta di precetto singolare (cann. 49 e 131 9). non di decreto generale, che ha carattere
e valore di legge (can. 29).
649
cilio o quasi-domicilio o a nche per dimora in atto. Fuori del proprio territorio. l'Ordi-
nario del luo go può rim ett ere le dett e pene so lo ai propri sudditi (can. 136).
2° Qualora la pen a sia stata infli tta o dichi arat a, anche dall'Ordinario che ha pro-
mo sso il g iud izio per infl iggere o dichi arare la pen a, o che l'ha inflitta o dichi arata con
un suo de creto, personalmente o per mezzo d i altr i.
Sia l'uno che l'altro, prima di procedere alla remi ssione hanno l'obbli go di co nsul-
tare "s ub poen a null itati s" (n. 4953) l'autore dci precetto, salvo che pe r circos tanze
straordinarie ciò risult i impossibile.
3° Dai loro delegati , a norma del can. 137, § I.
Il canone nulla dice delle pene "ferendae" o "lutae sententiae" stabilite per precetto singolare
dalla Sede Apostolica. Secondo alcuni. poiché il precetto singolare crea una relazione personale Ira
l'autore e il destinatario, la l'Cmissione della pena annessa resta riservata alla Santa Sede. salvo che
il precetto stesso stabilisca altrimenti.
, I particolari privilegi concessi dalla Santa Sede agl'I stituti religiosi in ordine alla remissione
delle pene canoniche, restano in vigore, a norma del can. 4. Ma, ovviamente. vanno armonizzati
con le prescrizioni dcI nuovo sistema penale.
650 LIBRO VI • Le sanz ioni nella Chiesa
, Il § 2 del citato canone 2254 del Codice 1917 conteneva anche la seguente disposizione:
«Nihil impedir quominus poenitens, etiam post acceptam, ut supra, absolutionem, facto quoque
rccursu ad Superiorern, alium adeat confcssari um facultate praeditum, ab eoque , repetita confessione
saltem delicti cum censura, consequatur ahsolutionem: qua obtenta, mandata ab eodem accipiat, quin
teneatur posrea stare aliis mandatis ex patte Superioris supervenientibus». Una tale norma non è
riportata nel nuovo Codice. ma non c' è duhbio che essa valga tuttora poiché il suo contenuto è ovvio.
La cessazione de lle pene 651
'! Conseguenza: se la remissione non può essere negata, né il superiore né il giudice possono
CAN. 1360 - Poenae remissio me- La remissione della pena estorta per
tu gravi extorta irrita est. mezzo di timore grave, è nulla.
CAN. 1361 - § 1. Rcmissio dari § 1. La remissione può darsi anche a
potestetiam absenti vel sub condi- una persona assente, oppure sotto condi-
cione. zione.
§ 2. Remissio in foro externo de- § 2. La remissione in foro esterno sia
tur scripto, nisi gravis causa aliud data in iscritto, tranne che una grave ra-
suadeat. gione suggerisca diversamente.
§ 3. Caveatur ne remissionis pe- § 3. Si abbia cura che la domanda o la
titio vel ipsa remissio divulgetur, stessa concessione di remissione non sia-
nisi quatenus id vel utile sit ad rei no divulgate, se non in quanto ciò risulti
famam tuendam vel necessarium utile a tutelare la fama del reo o sia neces-
ad scandalum reparandum. sario per riparare lo scandalo.
Codice 1917). Trattandosi tuttavia di censure che impediscono la recezione dei sacra-
menti, in tale caso, per poter avere l'assoluzione dei peccati, è necessaria la previa
remissione di tutte le dette censure, in quanto ciascuna di esse impedisce la lecita
assoluzione dei peccati .
Se, pertanto, un reo sia colpito da più pene espiatorie (non ha importanza se per un
solo o più delitti e, similmente, se a seguito di un solo o più provvedimenti), nella
istanza rivolta all'autorità competente deve specificarle singolarmente, in quanto la re-
missione ha valore soltanto per quelle espressamente menzionate. L'autorità, da parte
sua, può concedere anche una remissione generale, ossia per tutte le pene da cui il reo
fosse colpito. In questo caso, la remissione vale per tutte le pene, ad eccezione di quelle
che il reo avesse taciuto in mala fede nella sua istanza.
A ter mine dcI medesi mo paragrafo, può concedersi inoltre sotto condizione:
De praeterito: per es ., se hai già riparato lo scan dalo e i danni
De praesent i: se prometti di farlo
De futuro suspensivo: se e quando ritratterai la ca lunnia
De fu turo "ad reincidentiam ": ti assolvo, ma ricadrai nella pena se. entro un
mes e, non ritratterai la falsa accusa
In que sto ultimo caso, la cens ura così assolta "revivisci t" ,
Essa è senz a dub bio spec ificamente identica. Si discute per altro se sia numericamente distinta
da lla preceden te, o sia la medesima che rinascc , in modo che nel frattempo si sia avuta soltanto
una sospensione della pena!".
1361, § 2 (2239, § § 1-2 *) La rem issione del la pena può essere co ncessa sia nel
foro esterno che in quello interno, sacr amentale ed extrasacramentale (can n. 196, e
2239. § I, Codi ce 191 7). Concessa nel foro esterno va le pie namente per l'uno e l' altro
foro . Co ncessa ne l foro interno, vale anc he per que llo esterno, ma non in forma pien a
c asso luta. A tal rig uardo, il can . 225 1 de l Codice 191 7 dà questa norm a:
- «Si absol utio censurae detur in foro externo, utrumque forum affici t, si in in-
terno, abs olutus , remoto scandalo, pote st uti talem se habere etia m in actibus fori
externi; sed , nisi co nces sio absolutionis probctur aut sa ltem legit ime praes umatur in foro
externo, ce nsura potest a Superioribus fori externi , quibus reus parè re debet, urgeri ,
do ncc absolutio in eodem foro habita Iuerit»,
Ta le disposizione è co nfe rmata indirettamente da l ca n. 74 , che ha portata pii!
generale.
In de roga al can, 37, l'attuale can one disp one che la remissione "in foro ext erno"
debba esser data in iscritto «tranne che una grave causa cons igl i diversamente»!' ,
La for ma . In ordine alla validità non è richie sta alcuna forma determinata: è suftìciente c he 4968
l'alto di remiss ione sia manifes tato esternamente.
Per la liccità, occorre seg uire il rito prescritto nell 'Orde Paenitentiae. Appcndix I.
1361, § 3 Il reo. anche se colp ito da pena, ha diri tto che nei limiti del possibile sia
salvaguardato il suo nome (cfr. anche cann . 1352, § 2, e 1717, § 2). È un rispe tto dovu to
alla dignità de lla person a. Di co nseguenza, né l'istanza né la remissione clelia pena
possono essere divulgate. se non in quanto ciò risulti utile a tutelare la fama de l reo o
sia necessario per riparare lo sca ndalo.
tu Si discuteva inoltre se il confessore, il qua le asso lve da una cen sura per potestà de legata.
possa assolvere sotto condizione, in particola re se possa asso lvere "a d reincidcntiam ", L'opinione
più comune è che per sé non possa. tranne che ne abbia avuto esp ressa facoltà .
Il Communicutiones, a. 1977. p. 172. can . 45, lett . b: «Be ne est IIt remissio ordinarie scripto
detur sive quia in novo ime poenal i praevale ntia datur foro externo, sive quia doc umentum
scripturn me lius trnns rnitti vel pervenire potest ad rnanus delin qucntis» .
654 LIBRO V I - Le sanzioni nella Chiesa
Come s' è già accennato (n. 4944), la prescrizione può riguardare l' azione criminale,
diretta alla condanna del reo, e l' azione penale, diretta all'esecuzione della pena, quando
la condanna sia passata in giudicato e sia pertanto diventata definitiva'.
Per i delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede", occorre tener
presente l'ordin amento proprio del detto Dicastero.
Per i delitti che non sono puniti dal diritto comune, ma da quello particolare (cfr.
can. 1315, § I), valgono i tempi stabiliti dal Codice, tranne che la legge particolare abbia
stabilito un altro termine di prescrizione.
I Per la discussio ne che si ebbe in seno alla Commissione di Studio per il significato e l'uso
delle due espressioni: actio crimina lis e actio poena lis, v. Commun icationes. a. 1977, pp. 173-174,
can, 47.
, Sono i delitti di cui ai cann. 1364-1366; 1371, n. I; 1378. § l ; 1387 ; 1390, § I: cfr. Cost.
Ap. Regimini Ecclesiae universae, 15 agos to 1967, nn. 3 1-36 tEnchir. Val.. vol. 2, p. 1294).
La pre scrizione 655
La prescrizione decorre dal giorno in cui è stato commesso il delitto , ma se si tratti 4972
di delitto permanente o abituale, dal giorno in cui esso è cessato).
Delitto permanente è il delilio continuato con un'azion e ininterrotta : per es. l'educazione dei
figli in una religione acattolica (can. 1366), oppure la disobbedien za pertinace alla Sede Apostolica
*
o al proprio Ordinario (can. 1371, n. I) Cfr. anche eann. 1381, 2; 1391, n. I; 1394, I; 1396. *
Delitto abituale è quello che consiste in una serie di ripetute azioni antigiuridiche: per es.
l' atti vità commerciale o affaristica, praticata da un chierico o da un religioso (can. 1392).
L' estin zione dell ' azione criminale per prescrizione rende impo ssibil e l'emana-
zione dell a sentenza o del decreto penal e condannatorio o declaratorio (cf r. can.
1720, n. 3).
PARTE Il
Titolo r
Delitti contro la religione e l'unità della Chiesa
C o n un p reci so criteri o di scelta , s i è inteso c o lpire soltanto qu ei del itt i c he pre sen-
tan o una parti colare g ravi tà nell a Chies a , co ns iderata nell a s ua uni versalit à tCommuni-
cationes, a. 197 0 . p. 194 , De poenis in singula delicta). L a p un izione de i delitti a ve nt i
un am b ito pi ù ristr e tto è rim e sso a l diritto p artic olare d ell e s ing o le di oces i e provinc e
ecclesiastiche' .
4975 La riduzione dei ca noni è notevole: 36 ca noni. di fronte ai 101 del Codice precedente . Come
s 'è già avvert ito, nel nuo vo Codice le pene "larae sententiac" sono IH (n. 4767 . not a 3): sette di
scomunica (n. 4885), sei di sos pensio ne (n. 4H99), cinque d'interd etto personale (n. 4390). NcI
Codice pio-benedettino eran o 68: cinquanta le sco muniche , tredi ci le sos pe nsioni, cin qu e gl'i nter-
detti. Le censure riservate alla Santa Sede son o soltanto cinque e limitate alle scomuniche . Sono
state soppresse le scomuniche riser vate all 'Ordin ario : cann. 2319 , § I: 2326: 2343 , § 42 350, § I;
2388, § 2, Codice 1917; similmente gl' interdetti e le sos pensio ni: ca nn. 2338 e 2341.
Ampio - forse oltre misu ra - il potere discrezionale lasciat o al gi udice (n. 4791, nota 3).
.' Conununica tiones , a. 1977. p. 3 18, Adunatio diei 7 maii 1977 ...Examinan tur suggestiones
ab Organis consultationis factae circa alias species delictorum folt e inscrendas in pall e "de poeni s
in sin gula delicta" schernatis iuris poenali s.
Relator refert non paucas prop ositiones haber i circa plura delicta quae larncntantu r nostri s
ternporibus, uti genocidi um, bellum iniustum , pornographia et alia huiusmodi , Consu ltores, posr
attentam conside rationem harurn propositionum , unanimiter agn oscunt talla deli cta rece nseri non
posse in iure poenali canonico, sive quia iarn damnantur et pun iuntur a iure civil i, sivc quia
Ecclesiae carc t mediis pro apta inquisitione; ceteroquin illa delict a clare et frequenter reprohantur
in diuturn o opere magisteri i Ecclesiae . Aliqui s Co nsulta r animadvertit in iure poenali canonico
proprie recensenda esse dclicra quae peculiarem gra vitatem habcn t sub respcctu eccles iastico,
quaeque pun iri deben t ad tuendum ordin em socialem Ecclesi ae. nam alia delicta sufficienter
persequitur et punit lex civi lis. Quap ropter Co nsultores alia pauca dc licta, praeter illa iam in
sche mate rece nsita, seligunt ut poe nae contra ipsa statuantur in lege generali Ecclesiac ».
Circa la bigam ia, cfr. ibidem, p. 3 19.
Delitti centro la religione c l'unità della Chiesa 657
Come appare dallo schema, sono considerati sei delitti specifici contro la religione
e l'unità della Chiesa.
l) Concetto
1364 (2314 e 2318*) Il concetto di tali delitti è determinato nel can. 751.
- L'apostasia è il ripudio totale della fede cristiana
- L'eresia, l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di qualche verità
che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di esse
- Lo scisma, il ripudio della sottomissione al Romano Pontefice o della comunio-
ne con i membri della Chiesa a lui soggetti.
Per il contenuto delle dette definizioni, v. n. 3114. 4918
Il delitto di apostasia, di eresia e di scisma è diverso dal relativo peccato, Perché
si abbia il delitto in senso giuridico, è necessario che concorrano in esso gli elementi
essenziali, oggettivi e soggettivi, determinati dalla legge. È necessario anzitutto che di
tale reato si abbia una manifestazione esterna e una piena responsabilità (can. 1321,
§ I). Si richiede inoltre che il delitto sia consumato e per la "consumazione", a termine
del can. 1330, una manifestazione anche esterna, di cui nessuno venga a conoscenza, è
da considerarsi insufficiente,
Non è necessario che l'apostata, l'eretico o lo scismatico si separino dalla Chiesa
cattolica con atto formale, dando ad esempio il loro nome a un'associazione o a una
setta eretica o scismatica o non cristiana. La separazione con atto formale ha rilevanza
per altri effetti (cfr. cann. 1086, § I; 1117; 1124), ma non per quelli penali.
In forza del can. Il, il delitto di apostasia eresia o scisma concerne ovviamente solo
le persone battezzate nella Chiesa Cattolica o accolte successivamente in essa.
I Con le sanzioni previste in questo canone, come nel successivo 1371, «la Chiesa non
esercita (né intende esercitare) una coercizione per costringere i cattolici. che compiono gravi
manifestazioni di dissenso dal magistero ecclesiastico o di disobbedienza all'autorità ecclesiastica.
quali sono l'apostasia, l'eresia e lo scisma, a recedere dalle proprie convinzioni, bensì vuole evitare
che continuino ad agire come se non fossero eretici o scismatici, traendo in errore gli altri e
producendo altri danni alla società: perciò con le pene qui comminate si tolgono ad essi quei beni
che sono incompatibili con l'atteggiamento assunto, e che darebbero luogo a confusione agli occhi
del popolo di Dio» (Pio Ciprotti). V. anche n. 3104.
658 LIB RO VI - Le sanzioni nella Chiesa
attenuante). Non v'incorrono neppure i batte zzati che si trovano per nascita nell'eresia
o nello scisma, siano essi in buona o catti va fede (can. Il )l.
2° La rimozione "ipso iure" da qual siasi ufficio ecclesiastico (can, 194, § I , n. 2).
Tale rimozione, tuttavia, non è una conseguenza dell a scomunica, né una privazione
penale (can. 196), ma un provvedimento di carattere amm inistrativo , che seg ue "ex se"
alla condizione "anti-ecclesiale" dell'apostata, dell 'eretico o dello scis ma tico, ed è del
tutto indip endente dalla pena (Communicationes, a. 1984, p. 46 , can . 1316).
3° La duplice irregolarità: relati vamente alla recezione degli ord ini sacri (can,
1041, n. 2) e al loro esercizio, se il delitto sia pubblico (can. 1044, § I, n. 2). Nean che
le irregolarità, ovv iamente, sono una pena.
4° La privazione delle esequie ecclesiastiche, per gli apo stati , gli eretici e gli
scis matici, che prima della morte non abbiano dato alcun segno di pentimento (can.
I 184, § I, n. l). Anche questo è per sé un provvedimento di carattere amministrativo.
5° Se il reato di apostasia, eresi a o scisma è commesso da un chierico, possono
ess ere aggiunte le pene espiatorie di cui al can. 1336, § l, nn. 1-3. ed altre pene ancora,
non esclusa la dimissione dallo stato clericale (n. 5), qualora lo esig a la prolungata
contumacia o il grave scandalo. Nelle medesime circostanze, pene aggiuntive possono
essere inflitte anche ai laici. Si tratta di pene facoltative, e quindi "ferendae sententiae".
l La comminazione della scomuni ca per i delitti di apo stasia, ere sia e scisma fu oggetto di
lunga discussione da pane del Gruppo di Stud io " Dc iurc poen ali" . In un prim o tempo. la scom u-
nica co mminata contro tali delitti fu solo " ferendae sententiae". Il motivo addo tto per l'esclusion e
della pena "latae sententiae" fu il seguente : «Excluditur poena I.~. quia perdiffi eile est in hac
implexa materia ut habeatur necess aria eertitudo iuridica de delicto cornmisso sine inter ventu
iudicis vel superioris» (Communlcationes. a. 1977 . p. 305, can . 48, § l ).
«Poena non pote st esse lata c scntent ìae - si disse ancora in una nuova adunanza. - Poena
latae sententiae puniri tanturn possunt delicta certa, quae praesertim in facto determinato consi stunt .
ila ut nullum supersit dubium de e ius perpctration e, i.e. de adimpletione facti speciei poenalis, V.g.
abort um, vis physica in Romanum Pontificem vel in Episcopum, etc .... Poen a excommunicationis
pun itur delictum hacre sis , apostasiae vel schismatis, sed hoc deli ctum debet iuridi ce comprobari,
ut co nstet non tantum de obie cti va gravitate, sed ctiam dc irnputabilitate, quod non se mper fac ile
est. In hac co mplexa materia magna desideratur sec uritas iuridi ca, qu ae non habetur nisi iude x ve!
superior casum omniaque eiu s adiun cta pcrpendat et deccrnar de exsistentia del icti et con sequenter
de inflictione poenae. Exigi no n potest auto-applicatio poenae (quod est cha racteri sticum in poeni s
larae sententiae), si incerta est fere semper, etiarn pro reo, exsistentia ipsa delict i.
Ceteroq uin, recentiora e xempla o rnni bus nota hoc liquido dem on straut lpsa S. Con -
gregat io pro Doctrina Fidei, organum maxim e cornpete ns , per decenniurn e xaminavit doctrinam
alicuius professoris de haeresi suspecti. Et POSI sat longum examen (et si mult i a utuma nt agi in
casu de vera haeresi), S. Congregati o duos abhinc annos ad sequentern tanturn conclusionem
perv ènit: «Haec S. Congregati o pro munere suo in praesens declarare eogitur Professorern
loannem Kiing in suis scriptis ab integra l'idei catholicae veritate deficere, ideoque eundern nec
uti theologum eatholieum haberi neque qua talem munere docendi fungi posse» (Osservatore
Roman o, 18-XIl-1979, p. l). Et Praeses Episcoporum Conferentiae Germaniae de claravit: <di
Profe ssor Kiing non è per questo esclus o dal/a Chiesa e rimane sacerdote (ibidem , p. 3) ... Cfr.
eti am cas um Lefebvre, in quo multi inveniunt omnia elernenta schismatis, sed au ctoritas com-
petcn s numquarn hoc verbo usus est , sed tantum locutus est de "inoboedientia" et solummodo
suspensione punitus est ob ill egitimas ordinationes ».
Delitti contro la religione c l' unità della Chiesa 659
"Ex istis el aliis cas ibus eruitur quod neque schisma neque haeresim punire oporrct poenis
latae se ntentiae ex intrin seca difficultate statuendi quandonam revera delicta dentur. Notetur tamen
quod in canone Schernati s sufficienter fidei tuitioni providetu r, nam poena non est fa cultativa, scd
auctoritas cornpeten s obligutionem habet ipsam infligendi » (Communicationes. a. 1984, pp. 46-47 ).
I suddetti motivi ci sembrano molto fondati. Di fatto però prevalse successivamente la lesi
opposta , c nel nuovo Cod ice fu confermata la pena "latae sententiae", com'era nel Codice prece-
dente . Resta però soppressa la particolare figura del "sospetto di eresia", di cui nel can. 2315,
Codice 1917.
Abbiamo riportato una così lunga nota per la sua grand e importanza dottr inale e pratica. Ser ve
a far riflette re come non sia facile , nel caso concre to, determinare se un cattoli co, per i suoi scritt i,
le sue dichiarazioni , il suo atteggiamento, sia da considerars i reo di eresia o di scisma, con la
conseg uente scomunica "latae sententi ae", comminata nel can, 1364, ~ I. C' è bisogno a tal riguardo
di gra nde pruden za e ca utela.
660 LI BRO VI - Le sa nzion i nel la Chi esa
- Educazione
- Battesimo ed educazione insieme
Il termine "fig lio" è inteso nel senso più ampio: figlio legittim o c naturale, figlio
adottivo e figlio di cui si ha la tutela. Il canone parla di genitori, veri e adottivi, e di tutti
coloro che ne fanno le veci, sia di diritto che solo di fatto.
L' educazione in una religione non cattolica è intesa nel canone nel senso propria-
mente formativo : un' educazione dottrinale o pratica, seco ndo principi religiosi e morali
di una confessio ne non cattolica o comunque difformi da quell i della Chiesa Cattolica.
Non è proibito a un gen itore cattolico mandare i propri figli in una scuola non cattolica
ai fini della loro istruzione culturale o scientifica, oppure della loro formazione profes-
sionale. Ovviamente , una tale frequenza richiede un motivo adeg uato (cfr. cann. 793, §
l , e 798). Esige inolt re le debite cautele (ean. 798).
La pena prevista contro quelli che deliberatamente violassero questo canon e tCo m-
municationes, a. 1977, p. 3 19, ean. 48 ter) è precettiva alternativa: "Censura aliave iusta
poena puniatur'".
I Che cosa dire dei genitori veri o adottivi o dei tutori che impartissero personal mente ai
ragazzi di cui hanno la cura e la responsabilità, un'educazione non catto lica? Certo non sono
co mpres i in questo canone. che riguarda solo coloro che «Iiberos in relig ione aeatholica
baptizandos ve! educandos tradun t», Potrebbero però essere applicati i cann. 1364 e 1371, n. I.
Deli tti contro la religione c l'unità della Chiesa 661
CAN. 1368 - Si quis, asserens vel Se qualcuno comm ette uno spergiuro,
promittens aliquid coram eccle- asserendo o promettendo qualcosa dinan zi
siastica auctoritate, periurium ad un'autorità ecclesiastica, sia punito con
committit, iusta poena puniatur. giusta pena.
CAN. 1369 - Qui in publico spec- Chi in un pubblico spettacolo o in un
taculo vel concione , vel in scripto pubblico discorso", o in uno scritto pub-
publice evulgato, vel aliter instru- blicamente divulgato, o in altro modo,
mentis communicationis socialis servendosi degli strumenti di comunica-
utens, blasphemiam profert, aut zione sociale , proferisce bestemmie oppu-
bonos mores graviter laedit, aut re offend e gravemente i buoni costumi,
in religionem vel Ecclesiam iniu- oppure adopera espressioni ingiuriose
rias exprimit vel odium contemp- contro la religione o la Chiesa, oppu re
tumve excitat, iusta poena punia- eccita all' odio o al disprezzo contro di
turo esse, sia punito con una giusta pena.
Le pene previste per un così nefando triplice de litto, sono le più gravi fra quelle
stab ilite nell'attuale ordinamento penale ecclesiastico:
- Pena precettiva: la scomun ica "latae senten tiae" , riservata alla Sede Apostolica
- Pena fa coltativa: l'aggiunta di altre pene, non esclusa la dim issione dallo stato
clericale, se il colpevo le sia un chierico.
La pena tuttavia, co m'è disposto nel can. II , co lpisce solo chi è stato batte zzato
ne lla Chiesa Cattol ica o è stato acco lto successivame nte (ma prima del delitto) in essa.
Non è nece ssario che eg li creda nella presen za reale di Cris to nell 'Eucaristia.
Il canone parla di specie consacrare. Se pertanto una persona gettasse via o sottraesse o
ritenesse a scopo sac rilego delle ostie ritenute erroneamente consacrate, mentre in realtà non lo
sono , verrebbe a mancare un element o essenziale del delitto (l' elemento oggettivo) . per cui si
avrebbe solo un delitto putativo, giuridicamente non punibile.
2 Molti traducono "in una pubblica riunione", e la traduzione è corretta, perché il termine
latino "concio" significa tanto "riunione" che "discorso". Il Prof. Ciprotti, che è stato il Relatore
del Grupp o di Studio " De iure poenal i" , traduce "discorso".
662 LIBRO VI- Le sanzioni nella Chiesa
Titolo II
Delitti contro le autorità ecclesiastiche
e contro la libertà della Chiesa
CAN. 1370- § 1. Qui vim physicam § 1. Chi usa violenza fisica contro il
in Romanum Pontificem adhibet, Romano Pontefice, incorre nella scomuni-
in excommunicationem latae sen- ca latae sententiae riservata alla Sede
tentiae Sedi Apostolicae reserva- Apostolica; se si tratta di un chierico, si
tam incurrit, cui, si c1ericus sit, alia può aggiungere, secondo la gravità del de-
poena, non exclusa dimissione e litto, un' altra pena, non esclusa la dimis-
statu clericali, pro delicti gravitate sione dallo stato clericale.
addi potest,
§ 2. Qui id agitin eum qui episco- § 2. Chi usa la detta violenza contro una
pali charactere pollet, in inter- persona insignita del carattere episcopale,
dictum latae sententiae et, si sit incorre nell'interdetto latae sententiae, e
c1ericus, etiam in suspensionem la- se chierico, anche nella sospensione latae
tae sententiae incurrit. sententiae.
§ 3. Qui vim physicam in c1eri- § 3. Chi l'usa contro un chierico o un
cum vel religiosum adhibet in fidei religioso per disprezzo contro la fede, la
vel Ecclesiae vel ecclesiasticae po- Chiesa, la potestà o il ministero ecclesia-
testatis vel ministerii contemptum, stico, sia punito con una giusta pena.
iusta poena puniatur.
1 Non dunque in una riunione privata. Alcuni ritengono che per "riunione pubblica" debba
intendersi una riunione alla quale tutti possono intervenire. Forse però è da considerare il numero
delle persone che di fatto vi partecipano. Se il loro numero è ristretto, la riunione è da considerarsi
privata, e se il numero è considerevole, essa più fondatamente è da considerarsi pubblica, anche
se per la riunione siano stati diramati inviti personali (riunione riservata).
Delitti contro ~ autorità ecclesiastiche c la lil\crtà della Chiesa 663
- O in un pubblico discorso
- O in uno scritto pubblicamente divulgato
- Oppure usando uno strumento di comunicazione sociale: stampa, radio , televi-
sione, cinema, teatro, ecc.
La pena è precettiva e indeterminata: "lu sta poena puniatur".
CAN. 137l - Iusta poena puniatur : Sia pu nito co n una gius ta pen a:
1° qui, praeter casum de quo in I ° chi. a parte il caso di cui al ca n. 1364,
can.1364, § l , doctrinam a Roma- § I, insegni una do ttrina co nda nnata da l
no Pontifice vel a Concilio Oecu- Rom ano Pon tefice o da un Con cilio Ec u-
menico damnatam docet vel doc- men ico, opp ure respinga pert inacem ente la
trinam, de qua in can, 752, perti- dottrina di cui al ca n. 752 e, ammo nito
naciter respuit, et ab Apo stolica dalla Sede Ap ostolica o dall'Ord inario, non
Sede vel ab Ordinario admonitus si ritratti ;
non retractat;
2° qui aliter Sedi Apostolicae, 2° chi, in altro mod o, non obbcdisca alla
Ordinario, vel Superiori Icgitimc Sede Apo stolica , all' Ordinario, o al S upe -
praecipienti vel prohibenti non riore, che legittimam ente gli d ian o un co-
obtemperat, et post monitum in mand o o un divieto, e dop o l' ammoni zio-
inoboedientia persisti t. ne, persista nell a disobbed ienza .
Elemento ess e nziale del triplice delitto è la pertinaci a, l'ostinazione del colpevo-
le. il qu ale. ammonito dalla competente autor ità (il prev io ammonimento è sempre
necessario ). per si ste nel suo att eggiamento, non ritrattando i suoi errori e rif iutandosi
di ubb id ire . A ltro el emento essenziale è il carattere es te rno , da inte nde rsi ten endo
presente il can. 1330 : esso è condizion e ind is pen sab ile perché possa effettuarsi il
" prc vio a mm o ni me nto".
La pena prevista è precetti va indeterminata: "lusta poena puniatur".
Il can. 696 prevede la dimissione di un religioso dal proprio Istituto per l'ostinata
disobbedienza alle legittime prescrizioni dei Superiori in materia grave. per il pertinace appoggio
o la diffusione di dottrine condannate dal magistero della Chiesa. per la pubblica adesione a
ideologie inficiate di materialismo o di ateismo. La norma si applica ai membri delle Società di vita
apostolica (can. 746).
ebbe le sue radici nella lotta politico-religiosa tra Bonifacio VIII ( 129 4- 1303) e Filippo IV il Bello
re di Francia (1285 - n 14), e si sviluppò largamente nel torbido periodo dello Scisma d'Occidente
( 1378 - 14 17); al finire della "cattività avignonese" ( 1309 - 1376).
Sostenuto in particolare da Marsilio da Padova (127 511 280- I342-1343), autore del "Defcn sor
pacis", Guglielmo di Occam (1285-1349), francescano, Pietro d'Ailly ( 1350 - 1420) , Vescovo di
Cambrai c Cardinale, Giovanni Gerson (1363-142 9), Cancelliere dell'Unive rsità di Parigi, e da vari
Prcsuli, esso sostenne la superiorità gerarchica dei Vescovi riuniti in Concilio Ecumenico nei
confronti del Romano Pontefice.
L'errore fu seguito poi da John Wyckif ( 1330- 1484), Giovanni Hus ( 1369- 14 15). Martin
Lutero ( 1485- 15 15), Giovanni Calvino ( 1509 - 1564) . e successivamente, a panire soprattutro dal
1682 , l' anno della "Declaratio Cleri Gallicani", dai numerosi fautori delle teorie gallicane. La sua
condanna definitiva si ebbe nel Concilio Vaticano I, con la COSI. domm. "Pastor Aeternus" del 18
luglio 1870 , che dichiarò solennemente per tutta la Chiesa il primato universale del Romano
Pontefice (cfr. in particolare Denzinger-Sch ònmetzer, nn. 3053, 3063, 3064).
666 LIBRO VI- Le sanzioni odia Chiesa
CAN. 1373 • Qui publice aut sub- Chi pubblicamente suscita contrasti o
dito rum simultates velodiaadver- odi da parte dei sudditi contro la Sede
sus Sedem Apostolicam vel Ordì - Apostolica o l'Ordinario a causa di qual-
narium excitat propter aliquem che atto di potestà o di ministero ecclesia-
potestatis vel ministerii ecclesia- stico, oppure eccita i sudditi alla disobbe-
stici actum, aut subditos ad inoboe- dienza contro di essi, sia punito con l'in -
dientiam in eos provocat, interdico terdetto o altre giuste pene.
to vel aliis iustis poenis puniatur.
4992 4. II pubblico eccitamento alla rivolta, all 'odio, alla disobbedienza contro
la Sede Apostolica o contro l'Ordinario
1373 (2344*) li canone intende tutelare l' autorità ecclesias tica nell'esercizio dci
suo ministero e, nello stesso tempo. la retta disciplina della comunità ecclesiale.
È previsto un duplice delitto.
1° Suscita re pubblicam ente contestazioni, co ntrast i, odi da parte dei suddi ti
contro la Sede Apostolica o l'Ordinario proprio o qualsiasi altro Ord inario, ma solo
a causa di un atto di potestà (di foro esterno ed interno) o di ministero ecc lesiastico
non per altri motivi, che potrebbero esse re anche di cara ttere person ale. L' allo po-
trebbe essere non ancora compi uto e prospe ttarsi solo come possib ile o probabile. In
questo caso , si verre bbe a violare non solo il can. 1373, ma anche il can. 1375, con
le sanz ioni previste contro co loro che impediscono il libero ese rcizio de l ministero e
de lla potestà eccl es iastica.
2° Eccitare i sudditi alla disobbedienza (non alla semplice protesta) nei confronti
della medesima Sede Apostolica o del medesimo Ordinario. Secondo alcuni il delitto di
eccitamento alla disobbedienz a si verifica solo se l'eccitamento avve nga in forma pub-
blica, come nel primo caso; secondo altri, sia in forma pubblica che privata.
La pena è alternativa precettiva: "Interdicto vel aliis iustis poenis puniatur", tenen-
do presente il can. 1349.
CAN. 1374 - Qui nomen dat con- Chi dà il suo nome ad un'associazione
sociationi, quae contra Ecclesiam che trama contro la Chiesa, sia punito con
machinatur, iusta poena puniatur; giusta pena; chi poi promuove o dirige
qui autem eiusmodi consociatio- una tale associaz ione, sia punito con l'in-
nem promovet vel moderatur, in- terdetto.
terdicto puniatur.
generis) . Co n atto del 17 fehbra io 1981 , la Con gregazione per la Dottrina della Fede,
di fro nte ad alc une "interpretazio ni errate e tendenzi ose", dic hiarò che null a era stato
mut ato circa la norm a contenuta nel detto ca none (Enchir. Vat., vo I. 7, pp . 1036-
1039). Il nuov o Cod ice ha evitato deliberatamente il riferimento esplicito alle sette
massoni che (Comm unicationes, a. 1984 , p. 49 , ean. 1326, n. 2); e ha parlato generi-
came nte d i "associazioni che tramano contro la Chiesa". Fra esse è da anno ver are il
comunis mo ateo, che "amplius machinatu r et Eccl esiae infensior est" (Communica-
tiones, ib idem ), E so no comprese per sé anche le sette masson iche, a term ine di una
rec ente Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede in dat a 26
no vembre 1983:
- Quaesitum es t an mutat a sit Ecc lesiae sententia circa ass ociationes massonicas.
pro pterea quod in novo Codice luris Canonici dc ips is non fit mcntio ex press a sicut in
vetere C odice. Sa cra ha ec Congregatio respondère val et talern circums tanti am
trihuendam esse criterio in redac tione adhibito , quod serva tum est etiam quoad alias
associationes parit e r silentio praetermissas eo quod in ca tegor iis latius patenti bu s
includebantur, Perst at igitur immutata sententia negativa Eccle siae circa associatione s
mas sonic as, qu ia earum principia semper incon ciliabilìa habit a sunt cum Ecclesiae
doctrina ideoque eisdem adscriptio ab Ecclesia prohib ita rè manet. Christifideles qu i
assoc iatio nibus masson icis nomen dant in peccat o gravi versa ntur et ad Sacram
Co mmunionem acced ere non possunt » (Communicationes, a. 1983, p. 160)l.
Una tale Dichiaraz ione ha carattere generale. Vale quindi la conside razion e fatta dal
Gruppo di Studi o De sanct ionib us iII Ecclesia, che " masso neria non èadem est in
omnibus nationibu s" iCommunicationes, a. 1984 , p. 49, can . 1326. n. 2).
L'attuale ca none stabilisce una dupli ce distinta pena: 4994
IO Pena preceUiva indeterminata per chi s'iscrive "scienter et volens" a una delle
associazioni che tram ino co ntro la Chi esa: " Iusta poen a punia tur" . Se qualcun o si fosse
iscri tto in buona fede, ha l' obbligo di ritirare la pro pria iscrizio ne, non appena viene a
con oscenza della vera natura della società. tranne che sia costretto a riman ervi tempo-
ran eam ente, per evit are possib ili gra vi da nni.
2 0 Pena precettiva determinata per chi svolge nella società un ruolo att ivo o una
funzione direttiva: "Interdicto puniatur".
Si noti per altro che il canone parla di associazioni "quae contra Ecclesiam machinantur" , Non
basta pertanto che esse siano condannate dalla Santa Sede o da altra autorità ecclesias tica. È
necessario che COSpili no realmente contro la Chiesa, sia perché questo rientri nei loro fini, sia
perché sia stato così deciso dagli organi direttivi, sia infine perché avvenga semplicement e di fatto.
La condanna può avvenire anche per altri motivi. Trattando si di associazioni a carattere eretico.
scismatico o apostatico, si ha un effetti vo concorso di reati. in quanto si viola non solo il can. 1374,
ma anche il can. 1364.
, La prima condanna formale delle sette massoniche risale alla Lettera Apostolica "In emi-
nenti" di Cle mente Xli del 28 aprile t784.
668 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa
CAN. 1375· Qui impediunt libero Coloro che impediscono la libertà del
tatem ministerii vel electionis vel ministero o di una elezione o della potestà
potestatis ecclesiasticae aut legiti- ecclesiastica, oppure l'uso legittimo dei
mum bonorum sacrorum aliorum- beni sacri o di altri beni ecclesiastici, op-
ve ecclesiasticorum bonorum u- pure ricorrono a gravi intimidazioni con-
sum, aut perterrent electorem vel tro l' elettore o l'eletto o contro chi ha
electum veleum qui potestatem ve! esercitato una potestà o un ministero ec-
ministerium ecclesiasticum exer- clesiastico, possono essere puniti con una
cuit, iusta poena puniri possunt. giusta pena.
CAN. 1376· Qui rem sacram, mo- Chi profana una cosa sacra, mobile o
bilem vel immobilem, profanat, immohilc, sia punito con una giusta pena.
iusta poena puniatur.
.1 Il vilipendio di una chiesa ridotta a uso profano dal Vescovo diocesano, a termine del can.
1222, non costituisce delitto ai sensi del can. 1376, perché, nella fattispecie, la chiesa ha perduto
il suo carattere sacro, pur conservando una certa impronta che ne impedisce, giuridicamente, ogni
uso non decoroso.
Delitti relativi ai ministeri ecclesiastici 669
CAN. 1377 - Qui sine praescripta Chi aliena dei beni ecclesiastici senza
licentia bona ecclesiastica alienat, l'autorizzazione prescritta, sia punito con
iusta poena puniatur. una giusta pena.
Titolo III
Usurpazioni di ministeri ecclesiastici
e delitti nel loro esercizio
no rme, dirette a tutelar e la santità del sacramento de lla penitenza ed anche il bene
superiore delle anime, è stata molto atten uata, ma la sostanza è rimasta intatta. Nel can.
977 (v. il relativ o commento), si vieta "sub poena invaliditatis" l'assoluzione del com-
plice nei peccati contro il sesto precetto del Decalogo, ecce tto che nel pericolo di morte.
AI di fuori di questo pericolo (non è necessario Yarti cul us mortisi, l' assol uzione del
complice non solo è invalida. ma costituisce anche un grave delitto punito con una delle
sanzioni più seve re della legislazione canonica: la sco munica "latae sententiae", riser-
vata alla Sede Apostolica. nella quale incorre "ipso facto" il sace rdote (non il penitente),
che attenta sse l' assoluzione sacrame ntale '.
I Ritengono alcuni che dalla scomunica del cnn. 1378. ~ I, co me da quella comminata nel
can. 1387, siano esenti i Vescovi, poiché nei detti canoni si parla soltanto di "sacerdoti", e le norme
penali. ai sensi dci can. 18, sono da interpretarsi "strettamente". Su una tale opinione possono
avanzarsi dei dubbi:
l ? Perché se il canone avesse voluto escl udere i Vescovi. avrebbe dovuto adoperare il termine
più proprio di "presbiteri " (cfr. cann. 861, ~ l ; 910. ~ I; I009. ~ I. ecc.); nella voce "sacerdote"
si può comprendere anche il Vescovo.
2 0 Perché nella Costituzione benedettina si parla di sacerdoti "c uiuscumque dignitat is et
praecmincnriae" ( ~§ I e 4).
I delitti considera ti nei suddetti canoni sono così gravi (la Costituzione benedettina definisce
un tale delitto "e norme", c parla di "exec rabilis scelestorurn quorumdam sacerdotu m improbitas" ),
che nessuno può rimanere esente dalla relativa pena. anche se insignito della dignità episcopale .
Dcliui relativi ai ministeri ecclesiastici 671
, Ma in questa ipotesi, mancando la complicità, resta esclusa la stessa possibilità del caso
*
considerato nel can. 1378. l.
*
\ È stato anche soppresso il 2 del medesimo canone 2367 del Codice 1917.
4 È attentato di assoluzione sacramentale e quindi simulazione di sacramento, anche l'asso-
luzione del complice, ma tale delitto è considerato a parte nel can. 1378.
672 LIBR O V I - Le sanzioni nella Ch iesa
CAN. 1379 · Qui, praeter casus de Chi, a parte i casi di c ui al can . 1378,
quibus in can, 1378, sacramentum sim ula l' amm inistrazione di un sacramen-
se administrare simulat, iusta to, sia pun ito co n una giusta pena.
poena puniatur.
CAN. 1380· Qui per simoniam sa- Chi cele bra o riceve un sacramento per
cramentum celebrat vel recipit , in- simonia, sia punito con l'i nterdetto o la
terdicto vel suspensione puniatur. sospensione.
e probabile, sia di diritto che di fatto , è chiaro che si tratta di un caso particolare, chc
resta escluso dal can. 1378, § 2, n. 2. In questa ipo tesi, infatti , non si ha nessu n attentato
di asso luzione sacra menta le, poic hé, a termine de l ca n. 144 , "supplet Ecc lesia", co nce-
dendo "ex lege" al sacerdote la faco ltà necessaria, di cui per sé sarebbe privo.
E si noti: secondo l' opinione prevalente dei moralisti e de i canonisti, è lecito al
sace rdo te provocare deliberatamente l'errore com une qualo ra ci sia una causa grave e
proporzion ata (n. 102 1). Ma anche mancando tale causa, secondo la sentenza più fon-
data egli non incorre nella sospe nsione previs ta, poiché, pur age ndo illeci tamente, di
fatto eg li assolve validamente in forza del can . 144.
Si può celebrare per simonia anche un matrimonio e per simonia possono prestare la loro
assistenza canonica il sacerdote o il diacono , muniti di valida facoltà. Nella fattispecie, secondo
l'in terpretazio ne più fondata può ammertersi il dubbio circa l' applicabilità del can. 1380 al sacer-
dote o al diacono assistente, ma non agli sposi. 1\ canone parla infatti di sacramento amministrato
o ricevuto , e gli sposi ricevono indubbiamente il sacra mento del matrimonio. anche nella suppo-
sizione che essi non ne siano i ministri.
La pena prevista è pre cettiva: " lnterdicto vel sus pe nsio ne puniatur" ,
L ' interd etto può colpire chierici e laici ; la sospensione so ltanto i chierici (can .
1333 , § I )
Circa la simo nia nella provvista di un ufficio ecc lesiastico , v. can. 149, § 3.
(. Cfr. a tal riguardo la Notificazione della Congregazione per la dottrina della Fede. 12 marzo
1983: Enchir. vu ., voI. 9, pp. 114-119.
674 LIBRO VI· Le sanzioni ncilu Chiesa
Secondo alcuni, sono esclusi dalla pena i Vescovi conconsacranti secondo altri, invece, vi
sono compresi. Forse è da distinguere : i due Vescovi conconsacranti necessari per l' ordinazione
episcopale a termine dcI can. 1014 probabilm ente incorrono nella censura - supposto che siano a
conoscenza della mancanza del mandato pontificio - poiché senza di ess i la consacrazione epi-
scopalc non sa rebbe avvenut a (can. 1329, § 2). Gli altri Vescovi, che prendono parte alla
consacrazione ai sensi del citato can. IO14, probabilmente ne sono esenti, ma possono essere puniti
come complici non necessari, a norma del can. 1329, § 2.
A termine dci corrispondente can, 2370 del Codice del 1917, erano puniti con sospensione
"latae sentcntiae" riservata alla Santa Sede i Vescovi consacranti, i presbiteri assistenti "loco
Episcoporum" e il consacrato.
CAN. 1385 - Qui quaestum ìllegì- Chi trae illeciti pro fitti da elemo sine di
time facit ex Missae stipe, censura Mes se, sia punito con una cen sura o altra
vel alia iusta poena puniatur. giusta pena .
CAN. 1386 - Qui quidvis donat vel Chi dona o promette qualcosa, di qual-
pollicetur ut quis, munus in Ec- siasi genere, per ottenere da parte di chi
elesia cxcrccns, illegitime quid esercita un ufficio nella Chiesa, che faccia
agat vel omittat, iusta poena pu- o ometta qualcosa illegittimamente, sia
niatur; item qui ca dona vel pol- punito con una giusta pen a; parimenti chi
Iicitationes acceptat. accetta i doni o le prome sse.
- La co ncess ione arbitraria delle esequie ecclesiastiche a persone escl use dal diritto (ca n.
1184) .
- La celebrazione abu siva di funzioni parro cchiali da parte del rettore di una chiesa, contro
il prescritto del can. 558, ecc .
È co mpreso sim ilmente nel can one l'eserci zio di un uffi cio sacerd otale o di altro
mini stero sacro , qualora fosse vietato da una pen a: nel caso , tutta via, si avrebbe concor-
so co l delitto prev isto nel can. 1393.
Atte sa la variet à delle situazioni, la pena previ sta è indeterminata: "fusta poen a
pun iri potest" .
La pena per tali violazioni , quando raggiungono una cert a gravi tà è precettiva,
anche se indet erm inata: "Ce nsura vel alia iusta poena puni atur",
CAN. 1387· Sacerdos, qui in actu Il sacerdote che, nell'atto della confes-
vel occasione vel praetextu con- sione, o in occasione o col pretesto della
fessionis paenitentem ad pecca- medesima, sollecita il penitente a un pec-
tum contrasextum Decalogi prae- cato contro il sesto comandamento del
ceptum sollicitat, pro delicti gra- Decalogo, sia punito, secondo la gravità
vitate, suspensione, prohibitioni- del delitto, con la sospensione, con divie -
bus, privationibus puniatur, et in ti, con privazioni , e, nei casi più gravi , sia
casibus gravioribus dimittatur e dimesso dallo stato clericale.
statu clericali.
7 La sollecitazione può partire anche dal penitente. In questa ipotesi, se il sacerdote non
acconsente, il colpevole resta solo il penitente ; ma se egli acconsente e il consenso è grave ed
esterno , la sollecitazione diventa reciproca, per cui il sacerdote è da considerarsi reo del delitto di
sollecitazione, come risulta dalla Istruzione della Sacra Congregazione del S. Ufficio in data 20
febbraio 1867 n. 2. e dalla Risposta del medesimo Dicastero in data 2 settembre 1904. Si discute
fra gli autori come valutare l'eventuale comportamento passivo del sacerdote di fronte alla solle-
citazione del penitente . «Iuxta meliorem sententiam , si passivitas ex circumstantiis appareat ut
assensus, habetur sollicitatio, quatenus confessarius fit complex et complices ad invicem instigantur
et instigant » (P. Palazzini) .
Deli tti relat ivi Ol i ministeri ecc lesiastici 677
3° L' istigaz ione può essere effettuata in qualsiasi modo : co n parole, segni , ge sti,
scri tti da leggere anche in seguito, ecc. : «sive verbis, sive signis, sivc nutibus, sive tactu ,
sive per scripturam aut tunc aut post legen darr» (Cost., § l ), in modo aperto o anche
velatame nte. Può ave r luogo sia nell' atto de lla Con fessio ne, sia in occasione o co l
pretesto della medesima: «in actu vel occa sione vel praetex tu con fessionis»:
- Nell' alto del/a confessione , ossia durante la celebrazione del sacra mento
- In occasione del/a conf essione, qualo ra, ad esempio, la sollecitazio ne avve nga immcdia-
tamcn te prima de lla confessione () subito dopo di essa. sia pure in un altro luogo ; l' elemento
essenziale è la relazione esistente tra la confessione e la sollecitaz ione
- Col pretesto della confes sione, quando cioè la confessione, che non si ha intenzione di
celebrare, serve solo di scusa per poter compiere la sollecitazione : questa terza ipotesi si verifica ,
ad ese mpio, qual ora l' istigazio ne avvenga nel luogo destinato alle co nfessioni. o anche in altro
luogo , finge ndo di celebrare il sacramento.
4° Non è necessario che il penitente acco nsenta alla sollecita zio ne: può anc he
dissentire in modo reciso. ma il delitto sussiste egualmente per il so lo tentativo fatto dal
sacerdote , ind ipende ntemente dalla reazione del penitente: «sive sollicitationi poenitens
con se nse rit, sive eo nsensu m minime praestiterit» (Cost., § 2).
5° Il de litto tuttavia non è co nsumato, ma è solo tentato, ai sensi del can. 1328, se
iI peni tente non si rend a co nto della sollecitazione pos ta in atto dal co nfessore (cfr. can .
1330; n. 4860).
La pena è precettiva e "fcrendae sententiae", propo rzionata alla gravità del delitto. 5011
Secondo le varie ci rcostanze del caso concre to, il sacerdote può essere punito alterna-
tivam ent e o cum ulativa mente:
Con la sos pens ione totale o parziale
- Con divi eti e privazion i varie
- Nei casi più gravi , con la dimiss ione dallo stato cler icale
L' organo dell a Curia Romana competente circa questo delitto è la Co ngregazione
per la Dottrina della Fede.
Da notare. Il can. 904 del Codice 1917 faceva obbligo al penitente di denunziare "intra 5012
mensem" all'Ordinario del luogo o alla Congregazione del S. Ufficio il sace rdote reo di sollecita-
zione. L ' obbligo. a te rmine dell' ulterio re can. 2366, § 2, comportava la pena della scomunica " latae
se ntc ntiae" non riservata (nemini reservata), qualora il penitente si fosse sottratto "scienter" al suo
dove re. e nel caso che si fosse accostato al sacramento della confessione, non poteva essere assolto
se non dopo che avesse soddisfatto al suo obbligo o avesse promesso seriamente di farlo .
Queste prescrizioni, non riportate nel nuovo Codice, sono state soppresse (Communica tiones.
a. 1978. p. 65, can . 904) .
678 LIBRO VI. Le sa nzioni nella Chiesa
Nell'ordinamento civile, i reati di falso sono molteplici e offrono una vasta materia
alla legislazione penale. Cfr. a tal riguardo gli artt. 255, 453-498, 692-694 del Codice
Penale Italiano.
Nella legislazione ecclesiastica, i delitti di falso hanno un campo più limitato.
Riguardano trc tipi di delitti: il falso in particolari denunzie al superiore ecclesiastico,
il falso in accuse lesive della buona fama altrui, il falso in documenti ecclesiastici
pubblici.
680 LIBRO VI - Le sanzioni nct!u Ch iesa
Titolo IV
Il delitto di falso
CAN. 1390 - § 1. Qui confessa- § I. Chi denunzia falsamente al Sup e-
rium de delicto, de quo in can. riore ecclesiastic o un confessore per il
1387, apud ecclesiasticum Supe- delitto di cui al can. 1387, incorre nell'in-
rioremfalso denuntiat, in interdic- terdetto fatae sent entiae, e se chierico,
tum latae sententiae incurrit et, si anche nella sospensione.
sit c1ericus,etiam in suspensionem.
§ 2. Qui aliam ecclesiastico Su- § 2. Chi denunzia calunniosamente a un
periori calumniosam praebet de- Superiore eccles iastico un altro de litto, o
lieti denuntiationem, vel aliter al- lede in altro mod o la buona fama altrui,
terius bonam famam laedit, iusta può essere punito con una giusta pen a, non
poena, non exclusa censura, punì- esclusa una cen sura.
ri potest.
§ 3. Calumniator potest cogi § 3. Il calunniatore può essere anche
etiam ad congruam satisfactionem costretto a dare una congrua riparazione.
praestandam.
I Questa è anche l'autorevole opinione del Prof. Pio Ciprotti , Relatore del Grupp o di St ud io
qualsiasi superiore ecclesiastico, anche se non sia competente ad occuparsi del caso.
Bisogna comunque tener presente il can. 1936 del Codice precedente, che, in ordine alle
denunzie in genere, stabilisce: «Denuntiatio scriptis a denuntiante subsignatis vel
oretenus fieri debet loci Ordinario, vel cancellario Curiae vel vicariis foraneis vel
parochis, a quibus tamen, si viva voce facta fuerit, scriptis est consignanda et statim ad
Ordinarium deferenda».
4° È necessario che la denunzia scritta sia firmata? Alcuni ritengono che sia suf-
ficiente anche la denunzia anonima (denunzia priva di firma o segnata con un falso
nome). La maggior parte degli autori, tuttavia, è di parere contrario. Circa le denunzie
in genere, il Codice precedente stabilisce: «Nihili faciendae sunt denuntiationes...
anonymae iis adiunctis iisque aliis elementis carentes, quae accusationem forte
probabilem reddant». Tuttavia, nel caso di specifico del delitto di sollecitazione, le
denunzie anonime sono escluse da una espressa disposizione ciel S. Ufficio, in data 20
febbraio 1867 (Istr., n. 8), che dovrebbe essere osservata.
5° Non è necessario che la denunzia consegua il suo effetto, provocando contro il
confessore innocente il procedimento penale e la sua condanna. Basta il fatto dell'accusa
calunniosa, indipendentemente dalle sue conseguenze.
La pena comminata nel nuovo Codice contro il falso denunziatore è "latae 5021
sententiae":
- L'interdetto, se si tratta di un laico
- L'interdetto e, insieme, la sospensione generale, se si tratta di un chierico".
Ovviamente è anche da applicarsi il can. 982.
2) Falsa accusa contro una persona o grave lesione della sua buona/ama
1390, § 2 Nel secondo paragrafo è considerata la falsa accusa contro un innocente 5022
per un delitto che egli non ha commesso.
l ° L'accusato può essere chiunque, chierico o laico
2° Il reato denunziato falsamente può essere qualsiasi atto, considerato delittuoso
dalla legge o dal precetto penale
3° Elementi essenziali per questa seconda figura di delitto di falso:
Denunzia calunniosa
Denunzia formale al superiore ecclesiastico (cfr. n. 3 precedente)
Denunzia orale o scritta, "per seipsum vel per alium" (cfr. n. 4 precedente)
Il fatto della denunzia in sé, indipendentemente dal suo risultato (cfr. n. 5
precedente)
Nel medesimo paragrafo, è prevista anche la grave lesione della buona fama altrui, 5023
causata "ex dolo vel ex culpa" in qualsiasi altro modo (aIiter), sia mediante calunnia, sia
mediante la rivelazione illegittima di un delitto occulto di un fatto o di una circostanza
segreta, ecc. Il mezzo è indifferente: parole, gesti, scritti, stampa, ccc. La buona fama
è un diritto fondamentale della persona, che a nessuno è lecito ledere illegittimamente
(cfr. il can. 220 c l'esposizione relativa).
Secondo l'art. 595 del Codice Penale Italiano, il reato di diffamazione si effettua "comunican-
do con più persone". La dottrina intende: "almeno due persone".
, Alcuni Organi di consultazione proposero che la falsa accusa venisse punita con l'interdctto
"ferendae sentcntiac". Ma i Consultori del Gruppo speciale di Studio ritennero unanimementc
«poenam latae sententiae in hoc casu esse magis congruam, quia sccus confcssarius careret neccs-
saria tutela. Ad poenam enim ferendae sententiae applicandam requiritur processus, qui in materia
*
tam delicata difticulter intentaretur» tCommunicationes, a. 1977, p. 313, can. 64, Il.
682 LlBRO Vl - Le sanzion i odi a Chiesa
CAN. 1391 - lusta poena pro de- Può essere pun ito con una giusta pena,
lieti gravitate puniri potest : seco ndo la gravità del delitto:
l ° qui ecclesiasticum documen- l ° chi redi ge un documento pubblico
tum publicum falsum conficit, vel ecclesiastico falso, o ne altera, distrugge,
verum mutat, destruit, occultat, occulta uno vero, oppure fa uso di un do-
vel falso vel mutato utitur; cumento falso o alterato;
2° qui alio falso vel mutato do- 2° chi, in una materia ecclesiastica, fa
cumento utitur in re ecclesiastica; uso di un altro documento falso o alterato;
3° qui in publico ecclesiastico 3° chi asseri sce il falso in un documen-
documento falsum asserit. to pubblico ecclesiastico.
La pena stabilita sia per il delitto di falsa denun zia che per il de litto di lesione
illegittima della buona fama, è "ferendae sententiae" : «Iusta poena, non excl usa ce nsura .
puniri potest».
1390, § 3 La denun zia ca lunniosa come la illegittima lesione dell a buona fama
altrui so n se mpre azio ni riprovevoli e spesso anche dan nose in modo grave. L' accusato,
che ha il diri tto di tutelare il suo buo n nome , può chiede re una congrua riparazione
oltre al ri sarcimento di eve ntuali dann i subiti. ricorrendo all'a utorità ecclesiastica co m-
petente, che può agire a tal rig uardo in forza dell' attuale paragrafo (cfr. anche ca nn. 128
e 1729).
Per altre presc rizioni , dirette a tutelare la buona fam a delle persone , cfr. ca nn. 220;
483 , § 2; 979 ; 104 8; 1352, § 2; 1357, § 2; 1361, § 3; 1455, § 3; 1548, § 2, n. 2; 17 17 ,
§ 2; 1719.
Titolo V
Delitti contro obblighi speciali
CAN. 1392 - Clerici veI religiosi I ch ierici o i religiosi i quali , contro le
rnercaturarn velnegotiationern con- disposizioni dci canoni, esercitano il com-
tra canonurn praescripta exercen- mercio o si dedicano agli affari , siano pu-
tes pro deIicti gravitate puniantur. niti secondo la gravità dci delitto.
T re di tali delitt i rig uardano i chierici e i relig iosi (cann. 1392, 1394, 1395); uno
soprattutto i chierici, ma potrebbe riguardare anche un laico (ean. 1396) ; uno, chierici
e laici, indifferent em ente (can . 1393),
CAN. 1393 - Qui obligationes sibi Chi viola degli obblighi che gli sono
ex poena impositas violat, iusta stati imposti penalmente, può essere puni-
poena puniri potest. to con una giusta pena.
CAN. 1394 - § 1. Firmo praescrip- § 1. Fermo restando il disposto del can.
to can. 194, § 1, n. 3, c1ericus ma- 194, § 1, n. 3, il chierico che attenti il
trimonium, etiam civiliter tantum, matrimonio anche solo civilmente, incor-
attentans, in suspensionem latae re nella sospensione latae sententiae; se
sententiae incurrit; quod si moni- poi, dopo essere stato ammonito, non si
tus non resipuerit et scandalum ravveda e continui a dare scandalo, può
dare perrexerit, gradatim priva- essere punito gradatamente con privazio-
tionibus ac vel etiam dimissione e ni, e anche con la dimissione dallo stato
statu clericali puniri potest. clericale.
§ 2. Religiosus a votis perpetuis, § 2. Fermo restando il disposto del can.
qui non sit c1ericus, matrimonium 694, il religioso di voti perpetui, non chie-
etiam civiliter tantum attentans, in rico, il quale attenti il matrimonio anche
interdictum latae sententiae incur- solo civilmente, incorre nell' interdetto
rit, firmo praescripto can. 694. latae sententiae.
comporta l'osservanza delle relative imposizioni e dei relativi divieti. Chi non li adem-
pie deliheratamente, commette un nuovo reato, passibile (puniri potest) di una ulteriore
sanzione "ferendae sententiae": «Iusta poena puniri potest».
, Da notare. La dimissione amministrativa dal proprio Istituto colpisce "ipso facto" non solo
i religiosi che attentino (religiosi di voti perpetui) o contraggano (religiosi di voti temporanei) il
matrimonio (can. 694), ma anche i membri degl'Istituti secolari (can. 729) e delle Società di vita
*
apostolica (can. 746). L'interdetto penale, di cui al can. 1394, 2. colpisce invece solo i religiosi
non chierici di voti perpetui, e non i religiosi di voti temporanei, come neppure i membri degl' Isti-
tuti secolari o delle Società di vita apostolica, ai quali non si applica il can. 1088 (cfr. l'esposizione
di detto canone).
Deli tti contro obhlighi speciali 685
, Senza dubbio è concubinaria anche la convivenza istituita dal chierico con la donna
" quacuin rnatrimonium attentavit". Ma si tratta di una diversa fi gura di delitto, a cui si applica il
can. 1394, ~ I.
686 LI BRO V I - Le sanzioni nella Chiesa
CAN. 1396 - Qui graviter violat Chi viola gravem ent e l' obbligo della
residentiae obligationem cui ratio- residen za, a cui è tenuto in ragione di un
ne ecclesiastici officiitenetur, iusta ufficio ecclesiastico, sia punit o co n una
poena puniatur, non exclusa, post giusta pena, non esclusa, dopo l'ammoni-
monitionem, officii privatione. zione, la privazione dell'ufficio.
.\ Tale è il delitto commesso in un luogo pubblico o aperto al pubblico. o anche solo esposto
alla vista di chiunque, anche se poi il fatto venga percepito da poche persone.
, Resta esclusa l'eventuale violazione del can. 283, § l.
Delitt i contro la vita C la libert à dell' uomo 6 87
Titolo VI
Delitti contro la vita e la libertà della persona umana
CAN. 1397 - Qui homicidium pa- C h i co m mette un omicidio, oppure rapi-
trat, vel hominem vi aut fraude sce o detien e co n la vio le nza o la fro de
rapit vel detinet vel mutilat vel un a persona, o la mu tila o la ferisce gra-
gr aviter vulncrat, pri vationibus ve me nte, sia pun ito , secondo la g ravità
et prohibitionibus, de quibus in del delitto, co n le p ri va zioni c le proi bi-
can. 1336, pro delicti gravitate zioni di c ui a l ca n. 1336 ; se l'om icidio è
puniatur, homicidium autem in commesso cont ro le person e di cui al ca n.
personas dc qui bus in can. 1370, 1370, si applicano le pene ivi sta bi lite.
poenis ibi statutis punitur.
ai sensi del presen te canone un vero delitto giuridico, soggetto a pena precetti va, pro-
porzionata alla gravità del reato: "Iusta poena puniatur". Non è esclusa la privazione
dello stesso ufficio , dopo le debite ammoni zioni; tale pena tuttavia, essendo perpet ua,
non può esse re inflitta con decreto extragiudizia le, ma solo con sentenza del giudice
(can. 1342, § 2).
Circa la violazione della residenza, a cui san tenuti i re ligios i e i membri dcIIc Società di vita
apostol ica. cfr. cann . 696, § I, e 746 . I membri deg l' Istituti secolari non sono obbligati alla
residenza (can. 7 (4) .
) In medici na. l'e mbrione è in genere il prodotto della concez ione nel suo svi luppo da lla
quatta sett imana alla fine del seco ndo mese : il feto, da questo periodo in poi.
Deli tti contro la vita c la libert à dell'uomo 689
- Dali' accelerazione del parto: l' es pulsio ne del feto, che ha la possi bili tà di con -
tin uare a vivere fuori del seno matern o, cosa che di regol a avviene dopo il sesto o
sett imo mese d i ge stazione.
- Dalla contraccezione: il ricorso a mezzi preserva tivi o antifecondativi, re lat iva-
men te all' uomo.
b) Distinzioni 5039
L ' abo rto può essere:
IO Naturale o spontaneo, se ha luogo per ca use indipendenti da lla volo ntà umana:
un pr ocesso mo rboso, un fatto cos tituzio na le, traumat ico , tossico, ecc .
Anificiale o volontario, se l' a bor to è pro vocato ad art e.
2° Diretto, se il mezzo ado perato tende " nat ura sua" alla espuls ione dell'essere
co nce pito . e questa è intes a in sé, qu alun que ne sia lo sco po .
Indiretto, se la dett a espul sione è la co nseg uenza acc ide nta le e secondaria di detti
att i e circostanze posti in essere per altro sco po o necessità: l'effetto , in questo ca so , è
solo permes so, ma non voluto, anche se prev isto .
c) Principi morali 5040
L' abort o direttamente provocato è in sé un vero "atto criminale" (G andhi , Mad re
Ter esa di C alcu tta), poiché è l'uccisione deliberat a di un essere umano, che , per giu nta,
non è neppure in g rado di difendersi. Nessun moti vo può mai giustificarl o, né l ' even-
tu ale " libera lizzazio ne", effettuata dallo Stato , lo rende lecito. Resta pert ant o co ndannato
dall a coscienza (la legge natu rale) non so lo l' abort o criminale, determin ato da motivi
man ifestamente perversi, ma anche:
- L ' abo rto eugenico, avente lo sco po d'impedi re la nascita di crea ture tarate, a
ca usa di mal fo rmaz io ni fisiche o psich ich e (Denzinger-Sc honrnetzer, nn . 37 19, 372 1);
- L ' a borto terapeutico, usato come me zzo per sa lva re la vita del la mad re
(De nzinger-Sc hònrne tze r, nn. 3298, 37 19, 3720);
- L' aborto di finalità socio-economico: per sa lvare, ad ese mpio, l' onore dc IIa
madre. per non as sume re i grav i impegni morali e ma teriali che la nascita e il rnan tc-
nim ento dci fig li co mportano, per contribuire a riso lve re il probl em a dem og ra fico, ossi a
de lla sov rap popolazio ne, ecc.
L' abo rto indiretto è per sé illecito: diventa lecit o so lo se esis te una grave e ade-
guata ragione, in virtù de l pr inci pio del "doppio effetto".
L' a cce le r a zione del parto è lecit a, ma solo a condizione c he esis ta una ca usa
proporzio nata me nte grave e venga assicurata la vita sia de lla madre che dc i feto
(De nzi nge r-Schon metzer , n. 3336).
Civilmente, purtroppo, l'ab orto è ormai permesso più o meno ampiamente in quasi tutti gli
Stati. In Italia, esso è stato introdotto, dopo un lungo iter parlamentare, con la Legge 22 maggio
1978, n. 194.
, Dal magistero di Pio XII: «Secondo l' Inseg namento costante della Chiesa. uno dei fonda-
menti essenziali non solo della morale coniugale, ma anche della morale sociale in genere, è
l'assolut a illiceità del diretto allentato alla vita umana innocente, come mezzo al fine, nel caso
presente al fine di salvare un'altra vita (quella della madre)...
Noi abbiamo di proposito usato l'e spressione di "attentato diret to alla vita dell ' Innocent e" .
"uccisione diretta". Poiché se, per esempio, la salvezza della vita della futura madre, indipenden-
temente dal suo stato di gravidanza, richiedesse urgentem ente un atto chirurgico. o altra
applicazione terapcutica, che avrebbe come conseguenza accessoria, in nessun modo voluta né
intesa, ma inevitabile, la morte del feto, un tale atto non potrebbe più dirsi un di retto attentato alla
vita innocente. In queste condizioni l'opera zione può essere lecita, come altri simili interventi
medici, sempre che si tratti di un bene di alto valore, qual è la vita, e non sia possibile di rimandarla
dopo la nascita del bamb ino, né di ricorrere ad altro efficace rimedio» (Disco rsi e Rudiome ssag gi,
voI. XIII, pp. 4 15 e 417).
, Durante i lavori per la revisione del Codice, alcuni proposero di stabilire "contra procurantes
abortum" una pena "Ierendae sententiae" «Consultores autem (censuerunt) opportu nam esse
pocnarn latae sententiae. alioquin omni efficacia privaretur, cum multi casus aborti sint occulti"
(Camm unicationes. a. 1977, p. 317 , can, 71).
691
Titol o VII
Norma generale
CAN. 1399 - Praeter easus hae vel A par te i casi st abiliti da questa e da
aliis 1egibus statutos, divinae vel altre leggi, la violaz ione esterna di una
eanonicae legis externa viclatio legge divina o canonica pu ò es se re punita
tune tantum potest iusta quidem con giusta pena solo qu and o lo richiede la
poena puniri, cum specialis viola- speciale gravi tà de lla violazio ne e urge la
tionis gravitas punitionem postu- necessità di pr evenire o riparare de gli
lat, et necessìtas urgct scandala sca ndali .
praeveniendi vel reparandi.
ca n. 1397, sta bilito per l' om ic idio. Una tale ipotesi è oggi contestata per più rag ioni, e
fo ndatamente si a fferma che l' cmbr ioto rnia e il feticidio, usati pe r interro mp ere la gra -
vid anza, so stanzi almen te sono "a borto" anch'essi . co n Ic rel ative co nseg uenze san cite
ne l Codice.
In tale sen so si è es pressa la Commissione per l'interpretazione de l Codice nella 5047
Ri sposta del 19 gennaio 1988:
- Dubbio pro posto: «Se per aborto, di cui al can. 1398. si intenda soltanto l'espu l-
sione del fet o immaturo o anche l'ucc isione de l feto mede simo iII qua lunq ue modo e in
qu alunqu e te mpo del concepimento vengaprocurata».
- Rispo sta : «Nega tivame nte alla pr ima parte ; affe rm ativa mente all a second a»
(E nc hir. Va t., vol. I l , Il . 695 ).
I Il principio della legalità della pena: «Nulla poena sine lege» è di diritto posi tivo umano,
non di diritto natura le. Il principio naturale è da formula rsi divers ame nte: «Nulla poena sine culpa» .
È comunque da ricordare che il princi pio «Nulla pocna sine lege» è di origine canonica (sec . X II),
anche se la sua app licaz ione nell'ordinamento della Chie sa non sia stata mai rigorosa.
, Alc uni ritengono che so ltanto il superiore ecclesiastico . e no n il giudice. possa app licare il
can . 1399. L 'esclusione del giud ice . tuttav ia. non sem bra fondata, poic hé. nel caso . eg li rima ne nei
limiti della propria co mpete nza. che è que lla di applicare la legge, irrogando una pena indet ermi -
nata pre vista nel can . 1399 .
INDICE GENERALE
Libro III
LA FUNZIONE D'INSEGNARE DELLA CHIESA
l. Il III libro del Codice I
2. Principi e nonne introduttive (cann.747-755) 2
3. Il ministero della Parola di Dio (cann.756-761) II
4. La predicazione (cann. 762-772) 15
5. L'istruzione catechetica (cann.773-780) 24
6. L'azione missionaria della Chiesa (cann.781-792) 30
7. L'educazione cattolica (cann.793-795) 39
- Principi e nonne introduttive (cann.793-795) 40
- Le scuole (cann.796-806) 42
- Le Università cattoliche ed ecclesiastiche (cann.807-821) 51
8. Gli strumenti di comunicazione sociale e i libri (cann. 822-832) 62
9. La professione di fede (can. 833) 72
Libro IV
LA FUNZIONE SANTIFICATRICE DELLA CHIESA
l. Il IV libro del Codice 77
2. Canoni preliminari sulla Sacra Liturgia (cann. 834-839) 78
Parte l: I sacramenti
l sacramenti in genere (cann.840-848) 86
1. Il battesimo (cann. 849-878) 96
- Principi teologico-giuridici (can. 849) 96
- La celebrazione del battesimo (cann.850-860) 98
- Il ministro (cann.861-863) 103
- Il soggetto (cann. 864-871) 105
- I padrini (cann.872-874) llO
- Prova e registrazione del battesimo (cann. 875-878) 113
- Norme ulteriori varie ll6
2. La confermazio ne (cann.879-896) 116
- Jl canone introduttivo (can. 879) 116
- La celebrazione del sacra mento (cann. 880-88 1) 118
- Il ministro (cann. 882-888) l 19
- Il soggetto (cann. 889-89 1) 123
- I padr ini (cann.892-893) 125
- La prova e la registrazione (cann. 894-896) 126
- Norm e ulteriori 127
3. La Santissima Eucaristia (cann. 897-95 8) 128
- Prospetto della materia 128
- I canoni introduttivi (eann. 897-898) 129
- La celebrazio ne eucaristica (can.899) 130
- Il ministro (ca nn. 900-9 l I ) 132
- La partecipazione alla SS. Eucaristia (cann.9 12-923) 140
- Riti e cerimonie (cann. 924-930) 150
Il tempo e il luogo della celebrazione (ca nn. 93 1-933) 155
- La conservazione e la venerazione della SS. Eucaristia (cann. 934-944) 157
- L'offerta per la celebrazio ne della S. Messa (cann.945-958) 164
4. Il sacram ento della peniten za (cann. 959-997) 174
- Prosp etto della materia 174
Il canone introduttivo (can. 959) 175
La celebrazio ne del sacra mento (cann.960-964) 177
Il ministro (cann. 965-986) 184
Il penitente (cann. 987-991) 197
- Le indulgenze (cann, 992-99 7) 200
5. L' unzione degl' infermi (cann.998-1oo7) 206
- Premessa 207
- Il canone introduttivo (ca n. 998) 207
- La celebrazione del sacra mento (cann. 999- 1002) 208
- Il ministro (can.l003) 211
- Il soggett o (cann .1004-1007) 211
6. L'ordine sacro (cann. 1008- 1054) 2 15
- I canoni introduttivi (cann. 1008- 1009) 2 15
- La celebrazio ne e il mini stro (cann. lO I 0- 1023) 2 17
- Il sogge tto dell' ordi nazione (cann. 1024-1052) 223
- L'annotazione e l'attestato dell'avvenuta ordinazione (cann. 1053-1054) 246
7. Il matrimonio (cann. 1055-1165) 247
- Introduzione e prospetto della materia 248
- Principali documenti del magis tero ecclesiastico 248
- I canoni preliminari (cann. 1055- 1062) 249
- La prepa razione del matrimonio (cann. 1063-1072) 270
- Gl'impedimenti matrim oniali in genere (eann. 1073-1082) 289
- Gl ' impedimenti matrim oniali in particolare (cann. 1083-1094) 30 I
- Il consenso matrimoniale (cann. 1095- 1107) 338
- La forma della celebrazio ne del matrimonio (ca nn. 1108-1 123) 359
- I matrimoni misti (cann. 11 24-11 29) 383
- Matrimon i celebrati in segreto (cann. 1130-1133 ) 394
- Gli effetti del matrimonio (cann. 1134-1140) 397
- Lo scioglimento del vincolo matrimoni ale (cann. 1141- 1150) 403
- La separaz ione dei coniugi con permanenz a del vincolo
(cann.1 151-1155) 416
- La convalida semplice del matrimonio (cann. 1156- J 160) 422
- La sanazione in radice 427
Libro V
I BENI TEMPORALI DELLA CIDESA
Libro VI
LE SANZIONI NELLA CIDESA
Il VI libro del Codice 581