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LUIGI CHIAPPETTA

IL CODICE
DI
DIRITTO CANONICO

Commento giuridico-pastorale

II
Libri III-IV-V-VI
Seconda edizione
accresciuta e aggiornata

i5D Edizioni Dehoniane - ROMA


IMPRIMATUR
Cosenza, 16 luglio 1996
ffi Dino Trabalzini , Arcivescovo

ISBN 88-396-0226-7

Tutti i diritti sono riservati - Edizioni Dehoniane - Roma


11111 lihm dc! Cook"

LIBRO III
LA FUNZIONE D'INSEGNARE
DELLA CHIESA

Secondo l'insegnamento della Cast. Lumen Gentium del Concilio Vaticano 11 , la 3089
Chiesa ha ricevuto da Cristo un triplice ufficio o funzione : d'insegnare, di santificare e
di governare (nn . 25-27). È la stessa triplice funzione che Cristo ricevette dal Padre :
profetica , sacerdotale e regale (can. 204, § l ).
La funzione d'insegnare (munus docend ù è la funzione primaria. Ad essa il nuovo 3090
Codice dedica il libro III. Alla funzione di santificare imunus sanctificandi) è riservato
il libro IV. Manca un libro a sé per la funzione di governo (munus regendi), e non pochi
ne fanno un oggetto di critica. Altri, invece, giustificano l'assenza di un libro a parte,
perché della funzione di governo il Codice tratta, si può dire, in ogni titolo e capitolo,
in particolare nel 11 libro dedicato al Popolo di Dio.
Il m libro è di grande ricchezza dottrinale. Esso abbraccia 87 canoni, distr ibuiti in 3091
cinque titoli, preceduti da una introduzione teologico-giuridica. l titoli trattano distinta-
mente delle varie attività comprese nel "munus docendi ".
I o Il ministero della Parola di Dio
- La predieaz ione
- L'i struzione eateehetica
2° L'azione missionaria della Chiesa
)0 L'educazione cattolica
- La scuola
- Le università cattoliche e gli altri istituti di studi superiori
- Le università e le facoltà ecclesiastiche
4 o Gli strumenti di comunicazione sociale e i libri in specie
50 La professione di fede

Alla base dell'insegnamento della Chiesa e della sua azione missionaria è il man-
dato del Signore: «Andate per il mondo intero , predicate il Vangelo ad ogni creatura»
(Mc. 16, 15). Il can. 747, all' inizio del m libro, ne è il commento, che non manca di
una certa solennità.
Atte sa l' importanza della materia , il nuovo Codice ha ded icato alla funzione 3092
magisteriaie della Chiesa un libro a sé, mentre nel Codice anteriore questa si presentava
come quarta parte del libro Il, De rebus, col titolo "De Magisterio ecclesiastico". Nell' at-
tuale Codice, l'esposizione è più ordinata e più logica, e la terminologia più moderna,
conforme al linguaggio del Concilio Vaticano Il. Vi sono trattati nuovi argomenti: l' azione
missionaria della Chiesa (tit. 11) c gli strumenti di comunicazione sociale (tit. IV). Le
norme e le direttive sui Seminari sono state inserite nel Il libro, parte l, titolo III, cap. I,
con la denominazione più appropriata "La formazione dei chierici" (cann. 232-264).
È stato giustamente osser vato che la nuova normativa sul "munus docend i" della 3093
Chiesa si contraddistingue soprattutto per lo spirito che la anima: uno spirito di conti-
nuità e di rinno vamento , di fedeltà alla tradizione e di apertura alla nuova situazione
storico-culturale, in cui il messaggio evangelico dev'essere trasmesso e attuato.
2 LIBRO III - Il "m unus doccndi" della Chiesa

CAN. 747 - § 1. Ecclesiae, cui § I. La C h ie sa, a c ui C ris to S ig nore


Christus Dominus fidei depositum affidò il deposi to della fede , eo n la mis-
concredidit ut ipsa, Spiritu Sancto s io ne d i c ustod ire re ligiosamente la verità
assistente, veritatem revelatam r ive la ta, d i sc ruta r la pi ù a fon d o , d i
sancte custodiret, intimius per- annunziarla e di espo rla con fedeltà m e-
scrutaretur, fideliter annuntiaret d ia nte l ' assisten za dell o S p ir ito Santo , ha
atque exponeret, officium est et il dovere e il d iritto nati vo, indipen dente
ius nativum, etiam mediis commu- d a q ua lsiasi potestà um a na , di pred ica re il
nicationis socialis sibi propriis ad- Vangelo a tutte le genti, usando an che
hibitis, a qualibet humana potesta - pro pri m ezzi di comun icazione sociale .
te ind ependens, omnibus genti bus
Evangelium praedicandi.
§ 2. Ecclesiae competit semper § 2. C ompete a lla Chies a pro clam are
et ubique principia moralia etiam se m pre e d o vunqu e i prin c ip i morali, a n-
de ordine sociali annuntiare, nec- che quelli concernent i l' o rd ine soc ia le,
non iudicium ferre de quibuslibet co me pure di p ronun ziare il s uo gi ud izio
rebu s humanis, quatenus perso- su tutte le cose um ane, in quanto lo esi ga-
nae humanae iura fundamentalia no i d iritti fo ndamentali de lla p e rso na
aut animarum salus id exìgat. um ana o la salvezza delle an ime .

Il libro III dell'attuale Codice, sia solto l'aspetto sistematico che souo q uello
con tenut istico, co me per il suo deciso orientamento pastorale, merita un particolare
appre zzame nto. l canoni più impor tanti da un punto di vista dottrinale sono stati tratti
dal progetto della Lex Fundam entalis, che si aveva in animo di promulg are a part e.

3094 PRI NCIPI E NORME INTR OD UTn VE (cann. 747-755)


Schema
I. Il dovere e il diritto de lla C hiesa 3. Il Magistero della Chie sa
2. Un obbligo morale e una libertà giuridica

3095 1. Il dovere e il diritto della Chiesa

3096 I) Il "deposito " de lla f ede


747, § J (/ 322 *) Il can. 747 dell' attuale Codi ce è un am pio sviluppo del ca n, 1322
del Codice anteriore , alla luce dell' insegn amento del Co ncilio Vaticano Il tLume n
Gentium, n. 24 ; Dei verbum. n. 7 ss.) .
Il primo paragrafo è dedicato al "deposito" de lla fede , affida to da Cris to alla Chie-
sa. L'espression e è di Paol o: ricorre nella I e nella Il Letter a a Tim oteo (6, 20 e I, 14).
Indica l'i ntero comp lesso delle verità e delle norme cristiane, fondate sulla Parola di Dio
e, in particolare, sul Vangelo.
3097 La missione della Chiesa circa la verità religiosa comprende compili molteplic i:
IO Custodirla religiosamente, per conservarne l'integrità e la pure zza, in modo da
evita rne ogni riduzione, alterazio ne o deformazione.
20 Approfondirne il senso, che non è sempre faci le ed esige un approp riato sv ilup-
po, per il suo adattamento ai tempi e alle persone, in piena autenticità e fedeltà . In
quest' opera di approfo ndimento, il contribu to dei "teologi" è particolarm ente prezioso,
anzi "indispensabile" (Paolo VI).
Principi c nonn e iutrod uui vc 3

CAN. 748 • § 1. Omnes homines § I. Tutti gli uomini sono tenuti a ricer-
veritatem in iis, quae Deum eiu- care la verità in quei che riguarda Dio e la
sque Eeclesiam respiciunt, quae- sua Chiesa, e, conosciutala, hanno il do-
rere tenentur eamque eognitam vere e il diritt o, in forza della legge divi-
ampleetendi ae servandi obliga- na, di dare ad essa la propri a adesione e di
tione vi legis divinae ad stringun- custodirla.
tur et iure gaudent.
§ 2. Homines ad amplectendam § 2. Non è mai lecito ad alcuno indurre
fidem eatholicam contra ipsorum gli altri ad abbracciare la fede ca ttolica
conscientiam per eoaetionem ad- co ntro la propria coscienza, con la cos tri-
duce re nemini umquam fas est. zione.

30 Annunziarla ed esporla. in attuazione del mandato di Cristo: «Andate e amma-


estrate tutte le ge nti... inseg nando loro ad osservare tutto quello che io vi ho co mandato»
(MI. 28. 19-20).
In questa missione sacra, la Chiesa ha la spec iale assiste nza dello Spiri to Santo e
dello stesso Cristo: «Io sarò con voi tutti i giorni, sino alla fin e del mondo» (MI. 28, 20).
In virtù del mandato divino, la Chiesa ha il do vere e il diritto di predicare il 3098
Vangelo a tutti i popoli (M!. 28, 19) e ad ogni creatura (Mc. 16, 15), dis ponendo anche
di propri mezzi di comunicazione soc iale: stampa, radio, televisione, ci nema, teatro .
pubblicità, propaganda, ecc.
Un dove re e un diritto:
- Nativo, ossia origin ario, in quanto non deriva da una concessio ne dello Stato o
di altra autorità umana o da un rico noscimento storico (ius acquisitum), ma è legato
intimamente alla natura e alla missione propr ia della Ch iesa.
- Indip endente da qualsiasi potestà terrena, sì che nessun o possa impedirne ,
Iimitarne o co ndizionarne l' esercizio.

2) I principi morali e sociali 3099

747, § 2 Il magistero de lla Chiesa non può limitarsi alle verità strettamente religio-
se. La Ch iesa ha il diritto e il dovere di proclamare con asso luta libertà i princip i della
morale, inseparabili dalle verità dogmatiche , compresi anche quelli concernenti l'ordine
sociale e politi co. Tutt i gli eventi e le cose umane, riguardanti i diritti fondamentali della
persona o la salvezza delle anime, rientra no nella sua competenza.
È questo un princip io affermato con insistenza dal Co ncilio Vaticano Il :
- Per volontà di Cristo. la Chiesa Cattolica è Maestra di verità e la sua missione è di
annunziare e d' insegnare in modo autentico la Verità che è Cristo. e nello stesso tempo di dichia-
rare e di confermare con la sua autorità i principi dell'ordine morale, che scaturiscono dalla stessa
natura umana (Dignitatis humanae, n. 14. 2) .
- Sempre e dovunque è diritto della Chiesa predicare con vera libertà la fede. insegnare la
sua dottrina socia le. esercitare senza ostacoli la sua missione tra gli uomini e dare il suo giudizio
morale anche su cose che riguardano l' ordine politico. quando ciò sia richiesto dai diriui fondamen-
tali della persona o dalla salvezza delle anime... Nella fedeltà al Vangelo e nello svolgimento della
sua missione nel mondo. la Chiesa, che ha come compito di promuovere ed elevare tutto ciò che
di vero, di buono e di bello si trova nella comunità umana. rafforza la pace tra gli uomini. a gloria
di Dio (Gaud ium et Speso n. 76. 5).
4 LIBRO /Il . Il " munus doccnd i" de lla Chiesa

3100 2. Un obbligo morale e una libertà giuridica

l) Un dovere e un diritto primario


748, § l (/322, § 2) Tutti gli uomini hanno l'obbligo e il diritto di ricercare la
verità religiosa, riguardante Dio e la Chiesa. Ma tale verità è ordinata essenzialmente
alla vita , per cui, quando sia stata conosciuta, si ha il dovere e il diritto indeclinabile,
in forza della legge divina, di dare ad essa la propria adesione, di custodirla e di farne
la norma della propria condotta.
3101 Tale diritto è oggi purtroppo conculcato apertamente o subdolamente in non pochi
Stat i, nonostante che esso sia stato affermato solennemente nella Dichiarazione Univer-
sale dei Diritti dell' Uomo, approvata e proclamata il lO dicembre 1948 dali' As semblea
Generale dell e Nazion i Unite:
- Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto
include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in
comune, e sia in pubblico che in privato. la propria religione o il proprio credo nell'in segnamento,
nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti (art. 18).
U principio della libertà di pensiero, di co scienza e di religione è stato confermato
apertamente nell'Atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Eu -
ropa, firmato ad Helsinki il l " agosto 1975.
La libertà religiosa è anche sancita espressamente nella Costituzione Italian a:
- Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma.
individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto. purché
non si traiti di riti contrari al buon costume (art. 19).

3102 2) La libertà di coscienza


748, § 2 (/351 *) Moralmente l'uomo è obbl igato a cu stodire e a seg uire la
verità, ma ne ssuno può e deve costri ng erlo con le lusinghe, il timore, le minac ce o,
peg gi o, co n la vio lenza. La Chiesa ha sempre proclamato tale libertà. anche se di
fatto i cristian i l'hanno spesso violata nel corso dei secol i. Non è pe rò da dimenti care
che, sto ricam ente, è stato il C ristianesimo, con i suoi martiri dei primi tre secoli di
persecuzione, a lottare eroicamente per sottrarre la coscienza alle indebite ingerenze
dello St ato .
La libertà religiosa è il presupposto, la condizione, il principio e il fondamento di
ogn i altra libertà, umana e civile , personale e comunitaria.
3103 L 'insegnamento del Concilio
- Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha diritto alla libertà religio-
sa. Tale libertà consiste in questo che tutti gli uomini devono essere immuni da qualsiasi
coercizione sia da parte di singoli individui sia di gruppi sociali e di qualsivoglia potestà
umana, in modo che. in materia religiosa, nessuno sia forzato ad agire contro la propria co-
scienza, né sia impedito, entro giusti limiti, di agire in conformità ad essa, privatamente o
pubblicamente. in forma individuale o associata ... Questo diritto della persona umana alla
libertà religiosa dev'essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico
della società (Dignitatis humanae, n. 2. 1).
- Uno dei punti principali della dottrina cattolica. contenuto nella Parola di Dio e costan-
temente predicato dai Padri, è che l'uomo è tenuto a rispondere volontariamente a Dio credendo,
e che nessuno, quindi, può essere costretto ad abbracciare la fede contro la sua volontà... È piena-
mente rispondente alla natura della fede che, in materia religiosa, si escluda ogni genere di
coercizione da parte degli uomini (n. IO).
Princip i lo:norme introduttivc 5

CAN. 749 • § 1. Infallibilitate in § I . In virtù del suo ufficio, il Sommo


magisterio, vi muneris sui gaudet Pontefice gode dell'infallibilità del ma-
Summus Pontifex quando ut su- gistero quando, come Pastore e Dottore
premus omnium christifidelium supremo di tutti i fed eli, al quale spett a
Pastor et Doctor, cuius est fratres confermare i suo i fratelli nella fede, con .
suosin fide confirmare, doctrinam atto definitivo proclama che è da tenersi
de fide vel de moribus, tenendam una dottrina in materia di fede o di co-
definitivo actu proclamat. stum i.
§ 2. InfalIibilitate in magiste- § 2. Anche il Collegio dei Ves co vi god e
rio pollet quoque Collegium Epi- dell ' infallibilità del magistero qu ando i
scoporum quando magisterium Vescovi lo esercitano adunati insieme nel
exercent Episcopi in Concilio Concilio Ecumenico, c, come dottori e
Oecumenico coadunati, qui , ut giudici dell a fedc e dei co stumi , di chiara-
fidei et morum doctores et iudi- no per tutta la Chiesa che una dottrina è
ces, pro universa Ecclesia doctri- da tenersi defin itivamente in materia di
nam de fide vel de mori bus defìni- fede o di costumi ; oppure quando, anche
tive tenendam declarant; aut sparsi nel mondo, con servando il vincolo
quando per orbem dispersi, com- dell a comunione fra di loro e col Succes-
munionis nexum inter se et cum sore di Pietro, nell'insegnare autenticamen-
Petri successore servantes, una te insieme col medesimo Romano Ponte-
cum eodem Romano Pontifice fice verità riguardanti la fede o i co stumi,
authentice res fidei vel morum convengono in una medesima dottrina, da
docentes, in unam sententiam tenersi come detinitiva.
tamquam definitive tenendam
conveniunt.
§ 3. Infallibiliter definita nulla § 3. Nessuna dottrin a s'intende infalli -
intellegitur doctrina, nisi id ma- bilmente definita, se questo non risulta in
nifeste constiterit. modo manifesto .

3 ) Le san zioni can onich e 3104


Il can. 748. ispirato all' insegnamento del Concilio. afferma la libertà religiosa, ma
successivamente si comminano delle gravi pene contro gli apostati, gli eretici e gli
scismatici (can. 1364). Si può avere l' impressione che le due disposizioni siano in
contrasto fra di loro. Ma. per chi considera le dette norme con serenità. l'opp osizione
non esiste.
IO Anzitutto, perché la pena comminata è la scomunica. ossia l' esclusione dalla
comunione ecclesiale (can. 2257, § l, Codice 1917), e gli apostati, gli eretici e gli
scisrnatici, propriamente, si sono esclusi da sé dalla comunione.
2 0 È anche da tener presente che la pena riguarda il cattolico membro della Chiesa,
non chi è fuori di essa. Ora la Chiesa ha il diritto di tutelare la sua unità, anche con la
comminazione di pene ecclesiastiche, e con le medesime pene ha il diritto di condannare
chi venga meno a un impegno di fedeltà (v. anche n. 4979 , nota I).

4 ) I contenuti della libertà religiosa 3105


Sono delineati in modo sintetico nel Messaggio inviato il IO settembre J 980 da
Giovanni Paolo n alle Alte Autorità dei Paesi firmatari dell' Atto finale di Helsinki (I O
agosto 1975).
6 LIBRO III - Il "rnunus doccndi" della Chiesa

Tali contenuti, concernenti sia il piano personale che quello comunitario, possono
leggersi utilmente nell' Enchiridion Vaticanum, voI. 7, pp. 540-545, nn. 564-567.

3106 3. Il magistero della Chiesa

3107 1) Il magistero infallibile del Romano Pontefice


749, § 1 (/322, § 2 *) La Chiesa è stata costituita da Cristo custode, maestra e
interprete dcI deposito della fede (can. 747, § l). Il suo magistero è autentico e infallibile.
L'infallibilità non è solo fondata sulla parola di Cristo, ma è anche una esigenza essenziale
d'ordine intrinseco, imposta dalla integrità e dalla unità della stessa fede. Senza un ma-
gistero infallibile, sottratto ad ogni possibilità di errore, la Parola di Dio - com'è dimo-
strato dalla esperienza e dalla storia - resterebbe fatalmente abbandonata alla insuftìcien-
za e alla incertezza del pensiero umano, all'arbitrio del sentimento e della passione, al
rischio di una libera e privata interpretazione, capace d'ogni errore c stranezza.
3108 Il soggetto del Magistero infallibile nella Chiesa è duplice: il Romano Pontefice e
il Collegio dei Vescovi.
L'infallibilità personale del Papa, definita solennemente nel 1870 dal Concilio
Vaticano I (Cost. Pastor Aeternus, cap. IV: Denzinger-Schonmetzer, n. 3074), è stata
confermata "apertis verbis" dal Concilio Vaticano II, nella Cast. Lumen Gentium; n. 25,
3, del 21 novembre 1964. Essa ha però il suo ambito e le sue condizioni:
l" È necessario che il Papa parli ex cathedra, ossia non come persona privata e
neppure come teologo, ma come Pastore e Maestro supremo e universale dei fedeli, a
cui, in virtù del suo ufficio, spetta, quale Successore di Pietro, confermare i suoi fratelli
nella fede (Le. 22, 32).
2 0 L'oggetto dell'insegnamento deve riguardare lafede e i costumi (oggetto prima-
rio), o una dottrina intimamente connessa.
3 0 L'atto che sancisce la dottrina dev'essere definitorio, in modo che su di essa
non ci sia più alcun dubbio, né alcuna tergiversazione, né alcuna possibilità di modifica:
l'allo è irreformabile, e la dottrina dev'essere creduta da tutta la Chiesa c per sempre.

3109 2) Il magistero infallibile del Collegio dei Vescovi


749, § 2 Il secondo soggetto della infallibilità magisteri ale nella Chiesa è collettivo.
Spetta ai Vescovi, Successori degli Apostoli, sia nel magistero solenne che in quello
ordinario.
Il magistero solenne viene esercitato nel Concilio Ecumenico (can. 337, § I),
quando i Vescovi, legittimamente riuniti, quali dottori e giudici della fede e dei costumi
dichiarano, in unione col Papa, una dottrina da tenersi definitivamente da tutta la Chiesa,
in materia di fede o di morale o di dottrina strettamente connessa.
Il magistero ordinario ha luogo quando i Vescovi, sebbene sparsi nel mondo, con-
servando il vincolo della comunione fra di loro e col Successore di Pietro, nell'insegnare
autenticamente insieme col Romano Pontefice verità riguardanti la fede e i costumi con-
vengono in una medesima dottrina, da tenersi come definitiva da tutta la Chiesa.

3110 3) Precisazione
749, § 3 (1323, § 3*) Perché una dottrina possa e debba essere considerata infal-
libilmente definita, la definizione deve risultare in modo manifesto. Se tale definizione
non risultasse o fosse dubbia, la presunzione sta per la non infallibilità, finché non si
dimostri il contrario.
Principi c nonne iruroduttivc 7

CAN. 750 - Fide divina et catho- Sono da credere per fede di vin a e ca tto -
Iica ea omnia credenda sunt qua c lica tutte le verità che sono co nten ute nel-
verbo Dei scripto vel tradito, uno la parol a di D io sc ritta o trasm essa per
scilicet fidei deposito Ecclesiae tradi zione, ossia nell'unico deposito della
commisso, continentur, et insi- fed e affi dato alla Chiesa, e che nell o stes-
mul ut divinitus revelata propo- so tempo so no proposte co me di vinam en -
nuntur sive ab Ecclesiae magiste- te rivelate sia dal magistero solenne dell a
rio sollemni, sive ab eius magi- C hiesa sia dal suo m agistero ord inario e
steri o ordinario et uni versali, un iversale, m a nifestato d i fatto dall a co -
quod quidem communi adhaesio- mu ne adesione de i fed e li so tto la guida
ne christifidelium sub ductu sacri de l sac ro magistero; tutti, pertan to , so no
magisterii manifestatur; tenen- obbligati ad ev itare qu alsiasi dott rin a ad
tur igitur omnes quascumque dc- es se co ntraria .
vitaredoctrinas iisdem contrarias,
CAN. 751 • Dicitur haeresis, per- Si d ice e res ia la pe rtinace negazion e,
tinax, post receptum baptismum, dop o av er rice vuto il batt esimo, d i un a
alicuius ver itatis fide divina et veri tà che si deve cre dere per fede d ivin a
catholica cre denda e denegatio, e cattol ica , o il dubbio pertinace su d i
aut de eadem pertinax dubitatio; essa; - apos tasia, il ripud io tot ale de lla
apostasia, fidei christianae ex to- fed e c ristiana; - scisma, il rifiu to della
to repudiatio; schisma, subiectio- sott omissione al Roman o Pontefice o del -
nis Summo Pontifici aut commu- la co m unione con i memb ri dell a Chiesa a
nionis cum Ecclesiae membris lu i soggetti.
eidem subditis detrectatio.

4) L 'assenso di fede divina e cattolica 3111

750 (1323, § I *) L'obbligo di tale assenso suppone una duplice concorrente con-
dizione:
l " Che la verità sia contenuta nella Parola di Dio scritta o trasmessa per tradizione,
vale a dire nell'un ico deposito della fede affidato alla Chiesa.
2 0 Che, nello stesso tempo, la verità sia proposta come divinamente rivelata dal
magistero solenne della Chiesa (Papa o Concilio Ecumenico), o anche dal suo magistero
ordinario e universale, manifestato di fatto dalla comune adesione dei fedeli solto la
guida dei sacri Pastori.
Quando una verità è sem plicemente conte nuta nella Parola di Dio (rivelazione),
e non c'è alcun intervento definitorio da parte del magistero della Chiesa, essa è
soltanto di fede divina. Le verità di fede divino-cattolica forma no i vari dogmi o
articoli di fede.
La conseguenza teologica e giuridica del principio enunzia to è che tutti i fedeli, 3 11 2
nessuno eccettua to, devono tenersi lontani da qualsiasi dottrina contraria alla verità
definita, che è insieme divina (contenuta nella Parola di Dio) e cattolica (proposta come
divinamente rivelata dal solenne magistero della Chiesa). Aderendo al magistero infal-
libile dei sacri Pastori. il popolo cristiano partecipa alla medesima infallibilità: alla
infallihilitas in docendo corrisponde la infallibilitas in credendo (cfr. Lumen Gentil/III.
n. 12: Dei Yerbum. n. l O),
Ma in tal modo - si oppone spesso - il magistero ecclesiastico si pone al di sopra della 3113
Parola di Dio, si sostituisce al Vangelo. crea nuove verità. Sono accuse infondate. che derivano in
8 LIBRO III -11 "munus doccndi" della Chiesa

parte da un concetto errato del sacro magistero. Soltanto la Parola di Dio costituisce il "deposito
sacro" della fede, e i Pastori del gregge sanno «di essere discepoli prima che maestri; ministri prima
che difensori; canale insomma, non sorgente» (Card. Montini).
Il compito della Chiesa è di trasmettere la Parola di Dio, così come Cristo gliel'ha affidata.
Ma per trasmetterla con fedeltà, deve anche poterla interpretare autenticamente dichiarandone il
senso genuino e difendendola da ogni errore e deviazione. Il magistero è a servizio della verità.
Non è la regola costitutiva della fede, ma la regola direttiva, poiché della Parola di Dio la Chiesa
è, in forza del mandato di Cristo, depositaria, custode e interprete infallibile.

3114 5) Tre gravi violazioni


751 (1325, § 2*) Si tratta dell'eresia, dell'apostasia e dello scisma da parte di chi ha
ricevuto il battesimo. L'eresia e l'apostasia si oppongono direttamente alla fede; lo scisma
all'unità della Chiesa. Si suppone la recezione del battesimo, poiché, se il battesimo
manca, i tre delitti non sussistono (cfr. Communicationes, a. 1983, p. 92, can. 710).
L'eresia è la pertinace negazione di qualche verità che si deve credere per fede
divino-cattolica, o il dubbio pertinace su di essa. Negazione o dubbio pertinaci, ossia
pienamente coscienti, volontari, irriducibili, da cui ostinatamente non s'intende recedere.
Il dubbio eretico è di colui che, coscientemente, sospende la sua adesione o il suo
assenso. Tale dubbio non è da confondere con le difficoltà che si presentano alla mente
nell'approfondimento della fede.
L'apostasia è il ripudio totale della fede cristiana, ricevuta nel battesimo. Ripudio
totale, poiché se il ripudio è parziale, si ha l'eresia non l'apostasia. Sono da considerare
apostati i cristiani che fanno aperta professione di materialismo o di ateismo. Non basta,
evidentemente, al concetto di apostasia il semplice abbandono delle pratiche religiose.
Lo scisma è il rifiuto formale della sottomissione al Romano Pontefice o della
comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti. Rifiuto, non semplice
disobbedienza I.
3115 Come s'è già rilevato (n. 3104), contro i delitti di eresia. apostasia e scisma, è comminata la
scomunica "latae sententiae" (can. 1364, § l). Tale pena, tuttavia, non s'incorre dal minore che non
ha compiuto 18 anni (circostanza attenuante: can. 1324, § I, n. 4, e § 3): per il minore che non
ha compiuto 16 anni, la circostanza è del tutto esimente: can. 1323, n. I). Non s'incorre neppure
dai battezzati che si trovano per nascita nell'eresia e nello scisma, siano essi in buona fede o cattiva
fede, come si ricava dal can. II'.
Per altre sanzioni previste, cfr.:
Can. 194, .~ I. n. 2: rimozione "ipso iure" da ogni ufficio ecclesiastico
Can. 1041, n. 2: irregolarità relativamente alla recezione degli ordini sacri
Can. 1044. ii I, n. 2: irregolarità relativamente all'esercizio degli ordini ricevuti
Can. 1184, ,~ I, n. I: privazione delle esequie ecclesiastiche (provvedimento di carattere
amministrativo)

I Nel Codice precedente, al concello di eresia, apostasia e scisma (can. 1325, § 2), era

premesso nel § I il richiamo formale dell'obbligo di professare apertamente la propria fede ogni
volta che il silenzio o la tergiversazione o il modo di agire comportino l'implicita negazione della
fede, il disprezzo della religione, l'offesa verso Dio o lo scandalo del prossimo. Il paragrafo non
è stato riportato nel nuovo Codice, ma non c'è dubbio che esso sia tuttora valido, poiché si tratta
di un obbligo di legge naturale e positiva.
, Cfr. Decr. conco Unitatis redintegratio, n. 3, J. Il Direttorio ecumenico Ad totam
Ecclesiam, 14 maggio 1967, n. 19, parla di fratelli separati «che si trovano per nascita nell'ere-
sia o nello scisma e vi permangono in buona fede» (Enchir. Vat., voI. 2, p. IO19, n. 1212). Ma
è evidente che, con la promulgazione del nuovo Codice, la seconda condizione della "buona
fede" è stata soppressa.
Principi è norme huroda uive 9

CAN. 752 - Non quidem fidei as- Non certo un assenso di fede, ma pur
sensus, religiosum tamen intellec- tuttavia un religioso ossequio dell 'intellet-
tus et voluntatis obsequium prae- to e della volontà dev 'essere prestato ad
standum est doctrinae, quam sive una dottrina enunziata in materia di fede o
Summus Pontifex sive Collegium di costumi sia dal Sommo Pontefice sia
Episcoporum de fide vel de mori- dal Colle gio dei Vescov i nell'esercizio
bus enuntiant, cum magisterium del loro magistero autentico, anche se non
authenticum exercent, etsi defini- intendano proclamarla con un atto defini-
tivo actu eandem proclamare non tivo; i fedeli, pertanto, abbiano cura di
intendant; christifideles ergo devi- evitare ciò che con essa non concordi.
tare curent quae cum eadem non
congruant.
CAN. 753 - Episcopi, qui sunt in l Vescovi che sono in comunione con il
communione cum Collegii capite capo e con gli altri membri del Collegio,
et membris, sive singuli sive in sia individualmente sia riuniti nelle confe-
conferentiis Episcoporum aut in renze episcopali o nei concili particolari,
conciliisparticularibuscongregati, pur non godendo dell a infall ibil ità nel
Iicet infaIlibilitate in docendo non loro insegnamento, sono autentici dottori
polleant, christifidelium suae eu- e maestri della fede per i fedeli affidati
rae commissorum authentici sunt alle loro cure ; a questo magistero autenti-
fidei doctores et magistri; cui aut- co dci propr i Vescovi , i fedeli son tenuti
hentico magisteriosuorum Episeo- ad aderire con religioso ossequio dell'an i-
porum christifideles religioso ani- mo.
mi obsequio adhaerere tenentur.

6) Il magistero autentico non infallibile 3116


752-754 (/326*) Il magiste ro della Chiesa in materia di fede o di cos tumi non
ass ume ordinariamente il carattere definiti vo, di cui al can. 749. Di regola, esso è più
semplice, meno vincolante, poich é non esige l'assenso di fede, determinato nel can. 750.
È pur tuttavia un magistero autentico , impartito dall 'autorità costituita da Cristo nella
Chiesa e che dal Maestro divino ha ricevuto il mand ato d' insegnare (Le . l O, 16; Mc. 16,
15-16). Esso merita tutto il nostro rispetto e il nostro osseq uio. I ca nn. 752-753 so no
dedicali a tale magiste ro, privo del carisma della infallibili tà, e, chiarendo ne il valore,
considera no non solo il magistero del vertice, ossia del Rom ano Pontefice e del Collegio
dei Vescov i, ma anche quell o dei Vescovi sia indiv idualmente sia riuniti nelle Con fe-
renze Epi scop ali o nei Co ncili particolari.

752 IL Romano Pontefi ce e il Collegio dei Vescovi. Il magistero dc i Romano Pon- 3117
tefice e del Colle gio dei Vescovi in materia di fede o d i cos tumi o di veri tà intimamente
connesse, anche se non intende enunziare una dott rina con atto definitivo, obbl iga i
fedeli a prestare a tale dottrina un religioso ossequio, evitando con cura quello che con
essa non sia concord e. Non basta una semplice adesione esterna: è necessaria anche e
sopratt utto quella interna, dell'intelletto e della volont à.
Qu esto non impedisce che la verità enunziata venga opportunamente approfondita,
ai sensi de i ca nn. 2 18 e 386, § 2. L' app rofondim ento comprende anche lo "s viluppo",
ma eodem sensu eademque sententia.
Per la sanzione annessa al can. 752. cfr. can. J 371, n. I.
IO L1IlRO J1I - Il "m unus doccndi' de lla Chiesa

CAN. 754 • Omnes christifideles Tutti i fedeli hanno l' obbli go di osser-
obligatione tenentur servandì con- vare le cos tituzio ni e i dec reti ema nati
stitutiones et decreta, quae ad doc- dalla legittima autorità de lla Chiesa, per
trinam proponendam et erroneas prop orre una do ttrina e per con dan nare
opiniones proscribendas fert legi- opini oni erron ee; in mod o speciale quelli
tima Ecclesiae auctoritas, speciali promul gati dal Romano Pontefice o da l
vero ration e, quae edit Romanus Collegio dei Vescovi.
Pontifex vel Collegium Epì sco-
porum,
CAN. 755 - § l. Totiu s Collegii § 1. Spetta princip alm ent e a tutto il
Episcoporum et Sedis Apostolicae Collegio dei Vescov i e alla Sede Apos to-
irnprimis estfovere et dirigere mo- lica favorire e dirigere fra i cattolici il mo-
tum oecumenicum apud catholi- vimento ecumenico, il cui scopo è di ri-
cos, cuius finis est unitatis redinte- stabilire l'unità di tutti j cristiani, che la
gratio inter uni versos chrlstianos, Chiesa è tenu ta a promu overe per volontà
ad quam promovendam Ecclesia di Cristo.
ex volunta te Christi tenetur,
§ 2. Epi scoporum item est, et, § 2. Spe tta parime nti ai Vescovi c, a
ad normam iuris, Episcoporum nonn a de l diritto, alle Co nfere nze Epi-
conferentiarum, eandem unitatem scop ali, promuovere la medesima unità,
promovere atque pro variis adiun- e, seco ndo le varie necessità dell e situa-
ctorum necessitatibus velopportu- zioni o la loro utilità, impa rtire norm e
nitatibus, normas practìcasirnper- pratiche, atte ne ndosi alle d isp osiz ioni
tire, attentis praescriptis a supre- em anate al riguard o dall a supre ma au to-
ma Ecclesiae auctorita te latis. rità della Chi esa.

3118 753 Vescovi sing oli e Vesco vi riuniti in Conferenze Episcopali o in Concili pa rti-
colari. In comu nione con il Rom ano Pont efice e con gli altri mem bri del Co llegi o
Ep iscopale, sono anch'essi au tent ici dollori e maestri della fede nell ' esercizio del loro
" munus doccndi". E un magistero che ha tutte le garanzie , e al quale i fede li son ten uti
ad aderi re con religioso ossequio dell' animo, anche se sia privo del cara ttere assolu to e
incond izionato dell ' assenso di fede.
3119 754 Costituzioni e decreti. Spesso il magistero ecclesiastico , nell' enun ziare una
dott rina o nel condannare opi nioni erro nee, viene es presso mediante costi tuzioni o de-
creti, che assu mono , com'è ovvio , un carattere norm ativo più mani fe sto. I fede li -
afferma il canone, ad integrazion e del can. 212, § I - hanno l'obbligo di osservare tali
costi tuzio ni e dec reti. in modo speciale quell i prom ulgati dal Rom ano Pontefice o da l
Co llegio dei Vesco vi.
Decreti e dic hiarazion i possono essere emanati anche dai Vescovi c dalle Conferen-
ze Episcopali, nell'ambito della propria compe tenza . Una particolare autorità hanno gli
atti delle Congregazioni, spec ialmente. in materia di fede , quelli eme ssi dalla Co ngre -
gazio ne per la Dottrina de lla Fede. che ha il preciso «compito di tutelare la dottrina
riguardante la fede e i cost umi in tutto il mon do cattolico» (Cas t. Ap . Regimini
Ecclesiae, 15 ago sto 1967, n. 29; cfr. anche i numeri successivi 30-40: Enchir. Vat., val.
2. pp. 1294-1 297 , nn. J 569 - 1580).

3120 7) Il movimento ecumenico


755 Il suo scopo è di rista hilire l'u nità dei cristiani, div isi purtroppo da secoli, co n
grave sca ndalo dci non crede nti in Cri sto e degli stess i atei. L'azione, tuttavia, è diffi-
Il ministero della Pnrola di Dio 11

cile. delicata. co mplessa, né può essere lasciat a alla libe ra iniziati va dei fedeli e neppure
dei singo li Pastori, Essa va dirett a oppo rtunamente:
- In primo luogo da l Romano Pontefice e dal Collegio dei Vescovi, che rappre-
senta no la suprema autor ità nella Chiesa (ca nn. 33 I e 336).
- Nell' ambito della propria com petenza e a norma del diritto, oss ia secondo le
norm e e le diretti ve ema nate dalla suprema aut orità, anche dai singoli Vescov i e da lle
Co nferenze Ep iscop ali.
Tutti i fedeli devono co nformarsi alle norm e e alle direttive dell ' autorità ecclesia-
stica. «astenendosi da qualsiasi leggerezza e da qual siasi zelo im prude nte, che possano
nuocere al vero progresso nell'un ità» (Dccr. co nco Unitatis redintegratio, n. 24. I).
L'interesse e la cura per il rist abilimento dell 'unità dei cristiani gravano su tutta la
Chiesa, sui fede li e sui pastori (Decr. cit., n. 5). La promoz ione di tale unità è legata alla
volontà di Cr isto.
Principali documenti sull'ecumenismo: 3121
- Il Decr. con cil iare Unitatis redintegratio, 21 nov. 1964'
- Il Diret torio del Segret ari at o per l' unità dei er isti ani: I parte A d totam
Ecclesiam, 14 maggio 1967: - II parte Spiritus Domin i, 16 aprile 1970 (Enchir. Val..
vol. 2, pp. 1004- 1083) . Relati vament e alla I parte. cfr. il Discor so di Paolo VI. 13 nov.
1968 (Insegnamenti, vo I. VI, pp. 59 8-602).
- La Dichiarazi one Dans ces derniers temps dcI medesimo Segretariato, 7 ge nna-
io 1970 iEnchir. Vat., voI. 3, pp. 12 18-1229 ).
- L 'I stru zione De peculi aribus casib us admittendi alios christianos ad
communionem eucharisticam in Ecclesia catholica, l " giugno 197 2, e la successiva
Nola dcI 17 ottobre 197 3 (Enchir. Vat. , vo I. 4, pp. 1024 -1041 ).
- Il Documento cir ca la Collaborazione Ecumen ica sul piano region ale. nazion ale
e locale. del Segretariato per l' unità de i cristiani, 22 febbraio 1975 t Enchi r. Vat.. vol.
5, pp. 66 8-7 35) .
Norme vari e contenute nel Codice: 3122
- Can. 256. § 2: Gli alunni del seminario e i problemi ecumenici
- Can. 383. § 3: Il particolare dovere del Vescovo diocesano verso i fratelli che non sono
in piena comunione con la Chiesa cattolica
Can. 463. § 3: Invito al Sinodo diocesano
- Ctln . 825. § 2: La versione delle Sacre Scritt ure in collaborazione con i fratelli separati
- Can. 844 : Recezione e amm inistrazione dei sacramenti della penitenza. dell'Eucaristia e
dell' unzionc degl'infermi
Can. 874..Ii 2: Divieto di far da padrini nel battesimo: solo testimoni
- Cun. 908 : Divieto di concelebrazione eucaristica
- Cl/n. 933 : Celebrazione eucaristica in una chiesa di fratelli separa ti, da parte di un sacer-
dote cattolico
- Catl . 1183: Esequi e cattoliche
- Can. 1365: 11 reato di "cornrnunicatio in sacris"

IL MINISTERO DELLA PAROLA DI DIO (cann. 756-76 1) 3123


Schema
I. I vari soggetti 3. Norme ulteriori
2. Oggetto e mezzi

.' È bene tener presente anche la Dichiar. Nostra aetate, 28 ott. 1965, circa le relazioni della
Chiesa con Ic religioni non cristiane.
12 LIBRO III - Il "rmmus doccndi" della Chiesa

Titolo I
Il ministero della Parola divina

CAN. 756 • § 1. Quoad univer- § l . In rapporto all a C h ies a universale,


sam Ecclesiam munus Evangelii la m iss ione di annun zi are il V an gelo è
annuntiandi praecipue Romano affi da ta principalmente al Roma no P onte-
Pontifici et Collegio Episcopo- fice e al Collegi o dei Vesco vi.
rum commissum est.
§ 2. Quoad Ecclesiam particula- § 2. I n rapporto alla Chiesa p a rti col are
rem sibi concreditam iIIud munu s lo ro a ffi data, es e rc ita no tal e f unzio ne i
exercent singuli Episcopi, qui qui- si ngoli Vesco vi , c he sono appu nto in essa
dem totius ministerii ver bi in ea- i moderatori di tu tto il m in is te ro della
demsunt moderatores ;quandoque p arol a ; a volte, tu tta via, alc uni V esco vi la
vero aliqui Episcopi coniunctim adempio no congiuntamen te nei riguard i di
iIIud explent quoad diversa s si- più Chiese in s ieme, a norma del di ri tto.
mul Ecclesias, ad normam iuris.

3124 Norme introduttive


Il ministero della Parola di Dio coi ncide sost anzialmente con l' annun zio del Van-
gelo, che de lla Parola di Dio è l'essenza, la for ma più alta e perfetta, la manifestazione
definitiva. Ciò spiega l'u so indiffere nziato delle due espre ssioni negli attuali ca noni. Nel
can. 76 1 si parla anche di "annu nzio de lla dott rina cristiana" . Le tre espressioni sono
intimamente connesse fra loro, e, pur disting uendosi nei loro aspetti specifici, fonda-
mentalmente hanno il medesim o sig nifica to.
I cann . 756 -76 1 hanno valore introdu ttivo. Richiamano in prospettiva gera rchica i
comp iti e le responsabilità dei vari soggetti, che hanno l' obb ligo e il diritto di annunziare
il Vangelo (ca nn. 756-759); determ inano il contenuto essenziale del ministero della
Parola (can. 760); eso rtano ad usare per l' annunzio della dottr ina cristiana tutt i i mezzi,
tradizio nali e modern i, che sono a disposizion e.
Relativamente all'annunzio de l Vangelo nel mond o contempo raneo, è da tener
presente l' Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi di Paol o VI, 8 dicembre 1978
(Enchir. Vat., voI. 5, pp. 1008-11 25).

3125 1. I vari soggetti


«T utti i fede li - afferma il can. 2 1) - han no il dove re e il di ritto d' impegnarsi
perché il messaggio divino di sa lvezza si dif fonda sempre più fra tutti gli uom ini di tutti
i tem pi e del mond o intero» . I compiti concreti sono per altro differenziati: rispondono
all' ufficio e alla potestà esercitati da ciascuno nella Chi esa. In conformi tà con
l' Evangelii nuntiandi di Paolo VI, i cann. 756-759 richiamano distintamente i compiti
del Romano Pontefice, del Colle gio dei Vescovi, dei Vescovi diocesani e del Clero, dei
membri deg l' Istituti di vita cons acrata, dei laici.

3126 I) f compiti della Gerarchia


756 (1327, § l *) AI vertice della Gerarchia eccles iastica sono il Papa e il Collegio
dei Vescovi, l'u no e l' altro soggetto della suprema potestà su tutta la Chiesa (cann . 33 1
Il ministero de lla Parola di Dio 13

CAN. 757 - Presbyterorum, qui È compito propri o dei presbiteri, che


quidem Episcoporum cooperato- sono i cooperatori dei Vesco vi, annun-
res sun t, proprium est Evange- ziare il Vangelo di Dio; sono tenut i a
Iium Dei annuntiare; praesertim questo dovere verso il popolo loro affida-
hoc officio tenentur, quoad popu- to sopratt utto i parroc i e gli altri a cui è
lum sibi commissum, parochi demandata la cura delle anime; spetta
aliique qui bus cura animarum anche ai diaconi esser e al servizio del
concreditur; diacono rum etiam popolo di Dio nel ministero della parol a,
est in ministerio verbi populo in comuni one col Vescovo e col suo pre-
Dei, in communione cum Episco- sbiterio.
po eiusque presbyterio , inservire.
CAN. 758 - Sodales institutorum I membri degl' istituti di vita consacrata,
vitae consecratae, vi propriae in virtù della loro consacrazione a Dio,
Deo consecrationis, peculiari mo- rendon o part icolare testim oni an za del
do Evangelii testimonium red- Vangelo; per il suo annunzio, essi sono
dunt, iidemqu e in Evangelio an- anche assunti opportunamen te in aiuto dal
nuntiando ab Episcopo in au xi- Vescovo.
lium convenienter assumuntur.

e 336). Come tali, essi hanno l'ufficio e la responsabilità primaria di provvedere all'an-
nunzio del Vangelo in rapporto alla Chiesa universale (§ I).
Le Chiese particolari sono affidate ai Vescovi. Ciascuno di essi è nella propria
Chiesa il responsabile dell'a nnunzio evangelico, il moderatore di tutte le attività concer-
nenti il ministero della Parola. I Vescovi possono esplicare tale loro funzione anche
congiuntamente, per es.• nell' ambito della provincia. della regione, della nazione. ma ad
normam iuris - precisa il canone - ossia nell' osservanza delle disposizio ni e delle
direttive emanate dalla superio re autorità.
Circa il ministero pastorale della Parola di Dio, proprio del Vescovo diocesano, v.
il can . 386: nn. 1970-1972.

2) Il compito dei presbiteri e dei diaconi 3127


757 (/329*) L' annunzio del Vangelo è anche un com pito proprio dei presbiteri, in
virtù del loro s acerdozio e della collaborazio ne che essi son tenuti a dare ai propri
Vescovi. Un compito del tutto particola re è demandato ai parroci (cfr. can. 528, § I) e
a quanti esercitano la cura delle anime. in forza del loro ufficio. Spetta similmente ai
diaco ni prestare la loro opera, in comunione col Vescovo e col presbiterio diocesano. È
da rico rdare che. fra i com piti specifici affidati dagli Apostoli ai primi diacon i istituit i
nella Chiesa, fu anche l'annunzio della Parola di Dio.

3) I membri degl 'Istituti di vita consacrata 3128


758 (/ 334*) I membri degl'I stituti di vita consacrata. religiosi e secolari, e pari-
menti delle Società di vita apostolica , rendono già una particolare testimonianza al
Vangelo attraverso la loro consacrazio ne a Dio (cann. 573, § I, e 731, § I). Nello stesso
tempo, essi sono anche consacrati alla Chiesa e all'apostolato, per cui è opportuno che
i Vescovi diocesani si servano del loro valido aiuto per l' annun zio del Vangelo.
14 LIBRO III • Il "rnunus doccndi" ddla Ch iesa

CAN. 759 - Christifideles laici, In virtù del battesimo e dell a con fer-
vi baptismatis et confirmationis, ma zion e, i fedeli laici son o testimoni del
verbo et vitae christianae exem- messaggio evangelico con la parola e co n
pio evangelici nuntii sunt testes; l'esempio di una vita cri sti ana; essi po sso -
vocari etiam possunt ut in exer- no venire anche chiamati a cooperare co n
citio ministerii verbi cum Episco- il Vescovo e con i pre sbiteri nell' esercizio
po et presbyteris coopcrentur. del min istero della parol a.
CAN. 760 - In ministerio verbi, Nel ministero della parola, che de ve
quod sacra Scriptura, Traditio- fond arsi sulla sacra Scrittura, sull a T rad i-
ne, liturgia, magisterio vitaque zione, sulla liturgia, sul magistero e sulla
Ecclesiae innitatur oportet, Chri- vita dell a Chiesa, si propong a integral-
sti mysterium integre ac fideliter mente e fedelmente il mistero d i Cr isto.
proponatur.
CAN. 761 - Varia media ad doc- Per annunziare la dottrina cristiana, si
trinam christianam annuntian- usino i vari mezzi disponibili, soprattutto
dam adhibeantur quae praesto la pred icazione e l' istruzione catechetica,
sunt, imprimis praedicatio atque che sono sempre al primo posto , ma an-
catechetica institutio, quae qui- c he l' e sposizione della dottrin a nelle
dem semper principem locum te- scuole, nelle accademie, nelle conferenze
nent, sed et propositio doctrinae e riunion i d'ogni ge nere, come anche la
in scholis, in academiis, confe- sua diffu sion e med iante pubbliche dichia-
rentiis et coadunationibus omnis razioni della legittima autorità , fatte in oc-
generis, necnon eiusdem diffusio ca sione d i spe ciali eventi, attraverso la
per declarationes publicas a legi- stampa e con altri strumenti di comuni ca-
tima auctoritate occasione quo- zione soc iale.
rundam eventuum factas prelo
aliisque instrumentis communi-
cationis socialis.

3129 4 ) I fe deli laici


759 L'annunzio del Vangelo spetta a tutto il Popol o di Dio, di cui i laici sono la
parte più numerosa. Anch 'e ssi hanno un duplice dovere: della testimonian za, in forza
del battesimo e della confcnnazione (fondamento teologico), mediante l' esem pio di una
vita cristi ana c la professione aperta della fede ; - dell ' annunzi o esplicito con la par-
tecip azione al ministero della Parola. È il Vescovo che gerarch icamente affida loro
que sto compito, associandoli all' opera dei presbiteri e dei diaconi.

3130 2, Oggetto e mezzi

3131 I) Il mistero di Cristo


760 Il ministero della Parola è essenzialmente cristologi co e cristoccntri co. Ciò
sig nifica che il suo contenuto essenziale, il suo vertice e le sue finalità so no il mistero
di Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell' Uomo, Inviato del Padre, Salvatore e Redentore
dell'umanità, morto per nostro amore e per la nostra salvezza, gloriosamente risorto e
asceso al Cielo, Fondatore e Capo della Chiesa, l'Eterno Vivente, costituito Giud ice
dell 'umanità per la fine dei tempi : «Dio rivelato da Gesù Cristo, nello Spirit o Santo»,
La prcdi cuzionc 15

dice co n for mula incisiva Paolo VI (Evangelii nuntiandi, n. 26)1. È un mistero che
dev' es sere prop osto in tu tta la sua interczza e co n assoluta fedeltà.
Il min istero della Parola ha il suo fondament o nella Sacra Scrittura, nella Tra dizio-
ne, nel Magistero ecclesiastico, nell a liturgia, nella vita dell a Ch iesa (cfr. Decr. eonc.
Christus Dominus, n. 14, l ).

2) I vari mezzi 3132


761 11 can one riproduce qu asi letteralmente un testo de l Con cilio Vati cano 11 con-
tenuto nel Dccr. Christus Dominus sull'ufficio pastorale dc i Vescovi, n. 13, 2.
I mezzi da usare - si noti l'esortativo precetti va "ad hibeantur" - so no;
l ° So pratt utto la pred icaz ione e la catechesi , le qu ali conservano tuttora un posto
di prim ato, c a cui son dedicati due distinti capito li (ca nn . 762-772 e 77 3-7 80).
2 o L'i nsegn amento scolastico .
3 0 L ' esp osizione nelle acc ademie, nelle con ferenze e nelle riuni oni d' ogni genere.
4° Pubbl ich e dich iarazion i fatte dalla legitt ima autorità, in occasione di parti colar i
eve nti.
5° L' uso della sta mp a e di altri strume nti di co municaz ione soc iale.
Relativament e a i me zzi di comun icazione sociale, cfr . il Decr. co nco Inter mirifica, 4 dicembre
1963. e l'I str. pastorale Communio et progr essio del Co nsiglio Pontificio pre posto a tali mezzi, 23
maggi o 1971 (Enchir. Var., voI. 4, pp. 498 -617 ).
Richiami signifi cativi:
- Bisogn a assoluta me nte (omni no 0pOJ1et) servirsi dei mezzi di comunicaz ione sociale per
annunziare il Vang e lo di Cristo (Decr, co nco Christus Dominus , n. 13. 3).
- La Chiesa si se ntirebbe colpevo le. se non adoperasse questi mezzi pote nti, che l'inte lligen-
za umana rende og ni giorn o più per fetti (Evangelii nuntiandi, n. 45, 2).

3. Norme ulteriori 3133


In ordi ne all'evangelizz azio ne e al ministe ro dell a Parola, so no da tener presen ti
anc he i seguenti ca noni :
- Can. 3R6. .~ l: La c ura dei Vescovi diocesani. perché siano osservate scrup olosam ente le
prescrizioni dei canoni sul minist ero della Parola
- Ca" . 392 : La vigilanza dei medesimi Vescovi . perché non abbiano ad introdursi abusi nel
dello minister o
- Cali . 528. .~ J: Il messaggio evangelico deve pervenire anc he a coloro che si siano allon-
tana ti da lla pratica reli giosa c non professino la ve ra fede
C lI1 l . 747. § l : Il dovere e il diritto nativo della Chiesa di predicare il Vangelo a tutte le ge nti
- Can. 771. H 1·2: Il messa ggio evangelico ai lontan i e ai non crede nti
- Can. 7Rl : L'opera di evan geli zzazi one, dove re fondamentale dell'intero popolo di Dio
- Can. 843. .~ 2: Eva ngelizza zione e sacramenti

LA PREDICAZIONE DELLA PAROLA DI DIO (c a nn. 762-772) 3134


Schema
I. Gli operatori de lla predi cazionc 3. Co ntenuto e metodo della predicazione
2. Norme s ull'omeli a 4. Norme ulteriori

I Sul "cristocc nrris rno" d 'ogni istru zione religiosa. e in particolare de lla catechesi. v. l'Esort .

Ap. Catechesi tradendae di Giovanni Paolo Il, 16 ottobre 1979. nn. 5-9 i Enchlr. Var.• pp. 1181-
1187).
16 LIBRO 111 • Il " munus doccndl" della Chiesa

CAPITOLO I
LA PREDICAZIONE DELLA PAROLA DI DIO

CAN. 762 - Cum Dei populus Poiché il popolo di Dio viene radunato
primum coadunetur verbo Dei in primo luogo dalla parola del Dio viven-
vivi, quod ex ore sacerdotum te, ed è del tutto legittim o ricercare questa
omnino fas est requirere, munus parola dalla bocca dei sacerdoti, i sacri
praedicationis magni habeant sa- ministri abbiano in grande considerazione
cri ministri, inter quorum praeci- il ministero della predicazione, e tra i loro
pua officia sit Evangelium Dei precipui doveri sia quello di annun ziare a
omnibus annuntiare. tutti il Vange lo di Dio.
CAN. 763 - Episcopi s ius est ubi- È diritto dei Vescovi predicare la parola
que, non excIusis eccIesiis et ora- di Dio dovunque, non escluse le chiese e
toriis institutorum reIigiosorum gli oratori degl ' istituti religiosi di dir itto
iuri s pontificii, Deiverbum praedi- pontificio, tranne che, in cas i particolari,
care, nisi Episcopus loci in casibus il Vescovo del luogo ne faccia espresso
particularibus expresse renuerit. divieto.

Le forme precipu e de l ministero della Parola di Dio sono la predicazione e la


catechesi (can. 76 1). Le relative norme sono contenute in d ue capitoli distinti, com pren-
denti i cann. 762-772 e 773-7 80.

3135 1. Gli operatori della predicazione

3136 J) Il do vere dei ministri sacri


762 Il canone, is pirato all'i nsegna mento de l Conci lio Va ticano Il (Decr.
Presbyterorum Ordinis, n. 4, I), affe rma due principi di grande impo rtanza giuridico -
pastorale:
IO Il diritto de i fedeli di ricevere dalle labbra dei sacerdoti la Parola de l Dio
vivente, mediante la quale, soprattutto, è riunito ecclesialment e il popolo di Dio (cfr.
anche can. 2 13).
2° Il corrisponden te obbligo dei ministri sacri (Vesco vi, presbiteri e diaconi) di
annunziare e diffondere questa Parola attraverso il ministero della sacra pred icazione.
Tale ministero dev' essere tenuto da essi in grande stima, poiché costitu isce uno dei
precipui com piti del loro ufficio e della loro funzione (cfr. anche can. 836) .

3137 2 ) Il diritto dei Vescovi


763 (239, § l, n. 3; 349, § l, n. l *) La facoltà di predicare dovunque (ubique),
riconosciut a ai Vescovi nel Codice pio-benedettino, era considerata nel can. 349, § l ,
n. l , come un privilegio condiviso con i Cardi nali (can . 239, § I, n. 3). Nel nuovo
Codice, la facoltà di predica re la Parola di Dio do vunque, non escl use le chiese e gli
oratori degl' Istituti esenti. viene presentata, co n maggiore precis ione teologic a e giur i-
dica, come un diritto dei Vescov i, in virtù della dignità e della potestà che compete loro
quali Successori degli Apos toli tCommunicationes, a. 1983, p. 94, can. 7 18, n. I).
Lo1 prcdicu zi onc 17

CAN. 764 - Salvo praescripto Salvo il disposto del can. 765. i presbi-
can, 765, facultate ubique praedi- teri e i diaconi hanno la facoltà di predi-
candi, de consensu saltem prae- care dovunque - da esercitarsi per altro
sumpto rectoris ccclesiae exer- con il consenso almeno presunto del retto-
cenda, gaudent presbyteri et dia- re della chiesa - tranne il caso che essa sia
coni, nisi ab Ordinario competen- stata limitata o tolta dall'Ordinario com-
ti eadem facultas restricta fuerit petente, o che per legge particolare si ri-
aut sublata, aut lege particulari chieda la licenza espressa .
Iicentia expressa requiratur,
CAN. 765- Ad praedicandum relì- Per predicare ai religiosi nelle loro chie-
giosis in eorum ecclesiis vel ora- se e nei loro oratori , si richiede la licenza
toriis Iicentia requiritur Superio- del Superiore competente a norma delle
ris ad normam constitutionum costituzioni.
competentis.

Tale diritto spetta ai Vescovi, non ai Vicari, ai Prefetti e agli Amministratori apo-
stolici, tranne che siano insigniti della dignità episcopale. Può essere esercitata con piena
libertà in ogni Chiesa particolare, nessuna esclusa, tranne che per gravi ragioni, in casi
particolari, il Vescovo del luogo ne faccia espresso divieto .
Per l'obbligo personale dei Vescovi diocesani di predi care con frequ en za (per se ipsi
frequenteri nella propria diocesi, cfr. can. 386, § l.

3) La facoltà dei presbiteri e dei diaconi 3138


764 (1337-1338*) Per i Vescovi si parla di diritto, per i presb iteri e i diaconi di
faco ltà. Tale facoltà, nel Codice anteriore, era concessa ai singoli chierici del clero
secolare e religio so dall'Ordinario del luogo. Nel nuovo Codice essa è riconosciuta ex
iure a tutti i presb iteri e i diaconi, che pertanto, salvo il disposto del can. 765, sono
autorizzati a predicare dovunque a una triplice condi zione :
[ O Che la facoltà non sia stata limitata o tolta dall' Ordinario competente
2° Che per legge particolare (diocesana, provinciale, regionale, ccc.) non si richie-
da la licenza espressa
3° Che, predicando in una chiesa, ci sia il consenso almeno presunto del rettore
Per la revoca della facoltà di predicare, si richiede una "g iusta causa", e contro un
provvedimento illegittimo si può ricorrere a norma del can. 1732 ss. Il ricorso non è "in
suspens ivo" (can. 1340, § 3, Codice 1917).
L'inn ovazione apportata nell'attuale Codice è più conforme, teologicamente . all' ordinazione 3139
presbiterale e diaconal e. che deputa ex se i ministri sacri al "munus docendi" (can. lOO8). L'inse-
gnamento del Concilio a tal riguardo è esplicito:
- Il ministero ecclesiastico d'i stituzione divina viene esercitato in diversi ordini da quelli
che già anticamente son chiamati Vescovi, Presbiteri , Diaconi. l Presbiteri, pur non possedendo il
vert ice del sacerdozio e dipendendo dai Vescovi nell'esercizio della loro potestà, son tuttavia ad
essi congiunti per la dignità sacerdotale e in virtù del sacramento dell'ordine ; ad immagine di
Cristo, so mmo ed eterno Sacerdote, sono consacrati per predicare il Vangelo, pascere i fedeli c
eelebrare il culto divino. quali veri sacerdoti del Nuovo Testamento. Partecipi, secondo il grado del
loro ministero, della funzione dell' unico Mediatore Cristo, essi annunziano a tutti la Parola divina...
Nel grado inferiore della gerarchia sono i Diaconi, ai quali sono imposte le mani non per il
sacerdozio. ma per il ministero . Infatti, sostenuti dalla grazia sacramentale, nel ministero della
liturgia, della parola e della carità essi servono il Popolo di Dio, in comunione col Vescovo e con
il suo presbiterio tLu men Gentium, nn. 28, l, e 29, I ).
18 LIBRO [IJ - H "munus doccadi" della Chiesa

CAN. 766 • Ad praedicandum in Se la necessità lo richieda in determina-


ecclesia vel oratorio admitti pos- te circostanze, o se, in particolari casi,
sunt laici, si certis in adiunctis ne- l'utilità lo consigli, i laici possono venire
cessitas id requirat aut in casi bus ammessi a predicare in una chiesa o in un
particularibus utilitas id suadeat, oratorio, secondo le disposizioni della
iuxta Episcoporum conferentiae Conferenza Episcopale e salvo il can.
praescripta, et salvo can, 767, § 1. 767, § 1.

3140 4) Prediche ai religiosi


765 (/338*) Per poter predicare ai religiosi nelle loro chiese e nei loro oratori, si
richiede (ed è sufficiente) la licenza del Superiore competente a norma delle Costituzio-
ni'. È ovvio che questa disposizione non riguarda i Vescovi, i quali, in forza del can.
763, hanno il diritto di predicare dovunque la Parola di Dio, non escluse le chiese e gli
oratori degl' Istituti religiosi di diritto pontificio.
Il cappellano ha ex iure questa facoltà, poichè fa parte del suo ufficio (can. 566, § I).
Per il concetto di "chiesa" e di "oratorio", cfr. cann. 1214 e 1223.

3141 5) La partecipazione dei laici


766 (/342 *) Ncl Codice anteriore, la facoltà di predicare nelle chiese era concessa
soltanto ai sacerdoti e ai diaconi, con esclusione formale dei laici, anche se religiosi
(can. 1342, Codice 1917). Nel nuovo Codice, il principio che la facoltà di predicare
spetti per sé ai sacerdoti e ai diaconi, è rimasto intatto (cfr. Communicationes, a. 1983,
p. 95, can. 721, n. I). Il motivo è strettamente teologico: l'intima relazione tra l'Euca-
ristia - di cui sono ministri propri i sacerdoti e i diaconi a termini dei cann. 900, § I,
e 910, § I - e la predicazione. «L'Eucaristia - afferma il Concilio Vaticano 1\ - è
la fonte e il culmine di tutta la predicazione evangelica» (Decr. Presbyterorum Ordinis,
n. 5, 2).
Ma i laici, nel nuovo spirito del Concilio, sono ormai chiamati a dare la loro
cooperazione ai ministri sacri nell'esercizio del loro ministero e della loro attività. Tale
cooperazione, che si estende alla stessa potestà di governo (can. 129, § 2), abbraccia
anche il ministero della Parola (can. 230, § 3, e 759), non esclusa la predicazione nelle
chiese e negli oratori. La predicazione del laico, uomo o donna, non ha tuttavia carattere
ordinario:
- Richiede un invito o un permesso da parte dell'autorità ecclesiastica (il Vesco-
vo, il parroco, il rettore della chiesa, ecc.).
- Dev'essere giustificata da motivi di necessità o di utilità (l'assenza dci ministro
sacro, prescritta dal can. 230, § 3, come condizione - "detìcientibus ministris" - è qui
per altro scomparsa).
- Occorre attenersi alle disposizioni emanate dalla Conferenza Episcopale, in
modo che ci sia nell'ambito del territorio uniformità di criteri e di direttive tCommuni-
cationes, a. 1983, p. 96, can. 721, n. 2f.

I «Quid dc rncmbris aliorum Institutorum vitae consecratae et Societatum vitae apostolicae?


R.: Reguntur iure presbyterorum saecularium» (Conununicutinnes. a. 1983, p. 95, can. 720, n. I).
, La Conferenza Episcopale Italiana ha disposto che i laici possano essere ammessi a predi-
care - non a tenere l'omelia - nelle chiese e negli oratori a condizione che abbiano i requisiti
19

CAN. 767 - § l. Inter praedicatio- § I. Tra le forme di predicazione ha un


nis form as eminet homilia, quae posto di grande rilievo l' omelia, che è
est pars ipsius Iiturgi ae et sacer- parte della stessa liturgia ed è riservata al
doti aut diacono reservatur; in ea- sacerdote o al diacono ; in essa, nel corso
dem per anni liturgici cursum ex dell' anno liturgico, si espongano, com-
textu sacro fidei mysteria et nor- mentando il sacro testo. i misteri della
mae vitae christianae exponantur. fede e le norme della vita cristiana.
§ 2. In omnibu s Missis diebus § 2. Nei giorni di domenica e nelle feste
dominicis et festis de praecepto, di precetto, l'omelia deve tenersi in tutte
quae concursu populi celebran- le Messe che si celebrano con concorso di
tur, homilia habenda est nec popolo, né può essere tralasciata se non
omittit potest nisi gra vi de causa. per grave causa.
§ 3. Valde commendatur ut, si § 3. Si raccomanda vivamente che, se
sufficiens detur populi concur- c'è un sufficiente concorso di popolo, si
sus, homilia habeatur etiam in faccia l' omelia anche nelle Messe cele-
Missis quae infra hebdomadam, brate durante la settimana, soprattutto nel
praesertim tempore adventus et tempo di avve nto e di quaresima, o in oc-
quadragesimae aut occasione casione di qualche festa o di un evento
alicuius festi velluctuosi eventus , luttuoso.
celebrentur.
§ 4. Parochi aut ecclesiae rec- § 4. Spetta al parroco o al rettore della
tori s est curare ut haec prae- chiesa curare che queste disposizioni sia-
scripta religiose ser ventur. no osservate scrupolosamente.

- Resta esclus a l'omelia, come si dirà nel cano ne seguente.


Il Codic e parla espressamente di "prcdicazio ne nelle chiese e negli oratori". Di conseguenza.
non rientra nella norma limitativa del presente canone:
- La predicazione dei laici fuori dei detti luoghi sacri
- L' istruzione catechistica impartita anche nei luoghi sacri
- Vi rientra invece l' omelia dovunque si svolga la celebrazione della Messa

2. Norme sull 'omelia 3142


767 (/ 345 *) L'o melia è <d a spiegazione di qua lche as petto dell e letture
scrittu ristichc o di altri testi dell'ord inario o del proprio della Messa del giorno, tenendo
conto sia del mistero che viene celebrato sia delle particolari esigenze degli uditori»
(S.c. dei Riti, Istr, lnter oecumenici, 26 settembre 1964, n, 54: Enchir. Va!., vol. 2, p.
331, n. 264).
767 , § 1 Tra le forme di predicazione l'omelia ha un posto del tutto partico lare, 3143
eminente (èrninet), poiché fa parte della liturgia eucaristica: «La liturgia della parola e
la liturgia euca ristica sono congiunte tra loro così strettamente da formare un solo atto
di culto» (Cos t. Sacrosanctum Concilium, n. 56). Di conseguenza, essa è riservata ai
ministri sac ri: il sacerdote o il diacono, ed ha come oggetto , seguendo il corso dell' anno

necessari, e cioè ortodossia di fede. preparazione teologico-spirituale , esemplarit à di vita a livello


personale e com unitario, capacità di comu nicazione, e che abbiano ricevuto il mandato dell' Ordi-
nario del luogo (Enchir. CEI, voI. 3. p. 1316. n. 2277).
20 LIBRO III -II "munus doccndi" della Chiesa

CAN. 768 • § l. Divini verbi § l. Gli annunziatori della parola di Dio


praecones christifidelibus impri- propongano, anzitutto, ai fedeli quel che è
mis proponant, quae ad Dei glo- necessario credere e operare per la gloria
riam hominumque salutem cre- di Dio e la salvezza degli uomini.
dere et facere oportet.
§ 2. Impertiant quoque fideli- § 2. Impartiscano inoltre ai fedeli la
bus doctrinam, quam Ecclesiae dottrina proposta dal magistero della Chie-
magisterium proponit de perso- sa sulla dignità e libertà della persona
nae humanae dignitate et Iiberta- umana, sulla unità e stabilità della fami-
te, de familiae unitate et stabilita- glia e i suoi compiti, sugli obblighi della
te eiusque muniis, de obligationi- vita sociale, come pure sulla organizza-
bus quae ad homines in societate zione delle cose temporali secondo l'ordi-
coniunctos pertinent, necnon de ne stabilito da Dio.
rebus temporalibus iuxtaordinem
a Deo statutum componendis.

liturgico, il commento del testo sacro (ex textu sacro), con la rispondente esposizione,
dottrinale e pratica, dei misteri della fede e delle norme della vita cristiana.
L'omelia festiva è un particolare dovere ex officio del parroco (can. 528, § l). Per
gli alunni del seminario, i quali devono essere preparati con cura all'esercizio del sacro
ministero, l'omiletica, come la catechistica, devono far parte di una preparazione spc-
cifica (can. 256, § I).
3144 Un chiarimento. Il divieto per un fedele laico di tenere l'omelia al posto del sacerdote o del
diacono durante la celebrazione della Messa, è formale e per sé non ammette eccezioni, né il
Vescovo diocesano può dispensare dalla norma prescritta (Pont. Comm. interpr. Codice, 26 maggio
1987). Nulla, tuttavia, proibisce ex iure communi, che, dopo una breve omelia fatta dal ministro
sacro, intervenga un laico ad ag$iungere, ad integrazione, qualche parola di commento, portando
la sua testimonianza personale. E però preferibile che lo faccia al termine della Messa, prima del
congedo dei fedeli. Nel Direttorio per le Messe dei fanciulli la possibilità è prevista in modo
esplicito: «Nulla vieta che uno di questi adulti che partecipano alla Messa, con l'assenso del
parroco o del rettore della chiesa, dopo il vangelo rivolga ai fanciulli la parola, specialmente se al
sacerdote riesca difficile adattarsi alla mentalità dei piccoli ascoltatori» (n. 24).
Il divieto, ovviamente, non sussiste per la Liturgia della Parola, celebrata senza Messa a
norma del can. 1248, § 2, né occorre più attenersi strettamente alla prescrizione della citata Istru-
zione Inter oecumenici della S. Congregazione dei Riti: «Colui che presiede, se è diacono, tcnga
l'omelia, oppure, se non lo è, legga un'omelia scelta dal Vescovo o dal parroco» tEnchir. Val., voI.
2, p. 317, n.247, 2). Una tale disposizione restrittiva non è conforme allo spirito del nuovo Codice.
D'altra parte, essa è stata omessa nella Risposta data al Presidente della Conferenza Episcopale
Tedesca (20 nov. 1973), in cui è detto in modo assoluto: «Nei luoghi in cui mancano i sacerdoti
o i diaconi, i Vescovi scelgano dei laici che siano in grado di tenere l'omelia nella celebrazione
della Parola di Dio in modo che nelle domeniche e nelle feste di precetto, si dia ai fedeli l'oppor-
tunità di santificare il giorno dedicato al Signore» (n. I: X. Ocnox, Leges Ecclesiue, V, col. 6686).
Nella medesima Risposta, sono date ai Vescovi della Germania ulteriori facoltà, "pro
experirnento" (nn. 2-8).
3145 767, § 2 L'omelia - prescrive il canone, riportando la deliberazione conciliare
della Cost. Sacrosanctum Concilium, n. 52 - deve tenersi nei giorni di domenica e nelle
feste di precetto, in tutte le Messe che si celebrano con concorso di popolo, né può
essere tralasciata se non per grave causa (gravi de causa).
Sono comprese - precisa l'Istr. Inter oecumenici, n. 53 - anche le Messe conventuali e
pontificali e quelle in canto iEnchir. Val., voI. 2, p. 331, n. 263).
La prudicaz ione 21

767 , § 3 Il terz o paragrafo del ca none 767 racc omand a, con viva so lleci tudi ne 3146
pastorale, che l'omelia sia tenuta anche nelle Messe celebrate nei gio rni feriali , se è
presente un numero sufficiente di fedeli, soprattutto nel tempo di Avvento e di Quare-
sima . o in occasio ne di fes te o di eve nti luttuosi,
767, § 4 Il parroco ha la cura e la respons abilità de lla propria chiesa e . similmente, 3147
il rettore dell a chiesa non parrocch iale (ca nn. 556 e 562). Es si hanno il parti col are
dovere di prov vedere che le disp osizion i circa l'omelia siano oss er vate relig iosament e
(religiose) da tutti nella propria chiesa. Un uguale dovere è richiamato per i Vescovi,
nell ' ambito della intera diocesi (ca n. 386, § l).
L'o bbligo dell 'omelia è anche un dovere personale del Vescovo. Dice a tal riguardo il 3148
"Direttorio pastorale":
- Una particolare forma di predicazione per una comunità già evangelizzata è l' omelia. Il
Vescovo l'adopera durante la celebrazione dei sacri riti, con un lunguaggio piano, famil iare e adatto
alla capacità di tutti gli astanti, basandosi sul testo sacro per illustrare le meravigliose opere di Dio
e i misteri di Cristo e per formare i fedeli secondo le leggi della vita cristiana.
Poiché l' omelia si tiene dopo la lettura della Sacra Scrittura durante lo svolgimento della
liturgia, culmine e fonte di tutta la vita della Chiesa. essa eccelle sulle altre forme di predicazione
e in qualche modo le riassume. specialmente la catechesi. Il Vescovo raramente o ben difficilmente
potrà fare egli stesso la catechesi; ebbene l'omelia gli offre l' occasione di fare un'effi cace cateche-
si, sia pur breve e sintetica, attingendo le fondamentali verità cristiane dalla stessa liturgia del
giorno, a meno che motivi pastorali non consiglino diversamente.
Per toccare più facilmente gli animi ed invitarli alla verità, il Vescovo deve conoscere bene
la mentalità, le consuetudini, le situazioni, i pericoli, i pregiudizi delle persone e delle categorie alle
quali predica, e adattare continuamente la forma del suo insegnamento alla loro capac ità, alla loro
indole, alle loro necessità, sì che ciascuno possa attingere con gioia dalle fonti della salvezza (cfr.
ls. 12, 3) e dal tesoro della dottrina sacra (Enchir. Val., voI. 4, nn. 2032-2033) .

3 . Contenuto e metodo della predicazione 3149

1) Il contenuto
768 (1347, § / *) Il contenuto prim ario ed essen ziale della sac ra pred icazione sono
le verit à e le norm e cristiane, nec essarie per poter credere e operare rettamente, per la
glo ria di Dio e la salvezza delle anim e (§ l).
Ma la morale crist ia na suppo ne e co m prende anc he la morale natur ale, per cui il
§ 2 richi am a il dovere de gli annunziatori de lla Parol a di Dio d 'im partire inoltre la
dottrina proposta dal Mag istero dell a Chies a:
S ulla di gnità e sulla libert à della person a uman a
Sulla uni tà e stabilità dell a fam igli a, sulla sua funzione e i suoi com piti
Sugli obbligh i dell a vita soc iale
Sulla organ izzazione dell e cose temporal i, secondo l'ordine stabilito da Dio.
Più diffusamente il Decr. conco Christus Dominus, n. 12, 2-3:
- I Vescovi mostrin o inoltre che le stesse realtà terrene e le umane istituzioni, nei disegni
di Dio Creatore, sono ordinate alla salvezza degli uomini. e possono, per ciò, contribuire non poco
all'edificazione del Corpo di Cristo. Insegnino pertanto quale sia, secondo la dottrina della Chiesa,
il valore della persona umana, della sua libertà e della stessa vita fisica, - il valore della famiglia,
della sua unità e stabilità, della procreazione ed educazione della prole; - il valore della convi-
venza civile, con le sue leggi e con le varie professioni in essa esistenti, - il valore del lavoro e
del riposo delle arti e della tecnica, della povertà e della ricchezza. E da ultimo espongano come
debbano essere risolti i gravissimi problemi sollevati dal possesso dei beni materiali, dal loro
sviluppo e dalla loro giusta distribuzione, dalla pace e dalla guerra, e dalla fraterna convivenza di
tutti i popoli.
22 LIBRO III • Il "munus doce ndi" odi o Chic.sa

CAN. 769 - Doctrina christiana La dottrina cristiana sia proposta in


proponatur modo auditorum con- modo rispondente alla condizione degli
dicioniaccommodato atque ratìone ascoltatori e tenendo conto delle necessità
temporum necessitatibus aptata. dei tempi.
CAN. 770 - Parochi certis tempo- In determinati periodi , secondo le di-
ribus, iuxta Episcopi dioecesani sposizioni del Vescovo diocesano, i par-
praescripta, illas ordinent praedi- roci organizzino quelle predicazion i dette
cationes, quas exercitia spiritualia esercizi spirituali e sacre missioni, o altre
et sacras missiones vocant, vel a- forme adattate alle necessità.
lias formas necessitatibus aptatas.
CAN. 771 - § 1. SoIIiciti sint ani- § l. I pastori di anime, soprattutto i
marum pastores, praesertim Epi- Vescovi e i parroci, abbiano cura che la
scopi et parochi, ut Dei verbum parola di Dio sia annunziata anche a quei
iis quoque fidelibus nuntietur, fedeli che, per le loro condizioni di vita,
qui ob vitae suae condicionem non usufruiscano sufficientement e della
communi et ordinaria cura pa- comune e ordinaria cura pastoral e, o ne
storali non satis fruantur aut ea- siano del lutto privi.
dem penitus careant.
§ 2. Provideant quoque, ut E· § 2. Provvedano pure che il messaggio
vangelii nuntium perveniatad non evangelico giunga ai non credenti che sono
credentes in territorio degentes, nel territorio, poiché la cura delle anime
quippe quos, non secus ac fideles, deve comprendere anche loro, non diver-
animarum cura complecti debeat. samente che i fedeli.

3150 2) Il metodo
769 (/347, § 2*) Il canone , seguend o l'insegnamento del Concilio Vaticano Il
(Christus Dominus, n. 13, I), si limita a dettare una fondamental e norma pedagogica:
la dottrina cristiana dev'essere proposta in modo rispondente alla condizione e alla
capacità degli ascoltatori e, nello stesso tempo, dev'essere adattata alle necessità dei
tempi, «sì che risponda - aggiunge il Coneilio - alle difficolt à e ai problemi da cui
so no maggiormente assillati e angustiati gli uomini» (ibid.).
Il can. 1347, § 2, del Codice del 1917 aggiungeva un ammonimento quanto mai
opportuno. tratto da S. Paolo (I Cor. 2, 1-5):
- Gli annunziatori della Parola di Dio si astengano dal trattare argomenti difficili
(abstrusis), che superano la comune capacità degli ascoltatori ; esercitino il ministero
evangel ico non con gli allettanti discorsi della sapienza umana né con le lusinghe pro-
fane di una vuota e ambiziosa eloquenza, ma con un linguagg io fondato sullo Spirito e
sulla virtù divina; predichino non se stessi, ma Cristo crocifisso.

4. Norme ulteriori

3151 l) Esercizi spirituali e sacre missioni


770 (/349*) Rappresentano la predicazione straordinaria, ehe i parroci devono
organizzare per i propri fedeli in determ inati periodi (il Codice precedente precisava
"sa ltem deeimo quoque anno" ), secondo le disposizioni del Vescovo dioces ano. Si tratta
di esercizi spirituali, sacre missioni o altre forme di predicazione , adattale alle necessità
dei tempi , che sono precettive al pari della predicazione ordinaria, perché necessarie
La prcd ieazionc 23

CAN. 772 - § 1. Ad exercitium § l . Per quanto riguard a l'esercizio


praedicationis quod attinet, ab della prcdicazione, si osservino inoltre da
omnibus praeterea serventur nor- tutti le norme stabilite dal Vescovo dioce-
mae ab Episcopo dioecesano latae. sano.
§ 2. Ad sermonem de doctrina § 2. Per parlare sulla dottrina cristiana
christiana faciendum via radio- nelle trasmissioni radiofonichc o televisi-
phonica aut televisifica, serven- ve, si osservino le dispo sizioni date dalla
tur praescripta ab Episcoporum Conferenza Episcopale.
conferentia sta tuta.

anc h'esse all' istruzione e alla formazione cristiana dei fedeli, co m'è d imostrato dal-
l' esperienza,
Circa "la somma importanza. utilità c opportunità" degli esercizi spirituali, predicati pubbli-
camente al popolo e soprattutto gli esercizi "chiusi", conserva tutto il suo valore l' Enc. Mens IIOSfra
di Pio XI. del 20 dicembre 1929'.

2) Sollecitudine pastorale per tutti, anche per i non credenti 3152


771 (1350*) La preoccupazione co stante dell a C hiesa è che il messaggio cristiano
perven ga a tutti gli uomini:
- A i fedeli , c he freq uen tano le c hiese e i cen tri di attività reli g iosa
- A co loro c he, per la loro cond izione di vita, non so no in gra do d i usufru ire
sufficiente me nte dell a co mune cura pastorale o ne so no pri vi del tutt o (cfr. can. 568)
- A qu anti si fossero allontanati dall a pr atica reli giosa (can . 528, § l ), c anche ai
no n cre de nti, poi ch é la e ura pastorale co mprende anc he loro, non d iversame nte ch e i
fed el i.
Il callo 771 ricorda che di questa cura pastorale, co mprensiva di tutt e le catego rie
accennate , devono essere solleciti tutti i pastori d i anime , in particolare i Ve sco vi e i
parroci.
Un problema connesso è quello del turismo e degli emigranti: cfr. a tal riguardo il Direttorio
Peregr inus in ferra della Congregazione per il Clero, 30 aprile 1969 (Enchir . Vaf ., voI. 3. pp. 576-
()19) e quanto s'è già detto nel n. 2565 55. , a commento dci can, 56R.

3 ) La competenza normati va dei Vescovi diocesani e delle Conferenze 3153


Episcopali
772 Il Vescovo dioc esano è il modera/ore d i tutt o il mini stero dell a Parola, c he si
svolge nella Chiesa affidata alle sue c ure (can. 756, § 2). Spetta a lui e manare norm e
co nc re te sull'eserciz io della predi cazione , e tutti , compresi i reli gio si, so n tenuti ad
oss erva rle (§ l ).
Una particolare competenza è attribuita alle Con ferenze Ep iscop ali in ordine al-
l' esp osizione dell a dottrina cristiana nelle trasmissioni radiofoniche o televisive. Le loro
prescrizioni in tale m ateri a sono vinc olanti nei rispettivi territori per tutti , c hierici c laic i
(§ 2).

.' Tutte le Encicliche dei Sommi Pontefici, Dall'O glio Editore, Milano 1979, V ed.. voI. I, pp.
832·843.
24 LIBRO III -II "munus doccndi" della Ch i~Sà

CAPITOLO II
L'ISTRUZIONE CATECHETICA

CAN. 773 - Proprium et grave È dovere proprio e grave soprattutto dei


officium pastorum praesertim pastori di anime curare la catechesi del
animarum est catecbesim populi popolo cristiano , affinché la fede dei fede-
cbristiani curare, ut fidelium fio li, attraverso l'insegnamento della dottrina
des, per doctrinae institutionem e l'e sercizio della vita cristiana, diventi
et vitae cbristianae experientiam, una fede viva, esplicita e operosa.
viva fiat explicita atque operosa.

Connesso col can. 772. § 2. è il can. 831. § 2. che demand a alle medesime Con-
ferenze l' emanazione delle norme sui requisiti necessari, perché sia consentito ai chierici
e ai membri degl'Istituti religiosi partecipare a trasmissioni radiofoniche o televisive su
questioni riguardanti la dottrina cattolica o la morale.

3154 L'ISTRUZIONE CATECHETICA (cann. 773-780)


Schema
I. Introduzione 3. Norme ulteriori
2. Gli operatori della catechesi

3155 1. Introduzione
La seconda forma essenziale del ministero della Parola di Dio è l'istruzione cate-
chistica o catechesi.
In genere. la catechesi può definirsi: L'insegnamento della dottrina cristiana. fatto
per sé in modo organico e sistematico, allo scopo di educare i fedeli alla pienezza della
vita cristia na. È, in sostanza, la definizione data da Giovanni Paolo Il nella Esort. Ap.
Ca tec hesi tradendae, n. 18, 4. Risulta così la differenza della catechesi propriamente
detta dalla predicazione, che ha il compi to dì esporre alcuni aspetti del messagg io di
Cristo, con uno scopo prevalentemente parenetico, diretto a muovere la volontà e i
sentimenti degli ascoltatori, esortandoli a vivere cristianamente in conformità co n la
legge evangelica.
La catechesi «è la base della vita religiosa e la profonda esigenza del nostro tem-
po»'. È «un compito di vitale importanza per tutta la Chiesa- ". «Un compi to prioritario
delle attività e dei programmi pastorali»". Un'attività «indispensabile per la maturazione
della fede dei cristiani e per la loro testimonianza nel mondo - ".
3156 Il magistero ecclesiastico ha emanato vari documen ti circa la catechesi. Citiamo i
principali. che occorrerà tener presenti per l' approfondimento e l'interpretazione delle
norme contenute nel Codice.

I Paolo VI, in "Temi pastorali", a cura di L. Chiappetta, ed. Dehoniane, Napoli 1980. voI. I,

p. 49.
, IV Sinodo dei Vescovi, La catechesi nel nostro tempo, n. 12 tEnchir. Var.• vol. 6. p. 3 13.
n. 401.
-' Giovanni Paolo Il, Catechesi tradendae, n. 15 (Enchir. Vaf.• voI. 6. p. t 197. n. 1793.
4 Giovanni Paolo Il, ibid. n. 25. 3 (Enchir. Vaf. , vol. 6, p. 12 t 3. n. 1823).
L'Istru zione cncchctica 25

CAN. 774· § 1. Sollicitudo cate- § I. L' impegno per la catec hesi, sotto la
chesis, sub moderamine legiti- guida della legittima autorità ecclesiasti-
mae ecclesiasticae auctoritatis, ca, riguarda tutti i membri della Chie sa,
ad omnia Ecclesiae membra pro ciascuno per la sua parte.
sua cuiusque parte pertinet.
§ 2. Prae ceteris parentes obli- § 2. I genitori, prima di lutti gli altri,
gatione tenentur verbo et exem- hanno l' obbligo di educare i loro figli con
pio filios in fide et vitae christia- la parola e con l'esempio nella fede e nella
nae praxi efformandi; pari obli- pratica della vita cristiana; lo stesso obbli-
gatione adstringuntur, qui paren- go grava su coloro che ne fanno le veci e
tum locum tenent atque patrini. sui padrini.

Documenti della Sa nta Sede


- Il Direttorio Catechistico Generale della Co ngregazione per il Clero , II aprile 1971, «un
docume nto fondame ntale per stimolare e orientare il rinn ova mento cateche tico in tutta la C hiesa »
(Giovanni Paolo Il): Enchir. Val., vol. 4, pp. 224-399.
- L ' Esort . Ap . Evange li! nuntiandi di Paolo VI, 8 dicembre 1975, nn. 44-48 e 54: Enchi r.
Vat.. voI. 5, pp. 1056-1063, 1070-1071.
- La citata Eso rt. Ap. Catechesi tradendae di Giov ann i Paolo Il, 16 ottobre 1979 , la qu ale
raccoglie ed inte gra i risultati del IV Sin odo dei Ve scov i, celebrato in Roma nell'otto bre 1977 :
Enchir. Vm., vol. 6, pp. 1174-1291.

Documento del IV Sinodo dei Vescovi


- Messaggio al popo lo di Dio De catechesi hoc nostro tempo re tradenda, 28 otto bre 1977 :
Enchir. Vat., vol. 6, pp. 294 -32 1

Documenti d ella Conferenza Episcopale Italiana


- Documento pastorale 1/ rinno vamento della ca techesi, 2 fe bbraio 1970 : Enchir. CEI,
voI. I , pp. 737-834
- No ta pa storale Catechesi e cat echis mi in Italia, a pri le 1973 : Enchir CEI, voI. 2, pp .
92- 10 1

2. Gli operatori della catechesi 3157

I ) li grave dovere dei pastori d'an ime 3158


773 (1329 *) Come si dirà nel can. 774, § I , l'i mpegno per la catechesi riguarda
tutti i membri della Chiesa . Ma la responsabilità maggiore - ammonisce il can. 773,
riproducendo il can. 1329 del Codice anteriore - è dei pastori d' anime, che hanno in
forza del loro ufficio l'obbligo grave (gravissimo. diceva con maggior vigore il canone
del 19( 7) d'istruire ed educare il popolo cris tiano mediante un'adeguata catechesi.
Il fine della catechesi - aggiunge il canone con parole tratte dall'i nsegnamento
conciliare - è di rendere viva, esplicita e operosa la fede dei credenti in Cristo, attra-
verso l'insegnamento della dottrina e la pratica della vita cristiana (cfr. Decr. Christus
Dominus, n. 14, I ).

2) L 'impegno di tutti i membri della Chiesa e dei genitori in partico lare 3159
774 (1335*) Nella Chiesa di Cristo, tutti i fedeli che ne fanno parte in virtù de l
battesimo, devono sentire l' obbligo e la responsabilità di partecipare attiva mente alla sua
26 LIBRO III- Il "rnunus doccndi" della Chiesa

CAN. 775 - § l.Servatispraescrip- § J. Spetta al Vescovo diocesano, se-


tis ab Apostolica Sede latis, Epi- guendo le disposizioni emanate dalla Sede
scopi dioecesani est normas de re Apo stolica, dettare norme in materia cate-
catechetica edicere itemque pro- cheti ca, come pu re provvedere che siano
spicere ut apta catechesis instru- disponibili sussidi adatti per la catechesi,
menta praesto sint, catechismum preparando anche un catechismo , se ciò
etiam parando, si opportunum id sembri opportuno, c insieme favorendo e
videatur, necnon incepta cateche- coordinando le iniziati ve catechistiche.
tica fovere atque coordinare.
§ 2. Episcoporum conferentiae § 2. Spetta alla Conferenza Epi scopale,
est, si utile videatur, curare ut se lo ritenga utile , curare che siano pub-
catechismi pro suo territorio, blicati catechismi per il proprio territorio,
praevia Sedis Apostolicae appro- con la previa appro vazione della Sede Apo-
batione, edantur, stoli ca.
§ 3. Apud Episcoporum confe- § 3. Può essere istituito in seno alla
rentiam institui potest officium ca- Conferenz a Epis cop ale un ufficio catechi-
techeticum,cuius praecipuummu- stico , col precipuo compito di offrire la
nus sit singulis dioecesibus in re propr ia assistenza in materia ca tec hetica
catechetica auxilium praebere. alle singole dioce si.

missione. Di co nseguenza, l' impegno per la catechesi, come in genere per il ministero
della Parol a , de v'essere di tutti i cristiani, ciascuno per la su a parte , secondo le proprie
attitudini e capacità, le co ndizioni di età e di vita, i doni o carismi, le disponibilit à, e
sem pre sotto la legittim a gu ida dell'autorità eccles iastica.
Un obblig o primario grava per altro sui genitori, i quali , prima e più di tutti gli altri
(prae cetcris), hanno il dovere di educare i loro figli, con la parol a e con l'esempio , nell a
fede e nell a pratica dell a vita cristian a. Tale dovere vien e richiamato con insis tenza
anche in altri canoni : 226, § 2, 793; 1136 ; 1154, ecc. AI medesimo obbligo so n tenuti
coloro che fanno le veci dei genitori e i padrini di battes imo c di confermazio ne (cann.
872 e 892).
Sulla catechesi familiare, «che precede accompagna ed arricchisce ogni forma di catechesi»,
sul suo carattere "insostituibile" e sull'vinestimabile servizio" ch'essa rende alla Chiesa, ha insistito
con particolare forza Giovanni Paolo Il nella sua Esort. Ap. Catechesi tradendae, n. 68 tEnchir.
VlIl., vol. 6, pp. 1278-1281 , nn. 1920-1921 ).

3160 3) Il compito dei Vescovi diocesani e delle Conferenze Episcopali


775 (1336 *) Nella propri a Chiesa, i Vesco vi sono «i primi responsab ili della ca-
teche si, i ca techisti per ecc ellenza» (Catechesi tradendae, n. 63 , 2). Il loro co mpito è
duplice: norm ati va e promozionale.
Spetta in particolare ai Vescovi nell' ambito della propria competenza :
- Reg olamentare l'attività catechetica, attenendosi alle prescrizioni em an ate dalla
Sede Apo stolic a
- Favorire e coordinare le attività e le iniziative catechi stiche
- Provv ed ere che sian o disponibili strumenti adatti per la catechesi
- Prep arare anche un catechismo propri o, se ciò sembri opportuno ; per tale cate-
ch ismo di carattere diocesano , non occorre l' approvazione dell a Santa Sede: Communi-
cation es, a. 1983 , p. 97, can. 730, n. 1
L "istruzione cutcchcticu 27

CAN. 776 - Parochus, vi sui mu- In for za del suo ufficio , il parroco è
neris, catecheticam efformatio- tenuto a curare la formaz ione catechet ica
nem adultorum, iuvenum et pue- degli adulti, dei giovan i e dei fanciulli; a
rorum curare tenetur, quem in fi- tal fine, si valga della collaborazione dei
nem sociam sibi operam adhi- chierici addetti alla parro cchia, dei mem-
beat c1ericorum paroeciae addic- bri degl 'i stituti di vita consacrata e delle
torum, sodalium institutorum vi· società di vita apostolica, tenendo conto
tae consecratae necnon socìeta- del carattere di ciascun istituto , come pure
tum vitae apostolicae, habita ra- dei fedeli laici, soprattutto dei catechisti;
tione indolis uniuscuiusque insti- tutti questi, se non sono legittim amente
tuti, necnon christifidelium laico- impediti , non si rifiutino di prestare vo-
rum, praesertim catechistarum; lentieri la loro opera. Nell a catechesi fa-
hi omnes, nisi legitime impediti, miliare, promuova e sostenga il comp ito
operam suam libenter praestare dei genitori, di cui al can. 774, § 2.
ne renuant. Munus parentum, in
catechesi familiari, de quo in can,
774, § 2, promoveat et foveat,

- Dare la loro approvazione ai catechismi e ad ogni altro scritto destinato al-


l'istruzione catechetica e alle loro vers ioni (ca n. 827, § I)
- Ave r cu ra che siano osservate fedelmente le prescrizioni vigenti in materia di
cateche si (can. 386, § I)
A termini dcI Decreto Provido sane consilio della Congregazione del Concilio in data 12 3161
gennaio 1935, in tutte le parrocchie dev'e ssere costituito il Sodalizio della Dottrina Cristiana. e in
ogni singola diocesi - "si tieri potest" , era detto allora - l'Ufficio Catechistico Diocesano, col
co mpito di promuovere e guidare tutta l'organizzazione catechistica della diocesi, sotto la personale
direzione del Vescovo (nn. r e 111, I: X. OcHOA, Leges Ecclesiae. I, coli. 1600 e 1601). Con il
Direttorio Catechistico Generale della S. Congregazione per il Clero (a. 1971). l'Istituzione del-
l'Ufficio Catechistico Diocesano è divenuta obbligatoria:
- L'U fficio Catechistico, che fa parte della Curia Diocesana, è l'organo con cui il Vescovo.
capo della comunità e maestro della dottrina, dirige e presiede tutte le attività catechistiche della
diocesi. Nessuna diocesi può essere priva di un proprio Ufficio Catechistico (n. 126, 4-5: Enchir.
Val., voI. 4, p. 38 1).

Ci rca le Conferenze Episcopali, il canone si limita a una dupl ice norma direttiva, 3162
concernente:
- La pubbl icazione , "si utile videatur", di catec hismi per il proprio territorio, co n
previa approvazione da parte della Santa Sede;
- L' opportunità della istituzione di un Ufficio Catechistico Cent rale, col compito
precipuo di offri re la propria assisten za in materia catechetica alle singole diocesi
I catechismi pubblicati dalle Conferenze Episcop ali non sono obbligatori , poiché
ogni Vescovo ha la facoltà di redigere catechismi propri (§ I) .
I catechismi compilati dalle Conferenze Episcopali devono essere approvati dalla Sede Apo-
stolica : cfr. a tal riguardo la Risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede in data 7 luglio
1983 (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, VI, n. 4991, coli. 8656-8660).

, Attesa l' approvazione della Santa Sede, tali catechismi non hanno bisogno di alc una appro-
vazione da parte degli Ordinari del luogo (can. 827, § I).
28 LIBRO 111 - Il "m unus doccndi" della Ch iesa

CAN. 777 • Peculiari modo pa- In modo particolare, il parroco, attenen-


rochus, attentis normis ab Epi- dosi alle nonn e stabilite dal Vesco vo dio-
scopo dioecesano statutis, curet: cesano, abbia cura:
l ° ut apta catechesis impertia- l ° che s' impartisca una idonea cateche-
tur pro sacramentorum celebra- si per la celebrazione dei sacramenti;
tione;
2° ut pueri, ope catecheticae 2° che i fanciulli siano debitamente pre-
institutionis per congruum temo parati, mediante l' istru zione catechetica
pus impertitae, rite praeparentur impartita per un congruo periodo di tem-
ad primam receptionem sacra- po, a ricevere per la prima volta i sacra-
mentorum paenitentiae et san- menti della penitenza e della santissima
ctissimae Eucharistiae necnon Eucar istia, e inolt re il sacra mento della
ad sacramentum confirmationis; conferma zione;
3° ut iidem, prima communione 3° che ai medesimi, dopo l' ammissione
recepta, uberius ac profundius ca- alla prima comunione, non si manchi di
techetica etTormationeexcolantur; dare una più abbondante e approfondita
4° ut catechetica institutio iis formazi one catechetica;
etiam tradatur, quantum eorum 4° che l'istruzione catec hetica sia forni-
condicio sinat, qui corpore vel ta anche ai minorati fisici o psichici , per
mente sint praepediti; quanto lo pennella la loro co ndizione;
5° ut iuvenum et adultorum fio 5° che la fede dei gio vani e degli adulti,
des, variis formis et inceptis, mu- con varie forme e iniziati ve, sia difesa,
niatur,iIIumineturatque evolvatur. illum inata e portata al suo sviluppo.

3163 4 ) La catechesi parrocchiale: compiti del parroco


776-777 (1330,1333-1334 *) In confor mità col can. 528, § I, il ca n. 776 ric hiama
anzitutto il dovere del parroco - vi sui m ùneris - di curare la formaz ione catechetica
deg li adulti, dei giovani e dei fanciull i, ossia di tutti i fedeli della sua parrocchi a, perché
tutt i hanno bisogno di approfo ndire la conoscenza della fede cristiana ai fini de lla
propria crescita e maturità spirituale.
In questo suo ministero oltrem odo impegnativo, egli ha bisogno di aiuto e di
collaborazione, in particolare:
- Dei chierici addetti alla parrocc hia
- Dei membri degl'Istituti di vita consacrata e delle Socie tà di vita aposto lica, nei
riguardi dei quali bisognerà tuttavia tener conto della natura di ciasc un Istituto
- Di laici prep arati, in grado di assolvere l'ufficio di catechisti
A tutt i costoro viene rivolta una viva eso rtazione, perché non neghin o (ne rènu ant)
la loro opera, ma la prestino anzi volentieri (libenter).
La catechesi parrocchi ale ha particolar e bisogno di essere sostenuta e affianca ta
dalla catechesi familiare, di cui sono responsabili i genitori (can. 774 , § 2). È dovere
e interesse del parroco inco raggiar la e promuoverla adeguatament e.
3164 La catec hesi parrocchiale deve raggiungere tutti e soddisfare tutte le es igenze. Con
grande senso di realism o pastorale, il can. 777 considera alcuni speciali tipi di cateche-
si, che il parroco deve organiz zare e curare con particolare impegno, attenendosi alle
norme stabilite da l Vescovo diocesano:
- La catech esi sacramenta/e, impartita in occasione della recezione dei sacra-
menti (cfr. anche can. 843, § 2). V. inoltre l'importante documento pastoral e Evange -
lizzazione e Sacramenti dell 'Episcopato italiano, 12 luglio 1973 tEnchir. CE1, voI. 2, pp.
168- (98). Relativamente alla catec hesi matrimoniale, cfr. can. 1063.
L' istruzione catec hetica 29

CAN. 778 - Curent Superiores I Superiori degl'istituti religiosi e delle


religiosi et societatum vitae apo- società di vita apostolica curino che nelle
stolicae ut in suis ecclesiis, scho- proprie chiese, scuole e altre opere in
lìs aliisve operibus sibi quoquo qualsiasi modo loro affidate , sia impartita
modo concreditis, catechetica in- diligentemente l'istruzione catechetica.
stitutio sedulo impertiatur.
CAN. 779 - Institutio catechetica L'istruzione catechetica sia data con
tradatur omnibus adhibitis auxì- l'uso di tutti i mezzi, sussidi didattici e
liis,subsidiis didacticis etcommu- strumenti di comunicazione sociale , che
nicationis socialis instrumentis, sembrino più efficaci , affinché i fedeli, in
quae efficaciora videantur ut fide- maniera adatta alla loro indole, alla loro
Ies,ratione eorum indoli, facultati- capacità ed età, come pure alle condizioni
bus et aetati necnon vitae condi- di vita, siano in grado di apprendere più
cionibus aptata, plenius catholi- compiutamente la dottrina cattolica c di
cam doctrinam ediscere eamque tradurla più efficacemente in pratica.
aptiusin praxim deducere valeant.

- La catechesi dei fanciulli in ordine alla prima recezione dei sacramenti della
penitenza e della SS. Eucaristia e del sacr amento della confermazione. Cfr. a tal riguar-
do l'All egato "De primo accessu ad sacr ament a paenitentiae et Eu charisti ae" , posto in
appendice al "Direttorio Catechistico Generale" della Congregazione per il Cle ro, Il
aprile 1971 (Enchir. Vat., voI. 4 , pp. 390 -397 ); - la Dichiarazione congiunta dell a S.c.
per la disciplin a dei Sacramenti e della S.c. per il Clero, in data 24 maggio 1973, e la
Risposta congi unta della S.c. per i Sacrament i e il Culto Divino e della S.c. per il C lero ,
in data 20 maggio 1977 tEnchir. Var., val. 4, pp. 398-39 9).
- La catechesi dei minorati fisici o psichci, per quanto lo permettano le loro
co nd izio ni. Cfr. Direttorio Catechistico Generale, n. 91 ; Eso rt. Ap . Catechesi
t radenda e, n. 4 I .
- La catechesi dei giovani e degli adulti, con forme e iniziative varie, in modo
che la loro fede sia rafforzata , illuminata e portata a maturità.
Per la catechesi differenziata in ordine all'età , cfr. il Direttorio Catechistico Ge-
nerale della S.c. per il Clero , parte V, nn. 77-97 , e l'Esorto Ap. Catechesi tradendae,
nn. 35-45 .

5) Il dovere dei Superiori d'Istituti religiosi e di Società di vita apostolica 3165


778 (/334 *) Anche i detti Superiori sono impegnati nella promozione dell'attività
catechistica. Il canone fa loro obbli go di aver cura perché nelle loro chiese, scuole c altre
opere, da es si rette, sia impartita dilig entemente l'istruzione religiosa.
Nella catechesi, com e in tutte le opere di apostolato, essi dipend ono dal Vesco vo
dioc esano (cann. 678, § I : 738. § 2), il quale può anche prescrivere che nelle loro chie se ed
ora tori ape rti abitualmente ai fedeli , s' impartisca una regolare istruzione catec histica (M.P.
Ecclesiae Sanctae di Paolo VI, 6 agosto [966. [, 37: Enclrir. Vat. , vol. 2, p. 735, n. H28).

3. Norme ulteriori
1) L'uso di suss idi didattici e degli strumenti di comunicazione soc iale 3166
779 La cate chesi è una vera scuola d' istruzione religiosa, che va impartit a secondo
i principi e i criteri di una sana didattica e pedago gia, rispondenti alle esig enze moderne.
30 LIBRO III ~ Il "muuus docendi" della Chiesa

CAN. 780 - Curent locorum Or- Gli Ordinari dei luoghi curino che i
dinarii ut catechistae ad munus catechisti siano debitamente preparati a
suum rite explendum debite svolgere in modo conveniente il loro
praeparentur, ut nempe continua compito, che cioè dispongano di una for-
formatio ipsis praebeatur, iidem- mazione permanente, abbiano una cono-
que Ecclesiae doctrinam apte co- scenza adeguata della dottrina della Chie-
gnoscant atque normas discipli- sa e apprendano teoricamente e pratica-
nis paedagogicis proprias theore- mente i principi propri delle discipline
tice ac practice addiscant. pedagogiche.

Pedagogicamente, la catechesi deve tener conto dell'età dell'indole e delle capacità


dei singoli soggetti che ne sono i destinatari, come anche della loro condizione di vita.
Didatticamente, occorre far uso di sussidi adeguati, ricorrendo ai più efficaci stru-
menti di comunicazione sociale. Cfr. il Direttorio Catechistico Generale, nn. 120- 124,
e l'Esort, Ap. Catechesi tradendae, n. 46.
Lo scopo è dottrinale e pratico: apprendere compiutamente la dottrina cattolica e,
soprattutto, farne una valida norma di condotta e di vita.

3167 2) La preparazione dei catechisti


780 I catechisti sono i maestri dell'istruzione religiosa e, come tali, devono essere
debitamente preparati per poter adempiere in modo idoneo un compito così delicato ed
impegnativo. Occorre loro, anzitutto, possedere un'adeguata conoscenza della dottrina
della Chiesa ed essere forniti, nello stesso tempo, delle capacità necessarie. Teoricamen-
te e praticamente devono apprendere i principi propri delle discipline pedagogiche.
Non s'improvvisa un catechista, come non s'improvvisa un maestro. L'efficacia
della catechesi dipende in gran parte dalle persone a cui viene affidata e dalla forma-
zione ch'essi hanno ricevuto: una formazione che dev'essere permanente, con un op-
portuno continuo aggiornamento dottrinale e pedagogico.
La necessità di una debita preparazione dei catechisti laici risulta anche dai cann. 229,
§ l, e 23I, § l. Di tale preparazione devono aver cura sia i parroci sia soprattutto gli
Ordinari dei luoghi. Il can. 256, § l, prescrive che sia impartita un'appropriata formazione
catechetica cd omiletica agli allievi del seminario, durante il corso dei loro studi.
Alla formazione dei catechisti è dedicato un intero capitolo della IV parte del Direttorio
Catechistico Generale della S. Congregazione per il Clero (nn. 108-115). Per l'importanza del loro
ruolo, v. n. 71. Un ottimo sussidio pastorale è costituito dal Documento La formazione dei cate-
chisti nella comunità cristiana, compilato dalla CE!, Commissione Episcopale per la dottrina della
fede, la catechesi e la cultura, 25 marzo 1982: Enchir. CEI, val. 3, pp. 480-523.
Per i catechisti in terra di missione, cfr. can. 785.

3168 L'AZIONE MISSIONARIA DELLA CHIESA (cann.781-792)


Schema
I. Principi e normc di competenza 3. Norme ulteriori
2. L'azione missionaria

3169 L'azione missionaria della Chiesa è stata oggetto di un particolare Decreto del
Concilio Vaticano Il: l'Ad Gentes del 7 dicembre 1965. Seguirono il 6 agosto 1966 le
norme applicative di Paolo VI, contenute nella III parte del M.P. Ecclesiae Sanctae
(Enchir. Val., voI. 2, pp. 758-769).
L' azione miss ionaria 31

Titolo II
L 'azione missionaria della Chiesa
CAN. 781 - Cum tota Ecclesia na- Considera ndo che tutta la Chiesa è per
tura sua sit missionaria et opus sua natura missionar ia, e che l' opera di
evangelizationis habcndum sit evangelizzazione è da ritenersi un dovere
fundamental e ofticium populi Dei, fondamentale del popolo di Dio , tutti i fe-
christifidelcs omnes, propriae re- deli, consa pevoli della loro responsabilità,
sponsabilitati s con scii, partcm assum ano la prop ria parte nell'attivi tà
suam in opere missionali assumant. missionaria.

La normati va dcI Codice , ispirata ai detti doc umenti , fa parte del 1JI libro De
Ecc/esiae munere docendi, perché, nell' azione missionaria, l' annunzio del Vangelo è
l' aspetto fond ament ale, anche se, nello stesso tempo, siano co mpre se in essa la funzione
di governo e, più ancor a, quella sa ntificatrice.
Circa l'azione missionaria della Chiesa, la CE I, Com missi one Episcopal e per la cooperazione
fra le Chi ese, ha emanato in data 21 aprile 1982. il Documento pastorale : L 'impegno missionario
della Chiesa italiana: Enchlr. CE/. val. 3, pp. 538-605. Cfr. in particolare l' Enciclica Redemptoris
missio di Giovanni Paolo Il s ulla peren ne validità del mandato missionario. 7 dicem bre 1990
iEnchir. l'a t.. vol. 12, pp . 448-623).

l. Principi e norme di competenza

I) Un dovere f ondamentale del Popolo di Dio e di ciascun cristiano 3170


781 Il ca none afferma tre princi pi stre ttamente legati fra di loro:
I ° Il carattere missionario dcIIa Chiesa " natura sua"
2° Il dovere fondamen tale del Popolo di Dio circa l' eva ngelizzazione
3° La responsabilità e l' impegno personale dei singoli fede li per tale opera (diritto
e dovere: cfr, can. 21I)
La Chiesa inte ra è per sua natura missionaria, perché il suo "m unus" costitutivo .
«traente origine dalla missione dci Figlio e dello Spirito Santo , seco ndo il disegno di Dio
Padre» (Ad Gentes. n, 2. I), è di diffonde re il messaggio di Cri sto.
L'opera di evange lizzazione è pertanto il dove re fo nda mentale del Popol o di Dio,
e su tutti e singol i i fedeli - ciascu no per la sua parte - grava la respon sabilità e
l'impegno di «lavorare attivame nte, perché il messaggio div ino di salvezza si diffo nda
sempre più fra tutti gli uom ini di tutti i tempi c de l mondo intero » (can. 211; c fr. anche
can, 225 , § I ).

2) Il compito del Romano Pontefice e del Collegio dei Vescovi 3171


782, § l (1350, § 2 *) Il Rom ano Ponte fice e il Coll egio dei Vescovi rapp resentano
la suprema autorità nella Ch iesa . Ad essi spella perta nto la suprema direzione dell'at-
tività missionaria e il coordinamento di tutte le opere cd iniziative in favore delle
Missio ni.
L ' orga no cent rale di cui si serve il Romano Pontefice. è la Co ngregazione per l'E vangeliz-
zazione de i Popoli o per la Propa gazione della Fede (cfr. Cost. Ap. Regintini Ecclesiae di Paolo
VI, 15 ago sto 1967. nn. 8 1·9 1l. «È suo compito suscitare e distribuire, secondo i bisogn i più urge nti
32 LIBRO 111-Il "m unus docendi" delta Chic..l;a

CAN. 782 - § l. Suprema directio § I. La suprema di rez ione e il coordi na-


et coordinatio inceptorum et adio- me nto delle inizia tive e delle attività co n-
num quae ad opus missionale at- cerne nti l'oper a miss ionaria e la coopera-
que ad cooperationem missiona- zione per le mi ssion i, co mpete al Rom ano
riam pertinent, competit Romano Pontefice e al Collegio dei Vescovi.
Pontifici et Collegio Episcoporum.
§ 2. Singuli Episcopi, utpote Ec- § 2. I singoli Vesco vi, in qu ant o res po n-
clesiae universae atque omnium sab ili della Chi esa universale e d i tutte le
Ecclesiarum sponsores, operi s mis- Chie se, abbiano un a speciale soll ecitudine
sionalis peculiarem sollecitudinem per l' opera mi ssio naria, soprattutto promo-
habeant, praesertimincepta missio- ve ndo. fav orendo e sos te nendo le iniziati-
nalia in propria Ecclesia particulari ve missionarie nell a propria Chiesa parti-
suscitando, fovendo ac sustinendo. colare.

delle regioni i missionari, elaborare inoltre un piano organico di azione, emanare nonn e direttive
e principi adeguati in ordine alla evangelizzazion e ; stimolare, infine, promuovere e coordi nare
efficacemente la raccolta di sussidi, che vanno poi distribuiti oppo rtunamente , tenendo conto delle
esigenze e delle necessità» (Ad Gentes, n. 29, 2) .

3172 3) Il compito dei singoli Vescovi nelle proprie diocesi


782, § 2 «Tutti i Vescovi - afferma il Decr. eone. Ad Gentes - in quanto membri
del Corpo Episcopale che succede al Collegio Apostolico, sono stati consacrati non solo
per le proprie diocesi, ma per la salvezza di tutto il mondo» (n. 38, I). Sono pertanto
responsabili della propria Chiesa e insieme di tutte le Chiese e della Chiesa universale.
Il loro impegno apostolico dev' essere contraddistinto da una speciale sollecitudine per
l'opera missionaria. È soprattutto loro compito promuovere, favorire e sostenere le
iniziative missionarie nella propria Chiesa.
È anche compito di ciascun Vescovo, è detto nel citato Decreto :
- Suscitare nel suo popolo, specialmente in mezzo ai malati e ai soffere nti, delle anime che ,
con cuore generoso, sappiano offrire a Dio le loro preghiere e penitenze per l'evangelizzazione del
mondo.
- Incoraggiare volentieri le vocazioni dei giovani e dei chierici per gl'Istituti missionar i.
- Spronare e soste nere le Congreg azioni diocesane, perché si assumano la loro parte nelle
missioni.
- Promuovere le opere degl'Istituti missionari in seno ai propri fedeli, specialmente le
Pontificie Opere Missionarie .
- Inviare, in cons iderazione della gravissima scarsezza dei ministri sacri. che impedisce
l'evangelizzazione di molte regioni, alcuni dei propri sacerdoti, disposti ad assumere questo inca-
rico e debita mente preparati, in diocesi mancanti di clero, per esercitare in esse, almeno per un certo
periodo di tempo, il ministero missionario, con spirito di servizio (n. 38, 2).
3173 A parte il can. 792, il Codice non fa cenno dei compiti delle Conferenze Episcopali
in questa materia'. Ne tratta invece espressamente il medesimo Decreto conciliare:

I Il motivo? «Attenta pluries reiterata animadversione circa nimiam potestatem Episcoporum

Conferentiarum cum detrimento iuris nativi Episcoporum diocesanoru m. non iudicatur opportunum
competentiam generalem Episcopo rum Confercntiis hac in re Codice tribuere. Hoc tamen non
impedit quod Conferentia actionem coordi net, quin tamen decreta generalia virn legis habentia
ferat» (Communicationes, a. 1983, p. 99, can. 737, n. l ).
L' azione missionaria 33

CAN. 783 • Sodales institutorum I membri degl' istituti di vita consacrata,


vitae consecratae, cum vi ipsius poiché si dedicano al servizio della Chie-
consecrationis sese servitio Ec- sa in forza della loro stessa consacrazione.
clesiae dedicent, obligatione te- hanno l'obbligo di dare il loro speciale
nentur ad operam, ratione suo contributo ali' azione missionaria, nella
instituto propria, speciali modo maniera rispondente al loro istituto.
in actione missionali navandam.
CAN. 784 - Missionarii, qui selli- Come missionari, vale a dire come in-
ceta competenti auctoritate eccle- viati dalla competente autorità ecclesiasti-
siasticaad opus missionale explen- ca a svolgere l' opera missionaria diretta,
dum mittuntur, eligi possunt au- possono essere designate persone autocto-
tochthoni vel non, sive c1ericisae- ne o no, chierici secolari e membri d'isti-
culares , sive institutorum vitae tuti di vita consacrata o di società di vita
consecratae vel societatis vitae apostolica, o anche altri fedeli laici.
apostolicae sodales, sive alii chri-
stifideles laici.

- Perché l'attività missionaria dei Vescovi si eserci ti più efficaceme nte a vantaggio di tutta
la Chiesa, è bene che le Conferen ze Episcopali regoli no tutte le questi oni che si riferiscono alla
ordinata cooperazione nella propria regione . In sede di Conferenza, i Vescovi devono trattare:
Dei sac erdoti del clero dioce sano da destinare alla evangelizzazione delle genti:
Dci determinato co ntributo finanziario che ciascuna dioces i, in proporzione al proprio reddito ,
deve versare annualmente per l'opera missionaria;
Della direzione e de ll'organizzazione dei modi e dei mezzi, ord inati al soccorso diretto delle
Missioni:
Dell'aiuto da offrire agl ' Istit uti missionari ed ai Seminari di clero diocesano per le Missioni
e, se è necessa rio, della loro fondazione ;
Della maniera di favorire rapporti sempre più stret ti tra questi Istituti e le diocesi (n. 38, 4-5).

Il M.P. Ecclesiae Sanctae fa obbligo d 'i stit uire in seno alle Conferenze Episco-
pali una part icolare Commissione, «co l co mpi to d i in creme ntare l' attività e la co-
scienza missio naria e una coe rente dis po nibilit à alla cooper azione tra le diocesi: di
mantenere rapporti con le altre Conferenze Ep isco pali e di escogitare il modo di
procurare di ligentemente l'eq uità nell'aiuto alle missioni» (III, 9; Enchir. Val . , val.
2, n. 894).
I compiti de lla delta Commissione per le Missioni so no maggio rmente precisati nella Istr. Quo
aptius della S. Co ngregaz ione per l'Evangelizzazio ne dei Popoli, 24 febbraio 1969, n. 6 (Enchir.
Var., vo I. 3, p. 467 , n. 807).

4) La spec iale pa rtecipaz ione degl 'Istituti di vita consacrata 3174


783 In conformità co l can. 573, in cui si affer ma che tali Istituti «sono consacrati
con un nuovo speciale titolo alla edificazione della Chiesa e alla salvezza del mondo»,
il can. 783 afferm a che , in forza della loro stes sa consacra zione , i membri dei detti
Istituti e, similmente, delle Società di vita apostolica, special mente que lle fondate con
specifiche finalità missionarie, hanno l'obbligo di dare il loro effic ace contri huto al-
l'a zione missio naria, nella maniera rispondente al loro Istituto.
La norm a con sacr a una situazi one di fatto. In realtà, da secoli l' opera mi s-
sionaria della Chiesa vie ne svo lta prevalentemente da Istituti re ligiosi o da Co mu -
nità affini .
34 LIBRO III . Il "munus docendi" della Chiesa

CAN. 785 - § l. In opere mìssìo- § I. Nell'attuazione dell'opera missio-


nali peragendo assumantur cate- naria, si assumano dei catechisti, ossia
chistae, christifideles nempe laici laici debitamente preparati e di esemplare
debite instructi et vita christiana vita cristiana, i quali, sotto la guida del
praestantes, qui, sub moderami- missionario, si dedichino alla spiegazione
ne missionarii, doctrinae evange- della dottrina evangelica e all' organizza-
Iicae proponendae et Iiturgicis zione della vita liturgica e delle opere di
exercitiis caritatisque operibus carità.
ordinandis sese impendant.
§ 2. Catechistae efformentur § 2. I catechisti siano formati in scuole
in scholis ad hoc destinatis vel, a ciò destinate, oppure, dove queste man-
ubi desint, sub moderamine mis- chino, sotto la direzione dei missionari.
sionariorum.
CAN. 786 - Actio proprie mis- L'azione missionaria propriamente det-
sionalis, qua Ecclesia impianta- ta, mediante la quale la Chiesa viene "im-
tur in populis vel coetibus ubi piantata" tra popoli o gruppi, nei quali
nondum radicata est, ab Ecclesia non ha messo ancora radici, è svolta dalla
absolvitur praesertim mittendo Chiesa soprattutto con l'invio di araldi del
Evangelii praecones donec novel- Vangelo, finché le nuove Chiese non sia-
lae Ecclesiae piene constituan- no pienamente costituite, ossia dotate di
tur, cum scilicet instructae sint forze proprie e di mezzi sufficienti, per
propriis viribus et sufficientibus cui siano rese capaci di compiere da sé
mediis, qui bus opus evangelìzan- l'opera di evangelizzazione.
di per se ipsae peragere valeant.

3175 Si ha, in tal modo, la partecipazione effettiva di tutte le componenti essen-


ziali del Popolo di Dio nell' azione missionaria diretta. «Tutti i missionari per
altro - sacerdoti, religiosi, suore c laici - devono essere debitamente preparati
e formati, ciascuno secondo la propria condizione, perché siano all'altezza del
compito che dovranno assolvere: una preparazione dottrinale e insieme apostolica»
(Ad Gentes, n. 26, 2).
Per i missionari laici, l' Ecclesiae Sanctae di Paolo VI dispone in particolare:
- Si esiga la sincera intenzione di servire le Missioni, la debita maturità, una preparazione
adeguata, la specializzazione professionale e un conveniente periodo di permanenza in missione.
- Siano coordinate efficacemente fra loro le organizzazioni dei laici nelle Missioni.
- Il Vescovo del luogo di Missione s'interessi con sollecitudine di questi laici.
- Si garantisca la sicurezza sociale di questi laici (III, 24).
Poiché i detti laici in genere lavorano nelle terre di Missione a tempo pieno, occorre tener
presente, per il loro giusto compenso e per l'assistenza sociale, il can. 231, § 2.

3176 5) Missionari e catechisti


784-785 L'opera evangelizzatrice diretta è svolta dai missionari, che ne hanno
ricevuto il mandato dalla competente autorità ecclesiastica.
Nella loro opera, i missionari sono coadiuvati dai catechisti, i quali hanno la par-
ticolare funzione, sotto la guida dei missionari:
Di proporre la dottrina evangelica
- Di organizzare la vita liturgica e le opere di carità
L ' azio ne missionaria 35

CAN. 787 • § 1. Missionarii, vi· § l. I missionari, con la testimonianza


tae ac verbi testimonio, dialogum della vita e della parola, istituiscano un
sincerum cum non credentibus in dialogo sincero con i non credenti in Cri-
Christum instituant, ut ipsis, ra- sto, affinché, operand o in modo rispon-
tione eorundem ingenio et cuItu- dente alla loro mentalità e alla loro cultu-
rae aptata, aperiantur viae qui- ra, si aprano per essi le strade attraverso le
bus ad evangelicum nuntium co- quali siano messi in grado di conoscere il
gnoscendum adduci valeant, messaggio evangelico.
§ 2. Curent ut quos ad evange- § 2. Abbiano cura d' istruire nelle verità
licum nuntium recipiendum ae- della fede coloro che giudicano preparati
stiment paratos, veritates fidei ad accogliere l' annunzio evangelico, in
edoceant, ita quidem ut ipsi ad modo tale per altro che, se lo richiedano
baptismum recipiendum, libere liberam ente, possano essere ammess i a
id petentes, admitti possint. ricevere il battesimo.

I ca tec histi devono essere laici di ese mplare vita cristia na. Devono inoltre essere
convenie ntemente prep arati al loro comp ito, possibilm ente in scuole a ciò destinate.
Dove que ste manchin o , vi provvederanno gli stessi missionari. «II loro co ntrib uto è
insostituibile per la prop agazi one dell a fede e della Chiesa» (Ad Gentes, n. 17, I).

2. L'azione missionaria 3177

I) Concetto e final ità


786 L' opera missionaria propriamente detta è la missio ad extra, attuata in paesi
non cr istiani , d istinta dalla missio ad intra, che si svolge tra i popoli cristiani (cfr. Ad
Gentes, n. 6, 5). Il suo scopo è «di annunziare il Vangelo e di dar vita (imp lanta ndi) alla
Chiesa in mezzo a popoli e a gruppi che ancora non credo no in Cr isto... e nei quali la
Chiesa non ha messo ancora radici» (Ad Gentes, n. 6, 3). Tale opera è svo lta soprattutto
dai mission ari, "araldi del Vangelo", finch é le nuove C hiese non siano pien ament e
costituite, oss ia dota te di forze propri e e di mezzi suffici enti. in modo che siano in grado
di proseguire e co mpletare da sé l'opera di eva ngeliz zazione.
L' az ion e mission aria co nserva tuttora - oggi co me sempre - la sua validi tà, la
sua nece ssità, la sua urgenz a (cfr. Ad Gentes, n. 7, l ). Essa «non è altr o che la
manifestazione - l'epifania - e la reali zzazion e del dis egno divino nel mond o e
nella sua sto ria : co n essa Dio, attraverso la mission e, attu a chiara me nte la storia dell a
salvezza». Nello stesso tempo , «tende alla pienezza e scatologica... Grazie all 'attivi tà
missionaria, il Co rpo mistico cresce fino alla misu ra dell ' età dell a pienezz a d i Cristo»
(Ad Gentes, n. 9. 2).

2) L 'opera dei missionari 3178


787 Il canone tracci a le norm e esse nziali di una retta metodologia missionaria.
Perché i non cre de nti in Cris to sia no oppor tuname nte evangeli zzati, è necessario che i
missionari :
- Diffond ano il messaggio cristiano non solo co n la parola, ma sop rattutto con la
testimonian za della vita
- Istituiscano co n i non credenti un aperto e sincero dialogo
- Op erino in mod o rispon dente alla loro indol e, men talità e cultura, e, nello ste sso
tempo. in pieno rispetto della dignit à delle pers one
36 LIBRO III -II "munus doccndl" della Chiesa

CAN. 788 - § 1. Qui voluntatem § l. Coloro che abbiano espresso la


amplectendi fidem in Christum volontà di abbracciare la fede in Cristo,
manifestaverint, expleto tempore compiuto il tempo del precatecumenato,
praecatechumenatus, Iiturgicis siano ammessi con delle cerimonie litur-
caerimoniis admittantur ad cate- giche al catecumenato, e i loro nomi siano
chumenatum, atque eorum nomi- scritti nell'apposito registro.
na scribantur in libro ad hoc de-
stinato.
§ 2.Catechumeni, per vitae ehri- § 2. I catecumeni, mediante la dovuta
stianae institutionem et tiroci- istruzione e il tirocinio della vita cristiana,
nium,apte initientur mysterio siano opportunamente iniziati al mistero
salutis atque introducantur in della salvezza e vengano introdotti nella
vitam fidei, liturgiae et caritatis vita di fede, di liturgia e di carità del po-
populi Dei atque apostolatus. polo di Dio e di apostolato.
§ 3. Conferentiae Episcopo- § 3. Spetta alla Conferenza Episcopale
rum est statuta edere quibus ca- emanare statuti per l'ordinamento del ca-
techumenatus ordinetur, deter- tecumenato, determinando gli obblighi dei
minando quaenam a catechume- catecumeni e le prerogative che sono loro
nis sint praestanda, atque defi- riconosciute.
niendo quaenam eis agnoscantur
praerogatìvae,

Quelli che risultano disposti e preparati ad accogliere l'annunzio evangelico, devo-


no essere istruiti con cura nelle verità della fede, sì da poter essere ammessi a ricevere
il battesimo, se lo richiedano liberamente.

3179 3) Precatecumenato e catecumenato


788 È prescritto dal canone un congruo periodo di precatecumenato e di catecume-
nato. AI catecumenato sono ammessi, con le relative cerimonie liturgiche, coloro che,
compiuto debitamente il precatecumenato, abbiano espresso liberamente la volontà di
abbracciare la fede cristiana. I loro nomi vanno segnati nell'apposito registro (§ I).
Il catecumenato è un periodo d'istruzione e di tirocinio della vita cristiana. I cate-
cumeni sono iniziati gradualmente al mistero della salvezza e vengono introdotti nella
vita di fede, di liturgia e di carità del Popolo di Dio e di apostolato (§ 2). È l'insegna-
mento espresso del Concilio, a cui s'è fatto già cenno (n. 1334):
- Il catecumenato non è una semplice esposizione di verità dogmatiche e di nor-
me morali, ma una formazione alla vita cristiana integrale, un tirocinio debitamente
protratto nel tempo, mediante il quale i discepoli si uniscono a Cristo, loro Maestro.
Perciò i catecumeni devono essere convenientemente iniziati al mistero della salvezza
e alla pratica dei costumi evangelici , e mediante i riti sacri, da celebrare in tempi
successivi, devono essere introdotti nella vita di fede, di liturgia e di carità del Popolo
di Dio» (Ad Gentes, n. 14, I) .
L'ordinamento del catecumenato, con la determinazione degli obblighi dei catecu-
meni e delle prerogative che ad essi spettano, è di competenza delle Conferenze Episco-
pali (§ 3).
Relativamente al catecumenato, occorre tener presenti i cann. 851, n. l. e 865. e il "Rito
d'iniziazione cristiana degli adulti". che tratta anche del precatecumenato
Per lo stato giuridico dei catecumeni, cfr. il commento al can. 206.
L ·a1. KU~ missionaria 37

CAN. 789 - Neophyti, apta in- I neofiti siano guidati, mediante


stitutione ad veritatem evangeli- un'appropriata formazione, a una cono-
cam penitius cognoscendam et scenza più approfondita della verità
officia per baptismum suscepta evangelica e all'adempimento degli ob-
implenda efformentur; sincero blighi assunti attraverso il battesimo;
amore erga Christum eiusque s'inculchi loro un amore sincero verso
Ecclesiam imbuantur. Cristo e la sua Chiesa.
CAN. 790 - § 1. Episcopi dioece- § l. Nei territori di missione , spetta al
sani in territoriis missionis est: Vescovo diocesano:
I" promovere, moderari et coor- l ° promuovere, dirigere e coordinare le
dinare incepta et opera, quae ad iniziative e le opere concernenti l'azione
actionem missionalem spectant; missionaria;
2° curare ut debitae ineantur 2° curare che siano stipulate deb ite con-
conventiones cum Moderatoribus venzioni con i Moderatori degli istituti, i
institutorum quaeoperi missionali quali si dedicano all'attività missionaria, e
se dedicant, utque relationes cum che le relazioni con i medesimi tornino a
iisdem in bonum cedant missionis. vantaggio della missione .
§ 2. Praescriptis ab Episcopo § 2. Alle disposizioni emanate dal Ve-
dioecesano de qui bus in § l, n. l scovo diocesano di cui al § t, sono sotto-
editis, subsunt omnes missiona- posti tutti i missionari, anche quelli reli-
rii, etiam religiosi eorumque au- giosi e i loro collaboratori che risiedono
xiliares in eius dicione degentes. nella sua circoscrizione.

4) / neofiti 3180
789 /I termine è di S. Paolo (l Tim . 3, 6): indica i catecumen i battezzati di recente .
Essi non hanno la maturità sufficiente, per cui devono essere guidati, mediante un'op-
portuna formazione, ad una conoscenza approfondita della verità evangelica e all'adem-
pimento degli obblighi assunti attraverso il battesimo. È da inculcare loro, in particolare,
un amore sincero verso Cristo e la Chiesa .
Circa i neofiti, cfr.:
Can. /0/ , § I: il luogo d'origine
- Cali. /042, n. 3: impedimento per la recezione degli ordini sacri

3. Norme ulteriori

I) La competenza del Vescovo diocesano nel territorio di missione 3181


790 (295·298 *) /I canone. ispirato al n. 30 del Decr. eone. Ad Gentes, intende
tutelare l'autorità del Vescovo diocesano, che , anche in terra di missione, è il Pastore
a:sponsabile. p/e/N/ t/,(re. della diocesi chegli è stata afjjdat~~ <d} capo e i} centro unitario
dell'apostolato diocesano ». Spella pertanto al Vescovo ;
- Promuovere, dirigere e coordinare tutte le opere , iniziative, concernenti l'azione
missionaria
- Emanare a tal riguardo norme concrete, alle quali sono soggetti i missionari, anche
quelli religio si, e i loro collaboratori, che operano nell' ambito della sua circoscrizione
Per ordinare meglio l'azione dei missionari, è opportuno che tra i loro Superiori e il
Vescovo diocesano siano stipulate debite convenzioni scritte, che determ inino accumrarncnre gli
38 LIBRO III - Il "munus doccndi'' della Chiesa

CAN. 79] - In singulis dioecesi- Nelle singole diocesi, per favorire la


bus ad cooperationem missiona- cooperazione missionaria:
lem fovendam:
1° promoveantur vocationes 1° si promuovano le vocazioni missio-
missionales; narie;
2° sacerdos deputetur ad in- 2° sia nominato un sacerdote per pro-
cepta pro missionibus efficaciter muovere efficacemente le iniziative a fa-
promovenda, praesertim Pontifi- vore delle missioni, soprattutto ]e Pontifi-
cia Opera Missionalia; cie Opere Missionarie;
3° celebretur dies annualis pro 3° si celebri la giornata annuale per le
missionibus; missioni;
4° solvatur quotannis congrua 4° si versi ogni anno per le missioni un
pro missionibus stips, Sanctae contributo adeguato, rimettendolo alla
Sedi transmittenda. Santa Sede.
CAN. 792 - Episcoporum confe- Le Conferenze Episcopali istituiscano e
rentiae opera instituant ac pro- promuovano opere, mediante le quali co-
moveant, quibus ii qui e terris loro che dalle terre di missione si recano
missionum laboris aut studii cau- nel territorio delle medesime Conferenze
sa ad earundem territorium acce- per ragioni di lavoro o di studio, siano
dant, fraterne recipiantur et con- accolti fraternamente e siano aiutati con
gruenti pastorali cura adiuventur. un'adeguata cura pastorale.

obblighi c i diritti reciproci, tenendo presente l'Istruzione Relationes in territoriis missionum,


emanata dalla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli in data 24 febbraio 1969
tEnchir. Val., vo1.3, pp. 474-487). Alla Istruzione sono annessi due schemi (specimen) di
convenzione: "sub novo systemate iuridico mandati" e "absque mandato" (X. OCHOA, Leges
Ecclesiae, IV, colI. 5486-5490).

3182 2) La cooperazione missionaria nelle singole diocesi


791 Per favorire tale cooperazione, occorre che in ogni diocesi il lavoro sia debi-
tamente organizzato e diretto. In particolare è necessario curare:
• - La promozione delle vocazioni missionarie (cfr. anche can. 385, che richiama,
a tal riguardo, il particolare dovere del Vescovo).
- Il debito coordinamentodi tutte le iniziative a favore delle Missioni, soprattutto
delle Pontificie Opere Missionarie', dandone l'incarico a un determinato sacerdote, che
farà parte di diritto del Consiglio Pastorale della diocesi (Ecclesiae Sanctae, m, 4). Le
Pontificie Opere Missionarie sono quattro: l'Opera della Propagazione della Fede,
l'Opera di San Pietro Apostolo per il clero indigeno, l'Unione del Clero per le Missioni,
l'Opera della S. Infanzia (Ecclesiae Sanctae, III, 13, § 2).
- La celebrazione della Giornata annuale "pro Missionibus", che ha lo scopo non
solo di raccogliere offerte, ma soprattutto di sensibilizzare i fedeli ai problemi della
evangelizzazione e d'intensificare in essi lo spirito missionario.
- Il versamento annuale di un adeguato contributo, da rimettere direttamente alla
Santa Sede.

, Cfr. gli Statuti di dette Opere, pubblicati il lO maggio 1976: Enchir. Val., voI. 5, pp.
1252-1271.
L'cd ucuxiouc canol lca 39

Titolo III
L'educazione cattolica
CAN. 793 - § 1. Parentes, necnon § L. I genitori , e similmente quelli che
qui eorum locum tenent, oblìga- ne fanno le veci , hanno l'obbligo e il di-
tione adstringuntur et iure gau- ritto di educare la prole; i genitori cattolici
dent prolem educandi; parentes hanno anche il compito e il diritto di sce-
catholici officium quoque et ius gliere quei mezzi e quelle istituzioni, me-
habent ea eligendi media et insti- diante i quali, secondo le circostanze dei
tuta qui bus, iuxta locorum adiun- luoghi, possano provvedere nel modo più
eta, catholicae filiorum educatio- adatto alla educ azione cattolica dei loro
ni aptius prospicere queant. figli.
§ 2. Parentibus ius est etiam iis § 2. È anche diritto dei genitori di poter
fruendi auxiliis a societate civili usufruire degli aiuti che la società civile è
praestandis, qui bus in catholica tenuta a fornire e di cui essi hanno biso-
educatione filiorum procuranda gno , per procurare l' educ azione cattolica
indigcant. ai loro figli.

3) La cura pastorale di studenti ed operai immigrati nelle nostre regioni 3183


792 Con l'attuale mobilità migratoria, molte persone, originarie dai paesi di mis-
sione, vengono nelle nostre regioni per motivi di studio o di lavoro. E necessar io acco-
glierle fraternamente e prestar loro un'adeguata assistenza, spirituale e materiale. È
compito delle Conferenze Episcopali organizzare tale assistenza in campo nazionale,
promovendo opportune opere e iniziative: centri universitari, case per operai, particolari
cappellanie , parrocchie personali, ecc.

4) Norme di altri canoni 3HI4


- Ca n. 245 , § I : La formazion e degli alunni del Seminari o allo spirito missionario (a tale
spirito sono da edu care anch e i gio vani delle associazion i cattol iche : Ecctesiae Sanctae, III, 5).
- Can. 256. § 2: La conoscenza, l'in teresse e l'impegno dei mede simi alunni per i problem i
missionari .

L'EDUCAZIONE CA7TOL/CA (cann. 793-821 ) 3185


I documenti della Chiesa sull'importanza dell'educazione cristiana e cattolica e sui
principi che devono inforrnarla, sono numerosi. Fra essi, sono da ricordare soprattutto:
- L'Enciclica Divini ilIius Magistri di Pio XI del 31 dicembre 1929, che con serva tuttora un
grande valore dottrinale
- La Dichiarazione conciliare Gravissimum educationis del 28 ottobre 1965. a cui sono
ispirati i cann . 793- 821 del nuovo Codice sull'educazione cattoli ca
«II probl ema dell 'educazione - disse Paolo VI - è stato uno dei temi centrali del Concili o
Ecumenico Vatican o Il. e se è vero che esso ha dato origine ad una brev e, ma basilare Dichiara-
zione. tuttav ia la form azione integrale e totale dell'uomo è stato il pensiero costante dei Padri anzi
il loro as sillo. la loro ansia pastorale, il loro programma. la loro speranza» '.

I Cfr. L. CHIAI'PlilTA, Temi pastorali nel Magistero di Paolo VI, Ed. Dehoniane, Napoli 1980,
val. Il , p. 240.
40 LIBRO lIf - Il "munus doccndi" della Chiesa

3186 PRINCIPI E NORME INTRODUTTIVE (cann. 793-795)


Schema
l. Il dovere e il diritto primatio dei genitori 3. Fine e contenuto della vera educazione
2. Il diritto e il dovere della Chiesa

3187 1. Il dovere e il diritto primario dei genitori


793 (I I 13 e 1372, § 2*) Il problema educativo è forse il più importante della
società civile e religiosa. Il Codice ne parla a più riprese, sotto aspetti diversi, che si
fondono insieme integrandosi a vicenda:
- Educazione cristiana: cann. 217 c 226, § I
- Educazione cattolica: can. 793 ss,
- Educazione morale: cann. 799 e 804, § 1
- Educazione religiosa: cann. 799 e 804, § l
- Educazione culturale: can. 1136
- Educazione sociale: can. 1136
- Educazione fisica: can. 1136
3188 Il diritto d'ogni uomo ad un'adeguata educazione è affermato con particolare forza
nel seguente testo conciliare:
- Tutti gli uomini di qualunque razza, condizione ed età, in forza della loro dignità
di persona, hanno il diritto inalienabile ad una educazione che risponda al proprio fine,
convenga alla propria indole, alla differenza di sesso, alla cultura e alla tradizione del loro
paese, e sia insieme aperta ad una fraterna convivenza con gli altri popoli, al fine di
garantire la vera unità e la vera pace sulla terra iGravissimum educationis, n. l, I).
L'educazione civile e morale dev'essere integrata dall'educazione religiosa, che, per
i battezzati in Cristo, si concreta e si esprime nell'educazione cristiana (can. 793 ss.).
3189 La responsabilità prima dell'educazione grava sulla famiglia e sulla Chiesa. Anche
lo Stato ha i suoi doveri a tal riguardo, ma la sua opera educativa ha propriamente una
funzione sussidiaria. «Sono i genitori - afferma il Concilio - che, avendo trasmesso
la vita ai loro figli, hanno l'obbligo gravissimo (e il diritto indeclinabile) di educare la
prole. Essi vanno riconosciuti come i primi e i principali educatori. La loro azione
educativa è tanto importante che, se manca, difficilmente può essere supplita... La fa-
miglia è la prima scuola... Ad essa spetta primariamente il compito educativo»
tGravissimum educationis, n. 3, 1-2).
3190 I genitori cattolici hanno anche il diritto e il dovere di scegliere liberamente i mezzi
e le istituzioni che ritengono più idonee, per l'educazione dei loro figli. Ma perché tale
facoltà di scelta sia effettiva devono poter usufruire degli aiuti necessari da parte della
società civile, la quale ha il dovere di fornirli, anche per ragioni di equità e di giustizia.
Si ritornerà su questo principio nel can. 797.
Il diritto prioritario dei genitori è sancito formalmente nella Dichiarazione Universale dei
Diritti del/oUomo, approvata e proclamata il IO dicembre 1948 dali' Assemblea Generale delle
Nazioni Unite:
- 1 genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere d'istruzione da impatti l'e ai loro
figli (art. 26, 30 comma).
Il medesimo principio è affermato nel "Protocollo Addizionale" del 20 marzo 1952, che fa
parte della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo, firmata a Roma dai
Paesi membri del Consiglio d'Europa il 4 novembre 1950:
- Lo Stato, nell'esercizio delle funzioni che assume nel campo dell'educazione e dell'inse-
gnamento, deve rispettare il diritto dei genitori perché tale educazione e tale insegnamento siano
impartiti in modo conforme alle loro convinzioni religiose e filosofiche (art. 2).
41

CAN. 794 • § 1. Singulari ratio- § I. II dove re e il diritto di ed ucare


ne oflicium et ius educandi spec- spetta a un titolo del tutto speciale all a
tat ad Ecclesiam, cui divinitus Chiesa, alla quale è stata affidata da Dio
missio concredita est homines la missione di aiutare gli uomini, perc hé
adiuvandi, ut ad christianae vitae possano pervenire alla pienezza della vita
plenitudincm pervenire valeant. cristiana.
§ 2. Animarum pastoribus orti- § 2. È do vere dei pastori d ' ani me prov-
cium est omnia disponendi, ut vedere efficacemente perché tutti i fedeli
educatione catholica omnes fide- possano beneficiare del!'ed ucazio ne cat-
les fruantur. tolica.
CAN. 795 - Cum vera educatio Cons iderato c he la vera ed ucazione
integram persequi debeat perso- de ve tendere alla for mazione int egrale
nae humanae formationem, spec- della persona uma na, ave ndo di mira il
tantem ad finem cius ultimum et suo fine ultimo e insieme il bene comune
simul ad bonum commune socìe- dell a società, i fanciulli e i gio vani siano
tatum , pueri et iuvenes ita exco- educat i in modo che possano svi luppare
lantur ut suas dotes physica s, armonicame nte le loro doti fisiche, moral i
morales et intellectual es harmo- e intellettu ali, acquistino un più perfetto
nice evolvere valeant, perfectìo- sen so di responsabilità e il retto uso della
rem responsabilitatis sensum li- libert à, e siano preparati a partecipare at-
bertatisque rectum usum acqui- tivamente alla vita sociale.
rant et ad vitam socialem active
participandam conformentur.

li diritto e il dovere dei genitori è ricono sciuto in modo form ale anche nella Costituzion e
ltaliana :
- È dovere e diri tto dei genitori mante nere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del
matri monio (art. 30, I a co mma).

2. Il diritto e il do vere della Chiesa 3191


794 Il dovere e il diritto di educare spetta a un titolo del tutto singolare alla Chiesa.
Il Concilio accenna a una duplice motivazione:
- Perché la Chiesa va riconosciuta come società umana, capace d' impartire l'edu-
cazione (motivazione storico -sociale).
- Perché, soprattutto, essa ha la missione divina di annunziare a tutti gli uomini
la via della salvezza e di comunicare ai credenti la vita di Cristo, aiutandoli con inces-
sante sollecitudine a ragg iunge re la pie nez za (mo tivaz ione di diritto divi no ),
tGravissimum educationis , n. 3, 3).
La prima motivazio ne è stata tralasciata nel Codice.

Il diri tto e il dovere dell a Chie sa è esercitato soprattutto dai pa stori d 'anime,
che ne hanno la maggio re responsabil ità. Su d i ess i grava l' obbligo di provvedere
efficacemente perché tutt i i fedeli abbiano a beneficiare dell' educazione catto lica.
All'obbligo dei pastori fa riscontro il diritto dei fedeli, sa ncito nel can. 2 17, di rice-
vere, in forza del battesimo, un'a deguata educazione cristiana per conoscere e vivere
il mistero della sal vezza, conseguendo nello stesso tempo la piena maturità dell a
persona umana (nn. 1369- 1370 ).
42 LIBRO 111- Il "munus doccndi" della Chiesa

3192 3. Fine e contenuto della vera educazione


795 È un canone programmatico di grande respiro, nel quale è riportato "expressis
verbis" l'insegnamento del Concilio Vaticano II, Gravissimum educationis, n. I, 1-2.
Sono affermati i seguenti principi fondamentali:
I° La vera educazione deve tendere alla formazione integrale della persona umana,
avendo di mira il suo fine ultimo e, insieme il bene comune della società, di cui l'uomo
fa parte essenziale nella sua specifica individualità.
2° L'educazione dei fanciulli e dei giovani deve sviluppare armonicamente le loro
doti e capacità fisiche, morali e intellettuali, «tenendo conto dei progressi della psico-
logia, della pedagogia e della didattica» (Gravissimum educationis, n. I, 2).
3° Fanciulli e giovani devono essere educati a un compiuto senso di responsabilità,
al retto uso della libertà e alla partecipazione attiva alla vita sociale, nella quale, rag-
giunta l'età matura, dovranno inserirsi, contribuendo efficacemente al bene comune,
3193 \I Concilio aggiunge che essi, man mano che cresce la loro età, devono ricevere
anche una positiva e prudente educazione sessuale (Gravissimum educationis, n. l, 2).
Vedi a tal riguardo il duplice documento pubblicato dal magistero ecclesiastico:
Congregazione per l'educazione cattolica: Orientamenti educativi sull'amore
umano, l° nov. 1984 (Enchir. Vat., voI. 9, pp. 420-456)
- Conferenza Episcopale Italiana: Educazione sessuale nella scuola, 6 aprile
1980 (Enchir. CEI, voI. 3, pp. 85-110).
Il presente titolo sull'educazione cattolica è diviso in tre capitoli:
a) Le scuole: cann. 796-806
b) Le Università cattoliche e gli altri Istituti di studi superiori: cann. 807-814
c) Lc Università e le Facoltà ecclesiastiche: cann. 815-821.
Seguein untitolo a sè la normativa circagli strumenti di comunicazione socialee i libriin specie.

3194 LE SCUOLE (cann. 796-806)


Schema
I. La scuola in genere 3. L'insegnamento religioso
2. Le scuole cattoliche 4. Norme ulteriori
La Chiesa assolve il suo compito educativo con mezzi vari. Alcuni le sono propri
ed esclusivi: tale, ad esempio, l'istruzione catechistica, diretta all'approfondimento dcIIe
verità di fede e alla crescita e maturità della vita cristiana. Altri, invece, appartengono
al patrimonio comune umano: le scuole e gl'istituti, le associazioni giovanili, le nume-
rose società a carattere culturale e sportivo, gli strumenti della comunicazione sociale,
ecc. Sono mezzi particolarmente adatti alla promozione dei giovani e al loro perfezio-
namento. La Chiesa ne apprezza il valore e li eleva, penetrandoli del suo spirito (cfr.
Gravissimum educationis, n. 4).
La normativa sulle scuole riguarda propriamente le scuole elementari e medie (Communica-
tiones, a. 1983, pp. 100-101, Caput De scholisi. Delle Universitàe degl'Istituti di Studi Superiori
si tratta nei capitoli seguenti, ma anche per questi valgono "servatis servandis" alcune prescrizioni
del presente capitolo: per es., i cann. 797, 799, 800, 804, ecc.

3195 1. La scuola in genere

3196 I) L'importanza educativa della scuola


796, § 1 «Tra tutti gli strumenti educativi un'importanza particolare presenta la
scuola, che, in forza della sua missione, mentre con cura costante matura le facoltà
Le SCUtl lC 43

CAPITOLO I
LE SCUOLE

CAN. 796 - § 1. Inter media ad § 1. Tra i mezzi diretti a reali zzare


excolendam educationem christi- l'educazione, i fedeli diano grande impor-
fideles magni faciant scholas, tanza alle scuole, le quali appunto forni-
quae quidem parentibus, in mu- scono ai genitori il principale aiuto nel-
nere educationis implendo, prae- l'esercizio del loro compito educativo.
cipuo auxilio sunto § 2. È necessario che i genitori collabo-
§ 2. Cum magistris scholarum, rino strettamente con i maestri delle scuo-
quibus filios educandos concre- le, ai quali essi affidano l'educazione dei
dant, parentes arcte cooperentur loro figli; i maestri, da parte loro, nel-
oportet; magistri vero in officio l'adempimento del loro ufficio prestino fat-
suopersolvendo intime collaborent tivamente la loro opera d'intesa con i ge-
cum parentibus, qui quidem lihen- nitori, i quali vanno ascoltati volentieri ,
teraudiendisunteorumqueconso- mentre le loro associa zioni e le loro adu-
ciationes vel conventus instauren- nanze devono essere promosse e debita-
tur atque magni existimentur. mente apprezzate .

intellettuali, sviluppa nello ste sso tempo la cap acit à di giudizio, mette a contatto del
patrimonio culturale acqui sito dalle pas sate generazioni, promuove il sen so dei valori .
prepara la vita professionale. genera infine un rapporto di amicizia tra alunni d 'indole
e condizione diversa, disponendo e favorendo la comprensione reciproca» tGravissimum
educationis, n. 5, I).
Bisogna apprezzare la scuola - afferma il can . 796, § I - riconoseerne il valore
e l'importanza, e l'aiuto inestima bile che essa presta alla famiglia nell' adempimento
della sua missione educativa.

2) La collaborazione reciproca tra genitori e maestri 3197


796, § 2 La scuola non sostituisce la famigli a. La sua funzione è soltanto sussidi a-
ria. integrati va, poich é i genitori non sono in grado, da soli , di dare ai figli una compiuta
educazione. E quindi necessario che tra la famiglia e la scuola s'istituisca la più stretta
collaborazione. La presenza dell a famiglia nell a sc uola - diceva Paolo VI - è un
dovere che non può essere tras curato, un diritto a cui non si può rinunciare '.
I genitori devono seguire da vicino l'insegnamento impartito ai loro figli, avere
frequenti co ntatti con i maestri, e que sti, da parte loro, devono ascoltare volentieri i
genitori , avere comprensione e disponibilità. La scuola - afferma il Concilio - «co-
stituisce come un centro, alla cui attività e progresso devono partecipare insieme le
famig lie, gl'insegnanti, i vari tipi di associazioni a finalità culturali, civiche e religi ose.
la soci età civile e tutt a la comunità um ana» (Gravissimum education is, n. 5. I).
Le famiglie, da parte loro, non devono agire isolatamente, ma riunirsi in associ a-
zioni , tenere proprie adunanze, presentare richieste e proposte collettive, impedire abu si,
tutelare meglio i propri diritti. Soltanto co sì il loro intervento nella scuola sarà effi cace
e la loro collaborazione veramente fattiva.

I Cfr. L. CfIIAPPETTA, Temi pastorali nel Magistero di Paolo VI. voI. Il. pp. 381-382.
44 LlBRO IIJ - Hvmunus doccndi" della Chiesa

CAN. 797 - Parentes in scholìs È necessario che i genitori godano di


eligendis vera Iibertate gaudeant una vera libertà nella scelta delle scuole ;
oportet; quare christifideles solli- di conseguenza, i fedeli hanno l'obbligo
citi esse debent ut societas civilis d'impegnarsi perché la società civile rico-
hanc libertatem parentibus agno- nosca questa libertà ai genitori, e, nel ri-
scat atque, servata iustitia distri- spetto della giustizia distributiva, la tuteli
butiva, etiam subsidiis tueatur. anche con sussidi.
CAN. 798 - Parentes filios con- I genitori affidino i loro figli a quelle
credant iIIis scholis in quibus scuole nelle quali venga impartita una
educationi catholicae provideatur; educazione cattolica; se questo non sia
quod si facere non valeant, oblì- possibile, hanno l'obbligo di provvedere
gatione tenentur curandi, ut extra che essi ricevano la debita educazione
scholas debitae eorundem educa- cattolica al di fuori della scuola .
tioni catholicae prospiciatur.
CAN. 799 - Christifideles enitan- I fedeli facciano di tutto perché, nella
tur ut in societate civili leges quae società civile, le leggi che disciplinano la
iuvenum formationem ordinant, formazione dei giovani, provvedano nelle
educationi eorum religiosae et scuole stesse anche alla loro educazione
morali quoque, iuxta parentum religiosa e morale, secondo la coscien za
conscientiam, in ipsis scholis dei genitori.
prospiciant.

3198 3) La scelta della scuola


797 Il canone conferma e sviluppa il pnncrpio enunziato nel ca n. 793, § 2,
san zion ando in modo es plicito il diritto de i genit ori a una libera scelta dell a sc uola
per i loro fig li, e il do vere dello Stat o di tutelare questa libert à mediante adeg uati
suss idi economici , nel rispetto dell a giu st izi a distributiva (cfr. Gra vissimum
educationis, n. 6, I).
La scuola , infatti , è a carico dei cittadini , che ve rsano le loro tass e allo Stato , per
i bisogni della comunità. E poiché la scuo la è libera e il monopolio sco lastico è da
escludersi, lo Stato deve destinare i tributi che ricev e, non solo allc sole scuol e
pubbliche c he gestisce direttamente, ma, per dovere di giustizia, anche alle scuole
libere c he i cittadi ni intendano scegliere per i propri figli . In caso diverso, i cittadini
che affidano i loro figli alle dette scuole, saranno costretti illegittimamente, co n
patente discriminazione , a pagare due volte l'educazion e scolas tica, che lo Stato è
tenuto ad ass icurare a tutte le famiglie, secondo la loro scelta e preferenza.
Purtroppo molte leg islazioni statuali sono resti e a riconoscere il diritto dei gen i-
tori a una libera effettiva scelta dell a scuola, e con aperta ingiustizi a negano alle
scuole libere i sussidi dovuti.

3199 4) Necessità di un 'educazione cattolica


798 (13 74*) L'educazione da impartire ai giovani non è solt anto umana e civil e,
ma anche religiosa. I genitori cristiani , respons abili dell'educazione dei propri fi gli,
hanno il do vere di scegliere per essi quelle scuole in cui viene impartita una retta
educ azione cattoli ca (no n occorre che siano scuole cattoliche in senso proprio , a termine
dci can. 803). Se questo, per motivi adeguati , non fosse possibile, bisogna provvedere
alla debita educazione cattolica al di fuori della scuola .
Le scuole 45

CAN. 800 - § l. Ecclesiae ius est § I. La Chiesa ha il diritto di fondare e


scbolascuiusvisdisciplinae,generis dirigere scuole di qualsiasi disciplina , ge-
et gradus condendi ac moderandi. nere e grado.
§ 2. Christifidelesscholascatho- § 2. I fedeli favoriscano le scuole catto-
Iicasfoveant, pro viribus adlutri- liche, cooperando, nella misura delle pro-
cem operam confercntcs ad ea- prie forze, a fondarle e a sostenerle .
sdem condendas et sustentandas.

Un Monitum della Congregazione dci S. Ufficio del 28 luglio 1950 proibisce formalmente
la freque nza d'i stituzioni educ ative comuni ste. I gen itori che vi mandass ero i loro figli e gli stessi
giovani che ne sono alunni, non possono essere ammessi ai sacrame nti (X. OCHOA, Leges Ecclesiae ,
Il, n. 2144. col. 2765).

5) L'impegno politico dei cristiani 3200


799 L'educazione religiosa e mor ale secondo la coscienza dei genitori dev 'es-
sere assicurata a tutti i giovani. È questo un prin cipio sancito in molteplici trattati e
dichiarazioni internazionali (n. 3190 ). Ma tali dichi arazioni rest ano semplici afferma-
zioni di diritto, se ad esse non risponde nei singoli Stati una formale normat iva
giuridic a. È pertanto un grave obbligo dei cattolici impegnarsi politicamente perché
la legislazione scolastica del propri o paese prov veda adeguatamente in merito , in
modo che nelle stesse scuole pubbliche s'impartis ca agli allievi l'educazi one reli giosa
e morale necess aria.

2. Le scuole cattoliche 3201

l) Il diritto della Chiesa e il dovere dei fedeli 3202


800 (13 75 e 1379, ,9 3*) Il canone afferma formalmente:
l O Il diritto della Chiesa di fondare e dirigere scuole di qualsiasi disciplina, genere
e grado.
2° 11 dovere dei fedeli di favorire le scuole cattoliche, cooperando, nella misura
delle proprie disponibilità, alla loro fondazione e al loro sostenimento.
Il diritto della Chiesa è nativo e originario, perché fondato sulla sua missione
divina. Ma ha a suo favore anche l' appoggio della storia. in quanto tale diritto essa lo
ha sempre esercitato , e "attività scolastic a è stata per lunghi secoli una sua funzione
esclusiva.
La riorganizzazi one delle scuole, dopo la dissoluzione dell'Impero Romano in Occidente fu
opera della Chiesa. Presero così a funzionare. sin dalla fine del V secolo. le scuole prcsbiteriali o
parrocchiali, le scuole ep iscopali e cattedrali, quelle monastiche. Sorsero successivame nte Istituti
religiosi, che si ded icarono con particolare cura all'educazione dei fanciull i e dei giovani: Barnabiti ,
Scolopi, Somaschi, Gesuiti. Oratoriani, Fratelli delle Scuole Cristiane, ecc. Uno dei più grand i
educatori della giove ntù è stato, ne) secolo scorso , S. Giovanni Bosco ( 1815- 1888), fondatore dei
Salesiani.
Il diritto della Chiesa è anche un diritto civile , perché la scuol a non può essere 3203
monopolio dello Stato: "Ogni forma di monopoli o scolastico contraddi ce ai diritti na-
turali della perso na umana , allo sviluppo e alla divulga zione della cultura, alla pacifica
convivenza dei cittadini ed anche a quel legittimo pluralismo che esiste oggi in moltis-
sime società» tGravissimum educationi s, n. 6, 2). In una sana democra zia la scuola è di
libera istituzione. salve le debite garanz ie di serietà e di retto funzionamento.
46 LIBRO III- Il " rn unus doce ndi' della Chiesa

CAN. 80 I - Instituta religiosa Gl'istituti religiosi, che hanno come


quibus missioeducationis propria missione propria l'educazione, rimanendo
est, fldeliter hanc suam missionem fedeli a tale loro missione, si impegnino
retinentes, satagant educationi attivamente nell'educazione cattolica an-
catholicae etiam per suas scholas, che attraverso proprie scuole, fondate col
consentiente Episcopo dioecesano consenso del Vescovo diocesano .
conditas, sese impendere.
CAN. 802 - § 1. Si praesto non § I. Dove non esistono scuole, nelle
sint scholac in quibus educati o quali venga impartita una educazione in-
tradatur christiano spiritu imbu- formata allo spirito cristiano, spetta al Ve-
ta, Episcopi dioecesani est curare scovo diocesano aver cura che esse ven-
ut condantur. gano istituite.
§ 2. Ubi id expediat, Episco- § 2. Dove risulti opportuno, il Vescovo
pus diocccsanus provideat ut diocesano provveda che vengano fondate
scholae quoque condantur pro- anche scuole professionali e tecniche, e
fessionales et technicae necnon altre che siano richieste da speciali neces-
aliae quae specialibus necessita- sità.
tibus requirantur.

3204 Il pluralismo scolastico è sancito formalmente nella Costituzione Italiana:


ArI. 33, comma JO: «L ' arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento».
Comma 3°: «E nti e privati hanno il diritto di istituire scuo le ed istituti di edu-
cazione».
Il nuovo Accordo stipulato tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana in data 18 febbraio J 984
dedica alle scuole cattoliche il seguente articolo:
- La Repubblica Italiana. in conformità al principio della libertà della scuola e dell'insegna-
mento e, nei termini previsti dalla propria Costituzione. garantisce alla Chiesa Cattolica il diritto
di istituire liberamente scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione.
A tali scuole che ottengano la parità è assicurata piena libert à, ed ai loro alunni un trattamento
scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole dello Stato c degli altri enti territoriali,
anche per quanto concerne l'esame di Stato (art. 9, n. I).

3205 2) Gl'Istituti con finalità educative


801 Gl 'Istituti religiosi e le Società di vita apostolica. sorti con finalità educative.
sono numerosi nella Chiesa. Il Codice li esorta a rimanere fedeli a tale loro missione.
anche se es sa è diventata nei tempi attuali particolarmente difficile e impegnativa. Cfr.
a tal riguardo il Documento L' école catholique della Congregazione per l'Educazione
Cattolica. 19 marzo 1977, nn. 74-76 (Enchir. Val., voI. 6. pp. 107-109) .
Il canone ricorda per altro che l'erezione di una scuola da parte dei detti Istituti
richiede il previo consenso del Vescovo diocesano.

3206 3) L'impegno del Vescovo diocesano


802 (1379, § J*) L'attività scolastico-educativa ha una grande importanz a nella
Chiesa. Ne è particolarmente responsabile il Vescovo diocesano. che deve aver cura che.
nella sua diocesi, vengano istituite scuole informate allo sp irito cristiano.
Occorre soprattutto provvedere, dove risulti opportuno, alla fondazione di scuole
Le scu ole 47

CAN . 803 • § 1. Schola catholica § l . Per scuola cattolica s'intende una


ea intellegitur quam auctoritas scuola diretta dali' autorità ecclesiastica
ecclesiastica competens aut per- competente o da una persona giuridica ec-
sona iuridica ecclesiastica publi- clesiastica pubblica, oppure ricono sciuta
ca moderatur, aut auctoritas ec- come tale, con un documento scritto, dal-
clesiastica documento scripto uti l'autorità ecclesiastica.
talem agnoscit.
§ 2. Institutio et educatio in § 2. L'istruzione e l'educazione impar-
schola catholica principiis doc- tite in una scuola cattolica devono fondar-
trinae catholicae nitatur oportet; si sui princip i della dottrina cattolica; i suoi
magistri recta doctrina et vitae insegnanti si distinguano per retta dottrina
probitate praestent. e onestà di vita.
§ 3. Nulla schola, etsi reapse § 3. Nessuna scuola, anche se cattolica
catholica, nomen scholae catholi- di fatto , porti il nome di scuola cattolica,
caegerat, nisi de consensu compe- se non con l'assenso della competente
tentis auctoritatis ecclesiasticae. autorità ecclesiastica.

professionali e tecniche, più adatte ai giovani delle famiglie meno abbienti, ed anche
di altre richieste da speciali necessità: scuole per adulti, per ciechi, sordomuti,
subno rmali, ecc.
Il canone non accenna alle scuole miste di secondo grado, che una Istruzione della Congre- 3207
gazione dei Religiosi, in data 8 dicembre 1957, approvata dal Romano Pontefice, vietò in linea di
principio. senza un particolare indulto della Santa Sede (X. OCHOA, Leges Ecclesiae , Il, n. 27 14,
coli. 3797-38(0). Una Dichiarazione della S. Congregazione per l'Educazione Cattolica in dala ) 0
febbraio 1971, approvata anch'essa dal Papa, confermò la norma suddetta. ma demandò l'e ventuale
concessione dell'autorizzazione all'Ordinario del luogo iEnchir. Val., vol. 4, p. 91, n. 3). In base
a tale Dichiarazione e anche a termine dell'attu ale can. 806, § l, che rimette al Vescovo diocesano
la normativa circa l'ordinamento generale delle scuole cattoliche, la decisione circa le scuole miste
rimane di competenza del Vescovo.

4) Concetto di scuola cattolica 3208


803 Scuola cattolica non è soltanto quella eretta dall'autorità ecclesiastica o da un
ente pubblico ecclesiastico (per cs., una parrocchia) o da un Istituto religioso o da una
Società di vita apostolica. Può essere tale anche una scuola istituita da una persona o da
un' associazione privata. Il canone dà pertanto la definizione di scuola cattolica, deter-
minandone le condizioni giuridiche e i principi informatori.
Per scuola cattolica - afferma il § l - s' Intende una scuola:
- Diretta dall' autorità ecclesiastica competente o da una persona giuridica eccle-
siastica pubblica
- Diretta da altre persone o enti e riconosciuta come cattolica, con un documento
scritto della competente autorità ecclesiastica
Non sono però sufficienti le formalità giuridiche. Occorrono anche degli elementi
di fatto, ossia che la scuola sia realmente informata, nei contenuti e nei metodi educativi,
ai principi della dottrina cattolica, e che gl'insegnanti diano piena garanzia per integrità
di dottrina e onestà di vita (§ 2).
Infine il § 3 prescrive che nessuna scuola porti il nome di scuola cattolica - anche 3209
se lo sia di fatto - se non con l'assenso della competente autorità ecclesiastica. È con
la scuola cattolica che «la Chiesa concreta ed esprime in maniera particolare la sua
presenza in campo scolastico» (Graviss ùnum educationis, n. 8, l ).
48 LIBRO m - Il "munus doccndi" della Chiesa

CAN. 804 - § 1. Ecclesiae auctori- § l. È sottoposta ali' autorità della Chie-


tati subicitur institutio et educatio sa l'istruzione e l'educazione religiosa
religiosa catholica quae in quibu- cattolica, che vengono impartite in qual-
slibet scholis impertitur aut variis siasi scuola o trasmesse con i vari mezzi
communicationis socialis instru- di comunicazione sociale; spetta alla Con-
mentis procuratur; Episcoporum ferenza Episcopale emanare norme gene-
conferentiae est de hoc actionis rali circa questo campo d'azione, e al Ve-
campo normas generales edicere, scovo diocesano regolarlo e vigilare su di
atque Episcopi dioecesani esteun- esso.
dem ordinare et in eum invigilare.
§ 2. Loci Ordinarius sollicitus § 2. L'Ordinario del luogo abbia cura
sit, ut qui ad religionis institutio- che i maestri ai quali viene affidato l'inse-
nem in scholis, etiam non catho- gnamento della religione nelle scuole an-
Iicis, deputentur magistri recta che non cattoliche, eccellano per retta dot-
doctrina, vitae christianae testi- trina, testimonianza di vita cristiana e arte
monio atque arte paedagogica pedagogica.
sint praestantes.

3210 Le scuole cattoliche dipendono dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica, detta oggi
"Congregazione dei Seminari e degl'Istituti di Studi" (Cost. Ap. Pastor Bonus, 28 giugno 1988,
artt. 112-116).
Sulla scuola cattolica, la detta Congregazione ha emanato in data 19 marzo 1977 un impor-
tante documento (Enchir. Vat., voI. 6, pp. 60-119). Un particolare documento pastorale su La
scuola cattolica, oggi, in Italia, è stato pubblicato dalla Conferenza Episcopale Italiana, Commis-
sione Episcopale per l'educazione cattolica, 25 agosto 1983 tEnchir. CE/, voI. 3, pp. 817-871). Cfr.
anche il successivo documento della Congregazione per l'Educazione Cattolica, Dimensione reli-
giosa dell 'educazione cattolica, 7 aprile 1988 (Enchir. Vat., voI. II, pp. 262-313).

3211 3. L'insegnamento religioso

l) La dipendenza dall'autorità ecclesiastica


804 (1373 e 1381, § 1*) L'istruzione e l'educazione religiosa fanno parte del "de-
posito della fede" e della missione affidata "divinitus" alla Chiesa. Sono pertanto sotto-
poste ex se all'autorità ecclesiastica, in qualsiasi scuola e con qualsiasi mezzo di comu-
nicazione sociale esse vengano impartite. Una particolare competenza è riconosciuta
espressamente alle Conferenze Episcopali e ai Vescovi diocesani in questo campo:
- Alle Conferenze Episcopali spetta un potere normativo, ossia l'emanazione di
norme generali
- Ai Vescovi diocesani spetta sia un potere normativo, con disposizioni più det-
tagliate, sia un potere di vigilanza, perché siano fedelmente osservati i principi della
dottrina cattolica e le norme e le direttive emanate dall'autorità ecclesiastica
- Gli Ordinari dei luoghi devono inoltre preoccuparsi perché l'insegnamento
religioso impartito sia nelle scuole cattoliche sia anche in quelle non cattoliche, venga
affidato a persone che eccellano per retta dottrina, testimonianza di vita cristiana e arte
pedagogica.
3212 In Italia, l'alt. 36 del Concordato del 1929 stabiliva:
- L'Italia considera fondamento e coronamento dell'istruzione pubblica l'insegnamento
della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente
Le scuole 49

CAN. 805 - Loci Ordinario pro L'Ordinario del luogo ha il diritto, per
sua dioecesi ius est nominandi la propria diocesi, di nominare o appro va-
aut approbandi magistros reti- re gl'insegnanti di religione, come pure di
gionis, itemque, si religionis mo- rimuoverli o di esigere che siano rimossi,
rumve ratio id requìrat, amoven- se lo richiedano motivi religiosi o morali.
di aut exigendi ut amoveantur.

che l' insegnament o religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore
sviluppo nelle scuole medie, secondo program mi da stabilirsi d' accordo tra la Santa Sede e lo
Stato (comma l"),
Art. 2 della Legge 5 giugno 1930:
- Sono dispensati dall' obbligo di frequentare l'insegnament o religioso gli alunni i cui geni-
tori. o chi ne fa le veci. ne facciano richiesta per iscritto al capo dell'istituto all'inizio dell' anno
scolastico.
L'an. 9. n. 2. del nuovo Accordo, stipulato tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana,
prescri ve invece :
- La Repubblica Italiana, riconos cendo il valore della cultura religiosa e tenend o conto che
i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimoni o storico del popolo italiano, continuerà ad
assicurare, nel quadro dellc finalità della scuola. l'insegnamento della religione cattolica nelle
scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado.
Ncl rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito
a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di dello insegnamento.
All ' atto dell'iscri zione gli studenti o i loro gen itori esercitera nno tale diritto . su rich iesta
dell'autorità scol astica. senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discrimi-
nazione.
Protocollo addizionale, 18 febbraio 1984, n. 5, lett. a: 3213
- L' insegnamento della religione cattolica nelle scuole indicate al n. 2 è impartito - in
conformit à alla dottrina cattolica e nel rispetto della libertà di coscienza degli alunni - da inse-
gnanti che siano riconosciuti idonei dall'autorità ec clesiastica, nominati, d'intesa con ess a,
dall' autorità scolastica.
Nelle scuole materne ed elementari detto insegnamento può essere impartito dall' insegnante
di classe, ricono sciuto idoneo dall'autorità ecclesiastica, che sia disposto a svolgerlo.
Le dette norme , profondamente inno vati ve , hanno dato luogo a vivaci discussioni circa la
loro stessa interp retazi one . Da molti si teme che esse abbian o compro messo seriame nte l' inse-
gnamento religioso nella sc uola italiana. Circa l'insegnamento della religi one cattolica nelle
pnbbliche scuole, è da tener presen te l'Intesa concordata tra il Ministro dell a Pubbl ica Istruzio -
ne e il Presidente della CEI , 14 dicembre 1985 i Enchir. CEI , vol . 3, pp. 1610-1617). Cfr. anche
la relativa Dichiarazione de l Presidente della CE!. in data J6 dicembre dello stesso anno
iEnchir., vol . 3, pp. 1617-1 62 1). e la prec eden te Nota della Presidenza dell a CE I, 23 settembre
1984 (Enchi r.• pp. 1122- 1 J 30).

2) La nomina O l'approvazione degl 'insegnanti di religione 3214


805 (/38/, § 3 *) Nell'ambito della diocesi, spettano di diritto - l'una o l'altra,
secondo il carattere della scuola - all'Ordinario del luogo, che può anche rimuovere o
esigere che siano rimossi gl'insegnanti che, dottrinalmente o moralmente, venissero
meno al loro compito.
La norma è legittima, ma di fatto non è sempre applicabile, quando incontra l' op-
posizione delle autorità civili. Alcuni ritengono ch'essa riguardi solo le scuole cattoli-
che, e che le scuole non cattoliche rientrino nel prescritto del can. 804.
Per i libri di testo, V. can. 827.
50 LIBRO III· Il "m unus doccndi' della Chiesa

CAN. 806 - § 1. Episcopo dioece- § I . Spetta al Vescovo diocesano il di-


sano competitius invigilandi et in- ritto di vigilare e visitare le scuole catto-
visendi scholas catholicas in suo liche situate nel suo territorio, anche quel-
territorio sitas , eas etiam quae ab le fondate o direlte da membri d'istituti
institutorum religiosorum sodali- religiosi; gli compete parim enti emanare
bus conditae sint aut dirigantur; disposizioni riguardanti l'ordinamento ge-
eidem item competit praescripta nerale delle scuole cattoliche: tali disposi -
edere quae ad generalem attinent zioni valgono anche per le scuole istituite
ordinationem scholarum catholi- dai medesimi religio si, salva per altro la
carum: quae praescripta valent loro autonomia circa la propria direzione
de scholis quoque quae ab iisdem interna.
sodalibus diriguntur, salva qui-
dem eorundem quoad internum
earum scholarum moderamen au-
tonomia.
§ 2. Curent scholarum catholi- § 2. I Moderatori delle scuol e cattoliche
carum Moderatores, ad vigilante abbiano cura, sotto la vigilanza dell'Ordi-
loci Ordinario, ut institutio quae nario del luogo, che l'istruzione impartita
in iisdem traditur pari saltem in esse si distingua sotto l'aspetto scienti-
gradu ac in aliis scholis regionis, fico, tenendosi almeno allo stesso livello
ratione scientifica sit praestans. delle altre scuole della regione.

3215 Norme della CEI


Delibe ra n. 41 del 21 settembre 1990. relativamente all' insegn ament o della religio-
ne cattolica nelle scuole: Enchir. CElo voI. 4. pp. 1251-1252. n. 2479.
§ I . L'Ordinario del luogo che riceva da parte dei fedeli la domanda per il ricono-
scimento dell'idoneit à ad insegnare religione cattolica nelle scuole pubbliche o nelle
scuole cattol iche. è tenuto a verific are il possesso dei requi siti richiesti dal diritto . In
partic olare l' Ordinario del luogo deve accert arsi. mediante documen ti. tes timoni anze.
colloqui o prove scritte . che i cand idati si distinguano per retta dottrin a. tes timonianza
di vita cristiana e abilità pedago gica.
L'Ordinario del luogo ricono sce l' idoneit à medi ante proprio decreto.
§ 2. L'Ordinario del luogo deve revo care con proprio de creto . ai sens i dci cann.
805 e 804. § 2. l'idoneit à a ll'i nseg namento della rel igione catto lica al docente del
quale sia stata accertata una gra ve ca renza concernente la rett a dottrina o l'abilità
pedagogica oppure risulti un comportament o pubblico o notorio co ntras tante co n la
moral e cattolica.
§ 3. L'Ordinario del luogo, prima di emettere il decreto di revoca dell 'idoneità,
con voca l'insegnante contestandogli i fatti e ascoltandone le ragioni.
Lo stesso Ordinario esamina e valuta i documenti e le memorie eventualmente
presentate dall'insegnante entro i dieci giorni successivi alla data fissata per l'incontro
e, se richiesto, si rende disponibile per un ulteriore incontro, da tenersi in ogni caso non
oltre venti giorni dal primo.
Il dec reto di revoca dell'idoneità dev'essere fornito di motivazione ai sens i del can.
51. e regolarmente intimato ai sensi dei cann. 54, 55 e 56.
L'Ordinario del luogo dà comunicazione all' autorità scola stica che l'i doneità è stata
revocata, quando il decreto di revoca è divenuto definitivamente esecut ivo.
Le Università Cattolic he 00 Ecclesiastic he 51

4. Norme ulteriori

1) La competenza del Vescovo dioc esano circa le scuole cattoliche esistenti 32] 6
in dio cesi
806, § l (1381, § l, e 1382 *) Il can. 804 stabilisc e la dipenden za dell 'insegnamen-
to religioso dall'autorità eccle siastica e le competenze dell'Ordinario del luogo circa il
medesimo. Nel can. 806, si determinano le attribuzioni del Vescovo circa le scuole
cattoliche esistenti nella sua diocesi.
È anzitutto un potere normati vo, in quanto egli può emanare disposizioni riguarda n-
ti l'ordinament o generale delle dette scuole .
È anche un potere di vigilanza e di visita canon ica - sive per se sive per alios -
che comprende tutte le scuole cattoliche situate nel territorio, anche quelle fondate o
dirette da membri d'Istituti religiosi, tranne che si tratti di scuole interne, frequent ate
esclusivamente dagli alunni dell'Istituto (can. 683 , § l).
Le norme em anate dal Vescovo diocesano valgono anche per le scuole dci mede-
simi religio si, salva per altro la loro autonomia circa la direzione interna. Quanto alle
scuole private , il Vescovo , in forza del suo ufficio di pastore, ha il diritto di vigilanza
generale "circa doctrinam et mores", ma non quello di "visitarle" canonicamente (Com-
municationes, a. 1986, p. 153, ultimo cpv.).

2 ) L'impegno dei Moderatori per il prestigio della scuola 3217


806, § 2 La scuola cattolica, a cui. oggi soprattutto, si guarda con una certa diffi -
denza e ostilità , si regge unicamente sul suo prestigio. È dovere dei Moderatori adope-
rarsi con impegno perché questo prestigio non venga meno , e perché l'istruzione impar-
tita in essa si distingua anche sotto l'aspetto scientifico, tenendosi almeno allo stesso
livello delle altre scuole della regione.
Circa le difficoltà e le contestazio ni mosse contro la scuola cattoli ca, v. il citato docum ento
della S. Congregazione per l'Educazione Cattolica del 19 marzo 1977 , nn. 17-24 tEn chir. Val.. voI.
6, pp. 73 -77) .

UNIVERSITÀ CATTOL/CHE ED ECCLESIASTICHE (cann . 807-8 21 ) 3218


Schema
I. Le Universi tà Cattolich e e gli altri Istitut i 3. Le Università e le Facoltà Ecclesiastiche
di Studi superi ori 4. Gl'Istituti di scien ze Religiose
2. La Cost, Ap. "Ex corde Ecclesiae"

1. Le Università Cattoliche e gli altri Istituti di Studi Superiori 3219

l ) Il diritto della Chiesa 3220


807 (1375-1 376*) Nel can. 800, § I , è stato afferm ato il diritto della Chiesa di
fondare e dirigere scuole di ogni disciplin a. genere e grado. Nel canone attuale si
afferma, in particolare , il diritto della Chiesa d 'i stituire e dirigere Univers ità di Studi e
altri Istituti di Studi Superiori, eol triplice fondamentale scopo di contribuire:
Ad una più elevata cultura degli uomini
Ad una più compiuta promozione della persona umana
All'attuazione della missione d'insegnare della Chiesa stessa
52 LIBRO !II . Il " munus docc ndi" tlcll. Chic, o

CAPITOLO II
LE UNIVERSITÀ CATTOLICHE
E GLI ALTRI ISTITUTI DI STUDI SUPERIORI

CAN. 807 - Ius est Ecclesiae eri- La Chiesa ha il diritto d'istituire e diri-
gendi et moderandi studiorum gere università di studi , che contribui sca-
universitates, quae quidem ad al. no ad una più elevata cultura umana e a
tiorem bominum culturam et ple- una più compiuta promozione della perso-
niorem personae humanae pro- na, come pure all'attuazione della sua
motionem neenon ad ipsius Ec- propri a missione d'insegnare.
clesiae munus docendi ìmplen-
dum conferant,
CAN. 808 - Nulla studio rum Nessuna università di studi, anche se
universitas, etsi reapse catholica, cattolica di fatto , porti il titolo di univer-
titulum seu nomen universitatis sità cattolica, se non con l'assenso della
catholicae gerat, nisi de consen- competente autorità eccle siastica.
su competentis auctoritatis ee-
clesìasticae,

Scopo delle Un iversit à Cattoliche è, insieme, «d i dare ai gi o va ni un 'adeguata pre-


pa razione professionale me diante una cultura e un 'educaz ione morale ispirata ai principi
del catto lices imo» tEnchir. CEI, vol . I , p. 103 8, n. 3625).
La motivazione è identica: la m issione di vina d 'insegnare e di educare rice vuta da
C risto, e la tradizione stori ca di un 'atti vità secol are, diretta alla promozi one e al progres-
so della cultura.
3221 Non è infatti da dimenticare l'opera della Chiesa nella istitu zione delle Università durante il
Medio Evo. La parte che essa vi ebbe fu determinant e.
In ordine di tempo, la prima Università. nel senso moderno della parola , fu quella di Salerno,
resa famosa per la scuola di medicina sin dalla metà del sec. XI e rimasta, per circa due secoli, il
più insigne centro europeo di scienza medica. AI suo formarsi contribuirono largamente i Benedet-
tini di Mont eca ssino, che furono i primi esponenti ed anim atori della Scuola. Seguiron o
l'U niversità di Bologna, sorta verso la fine del sec. XI (circa il 1084l, e quella di Parigi, che deve
la sua istituzione a due Bolle di Papa Innocenza III e a un Diploma del re Filippo Augusto, verso
la fine del sec. XII. Furono le due più celebri Università dci Medio Evo: l'una per l'insegnamento
delle scienze giuridi che; l'altra per l' insegnamento delle scienze teologiche . Erano frequentate da
un numero enorme di studenti, che vi accorrevano da ogni parte del mondo. L' Università di Parigi
accolse fino a 30 mila studenti : in essa la Scolatica raggiunse il massimo splendore.
Sul modello delle Università di Bologna e di Parigi, si fondaron o in seguito le altre Università
di Europa . Alla fine del Trecento se ne contavan o ben cinquantadue: di esse «non meno di
ventinove furono create esclusivament e dai Romani Pontefici , e dieci altre vennero erette con
decreti dell'imperatore e di principi e con bolle dei Papi» (Pio XI, Costo Ap. Deus scientiurum
Dominus, Proemio (X. O CHOA, Leges Ecclesiae, I, 1273, l° cpv .), È vanto della Chiesa la fonda-
zione o lo sviluppo, in ltalia, delle Università di Roma, Padova. Bologna, Ferrara, Pavia, Pisa,
Firenze. Siena, Perugia , Torino , Catania.

3222 2) Un assenso necessario


808 Si tratta di una norma giuridic a generale, formulata già nel can, 216: « Nessu na
iniziativa assuma il nome di cattolica, senza il co nsenso della competente autorità ec-
53

CAN. 809 - Episeoporum confe- Le Conferenze Episcopali abbiano cura


rentiae eurent ut habeantur, si che ci siano, se è possibile e conveniente,
fieri possit et expediat, studio- università di studi o almeno delle facoltà ,
rum universitates aut saltem fa- distribuite opportunamente nel loro terri-
eultates, in ipsarum territorio torio, in cui le varie discipline, pur con-
apte distributae, in quibus variae servando la loro autonomia scientifica,
disciplinae, servata quidem ea- siano approfondite e insegnate in confor-
rum scientifica autonomia, inve- mità con la dottrina cattolica.
stigentur et tradantur, doctrinae
eatholicae ratione habita.

clesiastica» (n. 1368). La norma viene rinnovata nel can. 300, relativamente alle "asso-
ciazioni", nel can. 803, § 3 relativamente alle scuole in genere, ed ora nel can. 808,
rispetto alle Università degli Studi.

3) La doverosa sollecitudine delle Conf erenze Episcopali 3223


809 La presenza dell a Chie sa nel campo della cultura e degli studi superiori è
un'attività indi spen sabile al suo stesso sviluppo e progresso. Alcuni , oggi, ne conte-
stano la valid ità e ritengon o le Universi tà Cattolìche "un istituto sorpassato e inutile"
(Enchir. CEI , vol. 2, p. 613. n. )852), «incapace di dare ai giovani una formazione
culturale veramente cristiana» tEnchir. CEI, vol. 2. p. 38 ), n. J 114). Sono accuse
infondate. Le Università Cattoli che sono «un fattore educativo indispensabile per la
Chiesa. testimonianza pubb lica dell'armonia fra cultura e cristi anesim o, stimolo e
richiam o alla ricerca di una interpretazione cristiana dei problemi della società, aiuto
efficacissi mo a lla presenza dei valori cristiani nel mondo della scuola» (Enchi r. CEI,
vol. I , p. 521, n. 1636, 3).
La Chiesa desidera che le Università Cattol iche abbiano un largo sviluppo nel 3224
mondo cattoli co. e il Codice ne affida la promozione alla particolare sollecitudine
delle Conferen ze Episcop ali, che dovranno provvedere perché siano opportun amente
d istr ibuite nel territorio di loro competenza, assicurandone nello stesso tempo il retto
funzi onamento, in modo che le varie disciplin e, pur conservando la loro legittima
autonomi a scie ntifica , siano approfond ite e insegnate in conformità con la dottrin a
cattolica.
In Italia. l'i stituzione dell 'Università Cattolica del Sacro Cuore si deve all'impegno 3225
generoso di P. Agostino Gemelli , coadiu vato in quest 'op era dalla Sig .na Armida Barelli . Fu
inaugurata il 7 dicemb re 1921, alla presenza del Card . Achille Ratti (il futuro Pio XI), Legato
Ponti ficio. Dopo tre anni di funzioname nto. conseguiva il ricono sciment o giuridico da parte
dello Stato (Decreto reale del 2 ottobre 1924), per il quale venne equiparata alle altre Univer-
sità italiane.
La Facoltà di Medicina dell' Università Cattolica del Sacro C uore ha sede in Roma.

4) La nomina dei docenti e la vigilanza dell 'Autorità ecclesiastica 3226


810 Le Università Calloliche devono avere i propri statuti, approvati dalla Santa
Sede (ean. 1376. § 2, Codice 1917). In essi va regolamentata anche la nomina dei
docenti, i quali devono segnalarsi per competenza scientifica e pedagogica, per fedeltà
alla dottrina cattolica e per onestà di vita. Sono questi requisiti essenziali: venendo a
mancare, gl'insegnanti devono essere rimossi dall'ufficio, secondo la procedura stabilita
nei detti statuti.
54 LIBRO II! - Il " munus doecndi" del la Chiesa

CAN. 810 - § 1. Auctoritati iux- § l . È dovere dell'autorità competente a


ta statuta competenti officium norma degli statuti, provvedere che ne11e
est providendi ut in universitati- università cattoliche vengano nominati
bus catholicis nominentur docen- docenti i quali, oltre che per la loro capa-
tes qui, praeterquam idoneitate cità scientifica e pedagogica, si distingua-
scientifica et paedagogica, doc- no per integrità di dottrina e onestà di
trinae integritate et vitae probi- vita, e che, venendo a mancare tali requi-
tate praestent utque, deficienti- siti, osservata la procedura stabilita negli
bus his requisitis, servato modo statuti , siano rimossi dall'incarico.
procedendi in statutis definito, a
munere removeantur.
§ 2. Episcoporum conferentiae § 2. Le Conferenze Episcopali e i Ve-
et Episcopi dioecesani, quorum scovi diocesani interessati hanno il dovere
interest, officium habent et ius e il diritto di vigilare che, nelle medesime
invigilandi, ut in iisdem universi- università, si osservino fedelmente i prin-
tatibus principia doctrinae cat- cipi della dottrina cattolica.
holicae fideliter serventur,
CAN. 811 - § 1. Curet auctoritas § 1. Sia cura della competente auto rità
ecclesiastica competens ut in uni- ecclesiastica che nelle università cattoli -
versitatibus catholicis erigatur che venga eretta una facoltà o un istituto
facultas aut institutum aut sal- o almeno una cattedra di teologia, in cui
tem cathedra theologiae, in qua s' impartiscano lezion i anche agli studenti
lectioncs laicis quoque studenti- laici.
bus tradantur.
§ 2. In singulis universitatibus § 2. Nelle singole università cattoliche
catholicis lectiones habeantur, in si tengano corsi, nei quali si trattino prin-
qui bus eae praecipue tractentur cipalmente quei problemi teologici con-
quaestiones theologicae, quae nessi co n le discipl ine de11c med esime
cum disciplinis earundem facul- facoltà.
tatum sunt conexae.

È dovere e diritto delle Conferen ze Episcopali e dei Vescovi dioce sani interessati
aver cura e vigilare opportunamente perché nelle Università Cattoliche siano osser vati
fedelme nte i principi della dottrina cattolica.
3227 La nomina dei docenti dell'Uni versita Cattolica del Sacro Cuore è stata oggetto dell' Accordo
stipulato tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana il 18 febbraio 1984. L'art. IO, n. 3, stabilisce:
- Le nomine dei docenti dell'Università del Sacro Cuore e dei dipendenti Istituti sono
subordinate al gradimento, solto il profilo religioso, della competente autorità ecclesiastica.

3228 5) L'insegnamento delle discipline teologiche


8] ]·812 In confo rmità con l'auspicio formulato dai Padr i conciliari tGra vissimum
educationis, n. lO, 2), il can. 8 11, § l, esorta le comp etenti autorità eccle siast iche ad
aver cura che nelle Università Cattoliche sia eretta la Facoltà o almeno una Cattedra di
Teol ogia , con lezioni adatte anche per gli studenti laici (cfr. can. 229, § 2). È inoltre
opportuno che si tengano cor si speciali, nei quali si trattino principalmente quei proble-
mi connessi con le discipline impartite nelle medesime Facoltà (8 11. § 2).
Conferm ando la disposizione del can. 229, § 3, il can. 8 12 prescrive che, per
l'in segnament o delle disciplin e teologiche, è necessari o il formale mandato (la Cost.
Le Università Cattoliche cd Ecclesiastiche 55

CAN. 81 2 - Qui in studiorum su- Coloro che in qualsiasi istituto di studi


periorum institutisquibuslibet di- superiori insegnano discipline teologiche,
sciplinas tradunt theologicas,auc- devono averne il mandato della compe-
toritati s ecclesiasticae competentis tente autorità ecclesiastica.
mandatum habeant oportet.
CAN. 813 - Episcopus dioecesa- Il Vescovo diocesano abbia una partico-
nus impensam habeat curam pa- lare cura pastorale degli studenti, anche
storalem studentium, etiam per mediante l' erezione di una parrocchia, o
paroeciae erectionem, vel saltem almeno per mezzo di sacerdoti assegnati
per sacerdotes ad hoc stabiliter stabilmente a questo compito, e provveda
deputatos, et provideat ut apud che presso le università, anche non catto-
universitates, etiam non catholi- liche, ci siano centri universitari cattolici,
cas, centra habeantur universita- che prestino alla gioventù la loro assisten-
ria catholica, quae iuventuti adiu- za soprattutto spirituale.
torio sint, pracsertim spirituali.
CAN. 8 14 • Quae de universita- Le norme stabilite per le università, si
tibus statuuntur praescripta, pari applicano a pari titolo agli altri istituti di
rationc applic antur aliis studio- studi superiori.
rum superiorum institutis.

Ap. Sapientia christiana, a. 1979 , parla di "missio": art. 27) della comp etente autori tà
ecclesiastica tComrnunicationes, a. 1983, pp. 104-10 5, ca n. 767). T ale insegnamento
può essere affida to anche a dei laici (can. 229, § 3).
A norma del can. 833 n. 7. «i docenti che insegnano in qualsiasi Università discipline attinenti
alla fede o ai costumi, son tenuti ad emettere all' inizio dell'i ncarico la professione di fede, dinanzi
al I{ctlore, se sacerdote. o all'Ordi nario del luogo oppure a un loro delegato».

6) La cura pastorale deg li studenti universitari 3229


!l13 Tale cur a è necessaria non solo per gli studenti delle Università Cattoliche , ma
anche per quelli di altre Università. Il Vescovo diocesano dov rà provvedervi nei modi
più adatt i. Fra l'altro :
- Con l' erezione di parrocchie perso nali, a termi ne del can. 5 18
- Co n " assegnazione di particolari capp ellani, depu tati stabilmente (cfr . can . 564)
- Co n l'i stituz ione di ce ntri universi tari cattolici, nei quali i giovani possano
ricevere un ' adeguata ass iste nza , so prattu tto spirituale.
Cfr. la Dichiarazione co nciliare Gravissimum educationis, n. IO, 4. Cfr. anche il
Documento circ a la pastorale universitaria, della Congregazione per l'Educazione Cat-
tolica, giugno 1976 tEnc hir. Vat., voI. S, pp. 1340-1371).

7) Gl 'Istituti di Studi Superiori 3230


!l14 La de no minaz ione dei centri univ ersitari è complessa e varia da paese a paese .
Il can. 814 chiarisce che le norme stabilite per le Università valgon o anche per tutti
gl' Istitut i di Studi Supe riori, qualunq ue sia il nome che li designi.

8) Norme ulteriori
- La partecipazio ne ai Conci li particolari : ca n. 443 , § 3, n. 3.
56 LIBRO 111- Il t'munus doccndi" dclla Chiesa

3231 2. L a Costo Ap. ''Ex corde Ecclesiae"


Costituisce il primo Documento pontificio sulle Università Cattoliche : è stato pub-
blicato da Giovanni Paolo Il il 15 agosto 1990, dopo una lunga preparazione durata,
sostanzi almente , circa venti anni, col particolare contributo dell a Congregazione dci
Semin ari e degl ' Istituti di Studi.
Il bisogno di tale Documento era sentito do vunque , specialmente dopo la pubbli -
cazione della Cost. "Sapientia christiana" avvenuta nell' aprile del 1979 sulle Università
Eccle siastiche. Un testo analogo era pertan to necessario anche per le Univers ità Catto-
liche, che attraversavano un periodo di crisi e avevano bisogno di un opportuno rinno-
vamento .
Riporti amo le principali disposiz ioni dell 'importante documento ponti ficio.

3232 a) Natur a e obiettivi dell e Università Cattoliche


I. Og ni Universit à, in quanto tale, è una comuni tà accademica che, in modo rigo-
roso e critico, contribuisce alla tutela e allo sviluppo della dignit à uman a e dell'eredità
cu lturale mediante la ricerca , l'insegn amento e i diversi ser vizi offe rti alle comunità
locali, nazion ali e internazionali. Essa gode , a tal fine , della necessaria autonomia isti-
tuzionale (n. 12: Enchir. Val., vol. 12, n. 425 ).
2. L'Università Cattolica , in quanto "cattolica" deve possedere le seguenti essen-
ziali caratteri stiche:
- Una ispirazione cristiana da parte non solo dei singo li, ma anche della comunità
universitaria come tale;
- Una incessante riflessione, alla luce della fede cattolica , sul crescente tesoro
della conoscenza uman a, al quale cerca di offrire un co ntributo con le propri e ricerche;
- La fedeltà al messaggi o cristi ano così co me è prese ntato dalla Chiesa;
- L' impeg no istituzionale al servizio del popo lo di Dio e della famiglia umana ,
nel loro itinerario verso quell' obiettivo trascendente che dà signifi cato alla vita (n. 13:
Enchir. Val., voI. 12, n. 426).
3. L' Università Cattolica, in quanto tale, apporta ai suoi compiti, per imp egno
istituzionale, l' ispirazione e la luce del messaggio cristiano (n. 14: Enchi r. Val., voI. 12,
n. 427 ).
4. In una Università Cattolica, la ricerca del sapere e delle conoscenze comprende
necessariamente :
Il persegu imento di una integrazione della conoscen za
Il dialogo tra fede e ragione
Una preoccup azione etica
Una prospettiv a teologica (nn. 15-19: Enchir. Vat., nn. 429-4 32).

3233 b) La natura delle norme generali


Art. l, § l: Le seguenti norme generali sono basate sul Codice di Diritto Ca nonico
(in particolare cann. 807-814), del quale sono un ulteriore sviluppo, e sulla legislazione
complementare dell a Chiesa, fermo restando il diritto della Santa Sede di intervenire,
ove ciò si rende necessario. Esse valgono per tutte le Università Cattoliche e per le
Istituzioni Cattoliche di Studi Superiori in tutto il mondo.
ArI. l, § 2: Le norme generali devono essere concretamente appl icate a livello
locale e a livello regionale dalle Conferenze Episcopali e dalle altre Assembl ee della
gerarchia cattolica, in conform ità col Codice di Diritto Ca nonico e con la legislazione
ecclesiastica compl ementare, tenendo conto degli Statuti di ciascuna Università o Isti-
tuzione e - in quanto possibile e opport uno - anche del Diritto Civile. Dopo la
U Università Cat toliche 00 Eccteslusucfc 57

revisione da parte dell a Sant a Sed e (can.455, § 2), dett i "Ordi na menti" loc ali o reg ionali
saranno va lidi per tutte le Univers ità Ca tto lic he d i Studi S uperi or i dell a regi on e, ad
ec cezione dell e Unive rsità e Facol tà Eccl esiastich e. Qu este ultime Istituzion i, com pre se
le Facol tà Ecclesiastich e ap pa rte ne nti a una Unive rsità Cattolica , so no rette dall e no rme
della Costitu zio ne Aposto lica "Sapie ntia c hris tia na (Enchir. Vat., vol. J2, nn. 464 -465).

c) Erezione di una Università Cattolica 3234


Art. 3 § I . Una Unive rsità C attolica può essere ere tta o approvata dall a Sant a Se de,
da una Co nferenza Ep iscop ale o da un'altra Asse mbl ea dell a gerarchia catt oli ca oppure
da un Vescovo dio cesan o.
Art. 3, § 2. Con con senso del Ve sco vo diocesano un a Uni versità Ca ttolic a può
essere e retta anc he da un Istitut o Rel igioso o da altra per son a giuri dica pu bb lica.
Art. 3, § 3: Un a Università Catt oli ca pu ò es ser e eretta da altre persone ecclesiasti-
che o laic he . T ale U nive rsità pot rà conside rarsi Uni ve rsità Ca ttolica so lo co l consenso
della compete nte aut orità ec clesias tica, secondo le condizio ni che sa ranno concordate
dalle parti I .
Art. 3, § 4. Nei ca si menzion a ti ai §§ I e 2, g li Statuti dov ranno esse re approvati
dalla co mpete nte autorità ecc lesias tica (Enchir. Vat., vo l. 12, nn. 472 -475).

d) L'Università Cattolica nella Chiesa 3235


Art. 5. § l . Og ni Unive rsità Cat tolica deve mant en ere la com unione co n la Chiesa
Unive rsale e co n la Santa Sede. Deve essere in stretta co muni one con la Chiesa part i-
co lare e, in specie, co n i Vesco vi dioc esani dell a reg ione o de lla nazio ne in cui è situa ta.
Co nformeme nte alla sua natu ra d i Universi tà, l'Un iversità Cattol ica co ntri buirà all' op e ra
di ev an gelizzazione della Chiesa.
Art. 5. § 2. Ogni Vesco vo ha la respon sabilità di pro muo vere il buo n andament o
de lle Università Cattolic he nell a su a dioc esi, e ha il d iritto e il dover e di vigi lare sulla
preservaz ione e il raffo rza me nto de l lo ro ca rattere cattolico. Se do vesse ro so rgere pro -
blemi ci rca tale req uisito esse nzia le, il Vesco vo loc ale prender à le iniziative necessarie
a risolver li, d ' intesa con le co mpe tenti a utorità accademiche e in ac cordo co n le proce-
du re stabilite, e - se necessa rio - con " aiu to dell a Santa Sede.
Art. 5. § 3 . O gni Universi tà C attoli ca, d i cui all' art . 3, §§ I e 2, deve inviare
periodicame nte alla co mpe tente auto rità ecclesiastica una speci fica re lazion e co nce rne n-
te l' Unive rsità c le sue att ività. Le altre Unive rsità C attol iche de vono comunicare tali
info rmaz ioni al Ve sco vo dcIIa diocesi, in cui è situata la sede centrale de ll' istituzio ne
(Enchir. Vat., vo I. 12, nn. 48 1-483).

e) Norme transitorie 3236


Art. 8. La presente Costituzione andrà in vigore ili o giorno dell'anno accademi co 199 1.
Art. 9. L ' appl icazione del la Co stituzione è dem an data all a Co ngregazione per l' Ed u-
ca zio ne C attolica, a c ui spetta di provved ere a em a nare le direttive nec essa rie a tale sco po.
Art. 10. Sarà com pito della Co ngre gazione per " Edu cazio ne Cattolica, quando co l
pass are del tempo le ci rcostanze li rich iederanno, di proporre i cambiamenti da introd ur-
re nell a presente Costituzio ne, affinché ques ta sia di continuo adattala alle nuove esige n-
ze de lle Università Catto liche.

r Sia la costituzione di una tale Università. sia le condizioni alle quali può considerarsi
Università Cattolica. dovranno essere conformi alle precise indicazioni fomite dalla Santa Sede.
dalla Conferenza Episcopale o da altra Assemblea della Gerarchia Cattolica.
58 LIBRO III - Il "munus doccndi" de lla C hiesa

CAPITOLO III
LE UNIVERSITÀ E LE FACOLTÀ ECCLESIASTICHE

CAN. 815 - Ecclesiae, vi muneris In forza de lla sua m issione di an nu nz ia-


sui veritatem revelatam nuntiandi, re la ve ri tà rivelata, la C h iesa ha propr ie
propriae sunt universitates vel un iv er sità o facoltà ec c lesiast ic he per
facuItates ecclesiasticae ad l' approfondimen to de lle discipline sac re o
disciplinas sacras vel cum sacris co nnesse con le sacre, e per la form azione
conexas pervestigandas, atque scientifica degli alunni, ch e si app licano
studentes in iisdem disciplinis allo st ud io dell e dette d isci pli ne .
scientifice instituendos.

ArI. Il. Sono abrogate le leggi particolari o cons uetudini, al presente in vigore, che
siano contra rie a questa Costituzione. Parimenti sono abrogati i privilegi concessi sino
ad oggi dalla Santa Sede a persone sia fisiche che morali, e che siano in contrasto con
questa stessa Costituzione tEnchir. Val., voI. 12, nn. 488-49 1).

3237 3. Le Università e le Facoltà ecclesiastiche

I ) Introduzione
La normativa circa le Università Ecclesiastiche, contenuta nel Codice, ha carattere
generale e dev'essere opportunamente integrata con i Documenti specifici, emanati dalla
Santa Sede:
- La Cost. Ap. Sapientia christiana, promulgata da Giovanni Paolo II in data 15
aprile 1979 tEnchir. Val., voI. 6, pp. 946-997). Era stata preparata da Paolo VI.
- Le Norme applicative emesse dalla Congregazione per l'Ed ucazione Cattolica
in data 29 aprile dello stesso anno (Enchir . Val., voI. 6, pp. 998-1033).
È da ricordare, per il suo valore dottrinale e storico, la Cost. Ap. Deus scientiarum
Dominus di Pio XI, 24 maggio 1931 (X. O CIIOA Leges Ecclesiae , I, n. 1030, colI. 1272-
1281 ), uno dei più importanti documenti della Chiesa, che segnò il rinnovamento degli
studi ecclesiastici. dando per la prima volta. nella storia dell' ordinamento canonico . una
normativa completa circa l'i nsegnamento universitario.
In co nsegue nza della prom ulgazionc della Sopientia cttristiana di Giovanni Paolo Il , la
Deus scientiarum Dominus e le Norme e manate il 20 maggio 1968 dalla Congregazione per
l' Edu cazione Catto lica (Enchi r. Vat.• voI. 3, pp. 106- 151), so no state abrogate. Gli ele menti
tuttora validi dei detti documenti sono stati ripres i nella nuova Costitu zione (Enchi r. Val.. voI.
6. p. 959, n. 1J54) .
3238 Circa le Unive rsità Catto liche. esiste solo la normativa ge nerale dci cann. 807-8 14. Manca una
propria regola mentazione . perché lali Unive rsità. per la loro erezione c il loro funzionam en to. sono
subordi nate alla legislazione civile dei singoli Stati in cui esse svolgono la loro att ività. Spesso ,
tuttavia, interve ngono accordi con la Santa Sede, com'è avvenuto in Italia, relativa mente alla
Università Catto lica del Sacro Cuore.

3239 2) Il diritto della Chiesa e lo scopo delle Universi tà Ecclesiastiche


815 L' istituziune di proprie Università e Facoltà è un diritto, un dove re, una ne-
cessità inderogabi le per la Chiesa. Secondo il formale insegnamento del Concilio Va-
licano Il, il loro compito è molteplice:
Le Università Ca uolic he cd Ecclesiastich e 59

CAN. 816 . § 1. Universitates et § l. Le università e le facoltà ecclesia-


facultates ecclesiasticae constitui stiche possono essere istituite soltanto
tantum possunt erectìone ab A· mediante l'erezione o l'approvazione da
postolica Sede facta aut appro- parte della Sede Apostolica : compete an-
batione ab eadem concessa; ei- che alla medesima la loro superiore dire-
dem competit etiam earundem zione.
superius moderamen,
§ 2. Singulae universitates et fa- § 2. Le singole università e facoltà ec-
cultates ecclesiasticae sua habere clesiastiche devono avere i propri statuti e
debent statuta et studiorum ratìo- l'ordinamento degli studi, approvati dalla
nemab ApostolicaSedeapprobata. Sede Apostolica.
CAN. 817· Gradus academicos, Nessuna università o facoltà, che non
qui etIectus canonicos in Eccle- sia stata eretta o approvata dalla Sede
sia habeant, nulla universitas vel Apostolica, può conferire validamente
facultas conferre valet, quae non gradi accademici, con effetti canonici nel-
sit ab Apostolica Sede erecta vel la Chiesa.
approbata.

- Preparare adeguatamente al sacro ministero gli aspiranti al sacerdozio


- Preparare inoltre i giovani all' insegnamento nelle scuole di studi ecclesiastici
superiori
- AI lavoro scie ntifico pers onal e
- Allo svolgi me nto delle forme più alte di apostolato intellettua le
- Approfondi re i vari settori delle scie nze sacre, in modo che si abbia un a cono-
sce nza sempre più pien a della sacra Riv elazione, sia megli o esplorato il patrimonio dell a
sapienza cris tia na, tras mess o dalle generazioni passate. sia favorit o il dialogo con i
fratelli separati e co i non cristiani, e si risponda ai probl emi eme rgenti dal progre sso
cultura le dell 'umani tà tGravissimum educationis, n. Il , l ).
In ordine alle finalit à delle Università e Facoltà Eccle siast iche, v. anc he la Cost. Ap .
Sapientia christiana di Giovanni Paolo Il, art. 3.
Il campo proprio delle Università e Facoltà Ecclesiastiche è qu ello delle scienze
sacre e delle discipline co nnesse con le medesime.

3) Competenze della Santa Sede 3240


816-817 Sono riservate esclu sivamente alla Sede Apo stolic a:
l ° L 'erezion e o l'approvazione delle singole Unive rsità e Facoltà Ecclesiastiche (le
Universi tà Cattoliche possono in vece essere erette anch e da enti e da privati, sempre
però "de con sensu competentis auctoritatis ecclesiast icae" , per poter ass umere la deno-
minaz ione d i Uni versità Cattoliche: can. 808). L'erezione o l'approvazione è di compe-
tenza dell a Con gre gazion e per l'Educaz ione Cattolica.
2° La loro sup eriore direzione.
3° L'approvazione degli statuti e dell'ordinamento degli studi : anche questa di
comp etenz a della S.c. per l'Educazione Cattolica.
Solt anto le Uni versità o Facoltà erette o app rov ate cano nicamente dalla Sede
Aposto lica. posson o co nferire validame nte gradi acc ademi ci , con effetti ca nonici
nell a Chiesa .
Dal nuovo Accordo stipulato tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana. art . IO, nn. 1-2: 3241
60 LIBRO Hl - n "rnuuu s doccndi' della Chie sa

CAN. 818 - Quae de università- Le norme stabilite per le università cat-


tibus catholicis in cann. 810, 812 toliche nei cann. 810, 8 12 e 813, valgono
et 813 statuuntur praescripta, de anche per le università e facol tà eccles ia-
uni versitatibus facultatibusque stiche.
ecclesiasticis quoque valent.
CAN. 819 - Quatenus dioecesis Nella misura in cui lo richiede il bene
aut instituti religio si immo vel della diocesi o di un istituto relig ioso o
ipsius Ecclesiae universae bonum anche della stessa Chiesa uni versale, i
id requirat, debent Episcopi dioe- Vescovi diocesani e j Superio ri competen-
cesani aut institutorum Superiores ti degl'istituti devono inviare alle univer-
competentes ad universitates vel sità o facoltà ecclesiastiche giova ni, chie-
facultates ecclesiasticas mittere rici e religiosi, che si distinguano per in-
iuvenes et clericos et sodales indo- dole, virtù e ingegno.
le, virtute et ingenio praestantes,

- Gli istit uti universitari. i seminari, le acca demie, i co llegi c gli altri istituti per ecclesiastici
e religiosi o per la loro formazione nelle discipline ecclesiastiche, istituiti secondo il diri tto cano-
nico . conti nueran no a dipendere unicamente dalla com petente autorità ecclesiastica (n. I).
- I titoli accademici in teologia e nelle disci pline ec clesiastiche, determinate d 'accordo tra
le Parti, co nferiti dalle Facoltà approvate dalla Santa Sede, sono riconosciuti da llo Stato. Sono
parimenti rico nosciuti i diplomi co nseg uiti nelle Sc uole vati cano di paleografia, dipln ma tica e
archivistica e di bibl ioteconomia (n. 2) .

3242 4) Norme comuni con le Università Cattolich e


818 Sono le norme stab ilite nei cann. 810 , 8 12, e 813, che si applica no tanto alle
Università Catto liche quanto a quelle Ecclesiastiche;
- Cali. 8 /0. § I : la nomina dei doce nti
- Cali. 8 /0. § 2: la vigilanza delle Co nferenze Ep iscopa li e dei Vescovi dioce sani
- Cali. 8/2 : il " mandato" della competente autorità ecclesiastica per l'i nsegnament o delle
discipline teo logiche
- Can. 813: la particolare cura pastorale deg li student i
Altre norme comuni:
- Call. 833. Il. 7: l' obb ligo della profes sio ne di fede
- Call. 443. § 3. Il. 2: [a partecipazione ai Co nci li part icolari

3243 5) L 'invio di alunni scelti


819 ( J380 *) Il ca none conferma una direttiva del Codice precede nte, richiamando
il dovere idebent: è più di una semplice eso rtazione) dei Vescovi diocesani c dei Supe-
riori co mpetenti degl'Istituti relig iosi, d'i nvia re alle Università o Facoltà Eccle siastiche,
gio vani che si dis tinguano per indole, virtù e ingeg no, ma queslo nella mis ura in cui lo
richieda il bene de lla dioces i o dell'Istituto o anche della stessa Chiesa uni versale.
L'obbligo giurid ico rigua rda so lo i Superiori dcgl' Istituti religio si e non di altri
Istituti o Società, co sa tuttavia che può sembrare alquanto strana (Comm unicationes, a.
1983, p. 106, can. 775).

3244 6) La mutua collaborazione


820 Il canone, ispirato al n. 12 della Dic hiar azione concil iare Gra vissimum
educationis, auspica per il maggiore incre mento delle scie nze una valida co llaborazione:
Le Università Ca ttoliche cd Ecclesiastiche 61

CAN. 820 - Curent universita- I Moderatori e i professori delle univer-


tum et facultatum ecclesiastica- sità e facoltà ecclesiastiche abbiano cura
rum Moderatores ac professores che le varie facoltà dell'università si pre-
ut variae universitatis facultates stino vicendevolmente aiuto, per quanto
mutuam sibi, prout obiectum si- lo consentono le materie, c che tra la pro-
veri t, praestent operam, utque pria università o facoltà e le altre univer-
inter propriam universitatem vel sità o facoltà, anche non ecclesiastiche, ci
facultatem et alias universitates sia mutua collaborazione, in modo che,
et facultates, etiam non ecclesia- unendo le loro forze, esse abbiano ad ope-
sticas, mutua habeatur coopera- rare insieme concordemente, per il mag-
tio, qua nempe eaedem coniuncta giore incremento delle scienze, mediante
opera, conventi bus, investigatio- convegni , ricerche scientifiche coordinate
nibus scientificis coordinatis alii- e altre iniziative.
sque mediis, ad maius scientia-
rum incrementum conspirent.
CAN. 821 - Provideant Episco- La Conferenza Episcopale e il Vesco vo
porum conferentia atque Episco- diocesano provvedano che, dove sia pos-
pus dioecesanus ut, ubi fieri pos- sibile, siano fondati istituti superiori di
sit, condantur instituta superiora scienze religiose, nei quali cioè vengano
scientiarum religiosarum, in qui- insegnate le discipline teologiche e le al-
bus nempe edoceantur discipli- tre che riguardano la cultura cristiana .
nae theologicae aliaeque quae ad
culturam christianam pertineant.

- Tr a le varie facoltà della medesima Università Ecclesi astic a, per quanto lo


co nsentono le materie
- Tr a le diverse Università o Facoltà Ecclesiastich e esistenti nei vari Continenti ,
e specialmente nel medesimo Paes e
- Tra le Università e Facolt à Ecclesiastiche e quelle non eccle siastiche, in parti-
colar e le Università Cattoliche
Il canone suggerisce la celebrazione di convegni comun i. ricerche scientifiche co-
ordinate e altr e simili iniziative .
T ale collaboraz ione è prescritt a anehe nella Co st. Ap. Sapientia christiana:
- La collaborazione tra le Facoltà sia di una stes sa Università, sia di una stessa
regione. sia anch e di un più ampi o territori o, dev'essere diligentemente curata. Essa.
infatti, è di grande giovamento per promuovere la ricerca scientific a dei docenti e la
migliore formazione degli studenti. come pure per sviluppare quell a che viene dett a
solitamente interdisciplinarità, e che appare sempre più necessaria ; e, parimenti, per
sviluppare la cosiddetta compl ementarità tra le varie Facoltà; c, in general e. per realiz-
zare la penetrazione della sapienza cristiana in tutta la cultura (art. 64) .
Per favorire tale collaborazione. Pio XII, con Lettera Apostolica del 27 luglio 1949. istituì la 3245
Federazion e dell e Univer sit à Cattoliche. sotto la dipendenza della Congregazione per l'Edu cazione
Cattolica (X. O CHOA . Leges Ecclesiae, Il. n. 2068. coli. 2618-2619).

4. Gl'Istituti superiori di scienze religiose 3246


821 Si tratta d'Istituti che non hanno un carattere rigorosamente universitario; si
dedicano tuttavia . similmente, all'insegnamento delle discipline teologiche e dell e altre
che riguardano la cultura crist iana , a livello superiore.
62 LIBRO 111 - Il "rn unus doccndi " della C hiesa

Titolo IV
Gli strumenti di comunicazione sociale e i libri in specie
CAN. 822 - § l. Ecclcsiae pasto- § l . l p astori della Chiesa, valendosi
res, in suo munere explendo iurc nell'adempimento della loro missione del
Ecclesiae proprio utentes, instru- diritto proprio della Chiesa stessa, si stu-
menta communicationis socialis dino di utilizzare gli strum enti di comuni-
adhibere satagant. cazione soc iale.
§ 2. Iisdem pastoribus curae sit § 2. Sia cura dei medesimi pastori istru-
fidelesedocere se officioteneri coo- ire i fedeli sul do vere che essi hanno di
perandi ut instrumentorum com- cooperare perché l'uso degli strumenti di
municationis socialis usus humano comunicazione sociale sia animato da uno
christianoque spiritu vivificetur. spirito umano e cristiano.
§ 3. Omnes christifideles, ii § 3. Tutti i fedeli, specialmente quelli
praesertim qui quoquo modo in che hanno parte nell 'organizzazion e o
eorundem instrumentorum ordi- ne\1'uso dei detti strum enti, siano solleciti
natione aut usu partcm habent, nel prestare la loro collaborazione all'azio-
solliciti sint operam adiutricem ne pastorale, in modo che la Chie sa possa
actioni pastorali praestare, ita ut svolgere effic acemente la sua missione
Ecclcsia etiam his instrumentis anch e con questi strumenti.
munus suum cfficaciter cxerceat.

Dev'essere cura delle Conferenze Epi scopali e de i Vescovi d iocesan i che tali Istituti
siano fond ati nel terri torio di loro competenza e funzi onin o debit am ent e secondo i
principi dell a dottrina cristiana.
Sull' argomento, v. la No /a pastorale della Conferenza Episcopale Italiana (Commissioni
Episcopali per la dottrina della fede, la catechesi e la cultura e per l' educazione cattolica). 19
maggio 1985: Ellchir. CEI, vol. 3, pp. 1366-1396.

3247 GLI STRUMENTI DI COMUNICAZIONE SOCIALE E I LIBRI


(cann. 822-832)
Schema
I. Gli strumenti di comunicazione sociale 3. 1 censori per l'e same dei libri
2. Scritti la cui pubblicazione richiede la licenza 4. Norme ulteriori
o l'appro vazione dell' Autorità ecclesiastica

3248 Il Co ncilio Vaticano Il parlò a più ripres e de i mezzi di comunicazione sociale


(stam pa, cinema, tele vision e, radio c altri mezzi del genere) :
- Nella Cost. pasl. Gaudium et Spes, nn. 6, 54, 61
- Nei Decreti Christus Dominu s, n. 13; Optat am totiu s, n. 2; Apostolicam
actuositatem , n. 8; Ad Gentes , nn. 19, 26, 3 1, 36
- Nella Dichi ar. Gravissimum educationis, n. 4
Tr attò in modo specifico que sto argomento nel De cr. Imer mirifica del 4 dicembre
1963. a cui seguì il 23 magg io 1971 l'ampia Istr. past oral e Communi o et progressi o
dell a Pont. Commissione per le Comunicazioni soci ali iEnchir. Va/., vol. 4, pp. 498-
6 17), istituita da Paolo VI il 2 aprile 1964 col. M.P. ln fructlbus multis (Enchir Vat. , voI.
2. pp. 174-179).
Strumenti di comun. sociale c lihri 63

Nella Cost. Ap. Pastor Bonus di G iovanni Paolo II sulla Curia Romana (28 giugno
1988) so no dedicati al Pontificio Consi glio delle Comunicazioni Sociali gli artt. 169-
1701•
Per l'Itali a. è da tener presente il Documento emanato dalla CEI, Ufficio per le Comunicazioni
Sociali , in data 25 luglio 1975 , a conclusione di un cor so di aggiornamento svoltosi a
Monteeampione , per Vescovi e responsabili della pastorale delle comunicazioni sociali (Enchir.
CEI, voI. 2, pp. 775-7 86).

l. Gli strumenti di comunicazione sociale 3249

l ) Il dovere e il diritto della Chiesa e dei Pastori


822, § 1 Il do vere e il diritto della Chiesa so no affermati nel can. 747, § l : «La
Chiesa... ha il dover e e il diritto nativo , indipendente da qualsiasi potest à umana, di
predicare il V angelo, u sando anche propr i mezzi d i comunicazione social e» (nn. 3095-
3098).
T ale diritto è riaffennato nell'attuale canone, che esorta i Pastori della Chiesa a
utilizzare g li strumenti di comuni cazione soci ale, a vvalendosi nell'adempimento dell a
loro mi ssione, di un diritto proprio dell a Chiesa .
L 'uso degli stru me nti di co m u nicazio ne soci a le vie ne richiamato e so lleci tato
espressamente:
Nell 'annunzio della dottrina cri stiana: can. 761
Nell a is truz io ne ca tec het ica: can. 779
Nell a pa storale matrimoniale: can. 1063, n . l

2) L 'impegno dei fedeli 3250


822, §§ 2-3 L ' impegno è duplice:
l " Adoperarsi , un end o le proprie forze, perché l'uso degli strumenti di comunica-
zio ne sociale si a an imato da uno spi ri to um ano e cris tia no . I Pastori dell a Chie sa , da
parte loro, avranno c ura di richiamare i fedeli all'impegno per un a tale azione.
Circa il retto uso dei mezzi di comunicazione sociale, v. la Cost. eone. Inter mirifica. nn. 5-8.

I Art. 16 9. § I: «Il Consiglio si occupa delle question i che riguardano gli strumenti di comu-

nicazione sociale, affinché, anche per mezzo di essi, il messaggio della salvezza e l'umano
progresso possano servire all 'in cremento della civiltà e del costume».
Art. 169. § 2: «Nell' adempimento delle sue funzioni, esso deve procedere in stretto collega-
mento con la Segreteria di Stato».
Art. 170. § I : «II Consiglio attende alla precipua funzione di suscitare e sostenere tempesti-
vamente e adeguatamente l' azione della Chie sa e dei fedeli nelle molteplici forme dell a
comunicazione sociale; di adoperarsi perché. sia i giornali e gli altri scritti periodici, sia gli spet-
tacoli cinematografici, sia le trasmissioni radiofoniche e televisive siano sempre più permeati di
spirito umano e cristiano».
Art. 170. § 2: «Con speciale sollecitudine esso segue i quotidiani cattolici. le pubblicazioni
periodiche, le emittenti radiofoniche e televisive, perché realmente corrispondano alla propria in-
dole e funzione, divulgando soprattutto la dottrina della Chiesa, qual è proposta dal Magistero, e
diffondendo corrett amente e fedelm ente le notizie di carattere religioso ».
Art. /70. § 3: «Favorisce le relazioni con le associazioni cattoliche, che operano nel campo
delle comunica zioni».
Art. 170. § 4: «Si adopera perché il popolo cristiano. specialmente in occasione della celebra-
zione della Giornata delle Comun icazion i Sociali. prenda coscienza del dovere, che spetta a
ciascuno di impegnarsi affinché tali strumenti siano a disposizione della missione pastorale della
Chiesa».
64 LIBRO ili ' Il " muuus docend!" della Chies.

CAN. 823 - § 1. Vt veritatum fi- § I. Perché sia tutelata l'integrità delle


dei morumque integritas serve- verità della fede e dei cos tumi, i pastori
tur, officium et ius est Ecclesiae della Ch iesa hanno il dove re e il diritto di
pastoribus invigilandi, ne scriptis vig ilare che non si arrech i danno alla fede
aut usu instrumentorum commu- o ai costumi dei fedeli cristiani né co n gli
nicationis socialis christifidelium scritti né con l'uso degli strumenti di co-
fidei aut mori bus detrimentum municazione sociale; parim ent i, hann o il
afferatur; item exigendi , ut quae dovere e il diritto di esigere che gli scritti
scri pta fidem moresve tangant a dei fedeli destinati alla pubbl icazione, se
christifidelibus edenda suo iudi- toccano la fede o i costumi, vengano sot-
cio subiciantur, necnon repro- toposti al loro giudizio, come pu re di con-
bandi scripta quae rectae fidei dannare gli scritti che pregiudich ino la
aut bonis mori bus noceant. retta fede o i buoni costumi.
§ 2. Officium et ius, de qui bus § 2. Il dovere e il dir itto, di cui al § l ,
in § 1, competunt Episcopis , tum competono ai Vescovi sia indi vidualmen-
singulis tum in conciliis particu- te sia riuniti nei concili particolari o nelle
laribus vel Episcoporum confe- Conferenze Episcopa li, relativam ente ai
rentiisadunatis quoad christifid e- fedeli affid ati alle loro cure; alla suprema
les suae curae commissos, supre- autorità della Chiesa, rispetto a lutto il
mae autem Ecclesiae auctoritati popolo di Dio.
quoad universum Dei populum,

2° Prestare la propria collaborazion e all'azione pastorale de lla Chiesa , in modo


che essa possa svolgere efficacemente la sua mission e anche con i mezzi di com unica-
zione soci ale. È questo un obbligo che riguarda speci almen te quelli che hanno parte
nell'organizzazione o nell' uso de i detti mezzi.

3251 3) La necessaria vigilanza


823 (1384, § l ; 1385 *) l] cano ne riporta sostanzialmente il seco ndo paragrafo de l
proemio dcI dec reto Ecclesiae Pastorum della Co ngreg azione per la Dottrina de lla Fede ,
in data 19 mano 1975. È co mpito esse nziale dei sacr i Pastori non solo diffondere la
verità della fede e promu overe l' integrità dei costumi, ma anc he tutelam e de hitame nte
i co ntenuti e i valori. A tal riguardo , essi hanno un trip lice dovere e diritto :
l ° Vigilare che non si arrec hi alcun danno alla fede e ai costum i dei fedeli, né con
gli scritti né con l'uso degli strum enti di comunicazione sociale.
2° Esigere che gli scritti dei fedeli, destinati alla pubblicazione, venga no sotto posti
al loro giudizio, se toccan o la fede e i cost umi.
Tenendo conto dell' ulteriore can. 827. § 3, che usa "commendatur", sembra di dove r dire
che tale giudizio o censura l're via non è prescritta ex il/re commun i per tutti gli scri tti rig uar-
danti la fede e i costumi, ma è lasciata alla discreziona lità de i Pastori , che possono imporla con
una partico lare legge o decreto (diritto particolare: diocesa no, provinciale o nazio nale) . L'i n-
giu nzione può esser data dal Vescovo diocesano anche a una persona deter minata, se speciali
motivi lo consiglino. Nel caso che la censura previa non sia obbligatoria, i fedeli possono
sollecitarla spontaneamente, in conformità al can, 827, § 3, per dare ai pro pri scritti una
gara nzia di ortodossia.
3° Condannare gli scrit ti che pregiudichino la retta fede o i buoni costu mi (§ I).
3252 Il seco ndo paragrafo del canone determina i soggetti ai quali compete il diritto e il
do vere di vig ilanza, di ce nsura previa e d i even tuale condanna, di cui al § I:
Strumenti dì comun . sociale C libri 65

CAN. 824 • § l. Nisi aliud sta- § I. Tranne che sia stabilito diversamen-
tuatur, loci Ordinarius, cuius Ii- te, l'Ordinario del luogo, a cui, a nonna dei
centia aut approbatio ad libros canoni di questo titolo, va richiesta la li-
edendos iuxta canones buius titu- cenza o l'approvazione per la pubblicazio-
li est petenda, est loci Ordinarius ne dei libri, è l'Ordinario del luogo proprio
proprius auctoris aut Ordinarius dell'autore oppure l'Ordinario del luogo in
loei in quo libri publiei iuris fient. cui i libri di fatto saranno pubblicati.
§ 2. Quae in canonibus buius § 2. Se non consta diversamente, le
tituli statuuntur de libris, quibus- nonne stabilite circa i libri nei canoni del
libet scriptis divulgationi publi- presente titolo, sono da applicare a qua-
cae destinatis applicanda sunt, lunque scritto destinato alla pubblica di-
nisi aliud constet. vulgazione.

- I Vescovi, sia individualmente sia riuniti nei Concili particolari o nelle Confe-
renze Episcopali, relativamente ai fedeli affidati alle loro cure
- La Suprema Autorità della Chiesa, rispetto a tutto il Popolo di Dio

4) L 'Indice dei libri proibiti 3253


È il catalogo ufficiale dei libri condannati dalla Sede Apostolica come dannosi
alla fede o alla morale, e di cui, nella precedente legislazione, erano vietati, salvo
speciale dispensa, sia la lettura che lo stesso possesso . Tale Indice, pubblicato per la
prima volta nel 1559 sotto Paolo IV, e aggiornato man mano in numer ose edizioni
successive , è rimasto in vigore fino al 14 giugno 1966, quando una Notificazione
della Congregazione per la Dottrina della Fede ne ha abolito il valore giuridico
tEnchlr. Var., voI. 2, pp. 674-677).
Ovviamente rimane integro il diritto-dovere della Santa Sede di condannare gli
scritti che pregiudicassero la fede o i costumi. Similmente rimane integro il valore
morale dell'Indi ce stesso. Avverte infatti espressamente la detta Notificazione: «Questa
Congregazione per la Dottrina della Fede. dopo aver consultato il Santo Padre, comu-
nica che l'Indice rimane moralmente impegnativo, in quanto ammonisce la coscienza
dei cristiani a guardarsi, per una esigenza che scaturisce dalla stessa legge naturale, da
quegli scritti che possano mettere in pericolo la fede o i costumi; dichiara però nello
stesso tempo che esso non ha più forza di legge ecclesiastica con le annesse censure».

5) Norme ulteriori 3254


- Una esortazione ai religiosi circa l'u so degli strumenti di comunicazione socia-
le: can. 666
- Un reato da punire: can. 1369

2. Scritti la cui pubblicazione richiede la licenza o l'approvazione del- 3255


l'autorità ecclesiastica
I canoni che disciplinano tale materia (cann. 824-832) riproducono sostanzialmente
le disposizioni emanate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede col Decreto
Ecclesiae Pastorum del 19 marzo 1975 (Enchir. Var., voI. 5. pp. 742-749).

I) L'Ordinario competente 3256


824, § 1 (1385, § 2 *) Di regola (nisi aliud statuatur), è l'Ordinario del luogo che
66 LIBRO 111 - Il "munus dcccndi' della Chi esa

CAN. 825 - § 1. Libri sacrarum § I. I libri delle sacre Scritture non


Scripturarum edi non possuntnisi possono essere pubblicati senza l' appro-
ab Apostolica Sede aut ab Epìsco- vazio ne dell a Sede Apos tolica o della
porum conferentiaapprobati sint ; Conferenza Episcopale; similmente, an-
itemque ut eorundem versiones in che per la pubblicazione delle loro versio-
Iinguam vernaculam edi possint, ni in lingua moderna, occorre che inter-
requiriturutabeademauctoritate venga l'appro vazione da parte della me-
sint approbatae atque insimul ne- desima autorità c, nello stesso tempo, che
cessariis et sufficientibus explica- le versioni siano corredate da necessarie e
tionibus sint instructae. sufficienti spiegazioni.
§ 2, Versiones sacrarum Scrip- § 2. Le versioni delle sacre Scritture,
turarum convenienti bus explica- corredate da opportune spiegazioni, pos-
tionibus instructas, communi sono essere preparate e pubblicate dai cat-
etiam cum fratribus seiunctis ope- tolici anche in collaborazione con i fratelli
ra , parare atque edere possunt separati , con licen za dell a Conferen za
christifideles catholici de Iicentia Episcopale.
Episcoporum conferentiae.

dà la licenza o l'approvazione per la pubblicazione dei libri. Tale Ordinario è nel nuovo
Codice:
- L' Ordinario del luogo proprio dell ' autore, a term ini del can. 107
- Oppure l'Ordinario del luogo in cui i libri di fatto vengono pubblicati, ossia in
ge nere l'O rdinario del luogo in cui ha sede la Casa Editrice
*
È stato tralasciato il terzo Ordinario previsto nel can, 1385, 2. del Cod ice precedente: q uello
del luogo in cui il libro viene stampato, per le incertezze che potevano derivarne, in q uanto il lavoro
per l'edi zione di un libro (composizione, stampa propriamente detta e legatura) oggi è spesso diviso
fra più aziende, che risiedono in luoghi diversi.
Nel caso che uno degli Ordin ari indicati neghi la licenza o l' approvazione. non è
vietato rivolgersi all'altro, purché venga debitamente informato del precedent e diniego.
Il secondo Ord inario dovrà attenersi alla disposizione del can. 65, § l (nn. 52 1-522) . Cfr.
Decr. Ecclesiae Pastorum, art. l , n. I; cfr. anche Communicationes, a. 1983, pp. 106-
107. can. 779 .
3257 Il canone distingue tra licenza e approvazione. Specificamente, si parla di licenza nei cann,
825, * 2; 826, § 3; 827, § 4; 828; 830, § 3; e di approvazione nei cann. 825, * I; 827. §§ 1-2. La
Iicenza autorizza la pubblicazione di UIlOscritto (imprimatur), con "implicita dichiarazione che in
esso non c' è alcun errore contro la fede e i costu mi (nihil obstat), L'app rovazione, invece, è più
che IlIl semplice "imprimatur": comp orta anche, sia pure genericamente, un apprezzamento dd-
l'opera c del suo positivo valore.

3258 2) Una precisazione


824, § 2 (1384, § 2 *) l canoni dell'attuale titolo usano di regola il termi ne libro.
Le relative norme, tuttavia, sono da applicare a qualsiasi scri tto destinato alla pubb lica
divulgazione, in qualun q ue modo essa avvenga: mediante la stampa, ciclostile e anche,
riteniamo. median te dischi fonografici. video-cassette e altre forme moderne di diffusio-
ne del pensiero, purch é la divulgazione abbia carattere pubblico. Non sono invece da
applicare a scritti, bollettini, fogli di carattere privato o confidenziale e con tiratura
molto limitata.

3259 3) l Libri Sacri


825 (1385, § 2, e 1391 *) Per la pubb licazione dei Libri della Sacra Scrittura e,
Strume nti di comun. soc iale c lihri 67

CAN. 826 - § 1. Ad Iibros liturgi- § l. Per quanto riguarda i libri liturgici,


cos quod attinent, serventur si osservino le disposizioni del can. 838.
praescripta can, 838.
§ 2. Vt iterum edantur libri li- § 2. Per una nuova edizione di libri li-
turgici necnon eorum versiones turgici o di loro versioni in lingua moder-
in Iinguam vernaculam eorumve na o di parti di essi, deve risultare la con-
partes, constare debet de concor- cordanza con l'edizione approvata, da un
dantia cum editione approbata attestato dell'Ordinario del luogo in cui
ex attestatione Ordinarii loci in avviene la pubblicazione.
quo publici iuris fiunt.
§ 3. Libri precum pro publico § 3. I libri di preghiere ad uso pubbli co
vel privato fidelium usu ne edan- o privato dei fedeli, non si pubblichino
tur nisi de Iicentia loci Ordinarii. senza la licenza dell'Ordinario del luogo.
CAN. 827 - § 1. Catechismi nec- § I. I catechismi, come pure ogni altro
non alia scripta ad institutionem scritto destinato all'istruzione catechetica
catecheticam pertincntia eorum- o le loro versioni, hanno bisogno dell'ap-
ve versiones, ut edantur, appro- pro vazione dell'Ordinario del luogo per la
bationc egent loci Ordinarii, fir- loro pubblicazione , fermo restando quanto
mo praescripto can. 775, § 2. dispone il can. 775, § 2.

similmente delle loro versioni in altra lingua, occo rre l'appro vazione della Sede Apo-
stolica o delle Conferenze Episcopali (Communicationes, a. 1983, p. 107, can. 780).
Le versioni, inoltre, devono essere corredate da opportune spiegazioni.
Le versio ni dei Libri de lla Sacra Scrittura, corredate di spiegazioni, possono essere
preparate e pubblicate anche in coll aborazione con i fratelli separat i, su licenza della
Conferenza Episcopale . Relativamente a tali versi oni ecumeniche, bisogna tener presen-
te le direttive pubbli cate il l° giug no 1968 dal Segretariato per l'Unione dei cristiani.

4) [lib ri liturgici e i libri di preghiere 3260


826 (/385. § J. n . 2. e 1390*) Relat ivamente alla pubbli cazione dei libri liturgici, il
can. 826, § l, rimanda al prossimo can. 838, compreso nel IV libro del Cod ice, De Ecclesiae
1II1IIlere sanctificandi. Il § 2 prescrive che, per una riedizi one dei libri liturgici o delle loro
versioni in una lingua nazionale o di parti di esse, si richieda un attesta to di concorda nza con
l'edizi one approvata -s-Yed izione tipica - rilasciata dali' Ordinario del luogo in cui avviene
la pubblicazione. E da tener presente , a tal riguardo, il Decreto C Ulli nostra aetate della Sacra
Congre gazione dei Riti, circa le edizioni dei libri liturgici (Enchir. Vat., voI. 2, pp. 596-60 3).
Per la pubb licazione dei libri di preghiera destinati ad uso sia pubbl ico che privato
dei fedeli, è necessaria la Iicc nza dell 'Ordinario del luogo, di cui al can. 824, § l .

5) Catechismi ed aLtri scritti destinati all'istruzione catechetica 3261


827, § 1 I testi originari, come le loro versioni, non possono essere pubblic ati senza
l' appro vazione dell'Ordinario del luogo (can. 824, § I), fermo restand o il disposto del
ean. 775 , § 2. per il quale i catechismi compilati dalle Conferenze Episcopali per il
proprio terri torio, hanno bisogno della previa approvazi one della Sede Apostolica.

6) l testi di scuola 3262


827, § 2 (1385. § J, n. 2*) Nelle scuole di qualsiasi ordine e grado - element ari,
medie, superiori, universitarie - i libri il cui contenuto riguardi:
68 LIBRO III - n " munus doccndi'' della Chiesa

§ 2. Nisi cum approbatione § 2. Qualora siano stati pubblicati sen-


competentis auctoritatis ecclesia- za l'approvazione della competente auto-
sticae editi sint aut ab ea postea rità ecclesiastica oppure sia mancata l'ap-
approbati, in scholis, sive elemen- provazione successiva. nelle scuole, sia ele-
tariis sive mediis sive superiori- mentari sia medie sia superiori , non pos-
bus, uti textus, qui bus institutio sono essere adottati come testi-base per
nititur, adhiberi non possunt libri l'in segnamento i libri che trattano questioni
qui quaestiones respiciunt ad sa- concernenti la sacra Scrittur a, la teologia,
cram Scripturam, ad theologiam, il diritto canonico, la storia ecclesiastica e
ius canonicum, historiam eccle- le discipline religiose o morali.
siasticam, et ad religiosas aut
morales disciplinas pertinentes.
§ 3. Commendatur ut libri ma- § 3. Si raccomanda che i libri, i quali
terias de quibus in § 2 tractantes, trattano le materie di cui al § 2, anche se
licet non adhibeantur uti textus non siano usati come testi d'in segnamen -
in institutione tradenda, itemque to. e, similmente, gli scritti in cui ci sia
scripta in quibus aliquid habetur qualcosa che interessi in modo particolare
quod religionis aut morum hone- la religione o l'integrità dei costumi, ven-
statis peculiariter intersit, iudi- gano sottoposti al giudizio dell'Ordinario
cio subiciantur loci Ordinariì, del luogo.
§ 4. In ecclesiis oratoriisve ex- § 4. Nelle chiese e negli oratori. non si
poni, vendi aut dari non possunt possono esporre, vendere o dare libri o
libri vel alia scripta de quaestio- altri scritti che trattano argomenti religiosi
nibus religionis aut morum trae- o morali, se non siano stati pubblic ati con
tantia, nisi cum licentia competen- la licenza della competente autorità eccle-
tis auctoritatis ecclesiasticae edita siastica o non siano stati appro vati da
sint aut ab ea postea approbata. questa successivamente.

- La Sacra Scrittu ra
- La Teologia
- )) Diritto Canonico
- La Storia ecclesiastica
- Le discipline religiose o morali
non possono essere usati come testi-base per l'insegnamento se non siano stati appro vati
dalla co mpetente autorit à eccle siastica. con approva zione previa alla pubbli caz ione o
almeno successi va.

3263 7) Una direttiva e un divieto


827, §§ 3·4 (/385 § J, Il. 2*) II § 3 contiene una raccom andazione, che pertanto
non ha carattere obbligatorio: i libri che trattano le materie indicate nel § 2 e, similmen-
te, gli scritti in cui ci sia qualc osa che riguardi in modo particol are (pec uliariter) la
religione o l'integrità dei costumi , anche se non siano usati come testi di scuola, è
opportuno ai fini di una indubbia garanzia morale e giuridica, che vengano sottoposti al
giudizio dell'Ordinario del luogo.
Per la disposizione contenuta nel § 4, nelle chiese e negl i oratori non si possono
esporre , vendere o dare libri o altri scritti che trattano argomenti religiosi o di costumi,
se non sono stati pubblicati con la licenza della competente autorità ecclesiastica, o non
sono stati approva ti da ques ta successivamente.
Strume nti di comun. soc iale c lihri 69

CAN. 828 • Collectiones decre- Non è lecito pubblicare le collezioni dei


torum aut actorum ab aliqua decreti o degli atti editi da un'autorità ec-
auctoritate ecclesiastica editas, clesiastica, senza aver prima ottenuto la
iterum edere non licet, nisi impe- licenza della medesima autorità; occorre
trata prius eìusdem auctoritatis inoltre osservare le condizioni da essa sta-
Iicentia et scrvatis condicionibus bilite .
ab eadem praescriptis.
CAN. 829 - Approbatio vel li- L'approvazione e la licenza di pubblica-
centia alicuius operis edendi pro re un'opera ha valore per il testo origina-
textu originali valet, non vero rio, non per edizioni successive o per le
pro eiusdem novis editionibus traduzioni.
vel translationibus.
CAN. 830 - § l. Integro manente § l. Fermo restando il diritto di ciascun
iure uniuscuiusque loci Ordinarii Ordinario del luogo di affidare a persone
committendi personìs sibi proba- di propria scelta l'esame dei libri, la Con-
tis iudicium de libris, ab Episco- ferenza Episcopale, da parte sua, può
porum conferentia confici potest compilare un elenco di censori, eminenti
elenchus censorum,scienti a, recta per scienza, retta dottrina e prudenza, che
doctrina et prudentia praestan- siano a disposizione delle curie diocesane,
tium, qui curiis dioecesanis prae- oppure istituire anche una commissione di
sto sint, aut constitui etiam potest censori, che gli Ordinari del luogo pos sa-
commissio censo rum, quam loci no consultare.
Ordinarii consulere possìnt,

La ragione è evidente. La chiesa o l'oratorio sono luoghi sacri, dipendenti dall'au-


torità ecclesiastica, e l'esposizione o la vendita di libri di carattere religioso o morale che
avviene in essi, esige un'assoluta sicurezza della loro ortodossia , tanto per il rispetto
dovuto al luogo sacro quanto per il fatto che la detta esposizione o vendita coinvolge
direttamente la responsabilità dell'autorità ecclesiastica, che le autorizza o le permette.

8) Decreti e Atti dell'autorità ecclesiastica 3264


828 (/389*) A termine del canone, è fatto divieto di pubblicare collez ioni dei
Decreti o Atti dell'autorità ecclesiastica (qualunque autorità: Vescovi diocesani , Confe-
renze Episcopali , Concili , Dicasteri della Curia Romana, ecc.), senza la sua previa
licenza; occorre inoltre osservare le condizioni prescritte.
La licenza ha soprattutto lo scopo di assicurare l'autenticità dei documenti riprodot-
ti, ma anche quello di tutelare i legittimi diritti di autore.

9) Il valore dell'approvazione o della licenza 3265


829 (1392, § I *) La disposizione contenuta nel canone esisteva anche nel Codice
precedente. Con essa si chiarisce che l'approvazione o la licenza concessa per la pub-
blicazione di un'opera, ha valore solo per il testo originario, non per le eventuali tradu-
zioni, che hanno bisogno di una nuova canonica approvazion e o licenza. Tale appro va-
zione o licenza è richiesta anche per ogni singola edizione successiva.

IO) I "censori" per l'esame dei libri 3266


830, § l (/393-1394 *) L'approvazione o la licenza dell'Ordinario del luogo per la
70 LIBRO III -II "ITIUIlUS doccndi' della Chiesa

§ 2. Censor, in suo obeundo of- § 2. Il censore, nell'assolvere il suo


ficio, omni personarum acceptìo- compito, messo da parte ogni riguardo
ne seposita, prae oculis tantum- personale, si attenga solo alla dottrina della
modo habeat Ecclesiae de fide et Chiesa sulla fede e sui costumi, qual è
moribus doctrinam, uti a magi- proposta dal magistero ecclesiastico.
sterio ecclesiastico proponitur.
§ 3. Censor sententiam suam § 3. Il censore deve dare il suo parere in
scripto dare debet; quae sifaverit, iscritto; se esso è favorevole, l'Ordinario
Ordinarius pro suo prudenti iudi- del luogo conceda, a suo prudente giudi-
cio licentiam concedat ut editio zio, la licenza per la pubblicazione, indi-
fiat, expresso suo nomine necnon cando il suo nome e, insieme, la data e il
tempore ac loco concessae licen- luogo della concessione; se invece la li-
tiae; quod si eam non concedat, cenza non è accordata, l'Ordinario comu-
rationes denegationis cum operis nichi ali' autore dell'opera le ragioni del
scriptore Ordinarius communicet. diniego.

pubblicazione di uno scritto di carattere religioso o morale, suppone l'esame del mede-
simo da parte di uno o più censori. Trattandosi di più censori, l'esame può essere anche
collegiale, secondo le disposizioni dell'Ordinario.
La scelta del censore è di competenza dell'Ordinario, il quale ha diritto di designare
a tale compito persone di sua fiducia. Per venire in aiuto delle diocesi, che potrebbero
non disporre di esaminatori qualificati, le Conferenze Episcopali possono procedere:
- Alla compilazione di un elenco di censori, eminenti per scienza, retta dottrina
e prudenza, che siano a disposizione delle curie diocesane
- Alla istituzione di una commissione di censori, che gli Ordinari del luogo pos-
sano consultare, se lo ritengano opportuno.
Un elenco o una commissione di censori possono essere disposti anche a livello di
Conferenza Episcopale.
3267 830, § 2 Il compito del censore riveste una particolare responsabilità. Egli deve
esaminare lo scritto da pubblicare con piena obiettività, mettendo da parte ogni ri-
guardo personale (omni personarum acceptione seposita), e attenendosi solo alla
dottrina della Chiesa sulla fede e sui costumi, qual è proposta dal magistero eccle-
siastico. In caso di esame collegiale, sarà opportuno tener presenti le norme in vigore
presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, pubblicate il 15 gennaio 1971
(Enchir. Vat., vol. 4, pp. 82-87).
3268 830, § 3 Il giudizio dev'essere formulato in iscritto, ma l'Ordinario, al quale com-
pete concedere l'approvazione o la licenza, non è vincolato ad esso. Decide con respon-
sabilità propria, pro .1'110 prudenti iudicio.
Se la licenza è concessa, questa deve indicare il nome dell'Ordinario del
luogo, segnando anche nei libri dati alla stampa la data e il luogo della conces-
sione (Pont. Comm. per l'interpretazione del Codice di Diritto Canonico, 26
maggio 1987, Il: Enchir. Vat., vol. IO, p. 1281). Non è più necessario riportare
il nome del censore che ha dato il suo "nihil obstat". Se la licenza non è accor-
data, l'Ordinario è tenuto a comunicare le ragioni del diniego all'autore dell'ope-
ra, il quale ha diritto di presentare le sue osservazioni. Nel caso di un diniego
definitivo, egli ha due possibilità:
- Rivolgersi all'altro Ordinario competente, che tuttavia deve essere debitamente
informato della decisione del primo Ordinario (n. 3256).
Strumenti di comun. soc iale c libri 71

CAN. 831 - § 1. In diariis, Iibellis § l . Nei giornali, opuscoli o fogli pe-


aut foliis periodicis quae religio- riod ici, che sog liono attaccare ape rta-
nem catholicam aut bonos mores mente la religione cattolica o i buon i co-
manifesto impetere solent, ne stumi, i fedeli si astengano dallo scrivere
quidpiam conscribant christìfide- qualcosa in essi, tranne che ricorra una
les,nisi iusta et rationabili de cau- cau sa giusta e ragionevole ; i chie rici e i
sa; c1eriei autem et institutorum mem br i degl ' istitu ti reli giosi possono
religiosorum sodales, tantummo- farlo solo con l' auto rizzazione dell'Ordi-
do de Iicentia loei Ordinarii. nario del luogo.
§ 2. Episcoporum conferentiae § 2. Spetta alla Con ferenza Episcopale
est normas statuere de requisitis stabilire norme sui requisiti necessari, per-
ut c1erieis atque sodalibus insti- ché ai chierici c ai membri degl'istituti
tutorum religiosorum partem ha- religiosi sia consentito partecipare a tra-
bere Iiceat in tractandis via ra - smissioni radiofoniche o televisive su que-
diophonica aut televisifica quae- stioni riguardanti la dottrina cattolica o i
stionibus, quae a d doctrinam costumi.
catholicam aut mores attineant.

- Far ricorso alla Sa nta Sede, oss ia alla Congreg azione per la Dottrina dell a
Fede.
La licenza otte nuta dev'essere riprodotta nel libro pubblicato: "indicatis nomi ne
conccdent is, die et loco concession is" (Pont. Comm. interpr. Codice . 20 giug no 1987).

Il ) Un ammonimento per i laici e un divieto pe r i chierici e per i religiosi 3269


831, § l (/386 *) Non mancano purtroppo gio rna li, riviste , fog li periodici nei
quali sis tem aticame nte o con una certa freq uenza viene attaccata la religio ne
cattolica o il buon cost ume. Ad essi un cristi ano non può dare per sé la propri a
collaboraz io ne: un laic o può scrivere in essi solo se sussiste un motivo giusto e
ragio nevo le (iusta et ratio nabili de causa) ; un chierico, un religioso e simil mente,
a nor ma del ca n. 739, un membro di Società di vita aposto lica, possono Far lo solo
con l'auto rizzaz io ne dell ' Ordina rio de l luogo. a causa dell o sca ndalo che potre bbe
deriva rne.
La medesima disposizione vale, ovvia mente, rispetto a giornali e periodici inficiati
di materialismo o di ateis mo.
Il divieto giuridico non riguarda i membri deg l' Istituti secolari, tranne che siano
chierici (Communicationes. a. 1983, p. 108, can. 786, § 2).

12) Trasmissio ni radiofoniche e televisive 3270


831, § 2 La parteci pazio ne a trasmissioni radiofo niche o televisive su question i
riguardanti la dottri na cattolica o la morale, richiede una particolare competenza e cau-
tela. Spetta alla Conferenza Episcopale stabilire norme sui requisiti necessari relativa-
mente ai chierici e ai membri degl'Istituti religiosi e, similmente, dcIIc Società di vita
apostolica (can. 739).
Il can. 772 ha caratte re più ampio e comp rende chierici. religiosi e laici. In esso .
come s' è già visto (n. 3 153), si prescrive che, per parlare della dottrina cristiana nelle
trasmissioni radio foniche o televi sive , tutti devono attene rsi alle disposizioni emanate
dalla Conferenza Episcopa le.
72 LIBRO ili . Il "rnunusdoccndi" della Chiesa

CAN, 832 - Institutorum religio- I membri d'istituti religiosi, per poter


sorum sodales ut scripta quaestio- pubblicare scritti che trattano questioni
nes religionis morumve tractantia religiose o morali, hanno anche bisogno
edere possint, Iicentia quoque della licenza del proprio Superiore mag-
egent sui Superioris maioris ad giore, a norma delle costituzioni.
normam constitutionum.

3271 13) I membri d'Istituti religiosi


832 (/385, § 3*) L'art. 5 del Decreto Ecc/esiae Pastorwn della Congregazione per
la Dottrina della Fede (19 marzo 1975) contiene la seguente direttiva:
- Atteso il loro ufficio e la loro particolare responsabilità, si raccomanda viva-
mente ai chierici secolari di non pubblicare senza il permesso del proprio Ord inario , libri
che riguardano questioni religiose o morali (Enchir. Vat., voI. 5, p. 747 , n. 1216).
Tale norma è stata omessa nel Codice, forse perché, trattandosi di semplice racco -
mandazione, è stata ritenuta compresa nel can. 827 , § 3, che riguarda in genere laici e
chierici. E stata invece riportata la seconda parte del citato art. 5, relativa ai membri
d'Istituti religiosi e riguardante per analogia anche i membri di Società di vita aposto-
lica, disponendo che, per pubblicare scritti che trattano questioni religiose o morali essi
hanno anche (quoque) bisogno dell'autorizzazione del proprio Superiore maggiore, a
norma delle costituzioni.

3272 LA PROFESSIONE DI FEDE (can. 833)


833 (/406-/408*) Il terzo libro del Codice, dedicato al "munus doccndi" della
Chiesa, si chiude con la "Professione di Fede" prescritta per tutta una serie di persone,
in particolari circostanze.
Non si tratta del dovere a cui è tenuto ogni cristiano "di professare apertamente la
propria fede ogni volta che il silenzio, l'esitazione o un qualsiasi atteggiamento comporti
la negazion e implicita della fede, il disprezzo della religione, un'offesa a Dio o lo
scandalo del prossimo» , come dichiarava il can. 1325, § l, del Codice precedente. Si
tratta invece di quella "Professione di Fede" che il diritto della Chiesa impone a coloro
che sono chiamati a certi uffici o dignità, prima di assumerne !'incarico o di riceverne
la promozione.
Com'è stato rilevato, la "Professione di Fede" non è una formalità, richiesta per vin-
colare, chi la emette, ad un fedele adempimento del suo ufficio . Costituisce invece quell ' im-
pegno profondo e pubblico di ubbidienza a Cristo e di adesione alle verità fondamentali della
fede , richiesto in talune circostanze della vita a determinate categorie di persone .
La " Professione di Fede" importa un obbligo personale , al quale non si può sod-
disfare " per mezzo di un procuratore o davanti a un laico», prescriveva anche nel diritto
precedente il can. 1407*. Il duplice divieto è rimasto ne) nuovo Codice, come risulta
dall'attuale canone, inizio e n. 7.
La "Professione di Fede" si fa mediante la lettura di una formula approvata dalla Santa
Sede. Questa formula è stata abbreviata considerevolmente. Il nuovo testo , emanato dalla
Congregazione per la Dottrina della Fede nel dicembre del 1967 (Enclzir. Var., vol. 2, pp.
) 146-1448), sostituisce la formula tridentina e il giuramento antimodernistico.

3273 I) Le persone obbligate


Hanno l'obbligo di emettere la Professione di fede, che tuttavia non costituisce una
"condicio ad validitatem" per ottenere la dignità. l'ufficio o l'incarico:
La profe ssione di fede 73

Titolo V
La professione di fede
CAN. 833 - Obligatione ernit- Hanno l'obbligo di emettere personal-
tendi personaliter proCessionem mente la professione di fede, secondo la
fidei, secundum Cormulama Sede formula approvata dalla Sede Apostolica:
Apostolica probatam, tenentur:
1° coram praeside eiusve dele- I ° dinanzi al presidente o a un suo de-
gato, omnes qui ConcilioOecume- legato, tutti quelli che prendono parte al
nico vel particulari, synodo Epi- Concilio Ecumenico o particolare, al sino-
scoporum atque synodo dioecesa- do dei Vescovi e al sinodo diocesano, con
nae intersunt cum voto sive deli- voto deliberativo o consultivo; il presiden-
berativo sive consultivo; praeses te, a sua volta, dinanzi al Concilio o al
autemcoram Concilioaut synodo; sinodo;
2° promoti ad cardinalitiam 2° coloro che sono stati elevati alla di-
dignitatem iuxta sacri Collegii gnità cardinalizia, secondo gli statuti del
statuta; sacro Collegio;
3° coram delegato ab Aposto- 3° dinanzi al delegato della Sede Apo-
lica Sede, omnes promoti ad epi- stolica, tutti coloro che sono stati promos-
scopatum, itemque qui Episcopo si all'episcopato e, similmente, quelli che
dioecesano aequiparantur; sono equiparati al Vescovo diocesano;
4° coram collegio consulto- 4 ° dinanzi al collegio dei consultori ,
rum, Administrator dioecesanus; l'Amministratore diocesano;

I° Tutti coloro che prendono parte al Concilio Ecumenico o particolare, al Si-


nodo dei Vescovi, al Sinodo diocesano. con voto sia deliberativo che consultivo:
dinanzi al Presiden te o a un suo delegato; il Presidente. a sua volta, dinanzi al
Concilio o al Sinodo.
2° Coloro che sono elevati alla dignità cardinalizia: secondo gli statuti del sacro
Collegio.
3° Tutti coloro che sono promossi all'ep iscopato e. similmente, quelli che sono
equiparati al Vescovo diocesano, a termini dei cann. 368 e 381, § 2: Prelato e Abate
territoriale, Vicario e Prefetto Apostolico, Amministratore Apostolico di amministrazio-
ne apostolica stabilmente eretta: dinanzi al delegato della Sede Apostolica.
4° L'Ammini stratore diocesano: dinanzi al collegio dei consultori.
5° I Vicari generali ed episcopali e i Vicari giudiziali: dinanzi al Vescovo dioce-
sano o a un suo delegato.
6° I parroci, il rettore del seminario e gl'ins egnanti di teologia e di filosofia nel
medesimo istituto: dinanzi all'Ordinario del luogo o a un suo delegato'.
7° I candidati all'ordine del diaconato, prima della loro promozione: dinanzi al-
°
l'Ordinario del luogo ad un suo delegato.

I Secondo la dichiarazione riportata in Communicationes, a. [983. p. 109. can. 788 l'e spres-

sione "insegnanti di teologia" comprende tutti i docenti di "materie teologi che" : S. Scrittura,
Liturgia, Diritto Canon ico. Storia ecclesiastica, ecc.
74 LIBRO III ~ n "munus doccndi" della Chiesa

50 coram Episcopo dioecesano 50 dinanzi al Vescovo diocesano o a un


eiusve delegato, Vicarii genera- suo delegato, i Vicari generali ed episco-
les et Vicarii episcopales necnon pali, come pure i Vicari giudiziali;
Vicarii iudiciales; 6 0 dinanzi all'Ordinario del luogo o a
60 coram loci Ordinario eiusve un suo delegato, i parroci, il rettore del
delegato, parochi, rector, magistri seminario e i relativi insegnanti di teolo-
theologiae et philosophiaein semi- gia e di filosofia, all'inizio dell'assunzio-
nariis, initiosusceptimuneris; pro- ne del loro ufficio; quelli che devono es-
movendi ad ordinem diaconatus; sere promossi all'ordine del diaconato;
70 coram Magno Cancellario 7 0 dinanzi al Gran Cancelliere e, in sua
eoque deficiente coram Ordinario mancanza, dinanzi all'Ordinario del luogo
loci eorumve delegatis, rector uni- o ai loro delegati, il rettore di una univer-
versitatis ecclesiasticae vel catho- sità ecclesiastica o cattolica, all'inizio del-
licae, initio suscepti muneris; co- l'assunzione dell'ufficio; dinanzi al retto-
ram rectore, si sit sacerdos, vel re, se sacerdote, o all'Ordinario del luogo
coram loci Ordinario eorumve o ai loro delegati, i docenti che insegnano
delegatis, docentes qui disciplinas in qualsiasi università discipline attinenti
ad fidem vel mores pertinentes in alla fede o ai costumi, pur essi all'inizio
quibusvis universitatibus tradunt, del loro incarico;
initio suscepti muneris;
So Superiores in istitutis reli- 80 i Superiori d'istituti religiosi e di
giosis et societatibus vitae apo- società di vita apostolica clericali, a nor-
stolicae clericalibus, ad normam ma delle costituzioni.
constitutionum.

8° Il rettore di una università ecclesiastica o cattolica, all'inizio dell'assunzione


dell'ufficio: dinanzi al Gran Cancelliere e, in sua mancanza, dinanzi all'Ordinario del
luogo o ai loro delegati.
9° I docenti che insegnano in qualsiasi università discipline attinenti alla fede o ai
costumi: all'inizio del loro incarico, dinanzi al rettore, se è sacerdote, o all'Ordinario del
luogo, o ai loro delegati.
10° I Superiori d'Istituti religiosi o di Società di vita apostolica clericali: a norma
delle Costituzioni.

3274 2) La formula
lo N. credo fermanente e professo tutte e singole le verità contenute nel Simbolo della
fede, cioè:
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose
visibili ed invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di
tutti i secoli. Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa
sostanza del Padre, per mezzo di Lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la
nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della
Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.
Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà. nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo, che è Signoree dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con
il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti.
La professione di fede 75

Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono
dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà, Amen.
Credo pure con ferma fede tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o trasmessa
e che la Chiesa, sia con giudizio solenne sia con magistero ordinario e universale, propone a
credere come rivelato.
Fermamente accolgo e ritengo anche tutte e singole le verità circa la dottrina che riguarda la
fede o i costumi proposte dalla Chiesa in modo definitivo.
Aderisco inoltre con religioso ossequio della volontà e dell'intelletto all'in segnamento che il
Romano Pontefice o il Collegio Episcopale propongono quando esercitano il loro Magistero auten-
tico, sebbene non intendano proclamarli con atto definitivo (Enchir. Val.. voI. Il , p. 687).

3) Formula del giuramento di fedeltà 3275


Tale giuramento dev 'e ssere prestato, nell'as sumere un ufficio da esercitare a nome
della Chiesa, da tutti i fedeli indica ti nel can. 833, nn. 5-8.
lo N.N., nell'assumere l'uffici o di ..., prometto di conservare sempre la comunione con la
Chiesa Cattolica, sia nelle mie parole che nel mio modo di agire.
Adempirò con grande diligenza e fedeltà i doveri ai quali sono tenuto verso la Chiesa, sia
universale che particolare , nella quale. secondo le norme del diritto, sono stato chiamato a eserci-
tare il mio servizio.
Nell' esercitare l'uffi cio, che mi è stato affidato a nome della Chiesa, conserverò integro e
trasmetter ò e illustrerò fedelmente il deposito della fede, respingendo quindi qualsiasi dottrina ad
esso contraria.
Seguirò e sosterrò la disciplina comune a tutta la Chiesa e curerò l'osservan za di tutte le leggi
ecclesiastiche, in particolare soprattutto di quelle contenute nel Codice di Diritto Canonico .
Osserverò con cristiana obbedienza ciò che i sacri Pastori dichiarano come autentici dottori
e maestri della fede o stabiliscono come capi della Chiesa, e presterò fedelmente aiuto ai Vescovi
diocesani, perché l'azione apostolica, da esercitare a nome e per mandato della Chiesa, sia com-
piuta in comunione con la Chiesa.
Così Dio mi aiuti e questi santi Vangeli che tocco con le mie mani.
Variazion i dci paragrafo quarto e quinto della formula di giuramento da usarsi dai
fedeli indicati nel can . 833, n. 8.
Sosterrò la disciplina comune a tutta la Chiesa e promuoverò l'osservanza di tutte le leggi
ecclesiastiche. in particolare di quelle contenute nel Codice di Diritto Canonico.
Osserverò con cristiana obbedienza ciò che i sacri Pastori dichiarano come autentici dottori
e maestri della fede o stabiliscono come capi della Chiesa, e in unione con i Vescovi diocesani,
fatti salvi l'indole e il fine del mio Istituto. Presterò volentieri la mia opera perché l' azione apo-
stolica, da esercitare in nome e per mandato della Chiesa, sia compiuta in comunione con la Chiesa
stessa (Enchi r. Val. , voI. Il. pp. 689-691).
Il IV libro dci Codice 77

LIBRO IV
LA FUNZIONE SANTIFICATRICE
DELLA CHIESA

Il IV libro del Codice è dedicato alla funzione più importante e più sacra della 3276
Chiesa, la santificazione delle anime, che costituisce la ragione e il fine di ogni sua
attività, come fu la ragione e lo scopo della missione di Cristo: munus sanctificandi'.
Esso è diviso in tre parti:
l° I sacramenti: cann, 840-1165
- Battesimo: cann . 849-878
- Confermazione: cann. 879-896
SS. Eucaristia: cann . 897-958
- Sacramento della penitenza: cann , 959-997
- Unzione degl'infermi : cann . 998-1007
- Ordine sacro: cann. 1008-1054
- Matrimonio: cann . 1055-1165
2° Gli altri alli di culto : cann, 1166-1204
- Sacramentali: cann. 1166-1172
- Liturgia delle Ore: cann. 1173-1175
- Esequie ecclesiastiche : cann . 1176·1185
- Culto dei Santi , delle sacre immagini e delle reliquie : cann. 1186-1190
- Voto e giuramento: cann . 1191-1204
3° I luoghi e i tempi sacri: cann . 1205-1253

I Circa il titolo dd IV libro De Ecclesiae munere sanctificundi, fu rilevato da più pani che
esso era incompleto, in quanto considerava solo un aspetto della sacra Liturgia, la santificazione
dell'uomo, e trascurava un suo aspetto essenziale primario: quello latr èutico o cultuale, in rapporto
a Dio (Communicationes. a. 1980, pp. 324 e 383). Furono proposti altri titoli : "De munere sacer-
dotali Ecclesiae", "De cu!tu divino", ecc . (ibidem).
Il rilievo era fondalo , ma la Commissione, a grande maggioranza, fu del parere di conservare
ugualmente il titolo scelto:
- Per un motivo di carattere formale : «Consultores fere omnes adrnittunt inscriptionern "De
munere sacerdotali Ecclesiae" exact iorern esse si ad doctrinam attendatur. Attamen si attendatur ad
systematicam totius novi Codici s, rationes suadent ut retineatur inscriptio "De Eccle siae rnunere
sanctificandi". Ratio enim praecipua novae distributionis materiae pendet ab iIIa tripartitione
muneris Ecclesiac, munus scilicet docendi , sanctificandi et regend i, qua ratione ordinantur varia
capita » (Communicationes, a. 1980, p. 324) .
- Per un motivo di contenuto: «Quia materia totius Libri IV attinet modo praevalenti ad
aspectus sanctificationis hominum » (Communicationes, a. 1980, p. 383).
Parve infine che « trias - munus docendi, sanctificandi, regendi - magis Codici congruit et
a Concilio Vaticano Il pluries usitatur : LG 21, UR 2, CD 11, 15, 30, AA 2; PO 2, 7" tCommu -
nicationes. a. 1983, p. 171, n. 5).
78 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 834 • § 1. Munus sanctifi- § 1. La Chiesa adempie in modo par-


candi Ecclesia peculiari modo ticolare la sua funzione santificatrice me-
adimplet per sacram Iiturgiam, diante la sacra liturgia, che è considerata
quae quidem habetur ut leso come l'esercizio dell'ufficio sacerdotale
Christi muneris sacerdotalis exer- di Gesù Cristo, nel quale, attraverso i se-
citati o, in qua hominum sanctifi- gni sensibili, viene significata e attuata in
catio per signa sensibilia signifi- modo proprio a ciascuno di essi la santi-
catur ac modo singulis proprio ef- ficazione degli uomini, ed è insieme cele-
ficitur, atque a mystico lesu brato il culto pubblico integrale di Dio da
Christi Corpore, Capite nempe parte del Corpo mistico di Gesù Cristo,
et membris, integer cultus Dei cioè dal Capo e dalle membra.
publicus exercetur.
§ 2. Huiusmodi cultus tunc ha- § 2. Tale culto si realizza allorquando
betur, cum defertur nomine Ec- esso viene reso in nome della Chiesa da
clesiae a personis legitime depu- parte di persone legittimamente a ciò de-
tatis et per actus ab Ecclesiae putate e mediante atti approvati dall' auto-
auctoritate probatos. rità della Chiesa stessa.

I cann. 834-839 hanno carattere introduttivo: enunziano i principi fondamentali


del diritto liturgico. Sono principi giuridici, ma, nello stesso tempo, eminentemente
teologici.

3277 LA SACRA LITURGIA (cann. 834-839)


Schema
l. Il mezzo precipuo dell'opera santificatrice della Chiesa 4. La disciplina della sacra Liturgia
2. I ministri della santificazione 5. Altri mezzi di santificazione
3. Approfondimento circa il culto liturgico 6. Norme ulteriori

1. Il mezzo precipuo dell'opera santificatrice della Chiesa

3278 I) Valore ed essenza della sacra Liturgia


834, § 1 Il canone, ispirato all'insegnamento della Cast. conco Sacrosanctum
Concilium, determina in una efficace sintesi il valore e l'essenza della sacra Liturgia.
La Chiesa - afferma il canone - adempie in modo particolare la sua funzione
santificatrice mediante la sacra Liturgia. Senza dubbio, «la sacra Liturgia non esaurisce
tutta l'azione della Chiesa... Costituisce, tuttavia, il culmine verso cui tende tale azione,
la fonte da cui promana tutta la sua virtù» iSacrosanctum Concilium, nn. 9, l, e lO, l).
Essa «è la prima e indispensabile fonte, dalla quale i fedeli possono attingere il genuino
spirito cristiano» (n. 14, 2).
3279 Secondo la classica definizione di Pio XII, la Liturgia cristiana è il culto pubblico
e integrale che la Chiesa rende a Dio, in unione a Cristo, suo Capo:
- La sacra Liturgia è il culto pubblico che il nostro Redentore rende al Padre
come Capo della Chiesa, ed il culto che la comunità dei fedeli rende al suo Capo e, per
mezzo di Lui, all'Eterno Padre; più brevemente, è il culto integrale del Corpo mistico
di Gesù Cristo, ossia del Capo e delle sue membra (Enc . Mediator Dei, 20 novembre
1947, parte I, n.8).
Can oni preliminari 79

CAN. 835 - § 1. Munus sanctifi- § l. Esercitano la funzione di santificare


candi exercent imprimis Episcopi, anzitutto i Vescovi, che sono i grandi sa-
qui sunt magni sacerdotes, myste- cerdoti, i principali dispensatori dei miste-
riorum Dci praecipui dispensato- ri di Dio e i moderatori, i promotori e i
res atque totius vitae Iiturgicae in custodi di tutta la vita liturgica nella Chie-
Ecclesia sibi commissa moderato- sa loro affidata.
res, promotores atque custodes.

Il Concilio Vaticano II ha approfondito e completato que sto concetto e ha


definito la Liturgia: «L' esercizio dell'ufficio sacerdotale d i Cristo » tSacrosanctum
Concilium n. 7, 3), mettendo maggiormente in luce il suo duplice inseparabile
aspetto di san tifica zione e di culto , rilevato già da Pio XII nell'Enciclica accen-
nata. Nella Liturgi a. «mediante segni sensibili, viene significata e, in modo pro-
prio a cia scuno, realizzata la santificazione dell 'uomo, e viene esercitato dal
Corpo Mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra, il culto pub-
blico e integrale» (ibid.).
Questi principi sono stati riportati testualmente nel can. 834, § l , del nuovo Codice
di Diritto Canonico.

2 ) Il culto liturgi co 3280


834, § 2 (/256 *) Non è facile dare una definizione del "culto liturgico", che, com 'è
noto, è stata ed è anche oggi argomento di vivaci discu ssioni tra gli studiosi di Liturg ia.
Il Codice non ha inteso dirimere la questione dottrinale e, attenendosi al can. 1256 del
Codice precedente, ha delineato il concetto di culto liturgico, mettendo ne in rilievo le
tre condizioni richieste tradizion almente.
Il culto liturgico, detto anche pubblico. è quello che viene reso a Dio:
In nome della Chiesa
- Dalle persone legittimamente deputate a questa funzione
- Mediante atti approvat i dall' autorità della Chiesa stessa
Ogni altro culto si consid era non liturgico, anche se approvato e regolato dalla
Chiesa e reso in pubblico , comunit ariamente.
Nel culto liturgico concorrono pertanto in modo unitario tre elementi o caratteri fondamentali. 3281
Esso è infatti comunita rio, ministeriale e cristologico.
Comunitario, perché è l'espre ssione del sentimento religioso non dei singoli fedeli (culto
individuale ), ma della comuni tà cristiana. del Popolo di Dio (culto sociale).
Ministeriale, perché sacer doti e fedeli co mpiono i riti sacri in nome di Cristo e della
Chiesa. In effetti, la sac ra Liturgia e la continu azione e l' estensione dell'ufficio sacerdotale di
Gesù Crist o.
Cristologico, perché Cristo è il fondamento , l'anima e il termine della Liturgia.
La sacra Liturgia si presenta così come un meraviglioso dramma divino, al quale prendono
parte Cristo, il vero protagonista. i sacerdoti e i fe deli. In questa visione grandiosa. tutto avviene
in Cristo, con Cristo e per Cristo, e Cristo è il centro della Liturgia com'è il centro della fede e
della grazia.
Possiamo ora comprendere l'errore di quanti scambiano la Liturgia col complesso delle ce- 3282
rimonie che si compiono in essa o delle norme che regolano i sacri riti. Possiamo inoltre renderei
conto della inconsistenza delle accuse di coloro i quali credono di vedere nella Liturgia un puro
ritualismo, un cerimoniale decorativo o. peggio, un semplice spettacolo coreografico . La Liturgia
è una delle più alte espressioni della fede e della pietà cattolica e della vitalità della Chiesa: una
sua funzione essenziale di santificazione e di culto.
80 LJBI~O IV • Il "mu nus sancuficardi " della Chiesa

§ 2. lIIud quoque exercent pre- § 2. Esercitano la medesima funzione


sbyteri, qui nempe, et ipsi Christi anche i presbiteri, i quali, partecipi pur
sacerdotii participes, ut eius mi- es si del sacerdozio di Cristo, come suoi
nistri sub Episcopi auctoritate, ministri sotto l'autorità del Vescovo,
ad cultum divinum celebrandum sono consacrati per la celebrazione del
et populum sanctificandum con- culto divino e per la santificazi o ne del
secrantur. popolo .
§ 3. Diaconi in divino cuItu ce- § 3. l diaconi hanno parte nella celebra-
lebrando partem habent, ad nor- zione del culto divino, a norma delle di -
mam iuris praescriptorum. sposizioni del diritto.
§ 4. In munere sanctificandi § 4. Nella funzione santificatrice hanno
propriamsibi partemhabentcete- una parte loro propria anche gli altri fede-
ri quoque christifideles actuose Ii- li, intervenendo attivamente con un loro
turgicas celebrationes, eucharisti- ruolo alle celebrazioni liturgiche, soprat-
cam praesertim, suo modo parti- tutto a quella eucaristica; partecipano in
cipando; peculiari modoidem mu- modo proprio a tale compito i genitori ,
nus participant parentes vitam att raverso la vita con iugale vis suta con
coniugalem spiritu christiano du- spirito cristiano e l'opera diretta all 'edu-
cendo et educationem christia- cazione cristiana dei figli.
nam filiorum procurando.

3283 2. I ministri della santificazione


La santificazione è opera di tutto il Popolo di Dio, poiché tutti, in forza del batte-
simo, partecipano alla missione sacerdotale di Cristo. La partecipazione è per altro
differenziata, essendo in rapporto alla funzione che ciascuno ha nella Chiesa.
3284 835, § 1 La santificazione è opera anzitutto dei Vescovi, che, in virtù della pienez-
za del sacerdozio di cui son rivestiti, sono i grandi sacerdoti, i principali dispensatori dei
misteri di Dio, i moderatori, i promotori e i custodi responsabili di tutta la vita liturgica,
nella Chiesa.
La funzione santificatrice dci Vescovi è messa in particolare riliev o dalla Cost. conc o Lumen
Gentium, n. 26 :
- Il Vescovo, insignito della pienezza del sac ramento dell 'Ordine, è " l'amministratore dell a
grazia del s upremo sace rdozio" , spec ialmente nell 'Eucari stia, che egli stess o celebra o cura che sia
celebrata , e media nte la quale la Chiesa continu amente vive e cresce ... O gni legitt ima ce lehrazi one
dell 'Eucari stia è diretta dal Vescovo, al quale è affid ato di offrire alla Divina Maes tà il cult o dell a
reli gione cri stiana e di regol arlo in conformità con i precetti del Signore e con le leggi dell a Chiesa,
determinand olo ulteriormente per la sua diocesi co n le norm e che rite rrà oppo rtune... I Vescovi,
inoltre, regolano l'amministrazione del battesim o, col quale è dato di parte cipa re al rega le sace r-
dozio di Cristo . So no i ministri originari della confermazione, i dispen satori degli o rdini sac ri, i
moderatori dell a disc iplina pen iten ziale ...

3285 835, § 2 Associati ai Vescovi sono i Presbiteri, partecipi del medesimo sacerdozio
di Cristo, i quali, in virtù del sacramento dell'Ordine, sono i ministri sacri che "in
persona Christi" adempiono nella Chiesa le funzioni d'insegnare, di santificare e gover-
nare» (can. 1008). Consacrati per la celebrazione del culto divino c per la santificazione
del popolo, essi esercitano il loro ministero in collaborazione col Vescovo c sotto la sua
autorità.
Cfr. Cost. Lumen Gentium, n. 28, c Decr. Presbyterorum Ordinis. n. 5.
Ca noni prel imina ri 81

CAN. 836 - Cum cultus christia- Poiché il culto cnstiano, nel quale si
nus, in quosacerdotium commune esercita il sacerdozio comune dei fedeli, è
christifidelium exercetur, opus sit opera che procede dalla fede e in essa si
quod a fide procedit et eadem in- fonda, i sacri ministri abbiano grande cura
nititur, ministri sacri eandem ex- di ravvivarla e illuminarla, soprattutto col
citare et illustrare sedulo curent, ministero della parola, mediante il quale
ministerio praesertim verbi, quo la fede nasce e si alimenta .
fides nascitur et nutrìtur,

835, § 3 Anche i Diaconi sono ministri sacri (cann. 1008-1009). Come tali, hanno
parte anch'essi nella celebrazione del culto divino e nell'opera di santifi cazione a van-
taggio dei fedeli, in comunione col Vescovo e con i Psesbiteri.
Cfr. Lumen Gentium n. 29.
835, § 4 Il sacerdozio cristiano non è solt anto quello ministeriale. Com'è affermato 3286
nel ca none seguente, esiste nell'economia della salvezza anche il sacerdozio comune dei
semplici fedeli, in virtù del batte simo (can. 204 , § l ). Di consegu enza, anch' ess i eser-
citano una propria funzion e nell ' opera santifica trice della Chiesa, partecipando, fra l'al-
tro, alle cele brazioni liturgiche, so prattutto a quella eucaristica, e operando nel propri o
campo specifico, mediante l'animazione cristi ana delle realtà temporali (can . 225, § 2).
Una parte del tutto spec iale è riser vata ai genitori, attraverso la vita coniugale 3287
vissuta con spirito cristian o, e l'opera diretta ali' educazione dei figli (ann. 226, § 2: 793,
§ I: 1136). La famigl ia - ha ricordato il Concilio - è "il santuario domestico dell a
Chiesa" (Apo stolicam actuositatem, n. Il ,4); è anzi la "Chiesa domestica", secondo un a
profonda definizione di S. Giovanni Cri sostomo e di S. Agost ino. Di essa i genitori sono
i "maestri della fede" e, in un certo senso, i "sacerdoti" propri . Il padre, secondo una
espressione cara a S. Ago stino, sarebbe come il " vescovo" della sua casa, col compito
di vigilare e pro vvedere al bene d i tutti i suoi membri, e di presiedere alla preghiera di
famigl ia, che è come la "liturgia" della chiesa domestica.
Sono illuminanti, a tal riguardo , i nn. 55-56 dell a Esort. Ap. Familiaris conso rtio
di Gio vanni Paolo Il, in data 22 novembre 198 1.

3. Approfondimenti circa il culto liturgico

I ) Culto e f ede 3288


836 Il canone riflett e la preoccupazione per un grave problema pastorale dei
nostri gio rni : i rapporti tra fede e cul to e, in particolare, tra fede e sacramen ti (can.
843, § 2). Il culto cristiano, nel quale si esercita il sacerdozio comune dei fedeli, è
opera - affe rma il canone - che procede dalla fede e in ess a si fond a. È pertanto
dovere de i ministri sacri (Vesco vi, Pre sb iteri e Diaconi ) ravvivare tale fede, soprattu t-
to col min istero dell a Parola , mediante il qu ale la fede nas ce e si alimenta: fi des ex
audito (Rom. IO, J7).
Circa il sacerdozio comune dei fedeli, che differisce essenzialmente. e non solo di grado dal
sacerdozio rninisteriale dei presbiteri. v. la Cost. Lumen Gentium, nn. IO. Il e 34.

2) Le azioni liturg iche 3289


837 Il § l del canone riproduce testualmente il n. 27 della Cost. Sacrosanctum
Cancilium ; il § 2 è ispirato al successivo n. 28. [ principi affermat i deri vano dall a natura
82 LIBR O IV - Il "mun us sanctlflcan di" dc llu Ch iesa

CAN. 837 - § 1. Actiones liturgi- § I. Le azioni liturgiche non sono azio-


cae non sunt actiones privatae, ni private, ma celebrazi oni de lla stessa
sed celebrationes Ecclesiae ipsius, Chiesa, che è "sacramento di unità" , cioè
quae est "unita tis sacramentum" , popolo santo radunato e ordinato sotto la
scilicet plebs sancta sub Episcopis guida dei Vescovi; appartengono pertanto
adunata et ordinata; quare ad all'intero corpo della Chiesa, lo manife-
universum corpus Ecclesiae perti- stano e lo coin volgono, mentr e i singoli
nent iIIudque manifestant et affi- memb ri vi sono impegnati in vario modo,
ciunt; singula vero membra ipsius secondo la diversità degli ordini , degli
attingunt diverso modo, pro di- uffici e della effetti va partecipazione.
versitate ordinum, munerum et
actualis participationis.
§ 2. Actiones liturgicae, quate- § 2. Le azioni liturgiche in quanto com-
nus suapte natura celebrationem portano per la loro stessa natura una cele-
communem secumferant, ubi id brazione comunitaria, vengano celebrate,
tieri potest , cum frequentia et ac- dov' è possibile , co n la presen za e la par-
tuosa participatione christifide- tecipazione attiva dei fedeli.
lium celebrentur,
CAN. 838 . § 1. Sacrae liturgiae § l . La disciplina della sacra liturgia
moderatio ab Ecclesiae auctorì- dipende unicament e dali' autorità della
tate unìce pendet: quae quidem Chiesa, che risied e nella Sede Apostolica
est penes Apostolicam Sedem et, e, a norma del diritt o, nel Vescovo dioce-
ad norrnam iuri s, penes Episco- sano.
pum dioecesanum.

stessa della Litu rgia, che, quale "esercizio del sacerdozio di Cris to", presenta, com e s'è
già rilevato, un carattere essenzialmente comu nitario, ministeriaie e cristologico.
Le azioni liturgiche, affer ma il Concilio e con esso il Codice:
- Non sono azioni private, ma celebrazioni della stessa Chiesa , "sacra mento di
unità", cioè popolo santo radunato e ordin ato sotto la guida dci Vescovi (celebrazioni
ecclesiali).
- Appartengono pertanto all'i ntero corpo della Chiesa, lo manifestano c lo coi n-
volgono.
- I singoli membri vi so no impegnati in diverso modo, seco ndo la diversità degli
ordini, delle funzio ni e della effettiva partecipazione.
- T rattandosi di azioni che "suapte natura" sono di carattere comunitario, è op-
portuno che, per quanto è possibile, siano celebrate con la parteci pazio ne attiva dei
fedeli .
Cfr. in part icolare il can. 899, § 2, circa la celebrazione della Sinassi eucaristi ca. Cfr. inoltre
il can .906, che, per la celebraz ione della Messa, richiede la partecipazione di almeno qualche
fede le, tranne che intervenga una "ca usa iusta et rationabilis" ,

3290 4. La disciplina della sacra Liturgia

3291 l ) li principio
838 , § l La discipli na della sacra Liturgia è sottoposta in modo escl usivo al-
l' autorità della Chi esa. Il principio, affe rmato già nell a Cast. Sacrosanctum
Canoni preliminari 83

§ 2. Apostolicae Sedis est sa- § 2. Spetta alla Sede Ap ostoli ca ordina-


cram Iiturgiam Ecclesiae unì ver- re la sacra litu rgia dell a Ch iesa uni versale,
sae ordinare, Iibros liturgicos ede- pubbl icare i libri litur gici e approvarne le
re eorumque versiones in Iinguas version i nelle lingue nazionali, com e pure
vernaculas recognoscere, neenon vigil are perché le nonne liturgiche sian o
advigilare ut ordinationes liturgi- osservate fedelm ent e dovunqu e.
cae ubique fideliter observentur.
§ 3. Ad Episcoporum confer en- § 3. Spetta alle Confere nze Episcopali
tias spectat versiones Iibrorum li- preparare le versio ni dei libri litur gici nel-
turgicorum in linguas vern aculas, le lingue nazionali, adattandole co nvenie n-
eonvenienter intra Iimites in ipsis temente entro i limiti definiti negli stess i
Iibris Iiturgicis definitos aptatas, libri liturgici, e pubblicarle, previa appro-
parare, easque edere, praevia re- vazione da parte de lla Sant a Sede.
eognitione Sanetae Sedi s.
§ 4. Ad Episeopum dioece sa- § 4. Spetta al Vescovo dio cesano, nella
num in Eccl esia sibi eommissa Chiesa a lui affida ta ed entro i lim iti della
pertinet, intra limites suae com- sua com petenza, de ttare nonne in materia
petentiae, normas de re liturgica liturgica, che sono obbligatorie per lutt i.
dare, quibus omnes tenentur.

Concilium (n. 22, § I), è motivato dalla natura stessa della Liturgia. che è essen-
zialmente azione di Cris to c della Chiesa, diretta alla santificazionc del Popolo di
Dio. Ne consegue - aggiunge il Concilio - che nessuno, al di fuori dell' autorità
costituita, la Sede Apostolica e i Vescovi, neppure i sacerdoti, possono aggiungere.
togliere o modificare qualcosa di propria iniziativa nella Liturgia approvata' dalla
Chiesa (cfr. can. 846, § I).
«Le nuove norme liturgiche, tuttavia, sono state concepite con una certa fles sibilità, che
conse nte l'adattamento ai fini di una maggiore effi cacia pastorale . Ma ciò non significa che
ogni sacerdote possa agire in piena libertà e ristrutturare a piace re i sacri riti della Chiesa.
Bisogna anz itutto cons iderare a chi la Chiesa ha attrib uito la facoltà di fare simili adattame nti;
in secondo luogo, si deve tener con to delle effettive disposiz ioni e vedere fino a che punto
l'adattamento sia permes so» (Cons iglio per l'esecuzione della Costituzione circa la sac ra Li-
turgia. Circolare 30 giugno 1965. n. I: Enchir. Val., voI. 2, p. 411, n. 49 1). Cfr. anche S .C. dei
Riti, Dichiarazio ne circa alcune iniziative liturgiche arbitrarie, 29 dicembre 1966: Enchir. Val.,
voI. 2, pp. 778 -779.

2) Le varie competenze 3292


838, § 2 (1257*) Sono determ inate dal canone in ordine gerarchico: la Santa Sede,
le Conferenze Episco pali, i Vescovi diocesani.
IO La discip lina della sacra Liturgia relativamen te alla Chiesa universa le è di com -
petenza della Sede Apostolica. Ad essa spetta in particolare:
- Pubbli care i libri liturgici (messali, rituali, breviari, ecc.) e approvarne le ver-
sioni nelle lingue nazionali
- Vigilare perché le norme liturgiche siano osserva te fedelmente
Principali Documenti della Santa Sede in materia liturgica 3293
I. Paolo VI, M.P. Sacram Liturgiam, 25 gennaio 1964: Enchir. Val., voI. 2. pp. 164-173
2. S.C. dei Riti, lstr. Imer oecumenici, 26 settembre 1964: voI. 2, pp. 300-355
84 LIBRO IV - Il "munus sanctificaadi" della Chiesa

3. Consiglio per l'esecuzione della Costituzione circa la sacra Liturgia, Circolare sul rinno-
vamento liturgico, 30 giugno 1965: voI. 2, pp. 408-425
4. Paolo VI, Enc. Mysterium fidei sulla dottrina e sul culto della SS. Eucaristia, 3 settembre
1965: voI. 2, pp. 430-469
5. S.c. dei Seminari e delle Università degli Studi Istr. Doctrina et exemplo, circa la forma-
zione liturgica nei seminari, 25 dicembre 1965: voI. 2, pp. 514-579
6. Consiglio per l'esce. della Costituzione circa la sacra Liturgia, Circo L'heureux
développement, sulla riforma liturgica, 25 gennaio 1966: vol. 2, pp. 586-595
7. S.C. dei Riti, lstr. Tres abhinc annos, sulla riforma liturgica, 4 maggio 1967: voI. 2, pp.
%6-974
8. S.c. dei Riti, Istr. Eucharisticum mysterium, sul culto del mistero eucaristico, 25 maggio
1967: vol. 2, pp. 1084-1153
9. Consiglio per l'esec. della Cost. circa la sacra Liturgia, Istr, Comme le prévoit, sulla
traduzione dei testi liturgici, 25 gennaio 1%9: vol. 3, pp. 422·445
IO. S.c. dei Riti, Norme universali sull'anno liturgico e sul calendario, 21 marzo 1%9: voI.
3, pp. 512-543
II. S.C. per il Culto Divino, Istr. Liturgicae instaurationis, 5 settembre 1970: voI. 3, pp.
1644-1669
12. S.c. per il Culto Divino, lnstitutio generalis Missalis Romani, 26 marzo 1970: voI. 3, pp.
1270-1438
13. S.c. per l'Educazione Cattolica, Istr. In ecctesiasticam tuturorum. sulla formazione litur-
gica nei seminari, 3 giugno 1979: voI. 6, pp. 1044-1125
14. S.c. per i Sacramenti e per il Culto Divino, Istr. lnaestimabile donum, sul culto eucari-
stico, 3 aprile 1980: voI. 7, 282-303
15. C. per il Culto Divino, Circolare Paschalis sollemnitas sulla preparazione e celebrazione
delle Feste Pasquali, 16 gennaio 1988: Enchir. Vat., voI. Il, pp. 12-67
È anche opportuno tener presente il Direttorio liturgico-pastorale, emanato dalla Conferenza
Episcopale Italiana in data 27 giugno 1%7: Enchir. CEI, vol. I, pp. 351-362.

3294 838, § 3 2° L'autorità delle Conferenze Episcopali è limitata al proprio territorio.


Entro tale ambito, spetta ad esse:
- Preparare le versioni dei libri liturgici, redatti dalla Santa Sede, nelle lingue
nazionali, adattandole convenientemente nei limiti definiti negli stessi libri
- Curarne la pubblicazione, previa approvazione (recognitio) della medesima
Santa Sedei
3295 838, § 4 (1261*) 3° Nella Chiesa particolare, il moderatore iure nativo della Liturgia
è il Vescovo diocesano. Nei limiti della propria competenza e in conformità con le pre-
scrizioni emanate dalla Santa Sede, spetta al Vescovo dettare norme in materia liturgica,
tenendo conto delle particolari circostanze ed esigenze locali. A tali norme son tenuti
chierici e fedeli, compresi i membri d'Istituti esenti (cfr. can. 1261, § 2, Codice 1917).

I Abbiamo tradotto il termine recognitio del testo latino con approvazione, perché in italiano

"approvazione" è più esatto, giuridicamente, di "revisione, esame, controllo". Nel pensiero dei
Padri Consultori i due termini sostanzialmente si equivalgono. Nella "Relatio synthetica" c'è infatti
la seguente nota: «Loco approbare dicatur recognoscere . Notetur tamen accurate quod hac
modificatione, ratione tantum uniformitatis terminologicae cum Clm. 330 introducta, nullo modo
mutatur sensus legis. Recognitio (veluti approbatio, confirmatio) denotat in casu actum superioris
auctoritatis competentis quo permittitur auctoritative (autorizzazione, billigen) prornulgatio legis ab
inferiore factae. Quae recognitio non est tantum formalitas quaedam sed actus porestatis regiminis,
absolute necessarius (eo deficiente actus inferioris nullius valoris est) et quo imponi possunt
modificationes, etiam substantiales in lege vel decreto ad recognitionem praesentato. Actus tamen
(lex vel decretum) non fit auctoritatis superioris sed manet semper actus auctoritatis quae illum
statuit et promulgat. Quod erat et manet sensus canonis» (Communicationes. a. 1983, p. 173, can.
792, n. 2).
Canon i preliminari 85

CAN. 839· § 1. Aliis quoque me- § l. La Chiesa adempie la sua funzione


diis munus sanctificationis pera- santificatrice anche con altri mezzi, vale a
git Ecclesia, sive orationibus, qui- dire con la preghiera, mediante la quale
bus Deum deprecatur ut christifi- supplica Dio affinché i fedeli siano santi-
deles sanctificati sint in veritate, ficati nella verità, e con le opere di peni-
sive paenitentiae et caritatis ope- tenza e di carità, che senza dubbio sono di
ribus, quae quidem magnopere grande aiuto per radicare e rafforzare nel-
ad Regnum Christi in animis radi- le anime il Regno di Cristo e contribui-
candum et roborandum adiuvant scono alla salvezza del mondo .
et ad mundi salutem conferunt,
§ 2. Curent locorum Ordinarii § 2. Gli Ordinari dei luoghi abbiano cura
ut orationes neenon pia et sacra che le preghiere, come anche i pii e sacri
exercitia populi christiani normis esercizi del popolo cristiano, siano piena-
Ecclesiae piene eongruant. mente conformi alle norme della Chiesa.

È anche dovere dei sacri Pastori «vigilare attentamente che nell'azione liturgica non
solo siano osserv ate le leggi per la valida e lecita celebrazione, ma che i fedeli vi
prendano parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente» (Cost. Sacrosanctum
Concilium , n. I I ).

5. Altri mezzi di santifieazione 3296


839 (/259 *) La Chiesa adempie la sua funzione santificatrice non solo con le
azioni liturgiche. ma anche con altri mezzi:
- La preghiera. mediante la quale supplica Dio perché i fedeli siano santificati
nella verità
- Le opere di penitenza e di carità. che sono di grande aiuto per radicare e
rafforzare nelle anime il Regno di Cristo e contribuiscono alla salvezza del mondo
(§ I)
Gli Ordinari del luogo devono aver cura che le preghiere, come anche i pii e sacri
esercizi del popolo cristiano. siano pienamente conformi alle norme della Chiesa (§ 2).
"Occorre per altro che tali esercizi , tenendo conto dei tempi liturgici. siano ordinat i in
modo da essere in piena armonia con la sacra Liturgia. e che da essa , considerata la sua
natura di gran lunga superiore, traggano ispirazione e ad essa conducano il popolo »
(Cost. Sacrosanctum Concilium, n. 13, 3).

6. Norme ulteriori 3297

- Cali. 2: Le leggi liturgiche e il Codice di Diritto Canonico


- Cali. 252. § 3. e 253. § 2: L'insegnamento della Liturgia nei seminari
- Can. 392. § 2: La vigilanza del Vescovo diocesano
- Cali. 528. § 2: La particolare cura e vigilanza dci parroco
- Cali. 619: La celebrazione della sacra Liturgia negl'Ist ituti religiosi
- Can. 652. § 2: La sacra Liturgia nella formazione dei novizi religiosi
- Ca li. 760: Liturgia e ministero della Parola
- Cali. 788. .~ 2: La sacra Liturgia nella formazione dei catecumeni
86 LIBRO IV - Il " munus sanctitlcandi" della Chicsa

PARTE I

I SACRAMENTI

CAN. 840 - Sacramenta Novi Te- I sacramenti del Nuovo Testamento,


stamenti, a Christo Domino insti- istituti e affidati alla Chiesa da Cristo Si-
tuta et Ecclesiae concredita, utpote gnore, come azioni di Cristo e della Chie-
actiones Christi et Ecclesiae, signa sa sono segni e mezzi con i quali si espri-
exstant ac media qui bus fides ex- me e si rafforza la fede, si rende culto a
primitur et roboratur, cultus Deo Dio e si compie la santificazione degli
redditur et hominum sanctifica- uomini , e pertanto contribuiscono somma-
tio efficìtur, atque ideo ad com- mente a promuovere, confermare e mani-
munionem ecclesiasticam indu- festare la comunione ecclesiastica; di con-
cendam, firmandam et manife- seguenza, nella loro celebrazione sia i sa-
standam summopere conferont; cri ministri che gli altri fedeli devono es-
quapropter in iis celebrandis sere compresi di profonda venerazione e
summa veneratione debitaque usare la debita diligenza.
diligentia uti debent tum sacri
ministri tum ceteri christìfìdeles,

3298 I SACRAMENTI IN GENERE (cann. 840-848)


Schema
I. Introduzione 4. I sacramenti non reiterabili
2. I sacramenti della Nuova Legge 5. La celebrazione dei sacramenti c le offe rte
3. Un problema ec umenico 6. Principi e norme ulterio ri

3299 1. Introduzione
Nel Codice pio-benedettino. la trattazione dei sacram enti, considerati come "cose
sacre", era compresa nel 1II libro De Rebus, di cui costituivano la prima parte. La
colloc azione era piuttosto artificio sa, poiché nel detto libro erano accomunati, con una
strana eterogeneità e confusione , i canoni circa i sacramenti (pars I), i luoghi e i tempi
sacri (pars Il), il culto divino (pars ITI), la parola di Dio e il magistero ecclesiastico (pars
IV), i benefici ecclesiasti ci (pars V), i beni temporali della Chiesa (pars VI).
Nel nuovo Codice, che ha adottato una divisione propria e originaria, più ade-
rent e alla natur a e ai fini della Chiesa, i sacramenti hanno un a collocazione di rilie vo,
che ne mette in luce l'essenza e l'importanza. I sac ramenti sono azion i di Cristo e
dell a Chiesa (can. 840 ), espressione dell'ufficio sacerdotale di Cri sto e del suo Corpo
Mistico , ese rcizio perenne del culto pubblico integrale dovut o a Dio , mezzo prim ario
dell a funzion e santificatrice della Chie sa (can. 834). In tale prospettiva. i sacramenti
costituiscono la prima parte del IV libro del nuovo Cod ice, dedicato al "munus
Ecclesiae sanctificandi".
Una second a differenz a fra i due Codici è nella trattazione nettamente diversa della
materia . La normativa del Codice pio-benedettino si limitav a quasi esclusivamente agli
aspetti giuridici; quella del nuovo Codice presenta insieme un ricco contenuto leologico-
pastorale , ispirato all'insegnamento del Concilio Vaticano II.
Nell'uno e nell'altro Codice , la trattazione dei singoli sacramenti è precedut a da
alcuni canon i sui sacramenti in genere.
l sacram e nti in genere 87

CAN. 841 - Cum sacramenta ea- Poi ch é i sacramenti so no gli stess i per
dem sint pro uni versa Ecclesia et tutta la C hiesa e fann o parte del di vino
ad divinum depositum pertineant, deposito, è d i esc lusiv a competen za dell a
unius supremae Ecclesiae auctori- suprem a aut ori tà della Chi esa approvare o
tatis est probare vel definire quae definire i req uisi ti per la loro validità;
ad corum validitatem sunt requi- spetta anche alla medesima o ad altra au-
sita,atquc eiusdem aliusve auctori- torità competente, ai sen si del can. 838,
tatis competentis, ad normam can, §§ 3 e 4 , de terminare qu anto riguarda la
838, §§ 3 et 4, est deccrnere quae loro lecita ce le brazio ne, am m inistrazione
ad cornm cclebrationem, adrnini- e rece zio ne, e anche il rit o da osservarsi
strationcm et receptionem Iicitam nell a loro ce lebra zio ne.
necnon ad ordinem in eorum ce-
lebratione servandum spcctant.

2. I sacramenti della Nuova Legge

I) Concetto e fi ne 3300
840 (731, § 1*) II canone, ispirato direttamente al n. 59 della Cost. con co
Sacrosanctum Concilium , determina con grande concisione e compiutezza la natura, il
.
fine e gli effetti dei sacramenti istituiti e affidati da Cristo alla Chiesa.
La natura
- Sono azioni di Cristo e della Chiesa, poiché, come tutte le azioni liturgiche,
rappresentano la continuazione e l' estensione nella storia dell'u fficio sacerdotale di
Cristo, attraverso l'opera della Chiesa. Sono cioè azioni del "Cristo totale".
- Sono segni e mezzi di grazia e di salvezza, perché rappresentano simbolicamen-
te la grazia e realmente la conferiscono a chi li riceve con le dovute disposizioni (mezzi
efficaci).
Il fine e gli effe tti dei sacramenti 3301
- Esprimere e rafforzare la fede. I sacramenti, insegna il Concilio, non solo pre-
suppongono la fede, ma. con le parole e gli elementi sensibili, la nutrono, la
irrobustiscono e la esprimono, per cui son detti a ragione "sacramenti della fede"
iSacrosanctum Concilium , n. 59, l ).
- Rendere il dovuto culto a Dio.
- Operare la salvezza dell'u omo.
- Promuovere, confermare e manifestare la comunione eccles iale: «edificare,
anzi, il Corpo di Cristo», come afferma la detta Costituzione conciliare (ibid.).
È dovere dei ministri, come dei fedeli - ammonisce il n. 59, 2 - celebrare i
sacramenti con grande diligenza e con profonda venerazione.

2) L'esclusiva competenza della Chiesa circa la disciplina dei sacramenti 3302

841 II canone distingue una duplice competenza:


- Circa l'a pprovazio ne e definizione dei requisiti essenziali per la validità dei
sacramenti
- Circa la determinazione di quanto concerne la loro lecita celebrazione, ammi-
nistrazione e recezione, e il particolare rito da osservarsi
88 LIBRO IV . Il t'munus sancti fica ndi' della Chies a

CAN. 842 • § 1. Ad cetera sacra- ~ I. Chi non ha ricevuto il battesimo,


menta valide adrnitti nequit, qui non può venire ammesso validame nte agli
baptismum non recepito altri sacramenti.
§ 2. Sacramenta baptismi, § 2. I sacramenti del battesimo, della
confirmationis et sanctissimae conferm azione e della santissima Eucari-
Eucharistiae ita inter se coale- stia sono talmente congiunti tra loro, da
scunt, ut ad plenam initiationem essere indispensabili per la piena inizia-
christianam requirantur. zione cristiana.

La prima , di caratte re teologico, è strettamente connessa col "de positu m fidei", di


cui i sacra menti fanno parte. Spetta, pertanto, escl usiva mente alla suprema Autorità
della Chiesa: il Roman o Pontefice e il Collegio dei Vescovi.
La seconda, di semplice ca rattere rituale spetta anche alle altre autorità indica te nel
can. 838, §§ 3-4. ossia alle Conferenze Ep iscopali e ai Vesco vi diocesani, entro i limiti
de lle proprie competenze.

3303 3) Il sac ramento base


842 , § 1 (737. § 1*) I sacramenti, espres sione e partecipazione al mistero pasquale
di Cristo - il mistero della sua morte e della sua risurrezione rede ntrice - sono sette
(Conci lio Trid entino, Sesso VII, 3 marzo 1547 , can. 1: Denzinger- Schonm etzer n. 1601),
rispo nde nti, nel sapiente disegno del Signore, all' intero dinamismo della es istenza
umana e alle sue essenziali esige nze. Alla sua base è il battesimo , asso lutamente neces-
sario per la valida rece zione degli altri sacramenti. Il battesi mo, diceva il can. 737, § l ,
del Codice anteriore, è la porta e il fonda mento (ianua acfundamentumy di tutti gli allri
sacra menti; il term ine "ia nua" è ripetuto anche nel nuovo Codi ce (ca n. 849) . Di co nse-
guenza, se su una perso na non battezzata si compisse il rito de ll'ordi nazione sacra,
questa sarebbe invalida, inesistente, e se alla medesima si desse un'Ostia co nsacrata ,
essa riceve rebbe l'Eucaristia solo materi almente.
Non basta per altro il battesimo di desiderio . Si richiede il battesimo "ex aqua et Spiritu
Sancto" (Gv. 3, 5l, perché soltanto questo conferisce il carattere.

3304 4) I sacramenti della iniziarione cristiana


842 , § 2 La parola "i niziazio ne" lette ralme nte significa "introd uzione" . È un termi-
ne tecnico che, nell 'e tnologia e nella storia delle religion i, serve a indicare il co mplesso
dei riti mediante i quali l'adolesce nte passa all'età adulta, entrando a far parte di pieno
diritto della società, oppure il " profa no" viene aggrega to ad una società religiosa. Lo
stesso termin e è oggi molto usato per indicare i tre sacramenti costituti vi del cristiano:
il battesi mo, la conferm azione e l'Eucaristia. È con essi, infatti, che in un cammino di
fede, di con versio ne e di grazia , si partecipa vitalmente al mistero di com unione e di
salvezza d i Cri sto e della sua Chiesa. I tre sacramenti sono le tre tap pe fondamentali
progressive e unitarie della vita cristiana.
Il carattere unitario dei sacramenti della iniziazione cristiana non possiede soltanto un valore
teologico, ossia dottrinale, ma dà luogo anche ad effetti normativi, come risulta dai cann. 777, n.
2; 85 1, n. I; 866; 883, n. 2; 893, § 2.

3305 5) Il diritto dei f edeli


843, § 1 (682*) Il canone è un' applicazione ai sacramenti della norma più gene rale
contenuta nel can. 213, in cui si afferma il diritto de i fedeli (diritto di carattere pubb lico
I secramcmi in gcn~re 89

CAN. 843 • § l. Ministri sacri § l . I ministri sacri non possono negare


denegare non possunt sacramen- i sacramenti a coloro che li chiedono in
ta iis qui opportune eadem pe- modo opportuno. risultino ben disposti e
tant, rite sint dispositi , nec iure il diritto non impedisca loro di riceverli.
ab iis recipiendis prohibeantur.
§ 2. Animarum pastores cete- § 2. I pastori di anime e gli altri fedeli,
rique christifideles, pro suo qui- ciascuno secondo il proprio compito ec-
sque ecclesiastico munere, offi- clesiastico, hanno il dovere di curare che
cium habent curandi ut qui sa- quanti chiedono i sacramenti siano prepa-
cramenta petunt debita evangeli. rati a ri cev er li me di ante la de bi ta
zatione necnon catechetica insti- evangelizzazione e formazione catecheti-
tutione ad ea dem recipienda ca, conformemente alle norme emanate
praeparentur, attentis normis a dalla competente autorità.
competenti auctoritate editis.

e non privato, e quindi irrinunziabile) di partecipare ai "beni spirituali" della Chiesa,


attraverso l'opera dei sacri Pastori. Non possono pertanto i ministri sacri negare i sacra-
menti a colo ro che li chiedo no legittimamente, ossia:
- Se la loro richiesta è fatta in modo opportuno (oppurtunei, per ragioni di tempo,
di luogo, di circostanze (cfr. Communicationes, a. 1983, p. 175, can. 796, § I).
- Se risultano forniti delle disposizioni necessarie.
- Se non sono esclusi da una proibizione, a norma del diritto: per es., in caso di
scomunica o d' interdetto, di pubblico abbandono della comunione ecclesia le, di pubbli-
ca professione di materialismo o di ateismo, di pubblico concubinato, ecc.
Il dovere di amministrare i sacramenti grava soprattutto sui pastori di anime: cfr.
in particolare i cann. 519; 528, § 2; 529, § I.

6) Sacramenti ed evangelizzazione 3306

843, § 2 Come s'è già accen nato nel commento. al can. 836, i rapporti tra sacra-
menti ed evangelizzazione costituiscono un grave problema pastorale, su cui s' è discus-
so ampiamente in questi anni post-conciliari. I sacramenti sono "sacramenti della fede":
come tali, secondo l'insegnamento del Concilio già riportato (n. 330 1), oltre a rafforzare
la fede, la presuppongono e la esprimono. Non basta però una fede qualsiasi: generica,
devozionale, formalistica, superficiale o, peggio, superstiziosa. La fede, componente
essenziale dell'azione sacramentale, dev'essere viva, profonda, pienamente coscien te e
responsabile, per cui occorre conoscere e apprezzare i sacramenti nel loro autentico
valore, ossia nella loro realtà essenziale di eventi salvifici, pasquali - di personali e
intimi incontri fra Dio e l'u omo - di vitale partecipazione alla morte e alla risurrezione
di Cristo. Ma questo richiede un' adeguata catechesi, che è opera di tutta la comunità
ecclesiale, pastori e fedeli.
Si è lamentato da più parti che per secoli, nella Chiesa cattolica, si sia data una importanza 3307
prevalente alla "sac rarnent alizzazion e", trascu rando spe sso la "evangelizzazione", con grave danno
della coscien za e della vita cristiana . In effetti, in non poche zone e ambienti soprattutto popolari,
i sacramenti sono st:lti co nsidera ti come semplici atti di culto, pratiche religiose , al pari di altre
pratiche devoz ionali, e non come sorgenti di vita e di salvezza, Le cause sono state molteplici: fra
l' altro, forse, anche il fatto di aver esage rato il concetto teologico dell'eflicacia sacra mentale ex
opere operaio , sottova lutando, alme no nella prassi, il valore dell ' 0pUJ operantis, indispensabile
anche questo perché i sacra menti non si trasformino, con evidente falsificazione, in riti mecca nici.
L'opuJ operantis è la coll aborazione attiva e generosa dell' uomo al dono di Dio.
90 LIBRO IV - Il "m unus sanctin candì" della Chiesa

CAN , 844 • § 1. Ministri catholi- § l. I ministri cattolici confe riscono


ci sacramenta Iicite administrant lecitamente i sacramenti ai soli fedeli cat-
solis christifidelibus catholicis, tolici, e questi, parimenti, li rice vono leci-
qui pariter eadem a solis mini- tamente dai soli ministri cattolici, salvo le
stris catholicis Iicite recipiunt, disposizioni contenute nei §§ 2, 3 e 4 di
salvis huius canonis §§ 2, 3 et 4, que sto canone e nel can, 86l , § 2.
atque can, 861, § 2 praescriptis.
§ 2. Quoties necessitas id po- § 2. Ogni volta che la necessità lo ri-
stulet aut vera spiritualis utilitas chieda o una vera utilità spirituale lo con -
id suadeat, et dummodo perìcu- sigli, e purché sia evitato il pericolo di
lum vitetur erroris vel ìndìfferen- errore o d'indifferentismo, è lecito ai fe-
tismi, licet christifidelibus quibus deli che sono nella impossibilità fisica o
physice aut moraliter impossibile morale di rivolgersi a un min istro cattoli-
sit accedere ad ministrum catholi- co , rice vere i sacramenti dell a penitenza,
cum, sacramenta paenitentiae, dell'Eucaristia e dell 'unzione degl'infer-
Eucharistiae et unctionis infìrmo- mi, da ministri non cattolici, nella cui Chie-
rum recipere a ministris non ca- sa i suddetti sacramenti sono con siderati
thoIicis, in quorum Ecclesia valida validi .
exsistunt praedicta sacramenta.

3308 Oggi, però, tutti riconoscono l'importanza e la necessità di un'adegu ata preparazione cateche-
tica alla recezione dei sacramenti. La Parola e il Sacramento sono in un rapporto vitale fra loro.
L'u na è ordinata all'altro, ed è nel Sacramento che la Parola raggiunge, per così dire, la sua
pienezza e il suo compimento. La Parola e il Sacramento formano un'unità inscindibile , poiché
sono due aspetti coessenziali di un medesimo processo salvifico. La Parola, in concreto
l' evangelizzazione, staccata dai Sacramenti si ridurrebbe a una semplice dottrina astratta, senza vita
e, d' altra parte, i Sacramenti , staccati dall'evangelizzazione, degenereh bero in semplici gesti
ritualistici, di carattere magico.
3309 Non bisogna però cadere neppure nell'eccesso opposto: quello di limitare troppo severamente
l'amm inistrazione dei sacramenti, pretendendo una preparazione catechetica perfetta, Sarebbe er-
rato pastoralmente e anche teologicamente, poiché si verrebbe a sottovalutare l'intima efficacia
dell'opI/I operatum , ossia la virtù dell'azion e sacramentale e, in definitiva, del dono di Dio. «I
sacramenti - ha ricordato l'Epi scopato Angolano in una Lettera Pastorale del febbraio 1972 -
sono stati istituiti per gli uomini, quali sono con le loro fragilità e debolezze, per cui, supposte le
debite disposizioni morali, si avrà cura della preparazione catechetica con serietà, ma senza ecces-
sivo rigore-'.

Sul problema teologico-pastorale "Evangelizzazione e Sacramenti", l'Epi scopato


Italiano ha pubblicato un importante Documento in data 12 luglio 1973: v. Enc hir. CEI,
val. l , pp. 168-198.

3310 3. Un problema ecumenico


844 (731, § 2, e 1258*) È il problema della communicatio in sacris, ossia deIla
partecipazione attiva di un cattolico ai riti sacri di fratelli separati, non aventi una piena
comunione con la Chiesa cattolica, c, similmente, la partecipazione di fratelli separati
ai riti sacri dei cattolici.

I Cfr. Lettere Pastorali, Ed. Magistero Episcopale, Verona 1975, vol. VIII. col. 95 1, n. 9.
I sucmmcnti in genere 91

§ 3. Ministri catholici licite sa- § 3. I ministri cattolici conferiscono leci-


cramenta paenitentiae, Eucharì- tamente i sacramenti della penitenza, del-
stiae et unctionis infirmorum ad- l'Eucaristia e dell'unzione degl'infermi ai
ministrant membris Ecclesiarum membri delle Chiese orientali, le quali non
orientalium quae plenam cum Ec- sono in piena comunione con la Chiesa
clesia catholica communionem cattolica, se li richiedano spontaneamente
non habent, si sponte id petant et e siano debitamente disposti; questa nor-
rite sint disposita; quod etiam va- ma vale anche per i membri di altre Chie-
let quoad membra aliarum Eccle- se, che a giudizio della Sede Apostolica,
siarum, quae iudicioSedis A posto- relativamente ai sacramenti indicati, si tro-
licae,ad sacramenta quod attinet, vino nella medesima condizione delle pre-
in pari condicione ac praedictae dette Chiese orientali.
Ecclesiae orientales versantur.
§ 4. Si adsit periculum mortis § 4. Qualora vi sia pericolo di morte
aut, iudicio Episcopi dioecesani oppure, a giudizio del Vescovo diocesano
aut Episcoporum conferentiae, o della Conferenza Episcopale, ricorra al-
alia urgeat gravis necessitas, mi- tra grave necessità, i ministri cattolici con-
nistri catholici licite eadem sa- feriscono lecitamente i medesimi sacra-
cramenta administrant ceteris menti anche agli altri cristiani che non sono
quoque christianis plenam com- in piena comunione con la Chiesa cattoli-
munionem cum Ecclesia catholì- ca, se questi non hanno la possibilità di
ca non ha bentibus, qui ad suae rivolgersi a un ministro della propria co-
communitatis ministrum accede- munità e li chiedono spontaneamente,
re nequeant atque sponte id pe- purché manifestino circa i detti sacramen-
tant, dummodo quoad eadem sa- ti la medesima fede cattolica e siano debi-
cramenta fidem catholicam ma- tamente disposti.
nifestent et rite sint dispositi.
§ 5. Pro casibus de quibus in §§ § 5. Per i casi di cui ai §§ 2, 3 e 4, il
2, 3 et 4, Episcopus dioecesanus Vescovo diocesano o la Conferenza Epi-
aut Episcoporum conferentia geo scopale evitino di dare norme di carattere
nerales normas ne ferant, nisi generale, senza aver prima consultato l'au-
post consultationem cum aucto- torità competente, almeno locale, della
ritate competenti saltem locali Chiesa o della comunità non cattolica in-
Ecclesiae vel communitatis non teressata.
catholicae, cuius interest.

Circa tale "cornmunicatio", esisteva nelI'ordinamento anteriore un divieto assoluto. «Non è


lecito ai fedeli - prescriveva nettamente il can. 1258 del Codice del 1917 - assistere o partecipare
in modo attivo ai riti sacri dci non cattolici», e i trasgressori della norma a termine del can. 2316,
venivano considerati "sospetti di eresia". Solo in pericolo di morte, era possibile ricevere i sacra-
menti da un ministro non cattolico.
Nello spirito del Concilio Vaticano Il, tale severità è stata notevolmente attenuata. Cfr. a tal 3311
riguardo:
- Il Decr. conco Unitatis redintegratio 21 novembre 1964, n. 8
- Il Decr. Orientalium Ecclesiarum, 21 novembre 1964, nn. 26-29
- Il Direttorio ecumenico Ad totam Ecclesiam del Segretariato per l'unione dei cristiani 14
maggio 1967, n. 55 (Enchir. Vat., voI. 2, pp. 1038-1041)
92 LIBROIV . Il "munus sanc tificandi" della Chiesa

- L' Istr. In quibus rerum circumstantiis del medesimo Segretariato, IOgi ugno 1972 : Casi
particolari di ammiss ione di altri cris tiani alla Comun ione e ucaristica tE nchi r. VOl., vol. 4, pp.
1024-1037)
- La Nora del 17011obre 197 3 (Enchir. Val., vol. 4, pp. 1038-1041 ).
I nuovi principi sono stati sancit i nel Codice. «Fondamento della mitigazion e - avverte la
nota 33 del Dec reto eo ne. Orientalium Ecclesia rum - si co nside ra:
I° L'l validità dei sacrame nti
2° La buon a fede e la retta disposizione dei sogge tti
3° La necessità dell 'eterna salvezza
4° L ' assenza del propri o sacerdo te
5° L 'esclusione dei pericoli da evitare e della formale adesione all'errore».

3312 l ) La norma generale


844, § l A parte i casi previsti nei §§ 2, 3 e 4 di questo medesimo ca none c nel
ca n. 86 1, § 2, co ncernenti i sacramenti della pen itenza , dell'Eucaristia e dell'unzione
degl' inferm i e l'ammini strazione del battesimo in caso di necessità:
I O l ministri cattolici conferiscono lecitamen te i sacramenti ai soli fedeli cattolici
2 ° Similmente, i fedeli cattolici ricevono lecitamente i sacramenti solo dai ministri
cattolic i
I motivi di tale norma sono moltepl ici . An zitutto un motivo di carattere teologico: la
"cornmuni catio in sacris" suppone una perfett a ident ità di fede. Inoltre, una tale "communicatio"
deve avere dei limiti, altrimenti si favorirebbe I'jndifferentismo e l'errore, e cost itu irebbe un grave
pericolo per la fede cattolica. «La communicatio in sacris, che pregiudichi l'unità dell a fede o
includa la formale adesione all'errore o il pericolo di errare nella fede, di suscitare sca nda lo o
indiffe rentismo - av verte il Concilio - è vietata dalla stess a legge divina» (Orientalium
Ecclesiarum, n. 26). Resta comunque esclusa in modo assol uto la "conce leb razio ne eucaristica" dci
sacerdoti catto lici co n i ministri delle Ch iese e co munità se parate (can . 908) . Le "co mmunicatio nes
in sacri s" vietate dalla legge costitui scon o un reato , passibile di pena (ca n. 1365).

3313 2) Norme particolari per i sacramenti della penitenza, dell 'Eucaristia e


dell'unzione degl'infermi
3314 844, § 2 l " caso: fed eli cattolici e ministri non cattolici
Ogni volta che la necessità lo richieda o una spirituale utilità (non un semplice
desiderio religioso) lo consigli, è lecito ai cattolici ricevere i detti sacramenti, e soltanto
questi, da ministri non cattolici, alle seguenti condizioni:
- Che sia evitato il pericolo di errore o d'in different ismo
- Che non sia possibile, fisicamente o moralmente, rivo lgersi a un min istro cat-
tolico
- Che il sacra mento da rice vere sia valido nella Chiesa o comunità del ministro
non caltolico
3315 844, § 3 2° caso : ministri cattolici e membri delle Chiese orientali e di altre Chiese
o comunità 11011 cattoliche
l ministri cattolici conferiscono lecitamente i medesimi sacram enti ai membri delle
Chiese orientali, le quali non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica , ma sono
più vicine ai cattolici in materia sacramentaria:
- Se li richiedono spontaneamen te
- Se siano debitamente dispos ti
La detta norma vale anche per i memb ri di altre Chiese, che, a giudizio de lla Sede
Apostolica. relativamente ai sacra menti indicati, si trovino nella medesima co ndizione
delle predette Chiese orientali.
I sacramenti in genere 93

CAN. 845 • § 1. Sacramenta § l. I sacramenti del battesimo, della


baptismi, confirmationis et ordì- confermazione e dell' ordine, poiché im-
nis, quippe quae characterem primono il carattere, non possono esse re
imprimant, iterari nequeunt. ripetuti.
§ 2. Si, diligenti inqui sitione § 2. Qualora, dopo una diligente ricerca,
peracta, prudens adhuc dubium permanga ancora un dubbio prudente se i
sup ersit num sacr amenta de sacramenti di cui al § l siano stati effet-
quibu s in § 1 revera aut valide tivamente o validame nte conferiti, si am-
collata fuerint, sub condicione ministrino sotto condizione.
conferantur.

844, § 4 3 caso: pericolo di morte o altra grave necessità


0
3316
In per icolo 'di morte o in caso di grave necessità, i ministri cat tolici co nferisco no
lecitame nte i sacramenti della penitenza, dell ' Euc aristia e dell'unzion e degl'i nfermi,
anche agli alt ri cristi ani che non sono in piena comu nione con la Chiesa cattolica,
qualunq ue sia la loro Ch iesa o co munità:
- Se essi non hanno la possibil ità di rivolgersi a un ministro della propria Ch iesa
o co munità, e lo rich iedano spontanea mente, senza alcuna sugges tione o pressione da
parte di alcun o
- Purché manifestino circa il sacra mento da ricevere la medesim a fede cattolica
e sia no de bitame nte dis posti
- Sul caso di necessità (fuori de l pericolo di morte), il giudizio spetta non al
ministro, ma al Vescovo dioc esa no o alla Con ferenza Epi scopale.

3) Una direttiva per i Vescovi diocesani e per le Conferenze Episcopali 3317


844, § 5 Relativamente ai suddetti tre casi, è opportuno che il Vescovo diocesano
e la Co nfe renza Episco pale , do vendo dare norm e di carattere genera le, si con su ltino
prima con la competente autorità, alm eno locale, della Chi esa o della co mu nità non
cattolica interessata' .

4. I sacramenti non reiterabili 3318


845 (732 *) Sono i sacramenti del batt esimo, della con fermazi one e dell ' ordine
sacro, che imp rimo no nel fedele un carattere perm anente: signum spirituale indelebile
(Concilio T rident ino, Sesso VII , c. 9: Den zinger-Schon metzer , n. 1609 ). Se sono stati
conferiti valida mente e, a tal rig uardo, non esiste alcu n dub bio, i detti sacrame nti non
possono esse re reiterati. Se invece. dopo una diligente ricerca. perm anessero de i du bbi
seri, prudenti (sono esclusi i dub bi met odici, sistematici) , sul loro effe ttivo conferi mento
o sulla loro validità, i dett i sacra menti devono amministrarsi sotto condizione,
Cir ca la validità del con feri me nto, i dubbi possono sorg ere :
In ordine alla materia o alla forma adope rata
In ordine a lla fede e all'i ntenzio ne del ministro
In ordine all' intenzione del soggetto, se si tratta di un adulto

, In ge nere, la deno minazio ne "Chiesa" suole essere riservata alle comunità ecclesiali orto-
dosse e a quelle protestant i che hanno co nserva to il sacerdozio ministeriale, sotto la guida del
Vescovo, che ne possiede la pienez za. Le altre comun ità, che esclu dono il sacerdozio rninisterial e,
son dette genericamente "co munità eccles iali".
94 LIBR O IV - Il "m uuus sanc tificundi" della Chiesa

CAN. 846 • § 1. In sacramentis § l. Nella celebrazione dei sacramenti,


celebrandis fideliter serventur li- si seguano fedelmente i libri liturgi ci ap-
bri liturgici a competenti aucto- provati dalla competente autorità; nessuno
ritate probati; quapropter Demo pertanto aggiunga, sopprima o modifichi
in iisdem quidpiam proprio mare in essi una qualsiasi cos a di propria inizi a-
te addat, demat aut mutet. tiva .
§ 2. Minister sacramenta cele- § 2. Il mini stro celebri i sacramenti se-
bret secundum proprium ritum. condo il proprio rito.
CAN. 847 • § 1. In administran- § 1. Nell'amministrare i sacrame nti, nei
dis sacramentis, in quibus sacra quali è pre scritto l'uso dei sacri oli, il
olea adhibenda sunt, minister uti ministro deve adoperare oli estratti da uli-
debet oleis ex olivis aut aliis ex vi o da altre piante, c, salvo il di spo sto del
plantis expressis atque, salvo can. 999 , n. 2, consacrati o benedetti dal
praescripto can. 999, n. 2, ab Epi- Vescovo di recente; non si serv a degli oli
scopo consecratis vel benedictis, vecchi, se non in caso di necessità.
et quidem recenter: veteribus ne
utatur, nisi adsit necessitas.
§ 2. Parochus olea sacra a pro- § 2. Il parroco richieda i sacri oli al
prio Episcopo impetret eaque de- proprio Vescovo e li con servi diligente-
centi custodia diligenter asservet. mente in un posto decoroso.

Cfr . a tal riguardo il Direttor io Ecumen ico, nn. 9- 15 (Enchir. Vat., voI. 2, pp. 1013 -1017) .
Per i particolari dubbi sul battesimo, v. can. 869 e relativo comment o .
Come è a tutti noto, è molto delicato e complesso il problem a della iterazione dell' ordinazio ne
sacra relativamente ai ministri anglicani. Occo rre tener presente la Lettera Apostolicae curae et
caritatis di Leone XIII. 13 sette mbre 1896, con la formale dichia razione d'i nvalid ità delle ordina-
zioni anglicane per difett o di forma e di intenzion e (Dcnzinger-Schonmctzer, nn. 33 15-33 19).

5. La celebrazione dei sacramenti e le offerte

3319 l ) L 'osservanza dei libri liturgici e del proprio rito


846 (733 *) In conformità col principio che la disciplina della sacra Litur gia
dipend e in modo esclu sivo dall' autorità dell a Chiesa (ca n. 838 ), il § l del ca none,
prescriv e che, nella celebrazione dei sacramenti, si seguano fedelmente i libri litur gici
approva ti dalla competente autorità (reda tti dalla Santa Sede e tradott i e a dattati
opp ortun amente dalle Conferen ze Episcopali: can. 83R, §§ 2-3). Non è consentito ad
alcuno apport are a tal riguardo alcuna aggiunta, soppressione o modifica di proprio
arbitrio e inizi ativa' .
Il ministro, inoltre, deve celebrare i sacramenti secondo il proprio rito (nn. 654-655 ).

.\ Nella redazione dei canoni sui sacramenti e, in genere, dell 'intera normativa del IV
libro, dedi cato alla funzione santificatrice della Chiesa, la Commissi one si è atte nuta a un
preciso criterio: di non riportare le no rm e liturgiche, «nisi ipsae pecul iarern rationem
disciplinarern induant, quarum observantiu exigitur non solum ad cultum rite ordinandum, sed
e tiarn et praecipue ad ordinern extcrnum Eccle siae fovendum». Ma questo - è stato messo in
rilievo - «minime significai alia s normas liturgicas indolem legis non habe re, sed tantum quod
ipsae non in Codice luris Cano nici, scd in libris Iiturgicis ab Ecc lesia probati s fuse praebentur.
(Com municationes, a. 1980, p. 320, lett. C) .
I sacramenti in ge nere 95

CAN. 848 • Minister, praeter Per l'amministrazione dei sacramenti,


oblationes a competenti auctori- oltre alle offerte stabilite dalla competente
tate definita s, pro sacramento- autorità, il ministro non richieda nulla,
rum administratione nihiI petat, evitando sempre che le persone bisognose
cauto semper ne egentes priven- restino prive del loro conforto a causa
tur auxilio sacramentorum ratio- della loro povertà.
ne paupertatis.

2) I sacri oli 3320


847 (734 *) Di regola sono consacrati dal Vescovo nella Messa crismale del Gio-
vedì santo. Sono questi oli, estratti da ulivi o da altre piante, che il ministro deve
adoperare, se prescritti , nella celebrazione dei sacramenti.
Sull'uso degli oli , il canone dà ulteriori norme:
- Gli oli devono essere recenti : quelli dell'anno prec edente pos sono essere usati
'solo in caso di neces sità
- Devono essere conservati con religioso riguardo in un luogo decoro so
- In segno di "comunione", devono essere richiesti al proprio Vescovo
Il can . 999, n. 2, richiamato nel § I, dà facoltà al pre sbitero che amministra l'un-
zione degl' infermi, di benedire dirett amente l'olio in caso di necessità "in ipsa tamen
celebratione sacramenti".

3) Le offerte 3321
848 (736* ) La legittimità delle offerte versate dai fedeli in occasione della celebra-
zione dei sacramenti, è fondata sul principio enunziato da S. Paolo: «qui in sacrario
operantur de sacrario edunt , et qui altari deserviunt cum altari participant» (I Cor. 9, 13),
e sulla secol are tradizione della Chie sa. A parte , tuttavia, le offerte spontanee che pos-
sono riceversi liberamente in ogni caso, sempre però con la dovuta discrezione e pru-
denza, tutte le altre offerte devono essere autori zzate dalla competente autorità eccle sia-
stica (cfr. cann . 952 e 1264, n. 2). Di conseguenza, a nessun ministro è lecito chiedere
- «quavis de causa vel occasione, sive dire cte sive indirectex (can. 736 , Codice 1917)
- un'offerta maggiore di quella prescritta, tenendo per altro presente che le persone
bisognose hanno diritto a un servizio completamente gratuito. Se per l'amministrazione
di un sacramento la competente autorità eccl esiastica non ha presc ritto alcuna offerta,
il ministro non può esigere nulla.
Secondo la direttiva emanata dal Sinodo dei Vescovi del 1971 nel documento De sacerdotio
ministeriali, «è auspicabile che i proventi dei sacerdoti siano disgiunti dagli atti di ministero,
specialmente da quelli di natura sacram entale, e che il popolo sia prudentementc educato a questo
principio (parte Il, n. 4: Enchir. Val., voI. 4. pp. 796-799).
La determinazione delle offerte da corrispondere in occasione dell'amministrazione dci sacra-
menti e dei sacramentali, spetta all'assemblea dei Vescovi della provincia (can. 1264. n. 2).

6. Principi e norme ulteriori 3322


- Cali. 205 : I sacramenti, uno dei vincoli della piena comunione della Chiesa cattolica
- Cann. 255 e 256. § I : La celebrazione dei sacramenti nella preparazione degli allievi del
seminario
- C l/Il . 392 § 2: La vigilanza del Vescovo diocesano
96 LIBRO IV -Il "rnunus sanctificandi' della Chie sa

Titolo I
II battesimo
CAN. 849 - Baptismus, ianua Il battesimo, porta dei sacr amenti , ne-
sacramentorum, in re vel saItem cessario di fatto o almeno nel desiderio
in voto ad salutem necessarius, (in re vel saltem iII voto) alla salvezza, per
quo homines a peccatis liberan- mezzo del quale gli uomini vengon o libe-
tur, in Dei filios regenerantur at- rati dai peccati, sono rigenerati com e figli
que indelebili charactere Christo di Dio e, configurati a Cristo con carattere
configurati Ecclesiae incorpo- indeleb ile. vengono incorpo rati alla Chie-
rantur, valide confertur tantum- sa, è conferito validame nte solo med iante
modo per lavacrum aquae verae il lavacro di vera acqua e con la debita
cum debita verborum forma. formula di parole.

- Cl/ n. 561 : La licenz a del rettore o di altro legittimo superi ore per l' amm inistrazione dei

*
sacra menti in una chiesa
- Can. 1331. l, n. 2: Un divieto per lo scomunicato
- Cl/n. 1332: Per l'interdetto
Delitti contro i sacramenti in genere
- Cl/ n. 1379: La simulazione dei sacra menti
- Can. 1380: Il conferimento o la recezione simoniaca

3323 IL BAITESIMO (cann . 849-878)


Schema
I. Princip i teologico-giuridici 5. I padr ini
2. La ce lebrazione del battesimo 6. Prova e registraz ione dci barresimo
3. li ministro 7. Norme ulteriori varie
4. Il soggetto

La norm ativa sul battesimo compr ende un canone introdutti vo di caratt ere prevalen-
temente teolo gico sulla natura c sugli effett i del battesimo, e cinque capitoli:
I° La celebrazione: cann. 850-860
2° Il ministro: cann, 861-863
3° Il sogge tto: ca nn. 864-87 1
4° I padri ni: cann . 872-874
5° La prova e la registrazione : cann. 875-878
Il medesimo schema si ritro va sostanzialmente, servatis servandis, nella normativa
circa gli altri sacramenti, ad eccez ione del matrimonio, che , a motiv o della sua partico-
lare natura, ha una struttura propri a.
Sarà uti le tener presente il Direttorio liturgico-sacramentale dell a Conferenza
Episcop ale Italiana, 27 giugno 1967, nn. 23-41 tEnchir. CEI, voI. l , pp. 362-373).

3324 1. Principi teologico-giuridici


Natura, effetti ed elementi essenziali del battesimo
849 (737 *) Il canone, ricco di contenuti , esprime in una densa sintes i la fede sul
battesim o. il primo dei sacr amenti della iniziazione cristiana. AI battesim o si riferi scono
anche i cann. 96 e 204, § l .
Il baues imo 97

CAPITOLO I
LA CELEBRAZIONE DEL BATTESIMO

CAN. 850 - Baptismus ministra- Il battesimo si amministra seco ndo il


tur secundum ordinem in pro ba- rito prescritto nei libri liturgici ap provati,
tis liturgicis libris praescriptum, eccetto il caso di necessità urgente, in cui
excepto casu necessitatis urgen- dev'essere osservato solt anto ciò che è ri-
tis, in quo ea tantum observari chiesto per la validità del sac ra me nto.
debent, quae ad validitatem sa-
cramenti requ ìruntur,

I ° Il batte simo "ex aqua et Spir itu Sancto" (G v, 3, 5) è la porta e il fond amento
di tutti i sacramenti (n. 3303).
2° Il batte simo di acqua o alm eno di desiderio (in re vel saltem in voto) è
necessar io per salv arsi (Gv . 3, 5; Mc. 16, 16). Nel battesimo di desiderio , che con-
siste con cretamente nell' amore perfetto verso Dio (Le. IO, 27- 28; Gv . 14, 21 e 23),
è compreso il battesimo di sangue (haptismus sanguinis), ossia il martirio (MI. IO,
32; 16, 25 ).
3° /I battesimo Iihera l'uomo dal peccato: dal pecc ato originale e anche dai
peccati person ali, qualo ra il soggetto venga battezzato dopo aver raggiunto l'u so di
ragione .
4° Rigener a spiritu almente l'uomo e lo costituisce figlio di Dio attraverso il miste-
ro della grazi a (Rom. 8, 15; Il Pt. I, 4).
5° /I battesimo "ex aqua et Spiritu Sancto" configura a Cristo con car attere inde-
lebil e, " in ani ma impres sum" (Co nc. Tr identino, sesso VII , can . 9: Denzinger-
Schonmet zer, n. 1609). Con tale carattere che ci riveste di Cristo (Gal. 3, 27) e ci fa sue
membra (I Cor. 12, 12-13 e 27), siamo cost ituiti in Popolo di Dio e siamo resi partecip i,
ciascuno " suo modo" , dell'ufficio sacerdot ale, profetico e regale di Cri sto stesso (can.
204, § I).
6° Nello stesso temp o, il battesimo "ex aqua et Spiritu Sancto" ci incorpor a alla
Chiesa e in essa siamo costituit i "persona", ossia soggetto de i doveri e dei diritti propri
dei cristiani (can. 96).
Il battesimo è così non solo il principio dell a nostra vita soprannaturale (atto per-
sonale), ma anche l'atto costitut ivo dei nostri dir itti ecclesi ali, della nostra appartenenz a
alla Chiesa (atto sociale, comunitario) . Nella società civile di regol a si è cittadini di uno
Stato per diritto originario di nascita. Ma nella Chiesa, che è una società soprannaturale,
la quale abbra ccia «i crede nti in Cristo, nati non per via di sangue né per volere di carne ,
né per volo ntà di uomo, ma solo da Dio» (Gv. I, 12-13), l' appartenenza alla medesima
non può essere orig inaria. Non si nasce, ma si diventa cristiani , e si entra a far parte
della Chie sa median te il battes imo.
7° Il batte simo viene conferito validamente solo mediante il lavacro (materia pros-
sima) di vera acqua (materia remot a) e con le debite parole della forma.
Il canone introduttivo del Codice anteriore comprendeva un secondo paragrafo, con la distin-
zione tra battesimo solenne e battesimo privato (can. 737, § 2). Nel nuovo Codice. la distinzione
è stata soppressa.
98 UBR O IV - Il " munus sanctificu ndi" della Chiesa

CAN. 851 . Baptismi celebratio La celebrazione del battesimo dev 'esse-


debite praepareturoportet; itaque: re debitamente preparata; pertanto:
I ? aduItus, qui baptismum re- IOl'adulto che desidera ricevere il bat-
cipere intendit, ad catechumena- tesimo, sia ammesso prima al catecume-
tum admittatur et, quatenus fie- nato c, per quanto è possibile, sia condot-
ri potest, per varios gradus ad to, attraverso vari gradi, alla iniziazione
initiationem sacramentalem per- sacramentale secondo il rito d'iniziazione
ducatur, secundum ordinem ini- adattato dalla Conferenza Episcopal e, e le
tiationis ab Episcoporum confe- norme particolari da essa stabilite;
rentia aptatum et peculiares
normas ab eadem editas;
20 infantis baptizandi paren- 2 0 i genitori di un bambino da battezza-
tes, itemque qui munus patrini re e, similmente, coloro che de vono assu-
sunt suscepturi, de significatio- mere l'ufficio di padrino, siano conv enien-
ne huius sacramenti deque obli- temente istruiti sul significato di questo
gationibus cum eo cohaerenti- sacram ento e sugli obblighi anne ssi ; per-
bus rite edoceantur; parochus sonalmente o per mezzo di altri, il parroco
per se vel per alios curet ut ita a bbia cura che i genitori, mediante
pastoralibus monitionibus, im- esorta zioni pastorali e più ancora con la
mo et communi precatione, de- preghiera comune, vengano debitamente
bite parentes instruantur, plures preparati, riunendo insieme più famiglie
adunando familias atque, ubi e, dove sia possibile, visitandole diretta-
fieri possit, eas visitando. mente ,

3325 2. La celebrazione del battesimo

l ) L 'osservanza del rito prescritto


850 (737. § 2*) Il cano ne distingue un duplice caso : il caso ord inario e quell o di
urgente necessità.
Quand o non c'è urgenza, il battesimo dev 'essere ammini strato osservando fedel-
mente il rito prescritto nei libri liturgici approvati. Nel caso di necessità urgente, si
osserva solo ciò che è richiesto per la validità del sacramento.
I libri liturgici relativi al battesimo , promul gati dalla Santa Sede in edizione tipica, sono:
- L'Ordo baptismi parvulorum, 19 maggio 1969
- L'Ordo initiationis christianoe adultorum, 6 gennaio 1972
Le relative versioni in ed izione tipica della Conferenza Epi scopale Italian a:
- Rito del battesimo dei bambini, 3 1 maggio 1970
- Rito dell' iniziutio ne cristiana degli adulti, 30 gennaio 1978
I detti Rituali contengono anche il rito sempl ificato da usare in caso di urgente necessità, ossia
in concreto " in pericolo di morte". Si avverte per altro che, nell'imminen za della morte , se il tempo
incalza, si tralascia ogni rito e si versa l'acqua sul capo del bambin o o dell 'adulto iufermo , dicendo
la formula consueta (n. 136 del Rito per i bambini ; n. 281 del Rito per gli adulti).

3326 2) La debita preparazione


851 (752 *) In conformità con i cann . 836 e 843 , § 2, si richiama la necessità e il
do vere di preparare debitamente la celebra zione del battesimo, sia nel caso dcI battesimo
di un adulto, sia nel caso del battesimo di un hambino.
Il bene,xlmo 99

CAN. 852 • § 1. Quae in canoni- § I. Le norme contenute nei canoni sul


bus de baptismo adulti habentur batte simo degli adulti , si applicano a tutti
praescripta, applicantur omnibus coloro che, usciti dall'infan zia, hanno rag-
qui, infantia egressi, rationis giunto l'uso di ragione.
usum assecuti sunto
§ 2. Infanti assimilatur, etiam § 2. All'infante è assimilato, anche per
ad baptismum quod attinet, qui quant o riguarda il battesimo , colui che non
non est sui compos. è respon sabile dei suoi atti.
CAN. 853 - Aqua in haptismo L'acqua da usare nel conferimento del
conferendo adhihenda, extra ca- battesimo, al di fuori del caso di necessità,
sum necessitatis, benedicta sit dev' essere benedetta secondo le prescri-
oportet, secundum Iibrorum li- zioni dei libri liturgi ci.
turgicorum praescripta.

IO Trattandosi di un adulto (ca n. 862), la preparazione rigua rda lo stesso battezz an-
do, che de v'e ssere ammesso previamen te al catecumenato, ristabilito dal Con cilio Va-
ticano Il iSacrosanctum COlici/iI/III, n. 64), e condotto, per quanto è possibile, attra verso
vari gradi, alla iniziazione sacramentale secondo il rito adottato dalla Conferenza Epi-
scopale c le norme partic olari stabilite da essa e dal Vescovo diocesano.
l gradi previsti nel Rito sono tre : cfr. Rito del/a iniziarione cristiana, nn. 6-7, 68- 132, 133-
207, 208-234 .
Relati vamente ai fanc iulli nell 'e tà del cate chismo: cfr. nn. 3 14-329. 330 -342, 343 -369 .

2 0 Tratt andosi di un bambino (infans : can. 97, § 2), la preparazione riguarda i


genitori c i pad rini, i quali devono essere istruiti convenie ntemente sul significato del
battesimo c sugli obblighi annessi. La responsabilità dell a preparazion e grava sul par-
roco, chc vi prov vederà person almente o per mezzo di collaboratori adatti.
Il canone insiste per una preparazione catecheti ca e spirituale, fatta di opportune
istruzioni e anche di momenti di preghiera comun e, raccogliendo insieme le famiglie
interessate e visitandole direttamente, dove sia possibile.
Relati vamente alle fam iglie poco crede nti o non cristiane, cf r. le diretti ve emanate dalla S.
Congregazione per la Dottrina della Fede nella lstr , Pastoralis (Ictio , 20 ottobre 1980, nn. 30 -31
tEnchir. Vat., voI. 7, pp. 596-60 I).

3) Precisazioni 3327
852 (745. § 2 *) In ordine al batte simo, si distinguono il bambino e l'adulto. Il
bambino (infans), a termine del can. 92 , § 2, è il minore che non ha compiuto ancora
i sette ann i. L'adulto in vece . relat ivamente a l battesimo, non è so lta nto la per sona che
ha raggiunto la magg iore età, ai sensi del can. 97, § 1, ma anch e il min ore che abbia
superato i se tte anni, e nello stes so tempo, sia in posse sso dell 'u so di ragione. Chi ,
pur avendo superato l'età infantile, a ca usa di disturbi psi chici è destituito stab ilmen -
te dell 'uso di ragione, anche per quan to rigu arda il battesimo è as similato all' infante
(can. 99) .
Di conseguenza, le norme contenu te nei canoni circa il battesimo degli adulti, si
estend ono a tutti colo ro che , usciti dall'infanzia, hanno raggiunto l'u so di ragion e,
mentre le norme prescritte per il battes imo degl'infanti, si applicano alle persone adult e
che non sian o responsabili dei propri atti (noli sui comp otesi .
100 LIBRO IV - Il "mUl1US sanctifi cundi" della Ch iesa

CAN. 854 - Baptismus confera- Il battesimo sia co nfe rito o per immer-
tur sive per immersionem sive sione o per infusione , in conformità alle
per infusionem, servatis Episco- dispo sizioni della Conferenza Epi scopale.
porum conferentiae praescriptis,
CAN. 855 - Curent parentes, pa- I genitori , i padrini e il parroco abbiano
trini et parochus ne imponatur cura che non venga imposto un nome alie-
nomen a sensu christiano alienum, no dal senso cristi ano.

3328 4) L'acqua da adoperare nel battesim o


853 (757*) La materi a remota del batte simo è l'acqua naturale: delle fonti (anche
se mineral i o solforose), dei fiumi , dci lagh i, del mare , degli stag ni, dei pozzi; l' acq ua
piovana o scio lta dalla neve o dal gh iaccio ; la rugiada; la stessa acqua prodotta chimi-
camente.
Tale acqu a dev'essere benedetta a tale sco po (no n però "a d validitatern"), seco ndo
le prescrizioni dei libri liturgici. La benedizion e ha per fine di circo ndare il sacra me nto
di maggiore venerazio ne e anche di rendere manifesto che l' acqu a non possiede da sé
la virtù santificatrice, ma la riceve da Dio .
«Fuori dci tempo pasquale, è preferibile ehe "acqua sia benedetta in ogni celebrazione, perché
le stesse parole della benedizione esprimano più chiaramente il mistero di salvezza che la Chiesa
ricorda e proclama» (Rito del battesimo dei bambini, Premesse al rito, n. 2 1, 3).

3329 5) Immersione o infusione


854 (758 *) La ma teria pross im a del batte simo è l' ablu zione , os sia lo sco rrere
dell 'a cqu a sulla persona del battezzando in forma di vero lavacro.
Per sé, l'abluzione può avve nire in tre modi :
- Per infusione, versa ndo l'acqu a sul capo, che è la sede dei sen si e la part e più
nobile e vitale del corpo: praticamente sull a fronte.
- Pe r immersione, imm ergendo il battezzando nell' acqua: un rito comune nel-
l'antichità e prevalente fino al sec. XII, conservato tuttora nelle Chiese orientali , nel
quale è rappresentata con grande vivezza ed efficacia la rin ascita cristiana attra verso
il batte sim o, che, secondo la dottrina di Paolo , è la rinnovazione del mistero pasqu a-
le di Cri sto . Sepoltura con Cristo del " vecchio uomo", schi avo del peccato, c risur-
rez ione alla vita della grazi a insieme e att raverso il Cri sto riso rto (Ro m. 6, 3- 11;
Coloss. 2, 12).
- Per aspersione , spruzzando l'acqua sul co rpo del bat tezzando.
Il terzo modo, pur co nsiderato val ido, era escl uso nel ca n. 758 del Codi ce pre ce-
dente, perch é di fatto può dar luogo a serie incertezze. Nel nuovo Codice manca qual -
sia si accen no, per cui de ve co nsiderarsi del tutto soppresso. Sono con servati i du e mod i
più sicuri dell a immersione e della infusione, che si useranno in conformità con le
disposizion i delle Conferenze Episcopali.
3330 Per l'It alia, con Decreto del Presidente della CE! in data 18 aprile 1985, in vigore dal J 8
maggio dello stesso anno, si è deliberato che «nel rito romano si mantenga di preferenza la tradi-
zione di conferire il battesimo per infusione». «È consentito il ricorso al rito per immersione solo
con l' autorizzazione del Vescovo. e nell'osservanza delle istruzioni che la Conferenza Episcopale
Italiana pubblicherà nelle prossime edizioni ufficiali del rito del battesimo» (Delibera n. 29 : Enchir.
CE I, voI. 3, p. 1318, n. 2284).
101

CAN. 856 - Licet baptismus Per quanto il battesimo possa essere


quolibet die celebrari possit, conferito in qualsia si giorno , si raccoman-
commendatur tamen ut ordinarie da tuttavi a che ordinariamente esso venga
die dominica aut , si fieri possit, celeb rato di domenica o, se possibile, du-
in vigilia Paschatis, celebretur. rante la veglia pasqual e.
CAN. 857 - § 1. Extra casum ne- § I. AI di fuori del caso di necessità , il
cessitatis, proprius baptismi lo- luogo proprio del battesimo è la chiesa o
cus est ecclesia aut oratorium. l'oratorio.
§ 2. Pro regula habeatur ut § 2. Di regola , l'adulto sia battezzato
adultus baptizetur in propria ec- nella propria chiesa parrocchiale; il bam-
c1esia paroeciali, infans vero in bino, invece, nella chiesa parrocchiale pro-
ecclesia paroeciali parentum pria dei genitori, tranne che una giusta
propria, nisi iusta causa aliud causa consigli diversamente .
suadeat.
CAN. 858 - § 1. Quaevis ecclesia § I. Ogni chiesa parrocchiale abbia il
paroecialis bapti smalem fontem fonte battesimale, salvo il diritto cumula-
habeat, salvo iure cumulativo tivo già acquisit o da altre chiese.
aliis ecclesiis iam quaesito.
§ 2. Loci Ordinarius, audito § 2. L'Ordinario del luogo, sentito il
loci parocho, potest ad fidelium parere del parro co locale, può permettere
commoditatem permittere aut o disporre che, per comodità dei fedeli, un
iubere, ut fons baptismalis ha- fonte batte simal e sia anche in un 'altra
beatur etiam in alia ecclesia aut chiesa o oratorio , entro il territori o della
oratorio intra paroeciae fines. parrocchia.

6) L 'impo sizione del nome 3331


855 (761 *) La dispo sizione del can. 761 del Codice precedente è stata molto atte-
nuata. Nel detto ca none si face va obbl igo al parroco di cu rare che al battezzato venisse
imposto un nome cristiano, e. quando ciò non fosse possibile, egli do veva aggiungere
di sua iniziativa il nome di un Santo, segnando tutt' e due i nomi nel registro parrocchia-
le. Per il nuovo Codice, è sufficiente che non venga imposto al battezzato un nome
"alieno dal senso cristiano".

7) 11 tempo della celebrazione 3332


856 (772*) Il battesimo può essere conferito in quals iasi giorno. È opportuno per
altro che venga celebrato. ordinariamente. di domenica e, se è possibile, durante la
veglia pasqu ale. in modo che si renda più manifesto il suo stretto rapporto col mistero
di Cristo risorto.
Dal "Rito del Battesimo dei bambini ";
- Il battesim o si celebri, per quant o è possibile. di domenica, giorno in cui la Chie sa
ricorda il mistero pasqual e. Conviene che la celebrazion e sia co munitaria per tutti i neona ti.
con la presen za e la part ecip azione attiva di un buon numero di fedeli. o almeno dci parenti.
amici c vicini (n. 32).
- Per quanto è possibile, tutti i bambini nati entro un dato periodo di tempo siano battezzati
nellu stesso giorno con una sola celebrazione comune . Non si celebri due volte il sacramento nella
medesima chiesa e nello stesso giorno. se non per una giusta causa (n. 27 delle " Premesse") .
102 LIB RO IV - Il "mu nus san ctiliunndi" de lla Ch iesa

CAN. 859 • Si ad eeclesiam pa- Qualora il battezzando, a causa della


roecialem aut ad aliam eeclesiam distanza dei luoghi o per altre circostanze,
vel oratorium, de quo in can. 858, non possa accedere o essere portat o senza
§ 2,baptizandus, propter locorum grave incomodo alla chiesa parrocchiale o
distantiam aliave adiuncta, sine a quell'altra chiesa o oratorio, di cui al
gravi incommodo accedere vel can. 858, § 2, il battesimo può e deve
transferri nequeat, baptismus essere conferito in un' altra chiesa o orato-
conferri potest et debet in alia rio più vicini, o anche in un altro luogo
propinquiore ecclesia vel orato- decente.
rio, aut etiam alio in loeo decenti.
CAN. 860 - § 1. Praeter casum § I. Al di fuori del caso di necessità,
necessitatis, baptismus ne confe- non si conferisca il battesimo nelle case
ratur in domibus privatis, nisi 10- private, tranne che l'Ordinario del luogo
ci Ordinarius gravi de causa id lo permetta per grave causa .
permiserit.
§ 2. In valetudinariis, nisi ali- § 2. Eccetto che il Vescovo diocesano
ter Episcopus dioecesanus sta- abbia stabilito diversamente, negli ospe-
tuerit, baptismus ne celebretur, dali non si celebri il battesimo , se non in
nisi in casu necessitatis vel alia caso di necessità o per altra ragione di
ratione pastorali cogente. carattere pastorale .

3333 8) Il luogo
857-859 (77 /, 773-775 *) Il battesimo è un sacramento, un rito di grazi a. Il luogo
proprio della sua celebrazione è la chie sa o l' oratorio, tranne che per motivi di necessità
si sia costretti a celehrarl o in un altro luogo.
Col battesimo si viene incorporati alla Chiesa, e ragion i di co nve nienza esigo no
che questa incorpo raz ione avve nga med iante una comun ità ecc les iale con creta, la
parrocchi a, la quale assum e la respon sabilità e l'impegno di aiutare il batt ezz ato a
crescere nell a fede e a matur are la sua coscienza cristi an a. Di regola, pert anto, il
conferimento del battesimo deve aver luog o nella chiesa parrocchiale: in quell a pro-
pria del battezzando, se si tratta di un adulto; in quella propri a dei genitori, se si tratta
di un bam bino ; tranne che una giusta causa, nell'un caso e nell 'altro. con sigli diver-
sa me nte.
Di conseguenza, ogni chiesa parrocch iale dev'essere provvista di un propr io fonte
battesimale , salvo il diritto cumulativo acqui sito da altre chiese.
Per comodità dei fedeli, l'Ordinario del luogo, sentito il parere del parroco del
luogo, può permettere o disporre che il fonte battesimale sia anche eretto in un' altra
chiesa o oratorio, entro il territorio della parrocchia.
In casi particolari , qualora il battez zando, a causa della distanza o per altre circo-
stanze, non possa accedere o non possa essere portato senza grave incomodo alla chie sa
parrocch iale o ad altra chiesa o oratorio provvisti di fonte battesimale. il battesimo puà
e deve essere conferito in un ' altra chiesa o oratorio più vicini. o anche in un altro luogo
decente.

3334 9) Le case private e le cliniche


860 (776 *) Con siderato il carattere sacro del battesimo, la sua celebrazione non
può aver luogo in una casa privata, tranne che l'Ordinario del luogo lo permetta: per
103

CAPITOLO II
IL MINISTRO DEL BATTESIMO

CAN. 861 • § l. Minister ordina- § I. Ministro ordi nario del battesimo


rius baptismi est Episcopus , pre- è il Vescovo, il presb itero e il diacono,
sbyter et diaconus, firmo prae- fermo restando il disposto de l can. 530,
scripto can. 530, n. 1. n. l.
§ 2. Absente aut impedito mi- § 2. Se il ministro ordinario fosse assen-
nistro ordinario, licite bapti- te o impedito, il battesimo è conferito le-
smum confert catechista aliusve citamente dal catechista o da altra persona
ad hoc munus ab Ordinario loci desig nata dall'Ordinario del luogo a que-
deputatus, immo, in casu necessì- sto compito; in caso di necessità, anzi, da
tatis, quilibet homo debita inten- chiunque sia mosso dalla debita intenzio-
tione motus; solliciti sint anima- ne; i pastori di anime. soprattu tto il parro-
rum pastores, praesertim paro- co, abbia no cura che i fedeli siano istruit i
chus, ut christifideles de recto sul retto modo di battezzare.
baptìzandi modo edoceantur.

grave causa (grav i de causa), presc rive il nuovo canone, con magg iore severità del
Codice precedente, che richiedeva solo una "c ausa giusta e ragionevole", aggiungendo
per altro "in cas u aliquo ext raordinario" (776, § l , n. 2*).
In caso di necessità (perico lo di morte . malallia, ecc.), non c 'è bisogno dell' auto-
rizzazio ne dell' Ordin ario del luogo: è il canone stesso che lo permette: "praeter casum
necessitatis" .
Quanto alle cliniche e ai centr i di mate rnità, per sé sono escl usi anch 'essi, tranne
che il Vescovo diocesano abb ia stabilito d iversamente. Mancando delle no rme diocesane
a tal riguardo, il battesi mo può esse re celebrato nei dett i luoghi solo in caso di necessità
o per altra valida ragione pastorale.
Dal Rito del battesimo dei bambini:
- Nelle cliniche - a meno che il Vescovo non abbia preso la disposizione di cui al n. Il
(l'erezio ne de l fonte battesima le nella clinica) -
non si celebri il battesimo se non in caso di
necessità o per altra ragio ne pastorale davvero impellente. Se mpre però si avvert a il parroeo c si
curi un'adeguata preparazione dei genitori (n. 13 delle "Pre messe").

3. Il ministro del battesimo 3335

l ) Il ministro ordinario e straordinario


861 (738, 741-743 *) II conferi mento del battesim o è, per sé, riserva to a un ministro
sacro: Vesco vo, presbitero, diaco no (ca n. 1009, § I). Per sé, è anche una celebrazio ne
demandata al parroco, il pastore responsabile della comu nità parrocch iale (ca n. 530, n.
I), o ad altro sacerdote o a un diac ono, che ne abbia facoltà dal parroco o da ll' Ordinario
del luogo. È al parroco comunque che spetta il co mpito della preparazion e del battesimo ,
a termini del can. 851.
III caso di assenza o d'impedimento del ministro ordinario, il battesimo viene
conferito lecitamente dal catechi sta (Communicationes, a. 1983, p. 180, can. 8 15, § 2)
o da altra persona designata dall' Ord inario del luogo a tale ufficio . Può esse re un uomo
o una donna: la preferenza che il can . 742 , § 2, del Cod ice precedente dispone va per il
104 LIBRO IV - Il "rn unus sancn fic andi" de lla Chiesa

CAN. 862 - Excepto casu neces- Eccetto il caso di necessità, a nessuno è


sitatis, nemini licet, sine debita lecito, senza la debita licenza, conferire il
licentia, in alieno territorio bap- battesimo nel territorio altrui, neppure ai
tismum conferre, ne suis quidem propri sudditi.
subditis.
CAN. 863 - Baptismus adulto- Il battesimo degli adulti , almeno di co-
rum, saltem eorum qui aetatem loro che hanno comp iuto i quattordici
quattuordecim annorum expleve- anni, sia deferito al Vescovo diocesano,
runt, ad Episcopum dioecesanum perché , se lo ritenga opportuno, lo ammi -
deferatur ut, si id expedire iudi- nistri personalmente.
caverit, ab ipso administretur.

"vir", è stata soppressa. È stato anche soppresso il § 3 del detto canone, nel qual e si
vietava al padre e alla madre di battez zare i propri bamb ini «praeterquam in morti s
periculo, quand o alius praesto non est, qui baptizet» (Communicationes, a. 1971 , p. 199,
Caput I, De baptismi ministro).
In caso di necessità , considerato il suo stretto nesso con l' etern a salvezza, il bat-
tesimo - «in re vel saltern in voto ad salutem necessarius»: can . 849 - può essere
conferito da chiunque: anche da un eretico, uno scomunicato, un infedele e perfino un
apostata o un ateo, purché sia mosso dalla debit a intenzione, ossia secondo l' espres sione
del Con cilio Tr identino, purché abbia realmente l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa
(Sess. VII, can. Il "De sacrament is in genere": Denzinger-Schonmetzer, n. 16I l; Istr.
S. Uftìcio, 30 genn aio 1830). Attesa questa possibilità. il canone fa obbligo ai pastori
di anime, soprattutto al parroco, di aver cura che i fedeli siano istru iti convenientemente
sul retto modo di battez zare.
Dal Rito del battesimo dei bambini:
- Tutti i laici, come memb ri del popolo sacerdotale - soprattutto i genitori e. in forza del
loro ufficio, i catechisti. le ostetriche. le assistenti familiari e socia li, le infermiere, i medici e i
chirurghi - procurino di conoscere il meglio possibile il modo esa tto di dare il battesimo in caso
di necessità. I parroci. i diaconi e i catechisti s'i mpegnino a istruirli; i Vescovi. nella loro diocesi.
predispongano le forme adatte per questa istruzione (n. 17 delle " Premesse") .

3336 2) La debita licenza


862 (739 *) A parte il caso di necessità, non è lecito ad alcun o (né Vescovo dio-
cesano in altra dioces i, né parroco in altra parrocch ia) co nferire il battesimo nel terr itor io
altrui. neppure ai propri sudditi, senza la debita licenza.
Ovviamente, la licenza può essere anche presunta.

3337 3) Il battesimo degli adulti


863 (744 *) Il battesimo degli adulti dev'essere deferito al Vescovo diocesano, il
quale deciderà se celebrarlo personalmente o laseiarne il conferimento al parroco oppure
nomin are un suo part icolare delegato . Il concetto di adult o è qui per altro diverso da
quello stabilito nel can . 852, § l ; si parla di minori che abbiano compiuto almen o i
quattordici anni di età .
Nel caso che il conferimento del battesimo sia compiuto dal parroco o da altro sacerdote. è
da tener presente il can. 866. che dà loro la facoltà di amministrare anche la confermazione.
Il baucsimn 105

CAPITOLO III
I BATTEZZANDI

CAN. 864 • Baptismi capax est È capace di ricevere il battesimo ogni


omnis et solus homo nondum essere umano che non sia stato ancora
baptizatus. battezzato.
CAN. 865 - § l. Ut adultus bap- § 1. Perch é un adulto possa essere bat-
tizari possit, oportet voluntatem tezzato, è necessario che manifesti la vo-
baptismum recipiendi manifesta- lont à di ricevere il batte simo, che sia suf-
verit, de fidei veritatibus obliga- ficientemente istruito nelle verit à della
tionibusque christianis sufficien- fede e sui doveri cristiani , e che venga
ter sit instructus atque in vita sottoposto a un per iodo di prova nella
christiana per catechumenatum vita cristiana attraverso il catccumenato ;
sit probatus; admoneatur etiam sia anche esortato a pentirsi dci propri
ut de peccatis suis doleat. pecc ati.
§ 2. Adultus, qui in peri culo § 2. L'adulto che versi in pericolo di
mortis versatur, baptizari potest morte, può essere battezzato se, avendo
si,aliquam de praecipuis fidei veri- qualche conoscenza delle principali verità
tatibus cognitionem habens, quo- della fede, abbia manifestato in qualsiasi
vismodo intentionemsuam bapti- modo la sua intenzione di rice vere il bat-
smum recipiendi manifestaverit tesimo, e prometta di osservare i coman-
et promittat se christianae religio- damenti della religione cristian a.
nis mandata esse servaturum.

4. II soggetto 3338

1) Il soggetto capace di ricevere il battesimo


864 (745, § J*) Tale soggetto è ogni essere umano non ancora battezzato.
- Ogni essere umano, perché , secondo il mandato di Cristo , il Vangelo dev ' es-
sere predic ato a tutte le genti, ad ogni creatura. e tutti devono ess ere battezzati ,
perché abbiano la salv ezza (Mc. 16. 15-16; MI. 18, 19). La capacità di ricever e il
battesim o è pert anto universale , c nessuno può essere esclu so, qualunque sia la sua
razza, la sua naziona lità, la sua condizione, la sua età, la sua cultu ra. Nessuno ,
similmente, può essere escluso, se, trattandosi di un adulto, sussi stono le disposizioni
necessarie .
- Non ancora battezzato: l' espressione indica implicitamente, in conformità col
can. 845, § l, che il battesimo non può essere reiterato, poiché imprime nel soggetto un
carattere indelebile, consacrandolo per sempre a Cristo.
- L'essere umano in l'ira (viator): lo stato di vita è una condizi one generale per
tutti i sacrament i. Se la morte è dubbia, il sacrament o si amministra sotto condizione.

2) Norme per gli adulti 3339


Nella presen te materia, il concetto di adulto è quello determin ato nel can. 852.
Comprende , pertanto, sia il maggiore di età sia il minore che, compiuti i sette anni, ha
conseguito l'uso di ragione e la capacità di chiedere il battesimo di propria volontà.
106 LIBRO IV ~ Il "rnunus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 866 - Adultus qui baptiza- L'adulto che viene batte zzato, se non vi
tur, nisi gravis obstet ratio, sta- si opponga una grave rag ione , subito dopo
tim post baptismum confirmetur il battesimo riceva la confermazion e e
atque celebrationem eucharisti- partecipi alla celebrazione eucari stica, ri-
carn, communionem etiam reci- cevendo anche la comunione.
piendo, participet.

3340 865, § 1 (752, §§ l e 3 *) Nei casi ordinari. Perché un adulto pos sa essere battez-
zato, so n necessarie le seguenti condi zioni :
La volo ntà espressa d i riceve rlo
Una suffic iente istru zione nelle ver ità della fede e sui doveri cr istiani
Un periodo di pro va att raverso il catec umenalo
/I pentimento dei propri peccati
L'intenzione. almeno abituale (emessa e non ritrattata), è necessaria per la validità stessa del
battesimo.
La sufficiente istruzione fa parte della preparazione catcchctica che deve precedere la recezio-
ne di qualsiasi sacramento. a norma del can, 843, § 2.
Il previo catecumenato serve per accertare la serietà delle intenzioni e dei propositi del
battezzando: di esso si è già parlato nell'esposizione del precedente can. 85J. n. l.
Il pentimento dci propri peccati, poiché senza di esso nessun peccato può essere rimesso,
anche se il battesimo sia stato validamente conferito. Nel caso, il battesimo imprime il carattere.
ma non è produttivo della grazia: conferirà la grazia, quando vi sarà il pentimento.
3341 865, § 2 (752, § 2 *) II/ pericolo di morte . Atteso il caso di urgenza, è sufficiente:
- Ch e il battezzando abb ia una cono scen za sommaria dell e principali verità dell a
fed e: l' esistenza di Dio uno e trina, l'Incarnazion e salvatrice del Figlio di Dio , il premio
de i buoni c la co nda nna dei cattivi da parte di Dio giudice (Risposte della S. Congre -
gazione del S. Ufficio, 25 gennaio e IO maggio 1703 ).
Per il rito da osservarsi, nei limiti dci possibile, cfr. Rito della iniriazione degli adulti. cap. III.
- Ch e abbia manifestato in qu alsia si modo sia in forma esplicita che in forma
implicita, la sua intenzione di ricev ere il battesimo.
- Ch e prometta sinceram ent e di os servare, guarendo, i comandamenti della reli-
gio ne cristiana.

3342 866 Nisi gravis obstet ratio, È un' appli cazione con cret a del ca ra ttere unit ario dei
sacramenti dell a iniziazione cristiana - battesimo, co nfermazione ed Eucari stia -
affermato nel can . 842 , § 2. Se non vi si opp one una grave rag io ne , l'adulto che viene
battezz ato, subito dop o il batte simo riceve la confermazione e partecipa alla celebraz io-
ne eucar istica. ricevendo la Comunione. La confermazione viene conferita dal medesi-
mo sacerdote che ha celebrato il batte simo, a norma del can. 88 3, n. 2.

3343 3) Norme per i bambini


Negli anni post-conciliari, so no st ate rinnovate contro il battesim o dei bambini
numerose critiche da parte di non credenti e anche di cattolici , sac erdoti e laici. [n
modo pa rticol are, si è ripetuta la vecchi a obiezione di Gian Gi acomo Rousseau
(1712-1778 ), secondo il quale battezzare un bambino appena nato, quando non è in
gr ado di fare una scelta personale e di assumere liberamente i propri obblighi , è
violarne la libertà. Non sono man cate neppure critiche e difficolt à di carattere biblico,
Il battesimo 107

CAN. 867 - § 1. Parentes obliga- § l. I genito ri hann o l' obbligo di


tione tenen tur curandi ut infan- provvedere che i loro figli siano battezza ti
tes intra priores hebdomadas entro le prime settimane di vita; al più
baptizen tur; quam primum post presto dopo la nascita, anzi già prima di
nativitatem, immo iam ante eam, essa, si rechino dal parroco a chiedere il
parochum adeant ut sacramen- sacramento per il figlio e vi si preparin o
tum pro filio petant et debite ad debitamente.
ilIud praeparentur.
§ 2. Si infans in periculo mortis § 2. Se il bambino è in pericolo di vita,
versetur, sine ulla mora baptizetur. de v'essere battezzato senza alcun indugio.
CAN. 868 - § 1. Ut infans Iicite § I. Per battezzare lecitamente un bam-
baptizetur,oportet: bino, è necessario :
I ? parentes, sa ltem eorum IO che i genitori, o almeno uno di ess i
unus aut qui legitime eorundem o chi tiene legittimamente il loro posto , ne
locum tenet, consentiant; diano il conse nso;
2° spes hab eatur fundata eum 20 che vi sia la fondata speranza che
in religione catholica educatum egli sarà educato nella religione cattolica;
iri; quae si prorsus deficiat, bap- se tale speranza manchi del tutto, il batte-
tismum secundum praescripta iu- simo venga differito secondo le dispos i-
ris particularis differatur, moni- zioni del diritto particolare, spiega ndone
tis de ratione parentibus. ai genitori la ragione.
§ 2. Infans parentum cathol ìco- § 2. In pericolo di morte, il bambino di
rum immo et non catholicorum, genitori cattolici e perfino di non cattolici
inpericulo mortis licite baptizatur, è battezzato lecitamente anche contro la
etiam invitis parentibus. volontà dei genitori.

teologico , pastora le, sociologico. Attesa l' impo rtanza de l problema, è inter venuta
diretta mente la Congregazione per la Dottri na della Fede , che , in data 20 ottobre
1980, ha emanato a tal riguardo l'I struzione Pastoralis actio con l' espressa approva-
zione de l Romano Pontefice.
L'importante Istruzi one. che co nferma la seco lare prassi de lla Chiesa, è di visa in tre part i a
cui precede una introd uzione e segue una conclusione:
- La dottri na tradizionale circa il battesi mo dei bamb ini
- Risposta alle diffi coltà mosse nei nostri tem pi
- Direttorio pastora le
Il testo intero si può leggere in Enchi r. Var.. voI. 7, pp. 568- 603.

867 (770-771*) Il compito dei genitori. I genitori, respons abili della vita naturale 3344
e soprannaturale dei propri fig li e della loro salvezza eterna, legata nell'economia ordi-
naria del disegno di Dio alla recezione del battesimo', hanno l'obbligo di provvedere che

I «Mediante la s ua dottrina e la sua prassi. la Chiesa ha dimostrat o di non co noscere altro


mez zo. al di fuori del battesimo, per assi curare ai bambini l'i ngresso nella felicità eterna, per cui
si guarda da l trasc urare il mandato ricevuto da l Signore di far rinascere "dall' acqua e dallo Spirito
Santo" tutti co loro che posso no esse re battezzali. Qua nto ai bambi ni morti senza il battesimo , la
Chiesa non può far altro che affidarli alla misericordia di Dio. come effetti vamente fa nel rito de lle
esequie istituito per essi» (Istr . della S.C. per la Dottrin a della Fede. 20 otl. 1980, n. 13: Enchir.
Va/., voI. 7, p. 579, n. 599).
108 LIBRO IV - Il "munus sa nctificandi" della Chiesa

i loro bambini siano battezzati e ntro le prime settimane di vita (il Codice precedente
prescriveva: quamprimum : ca n. 770 *). Pertanto, al più presto dopo la nascita, anzi già
prim a, bisogna che essi si rechino dal parroco a chiedere il sacramento per il loro
figliuol o e che diano inizio, sotto la guida del parroco, alla propria prep arazione cate-
chetica e spirituale, prescritta dal can. 85 1, n. 2.
Nel caso c he il bambino versasse in pericolo di vita, il battesimo dev'essere con-
ferilo senza alcun indugio (sine lilla mora). Per il relativo rito, cfr. il ca p. III del Rito
del battesimo dei bambin i.
3345 868 (750, § 2* ) Le condizioni prescritte. La Chiesa richiama l'obbligo di battcz-
zarc i bamb ini, ma, d' altra parte, rispett a anche i diritti propri dei genitori, i primi
responsabili dell' educazione dei loro figli; nello stesso tempo si preoccup a de ll' avvenire
dei battezzat i, della cresc ita e dello sviluppo della loro fede, ricevuta attraverso il bat-
tesimo. Si prescrive, pertanto, che, per battezzare lecitam ente un bamb ino, è necessar io
una dupli ce condizione:
- C he i gen itori, o almeno uno di essi , o chi tiene legittimament e il loro posto,
diano il loro consenso
- Che vi sia la fondata spera nza che egli sarà educato nella religione cristiana; se
tale speranza manchi del tutto (pro rsus) il battesimo dovrà essere differito secon do le
disposizion i del diritto particol are (norme e dirett ive del Vescovo diocesano o della
Conferenza Episcopale ), spiegando ai genitori la ragione del rinvio.
In pericolo di morte. Sui diritti dci genitori, preva le la salvezza eterna del bambino,
per cui eg li viene battezzato lecitamente anche co ntro la loro volontà, perfino se si tratta
di genitori non cattolici"
3346 Dalla Istruzione Pastoralis actio della Congregazio ne per la Dottrina della Fede, 20 ott.
1980:
- La Chi es a, pur cos cie nte dell'e ffic acia della sua fede nel battesi mo dei bambini , c
della va lidità del sacramento confe rito, rico nosce dei limi ti a lla s ua prassi . pe r cui . al di
fuori del perico lo di morte. non a mmette al sacramento del battesim o se non col con se nso
dei genitori e con la seri a garanzia che a l bambino sa rà data un ' educazione catto lica , si
preoccup a infatti sia dei dir itti naturali dei genito ri, che delle esige nze di sviluppo dell a
fede del ba mbi no (n. 15).
- Se le garanzie offerte - ad ese mpio, la sce lta dei padrini e delle madrine. che si pren-
dera nno seria cura del bambin o, o l' aiuto della comunità dci fedeli - sono sufficient i. il sace rdote
non potrà rifiutarsi di ammin istrare senza indugio il battesimo, co me nel caso dei bamb ini di
famiglie cristiane. Ma se le gara nzie sono insufficienti, sarà prudente dif ferire il battesimo: tuttavia

, La redazione del § 2 del can. 868 subì varie modifiche. che dimostrano l' incertezza dei
Consultori. .
Nel testo originario. si affermava che «infantes qui in discrim ine vitac versant ur et rnorituri
praevidentur, Iicite non baptizantur, si ambo parente s aut qui eorum locum tenenl sint expresse
contra rii» tCommunicationes, a. 1971, p. 200, caput Il).
Il test o esami nato nel marz o 1978 disp oneva : «Infans, sive pare ntum catho licoru m sivc
et ia m non ca tholico rurn qu i in eo ve rse tur vitac discrim ine ut prud en ter praevidea tur
moriturus anteq uam usurn rationis att ingat , licit e baptizatur, dummodo non sint ex presse
co ntrarii a mbo paren tes au t qui legi time eo runde m locu m tencnt » tCommunicu tiones. a.
198 1. p. 223. ca n. 16, § 2) .
Il testo approvalo nella medesima sed uta, dopo lunga disc ussione, su proposta del Re latore:
«lnfans parentum catholicorum , imm o et non catholicorum, qui in co versatur vitae discrimine U!
prudenter praevidcatur moriturus antequam rationis usum attingat, licite ba ptizatur, e tiarn invitis
parenribus, nisi exinde periculu m exsurgat adii in religionern» (ibid.. p. 224).
Success ivame nte il testo fu di nuovo modificato. e ricevette la formulazione attua le.
Il hancsimo 109

CAN. 869 - § 1. Si dubitetur num § 1. Se esista il dubbio che una persona


quis baptizatus fuerit, aut bapti- non sia stata battezzata o che il batte simo
smus valide collatus fuerit, dubio non le sia stato conferito validamente,
quidem post seriam investigatio- persi stendo tale dubbio anche dopo una
nem permanente, baptismus ei- seria inchiesta, il battesimo le si ammini-
dem sub condicione conferatur. stri sotto condizione.
§ 2. Baptizati in communitate § 2. Coloro che sono stati battezzati in
ecclesiali non catholica non sunt una comunità ecclesiale non cattolica, non
sub condlcione baptizandi, nisi, devono essere battezzati sotto condizione,
inspecta materia et verborum tranne che, dopo aver indagato sulla mate-
forma in baptismo collato adhì- ria e sulla forma usata nel conferimento del
bitis necnon attenta intentione batte simo, e con siderata inolt re l'intenzio-
baptizati adulti et ministri bapti- ne del battezzato, se era adulto, e del mini-
zantis, seria ratio adsit de bapti- stro battezzante, sussista una seria ragione
smi validitate dubitandi. per dubitare della validità del battesimo.
§ 3. Quod si, in casi bus de qui- § 3. Se nei casi, di cui ai §§ l e 2,
bus in §§ 1 et 2, dubia remaneat rimangano dei dubbi sul conferimento del
baptismi collatio aut validitas, batte simo o sulla sua validit à, il battesimo
baptismus ne conferatur nisi post- non si amministri se non dopo che al bat-
quam baptizando, si sit adultus, tezzando, se adulto, sia stat a esposta la
doctrina de baptismi sacramento dottrina circa il sacrame nto del battesimo ,
exponatur, atque eidem aut, si de e dopo che al medesimo o ai suoi genitori,
infante agitur, eius parentibus ra- se si tratta di un bamb ino, siano state spie-
tiones dubiae validitatis baptismi gate le ragioni della dubbia validità del
celebrati declarentur, battesimo già ce lebrato.

i parroci dovranno mantenersi in contatto con i genitori, in modo da ottenere da essi, per quanto
è possibile, le condizioni richieste per la celebrazione del battesimo. Se poi non fosse possibile
neppure questa soluzione, si potrebbe proporre, come ultimo tentativo, l'i scrizione del bambino al
catecumenato, per il tempo della sua età scolare (n. 30, 4).

4) Battesimi dubbi 3347


869 (732, § 2 *) Si conferma, per il battesimo, il principio richi amato nel can. 845
in rapporto ai sacramenti, che non possono essere reiter ati, in quanto imprimono nel
battezz ato un ca rattere indelebile.
Di conseguenza:
I ° Se un battesimo è stato debitamente conferito e, sulla sua validità, non esi stono
dubhi di alcun ge nere, il batte simo non può esse re reite rato,
2° Qualora, sull ' effett ivo conferimento del batte simo o sull a sua validità, esistano
dubb i fondati e questi permangano pur dopo una se ria indagine, il battesimo dev 'essere
amministrato sotto condizione.
3° Il dubhi o tuttav ia, come s' è già rile vato (n. 3318 ), non può essere metod ico.
sistematico , per cui un battes imo conferito in una co munità ecclesiale non ca ttolica, non
per questo de v' essere co nsiderato dubbi o. Occorre effettuare sempre una seria ind agine
sulla materia e sulla forma usata nel conferimento del batte simo, sull'intenzione del
battezzato, se era adult o, e del ministro battezzante. E solo se il dubbio persista fonda-
tament e, il battesimo va reiterato.
110 LIBRO IV • Il "munus sanctifi cund i" della C hiesa

CAN. 870 • Infans expositus aut Il bambino esposto o trovatello, se,


inventus, nisi re diligenter inve- dopo una diligente ricerca, non consti del
stigata de eius baptismo constet, suo battesimo, dev' essere battezzato.
baptizetur.
CAN. 871 • Fetus abortivi, si vi- I feti abortivi, se sono vivi, si battezzi-
vant, quatenus fieri potest, bapti- no, nei limiti del possibile.
zentur.

4° La re iterazione del batte sim o è un fatt o deli cato, che può sus cita re mera vi-
gli a. perplessità e anche scandalo. Per evitare tutto questo, il § 3 prescrive pru-
dentemente che , qualora il battesimo debba es sere reiterato per il persist ere di seri
dubbi , si spieg hino debitamente le ragioni della incerta validit à del batte sim o celebra-
to ante cedentemente:
~ Allo stesso battezzato, se si tratta di un adulto
- Ai suoi geni tori. se si tratta di un bambino
Cfr. a tal riguardo il Direttorio ecumenico, 14 maggio 1967, nn. 9- 15 tEnchir. Vat., val. 2.
pp. 1013-1017).

3348 5) Bambini esposti e feti abortiv i


870 -871 (747 e 749 *) Son o casi particolari, a cui si applica una norm a propria.
Trattandosi di bambini esposti o trovatelli, è sempre neces saria una indagine dili-
gente. per accertare se siano stati battezzati e in forma valida . Se del conferimento del
batte simo non si ha una prova positi va certa , esso va reite rato . Vale anche in que sti casi
il disposto del can. 868. che è un principi o di carattere generale (Communicationes. a.
1983 , p. 182, can. 824).
Quanto ai feti abortivi - "quovis tempore edita", agg iungeva il can. 477 del
Codice preced ente - il can. 871 prescrive che, se siano vivi , si battez zino nei limiti del
possibile; se la loro vita è dubbia . si battezzeranno sotto co ndizione. In questi casi
delicati , sarà opportuno che il battesimo venga amministrato da un medico, dalla oste-
trica o da una infermiera.
Il canone non accenna ai "monstra et ostenta", di cui nel can. 748 del Codice pio. benedettino.
ma è chiaro da sé che vanno battezzati anch'essi, almeno sotto condizione, "quatenus fieli possit",
Trattandosi di "ostenta" (masse informi di carne vivente), è opportuno ascoltare il giudizio del
medico, tenendo presente che, nel dubbio, vanno battezzati sotto condizione anche questi "ostenta".
sempre nei limiti del possibile.

3349 5. I padrini
È un'u san za antich issima della Chie sa (vetustissimus Eccle siae mos: can. 762, § I,
Codi ce 1917) dare al battezzando un padrino o una madrina. Il compito è grave e
delicato, ma, purtroppo, una così importante istituzione ha perduto molto del suo carat-
tere religioso. Spes so si è ridotta a una formalità convenzionale, dettata da motivi pu-
ramente um ani.

3350 1) Il compito dei padrini


872 (762 e 769*) Il compito essenzi ale dei padrini è quello di aver cura dell'edu-
cazione cristiana dei loro figlioc ci: «di cooper are - afferma il canone - affinché il
Il battesimo 111

CAPITOLO IV
I PADRINI

CAN. 872 • Baptizando, quan- AI battezzando, per quanto è possibile,


tum fieri potest, detur patrinus, si dia un padrino , il cui compito è di as-
cuius est baptizando adulto in sistere il battezzando adulto nella inizia-
initiatione christiana adstare, et zione cristiana, e di presentare al battesi-
baptizandum infantem una cum mo, insieme con i genitori , il battezzando
parcntibus ad baptismum prae- infante, come pure di cooperare affinché
sentare itcmque operam dare ut il battezzato conduca poi una vita cristia-
baptizatus vitam christianam na conforme al battesimo e ne adempia
baptìsmo congruam ducat obli- fedelmente gli obblighi.
gationcsque eidem inhaerentes
fidclitcr adimpleat.
CAN. 873 - Patrinus unus 18n- Si ammettano un solo padrino o una
tum vel matrina una vel etiarn sola madrina. oppure un padrino e una
unus et una assumantur. madrina.

battezzato conduca una vita cristiana conforme al battesimo e adempia fedelmente gli
obblighi annessi». La loro responsabilità a tal riguardo è analoga a quella dei genitori.
come ammonisce il can . 774 , § 2. L' obbligo primario grava per altro sui genitori (can.
226, § 2).
Trattandosi di un battezzando adulto, il padrino ha ancbe il compito di assisterlo
durante la fase dci suo catecumenato, oltre che durante il rito della iniziazione cristiana.
Trattandos i di un battezzando infante , il padrino lo presenterà al battesimo insieme con
i suoi genitori.
La presenza del padrino non è semplic emente facoltativa, né assolutamente precet-
tiva: il canone richiede che ci sia per quanto è possibile: "quantum fieri potest",
Anche i padrini , come i genitori , devono ricevere da parte del parroco . in occa-
sione del battesimo, una opportuna prepa razione sul signific ato di questo sacramento
e sugli obblighi che esso comporta (can. 851. n. 2). Genitori, padrini e parro co
devono inoltre aver cura che al batt ezzando non venga impost o un nome alieno dal
senso cri stiano (ca n. 855).
Nell' ordinamento precedente. tra il padrino o la madrina di battesimo e la figlioccia o il 3351
figlioccio, la parentela spirituale che sorgeva fra loro costituiva un impedimento dirimente in ordine
al matrimonio (cann. 768 e 1079, Codice 1917). Nel nuovo ordinamento. l'impedimento è stato
abrogato, ma la parentela spirituale evidentemente non è cessata. Di essa non si fa menzione nel
Codice, "quia talis cognatio nullum deinceps habebit effectum iuridicum" (Communicationes, a.
1971, p. 20 1, Caput IV; a. 1975, p. 30).

2) Il numero dei padrini 3352


873 (764*) È consentito un solo padrino o una sola madrina, oppure un padrino e
una madrina insieme.
La norma ha solo una motivazione pratica: se fossero più padrini o più madrine,
nessuno di essi , probabilmente, assolverebbe con impegno la propria funzione, e fra loro
potrebbero sorgere anche dei contrasti di criteri e di metodo.
112 LIBRO IV - Il "m unus sunctiflcandi" della Chiesa

CAN. 874 - § 1. Ut quis ad mu- § 1. Perché qualcuno sia ammesso al-


nus patrini suscipiendum admit- l'ufficio di padrino, è necessario:
tatur, oportet:
1°ab ipso baptizando eiusve pa- I ° che sia designato dallo stesso battez-
rentibus aut ab eo qui eorum lo- zando o dai suoi genitori o da chi ne fa le
cum tenet aut, his deficientibus, a veci, oppure, in mancanza di essi , dal
parocho vel ministro sitdesignatus parroco o dal ministro, e abbia l'attitudine
atque aptitudinem et intentionem e l'intenzione di adempierne l'ufficio;
ha beat hoc munus gerendi;
2° decimum sextum aetatis 2° che abbia compiuto il sedicesimo
annum expleverit, nisi alia aetas anno di età, tranne che il Vescovo dioce-
ab Episcopo dioecesano statuta sano abbia stabilito un'età diversa, o che
fuerit vel exceptio iusta de causa il parroco o il ministro ritengano, per una
parocho aut ministro admittenda giusta causa, di dover fare una eccezione;
videatur;
3° sit catholicus, confirmatus 3° che sia cattolico, che abbia già rice-
et sanctissimum Eucharistiae sa- vuto la confermazione e il santissimo sa-
cramentum iam receperit, idem- cramento dell 'Eucaristia, e inoltre che
que vitam ducat fidei et muneri conduca una vita conforme alla fede e al
suscipiendo congruam; compito che sta per assumere;
4° nulla poena canonica legiti- 4° che non sia colpito da alcuna pena
me irrogata vel declarata sit in- canonica legittimamente inflitta o dichia-
nodatus; rata;
5° non sit pater aut mater bap- 5° che non sia il padre o la madre del
tizandi. battezzando.
§ 2. Baptizatus ad communita- § 2. Un battezzato che appartenga ad
tem ecclesialem non catholicam una comunità ecclesiale non cattolica, non
pcrtinens, nonnisi una cum patri- sia ammesso se non insieme con un padri-
no catholico, et quidem ut testis no cattolico, e soltanto in qualità di testi-
tantum baptismi, admittatur. mone del battesimo.

3353 3) Le condizioni prescritte


874 (765-766 *) Il Codice precedente distingueva tra condizioni "ad validitatern''
(can. 765 *) e "ad liceitatem" (ean . 766 *). Il nuovo Codice ha soppresso tale distinzione
(Communicationes , a. 1981. pp. 229-230, cann. 27-28), semplificando opportunamente
le norme , che sono ormai solo "ad liceitatcrn" . Il canone esclude alcune per sone dall'uf-
ficio di padrino: il motivo è che non sono con siderate adatte ad assolverlo. L 'età è molto
importante , perché, per assumere l'ufficio e l'impegno di padrino o di madrina, si
rich ieda una certa maturità.
A termine del can. 874, perché una persona sia ammessa all 'ufficio di padrino, è
necessario:
l " Che sia designata dallo stesso battezzando o dai suoi genitori o da chi ne fa le
veci. oppure, in mancanza di essi, dal parroco o dal ministro, e abbia l'idoneità e
l'inten zione di adempiere l'ufficio.
2° Che abbia sedici anni compiuti (il diritto precedente ne richiedeva tredici ),
tranne che il Vescovo diocesano abbia stabilito un'età diversa (maggiore o minore), o
che il parroco o il ministro ritengano, per una giusta causa, di dover fare un'eccezione.
H baucsirno 113

CAPITOLO V
LA PROVA E LA REGISTRAZIONE DEL BATTESIMO CONFERITO

CAN. 875 • Qui baptismum ad- Chi amministra il battesimo provved a


ministrat curet ut, nisi adsit patri- che, in mancanza del padrino, vi sia alme-
nus, habeatur saltem testis quo no un testimone , che possa attestarne l'av-
collatio baptismi pro bari possit. venuto conferimento.

3 0 Che sia cattolico, che abbia già ricevuto la co nferma zio ne e il sacrament o del-
l'Euc aristia, e inoltre conduca una vita conforme alla fede e a l compito ch e sta per
assumere. Sono pertanto esclu si i co sidde tti " pubblici pec catori", coloro che abbiano
contratto il semplice matrimonio ci vile e coloro che aderissero notori amente ad ideolo-
gie materialistiche o atee.
4 0 Che non sia colpito da alc una pena ca no nica legittimamente inflitta o d ichi arata.
50 Che non sia il padre o la mad re del battezzando lo
Un battezzando c he appa rte ng a a una comunità ecclesiale non ca ttolica, non pu ò 3354
essere ammesso se non ins ieme con un padrino cattolico, e soltanto in qualità di testi-
mone del batte simo",
Precisazioni. È da rilevare che un chierico non ha più bisogno, come per il passato (can. 766, 3355
n. S, Codice 1917) del permesso del proprio Ordinario. Quanto ai religiosi e alle religiose. la
licenza del Superiore è necessaria solo se essa è imposta dalle regole dell'I stituto (can. 766, n. 4,
Codice 1917; cfr. Communicationes, a. 1978. p. 84, can. 54).
È anche da rilevare ehe il nuovo diritto esclude, in linea di principio, i padrini e le madrine
troppo giovani. Trattandosi, tuttavia, di un padrino e di una madrina. sarà sufficiente che soltanto
uno di essi - poiché è necessario un solo padrino o una sola madrina - realizzi le condizioni
prescritte relativamente all'età.

6. Prova e registrazione del battesimo 3356

I ) La presenza di testimoni nel conf erimento del battesim o


875 Il battesimo non co stituisce soltanto un rito sacramentale d i grazia, ma
comporta anche effetti giuridici importanti nell'ordinamento canon ico. Per assicurare

.1 Una tale prassi, che si andava affermando in più luoghi, è ora esclusa formalmente nel

nuovo Codice, che conferma la proibizione contenuta nel can. 765, n. 3, del Codice anteriore. anche
a fine di evitare il possibile declino di una importante tradizione della Chiesa. Il padrino viene
associato alla funzione educativa dei genitori, e la sua opera è preziosa, specie se i genitori venis-
sero a mancare o trascurassero i loro doveri cristiani.
• Tale divieto non riguarda i non cattolici delle Chiese Orientali. Il Direttorio Ecumenico. n.
48. li ammette espressamente nel battesimo come veri padrini e non come semplici testimoni: «A
causa della stretta comunione (di fede) esistente fra la Chiesa cattolica e le Chiese orientali sepa-
rate. è lecito ammettere per un giusto motivo un fedele orientale come padrino insieme col padrino
cattolico (o con la madrina cattolica) nel battesimo di un bambino o di un adulto cattolico, purché
si provveda alla educazione cattolica del battezzato e consti l'idon eità del padrino» iEnchir. Var.,
voI. 2. p. 1035, n. 1241; cfr. anche p. 104 1, n. 1250). D'altra parte, avverte la "Relatio synthetica"
che «Ecclesias Orientales ortodoxas in schemate sub nomine cornmunitatis ecclesialis non venire:
canon ergo eis non applicatur» tCommuni cationes, a. 1983, p. 182, can. 823, § 2).
114 LIBRO IV - Il " munus sa ncu ficaudi't dclla Chiesa

CAN. 876 - Ad collatum bapti- Per provare il co nferime nto de l battesi-


smum comprobandum, si ncmini mo. se non ne deri vi pregi udizio ad alcu-
fiat praciudicium, sufficit decla- no, è sufficie nte la dic hiarazione di un
ratio unius tcstis omni exceptìo- solo testimone al di sop ra d' ogni sospetto,
ne maiori s, aut ipsius baptizati o il giura mento de llo stesso battezzato, se
iusiurandum, si ipse in aetate eg li abbia ricev uto il battesim o in età
adulta baptismum receperit. adulta.
CAN. 877 - § 1. Parochus loci, in § l. Il parroco del luogo in cui viene
quo baptismus celebratur, debet celebrato il battesimo, deve trascri vere
nomina baptizatorum, mentione accuratamente e senza alcun indugio nel
facta dc ministro, parcntibu s, pa- relativo registro i nomi dei battezzati, fa-
trinis necnon, si adsint, testibus , cendo menzione del ministro, dei genitori,
de loeo ae dic eollati baptismi, in dei padrini e se vi sono dei testimoni,
baptizatorum libro sedulo et sine come pure del luogo e della data de l bat-
ulla mora referre, simul indicatis tesimo conferito, e indicando insieme la
die et loeo nativitatis. data e il luogo de lla nascita.
§ 2. Si de filio agatur e matre § 2. Tra ttandosi di un figlio nato da
non nupta nato, matris nomen in- madre non sposata, si deve annotare il
serendum est, si publicc dc cius nome della madre, se co nsti pubbl icamen-
maternitatc constet aut ip sa te della sua matern ità o se lei stessa , per
sponte sua, scr ipto vel cora m iscritto o davan ti a due testimoni, lo ri-
duobus testibus, id petat; item chieda spontaneame nte; si deve similmen-
nomen patris inseribendum est, si te annotare il nome del padre, se la sua
eius pat ernitas probatur aliquo paternit à risulti da un pubblico documento
publico documento aut ipsius o da una sua personale dichiarazione, fatta
declaratione coram parocho et dinanzi al parroco e a due testimon i; negli
duobus testibus facta ; in eeteris altri casi, si registr i il battezzato, senza
casibus, inscribatur bapti zatu s, alcuna indicaz ione circa il nome del padre
nulla facta de patris aut paren- o dei genitori.
tum nomine indicatione.

meglio la certezza dell'avven uto conferimento, il canone prescrive che, in mancanza


dc i padrino o della madri na. sia almeno presente un testimone, in grado di attes tarne
la celebrazione.
La cur a di provvedere alla presenza de l testimone co mpete al min istro del bat-
tesimo.

3357 2) La prova testimoniate


876 (7 79 *) In man canz a di un att estato autentico, per provare l' effettivo
conferimento de l battesimo - se non ne deriv i pregiudi zio ad aleuno - è suf-
ficiente:
- La dichi araz ione di un solo testimone al di sop ra 'd' ogni sospetto
- Oppure il giuramento dello stesso battezzato, se eg li abbia ricevu to il battesimo
in età adulta (nel senso indicato al ca n. 852 , § l ).
Il battesimo 115

§ 3. Si de filio adoptivo agitur, § 3. Se si tratta di un figlio adottivo, si


inseribantur nomina adoptan- segnino i nomi degli adottanti ed inoltre,
tium neenon, saltem si ita fiat in almeno se così viene fatto nei registri di
actu civili regionis, parentum na- stato ci vile del paese, i nomi dei genitori
turalium ad normam §§ 1 et 2, at- naturali a norma dei §§ 1 e 2, attenendosi
tentis Episeoporum eonferentiae alle disposizioni della Conferenza Episco-
praeseriptis. pale.

3) Le modalità della registrazione 3358


877, § 1 (777, § 1*) La registrazione origin ale del batte simo dev 'essere unica
(Risposta dell a S. Congregazione dei Sacr amenti, a. 1954: X. O CHOA, Leges Ecclesiae,
II, n. 2464, col. 3339), e va fatta esclusivamente dal parroco dci luogo in cui avv iene
la celebrazione. Essa dev ' essere accurata e tempestiva (sedulo et sine ul1a mora). Deve
far men zione :
- Del ministro
- Dei genitori
Dei padrini
Degli eventuali testimoni
Del luogo e dell a data del battesimo
De l luogo e della data di nascita
Per evita re poss ibili gravi inconvenienti, gli attest ati di batte simo possono essere
rilasciati solo dalla parr occhi a che ha registrato l' atto tLeges Ecclesiae , ibid em ).
Da notare. Un atto di battesimo, registrato nei libri parrocchiali, non può essere modific ato 3359
dal parroco, neanche su istanza dei genitori, senza l'espressa autorizzazione della Curia diocesana.
L'autorizzazione dev'essere annotata nello stesso registro, e il relativo documento dev'esse re con-
servato fra i documenti dell' archivio.

4) Due casi particolari


877 §§ 2-3 (777 *) Il prim o è il caso del figlio di una madre nubile . 3360
- Si deve annot are il nome della madre. solo se consti pubblicamente della
sua maternità o se Ici stessa, per iscritto o davanti a due testimoni , lo richieda
spontanea mente .
- Si de ve. similmente, annotare il nome del padre. se la sua paternità ris ulti da un
pubblico documento o da una sua personale dichi arazion e, fatta dinanzi al parroco e a
due testimoni.
- Negli altri casi , si registra il batt ezzato, senza alcuna indicazione circa il nomc
del padre o dei genitori.
Il secondo è il caso di un figlio adottivo. 3361
- Si segnano nell' atto i nomi degli adotta nti.
- Si segn ano inoltre, almeno se così viene fatto nei registri di stato civ ile del
paese. i nomi dei gen itori veri a norma dei §§ I e 2 del canone, attenendosi alle
disposizioni della Conferenza Episcopale.
Relativamente all 'att estato di battesimo dei figli adottivi. v.n. 2475, nota 12.

5) La notifica al parroc o del luogo 3362


878 (778 *) Se il battesimo non è stato celebrato dal parroco né alla sua presenza,
il mini stro che l'ha conferito, chiunque egli sia deve informare il parroco della parroc-
116 LIBRO IV - II "munus sancti flcandi" della Chiesa

CAN. 878 - Si baptismus neque a Se il battesimo non sia stato cele brato
parocho neque eo praesente admi- dal parroco né alla sua presen za, il mini-
nistratus fueri t, minister bapti smi, stro che l'ha co nferito, chiunque egli sia.
quicumque est, de collato bapti- deve informa re il parroco della parroc-
SOl O certiorem facere deb et paro- chia, nella qual e il battesimo è stato am-
chum paroeciae in qua baptismus ministrato, perché lo annoti a norma del
administratus est, ut baptismum can. 877, § I.
àdnotet ad normam can. 877, § 1.

chia, nel cui territorio il battesimo è stato ammi nistrato, perché lo regis tri a norma del
can. 877, § I.
Non è più necessario informare dell' avven uto conferimento del battes imo il parroco proprio
del battezzato. come prescrive va il can. 77 8 del Co dice precedente, poic hé non è il parroco proprio
che deve registrare l' atto, ma il parroco del luogo in cui s'è compi uta la celebrazione (cfr. can. 877.
~ l, precedente). Una infor mazione dell'avvenuto battesimo , tuttavia. sarà se mpre utile non perc hé
si registri l' allo, ma perché il parroco ne sia informa to.

3363 7. Norme ulteriori va r ie


l) Vocazione battesimale:
- A vivere una vita confor me al Vangelo: can. 2 17
- All ' apostolato: can. 225 , ~ I
- Il dove re della testimonianza cristiana: can . 759
2) Ce rt ifica to di battesimo, rich iesto:
Per l'ammissio ne in semi nario : can. 241 , ~ 2
Per l' ammi ssione al noviziato religioso : can. 645, ~ I
Per l' amm issione in una Società di vita apostolica: can. 735, § 2
Per la promozione al diaco nato : can, 1050, n. 3
Per la celebraz ione del matrimonio: can . Il 13
3) Ca no ni ulteriori:
- Can . II : l' obbligo de lle leggi ecclesiastiche
- Can . III , § I: battesimo e ascri zione a lla Chiesa rituale
- Ca n. 383, ~ 4: la cura dei non battezzati da parte del Vescovo diocesano
- Can. 535: l'obbligo del registro dei battesimi nelle parroc chie e le annotazioni che OCCOITe
apport arvi
- Can. 889, ~ 2: la rinnovazione delle promesse battes imali nella confermazione
- Can . 996 , ~ I: il battesi mo e l'acquisto delle indulgenze
- Can . 1183. § 2: eseq uie di bambi ni morti se nza battesimo
- Can . 1366: genitori che da nno i loro figli a battezzare o ad educare in una religione
acattolica

3364 LA CONFERMAZIONE (ca nn. 879-896)


Schema
1. Il ca none introduttivo 5. I padrini
2. La celebr azione della confermazione 6. La prova e la regist razio ne
3. Il ministro 7. Norme ulterio ri
4. Il soggetto

3365 1. Il ca none introduttivo


879 È un canone completamente nuovo. che definisce opportunamente la natura
e gli effetti del sacramento della confe rmazione, rilevandone l' importanza nella vita
cristiana (Comm unicationes. a. 1971, p. 203, "Praescripta generalia") .
La confermazi one 117

Titolo II
II sacramento della confermazione
CAN. 879 • Sacramentum con- II sacramento della confermazione, che
firmationis, quod characterem imprime il carattere e per mezzo del quale
imprimit et quo baptizati, iter i battezzati , proseguendo il cammino della
initiationis christianae prose- iniziazione cristiana, sono arricchiti del
quentes, Spiritus Sancti dono di- dono dello Spirito Santo e vincolati più
tantur atque perfectius Ecclesiae perfettamente alla Chiesa , fortifica i me-
vinculantur, eosdem roborat ar- desimi e li obbliga più strettamente ad
ctiusque obligat ut verbo et opere essere con la parola e con le opere testi-
testes sint Christi fidemque dif- moni di Cristo e a diffondere e difendere
fundant et defcndant. la fede.

I ° La confermazione imprime nel soggetto un suo particolare carattere: quello di 3366


testimone di Cristo. Siamo già costituiti testimoni di Cristo in virtù del battesimo: con
la confermazione, lo diventiamo a titolo più impegnativo e in senso più pieno. Impri-
mendo il carattere, il sacramento della confermazi one non può essere reiterato (can. 845,
§ I). In caso di dubb io fondato, se esso sia stato effettivamente o validamente conferito,
si amministra sotto condizion e (can. 845, § 2).
Il carattere impresso dalla con fermazione opera nel cresimato una più profonda partecip azione
alla dignità e alla funzione rnessianica del Cristo - soprattutto a quella regale e profeti ca - e
inserisce più intima mente il cristiano nel mistero eccles iale, perché abbia a partecipare co n mag-
giore ricehezza interiore alla vita liturgica e apostolica della comunit à, e possa testimoniare la
propria fede con impegno più ape rto e coraggioso e lottare più strenuamente per il trion fo del
Regno di Dio sulla terru (Direttori o liturgico-pa storale CEI, n. 43) .

2° Con la confermazione si pro se~u c il cammino della iniziazione cristiana: ne è 3367


difatti la seconda tappa (can. 842, § 2). E il sacramento della crescita e dello sviluppo:
propriamente dell'ulteriore crescita, poiché anche il semplice battezzato deve crescere,
svilupp ando in sé il "germe della grazia".
3° Con la confermazio ne, si è arricchiti del dono dello Spirito Santo. In effetti , 3368
la co nfermaz ione è il sac ramento dello Spirito Santo , che discese visibilm ente sugli
Apostoli e sui discepoli raccolti nel Cenacolo . Le Pentecoste fu in un cert o senso la
confermazione dell a Ch iesa nascent e, e la confermazione è la Pent ecoste perenne
delle anime (cf r. Cos t. Ap. Divinae consorti um naturae : Enchir. Vat.. vol. 4, p. 699,
n. 1072, 2).
Ogni sua celebrazione rinnova invisibilmente il miracolo di quella prima Penteco -
ste. Come sacramento dello Spirito Santo, la confermazione è il "perfezionamento" e il
"coronamento" del battesimo , nel senso che ne compie l'opera, arricchendo il battezzato
di doni e di grazie per il raggiungimento di quella "maturità" spirituale, necessaria per
una vita cristiana più cosciente e più generosa .
4° Co n la confermazione, si è vincolati più perfettam ente alla Chiesa. 3369
5° La conferm azione , infine, fort ifica il battezzato e l' obbliga più strettamente ad
essere con le parole e con le opere testimone di Cristo e a diffond ere la fede.
La seconda parte del canone riproduce quasi testualmente l'insegnamento del Con-
cilio Vaticano Il: Cost. Lumen Gentium, n. Il , I.
118 LIBRO lV - Il "munus sunctificaudi' della Chiesa

CAPITOLO I
LA CELEBRAZIONE DELLA CONFERMAZIONE

CAN. 880 - § 1. Sacramentum § I. Il sacramento della confermazione


confirmationis confertur per un- viene conferito con l'unzione del crisma
ctionem chrismatis in fronte, sulla fronte, unzione che si fa con l'impo-
quae fit manus impositione atque sizione della mano e con le parole pre-
per verba in probatis liturgicis scritte nei libri liturgici approvati.
libris praescripta.
§ 2. Chrisma in sacramento § 2. Il crisma da usare nel sacramento
confirmationis adhibendum de- della confermazione, dev'essere consacra-
bet esse ab Episcopo consecra- to da un Vescovo, anche se il sacramento
tum etiamsi sacramentum a pre- sia amministrato da un presbitero.
sbytero ministretur.
CAN. 881 • Expedit ut confirma- È conveniente che il sacramento della
tionis sacramentum in ecciesia, et confermazione venga celebrato in chiesa
quidem intra Missam, celebre- e, per sé, durante la Messa; per una causa
tur; ex causa tamen iusta et ratio- giusta e ragionevole può essere celebrato
nabili, extra Missam et quolibet fuori della Messa e in qualsiasi luogo
loco digno celebrari potest. decoroso.

3370 2. La celebrazione della confermazione

I) L'unzlone sullafronte
880, § 1 (780 e 781 *) Il § l determina la materia prossima della confermazione:
l'unzione col sacro crisma sulla fronte del cresimando, mediante l'imposizione delle
mani e le parole prescritte nei libri liturgici approvati.
Appartengono all'essenza del sacramento e l'unzione sulla fronte, com'è richiesta
dalla tradizione, e l'imposizione delle mani, come risulta espressamente dagli Atti degli
Apostoli (8, 17; 19, 6). Non si richiede, tuttavia, una imposizione distinta: basta quella
che accompagna l'unzione stessa (cfr. Risposta della Commissione per l'interpretazione
dei Decreti del Concilio Vaticano Il,9 giugno 1972: X. OCHOA, Leges Ecclesiae, IV, n.
4057, col. 6277; Communicationes, a. 1972, p. 117). L'unzione va fatta per altro con la
mano (col pollice della mano destra), non con ovatta o con altro mezzo (can. 781, § 2,
Codice 1917). Questa sola imposizione è necessaria per la validità della confermazione:
le imposizioni fatte su tutti i cresimandi al principio e alla fine del rito, sono semplici
cerimonie, come ha dichiarato formalmente la S. Congregazione di Propaganda Fide in
data 6 agosto 1840 e, successivamente, il S. Ufficio in data 17 aprile 1872 e 22 marzo
1892 (Collectanea S. Congr. de Prop. Fide, I, 507).
Anche il Rito della Confermazione:
- L'imposizione delle mani sui cresimandi, accompagnata dall'orazione "Deus omnipotens"
non appartiene, è vero, al valido conferimento della confermazione, ma dev'essere tenuta in grande
considerazione per l'integrità del rito, e per una intelligenza più profonda e più completa del
sacramento (Premesse, n. 9, 2).
3371 Con la Cost. Divinae consortium naturae di Paolo VI, in vigore dal l" gennaio
1973, è stata modificata la formula tradizionale in uso nella Chiesa Romana dal sec.
XII, e si è adottata quella delle Chiese di rito bizantino: «Accipe signaculum doni
La confermazione 119

CAPITOLO II
IL MINISTRO DELLA CONFERMAZIONE

CAN. 882 - Confirmationis mi- Ministro ordinario dell a confermazione


nister ordinarius est Episcopus; è il Vesco vo ; conferisce validamente que-
valide hoc sacramentum confert sto sacramento anche il presbitero munito
presbytcr quoque bac facultatc vi di questa facoltà in forza del diritto uni-
iuris universalis aut pcculiaris ve rs a le o per speciale concessione dell a
conccssionis competcntis aucto- c o m p e te nte autorità.
ritatisinstructus.

Spiritus Sancti : Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dat o in don o» iEnchir.
Vat., volo 4 , pp. 702 -705 , nn. 1077-1080).

2) Il crisma consacrato 3372


880, § 2 Il paragrafo determina la materia remota della con fermazione: il sacro
crisma, cioè olio di oliv a (o di altre piante: can. 847 , § I) misto con balsamo, consacrato
a que sto scopo dal Vescovo .
Secondo la sentenza più co mune, è necessario "ad ipsam validitatem" che la co n-
sacraz ione dell'olio sia fatta dal Vescovo; ciò è attestato dai più antichi docum enti .
Salvo casi d'urgenza, è poi prescritto l'uso del crisma benedetto di recente nella setti-
mana sa nta dell 'ultima Pasqua.

3) Il luogo della celebrazione 3373


881 (79 1*) Co nsiderato il cara ttere sacro dell a confermazione, è conveniente ch e
la sua celebrazione si compia in una chiesa (o in un oratorio: cfr. can. 857, § I), dur ante
la Messa, «perché risalti meglio l'intimo nesso di questo sac ramento con tutta l'inizia-
zione cris tia na, che raggiunge il suo culm ine nell a partecipazione convi viale al sacrificio
del Corpo e del Sangue di Cristo» (Rito della Confermazione, Premesse, n. 13, I).
Per una cau sa giu sta e ragionevole (ex caus a iusta et rationabili) , la celebrazione
può effettuarsi fuori della Me ssa e in qualsiasi luogo decoroso.

3. II ministro della confermazione 3374

l) Il ministro ordinario e straordinario


882 (782, .§.§ 1-2) Il ministro ordinario dell a confermazione è il Vescovo. È difatti
conven iente che il sac rame nto della matu rità e dcIIa pien ezza cristiana sia conferito da
colui che pos siede la pien ezza del sacerdozio. Nella Cos t. Lum en Gentium (n. 26, 3) e
nell'O rda confi rmationis (n. 7), il Vescovo è detto mini stro "origi nario" . I due termini
sostanz ialmente si equi valgono: il primo - ord inar io - è più giuridico e più proprio
della trad izione latina; il secondo - originario - è più teologico tCommunication es,
a. 1971, p. 204, Caput I; a. 1983 , p. 186, can. 836 ), poiché mette in riliev o «lo stretto
legame che unisce i cre simati alla Chiesa attr averso il ministero del Vescovo» (Orda
confirma tionis, n. 7 ).
Ministro straordinario tCommuniccuiones. a. 1983, p. 186. can. 836 , n. 1) è il
presb itero munito della relati va facolt à in forza del diritto uni versale o per specia le
conce ssione dell a competente autorità.
Per i presbiteri di rito orientale. v. Decr. eone. Orientalium Ecclesiarum, n. 13.
120 LIBRO IV • Il "munus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 883 - Ipso iure facultate con- Hanno ipso iure la facoltà di ammini-
firmationem ministrandi gaudent: strare la confermazione:
1° intra fines suae dicionis, qui 1° entro i confini della propria circo-
iure Episcopo dioecesano aequi- scrizione, coloro che dal diritto sono equi-
parantur; parati al Vescovo diocesano;
2° quoad personam de qua agi- 2° relativamente al soggetto da confer-
tur, presbyter qui, vi officii vel mare il presbitero che, in forza del suo
mandati Episcopi dioecesani, in- ufficio o per mandato del Vescovo dioce-
fantia egressum baptizat aut iam sano, battezza una persona uscita dal]' in-
baptizatum in plenam Ecclesiae fanzia, oppure ammette nella piena comu-
catholicaecommunionemadrnittit; nione della Chiesa cattolica una persona
3° quoad eos qui in peri culo già battezzata;
mortis versantur, parochus, im- 3° per coloro che versano in pericolo di
mo quilibet presbyter. morte, il parroco, anzi qualsiasi presbitero.

3375 2) Facoltà per diritto universale


883 (782, §§ 3-4*) Hanno tale facoltà ipso iure:
l° Entro i confini della propria giurisdizione, i Presuli equiparati al Vescovo
diocesano: Prelato e Abate territoriale Vicario e Prefetto apostolico, Amministratore
di amministrazione apostolica stabilmente eretta (cann. 368 e 381, § 2), Amministra-
tore diocesano (can. 427, § I, Rito della Confermazione, Premesse, n. 7 a). Fuori dei
confini delle loro competenze, i detti Presuli, per amministrare la confermazione
hanno bisogno "ad validitatem" di una facoltà speciale, tranne che siano insigniti
della dignità episcopale.
2° Relativamente al soggetto, il presbitero che, in forza del suo ufficio o per
mandato del Vescovo diocesano, battezza una persona uscita dall'infanzia, oppure
ammette nella piena comunione della Chiesa cattolica una persona già battezzata'. Il
mandato del Vescovo è necessario "ex iure communi" quando il minore abbia già
compiuto i quattordici anni di età (can. 863).
La detta facoltà è motivata dall'unità dei tre sacramenti della iniziazione cristiana, che un
adulto deve ricevere insieme, se non si oppone una grave ragione (can. 866; Rito della conferma-
zione, Premessa, n. Il l.
3° Per coloro che versano in pericolo di morte, il parroco, anzi qualsiasi presbitero:
anche se colpito da censura o da pena canonica. La limitazione del n. 7, c, del Rito della
confermazione è stata soppressa nel nuovo Codice.

3376 3) Facoltà per concessione particolare


884 Nella legislazione anteriore soltanto la Sede Apostolica poteva concedere a un
semplice presbitcro la facoltà di amministrare la confermazione (can. 782, § 2, Codice

l Se tuttavia si tratta di una persona battezzata nella Chiesa Cattolica, la quale abbia perduto

la fede sin dall'infanzia, e poi ritorni nella piena comunione della Chiesa, la disposizione non si
applica. Vale a dire, il sacerdote che lo ammette nella comunione ecclesiale non ha la facoltà di
conferirgli la confermazione (Pontificia Commissione per l'interpretazione dei Decreti del Concilio
Vaticano Il,21 dicembre 1979: Communicationes, a. 1980, p. 23, n. l, I).
La eonfcrmazlrmc 121

CAN. 884 • § 1. Episcopus dioe- § l . Il Vesc ovo diocesan o con feris ca


cesanus confirmationem admini- personalmente la confermazione, ovvero
stret per se ipse aut curet ut per provveda c he sia co nferita da un altro
alium Episcopum adrninistretur; Vescovo; se necessario, può concedere la
quod si necessitas id requirat, fa- facoltà di amministrarla a uno o più pre-
cultatem concedere potest uni vel sbiteri determin ati.
pluribus determinatis presbyte-
ris, qui hoc sacramentum admi-
nistrent.
§ 2. Gravi de causa, Episcopus § 2. Per una grave causa, il Vescovo e,
itemque presbyter, vi iuris aut similmente, il presbitero a cu i è stata con-
peculiaris concessionis compe- ferita la facoltà di cresimare in forza del
tentis auctoritatis facultate con- diritto o di una spec iale concess ione de lla
firmandi donatus, possunt in sin- compe tente autorità, posso no, in singoli
gulis casibus presbyteros, ut et casi, associa rsi dei presbiteri, perché an-
ipsi sacramentum administrent, ch'essi amministrino il sacram ento.
sibi socia re.
CAN. 885 • § l. Epis copus dioe- § 1. Il Vescovo diocesano ha l' obbl igo
cesanus obligatione tenetur eu- di pro vvede re che il sac rame nto de lla
randi ut sacramentum confir rna- confermazione venga conferi to ai sudditi
tionis subditis ri te et rationabili - che lo richiedano debitamente e ragione-
ter petentibus conferatur. volmente.
§ 2. Presbyter, qui hac faculta- § 2. Il presbitero che gode di ques ta
te gaudet, eadem uti debet erga facoltà, ha il dovere di esercitarla in favo-
eos in quorum favor em facultas re delle persone per le quali essa gli è
concessa est. stata co ncessa.

1917). Nel nuovo ordinamento, anche il Vescovo diocesano può concedere tale facoltà
a uno o più presbiteri determi nati, in caso di necessità' . Per sé, tuttavia egli è tenuto ad
amministrare la confermazio ne personalmente o a provvedere che sia conferi ta da un
altro Vescovo .
II § 2 prevede un' altr a possibilità: che il Vescovo diocesano o anche il preshitero 3377
a cui sia stata conferita la faco ltà di amministrare la confe rmazione, si associ no altri
presbite ri nella celebrazi one de l sac rame nto. Qu esto, tuttavia. può effettuarsi so lo in
singoli casi (in singulis casi bus ) e per grav i mot ivi. come sarebbe ad ese mpio il
numero rileva nte dci cresi mali (Ordo confirmationis, n. 8. l ). Nel medes imo Ordo
s'i ndica no i pre sbiteri da associa rsi: Vicari ge nerali, epi scopal i e distr ettual i, parroco
del luogo, ccc . A ter mine del nuovo Cod ice, la disposizione no n è più pre scritt iva (il
ministro dell a con ferma zione sceg lie liberamente) , e può valere oggi solo come una
norma dir etti va.

4) Un dovere pastorale 3378


885 (785*) Riguarda sia il Vescovo diocesano sia il presbitero, a cui sia stata
concessa la facoltà di amministrare la confer mazio ne.

2 Non è necessario "ad validitatem" che la facoltà sia conferila in iscritto (Commun;cat;ones.
a. 1983. p. 186. can. 838, § Il.
122 LIBRO IV - 1I"I1l 11 nllSsanctificandi' della Chiesa

CAN. 886· § 1. Episcopus in sua § I. TI Ves covo. nell a s ua diocesi ,


dioecesi sacramentum confirma- ammini stra legittimamente il sacramento
tionis legitime administrat etiam della confermazione anche ai fedeli che
fidelibus non subditis, nisi obstet non sono suoi sudditi, tranne che si op-
expressa proprii ipsorum Ordi- ponga una espressa proibizione del loro
narii prohibitio. propr io Ordinario.
§ 2. Ut in aliena dioecesi con- . § 2. Per amministrare lecitamente la
firmationem Iicite administret, confermazione in un' altra diocesi , il Ve-
Episcopus indiget, nisi agatur de scovo ha bisogno della licenza almeno
suis subditis, Iicentia saltem ra- ragionevolmente presunta del Ves covo
tionabiliter praesumpta Episco- diocesano, tranne che si tratti di propri sud-
pi dioecesani. diti.
CAN. 887 • Presbyter facultate Il presbitero che ha la facoltà di ammi-
confirmationem ministrandi gau- nistrare la conferm azione, conferisce le-
dens, in territorio sibi designato citam ente questo sacramento nel terr ito-
hoc sacramentum extraneis quo- rio che gli è stato desi gnato anche agli
que Iicite confert, nisi obstet pro- estranei, tranne che si opponga un div ic-
prii eorum Ordinarii vetitum; to del loro proprio Ordinario; fuori del
illud vero in alieno territorio ne- proprio territorio, non lo conferisce vali-
mini valide confert, salvo prae- damente a nessuno, salvo il disposto del
scripto can. 883, n. 3. can . 883, n. 3.
CAN. 888 - Intra territorium in Nell'ambito del territorio nel quale han-
quo confirmationem conferre va- no facoltà di conferire la confermazione, i
lent, ministri in locis quoque ministri possono amministrarla anche nei
exemptìs eam ministrare pos- luogh i esenti .
sunt.

Il Vescovo diocesano è tenuto ex officio a provvedere che il sacrament o della


confermazione venga regolarmente conferito ai sudditi che ne facciano richiesta debi-
tamente c ragionevolmente . È un loro diritto, che non si può Icdere (cfr. cann. 2 13
e 843, § l).
L'obbl igo grava anche sul presbitero autorizzato. rispetto alle persone comprese
nella facoltà concessagli.

3379 5) Limiti previsti


886·887 (783-784 *) Nella propria diocesi, il Vescovo diocesano arnrmmstra
legittimamente la confermazion e anche ai fedeli che non sono suoi sudditi, tranne che
si opponga una espressa proibizione del loro proprio Ordinario. Per amministrare
legittimamente la confermazione in un'altra diocesi, il Vescovo ha bisogno della
licenza almeno ragionevolmente presunta del Vescovo del luogo, tranne che si tratti
di propri sudditi.
Il presbitero che ha la facoltà di amministrare la confermazione:
- Conferisce lecitamente questo sacramento nel territorio che gli è stato desi-
gnato, anche agli estranei, tranne che, similmente, si opponga il divieto dcI loro
proprio Ordinario (tale divieto, tuttavia, non è "ad validitatern").
123

CAPITOLO III
I CONFERMANDI

CAN. 889 - § 1. Confirmationis § 1. È capace di ricevere la conferma-


recipiendac capax est omnis et zione soltanto una persona battezzat a, che
solus baptizatus, nondum confir- non è stata a nco ra confermata .
matus,
§ 2. Extra periculum mortis, § 2. Fuori del pericolo di morte, perché
ut quis licite confirmationem re- una persona riceva lec itamente la confer-
cipiat, requiritur, si rationis usu mazione, si richiede ch e egli, se ha l'uso
polleat, ut sit apte institutus, rite di ragione, sia opportunamente preparato,
dispositus et promissiones bapti- sia ben disposto e sia in grado di rinnova-
smales renovare valeat. re le promesse battesim ali .

- Fuori del proprio territorio . non lo conferisce validamente a nessuno , salvo


il prescritto dci can. 883 , n. 3, relativo al pericolo di morte. La facoltà che egli gode
difatti, non è "ordin aria", come quella del Vescovo, che la possiede "i ure proprio" in
forza dell'o rdine episcopale, per cui l'amministra validamente sempre e dovunque,
ma delegata, e pertanto strettamente legata "ad validitatern'' ai limiti del mandato
(cfr. can. 133, § I).

6) I luoghi "e sem i " 3380


888 (792*) I luoghi esenti non sono avulsi dal territorio diocesano, ma fanno parte
di esso. Di conseguenza, i ministri della confermazione - Vescovo o presbitero -
possono conferire la confermazione anche nei detti luoghi.

4. Il soggetto 3381

I) Il soggetto capace di ricevere la confe rmazione


889, § l (786, I parte *) È la persona battezzata:
- Ogni persona battezzata : anche gl'infanti e i dementi (perpetuo amentes). Nes-
suno può essere escluso, in linea di principio, se, uscito dall'infanzia e in possesso
dell'uso di ragione, sia in possesso delle disposizioni necessarie.
- Solo la pers ona batte zzata, perché, senza il battesimo "ex aqua et Spiritu
Sancto", non si può ricevere validamente nessun sacramento (can. 842, § I ).
- Solo il battezzato non ancora confermato, poiché la confermazione, come il
battesimo, non può essere reiterata (can. 845, § I).

2) Le condi zioni prescritte 3382


889, § 2 (786, /I parte* ) Fuori del pericolo di morte, per il conferimento della
confermazione a un battezzato in possesso dell'uso di ragione, è necessario:
IO Che sia opportunamente preparato catechisticamente e spiritualmente: questo è
necessario, ma non si può essere eccessivamente rigidi, pretendendo un "perfezionismo"
che non si può ottenere e riducendo la confermazione a un sacramento di élite. Sarebbe
un errore pastorale, e si commetterebbe un grave torto ai propri fedeli.
0
2 Che sia in grado di rinnovare le promesse battesimali.
124 LIBRO IV - Il "m unus sanctiflcundi' della Chie sa

CAN. 890 - Fid eles tene ntur I fede li ha nn o l'obbligo di ricevere te m-


obligatione hoc sacr amentum pestivamente ques to sac ram e nto ; i ge ni to -
tempestive recipiendi ; curent pa- ri, i pastori di a nime, so prattutto i parroci,
rentes , animarum pastores, prae- abbiano c ura c he i fedel i ve ngano adegua-
sertim paro chi, ut fideles ad illud tamente p reparati a riceverlo e vi acceda-
recipiendum rite instruantur et no a te m po opportuno.
opport uno tempore accedant.
CAN. 891 - Sacramentum conflr- Il sacram e nto della co nfe rmazione ven-
mationis conferatur fidelibus cir- ga co nferito ai fedel i intorno all 'età della
ca aetatem discretioni s, nisi Epi- d is c re zione, trann e c he la C o nfe renza
scoporu m conferentia aliam aeta- Episcop al e a bbia stabili to un ' a lt ra e tà , o
tem determ inaverit, autadsit peri- vi s ia pe ricol o di m o rte , o pp ure , a giud i-
culum morti s vel, de iudicio mini- zio del m in ist ro , una grave causa su ggeri-
stri, gra vis causa aliud suadeat, sca d ivers am e nte .

È per allro e vidente che . nel conferire la confermazione a un ad ulto subito dopo il
battesimo. le promesse battesima li non vanno rinnovate nel rito de lla cresim a (COIIIIll U-
nicationes, a. 1983, p. 187, can. 843, § 2).

3383 3) L 'obbligo
890 (787* ) Il canone confer ma l' obbligo per il fedele cristiano di ricevere "tempe -
stive" ossia "opportuno tempore" il sacramento della confermazio ne. anche se non sia
strettamente necessario per salvarsi. «A nessuno è lecito - affermava in modo formale
il ca n. 787 del Codice anteriore - trascurare questo sacramento». La cresim a, difatti,
cos tituisce un arricchimento meravig lioso di grazi a e di forza soprannaturale, che faci-
litano l'eserciz io della vita cris tiana e il consegu imen to dell ' eterna sa lvezza. Attesa anzi
la tristezza dei temp i che viviamo e la dura lotta quotidiana a cui si è sottoposti per
difendere la propria fede e le proprie idea lità. la cresima, per molti, oggi non è più solo
utile, ma moralmente necessaria.
Attesa l'importanza della confermazione, il § 2 del canone richiama es pressamente
l'obbligo dei genitori, dei pasto ri di anime, soprattutto dei parroc i, di aver cura che i
fedel i veng ano preparati adeguatamente a riceverla e vi acced ano a tempo opportuno. È
un do vere di tutta la comunità cristiana, come ammonisce il n. 3 del Rito per la con-
[erma zione, Premesse.

3384 4) L' età richiesta


891 (788 *) Per molti seco li, la confermazione, considera ta com e un compimento
e un per fe zionamento del battesimo, venne conferita ai neon ati subito dopo la loro
rigenerazione al sacro fonte: tale usanz a si conserva tuttora nella C hiesa Greca . Nella
Chiesa Latina invece, a cominciare da l sec. X, il conferimento della cresima è stato
opport unamente differito all'età della discrezione.
La norma è stata confermata nell'attuale Codice , che, tuttavia , lascia alle Conferen-
ze Episc opali la facoltà di determinare un' altra età. La Con ferenza Episcopale Italiana,
con delib era del 23 dicembre 1982, entrata in vigore il 23 gennaio 1984, ha stabilito
«l' età di dodici anni circa» (Enchir. CEl , voI. 3, p. 915 , n. 1596). Il ministro, d'a ltra
parte, può anche, a suo prudente giudizio, conferire la confermazione a un ragazzo di
età inferio re "si gravis causa suadeat" ,
In pericolo di morte, la confermazione può e dev' essere conferita a qualsiasi età.
La conferm azione 125

CAPITOLO IV
I PADRINI

CAN. 892 - Confirmando, quan- Il conferma ndo, per quanto possibile,


tum id fieri potest, adsit patri- sia assis tito dal padrino, il cui comp ito è
nus, cuius est curare ut conflr- di ave r cura che egli, ricevuta la cresima,
matus tamquam verus Christi te- si comporti da vero testimone di Cristo e
stis se gerat obligationesque ei- adempia fedelm ente gli obblighi anness i
dem sacramento inhaerentes fi- al sacramento.
deliter ad impleat.
CAN. 893 • § 1. Ut quis patrini § I. Per assumere l'ufficio di padrino, è
munere fungatur, condicioncs necessario osservare le condizio ni di cui
adimpleat oportet, de qui bus in al ca n. 874.
can.874.
§ 2. Expcdit ut tamquam pa- § 2. È conve niente che faccia da padri-
trinus assumatur qui idem munus no la medesima persona che ne ass unse
in baptismo suscepit. già il comp ito nel battesimo ,

5. I padrini 3385

I) Il compito del padrin o


892 (793 e 797 *) Relati vamente ai com piti educat ivi, la funzio ne del padri no di
confermazione è analoga a quella del padri no di battesimo. Egli deve aver cura che il
suo figlioccio si comp orti da vero testimone di Cristo e ade mpia fede lmente gli obblighi
annessi al sacramento.
La prese nza del padrino di cres ima non è precettiva in modo asso luto: "quantum
fieri potest" .

2) Le condiz ioni prescritte 3386


893 (795-790*) Sono le medesime condizioni prescr itte per il padrino di battesimo
(can. 874). Si esort a, per altro, ad affidare il compito di padrino di confermazione allo stesso
padrino di battesimo. Il motivo è di convenienza (èxpedit), in quanto la confermazione è
strettamente legata al battesimo, di cui costitu isce l'arricchimento e il perfez ionamento .
A termine del Codice precedente, il cresimando poteva avere un solo padrino (can. 794, § 2)
e del medesimo sesso (can, 796, n. 2). L'una e l' altra norma sono state soppresse. È stato soppresso
similmente il divieto di far da padrino al proprio coniuge (can. 795, n. 3*), né è più necessario che
il padrino "in ipso eonfi rmationis actu per se vel per procuratorem confirmandum physice tangat"
(can. 795, n. 5*).

3) Una risposta della Congr. per il Culto Divino 3387


Era sorto un dubbio tra i Vescovi se ei fosse contrasto fra il n. 5 dell' Orda
Confirmatio nis emanato da lla Santa Sede e i can n. 893 e 874, § J, 5°, de l nuovo Codice
di Diritto Ca nonico.
- N. 5 dell' Ordo : «Ogni cresi mando abbia normalmente il suo padrino. Il padrino dovrà
accompagnare il figlioccio a ricevere il sacramento , presen tar/o al ministro della Confermaz ione
126 LIBRO IV - Il "munus sunctificandì" della Chiesa

CAPITOLO V
LA PROVA E L'ANNOTAZIONE DEL CONFERIMENTO
DELLA CONFERMAZIONE

CAN. 894 - Ad collatam confir- Per provare l'avvenuto conferimento


mationem probandam serventur della confermazione, si osservi il disposto
praescripta can. 876. del can. 876.

per la sacra unzione, e aiutarlo poi ad osservare fedelmente le promesse del Battesimo,
corripondendo all'azione dello Spirito Santo, ricevuto in dono nel sacramento. Data l'attuale situa-
zione pastorale, è bene che il padrino della Confermazione sia lo stesso del Battesimo... Non è però
affatto esclusa la possibilità di scegliere per la Confermazione un padrino apposito: può anche darsi
il caso che siano i genitori stessi a presentare i loro bambini. Spetterà comunque all'Ordinario del
luogo, tenute presenti le circostanze di tempo e di luogo, stabilire il criterio da seguire nella sua
diocesi».
- Can. 874, § l. n. 5°; «Perché qualcuno sia ammesso all'ufficio di padrino, è necessario...
che non sia il padre o la madre del battezzando».
- Can. 893, § l: «Per assumere l'ufficio di padrino (nella Confermazione), è necessario
osservare le condizioni di cui al can. 874».
3388 La risposta della Congregazione (Enchir. Vat., voI. 9, pp. 682-685):
Non sembra che si possa trovare alcuna contraddizione, se si pondera bene quanto segue.
I. «II cresimando, per quanto possibile, sia assistito dal padrino» (CIC can. 892; cfr. Ordo
Confirmationis, 5).
2. A norma del can. 893 (cfr. 874, § I, 5°), né il padre né la madre possono essere ammessi
all'ufficio di padrino .
3. Tuttavia i genitori, anche quando vi sia un padrino, sono autorizzati a presentare i loro figli
al ministro della Cresima (Ordo Confirmationis, 5).
Questa presentazione, definita più distesamente nel corso del rito, avviene in questo modo:
proclamato il Vangelo, quando la Cresima è conferita durante la Messa, oppure finite le letture,
quando la Cresima viene conferita fuori della Messa, «i singoli cresimandi ... si accostano al pre-
sbiterio; se invece sono bambini, vengono condotti da uno dei padrini o da uno dei genitori, e si
fermano davanti al celebrante» (Ordo Confirrnationis, 21, 38).
Da quanto s'è detto risulta chiaro che i genitori e il padrino esercitano compiti diversi nel
sacramento della Cresima. Perciò i genitori possono presentare i loro figli, anche se non possono
essere ammessi all'ufficio di padrini, in quanto questo ufficio non aggiungerebbe nulla al loro
compito di genitori'.

6. La prova e la registrazione

3389 l) La prova testimoniate


894 (800*) In mancanza di un attestato autentico, per dimostrare l'effettivo conte-
rimento della confermazione, vale la medesima norma prescritta per il battesimo (can.
876).

" Evidens manet parentes, qui, lectionibus expletis, pueros suos praesentaverunt, agere posse
in ritu chrismationis ad norrnam n. 26 et n. 43 Ordinis Confirmationis: «Qui autem eonfirmandum
praesentavit, ponit manum dexteram super umerum eius et dici t Episcopo nomen eius, vel
confirrnandus sua sponte dicit».
La confermazione 127

CAN. 895 - Nomina confirmato- I nomi dei confermati, con la menzione


rum, facta mentione ministri, pa- del ministro, dei genitori e dei padrin i. del
rentum et patrinorum, loci et diei luogo e della data del conferimento della
collatae confirmationis in Iibrum cresi ma, siano trascri tti nel libro dei con-
confirmatorum Curiae dioecesa- fer mati della Curia diocesana, o, dove
nae adnotentur, vel, ubi id prae- l' abbia stabilito la Conferenza Episco pale
scripserit Epis coporum confere n- o il Vescovo diocesano, nel registro da
tia aut Episcopus dioecesanus, in conserva rsi nell' archivio parrocch iale;
Iibrum in archivio paroeciali con- dell' avve nuta confermaz ione, il parroco
servandum; parochus deb et de deve informare il parroco del luogo di
collata confirmatione monere pa- battesimo, perché ne faccia annotazione
rochum loci baptismi, ut adnota- nel lihro dei battezzati, a norma del can.
tio fiat in libro baptizatorum, ad 535, § 2.
normam can. 535, § 2.
CAN. 89 6 - Si pa ro chus loci Se il parroco del luogo non sia stato
praesens non fueri t, eundem de presente, il ministro, personalmente o per
collat a confirmatione minister mezzo di altri, gli notifichi al più presto
per se vel per alium quam pri- l'avvenuta confermazione,
mum certiorem faciat.

2) Le modalità di registrazione 3390


895, I parte (798*) "lure communi", il registro delle confe rmazioni è obbligatorio
per le Curie diocesa ne o per le parrocchie, se così abbiano stabilito le Conferenze Episco-
pali o il Vescovo diocesano. In Italia, è obbligatorio per le parrocchie (Delibera n. 6 del
23 dicembre 1983, in vigore dal 23 gennaio 1984 (Enchir. CEI, voI. 3, p. 915, n. 1594).
Ncl registro devono essere menzionati:
- Il nome dei confermati, con tutti i dati relativi
- Il ministro
- Il nomc dei geni tori e dei padrini
- Il luogo e la data del sacro rito

3) Una duplice notifica 3391


895, II parte, e 896 (799*) Dell' avven uta co nfer mazione il parroco della par-
rocchia in cu i s'è compiuta la ce lebrazione, è tenuto ad avvertire il parroco del luogo
di battesimo, perch é ne sia falla annotazione nel libro de i battezzati, a norma del can.
535, § 2.
L' obbligo è sempre del parroco, anche se la cres ima non sia stata conferita nella
chiesa parrocch iale (per es. in una chiesa rettoriale, nella cappella di un co llegio). Tal i
cresime devono essere registrate nel libro della parro cchia .

7. Norme ulteriori 3392


Sono da tener presenti i segue nti canoni:
- Can. 144..~ 2: Ecclesia supplet
- Can. 225..~ I: Cresima e apostolato
- Cl/n. 566. § I: Facoltà dei cappellani
- Cl/n. 777, n. 2: La preparazione dei ragazzi al sacramento della confermazione, un dovere
particolare del parroco
128 LI BRO IV • Il "munu s sanc tificand i" dell a Chiesa

- Cun. 759: Il dovere della test imonianza cris tiana in virt ù dell a conferma zione
- Call. 1033 : Richiesta , "ad liceitatem ", la confermazio ne. per l' ammi ssione agli ordini sac ri
- Call. 1065, § I : Cresima e matrimonio

Documenti di battesimo e di cres ima, richiesti:


Per l' ammi ssione nel seminario maggiore: can. 24 1. § 2
Per l' ammi ssione al noviziato religioso : can. 645, § I
Per l'ammissione in una società di vita apostolica: cnn. 735, § 2
Per la promozione al diaconat o: can. 1050, n. 3

3393 LA SANTISSIMA EUCARISTIA (c ann. 897-9 5 8)


Schema
I. Prospetto della materia 3. La celebrazione eucaristica
2. I ca noni introdut tivi

3394 l. Prospetto della materia


La normativa sulla SS. Eucaristia comprende due canoni introduttivi (897-898) e tre
capitoli. Lo schema è il seguent e:
l° La celebrazione euca ristica: cann. 899-933
Il ministro: cann . 900-911
La partecipazione dei fedeli: cann. 912-923
Riti e cerimonie: cann. 924-930
Tempo e luogo : cann. 93 1-933
2° La conservazione e la venerazione della SS. Eucari stia : cann. 934-944
3° L' offerta per la celebrazione della Messa: cann. 945-958
3395 Nel Codice anteriore, la trattazione della S5. Eucaristia comprendeva due ca pitoli
distinti: il primo. dedicato al sacrificio della Messa (cann. 802-844), e il secondo al
sacramento (cann. 845-869) . La teologia attuale preferisce considera re l'Eucaristia in
modo unitario. attribuendo anche al sacrificio la nozione di sacramento. È questo l'in-
segnamento di Giovanni Paolo Il, che, nell 'Enc. Redemptor hom inis del 4 marzo 19 79 ,
n. 20, presenta il Mistero Eucaristico come unico sacramento, pur nella sua triplice
dimensione:
Sacramento-sacrificio
- Sacra mento-comunione
- Sacramento-presenza
In conformità con tale insegnament o, il nu ovo Codice tratta nel medes imo capitolo
De Eucha ristiae celehratione sia della celebrazione del santo Sacrificio, sia della Comu-
nione, che fa parte di essa (Communicationes, a. 1972, pp. 5 1-52, De Eucharis tica
celebrationei. Una tale struttura unitaria è senza dubb io teologicamente più esatta e
pastoralmente più valida.
3396 Principali documenti conciliari e post-concìlìari
- Cost conco Sacrosanctum Concilium, 4 dicembre 1963, cap . Il , nn . 47-5 8
- Enc. Mysteriumfldei sulla dottrin a e s ul culto della 55. Eucaristia, di Paolo VI. 3 settem-
bre 1965 : Enchir. Vat., voI. 2, pp. 430-471
- Istr. Eucha risticum Mysterium, sul culto del Mistero eucaristi co, della Co ngregaz ione dei
Riti, 25 marzo 1967: Enchir. Vat., va l. 2, pp. 1084-1153
- La Institutio Generalis Missalis Romani della S. Congregazione per il Culto Divin o, 26
marzo 1970: Enchir. Val., voI. 3, pp. 1176-14 39
- \str. Eucharistiue celebratio della Congregazione per il Culto Divino, 2 1 giug no 1973:
Enc hir. Vut., val. 4, pp. 1626-1659
La Santissi ma Eucaristia 129

Titolo III
La santissima Eucaristia
CAN. 897 - Augustissimum Sa- La santissima Eucaristia è il più augusto
cramentum est sanctissima Eu- dei sacramenti, poiché in essa è contenu-
charistia, in qua ipsemet Chri- to, viene offerto e si riceve lo stesso Cri-
stus Dominus continetur, offer- sto Signore, e in virtù del sacramento vive
tur ac sumitur, et qua continuo e cresce continuamente la Chiesa. Il Sa-
vivit et crescit Ecclesia. Sacrifi- crificio eucaristico, memoriale della mor-
cium eucharisticum, memoriale te e della risurrezione del Signore, in cui
mortis et resurrectionis Domini, si perpetua nei secoli il Sacrificio della
in quo Sacrificium crucis in sae- croce, è il culmine c la fonte di tutto il
cula perpetuatur, totius cultus et culto e di tutta la vita cristiana: con esso
vitae christianae est culmen et si esprime e si effettua l'unità dcI popolo
fons, quo significatur et efficitur di Dio e si compie l' edi ficazione del Cor-
unitas populi Dei et corporis po di Cristo. Gli altri sacramenti, infatti, e
Christi aedificatio perflcitur, Ce- tutte le opere di apostolato della Chiesa
tera enim sacramenta et omnia sono strettamente legati all' Eucaristia e ad
ecclesiastica apostolatus opera essa sono ordinati.
cum sanctissima Eucharistia co-
haerent et ad earn ordinantur.

- Lettera Dnminicae Caenae di Giovanni Paolo Il. 24 febbraio 1980: Enchir. Vat., voI. 7,
pp. 166-229
- Istr. Inaestimubil e donum della S. Congregazione per i Sacramenti e per il C ulto Divino,
3 aprile 19 80: Enchir. Vut., voI. 7, pp. 282-30 3
È da tener presen te anche il documento pastorale dell' Episcopato Italiano Eucaristia. comu-
nione e comuni t à, 22 magg io 1983: Ench ir. CEl , voI. 3. pp. 721 -790 .

2. I canoni introduttivi 3397


Sono due can oni, che riassumono la dott rina della Chiesa circa la SS . Eucaristia e
il particolare culto che i crist iani devono professare per essa .

I) Il più augu sto dei sacramenti 3398


897, I parte (801*) La Santissima Eucaristia è il ce ntro e il vertice di tutu I
sacramenti (Decr. co nco Ad gentes, n. 9, 2) ; il sacra me nto più augusto di cui Cristo ha
fatto dono alla Chie sa.
In essa, infatti, lo stesso Cristo Signor e:
I ° È contenuto "vere, realiter ac substantialiter" (Conc, T rident ino, Sesso XIII , I I
otl. 1551, cap. r e can. I : Denz inger-Sch onrnetzer, nn. 1636 e 1651): nella sua realtà
umana e divina (Corp o, Sangu e, Anima e Di vinità) .
2° Viene offer to al Padre attraverso il Sacrificio della Messa.
3° È ricev uto dai fedeli nella Comun ione.
Per essa vive e cresce continuamente la Chiesa: in un circolo vitale meraviglioso,
la Chiesa attua (consacra) l'Eucaristia, e l' Eucaristia attua e costituisce la Chiesa, Corpo
Mistico di Cristo, che da essa rice ve la vita, lo sviluppo. l'u nità.
]30 LIBRO IV . Il "munus sa nctificandi" de lla Ch i~sa

CAN. 898 - Christifideles maxi- I fedeli abbiano un culto profondo verso


mo in honore sanctissimam Eu- la santissima Eucaristia, partecipando atti-
charistiam habeant, actuosam in vamente alla celebrazion e dclI'augustissi-
celebratione augustissimi Sacrifi- mo Sacrificio, ricevendo con la massima
cii partem habentes, devotissime devozione e frequentemente questo sacra-
et frequenter hoc sacramentum mento e venerandolo con somm a adora-
recipientes, atque summa cum zione; i pastori di anime, che spiegano la
adoratione idem colentes; anima- dottrina del sacramento eucaristico, istrui-
rum pastores doctrinam de hoc scano accuratam ente i fedeli circa que sto
sacramento iIIustrantes, fideles obbligo.
hanc obligationem sedulo edo-
ceant.

3399 2) Significato e valore del Sacrificio eucaristico


897, II parte Il sacrificio eucaristico :
- È il memoriale della morte e della risurrezione del Signore: «Fate questo in
memori a di me» (Le . 22, 19; I Coro Il , 24).
- In esso si perpetu a nei secoli il Sacrificio della Croce, in un'attuazione perenne.
- È il culmine e la fonte di tutto il culto e di tutta la vita cristiana.
- Con esso si esprime e si effettua l'unità del popolo di Dio c si compie l' ed ifi-
cazione del Corpo di Cristo nella storia, ossia nel tempo e nello spazio.
Tutti gli altri sacramenti e tutte le opere di apostolato della Chiesa sono strettame nte
legati all' Eucaristia e ad essa sono ordin ati.

3400 3) Il dovere dei f edeli e dei pastori d 'anim e


898 (/ 273 *) Tutt i i fedeli devono prestare alla SS. Eucaristia un sommo rispetto e
un culto profon do, che si concreta e si esprime :
I ° Nella partecipazione attiva alla celebraz ione del santo Sacrificio. «La Chie sa -
afferma il Concilio Vaticano /I - si preoccupa vivamente che i fedeli non assis tano
come estr anei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che medi ante una comp ren-
sione piena dei riti e delle preghiere , partecip ino all'azione sacra consapevo lmente,
pienamente e attivamente» (Cost. Sacrosanctum Concilium , n. 48).
2° Nella recezion e frequ ente e de vota della Comunione, che, fatta duran te la
Messa, costituisce "una partecipazione più perfetta" al santo Sacrifi cio (Sacro sancttnn
Concilium, n. 55).
3° Nella venerazione massima verso il SS. Sacrament o, che contiene la reale pre-
senza del Signore.
Di questo tripl ice fondamentale dovere del cristiano - rispondente alla trilogia
eucaristica. a cui si è fatto cenno: sacrificio. comunione o cibo e presenza - si parlerà
diffus amente nei canoni seguenti.
Da parte loro, i pastori di anime dovranno aver cura di spiegare ai fedeli la retta
dottrina del sacramento eucan stico e i relativi obblighi.

3401 3. La celebrazione eucaristica


899 Il canone co ntiene un approfondimento del Mistero eucaristico in ordin e alla
sua celebrazione.
La Santissima Eucaristia 131

CAPI TOLO I
LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

CAN. 899 • § 1. Eucharistica ce- § I. La celebrazione eucar istica è azio -


lebratio actio est ipsius Christi et ne di Cristo stesso e della Chiesa; in essa
Ecclesiae, in qua Christus Domi- Cristo Signore, per il ministero del sace r-
nus, ministerio sacerdotis, semet- dote, offre se stesso, sostan zialmente pre-
ipsum, sub specie bus panis et vini sente sotto le specie del pane e del vino,
substantialiter praesentem, Deo a Di o Padre, e si dona come cibo spiritua-
Patri otTert atque fidelibus in sua le ai fedeli, associati nella sua offert a.
oblatione sociatis se praebet ut
cibum spiritualem.
§ 2. In eucharistica Syna xi po- § 2. Nella Sinassi eucaristica, il popolo
pulus Dei in unum convocatur, di Dio è riun ito in assemb ea so tto la pre-
Episcopo aut, sub eius auctorita- side nza dc i Vesco vo o, in d ipend en za
te, presbytero praeside, personam da lla sua auto rità, de l presbitero; es si
Christi gerente, atque omnes qui agiscon o nell a per son a di Cri sto, e tutt i i
intersunt fideles, sive c1erici sive fedeli che vi assistono, sia chierici che
laici, suo quisque modo pro ordì- laici, con corrono alla sua celebrazio ne,
numetliturgicorum munerum di- partecipandovi, ciascuno a suo modo, se-
versita te, participando concur- condo la diversità degli ord ini e dei com-
runt. piti liturgic i.
§ 3. Celebratio eucharistica ita § 3. La ce lebrazione euca ristica sia or-
ordinetur, ut omn es participan- dinat a in modo che tutti coloro i quali vi
tes exinde plurimos capiant fruc- prend ono parte, traggano da essa i frutti
tus, ad quos obtinendos Christu s più abbond anti , per il cui conseg uime nto
Dominus Sacrificium eucharisti- Cri sto Sig nore ha istitui to il Sacrificio
cum instituit. eucar istico .

l ) Azione di Cristo e della Chiesa 3402


899, § 1 La celebrazione eucaristica costituisce il vertice della Liturgia cristiana.
Essa:
- È azione di Cristo e della Chiesa. come ogni azione liturgica, che ha in Cristo
l'ete rno Sacerdote e nella Chiesa lo strumento ministeria le (cfr. can. 834).
- È l' oblazione sacrificale di Cristo, Sacerdote e Vittima, che, sosta nzialmente
presente solto la specie del pane e del vino, offre se stesso al Padre e si dona come cibo
spirituale ai fedeli, associati nella sua offerta .

2) Azione comun itaria del Popolo di Dio 3403


899, § 2 La celebrazione eucaristica è delta anche con termine greco Sinassi, riu-
nione. L'espressione, molto usata nella liturgia dei primi secoli, mette in evidenz a il
carattere comunitario dell' azione eucaristica, alla quale interviene e partecipa tutta la
comunità cristiana, convocata solto la presiden za del Vescovo, il Pastore e il Pontefi ce
della Chiesa particolare, o, in dipendenza della sua autorità, del presbitero.
L'az ione eucaristica è compiuta ministerialmente dal Vescovo o dal presbitero,
rivestiti della persona stessa di Cristo (personam Christi gerentes). Ma anche i fedeli che
132 LIBRO IV ~ Il "munus sanctificandi" della Chiesa

ART. I
IL MINISTRO DELLA SANTISSIMA EUCARISTIA

CAN. 900 - § 1. Minister, qui in § l. Ministro capace di compiere il sa-


persona Christi sacramentum cramento dell'Eucaristia nella persona di
Eucharistiae conficere valet, est Cristo, è solo il sacerdote validamente
solus sacerdos valide ordinatus. ordinato.
§ 2. Licite Eucharistiam cele- § 2. Celebra lecitamente l'Eucaristia il
brat sacerdos lege canonica non sacerdote che non ne sia impedito per leg-
impeditus, servatis praescriptis ge canonica, osservando le norme dei ca-
canonum qui sequuntur. noni seguenti.

vi assistono, chierici e laici, concorrono alla sua celebrazione, partecipandovi, ciascuno


a suo modo, secondo la diversità degli ordini e dei compiti liturgici.

3404 3) I frutti della celebrazione


899, § 3 Cristo ha istituito il Sacrificio eucaristico perché i fedeli ne traggano i
frutti più abhondanti di salvezza e di grazia. Spetta pertanto a tutti, in particolare ai
pastori d'anime, disporre la celebrazione in modo che i frutti intesi da Cristo siano
realmente conseguiti da quanti vi partecipano.

3405 IL MINISTRO DELLA EUCARISTIA (cann.900-911)


Schema
l. 1\ ministro della consacrazione eu- 3. La normativa dei eann. 906-911
caristica - La presenza dei fedeli
2. La normativa dei cann. 90 l-90S - Un divieto per i laici e per gli stessi diaconi
- L'applicazione della Messa - La concelebrazione con i fratelli separati
- La concelebrazione - La preparazione e il ringraziamento al santo
- Il rettore di chiesa Sacrificio
- La celebrazione frequente 4. 1\ ministro della Comunione
- Binazione e trinazione S. Il Viatico agli'infermi

3406 1. Il ministro della consacrazione


900 (802 *) Del ministro della comunione si parlerà in seguito, nel can. 910;
nel canone attuale si tratta del ministro della consacrazione, ossia del ministro
che, nella persona di Cristo (in persona Christi), compie il sacramento dell'Euca-
ristia. Tale ministro è solo il sacerdote validamente ordinato: cfr. il documento
Sacerdotium ministeriale della Congregazione per la Dottrina della Fede, 6 agosto
1983 (Communicationes, a. 1983, pp. 153-159). I fedeli che, in virtù del battesi-
mo, partecipano alla funzione sacerdotale di Cristo, hanno soltanto un sacerdozio
comune, di base, che non permette loro di essere ministri dell'azione eucaristica.
Contro chi, privo dell'ordine sacerdotale, osasse attentare la celebrazione eucari-
stica, è comminata la pena "latae sententiae" della sospensione, se è diacono,
dell'interdetto se è un semplice fedele (can. 1378, § 2, n. l). Per ulteriori pene,
cfr. can. 1378, § 3.
Per la celebrazione dell'Eucaristia, è anche necessario "ad liceitatem":
La Santissima Eucari stia 133

CAN. 901 - Integrum est sacer- Il sacerdote ha facoltà di applicare la


doti Missam applicare pro qui- Messa per chiunq ue, sia per i vivi che per
busvis, tum vivis tum defunctis. i defunti.
CAN. 902 - Nisi utilitas christifi- Se l'utilità dci fcdeli non richieda o non
delium aliud requiratautsuadeat, consigli diversamente, i sacerdoti posso no
sacerdotes Eucharistiam concele- concelebrare l'Eucaristia; resta per altro ai
brare possunt, integra tamen pro singoli la libertà di celebrarla individual-
singulis Iibertate manente Eucha- mente, non però nel tempo stesso in cui
ristiam indi viduali modo cele- nella medesima chiesa o oratorio ha luogo
brandi, non vero eo tempo re, quo una concelebraz ione.
in eadem ccclesia aut oratorio
concelebratio habctur.

- C he il sacerdote non ne sia impedi to per legge canonica : irregolarità o impedi-


mento (can. 1044) o sanzione pena le: scomunica (can . 1331, § l, n. I), interdetto (can.
1332), sospensio ne specifica (can . 1333. § l , n. I).
- Che oss ervi le norme stabilite dall a C hiesa nei ca noni seguenti e in altr i atti.
Dello stato di grazia e del digiuno, si dirà nei cann. 916 e 9 19.

2. La normativa dei canoni 901-905

I) L 'applicazione della Messa 3407


901 (809 *) La S. Messa ha valore un iversale: può essere app licata per chiu nque.
sia per i vivi che per i defunti, vale a di re per le anime che scontano nel purgatorio la
pena temp orale dei loro peccati (Co nc. Tr identino, Sesso XXII, 15 sett. 1562, cap. 2 c
can. 2: Denzinger-Schonmet zer , nn. 1743 e 1753 ; Sesso 3 dico 1563: OS, n. 1820).
A norma del can. 11 85. a coloro che siano stati esclusi dalle esequie ecclesiast iche. dev'essere
negata qualsiasi Messa esequiale avente carattere pubblico (v . il comment o al detto canone ).
Il can. 825, del Codice del 1917 vieta in modo assoluto (numquam licet) di applicare la Messa
per colui che la chiederà . ma non ancoro l' ha richiesta. Il divieto non è stato riportato nel nuovo
Codice, ma non c'è dubbio che esso valga tuttora, anche per il fatto che la validità di una tale
applicazione è molto dubbia (molti la negano).

2) La concelebraz ione 3408


902 (803 *) Nell a legislazione anteriore, la co nceleb razio ne era pe rmessa so lo nell a
Messa de ll'ordinazione sacer dota le e in qu ell a dell a con sacrazione ep isco pale secondo
il Ponti ficale Rom ano . L'attua le disciplina, radicalme nte innovativa, è stata resa poss i-
bile per le de liberazioni conciliari co ntenute nei nn. 57-58 della Cost. Sacrosanctum
Concilium de l 4 dicembre 1963, a cui seguirono vari alti e documenti:
- L'l str. Ecclesiae semper della Congregaz ione dei Riti, 7 marzo 1965: Enchir. Vat., val. 2,
pp. 396-403.
- L'l str. Eucharisticum Mysterium della medesima Congregazio ne. 25 maggio 1967, nn. 47-
48: Enchir. var ., va l. 2, pp. 1136- 1139.
- La lnstitutio Generalis Missulis Romani. 26 marzo 1970. nn. 153·208: Enchir. Vat., va l.
3, pp. 1360- 1379.
- La Dichiar, In celebra/ione Missae della Congregazio ne per il Culto Divino. 7 agosto
1972: Enchir. ver., val. 4, pp. 1101- 1105.
134 LIBRO IV - Jl " munus sanctificandi' delta Chiesa

CAN. 903 - Sacerdos ad cele- Un sacerdote sia amme sso a celebrare,


brandum admittatur etiamsi ree- anche se sia sconosciuto al rettore della
tori ecclesiae sit ignotus, dum- chiesa, purché esibisca la lettera commen-
modo aut Iitteras commendati- datizia del suo Ordinario o del suo Supe-
tias sui Ordinarii vel sui Superio- riore, rilasciata da non più di un anno, op-
ris, saltem intra annum datas, pure si possa prudentemente ritenere che
exhibeat, aut prudenter exìsti- non ci sia alcun impedimento che gli vieti
mari possit eundem a celebratio- di celebrare.
ne non esse impeditum.

Il presente ca none dà piena facolt à ai sacerdoti di concelebrare ogni volta che


lo ritengano opportuno, tranne che l'utilità dei fedeli non richieda o non con sigli
di ver samente . Rimane per altro ai singoli la libertà di ce leb rare individualmente,
non però ne) tempo stesso in cui nella med esim a chiesa o orat orio ha luogo la
con celebrazi on e.
3409 L' lstr. Euch aris ticum Myst erium dell a S.c. dei Riti consiglia la co nce lebraz io ne dei
sa cerdoti tutte le volte ch e sia po ssibile, poiché «esprime e co nsolida i vi nc oli d' intima
frat ern ità da cui essi sono legati in virtù della comune ordinazione sac ra e della comune
mis sione » (n . 47. 2), ed esprime anche mirabilmente l'unità del popolo di Dio, quand o la
con celehrazione è presiedu ta dal Ve sc ov o e ad essa partecipano i fedeli (n. 47 , I; Enchi r.
Val., vol. 2, pp . 1136-1139, n. 1347), in modo che si abb ia la compiuta "S inassi" a cui si
accenna nel ca n. 899, § 2. La med esim a Istruzion e esor ta i Sup eri ori di co muni tà a «fa-
vor ire la concel ebrazion e tutte le volte che la nece ss ità past orale o un alt ro mot ivo
ragione vo le non richieda altrimenti » (n. 47, 4). «La Messa con celebrata è la forma prefe-
ribil c di cel ebrazione eucaristi ca nell e co m unità» ( Dich , In celebratione Missae, n. 3, c;
Encliir. Val. , vo l. 4, p. 11 05, n. 1747).
«Co nce lebratio est forma Missae in qua plenior habetur E cclesiae manifestatio , cl arius
exp rimitur unitas sa cerdotii et sacrificii ad unum altare, in uni ca grati arum actione » (S.
Congregazione per i Sa cramenti e per il Culto Divino , Resp onsum ad duhium, otto bre
1975: X. O CHOA, Leges Eccles iae, V. n. 4409, col. 7078).
Come si dir à nel can . 95 1. § 2, il sac erdote ch e conc elebra nello stesso gi orn o una
seco nda Me ssa non pu ò perce pire alcuna retribu zione per essa, a nessun titol o .

3410 3) Il rettore di chiesa


903 (804*) Il canone disciplina l' ammissi one dei sac erdoti a cel ebrare in una
chiesa.
IO Se il sacerdote è conosci uto e chiede " ri te et ration abiliter" di celeb rare, il
rettore è obbli gato ad amm etterlo .
2 0 De ve ammettere anche il sacerdote che gli è sconosc iuto (admittatur), se es ibi-
sce le lettere commendatizie (il cosiddetto "cè lebret") del suo Ordinario o de l suo
Sup eriore, rila sciato da non più di un anno. In mancanza del "c èlebret", il rettore deci-
der à " pro suo prudenti iudicio", attenendosi per altro alle particolari disposizioni ema-
nate dal Ves covo diocesano (ca n. 804, § 3, Codice 1917).
La norm a è di carattere ge nerale. Dispo sizi oni più dettagli ate potranno esse re em anat e dai
Vescovi dioce sani , da osserv arsi anch e nelle chiese degl 'I stitut i religios i esen ti, «nisi agatur de
sod alibu s adrnittendis ad celebrandurn in ecclesiis aut oratoriis propri i lnstituti » (Communicationes.
a. 1983, p. 192, ca n. 856, n. 2).
L:.I SOl nlissima Eucari stia 135

CAN. 904 - Sacerdotes, memoria I sacerdoti, sempre memori che nel mi-
semper tenentes in mysterio Sa- stero del Sacrificio eucaristico si svo lge
crificii eucharistici opus redem- ininterrottamente l'opera della reden zio-
ptionis continuo exerceri, fre- ne, celebrino frequentemente; anzi si rac-
quenter celebrent; immo enixe comanda vivamente la celebrazione quoti-
commendatur celebratio cotìdìa- diana , la quale, anche quando non si possa
na, quae quidem, etiam si prae- avere la presenza dei fedeli, è sempre un
sentia fidelium haberi non possit, atto di Cristo e della Chie sa, e, con esso,
actus est Christi et Ecclesiae, in i sacerdoti adempiono il loro principale
quo peragendo munus suum prae- ministero.
cipuum sacerdotes adimplent.
CAN. 905 • § 1. Exceptis casibus in § I . Eccettuati i cas i in cui, a nonna del
quibus ad normam iuris Iicitum dir itto, è consentito celebrare o concele-
estpluries eadem die Eucharistiam brare l'Eucaristia più volte nello stesso
celebrare aut concelebrare, non giorno, non è lecito al sacerdote celebrare
Iicet sacerdoti plus semel in dìe più di una sola volta al giorno.
celebrare.
§ 2. Si sacerdotum penuria ha- § 2. Se vi è scarsezza di sacerdoti, l'Or-
beatur, concedere potest loei Or- dinario del luogo può co ncedere che i
dinarius ut sacerdotes, iusta de sacerdoti , per giusta causa, celebrino due
causa, bis in die, immo, necessita- volte al giorno, e nelle domeniche e feste
te pastorali id postulante, etiam di precetto, per necessità pastorali, anche
ter in diebu s dominieis et festis tre volte.
de praecepto, celebrent.

4) La celebrazione f requente 3411


904 (805 *) li canone rinnova con particolare insistenza l'esortazio ne perché i sa-
cerdoti celebrino frequente r, anzi quotidie, il Sacrificio eucaristico (can, 276, § 2, n. 2),
spiegandone le intime ragioni di ca rattere teolo gico:
l ° Nel mistero del Sacrifici o eucaristico si co mpie perennemente l'opera della
Redenzione.
2° La celebrazione eucaristica, anche quand o non si possa ave re la presenza dei
fedeli, è se mpre un atto di Cri sto e della Ch iesa, co mpiuto per il ministero del
sacerdote .
3° Compiendo tale atto, il sacerdote esercita la sua principale funzion e (Decr. conco
Presbyterorum Ordinis, n. 13, 3).
Circa la presenza dei fedeli. occorre per altro tener presente il can. 906.

5) Binazione e trinazlone 3412


90S (806 *) Binazione. La norma generale è che il sacerdote non celebri più di una
sola volta al giorno, tranne i casi in cui il diritto lo consenta (§ I) .
A termini delle norme vigent i, è permesso celebrare più volte: 3413
- Il Gio vedì Sali/o; «chi ha celeb rato o concelebrato la Messa crismale, può
celebrare o concelebrare anche la Messa vespertina " in Cena Dornini?».
- A Pasqua: «chi ha ce lebrato o concelebrato la Messa nella notte , può celebrare
o conce lebrare la Messa nel giorno».
136 LIBRO IV - Il "mun us sanct iflcandi" del la Chiesa

- Nel Natale del Signo re: «tutti i sacerdoti possono celebrare o co ncelebrare le tre
Messe, purché lo facciano nelle ore corrispondenti» (Institutio Generalis Missalis Roma-
ni. n. 158, a, b, c: Enchir . Vat., voI. 3, pp. 1362-1365).
- Nella Commemorazione di tutti i fedeli def unti: è in facolt à di ogni sacerdote
celebrare tre Messe, applic andone una secondo la propria intenzione, ad libitum, un' altra
in suffragio di tutti i fedeli defunti e la terza seco ndo le inten zioni del Rom ano Pont efice
(Cost. Ap. Incruentum altaris sacrificium di Benedetto XV. IO agosto 1915 ).
3414 È co nse ntita una seco nda Me ssa in ragione della concclcbr azione:
- Se la concelebrazione è presieduta dal Vescovo o da un suo dele gat o : «in occasione del
Sin od o, dell a visita pasto rale o d ' incont ri sacerdotali». La stessa facoltà vale per i rel igios i, scrvatìs
servandis, se co nce lebrano co l prop rio O rdinario (lnst , Ge n. Missal is Roman i, n. 168, d) .
3415 Ulteriori concessioni:
- «I membri dei capitoli cattedrali e delle comu nità di qual sivoglia Istitu to di perfezione . che
so n tenuti a celebra re per il bene past orale dei fed eli, possono co nce lebra re nello stesso gio rno
anche la Messa co nventuale o di comu nità» (Dic h, In celebra /ione Missae della S. Con gregazione
per il Culto Divino, 7 agosto 1972 , n. I: Enchir. Vat.. voI. 4, p. I 103, n. 1743) .
- "Og ni sace rdote che, in occasione dell a visita pasto rale o di una particol are riun ione di
sace rdo ti, per esempio in con vegni di cara ttere pastorale , co ngressi, pellegrinaggi, co nce lebra la
Messa pri ncipale ai sensi del n. 158 di " Principi e norme per l'uso del Messale Rom ano", può
celebrare un 'altra Messa per l'utilità de i fede li» (Dichiar . ci t., n. 2) ,

Tali facolt à valgono soltanto per la binazione, non per la trinazione (S. Con grega-
zione per il Culto Divino, Risposta particolare all' Arcivescovo di Milano, 3 1 ge nnaio
1973 : X. O CHOA, Leges Ecclesiae, V, n. 416 8, col. 6454).
3416 Facoltà dell'Ordinario del luogo circa la binazione.
A parte i casi finora indicati, l'Ordinario del luogo può concede re la facoltà della
binazione nei giorni f estivi come iII quelli f eriali, alle seguenti co ndizioni:
- Che vi sia scarsi tà di sacerdoti (sacerdotum penuri a)
- Che ricorra una giusta causa (iusta de causa), da interpretare co n una certa
larghezza : esigenza di una comunità religiosa o di un gruppo di fede li, celebrazione di
nozze o di esequie . ecc. (§ 2).
Il ca n. 905 , ~ 2. come il precedente can . 806 , ~ I, del Codice 191 7, parla so lo dell'Ordinario
del Inogo. Prob ab ilmente, tu ttavia , la medesima faco ltà spetta anche all' O rdina rio di un Istituto
re ligioso o di una Società di vita apos tolica cle ricali di diritto pon tificio (ca n, 134 , ~ I ), rel ati va-
men te ai prop ri sudd iti.

3417 Trinazione. L'Ordinario del luogo può permettere anche la trinazione:


- Ma solo nelle domen iche e nelle feste di precetto I
- E per necessità pastorali (§ 2)
Anche tali necessità so no da interpretare in senso piuttosto ampio . poiché il ca none par la solo
di " necessità pastorali" e non di "vera necessità pastorale". com'è prescri tto nella sua fonte, il M.P.
Pastorales 1Il1lllUS di Paolo VI (I, 2: Enchir. Va/., voI. 2, p. 153, n. 88).
Per concession i maggiori , l' O rdinario del luogo deve chiedere e ottenere l' autorizzazione
dell a Santa Sede (Co mnum ;cClI;o fl es. a. 1983 , p. 192, can, 858, ~ 2) .

l Il gio rno festi vo, co m 'è noto, ha inizio liturgicament e il vespro del giorno precedente.
Tenen do cont o di q uesto fatto , può il Vesco vo diocesano co nce dere la facoltà di tri nare il giorno
precedente. "pe r ragioni pastorali" ? Considerando lo spirito e la finalità dell a norma cont enu ta nel
can . 905 , ~ 2, riten iam o di sì .
La Sanuxsirna Eucurisua 137

CAN. 906 - Nisi iusta et ratio- Se non esiste una causa giusta e ragio-
nabili de causa, sacerdos Sacrifi- nevole, il sacerdote non celebri il Sacrifi-
cium eucharisticum ne celebret cio eucaristico senza la partecipazione di
sine participatione alicuius sal- almeno qualche fedele.
tem fidelis.
CAN. 907 - In celebratione eu- Nella celebrazione eucaristica non è
charistica diaconis et laicis non consentito ai diaconi e ai laici recitare le
Iicet orationes, speciatim precem orazioni, in particolare la preghiera euca-
eucharisticam, proferre vel ac- ristica, o compiere le azioni che sono pro-
tionibus fungi, quae sacerdotis prie del sacerdote celebrante.
celebrantis sunt propriae.
CAN. 908 - Sacerdotibus catho- È vietato ai sacerdoti cattolici concele-
, Iicis vetitum est una cum sacer- brare l'Eucaristia con sacerdoti o ministri
dotibus vel ministris Ecclesiarum di Chiese o comunità ecclesiali. le quali
communitatumve ecclesialium non sono in piena comunione con la Chie-
plenam communionem cum Ec- sa cattolica.
cIesia catholica non habentium,
Eucharistiam concelebrare.

3. La normativa dei canoni 906·911

I ) La presenza dei fedeli 3418


906 (8 13*) Il Sacrificio euca ristico è di natura sua pubblico tSacrosanctum
Concilium, nn. 26-27), ed esige. per sé, la presenza dei fedeli . che tuttavia non è asso-
lutamente necessaria a termine del can. 904 . Di conseguenza. non è consentito al sacer-
dote celebrare la S. Messa senza la partecipazione di almeno qualche fedele . se non
esiste una cau sa g iusta e ragionevole. Questa. comunque, ricorre ogni volta che il sacer-
dote, mancando i fedel i. sarebbe costretto a rinunzi are alla celebrazione, per cui. di fatto,
restano vietate solo le celebrazioni abituali e sistematiche senza assistenza di fedeli.
L' Instituto Generalis Missalis Roman i non consentiva "nisi gravi necessitate " la celebrazi one
eucaristica senza il ministro (n. 211 : Enchir, Vat., voI. 3. p. 1381, n. 2266) . Il divieto è stato omesso
nel Codice, per cui è da considerarsi abrogato (cfr. Communicationes, a. 1981, p. 242. can. 67; a.
19R3, p. 193, can. 859. n. 2).

2) Un divieto per i laici e per gli stessi diaconi 3419


907 Le azioni liturgiche sono opera di tutta la comunità cristiana, ma cias cuno vi
parte cipa secondo la diversità del suo stato, del suo ufficio. dell a sua funz ion e
(Sacrosanctum Concilium, n. 26). Questo vale sop rattutto per la celebr azione eucaristi-
ca. in cui il sacerdote svo lge un suo proprio ruolo , nettamente distinto da quello dci
fedeli. i quali debbono limitarsi a comp iere «solo quello che è di loro competenza.
secondo la natura del rito e le norm e liturgiche» (ibid ., n. 28). Nella Messa - è pre-
scritto formalmente nel presente canone - non è cons entito ai laici e neppure ai diaconi
proferire le orazioni , in particolare la preghiera eucaristica. o compi ere le azioni che
sono proprie del sacerdote celebrante .

3) La concelebrazione con i frat elli separati 3420


908 Dell a "cornrnunicatio in sacris" con i fratelli separati, si è già fatto un primo
accenno nel commento al can . 844. L' attuale canone vieta in modo assoluto ai sacerd oti
138 LIBRO IV - Il " munus sunctifieandi' della Ch iesa

CAN. 909 - Sacerdos ne omittat Il sace rdo te non trascuri di prepararsi


ad eucharistici Sacrificii celebra- debitamente con la preg hiera alla ce lebra-
tionem oratione debite se praepa- zione del Sacrific io eucaristico e di rende-
rare, eoque expleto Deo gratias re grazie a Dio al termine di esso.
agere.
CAN. 9 10 - § 1. Minister ordina- § I. Il ministro ord inario de lla sacra
rius sacrae communionis est Epi- comuni one è il Vescovo, il presbitero e il
scopus, presbyter et diaconus. diacono.
§ 2. Extraordinarius sacrae § 2. Ministro strao rdinario della sacra
communionis minister est acoly- comuni one è l ' accolito, e anche un altro
thus necnon alius christifideli s ad fede le desig nato a norm a del ca n. 230,
normam can. 230, § 3 deputatus. § 3.

cattolici di concelebrare l' Eucaristia con sace rdoti o ministri di Chiese o comu nità
ecclesiali , le qual i non sono in piena comunione con la Chiesa catto lica. La trasgressione
di tale norma è passibile di pene canoniche (can. (365).
3421 Perché, nonostante l' apertura ecu menica del Concilio Vaticano Il c deg li atti ema nati succes-
sivamente dali' Autorità ecclesiastica, s'è conservato con severi tà tale divieto? Per un duplice
motivo: teologico e pratico.
Teolo gico: perché lo stretto rapporto esistente fra il mistero della Chiesa e il mistero euca-
ristico, esige che la celebrazione dell'Eucaristia conisponda alla pienezza della professione di fede
e della co munione eccles iale. È q uesto un principio che non può essere alterato (lstr, /11 quibus del
Segretariato per l'u nità dei cristiani. l° giugno 1972, n. 4, Il : Enchir. Var.• vol. 4, p. IOJ3 n. 1635).
In casi particolari, si può permettere la "comrnunicatio in sacris" in ordine all'ammissione alla
Co munione eucaristica, ma non in ordine alla celebrazi one del santo Sacri fic io.
Pratico : perché la "cornmunicatio in sacris" nella celebrazione eucaristica, non potendo essere
motivata da alcuna necessità di ordine pastorale, co mporterebbe, nel caso, un rischio reale per la
fede cattolica. in q uanto favorirebbe l' errore e l' jndifferentismo, cose da escludere in forza della
stessa legge divina (Decr. eone. Orientalium Ecclesiarum, n. 26).
3422 Ammonisce a ragione il Decr, eone. Unltatis redintegrutio:
- Non è lecito conside rare la comunicazione in sacris come un mezzo da usarsi indiscrimi-
natament e per il ristabilimento dell'unità dei cristiani. Questa comunicazione dipend e soprattutto
da due principi: dalla manifestazione dell'unità della Chiesa e dalla parteci pazione ai mezzi della
grazia. La significazio ne dell'unità per lo più vieta la comunicazione in sacris, La necessità di
co nseguire la grazia talvolta lo racco manda. Circa il modo co ncreto di agire av uto rig uardo a tutte
le circostanze di tempo, di luogo, di perso ne, spetta decidere all'autorità e piscopale del luogo,
tranne che sia stabilito diversamente dalla Co nferenza Episcopale. a norma dei propri statuti. o
dalla Santa Sede (n. 8. 3).

3423 4) La preparazione e il ringraziamento al santo Sacrificio


909 (810*) Non è propriamente una norm a di carattere giuridico , ma asce tico,
rich iam ata anche dal Codice precedente. La santa Messa , in cui si perpetu a e si
attualizza il Sacrificio della Croce, richied e una particolar e immedia ta preparazione da
parte del sace rdote, ed anche un fervido rend imento di grazie do po la celebrazione di
tanto mistero.

3424 4. Il ministro della Comunione


910 (8 45 *) Il cano ne, c he co nfe rma le prescr izi o ni co nten ute ne lla Istr.
lmm ensae ca ritatis dell a Co ngregazione dei Sac ramenti in data 29 ge nnaio 1973. n.
La Sumisshnu Eucaristia 139

) iEnchir. Val., vo I. 4, pp. 1214-1217), rappres enta un a delle più im portan ti in no va-
zioni in materia liturgi co-sacramentaria, poiché s i d à facoltà ai lai ci di e s sere mini st r i
dell a C omun ione.
A termin i del nu o vo canone:
l O Ministro ordinario dell a Comunione è il min istro sacro in v irt ù de ll'ordi nazio-
ne co nferi ta g li : il Vescovo, il Presbitero e anc he il Di acono (can. 1009, § I).
2 0 Ministro straordinario è l' accolito, o anc he un altro fedele, uomo o d onn a,
deputato ab itu almente o ad actum a norma d el ca n. 230, § 3, ossi a all a duplice condizione:
Che si tr atti di un caso di necessit à
- Che m an chi il m ini stro proprio (n. 1425)
Per la retta interp retazione del § 2, occo rre tener presente la citata Istru zione lmmensue 3425
curitutis.
La deputazione è di competenza dell'Ordinario del luogo:
I. «È data facoltà agli Ord inari dei luoghi di consent ire che persone idonee, individualmente
scelte, possano, in qualità di ministri straordinari, in singole circostanze od anche per un periodo
di tempo definit o, oppure anche permanentemente in caso di necessità , sia cibarsi da se stesse del
Pane eucaristico, sia distribuirlo agli altri fedeli e porta rlo agli ammalati nelle loro case , quando :
a) manchin o il sacerdote, o il diacon o, o l' accolito ;
b) i mede simi siano impediti di distribu ire la S. Comunione a motivo di un altro ministero
pastorale, per malattia o per età avanzata;
c) il numero dei fedeli che desiderano accostarsi alla S. Comunione, sia tale da far prolungare
eccessivamente la celebrazione della Messa o la distribu zione della Comunione fuori della Messa»
(Enchir. VIlt., vol. 4, pp. 1214-1217 , n. 1927 ).
II. «Gli stessi Ordinari dei luoghi godono de lla facoltà di permettere ai singoli sacerdoti. che
esercitano il sacro min iste ro, di deputa re una persona idonea, la quale , nei casi di vera necessità
distribuisca ad actum la S. Comun ione» (ibid., p. 1217, n. 1928).
III. «I menzio nati Ordinari dci luoghi posso no delegare tali facolt à ai Vescovi a usiliari , ai
Vicari episcopali c ai Delegati episcopali » (ibid., p. 1217, n. 1929)' .
Infra Missam et extra Missam:
«Le circos tanze nelle quali può mancare un sufficien te numero di ministri per la distribuzione
della S. Comunione, sono diverse, cioè:
- Durante la celebra zione della Messa, a moti vo di un grande affoll amento di fedeli oppure
per una particolare diftì coltà del celeb rante;
- Fuori della Messa, quando, per la distan za dei luoghi. sia difficile portare II:sacre Specie ,
soprattutto in form a di Viatico, agli ammalati che si trovino in pericolo di morte. - oppure quando
il numero degl' infermi , so prattutto negli ospeda li o in istituzioni del genere, richieda l' opera di più
ministri» (ibid., p. 1215, n. 1926).
P er la scelt a del ministro straordinario: 3426
«Il ministro straordinario della S. Co munione , debitamente preparato, si deve disti ngue re per
la vita cristiana, la fede e la condotta. Dovrà cercare di non essere impari a questo gra nde ministero,
coltivare la pietà verso la SS. Eucaristia ed esse re di esempio agli altri fedeli con la sua devozione
e la sua riverenza verso l'augustissimo Sacrament o dell ' Altare. Nessuno sia scelto a tale ufficio.
se la sua designazione possa dar motivo di meraviglia ai fedeli» (ibid., p. 1217. n. 1934 ).

, Comm issione per l'interpretazione del Codice , l ° giugno 1988.


Dubio proposto: «Utrum minister extr aordinarius sacrae Communionis, ad normam cann. 9 10,
* 2, et 230, deputatus, suum munus supplet orium e xercere possit etiarn curn praesentes sint in
ecclesia, etsì ad celebrationern eucharist icam non participantes, minist ri ordinari i, qui non sint
quoque impediti».
Risposta: «Negative» (Enchir, Vat., voI. Il , p. 440).
140 LIBRO IV • Il "mu nus sunctific andi" del la Chiesa

CAN. 911 - § 1. Officium et ius § I . Hanno il dovere e il diritt o di por-


sanctissimam Eucharistiam per tare la santissima Eucaristia agl'i nfermi
modum Viatici ad infirmos defe- sotto forma di Viatico il parroco e i vicari
rendi habent parochus et vicarii parrocchi ali, i cappe lla ni, come pure il
paroeciales, cappellani, necnon Superiore della co munità negl'i stitu ti reli-
Superior communitatis in cleri- gios i clerica li O nelle socie tà clericali di
cali bus institutis religiosis aut vita apostolica , relativamente a tutti colo-
societa tibus vitae apostolicae ro ehe si trovano nella casa.
quo ad omnes in domo versantes.
§ 2. In casu necessitatis aut de li- § 2. In cas o di neces sità e con la licenza
centia saltem praesumpta parochi, almeno presunta del parro co, del ca ppel-
cappellani vel Superioris, cui po- lano o del Superiore , che devono esserne
stea notitiam dari oportet, hoc fa- poi informati, qualsiasi sacerdo te o altro
cere debet quilib et sacerdos vel ministro di sacra comunione è tenut o allo
alius sacrae communionis ministero stesso dove re.

3427 S. n Viatico agl'infermi


911 (850*) Il Viatico è la particolare Com unione che si ha l'obbligo di ricevere in
per ico lo di morte (can . 92 1, § I).
L'amministraz ione del Viatico ag l'infermi è per sé un do vere e un diritto "vi
officii" :
- Del parroco (a cui è dema ndato in modo speciale: ca n. 530 , n. 3) e dei vicari
parrocchiali
- Dei ca ppell an i (ca n. 56 1, § l )
- Del su perio re di un a comunità negl 'I stituti religiosi cleric ali o nelle Società
clericali di vita apos tolica. relativa mente a tutti coloro che si trovano nell a casa da lui
dipende nte.
In caso di necessità o co n la licen za alme no presu nta del parroco, de l ca ppellano
o del supe riore . che devono esse rne poi inform ati, qualsiasi sacerdote o altro ministro
di sacra Com unione (diaco no, acco lito, semplice fedele, uomo o donn a, deb itamente
designati ). è ten uto allo stesso dovere. In caso di partico lare em ergenza. avrebbe lo
stesso dovere anche un laic o non de signat o dalla co mpetente autorità.

3428 LA PARTECIPAZIONE ALLA SS. E UCARISTI A (cann, 9 12-923)


Schema
I. La normativa de i cann. 912-9 16 - La Comu nione durante la Messa e
- Il dove re e il diritto di ogni battezzato fuori de lla Messa
- L' ammi ssione dei fanciulli - Il digiuno e ucaristico
- Il dovere dei genitori e del parroco - L' obbligo della Co munione almeno
- La previa confessione sacramentale annuale
- Gli esclusi - L' a mministrazione del Viatico
- Lo stato di peccato grave - Qualsiasi rito cattolico
2. La normativa dei cann . 9 17-923
- La second a Co munione nello stesso
giorno

L'Eucaristia no n è so ltanto il Sacrificio di Cr isto perp etuato nella C hiesa median te


il min istero dei sacerdoti , ma anc he il Pane di vita, il cibo spiritua le offerto per manen-
tem ente all' uo mo per il suo nutrimento dall' amore incom mensura bile di Dio.
La Santissim a Eucaristia 141

ART. 2
LA PARTECIPAZIONE ALLA SANTISSIMA EUCARISTIA

CAN. 912 • Quilibet baptizatus, Ogni battezzato, a cui non sia vietato
qui iure non prohibeatur, admitti dal diritto , può e deve essere ammesso
potest et debet ad sacram com- alla sacra comunione.
munionem.
CAN. 913 • § l. Ut sanctissima § l. Per poter amministrare la santissi-
Eucharistia ministrari possit pue- ma Eucaristia ai fanciulli, si richiede che
ris, requiritur ut ipsi sufficienti essi abbiano una sufficiente discrezione e
cognitione et accurata praepara- ricevano un'accurata preparazione, così
tione gaudeant, ita ut mysterium da avere del mistero di Cristo una com-
Christi pro suo captu percipiant prensione proporzionata alla loro capacit à
et Corpus Domini cum fide et de- ed essere in grado di ricevere con fede c
votione sumere valeant. devo zione il Corpo del Signore.
§ 2. Pueris tamen in periculo § 2. Ai fanciulli che versino in pericolo
mortis versantibus sanctissima di morte , tuttavia, la santissima Eucari-
Eucharistia ministrari potest, si stia può essere amministrata se san capa-
Corpus Christi a communi cibo ci di distinguere il Corpo di Cristo dal
discernere et communionem re- comune cibo e ricevere la comunione con
verenter suscipere possint. riverenza.

l. La normativa dei canoni 912-916

I) Il dovere e il diritto di ogni battezzato 3429


912 (853*) Ogni battezzato può e dev'essere ammesso alla sacra Comunione,
purché non ne sia escluso dal diritto .
È un suo diritto ai sensi dei cann. 213 e 843, § 2.
È un suo dovere, fondato sul precetto stesso di Cristo (G v. 6, 51-58 ).
Sono escluse canonicamente soltanto le persone indic ate nel can. 915. Per il par-
ticolare dovere pastorale del parroco, v. can. 528 , § 2.
1\ battesimo è necessario: senza il battesimo "ex aqua et Spiritu Sancto", non si avrebbe la
recezione sacrament ale del Corpo del Signore, ma solo una recezione materia/e.

2) L'ammissione dei fanciulli 3430


913 (854, §§ /-3 *) L'ammissione dei fanciulli alla Comunione è subordinata per
sé a una duplice condizione:
- Che abbiano raggiunto una sufficiente cap acità di conos cenza
- Che ricevano un' accurata preparazione catecheti ca e spirituale, in modo da
avere del mistero dci Corpo del Signore una comprensione proporzion ata alla loro età
ed essere in grado di riceverlo con fede e devozione.
fil pericolo di morte, è sufficiente che il fanciullo :
- Sappia distinguere il Corpo di Cristo dal comune cibo
- Sia in grado di ricevere la Comun ione con riverenza rispondente all'età.
142 LIBRO IV - 11 "munussanctificundi" della Chiesa

CAN. 914 • Parentum imprimis È dovere innan zi tutto dei genito ri e di


atque eorum qui parentum locum coloro che ne fanno le veci, oltre che del
tenent necnon parochi officium parro co, curare che i fanciulli, pervenuti
est curandi ut pueri usum rationis all 'u so di rag ione, siano debitam ente pre-
assecuti debite praeparentur et parati e che al più presto, prem essa la
quam primum, praemissa sacra- confessione sacramentale, sian o nutriti
mentali confessione, hoc divino con questo cibo divino; spetta anche al
cibo reticiantur; parochi etiam est parroco vigilare che non si accostin o alla
advigilare ne ad sacram Synaxim sacra Sinassi fanciulli che non abbiano
accedant pueri, qui rationis usum raggiunto l'uso di ragione e che, a suo
non sint adepti aut quos non giudizio , non siano sufficientemente di-
sufficienterdispositos iudicaverit. sposti.

3431 3 ) Il dovere dei genito ri e del parro co


914 (854, §§ 4 -5 *) L'obbligo della Comunione comincia per i fanciulli co n l' et"-
fetti vo conseguimento dell a discre zione, che varia dall'uno all'altro: d ' ordin ar io ci rca i
sette anni com piuti (can. 97. § 2).
Ovviamente l'obbligo ricade soprattutto sui genitori o su coloro che ne fanno le
veci, e sul parroco, anche a norma dei cann. 226 , § 2, e 528, § 2. Essi devono provv edere
che i fan ciulli , conseguito l'uso di ragione, siano debitamente preparati e che al più
presto si accos tino alla con fessione e alla Co munione con le dovute disp osizioni .
II parroco ha un dov ere part icolare "ex officio" : vigi lare che non si accostino alla
sac ra Sin assi :
- Fanciulli che non abbia no raggiunto l'u so di ragione
- Fanciulli che, a suo giudizio, non siano sufficientemente disposti'
3432 Non può però esigere che la prima Comunione si faccia in parrocchia, anche se pastoralmente
sia molto opportuno. I genitori hanno il diritto di una liberu scelta. A tal riguardo, tuttavia, il
Vescovo può dettare norme opportune, non per sopprimere il diritto dei genitori, ma per impedire
abusi.

3433 4) La previa confessione sacramentale


Alla prim a Comunione dei fanciulli dev e premettersi la confessione sac ramentale.
Il Cod ice chiude così defin itivamente ogni discussione a tal riguardo.
È noto infatti che, dopo il Con cilio, ven nero sollev ate da più parti dub bi e per ples-
sità, soprattutto di carattere ped agogico, ci rca " opportunità di sottoporre i fanc iulli alla
con fession e sac ramentale in un 'età non sufficientemente matura, [n non po che parro c-
chie, la confessione de i fa nciulli venne trascur ata o abolita del tutto . La Sant a Sede si
vide costrett a ad intervenire con i seguenti alli :
- La Dichiarazione congiunta della Co ngreg az ione per la di sciplina de i Sacra -
menti e dell a Congregazione per il Clero, 24 maggio 1973: E nc hir. Vat ., voI. 4, pp.
398-399

I Il giudizio definitivo sull' ammissione dei fanciulli alla prima Comunione spetta così al

parroco. Nel Codice precedente, esso era lasciato anche al confessore (can. 854, § 4*). Una tale
disposizione è stata soppressa: «Non expedit - è scritto nella Re/a/io syntlieticu - esser usus
scicntiae ex confessione el ageretur de foro interno» (Communicationes, a. 1983, p. 193, can.
863, § 3).
La Sant issima Eucaristia 143

CAN. 915 • Ad sacram comrnu- Non si ammettano alla sacra com unio ne
nion em ne admittantur excom- g li sc om unicati e gl' interdetti dopo l' irro -
municati et interdicti post irro- ga zione o la di chiarazione della pena , e
gationem vel declarationem poe- quanti do vessero persi stere ostinatamente
nae aliique in manifesto gravi pec- in un m an ifesto grave peccato.
cato obstinate perseverantes.
CAN. 916· Qui conscius est pecca- Chi è co nsa pevole di essere in peccato
ti gravis, sin e praemissa sacramen- grave, non cel ebri la M essa né rice va il
tali confessione Mis sam ne celebret Corpo del Si gnore, senza a ve r fatto pr ima
neve Corpori Domini communicet, la confessione sacramental e , tranne che vi
nisi adsit gravis ratio et deficiat sia un a grav e ra gion e e man chi l' opportu-
opportunitas confitendi; quo in nità di confessar si ; in qu esto caso, ricordi
casu meminerit se obligatione te- che ha l'obbligo di premettere un allo di
neri ad eliciendum actum perfec- co ntrizione perfetta, col proposi to di co n-
tae contritionis, qui includit propo- fessarsi al più pr esto.
situm quam primum confitendi.

- La Circo lare congiunta delle medesime Congregazioni, 3 1 marzo 1977: Ench ir.
Vat., voI. 6, pp. 132·139
- La Risposta congiunta delle medesime Congregazioni, 20 maggio 1977, che
vietò «ornni a ex per ime nta rec ipie ndi pri marn S. Com mun ion em absq ue prae via
receptione sacramenti Paenitentiae»: Enchir. Vat. , voI. 6. pp. 140-141
II Codice conferma tali disposizioni.
Una direttiva della Con ferenza Episcopale Italiana:
- Molto curata dev ' esse re la prima confessione. anche per il riflesso psicologico. che può
avere su tutta la vita religiosa del fanciullo. Tale confessio ne, che deve sempre precede re la prima
Comunione. anche se deb itame nte da essa distanziata. verrà opportuname nte inserita in una certa
celebrazione penitenziale, nella quale tutto de v'essere preparato con cura. perché i fanciulli la
sentano propria e possa no parteciparvi con gioioso impegno. senza ansietà e indebiti timori»
(Enc!lir. CEI. vol. 2. pp. 49 1-492. n. 1472).

5) Gli esclusi 3434


915 (855*) Sono esclusi per legge canonica:
- Gli scomunicati (can. 1331, § I ); tra essi, gli apostati, gli eretici e gli scis matici
(can. 1364).
- Gl' interdetti (can. 1332).
- Coloro che dovessero persistere ostinatamente in un manifesto grave peccato:
conviventi in modo coniugale senza alcun vincolo matrimoniale, cattolici sposati solo
civilmente, ecc. Cfr. Esort. Ap. Familiaris consortio di Giovanni Paolo Il , 22 novembre
1981, nn. 79-84 (Enchir. Vat., voI. 7, pp. 1583-1595); Esort , Ap, De reconciliatione et
Poeniten tia iII hodierno Ecclesiae munere, 2 dicembre 1984, n. 34 (Communicationes,
a. 1984. pp. 120-121).
- Coloro che abbiano abbandonato pubblicamente la fede cattolica e la comunio-
ne ecclesiale (can. 9 16. § I).
- Coloro che abbiano dato la loro pubblica adesione a ideologie inficiate di
materialismo o di ateismo (cfr. can. 696).
Il ministro della Comunione ha l' obbligo grave di non ammetterli: ne admittantur.
144 LIBRO IV - Il " munus sanctificandi" dell a Ch iesa

CAN. 917 • Qui sanctissimam Eu- Chi ha già ricevuto la sa ntiss ima Eu-
charistiam iam recepit, potest eam caristia , può riccverla una seco nda vol-
iterum ead em die susciperesolum- ta nello stesso gio rno, ma solo dura nte
modo intra eucharisticam celebra- la ce lebrazione e ucaristica alla qu ale
tion em cui participat, sal vo prae- pa rtecipa, sa lvo il d isp osto de l ca n.
scripto can , 921, § 2. 92 1, § 2.

3435 6) Lo stato di peccato grave


916 (807 e 854*) Un tale stato impedisce la celebraz ione eucaristica e la rece zio ne
della Co munione. La norma riguarda pertanto sia il sacerdote ce lebra nte sia il fedele che
riceve la Comun ione sac ramentale.
Senza dubbio, l' atto di dolore perfetto cance lla il peccato grav e e restituisce la
grazia, ma la Chiesa, per un magg iore rispetto verso la SS. Eucaristia e per non dar
luogo a faci li e perico lose illusioni, ha stabilito che, per celebra re il sa nto Sacrificio o
ricevere la Co munio ne, non basta lo stato di grazia ric uperato median te l'atto di con tri-
zione perfet ta, ma si richiede per sé la co nfessione sac rame ntale.
La prescrizione è di diritto eccl esiastico, per cui, se vi sia una ragione grave (ad es.,
se un parroco de bba di domenica celebrare la Messa per i suoi fedeli) e manch i l'op-
portunità di confessarsi , chi è co nsapevole di esse re in peccato gra ve, può anche cele-
brare il santo Sacrificio o riceve re la Comunione:
- Purché premella un atto di contrizione perfe tta
- E sia disposto con vero prop osito di co nfes sar si al più presto (quam
primum).

2. La normativa dei canoni 917·923

3436 l ) La secon da Comunione nello stesso giorno


917 (857*) A parte il caso della secon da Co munione come Viati co (can . 92 1,
§ 2), a term ine del canone - che ampli a le facoltà conc esse co n l' Istr. lnunensae
caritatis della S.c. per la d isciplina dei Sacramenti, 29 ge nnaio 1973. Il sezio ne
tEnchir. Vat., vol. 4, pp. 1218- 1221) - chi ha già rice vuto la SS. Eucaristia può
ricever la una secon da volta nello stesso giorno, ma solo duran te la ce leb razio ne
eucaristica e a condizione che vi partecipi' . La moti vazione teologica di questa
seconda Comunio ne duran te la celebrazione della Mess a, è nel fatto che con essa si
ha la " piena partecip azione" al sa nto Sac rific io tCommunicationes , a. 19 83, p. 185,
ca n. 869 , 2).
Una seconda Comunione "extra Missam" è possibile ancora per i familiari e gli amici dell' in-
fermo. a cui sia amministrato il S. Viatico (Istr. Immensae caritatis, 1\ sez.. n. 7). Resta similmente
integra la facoltà dell'Ordinario del luogo, che "in circostanze veramente ''particolari" ritenga di
dover concedere il permesso di una seconda Comunione (anche extra Missa m). a termine del n. 8
della medesima Istruzione .

, Per il valore dell' iterum dci canone - "una seconda volla" e non "di nuovo" , nel senso di
"q uoties" - v. la Risposta autentica della Pont. Co mmissione per l'i nterpretazione del Codice, II
luglio 1984: Cammunicutiones: a. 1984, p. 240. I.
La Samìsstmu Eucaristia 145

CAN. 918 - Maxime commenda- Si raccomand a sommamente che i fede-


tur ut fideles in ipsa eucharistica li ricevano la sacra comuni one durante la
celebratione sacram communio- stessa celebrazione eucaristica; se, tutta-
nem recipiant; ipsis tamen iusta via, la chiedano per una giusta causa, si
de causa petentibus extra Missam amm inistri loro anche fuori della Messa,
ministretur, servatis Iiturgicis ri- osservando i riti liturgici .
tibus.
CAN. 919 - § 1. Sanctissimam Eu- § I . Chi desidera ricevere la santissima
charistiam recepturus perspatium Eucaristia, prima della sacra comunione si
saltem unius horae ante sacram astenga per lo spazio di almeno un'ora da
communionem abstineat a quo- qualsiasi cibo o bevanda. fatta eccez ione
cumque cibo et potu , excepta tan- soltanto per l'acqua e le medicine.
tummodo aqua atque medicina.

2) La Comuni one durante la Messa e f uori della Messa 3437

918 (863 *) Il miglior comm ento al presente canone ci è dato da lla sua fonte dirett a:
il Decr. Eucharistia e celebrat io dell a Congregazio ne per il Culto Div ino. 2 1 giugno
1973. nn. 13-16, che riportiamo lestualment e:
- Una partec ipazione più perfetta alla ce lebrazione eucaristi ca è la comu nione
sacramentale ricevuta durante la Messa. Questo risulta più c hiarame nte, se i fedeli
ricevono il Corpo del Signore dopo la Comunione del sacerdote c dal medes imo Sacri-
ficio iSacrosanctutn Concilium , n. 55). Per la Comunione dei fedeli. si lisi quin di pane
di confezione rece nte, e lo si consacri, di norma, in ogni celebrazio ne eucaristica (n. 13:
Enchir. Var. , voI. 4, p. 1635, n. 2523) .
- Si devono indu rre i fedeli a comunicarsi dur ante la ste ssa cel ebrazione
eucaristica. I sacerdoti però non rifiutino di dar e la santa Comunione anche fuori
della Messa ai fede li che ne facciano richiesta. È be ne anzi che a quanti so no
impediti di partecipare alla cele brazione e ucaristica dell a co munità. si porti co n
premura il ci bo e il conforto de ll' Euca ristia, perché possano così se ntirsi uniti alla
comunità stessa, e sost enuti dall'amore dei fratell i (n. 14: Enchir. Vat., voI. 4, p.
1635, n. 252 4).
Basta un "giusto motivo" . diceva l'I str. Eucharisticum Mysterium della S.c. dei Riti, 25
marzo 1967, n. 33 (Enchir. Vaf.• voI. 2, p. 11 25, n. 1333), e ripete il nuovo Codice, per cui non
si comprende la severità eccessiva di alcuni pastori di anime. " Iusta causa" è anche il solo desiderio
di fare la S. Comunione. q uando. per impegni o per altri motivi, non sia possibile assistere alla
celebrazione eucaristica.
- Si abbia cura d'i nseg nare ai fede li che , anche qu ando ricevo no la Co mu-
nione fuor i dell a Messa, si unisco no intima me nte al santo Sac rificio in cu i si
perpetua il Sac rificio della C roce, e prendono parte a quel sacro con vito nel
quale, per mezzo dell a Co munio ne del Corp o e del Sangue del Signore , il pop olo
di Dio part ecipa ai be ni del Sac rificio pasqu ale, rinnova il nuovo Patto fatto una
volta per sem pre co n Dio e co n gli uom ini nel Sangue di Cr isto , e nell a fed e e
nella spera nza an ticip a e prefigura il convi to escatologico nel reg no de l Pad re.
annun ziand o la Morte del Signore "finché Egli venga" (n. 15: Enchir. Vat., va l.
4, p. 1635. n. 2525) .
146 LIBRO IV • Il "rnunus s anctifi candi" de lla Chi osa

§ 2. Sacerdos , qui eadem die bis § 2. Il sacerd o te che nell o s tesso g io rno
aut tcr sanctissimam Eucharistiam celebra d ue o tr e volte la sant issima E u-
celebrat, aliquid sumere potest ano ca rist ia , pu ò p re nd e re q ua lc o s a pri ma
te sccundam aut tertiam celebra- della second a o d ell a terza celebrazio ne ,
tionem, etiarnsi non intercesserit a nc he se non sia inte rcorso lo spazio di
spatium unius horae. un ' ora.
§ 3. Actatc pro vectiet infirrnitatc § 3. L e perso ne a nziane e coloro che
quadam laborantes necnon eorum so no affe tti d a qua lche in fe rmi tà , come
curae addicti,sanctissimam Eucha- p ure le perso ne c he li assistono, po sson o
ristiam accipere possunt, etiamsi ri ceve re la santissima E ucaristia a nc he se
int ra horam antec edentem aliquid hanno p reso qualco sa e ntro l' ora an tece-
sumpserint. dente.

3438 3) Il digi uno eucaristico


919 (808 e 858*) Nell'i ntento di per mettere la S. Comu nione a un numero mago
giore d i fedeli, il ca none co nferma ed am plia le facolt à con cesse co n l' Istr. lmme nsae
caritatis de lla S.C. per la disciplina dei Sacrament i, 29 genn aio 1973, n. 3 (Enchir. Val.,
voI. 4, pp. 1220-1223, nn. 1939-1 940).
3439 ) ° Norme per i fedeli in genere. Per poter ricevere la SS. Eucaris tia, occorre
aste nersi per lo spazio di alm eno un' ora (immediatamente antec edente) da qualsias i cibo
o beva nda , fatta eccezione soltanto per l' acqua e le medic ine. Co nsiderato lo spirito
de lla legge. che intende favorire l' accesso alla S. Co munione, l' ora non è da intendersi
in senso stre tto. ossia di 60 minu ti esatti. ma in senso largo, " mora liter sumpta" come
suoI dirsi: sono sufficienti anche 50 min uti (un' ora circa). Seco ndo alcuni, bastano
anche 45 minuti.
3440 2° Norme per i sacerdoti celebranti . Il sace rdo te che nello stesso giorno ce lebra
due o tre volte la SS. Eucaristia, può prendere qualcosa - liquido o solido - prima
de lla seconda o de lla terza Messa , anche se non sia trascorso lo spazio di un' ora. Per
la celebrazio ne della prim a Messa, il sacerdote deve atte nersi alle norme precedenti
obbliga torie per i fede li in genere, tran ne che si debba applicare il § 3 de l ca none .
3441 3° Anziani o infermi e persone che li assistono. Possono ricevere la SS. Eucaristia
anche se abbia no preso qua lcosa - solido o liquido - entro l'ora antecedente. Non è
necessario che l' infermità sia grave o che costringa a letto. È sufficiente una "qualche
infermit à" (infirmitate quadam laborantes), una influenza ad esempio. Tenendo conto
della legge del dig iuno, che ce ssa col sessantesi mo anno iniziato (can. 1252), alcuni
autori rite ngono che l' età avanzala per l'ese nzio ne dal digiun o e ucaristico, poss a essere
determi nata co l medes imo criterio .
3442 4° Fanciulli che rice vono la Com unione prima dci sette anni co mpiuti. So no ob-
bligati anch' ess i alla legge del digiuno eucaristico, oppure ne sono esenti in forza del
can . I I, che li esime dalle leggi pur amente ecclesiastiche? La cosa è disc ussa fra gli
autori.

3443 4) La distribuzione dell e Sacre Specie


3444 I s tru zione dell a CE I
Riporti amo dalla Del iber a n. 56 della Co nferenza Epis copale Italiana, ema nata il 19
luglio 1989 ed entrata in vigore il 3 dicembre successi vo, i seg uenti articoli (Enchir,
ca voI. 4. pp. 949-950).
La Sant; s....ima Eucaristia 147

Art. 14: «La Ch iesa ha se mpre riservato grande attenzione e riverenza all'Eucaristia, anche nel
modo di avvicina rsi a lla mensa e rice vere: la Com unione. Particolarmente appropriato app are ogg i
l' uso di acce dere procession almente all'altare ricevend o in piedi , co n un ges to di riverenza, le
specie eucaristic he, professand o con l'Am en la fede nella presen za sac ramenta le: di Cri sto».
A rt. 15: «Acca nto all'uso dell a Comunione: sulla lingua, la Chies a permette di dare: l'Eu ca-
ristia deponendola sulle mani dei fedeli protese entrambe verso il mini stro, ad accogli ere con
riverenza e rispett o il Cor po di Cristo.
I fedeli sono liberi di scegliere tra i due modi ammessi . Ch i la riceverà sulle mani la porterà
alla bocca dava nti al ministro o appen a sposta ndos i di lato per co nsentire al fedele che segue di
avanzare.
Se la Co munio ne viene data per intinzionc, sarà con sentita soltanto nel primo modo».
Art. 16: «In og ni caso è il ministro a dare l'Ostia consacrata e: a porge re il calice . Non è
consentito ai fedel i di prendere co n le proprie mani il pane co nsacrato direttamente dall a patena,
di intingerl o nel calice del vino, di passare le specie e ucaristiche da una mano all'u ltra».
Art. 17: «Chiunq ue si sarà accostato alla Comunione eucaristica renderà grazie in cuor suo
e nell' assem blea dei fratelli al Padre che gliene ha co ncesso il dono, sostando per un congruo temp o
in adorazio ne del Signore Ges ù ed in intenso colloq uio con Lui.
Confortato dalla graz ia divi na, il fedele si apra così alla missione di testim onianz a e di carità
tra i fratell i, perché l'Eucaristia, co n la forza dell o Spi rito Santo, continui nella vita di og ni giorno
a lode della gloria di Dio Padre (cfr. Ef. I, 14»>.

Ind i c az i on i p arti col ari 3445


Articoli 1-7 (Enchir. CEI, voI. 4, pp. 950-952).
Art. I : «La Conferenza Episco pale Italiana , avvalendosi dell a con cessione previst a dal Rito
della Comunione fuori dell a Mess a c culto Eucaristico, co n delib era dell a XXXI Assembl ea Ge-
nerale ( 14- 19 maggio 1989 ), dop o la richiesta recog nitio dell a Santa Sede , co ncessa dall a
Congregazione per il Cult o Divino e la Disciplina dei Sacrament i in data 14 luglio 1989, n. C D
311/89, ha stab ilito, mediante decreto dcll' E.mo Presidente Card. Ugo Poletti. n. 5 17/89 del 19
luglio 1989, che nelle diocesi italiane si possa distribui re la Com unione poncndo la sulla mano dei
fedeli».
Art. 2: <<I I mod o consue to di rice vere la Co munione de ponendo la pa rticola sulla lingua
rimane del tutto co nveniente e i fede li potranno scegliere tra l' uno e l' altro modo».
Art. 3 : «Prima d 'i ntrod urre la possibilità di ricevere la Comun ione sulla mano, dovrà essere
fatta una congrua catechesi. che illustri i vari punti dell a presen te Istruzione e in particola re il
signifieato della nuova prassi».
Art. 4 : «II fedele che deside ra riceve re la Com unione sulla ma no presenta a l ministro entram-
be le mani , una sull' altra (la sinistra so pra la destra ), e mentre riceve co n rispett o e devozione il
Corpo di Cristo risponde Amen, face ndo un leggero inchino.
Quindi. davanti al minis tro, o appena spostato di lato per co nsentire a colui che segue di
avanzare. porta alla bocca l' Ostia co nsacrata prend endol a co n le dita del palmo della mano. Cia-
scuno faccia atte nzio ne di non lasciare cadere nessun framment o. Le ostie siano confezio nate in
maniera tale da faci litare questa preca uzione».
An. 5: «Si racco manda a tutti, in particolare ai bambin i e agli adolescen ti, la pulizia de lle
mani e la compost ezza dei gesti. anch' essi segno esterno della fe de e della vene razione interiore
verso l'Eucaristia».
Art. 6 : «Dopo l'introdu zione de lla nuova for ma, per qual che dome nica laici prepa rati, sot to
la guida del sacerdo te, vigilino co n delicatezza e discrezione perché la distribu zione avve nga in
modo corretto e degn o».
Ari. 7: «La possibilit à della Co munione sull a man o sarà introdott a nella nostre Chiese a
partire dalla domenica prima di Avvento , 3 dicembre 1989, a fine di con sentire la summc nzionata
congrua cateches i».
148 LIBRO IV - Il "munus sanctificundi" della Chiesa

CAN. 920 - § 1. Omnis fidelis, posto § 1. Dopo l'iniziazione alla santissima


quam ad sanctissimam Eucharì- Eucaristia, ogni fedele ha l'obbligo di ri-
stiam initiatus sit, obligatione te- cevere la sacra comunione almeno una
netur semel saltem in anno, sacram volta l'anno.
communionem recipiendi.
§ 2. Hoc praeceptum impleri § 2. Si deve adempiere questo precetto
debet tempore paschali, nisi iusta durante il tempo pasquale, tranne che, per
de causa alio tempore intra annum una giusta causa, non venga eseguito in
adimpleatur. altro tempo dell'anno.
CAN. 92 l - § 1. Christifideles qui § 1. I fedeli che versano in pericolo di
versantur in periculo mortis, qua- morte, qualunque ne sia la causa, ricevano
vis ex causa procedenti, sacra il conforto della sacra comunione come
communione per modum Viatici Viatico.
reficiantur,

3446 5) L'obbligo della Comunione almeno annuale


920 (859-860*) Il canone precisa giuridicamente, nei suoi termini essenziali, il
precetto del Signore in ordine alla necessità e al dovere della Comunione eucaristica.
IO L'obbligo annuale. Dopo l'Iniziazione alla SS. Eucaristia, ogni fedele ha l' ob-
bligo di ricevere la S. Comunione almeno una volta l'anno. L'obbligo è grave'. Nessuno
può ritenersi esente: gli stessi ammalati, che non possono recarsi in chiesa, devono per
sé fare la S. Comunione, chiedendola al parroco. Relativamente ai fanciulli, non avendo
essi raggiunto una sufficiente maturità, l'obbligo ricade sui genitori e su quanti hanno
la responsabilità della loro educazione cristiana (n. 3431).
2° Il tempo pasquale. La Chiesa stabilisce anche il tempo dell'adempimento: quel-
lo pasquale, che è liturgicamente il più adatto per la rccczione della S. Comunione,
considerato il suo stretto nesso col mistero di Cristo Risorto. Per una giusta causa (iusta
de causa), l'adempimento del precetto può avvenire anche in altro tempo dell'anno, né
è più necessario che il motivo sia approvato dal proprio confessore o dal proprio parroco
(can. 859, § l, Codice 1917).
Il tempo pasquale ha inizio con la veglia pasquale e termina con la festa di Pentecoste.

3447 6) L'amministrazione del Viatico


921-922 (864-865*) Nell'antica Roma, col termine "viatico" s'intendeva l'insieme
delle cose (cibarie, vesti, danaro, ecc.), necessarie a una persona che si metteva in
viaggio. L'estremo viaggio dell'uomo è il suo passaggio all'eternità. In questa ora su-
prema, egli ha bisogno di un cibo divino, che lo sostenti, lo fortifichi, lo conforti. Per
questo, la Comunione eucaristica somministrata a chi versi in pericolo di morte, è detta
"Viatico".
Qualunque sia la causa di tale pericolo:
malattia
- vecchiaia

.' I Padri Consultori, tuttavia, non ritennero di doverlo affermare nel canone, "cum lex non
determinet gravitatem moralem" iCommunicationes. a. 1983, p. 195, can. 872).
La Santissim a Eucaristia 149

§ 2. Etiamsi eadem die sacra § 2. Anche se abbi ano già ricevuto la


communione refecti fuerint,valde sacra comunione nello stesso giorno, tut-
tamen suadetur ut qui in vitae tavia si esortano vivamente coloro che si
discrimen adducti sint, denuo trovano in pericolo di morte, a comunicar-
communicent. si nuovamente.
§ 3. Perdurante mortis periculo, § 3. Perdurando il pericolo di morte, si
commendatur utsacra communio raccomanda che la sacra comunione sia
pluries, distinctis diebus, admini- amministrata più volte, in giorni distinti.
stretur.
CAN.922 - Sanctum Viaticum in- Non si differisca troppo il santo Viatico
tirmis ne nimium differatur; qui agl'infermi; coloro che hanno cura d'ani-
animarum curam gerunt sedulo me vigilino attentamente affinché gl'in-
advigilent, ut eodem infirmi ple- fermi ne ricevano il conforto nel pieno
ne sui compotes reficiantur. possesso delle loro facoltà.
CAN. 923 • Christifideles Sacrifi- I fedeli possono partecipare al Sacrifi-
cium eucharisticum particlpare et cio eucaristico e ricevere la sacra comu-
sacram communionem suscipere nione in qualsiasi rito cattolico, fermo
possunt quolibet ritu catholico, restando il disposto del can . 844 .
firmo praescripto can, 844.

- operazione pericolosa
- condanna alla pena cap itale
- guerra
- naufragio , ecc.
i fedeli che versano in essa, hanno l'obbligo grave di ricevere il conforto della S.
Comunione come Viatico (can. 921, § J).
"La Comunione sotto forma di Viatico dev'essere considerat a segno speciale di partecipazio-
ne al mistero pasquale celebrato nel sacrificio della Messa, al mistero cioè della Morte del Signore
e del suo ritorno al Padre. In esso, il fedele, che sta per lasciare questa vita fortificato dal Corpo
di Cristo, riceve il pegno della risurrezione» (Istr, Eucha risticum Mysterium della S.C. dei Riti, 25
maggio 1967, n. 39, I: Enchir. Var., voI. 2. p. 1131, n. (339).

Se il fedele ha già ricevuto la S. Comunione nello stesso giorno in cui è soprag- 3448
giunto il pericolo di morte . non è obbl igato a fare una nuova Comunione, ma è esortato
vivamente a farlo, per averne il conforto nece ssario (can. 92 1, § 2).
Perdu rando il pericolo di morte, la Chie sa raccomanda di amministrare la S. Comu-
nione più volte, in giorni distinti (can. 921, § 3). Ammoni sce inoltre di non differire
troppo (nimium) il santo Viatico agl'infermi, per trascuratezza o per falsa pietà. È
dovere della famiglia , ma soprattutto di coloro che hanno cura d'anime, provvedere
perché gl' infermi ricevano il Viatico , come l'unzione sacramentale, nel pieno possesso
delle loro facoltà (can. 922 ). -II dovere è anche dei Superiori di case religio se o di
comunità di Società di vita apostolica .
La Comuni one sotto le due specie: «Il Viatico si riceva, se possibile, durante la Messa, in 3449
modo che l' Inferrno possa fare la Comunione sotto le due specie; la Comunione in forma di Viatico
è infatti un segno speciale della partecipaz ione al mistero celebrato nel sacrificio della Messa, il
mistero della morte del Signore e dci suo passaggio al Padre» (CE I, Sacramento dell 'Unzione e
cura pastoral e degli infermi. Libreria Editrice Vaticana, 1974, pp. 26-27 , n. 26).
Cfr. anche Enchir. CEI, vol. 4, n. 9, pago974.
150 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

ART. 3
I RITI E LE CERIMONIE DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

CAN. 924 • § 1. Sacrosanctum § 1. Il sacrosanto Sacrificio eucaristico


eucharisticum Sacrificium offerri dev'essere celebrato con pane e con vino,
debet ex pane et vino, cui modica a cui va aggiunta un po' d'acqua.
aqua miscenda est.
§ 2. Panis debet esse mere triti- § 2. Il pane dev'essere di puro frumento
ceus et recenter confectus, ita ut e confezionato di recente, in modo che non
nullum sit periculum corruptionis. ci sia alcun pericolo di corruzione.
§ 3. Vinum debet esse naturale de § 3. Il vino dev'essere naturale, ricavato
genimine vitis et non corruptum. dal frutto della vite e non alterato.

3450 7) Qualsiasi rito cattolico


923 (866*) Si tratta dei diversi riti, a cui si accenna nei cann. 111-112, e che,
legittimamente riconosciuti, sono considerati dalla Chiesa «su una stessa base di diritto
e di onore» (Sacrosanctum Concilium, n. 4). A parte il can. 844, che consente in
particolari circostanze la recezione della S. Comunione anche dalle mani di ministri di
Chiese e comunità ecclesiali non aventi piena comunione con la Chiesa Cattolica (n.
3314), il canone riconosce ai fedeli la piena libertà di partecipare al Sacrificio eucari-
stico e di ricevere la S. Comunione in qualsiasi rito cattolico, sia latino che orientale.

3451 RITI E CERIMONIE DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA


(cann. 924-930)
Schema
I. La normativa dei cann. 924-927 2. La normativa dei cann. 928-930
- La materia del santo Sacrificio - Lingua latina e lingue nazionali
- La Comunione per sé sotto la specie del pane - I sacri paramenti
- Il pane azzimo - Concessioni in favore di sacerdo-
- L'inseparabilità della duplice consacrazione ti infermi. ciechi e di età avanzata

Stabilire i riti e le cerimonie della celebrazione eucaristica, come di tutti i sacra-


menti e della intera liturgia cattolica, spetta all'autorità ecclesiastica (cann. 838 e 841),
che, ovviamente, deve attenersi fedelmente a quanto è stato determinato direttamente da
Cristo.
I cann. 924-930 contengono le principali norme circa la celebrazioneeucaristica. Il can. 925
riguarda la Comunione.

l. La normativa dei canoni 924·927

3452 l) La materia del santo Sacrificio


924 (8/4-8/5*) La materia dell'Eucaristia è il pane di frumento e il vino d'uva, a
cui va aggiunta un po' d'acqua.
Il palle dev'essere di puro frumento (mere triticeus) e confezionato di recente, in
modo che non ci sia alcun pericolo di corruzione. Dev'essere inoltre impastato con
acqua naturale e cotto al fuoco.
La Sant issima Eucari stia 151

CAN. 925 • Sacra communio con- Si amministri la sacra comunion e sotto


feratur sub sola specie panis aut, la sola specie del pane o, a norma delle
ad normam legum Iiturgicarum, leggi liturgiche, sotto entrambe le specie;
sub utraque specie; in casu autem in caso di necessità, tuttavia, anche sotto
necessitatis, etiam sub sola specie la sola specie del vino.
vini.

È materia invalida il pane di altre specie di cereali, come orzo, avena, miglio, riso, saggina .
Il pane di segaia è materia dubbia; quello di farro o di spelta è ritenuto comunemente materia
valida, nonostante il parere contrario di S. Tommaso (Summa Theol., p. III, q. 3, ad 2).
Il vino dev' essere di pura uva (de genimine vitis), sufficie nte mente matura, e non
alterato.
Sono materia invalida: l'agreste. ricavato da uva acerba; il vinello, ricavato dalle vinacce,
mediante l'in fusione di acqua; il vino artificiale e quello inacetito o sostanzialmente modificato con
la mescolanza di acqua o di altro liquido. È materia dubbia il vino di uva selvatica (S.c. di
Propaganda Fide, Risposta del 1819: Coli. P.F., I, n. 732).
Il vino fatto con uva passita, è materia valida, purché il colore e il gusto siano di vero vino
(S. Ufficio, 22 luglio 1706; 7 magggio 1879; IO aprile 1889). Valido è per sé anche il mosto,
perché la fermentazi one alcoolica ha subito inizio dopo la pigiatura; è per altro materia illecita, per
le impurità che contiene, per cui è necessaria l'autorizzazione della Santa Sede. Recentemente la
S.c. per i Sacramenti e per il Culto Divino ha concesso a un sacerdote che in nessun modo poteva
prendere bevande alcoo liche, di poter celebrare col " mosto" '.
L' aggiunta dell'acqua contiene un triplice simbolismo: 3453
- Ricorda le ultime stille di sangue, frammiste ad acqua, sgorgate dal petto del Redentore.
squarciato dali' asta di Longino
- Rappresenta l'uni one della natura umana e della natura divina in N.S. Gesù Cristo
- Simboleggia infine la mistica incorporazione dei fedeli a Gesù Cristo per mezzo del suo
sacrificio (cfr. anche Concilio Tridentino, Sesso XXII, 17 sett o 1562, cap. 7 e cnn. 9: Denzingcr-
Schiinmetzer, nn. 1748 e 1759).

2) La Comun ione pe r sé sotto la spe cie de l pane 3454


925 (852*) Per motivi di cara ttere pratico, la Comunione si am ministra di regola
sotto la sola specie del pane. Senza dubbio <da santa Comunio ne esprime con magg iore
pienezza il suo valore di seg no, se vien fatta sotto le due specie»; occorre però «ricor-
dare ai fedeli quanto insegna la fede cattolica; che, anc he sotto una sola specie. si riceve
il Cristo tutto intero e il sacrame nto in tutta la sua verità. Di co nseguenza, per quanto
riguarda i frutti della Co munione, co loro che ricevono una sola specie. non rimango no
privi di nessuna grazia necessaria alla salvezza» ilns titutia Generalis Mis salis Romani
26 marzo 1970. nn. 240-24 1: Enchir. Vat., val. 3, p. 1389, nn. 2295-229 6).
Si può a mminist rare la Com unione sotto le specie del pane e del vino nei casi
consentiti dalle norme liturgiche. In caso di necessità - se, per esem pio, un infermo non
potesse inghio ttire l' Ostia sacra - la Com unione si amministra sotto la sola specie de l
vino",

[ X. OCHOA, Leges Ecclesiae, V, n. 4588, col. 7479. Nel medesimo rescritto si è concesso al
medesimo sacerdo te di far la comunione, in caso di concelebrazio ne, "tantummodo sub specie
panis",
, «In caso di necessità e a giudizio del Vescovo, è lecito amministrare l' Eucaristia sotto la
sola specie del vino, a coloro che non possono riceverla SOllO la specie del pane. In questo caso
152 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" dellaChk's;J

Le nonne liturgiche circa la Co munione sotto le d ue specie so no co nte nute nella lnstitutio
Generalis Miss alis Romani. nn. 240-242 (Enchir. Val.• voI. 3. pp. 1388- 1393), e nella lstr. Sacra-
mentali communione della S.c. per il Culto Divino, 29 giugno 1970 (Enchir. Val.• voI. 3. pp.
1570-1575).

3455 Relativamente ai principi direttivi. è da tener presente:


l ? La Comunione sotto le due specie non può essere ind iscriminata: occorre a
tal rigua rdo «osserva re ciò c he la Chi esa ha stabilito , sia per la ve nerazio ne dov uta
allo stesso Sacramento, sia per l'utilità di coloro che rice vono l'Eucari stia. secondo
la div ersità dell e circostanze dei tempi e dei luoghi» (1str. lnaes timabil e donum della
S.c. per i Sacramenti e per il Culto Divino, 3 aprile 1980 , n. 12: Enchir. Vat., voI.
7. p. 293 , n. 302) .
2 0 La competenza delle Conferenze Episcopali e degli Ord inari dei luogh i. «La
Co munione sotto le due specie può distribuirsi, a giudiz io dell'Ordinario, nei casi deter-
minati dalla Sede Apostolica. secondo l'elenco annesso. - Inoltre. le Conferenze Epi-
scopali posson o stabili re entro quali limiti, con quali criteri e a quali condizioni gli
Ordin ari possano concedere la Comunione sotto le due specie in altri casi che abbiano
grand e importanza per la vita spirituale di una comunità o di un gr uppo di fedeli. - In
que sti limiti . gli Ordin ari possono indicare casi partic olari. a condizione tuttavia che la
facoltà non sia concessa indiscriminatarn ente, ma che siano ben precisate le ce lebrazioni
e le cose a cui fare attenzio ne, siano inoltre evitate le occasioni in cui si abbia un numero
rilevant e di comunicandi. Gli stessi gruppi, ai quali viene conces sa questa facoltà, siano
ben circoscritti, ordinati e omogenei. - L'Ordinario del luogo può concedere tali facol-
tà per tutte le chiese e gli oratori nell' amb ito del suo territorio. l'Ordinario religioso per
le case da lui dipendenti. - Spetta inoltre ad essi curare che vengano osser vate le norme
prescritte dalla Sede Apostolica o dalla Conferenza Episcopale. Pri ma di concede re la
facoltà, devono essere certi che tutto possa realmente svolgersi in mod o che sia salva-
guard ata la santità del Sacram ento» (Istr. Sacramentali Communione della S.c. per il
Culto Divino, nn. 1-4: Enchir. Vat., voI. 3, p. 1573. nn. 2631-2 634).
3456 Ultcriori normc dclla Conferenza Episcopale Italiana
- Oltre ai casi e alle persone di cui al n. 42 di Princip i e norme, e salvo il giudizio del
Vesco vo di permettere la comunione sotto le due specie, la Conferenza Episco pale Italiana ha
stabilito di allargare la concess ione della Com unione sotto le due spec ie a i casi e alle persone qui
sotto indicate:
a) A tutti i membri degl'Istituti religi osi e secol ari, maschili e femminili e a tutti i membri
delle case di educaz ione o formazione sacerdotale o religiosa. quando part ecip ano alla Messa della
co munità ;
b) A tutt i i parteci panti alla Messa com unitaria in occasi one di un incontro di preghiera o di
un conveg no pastorale;
c) A tutti i parte cipanti a Messe che già co mportano. per alcuni dc i present i. la Com unione
sotto le due specie, a norm a del n. 242 di Principi e no rme per l'uso del Messale Romano;
d) In occa sione di celebrazioni partic olarmente es pressive del senso della comunità cristiana
raccolta inlomo all'altare iEnchir. CElo voI. 3, p. 805, n. 1392).

è permesso. a giudiz io dell' Ord inario de l luogo, celebrare la Me ssa p resso l 'inf ermo. Se la Messa
non viene celeb rata pres so l'infermo. il Sangue del Signore dev ' essere co nservato , dopo la Messa,
in un calice deb itamente coperto e riposto nel tabern acolo; ma non dev 'essere recato all'infermo,
se non in un vaso chiuso in modo tale che sia del tuIlo evitato il pericolo di spargimento. Nell'am-
ministrare il Sacra mento, poi, si sce lga caso per caso il modo più conve niente, fra quelli proposti
nel rito per la distribuzi one della Co munione sotto le due specie . Se dopo l'amministrazione della
Comunione rimane qualche goccia del preziosissimo Sangue. questo sia cons umato dal ministro.
c he avrà cura di compie re le dovute abluzioni » (Instr. Eucharisticu m Mysterium. n. 41: Enchir.
Val. , vol. 2, p. 1133, n. 1341).
La Santissima Euca ristia 153

CAN. 926 - In eucharistica ce- Nella celebrazione eucaristica, secondo


lebratione secundum antiquam l' antica tradizione della Chiesa latina, il
Eclesiae latinae traditionem sa- sacerdote usi del pane azzimo, dovunque
cerdos adhibeat panem azymum egli celebri .
ubicumque litat.
CAN. 927 • Nefas est, urgente È assol utamente illecito, anche nel caso
etiam extrema necessitate, alte- di necessità estrema, consacrare una ma-
ram materiam sine altera, aut teria senza l'altra. o anche l'un a e l'altra
etiam utramque extra eucharisti- fuori della celebrazione eucaristica.
cam celebrationem, consecrare.
CAN. 928 - Eucharistica celebra- La celebrazione eucaristica venga com-
tioperagatur lingua latina autalia piuta in lingua latina o in altra lingua,
lingua, dummodo textu s liturgici purché i testi liturgici siano stati legitti-
legitime approbati fuerin t. mamente approvati.

3) Il pane azzimo 3457


926 (816 *) Il canone conferma un' antica tradizione della Chiesa latina: l'uso de l
pane azzimo o senza lievito, quale fu adope rato da Gesù nella Cen a pasquale (MI. 26,
17; Mc. 14, 12; Le. 22,7), secondo il rito mosaico. Nella Chies a greca , si usa il pane
lievitato o ferme ntato .
Il pane azzi mo serve anche a significare l'immacolatezza della Vittima divi na e l'i ntegrità e
la purezza interiore con cui i fedeli devono accostarsi all'altare di Dio, partecipando al mistero
eucaristico «non col lievito della malizia e della perversità, ma con gli azzimi della purezza e della
verità» (I Cor. 5, 8).

4) L 'inseparabilità della duplice consacrazione 3458


927 (8 /7*) La celebrazione eucaristica seg ue lo stesso rito com piuto da Cristo la
sera del Giovedì Santo : la cons acrazion e sim ultanea del pane e del vino: «Questo è il
mio Corpo!. .. Qu esto è il mio Sangue !» (Mt. 26, 26-28; Mc . 14, 22-24 ; Le. 22. 19-20;
I Cor. I l . 24-25). Di conseguenza - ammonisce il canone - è assolu tamente illeci to
tnefas est), anc he nel caso di necessi tà estrema, consacrare una materi a senz a l' altra, o
anche consacrare l' una o l'altra fuori della cele brazione eucaris tica .
Per la ragione teologica, v. l' Ene. Mediator Dei di Pio XII, 20 nov. 1947, inizio della Il parte,
5° cpv (X. O CHOA, Leges Ecclesiae, Il, col. 2455).

2. La normativa dei canoni 928·930

I) La lingua latina e le lingue nazionali 3459


928 (8 19*) In con formi tà co n la deliberazion e co nc ilia re tSacrosan ctum
Concilium, n. 54) , il cano ne presc rive che la celebrazione eucaristica si compia in lingua
latina o in altra ling ua nazionale, secondo i testi liturgici approvati dalla Icgittima au-
torità. A tali testi, «nessuno può agg iungere. togliere o modificare qua lcosa . di propria
iniziativa» (n. 22, § 3).
L' approvazione della versione dei testi liturgici in lingua nazion ale, effettua ta da lle
Conferenze Epi scopali , è di com petenza della Santa Sede (ca n. 838. §§ 2-3).
154 LIBRO IV - J1 " munus sa nctificandi' de lla Chiesa

CAN. 929 - Sacerdotes et diaconi Nel ce le b r a re e nell 'amministrare


in Eucharistia celebranda et mi- l'Eucaristia, il sacerdote e il diacono in-
nistranda sacra ornamenta rubrì- dossino i paramenti sacri prescritti dalle
cis praescripta deferant. rubri ch e.
CAN.930 - § 1. Sacerdos infirmus § I. Il sacerdote infermo o di et à avan-
aut aetate provectus, si stare ne- zata, se non è in condizioni di stare in
queat, Sacrificium eucharisticum piedi , può celebrare il Sacrificio e ucaristi-
celebrare potest sedens, servatis co stando seduto, osservando per altro le
quidem legibus liturgicis, non ta- leggi liturgiche ; non però alla presenza
men coram populo, niside licentia del popolo, se non con la licenza delJ 'Or-
loci Ordinarii. dinario del luo go.
§ 2.Sacerdos caecusaliave inflr- § 2. Il sacerdote cieco o colpito da altra
mitate laborans licite eucharisti- infermità, celebra lecitamente il Sacrificio
cum Sacrificium celebrat, adhi- eucaristico usando un testo qualsiasi della
bendo textum quemlibet Missae Messa, tra quelli approvati; con l'assisten-
ex probatis, adstante, si casus fe- za, se necessario, di un altro sac erdote o
rat, alio sacerdote vel diacono, di un diacono o anche di un laico debita-
aut etiam laico rite instructo, qui mente istruito, che lo aiuti .
eundem adiuvet.

3460 2) l sacri paramenti


929 (811*) La celebrazione eucaristica è l'azione liturgica per eccellenza, che deve
manifestare il suo carattere sacro anche all'esterno, mediante l'uso di vesti proprie,
approvate dalla Chiesa.
Le vesti sacre da usare dai vari ministri, sia nel celebra re che nell' ammin istrare l'Eu ca-
ristia, sono indicate dettagl iatamente nella lnstitutio Generalis Missalis Roma ni, nn. 297-3 10
tEnchir. Vat., voI. 3, pp. 1416-l42I l. Il n. 304 dà facoltà alle Conferenze Episcop ali di «sta-
bilire e proporre alla Sede Apostolica adattam enti richiesti dalle necessità e dagli usi delle
sin gole regioni».
Le vesti sacre present ano vari colo ri: essi hanno «lo scopo di esprim ere, anche co n l'uso
di mezzi esterni. la caratteristica particolare dei misteri della fede che vengono celebrati , e il
senso della vita cristiana in cammino lungo il co rso dell' anno liturgico (n. 307).

3461 3) COl/cessioni infavore di sacerdoti infermi, ciechi o di età avanzata


930 Per il rispetto dovuto all'a zione sacra, il sacerdote compie il rito restando
in piedi. Può anche restare seduto. qualora sia infermo o di età avanzata sì da non
poter celebrare in piedi, osser vando per altro le leggi liturgiche. Per le celebrazioni
compiute alla presenza del popolo, occorre la licenza dell'Ordinario del luogo (§ I).
Il canone viene incontro anche al sacerdote cieco o colpito da altra infermità: per
la celebrazione eucaristica, egli può scegliere lecitamente un testo qualsiasi della
Messa, tra quelli approvati. Se necessario, sarà assistito da un altro sacerdote o da un
diacono o anche da un laico debitamente preparato (§ 2).
3462 Una recente Rispost a della Congregazione per i Sacramenti del 13 aprile 1985 :
- In merito alla sua rich iesta di proroga della facoltà di dire la Messa in casa, Le
comunico che. a norma dci nuovo Codice di Diritto Canonico (can. 932. § Il. potr à regolarsi
secondo la Sua propri a responsabilità. Inoltre per il ca n. 1248. § J. soddisfa no al precetto
festivo anche quanti partecipano alla Messa celebrata in casa (X. O CIIOA. Leges Ecclesiae , VI,
5122, col. 9 135).
La Santiss ima Eucaristia 155

ART . 4
IL TEMPO E IL LUOGO DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

CAN. 931 - Eucharistiae celebratio La celebrazione e la distribu zione del-


et distributio fieri potest qualibet l'Eucaristia possono aver luogo in qual-
die et hora , iis exceptis, quae se- siasi giorno e ora, eccettuati quelli esclusi
cundum Iiturgicas normas exclu- dalle nonne liturgiche.
duntur.

IL TEMP O E IL LUOGO DELLA CELEBRAZIONE (cann .931-933) 3463


Schema
I. Giorno e ora 3. La celebrazione in un tempio di Chiese
2. Il luogo sacro o comunità di fratelli separati

l. Giorno e ora 3464


931 (820-821*) A parte il triduo pasquale, la celeb razione e la distribuzione del-
l'Eucaristia possono esser fatte in qualsiasi giorno e ora.
Norme per il triduo pasqua le 3465
Giovedì santo
- Messa crismale : si ce lebra nor malmente nella mattinata, in ora conveniente, di regola
in cattedrale; spetta al Vescovo ed è una sola per tutta la diocesi. Può essere anticipata in altro
giorno.
- Messa in Cena Domin i: si celebra nel pomeriggio, nell' ora pastoralrnente più adatta, in
cattedrale e nelle parrocchie' .
- Comunione: si può distribuire solo durante la celebrazione delle due Messe. La Comunio-
ne agl'i nfermi si può portare a qualsiasi ora (lstr, Eucharistiae celebratio della S.c. per il Culto
Divino, 2 1 giugno 1973, n. 16: Enchir. Var., voI. 4. p. 1637. n. 2526).
Vener dì Santo
- Celebrazione : in questo giorno e nel giorno seg uente. la Chiesa, per antica tradizione. non
celebra l'Eucaristia.
- Comunione : si può distribuire solo durante la celebrazione vespertina; agl'i nfermi che non
possono prendere parte a questa celebrazione, la Comunione si può portare a qualunque ora del
giorno.
Sabato Santo
- Messa : per sé, si celebra di notte nella Veglia pasquale: per ragioni pastorali, la Messa
della Veglia si può anticipare , ma non prima del crepuscolo o, almeno, del tramonto del sole.
- Comunione: si può dare solo sotto forma di Viatico.

I «Dove lo esiga una ragione pastorale, l'Ordinario del luogo potrà permettere che, oltre alla

Messa principale " In Cena Domini", venga celebrata un'a ltra Messa, nelle ore vespertine, nelle
chiese e negli oratori ... In caso poi di vera necessità, potrà concedere che q uesta Messa sia
celebrata anche nelle ore mattutine, ma solo per quei fedeli che non possono in alcun modo
partecipare alla Messa vespcrtina. Tuttavia, si faccia attenzione che tali celebrazioni non avvengano
a vantaggio di privati e che non siano di danno alla Messa vespertina principale» (Rescritto della
S.c. dei Sacramenti. IO marzo 1970: Enchir. Val.• voI. 3. p. 1256, n. 1999).
156 LIBRO IV - Il "rnunus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 932 - § 1. Celebratio eucha- § 1. La celebrazione eucaristica sia


ristica peragatur in loco sacro, ni- compiuta in un luogo sacro, tranne che in
si in casu particulari necessitas caso particolare ragioni di necessità ri-
aliud postulet; quo in casu, in 10- chiedano diversamente; in questa occor-
co honesto celebratio fieri debet. renza, la celebrazione deve avvenire in un
§ 2. Sacrificium eucharisticum luogo decoroso.
peragendum est super altare dedi- § 2. Il Sacrificio eucaristico dev' essere
catum vel benedictum; extra 10- offerto su un altare consacrato o benedet-
cum sacrum adhiberi potest men- to; fuori del luogo sacro, si può usare una
sa conveniens, retentis semper to- mensa adatta, ma sempre con la tovaglia e
balea et corporali. il corporale.
CAN. 933 - lusta de causa et de li- Per una giusta causa e con la licenza
centia expressa Ordinarii loci licet espressa dell'Ordinario del luogo, è con-
sacerdoti Eucharistiamcelebrare in sentito al sacerdote celebrare l'Eucaristia
tempIo alicuius Ecclesiae aut com- nel tempio di una Chiesa o comunità ec-
munitatis ecclesialis plenam com- clesiale, che non sono in piena comunione
munionem cum Ecclesia catholica con la Chiesa cattolica, evitando lo scan-
non habentium, remoto scandalo. dalo.

3466 2. Il luogo sacro


932 (822*) Il luogo proprio della celebrazione eucaristica è un luogo sacro (can.
1205):
- La chiesa: cann. 1214 e 1219
- L'oratorio: cann. 1223 e 1225
- Una cappella privata, con la licenza dcII' Ordinario del luogo: cann. 1226 c 1228
- La cappella privata dei Vescovi: can. 1227
In casi particolari, se motivi di necessità lo richiedano, la celebrazione può avvenire
anche in un altro luogo, purché decoroso, senza che sia necessaria la licenza dell'Ordì-
nario dci luogo (cfr. Communicationes, a. 1983, p. 197, can. 884, § I, nn. 1-2 eX.
OCHOA, Leges Ecclesiae, VI, n. 5122, col. 9135).

3467 Sono per altro escluse formalmente:


- Le camere da letto: "cubicula" (Istr, Actio pastoralis della S. Congregazione per il Culto
Divino, 15 maggio 1964, n. 4, I: Enchir. Vat., voI. 3, p. 683, n. 1154, 1). Cfr. tuttavia n. 3455, nota2.
- Le camere da pranzo, "quantum fieri potest" (Istr. Liturgicae instaurationis della mede-
sima Congregazione, 5 settembre 1970, n. 9: Enchir. Vat., voI. 3, p. 1665, n. 2791).
3468 Il Sacrificio eucaristico dev'essere celebrato inoltre su un altare consacrato o bene-
detto (cann. 1235 e 1237). Fuori del luogo sacro, si può usare una mensa adatta, rico-
perta almeno da una tovaglia e dal corporale. Non è più richiesta la pietra sacra
(lnstitutio Generalis Missalis Romani, 26 marzo 1970, nn. 260 e 265: Enchir. Vat., voI.
3, p. 1405, n. 2325, e p. 1407, n. 2330).
Da tener presente il can. 1239, § 2: «Sotto l'altare non sia riposto alcun cadavere;
altrimenti non è lecito celebrarvi la Messa».

3469 3. La celebrazione in un tempio di Chiese o comunità di fratelli separati


933 (823, .§ J *) In conformità con la deliberazione conciliare del Decr. Orientalium
Ecclesiarum, n. 28, il canone permette la celebrazione eucaristica da parte di un sacer-
LaSantiss ima Eucaris tia 157

CAPITOLO II
LA CONSERVAZIONE E LA VENERAZIONE
DELLA SANTISSIMA EUCARISTIA

CAN. 934 - § l. Sanctissima Eu- § I. La santi ssima Euc aristia :


charistia:
I? asservari debet in ecclesia IO dcv ' essere conserva ta nella chiesa
cathedrali aut eidem aequiparata, cattedrale o in altra ad essa equiparata, in
in qualibet ecciesia paroeciali nec- ogni chiesa parrocchiale, come pure nella
non in ecclesia vel oratorio domui chiesa o nell' oratorio annesso alla casa di
instituti religiosi aut societatis vi- un istituto religioso o di una società di
tae apostolicae adnexo; vita apostolica;
2 0 asservari pot est in sacello 2° può essere conserva ta nella cappella
Episcopi et, de Iicentia Ordinarii del Vescovo e, con la licenza dell 'Ordina-
loci, in aliis ecclesiis, oratoriis et rio del luo go, in altre chiese, oratori e
sacellis. cappelle.
§ 2.In locissacris ubi sanctissima § 2. Nei luoghi sacri in cui viene con-
Eucharistia asservatur, adesse servata la santissima Eucaristia, dev ' esserci
semper debet qui eìus curam ha- semp re qualcuno che ne abbia cura, e, per
beat et, quantum fieri potest, sa- quant o è possihilc, un sace rdote vi celebri
cerdos saltem bis in mense Mis- la Messa almeno due volte al mese.
sam ibi celebret.

dote catto lico nel tem pio d i una Chiesa o comunità ecclesiale , che non sono in pien a
comunion e con la Chiesa cattol ica, alle seguenti condi zioni:
- Che ricorra una giusta causa (iusta de causa)
- Che ci sia la licenza espressa, non sempliceme nte presun ta, dell' Ordinario del
luogo
- Che non ci sia il pericolo di scandalo o d' indifferentisrno
Similmente. anche i fratelli se para ti possono usare per le loro fun zioni le chiese e gli
oratori catto lici. co l permesso dell' Ordinario del luogo. qualora non dispongano di locali ada tti
(Direttorio Ecum eni co, 14 maggio 1967. nn. 52 e 6 1: Enchir. Val., voI 2, pp. 1037 e 1043. nn.
1245 e 1254).

LA CONSER VAZIONE E LA VENERAZION E DELLA 3470


SS. EU CARISTIA (cann. 934-944 )
Schema
I. La normativa dei cann. 934-937 2. La normativa dei cann. 938·944
- La conservazione obbligatoria e facoltativa - Il tabernacolo
.- Condizioni - La pisside e il rinnovo delle Ostie
- Case private e viaggi consacrate
- Case d'I stituto religioso e altre pie case - La lampada
- L'accesso dei fedeli - L'esposizione dcI 55 . Sacramento
- Le processioni eucaristiche

Lo scopo della co nservazio ne della SS. Eucaristia è triplice: 3471


l° L' amministrazione del S. Viatico agl'i nfermi
158 LIB RO IV - Il "munus sanctificandi" della Chie sa

CAN. 935 - Nemini licet sanctissi- A nessuno è lecito conservare la san tis-
mam Eucharistiam apud se reti- s im a Eucaristia nella propria c as a o por-
nere aut secum in itinere deferre, tarla con sé durante un viaggio, tranne ch e
nisi necessitate pastorali urgente per una necessità pastoral e e o sservando
et servatis Episcopi dioecesani le d isposizioni del Vescovo dioces ano.
praescriptis.

2° La distribuzione della Comunione a coloro che non possono riceverla durante


la celebrazione della Mess a
3° L' ad or azion e di N.S . Ge sù C risto , presente sotto le sacre specie (cfr.
Euchar isticum Mysterium della S.c. dei Rit i, 25 marzo 1967, n. 49: Enchir. Val., voI.
2, pp. 1139- 1141 , n. 1349).

1. La normativa dei canoni 934-937

3472 l ) La conservazione obbligatoria e fac oltativa


934 , § 1 (/ 265, §§ 1-2*) Co nsiderali i fini accennati, la conser vazione dell'Euca-
ristia è obbligatoria:
- Nella chiesa cattedrale o in altra ad essa equiparata
- In ciasc una chies a parrocchiale
- Nella chiesa o ora torio annessi alla casa di un Istituto religioso o di una Soc ietà
di vita apostolica (n. I ).
È facoltativa :
- Nella cappella del Vescovo
- In altre chiese, ora tori e ca ppelle, con lice nza dell 'Ordinari o del luogo (n. 2):
Vescovo diocesano, Vicario ge nerale, Vicar io episco pale (ca n. 134, § 2).

3473 2) Condizioni
934, § 2 (1265. § 1) La co nservazione della 55. Eucaristia in un luogo sacro,
qualunque esso sia, è soggetta a una dupli ce condizione:
l ° Che vi sia sempre qualcuno, sacerd ote o laico, che ne abbia cura, provv edendo
opportunam ente all'accensione della lampad a, alla pulizia, all 'addob bo. ecc .
2° Che. per quanto è possibile, un sacerdote vi celebri la Messa alme no due volte
al mese, per l' opportun a rinnovazione delle sacre specie (can. 939)
È particolare dovere del Vescovo diocesano promuovere con la più grande cura (summa cura)
l' adorazione di Cristo Signore. sostanzialmente presente nell' Eucaristia iDirettorio pus/orale dei
Vescovi, n. 90, a: Enchir. Var., voI. 4, p. 1321. n. 2078). Per il dovere dei fedeli e dei membri
degl'Is tituti religiosi, cfr. cann. 663. § 2, 898 e 937.

3474 3) Case private e viaggi


935 (/ 265, § 3*) Per molivi di riverenza, è vietato (nemin i licet) conservare la 55.
Eucaristia nella propria casa o portarla con sé durante un viaggio:
- Trann e che si tratti di una necessità pastorale: ad esem pio. per amministrare la
Com unio ne Cl un inferm o
- E osservando le dispo sizio ni emanale a tal riguardo da l Vescovo d iocesano
La Samisslma Eucaristi a 159

CAN.936 - In domo instituti reli- Nella casa di un istituto religioso o in


giosialiave pia domo, sanctissima altra pia casa, la santis sima Eucaristia sia
Eucharistia asservetur tantummo- conservata solo nella chiesa o nell' orato-
do in ecclesia aut in oratorio prin- rio princ ipale annesso alla casa; per una
cipalidomui adnexo; potest tamen giusta causa, tuttavia, l'Ordinario può per-
iusta de causa Ordinarius permit- mettere che venga conservata anche in un
tere, ut etiam in alio oratorio eiu- altro oratorio della medesima casa.
sdem domus asservetur.
CAN. 937 - Nisi gravis obstet ra- Se non osti una grave ragione, la chies a
tio,ecclesiain qua sanctissima Eu- nella quale viene conserv ata la santissima
charistia asservatur, per aliquot Eucaristia, rimang a aperta ai fedeli alme-
saltem horas cotidie fidelibus pa- no per qualche ora ogni giorno , affinché
teat, ut coram sanctissimo Sacra- possano trattenersi in preghiera dinanzi al
mento orationi vacare possint. santissimo Sacramento.
CAN. 938 - § l. Sanctissima Eu- § l . Si conservi abitualm ente la santis-
charistia habitualiter in uno tan- sima Eucari stia in un solo tabernacolo
tum ecclesiae veloratorii taberna- della chiesa o dell'oratorio.
culo asservetur.

Può ricorrer e anche un caso di emergenza : ad es., un incendio, una inondazione, il


pericolo di profan azione, ecc. Non sono sufficienti i moti vi di semplice caratt ere
devozionale.

4) Case d 'Istituto religioso e altre pie case 3475


936 (/267 *) Nelle case di un Istituto religioso o di una Societ à di vita apostolica
(can. 733, § 2) o in altra pia casa (il seminario, per esempio ), la 55 . Eucari stia per sé
dev'e ssere consevata solo nella chiesa o nell'oratorio principale .
Per una giusta causa, tutta via, l' Ordinario - l'Ordinario del luogo e, per le case
d'Istituti religiosi o di Società di vita apostolica cler icali di diritto pontifi cio, l'Ordinario
proprio - può permettere che l'Eucaristia sia debit amente conservata in un altro ora-
torio della medesim a casa. È chiaro , per altro, che in questo secondo oratorio dev'essere
celebrata anche la S. Messa a norma del can. 934, § 2: almeno due volte al mese, e
anche più spesso, se possibile , per rispettare meglio l'unità dell'Eucar istia nel suo aspet-
to di sacrificio e di presenza reale del Cristo.

5) L'accesso dei f edeli 3476


937 (/266*) Se non osta una grave ragione, la chiesa nella quale è conservata la
SS. Eucaristia, deve rimanere aperta ai fedel i alme no per qualch e ora ogni giorno,
affinché possano trattenersi in preghiera dinanz i al SS . Sacramento.
La disposizione vale soprattutto per le chiese parrocchiali, come prescriveva for-
malmente il Codic e precedente.

2. La normativa dei canoni 938-944

I ) Il tabernacolo 3477
938 (1268-1269 *) Per un senso di sacro rispett o, l' Eucaristia dev' essere custo-
160 LIBRO IV . Il "munu s sanctificundi" della Chic,..a

§ 2. Tabernaculum, in quo sane- § 2. Il tabernacolo nel quale si cu stodi-


tissima Eucharistia asservatur, si- sce la sa ntissima Eucaristia, sia collocato
tum sit in aliqua ecclesiae vel ora- in una parte distinta della chiesa o del-
torii parte insignì, conspieua, deeo- l'oratorio, ben visibile, ornata decorosa-
re ornata, ad orationem apta, mente, adatta alla preghiera.
§ 3. Tabernaculum, in quo habi- § 3. Il tabernacolo nel quale si cu stodi-
tualiter sanctissima Eucharistia as- sce abitualmente la santissima Euc aristia,
servatur, sit inamovibile, materia sia inamovibile, co struito con materiale
solida non transparenti confectum, solido non trasparente, ben chiuso in modo
et ita clausum ut quam maxime pc- ehe sia evitato qu anto più possibil e ogni
riculum profanationis vitetur, pericolo di profanazione.
§ 4. Gravi de causa, licet sanctis- § 4. Per una grave causa è con sentito
sirnarn Eucharistìam, nocturno con ser vare la santissima Eucaristia in un
praesertim tempore, alio in loeo altro luogo più sicuro ma decoroso, so-
tutiore et decoro asservare, prattutto nelle ore notturne .
§ 5. Qui eeclesiae vel oratorii eu- § 5. Chi ha cura dell a chiesa o dell 'ora-
ram habet, prospiciat ut clavis ta- torio, pro vveda che la chiave del taberna-
bernaculi, in quo sanctissima Eu- colo, nel quale è co nservata la sa ntiss ima
charistia asservatur, diligentissi- Euc aristia, sia cu stodita con la massima
me custodiatur, diligenza.

dita in un piccol o proprio santuario, dett o tabernaco lo (§ I ). Solt anto per una grave
causa è co nsentito conser varla in un altro luogo più sic uro . ma decoro so, so prattutto
nelle ore nollurn e (§ 4). La chiave del tabern acol o dev' essere custodita co n la
massim a dili genz a (§ 5).
Il ca none pres crive norme preci se sulla strutt ura e sulla coll oca zione del taber-
nacol o.
3478 Struttura . Il tabern acolo nel quale si custodisce abitualmente la SS . Eucaristia:
De v' es sere inam ovibile
- Dev 'essere costruito con materi ale solido , non trasparente
- Dev ' essere ben chiu so , in modo da evitare quanto più possibile (quam maxime)
ogni pericolo di profanazione (§ 3)
3479 Collocazione. Il tabern acolo va collocalo in una parte distin ta della ch iesa o del-
l'oratorio, ben visibile, orn ata decorosamente, adatta alla preghi era (§ 2), te nendo pre-
se nte che la SS. Eucaristia, abitualmente, va co nservata in un solo tabern acol o della
chiesa o dell' oratorio (§ I ).
3480 Ad integrazione dell e dette prescri zioni , occorre ric hia marsi ad ulteriori norme e
diretti ve, em ana te dall a Congregazione comp etente. Riport iam o le più imp ortanti.
- Il luogo per la conservazione dell'Eucaristia si distingua davvero per nobilt à e deco ro. Si
raccomand a vivamente che sia anche adatto all ' adorazione e alla preghiera personale , in modo che
i fedeli possano con facili tà c con frutto onorare , anche con culto privato, il Signore presente nel
Sacramento. È più facile raggiungere lo scopo , se si prepara una cappella separat a dal corpo
centrale della chiesa, specialmente nel caso di chiese in cui si svolgono frequente mente celebrazio-
ni di matrim oni e di funerali o che sono meta di pellegrinaggi o di visite per i loro tesori di arte
e di storia (lstr. Eucharistiae celebratio della S.C. per il Cullo Divino. 2 1 giugno 1973, n. 9:
En chir. Val.. voI. 4, p. 1631 , n. 25 19).
- La SS . Eucaristia si c ustod isca in un tabernacolo solido, non trasparen te, inviolabile.
Di no n na. ci sia in ogni chies a un solo tabernacolo. o posto sopra l' alt are o collocato. a
La Santis sima Eucaristia 161

CAN. 939 - Hostiae consecratae Le ostie consacrate siano conserva te


quantitate fidelium necessitatibus nella pisside o piccolo vaso in quantità
sufficienti in pyxide seu vasculo sufficiente alle necessità dei fedeli; siano
serventur,et frequenter, veteribus inoltre rinnovate con frequen za, dop o
rite consumptis, reno ventur. ave r consumato nel debito modo quelle
precedent i.
CAN. 940· Coram tabernaculo, in
quosanctissima Eucharistia asser- Davanti al tabernacolo, in cui si custod i-
vatur, peculiaris perenniter luceat sce la santissima Eucari stia, arda cont inua-
lampas, qua indiceturethonoretur ment e una lampada specia le, con la quale si
Christi praesentia. indic hi e si onori la presenza di Cristo.

giudizio de ll' O rdinario del luogo, fuo ri dell' altare, ma in una parte dell a chiesa che sia davvero
nobile e debitamente ornata. La chiave del tabernacolo de v' essere custodita co n la mas sima
cura da l sace rdote res po nsa bile della ch iesa o dell ' oratori o, o da l ministro straord inario , a c ui
è stata co ncessa la facoltà di dis tri bu ire la Sa nta Co munione (n. IO: Enchir. Val., voI. 4, pp.
1630- 1633. n. 2520).
- La prese nza de lla SS . Eucari st ia nel tabernacolo ven ga indica ta dal eo nopeo o da a ltro
mezzo idoneo , stabilito da ll' a utorità competente. Secondo la tradizi one, arda se mpre davanti
all' altare una lamp ada o un cero , seg no di ono re reso al Sign ore» (n , I l : Enchir. Val. , vo I. 4,
p. 1633, n. 252 I).
- È lecito celebra re la Messa rivolti ve rso il popo lo. anc he se sull'al tare c'è il tabern a-
colo di picco le dimensioni , ma con ven ient e (Istr. Eucharisticum Mysterium della S.c. de i Riti.
25 maggio 1967, n. 54 , 2 : Enchir. Val.. vol. 2, p. 1143. n. 1354).
Per direttive più dett agliate, cfr. l' lstr. Nullo umquam dell a S.C. de i Sacram enti, 26 mag-
gio 1938: X , Oc nox, Leges Ecclesiue . I, n, 1435, co lI. 1882-1888,

2) La pisside e il rinnovo delle Ostie consacra te 3481


939 (/270 e / 272*) Le Ostie co nsac rate devono esse re co nserva te in qua ntità
sufficien te all e necessità dei fedeli , nell ' appo sito vase tto sacro, la pisside, «ricoperta
da un velo bianco di seta e, per quan to possi bile, debit amente orn ato» (can. 1270,
Cod ic e 1917).
Per imp ed ire ogni perico lo di alterazi one, le Ostie devo no essere rinnovate co n
freque nza - di regol a og ni qu indici giorn i (cfr. can. 934, § 2) - dopo ave r co nsu -
mato nel deb ito modo le precedent i.

3) La lampada 3482
940 (/27 J *) Seco ndo una sig nificativ a tradizione, d inanzi al tab ern acolo in cui
si custodisce la SS . Eucaristia , deve ardere co ntinuame nte (perenniter) una la mpada
speciale. Essa ha lo scopo d' ind icare e onorare la prese nza de l Sig nore .
Se il tabern acolo è posto sull' altare , la lampada va co llocat a non su di esso, ma
di fianco.
A norma del can. 1271 de l Codice precede nte. la la mpada per sé doveva essere alimentata co n
olio di ulivo o con cera d 'api . Una tale presc rizione non è stata ricon ferrnata (Commun ìcati ones.
a. 1972, p. 56 , De tubernaculo). È peraltro opportuno che così si continui, per il maggiore simbo-
lismo offerto dalla lampa da ad olio o a cera , che " lucet et arder" , ma il nuovo Codice non lo
prescrive. Per sé, si può usare anche una lampad a elett rica, una "veille use" decorosa che imiti la
forma della lam pada ad olio.
162 LIBR O IV - Il "rnunu s sanctificundi" della Chiesa

CAN. 941 - § 1. In ecclesiis aut § I. Nelle chiese e negli oratori, in cui


oratoriis quibus datum est asser- è perme sso di con servare la santiss ima
vare sanctissimam Eucharistiam, Eucaristia , possono compiersi esposiz io-
fieri possunt expositionessive cum ni sia con la pisside che con l'osten sorio ,
pyxide sive cum ostensorio,serva- osser vando le norme stabilite nel libri
tis normis in libris Iiturgicis prae- liturgici .
scriptis,
§ 2. Celebratìone Missae du- § 2. Durante la celebrazione della Mes-
rante, ne habeatur in eadem eccle- sa, non si facci a nella mede sim a chie sa o
siae vel oratorii aula sanctissimi oratorio l'esposizione del santissimo Sa-
Sacramenti expositio. crament o.
CAN. 942 - Commendatur ut in Si raccomanda che nelle chiese e negli
iisdem ecclesiisetoratoriis quotan- oratori si faccia pure, ogni anno, l'espo-
nis fiat sollemnis sanctissimi Sa- sizione solenne del santissimo Sacramen-
cramenti expositio per congruum to, prolungandola per un tempo conve-
tempus, etsi non continuum, pro- niente anche se non continuo, affi nché la
tracta, ut communitas localis eu- comunità locale mediti e adori con più
charisticum mysterium impensius profonda devozione il mistero eucaristi-
meditetur et adoret; huiusmodi co; questa esposizione, tuttavia, si faccia
tamen expositio fiat tantum si con- soltanto se si prevede una congrua af-
gruus praevideatur fidelium con- fluenza di fedeli e osserv ando le norme
cursus et servatis normis statutìs, prescritte.

34113 4) L 'esposizione del SS. Sacramento


941-943 (/ 2 74-/275 *) Tali ca noni discipli nano l' espo sizione del SS. Sacram ento,
una delle pratiche più valide dell a pietà ca ttolica, che ha lo sco po di promu o vere il culto
e l' adorazione della SS. Eucaristia. Le nuove norm e, aperte a una maggiore larghez za.
intend ono fav orire questa pratica.
L' esposizione del SS . Sacramen to può esse re effettuata nelle ehiese e negli ora tori,
in eui è permesso di con servare l' Eucaristia, sia con la pisside che co n l' ostensorio,
osservando le norme stab ilite nei libri liturgici (can. 941 , § I). Fra tali norm e è ricord ato
espress amente il divieto di esporre il SS. Sacramento nella mede sima navata della chiesa
o dell ' oratori o (i n e àdem ecc les iae vel oratorii aul a), in cui abbi a luogo la ce lebra zione
della Messa (celebratio ne Missae dura/Il e) (94 1, § 2), È permesso invece es porre il SS.
Sac ramento in una cappella se parata.
Il ca n. 942 non parla più di QuaralllOre, che oggi incontrano varie diffico ltà,
ma c he so no se mpre raccom andab ili do ve sia possib ile farl e co n decoro . Il ca none
esorta co munque a fare og ni anno, nelle chiese e negli orator i, una partico lare
es posizio ne del SS. Sacram ent o, prolu ngandol a per un tempo co nve nie nte , anc he
se non cont inuo, affinché la co muni tà locale mediti e adori co n più profonda
devozione il mistero eucari sti co. Per que ste esposizioni tuttavia - avverte il
canone - è necessario che venga ass icur ata una congrua afflu enza di fedeli , e
che siano osservate le norme pre scritt e (cfr. in particolare l' lstr, Eucha ristiae
celebratio della S.c. per il Culto Div ino , 21 giugno 1973, nn . 82- 88: Enchir. Val.,
voI. 4 , pp. 1648-1651).
3484 [)millistro dell' espos izion e dci SS. Sacramento e della benedi zione euca ristica è il
sacerdote o il diacono, [n partic olari circostanze, l'esposizio ne e la ripos izio ne possono
esse re a ffidate all' acco lito, al min istro strao rdinario dell a sacra Co munione o ad altra
La Santissima Eucaristia 163

CAN. 943 - Minister expositionis Ministro dell'esposizione del santissi -


sanctissimi Sacramenti et benedic- mo Sacramento e della benedizione eu-
tioniseucharisticae est sacerdos vel caristica è il sacerdote o il diacono ; in
diaconus; in peculiaribus adiun- particolari circostanze, so no ministri della
ctis, solius expositionis et reposi- so la esposizione e riposiz ione, ma se nza
tionis,sine tamen benedictione, est la benedizione, l'accolito, il ministro stra-
acolythus, minister extraordina- ordinario della sacra comun ione o altra
rius sacrae communionis aliusve ab persona designata dall'Ordinario del luo-
Ordinario loci deputatus, servatis go, os servando le disposizioni dci Vesco-
Episcopi dioecesani pracscriptis. vo diocesano.
CAN. 944 - § 1. Ubi de iudicio Epi- § I. Dove sia possibile a giudizio del
scopi dioecesani fieri potest, in pu- Vescovo dioce sano, si sv olga, quale pub-
blicumerga sanctissimam Euehari- blica testimonianza di ve nera zio ne ve rso
stiam venerationis testimonium, la santissima Eucaristia, specialmente nel-
habeatur, praesertim in sollemnita- la solennità del Corpo c Sangue di Cri sto,
te Corporis et Sanguinis Christi, la processione attraverso le pubbliche
processio per vias publicas ducta. strad e .
§ 2. Episcopi dioecesani est dc § 2. In merito alle processioni, sp ella al
processionibus statuere ordinatio- Vescovo diocesano stabilire le norme per
nes, quibus earum participationi provvedere all a partecipazione dei fedeli e
et dignitati prospiciatur, al decoro .

persona designata dall'Ordinario del luogo, attenendosi alle disposizioni dci Vescovo
diocesano. La bened izione resta in ogni caso riservata al ministro sacro, sacerdote o
diacono (can. 943).
Da tene r presente il divieto del n. 66, 3, dell 'I st r. Eucharisticum Mysteriunt dell a S.c. dei Riti :
«Expositio, qu ae unice fiat ad benedictionern post Missam imperticnda m, prohibetur» (Enchir.
Val.. voI. 2, p. 1153, n. 1366).

5) Le processioni eucaristiche 3485


944, § 1 (129/ *) Sono una pubbli ca testim onianza di fede e di pietà verso la SS.
Eucaristia (lstr. Eucharisticum Mysterlum , n. 59 : Enchir. Val., vol. 2, p. 1147, Il .
1359), tuttor a precetti va dove, a giudizio del Vescovo dioce sano, possano svolgersi
senza difficolt à e col dovuto decoro. Particolare importanza riveste la processione che
suole effettuarsi nella solennità del Corpo e del Sangue del Signore. Se in una città
non sia possibile farl a attraverso le pubbliche strade a causa delle diffi coltà di tempo
e di luogo, «è bene org anizzare un'altra pubbli ca manifestazione per tutta la cit tà o
per i suoi prin cipali quartieri . nella chiesa cattedr ale o in altri luoghi, aperti o chiusi,
più opportuni» (Istr, Euchari stiae celebratio, n. 102,2: Enchir. Val., vol. 4, p. 1655 ,
n. 2553, 2).
Nell' attuale Cod ice sono scompars e le minuziose prescrizioni del Codice preceden-
te circa la partec ipazione del clero diocesano, dei religiosi, delle associazioni, ecc., ma
non c' è dubbio che esse conservano un valore direttivo, per la loro importan za ecclesiale
e pastorale.
944, § 2 (1295 *) Spetta comunque al Vescovo diocesano disciplinare le processio- 3486
ni con opportune norme, per assicurarne la pietà e il decoro e promuovere una larga
partecipazione della comunità. Nelle parrocchie , l'organizzazio ne e la guida delle pro-
cessioni "extra ecclesiam" spetta al parroco (can. 530, n. 6).
164 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

CAPITOLO III
L'OFFERTA PER LA CELEBRAZIONE DELLA MESSA

CAN. 945 - § 1. Secundum proba- § 1. Secondo l'uso approvato della


tum Ecclesiae morem, sacerdoti Chiesa, ad ogni sacerdote che celebra o
cuilibet Missam celebranti aut concelebra la Messa è consentito ricevere
concelebranti Iicetstipem oblatam un'offerta per l'applicazione della Messa
recipere, ut iuxta certam intentio- secondo una determinata intenzione.
nem Missam applicet.
§ 2. Enixe commendatur sacer- § 2. Si raccomanda vivamente ai sacer-
dotibus ut, etiam nulla recepta doti perché, anche senza ricevere alcuna
stipe,Missam ad intentionem chri- offerta, celebrino la Messa secondo le in-
stifideliumpraecipue egentium ce- tenzioni dei fedeli, soprattutto dei poveri.
lebrent.

3487 L'OFFERTA PER LA CELEBRAZIONE DELLA MESSA (cann. 945-958)


Schema
I. La normativa dei cann. 945-954 2. La normativa dei cann. 955-958
- Legittimità e fini della offerta - Trasmissione d'intenzioni di Messe
- Vietato ogni mercimania - Oneri di Messe non soddisfatti entro l'anno
- Obblighi del celebrante - La debita vigilanza da patte dell'autorità com-
- Un duplice divieto petente
- La determinazione dell'offerta - I registri di Messe
- Messe in eccedenza -Nonne ulteriori

3488 È un problema molto delicato, discusso anche ai nostri giorni, e nel quale la
posizione della Chiesa, dettata anche da motivi di carattere teologico e pastorale,
rimane saggiamente costante, sia per quanto riguarda la legittimità dell'offerta con-
testata da un puritancsimo eccessivo (cfr. Cast. Auctorem fidei di Pio VI, 28 agosto
1794, con la riprovazione di 85 proposizioni del Sinodo celebrato a Pistoia nel 1786:
prop. 54: Denzinger-Schonmetzer, n. 2654), sia per quanto riguarda la netta condanna
d'ogni eventuale abuso. La legittimità dell'offerta è stata confermata nei nostri tempi
da Paolo VI, nel M.P. Firma in traditione del 13 giugno 1974 (Enchir. Vat., val. 5,
pp. 330-341).
Nel Codice precedente, si parlava promiscuamente di "eleemosynae", di "stipendia" e di
"stipes" (cann. 824-844*). Nel nuovo Codice, il termine "stipendium" è stato soppresso, perché
nella versione in lingue moderne, esso ha piuttosto il significato di "compenso. retribuzione, mer-
cede" per un lavoro o un servizio prestato. e questo concetto è del tutto alieno dalla natura
dell'offerta fatta in occasione della celebrazione eucaristica. Viene pertanto usato il termine "stips''
(stips a fidelibus oblata), più proprio perché "magis congrui t cum natura oblationis occasione
celebrationis facrae" (Communicationes, a. 1972. p. 57).

1. La normativa dei canoni 945-954

3489 I) Legittimità e fini dell'offerta


945-946 (824, § l *) Il can. 945, § I, conferma espressamente la legittimità
dell'offerta per l'applicazione della Messa (celebrata o concelebrata), secondo la
determinata intenzione dell'offerente. Tale legittimità risulta dalla prassi secolare
La Santiss ima Eucaristia 165

CAN. 946 • Christifideles stipem Dan do un 'offerta per l'appl icazione


offerentes ut ad suam intentionem della Messa secondo la loro intenzione, i
Missaapplicetur, ad bonum confe- fedeli contribuiscono con essa al bene
rnnt Ecclesiae atque eius curam della Chiesa, partecipando alla sua solle-
in ministris operibusque susti- citudine per il mantenimento dei suoi mi-
nendis ea oblatione participant. nistri e delle sue opere.
CAN. 947 •A stipe Missarum quae- In tali offerte, si eviti nel modo più as-
libet etiam species negotiationis soluto qualunqu e sia pure apparenza di
vel mercaturae omnino a r cea tur. mercimonio o di commercio.

della Ch ie sa' , com pre nsiva di tutti i sacra menti (can. 848: n . 3321), c a nc he del -
l'esplicito ins egnamento del sa cro Magist ero, come risulta dagli acce nnati docu m enti
di Pa olo VI.
R isulta anc he dalle finali tà dell' o ffert a:
- Contribuire al be ne dell a C hiesa
- Partecip are all a sua sollec itudine per il ma nteni me nto dei suoi m inist ri e de lle
sue o pe re (ca n. 946).
Nel citato M.P. Firma in traditione, Paolo VI accenna anche a motivi di carattere teologico: 3490
- Con tale prassi, i fedeli si associano più intimamente a Cristo, che si offre come Vittima
e ne percepiscono frutti più abbondanti; essa è stata non solo approvata, ma anche incoraggia ta
dalla Chiesa che la considera come una specie di segno di unione del battezzato con Cristo. nonché
del fedele con il sacerdote, il quale proprio in suo favore svolge il suo ministero (Proemio . n. 2).
Il sacerd ote, da parte sua, deve dimo strare di essere distaccat o dalle offerte m ate-
riali, per c ui il § 2 del can . 945 lo esort a vi vamente (eni xe) a voler cel eb ra re second o
le intenzioni d ei fed e li, so pratt utto dei poveri, anc he se nz a rice vere a lcuna offerta' .

2) Vietato ogni mercimonio 3491


947 (827*) Le nonne contenute nel presente canone e ne i ca no ni segue nti, so n
dirette a regol amentare le offerte per l'appl icazi on e delle M esse e ad evitare ogni abu so
a tal riguardo . Il cano ne sta bilisce un prin ci pi o di caratt ere genera le : nelle offe rte per le
Messe è assoluta me nte vie tato non solo ogn i effett ivo merci mon io , c he sarebbe gr ave-
mente co ntrario al carattere sacro della cel ebrazion e , m a anc he quals ias i possi bi le ap-
paren za d i negoziazio nc o d i com mercio.

I Communicationes, a. 1972, pp. 57-58, n. 3: «Historice si res consideratur, usus dandi stipem
ortus videtur ex Missae offertorio, in quo christifideles celebratione rn Euc haristicam participantes
necessaria ad celebrationern, imprimis panem et vinum attulerunt, aliaque etiam dona naturalia, in
sacerdotum sustentationem, irnrno el in pauperum alimentum, obtulerunt. Hac ratione stips oblata
cum ipsa Eucharisticn cele bratione proprie coliigata erar. Remansit quidem ut a plerisque, ut
videtur, scriptoribus de natura huius stipis agentibus, eadem stips declarata sit oblatio quarn, occa-
sione sacrificii Eucharisti ci ad sui intentionem celebrati et applicati. christifidele s faciunt, ut pro
parte sua conferant rum ad Ecclesiae ministrorum sustentationi providendum, tum ad Ecclesiae
variis necessitatibus prospiciendum ».
, L' offerta della Messa cantata , in caso di concelebrazione: «Spella al celebrante principale
e non agli altri concelebranti. poiché, salvo che non sia espressamente indicato il contrario,
l' oblarore ehe offre lo stipendio per la celebrazione della Messa cantata. intende che questa sia
celebrata individualmente» (S. Congregazion e del Concilio, Risposta a un Vescovo diocesa no, a
firma del Segretario. 18 aprile 1966: X. Oel!OA, Leges Ecclesiae. III. n. 3429, colI. 4971-4972 ).
166 LIBRO IV - U"munus sancriticandi" della Chiesa

CAN. 948 - Distinctae applican- Dev' essere app lica ta una Messa distint a
dac sunt Missae ad eorum intentio- per ciasc una delle inten zion i per cui è sta-
nes pro quibus singulis stips, licet ta data e acc ettata un 'o ffe rta, anc he se
exigua, oblata et acceptata est. esigua.
CAN. 949 - Qui obligatione grava- Chi ha l'obbl igo di celebrare una Messa
tur Missam celebrandi et applican- e di applica rla secondo l' inte nzione del-
di ad intentionem eorum qui stio l' offerente, vi è tenuto ugualmen te, anc he
pem obtulerunt, eadem obliga- se l' offert a percepi ta sia anda ta perd uta
tion e tenetur, etiamsi sin e ipsius senza sua colpa .
culpa stipes perceptae perierint.
CAN. 950· Si pecuniae summa of- Se viene offerta una so mma di den aro
fertur pro Missarum applicatione, per l' applica zion e di Messe senza indi care
non indicato Missarum celebran- il nu mero dell e Messe da ce lebra re , si
darum numero, hic supputetura t- co mpu ti ques to num ero in ragio ne dell' of-
ten ta stipe statuta in loco in quo ferta stabilita nel luogo di dimora de ll'of-
oblator commoratur, nisi aliam ferente, tranne che si debba legittim amen-
fuisse eius intentionem legitime te presumere che la sua inten zione sia sta-
prae sumi deb eat. ta diversa.

Contro i trasgressori della norma è prevista un' adeguata sanzione penale: «Chi trae
illeciti profitti dalle offerte per la Messa. sia punito con una censura (scomunica. inter-
detto e. se chierico. sospensione) o altra giusta pena» (can. 1385)
3492 Non è raro che alcune case editrici diano i loro libri e le loro riviste a sacerdoti. che. invece
di versare il prezzo cor rispettivo co n de l denaro, s' impeg nano di celebrare un determi nato numero
di Messe . Una tale prassi è am messa da alcuni ma, a considerarla obiettivamente, non sembra che
si concili col can. 947, che proibisce "ornnino" la stessa apparenza (speciesi di co mmercio .

3493 3) Obblighi del celebrante


948·950 (828-830*) I canoni si limitano a confermare le norme precedenti.
I o Devono essere applicate tante Messe distinte, quante sono le intenzioni
per le quali è stata data e accettata una particolare distinta offerta, anche se
esigua (can. 948), salvo che gli offerenti consentano di accumulare in un'u nica
Messa più intenzioni.
*
L' obbli go è di giustizia (cfr. can. 824 2. Codi ce 1917) . anche se l'offerta sia data e ricevuta
non in co mpens o dcII' applicazione della Messa, ma solo in occa sione di essa .

2° Chi ha assunto l'obbligo di celebrare la Messa e di applicarla secondo l'i nten-


zione dell'offe rente, vi è ugualmente obbligato, anche se l'offerta percepita sia andata
perduta senza sua colpa (can. 949). È applicato il principio che "l'es perit domino".
L' obbligo, com' è chiaro, sorge da l momen to in cui il sacerdo te ha ricev uto effe ttivamente
l' offe I1a:il cano ne parla esp ressamente di "sti ps perce pta".
3494 3° Nel caso che venga offerta una somma di danaro per l' applicazione di più
Messe, senza indicarne il numero, la norma è che si computi questo numero in ragione
dell'offerta stabilita nel luogo di dimora dell'offerente, tranne che si debba legittima-
mente presumere che la sua intenzione sia stata diversa (can. 950).
La norma. evidenteme nte, vale quando non sia possibile accertare l'effettiva intenzione del-
l' offerente.
La Sambexima Eucaristia 167

4° Come regolarsi relati vam ente alle offerte che i fedeli depongon o nelle cassette, 3495
poste in chiesa per la ce lebrazione di Mes se? Una risposta della Con gregazione per il
Clero del 2 1 agosto 1981 , richiama il principio contenuto nel can . 828 del Co dice [91 7,
disposto anche nei cann. 948 e 950 del nuovo Codice : «T ot missae celebrandae et
applicandae quot stipendi a», secondo l'offerta stabilita dalla competente autori tà (cfr. X.
O CHOA, Leges Ecclesiae, VI, n. 4856 , col. 8206) .

4) Messe colletti ve 3496


Le Messe coll ett ive e plurintenzionali sono le Messe che, secondo un uso piuttosto
recente , si cumulano in un 'u nica offer ta e si soddis fano ins ieme con una so la ce lebra-
zione second o una inten zione dett a appunto "c ollettiva" .
È lecita questa prassi?
Il delic ato probl em a è stato discus so in molte dioces i, e vari Vescovi si so no rivolti
alla Sant a Sede per aver e chiarime nti e dirett ive in merito .
Per mand ato del Sa nto Padre, il Dicastero com peten te, ossia la Congregazio ne per
il Clero , ha sv olto sulla complessa mate ria un ' amp ia co nsultazio ne, se ntendo anche il
parere dell e Conferenze Episcopali , e con la co llaborazio ne degli altri Organi della Curia
Romana ha e manato il 22 genn aio 199 1 un particolare Decre to, approva to in forma
specifica dal Sommo Pontefice (L' Osservatore Romano, 23 marz o 1991, pp . I e 5).
Il Decreto è div iso in sette articoli: li rip ortiamo integ ralmente per la loro impor-
tanza teologica e pastorale . Un ampio commento del testo è stat o pubblicato da Mons.
Gilberto Agus toni, Segretari o dell a Co ngregazione (L' Oss ervatore Romano , 23 marzo
199 1, 5" pagin a).
Art. 1 3497
§ l : A norm a del ea n. 948 devono esse re applica te «Messe distinte sec o ndo le
intenzioni di coloro per i quali singolarme nte l'offert a data, anche se esigu a, è stat a
accettata». Perciò il sacerdote che accetta l' offerta per la celebrazione di una santa
Messa per una intenzione partic olare è tenuto ex iustitia a sodd isfare person almente
l'obbligo ass unto (cfr. can. 949), oppure a commetterne l' adempimento ad altro sacer-
dote, alle co ndizion i stabi lite dal di ritto (cfr. ca nn. 954-955).
§ 2: Co ntravvengo no pert anto a que ste norme e si ass umono la relati va respo nsa-
bilità morale i sa cerdoti che racco lgono indi stintam ente offert e per la ce lebrazione di
Messe seco ndo part icolari inten zion i e cumulandole in un'unica offerta e all' insaputa
degli of ferenti, vi soddisfano con un'unic a santa Mes sa ce lebrata seco ndo un 'i ntenz ione
detta collettiva.
Art. 2 3498
§ l : Nel caso in cui gli offerenti , previamen te ed esplicitamente avvertiti, co nse ntano
liberamente che le loro offerte siano cumulate con altre in un'unica o fferta, si può sod-
disfarvi con una sola sa nta Messa, celebrata secondo un 'un ica inten zione "collettiva" .
§ 2: In que sto caso è necessario che siano pubblicamente ind icati il giorno. il luogo
e l' orario in cui tale sa nta Messa sarà celeb rata, non più di due volte per settimana.
§ 3: I pastori nelle cui diocesi si verificano questi casi, si rend ano conto che questo
uso, che cos tituisce un ' eccezione alla vigente legge canonica, qu alora si allargasse ec-
cessivamente - an ehe in base a idee errate sul signi ficato dell e offerte per le sa nte
Messe - deve esse re rite nuto un abuso e potrebbe ingenerare progre ssivamente nei
fedeli la desuetudin e di offrire l'obolo per la celebrazione di sante Me sse seco ndo
intenzioni singole, es tingue ndo un'antichissima con suetudine sa lutare per le si ngole
anime e per tutta la Ch iesa.
168 LIBRO IV . li "munu s sancuticandi'' della Chiesa

CAN.951 - § 1. Sacerdos plures ea- § l . Il sacerdote che celebra più volte


dem die Missas celebrans, singulas nello stesso giorno, può applicare le sin-
applicare potestad intentionem pro gole Messe secondo l'intenzione per la
qua stips oblata est, ca tamen lege quale è stata data l'offerta, a condi zione
ut, praeterquam in die Nativitatis tuttavia che, al di fuori del giorno di Na-
Domini, stipem pro una tantum tale, egli trattenga per sé l'offerta di una
Missa faciat suam, ceteras vero in sola Messa, e versi invece le altre per gli
fines ab Ordinario praescriptos scopi determinati dall'Ordinario; gli è per
concredat, admissa quidem aliqua altro consentita una qualche retribuzione a
retributione ex titulo extrinseco. titolo estrinseco.
§ 2. Sacerdos alteram Missam § 2. Il sacerdote che concelebra nello
eadem die concelebrans, nullo titu- ste sso giorno una seconda Messa, a nes-
lo pro ea stipem recipere potest, sun titolo può percepire una retribuzione
per essa.

3499 Art. 3
§ f: Nel caso in cui a ll'art.2, § I, al celebrante è lecito trattenere la sola elemosina
stabilita nella diocesi (can .952 ).
§ 2: La somma residua eccedente tale offerta sarà consegnata all'Ordinario di cui
al can .95I , § I, che la destinerà ai fini stabiliti dal diritto (cfr . can. 946).
3500 Art. 4
Speci almente nei santuari e nei luoghi di pellegrinaggio, do ve abitualmente afflui-
scono numerose offerte per la celebrazione di Messe, i Rettori, onerata conscientia,
devono attent amente vigilare che vengano accuratamente applicate le norme della legge
universale in materia (cfr. principalmente cann . 954-965) e quelle del presente Decreto.
3501 Art. 5
§ f : l sacerdoti che rice vono offerte per intenzioni particolari di sante Messe in
gran numero, per es . in occasione della Commemorazione de i Fedeli Defunti, o di altre
particolari ricorrenze, non potendovi soddisfare personalmente entro un anno (cfr. can.
953), invece di respingerle, frustrando la pia volontà degli offerenti e distogliendoli dal
buon proposito, devono trasmetterle ad altri sacerdoti (cfr. can. 955) oppure al proprio
Ordinario (cfr. can . 956).
§ 2: Se in tali o simili circostanze si configura quanto è descritto nell'art. 2. § I,
di questo Decreto. i sacerdoti devono attenersi alle disposi zioni dell'art. 3.
3502 Art. 6
Ai Vescovi diocesani incombe particolarmente il dovere di far conoscere con pron-
tezza e con chiarezza queste norme, valide sia per il clero secolare che religioso, e
curarne l'osservanza.
3503 Art. 7
Occorre perciò che anche i fedeli siano istruiti in questa materia, mediante una
catechesi specifica, i cui cardini sono:
- l'alto significato teologico dell'offerta data al sacerdote per la celehrazione del
Sacri ficio eucaristico, al fine soprattutto di prevenire il pericolo di scandalo per la
parvenza di un commercio con il sacro;
- l'importanza ascetica dell'elemosina nella vita cristiana. insegnata da Gesù stes-
so, di cui l'offerta per la celebrazione di sante Messe è una forma eccellente;
La S.lnlis..s ima Eucaristia 169

CAN. 952 - § 1. Concilii provincia- § I. Spetta al Con cilio provin ciale o


lisaut conventus Episcoporum pro- all' assemblea dei Ve scovi della prov incia
vinciaeest pro uni versa provincia determinare con decreto, per tutto il pro-
per decretum definire quaenam prio territorio, l' offerta da dare per la ce-
pro celebratione et applicatione lebr azione e l' appli cazione della Messa,
Missaesit offerenda stips, nec licet né è lecito al sace rdote chiedere una so m-
sacerdoti summam maiorem ex- ma mag giore; gli è tutt avia conse nti to
petere; ipsi tamen fas est stipem accettare per l'applicazione della Messa
sponte oblatam definita maiorem un'offerta mag giore di quell a stabilita e
pro Missae applicatione accipere, anche min ore, se sono date spontanea-
et etiam minorem. mente.

- la cond ivisione dei beni, per cui mediante l'offerta di intenzioni di Messe i
fedeli concorrro no al sostentamento dei mini stri sacri e alla realizzaz ione di attività
apostoliche della Chiesa.

5) UI! duplice divieto 3504


951 (824*) Il principio è che. a parte la solennità del Natale, il sacerdote che celebra
più volte nello stesso giorno, può trattenere per sé soltanto l'offerta di un a sola M essa
(non ha importanza se sia la prima. la seco nda o, eventualmente, la terza). Le altre
offerte devono essere versate per gli scopi determi nati dall' Ordinario: l' Ordinario pro-
prio, non l'O rdinario del luogo, «eccetto che si tratti di parroci e vicari parrocchiali, per
i quali l'Ordinario si intende l' Ordinario del luogo» (Pont. Com m. per l' interpr. del
Codice, 23 apro 1987 (Communica tiones, a. 1987, pago 149, Il ).
Questo, tuttavia, non impedisce che il sacerdote riceva una qualche retribu zione a
titolo estrinseco: ad es., la lontananza del luogo di celebrazione, l' ora tarda o anche
troppo mattutina, Messa con canto. ecc., tranne che il "labor extrinsecus" sia dovuto ad
altro motivo, per es. ex officio. Resta per altro esclusa la concelebrazione, per la quale
il sacerdote non può ricevere alcuna retribuzione a nessun titolo (nullo titulo) né intrin-
seco né estrinseco'.
La Messa pro populo. A nor ma del can. 534, § I, nelle domeniche c nelle feste di precetto 3505
in vigore nella sua diocesi, il parroco ha l'obbli go di ap plicare la Messa per il popolo. Se ce lebra
nel medesimo giorno una seconda Messa e l' applica per un fede le. può trattenere per sé l'offerta
che gli viene da ta?
Il can. 824 , § 2. del Cod ice precedente glielo vie tava . L'attua le ca n. 95 1 glie lo perm ette,
secondo l'espressa dic hiarazione contenuta nell a "Relatio syn rhetica " pubblicata in Communicatio-
nes, a. 1983, pp. 200 -20 14 ,

\ Seco ndo l'interpretazione di alcu ni autori. il can . 95 1, § 2. considera solo il caso di due
Messe concelebrate, per cui il sacerdote che ce lebra nello stesso giorno due Messe l'una individual-
mente e l' altra in co ncelebrazio ne, può ritenere indifferentemente l' offerta della Messa individuale
oppure della Messa co nce lebra ta. Sem bra però che una tale interpretazione co ntras ti co l testo del
canone, che fa es presso divieto di ricevere pe r la Messa con celeb rata qualsias i com pe nso (nullo
titulo), anche se l' altra Messa sia stata ce lebrata indi vidualmente. Una interpreta zione autentica del
canone sarebbe necessaria.
4 Attesa l' importanza della innovazione, riportiamo integral me nte la detta dic hiarazione.

Suggerimento di un Padre Consultore : «Magis clare dicatur - uti habe batu r in can. 824. §
2. CIC - si qu is plu ries in die ce lebra r, et unam Missarn ex titulo iustitiac ap plicar, ex . gr. Missa
pro populo, potest vel non stipendi urn alterius Missae suum facere ».
Risposta: «In canone non proh ibetur, ergo perm ittitur».
170 LIBRO IV - Il "Jl1UIlU S suuctiflcandì" della Chiesa

§ 2. Ubi desit tale decretum, ser- § 2. In mancanza d i tale decreto, si osser-


veturconsuetudo in dioecesivigens. vi la consuetudine vigente nella d iocesi.
§ 3. Sodalesquoque institutorum § 3. De vono attenersi al medesimo de-
religioso rum quorumlibet stare creto o alla medesim a consuetudine loca-
debent eidem decreto aut consue- le, di cui ai §§ 1 e 2, an che i membri di
tudini loei, de quibus in §§ l et 2. qu al sia si istituto reli gio so.
CAN. 953 • Nemini licet tot stipes Non è lecito ad alcuno acc ettare un
Missarum per se applicandarum numero di offerte di Messe da applicare
aceipere, qui bus intra annum sa- pe rsonalmente, a cui non possa sodd isfare
tisfacere non potest. entro lo spazio d i un anno.
CAN. 954 • Si certis in ecclesiis Se in talune chiese od oratori ve ngono
aut oratoriis Missae petuntur cele- richieste celebrazion i d i Messe in numero
brandae numero plures quam ut maggiore di quante se ne po ssano ivi ce-
ibidem celebrari possint,earundem lebrare, è consentito far celebrare a ltrove
celebratio alibi fieri Iicet, nisi quelle in eccesso, tranne che gli offerenti
contrariam voluntatern oblatores abbian o manifestat o espressamenle una
expresse manifestaverint. volontà contraria.

Quest o. ovviamente. ex iute communi, poiché il diritto particolare - decreto dell' assemblea
provinciale dei Vescovi (can .952. * I) o del Vescovo diocesano - può imporgli l' obbligo di
trasmettere in C uria l'offerta ricevuta. per intero o in parte.

3506 6) La determinazione dell'offerta


952 (83/ ·832 *) Nella legislazione precedente, la determinazione dell' offerta era di
competenza dell'Ordinario del luogo. Nel nuovo Codice è demandata al Concilio pro-
vinciale o all'ass emblea dci Vescovi della provincia, che vi provvedono con decreto. in
modo che per tutto il territorio si abbia un unico criterio. Tale norma è obbligatoria per
tutti i sacerdoti, diocesani, religiosi e membri di Società di vita apostolica, e anche per
i sacerdoti extradiocesani, tenendo conto del can. 950. A nessuno è lecito chiedere una
somma maggiore, tranne, eventualmente, che per un legittimo titolo estrinseco. Al sa-
cerdote, tuttavia, è consentito accettare un'offerta maggiore. se è data spontaneamente,
c anche minore "nisi loci Ordinarius prohibuerit" (can. 832. Codice 1917; S.c. del
Concilio, 16 luglio 1689).
In mancanza dell'accennato decreto. si osserva dai sacerdoti diocesani e religiosi la
consuetudine locale.
3507 M esse fondate . Riteniamo che la della norma valga so ltanto per le Messe cosiddette "manua-
li", non per quelle "fondate", per le quali la determinazione dell' offerta resta di com petenza del
Vescovo diocesano. anche in forza dci can. 1:\04. Nulla però vieta che i Vescovi di una medesima
provincia ecclesi astica stabiliscano di co mune intesa la medesima offerta. per moti vi di uniformità.
È pur vero che il nuovo Codice parla di Messe in genere , mentre il Codi ce ante riore limitava
espressamente la norma del ca n.83 l, § l - . alle Messe "manuali", Ma que sto non costi tuisce una
difficoltà alla interpretazione riduttiva che abbiamo dato.

3508 7) Messe in eccedenza


953-954 (835-836*) Il primo canone riguarda il singolo sacerdote; il secondo, le
chiese e gli oratori.
A nessun sacerdote è consentito accettare un numero di offerte di Messe da appli-
care personalm ente. a cui non possa soddisfare entro lo spazio di un anno.
La Sanlissima Eucaristia 171

CAN. 955 • § 1. Qui cclebrationem § l. Chi intende affidare ad altri la ce-


Missarum applicandarum aliis lebrazione di Messe da applicare, le tra-
committere intendat, earum cele- smetta al più presto a sacerdoti di sua
brationem quam primum sacerdo- scelta, purché gli risulti che sono al di
tibussibiacceptis committat, dum- sopra di ogni sospetto; egli ha l'obbligo di
modoipsi constet eos esseomni ex- rimettere l'intera offerta ricevuta, tranne
ceptionemaiores; integram stipem che gli consti con certezza che l'eventual e
receptam transmittere debet, nisi eccedenza sulla somma dovuta gli sia sta-
certo constet excessumsupra sum- ta data intuitu personae; rimane anche re-
mam in dioecesi dcbitam datum sponsabile della celebra zione delle Messe
esse intuitu personae; obligatione trasmesse, finché non abbia ricevuto I' at-
etiam tenetur Missarum celebra- testato sia dell' accettazione dell'obbligo
tionemcurandi, donec tum suscep- che della recez ione dell'offerta.
taeobligationistum receptae stipis
testimonium acceperit. § 2. Il tempo entro il quale le Messe
§ 2. Tempus intra quod Missae devono essere celebrate ha inizio, se non
celebrandae sunt, initium habet a consti diversamente , dal giorno in cui il
die quo sacerdos easdem celebra- sacerdote a cui tocca applicarle, le ha rice-
turus recepit, nisi aliud constet. vute.
§ 3. Qui aliis Missas celebrandas § 3. Coloro che affidano ad altri Messe
committunt, sine mora in Iibrum da celebrare, annotino senza indugio nel-
refcrant tum Missas quas accepe- l'apposito registro sia le Messe ricevute
runt, tum eas, quas aliis tradide- sia quelle trasmesse ad altri, segnandone
runt, notatis etiam earundem stio anche le offerte.
pibus.
§ 4. Quilibet sacerdos accurate § 4. Qualsiasi sacerdote deve segnare
notaredebetMissas quas celebran- accuratamente le Messe da celebrare rice-
dasacceperit,quibusquesatisfecerit vute e quelle a cui ha già soddisfatto.

Relativamente alle chiese e agli oratori, in cui so no richieste celebrazioni di Messe


in numero maggiore di quante se ne possano celebrare, come accade nei santuari, è
consentito far celebr are altrove quelle in eccesso, tranne che gli offerenti abbiano ma-
nifestato espr essamente una volontà contraria. In questa ipote si , o le Mess e non si
accettano, oppure occo rre pro vvedere che siano ce lebrate nella ch iesa o nell'oratorio per
mezzo di altri sacerdoti. Il Codi ce precedente suggeriva di esporre "in Ia ea patenti et
obvio" una tabella, co n " avviso che le Messe ricevute sarebbero state ce lebrate "in Ia ea
cum commod e potuerit, vel alibi" (ca n, 836*) .

2. La normativa dei canoni 955·958

I) Trasmissione d 'intenzioni di Messe 3509


955 (837-840 *) La trasmissione. Le norme prescritte a tal riguardo sono molteplici :
IO Chi intende affi dare ad altri la celebrazione di Me sse da appli care, deve trasm et-
terle al più presto a sacerdo ti di sua scelta, purch é gli risulti che sono al di sopra di ogn i
sospetto.
2° Deve rimettere l'i ntera offerta ricevuta, tranne che gli co nsti co n certezza che
"eventua le ecceden za sulla somma dovuta nella diocesi, sia stata data "intuitu personae"
o anche "intuitu ecc1esiae" .
172 LIBRO IV ~ Il "munus sanctificundì" della Chi esa

CAN . 956 · Omnes etsinguli admi- Gli amm inistratori d i ca use pie e coloro
nistratores eausarum piarum aut che in qua lunq ue modo sono o bbliga ti a
quoquo modoobligatiadMissarum c urare la cel ebrazione di M esse, sia chie -
eelebratione m curandam, sive cle- rici che laici , tu tti e si ngo li rim ett an o ai
riei sive laici, onera Missarum qui- propri Ord inari , secondo le m od alità da
bus intra annum non fuerit sati sfac- essi stabi lite, gli oneri dell e Messe a cui
tumsuis Ordinariis tradant, secun- non si sia soddisfatto entro l' ann o .
dum modum a b his definiendum,
CAN . 957 - Offieium et ius advìgi- Il do vere e il d iritto di vi gil ar e sul-
landi ut Mi ssarum onera adim- l' ad empimento deg li o ne ri d i M es se,
pleantur, in ecclesiis cleri saec ula- competono, nell e chiese del clero secola-
ris pertinet ad loci Ordinarium, in re, all' Ordinario del luogo ; nell e c hiese
ecclesiis institutorum re ligiosoru m degl' istituti reli giosi o dell e società d i vita
aut societatum vita e apostoli cae ad apostolica, ai loro Superio ri.
eorum Superiores .

3° Rimane responsabile della celebrazione delle Messe trasmesse, finché non abbia
ricevuto l'atte stato sia dell' accettazione dell'obbligo che della recezione dell'o fferta (§ I).
L 'inizio dell'obbligo. Il tempo entro il quale le Messe devono essere celebrate ha
inizio, se non consti diversamente, dal giorno in cui il sacerdote a cui tocca applicarle,
le ha ricevute (§ 2).
35 10 L'annotazione delle Messe trasmesse. Coloro che affidano ad altri Messe da cele-
brare, son tenuti ad annotare senza indugio (sine mora) nell' apposito registro sia le
Messe ricevute sia quelle trasmesse agli altri, segnando le relative offerte (§ 3).
L 'annotazione delle Messe ricevute e applicate. Qualsiasi sacerdote, anche se Ve·
scovo, deve segnare accuratamente le Messe da celebrare ricevute e quelle che ha
applicato, adempiendone l' obbligo (§ 4).

3511 2) Oneri di Messe non soddisf atti entro l' anno


956 (841*) Gli amministratori di cause pie e coloro che in qualunque modo sono
obbligati a curare la celebrazione di Messe, sia laici che chierici. tutti e singoli son tenuti
a rimettere ai propri Ordinari (Ordinari del luogo oppure Superiori Maggiori d' Istituti
religiosi o di Società di vita apostolica di diritto pontificio e clericali ai sensi del can.
134, § I), secondo le modalità da essi stabilite, gli oneri delle Messe a cui non si sia
soddisfatto entro l'anno.
Trattandosi di Messe fondate, l'anno decorre di regola dal lOgennaio al 31 dicembre. Trat-
tandosi di Messe manu ali, decorre dal giorno in cui si è assunto l' obbligo della celebrazione. e si
computa a termini del can. 202, § I (cfr. can. 841. Codice 19 17).

3512 3) La debita vigilanza da parte dell 'autorità competente


957 (842 *) La Chiesa è sollecita del fedele adempimento degli oneri di Messe e ne
prescrive l' accurata vigilanza da parte dell' autorità competente: degli Ordinari del luo-
go, nelle chiese e negli oratori del clero diocesano; dei rispettivi Superiori ("ordinari"
e "non ordinari"). nelle chiese e negli oratori d' Istituti religiosi o di Società di vita
apostolica. di qualunque tipo essi siano (e1ericali e non clericali, di diritto pontific io e
diocesano). Ovviamente, nelle chiese e negli oratori d'I stituti non esenti, la vigilanza dei
propri Superiori è cumulativa con la vigilanza dell' Ordinario del luogo.
La Santissima Eucaristia 173

CAN. 958 - § 1. Parochus necnon § 1. Il parroco come pure il rettore di


rector ecclesiae aliusve pii loci, in una chiesa o di un altro luog o pio, in cui
quibus stipes Missarum recipi so- si è soliti ricevere offerte di Me sse, abbia-
lent, peculiarem habeant librum, no uno speciale registro, ncl quale annoti-
in quo accurate adnotent Missa- no accuratamente il numero delle Messe
rum celebrandarum numerum, da celebrare, l'intenzione, l'offerta e l'av-
intentionem, stipem oblatam, nec- venuta celebrazione.
non celebrationem peractam,
§ 2. Ordinariusobligatione tene- § 2. L'Ordinario ha l'obbligo di esami -
tursingulis annis huiusmodi Iibros nare ogni anno i detti registri, personal-
per se aut per alios recognoscendi. mente o per me zzo di altri .

4 ) l registri di Messe nelle chiese e Ilei luoghi pii 3513

958 (843*) Il parroco , il rettore di una chiesa. il superiore o dirett ore di un luogo
pio, in cui si accettano Messe da celebrare, son tenuti ad avere un apposi to registro , nel
quale vanno annotati accuratamente :
- Il numero delle Messe ricevu te
- L' intenzione relativa
- L' offerta versata
- L'avvenut a celebraz ione (§ l )
L'Ordinario ha l' obbli go di esaminare og ni anno i detti registri , personalmente o
per mezzo di alt ri (§ 2).
Anche il sacerdote singolo, diocesano o religioso, che riceve personalment e Messe da cele- 3514
brare, è tenu to ad ave re il proprio registro: si ricava indirettamen te dal can, 955, § 4. Trattandosi
di un registro privato, non è soggetto al controllo dell'Ordinario. tranne che, relati vamen te al
sacerdote religioso, dispongano così le Regole dell' Istituto.

5) Altare gregoriano 3515


È denomin ato altare o tricenario gregoriano la pia usanza. attribuita a S. Gregor io
Magno (540-604) , di ce lebrare trenta Messe in giorni cont inui in suffragio dell' anima
di un defunto (P.L., 77, 420-421 ).
La continuità dei giorni era intesa in senso rigido. Essa è stata opportunamente
attenuta da una Dichiarazione fatta il 24 febbraio 1967 della Co ngreg azione del Conci-
lio, "per mandat o del Sommo Pontefice Paolo VI":
- Qu alora il tricenario gregoria no venga interrotto per un imp ro vviso impe dì-
mento (per es . una mal attia) o per alt ra ragionevol e causa (per es. cele brazione di una
messa funebre o di un matrimonio), per dispo siz ione dell a Chiesa con serv a integ ri i
suoi frutti di su ffragio, c he la prassi dell a Ch iesa e la pietà dei fedeli gli hann o finora
riconosciu ti. Resta tutt avia l'o bbligo per il sac erdote celebrant e di completare quanto
prima la celebrazione delle trenta Messe. L'Ordinario poi vigili oppo rtunamente af-
finché non si veri fichino abu si in materia di tant a importanza tEnchir. Val., voI. 2,
p. 828).
Gli esempi addotti fanno parte della "Dichiarazione".
Annotuzioni 3516
I. Il tricenario è appl icabile solo a un defunto singolo, e non a più defunt i collettivam ente
(S.c. delle Indulgen ze. 14 gennaio 1989).
174 LIBRO IV - Il "munus sanctiflcundi' della Chiesa

2. Non è necessario che le 30 Messe siano celebrate dal medesimo sacerdote e su un mede-
simo altare (S. Ufficio, 12 dicembre 1911), tranne evidentemente che il sacerdote abbia assunto un
obbligo del genere.
3. Le Messe devono essere celebrate in trenta giorni distinti, per cui si possono applicare delle
Messe binate nei medesimi giorni.
4. È consigliabile che il sacerdote, potendo, celebri la Messa da "requiem" (S. Ufficio, 12
dicembre 1912).

3517 Norme ulteriori circa l'Eucaristia


- Cali. 246,
§ l: La celebrazione della SS. Eucaristia, centro di tutta la vita del seminario
- Cali. 276,
§ 2, Il. 2: L'Eucaristia nella vita dei sacerdoti e dei diaconi
- Cali. 369:
Eucaristia e Vangelo, fattori essenziali della Chiesa particolare
- Cali. 528,
§ 2: L'Eucaristia, centro dell'assemblea parrocchiale dei fedeli
- Cali. 555,
§ l, Il. 3: Il dovere del Vicario foraneo
- Cali.608: L'Eucaristia e le comunità religiose
- Cali.719, § 2: L'Eucaristia e gl' Istituti secolari
- Cali.767: Messa e omelia
- Cali.842, § 2: Il vertice dei sacramenti della iniziazione cristiana
- Cali.874, § l, Il. 3: Eucaristia e padrini di battesimo o di cresima
- Cali.88l: Messa e conferimento della confermazione
- Cali./0/0: Messa e conferimento degli ordini sacri
- Can. /065, .Ii 2: Eucaristia e matrimonio
- Can. /247: L'obbligo della Messa domenicale e festiva
- Can. 1367: La profanazione della SS. Eucaristia: le sanzioni penali
3518 Messa pro populo:
- Del Vescovo diocesano: can. 388
- Dell' Amministratore diocesano: can. 429
- Del parroco: can. 534
- Dell'amministratore parrocchiale: can. 540, I *
- Del gruppo di sacerdoti, a cui è stata affidata in solido la cura di una o più parrocchie:
*
can. 543, 2, n. 2

3519 IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA (cann.959-991)


Schema
I. Prospetto della materia
2. Il canone introduttivo

3520 1. Prospetto della materia


Il titolo IV, dedicato al sacramento della penitenza, comprende un canone introdut-
tivo (959) e quattro capitoli.
I ° La celebrazione del sacramento: cann. 960-964
2° [J ministro: cann. 965-986
3° Il penitente: cann. 987-991
4° Le indulgenze: cann. 992-997
Sostanzialmente è lo stesso schema del Codice precedente. Manca il capitolo De
reservatione peccatorum, perché, come diremo nell'esposizione del can. 966, § I, col
nuovo Codice è scomparsa dall'ordinamento canonico la "riserva" dei peccati.
3521 Principali documenti post-conciliari emanati dalla Santa Sede
- Le Norme pastorali Sacramentum paenitentiae della S.c. per la Dottrina della Fede. 16
giugno 1972: Enchir. Val., voI. 4, pp. 1042-1053
Il sacramento della penitenza 175

Titolo IV
Il sacramento della penitenza
CAN. 959 - In sacramento paeni- Nel sacramento della penitenza, i fedeli
tentiae fideles peccata legitimo mi- che confessano i propri peccati al legitti-
nistroconfitentes, deiisdem centri- mo ministro e, penti ti dei medesimi , han-
ti atque propositumsese emendandi no il fermo proposito di emendarsi, me-
habentes, per absolutionem ab eo- diante l'assoluzione impartita dallo stesso
dem ministro impertitam, veniam ministro ottengono da Dio il perdono dei
peccatorum quae post baptismum peccati commessi dopo il battesimo e, in-
commiserinta Deoobtinent.simul- sieme , si riconciliano con la Chiesa, che,
que reconciliantur cum Ecclesia, peccando, hanno ferito.
quam peccando vulneraverunt.

- L'Ordo paenitentiae pubblicat o dalla S.c. per il Cult o Divino . 2 dicembre 1973: En chir ,
Vat., voI. 4, pp. 1740-1 785
- Le Propositiones del VI Sinodo dei Vescovi, svoltosi nell'ottobre del 1984
- L'Esort, Ap. Recon ciliati o et paenitentia di Giovanni Paolo Il, 2 dicembre 1984
Documenti della Conferenza Episcopale Italiana 3522
- 1\ Direttorio liturgico-pas torale. 27 giu gno 1967 , nn. 58· 7 1: En ch ir. CE I, voI. I, pp.
383-393
- 1\ Rito della penitenza. 8 marzo 1974, versione italiana dell'Orda paenitent iae, divenut o
obbligatorio dal 2 1 ap rile 1974
- Doc. Pastoral e Evongelizzazione e sacramenti della penitenza e dell 'unzione degl'infermi.
12 luglio 1974 : Enchir. CEI , va l. 2, pp. 461- 512
- Contributo al VI Sinodo dei Vescovi, 9 novembre 1982: En chir. CEI . voI. 3, pp. 639-666
«La pratica del sacramento della penitenza - avvert e Giovanni Paolo II - per 3523
quanto riguarda la sua celebrazione e la sua forma , ha conosciuto un lungo processo
di sviluppo, come attestano i più antichi sacram ent ari, gli atti di Concili e di Sinodi
episcopali, la prcdi cazione dei padri e [' insegnamento dc i dottori dell a Chiesa. Ma
circa la sostan za del sacramento è rimasta sempre solida e immutata nella cosci enza
della Chiesa la certezza che, per volontà di Cri sto , il perdono è offerto a ciasc uno per
mezzo dell' assoluzione sacramentale, dat a dai ministri della penitenza: è certe zza
riaffermata con particolare vigore sia dal Concilio di Trento (Sess. XIV , cap. l e can.
I), che dal Concil io Vatican o Il (Lurnen Gcntium, l l )» (Eso rt. Ap. Reconciliatio et
paenitentia, n. 30 , 2).

2. II canone introduttivo 3524


959 (870 *) Riassume la dottrina tradizional e della Chie sa sul sacramento della
penitenza, mettendone in risalto due particolari elementi, tratti dall'insegnamento del
Concilio Vaticano Il: la dimensione sociale del peccato e l' aspetto comunitario del
sacramento.
Il sacrame nto della penitenza è il sacra mento della riconciliaz ione e del perdono,
istituito da Cristo il giorno stesso della sua Risurrezi one (Gv. 20, 22-23 ). Circostanza
quanto mai significativa, perché la Risurrezione del Signore doveva essere il simbolo e
la grazia della nostra risurrez ione spirituale.
176 LIBRO IV • Il "munus sanctifl candi" del la Ch iesa

3525 Il sacrame nto dell a pe niten za ha una str u ttur a giudiziale (Co nc . T ridcn tin o, Sess o
XIV, 25 nov. 155 1, ca n. 9 (Dc nz inger-Sc ho nme tzer, n. 1709 ), e richiede da part e de l
penit ente tre atti essenziali, necessari per la sua stessa val id ità (can. 4 : Denzi nge r-
Sc honrnetzer, n. 1704 ).
3526 I ° Il dolore dei peccati commessi, col pro posito d i no n più peccare .
Tale dolore o «contrizione è l'anima della conversione cristiana e quindi di ogni gesto
penitenziale. Esso non s' identifica con un rimorso, depressivo e avvilente, che divora e paralizza,
né col senso di colpa di cui parla la psicanalisi, e nemmeno col pentimento motivato soltanto dal
timore dei castighi meritati. E invece il rincrescimento sincero per aver offeso Dio infinitamente
buono e per aver recato danno ai fratelli. Esso si accompagna al proposito di voler restare fedeli
al Signore per la vita e per la morte» (Conferenza Episcopale Italiana, Evangeli zm zione e sacm-
menti del/a penitenza e dell 'unzione degl'injermi, n. 56: Enchir. CEl, voI. 2, p: 476, n. 141 4).
35 27 2° L'accusa dei peccati al leg ittim o min istro.
«Quest' accusa appare cosi rilevante, che da secoli il nome usuale è stato ed è tuttora quello
di Confessione . Accusare i propri peccati è, anzitutto, richiesto dalla necessità che il peccatore sia
conosciuto da colui che nel sacramento esercita il ruolo di giudice, il quale deve valutare sia la
gravità dei peccati, sia il pentimento del penitente, ed insieme il ruolo di medico, il quale deve
conoscere lo stato dell'infermo, per curarlo e guarirlo» (Giovanni Paolo Il, Reconciliatio et
paenite ntia, n. 31. lII, 5).
3528 3° La volontà di soddisfare o riparare il male commesso ; de lla soddisfazione si
di rà in particolare nel can. 981 .
Da par te sua, il confessore impartisce "in persona Christi" l'assoluzione', a cui è
legato un duplice effetto :
- Il pe rdo no dei peccati commessi do po il hatte simo (i peccat i com messi prima
sono rimessi da llo stesso battesimo )
' - La rico ncil iazion e con Dio e co n la Chiesa, e anche con se stesso.
Con se stesso, riacquistando la pace e la serenità e la libert à interiore.
Con Dio, ricuperando la sua amicizia e la sua grazia.
Con la Chiesa, ritornando nella piena comunione vitale con essa e con i fratelli di fede che
ne fanno parte. anzi col mondo intero. poiché il peccato, anche quello più intimo, possiede sempre
una dimensione ecclesiale e sociale e costituisce una rottura che potremmo definire "cosmica".
La riconciliazione con la Chiesa è messa in luce dal Concilio Vaticano Il nella Cost. Lumen
Gentium:
- Quelli che si accostano al sacramento della penitenza, ricevono dalla misericordia di Dio
il perdono delle offese fatte a Lui e insieme si riconciliano con la Chiesa. alla quale hanno inflitto
una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità. l' esempio e la preghiera
( n. Il . 2).

3529 Da qua nto s'è detto ris ulta c he «il do lore o co ntrizio ne, la con fessione. la sodd isfa-
zio ne e l' assol uzione so no le parti essenziali de l sacrame nto de lla pen itenza. Ma esse
non va nno co nsi de rate co me degli atti iso lati, ben sì come altretta nte tap pe di un proces-
so pc ni tenziale unitario, il cui culmine è l' assolu zione... Nell ' assolu zion e ap pare il ruolo
deci sivo proprio del sacerdote c he assolve, ed è la ratifica ecclesiale e il sigi llo sacra-
ment ale del processo pen itenziale compi uto dal peccatore per ritornare a Dio» (CEI,
E vangelizza zione e penitenza, nn. 69 e 73, I: Enchir. CEI, voI. 2, pp. 479-480, n. 1429,
e p. 481 , n. 1434, l).

I Nel can. 870 del Codice precedente, l' assoluzione era della "expressis verbis" iudicia tis. Per

i motivi che hanno indotto i Consultori dci Gruppo di studio De sucrame ntis ad eliminare tale
parola. cfr. Commun icationes , a. 1978, p. 50. can. 130.
Il sacramento de lla peniten za 177

CAPITOLO I
LA CELEBRAZIONE DEL SACRAMENTO

CAN. 960 - Individualis et integra La confessione individuale e completa e


confessio atque absolutio unieum l'assoluzione costitui scono l'unico modo
constituunt modum ordinarium, ordinario , col quale il fedele, consapevole
quo fidelis peccati gravis sibi di essere in peccato grave, si riconcilia
conscius cum Deo et Ecclesia con Dio e con la Chiesa; solo una impos-
reconciliatur; solummodo impo- sibilità fisica o morale scusa da una tale
ssibilitas physica vel moralis ab confessione , nel qual caso la riconcilia -
huiusmodi confessione excusat, zione si può ottenere anche in altri modi.
quo in casu aliis quoque modis
reconciliatiohaberi potest.

L' assolu zione dev'essere pro ferita ora lmente: data per iscritto o con segni , è comunemente 3530
ritenuta invalida, secondo la tradi zione e la prassi della C hiesa . Si d iscu te sulla validità dell ' asso-
luzione data per telefono . AI que sito «Utrum in casu extremae nece ssitatis da ri possit abso lutio per
telephonium », la Sacra Penitenzieria in dat a IO luglio 1884 rispo se : «Nihil ess e respondendum ».
La maggior parte degli autori ritiene che tale assoluzione sia non sol o grav emente ille cita. ma anche
invalida, perché manca la presen za fisica del pen itent e. Tuttavia. in caso di estrema nece ssit à, se
il telefono fosse l'uni co me zzo per asso lvere un moribond o. penso che un sacerdote potreb be e
dovrebbe farlo. nella speranza che una tale as soluzione sia valid a.

LA CELEBRAZIONE DEL SACRAMENTO (cann. 960-964 ) 3531

Schema
I. Il triplice rito 3. Norme liturgiche
2. Nonne teologico-giuridiche

1. Il triplice rito 3532

In conformità con le direttive del Con cilio Vaticano Il. l'Ordo paenitentiae ema-
nato dalla S.c. per il Culto Divino, 2 dicembre 1973, ha predisposto tre riti per la
celebra zione del sacramento della penitenza.
Il primo è per la rico nci liazi one dei singoli penitenti (Premes se. nn . 15-21).
Questa prima form a «consente la valorizzazione degli aspetti più propriamente per-
sonali , compresi nell'itinerario penitenziale» (Giovanni Paolo Il , Recon ciliatio et
paenitentia , n. 32, 3).
Il secondo è per la ricon cil iaz ione di più penitenti , con la confessione e l'assolu -
zione individuale (Prem esse. nn. 22-30). Questa seco nda form a, che si distingue dalla
prima per la celebrazione comunitaria preme ssa all'accusa e all'assolu zione ind ividuale,
«sottolinea me glio il carattere ecclesiale della conversione e dell a riconc iliazione»
(Reconciliatio et paenitentia, n. 32, 4) .
Il leno è per la riconciliazione di più penitenti. con la confessione e l'assoluzione
generale ( Premesse, nn . 31-35 ). Ha luogo soltanto in circostanze eccezionali . quando
non sia possibile, fisicamente o moralmente, fare la prop ria accu sa ind ividu ale.
Sono anche previst e particolari celebra zioni penite nziali, «allo scopo di ascoltare la proclama- 3533
zione della Parola di Dio, che invit a alla conversione e al rinnovamento della vita, e annun zia la
nostra liberazion e dal peccato, per mezz o della morte e risurrezione di Cristo » (Ordo n. 36, I).
178 LIBRO IV - Il "m unus sunctitlca ndi" de lla Chiesa

CAN. 961 - § 1. Absolutio pluribus § l. L' assoluzione in form a generale a


insimul paenitentibus sine praevia più penitenti insieme, senza che preceda
individuali confessione, generali la confessione indi vidu ale , pu ò esser e imo
modo impertiri non potest, nisi: partita soILanto se :
l Oimmineat periculum mortis et l ? sia imminente un pericolo di mort e e
tempus non suppetat sacerdoti vel al sacerdote o ai sacerdo ti manchi il temo
sacerdotibus ad audiendas singulo- po di ascoltare le confessioni dei singoli
rum paenitentium confessiones; penitenti;
20 adsit gravis necessitas, vide- 2 0 ricorra una grave necessità, os sia
Iicetquando,attento paenitentium quando, atteso il numero dei penitenti, non
numero, confessariorum copia si abbiano a disposizione confessori suffi-
praesto non est ad rite audiendas cienti per ascoltare convenientemente le
singulorum confessionesintra con- confessioni dei singoli entro un co ngruo
gruum tempus, ita ut paenitentes, spazio di tempo, sicché i penitenti , senza
sine propria culpa, gratia sacra- loro colpa, sa re bbero costretti a rim anere
mentali aut sacra communione a lungo privi della grazia sacramentale o
diu carere cogantur; necessitas ve- della sacra com unione ; non si ritiene però
ro non censetur sufficiens, cum che si abb ia una sufficiente necessit à per
confessarii praesto esse non pos- il solo fatto di una grande affluen za di
sunt, ratione solius magni concur- penitenti , qu ale pu ò verifi carsi in oc casio-
sus paenitentium, qualis haberi ne di una grande festa o di un pellegrinag-
potest in magna aliqua festivitate gio , qualora non possano aversi a disposi-
aut peregrinatione. zione più co nfessori.
§ 2. ludicium ferre an dentur § 2. Spetta al Vesco vo dio cesano giudi-
condiciones ad normam § l, n. 2 care se ricorrano le condizioni rich iest e a
requisitae, pertinet ad Episcopum norma del § l, n. 2; tenendo conto dei
dioecesanum, qui, attentis crite- criteri conco rdati co n gli altri membri del-
riis cum ceteris membris Episco- la Conferenza Epi scopale , eg li pu ò det er-
porum conferentiae concordatis, minare i cas i concreti in cui tale nece ssità
casus talis necessitatis determina- si verifica.
re potest.

Il Codice, per il suo carattere giuridico, parla soltanto della duplice assoluzione:
individuale, relativa al primo e al secondo rito, e generale, relativa al terzo rito, e non
accenna affatto alle "celebrazioni penitenziali", che non hanno carattere sacramentale.
Alla confessione e all'assoluzione individuale è dedicato il can. 960; all' assoluzione colletti-
va, i cann. 96 1-963.

2. Norme teologico-giuridiche

3534 l ) Necessità della confes sione individuale e completa


960 L' accusa dei peccati è un elemento essenziale del sacramento della penitenza,
istituito da Cristo, come s' è già rilevato, in forma di giudizio (Cane. Tridentino:
Denz inger-Schonmetzer , n. 1709). Tale accusa, per sé, dev' essere individuale e comple-
ta, ossia integra, ai sensi del can. 988, § I.
La fonte immediata del canone è il n. I della Istr. Sacramentum pa enitentiae della
S.C. per la Dott rina della Fede (16 giugno 1972).
- Dev'essere fermamente ritenuta e fedelmente applicata nella prassi la dottrina
Il sacramento della penitenza 179

del Concilio d i Trento. È d a riprovare, pertanto, la consuetudine apparsa di recente qua


e là, per la quale si pretende di poter soddisfare al precetto di confessare sacramental-
mente i peccati mortali, a fine di ottenerne l'assoluzione, con la sola confessione gene-
rica o, come dicono, celebrata in forma comunitaria. L'accusa individuale e completa
dei detti peccati non solo è fondata sul precetto divino, com'è stato dichiarato dal
Concilio di Trento, ma è anche richiesta dal bene delle anime, che, per secolare e spe-
rienza, deriva dalla confessione individuale, quando è ben fatta e amministrata. La con-
fessione individuale e completa e l'assoluzione del sacerdote restano l'unico mezzo or-
dinario, grazie al quale i fedeli si riconcili ano con Dio e con la Chiesa, tranne che una
impossibilità fisica o morale li scu si da una tale confessione (Enchir. Var., voI. 4 , p.
1044, n. 1655).
Impossibilità fisi cu: una infermità grave, la mute zza, un pericolo imminente per naufragio ,
bombardamento, terremoto, ecc.
Impossibilit à morale: il timore di un grave danno , proprio o altrui , il pericolo grave di scan-
dalo o d' infamia , il pericolo di violare il sigillo sacramentale, ecc.
Cfr. a nc he l'Ordo paenitentiae, n. 31.

2) L'assoluzione informa generale o collettiva 3535


961, § 1 Nella impossibilità fisica o morale di effettuare la confessione sacramen-
tale individualmente e secondo la dovuta integrità, l' assoluzione può essere impartita
anche in forma generale, tenendo tuttavia presente che si tr atta di casi eccezionali.
Ammoni sce in proposito Paolo VI, in un discorso ai Vescovi statunitensi in visita
"ad limina", nell'aprile del 1978:
- Nella vita della Chiesa, l'a ssoluzion e generale non si deve usare come normale opzione
pastorale, o come mezzo per affrontare qualsia si situazione pastorale difficil e. Essa è permessa
solamente nelle situazioni straordinarie di grave necessità, com'è stato indicato nella norma n. 3.
Proprio l'anno scorso richiamammo pubblicamente l'attenzione del carattere del tutto eccezionale
dell'assoluzione generale Unsegnamenti di Paolo VI, voI. XVI, p. 293).

E Giovanni Paolo II: 3536


- L'uso eccezionale della terza forma di celebrazione non dovrà mai condurre ad una minore
considerazione , tanto meno all'abbandono delle forme ordinarie, né a ritenere tale forma come
alternativa delle altre due . Non è, infatti, lasciato alla libertà dei pastori e dei fedeli di sceglie re fra
le menzionate forme di celebrazione quella ritenuta più opportun a. Ai pastori rimane l'obbli go di
facilitare ai fedeli la pratica della confes sione integra e individuale dei peccati, che costituisce per
essi non solo un dovere, ma anche un diritto inviolabile e inalienabile, oltre che un bisogno
dell'anima (Reconciliatio et paenitentiu. n. 33, 3).
- Quanto al problema dell 'assoluzione impartita in forma gene rale a più penitenti senza la
previa confessione individuale, rincresce innanzi tutto costatare che, nonostante le precise indica-
zioni date dal Codice di Diritto Canonico e ribadite dall 'EsortoAp. Reconciliatio et paenitentia, in
non poche Chiese particolari si registrano casi di abuso . AI riguard o, sento il dovere di riaffermare
che questa forma di celebrazione del Sacramento «riveste un carattere di eccezionalità e non è.
quindi, lasciata alla libera scelta. ma è regolata da un'apposita disciplina. Le norme di tale disci-
plina sono quelle note: la Chiesa, fedele alla vo lontà del suo Maestro e Signore , non intend e
mutarle (Disco rso alla Plenaria della Congregazione per i Sacramenti, 17 aprile 1986 : Communi-
cationes, a. 1986, p. 41. n. 5).

3) Condizioni 3537
L'assoluzione generale è possibile solo alle seguenti condizioni :
IO Che sia imminente un pericolo di morte e al sace rdo te o ai sacerdoti manchi il
tempo di ascoltare le confessioni de i singoli penitenti.
182 LIBRO IV - Il "munus sanc tificand i" della Chiesa

CAN. 963 - Firma manente oblio Fermo restando l'obbligo di cui al can.
gation e de qua in can. 989, is cui 989, il fedele che ha ricevuto il perdono
generali absolutione gravia pec- dei peccat i gravi mediante l'assoluzione
cata rcmittuntur,ad confessionem impartita in form a genera le, si accos ti al
individualem quam primum, oc- più presto, avend one l' occasione, alla
casionc data, accedat, antequam confessione individuale, prima di ricevere
aliam recipiat absolutionem gene- un'altra assoluzione collettiva, tranne che
ralem, nisi iusta causa interveniat. sopravvenga una giusta causa.

1° Per poter ricevere l' assoluzione sac ramentale in form a co llettiv a. è necessario
avere:
- Non so lo le debi te disposizioni (pe ntime nto si ncero e vo lontà di riparare gli
scanda li e i da nni co lpevo lme nte arrecati);
- Ma anche il proposito di accusare a tempo debito? i si ngo li peccati gravi , che
al mome nto non si possono co sì confessare . Tale intenzione o proposito è ric hiesto "ad
valid itate m" (n. VI dell e No rme).
2° È dovere del sace rdote che impartisce l'assoluzione in forma ge nera le, istruire
i pen itenti circa Ic disposizion i interne ch'essi devono pos sedere, ed aver cura che
all'assoluz ione - anche nel caso dipcricolo di morte - "si tem pus sùppetat" - si
prem etta da ciascuno un atto di co ntrizio ne.
3° Ferm o restando l'obbligo di cu i al can. 989 (l'obbligo della confessione annua le
dei peccati grav i, dop o che si è raggi unta l' età della discre zion e), i fede li che hanno
ricev uto il perdono dei peccati gravi med iante l' assolu zione generale, son tenuti ad
accostarsi al più presto (quam primum) - ave ndo ne l' occasione - alla con fess ione
individ uale . prima di ricevere un'altra asso luzio ne collettiva. tranne che soprav venga
una gi usta causa.

3541 3. Norme liturgiche


l ) Il luogo proprio della conf essione
964 (908-9 10*) La confessione è un atto liturgico-sacram entale e il luogo pro prio
dell a sua ce lebrazio ne è la chiesa o l'o ratorio (§ 1). V. Communicationes, a. 1978. pp.
68-69 ; ca n. 157 .
Quanto alla sede, le Conferen ze Episcopali hann o la faco ltà di stabilire norme
opportu ne in pro posi to (pe rme ttendo ad ese mpio, co n le dovute ca ute le, dc IIe partico lari
sedi o pa rlatori). No n possono però essere abo liti i trad izion ali confessionali, provvisti
di grata fissa tra il penitente c il co nfessore, pos ti in luogo ben visibile, in modo che
coloro i qua li inte ndono servi rsi di essi , possano acc edervi Iiberamentc (§ 2). È un loro
di ritto che va rispett ato, anche per motivi di prude nza pastorale.
La " rnens" del legisl atore è per altro che le co nfessi oni, per ragio ni di maggior riserbo,
non si asco ltino fuori del confessio nale (tradizionale o adattato), se non per giusta cau sa (nisi
iusta de causa). E questo vale indiscrim inatamente per uomini e per do nne (§ 3).

2 Debito tempore. Un Padre Consultore propose di aggiungere tra virgolette: "Ubi prirnum
opportunitatern habeat", e un altro richiese che l'espressione venisse determinata nel Codice. Fu
risposto loro: «Quod in animadversionibus postu!aturnon est materia legis, sed interpretationis. Pro
lege sufficit dicere "debito tempero": ultcrior deterrninatio vel interpretatio pertinet ad interpretes
vel potius ad moralistas» iCommun icationes. a. 1983. p. 206. can. 9 J6. I). *
Il sacramento della penitenza 181

CAN. 962 . § 1. Dr christifidelis § l. Per ricevere validamente l'assolu-


sacramentali absolutione unasimul zione sacramentale impartita collettiva-
pluribusdata valide fruatur, requi- mente a più persone, è necessario avere
ritur non tantum ut sit apte dispo- non solo le dispo sizioni adatte , ma anche
situs, sed ut insimul sibi proponat il propo sito di accusare a tempo debito i
singillatimdebito tempo re confite- singoli peccati gravi, che al momento non
ri peccata gravi a, quae in praesens si possano così confessare.
ita confiteri nequit.
§ 2. Cbristifideles, quantum fieri § 2. Anche in occasione di assoluzione
potestetiam occasione absolutionis collettiva, i fedeli vengano istruiti per
generalis recipiendae, de requisitis quanto è possibile circa i requi siti di cui al
ad norrnam § 1edoceantur et abso- § I, e all'assoluzione generale , anche nel
lutionigenerali, in casu quoque pe- caso di pericolo di morte, avendone il tem-
riculi mortis, si tempus suppetat, po, si premetta l'esortazione perch é cia-
praemìttatur' exhortatio ut actum scuno abbia cura di fare un atto di contri-
contritionis quisque elicere curet. zione.

La conferma di Giovanni Paolo Il:


- Il Vescovo, al quale soltanto spetta, nell' ambito della sua diocesi, di valut are
se esistano in concret o le condi zio ni che la leg ge canonica stabilisce per l'u so dell a
terza forma , dar à qu esto giudiz io con gr ave one re della sua coscienza , nel pieno
rispetto dell a leg ge e della pra ssi della Chie sa, e tenendo cont o, altresì , de i criteri e
degli orient amenti con cord ati - sulla base delle considerazioni dottrinali c pasto rali
sopra esposte - con gli altri membri della Conferenza Epi scop ale (Reconci lia tio et
paenitentia , n. 33, 3).

4) La deliberazione della Conferenza Episcopale Italiana 3539


- l Vesco vi italiani. singolarmente interpellati sul problema , non co nvengono
sull'effettiva presenz a, in Italia, di situazioni tali che giustifichino la neces sità e, quindi,
la liceità della co ncessione, sia pure in casi particolari , dell' assoluz ione colletti va. Resta
quindi stabilito che le for me del nuo vo rito lecitam ente ammesse sono soltanto la prima
(Riconciliaz ione dei singol i penitenti) e la seconda (Riconciliazione di più penitenti con
la confessione e l' assoluzi one individ uale). La terza forma, invece, rimane come prima
legata ai soli casi di emergenza con pericol o di morte , come già previ sto dal diritto
comune. I Vescovi italiani sono profondamente con vinti che non tanto con l' adoz ione
dell'as soluzione collettiva, quanto piutto sto con la dovuta catechesi e con una ben pre-
parata e opportunamente scaglionata celebrazione individ uale o comunitaria della peni-
tenza si possono e si devono portare i fede li a quella "co nversione" del cuore, che nel
sacramento si esprime e si rafforza . Ciò premesso, raccomandano le prime due forme,
la seconda speci almente, come quella che «risulta particolarmen te adatta per l' afferm a-
zione del senso comunitario-eccl esial e non disgiunto dall'insostituibile effic acia dell' in-
contro personale con il ministro della rico nciliazione (Nota del/a Presidenza, 30 aprile
1975, n. 1: Enchir. CEI, val. 2, pp. 714-715).

5) Disposizioni ed obblighi del penitente 3540


962-963 I ca noni rip rodu cono sostanzialm ente le Norme nn. VI-VIII del docu-
mento dell a S.C . per la Dott rina dell a Fede tEnchir. Vat., va l. 4. pp. 1046-1049 , nn.
1660-1662).
180 L1BRO IV - II "mu nus sanctificandi" della Chic.'..a

2 0 Che ricorra una grave necessità, ossia quando , atteso il numero dei penitenti,
non si abbiano a dispo sizione con fessori sufficienti per ascoltare convenientemente le
confess ioni dei singoli entro un congruo spazio di tempo, sicché i penitenti , senza loro
colpa, sarebbero costretti a rimanere a lungo privi della grazia sacramentale o della santa
Comunione.
3 0 Non sussiste per sé una vera necessità per il solo fatto di una grande affluenza
di penitenti. quale può verificarsi in occasio ne di una grande festa o di un pellegri nag-
gio, qualora in dette circostanze non si possa avere a disposizione un numero adeguato
di confessori '.
3538 Circa l'u so dell'assoluzione gene rale, il Vescovo diocesano ha una particolare re-
sponsabilità.
- Spetta a lui (non al confessore: Communicationes, a. 1978, p. 53) giudicare se
ricorrano le condizioni richieste a norma del § I. n. 2 (caso di grave necessità).
- Egli può determin are i casi concreti in cui la necessità si verifica. ma tenendo
conto dei criteri concorda ti con gli altri membri della Conferen za Episcopale. Non basta,
a tal riguardo. la semplice consultazio ne (collatis consilii s), com' era pur disposto nel
documento della S.c. per la Dottrin a della Fede (Enchir. Vat., voI. 4. p. 1047, n. 1659).
Il Codice usa un'espressione più impegnativa: "criteriis concordati s".
- Il Vescovo diocesano è tenut o ad attenersi rigorosamente all e norme prescrit-
te. «Non è autorizzato a cambi are le condizioni richieste, a sostituirl e con altre, o a
determinare la necessità grave secondo i suoi personali criteri, comunqu e degni»
(Pao lo VI, Discorso ai Vesco vi statunitensi , 20 aprile 1978: Insegnam enti , vol . XVI,
p. 293 ).

J La fonte del can. 96 1. § l , che permette l'a ssoluz ione in form a gene rale o collettiva in
pericolo di morte (n. I) e nel caso di una grave necessità (n. 2), è la Dichiarazione "Sacram entum
paenitentiae" del 16 giugno 1972 della S.C. per la Dottrin a della Fede, approvat a "speciali modo"
da Paolo VI. Il canone riporta "ad litteram" i nn. Il e III della Dichiarazione, aggiungendo tuttavia
l' avverbio "non" nella parte finale del seco ndo paragrafo.
- Testo della Dichiarazione: «Hoc vero non licet, cum confessarli praesto esse possunt.
ratione solius magni concursus pacnitcntìac, qualis verbi gratin potest haberi in magna aliaque
fcstivitate aut peregrinationis» (cfr. Enchir. Val., voI. 4, p. 1045, n. 1657).
- Testo del COllOne: «Necessitas vero non censetur sufficicns, cum co nfessar ii praesto esse
non possunt , ratione solius magni concursus paenitentium, qualis haberi potest in magna aliqua
festivitate aut peregrinationis».
Co me interpret are questa modifica del testo origi nale (Comm unicationes , a. 1977 , p. 54, n. 2),
che sembra porre un certo cont rasto fra le due parti del canone (n. 2) ? La prima. infatti . permctte
l' assoluzione in forma generale alla duplice condizione che vi sia un gran numero di penitenti e
che manchi una sufficiente disponibilità di confessori (<<q uando, attento paenitent ium numero,
confessari orum copia praesto non est ad rite audiendas singolorurn confessio nes intra congruum
tempus, ctc.»; la seconda, invece, dispone che, in occasione di "gra ndi feste" o di " numerosi
pellegrinaggi", non basta il fatto della mancanza di confes sori sufficienti.
Senza dubbio. con l'aggiunta dell' avverbio negativo non, si è voluto porre rimedio a degli
abusi che si andavano introducend o in più parti . applicando con troppa larghezza la norma dell' as-
soluzione collettiva, la quale , seco ndo la mente del legislatore, deve conserv are un carattere
straordinario , cosa che, per sé. non si verifica nelle comuni "feste", anche se "g randi", né nei
comuni "pellegrinaggi" , anche se numerosi. Il maggior rigore del Codice è pertant o giustificato ,
ma, a nostro sommesso parere , occo rreva formulare il canon e (n. 2) con maggiore precisione e
chiarezza.
Circa gli abusi verificati si in particolare negli Stati Uniti d 'America. v. la Lettera di Mons,
Bernardin, Presidente della Co nferenza Episcopale Statuniten se. in data 8 febbraio 1977, c la
Risposta della S.c. per la Dottrina della Fede, 20 gennaio 1978 (Enchir. Val.. voI. 5, pp. 422 -425).
Il sacra mento della penitenza 183

CAN. 964 - § 1. Ad sacramentaIes § l. Il luogo proprio per ascoltare le


confessiones excipiendas locuspro- confess ioni sac ramentali, è la chiesa o
prius est ecclesia aut oratorium. l'oratorio.
§ 2. Ad sedem confessionalem § 2. Per quanto riguarda la sede delle
quod attinet, normae ab Episcopo- confessioni, la Conferenza Episcopale sta-
rum conferentia statuantur, cauto bilisca le norme opportune, provvedendo
tamenutsemper habeantur in loco per altro che vi siano sempre, in un luogo
patenti sedes confessionales crate ben visibile, dei confessional i muniti di
fixainter paenitentem et confessa- grata fissa tra il penitente e il confessore ,
rium instructae, quibus libere uti così che i fedeli che lo desiderino possano
possint fideles, qui id desiderent. servirse ne liberamente.
§ 3. Confessiones extra sedem § 3. Non si ascoltino le confessioni fuo-
confessionalem ne excipiantur, nisi ri del confess io nale, se non per giusta
iusta de causa. causa.

Deliberazione della Conferenza Episcopa le It alian a, 18 aprile 1985. in vigore dal 18 rnag- 3542
gio dello stesso anno:
- La celebrazione abituale del sacramento della penitenza, fatto salvo quanto disposto dal
can, 964, ~ 2 del Codice di Diritto Canonico circa la garanzia di sedi confessionali con grata fissa.
è consentita in altre sedi. purché siano assicurate le seguenti condizioni: le sedi siano situate in
luogo proprio (chiesa, oratorio o loro pertinenze); siano decorose c consentano la retta celebrazione
dci sacramento iEnchir. CEI, voI. 3, pp. 1318-1319, n. 2285).

2) Il tempo pe r la celebraz ione 3543


«Sebbe ne il sa cra me nto de lla pen ite nza possa ce le brarsi in qualsia si giorno e in
qualsias i ora del giorno, è o pportuno regol arn e l' orario , sia per la co m unità come per
i ministri sac ri. R iman e l'obb ligo per il sacerdote d i esse re sem pre dispo nib ile. da to che
si tratta del sacra me nto della riconcil iazione, e ch e un singolo fedele può tro varsi nel
momento di grazia più oppo rtuno . indipe ndentem e nte dalla organizzazi one liturgi ca
della parrocchia o dell a chiesa». «S ' inc ulch i nei fede li l' a bitudi ne di accostarsi a l sacra-
mento della pe nite nza non dura nte la celeb razione de lla Mes sa, ma spec ia lmente in cert e
ore stabilite, co sicché l' a m ministrazion e di q uesto sacra mento si svo lga con tranquillità
e co n vera utilit à, ed essi non siano im pediti da un'attiv a part eci pazio ne all a Me ssa
(Eucharisticum M ysteri um , n. 35,3)>> (Direttorio liturgico-pas torale CHI, 27 giugno
1967, n. 67. 1-2: Enchir. CE I, vol. I . p. 390, n. 1155).
«In pratica, il giorno più indicato per il servizio dei fedeli che desiderano riconciliarsi
sacramentalmente con Dio, sembra essere il sabato o la vigilia di una festa, nelle ore pomeridiane
o serali. I sacerdoti siano a disposizione in chiesa, e i fedeli vengano educali ad approfittare di
questo momento. Si abbia comunque comprensione per i fedeli che domandano di confessarsi
anche nel giorno feriale. invitandoli a usare soprattutto il tempo libero dalla celebrazione delle
Messe" tDirettorio liturgico-pastorale . n. 67, 3: Enchir. CEI. voI. l . pp. 390-39 1).

3) Vesti liturgich e 3544

Circa le ves ti liturgi c he da usare ne lla cele brazio ne del sacram ento de lla penitenz a,
l' Ordo rim and a alle norme stabil ite dagl i O rd inari dc i luog hi (n. 14). In Italia, la Con-
fe renza Ep isco pa le ha dis posto :
- Che nella celebrazione comunitaria si usino l'alba e la stola
- E nella celebrazione individuale in luogo sacro, l' alba e la stola. oppure la veste talare c
la stola (NO li! della Presidenza, 30 aprile 1975. n. 5: Enchir. Cf:I , voI. 2. p. 716. n. 2070).
184 LIB RO IV - Il "munus sanctificandi' della Chies a

CAPITOLO II
IL MINISTRO DEL SACRAMENTO DELLA PENITENZA

CAN. 965 - Minister sacramenti Ministro del sacramento della penitenza


paenitentiae est solus sacerdos. è soltanto il sacerdote.
CAN. 966 • § l. Ad validam pecca- § I. Per la valida asso luzione dei pecca-
torumabsolutionem requiriturut ti, si richiede che il mini stro, oltre alla
minister, praeterquam potestate potestà di ordine, abhia anche la facoltà di
ordinis, facultate gaudeateandem esercitarla sui fedeli, ai quali dà l'assolu-
in tideles,quibus absolutionemim- zione.
pertitur, exercendi.
§ 2. Hac facultate donari potcst ~ 2. Il sacerdote può possedere questa
sacerdos, sive ipso iure sive con- facoltà o ipso iure o per concessio ne fatta
cessione ab auctoritate comp e- dalla competente autorità a norma del can.
tenti facta ad normam can. 969. 969.

3545 IL MINISTRO DEL SA CRAMEN TO (cann. 965-986)


Schema
I. La no rmativa dei cann. 965 -975 2. La normativa dei can n. 976-986
Il min istro esclusivo - Pen itenti in pe rico lo di morte
- I soggetti della faco ltà "i pso iure" - Alcuni gravi doveri de l co nfes sore
- I so ggetti della faco ltà " vi officii " - La peni tenza sacramentale
- Con cessioni da parte del l'autorit à co mpetente - Una ritratt azio ne neces saria
- Nor me pe r la con cessione - Il sigillo sacramentale
- La ce ssazione della facoltà di co nfessione - La co nfessione dci prop ri alunni
- Dove ri pastorali e sacerd otali

l. La normativa dei canoni 965-975

3 5 46 l ) Il 111 inistro esclusivo


965-966 (87 1-872*) \I ministro del sacra mento dell a penitenza è solta nto il sacer-
dote , insi gnito dell'ordine sacro (Ca ne. Tridentino, Sesso XIV, 25 nov. ISS I, cap . 6 e
ca n. IO: Denzinger-Schonmetzcr, nn. 1684 e 1710). Non basta però il carattere sacer-
dotale. Si richiede anche - ad validitatem - la facolt à di eserc itare la potestà sacra-
mentale, ricev uta "radicitus" nell' ordinazione.
3547 Ne l Codi ce preceden te - in con forrnità co n la dottrina tra diz ion ale. acc olta dal Con-
cil io T ridcntino ( Denzi nger-Schonmctzer, n. 1686) - si pa rla va di due potestà disti nte.
neces sa rie per pot er asso lvere: la pote stà di ordi ne e di g iurisd izio ne . Nel nuo vo Cod ice,
la dicotom ia è scomparsa . per un dup lice moti vo :
- Secondo la nuo va concez io ne canonica, la pote stà di ass olvere non è pro priamente
una fun zion e dc IIa po testà di governo (Communicationes. a. 1977 , p. 235, tit . Y ; a. 1978,
p. 56 , ca n. 136).
- Si tratta inve ce di potestà sa cra mentale (distinta da lla potestà di governo), c he si
riceve radi cal me nte att raverso l'ordinazione presbit eralc , c il c ui e sercizio è sub o rdin ato
"q uoad ips aru validitate m" alla fac o ltà co nces sa da l diritto o da lla competente aut orità. a
norma del can. 969 .
11sacramento della penitenz a 185

CAN. 967 • § 1. Practer Romanum § l . Oltre al Romano Pontefice, godono


Pontificem, facultate christifide- ipso iure della facoltà di ascolt are dapper-
liumubique terrarum confessiones tutto le confessioni dei fedeli i Cardinali ;
excipiendi ipso iure gaudent Car- p arimenti i Vescovi, i qu ali se ne
dinalcs; itemque Episcopi, qui ca- avvalg ono lecitamente dovunqu e, tranne
dem et licite ubique utuntur, nisi che, in caso particolare, il Vescovo dioce -
Episcopus dioecesanus in casu sano si opponga.
particulari rcnuerit.

Peccati riservati 3548


Il Codice del 1917 parla espressa mente di peccati o casi riservati (cann. 893- 900 ),
distinguendo ira peccati riservati "ratione sui", ossia per se stessi, e "ratione cen surae" ,
ossia in ragion e della censura annessa all'atto pecca minoso. A parte i peccati eventu al-
mente riserv ati "ratione sui" dall'Ordinario del luog o (can. 895 *) o dal Superiore Ge-
nerale di un Istituto religioso cleric ale esente o da un Abate "s ui iuris" (can. 896* ),
l' unico peccato riservato "ratione sui" alla Santa Sede era la falsa denunzi a del crimin e
di sollecitazione. falla ai giudici ecclesiastici contro un sacerdote innocente (can. 894 *).
Quanto al peccato riser vato indirettamente " ratione censurae" , cessando la ce nsura ce s-
sava di conseguenza anche la riserva del peccato (can, 2246, § 3*).
Nel nuovo Codic e non si parla più di "pecca ti riserv ati" : la rise rva è stata so ppressa
soprattutto per l'inter vento della Pen itenzieria Apostolica (Communicationes. a. 1983. p.
209, can. 921 n. 4, cfr. anche a. 1975, p. 34, tit . IV). Restano, tuttavia, le "censure
riservate" , ma la proibi zione che esse comport ano, di ricev ere i sacramenti (can. 1331,
§ I, n. 2), rigu arda la liceità e non la validit à, per cui la riserva dei peccati "ra tione
censurae" è scomparsa nel nuovo Codice. Sen za dubbio. lo scomunicato, che "scienter"
si accostas se alla confessione. non sarebb e assolto, ma que sto solo per la mancanza delle
dovute disposi zioni , e non per la cen sura in quanto tale: agendo in buona fede, l' asso -
luzione sarebbe valida.
Similmente, è scomparsa la riser va "ratione sui", poich é né è stato ripro dotto il ca n. 3549
894 del Codice anteriore, né all 'Ordinario del luogo, al Superiore relig ioso o all ' Abat e
"sui iuris" è stata riconformata la facoltà di cui nei can n. 895 e 896 del med esim o
Codice.

2) I soggetti della facoltà " ipso iure " 3550


967, § 1 (873, § I *) Cardinali e Vescovi . A parte il Rom ano Pontefi ce, Pastore
supremo e universale de lla Chiesa , godono ipso il/re della facoltà di asco ltare la confes-
sione dei fedeli:
- I Cardinali . senza alc una limitazione, nel senso che nessun Vescovo di Chiesa
particolare può far loro alcuna opp osizione.
- I Vescovi insign iti del carattere episc opal e, che "quoad validitatem" possono
assolvere dovunque qual siasi penitente, ma "quoad liceitatem " devono astener si dal-
l' ascoltare le confessioni dei fedeli qualor a, in un caso particolare, il Vescov o diocesano
si opponga.
967, § 2 Una estens ion e "ipso il/re". È una novità di grande rilie vo, d iretta da una 3551
parte a venire incontro alle necessit à dei fedeli, facilit ando loro l'accesso al sacra mento
della penitenza. c dall' altra a dare il giusto risalto a una delle fun zioni più importanti
della potestà sacerdo tale.
186 LIBRO IV - lt t'rnunus sa ncufi candi' della Chiesa

§ 2. Qui facultate confessiones § 2. Coloro che hanno la facoltà di ascol-


habitualiter exeipiendi gaudent si- tare abitualmente le confessioni, sia in for-
ve vi offieii sive vi concessionis Or- za del loro ufficio che per concessione del-
dinarii loci incardinationis aut loei l'Ordinario del luogo d'incardinazione o del
in quo domieilium ha bent, eandem luogo in cui hanno il domicilio, possono
facultatem ubique exercere pos- esercitare dovunque la medesima facoltà,
sunt, nisi loci Ordinarius in casu tranne che, in caso particolare, si opponga
particulari renuerit, firmis prae- l'Ordinario del luogo , ferme restando le di-
scriptis can, 974, §§ 2 et 3. sposizioni del can. 974, §§ 2 e 3.
§ 3. Ipso iure eadem facultate § 3. Hanno dovunque ipso iure la mede-
ubique potiunturerga sodales alio- sima facoltà verso i membri di un istituto
sque in domo instituti aut societa- o di una società c verso quanti dimorano
tis diu noctuque degcntes, qui vi giorno e notte nelle loro case, i sacerdoti
officii aut concessionis Superioris che, in forza dell'ufficio o per concessio-
competentis ad normam cann. ne dcI Superiore competente a norma del
968, § 2 et 969, § 2 facultate con- cann. 968 , § 2,e 969, § 2, sono muniti
fessiones cxeipiendi sunt instructi; della facoltà di ascoltare le confessioni;
qui quidcm eadem et Iieite utun- essi se ne avv algono anche lecitamente,
tur, nisi aliquis Superior maior tranne che , in caso particolare, si opponga
quoad proprios subditos in casu qualche Superiore maggiore relativamente
particulari renuerit. ai propri sudditi.

In forza del § 2, tutti coloro che hann o la facoltà di ascolt are abitualmen te
(habitualiter) le confessioni :
- sia in ragione del loro ufficio
- sia per concessione dell 'Ordinario del luogo d' incardinazi on e o dcI luo go in cui
hanno il domicilio'
possono esercitare do vunque la medesima facoltà, tranne che (nisi), in caso particolare,
si opponga l'Ordinario del luogo, ferme restando le disp osizioni del ca n. 974 . §§ 2 e 3.
Il " nisi" di que sto paragr afo riguard a la valid ità (Communicationes , a. 1978 , p. 59, can. !
137 , § 2); non così il " nisi" del § I concernente i Vesco vi, poich é esso è form almente i
preceduto da "licite" . Ma l' avverbio "licite" è anche nel § 3, per cui sem bra che tra il ~
§ 2 e il § 3 ci sia una certa cont raddi zione. !
In conseguenza della detta estensione, non è stato riprodotto il can. 883 del Codice 1917, ij
relativo alle speciali facoltà per i "viaggi marittimi" e divenuto ormai superfluo. J
3552 967, § 3 Una seconda estensione. Rigu arda i sacerdoti membri di un Istituto re-
ligioso o di una Società di vita apos tolica c leric ali e di diritto pontifi cio , i quali. in virtù j!
dell 'ufficio o per concess ione del Superiore competente. hann o la facolt à abitua le di i
ascoltare le confessioni. Tale facoltà si estende ipso iure a tutti i membri deIl 'l stit uto o •
della Società e a quanti dimorano giorno e notte nelle loro case, e può essere esercitata
lecitamente (Iicite ) do vunque (ub ique ), trann e che, in caso part icolare. si op ponga il i
l
di vieto di qualche Superiore maggiore relativamente ai propri sudd iti. Tale divieto, I
com 'è detto espressamente, riguarda la liceità, non la validità del sac ramento. i
I Non il quasi-domicilio. come pur era stato disposto nello Schema. «O pport unum

videtur supprirnere mentionem dc quasi-domicilio. quia agitur de commoratione insufficienti


ut qui s facult atem rec ept am ubique e xer c ère possit » (Communica tlones, a. 1983, p. 208,
can. 921. § 2, n. 3).
Il sacramen to della pen itenza 187

CAN. 968 - § 1. Vi offieii pro sua § l. In forza del loro ufficio hanno la
quisque dieione facultate ad con- facoltà di ascoltare le co nfessioni, ciascu-
fessiones exeipiendas gaudent loci no nell' ambito della propria circoscrizio-
Ordinarius, canonicus paenitentia- ne, l'Ordinario del luogo, il canonico
rius, itemque parochus aliique qui penitenziere , e parimenti il parroco e gli
loco parochi sunt, altri che ne fanno le veci .
§ 2. Vi offieii facultate gaudent § 2. In forza del loro ufficio hanno la
confessiones excipiendi suorum facoltà di ricevere le confessioni dei pro-
subditorum aliorumque, in domo pri sudditi e di quanti dimorano giorno e
diu noctuque degentium, Superio- notte nella casa, i Superiori di un istituto
res instituti religiosi aut societatis religioso o di una società di vita apostoli-
vitae apostolicae, si sint clericales ca che siano di diritto pontificio e clerica-
iuris pontifieii, ad normam consti- li, i quali dispongano a norma delle costi-
tutionum potestate regiminis exse- tuzioni della potestà di governo esecutiva;
cutiva fruentes, firmo tamen prae- resta fermo per altro il disposto del can.
scripto can, 630, § 4. 630, § 4. .
CAN. 969 - § 1. Solus loei Ordina- § l. Soltanto l'Ord inario del luo go è
rius competens est qui facultatem compe tente a conferire a qualunque pre-
ad confessiones quorumlibet fide- sbitero la facolt à di ascoltare la confessio-
liumexcipiendas conferatpresbyte- ne di qualsiasi fedele ; i presbiteri membri
ris quibuslibet; presbyteri autem d 'istituti religiosi, tuttavia, non si avval-
qui sodales sunt institutorum reli- gano di que sta facolt à senza la licenza
giosorum, eadem ne utantur sine almeno presunta del proprio Superiore.
licentia saltem praesumpta sui
Superioris.
§ 2. Superior instituti religiosi § 2. Il Superiore di un istituto religioso
aut societatis vitae apostolicae, de o di una società di vita apostolica di cui
quo in can. 968, § 2, competens est al can . 96 8, § 2, è competente a conferire
qui facultatem ad excipiendas con- a qual siasi presbitero la facolt à di ascol-
fessionessuorum subditorum alìo- tare la confessione dei suoi sudditi e de-
rumque in domo diu noctuque de- gli altri che dim orano giorno e notte nel-
gentium presbyteris quibuslibet la casa.
conferat,

3) I soggetti della facoltà "vi officii" 3553


968 (873 *) Sacerdoti del Clero diocesano. In forza del loro ufficio, hanno la
facoltà di ascoltare le confessioni, ciascuno nell' ambito della propria competenza:
- L'Ordinario del luogo: Vescovo diocesano e Presuli che gli sono equiparati a
norma del can. 368 (Prelato c Abate territoriale , Vicario e Prefetto apostolico, Ammi -
nistratore apost olico di amministrazione stabilmente eretta), Ammin istratore diocesano,
Vicario generale. Vicario episco pale, ai sensi del can. 134, § 2.
- Il ca nonico penitenziere (can. 508) .
- Il parroco (can. 5 19) e gli altri che ne fanno le veci (per es. l' amm inistratore
parrocchiale: can. 540).
Il rettore del seminario, a termine dci can. 262.
- Il capp ellano di cui al ca n. 564, a termine del ca n. 566, § I.
188 LIBRO IV - Il "mUl1US sanctificandi' della Chiesa

CAN. 970 - Facultas ad confessio- Non si conceda la facoltà di ascoltare


nes excipiendas ne concedatur nisi le confessioni se non ai presbiteri che
presbyteris qui idonei per examen siano stati riconosciuti idonei mediante
reperti fuerint, aut de eorum ido- un esame, o la cui idoneità consti in altro
neitate aliunde constet. modo.
CAN. 971 - Facultatem ad cxci- L'Ordinario del luogo non conceda la
piendas habitualiter confessiones facoltà di ascoltare abitualmente le con-
loci Ordinarius presbytero, etsi do- fessioni ad un prcsbitero, anche se abbia il
micilium vel quasi-domicilium in domicilio o il quasi-domicilio nell'ambito
sua dicione habenti, ne concedat, della sua giurisdizion e, se prima non ab-
nisi prius, quantum fieri potest, au- bia sentito, per quanto è possibile, l'Ordi-
dito eiusdem presbyteri Ordinario. nario dello stes so presbitero.
CAN. 972 - Facultas ad confessio- La facoltà di asco ltare le confessioni
nes excipiendas a competenti auc- può essere concessa dalla competente au-
toritate, de qua in can. 969, conce- torità di cui al can. 969 , per un tempo sia
di potestad tempussiveindetermi- indeterminato che determinato.
natum sive determinatum.
CAN. 973 - Facultas ad confesslo- La facoltà di ascoltare abitualmente le
nes habitualiter excipiendas scrip- confessioni, si conceda in iscritto.
to concedatur.

3554 Sacerdoti del Clero 11011 diocesana. In forza del loro ufficio, hann o la facoltà di
ricevere le confessioni dei propri sudditi e di quanti dimorano giorno e notte nella
casa, i Sup eriori (maggiori e minori ) di un Istituto religioso o di una Societ à di vita
apostoli ca di diritto pontificio e clericali , i quali godano a norm a delle costituzioni
dell a potestà di go verno esecutiva (ca n. 596, § 2). Rest a per altro integro il pre sc ritto
del ca n. 630, § 4 . che vie ta ai dett i Superiori di asco ltare la co nfessio ne de i propri
suddi ti. "nisi sponte sua id petant" .

3555 4) Concessioni da parte dell'autorità competente


969 (874-875*) Gli Ordinari dei luoghi . Soltanto l'Ordinario del luogo (Vesco-
vo dioce sano, Amministr ator e diocesano. Vicario generale, Vicario epi scopale, ecc.)
è compe tente a conferire a qualunque presb itero, nell'ambito del propri o terri tor io. la
facoltà di asc o ltare la con fessione di qualsi asi fedele. I presbiteri membri d'I stituti
religiosi e, similmente, di Societ à di vita apostolica, non possono tutta via avv alersi
di tale facoltà se nza la licenza alme no presunta del prop rio Superiore (§ I).
3556 l Superiori. li Superiore di un Istituto religioso o di una Soc ietà di vita apost o-
lica di cu i al can. 968, § 2, è competente a conferire a qu alsia si pre sbitero, anche
diocesano, la facoltà di ascoltare la confessione limitatamente ai propri sudd iti e agli
altri che dimorano giorno e notte nella casa (§ 2). Di con seguen za. il Superiore
locale, nell'ambito della cas a che gli è affidata; il Superiore provinciale in tutte le
case della provincia; il Superiore generale in tutte le case de li' Istituto o della Società.

3557 5) Norme per la concessione


970-973 (877-879 *) Sono norme dettate da prudenza pastoral e e anche da esigenze
di retto governo.
Il sacramento della peni ten za 189

CAN. 974 - § l. Loci Ordinarius, § I. L'Ordinario del luogo e, parimenti,


itemque Superior competens, fa- il Superiore competente, non revochino la
cultatem ad confessiones excipien- facoltà concessa per ricevere abitualmente
das habitualiter concessam ne re- le confessioni, se non per grave causa.
vocet nisi gravem oh causam.
§ 2. Revocata facultate ad con- § 2. Revocata la facoltà di ascoltare le
fessiones excipiendas a loci Ordi- confessioni da parte dell'Ordinario del
nario qui eam concessit, de quo in luogo che l'ha concessa, di cui al can. 967,
can. 967, § 2, presbyter eandem § 2, il presbitero resta privo di tale facoltà
facultatem ubique amittit; revo- dovunque; revocata la medesima facoltà
cata eadem facultate ab alio loci da parte di un altro Ordinario del luogo ,
Ordinario, eandem amitti t tan- ne resta pri vo solo nel territorio di chi la
tum in territorio revocantis. revoca.

l° Anzitutto, è da accertare l'idoneità - dottrinale , morale e pastorale - del 3558


sacerdote a cui s'intende concedere la facoltà di ascoltare le confessioni. L'idoneità
dottrinale deve risultare in modo positivo, mediante un esame, tranne che consti con
certezza in altro modo (can. 970).
SagRe direttive di Giovanni Paolo 1/:
- Per l'effi cace adempimento di tale ministero. il confessore deve avere necessariamente
qualità umane di pruden za, discrezione , discernimento. fermezza temperata da mansuetudine e
bontà. Egli de ve avere, altresì, una seria ed accurata preparazione. non frammentaria ma integrale
ed armonica nelle diverse branche della teologia, nella pedagogia e nell a psicolo gia. nella
metodologia del dialogo e, soprattutto. nella cono scenza viva e co municativa della Parola di Dio.
Ma ancora più necessario è che egli viva una vita spirituale intensa e genuina... Tutto questo
corredo di doti umane, di virtù cristiane e di capacit à pastorali, non s' improvvisa n é si acquista
senza sforzo. Per il ministero della penitenza sacra mentale, ogni sacerdote dev' essere preparato già
dagli anni del seminario, insieme con lo studio della leologia dommati ca, morale spirituale e
pastorale (che sono se mpre una sola teologia), con le scien ze dell'uomo, la metodol ogia dci dialogo
e, specialmente del colloq uio pastorale . Egli dovrà essere avviato e sostenuto nelle prime esperi en-
ze. Dovrà sempre curare il proprio perfezionamento e aggiornamento con lo studio permanente
tReconciliutio et paen itentia, n. 29, 7-8).

2° Per concedere la facoltà abituale di ascolt are le confession i a un presbitero 3559


non diocesano , anche se abbia il domicilio o il quasi domi cilio nella diocesi. l'Ordi-
nario del luogo deve prima sentire per quanto è possibile (quantum fieri potest) il suo
proprio Ordinario (can. 971). È una norma di pruden za e anche di correttezza.
3° La facoltà di ascoltare le confessioni può esse re conce ssa dalla competente
autorità per un tempo sia indete rminato che determin ato (can. 972).
4° La facolt à abituale di ascolt are le confessioni dev'essere concessa in iscritto 3560
(can. 973). La norma, ov viamente, è solo "quoad liceitatern ".
5° A un sacerd ote che risulti idoneo, l'Ordinario può rifiutare la facoltà di
ascoltare le confe ssioni solo se sussistano particolari gravi motivi. Contro un
eventuale arbitrario rifiuto, l'interessato può far ricorso in via amministrativa (can.
1732 ss.).

6) La cessazione dellafaco/tà di confessione 3561


974-975 (873, § 3, e 880 *) Può avvenire per revoca (can. 974) e anche " ipso iure"
in altri modi (can. 975).
190 LIBRO IV - Il "rnunus sanctiflcandi' della Chiesa

§ 3. Quilibet loci Ordinarius qui § 3. Qualsiasi Ordinario del luogo, che


alicui presbytero revocaveritfacul- abbia revocato a un presbitero la facoltà
tatem ad confessiones excipiendas, di ascoltare le confessioni, ne informi l'Or-
certiorem reddat Ordinarium qui dinario proprio del detto presbitero in ra-
ratione incardinationis est presby- gione dell'incardinazione, oppure il suo
teri proprius, aut, si agatur de so- Superiore competente, se si tratti di un
dali instituti religiosi, eiusdem membro d'istituto religioso.
competentem Superiorem.
§ 4. Revocata facultate ad con- § 4. Revocata la facoltà di ascoltare le
fessionesexcipiendas a proprio Su- confessioni da parte del proprio Superiore
periore maiore, facultatem ad ex- maggiore, il presbitero resta privo dovun-
cipiendas confessionesubique erga que della facoltà di ascoltare le confessio-
sodales instituti amittit presbyter; ni dei membri del1'istituto; revocata inve-
revocata autem eadem facultate ab ce la medesima facoltà da parte di un altro
alio Superiorecompetenti, eandem Superiore competente, ne resta privo sol-
amittit erga solos in eiusdem dicio- tanto nei confronti dei sudditi del1a sua
ne subditos. circoscrizione.

3562 A) Norme relative alla revoca


l ° La causa grave. L'Ordinario del luogo e, similmente, il Superiore compe-
tente (can. 969), in forza della loro autorità possono sempre revocare la facoltà
concessa per l'ascolto delle confessioni. La revoca, tuttavia, dev'essere giustificata
da una grave causa (gravem ob causam), specialmente se si tratta di facoltà abituale
(§ l) o annessa all'ufficio (can. 880, § 2, Codice 1917). L'eventuale ricorso è solo
in devolutivo,
3563 2° Le conseguenze. Sono diverse, in rapporto all'Ordinario che delibera la revoca.
- Se la revoca è disposta dall'Ordinario del luogo di cui al can. 967, § 2 (l'Or-
dinario del luogo d'incardinazione o del luogo di domicilio), il presbitero resta privo di
tale facoltà dovunque. perché viene a mancare la base per l'estensione "ubique", prevista
nel citato canone 967, § 22•
- Se invece la revoca è effettuata da un altro Ordinario del luogo, il presbitero
resta privo della facoltà di confessione solo nel territorio di detto Ordinario (§ 2).
3564 3° La comunicazione susseguente. Qualsiasi Ordinario del luogo, che abbia revo-
cato a un presbitero la facoltà di ascoltare le confessioni, è obbligato a informare l'Or-
dinario proprio del detto presbitero in ragione dell'incardinazione, oppure il Superiore
competente, se si tratta di un membro d'Istituto religioso o di una Società di vita
apostolica (§ 3).
3565 4° Revoca da parte del Superiore maggiore. Gli effetti sono simili a quelli indicati
nel n. 2 precedente.
- Se la revoca è effettuata dal proprio Superiore maggiore, il presbitero resta
privo dovunque (ubique) della facoltà di ascoltare le confessioni dei membri dell'Istituto
e di quanti dimorano giorno e notte nelle relative case.

, Un sacerdote può aver ricevuto la facoltà di confessione sia dal suo Vescovo d'incardina-
zione che dal Vescovo di domicilio. Se uno di essi revoca la facoltà. il sacerdote continua a poter
confessare validamente "ubique" in forza della facoltà ricevuta dall'altro Vescovo. Non può con-
fessare solo nella diocesi del primo Vescovo.
Il sacramento della penitenza 191

CAN. 975 - Praeterquam revoca- La facoltà di cui al can. 967 , § 2, oltre


tione, facultas de qua in can, 967, che per revoca, cessa con la perdita del-
§ 2 cessat amissione officii vel ex- l'ufficio o con l' escardinazione O con la
cardinatione aut amissione domi- perd ita del domicilio.
cilii,
CAN. 976 • Quilibet sacerdos, Ii- Qual sia si sacerdote, ancorché pri vo del-
cetad confessiones excipiendas fa- la facolt à di ascoltare le confessio ni, as-
cultate careat, quoslibet paeniten- solve validamente e lecitamente da qua-
tes in periculo mortis versantes lunque cens ura o peccato qual siasi peni-
valide et Iicite absolvit a quibusvis tente che versi in peri colo di morte, anche
censuris et peccatis, etiamsi prae- se sia presente un sacerdote approvato .
sens sit sacerdos approbatus.
CAN. 977 - Absolutiocomplicis in L' assoluzione del complice nel pec-
peccato contra sextum Decalogi cato contro il sesto precetto del Deca-
praeceptum invalida est, praeter- logo, è invalida, eccetto che nel perico-
quam in periculo mortis. lo di morte.

- Se invece la revoca è effettuata da un altro Superiore competente il presbitero


ne resta privo soltanto nei confronti dei sudditi della circoscrizione del detto Supe riore
(§ 4).
B) Cessazione "ipso iure" 3566
La cessazione della facoltà di confessione di cui al can. 967, § 2, ossia della facoltà
estesa "ipso iure" dovunque. può avven ire in rispondenza col detto canone, non solo per
revoca, ma anche a causa:
- Della perdita dell 'ufficio: per rinunzia. trasferimento, rimozione, privazione
(can. 184, § l)
- Della escardinazione
- Della perdita del domicilio
Per i colpiti da ce nsura canonica, v. cann. 1331-1 335 e il relativo commento.

2. La normativa dei canoni 976-986

I) Penitenti in pericolo di morte 3567


976-977 (882 e 884 *) Le nuove norme, che si distaccano dalle precedent i in più
parti (cfr. fra l' altro i cann. 884 e 2252, Codice 1917), sono dett ate dalla "salus
animarum", che, soprattutto in pericolo di morte, de v'e ssere la suprema legge della
Chiesa e dei suoi ministri (can. 1752).
Per il can, 976, qualsiasi sacerdote, anche se privo della facoltà di ascoltare le
confessioni, anche se scomunicato o interdetto (can. 1335), anche se dimesso dallo stato
clericale (ca n. 290, nn. 2-3), anche se apost ata, eretico o scismatico (can. 1364), assolve
validamente e lecitamente da qualunque censura o peccato qualsiasi penitente che versi
in pericolo di morte, anche se sia presente un sacerdote approvato. Occorre, tutta via
tener presente il can. 1357, § 3: il moribondo che è stato assolto da una censura inflitta
o dichiarata oppure riservata alla Sede Apostolica, in caso di guarigione è obbli gato "sub
poena reincidenti ac" a ricorrere entro un mese al Superiore competente o a un sace rdote
munito della debita facoltà.
Per il can. 977, in pericolo di morte di ven ta valida perfino l'assoluzione del com- 3568
192 LIBRO IV • Il " munus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 978 - § 1. Meminerit saeer- § 1. Ricordi il sacerdote che, nell'ascol-


dos in audiendis confessionibus se tare le confessioni, svolge insieme le fun-
iudicis pariteret medici personam zioni di giudice e di medico. e che è co-
sustinere ac divinae iustitiaesimul stituito da Dio contemporaneamente mini-
et misericordiae ministrum a Deo stro della sua giustizia e della sua miseri-
constitutum esse, ut honori divino cordia divina, per riparare l' onore divino
et animarum saluti consulat, e provvedere alla salvezza delle anime.
§ 2. Confessarius, utpote mini- § 2. Nell'amministrare il sacramento
ster Ecclesiae, in administrando della penitenza, il confessore, come mini-
sacramento, doctrinae Magisterii stro della Chiesa, si attenga fedelmente alla
et normis a competenti auctoritate dottrina del Magistero e alle norme detta-
latis fideliter adhaereat, le dalla competente autorità.
CAN. 979 - Sacerdos in quaestio- Nel porre le domande, il sacerdo te si
nibus ponendis cum prudentia et comporti con prudenza e discrezione, le-
discretione procedat, attenta qui- nendo anche conto della condizio ne e del-
dem condicioneet aetate paeniten- l' età del penitente, e si astenga dall'i nda-
tis, abstineatque a nomine compii- gare sul nome del compl ice.
cis inquirendo.
CAN. 980 - Si confessario dubium Se il confessore non ha dubbi sulle buo-
non est de paenitentis dispositionc ne disposizioni del penitente, e questi
et hic absolutionem petat, absolu- chiede l'assoluzione, l'asso luzione non
tio ne denegetur nec differatur. sia negata né differita.

plice nel peccato contro il sesto precetto del Decalogo, che, al di fuori dci peri co lo di
morte, non so lo è in valida, ma cos tituisce anche un gr ave delitto, contro il qua le è
comminata la sco mu nica " latae sententiae" riservata alla Sede Apostolica (v. ca n. 1378,
§ I, ed esposizione re lativa, sopra ttutto in ordine al concetto di "complicità" ). A termine
del precedente canone 884 del Codice 191 7, l'assol uzio ne del complice «in pericolo di
morte fuori de l caso di nece ssità», pur essendo valida, era dichiarata illecita "ex parte
confessarli". Una tale disposi zione di Bened etto XIV è stata soppressa nel nuo vo Co-
dice, per cui l' assol uzione de l com plice «in periculo mortis» non solo è valida, ma è
anche leci ta in og ni caso . Può di ventare anc he dov erosa in particolari ci rcostanze , che
potrebbero decid ere dell a sa lvezza eterna del mor ente' ,

3569 2) Alcuni gravi do veri del confessore


978-980 (886 e 888*) IOIl primo dovere del confessore è di co noscere e ade mpiere
co n piena respo nsa bilità le sue funzioni di giudice e di medico, di ministro de lla giu-
stizia e della mi sericor dia di Dio, costituito tale da Dio stesso per riparare l'ono re divino
e prov vedere alla salvezza de lle anime (ca n. 97 8, § l) .
Come giudice, il confessore istruisce l'int ima causa delle anime e pronunzia la sentenza,
applicando non i codici umani, ma il codice supremo della legge e della miserico rdia di Dio.

, Un Padre della Plenaria, esageratamente rigorista, propose di estendere la nonna del can.
977 a qualsiasi peccato in cui si verifi casse la complicità: « Dc unico peccati typo mentio in textu
fit, ideoque proponitur ut dicatur: Absolutio complicis in quocumque peccato gravi invalida est,
praeterq uam in mortis periculo- (Communicationes. a. 1983, p. 210, can. 93 1, n. 2). Naturalmente,
la sua proposta fu respinta.
Il sacr.U1Jcntu della penitenza 193

CAN. 981 • Pro qualitate et nume- Il confessore imponga salu ta r i e c o n ve -


ro peccatorum, habita tamen ra- nienti soddisfazioni, proporzionate alla
tionepaenitentiscondicionis, salu- gravità e al numero dei peccati. tenendo
tares et convenientes satisfactio- conto per altro della condizione del peni-
nes confessarius iniungat; quas tente; questi ha l'obbligo di eseguirle per-
paenitens per se ipse implendi sonalmente.
obligatione tenetur.

Come medico, fa la diagnosi delle malattie dello spirito, prescrive gli opportuni rimedi. risana
le ferite e le piaghe prodotte dalla colpa.
Come maestro, istruisce il penitente sugli obblighi che lo attendono, scioglie i dubbi, correg-
ge gli errori, suggerisce i consigli adatti, illumina in una parola la sua anima.
Ma nella confessione il sa cerdote è soprattutto padre, al quale il penitente può
aprire con pien a confidenza il proprio cuore. Come padre, egli accoglie in nome di Dio
tutti i figliuo li prodighi , rigenerandoli alla vit a della gra zia.
2° Il secondo grave dovere del confessore, che, nell 'esercizio delle sue funzi oni , è 3570
ministro della Chiesa e non una persona pri vata, è di attenersi fed elmente alla dottrina
del Mag istero e alle norme della competente a utorità (ca n. 978, § 2).
3° È tenuto anche a curare l'integrità della confessione, per cui , se necessario, può 3571
e deve rivolgere al penitente le dom ande ch e l'accusa richiede. In questa materi a deli-
cala, egli deve comunque agire con prudenza e discrezione, tenendo conto delle con-
dizioni e dell'età del penitente, e as tene ndosi, in ogni caso , dall'indagare sul nome di
eventuali complici , qu alunque sia il peccato commesso (can . 979 ).
Cfr. a tal riguardo le Norme emanate dalla S.c. dci S. Ufficio in data 16 maggio 1943 : X.
O CHOA, Leges Ecclesiae, Il, n. 1749. colI. 2 174 -2 176).
4° Infine, se il confessore non ha dubbi sulle buone d isposizioni del penitente, non 3572
può negare o differire l'assoluzione. Oltre a disporre arbitrari ame nte di un sacramento
che appartiene al divino deposito (can. 841), verrebbe a ledere gravemente un diritto
sacro del pen itente (ca n. 980 ).

3) La penitenza sac ramenta le 3573


981 (887*) Non basta confessare le prop rie co lpe : biso gn a anche rip ararle. Questo
è lo scop o de lla soddisfaz ione o pen itenza sacramentale, imposta dal confessore in
espiazione dei peccati co mme ssi e a correzione del penitente. Ess a appartiene alla inte-
grità del sacra me nto .
La penitenza dev'essere proporzionata all a gravità e al numero dei peccati (C onc,
Tridentino, Se ss o XIV, ca p. 8: Den zinger-Schonrnerzer, n. 1692), ten endo conto delle
condizioni del pen itente. il quale ha l'obbl igo d i eseguirl a person almente.
«La soddisfazione - afferma Giovanni Paolo II - è l'atto finale. che corona il segno
sacramentale della penitenza... Qual è il significato di questa soddisfazione che si presta, o di questa
penitenza che si compie? Non è cen o il prezzo che si paga per il peccato assolto e per il perdono
acquistato. Nessun prezzo umano può equivalere a ciò che si è ottenuto, frutto del preziosissimo
Sangue di Cristo. Le opere della soddisfazione... sono il segno dell'impe~no personale che il
cristiano ha assunto con Dio, nel sacramento, di cominciare un'esistenza nuova (e perciò non
dovrebbero ridursi ad alcune formule da recitare, ma consistere in opere di culto, di carità. di
misericordia, di riparazione)... Ricordano che anche dopo l'a ssoluzione rimane nel cristiano una
zona d'ombra, dovuta alle ferite del peccato. all'i mperfezione dell' amore nel pentimento. all' inde-
bolimentodelle facoltà spirituali, in cui opera ancora un focolaio infettivo di peccato, che bisogna
combattere con la mortificazione e la penitenza. Tale è il significato dell'um ile, ma sincera sod-
disfazione (Reconc itiatio et paenit entia. n. 3 1. III, 7).
194 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 982 - Qui confitetur se falso Chi confessa di aver falsamente denun-
confessarium innocentem apud ziato all' autorità ecclesiastica un confes-
auctoritatem ecclesiasticamdenun- sore innocente per il delitto di sollecita-
tiasse de crimine sollicitationis ad zione al peccato contro il sesto precetto
peccatum contra sextum Decalogi del Decalogo, non sia assolto se non abbia
praeceptum, neabsolvaturnisi prius prima ritrattato formalmente la falsa de-
falsam denuntiationem formaliter nunzia e non sia disposto a riparare i dan-
retractaverit et paratus sit ad da- ni che ne fossero derivati.
mna, siquaehabeantur, reparanda.
§ 1. Il sigillo sacramentale è inviolabile,
CAN. 983 - § 1. Sacramentale si- per cui è assolutamente illecito al confes-
gillum inviolabile est; quare nefas sore svelare nulla sia pure parzialmente,
est confessario verbis vel alio quo- con parole o in qualsiasi altro modo e per
vismodoetquavisdecausaaliqua- qualsiasi motivo, della confessione del
tenus prodere paenitentem. penitente.
§ 2. Obligatione secretum ser- § 2. È obbligato all'osservanza del se-
vandi tenentur quoque interpres, greto anche l'eventuale interprete, come
si detur, necnon omnes alii ad quos pure tutti gli altri che, in qualsiasi modo,
ex confessione notitia peccatorum siano venuti a conoscenza dei peccati ac-
quoquo modo pervenerit. cusati in confessione.
CAN. 984 - § 1. Omnino confessa- § l. È assolutamente proibito al confes-
rio prohibetur scientiae ex confes- sore far uso, con pregiudizio del peniten-
sione acquisitae usus cum paeni- te, delle conoscenze acquisite attraverso
tentis gravamine, etiam quovis re- la confessione, anche se resti escluso ogni
velationis periculo excluso. pericolo di rivelare qualcosa.
§ 2. Qui in auctoritate est consti- § 2. Chi è costituito in autorità non può
tutus, notitia quam de peccatis in avvalersi in nessun modo per il governo
confessionequovis tempore excep- esterno di notizie di peccati, che abbia ap-
ta habuerit, ad exteriorem guber- preso in confessione in qualsiasi tempo
nationem nullo modo uti potest. ascoltata.

3574 4) Una ritrattazione necessaria


982 (894*) Il canone considera la falsa denunzia di un confessore innocente, fatta
all'autorità ecclesiastica, per il delitto di sollecitazione al peccato contro il sesto coman-
damento (can. 1387). Una tale denunzia, colpita da interdetto "latae sententiae" e, trat-
tandosi di un chierico, anche da sospensione (can. 1390, § I), costituiva nel Codice
anteriore (can. 894*) l'unico peccato riservato "ratione sui" alla Santa Sede. Nel nuovo
Codice, la riserva è scomparsa, ma il can. 982 fa obbligo al confessore di non assolvere
il calunniatore se prima non abbia ritrattato formalmente la falsa denunzia e non sia
disposto a riparare i danni che ne fossero derivati.
Per i termini della falsa denunzia. cfr. can. 1390. * l. e la relativa esposizione.
3575 5) Il sigillo sacramentale
983-984 (889-980*) Tutte le colpe, gravi o leggere, manifestate dal penitente in
confessione, cadono sotto l'inviolabile sigillo sacramentale, anche se l'assoluzione sia
stata rifiutata. E un segreto di diritto divino, sottratto a qualsiasi autorità umana. E
assolutamente illecito: nefas est al confessore - ammonisce il can. 983, § I - svelare
nulla, sia pure parzialmente, con parole o in qualsiasi altro modo e per qualsiasi motivo,
della confessione del penitente.
Il sucrumcu to della peniten za 195

CAi'{ 985 - Magister novitiorum Il m a e stro d ei no vi zi e i l suo ass is te nte.


eiusque socius, rector seminariia1iu- il rettore d el sem ina r io o di un a ltro is t i-
sve instituti educationis sacramenta- tuto di e d ucazione, non asc o lt ino le c o n-
les confessiones suorum a1umnorum fe s si oni s ac ramen t a l i d e i propri a l u n n i,
in eadem domo commorantium ne re s id enti nell a s tessa c asa, tranne c he, in
audiant, nisia1umni in casibusparti- c as i p art icolari, si a no g li a lu n ni s tessi a
cularibus sponte id petant. c h ie d e rlo s pon ta ne a m e n te.

Ev ide nteme nte. le co lpe de l peni tente cos tit uiscono l' oggetto essenzia le del sigi llo.
unitarnente alle ci rcostanze annesse, quali la negazione o il di ffe rime nto de ll'assoluzio-
ne, la peni te nza imposta, ecc.: oggetto accidenta le sono g li e le men ti seco nda ri, co me ad
esempio i di fetti fi sici o psichi ci de lla person a.
La vio laz io ne diretta del sigi llo sacrame nta le è co lpita d all a scom un ica " latae
sententiae" rise rvata alla Sa nta Sede (ca n. 1388. § l ; v. il co m me nto relativo) .
Il segreto' non vincola so lo il co nfessore , ma anche l' e ve ntu ale interprete e tutt i 3576
quelli che in q ua lsiasi modo, anc he ca sua lme nte, fossero ve nuti a co noscenza de i peccati
accusati in confessio ne (ca n. 983. § 2) . Le eventuali trasgr essioni so no passi bili d i gravi
pene (cfr. anche ca n. 1388, § 2).
A fine di tu tel are meglio il se greto della confession e, la Chiesa ha d is po sto an ch e 3577
altre caute le:
l ° È assoluta me nte proib ito al co nfessore di far uso in qu alunque modo de lle
conoscenze acquisite a ttraverso la confessione, COl i pregiudizio del penitente (e um
paen ite ntis gravam ine) , anche se res ti es cl uso qu a lsiasi pe rico lo d i rivelazione (ca n. 984,
§ I). Il "gravarnen" pot re bb e essere anche di altri. ai qu ali il de tto " uso" ren desse odioso
il sacra me nto d ell a penitenza' .
2° Chi è costituito in auto rità non può avvalersi in nessun modo, per il governo
esterno, di notizie di peccati c he in qualsias i tem po abbia appreso in co nfessione (can.
984, § 2).
3° Sono co nsid erati testi " inca paci" in giud izio «i sacerdoti. pe r quanto sia ve nuto 3578
loro a conoscenza dall a confession e sac ra mentale, anc he nel caso c he il penitente ne
chieda la rivelazi on e; anzi, tutto ciò che da chiunque e in qualsiasi mod o sia stato udit o
in occ asio ne dell a con fess io ne , non pu ò es sere recep ito neppure com e in diz io di verità»
(can. 1550, § 2, n. 2).
Il segreto confessionale è tutelato anche dalle legislazioni civili: 3579
- Codice ltaliano di Procedura Penale. art. 200: «Non possono essere obbligati a deporre
su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero. ufficio o professione, salvi i casi in
cui hanno l' obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria: a) i ministri di confessioni religiose. i cui
statuti non contrastino con l' ordinamento giuridico italiano...» . Cfr. anche art. 249 del Codice di
procedura Civile.

, Nel Codice precedente, il segreto sacramentale era delta "sigillo sacramentale", sia in rap-
porto al confessore sia in rapport o ad altre persone venute a conoscenza di peccati o colpe accusate
in confessione (cfr. can. 889*). Nel nuovo Codice. il "sigillo sacramentale" è riferito solo al
confessore (cann. 983, ~ l, e 1388, ~ l ), mentre per le altre persone si parla solo di "segreto" (cann.
983, § 2. e 1388. § 2). Ovviamente anche questo segreto è in un certo senso "sacramentale", per
quanto non sia più denominato "sigillo",
, Da Communicationes. a. 1978, p. 67, can. 154, § 2: «Reicitur observatio quae opport unum
iudicat exceptionem forsan addere quando in certum et evidens beneficium paenitentis est, quia
nemo rem iudicare potest et satis periculosa est».
196 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 986 - § 1. Omnis cui anima- § L Tutti coloro a cui, in forza del loro
rum cura vi muneris est deman- ufficio, è demandata la cura delle anime,
data, obligatione tenetur provi- sono obbligati a provvedere che siano
dendi ut audiantur confessiones ascoltate le confessioni dei fedeli a loro
fidelium sibi commissorum, qui affidati, i quali ne facciano ragionevole ri-
rationabiliteraudiri petant, utque chiesta, e che sia data ad essi l'opportuni-
iisdem opportunitas praebeatur tà di accostarsi alla confessione individua-
ad confessionem individualem, le nei giorni e nelle ore stabilite per loro
diebus ac horis in eorum commo- comodità.
dum statutis, accedendi.
§ 2 Urgente necessitate, quilibet § 2. In caso di necessità, ogni confesso-
confessariusobligationeteneturcon- re è tenuto ad ascoltare le confessioni dei
fessiones christifidelium excipiendi, fedeli; in pericolo di morte, vi è obbligato
et in periculo mortis quilibet sacer- qualsiasi sacerdote.
doso

- Nuovo accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana. 18 febbraio 1984, mi. 4, n.4:
«Gli ecclesiastici non sono tenuti a dare ai magistrati o ad altra autorità informazioni su persone
o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero».
Circa la registrazione delle confessioni, v.la Dichiarazione pubblicata il23 marzo 1973 dalla
S.C. per la Dottrina della Fede: Enchir. Vat., vol. 4, pp. 1502-1503,e altri due documenti riportati
in nota. Cfr. anche vol. II, p. 845, Decreto del 23 setto 1989.

3580 6) La confessione dei propri alunni


985 (891 *) È una norma diretta a tutelare soprattutto la piena libertà degli alunni,
nei confronti dei sacerdoti che sono loro diretti superiori. E pertanto vietato "ad
liceitatem":
- al maestro dei novizi e al suo assistente
- al rettore del seminario o di un altro istituto di educazione
ascoltare le confessioni sacramentali dei propri alunni, dimoranti (commorantium) nella
stessa casa, tranne che, in casi particolari siano gli stessi alunni a chiederlo spontane-
amente. In casibus particularibus: non, quindi, in modo abituale.
Il divieto del can. 891 del Codice precedente era più severo, poiché richiedeva una causa
grave e urgente (ex gravi et urgenti causa).
La medesima proibizione è data ai Superiori religiosi: <<I Superiori non ascoltino le
confessioni dei propri sudditi, tranne che siano essi a richiederlo spontaneamente» (can.
630, § 4).

3581 7) Doveri pastorali e sacerdotali


986 (892*) Il ministero della confessione è uno dei più importanti della Chiesa. I
sacerdoti - disse Paolo VI ai Vescovi statunitensi (20 aprile 1978) - potrebbero
posporre o anche abbandonare per mancanza di tempo le altre attività, ma non il con-
fessionale» (Insegnamenti. vol. XVI, pp. 283-294).
Ascoltare le confessioni dei fedeli, che ne facciano ragionevole richiesta
(rationabiliter), è un dovere di giustizia (can. 892, Codice 1917) per quanti vi sono
obbligati in ragione del proprio ufficio (vi muneris): Vescovo diocesano, canonico
penitenziere, parroco, cappellano, ecc. Occorre dare ai fedeli l'opportunità di accostarsi
alla confessione individuale nei giorni e nelle ore che sono per essi di maggiore como-
dità sia mediante il ministero personale, sia mediante l'opera di altri confessori.
11 sacramento della penitenza 197

CAPITOLO III
IL PENITENTE

CAN. 987 - Christifidelis, ut sa- Per ricevere il salutare rimed io del sa-
cramenti paenitentiae remedium cramento della penitenza, il fedele deve
percipiat salutiferum, ita dispo- avere le disposizioni necessarie, in modo
situs sit oportet ut, peccata quae che, ripudiando i peccati commessi e fa-
commiserit repudians et propo- cendo il proposito di emendarsi, si con-
situm sese emendandi habens, ad verta a Dio.
Deum convertatur,

In caso di necessità, ogni confessore è tenuto ad ascoltare le confessioni dei fedeli. 3582
Non è proprio un dovere di ufficio. ma è certo un impegno che si assume per il fatto
stesso che si chiede o si accetta la facoltà di confessare, anzi per il fatto stes so che si
è ordin ati sacerdoti .
In pericolo di morte, l'obbligo grava "ex caritate" (can . 892, § 2, Codice 1917) su 3583
qualsia si sacerdote, anche privo di facolt à (cfr. can. 976).

IL PENITENTE (cann. 987-99 1) 3584


Schema
I . Le disposizioni necessarie del penitente 3. L' obbligo della confessione annuale
2. La materia della confessione 4. L'uso dell'interprete e la libert à di scelta del
confessore

1. Le disposizioni necessarie del penitente 3585


987 Il sacramento della peniten za non è un rito magico. Senza dubbio, es so
rimette il peccato "ex o pere operato", in virtù dell' intima efficacia ann es sa da C risto
all'azione sacramentale , ma questo non avviene meccanicamente ed esige la coope-
razion e dell'uomo. che, da parte sua, deve po ssedere le dovute di sposizioni. L' atto
fondam entale del penitente, per o ttenere il perdono de i pec cati , e che dà valo re a lutt i
gli al tri , è la sincera co nversi o ne a Dio , che si con cr eta nel ripudio dei peccati
commessi e nel proposito di emendarsi , a cui si asso cia anche la volo ntà di rip ar are
ed esp iare.
Per la particolare condizione delle persone, a cui si è fatto cenno nell'esposizione del can . 9 15, 3586
sono da tener presenti tre particolari documenti:
IO La pa sto rale dei divorziati risposati e di quanti vivono in situazioni matrimonial i irrego-
lari o difficili : Nota pastorale della Commissione Episcopale Italiana per la dottrina della fede, la
catechesi e la cultura e della Commissione Episcopale per la famiglia, 26 aprile 1979 (Enchir. CEI.
vol. 2. pp. 1249-1270).
2 0 L'Esort. Ap. Familiaris consortio di Giovanni Paolo Il, 22 novembre 1981, nn. 79-84
(Enchir. Vat., vol. 7, pp. 1582-1595 ).
3 0 L'Esort. Ap. Recon ciliatio et paenit entia del medesimo Pontefice. 2 dicembre 1984, n. 34
(Enchir, Vat., voI. 9, pp. 1166 -1169).

2. La materia della confessione 3587


988 (90/-903*) Occorre distinguere tra materia nec essaria e materia libera.
198 l,lBRO IV - Il "munus sanctificundi" della Chiesa

CAN. 988 - § 1. Christifidelis obli- § I. Il fedele ha l' obbl igo di confessare


gatione tenetur in specie et nume- secondo la specie c il numero tutti i pec-
ro confitendi omnia peccata gravia cati gravi commessi dopo il battesimo, e
post baptismum perpetrata et non- non ancora rimessi direttamente attraver-
dum per c1aves Ecclesiae directe so la potestà delle chiavi della Chiesa, né
remissa neque in confessione indi- accusati in una confessione individuale,
viduali accusata, quorum post di- dei quali abbia coscienza dopo un accura-
Iigentem sui discussionem con- to esame di se stesso.
scientiam habeat.
§ 2. Commendaturchristifideli- § 2. Si raccomanda ai fedeli di confes-
bus ut etiam peccata venialia confi- sare anche i peccati veniali.
teantur.
CAN. 989 - Omnis fidelis, post- Ogni fedele, dopo che abbia raggiunto
quam ad annos discretionis perve- l'età della discrezione, ha l'obbligo di
nerit, obligatione tenetur peccata confessare fedelmente i suoi peccati gra-
sua gravia, saltem semel in anno, vi, almeno una volta l'anno.
fideliter confitendi.

Sono materia necessaria, per la integrità della confessione, tutti I peccati gravi
commessi dopo il battesimo e non ancora rimessi direttamente, attraverso la potestà
delle chiavi della Chiesa, né accusati in una confessione individuale, dei quali si abbia
coscienza dopo un accurato esame di se stesso (Conc. Tridentino, Sesso XIV, 25 nov.
1551, cap. 5 e can. 7: Denzinger-Schonrnetzer, nn. 1680 e 1707).
3588 Nel Codice precedente si parla espressamente di peccati "mortali" (cann. 901 e 902). Nel
nuovo Codice l'aggettivo "mortale" è stato sostituito con "grave". Giovanni Paolo Il nella Esort,
Ap. Reconciliatio et paenitentiu riparla di "peccato mortale" (n. 17), una espressione che è celta-
mente più teologica e anche più biblica. Ma le due espressioni sono equivalenti.
3589 L'integrità della confessione a cui si è già accennato nell'esposizione dei cann.
960-961, esige:
l ° Una confessione distinta dei peccati: un'accusa generica è permessa solo in caso di grave
e urgente necessità, che impedisca l'accusa particolare di ogni peccato grave (can. 960)
2° Secondo la specie, vale a dire distinguendo tra peccati veniali e mortali (specie teologica)
e indicando contro quali virtù o comandamenti di Dio s'è peccato e in che modo (specie morale).
3° Secondo il numero, perché ogni peccato grave è un delitto commesso contro Dio: chi non
ricorda il numero preciso dei peccati gravi, deve indicarlo in modo approssimativo.
4° Secondo le circostanzeche ne mutanola natura: per esempio, una bugia che riesca di grave
danno al prossimo.
5° Secondo le circostanze che aggiungono una speciale grave malizia: per esempio, il furto
di una cosa sacra (peccato di furto e di sacrilegio), ecc.
3590 Sono materia libera i peccati veniali, che, in quanto tali, non privano della grazia
e dell'amicizia di Dio, e di cui possiamo ottenere il perdono anche con altri mezzi, quali
la preghiera, l'elemosina, la mortificazione, la santa Comunione, purché, naturalmente,
ci sia il pentimento del cuore.

3591 3. L'obbligo della confessione annuale


989 (906-907*) L'obbligo giuridico della confessione annuale:
IO Comprende solo i peccati gravi.
Il sucrumcn to della penitenza 199

CAN.990- Nemo prohibetur quo- Non è proib ito confessarsi per mezzo di
minus per interpretem confitea- un interprete, evitando per altro gli abusi
tur, vitatis quidem abusibus et c gli sc andali . e fermo restand o il disposto
scandalisatquc firmo praescripto del can. 983, § 2.
can, 983, § 2.
CAN. 991 - Cuivis christifideli Qualsiasi fedele ha diritto di confessa re
integrum est confessarlo legitime i propri peccati al confessore legittima-
approbato etiam alius ritus, cui mente approvato che egli preferisce, an-
maluerit, peccata confiteri. che se di altro rito.

2 0 Ri gu ar da soltanto co loro che hanno ragg iunt o l' et à dell a discrezione (can. Il ).
3 0 Deve ade mpie rsi almeno una volta l'anno: saltem semel in ann o. La fo rmula
deter min a il mi nimo indi sp en sabil e dell' obbligo ca nonico. ma , nell o stesso tempo, in-
dica c hia ra me nte il vivo desiderio dell a Chi esa c he i fed eli si confessi no frequen tem ente
per le lo ro esig en ze spirituali, a nche se non si sia no commessi c he peccati veniali. La
confessio ne. in fa tti, non è solo un sac rame nto di perd on o , m a an che di gra zia , che
rafforza la no stra frag ilità e aumenta la no stra res istenza al male.
È superfluo notare che non si soddisfa al precetto della confessione annuale con una confes-
sione sacrilcga o volontariamente nulla (cfr. can. 907. Codice 19 17).

4. L'uso dell 'interprete e la libertà di scelta del confessore 3592


990-991 (903 e 905*) L 'uso dell ' inter prete suppone c he co nfessore e pen ite nte
parlin o una lingua div ersa oppure ch e il pen itente sia muto. In questo caso , non è
proibito (ma neppure è o bblig ato rio) al penitente chi edere ch e lo si ascolti tramite
un'altra person a. ma a un a dup lice condizi on e:
- C he si ev itino gli abu si e gli sca ndali
- C he si o sser vi il pre sc ritto de l can. 983 , § 2 (l'obbligo del seg reto) .
Q uan to a l co nfesso re , il ca n. 99 1 co nfe rm a la piena libertà di sce lta. riconosci uta
nel can . 905 d el Codice precedente. Si può rico rrere a q ua lsiasi confessor e legi ttim a-
mente appro vato , anche se di rito diverso dal proprio.

Norme ulteriori circa la confessione 3593


- Cl/ n. 144: La supplenza della Chiesa nell'e rrore comune di fatto o di diritto e nel dubbio
positivo e probabile, sia di diritto che di fatto
- Can. 508 : Le attribuzioni del canonico penitenziere
- Cann . 528. § 2. c 777. Il. 2: Doveri pastorali del p aI TOCO verso i fedeli della sua parrocchia
in genere e verso i fanciulli in particolare
- Cl/n. 566: Facoltà dei cappellani
- Can. 630 : La debita libertà dei religiosi c dci membri degl' Istituti secolari
- Can. 6 /4 : La confessione sacramentale da premettere alla prima Comunione dei fanciulli
- Cali. 1065: Confessione e matrimonio
- Cann. / 079. § 3, e 1080.§ / : Facoltà del confessore in ordine al matrimonio, celebrato in
pericolo di morte o "cum ìam ornnia sunt parata"
- Cl/n. / 234. § l: La celebrazione della penitenza nei santuari
- Can. /3 57: Penitente colpito da censura "latae sententiac" di scomunica o d'i nterdetto non
dichiarata. al quale sia gravoso rimanere in stato di peccato grave
- Cl/n. /378. § 2. n. 2: L' attentato di assoluzione da parte di chi non ha il potere di assolvere
i peccati, ecc.
- Can. / 387: Il delitto di "sollecitazione" in confessione
200 LlBROIV - n "m unus sanctlfica ndi" della Ch i~sa

CAPITOLO IV
LE INDULGENZE

CAN. 992 • Indulgentia est remis- L'indul genza è la remissione dinanzi a


sio coram Deo poenae temporalis Dio della pena temporale dovuta per i
pro peccatis, ad culpam quod atti- peccati, già perdonati quanto alla co lpa,
net iam deletis, quam christifidelis, che il fedel e, debit amente disposto e a
apte dispositus et certis ac definitis particolari determin ate cond izioni , ottiene
condicionibus,consequitur ope Ec- ad opera della Chiesa, che, come ministra
clesìae quae , ut ministra redem- della reden zione, dispen sa e applica con
ptionis, thesaurum satisfactionum autorità il tesoro delle sodd isfaz ioni di
Christi et Sanctorum auctoritative Cristo e dei Santi.
dispensat et applicat.

3594 Esortazioni alla confessione f requente


- Ai chierici : can. 276, § 2, n. 5
- Ai religiosi : can. 664
- Ai me mbri d'I stituti seco lari: can. 7 19, § 3
Conf essori particolari
- Co nfessori di seminario: can. 240, § l
- Co nfessori di co munità religiose: can. 630, §§ 2-4

3595 LE INDULGENZE (cann. 992-997 )


Schema
I. Concetto e dis tinzione 3. L' indulgenza plenar ia
2. Nonne generali 4. Norm e del Manu ale

3596 Nel nuovo Codice, come in quello precedente, le indulge nze costituiscono un ca-
pitolo de l sacramento della penitenza, a cui sono intimamente co nnesse e di cui sono,
in un certo senso, il completamento. La relativa disciplina è stata opportunamente rior-
dinata da Paolo VI, con la Cost. Indulgentiaru m doctrina del IOge nnaio 1967 tEnchir.
Vat., voI. 2, pp. 780 -809). È seguito il 29 gi ugno 1968 l'Enchiridion lndulgentiarum
della S. Pen itenzieria Apostolica, contenente 36 norme dettag liate tEn chir. Vat., va l. 3,
pp. 240-25 1). La terza ediz ione de ll' Enchiridion lndulgentiarum è del 1986 (Enchir.
Vat., val. IO, pp. 462 -485) ; la versione italiana è del 1987: cfr. le relative norme.
L' attuale capitol o dedica alle indulgenze soltanto sei canoni , co n i quali si è inteso
stabilire alcuni princip i di carattere generale, Essi sono tratti quas i letteralment e dagli
accen nati docu menti.

3597 1. Concetto e distinzione


992 (911 *) Come avverte Paolo VI nella citata Costituzione Apostolica , alla base
dell a dottrin a delle indulgen ze:
- Da una parte, è «l' antichissimo dogma della com unione dei Santi, med iante il
quale la vita dei singoli figli di Dio, in Cristo e per Cristo, viene congiunta con legame
merav iglioso alla vita di tuIli gli altri fratelli cristiani, nella soprannaturale unità del
Corpo Mistico di Cristo, fin quasi a formare una sola mistica persona» (lndulgentiarum
doc trina, Introduzione, n. 5, 2: Enchir. Val., val. 2, p. 787, n. 925).
Le indulgenze 20l

CAN. 993- Indulgentia est partìa- L'indulgenza è parziale o plenaria, se-


lis aut plenaria, prout a poena condo che libera in parte o in tutto dalla
temporali pro peccatis debita pena temporale dovuta per i peccati.
Iiberat ex parte aut ex toto.

- Dall'altra, la potestà della Ch iesa di disporre del «tesoro infinito e inesauribile


delle espia zioni e dei meriti di Cristo Signore», a cui si uniscono le preghiere e le
soddisfazioni della Beata Vergine Maria e dei Santi (n. 5, 3). Cfr. Conc o Tridentino,
Sesso XXV, 4 dic o 1563, Decretum de indulgentiis: Denzinger-Schonmetzer, n. 1835.
L'indulgenza - afferma pertanto il can . 99 2, riportando testualment e la prima delle 3598
"Norme" delle Costituzioni di Paolo VI (Enchir. Vat., voI. 2, p. 80 1, n. 935 ) - è la
remissione dinanzi a Dio della pena temporale do vuta per i peccati , già perdonati quanto
alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a ta1une determinate condi zion i, otti ene
ad opera della Chiesa, che, come mini stra della redenzione, dispensa e applica con
autorità il tesoro delle soddisfazioni di Cri sto e dei Santi .
- Remissione della pena: non della colpa, che viene perdonata mediante l' assoluzione del
sacerdote confessore
- Della pena tempo rale: la pena eterna, eventualmente meritata a causa dei peccati. viene
rimessa insieme col peccato
- Dinanzi a Dio: si tratta della pena meritata di fronte alla giustizia di Dio (in foro Dei), non
dell'e ventuale pena canonica. meritata di fronte alla Chiesa (in foro Ecclesiae)
- La Chiesa è min istra della redenzione. perché ad essa Cristo ha affidato il " munus
sanctificandi" e la " potestas clavium" (MI. 16. 19).
Il fine che si propone la Chiesa «nell' elargire le indul genze , è non solo di aiutare 3599
i fedeli a sco ntare le pene del peccato, ma anche di spingerli a compiere opere di pietà,
di penitenza e di carità specialmente quelle che giovano all' incremento dell a fede e al
bene comune» (lndulgentiarum doctrina, Introduzi one, n. 8, 4: Enchir. Vat., voI. 2, pp.
792-795, n. 930) .

Indulgenza plenaria e parziale 3600


993 L' indul gen za è dist inta tradi zion almente in plenaria e parziale (cfr. anche cann .
921,926 e 928, Codice 19(7).
L'indulgenza plenaria è quella che rimette tutta la pena temporale dovuta per i
peccati già ca nce llati quanto alla co lpa e alla pena eterna . L ' indul genzaparziale è quell a
che rimett e solo una parte di tale pen a.
Nella disciplina precedente, si parla va d'indulgenze di quarant a o cent o giorni, di sette
anni, e simil i. Con dette espressioni, s' intendeva la remissione di tanta pena temporanea.
quanta se ne sarebbe scont ata con quaranta o cento giorni o sette anni di rigorosa peniten za.
com' era in uso nella Ch iesa primiti va. Tali determ inazioni alq uanto meccaniche so no state
soppresse : «Si è stabi lita una nuova nonna o misura. tenendo in conside razione la stessa azione
del fedele . che comp ie un' ope ra indulgenziata » (ln dulgen t ìa rum doc trin a, Introduzi one, n. 12,
4). L' indul gen za parziale è oggi «indicata con le sole parole indulgen za parziale. sen za alcuna
determinazi one di giorni o di anni » (Norme. n. 4). e «il fedele. che almeno col cuore contrito
compie un' azione. alla qu ale è annessa l'indulgenza parziale. ottiene. in aggiunta alla rem is-
sione della pena temp orale che acquista con la sua az ione, altrettanta remissione di pena per
intercession e dell a Chie sa» (n. 5).
Avverte pertanto il Manuale delle Indulgenze al n. 6 delle "Norme" : «È abolila la divisione
delle indulgenze in personali. reali e locali, perché apparisca più chiaramente che le indulgen ze
sono concesse alle azioni dei fedeli, sebbene esse siano talvolta collegate ad un oggetto o ad un
luogo» iEnchir. Vat., vol. IO. n. 649),
202 LIBRO IV - Il " munus sa nctificandi" della Chiesa

CAN. 994 - Quivis fidelis potest in- Qualsiasi fedele può lucrare per se stes-
dulgentias sive partialessive plena- so le indulgenze sia plenarie che parziali,
rias, aut sibi ipsi lucrari, aut defun- ovvero appli carle ai defunti a modo di
ctis applicare ad modum sutTragii. suffragio.
CAN. 995 • § 1. Praeter supremam § I. Oltre alla supre ma autorità della
Ecclesiae auctoritatem ii tantum Chiesa, po ssono concedere indulgenze
possunt indulgentias elargiri, qui- soltanto quelli a cui que sta facoltà è rico-
bus haec potestas iure agnoscitur nosciuta dal diritto o è conc essa dal Ro-
auta RomanoPontifice conceditur. mano Pontefice.
§ 2. Nulla auctoritas infra Ro- § 2. Nessuna autorità inferiore al Rom a-
manum Pontificem potest potesta- no Pontefi ce può conferire ad altri la fa-
tem concedendi indulgentias aliis coltà di concedere indulgenze, se questo
committere, nisi id ei a Sede Apo- indulto non sia stato attribuito espressa-
stolica expresse fuerit indultum. mente dalla Sede Apostolica.

3601 2. Norme generali

l ) L'acquisto e l'applicazione delle indulgenze


994 (930*) Qualsiasi fedele:
- Può lucrare le indulgenze sia plenarie che parziali per se stesso
- Può anche applicarle ai defunti , a modo di suffragio
Nessuno , tuttavia, può applicare le indulgenze. che acqui sta. ad altri che siano
ancora in vita tEnchiridion indulgeru iarum, Norme, n. 3).

3602 2) L'autorità competente per la concessione


995 (912-9 13*) È anzitutt o il Romano Pontefi ce, «a l qual e è stata affidata da
Cr isto Signore la distribu zion e di tutto il tesoro spiritu ale della Chiesa » (ca n. 912,
Codice 1917) .
La materi a dell e indul gen ze è affid ata. nell a Curi a Romana. alla escl usiva co mpetenza della
Sacra Peniten zieria , salvo il diritt o della Congrega zione per la Dottrina della Fe de per quanto
rigu ard a la dottrina dogm ati ca circa le indulgenze (Enchiridion indulgentiurum. Norme. n. 9:
Enchir. Val.. voI. 3. p. 243, n. 509; vol. IO, n. 65 1).
In dipendenza dal Papa . possono concedere indulgenze soltanto quelle persone a cui
questa facolt à è riconosciut a dal diritto o è concessa dal Rom ano Pon tefice.
3603 Facolt à dci Vesco vi diocesan i e dd Presuli equiparati, dei Metropoliti , dei Patri arch i e dei
Ca rdinali.
Vescovi diocesani e Presuli equiparati: <<I Vescovi diocesan i e coloro che nel diri tto sono ad
essi eq uipara ti, dall'inizio del loro ufficio pastorale , possono:
l " Concedere l'indulgenza parziale ai fedeli affidati alla loro cura pastorale .
2° Impartire nella propria diocesi la Benedizione Papale con anne ssa l'indulgenza plenaria,
usand o la prescritta formula, tre volte in so lennità o feste di loro scelt a, al termine della S. Messa
celebrata con particolare dignità litu rgica, anche se essi non abbiano co mpiuto i riti sacri, ma
so ltanto vi abbiano assistito» '.

, Parti colare concessione del Rom ano Pontefice . Decreto della Penit en zieria Apostolica, 14
dice mbre 1985 (Enchi r, Vat., vo I. 9, pp. 1782-17 85:
Le indu lgenze 203

CAl\!. 996 • § l. Ut quis capax sit § l. Per essere capaci di lucrare le in-
lucrandi indulgentias debet esse dulgenze, è necessario essere battezzati,
baptizatus, non excommunicatus, non essere colpiti da scomunica ed essere
in stato gratiae saltem in fine ope- in stato di grazi a almeno al termine delle
rum pracscriptorum. opere prescritte.
§ 2. Ut vero subiectom capax eas § 2. Per lucrare di fatto le indulgenze, il
lucretur, habere debet intentionem soggetto capace deve avere almeno l'in-
saltem eas acquirendi et opera tenzione generale di acquistarle, e adem-
iniuncta implere statuto tempore piere le opere prescritte nel tempo stabili-
acdebito modo, secundum conces- to e ncl modo do vuto, secondo il tenore
sionistenorem. della concession e.

Metropoliti: «I Metrop oliti possono concedere l'indulgenza parziale nelle diocesi suffraganee
come nelle proprie diocesi».
Patriarchi: « ] Patriarchi posson o concedere l' indul genza parziale ne i singo li luoghi. anche
esenti, del prop rio patriarcato, nelle chiese del propri o rito fuo ri del patriarcato, e dovunqu e per i
fedeli del proprio rito. La stessa facoltà è con cessa agli Arcivescovi maggiori ».
Cardinali. « ] Ca rdinali hanno la facoltà di conce dere ovunque l'indulgenza par ziale , che può
essere acquistata soltanto dai presenti , volta per volta» (Manuale delle Indulgenze, versione italia-
na, ed. 1987, nn. 10-13 delle Norme , pp. 26-27 ; cfr . anche Enehir. Vat., voI. IO, pp. 473 -475 ).
Nessuna autorità inferiore al Romano Pontefice può dare ad altri la facolt à di
concedere indulgenze, se quest o non le sia stato concesso espressamente dalla Sede
Apostolica (§ 2).

3) Condizioni per lucrare le indulgenze 3604


996 (925*) IO La prima condizione per l' acqui sto delle indulgenze è la capacità,
che, a termin i del § I, risulta da tre dati di fatto:

- «Da varie parti sono giunt e alla Santa Sede richieste affi nché, come si fa semp re più
frequente e perfetto l'uso degli strumenti di comunicazione radio-televisiva per la diffusione del
messaggio della salvezza - c ciò per il don o dell a Provvid enza divina che tutto dirige al fine della
salvezza - così quest i medesimi strumenti possano servi re per la distribu zione dei favor i spiri tua li.
per quanto lo consente la loro natura.
Questo precisament e hanno prop osto alcuni Vescovi circa l'indulgen za plenari a. annessa alla
Benedizione Papale che . secondo la norma Il , li 2, dell' Ench iridion Indulgentiarum, i Vescovi
possono co ncedere tre volte all' anno, affi nch é siano in grado di acquistarle quei loro fedeli che. per
una ragionevole causa, non posson o essere fisicamente presenti ai sacri riti durante i quali viene
impartita la Benedi zione Pap ale, pur ché seguan o piamente lo svolg iment o dci riti attraverso la radio
e la televisione. e ricevan o la Benedi zione stess a a lle solite condizioni dell a con fess ione, de lla
Comunione e della pregh iera secondo l'intenzione del So mmo Pontefi ce.
La Sacra Penitenzieria ha creduto di accogliere volentieri questo adatta mento della vigente
disciplina, tanto più che ciò molto ne avvantaggerà la stima delle indulg enze in mezzo al pop olo
cristiano, che si sentirà in tal modo stimolato ad acqui starla o ad accre scere la graz ia sant ifi cante
per mezzo dei sacramenti, come pure verrà maggiormente raffo rzata l'uni one spirituale dei fedeli
col proprio Vescovo .
Pertanto, nell 'udienza del 13 dice mbre co rrente co ncessa al sottosc ritto Penitenziere Mag gio-
re. il Summo Pontefice si è beni gnamente degnato di co ncede re che i fedeli possano acquista re
l' indulgenza plenaria come so pra è stato espo sto. e dispone che questa concession e venga pubbli -
cata.
Con il presente Decreto la Sacra Penitenzieria ese gue la decisione del Somm o Pontefi ce,
Nonostante qualsiasi cosa in contrario».
204 LIBRO IV ~ Il " munus sanctificundi" della Chi esa

CAN. 997 - Ad indulgentiarum Per quanto concerne la concessione e


concessionemet usum quod attinet, l'uso delle indulgenze, devono essere an-
servanda sunt insupercetera prae- che osservate le altre nonn e con tenute
scripta quae in peculiari bus Eccle- nelle leggi speciali della Chiesa.
siae legibus continentur.

Il batt esimo, che ci fa membr i della Chiesa e partecipi della Comuni one dei
Santi
L' assenza di una scomunica ca nonica
- Lo stato di grazia, almeno al ten nine delle opere prescritte. «Le indulgenze -
avve rte Paolo VI - non possono essere acquistate senza una sincera conversione e
senza l' unione con Dio, a cui si aggiunge il compimento delle opere rich ieste. Viene
conservato dunque l'ordine della carità, nel quale s'in serisce la rem issione delle pene
grazie alla distribuzione del tesoro della Chies a» tlnd ulgent iarum doctrina, Introduzi o-
ne, n. Il , I).
3605 Da notare
- Si ritiene in genere dalla dottrina che i catecumeni possano acquistare le indulgenze in
suffragio dei defunti.
- Si discute se il medesimo principio valga anche per i peccatori privi dello stato di grazia
e perfino per gli scomunicati. La Congregazione delle Indulgenze, interrogata a tal riguardo, non
volle dirimere la questione , la prima volta, rispose "D ilata" (20 agost o 1822); la seconda: "Consulat
probatos auctores" (22 febbraio 1847).

3606 2° La co ndizione per lucrare di fa tto le indulgenze è dupl ice:


- L'intenzione di acquistarle: basta l'i ntenzione generale (can. 925. § 2, Codice
1917 ); basta anche l'intenzione abituale, emessa una volta, e non più ritirata; basta
pertin o, probabilmente, l' intenzione abitua le-impl icita, contenuta nella professione della
vita cristia na.
- L 'adempimento delle opere prescritte nel tempo stabilito e nel modo dov uto.
seco ndo il tenore della concessione.

3607 4) L'osservanza delle altre norme prescritte


997 Si è già rilevato che l' attuale cap. IV stabilisce soltanto i princip i ge nerali. Il
ca n. 997 richiama pertanto l'osservanza delle altre norme contenute nelle leggi partico-
lari de lla Chiesa:
- Gli accennati documenti di Paolo VI e della S. Penitenzicria Apostolica.
- Gli atti singoli. mediante i quali si concede una speciale indulgenza, per es. la
Bolla d' indizione del Giubil eo.

3. L'indulgenza plenaria

3608 l ) L'indulgenza plenaria in genere


L'indulgenza plenaria può essere acq uistata una sola volt a al gio rno ; una secon-
da indulgenza plenaria è possibil e "i n articulo mortis" iEnchiridion indulgentiarum,
n. 24, §§ 1-2: Enchir. Vat. , vol. 3, p. 249, n. 524 ; voI. l O, p. 664) . L'indulgenza
parziale può essere invece acquis tata più volt e al giorno, sa lvo espli ci ta di spo sizione
con traria (n. 24, § 3).
Le i ndulgenze 205

Per acquistare l'indulgenza plenaria, è necessario eseguire l' opera indulgenziata e adempiere
tre condizioni:
La confessione sacramentale
- La Comunione eucaristica
- La preghiera secondo le intenzioni del Romano Pontefice: la recita di un
Padre nostro e di un'A ve Maria ; «è lasciata tuttavia a i sing o li fedeli di recitare
qual si as i a ltra pregh iera, seco ndo la pietà e la devozione di ci ascuno» iEnchiridion
indulgentla rum, n. 29).
Si richiede inohre che sia escluso qualsias i affetto al peccato anche veniale. Se manca la piena
disposizione e non sono poste le tre predelle condizioni, l'indulgenza è solamente parziale .
Le tre condizioni possono essere adempiute sia prima che dopo l'ese cuzione dell'opera pre-
scritta, anche se si tratta di più giorni (pluribus diebus). Tuttavia conviene che la comunione e la
preghiera sec& do le intenzioni dci Sommo Pontefice siano fatte nello stesso giorno in cui si compie
l'opera (lndulgentiurum doctrina. Norme, nn. 7-8: Enchir. Val., val. 2, p. 803, nn. 94 1-942).

2) L'indulgenza plenaria "in articulo mortis " 3609


In pericolo di morte, qualora non sia po ssibile avere un sacerdote che am m inis tri
i sac ra me nti ed impart isc a la Benedizione Apostolica co n l'annessa indulgenza plenaria ,
la santa Chiesa concede ugualmente l'indulgenza plenaria "in articulo mortis", purché
il morente sia ben di sposto e abbia recitato durante la vita qualche preghiera.
Pe r l' acquisto di tale indulgenza , è raccomandabile l'uso del Crocifisso o della
Croce.
Questa stessa ind ulge nza plenaria "in art iculo rnortis" può es sere lucrata anc he dal
fedele che, nello stesso giorno, ab bi a già ac q u istato un'altra indul genza plenari a
tlndulgentiarum doctrina, Norme, n. 18: Enchir. Val., voI. 2, p. 807 , n. 952 ).
A norma del can. 530, n. 3, l'impartizione della Benedizione Apostoli ca è demand ata in modo
speciale al parroco.

4. Norme del "Manuale" 3610


Riport iamo alcun e norme co n te n ute nell ' Enchiridion lndulgentiarum della
Penitenzieria Apostoli ca (E nc hir. v ar. , vol. IO, p. 471 55.). L a traduzi one è della Libreria
Editrice Vaticana, a . 1987.
l. Licenza per Ili pubblicazione (n. 14)
.~ J: «Libri, opuscoli , fogli, ecc., nei quali sono contenute concessioni di indulgenze, non
devono essere pubblicati senza licenza dell'Ordinario o del Gerarca del luogo».
§ 2: «Occorre invece es pressa licenza della Sede Apostolica per poter stampare in qualunque
lingua la collezione autentica delle concessioni di indulgenze fatte dalla Santa Sede».
2. Indulgenza annessa a II na fes ta (n. 16)
- «L ' indulgenza annessa ad una festa s' intende trasferita al giorno in cui la stessa festa o
la sua celebrazione esterna sia legittimamente trasportata».
3. Indulgenza per visita a una chiesa o ad Ull oratorio ( n. 17)
- «Se si richiede la visita ad una chiesa o ad un oratorio per acquistare l'indulgenza stabilita
per un giorno determinato, la detta visita si può fare dal mezzogiorno della vigilia fino alla mez-
zanotte del giorno stabil ito».
4. Cessazione di ulla indulgenza (n. 19) 3611
§ J: «Le indulgenz e annesse alla visita di una chiesa non si estinguono se la chiesa venga
demolita e ricostruita entro cinquanta anni, più o meno nello stesso luogo e con lo stesso titolo».
206 LIBR O IV . JI "munuxsa nctificundi" de lla Chiesa

§ 2: «L' indulgenza annes sa all 'u so di un oggetto di piet à cessa solta nto quando l'o ggett o
vada distrutto o sia venduto».
5. L 'opera prescritta (n . 22)
- «L'opera prescritta per lucr are l'indulgen za plenaria annessa ad una chies a o ad un
oratorio consiste nella devota visit a di questi luoghi sacri, recitando in es si il Padr e nos tro ed
il Credo , sa lvo che in casi particol ari sia diversam ente stabilito».
6. Confessione e Comunio ne ( n. 23 ~ 2)
- «Co n una sola co nfessio ne sacra mentale si possono acq uistare più indulgenze ple narie;
inv ece co n una sola Com unione euca ristica e una so la preghiera secondo Ic inten zioni del
Sommo Pontefice si può acqui stare una sola indul genza plenaria »,
3612 7. L 'adempime nto delle tre condizioni (n . 23. § 3)
- «Le tre condi zioni possono essere adempiute pare cchi giorni prim a o dop o aver com-
piut o l'opera prescritta; tutt avi a è con veniente che la Comunione e la preg hiera secondo lc
intenzioni del Sommo Pontefi ce siano fatte nell o stesso gi orno. in c ui si co mpie l' ope ra».
8. La preghiera secondo le inten rioni del Papa ( n . 23. ~ 5)
- «Si ade mpie pienamente la condizione dell a pre ghie ra seco ndo le intenzion i del Som-
mo Pontefice, reci tando seco ndo le sue inten zioni un Padre nost ro ed un' A ve, o Maria : è
lasciata tutt avia libert à ai singoli fedeli di recitare q ualsiasi altra pre ghi era seco ndo la piet à e
la devozi one di cias cun o».
9. Qualsi asi lingua (n. 25)
- «L' indulgenz a annessa ad una pregh iera può esser e acqu istat a in qu alun q ue lingua
es sa venga recitata, purché con sti dell a fedelt à dell a vers ione per dichiarazione o dell a Sacra
Penitenzieri a o di uno degl i Ordin ar i o Ge rarchi dei luoghi do ve è co munemente parlata quell a
lingua ».
3613 IO. La preghiera altemata o seguita mentalmente (n. 26)
- « Per l'acquisto dell'indulgen za ann essa ad una preghiera.basta rccitarla alternativa-
mente con un altro o seguirla ment almente mentre un altro la recita» .
Il . Commutazione da par re dei confessori ( n. 27)
- «I co nfesso ri possono com muta re sia l' opera prescr itta sia le co ndizio ni a q uelli che
siano legitt ima mente im pediti dal co mpierle».
12. Facolt à degli Ordina ri e dei Gerarchi ( n. 28 )
- «Gli Ordinari () i Ge rarc hi dei luoghi possono co ncedere ai fedeli , s ui qu ali eser citan o
la loro a utor ità a norm a del diritto. se risiedono in luoghi dove in nessun mod o o al meno molto
difficilmente possono accostarsi ai sacramenti della confessione o della Comunione, di poter
acq uistare l'indulgenza plenaria sen za l'attuale confessione e Comunion e, purché sian o contriti
e propongano di accosta rsi ai predetti sacra me nti app ena sarà loro possibile ».
13. Sordi e muri ( n . 29)
- <<I sor di e i muti possono acq uistare le ind ulgenze annesse a pubbliche preghier e se.
trovand osi insieme ad altri fedeli che pre gan o, innalzino piament e l' animo a Dio; se si tratta
di preghi era pri vata. basta che le recitino mentalmente o le manife stin o co n seg ni o le legg ano
so lta nto co n gli occhi" .

3614 L 'UNZIONE DEGL 'INFERMI (cann . 998-1007)


Schema
I. Premessa 4. II ministro
2. II canone introdutt ivo 5. II soggetto
3. La celebrazione del sacramento
L'u nxionc degl'In fermi 207

Titolo V
Il sacramento dell'nnzione degl'infermi
CAN. 998 • Unctio infirmorum, L'unzionc degl'infermi, con la quale la
qua Ecclesia fideles periculose Chiesa raccomanda al Signore sofferente
aegrotantes Domino patienti et e glorificato i fedeli infermi in modo pe-
glorificato, ut eos allevet et salvet, ricoloso , affinch é li sollevi e li sal vi, vie-
commendat, confertur eos linien- ne conferita ungendoli con l'olio e pro -
dooleoatque verba proferendo in nunziando le parole prescritte nei libri li-
Iiturgicis Iibris praescripta. turgici .

L Premessa
A parte il canone introduttivo, il titolo V è diviso in tre capitoli :
I ° La celebrazione del sacramento: cann . 999 -1002
2° Il ministro : can. 1003
3° Il soggetto: cann . 1004-1007
Documenti post-conciliari emanati dalla Santa Scde 3615
- Costo Ap. Sacram unctionem in flrmorum di Paolo VI, 30 nov. 1972: En chir. Vat., voI. 4,
pp. 1154-1163
- L'Ordo unctionis infirmorum dell a S.C. per il Cult o Divino, 7 dic. 1972 : Enchir. Vat., voI.
4. pp. 1170-1195
Documenti della Conferenza Episcopale Italiana 3616
- Il Dir ettor io liturg ico-pastorale , 27 giugno 1967 , nn . 72 - 113: En chi r. C EI, vo I. l , pp.
394-4 18
- Il Sacramento dell'unrione e cura pastorale degl'infermi. 23 maggio 1974: versione ita-
liana dell'ardo unctionis infirmorum, entrat o in vigore il 16 febbraio 1975
- Il doc. pastoEvangelizzarione e sacramenti della penitenza e dell 'unzione degl 'infermi. 12
luglio 1974, nn. 118-176: Enchir. CEI, va l. 2, pp. 497-5 12

In conform ità col n. 73 della Cost. eone. Sacro sanctulll Concilium, nel nuo vo 3617
Codice non si parla pi ù di "e strema unzio ne" (un termine entrato nell 'uso canonico
nel sec . XII ), ma di "un zione degl'i nfermi" per mettere in rili evo che il dett o sacra-
mento «non è so lta nto il sacramento di col oro che sono in fin di vita », ma anche di
coloro c he «comincia no ad essere in pericolo di morte per malattia o per vecchi aia»
(Cost. cit. ). Com c risul ta evidente, non si tratta di una semplice mod ifica di tenn i-
nologia.

2. Il canone introduttivo
998 (937*) Il canone, ispirato al n. Il, I, della Cost, conco Lumen Gentium , enun- 3618
zia il concetto dell'unzione degl'infermi, determinandone il soggetto, la finalità e gli
elementi essenziali.
Il soggetto è il batte zzato colpito da infermit à pericolosa (periculose aegrotans): di
esso trattano in modo specifico i cann . 1004-1007 .
La finalità del sacrament o è dare sollievo e salvezza all' infermo. A que sto scop o,
la Chiesa lo «raccomanda al Signore sofferente e glorificato e lo esorta anzi a unirsi
spontaneame nte alla passione e morte di Cristo» tLumen Gentium, n. 11 , 2).
208 LIBRO IV - ll t'munus sant:lilicandi"lI dla Chiesa

CAPITOLO I
LA CELEBRAZIONE DEL SACRAMENTO

CAN. 999 - Praeter Episcopum, Oltre al Vescovo , possono ben edire


oleum in unctione infirmorum l' olio da usare nell'unzion e degl ' infermi:
adhibendum benedicere possunt:
I ?qui iure Episcopo dioecesano l " coloro che per diritto sono equ iparati
aequiparantur; al Vesco vo diocesano;
2 0 in casu necessitatis, quilibet 2 0 in caso di necessità, qualsiasi presbi-
presbyterin ipsa tamen celebratio- tero, ma nella celebrazione stessa da l sa-
ne sacramenti. crame nto.

- Questo sacramento conferisce al malato la grazia dello Spirito Santo. Tutto l'uomo ne
riceve aiuto per la sua salvezza, si sente rinfrancato dalla fiducia in Dio e ottiene forze nuove contro
le tentazioni del maligno e l' ansietà della morte. Egli può così non solo sopportare validamente il
male, ma combatterlo. e conseguire anche la salute. qualora nc derivasse un vantaggio per la sua
salvezza spirituale. Il sacramento dona inoltre, se necessario, il perdono dci peccati e 'porta a
termine il cammino penitenziale tOrdo, Premesse, n. 6).
36 19 G li elementi costitutivi so no:
- L' olio benedetto: la materia rem ot a
- Le sacre unzioni : la materia prossima
- La preghie ra rituale, prescritta nei libri liturgic i: la forma

3. La celebrazione del sacramento

3620 I ) La benedizione dell'olio


999 (945*) Nel Codice preced ente l' ol io da usare nell ' unzion e degl'infermi era
l'olio di ulivo (oleum olivaru m). A termine de l can . 847, § l , de ll' attua le Co dice può
essere adoperato qu alsiasi olio vegetale, est ratto cio è da pian te. Ovviam ente l' oli o di
ulivo è se mpre da prefe rirsi.
L' ol io de v' essere benedetto dal Vescovo. La benedizione co mpete "ex iure" anche
ai Presu li equ iparati al Vesco vo diocesano: il Prelato e l' Ab ate territorial e. il Vicario e
il Pre fetto apos tolico, l' Amministratore apos tolico di amminist razione sta bilme nte ere tta
(cann. 368 e 38 1, § 2), l'Amministratore diocesano (can . 427, § I). In cas o di necessit à,
qu alsiasi presbitero può ben edire l' olio degl' infermi , ma solo nella stessa ce lebrazione
del sacrame nto '.
La benedizione dell'olio degl' infermi viene compiuta normalmente dal Vescovo, nella Messa
crismale del Giovedì Santo.
36 21 Seco ndo la sen tenza più comune - che ha a suo favore una Risposta dell a S.
Con gregaz ion e del S. Uffici o, 13 gen naio 1611 - la be nedizion e dell' oli o è "ad
valore m sac rame nti".

, Si noterà che una simile facoltà non è concessa per il crisma della confermazione (can. 880,
*2). Ma nulla impedisce che in futuro sia concessa per i casi di necessità.
L'un zìonc degl'Infe rmi 209

CAN. 1000-§ 1. Unctiones verbis, § l. Le unzioni siano compiute accura-


ordine et modo praescriptis in li- tamente con le parole e nell' ordine e nel
turgicis libris, accurate peragan- modo prescritti nei libri liturgici; tuttavia,
turò in casu tamen necessitatis, in caso di necessità, è sufficiente un'unica
sufficit unetio unica in fronte vel unzione sulla fronte, o anche in altra parte
etiam in alia corporis parte, inte- del corpo, pronunziando integralmente la
gra formula prolata. formula.
§ 2. Unetiones peragat minister § 2. Il ministro compia le unzioni diret-
propria manu, nisi gravis ratio tamente con la mano, tranne che una grave
usum instrumenti suadeat. ragione consigli l'uso di uno strumento.
CAN. 1001 - Curent animarum I pastori d'anime e i congiunti degl'in-
pastoreset infirmorum propinqui, fermi abbiano cura che essi ricevano tem-
ut tempore opportuno infirmi hoc pestivamente il conforto di questo sacra-
sacramento subleventur. mento.

2) Le sacre unzioni 3622


1000 (947 *) Devono essere compiute accuratamente con le parole, l'ordine e il
modo prescritti nei libri liturgici.
Nell'Ordo sono prescritte di norma le unzioni sulla fronte e sulle mani dell'infermo:
- L'unzione si fa spalmando un po' di olio sulla fronte e sulle mani dell'infermo.
Quanto alla formula, è bene dividerla in modo da pronunziare la prima parte mentre si
fa l'unzione sulla fronte, e la seconda mentre si fa l' unzione sulle mani. In caso di
necessità, basta fare un'unica unzione sulla fronte, pronunziando integralmente la for-
mula sacramentale. Se poi la particolare situazione del malato rendesse impossibile
l'unzione sulla fronte, la si faccia su di un'altra parte del corpo, pronunziando sempre
integralmente la formula sacramentale (Ordo, n. 23).
Il ministro deve compiere le unzioni direttam ente con la mano (per sé, col pollice 3623
destro), tranne che una grave causa (per es. se l'infermo avesse una malattia contagiosa)
consigli l'uso di uno strumento.
Nell'DI'do è prevista l'imposizione delle mani sul capo dell'infermo da parte del sacerdote 3624
che compie il rito , e anche da parte di tutti i sacerdoti che fossero presenti (n. 76). Tale gesto non
appartiene al valore del sacramento. ma è molto signifi cati vo. E s ugge rito dall'esempi o di Cristo ,
che impone va le mani sui malati per guarirli, c dal modo di esprimersi di S. Giacom o: " Preghino
su di lui" (5, 14).

3) Il dovere dei pastori d'anime e dei congiunti dell'infermo 3625


1001 (944 *) Il sacramento dell'unzione degl'infermi va ricevuto tempestivamente,
quando cioè l' infermo è ancora "compos sui", sì che possa partecipare in modo attivo
al sacro rito, unendosi coscientemente alle sofferenze di Cristo e associandosi al suo
sacriticio.
A tal riguardo, la famiglia, e anche i parenti, gli amici più stretti , il medico. hanno
il grave dovere di avvertire con tatto l'ammalato, senza lasciarsi ingannare da una falsa
pietà o da sciocchi pregiudizi. Non si può chiamare il sacerdote quando l'infermo ha
perduto la conoscenza e non si renda più conto di quanto avviene attorno a lui. E una
falsa e crudele pietà, un vero tradimento perpetrato ai danni di un'an ima!
La responsabilità è anche dei pastori d'anime. i quali son tenuti "ex officio " a
curare con la dovuta vigilanza che gl'infermi del loro territorio o della loro comunità
ricevano l'unzione degl' inferm i e il santo Viatico "tempore opportuno" e con le dovute
disposizioni, attraverso un'adeguata catechesi.
210 LIBR O IV - U "munus sancti ficandiv dctla C hiesa

CAN. 1002 - Celebratio communis La ce lebrazione comunitari a dell a un-


unctionis infirmorum, pro pluri- zione degl'infermi, per più malati con-
bus infirmis simul, qui apte sint temporaneamente, che siano adeguata-
praeparati et rite disposi ti, iuxta mente preparati e debitamente disposti ,
Episcopi dioecesani praescripta può esse re compiuta osservando le pre-
peragi potest. scrizioni stabilite dal Vescovo diocesano .

CAPITOLO II
IL MINISTRO DELL'UNZIONE DEGL'INFERMI

CAN. 1003 - § 1. Unctionem infir- § l. Amministra validamente l'unzione


morum valide administrat omnis et degl'in fermi ogni sacerdote e solo il sa-
solus sacerdos. cerdote.
§ 2. Officium et ius unctionis in- § 2. Relati vamente ai fedeli affidati al
firmorum ministrandihabentomnes loro ufficio pastorale, hanno il do vere e il
sacerdotes, quibus demandata est dir itto di amminis trare l'unzione degl 'in-
cura animarum, erga fidelessuo pa- ferm i tutti i sacerdoti a cui è demandata la
storali officio commissos; ex ratio- cura delle anim e; per una cau sa ragi one-
nabili causa, quilibet alius sacerdos vole, qualsiasi altro sace rdote può amm i-
hoc sacramentum ministrare potest nistrare que sto sacrame nto col co nse nso
de consenso saltem praesumpto sa- almeno presunto del sace rdote a cui spetta
cerdotis de quo sopra. d'ufficio.
§ 3. Cuilibet sacerdoti licet oleum § 3. A qual siasi sacerdote è permesso
benedictum securnferre ut, in casu portare con sé l'olio benedetto, per poter
necessitatis,sacramentum unctionis amministrare il sacra me nto dell'un zione
infirmorum ministrare valeat, degl ' infermi in caso di necessit à.

L'esempi o dei Vescovi e dei Presbiteri, richiamato dal Direttorio dei Vesco vi della Co ngre-
gazione per i Vescovi, 22 febbraio 1976:
- Art. 89: «Il Vescovo, co me capo e modello dei Presbiteri e dci fedel i. ricev e in modo
esem plare i sacra menti che so no necessari a lui non meno che a q ualsiasi altro membro de lla
Chiesa . Particol armente eg li procu ra che. ammalato con serio pericolo, gli ve nga amministrato il
sacramento dell 'un zione degl 'infermi e gli venga recato il santo Via tico co n so lennità e acco mpa-
gname nto di clero e di popolo .
Parimenti, per quanto sta in lui. il Vesc ovo cerc a che i med esimi riti siano cele brati in forma
comunita ria anche per i Presbiteri. Alle loro eseq uie, per quant o è possibi le, presi ede person almente
(Enchir. VCI/., voI. 4, n. 2077 ).

3626 4 ) La celebrazione comunitaria per più in/ermi


1002 È una iniziativa pastorale import ante, dirett a a superare inveterati pregiu-
dizi , a rendere più efficace la celebrazione del sacramento, a favorire una part ecipa-
zione se rena, in chiara testim onianza di fede, di tutt i i presen ti al rito, e soprattutto
del l'in fermo.
Tale celebrazione dev' essere preparata con molta cura. sotto l' aspetto spirituale.
catechistico e organizzativo, attenendos i alle norme emanate in merito dal Vescovo
diocesano.
L' unzione de gl' Infermi 211

C'è tuttavia un pericolo, che la celebrazione comunitaria possa riuscire di pregiu-


dizio a quella personale, quando lo stato dell'infermo si fa più grave . È un pericolo che
va evitato.
È opportuno che la celebrazione comunitaria si svol ga in chiesa e con la celebra-
zione della S. Messa tOrdo, nn. 83-84) .

4. Il ministro 3627
1003 (938-939*) Il canone è unico ma le prescrizioni sono molteplici.
J° Il ministro "ad va lid ita tem" . È in modo esclusivo il sace rdote insignito del-
l'ordine presbiterale (Co nc. Trid entino, Sess o XIV. 25 nov. 1551, cap. 3 e can . 4:
Denzinger-Sch onmetzer, nn. 1697 e 1719).
2° Il ministro "ex offlcio" . È il sacerdote in cura d' anime. e che, come tale , ha il
dovere c il diritto di amministrare l'un zione degl'infermi ai fedeli affid ati alla sua
responsabilità pastorale (§ 2, J parte ).
Tale amministrazione è una funzione demandata in modo speciale al parroco (can. 530, n. 3),
un compito del cappellano (can, 566. § l ). del rettore dcI seminario (can. 262). Il n. 16 dell' Ordo
enumera espressamente anche i Vescovi. i coopera tori dei parroci. i cappellani di ospedali u di case
di riposo. i superiori delle comunità religiose clericali.
3° La facoltà d'ogni sacerdote. Pe r una causa ragi onevole (ex ration abili ca u- 3628
sa), qualsiasi altro sac erdote può ammi nistrare il sac ramento dell 'unzione degl'infer-
mi, col consenso al me no presunto del sacer dote che ne ha il di ritto e il dover e "ex
officio" (§ 2, Il parte).
In pericol o di morte - avverti va il can . 939 del Codice precedente - qualsiasi
sacerdote è tenuto "ex caritate" ad amministrare il sacramento.
4° Una concessione giustificata dai tempi . A qualsiasi sacerdote è perm esso por- 3629
tare con sé l'olio benedetto, per poter amm inistrare il sacramento dell'unzione degl'in-
fermi in casi di nece ssità (§ 3).
5° Presenza di più sa cer doti . «Quando al capezzal e d i un malato ci sono due o 3630
più sacerdoti, nulla viet a che uno di essi pronun zi le preghiere e faccia l'unzion e co n
la formula sacramentale prescritta, e gli altri si spartiscano fra di loro le varie parti della
celebrazione: riti iniziali , lettura dell a parola di Dio, invo cazioni , monizioni. Ognun o di
essi può imporre le mani sul malato» tOrdo, n. 19).
6° Ministri non cattolici : cfr. 844 e commento relativo. 3631

5. Il soggetto 3632

I ) La malattia gra ve
1004 (940*) Il sogg etto dell 'unzione sacra mentale è il cristiano batte zzato grave-
mente infermo.
Le condizioni per la validità sono cinque: lo stato di vita, il carattere battesima le,
l'età della discre zione, l' intenzione almen o implicita e la malattia grave. Alla intenzione
è riser vato il can . 1006.
IO Lo stato di vita e il carattere battesimale suno condizioni di carattere generale. Il
catecumeno. pertanto. non può ricevere validamente l'un zione degl'infermi. Il carattere battesi male
è conferito solo dal battesimo "ex aqua et Spiritu Sancto".
20 L'età della discre zione è necessaria, perché chi non l'ha raggiunta non può avere una vera 3633
coscienza della morte né è capace di peccare e, quindi, di perdere la grazia di Dio. Di conseguenza.
212 LIBRO IV - 11 "rmmu s sancti ficandi" della Chiesa

CAPITOLO III
LE PERSONE A cm DEV 'ESSERE CONFERITA
L 'UNZIONE DEGL'INFERMI

CAN. 1004 - § 1. Unctio infirmo- § I. L'unzione degl'i nfermi può essere


rum rninistrari potest tideli qui, amministrata ai fedeli che, raggiunto l'uso
adepto rationis usu, ob infirrnita- di ragione, cominciano ad essere in peri-
tern vel seniurn in periculo incipit colo per infermità o vecchiaia.
versari.
§ 2. Hoc sacrarnenturn iterari § 2. Questo sacramento può essere ripe-
potest, si infirmus, postquarn con- tuto, se l' infermo, dopo essersi ristabilito,
valuerit,denuo in graverninfirmi- ricada in una grave malattia o se, nel de-
tatern incideritaut si,eadern infir- corso della medesima infermità, il perico-
rnitate perdurante, discrirnen fac- lo di vita si sia fatto più grave.
turn gravius sito

l'unzione degl'infermi non si amministra ai bambini che non hanno a ncora l'uso di ragione, né ai
pazzi che sono sempre stati tali dalla nascita, né ma; hanno avuto intervalli di lucid ità. Nei casi
dubbi si a mministra sotto condizione (can. 1(05).
3634 3° La malattia grave è quella da cui si teme la morte . La gravit à, tuttavia. è da intendersi con
maggiore larghezza che ncl Codice precedente :
- Il Codice del 1917 limitava infatti l' unzionc sacra mentale agli infermi che "versassero in
pericolo di morte" (can . 940 . § I *). Nel nuovo Codice si parla invece di persone che «cominciano
ad essere in pericolo di vita" (can . 1004, § I). La differenza di espressione è rilevante .
- È prevista la celebrazione com unitaria del sacra mento a più infermi (can . 1002), «prove-
nient i da varie parrocchie e da ospedali diversi» tOrdo, n. 17, 2). Ma questo, ovviamente, suppone
che il pericolo di vita non sia del tutto grave . ma solo possibile.
Deve però trattarsi d'i nfermità o di grave ferimento, perché se il pericolo o l'imminenza della
morte deriva da altra causa, co me per esempio da un naufragi o, da una battagli a, da una co ndanna
capital e, finché la persona è fisicamente sana, l'unzione degl'infermi non può essere amministrata.
"Prima di un' operazione chirurgica, si può dare la sacra unzione all' infermo, qua ndo motivo
dell' operazione è un male pericoloso" (O rdo, n. IO).
36 35 Alla infermità è eq uiparala la vecchiaia, che declina grave mente , seco ndo la nota massi ma di
Terenzio: «Senectus ipsa est morbus: la vecchiaia è per se stessa una malattia". Pertanto. «ai
vecchi, per l'i ndebolimento acce ntuato delle loro forze. si può dare la sacra unzione, anche se non
risultino affetti da alc una grave malattia " (a rdo, n. Il ).
Riassu mendo: «Si de ve provvedere con ogni premura e diligenza al co nferi mento dell' unzione
a quei fedeli , il cui stato di salute risulta seriamente co mpromesso per malattia o vecchiaia. Per
valutare la grav ità del male. è sufficie nte un giudizio prude nte o probabile. senza inutili ansietà . Si
può eve ntualmente interpellare un medico» (ardo, n. 8)' .

3636 La re ùerazione del sacramento. L'un zione degl' infermi non imprime carattere.
Può quind i essere ricevuta più volte. purché non si tratti del medesimo pericolo di vita.

, In occasione di corsi di missioni o di eserciz i al popolo, spesso, con l'int ento di operare una
catechesi più significat iva ed efficace, si celebra comunitariamente in chiesa l'unzione degl'infer-
mi. È un'otti ma iniziativa pastorale, ma, in questa occasione, non si può co nferire la sacra unzione
indisti ntame nte a tutte le perso ne anziane. Non basta infatti. nel caso , l'età avanzata, ma si richiede
anc he un grave indebolimento delle forze, che fa temere per la vita delle dette persone.
L'u nzinnc dcgf' Infermi 213

CAN. 1005· In dubio utrum infir- Nel dubhio se l'infermo abbia raggiunto
mus rationis usum attigerit, an l'uso di ragione, se abbia una malattia
periculose aegrotet vel mortuus pericolosa o se sia già morto, questo sa-
sit, hocsacramentum ministretur. cramento dev'essere amministrato.

Praticam en te . l' un z ion e de g l'inferm i pu ò e deve ammi nistrars i in ogni nuova malattia .
e anc he ne lla stessa m al att ia, se il peri col o d i m o rte cess i e po i si ri nnovi, o ppur e si
faccia più grave (ca n. 1004 , § 2).

2) Un triplice possibile dubbio 3637


1005 (94 1 *) Il du bb io considerato nel cano ne pu ò vertere su tre dati d i fatto:
Se l' infermo abbia raggi unto l'u so di ragione
- Se le sue co ndizioni s ian o veramente pericol ose
- Se sia già morto
In quest a triplice ipotesi, il sacra mento dev'essere ammin istrato .
Il Codice precedente prescriveva l' amministrazione "sub co nditio ne" (can. 941 *), e così ripete
il n. 15 dell' Ordo . Ma il nuovo Codice dice solo " Hoc sacra mentum min istretu r" , per cui alcuni
ritengono che. nei casi indicati, il sacramento debba essere amministrato in modo assoluto, non
condizionato. Una tale interpretazione non sembra giustificata. Se il dubbio è veramente fondato,
l'amministrazione del sacramen to, secondo la prassi usuale, dev' esser fatta sotto condizione.
Relat ivame nte a lla mo rte , è da tener presente l'ipot esi de lla cosidde tta morte appa- 3638
rente. Seco ndo la testi mon ian za de i me d ici, infat ti, la vita ab bandona lentamente il
corpo , per cui la morte reale non coin cide co n quell a ch e pur appare ce rta , in q uanto
è ce ssato ogni si nto mo esterno di vi ta . come il re spiro , il battito ca rdiaco, ecc. È per
questo che l'u nzion e degl' in fermi si pu ò e si deve a m ministra re - sotto condizione -
anche qualch e te m po do po i l decesso.
La durata della morte apparen te dipende dal genere di malattia o di causa che l'h a determi-
nata, e dalla costituzione dell'indi viduo. Per sé, nelle morti ordinarie l'un zione degl'infermi può
amministrarsi anche dopo un' ora dal decesso, e nelle morti improvvise o violente anche dopo
parecchie ore. Occorre ndo tali casi, bisogna aver cura di chiamare senza indugio il sacerdote ,
pensando che la salvezza di un' anima può dipendere da quest ' ultimo sacramento e, qui ndi, dalla
nostra premura".

.' Da una Risposta della Pont. Accademia de lle Scienze, 2 1 ottobre 1985: «Una persona è
mort a quando ha subito una perdita irreve rsibi le di ogni capacità di integrare e di coordinare le
funzioni fisiche e mentali del corpo . '
La morte sopravviene q uando:
a) le funzioni spontanee cardiache e respiratorie sono definitivamente cessate, o
b) si è verificata una cessione irreversibile di ogni fu nzio ne cerebrale.
Dal dibattito è emerso che la morte cerebrale è il vero criterio della morte, giacché l'a rresto
definitivo delle funzioni ca rdio-respiratorie conduce molto rapidamente alla morte cerebrale.
Il gruppo ha dunque analizzato i diversi metodi clinici e strumentali, che permettono di
costatare questo arresto irreversib ile delle fun zioni cerebrali. Per ess ere cert i - tramite
elettroencefalogramma - che il cervello è diventato piatto, vale a dire che non presenta più attività
elettrica, è necessario che l' esame sia e ffettuato due volte a distanza di sei ore» (L 'Osservatore
Romano, 3 1 ottob re 1985, pago5: cfr. X. Ocu ox , Leges Ecclesiae , VI, n. 5 146. col. 9220, I; Enchir.
Vat.. voI. 9, n. 1768).
Sostanzialmente simile è [a definizione della "morte" contenuta nel Document o " Dans le
cadre" pubblicato il 27 giugno 1981 dal Consiglio Pontifi cio Cor Unum: cfr. Enchir. Vat., voI. 7 ,
nn. 1262-126 3).
214 LIBRO IV - 11 "rn unus sanc tifi cundi" dcllu Chiesa

CAN. 1006 - Infirmis qui, cum Si conferisca il detto sacramento agI' in-
suae mentis compotes essent, hoc tenni che, mentre erano in possesso delle
sacramentum implicite saItem pe- loro facoltà mentali, l' abbiano chiesto al-
tierint, confcratur. meno implicitame nte.
CAN. 1007 - Unctio infirmorum Non si conferisca l'unzione de gl'infer-
ne conferatur iIIis, qui in manife- mi a coloro che dovess ero persistere osti-
sto gravi peccato obstinate perse- natamente in un peccato grave manifesto.
verent.

3639 3) La richiesta implicita


1006 (943*) Per la valida recezione di un sacrame nto, si rich iede l'intenzione da
parte del soggetto. Per l'unzione degl' infer mi, è sufficiente l'intenzione abit uale im-
plicita:
- L' inte nzione abituale è quella che, e messa una volta, perdura nella sua efficac ia, in quanto
non è sta ta più ritra ttata.
- L' inten zione implicita è quella co ntenuta in un altro alto, ad ese mpio nel desideri o di
morire in pace co n Dio o anche nella stessa pratica de lla vita cristiana.
L'intenz ione impli cita è da inte rpretarsi nel senso più largo del termi ne , come si ricava dal
can, 943 del Codice precedente. e anche dal n. 14 dell'Ordo: «Rispetto ai malati che abbiano
eve ntualme nte perdut o l'u so di ragione o si trovino in stato d'incoscienza, se c' è motiv o di ritenere
che nel possesso de lle loro faco ltà es si stes si, come crede nti. avrebbero chiesto I'un zione, si può
se nza di ffico ltà co nferi r loro il sacramento ».

3640 4) Un divieto f ormale


1007 (942 *) Il canone considera il caso dci pubblici peccatori, per esempio di un
concubinario O di colu i che abbia dato la sua pubblic a adesione a dottrine inficia te di
materialismo o di ateismo. Come bisogna comportarsi nei loro riguardi?
La norma ha un grande senso di comprensio ne e di pastoralità. Se l'infermo ha la
co noscenza e dovesse persistere ostinatamente nel suo pecca to grave e mani festo, l'u n-
zionc evide ntemente non gli si può amministrare, poiché mancherebbe di una "disposi-
zione" essenziale.
Se poi l' infermo non è più in possesso delle sue facoltà e non è più in grado di
manifestare il suo pentimento, "practice" l' unzione - remoto scandalo - gli si può e
gli si deve conferire, poiché può sempre darsi che, colpit o dalla grazia, egli si sia pentito
internamente dei suoi peccati. Nel caso, non potendo confessarsi, la sacra unzione re-
sterebbe per lui il più efficace mezzo di salvezza.

3641 5) Necess ità ed obbligo del sacramento


Il sacrame nto dcll'unzione degl'infenn i non è strettamen te necessario per salvarsi,
poiché la graz ia di Dio può e deve riacquistars i per mezzo dci sacramento della peni.
tenza. Di vent a, tuttavia, necessario nel caso in cui l' ammalato, trovando si in peccato
mortale, non sia in grado di confe ssarsi, perché privo di sensi o della ragione o in stato
comatoso. In tal caso , la sacra unzione avrebbe la stessa efficacia della confessione.
Per quanto l'un zione deg l'i nfermi non sia strettamente necessaria, tuttavia - am-
mon isce espressa mente la Chiesa - «a nessuno è lecito trascurarla» (can. 944 Codice
1917). Un tale ammo nimento, inspiegabilmentc, è stato o messo nel nuovo Codice, ma
non c'è dubbio ch'esso valga tuttora. Sare bbe difatti una mancanza di rispetto e di
L' ordine sacro 215

Titolo VI
L'ordine
CAN. 1008 - Sacramento ordinis C on il sacramento dell'ordine , per di vi-
exdivina institutione inter christi- na ist itu zion e alcuni tra i fedel i, segnati
fideles quidam, charactere inde- con carattere ind elebile, so no costit uiti
lebili quo signantur, constituuntur ministri sacri; consacrati e deputati per-
sacri ministri, qui nempe cen se- tan to a pascere il popol o d i Dio. essi
crantur et deputantur ut , pro suo ade mpiono ne lla persona d i C r isto C apo,
quisque gradu, in persona Christi ciasc uno ne l suo grado, le funz io ni d 'inse-
Capitis munera docendi, sanctlfi- gn are, santi ficare e governare.
candi et regendi adimplentes, Dei
populum pascant.

riconoscenza verso il Signore che l' ha istituita. e sarebbe anche un alto di sconsidera ta
imprudenza. perché priverebbe l' anima di grazie e di aiuti preziosi nel momento più
decisivo della vita, da cui dipende il nostro desti no eterno.
Il rifiuto dell'unzione degl'i nfermi potrebbe essere anche causa di scandalo, in tal
caso, l'obbligo di riceverla è per sé grave.

L'ORDINE SACRO: CANON I INTRODU7T1V1 (cann. \00 8-1009) 3642


Schema
l. Natura c finalità dell'ordine sacro 3. Gli elementi costitutivi
2. I tre ordini

La normativa circa l'ordine sacro contiene due canoni introduttivi di carattere dot- 3643
trinale e tre capitoli di cui il secondo è diviso in quattro articoli : un complesso di 47
canoni di fronte ai 64 del Codice precedente.
l ° La celebrazione e il ministro dell'ordinazione: cann, \Ol 0- 1023
2° Gli ordinandi: cann. 1024- 1052
- [ requisiti negli ordinandi: cann. 1026- 1032
- I requisiti previ all'ordinazione: cann. 1033-1039
- Irregolarità e altri impedimenti: cann. 1040-1049
- I documenti richiesti e lo scrutinio: cann. 1050-1052
3° L'annotazione e l' attestato dell'avvenuta ordinazione: cann. 1053-\054

I due canoni introduttivi enunziano sinteticamente alcuni principi teologici circa


la natura e la finalità del sacra mento dell' ord ine, i suoi gradi essenziali , gli elemen ti
costitutivi.

1. Natura e finalità dell 'ordine sacr o 3644


1008 (948 *) L'ordine è il sacramento che, per istituzione divina, costirutsce i
ministri sacri. Segnati con carattere indelebile, che li consacra irrevocabilmente a Cristo
a un titolo proprio, distinguendoli, pur in una fondamentale uguaglianza (can. 208), dai
semplici fedeli, essi hanno il mandato di "pascere" il Popolo di Dio, continuando nel
mondo la missione di Cristo e adempiendo nella sua Persona, ciascuno nel suo grado
(pro suo quisque gradu), le funzioni d' insegnare, santificare e governare.
Dalla natura indele bile del "carattere" derivano tre conseguenze teologico-gin- 3645
ridiche:
216 LIBRO IV · 1\ "munus sanctificandi" della Chie sa

CAN. 1009- § 1. Ordines sunt epi- § I. Gli ordini sono l'episcopato, il pre-
scopatus, presbyteratus et diaco- sbiterato e il diaconato.
natus.
§ 2.Conferunturmanuumimpo- § 2. Essi sono conferiti mediante l'im-
sitioneet precatione consecratoria, posizione delle mani e la preghiera
quam pro singulis gradibus libri li- consacratoria, prescritta dai libri liturgici
turgici praescribunt. per ciascun grado.

l ° Il sacramento dell'ordine. come quello del battesimo e della co nfermazione, non


può essere ripetuto (can. 845. § l) . Si rinnova il rito sacro solo nel caso in cui , compiuta
una diligente ricerca, risul ti con certezza che l'ordine non sia stato effettivamente o
validamente conferito. Se permangono dei dubbi fondati, l'ordinazione si ripete "sub
condicione" (can. 845, § 2).
2° La sacra ordinazione, una volta ricevuta validamente, non diventa mai nulla ,
anche se il chierico possa perdere giuridicamente lo stato clericale (can . 290).
3° Nessuno può essere privato della potestà di ordine: gli si può so ltanto proibire
di esercitarla o di porne alcuni atti (can. 1338, § 2).

3646 2. I tre ordini


1009, § 1 (949*) Il canone, attesa la sua natura giuridica, si limita a distinguere i
tre gradi dell'ordine sacro: l'episcopato, il presbiterato e il diaconato. senza entrare nelle
questioni teologiche, tuttora discusse, circa la sacramentalità dei tre gradi c la differenza
reale esistente tra episcopato e presbiterato.
3647 Quanto all'episcopato è da tener present e I'in scgnamento del Concilio Vaticano Il:
- Con la consacrazione episcopale', viene conferita la pienezza del sacramento dell'ordine
quella cioè che dalla consuetudine liturgica della Chiesa e dalla voce dei santi Padri viene chiamata
so mmo sacerdozio, vertice del sacro ministero... Consta chiaramente dalla tradizione che , con
l'imposizione delle mani e con le parole della consacrazione, viene conferita la grazia dello Spirito
Santo e insieme viene impres so un sacro carattere, sì che i Vescovi , in modo eminente e visibile,
soste ngano le parti stesse di Cristo Maestro , Pastore e Pontefice , e agiscano in sua persona iLumen
Gentium. n. 21. 2).
La "pienezza" del sacerdozio, di cui sono rivestiti i Vescovi, è affermata con insistenza dal
Concili o : cfr. Lumen Gentium , nn .26, 1.41, 2, - Christus Dominus, n. 15. I. - Presbvterorum
Ordinis, n. 7, 2. .
3648 Un effetto giuridico del diaconato è l'incardinazione: con la sua recezione, infatti , il
chierico è ascritto in una Chiesa particolare, in una Prelatura personale. in un Istituto reli-
gioso , in una Società di vita apostolica ed eventualmente in un Istituto secolare (can . 266).
Per il diaconato permanente. ricostituito nella Chiesa latina da Paolo VI, v. il M.P.
Sacrum Diaconatus Ordinem del 18 giugno 1967 e il M.P. Ad pascendum del 15 agosto
1972 (Enchir. Vat., voI. 2, pp. 1154-1169 ; vol.4, pp. 1118-1131 ). V. anehe il documento
della Conferenza Episcopale Italian a La restaurazione del diaconato permanente in
Italia , 8 dicembre 1971 (Enchir. CEI, voI. l. pp. 1148-1157).

I Con terminologia costante. il Codice parla di consecratio episcopalis (cann , 332, § I; 351,
§ I; 375, § 2; 379; 437, § I; 1014; 1382), - di ordinatio sacerdotalis o presbyteralis (cann. 279,
§ 2; 1016), - e di ordinatio diaconalis (can. 1016). Rileva tuttavia la "Relatio synthetica", pub-
hlicata in Communicationes, a. 1983, p. 217, can. 961, n. 4: «Sive ordinare, sive consecrare, sub
diverso tamen respectu (ordinare significai ordinem conferre: consecrare, actioncm qua candidatus
per ordinem Deo consecratur) applicatur diaconis, presbyteris et episcopis, quarnvis ex lISU reccpto
(quem schema noluit auferre) potius dicatur de episcopis».
L'ordi ne S&.'fO 217

Nel Codice precedente (can. 949*), insieme con gli ordini d'i stituzione divina, figuravano 3649
anche gli ordini d' istituzi one ecclesiastica: suddiaconato, acc olitato, esorc istato, lettorato e
ostiariato. Senza dubbio , essi rappresentavano una tradizione veneranda della Chiesa Ialina. ma non
più adatta. nel suo complesso. ai nostri tempi e alle moderne esigenze. Col M.P. Ministeria
quaedam (Enchir. Vat., voI. 4, pp. 1106- 11 17) in data 15 agosto 1972, Paolo VI ha proceduto a
una sua o pportuna riforma.
Secondo la nuova disciplina :
I° Quelli che finora erano detti ordini minori, per l'av venire saranno denominat i " ministeri".
2° Tali ministeri non sono più da considerarsi come riservati ai candidati al sacerdozio , per
cui potranno essere affidati anche ai laici.
3° I ministeri che, per diritto comune, sono mantenuti nella Chiesa latina, adattati alle odierne
necessità, sono due: quelli del lettore e dell'accolito, che, a giudizio delle Conferenze Episcopal i,
può chiamarsi anche suddiacono.
4° L'ufficio proprio del lettore è di leggere la Parola di Dio nell' assemblea liturgica; quello
dell' accolito di coadiuvare il diacono e di far da ministro al sacerdote. In caso di particolari
necessità. l' accolito può anche distribuire la S. Comun ione cd esporre pubblicamente all' adorazione
dei fedeli la SS . Eucaristia.

3. Gli elementi costitutivi 3650


1009, § 2 Come in ogni sacramento, anche nell'ordine sacro si distinguono la
materia e la forma.
La materia - determin ata in modo autentico da Pio XII con la Cost. Ap.
Sacramentum Ordin is del 30 nov. 1947 (X. OcIlOA, Leges Ecclesiae, Il, n. )966, colI.
2480-248 1), che risolse definitivamente un problema molto discusso, oggetto di dubbi
e d'incertezze - è l'imposizione delle mani.
La forma è la preghiera consacratoria, prescritta nei libri liturgici, diversa per
ciascuno dei tre gradi dell'ordine.

LA CELEBRAZIONE E IL MINISTRO DELL 'ORDINAZIONE 3651


(cann. 1010-1023 )
Schema
I. La normativa dei cann. 1010-1017 2. La normativa dei cann. IO18-1023
- Il tempo e il luogo della celebrazione - La concessione delle lettere dirnissorie
- Il ministro - Condizioni per la concessione e modalità
- La consacrazione del Vescovo
- L' ordinazione del presbitero e del diacono

l, La normativa dei canoni 1010-1017

l ) Il tempo e il luogo della celebrazione 3652


1010-10II (1006 e /0 09*) L'ordinazione sacra del Vescovo, come del presbitero
e del diacono, costitu isce un evento liturgico e pastorale di grande importanza nella
Chiesa'. Secondo la tradizione , essa va celebrata di norma:

l Circa i nuovi riti per l'ord inazione episcopale, presbiterale e diaconalc, v. la Cost. Ap.
Pontificalis Romani di Paolo VI, 16 giugno 1968 tEnchir. Val.. voI. 3, pp. 210-219) . Vedi anche
il Decreto della Congre gazione per il Culto Divino e per la Disciplina dci Sacramenti. 29 giugno
1989 tEnchir. Val.. voI. Il , pp. 1432-1479).
218 LIBRO IV . Il "m unus sanctitlcandi" della Chiesa

CAPITOLO I

LA CELEBRAZIONE E IL MINISTRO DELL'ORDINAZIONE

CAN. 1010 - Ordinatio intra Mis- L'ordinazione s i celebri durante il so -


sarum sollemnia celebretur, die lenne sacrificio dell a Messa , in giorno di
dominico vel Cesto de praecepto, domenica o in una fest a di pr ecetto; per
sed ob rationes pastoralcs aliis ra gioni pastorali , tuttavi a. es sa può aver
ctiam diebus, ferialibus non luogo anche in altri g io rn i, non esclusi
exceptis, fieri potest. quelli feriali.
CAN. 1011 • § 1. Ordinatio gene- § I. Di regola, l'ordina zione s i celebri
raliter in cathedrali ecclesia cele- nella chiesa cattedrale; tuttavi a, per ra gio-
bretur; ob rationes tamen pastora- ni pastorali, può e ssere compiuta anche in
les in alia ecclesia aut oratorio un 'altra chiesa od oratori o .
celebrari potest.
§ 2. Ad ordinationem invitandi § 2. All'ordinazione dev ono essere invi-
sunt c1erici aliique christifideles, tati i chierici e gli a lt ri fedeli, affinché la
ut quam maxima frequentia cele- partecipazione alla celebrazione sia la più
brationi intersint. numerosa possibile.
CAN. 1012 - Sacrae ordinationis Il ministro della sacra ordinazione è il
ministerestEpiscopusconsecratus. Vescovo consacrato.

Durante il solenne sacrificio della Messa: "intra Missarum sollemn ia" (can. 1010)
In g iorno di domenica o in una festa di precett o (can. 1010)
Nella chiesa cattedrale (ca n. 1011, § l )
Per ragioni pastorali , tuttavia, l'ordinazione :
- Può aver luogo anche in altri giorni, non esclusi quelli feriali
- Può essere compiuta anche in altra chiesa o oratorio
All'ordinazione devono essere invitati i chierici e gli altri fede li, in modo che la
parte cipazione della comunità eccle siale alla celebrazione sia la più numero sa e larga
possibile. Una diretti va della Congregazione per l'Educazione Catto lica:
- Le sacre ordinazioni dei diaconi e dei presbiteri. per quanto sia utile che qualche volta
vengano celebrate con grande frutto pastorale sia nella parrocchia dei candidati, sia in quella ave
hanno esercitato qualche ministero, costituiscono tuttavia lieti eventi per tutta la comunità dioce-
sana. È opportuno, pertanto, che questa ne sia informata e sia invitata a parrcciparvi. La
celebrazione va preparata con diligenza e dignità, in modoche i sacerdoti, i diaconi, gli alunni dci
seminario e i fedeli si uniscano al Vescovo (Istr. In ecclesiasticum ju turorum, 3 giugno 1979, n.
39: Enchir. Vat., val. 6, p. 1075, n. 1598).

3653 2) Il ministro dell'ordinazione


1012 (951*) Il canone enunzia una norma giuridica e non un principio teologico.
Per legge positiva, ministro della sacra ordinazione è soltanto il Vescovo consacrato.
Rimane pertantoaperta la questione teologico-giuridica se il Vescovo sia soltanto il ministro
ordinario, e se ministro straordinario possa essere anche il semplice presbitero, con speciale man-
dato del Romano Pontefice. Sembrerebbe, da alcuni documenti storici, che ciò sia avvenuto in
passato: cfr. Dcnzinger-Schonmctzcr, nn. 1136, 1145, 1290 e 1435. Ma l'interpretazione dei detti
testi è discussa fra gli autori.
L'ordine sacro 219

CAN. 1013 - Nulli Episcopo licet A nessun Vescovo è lecito consacrare


quemquam consecrare in Episco- alcun altro Vescovo, se prima non consti
pum, nisi prius constet de pontifi- del mandato pontificio.
cio mandato.
CAN. 1014 - Nisi Sedis Apostoli- Tranne che sia intervenuta una dispensa
caedispensatio intercesserit, Epi- della Sede Apostolica, il Vescovo consa-
scopus consccrator principalis in crante principale si associ nella consacra-
consecratione episcopali duos sal- zione episcopale almeno due altri Vescovi
tem Episcopos consecrantes sibi consacranti ; è per altro molto conv eniente
adiungat; valde convenit autem, che tutti i Vesc ovi presenti con sacrino
ut una cum iisdem omnes Episcopi insieme con quelli il Vescovo eletto.
praesentes electum consecrent.
CAN. 1015· § 1. Unusquisque ad § I. Ciascun candidato al presbiterato e
presbyteratum et ad diaconatum al diaconato sia ordinato dal proprio Ve-
a proprio Episcopo ordinetur aut scovo o con le sue legittime lettere di-
cum legitimis eiusdem Iitteris missorie.
dimissoriis.

3) La consacrazione del Vescovo 3654


1013-1014 (953 -954*) La consacrazione di un Vescovo, qualunque sia il procedi-
mento per la designazione del candidato, è riserv ata al Romano Pont efice . Nessun
Vescovo può pertanto co nsacrare un altro Vescovo se prima non consti (constet) del
relativo mandato pontificio. Senza tale mandato, la consa crazione sarebbe valida. ma
assolutamente illecit a e comporterebbe gravi ssime conse guenze.
l ? Il Vesco vo co nsacrato non farebbe parte del Coll egio Episcop ale, poicbé gli
mancherebbe la co munio ne gerarchica col Capo del Colle gio e con gli altri membri
iLumen Gentium, n. 22. I ).
20 Non potrebbe ricevere la "missio canoni ca", per un determ inato ufficio o min i-
stero pastorale (Lume n Gentium , n. 24. e " Nota esplic ativa previa ", n. 2).
30 Tan to il Vescovo consacrante che il Vesco vo consacrato incorrerebbe ro nella
scomunica " latae sententiae" riservata alla Santa Sede (can . 1382).
Per se, non è necessario ricevere mater ialment e il documento pontifi cio: bast a che si abbia la
certezza ehe il mandato è stato confe rito: "nisi prius constet" ,

Second o un' antica prassi, che risale al Concilio di Nicea (a. 325), l'ordinazione 3655
episcopale è celebrata collegialmente da almeno tre Vesco vi, di cui uno funge da con-
sacrante principale. È per altro conv eniente che tutti i Vescovi presenti con sacrin o
insieme co n essi l'eletto.
Perch é la con sacrazione sia compiuta da un so lo Vesco vo, è necessaria la dispe nsa dell a
Santa Sed e .

4) L'ordinazione del presbitero e del diacono 3656


1015·1017 (955. 956. 959. /008 *) l " Norme di carattere generale. Sono co ntenute
nel can. 1015:
- 1 candidati al presbiterato e al diaconato devono essere ordinati ciascuno dal
proprio Vescovo o con le sue legittime lettere dimissorie (§ l) . II Vescovo che, contro
220 LIBR O IV Il "mu nus sanctificundi" dell a C hiesa
p

§ 2. Episcopus proprius, iusta de § 2. Il Vescovo proprio , se non sia im-


causa non impeditus , per se ipse pedito da giusta causa, ordini personalmen-
suossubditosordinet ;sedsubditum te i suoi sudditi ; non può tuttavia ordi nare
orientalis ritus , sine apostolico in- lecitament e un suddito di rito orientale,
dulto, Iicite ordinare non potest. senza indulLo apostolico.
§ 3. Qui potest litteras dimisso- § 3. Chi può dare le lettere dimissorie
rias ad ordines recipiendos dare, per il conferimento degli ord ini, può an-
potest quoque eosdem ordines per che co nferirli personalmente, se è insigni-
se ipse conferre, si charactere epi- to del carattere episco pale.
scopali polleat.
CAN. 1016 . Episcopus proprius, Il Vescovo proprio, per quanto riguarda
quod attinet ad ordinationem dia- l' ordinazion e diacon al e di co loro che
conalem eorum qui clero saeculari desiderano ascr iversi al clero secolare, è il
se adscribi intendant, est Episco- Vescovo della diocesi nella quale il candi-
pus dioecesis, in qua promo vendus dalo ha il domicilio, o della diocesi al cui
habet domicilium, aut diocesis cui serviz io egli intende dedicarsi; relativa-
promovendus sesedevoverestatuit; mente all' ord inazione presbi terale dei
quod attinet ad ordinationem pre- chierici secolari, è il Vescov o della dioce-
sbyteralem clericorum saecula- si nella quale l' ordinando è stato incardi-
rium, est Episcopus dioecesis, cui nalo con il diaconato.
promovendus per diaconatum est
incardinatus,
CAN. 1017· Episcopus extra pro- Fuori del territorio della propria compe-
priam dicionem nonnisi cum licen- tenza, il Vescovo non può confer ire gli
tia Episcopi dioecesani ord ìnes ordini se non con la licenza del Vescovo
conferre potest. diocesano.

il dis posto del canone, co nferisse gli ordini a chi non è suo suddito senza le legittime
lettere di missorie, incorrerebbe nel divieto di confe rire gli ordini per un anno, mentre la
perso na ordinata sarebbe sos pesa ipso facto dall' ordine ricev uto (ca n. 1383).
- È do vere del Vescovo proprio, se non sia imped ito da una gius ta ca usa, ord inare
personal mente i propri suddit i (§ 2).
- Per poter ordin are lecitamente un suddito di rito orientale, si ric hiede un indulto
apostolico (§ 2).
- Chi può dare le lettere di missorie per il co nferimento degli ordini, può anche
conferirli person almente, se è insign ito de l cara ttere epi sco pale (§ 3).
3657 Relativamente alle or di nazioni illegittime. si hanno due atti della Congregazi one del S.
Ufficio:
a) Ordinazioni di soggetti cattolici da parte di l/n Ve.w:(I\·o acattolico:
- <<I soggetti così ordi nali, a seconda delle circostan ze dei diversi casi, vanno considerali
co me eretici, o almeno come sospetti di eresia»,
- «Tali ordinazioni non sono riconosciute dalla Chiesa, e quindi i soggetti sono da consi-
derarsi co me laici a tutti gli effetti ca nonici, inclusa la faco ltà di contrarre ma tri monio.
(Comunicato dell'S maggio 1959: X. O CHOA, Leges Ecclesiae, 1If, n. 2821, col. 3936 ).
3658 h) Ordinazioni illegittime di \'escol'i e di presbiteri da l'arie cii 1m Vescol'o cattolico:
- <<I Vescovi che hanno ordinato altri Vescovi. come pure i Vescovi ordinati, oltre che nelle
sanzioni di cui ai canoni 2370 e 2372 , I e 3 del CfC (Codice del 19( 7), sono incorsi "ipso facto"
anche nella scomunica riservata in modo specialissimo alla Sede Apostolica, c della quale si tratta
L'ordine sacro 221

CAN. 1018 - § 1. Litteras dimisso- § l . Possono dare le lettere dimis sorie


riaspro saecularibus dare possunt: per i chierici secolari:
l° Episcopus proprius, de quo in I ° il Vescovo proprio, di cui al can.
can.l016; 1016;
2° Administrator apostolicus at- 2° l'Amministratore apostolico e, col
que, de consensu collegii consulto- consenso del collegio dei consultori. l' Am-
rum, Administrator dioecesanus; ministratore diocesano; col consenso del
de consensu consilii, de quo in can. consiglio di cui al can. 495, § 2, il Pro-
495, § 2, Pro-vicarius et Pro-prae- vicario e il Pro-prefetto apostolico.
fectus apostolicus.
§ 2. Administrator dioecesanus, § 2. L'Amministratore dioce sano , il Pro-
Pro-vicariusetPro-praefectusapo- vicario c il Pro -prefetto apostol ico non
stolicus litteras dimissorias ne iis concedano le lettere dimissorie a coloro ai
concedant, quibus ab Episcopo quali l'accesso agli ordini sia stato negato
dioecesano aut a Vicario vel Prae- dal Vescovo diocesano oppure dal Vicario
feeto apostolico accessus ad ordi- o dal Prefetto apostolico.
nes denegatus fuerit.

nel Decreto della Congregazione del S. Ufficio del 9 aprile 1951 . La pena poi. di cui al can. 2370,
viene applicata anche ai presbiteri assistenti, qualora ve ne siano stati»,
- <.I presbiteri ordinati in questo modo illegittimo. sono sospesi ipso facto dall' ordine rice-
vuto, secondo il can, 2374, e se hanno esercitato l'ordine sono anche irregolari, a termine del can.
985,7».
- «Infine, relativamente a coloro che hanno ricevuto l'ordinazione in questo modo illegit-
timo, o a coloro che da questi eventualmente ricevessero l'ordin azione, indipendentemente dalla
validità o meno degli ordini, la Chiesa non riconosce né riconoscerà in futuro la loro ordinazione,
e li considera. a tutti gli effetti dal punto di vista giuridico, nello stato in cui ciascuno si trovava
prima, ferme restando, fino a che non si siano ravveduti, le sanzioni penali sopra ricordate» (De-
creto del 17 settembre 1976: Enchir. Vilt.• vol. 5, pp. 1388-1391, n. 2109).
1016 2° Il Vescovo proprio : 3659
- Relativamente all'o rdinazione diaconale di soggetti che intendono ascriversi al
clero secolare, è il Vescovo della diocesi nella quale il candidato ha il domicilio, o della
diocesi al cui servi zio egli si propone di dedicarsi.
- Relativamente all' ordinazione presbiterale di diaconi seco lari, è il Vescovo
della diocesi nell a quale l'ordinando è stato già incardinato con il diaconato.
1017 3° L'ordinazione fuori del proprio territorio. È una norma antic a, che risale 3660
al Sinodo di Antiochia del 341. Ciascun Vescovo deve compiere le proprie ordinazioni
nel territorio di propria competen za. Per celebrarle lecitamente nella circos crizione di un
altro Vescovo , deve averne la licenza, almeno presunta .

2. La normativa dci canoni 1018-1023

l) La con cessione delle lettere dimissorie 3661


1018-1019 (958 e 964 *) Le lettere dimissorie sono il docum ento mediante il quale
un Vescovo dioce sano o un altro Superiore ecclesiastico competente autorizzano un
Vescovo a con ferire il diaconat o o il presbiterato a un proprio suddito. L' autorizzazione
va data in iscritto, sarebhe però valida anche un'autorizzazione orale.
1018 Trattandosi di candidati del clero secolare. la concessione delle lettere dimi s- 3662
sorie può essere effettuata:
222 LIBRO IV - Il "munus sanctificuudi" della Chiesa

CAN. 1019 - § 1. Superiori maiori § l. Spetta al Superiore maggiore di un


instituti religiosi elericalis iuris istituto religioso clericale di diritto ponti-
pontifici i aut societatis elericalis vi- ficio o di una società clericale di vita
tae apostolicae iuris pontificii com- apostolica di diritto pontificio, concedere
petit ut suis subditis, iuxta consti- ai propri sudditi, ascritti secondo le costi-
tutiones perpetuo vel definitive tuzioni in modo perpetuo o definitivo al-
instituto aut societati adscriptis, l'istituto o alla società, le lettere dimisso-
concedat Iitteras dimissorias ad rie per il diaconato e per il presbiterato.
diaconatum et ad presbyteratum.
§ 2. Ordinatio ceterorum om- § 2. L'ordinazione di tutti gli altri mem-
nium alunnorum cuiusvis instituti bri di qualsiasi istituto o società è regolata
aut societatis regitur iure elerico- dal diritto dei chierici secolari, revocato
rum saecularium, revocato quoli- qualsiasi indulto concesso ai Superiori.
bet indulto Superioribus concesso.
CAN. 1020 - Litterae dimissoriae Non si concedano le lettere dimissorie,
ne concedantur, nisi habitis antea senza aver prima ricevuto i certificati e
omnibus testimoniis et documen- documenti richiesti per diritto, a norma
tis, quae iure exiguntur ad nor- dei cann. 1050 e 1051.
mam cann. 1050 et 1051.

- Dal Vescovo diocesano proprio, ai sensi del can. \O16, anche se non sia con-
sacrato.
- Dai Presuli equiparati al Vescovo diocesano: il Prelato e l'Abate territoriale, il
Vicario e il Prefetto apostolico, l'Amministratore apostolico di amministrazione stabil-
mente eretta (cann. 368 e 381, § 2).
- Dall'Amministratorediocesano,col consenso del collegio dei consultori (§ l, n. 2).
- Dal Pro-vicario e dal Pro-prefetto apostolico, col consenso del consiglio della
missione (§ I, n. 2; cfr. can. 495, § 2).
È vietato, per altro, all' Amministratore diocesano, al Pro-vicario e al Pro-prefetto apostolico,
concedere le lettere dimissorie agli aspiranti ai quali l'accesso agli ordini sia stato negato dal
Vescovo diocesano oppure dal Vicario o dal Prefetto apostolico (~ 2).
Il Vicario generale o episcopale possono concedere lettere dimissorie solo "de speciali man-
dato" (can. 134. ~ 3).
3663 1019, § 1 Trattandosi di membri d'Istituti religiosi o di Società di vita apostolica
di diritto pontificio e clericali, la concessione delle lettere dimissorie per l'ordinazione
dei propri sudditi, ascritti secondo le costituzioni in modo perpetuo o definitivo all'Isti-
tuto o alla Società, viene effettuata dal Superiore maggiore competente.
Lo stesso vale, probabilmente, per gl'Istituti secolari, che, per concessione della
Santa Sede, incardinano i loro membri nell' Istituto, come previsto nel can. 266, § 3.
3664 1019, § 2 Trattandosi di membri di qualsiasi altro Istituto o Società (Istituti di
diritto diocesano, Istituti secolari in genere, Istituti laicali anche di diritto pontificio
aventi dei chierici), occorre attenersi alle norme stabilite per i chierici secolari (can.
1018). Eventuali indulti concessi ai Superiori restano revocati "ipso iurc", per espressa
disposizione del paragrafo.
Poiché il Codice riferisce la revoca ai "Superiori", alcuni ritengono che gl'indulti concessi
direttamente all'Istituto o alla Società non sono da considerarsi abrogati. La cosa è dubbia.

3665 2) Condizioni per la concessione e modalità


1020-1023 (960*) Le condizioni. Per la promozione agli ordini sacri, si richiedono
L'o rdine sacro 223

CAN. 1021 - Litterae dimissoriae Le lettere dimissorie possono essere di-


mittipossuntad quemlibetEpisco- rette a qualsiasi Vescovo che sia in comu-
pum communionem cum Sede nione con la Sede Apostolica, eccettuato
Apostolica habentem, excepto solo un Vescovo di rito diverso da quello
tantum, citra apostolicum indul- dell'ordinando, per il quale si richiede un
tum, Episcopo ritus diversi a ritu indulto apostolico.
promovendi.
CAN. 1022 - Episcopus ordinans, Ricevute le legittime lettere dimissorie,
acceptislegitimis litteris dimisso- il Vescovo ordinante non proceda all'or-
riis,ad ordinationem ne procedat, dinazione se non gli consti con certezza
nisi de germana Iitterarum fide della loro assoluta autenticità.
piane constet.
CAN. 1023 • Litterae dimissoriae Le lettere dimissorie possono essere
possuntab ipso concedente aut ab condizionate da limiti o revocate da chi le
eiussuccessore limiti bus circum- ha concesse o dal suo successore, ma, una
seribi aut revocari, sed semel con- volta rilasciate, non perdono la loro effi-
eessae non extinguuntur resoluto cacia col venir meno del diritto di chi le
iure concedentis, ha concesse.

vari documenti (can. 1050). Occorre inoltre effettuare un opportuno scrutinio circa le
qualità del candidato (can . 1051). Di conseguenza, l'autorità competente non può con-
cedere le lettere dim issorie senza essersi prima fornito di tutti i cert ificati e documenti
richiesti per diritto, a norma dei detti canoni (can . 1020).
1021 (961 *) 1/ Vescovo destinatario. Non è necessario che le lettere dimissorie
siano indirizzate a un Vescovo determinato. È sufficiente che siano rivolte genericamen-
te a qualsiasi Vescovo in comunione con la Sede Apostolica, tranne che si tratti di un
Vescovo di rito diverso da quello dell'ordinando, poiché in tal caso si richiede un
indulto apostolico.
1022 (962*) Jl dovere del Vescovo ordinante. È di assicurarsi della piena autenti- 3666
cita delle lettere dimissorie, condizione essenziale per poter procedere lecitamente al-
l'ordinazione del candidato. Il loro contenuto deve rispondere alle prescri zioni del can .
1052, § 2.
1023 (963*) Limitazioni e revoca. Le lettere dimis sorie possono essere limitate da 3667
condizioni e anche date "ad tempu s" , e il Vescovo ordinante deve attenersi rigorosamen-
te ad esse . Possono essere anche revoc ate da chi le ha concesse o dal suo succes sore
nell'ufficio, ma, una volta rilasciate, non perdono la loro efficacia col venir meno del
diritto di chi le ha concesse. Questa ultima norma è un ' applicazione del can. 46.

IL SOGGE7TO DELL 'ORDINAZIONE (cann. 1024-1052) 3668


Schema
I. Condizioni per la validità e per la liceità 4. Irregolarità e altri impedimenti
2. Requisiti negli ordinandi 5. La dispensa
3. Requisiti previ all'ordinazione 6. Documenti e scrutinio

1. Condizioni per la validità e per la liceità 3669


Il II capitolo si apre con due canoni di carattere generale, che determinano le
condizioni necessarie per la validità e la liceità delle ordinazioni.
224 LIB RO IV - Il "rnunu s sancrificandi" della Ch iesa

CAPITOLO II
GLI ORDINANDI

CAN. 1024 - Sacram ordìnatìo- Riceve validamente la sac ra ordina-


nem valide recipit solus vir bapti- zio ne solta nto il batte zzato di sesso
zatus. maschile.

3670 1) Condizioni per la validità


1024 (968, § 1*) Sono enunziate due condizio ni esse nziali:
l ° 1\ battesimo "ex aqua et Spiritu Sancto" , ianua sacramentorum (ca n. 849; cfr.
anche ca n. 842, § I).
2° 1\ sesso maschile.
Una terza condizio ne esse nziale. comune a tutti i sacramenti quando si tratta di un
adulto, è l'intenzione. Per i sacra menti in genere, è sufficie nte " intenzione abituale, che
è quella e messa una volta e non più revocata. Ma relativamente all'ordine sacro , che
comp ort a l' assunzion e di obblighi molto gravi e destin ati a durare tutta la vita, si richie-
de l' intenzione attuale o almeno abituale-esplicita: non sarebbe sufficiente l' intenzione
abituale-implicita'.
3671 Circa il sesso, son note le vivaci discussioni che si sono avute in questi ultimi anni, negli stessi
ambienti cattolici. La Chiesa catto lica, per altro, intende rimanere fedele alla sua tradizione . In data
15 ottobre 1976, per espresso mandato di Paolo VI. la Congregazione per la Dottrina della Fede
ha emanato in proposito una "Dichiarazione", con la quale si pone in rilievo che non è in potere
della Chiesa modificare la vigente disciplina per tre fondamentali motivi:
I o L' atteggiamento di Cristo, che non chiamò alcuna donna a far parte dei Dodici.
2° La prassi degli Apostoli, i quali rimasero fedeli all'esempio del Maestro.
3° La costante tradizione della Chiesa, che, dai tempi apostolici fino ai nost ri giorni, ha
riservato l' ordinazione sacerdotale agli uomini (Dichiar. Inter insign iores : Enchir. Vat.. voI. S, pp.
1392- 1423).
3672 Contro una tale posizione, si levano vari movimenti femm inili, i quali accusano la Chiesa di
operare nei riguardi delle donne una illegittima discriminazion e. Ma è un'accusa infondata. Rileva
a tal riguardo la medesima "Dichiarazione":
- È opportuno ricordare che i problemi di ecclesiologia e di teologia sacramentaria, soprat-
tutto quando riguardano il Sacerdozio - corne in questo caso - non possono trovare la loro
soluzione che alla luce della rivelazio ne. Le scienze umane. per quanto prezioso sia il loro ce ntri-
buto nell' ambito proprio, non possono bastare, poiché non possono raggiungere le realtà della fede;
il contenuto propriamente soprannaturale di queste sfugge alla loro competenza. È per questo cbe
si deve sottolineare come la Chiesa sia una società diversa dalle altre società, origina le nella sua
natura e nelle sue strutture... Non si vede, pertanto, come si possa proporre l'accesso alle donne
al sacerdozio ministeriale in virtù dell' uguglianza dei diritti della persona umana, uguaglianza che
vale pure per i cristiani... Considerare il sacerdozio ministeriale come un diritto, signific herebbe
misconoscerne completamente la natura: il battesimo non conferisce alcun titolo personale al mi-
nistero pubblico nella Chiesa. Il sacerdozio non è conferito per l' onore o il vantaggio di colui che

l L' intenzione abituale-implicita e quella abituale -esp licita coincidono nel fatto che l'inten-

zione di farsi, ad esempio. diacono, è stata emessa dal sogge tto e non è stata più revocata.
Differiscono. perché nella prima l' aspirante al diaconato, nell' emettere l' intenzione di ricevere il
sacro ordine. non ha riflettuto agli oneri annessi al medesimo; nella seconda. invece. l' aspirante vi
ha riflettuto c coscientemente ha avuto intenzione di assumere il diaconato con gli obblighi relativi.
L' ordine sacro 225

CAN. 1025 - § 1. Ad licite ordines § 1. Per conferire lecitamente gli ordini


presbyteratus veldiaconatus conte- del presbiterato o del diaconato, è neces-
rendos requiritur ut candidatus, sario che il candidato, compiuto il periodo
probatione ad normam iuris perac- di prova a norma deI diritto , sia in posses-
fa, debitis qualitatibus, iudicio pro- so delle debite qualità a giudi zio del pro-
prii Episcopi aut Superioris maio- prio Vescovo O del Superior e maggiore
riscompetentis, praeditussit, nulla competente, sia libero da ogni irregolarità
detineatur irregularitate nulloque e da ogni impedimento e abbia adempiuto
impedimento,atque praerequisita, quanto è prev iamente rich iesto ai sensi
adnormam cann.1033-1039 adi m- dei cann. 1033-1039; è anche necessario
pleverit; praeterea documenta ha- che si disponga dei documenti di cui al
beantur,dequibusincan.1050,at- can. 1050, e che sia stato fatto lo scrutinio
que scrutinium peractum sit, de di cui al can. 1051.
quo in can, 1051. § 2. Si richiede inoltre che il candidato,
§ 2.Insuper requiritur ut, iudicio a giudi zio del medesimo legittimo Supe-
eiusdemlegitimi Superioris, ad Ec- riore , sia giudic ato utile al ministero della
c1esiae ministerium utilis habeatur. Chiesa.
§ 3. Episcopo ordinanti pro- § 3. AI Vesco vo che ordin a un propri o
prium subditum, qui servitio alius suddito, destin ato al servizio di un' altra
dioecesis destinetur, constare de- diocesi , deve anche risultare che l'ordi-
bet ordinandum huic diocesi ad- nando sarà assegnato a quest a dioce si.
dictum iri, "

lo riceve, ma come un servizio di Dio e della Chiesa: esso è oggetto di una vocazione specifica.
totalmente gratuita... Non bisogna dimenticare che il sacerdozio non fa parte dei diritti della per-
sona, ma dipende dall'e conomia del mistero di Cristo e della Chiesa. La funzione del sacerdote non
può essere ambita come termine di una promozione socia le: nessun progresso puramente umano
della società o della persona può di per se stesso darvi accesso: si tratta di un ordine diverso (n.
VI. 1-5).
La detta " Dichiaraz ione". approva ta e con fermata dal Romano Pontefice. che ne ha ord i-
nato la pubblic azione. ha certamente un grande valore dottrinale. che a nessuno è lecito
contestare e a cui tutti i fedeli devono atten ersi «con religios o ossequio dell'intell etto e della
volontà» (can. 752). ma non ha valore domrnatico, sl da richiedere l' assenso di "fede divi na
e cattolico". di cui al can. 750.

2) Condizioni per la liceit à 3673


1025 (968- 969*) Per conferire lecitamente l'ordine del presbiterato o del dia-
conato, è neces sario che il can didato:
\° Compia pre viamente il period o di pro va prescri tto dal diritt o: ca nn. 1027 e
\03 2.
2° Sia dot ato dell e debi te qualit à, a giudizio del propr io Vescovo o del Supe riore
maggiore competente: ca n. 1029.
3° Sia libero da ogni irregolarità e da ogni impedimento: ca nn. 1040-\049.
4° Ademp ia pre viament e a quanto è rich iesto a termine dei cann. 1033-1039.
5° Sia giudicato utile a\ mini stero della Chi esa: nessuno , infatti, viene ord inato
per la propri a de vozione personale . ma per il se rvizi o della comunità. L'util ità è
riferita alla Chi esa universale , e non alla Ch iesa part ico lare, in rispondenza co n i
cann. 233, § I, 257 e 27 1.
226 LIBRO IV - Il "munus sancuficandi' della Chiesa

ART. l
I REQUISITI NEGLI ORDINANDI

CAN. 1026- Ut quis ordinetur de- Per essere ordinato, è necessario che il
bita libertate gaudeat oportet; ne- candidato goda della debita libertà; è as-
fas est quemquam, quovis modo, solutamente illecito costringere qualcuno,
ob quamlibet causa m ad ordines in qualsiasi modo e per qualsiasi motivo,
recipiendos cogere, vel canonice a ricevere gli ordini, o dissuadere dal rice-
idoneum ab iisdem recipiendis verli chi è canonicamente idoneo.
avertere.

Si richiede inoltre:
a) Che si disponga dei documenti prescritti nel can. 1050.
b) Che sia fatto lo scrutinio disposto dal can. !oSI.
c) Che, trattandosi dell'ordinazione di un chierico destinato al servizio di un'altra
diocesi, il Vescovo proprio che lo ordina sia sicuro ch'egli sarà realmente assegnato alla
detta diocesi.
3674 Nel nuovo Codice. non si esige più il "titolo" canonico di ordinazione (beneficio. patrimonio,
pensione, servizio della diocesi, ecc.), di cui nei cann. 979-982 e 2373, n. 3, del Codice 19J7)'.

3675 2. I requisiti negli ordinandi


Sono requisiti vari, prescritti dalla legge, le cui norme determinano opportunamente
il contenuto dei cann. 1024 e 1025.
Il primo requisito fondamentale negli ordinandi è ovviamente la vocazione divina.
Essa è presupposta nel presente articolo: non vi è menzionata, perché si tratta di un dono
intimo di Dio, che in se stesso non può essere definito né dimostrato giuridicamente. La
vocazione, tuttavia, dev'essere debitamente accertata (cfr. can. 259, § 2, relativo al
compito del Vescovo diocesano) e consolidata con i mezzi adatti (can. 246, § 3).
Circa i requisiti necessari per l'ordinazione episcopale, v. can. 378.

3676 l) La debita libertà


1026 (971 *) È un diritto sacro e inviolabile della persona, sia che voglia accedere
agli ordini, sia che non ne abbia alcuna intenzione. È delittuoso (nefas est) - afferma
con severità il canone - costringere una persona, in qualsiasi modo e per qualsiasi
motivo, a ricevere gli ordini sacri, o dissuadere dal riceverli chi è canonicamente idoneo.

, A norma del can. 979 del Codice precedente, il titolo doveva assicurare il decoroso sosten-
tamento del chierico secolare ordinato "in sacris", secondo le norme stabilite dagli Ordinari "pro
diversis locorum et temporum necessitatibus et adiunctis".
Erano previste tre diverse forme: la concessione di un beneficio, la costituzione di un proprio
patrimonio, l'erogazione di una pensione. Nel caso che non fosse possibile assegnare uno dci tre
titoli, bisognava ordinare il chierico "titulo servitii diocesis" e, nei territori soggetti alla Congre-
gazione di Propaganda Fide, "titulo missionis".
Per i religiosi, il can. 982 disponeva: il "titolo di povertà" per i regolari, di "mensa comune"
di "Congregazione" o di altro Istituto simile per i religiosi di voti semplici, a norma delle costi-
tuzioni. Un Istituto analogo a quello dei chierici era stabilito per gli altri religiosi.
L'ordine sacro 227

CAN. 1027 - Aspirantes ad diaco- Gli aspiranti al diaconato e al presbite-


natum et presbyteratum accurata rata devono esse re form ati co n un 'a ccura-
praeparatione efformentur, ad ta preparazione, a norm a del diritt o.
normam ìurìs,
CAN. 1028 • Curet Episcopus II Vesco vo diocesano o il Sup eriore
dioecesanus aut Superior compe- competente abbiano cura che i candidati,
tens ut candidati, antequam ad or- pr ima di essere promossi a un ordine,
dinemaliquem promoveantur, rite conoscano debit amente quanto co ncerne
edoceantur de iis, quae ad ordinem l' ordine, e gli obbli ghi che esso comporta.
eiusque obligation es pertinent.

Evidentemente il deli tto più gr ave è nella pr im a ipotes i, poiché le conseg ue nze po treb-
bero essere funes te e i danni irreparabi li, per l'i nte ressato e anc he per la C hiesa. Contro
un siffatto reat o , il C od ice prec edente comminav a la scom unica " Iatae se nte ntiae" ,
qualunque foss e la d ignità del suo autore (can. 2352*).
La C hiesa ce rca di tut elare con og ni mezzo la libertà del ca ndidato. T utt e le norm e
circa la formaz ione dei chierici (cann. 232-264) so n dirett e a qu esto scopo. Il can . 1036
- come vedremo - impone an ch e una form ale dichiarazione scritta e firmata di pro -
prio pugno da parte del ca ndida to.
Nonostante queste misure pru denziali, può tuttavia accadere che una persona acceda agli 3677
ordini sacri costretto dalla violenza o spinto dal timore.
IO In caso di violenza, l'o rdinazione è nulla di pieno diritt o (can. 125, § I). Giuridicamente
si richiede per altro una regolare dichiarazione di nullità da parte dell'autorità competente, ai sensi
del can. 290, n. I. Si suppone che alla violenza il candidato opponga il suo dissenso interno.
20 In caso di tim ore grave, può darsi una duplice ipotesi:
- Il soggetto accede all' ordine sacro senza alcuna intenzione di riceverlo: l'ordinazione è
similmente nulla, poiché l' intenzione è, negli adulti, un elemento essenziale per la valida recezione
dei sacramenti.
- Nonostante il timore grave che subisce, il soggetto ha la reale intenzione di ricevere
l'ordine sacro: l'ordinazione è per sé valida (can. 125, § 2), ma l' interessato, se ha validi argomenti,
può chiedere la dispensa dagli obblighi annessi, con la conseguente perdita dello stato clericale
(can. 290. n. 3). La procedura stabilita nel can. 2 14 del Codice precedente, che non è stata richia-
mata nel nuovo Codice. è da considerarsi abrogata.

2) L 'accurata preparazione 3678


1027-1028 (9 72, § l, e 996 *) È un a no rma che s'i m pone da sé : gli aspiranti al
diaco nato e al presbitera to d evon o ricevere un ' accurat a preparaz ione: u ma na e c ristiana ;
dottrinale, pastorale e spiritua le, secondo le prescrizio ni del diri tto . Le norme rel ative
per i chie rici in ge nere, sono co ntenu te ne i cann. 232-264. A lle m ede sime no rme sono
soggetti i membri degl 'I stituti re lig ios i. che s i prep aran o a ricevere gli or dini sac ri neIl a
propria comunità (can. 659 , § 3).

Nella sua finalità personale, il titolo di ordinazione, mirante all' onesto sostentamento del
Clero si concretò originariamente nell' nssegnazione di un ufficio stabile, come risulta fra l' altro dal
can. 6 del Codice di Calcedonia del 45 1. Esso si trasformò in "beneficio" a partire dal sec. VI. e.
successiva mente, prese anche la forma sussidiaria di "patrimonio privato" (sec. XII) e infine di
"pensione" o di rendita fissa nel Concilio di Trento (sess, XXI del 1562). Il titolo di "missione"
prese a svilupparsi in particolare tra il sec. XVI e il sec. XVII.
Il titolo di ordinazione è stato opportunamente soppresso col nuovo Codice.
228 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi' della Chies a

CAN. 1029- Ad ordines ii soli pro- Siano promossi agli ordini soltanto
moveantur qui, prudenti iudicio quelli che, a prudente giudizio del Vesco-
Episcopi proprii aut Superioris vo proprio o del Superiore maggiore com-
maioris competentis, omnibus per- petente, considerata ogni cosa, hanno una
pensis,integramhabent fidem, ree- fede integra, sono mossi da retta intenzio-
ta moventurintentione, debita pol- ne, posseggono la debita scienza, godono
lent scientia, bona gaudent existi- una buona stima, sono di costumi irre-
matione, integris moribus probati- prensibili e di provata virtù, e sono dotati
sque virtutibus atque aliisqualitati- delle altre qualità fisiche e psichiche ri-
bus physicisetpsychicisordini reci- spondenti all'ordine da ricevere.
piendocongruentibussunt praediti.
CAN.1030-Nonnisiexcausacano- Soltanto per una causa canonica, anche
nica, licet occulta, proprius Epi- se occulta, il Vescovo proprio o il Supe-
scopus vel Superior maior compe- riore maggiore competente possono vie-
teus diaconis ad presbyteratum de- tare la promozione al presbiterato ai
stinatis, sibi subditis, ascensum ad diaconi loro sudditi ad esso destinati,
presbyteratum interdicere potest, salva la facoltà del ricorso a norma del
salvo recursu ad normam iuris, diritto.

Fa parte di questa preparazione un'adeguata conoscenza di quanto concerne l'or-


dine sacro da ricevere e gli obblighi ch'esso comporta (can. 247). Attesa la sua impor-
tanza, la cura di detta preparazione è affidata alla responsabilità diretta del Vescovo
diocesano o del Superiore competente. Nella dichiarazione giurata da scrivere e firmare
di proprio pugno, i candidati devono anche assicurare formalmente di conoscere piena-
mente tutti gli oneri annessi all'ordine sacro, di volerli assumere spontaneamente e di
avere in animo di osservarli con fedeltà per tutta la vita. Cfr. Congregazione per la
Disciplina dei Sacramenti, Istruzione 27 dicembre 1930, § l, I, e Mod. I (X. OCHOA:
Leges Ecclesiae, I, n. 1004, colI. 1206-1207), e Congregazione dei Religiosi, Istruzione
IO dicembre 1931, n. 17 (Leges Ecclesiae, n. 1064, col. 1359).

3679 3) Il possesso di adeguate capacità e virtù


1029 (973, § 3, e 974, § l, nn. 2 e 4*) Considerata la dignità dell'ordine sacro e
la grave responsabilità del relativo ministero, è necessario, anche solo da un punto di
vista umano, che il candidato possegga tutte le qualità necessarie per il perfetto adem-
pimento delle proprie funzioni e dei propri compiti.
Il canone fa obbligo al Vescovo proprio e al Superiore maggiore competente di
promuovere agli ordini soltanto i candidati che, a loro prudente giudizio, considerata
attentamente ogni cosa:
- Abbiano una fede integra
- Siano animati da retta intenzione
- Posseggano la debita scienza
- Godano una buona stima
- Siano di costumi irreprensibili e di provate virtù
- Risultino dotati di tutte le altre qualità fisiche e psichiche rispondenti all'ordine
da ricevere
Per formulare tale giudizio, il Vescovo proprio e il Superiore maggiore competente non hanno
soltanto l'obbligo di fare le dovute indagini e assumere le opportune informazioni, ma anche di
conoscere personalmente i candidati e di avere frequenti rapporti con essi, come si accenna nel can.
*
259, 2, relativamente al Vescovo diocesano.
L'ordine sacre 229

CAN. 1031 • § 1. Presbyteratus ne § 1. Il prcsbiterato non sia conferito se


conferatur nisi iis qui aetatis an- non a quelli che, compiuto il venticinque-
num vigesimum quintum expleve- simo anno di età, posseggano una suffi-
rintetsufficienti gaudeant maturi- ciente maturità, osservando inoltre un in-
tate, servato insuperintervallo sex tervallo di almeno sei mesi tra il diacona-
saltem mensium interdiaconatum to e il presbitcrato; coloro che sono desti-
et presbyteratum; qui ad presbyte- nati al presbiterato, vengano ammessi
ratum destinantur, ad diaconatus all'ordine del diaconato soltanto dopo il
ordinem tantummodo post exple- compimento del ventitreesimo anno di
tum aetatis annum vigesimum ter- età.
tium admittantur.
§ 2. Candidatus ad diaconatum § 2. II candidato al diaconato permanen-
permanentem qui non sit uxoratus te, che non è sposato, non sia ammesso al
ad eundem diaconatum ne adrnit- detto diaconato se non dopo aver compiu-
tatur, nisi postexpletum vigesimun to almeno il venticinquesimo anno di età;
quintumsaltem aetatis annum; qui chi è sposato, solo dopo aver compiuto
matrimonio coniunctus est, nonnisi almeno trentacinque anni, e col consenso
postexpletum trigesimumquintum della moglie.
saltem aetatis annum, atque de
uxoris consensu.

4) L'eventuale negazione del presbiterato a un diacono 3680


1030 (970 *) La promozione agli ordini non costituisce per sé alcun diritto per
nessun fedele. La vocazione è dono di Dio, che tuttavia passa concretamente
attraverso la mediazione della Chiesa, la quale ricono sce tale dono in un soggetto ,
accogliendolo fra i ministri sacri. Trattandosi però di un diacono, ordin ato in vista del
presbiterato , è ovvio che né il Vescovo né il Superiore maggiore competente possono
vietargli l'accesso all'ordine superiore, se non per una causa canonica , ammes sa
cioè dal diritto: una irregolarità o un impedimento, una censura, un delitto, ecc. r;...;.
'" norma esplicita intende tutelare la dignità e il decoro del diacono ed evitare possibil i
atti di arbitrio (cfr. Communicationes, a. 19'83, p. 217, can. 980). Contro un'eventuale
illegittima esclusione, l'interessato ha diritto di presentare il suo ricorso al Dicastero
competente: la Congregazione per il Clero, nel caso di diacono del clero secolare la
Congregazione per i Religiosi e per gl' Istituti secolari, relativament e a Istituti e
comunità dipendenti da detto Dicastero; la Congrega zione per le Chiese Orientali o
per l'Evangelizzazione dei Popoli, in rapporto a Presuli dei loro rispettvi territori.
Communication es, a. 1978. p. 188. can. 209 : tanto il Vescovo diocesano che il Superiore
maggiorecompetente «manifestare debent candidato rationes propter quas ascensusad ordinem (ad
presbyteratum) ei interdicitur, ut ipse habeat revera possibilitat em recurrendi».

5) L'età prescritta ed altre norme 3681


1031 (975*) Per il presbiterato è prescritta l'età di 25 anni compiuti.
È inoltre necessario:
- Che i candidati posseggano una sufficiente maturità;
- Che tra l'ordinazione diaeonale e quella presbiterale si osservi un intervallo di
almeno sei mesi.
Per il diaconato conferito in vista del presbiterato, è prescritta l'età di 23 anni
compiuti.
230 LIBRO IV - Il "m unus sanc tiflc undi" della Chie sa

§ 3. Integrum est Episcoporum § 3. È in faco ltà dell e Conferen ze Epi -


conferentiis normam statuere, qua scopali stabilire co n norma parti col ar e
provectior ad presbyteratum et un' età superiore per il presbi tera to e per il
ad diaconatum permanentem re- diaconato permanente .
quiratur aetas.
§ 4. Dispensatio ultra annum su- § 4. La dispen sa oltre l' ann o sull' età
per aetate requisita ad normam §§ richiesta a norm a dei §§ I e 2, è riser vata
1 et 2, Apostolicae Sedi reservatur. alla Sede Apo stoli ca.
CAN. 1032 • § 1. Aspirantes ad
presbyteratum promoveri possunt § I. Gli aspiranti al presbiterato posso-
ad diaconatumsolummodo postex- no essere promossi al diaco nato solta nto
pletum quintumcurriculistudiorum dop o ave r esple tato il quinto anno del
philosophico-theologicorumannum. co rso degli studi filosofico-t eol ogici .
§ 2. Postexpletum studiorum cur- § 2. Compiuto il co rso degl i studi, il
riculum, diaconus per tempus con- diacono, per un co ngruo tempo da de-
gruum, ab Episcopo vel a Superiore termin arsi dal Vescovo o dal Super iore
maiore competenti definiendum, in maggiore competente, prenda parte alla
cura pastorali partem habeat, diaco- cura pastorale, esercitand o l'ordine dia-
nalem exercens ordinem, antequam co nale prima di essere prom osso al pre-
ad presbyteratum promoveatur. sbiterato.
§ 3. Aspirans ad diaconatum § 3. L'aspirante al d iacon ato permanen-
permanentem, ad hunc ordinem te non sia promosso a qu esto ordine, se
ne promoveaturnisi post expletum non dopo il compimen to del relati vo pe-
formationis tempus. riodo di form azion e.

Per il diaconato permanente:


- Se si tratta di candidati sposati, l' età di almeno 35 anni compiuti, e col consenso
della moglie;
- Se si tratta di candidati non sposati, l'età di almeno 25 anni pur essi compiuti.
È in facoltà delle Conferenze Episcopali prescrivere con norma particolare un'età
superiore per il presbiterato e per il diaconato permanente.
Relativamente all'età prescritta. il Vescovo o il Superiore maggiore competente
possono dispensare fino a un intero anno. Oltre l' anno. è necessaria la dispensa da parte
della Santa Sede.

3682 6) Norme particolari per il diaconato


1032 (976*) Diaconi aspiranti al presb iterato. Il piano degli studi per coloro che
si preparano al sacerdozio, comprende almeno un biennio di studi tilosotìci e un qua-
driennio di studi teologici, da compiere congiuntamente o in modo successivo (can.
250). Gli aspiranti al presbiterato possono essere promossi al diaconato solo dopo aver
espletato il quinto anno dei detti studi (§ l).
In attesa dell'ordinazione presbiterale, il diacono deve esercitare il suo ordine per
un congruo periodo di tempo, determinato dal Vescovo o dal Superiore maggiore
competente, prendendo parte alla cura pastorale, in modo da acquistarne una certa
esperienza (§ 2).
Diaconi permanenti. Agli aspiranti al diaconato permanente. l' ordinazione può
essere conferita solo dopo il compimento del relativo periodo di formazione, che, a
norma del can. 236, ha per sé la durata di tre anni.
L'ordi ne sacro 231

ART. 2
I REQUISITI PREVI ALL'ORDINAZIONE

CAN. 1033 - Lieite ad ordines pro- È promos so lecitamente agli ordini


moveturtantumqui reeepitsaerae soltanto chi ha già ricevuto il sacramento
eonfirmationis saeramentum. della confermazione.
CAN. 1034- § 1.Ad diaeonatum vel § 1. Nessun aspirante al diaconato o al
presbyteratum aspirans ne ordi- presbiterato sia ordinato, se prima non
netur, nisi prius per liturgicum ad- ahhia ottenuto, mediante il rito liturgico
missionis ritum ab auetoritate, de dell'ammissione da parte dell'autorità di
qua in cann. 1016 et 1019, ad- cui ai cann. 1016 e 1019, l'ascrizione tra
scriptionem inter candidatos obtì- i candidati; e questo, dopo la presentazio-
nuerit post praeviam suam petìtìo- ne di una domanda redatta e firmata di
nem propria manu exaratam et proprio pugno, e accettata per iscritto
subseriptam, atque ab eadem aue- dalla medesima autorità.
toritate in seriptis aeeeptatam.
§2.Ad eandem admissionem ob- § 2. Non è tenuto a richiedere questo
tinendam non tenetur, qui per vota rito di ammissione chi è stato già cooptato
in clericale institutum eooptatus est. in un istituto clericale, mediante i voti.

3. Requisiti previ all'ordinazione 3683

l) La recezlone della cresima 3684


1033 (974, § J, n. J *) È un requisito "ad liceit atem ", prescritto dal Codice per una
ragione di convenienza. La nonna risale al Concil io di Trento, ed era riferita alla rece -
zione della prim a tonsura (Sess. XXIII, can . 4 de reform .). È obbligatoria per gli attu ali
ministeri di lettore e di accolito? Nulla è disposto a tal riguardo, ma t'accennata ragione
di convenienza vale anche per essi.

2) Il rito liturgico dell'ammissione 3685


1034 È un particolare rito di ascrizione fra i candidati al diaconato e al presbiterato.
prima del conferimento dei detti ordini. Fu introdotto da Paolo VI co l M.P. Ad
pascendum del 15 agosto 1972 iE nchir. Vat., val. 4 , p. 1127, n. 1783 ; cfr. anch e il
Decreto della S. Congregazione per il Culto Di vino : Ench ir. Vat., val. 4, pp. 1166 -1169,
nn. 1853-1854).
Il rito, inserito nel "Pontifica le Romano", viene celebrato dal Vesco vo diocesano o
dal Superiore maggiore competente, di cui ai cann. 1016 e IO19. [J ca ndidato, da parte
sua, deve presentare al Vescovo o al Superiore un'apposita domanda, redatta e firmata
di proprio pugno, che dev' essere accettata per iscritto (§ I).
I professi d'Istituti clericali, che hanno già emesso i voti, non sono obbligati al
suddetto rito (§ 2).
Si noti come il canone pone una distinzione tra aspirante c candidato al diaconato e al
presbiterato: candidato , in senso proprio, è l'aspirante che è stato già accettato ufficialmente dalla
competente autorità. mediante il rito liturgico dell'ammissione.
232 LIBRO IV - Il "rnunus sanct ifieandi" della Chiesa

CAN. 1035- § 1.Antequam quis ad § I. Prima che sia promosso al diacona-


diaconatumsivepermanentemsive to sia permanente che transi torio. si
transeuntem promoveatur, re- richiede che il candidato abbia ricevuto i
quiritur ut ministeria lectoris et ministeri di lettore e di accolito, e che li
acolythi receperit et per congruum abbia esercitati per un congruo periodo di
tempus exercuerit, tempo.
§ 2. Inter acolythatus et diaco- § 2. Tra il conferimento dell'accolitato
natus collationem intervallum in- e del diaconato, deve intercorrere un
tercedat sex saltem mensium. intervallo di almeno sei mesi.
CAN. 1036 - Candidatus, ut ad Per poter essere promosso all'ordine del
ordinem diaconatus aut presby- diaconato o del presbiterato, il candidato
teratus promoveri possit,Episcopo deve consegnare al Vescovo proprio o al
proprio aut Superiori maiori com- Superiore maggiore competente una di-
petenti declarationem tradat pro- chiarazione scritta e firmata di propria
pria manu exaratam et subscrìp- mano, nella quale, mentre chiede l'am-
tam, qua testificetur se sponte ac mis sione all'ordine da ricevere, attesti che
libere sacrum ordinem susceptu- accede al sacro ordine spontaneamente e
rum atque se ministerio eeclesia- liberamente, e che si dedicherà sempre al
stico perpetuo mancipaturum es- ministero ecclesiastico.
se, insimul petens ut ad ordinem
recipiendum adrnittatur.

3686 3) La recezione e l'esercizio dei ministeri dellettorato e dell 'accolitato


1035 (974, § l, nn. 5-6, e 978, § 2*) Con la riforma operata da Paolo VI mediante
il M.P. Ministeria quaedam, il lettorato e l'accolitato non sono più nella Chiesa latina
"ordini minori", ma "ministeri". Resta però l'obbligo di riceverli e di esercitarli per un
congruo periodo di tempo, prima della promozione al diaconato sia permanente che
transeunte (§ l).
Tra il conferimento dell'accolitato e quello del diaconato, deve intercedere un in-
tervallo di almeno sei mesi (§ 2).
La dispen sa dal ricevere il letterato e l'accolitato prima della promoz ione al diaconato era
riservata nel M.P. Minister ia quaedam di Paolo VI alla Santa Sede (n. XI: Enchir. Val.. voI. 4, p.
1115, n. 1768). Secondo l'attuale Codice , è di competenza del Vescovo diocesano. a termine del
can. 87 (Communicationes, a. 1983, p. 218, can, 988, § I).

3687 4) La dichiarazione previa


1036 (992 *) È la dichiarazione scritta e firmata di proprio pugno, che il candidato
al diaconato o al presbiterato deve consegnare al proprio Vescovo o al Superiore
maggiore competente, per poter essere promosso ai detti ordini.
In tale dichiarazione il candidato:
- Deve fare istanza per l'ammissione all'ordine da ricevere
- Deve assicurare che accede al sacro ordine spontaneamente e liberamente
- Deve infine attestare che s'impegna di dedicarsi per sempre al ministero
ecclesiastico
L'ordine sacro 233

CAN. 1037 - Promovendus ad dia- Il candidato al diaconato permanente,


conatum pennanentem qui non sit che non sia sposato, e parimenti il
uxoratus, itemque promovendusad candidato al presbiterato, non siano
presbyteratum, ad ordinem diaco- ammessi al diaconato se prima non
natus ne admittantur, nisi ritu abbiano assunto pubblicamente col rito
praescripto publice coram Deo et prescritto, dinanzi a Dio e alla Chiesa,
Ecclesia obligationem caelibatus 1'obbligo del celibato, oppure abbiano
assumpserint, aut vota perpetua in emessi i voti perpetui in un istituto re-
instituto religioso emiserint, ligioso.
CAN. 1038 - Diaconus, qui ad pre- AI diacono che non intende più essere
sbyteratum promoveri renuat,ab or- promosso al presbiterato, non può vietarsi
dinisrecepti exercitio prohiberi non l'esercizio dell'ordine ricevuto, tranne che
potest, nisi impedimento detineatur esi sta un impedimento canonico o un'altra
canonicoaliave gravi causa, de indi- grave causa, da valutarsi a giudizio del
cio Episcopi dioecesani aut Superio- Vescovo diocesano o del Superiore com-
rismaioris competentis aestimanda. petente.

L'obbligo di questa dichiarazione venne introdotto dalla lstr. Quam ingens della S.C. per la
Disciplina dei Sacramenti, 27 dicembre 1930 (X. O CHOA, Leges Ecclesiae, n. 1004, col. 1206, § 3.
l, e col. 1207. Appendix, mod o I)'.

5) La pubblica assunzione dell'obbligo del celibato 3688


1037 Anche questa norma venne introdotta da Paolo VI col M.P. Ad pascendum,
nn. VI e X (Enchir. Var., val. 4, nn. 1788 e 1792). Con essa si prescrive che il candidato
da promuovere al diaconato sia transeunte che permanente, a cui sia annesso l'obbligo
del celibato, assuma previamente tale obbligo dinanzi a Dio e alla Chiesa, in forma
pubblica, mediante un particolare rito. Tale rito è semplicemente dichiarativo di un
obbligo che s'intende assumere con l'ordinazione diaconale (can. 277, § l).
La professione dei voti perpetui negl'Istituti religiosi, sostituisce il detto rito (Com-
municationes, a. 1983. p. 219, can. 990).

6) Un caso particolare 3689


1038 (973, § 2*) È quello di un diacono che, per sue ragioni particolari, non
intende più essere promosso al presbiterato. La Chiesa rispetta la sua volontà e tutela i
suoi diritti, prescrivendo che non gli si può vietare l'esercizio dell'ordine ricevuto tranne
che esista un impedimento canonico o un'altra grave causa , da valutarsi a giudizio del
Vescovo diocesano o del Superiore competente .
Contro un'eventuale illegittima proibizione. l'interessato può ricorrere " in dcvoluti vo" alla
Santa Sede. come specifi cato al can. 1030 (n. 3680).

, Alcuni autori restano alquanto incerti circa l'obbligo della detta dichiarazione espresso
nell'attuale Codice : se, cioè debba esser riferito soltanto al diaconato o anche al presbiterato . Il motivo
del dubbio è la congiunzione alli. che figura nel testo del canone : «ad ordinem diaconatu s aut
presbyteratus». Ma qui l'aut ha valore copulativo rafforzativo, non disgiuntivo. Significa: «il candidato
al diaconato e a maggior ragione al presbiterato» (cfr. Dizionario latino del Georges, col. 336).
D'altra parte, nella citata Istr. Quam primum , è dello espressamente che la "dichiarazione"
dev'e sser fatta "in singuli s sacris ordinibus " (X. O CHOA, Leges Ecclesiae , I, col. 1207, Mod. I).
234 LIBRO IV - Il " munus sanctiflcundi" della Chiesa

CAN. 1039 - Omnes qui ad aliquem Tutti coloro che devon o essere pro-
ordinem promovendi sunt, exerci- mossi a un ordine, fac ciano un corso di
tiis spi rituali bus vacent perquinquc es erci zi spirituali di almeno ci nque giorn i,
saltem dies, loco et modo ab Ordi- nel luogo e nel modo determ inat i dall'Or-
nario determìnatìs; Episcopus, ano din ario ; prima di procedere all'ord inazio-
tequam ad ordinationem procedat, ne , il Ve sco vo de ve acc e rta rs i che i
certior factus sit oportet candida- candidati abbiano atteso debitamente a
tos rite iisdem exercitiis vacasse, qu esti eser cizi.

ART . 3
IRREGOLARITÀ E ALTRI IMPEDIMENTI

CAN. 1040 • A recipiendis ordini- Sono e scl usi d alla rece zi one degli
bus arcentur qui quovis impedimen- ordi ni sac ri coloro c he so no affetti da un
to afficiuntur sive perpetuo, quod qual siasi impedimento, sia perpetuo, che
vcnit nomine irregularitatis, sive vie ne sotto il nome d ' ir regolarità, sia
simplici; nulIum autem impedimen- semplice ; non si co ntrae tuttavia alcun
tum contrahitur, quod in eanonibus altro impedimento, al di fuori di quelli
qui sequuntur non contineatur. compresi nei seguenti ca non i.

3690 7) Il corso di esercizi spiritua li da premettere alla sac ra ordinazione


1039 (1001*) L' importanza di tali esercizi risulta dalla esperienza ed è messa in
rilievo dalla stessa norma giuridica, che li rende obbligatori per ogni sacra ordinazione:
episcopale, presbiterale e diaconale. Essi costituiscono un tempo privilegiato, per la
verifica delle proprie disposizioni e per una preparazione immediata all'ordine che si sta
per ricevere.
Il corso deve effettuarsi nel luogo e nel modo determinato dal proprio Ordinario,
e durare almeno cinque giorni.
*
Nel can. 1001, 2. del Codice precedente. era anche stabilito che gli eserciz i si dovessero
ripetere nel caso che, dopo il loro compimento. la sacra ordinazione venisse differita, per un
qualsiasi motivo. di oltre un semestre; trattandosi di un ritardo minore, spettava all' Ordinario
decidere in merito. Tale disposizione non è stata ripetuta nel nuovo Codice , ma può servire di
norma direttiva.

Il can. 1039 fa obbligo al Vescovo che procede all'o rdinazione, di accertarsi che i
candidati abbiano atteso debitamente agli esercizi prescritti.

3691 4. Irregolarità e altri impedimenti


Nel can. 1025, § I, del Codice del 1917 si stabiliva che, per il conferimento della
sacra ordinazione, è necessario che il candidato sia libero da ogni irregolarità e
impedimento. La relativa disciplina è contenuta nel presente terzo articolo. È per altro
da notare che i detti impedimenti e irregolarità sono divieti o provvedimenti di carattere
ecclesiastico amministrativo. Esistono anche divieti di carattere divino - per esempio,
la mancanza di vocazione o dello stato di grazia - ma, ovviamente, non si tratta di
"irregolarità" né di "impedimenti" in senso giuridico.
L'ord ine sacro 235

CAN. 1041 - Ad recipiendos ordì- Sono irregolari relativamente alla re-


nes sunt irregulares: cezione degli ordini:
l ° qui ali qua forma laborat I ° chi sia affetto da una qualch e forma
amentiae aliusve psychicae infir- di demenza o di altra inferm ità psichica,
mitatis,qua,consultis peritis, inha- per cui, consultati i periti, egli sia giudicato
bilisiudicatur ad ministerium rite incapac e di esercitare debitamente il
implendum; mini stero;
2° qui delictum apostasiae, hae- 2° chi abbia commesso il delitto di apo-
resis aut schismatis commiserit; stasia, eresia o scisma;
3° qui matrimonium etiam civi- 3° chi abbia attentato il matr imoni o,
le tantum attentaverit, vel ipse- anche soltanto civile, o perché egli stesso
met vinculo matrimoniali aut or- era impedito dal contrarre matrimon io a
dinesacro aut voto publico perpe- causa di un precedente vincolo matrim o-
tuocastitatis a matrimonio ineun- niale o di un ordine sacro o di un voto
do impeditus, vel cum muliere pubbli co e perpetuo di castità, o perché
matrimonio valido coniuncta aut l'attentato è stato compiuto con una donna
eodem voto adstricta; unita già in matrimonio valido oppure vin-
colata dal medesimo voto;
4°qui voluntarium homicidium 4° chi abbia commesso un omicidio
perpetraverit aut abortum procu- volontario o sia ricorso a pratiche aborti ve,
raverit, cffcctu secuto, omnesque a cui sia seguito l'effetto, e tutti coloro
positive cooperantesi che vi abbiano cooperato positivamente;

I) Concetto d 'irregolarità ed 'impedimento 3692


1040 (983 *) La differenza es senzial e fra l' irr egol arità propriamente de tta e il
semplice impedimento è che l'irregolarit à è " ex se " perpetua, mentre l'impedimento
è temporaneo", L'una e l'altro impedi scono " iure ecclesi asti co " sia la rece zi on e
dell'ordine sac ro che il suo eserci zio, ma non hanno carattere di pen a, anche se si
tratti d'irregol arit à deri vante da delitto. La lor o costituzione da parte della Chiesa ha
lo scopo di circondare i sacri mini steri dell a do vuta riverenza. D ato il suo cara ttere
di perpetuità l'irregol arità, una volta co ntra tta , ce ssa so lo medi an te di sp en sa .
L'impedimento, invece, può ces sare anche da sé, col venir meno della cau sa che l'ha
prodotto .
In r ispondenza col c a n. 18 , irregolarità e impedimenti so no d i s tre tta
interpretazione, per cui le enumerazioni fatte nei canoni seguenti so no rigorosamente
tassative.
È anche da notare che non può darsi irregolarità o impedimento "ab homine", ma solo "a
iure", e per giunta "a iure communi Codicis" , per cui è escluso ogni diritto particolare (dio-
cesano. provinciale. nazionale). La costituzione degl'impedimenti e delle irregolarit à canoniche
in ordine alla recezione e all'esercizio degli ordini sacri è di esclusiva competenza del Romano
Pontefice. L'Ordinario potrebbe dare soltanto un "divieto", «ma solo temporaneamente. per
una causa grave e finché questa perduri» (cfr. can. 1077, li I, relativamente agl'impedimenti
matrimoniali ).

, Un'altra differenza e che l'irregolarità può essere tanto "ex delicto" quanto "ex defcctu":
l'impedimento, solo "ex defectu".
236 LIBR O IV · ll vmunus sanctifi ca ndi' de lla ChilOSJ

5°qui seipsum velalium graviter 5° chi abbia gravemente e dolo samente


et dolose mutilaverit velsibi vitam mutilato se stesso o altri, oppure abbia
adimere tentaverit; tentato di togliersi la vita;
6° qui actum ordinis posuerit 6° chi abbia posto un atto di ordine sacro
constitutis in ordine episcopatus riservato a coloro che sono costituiti
vel presbyteratus reservatum, vel nell'ordine dell'episcopato o del presbite-
eodem carens, velab eius exercitio rata , mentre era privo del detto ordine o
poena aliqua canonica declarata era colpito dal divieto di esercitarlo a causa
vel irrogata prohibitus. di una pena canoni ca dichiarata o inflitta.

Similmente è escl uso che la consuetud ine possa introdurre una nuova irregola rità o un nuovo
impedimento canonico o essere contraria a quelli esistent i (cfr. can. 1076).

3693 2) Irregolarità che imp ediscono la recezlone degli ordini sacri


1041 (984 -985 *) I cann. 984 c 985 del Codice precedente dist ingu evano fra
irrego larità ex defe ctu (per es. la demenza) e irregolarità ex delicto (per es. l' apostasia).
La distinzione non fi gura nel nuovo Codic e' , ma evidentemente sussiste tuttora "ex
natur a rei" , ed ha una conseg uenza importante . Per la irregolari tà "ex defectu ", non ci
sono scuse né attenuanti, e si può incorrere in essa anche senza alcuna colpa; per la
irrego larità "e x deli cto" , deve verificarsi invece il concetto di "delitto" , ricavabile dal
can. 1321 , § l : «Una violazio ne estern a dell a legge , gravemente imputabile per dolo o
per co lpa». In effetti i cann. 1041 c 1044, § J, parlano di delitto, di omicidio volontario,
di mutilazi one dolosa.
3694 A norm a del can. 104 1. sono irregolari relativamente alla recezione degli ordini:
I ° Chi è affetto da una qualche forma di demenza o di altra infermità psichica , per
cui, consultati i periti, egli è giudicato inabil e ad esercitare deb itamente il sacro
ministero. La consultazione dei periti è necessaria, trann e che l'inabilità per demen za o
altra infermità psichica sia evidente per se stessa (cfr. ca n. 1680).
Può accadere che un infermo di ment e riacquisti il perfetto uso delle sue facoltà. Di fatto, egli
è guarito, ma giuridicamente l'irregolarità contratta permane , perché "natura sua perpetua ". Per
togliere l'irregolarità è necessaria la dispensa, sempre che la guarigi one, per giudizio dei medici,
sia fondatament e certa e defi nitiva.

3695 2° Ch i abb ia com messo il delitt o di apostasia, eresia o scisma (can . 75 1), colpi to
anche, a termini del can, 1364, § I, da scomunica "Iatae sententia e", Non è neces sario
che il delitto sia pubbli co, com 'è affermato invece nel can. 1044, § l , n. 2, rela tivamente
all' esercizio dell'ordine. È tuttav ia da tener presente il can. 1330 .
All'apostasia viene equ iparata, in ordine alla sacra ord inazione e al matrimonio,
l'ascrizion e a una setta ateistica: Risposta della Pont. Commissione per l'interpret. del
Cod ice, 30 luglio 1934 (X. O CHOA, Leges Ecclesiae, l, n. 1238, col. 1573, I) ,
3696 3° Chi abb ia attentato il matrimonio, anche solo civile:
- O perch é egli stes so era impedito dal contrarre matrimonio a cau sa di un
precedente vincolo matrimoniale (can. 1085, § I) o dell'ordine sacro (can. 1087) o del
voto pubbl ico e perpetuo di casti tà eme sso in un Istituto relig ioso (ca n. 1088);

~ Communicationes, a. 1978 , p . t96 , can. 224 : «Supprirnitur formali s distin ctio inter
irregularitatcm ex defectu et irregularitatem ex delicto».
L' ordine sacre 237

CAN. 1042 - Sunta recipiendis or- Son o s em p lic eme nte impediti dal
dinibus simpliciter impediti: ricevere gli ordini:
l ° vir uxorem habens, nisi ad l ° l'uomo che è spo sato, tranne che sia
diaconatum permanentem legiti- destinato legittimamente al diaconato per-
me destinetur; m anent e;
2°qui officium veladrninistratio- 2° chi esercita un ufficio o un'amm ini-
nem gerlt clericìs ad normam can. strazione vietata ai chierici a norma dei
285et 286 vetitam cuius rationem cann. 285 c 286 , di cui debba rendere
reddere debet, donec , depositis of· conto, finch é, lasc iato l'ufficio e l'ammi-
ficio et adrninistratione atque ra- nistra zione e res i i conti dovuti, non se ne
tionibus redditis, Iiber factus sit ; sia liberato ;
3° neophytus, nisi, iudicio Ordì- 3° il neofito, tranne che, a giudizio
narli, sufficienter probatus fuerit. dell'Ordinario , sia stato già suffici entem en-
te sperimentato.

- O perché l' att ent ato sia stato compiuto con una donna unita gra 111 un
matrimonio valido (can: 1085, § I) oppure vincolata dal medesimo voto (can. 1088).
4 0 Chi abbia commesso un omicidio volontario - non cas uale o colposo. per 3697
omissione della debita diligenza, o per legittima difesa - o sia ricorso a pratiche
abortive "e ffcctu secuto" (can . 1398), e tutt i coloro che vi abbiano co operato
positivamente , in maniera determinante (can. 1329).
50 Chi abbia gravemente e dolosamente mutilato se stesso o altri, oppure abbia 3698
tentato il suicidio.
La mutilazione s' intende di un organo che abbia una sua propria funzione: l' occhio. la mano.
il piede. ecc. E necessaria la mutilazione effettiva, non il semplice tentativo rimasto senza effetto.
Per il tentativo di suicidio. occorre la piena responsabilità: qualora sia compiuto in un gesto di follia
o per infermità psichica, l'Irr egol arità non si contrae.
6 0 Chi abbia posto un atto di ordine sacro riservato a coloro che sono cost ituiti 3699
nell'episcopato o nel presbiterato:
- Mentre era privo del detto ordine (usurpazione);
- Oppure era colpito dal divieto di esercitarlo a causa di una pena canonica
dichiarata (se "latae sententiae") o inflitta (se "ferendae sententiae"),
Sono state soppresse alcune delle " irregolarità" precedenti, che non rispondevano più alla
mentalità moderna: per es. la illegittimità dei natali (can. 984. n. I. Codice 1917; cfr. Commu ni-
cationes, a. 1983. p. 2 19, can. 994. nn. 1-2).

3) Semplici impedimenti che vietano la recezlone degli ordini 3700


1042 (987 *) Sono semplicemente imped iti di ricevere gli ordin i sacri. finchè
perduri l'impedimento (non c' è quindi bisogno di dispensa: l'impedimento. nel caso,
eessa da sè):
IO L'uomo che ha la consorte, tranne che sia stato destinato legittimamente al
diaconato permanente.
2 0 Chi esercit a un ufficio o un'amministrazione vietata ai chierici a norma dei
cann. 28 5 e 28 6 , di cu i de bba rende re conto , fin ché , lasci ato l' ufficio o
l' amministrazione e resi i conti dovuti, non se ne sia liberato.
30 Il neofito, tranne che, a giudizio dell'Ordinario, abbia dato sufficiente prova
della sua fede e della sua costanza.
Neofito è chi viene battezzato in età adulta. Non è tale un ere tico che, abbandonata l' eresia,
viene ribattezza to solto condizione.
238 LIBRO IV · Il "rnunus sanctiflcandi' della Chiesa

CAN. 1043· Christifideles oblìga- I fedeli hanno l'obbligo di rivelare


tione tenentur impedimenta ad gl'impedimenti ai sacri ordini , di cui
sacros ordines, si qua norint, Or- siano a conoscenza, all 'Ordinario o al
dinario velparocho ante ordìnatìo- parroco prima dell'ordinazione.
nem revelandi.
CAN. 1044 • § l. Ad exercendos § I. Sono irregolari relativ amente
ordines receptos sunt irregulares: ali' es ercizio degli ordini ricevuti:
1° qui irregularitate ad ordines I ° chi abbia ricevuto illegittimamente gli
recipiendos dum afficiebatur, iii e- ordini , mentre era affetto da una irregola-
gitime ordines recepit; rità che ne impediva la recezione.
2° qui delictum commisit de quo 2° chi abbia comm ess o il delitto di cui
in can. 1041, n. 2, si delictum est al can. 1041, n. 2, se il delitto è pubblico;
publicum;
3° qui delictum commisit, dc 3° ch i abbia commesso uno dei delitti di
quibus in can. 1041 nn. 3, 4, S, 6. cui al can. 1041 , nn . 3, 4, 5, 6.
§ 2. Ab ordinibus exercendis § 2. Sono sem pliceme nte imped iti di
impediuntur: esercitare gli ordini:
1° qui impedimento ad ordines l ° chi abbia rice vuto iIlegittimamcnte gli
recipiendos detentus, iIIegitime ordini, mentre era colpito da un impedi-
ordines recepit; mento;
2° qui amentia aliave infirmitate 2° chi sia affetto da demenza o da altra
psychica de qua in can. 1041, n. 1 infermità psichica di cui al can . 1041, n.
afficitur, donec Ordinarius, con- I , finché l'Ordinario, co ns ultato un perito,
sulto perito, ciusdem ordinis exer- non gli permetta l'eserciz io dell'ordine .
citium permiscrit.

3701 4) L 'obbligo dei fe deli


1043 (999*) Il canone riproduce testu almente la prescrizr one del Codice
precedente. L'obbligo di rivelare gl' impedimenti canonici di qu alsia si gen ere
(impedimenti semplici e irregolarità). che si oppongono alla recezione dei sacri ordini,
grava su tutti i fedeli che ne siano a conoscenza. Gl' impedimenti devono essere
manifestati all' Ordinario o al parroco prima dell'ordinazione . Si è tuttavia scusati da tale
obbligo nelle ipotesi previste nel can. 1548, § 2, n. l (segreto di ufficio) e n. 2 (timore
d'infamia, di pericolo se vessazion i o di altri gravi danni per sé o per i propri
consanguinei e gli affini più stretti). Sono in genere le medesime cause che scusano dal
rivelare gl'impedimenti matrimoniali, a termine del can. 1069. È chiaro, per altro, che
l'obbligo di denunziare alla competente autorità gl' impedimenti e le irregolarità relativi
agli ordini sacri riveste una maggiore gravità dell'obblig o di denunziare gl'impedimenti
matrimoniali. in quanto le ordinazioni sacre sono intimamente legate alla funzione
ministeriale della Chiesa e al bene delle anime. Di conseguenza, per essere scusati
dall'obbligo prescritto, si richiede una causa proporzionatamente più grave.
Da notare. L'obb ligo imposto nel can, 1043 riguarda per sé le irregolarità c gl'impedimenti
che vietano la recezione degli ordini sacri ai sensi dei cann, 1041 e 1042, non l'esercizio degli
ordini ricevuti. di cui al can. 1044. In questo secondo caso. non c' è l'obbli go giuridico , ma può
esserci l'obbl igo morale.

3702 5) Irregolarità che impediscono l' esercizio degli ordini sacri


1044, § l (968. § 2*) Sono irregolari relativamente all'e sercizio degli ordini ricevuti:
L' ordine sacro 239

CAN. 1045· Ignorantia irregula- L 'ignoranza delle irregolarità e de-


ritatum atque impedimentorum gl'impedimenti non esime dai medesimi.
ab eisdem non eximit.
CAN. 1046 - Irregularitates et im- Le irregolarità e gl ' impedimenti si
pedimenta multiplicantur ex di- moltiplicano se provengono da diverse
versiseorundem causis , non autem cause, ma non per il ripetersi della stessa
ex repetita eadem causa, nisi aga- causa, tranne che si tratti d' irregolarità da
tur de irregularitate ex homicidio omicidio volontario o da ricorso ad aborto
voluntario aut ex procurato abor- procurato "effe ctu secuto".
tu, effectu secuto.

I° Chi abbia ricevuto illegittim amente gli ordini, mentre era affetto da una irrego-
larità: l'irregolar ità perdur a anche dopo l' ordinazio ne.
2° Chi abbia commesso il delitto di apostasia , eresia o scisma, di cui al ca n. 1041,
n. 2, se il delitto è pubblico. Delitto pubblico, a ter mini del ca n. 2 197, n. l , del Codice
precedente, è quello che sia già divulgato, ossia conosciuto da una larga cerchia di
persone, o che, per le circostanze a cui è legato, si possa e si debba prudentem ente
supporre che facilmente sarà divulgato.
3° Chi abbia commesso uno dei delitti di cui al ca n. 1041, nn. 3,4, 5 e 6:
- attentato di matrimonio anche solo civile (n. 3)
- omicidio volontario e pratiche abortive "effectu secuto" (n. 4)
- grave e dolosa mutilazione di se stesso O di altri o tentato suicidio (n. 5)
- usurpazione di ordine sacro (n. 6)
- illegittimo ese rcizio di ordine sacro, vietato da una pena canonica dichiarata o inflitt a
(n. 6)

6) Semplici impedimenti che si oppongono all 'esercizio degli ordini 3703


1044, § 2 (968, § 2 *) Sono semplicemente impediti di esercitare gli ordi ni ricevuti,
finché dur i l' impedimento:
- Chi abbia rice vuto illegittim amente gli ordini, mentre era colpito da un semplice
impediment o (can. 1042).
- Chi sia affetto da demenza o da altra inferm ità psichica , di cui al can. 1041, n.
I, finché l' Ordinario, consultato un perito, non gli permetta l' esercizio dell'ordine.
L' autorizzazione dell' Ordinario è necessaria, com'è necessaria per sé la consultazi one
del perito, per ragioni di prudenza.

7) Ignoranza e moltiplicazione 3704


1045-1046 (988-989*) Sono norme che riguardano sia la irregolarità che i semplici
impedi menti.
IO Come s' è già rilevato, le irregolari tà e gl'impedimenti non hanno carattere di
pena, per cui la loro igno ranza, anche quella non colpevole, non esim e da ess i (can.
1045; cfr. can. 16, § I). Ciò significa che, per incorrere in una irrego larità o in un
impedimento, è sufficiente compiere l' atto che dà origine ai detti impedimenti canonici,
e che non c' è bisogn o di conoscere che essi esista no per legge. All' ignoran za è
equiparata l'inavverten za, l'errore, ecc., secondo i princip i generali del diritto (cfr. can.
1323, n. 2).
240 LIBRO Iv -Il "munus sunctificandi" della Chiesa

CAN. 1047 - § 1. Uni Apostolicae § 1. La dispensa da tutte le irregolarità


Sedi reservatur dispensatio ab fondate su un fatto deferito al foro
omnibus irregularitatibus, si fac- giudiziario, è riservata esclusivamente
tum quo innituntur ad forum iu- alla Sede Apo stolica.
diciale deductum fuerit.
§ 2. Eidem etiam reservatur di- § 2. Alla m ed esima S ede è anche
spensatio ab irregularitatibus et riservata la dispensa dalle seguenti irrego-
impedimentis ad ordines recìpien- larità e impedimenti relativi alla recezione
dos, quae sequuntur: degli ordini:
I Oab irregularitatibus ex delle- I ° dalle irregolarità deri vanti dai delitti
tis publicis, dequibusincan.I04I, pubblici, di cui al can. 1041, nn. 2 e 3;
nn. 2 et 3;
2° ab irregularitate ex delicto 2° dalla irregolarità derivante da delitto
sive publico sive occulto, de quo sia pubblico che occulto, di cui al can.
in can. 1041, n. 4; 1041. n. 4;
3° ab impedimento, de quo in 3° dall 'impedimento di cui al can . 1042,
can. 1042, n. 1. n. 1.
§ 3. Apostolicae Sedi etiam re- § 3. È inoltre ri servata alla Sede
servaturdispensatio ab irregulari- Apostolica la dispensa dalle irregolarità
tatibus ad exercitium ordinis su- relative all'esercizio dell'ordine ricevuto
scepti, de qui bus in can.I04I, n. 3, di cui al can. 1041, n. 3, soltanto nei casi
in casi bus publicis tantum, atque pubblici, e al n. 4 del medesimo canone,
in eodem canone, n. 4, etiam in anche nei casi occulti.
casibus occultis.
§4.Abirregularitatibusetimpe. § 4. Dalle irregolarità e dagl'impedimen-
dimentis Sanctae Sedi non reserva- ti non riservati alla S anta Sede, può
tis dispensare valet Ordinarius. dispensare l'Ordinario.

2° Le irregolarit à e gl'impedimenti si moltiplicano se provengono da cause diverse


ma non per il ripetersi della stessa causa, tranne che si tratti d'i rregolarità da omicidio
volontario o da ricorso a pratiche abortive che abbiano avuto effetto. In questo caso,
tante sono le irregolarità contratte. quanto sono gli omicidi commessi e le pratiche
abortive "effectu secuto" (can. 1046).
Della moltiplicazione delle irregolarità e degl'impediment i, bisogna tener conto
soprattutto nella domanda di dispens a.

3705 5. La dispensa dalle irregolarità e dagl'impedimenti


Come s'è già accennato, l'irregolarità, atteso il suo caratte re di perpetuità, cessa
solo per dispensa. L'impedimento invece, avendo carattere temporaneo, cessa col venir
meno della causa che vi ha dato origine; perdurando la causa, è necessaria la dispensa
anche per il semplice impedimento.

3706 I) La competenza della Santa Sede e dell'Ordinario


La Santa Sede
1047 (990, § I *) Per norma generale, tutte le irregolarità fondate su un fatto
deferito al foro giudiziario, sia eccle siastico che civile, possono essere dispensate
esclusivamente dalla Sede Apostolica (§ l) .
L'ord ine sacro 241

CAN. 1048 - In casibus occultis Nei casi occulti più urgenti, se non si
urgentioribus, si adiri nequeat possa ricorrere all'Ordinario o, trattandosi
Ordinarius aut cum de irregulari- delle irregolarità di cui al can. 1041, nn. 3
tatibus agatur de qui bus in can. e 4, alla Penitenzieria, ed esista il pericolo
1041, nn. 3 et 4, Paenitentiaria, et imminente di grave danno °
infamia,
si periculum immineat gravis colui che è impedito da irregolarità dal-
damni aut infamiae, potest qui l'esercizio dell'ordine, può esercitarlo,
irregufaritate ab ordine exercen- fermo restando tuttavia l'obbligo di ricor-
do impeditur eundem exercere, rere al più presto all'Ordinario e alla
firmotamen manente onere quam Penitenzieria, senza fare alcun nome c tra-
primum recurrendi ad Ordina- mite il confessore.
rium aut Paenitentiariam, retici-
to nomine et per confessarium.

Si discute fra gli autori se, ai fini di tale "deferimento", sia sufficiente l'istanza presentata al
giudice a termini dei cann. 1501-1504, o sia anche necessaria l'accettazione della detta istanza da
parte del tribunale. ai sensi del can. 1505. § I. Riteniamo che . mentre l'istanza è all'esame del
tribunale. l'eventuale competenza dell'Ordinario di cui al § 4, resta sospesa: egli deve attendere
l'esito definitivo della detta istanza e. se la cosa è urgente, deve ricorrere alla Santa Sede.
È riservata similmente alla Santa Sede la dispensa dalle seguenti irregolarità e
impedimenti relativi alla recezione degli ordini :
- Irregolarità derivante dai delitti pubblici, di cui al can. 1041, n. 2 (apostasia ,
eresia e scisma) e n. 3 (attentato di matrimonio anche solo civile)
- Irregolarità derivante da delitto sia pubblico che occulto, di cui al can. 1041, n.
4 (omicidio volontario e pratiche abortive "effectu secuto")
- Impedimento di cui al can. 1042, n. I (l'uomo che ha la consorte, tranne che
venga ammesso legittimamente al diaconato permanente) (§ 2)
È riservata infine alla Santa Sede la dispensa dalle irregolarità relative all'esercizio
dell'ordine ricevuto di cui al can, 1041, n. 3 (attentati vari di matrimonio , anche solo
civile) e n. 4 (omicidio volontario e pratiche abortive "effectu secuto"):
- Per quanto riguarda il n. 3, soltanto nei casi pubblici
- Per quanto concerne il n. 4, in tutti i casi, pubblici e occulti (§ 3)
Nei cas i occulti. la dispensa è concessa per il foro interno dalla Penitenzieria Apostolica: negli
altri casi attinenti al foro est erno dalla Congregazione dei Sacramenti ai laici e ai chierici del clero
diocesano, dalla Congregazione per i Religios i e per gl'Istituti secolari ai membri degl' Istituti
religiosi e secolari, dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per i delitti di apostasia, eresia
e scisma , di cui al can . 1041, n. 2 .

L'O r d i n a r i o 3707
In tutti i casi d'irregolarità e d'impedimenti non riservati alla Santa Sede, la
dispensa è di competenza dell'Ordinario ai sensi del can. 134, § I: Vescovo dioce sano,
Presule equiparato, Vicario generale ed episcopale, Superiore maggiore d'Istituto reli-
gioso o di Società di vita apostolica clericali e di diritto pontificio e suo Vicario a norma
del can. 620 (§ 4).

2) La dispensa "ex lege" nei casi occulti più urgenti 3708


1048 (990. § 2 *) Nel Codice precedente, la dispensa dalle irregolarità e
dagl'impcdimcnti relativamente all 'esercizio degli ordini ricevuti, era demandata a
qualsiasi confessore. Nel Codice attuale, la dispensa viene posta in essere dalla stessa
legge, a una duplice condizione:
242 LIBRO IV . Il " munus sauct ificundi" della Chiesa

CAN. 1049 - § 1. In precibus ad § I. Nelle domande dirette ad o tte nere


obtinendam irregularitatum et la di sp en sa dall e irregol arità e dagl' im-
impedimentorum dispensatio- pedim enti , devono e ssere in di cate tutte le
nem, omnes irregularitates et irregol arità e gl' impedimenti ; tuttavia, la
impedimenta indicanda sunti di spensa generale val e anche per le irre-
attamen, dispensatio generalis gol arità e p er gl' im p ed im enti omes si in
valet etiam pro reticitis bona fio bu on a fede, eccettuate le irregolarità di
de, exceptis irregularitatibus de cu i al ca n. 1041 , n. 4 , o le altre defer ite
quibus in can. 1041, n. 4, aliisve al foro g iud izi ario , m a non vale per le
ad forum iudiciale deductis, non irrego larità e p er g) ' impedimenti taciuti
autem pro reticitis mala fide. in m al a fed e .
§ 2. Si agatur de irregularitate § 2. Se si tr att a d ' irregolarità derivante
ex voluntario homicidio aut ex da omicidio v o lo n t a rio o d a a b o r to
procurato abortu, etiam numerus procurato, per la validità della dispen sa de-
delictorum ad validitatem dispen- v'essere ind ica to anc he il nume ro dei de-
sationis exprimendus est. litti commessi.
§ 3. Dispensatio generalis ab § 3. La di sp en sa genera le dalle irregola-
irregularitatibus et impedimentis rit à e dagl 'impedimenti a ri ce vere gli or-
ad ordines recipiendos valet pro d in i, va le per tutti g li o rdi ni.
omnibus ordinibus.

- Che si tratti di casi occ ulti:


- Che si tratti insieme di casi di particolare urgen za, in cui non si possa ricor-
rere all' Ordinario o alla Penitenziaria Apostolica (per i casi di sua co mpete nza: can,
1041 , nn. 3-4) ed esis ta il peric olo imminente di grave danno (morale o materiale) o
d'i nfamia.
In questo caso occulto e urgente, il chierico, pur impedito da irregolarità dall'e ser-
cizio dell' ordine, può esercitarlo lecitamente, fermo restando tuttavia l' obbligo di ricor-
rere al più presto (per sé "intra mensem") all' Ordinario o alla Penitenziaria, senza fare
alcun nome e tramite il confesso re.
Il ricorso è necessario. perché la dispensa dalla irregolarit à o dall ' impedimen to è soltanto
temporanea. e cessa nel caso che non si faccia il ricorso "quam primuru".

3709 3) La fo rmulazione della domanda e il valore della dispensa "gene rale"


1049 (991 *) La formulazione. Nelle istanze dirette ad ottene re la dispensa dalle
irregolarità e dagl' impedimenti:
- Devono esse re indicate tutte le irregolarità e tutti gl' impedimenti contratti (§ I)
- Tr attandosi d' irregolarit à deri vante da omi cidio volontario o da pratiche
abortive "effectu secuto" (can. 1041, n. 4), in conformità col can. 1046 dev' essere
indicato anche il numero dei delitti commessi (§ 2)
3710 La dispensa "generale", La dispensa concessa in forma generale vale non solo per
le irregolarità e per gl' impedimenti dichiarati formalmente nella istanza. ma anche per
quelli omessi in buona fede, fatta eccezione:
- Delle irrego larità di cui al can. 1041 , n. 4 (omicidio volontario e aborto
procurato)
- E di ogni altra irregolarità deferita al foro giudiziario (cfr. can. 1047, § I)
Non vale invece per la irregolarità e per gl' impedimenti taciu ti in mala fede (§ I).
L'ordine Sal,.TO 243

ART. 4
I DOCUMENTI RICHIESTI E LO SCRUTINIO

CAN. 1050· Ut quis ad sacros or- Per la promozione ai sacri ordini, si ri-
dinespromoveri possit, sequentia chiedono i seguenti documenti:
requiruntur documenta:
l ° testimonium de studiis rite l ° l'attestato degli studi regolarmente
peractis ad normam can. 1032; compiuti a norma del can. 1032;
2° si agatur dc ordinandis ad 2° l'attestato dell'avvenuta recezione del
presbyteratum, testimonium re- diaconato , se si tratta di ordinazione al
cepti diaconatus; presbiterato ;
3° si agatur de promovendis ad 3° gli attestati di battesimo e di confer-
diaconatum, testimonium recepti mazione e dell'avvenuto conferimento dei
baptismi et confirmationis, atque ministeri di cui al can. 1035, se si tratta di
receptorum ministeriorum de qui- ordinazione al diaconato ; parimenti l'atte-
busin can.1035; item testimonium stato della presentata dichiarazione di cui
factaedeclarationis de qua in can. al can. 1036, e se il cand idato che dev 'es-
1036, necnon, si ordinandus qui sere promosso al diaconato permanente sia
promovendus est ad diaconatum sposato, anche gli attestati di matrimon io
permanentem sit uxoratus, testi- e del consenso della moglie.
moniacelebrati matrimonii etcon-
sensus uxoris.

La dispen sa generale dalic irregol arità e dagl'impedimenti che vietano la recezione


degli ordini, vale per tutti gli ord ini (§ 3).

6. I documenti richiesti e lo scrutinio 3711


Con la sacra ordin azione , il fedele viene cos titu ito ministro di Cristo e dell a Chiesa
e riceve compiti e facolt à di particolare importanza per l' istruzione, la santificazione e
la guida pastorale del Popolo di Dio. È neces sario agire con grande prudenza e senso
di responsabilità, per accertare debitamente la piena idone ità dei candidati. Sono dirett i
a questo scopo i documenti e lo scrutinio di cui tratta l' art. 4. I documenti sono attest ati
vari, enumerati nel can. 1050; lo scrutinio è l'esame accurato e allento che si effettua
circa la richi esta idoneità di ciascun candidato.

l ) Attestati prescritti 3712

1050 (993*) Per la promozione agli ord ini sac ri, si richied ono i seguenti docu -
menti:
I ° Il certificato degli studi regol armente compiuti a norma del can . 1032.
2° L' attestato dell' avvenuta recezione del diaconato, se si tratta di ord inazione
presbiterale.
3° Gli attestati di battesimo e di confermazi one e de ll' avvenuta recezione dei
ministeri di lettore e di accolito e del loro ese rcizio "per congruum tempus" (can. 1035),
se si tratta di ordin azion e diaconale.
244 LIBROIV . Il "munus sanctificandi" della Ch iesa

CAN. 1051 - Ad scrutinium de Per quanto riguarda lo scrutinio circa le


qualitatibus in ordinando requisi- qualità richieste nell'ordinando. si osser-
tis quod attinet, serventur prae- vino le seguenti norme:
scripta quae se4uuntur:
I ? habeatur testimonium recto- IOsi richiede l'attestato del rettore del
ris seminarii vel domus formatio- seminario o della casa di formazione sul-
nis de qualitatibus ad ordinem re- le qualità richieste per ricevere l'ordine,
cipiendum requisitis, scilicet de ossia la retta dottrina del candidato, la
candidati recta doctrina, genuina pietà genuina, i buoni costumi, l'attitudi-
pietate, bonis moribus, aptitudi- ne all'esercizio del sacro ministero; si
ne ad ministerium exercendum; richiede inoltre, dopo un accurato esame,
itemque, rite peracta inquisitlo- un attestato sul suo stato di salute fisica
ne, de eius statu valetudinis phy- e psichica;
sicae et psychicae;
2 Episcopus dioecesanus aut
0
2 0 perché lo scru tinio sia fatto nel modo
Superiormaior, utscrutinium rite dovuto, il Vescovo diocesano o il Supe-
peragatur, potest alia adhibere riore maggiore po ssono avvalersi anche di
media quae sibi, pro temporis et altri mezzi ritenuti utili, secondo le circo-
lociadiunctis, utilia videantur, uti stanze di tempo e di luogo, quali sono le
sunt litterae testimoniales, publi- lettere testimoniali, le pubblicazioni o al-
cationes vel aliae informationes. tre informazioni.

4° L'attestato della presentata dichiarazione, scritta e firmata di proprio pugno, di


cui al can. 1036.
50 Gli attestati di matrimonio e del consenso della moglie, nel caso che si tratti di
un candidato sposato da promuovere al diaconato permanente.

3713 2) Lo scrutinio .
105] II canone è i~irato a due importanti documenti emanati dalla Santa Sede, che
converrà tener presenti, per le norme e le direttive ch'essi danno in proposito:
- L'Istr. Quam ingens della Congregazione per la Disciplina dei Sacramenti, 27 dicembre
1930: X. OcH OA , Leges Ecclesiae, l, n. 1004, coli . 1203-1208
- L'l str. Quantum religionis della Congregazione dei Relig iosi, IO dicembre 1931: Leges
Ecclesiae , I. n. 1064. coli . 1355·1360
L'attuale canone prescrive le seguenti norme:
IO Lo scrutinio circa l'idoneità del candidato si fonda in particolare sull'attestato
del rettore di seminario o della casa di formazione, che hanno seguito il candidato con
vigile cura durante il periodo della sua formazione. L'attestato deve riferire con grande
senso di responsabilità e di obiettività sulle qualità del detto candidato (cfr. anche can.
1029). In concreto, deve contenere tutte le informazioni necessarie:
- circa la sua retta intenzione
la debita scienza
- la retta dottrina
- la pietà sincera
- i buoni costumi
- la stima in cui è tenuto
- le virtù e le capacità
L'ord ine sacro 245

CAN. 1052· § 1. Dt Episcopus or- § 1. Per poter procedere all' ordinazione,


dinationem iure proprio conferens il Vescovo che la conferisce per diritt o
ad eam procedere possit, ipsi con- proprio, deve accertarsi che i document i
stare debet documenta, de qui bus di cui al ean. 1050 siano stati apprestati, e
in can. 1050, praesto esse atque, che, fatto lo scrutinio a norma del diritto ,
scrutinioad normam iuris peracto, l'idoneità dci candidato risulti provata in
idoneitatem candidati positivis ar- modo positivo.
gumentis esse probatam.
§ 2. Dt Episcopus ad ordinatio- § 2. Perché il Vesco vo proceda all'ordi-
nem procedat alieni subditi, suffi- nazione di un suddito altrui, è sufficiente
citut litterae dimissoriae referant che le lettere dimissori e assicurino che i
eadem documenta praesto esse, documenti richiesti sono stati predi spost i,
scrutinium ad normam iuris esse che lo scrutinio è stato compiuto a norma
peractum atquede idoneitate can- del diritto e che sulla idoneità del candi-
didati constare; quod si promo- dato non ci sono dubbi; se il candidato è
vendus sit sodalis instituti religio- membro di un istituto religio so o di una
si aut societatis vitae apostolicae, società di vita apostolica, le medesime let-
eaedem litterae insuper testari tere devono attestare inoltre che egli è sta-
debent ipsum in institutum vel to cooptato defin itivamente nell'i stituto o
societatem definitive cooptatum nella società, e che è suddito del Superio-
fuisseet esse subditum Superioris re che rilascia le lettere medesime .
qui dat Iitteras.
§ 3. Si, his omnibus non obstan- § 3. Se, nonostante tutto questo , il Ve-
tibus,ob certas rationes Episcopus scovo per sue precise ragioni ha dei dubbi
dubitat num candidatus sit ido- sulla idoneità del candidato a ricevere gli
neus ad ordines recipiendos, eun- ordin i, si astenga dal promu overlo.
dem ne promoveat.

- le qualità fisiche e psich iche, rispondenti all' ordine da ricevere


- l' attitudin e all' esercizio del sacro ministero
Relativament e allo stato di salute fisica e psichica, occorre anche un accurato esa me
fatto da un espert o e il relat ivo certificato.
2° A parte l' attestat o del rettore, il Vescovo diocesano o il Superiore magg iore si
avvarranno opportunamente di altri mezzi: lettere testimoni ali, pubblicazion i e altre
indagini. ritenute utili secondo le circostanze di tempo e di luogo.

3) Gli obblighi del Vescovo ordinante 3714


1052, § l (997, § I *) Il Vescovo proprio del candidato. Per poter procedere alla
sua ordinazione, deve accertar si personalmente che i documenti prescritti nel ean. 1050
sono stati tutti apprestati e che l' idoneità del medes imo risulti senza alcun dubbi o dallo
scrutinio, fatto a norma di diritto. Non basta, comunque, che non risulti nulla co ntro il
candidato; le doti e le qualità richieste (cann. 1029 e 1051, n. 1) devono essere dimo-
strate con prove e argomenti positi vi.
1052, §§ 2-3 (997. § 2 *) Il Vescovo ordinante Wl candidato che non è S IIO 3715
suddito. O vviamente. egli si affida all e lett ere dirn issorie, ma queste de von o ass icu-
rare formalmente :
- Che i docum enti prescr itti son o stati regolarmente predisposti
246 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi' della Chiesa

CAPITOLO III
L'ANNOTAZIONE E L'ArrESTATO
DELL'AVVENUTA ORDINAZIONE

CAN. 1053 - § 1. Expleta ordina- § l. Compiuta l'ordinazione, i nomi dei


tione, nomina singulorum ordina- singoli ordinati e del ministro ordinante, il
torum ac ministri ordinantis, locus luogo e il giorno de ll'ordinazione, siano
et dies ordinationis notentur in pe- seg nati nell ' apposito libro da custodirsi
culiari libro apud curiam loci ordì- dili gentem ente nella cu ria del luogo d i
nationis diligenter custodiendo, et ordinazione; si conservino inoltre acc ura-
omnia singularum ordinationum tamente tutti i docum enti relativi alle sin-
documenta accurate serventur. gole ordinazioni.
§ 2. Singulis ordinatis det Epi. § 2. Il Vescovo ordinante conseg ni ai
scopus ordinans authenticum ordì- singoli ordin ati un attestato autentico del-
nationis receptae testimonium ;qui, l' ordina zione ricevut a. e se ess i sono stati
si ab Episcopo extraneo cum Iitte- promo ssi da un Vescovo estraneo con let-
ris dimissoriis promoti fuerint, il- tere dimissorie, ciasc uno lo presenti al
lud proprio Ordinario exhibeant proprio Ordinario per la relativ a annota-
pro ordinationis adnotatione in zione nello special e libro da conservarsi
speciali libro in archivo servando. in archivio.

- Che lo scr utinio è stato debit amente compiuto, a norma di diritto


- Che sulla idoneità de l candidato non ci sono dubbi, e che risu lta pro vata posi-
tivamente.
Trattandosi di un membro di un Istituto religioso o di una Società di vita aposto lica,
le lettere dimisso rie devono anche attestare:
- Che il candidato è stato cooptato definitivamente nell' Istituto o nella Società
- Che è suddito del Superiore. da cui le lettere sono state rilasciate.
Ma se, nono stante tutto ques to, il Vescovo, per sue precise ragioni, ritenesse in
cosc ienza che il candi dato non abbia l' idoneità necessaria, oppure avesse seri dubbi su
di essa, è suo dovere aste nersi dall ' ordinazione, poiché la respons abilità maggiore è del
Vescovo che conferisce i saeri ordini.

3716 L 'ANNOTAZIONE E L 'ATTESTATO DELL'A VVEN UTA


ORDINA ZIONE (cann. 1053-1054)
Schema
I. L'a nnotazione 3. La comunicazione al parro co di battesimo
2. L'attestato

All'ordinazione conferita dal Vescovo, seguono alcun e formalità, prescritte anche


nel Codice precedente

3717 1. L'annotazione nell 'apposito registro e la conservazione dei documenti


1053, § l (I0 10, § l *) In ogni singola Curia è obbligatorio il registro deg li ordi-
nati, da custodi re con particolare diligenza nell'archivio.
Il matrimonio 247

CAN. 1054 - Loci Ordinarius, si L' Ordinario del luogo, se si tratta di


agatur de saecularibus, aut Supe- ordinati del clero secolare, oppure il Su-
rior maior competens, si agatur periore maggiore competente se si tratta
de ipsius subditis, notitiam uniu- di ordinati del suo istituto, comunichi la
scuiusque celebratae ordinatio- notizia di ciascuna ordinazione celebrata
nis transmittat ad parochum loci al parroco del luogo di battesimo, perché
baptismi, qui id àdnotet in suo l'annoti nel suo registro dei battezzati, a
baptizatorum libro , ad norma m norma del can. 535, § 2.
can. 535, § 2.

In esso, vanno segnati subito dopo ciascuna ordinazione:


- I no mi dei singoli ordinati e de l ministro ordinante
- Il luogo e il giorno dell' ordinazione
Nella medesima Curia vanno conserv ati inoltre accuratamente tutti i documenti
relativi alle singole ord inazioni: attestati e documenti di scrutinio (cann. 1050- 105 1),
nell' archivio della Cu ria dell' Ordinario proprio dell'ordinato; - le lettere dimissor ie
(can. 1052, § 2), nell' archivio della Curia del Vescovo ordinante.

2. L'attestato 3718
1053, § 2 (IDIO, § 2*) Il Vescovo ordinante è tenuto a consegnare ai singoli
ordinati un attestato dell'ordinazione ad essi confer ita. L' ordinato, da parte sua, qualora
abbia ricevuto l' ordin azione da un Vescovo di altra diocesi con lettere dimis sorie, pre-
senterà al più presto il detto attesta to al proprio Ord inario, per la relativa annotazione
nell' apposito registro da conservarsi in Curia.

3. La comunicazione al parroco di battesimo 3719


1054 (I Dii *) L ' avvenuta ordinazione dev' essere annotata nell ' atto di battesimo
del candidato (can. 535, § 2). Occo rre, perta nto, darne comu nicazio ne al parroco del
luogo in cui l' ordin ato è stato battezzato.
L'o bbligo è dell ' Ordinario del luogo, se si tratta di ordinati del clero secolare; del
Superiore maggiore compete nte, se si tratta di ordinati del suo Istituto.

4. Norme ulteriori circa l'ordine sacro 3720


- L' ordine sacro e la potestà di governo: can. 129
- L' ord ine sacro c il celi bato : can . 277
- L' ordin e sacro , impedi mento dirimente al matrimonio. la cui dis pensa è riser vata alla
Sede Apostolica. anche in pericolo di morte relativamente al presbiterato : cann. 1078, § 2;
1079. § I. 1087
- Le ca use di nullità della sacra ordinazio ne: cann. 1708-17 12
- L'acqu isizione de llo stato clericale: can. 266 , § 1
- La perdita: cann. 290-29 3

iL MATRiMONIO (cann. 1055-1165) 3721


Schema
I. Introduzione e prospetto della materia
2. Principali documenti del Magistero ecclesiastico
248 LIBRO IV· Il " munus sanctifi cundi" della Chiesa

3722 l. Introduzione e prospetto della materia


Il titolo VII dedicato al matrimonio è uno dei più importanti del Codice di Diritto
Canonico . Il matrimonio , infatti, non è soltanto una realtà religiosa, ma è anzitutto una
realtà umana; nello stesso tempo è una realtà sociale e civile. che ha un interesse primario
per cristiani e non cristiani e che, nella complessità dei suoi vari aspetti, si richiama non
solo al diritto, da cui riceve la sua struttura giuridica, ma anche a numero se altre scienze
- la filosofia, l'etica, la sociologia, l'ec onomia, la teologia , ecc. - ciascuna delle quali
offre il suo contributo per determinare e approfondirne la natura, le finalità, i valori.
La normati va sul matrimonio è stata oggetto nella Chiesa di una profonda trasfor-
mazìone dottrinale e disciplinare. che ne mette maggiormente in luce il carattere perso-
nalistico, esprimendo nello stesso tempo con più aperta sollecitudine le esigenze pasto-
rali. Ad essa hanno contribuito i vari alli emanati dalla Santa Sede dopo la promulga-
zione del Codi ce pio-benedettino. l'insegnamento del Concili o Vaticano II e l'approfon-
dimento operato dalla giurisprudenza canonica.
3723 L'attuale titolo comprende III canoni, di fronte ai 130 del Codice precedente. È diviso in IO
capitoli, di cui il 9° e il 10° sono suddivisi in due articoli ciascuno. Precedono otto canoni di valore
prevalentemente dottrinale.
I ° La cura pastorale e norme da osservare prima della celebrazione del matrimonio: cann.
1063-1072
2° Gl'impedimenti dirimenti in genere : cann . 1073-1082
3° Gl'impedimenti dirimenti in particolare: cann. 1083-1094
4° Il consenso matrimoniale: cann. 1095-1107
5° La forma della celebrazione del matrimonio: cann. 1108-1123
6° 1 matrimoni misti : cann . 1124-1129
7° La celebrazione segreta del matrimonio: cann. 1130-1133
8° Gli effetti del matrimon io: cann. 1134-1140
9° La separazione dei coniu gi: eann. 1141-1155
- Lo scioglimento del vincolo: cann. 1141-1150
- La separazione con perm anen za del vincolo : ca nn. 1151-115 5
10° La convalida del matrimonio: eann . 1156-1165
- La con valida semplice: cann . 1156-1160
- La sanazione in radice: cann. 1161-1165

3724 2. Principali documenti del magistero ecclesiastico


Documenti conciliari e post-conciliari
- Cost, past, Gaudium et Spes, 7 dicemb re 196 5, nn. 47-5 2 '
- DI'do celebrandi matrimonium, S. Con gregazione de i Riti , 19 marzo 1969
- Co mitato per la Famiglia, Le marlage-sacrement, se ttembre 1975: En chir. Vat., vol. 5,
pp . 892-9 17
- Commi ssione Teol ogica Intern azi onale. Seize th èses de christologie sur le sacrement
de mariage. 6 dicembre 1977 : Enchir. Vat ., vol. 6, pp. 352 -369
- Commi ssione Teolo gica Interna zionale . De mat rimonio christiano, 6 dicembre 1977:
Enchi r. Vat.. voI. 6. pp. 370-397
- Sinodo de i Vesco vi 1980 . De mune ribus fa miliue christianue, Propositiones. 24 otto-
bre 1980: En chi r. Vat ., vol . 7, pp. 660- 74 1; - Nuntius, 25 ottob re 1980 : En chi r. Vat.. vol. 7.
pp. 742 -759
- Giovanni Paolo Il. Esort. Ap. Familia ris consortio. 22 oove mbre 1981 : En chi r. Vat.,
vol. 7, pp. 1388-1603
- Segreteria di Stato , Carta dei Diritti della Famiglia, 22 Ottobre 1983: Communicationes,
a. 1983, pp. 140-152
- DI'do celebrandi matrimonium, Congregazione del Culto Divino e della Disciplina dei
Sacramenti, 19 marzo 1990 (second a cd. tipica) .

I Il Concilio Vaticano Il tratta del matrimonio anch e in altri documenti : Cost . Lumen

Gentium, nn . 35, 41 ; - Cost , Sacro sanctum Conci lium, nn. 77-88 : - Dccr. Apost olicam
uctuositatem, n. Il .
(I matrimonio 249

Titolo VII
Il matrimonio
CAN. 1055 - § l . Matrimoniale § 1. Il patto matrimoniale, mediante il
foedus, quo vir et mulier inter se to- quale l'uomo e la donna costituiscono tra
tius vitae consortium constituunt, di loro il co nsorzio di tutta la vita, ord ina-
indole sua naturali ad bonum coniu- to per sua natura al bene dei coniugi e alla
gumatque ad prolis generationem procreazione ed educazio ne della prole,
eteducationem ordinatum, a Chri- tra i battezzati è stato elev ato da Cristo
stoDomino ad sacramenti dignita- Signore alla dignità di sacrame nto.
tem inter baptizatos evectum est.
§ 2. Quare inter baptizatos ne- § 2. Pertanto , tra i battezzati non può
quitmatrimonialis contractus vali- sussis tere un contralto matrimoniale va-
dus consistere, quin sit co ipso sa- lido , che non sia per ciò stesso sacra-
cramentum. mento.

So no anche da tener present i:


- La magistral e En c. Casti connubii di Pio X I, 3 1 dicem bre 1930'
- Le nor me matr imoniali contenute ne l " Codex Ecclesiarum Orientalium", prom ulgato
da Giova nni Paolo Il il 18 otto bre 1990 , ca nn. 776 -866 (AAS, 18 ott o 1990, pp. 1217-1232)
Documenti della Conferenza Episcopa le It al iana 3725
- Doc. Past. Matri monio e Famiglia oggi in Italia. 15 novembre 1960 : Enchir. CE I, vol.
I . pp. 683-706
- Il Sacramento del Matrimonio, ritua le (versione ita lia na de ll'Ordo), 30 marzo 1975
- Doc. past , Evangeli zzazione e sacramento del matrimonio. 20 gi ugno 197 5: Enchir .
CEI, vol . 2, pp. 726 -766
- Nota pas t. La pastorale dei divorziati, ecc., 26 apri le 1979: Enc hir. CE I. vol. 2. pp .
1249-1270
- Doc. past o Comunione e comunità nei/a chiesa domestica, l O ottobre 1981 : Enchir .
CEI. vol. 3 , pp. 392·42 1

I CANON I PRELIMINARI (ca nn. 1055- 1062) 3726


Schema
l. Principi teologico -giuridici 2. Norme ulteriori
- Con cetto del matrimonio - Distinzioni
- Fini ogge ttivi - L ' origine divina del matrimonio
- Con tratto e sacramento - I beni del matrimonio
- Proprietà essenziali - Gli e lementi costitutivi del matrimonio-sacramen to
- L' elem ento costitutivo - Il "fuvo r iuri s"
- Il "ius connubii" - La promessa del matrimonio
- La competenza della Chiesa

«È un documento di somma import anza e di permanente interess e - scrisse il Car d.


Monrini, il futuro Paolo VI. - Può dirsi una trattazione riass untiva, relativamente completa, del
grande tema del matrimonio, condotta seco ndo la ferma e tradizionale dottrina della Chie sa. infor-
mata delle innumerevoli questioni moderne in questa materia, sia per ciò che riguarda gli sviluppi
delle dottrine giuridiche, soc iologiche, biologi che e pedagogic he, sia per gli aspe tti spirit uali e
morali de lla psico logia del nostr o tempo... Un doc umento simile non si può ignorare da chiunq ue
voglia conoscere il vero pensiero cattolico sul matrimonio e sulla famiglia...». Cfr. L. CHIAPPETIA,
Temi pastorali nel Magistero di Paolo VI. Ed. Dehoniane, Napoli 1980. vol. Il. p. 315.
250 LIDRO IV - Il "mun us sunctiflc undi' dell a Chiesa

J ca noni pre lim in ari enu nziano i prin cipi teol ogic o -giuridici sulla natura del matri-
mon io sui fini e sulle propri età es se nziali, sul " ius connubi i", sulla competen za della
Chi esa, ccc. Comprendono inoltre alcune norme di carattere ge nerale.

3727 1. Principi teologico-giuridici

3728 1) Concetto del matrimonio


1055, § l (l0/2, § t , e /OJ3, § /*) Il termine "matrimon io" è una vo ce latina, che
in genere si fa derivare etimo logicame nte da mater e munus o munium, l'ufficio della
madre: con esso si pone in rilievo la funzio ne prevalente della madre nella nascit a e
nell' allevamento dei figli e nella loro edu cazione.
Il matrimonio è detto anc he:
- Connubi um, connubio, o anche nuptiae, nozze, dal verbo nùbe re, coprire con velo. velare,
poiché. secondo il rito classico del costume romano, la sposa portava sul capo, durante la cerimonia
nuziale, un velo color fiamma, in segno di pudore, di modestia e di sottomissione al marito.
- Coniugium, coniugio, da con e iungo, aggiogare insieme, con chiaro riferimento alla
comunità di vita che col matrimonio s'istituisce fra gli sposi.
- Consortium, consorzio. da con e sorso in quanto gli sposi diventano partecipi della stessa
sorte o destino e della stessa condizione.
3729 Il concetto di matrimonio, contenuto nel can. 1055, § I, comprende elementi tra-
dizionali ed e le menti nuovi , tratti dalla Co st. Gaudium et Spes (n . 48, l) del Concilio
Vatican o ,, :
- Il patto ma tri moni a le, mediante il q uale l' uomo e la donna costituiscono tra di
loro un con sorzio di tutta la vita , ord inato per sua natura al ben e dei co ni ugi e alla
procreazione ed edu cazion e della prole, tra i battezzati è stato elev ato da Cristo alla
dignit à di sacrament o',
Il matrimonio, presentato nei suoi eleme nti identificanti , è defin ito consortium
totius vitae (cfr. anche can. 1096, § I): una comunità coniugal e di vita, piena, completa ,
totale, escl us iva, ind issolub ile, in c ui è im peg na ta l'inte ra person a, e c he abb racci a
l'i nter a esistenza in tutt i i suo i aspetti, anche ipi ù intimi, sl da rea lizzare il bi blico " una
caro" nel suo pieno e integ ra le signific ato. E questo il carattere proprio dell 'unione
matrimoniale, che si di stingue essenzialmente da qualsiasi altra unione ch e po ssa legare
due persone in ragione di fini particolari : economici, organizzativi, culturali, ec c.
3730 Il consorzio matrimoniale si basa radicalmente sulla diversit à dei sessi e sulla loro compie-
mentari t à fisica e psicologica fra un uomo e una donna ed è "ordinata per sua natura al bene dei
coniugi e alla procreazione ed educazione della prole" (can. 1055. § I ) . Il "bonum coniugum"
comporta il mutuo sostegno e la mutua integrazione di due esseri, che si donano e si accettano
reciprocamente. «L'amore coniugale - afferma Giovanni Paolo Il nella Esort, Ap. Familiuris
consortio - comporta una totalità in cui entrano tutte le componenti della persona: richiamo del
corpo e dell'i stinto, forza del sentimento e dell'affettività, aspirazione dello spirito e della volontà.
Esso mira ad una unità profondamente personale, quella che al di là dell'un ione in una sola carne,
eonduce a non far che un cuor solo e un'an ima sola» (n. 13. 9).

0
I La famosa definizione romana di Modestino (3 sec. d.C.). discepolo di Ulpiuno: «Nuptiae

sunt coniunctio maris et feminae et consortium omnis vitae, divini et humani iuris communicatio»
(Digesto , 23, 2, l). Tale "cornmunicatio" significa che, mediante il matrimonio, la donna romana
partecipava al culto familiare (lari e penati) del marito e condivideva col medesimo agli obblighi
e diritti. La definizione contenuta nelle "Institutiones" di Giustiniano (l, 9, I), è attribuita a
Ulpiano : «Viri et mulieris coniunctio individuam consetudinem vitae continens». Sono definizioni
tuttora valide, che. non lontane dalla concezione cristiana del matrimonio, hanno un ricco contenuto
di valori umani, etici. sociali e religiosi.
l l matri monio 251

Ovviamente il consorzio coniugale non è una semplice unione di fatto, pura con- 3731
vivenza more uxorio, quale purtr oppo si verifica con frequenza sempre maggiore nella
società odierna, che giustifica ed approva i cosiddetti matrimon i "camerateschi" , di
"week-end" (di fine settimana) , di "prova" e lo stesso libero amore, mentre si tratta di
forme aberranti di vita, vere parodie di una istituz ione sacra. Il con sorzio matrimoni ale
è una unione stab ile legata ad un imp egno formale, solenne, sancito e tutelato dall a
legge. Il patto (foedus) di cui parla il can. 1055, § I , è anche un eontratto (contractus),
giuridicament e vincolante. com ' è detto espre ssamente nel § 2. Il term ine "contratto"
esprime la realtà giuridica. Il termine "patto", di origine biblica (è usato nei Lib ri Sacri
per indicare la particolare relazione esistente fra Dio e il popol o eletto ). ne esprime la
realtà più intima, fondata sull' amore. Il matrimonio è così un'alleanza fra l'uomo e la
donna, da cui «è posta in essere un'intima comunità di vita e di amore , istitui ta dallo
stesso Creatore e strutturata con leggi proprie» (Gaudium et Spes, n. 48, I) e ord inata
a propri fini .

2) Fini del matrimonio 3732


1055, § l (1013, § 1*) Si tratta dei fin i ogge ttivi (fines operis), a prescindere dai
fini soggettivi (fines operanti s), che possono essere vari e molteplici: amore, affetto,
simpatia, bellezza, polit ica, vantagg i soc iali ed econom ici, ecc. I fini ogge ttivi del
matrimonio non ne costituiscono l' essenza e neppure sono proprietà essenziali. È per
altro evidente che essi configurano il matrimonio e la sua struttura, determinando anch e
i diritti e i doveri propr i dei coniugi. Essi sono già richiamati nella Gene si. il primo dei
Libri Sacri dell' Antico Testamen to, nei noti versetti 28 del cap. I, e 18 e 24 del cap. II.
Il can. 1013, § I. del Codice precedente distingueva tra fin i primar i del matrimonio 3733
(procreatio atque cd ucatio proli s) e fi ni se condari (mutuum adiutorium et remedium
concupisce ntiac). Nel nuovo Codice, in conformità con l' orientamento del Concilio Vaticano
Il. la gerarchia dei fini è scomparsa (Communicationes, a. 1971 , p. 70; a. 1983. p. 22, ca n.
1008. ad § I), e il "bene dei coniugi" è posto sullo stesso piano della "procreazione ed edu-
cazione" della prole. dando così al perfezionamento degli sposi il loro giusto rilievo. in
rispondenza alla mentalità moderna e anche allo stesso progresso delle scienze biologiche,
psicologiche. antropologiche, ecc. I fini e i valori del matrimonio - afferma il Concilio -
sono tutti da considerare «di somma importanza per la continuità del genere umano, il progres-
so personale e il destino eterno di ciascuno dei membri della famiglia. per la dignità. la
stabilità. la pace e In prosperità della stessa famiglia e di tutta la società umana" (Gaudium et
Speso Il. 48, I) .

La pro creazi one dell a prol e - congiunta alla sua edu cazione - è il fine proprio 3734
ed essenzial e dci matrimonio nel sen so che il matrimonio è ordinato "natura sua" ad
essa (ca n. 1055, § I ). Di fatto , tutta via , i figli posso no mancar e a ca usa dell a sterilità
dell'uno o dell 'altro coniuge, o anch e per legittima volontà deg li spos i, che , moss i ad
esempio da moti vi reli giosi, oppu re da es ige nze di paternità respon sabile, qu alo ra
temessero fo ndatamente la nascita di figli anormali, ecc., decidono concordemente di
non far uso de l diritto coniugale. In tali casi , il matrimonio su ssiste nella sua pien a
validità : «A nc he se man ca la pro le, pur viva mente des ide rata - affe rma il Concili o
Vaticano Il - il mat rim oni o co ns erv a il suo va lore e la sua ind isso lubilit à»
(Gaudium et Spes, n. 50) .
Però è anche vero che la nascita dei figli conferisce al matrimonio un sign ificato
più pie no e una ricchezza più profonda, e rafforza l'amore coniugale, cos tituendone
il coro namento. Co n la ge neraz io ne d i nuo ve vite, g li sposi attuano ed es primo no più
compiutamente se stessi e i loro valori persona listi ci, umani e cri stiani, di venend o
gl'i nterpreti e i co operatori de II' A mo re d i Di o Crea to re . In effetti il " bo num
coniugum" e il "bonum prolis" sono legati intimamente fra loro e l'uno è correlativo
all' altro .
252 LlBR() IV - Il "munus sanctificundi" dcllu Chiesa

3735 3) Contratto e sacramento


1055, § 2 (1012, § 2) Il matrimonio non è soltanto un contratto, ma, fra i battezzali,
è anche un sacramento, poiché è stato elevato da Cristo a tale dignità nella sua stessa
realtà naturale, In tale mistero, il matrimonio cristiano è diventato il segno e l' espres-
sione della mistica unione sponsale di Cristo con la Chiesa, Ne deriva la conseguenza,
sancita nel secondo paragrafo, che, fra i battezzati, il contratto e il sacramento sono
"inseparabili". Non c'è sacramento che non sia contratto matrimoniale, non c'è contrat-
to matrimoniale che non sia sacramento. Contratto e sacramento formano una realtà
unica, per cui il sacramento non può considerarsi come qualcosa di aggiuntivo o acces-
sorio al contratto. L'identità fra l'uno e l'altro è perfetta.
3736 L'inseparabilità del contratto di matrimonio e del relativo sacramento, divenuta nella Chiesa
"dottrina comune" dopo la posizione del Card. Bellarmino, è stata rimessa in discussione nei nostri
tempi da non pochi teologi e canonisti, per motivi di carattere sia dottrinale che pastorale. È tuttavia
da considerare che la inscindibilità, per i battezzati, fra matrimonio-contratto e matrimonio-sacra-
mento ha formato oggetto del costante insegnamento dei Romani Pontefici degli ultimi due secoli:
da Pio IX a Giovanni Paolo II, per cui è da ritenersi "dottrina cattolica, teologicamente certa"
(Cornmunicationes, a. 1981, p. 222, can. 1008, § 2). Mancando per altro a tal riguardo una "de-
finizione autentica", essa non costituisce una dottrina irreformabile, anche se, nell'attuale prassi
canonica, sia l'unica che possa effettivamente seguirsi,
3737 a) Singolarità del contratto matrimoniale.
Il matrimonio è un contratto, ma di natura del tutto singolare. Si distingue da tutti
gli altri contratti:
- Per il suo carattere sacro e religioso, non solo in senso umano e naturale, ma,
per i battezzati, anche e soprattutto in senso soprannaturale, poiché si tratta di un con-
tratto che è insieme "sacramento", segno e mezzo di grazia.
- Per la sua origine divina, radicata nello stesso diritto di natura.
- Per il suo oggetto (can.1057, § 2).
- Per le sue proprietà essenziali, sottratte alla libera volontà dei contraenti, sì che
non possa in alcun modo essere annullato né modificato nei suoi elementi sostanziali
(can. 1056).
- Per i suoi fini intrinseci (can.1055, § I).
- Per il suo carattere strettamente personale: il consenso che lo pone in essere non
può venire infatti supplito da alcuna autorità umana (can.I057, § I).
- Per l'essenziale bilateralità dei doveri e dei diritti che da esso hanno origine:
matrimonium - si dice - numquam claudicare potest, ossia non può mai creare ob-
blighi e diritti solo in una delle due parti.
- Per i soggetti contraenti, che non possono essere se non due sole persone,
sessualmente diverse. Un contratto matrimoniale fra persone dello stesso sesso è "natura
sua" escluso, com'è escluso un contratto matrimoniale multilaterale fra più persone
(poligamia).
È per questo carattere di singolarità che alcuni preferiscono definire il matrimonio
un "accordo", un "negozio giuridico", una "convenzione", piuttosto che un "contratto".
3738 Il contratto matrimoniale, ovviamente, è un contratto essenzialmente consensuale, non reale.
Contratto consensuale è quello che si perfeziona giuridicamente al momento stesso dell'accordo:
contratto reale è invece quello che consegue la sua completezza giuridica mediante l'effettiva
consegna della cosa (traditio rei).
In genere i contratti civili sono consensuali; sono contratti reali il mutuo, il comodato, il
deposito. Il contratto matrimoniale è contratto consensuale, poiché è fondato esclusivamente sul
consenso delle parti. La consumazione del matrimonio - che costituisce nel caso la "traditio rei"
Il matrimonio 253

CAN. 1056- Essentiales matrimo- Le propri età essenz iali del matrim o-
nii proprietates sunt unitas et in- nio sono l'unità e l'indissolubilità, che
dissolubilitas, quae in matrimo- nel matrimonio cristiano rice vono una
niochristiano ratione sacramenti part icolare stabilità a motivo del sacra-
peculiarem obtinent firmitatem. mento.

- non è un elemento essen ziale: "Nupt ias non co ncubitus, sed consensus facit". La cons umazione
conferisce per altro al matrimonio fra battezzati un'a ssolu ta stabil ità. per cui non può essere più
disciolto dal potere vicariale supremo del Romano Pontefice (cnn. 114t ).
b) Sacramentum pèrmanens. 3739
Il matrimon io, o llre c he co ntratto, è per i battezz ati anche un sac rame nto, e lo
è non so lo nell 'i stante in cu i si compie (matrimo nio "i n fieri") , ma anche dop o,
nell'union e che ne consegue (m atrimonio "in facto ess e"). Tale dottrina, difesa in
particolare da S. Roberto Bel/armino e, precedent emente da Ugo di San Vitto re. è
stata fatta prop ria da P io XI ne ll' Enc. Cast i Connubii: «Il sacramento del mat rim on io
può essere conside ra to so tto due aspe tti: men tre si ce lebra e in qu ant o perm ane dop o
la sua ce lebrazio ne. Esso è infatti si mile a ll' Euca ristia , che è sacramento non so lo
mentre si compie , ma a nche ment re perdura: "sacramentum pèrmanens". Allo stesso
modo, fin ché i coniugi sono in vita. la loro unione è sempre il sacramento di Cri sto
e della Chiesa» (n. 42 ).
Si può anche dire che il sacramento del matrimoni o ope ra negli sposi una certa
consacrazione pe rmanente, analoga a quella dei sacrame nti che imp rimono il carat tere
(battesimo, co nfe rmazione e ord ine sacro). Per essa, gli spos i cristiani han no nella
Chiesa un propri o parti col are stato. con obbl igh i e diritti specifici (cfr. Gaudium et Spes ,
n. 48, 2).
c) Conseguenze teologico-giuridiche. 3740
Dalla inseparabilità fra con tratto matrimoniale e sacramento derivano importanti
conseguenze di carattere teo logico giuridico . Ril eviamo le più importanti.
I ° La competenza esclusiva de lla Ch iesa circa i matrimoni dei catto lici, salva la
competenza dell o Stato circ a gli effetti puramente civili (can. 1059).
2° L 'ob bligatorietà per i cattolici dell ' osserv anza dell a form a ca nonica prescritt a,
salve le eccezio ni sta bilite dalla legge (ca n. II 17).
3° L ' identi tà dei min istri del sacramento con le parti co ntrae nti: il mini stro sacro
"assistente" è solo il testimone ufficiale che ha il compito di richi edere e di rice vere il
consenso degl i spos i in nome della Ch iesa (ca n. 1108, § 2).
4° L'interdipendenza giuridica fra contratto matrimoniale e sacramento, per cui,
nei battezzati, l' eventu ale escl usione co n volon tà positiva del sacrame nto comporterebbe
eo ipso l' escl usione ossia la nullit à del co ntratto (ca n. 1099).

4) Le proprietà essenziali del matrimonio 3741


1056 (l013, § 2 *) Il matrimo nio ha per sua natura una struttura essenzia le, che si
concreta in due prop riet à o leggi fondament ali: l'u nità e l'indi ssolubilità. L'una c l' altra
sono state defin ite dogmaticam en te nell a XX IV Session e de l Conci lio di Trento , J I
novembre 1563 (De nzinger-Schonrnctzer, nn. 1797- 1798 e 1802).
L'unità consiste nell 'unione di un solo uom o con una sola donn a (mo nogamia) .
Esclude la poligamia. nella dupli ce fo rma di poliandria (l' unio ne di più uomini con una
sola donn a) e di poliginia (l' unione di più donne co n un solo uom o).
254 LIBROIV - Il "munus xanctificandi" della Chiesa

3742 L'indissolubilità rende assoluto il vincolo matrimoniale, che dura tutta la vita e non
può spezzarsi se non con la morte di uno dei coniugi. È questa l'indissolubilità intrin-
seca, per cui il consenso dato dagli sposi è irrevocabile e il vincolo matrimoniale resta
sottratto a qualsiasi loro arbitrio o potere'.
L'indissolubilità estrinseca ammette invece, come vedremo, dei casi eccezionali in
cui il matrimonio può essere sciolto:
- Per dispensa del Romano Pontefice, relativamente al matrimonio rato e non
consumato: can. 1142
Per il privilegio paolino: cann. 1143-1147
- Per la potestà vicari a del Romano Pontefice (privilegio petri no): cann. 1148-
1149'.
3743 L'unità e l'indissoluhilità sono proprietà essenziali di qualsiasi matrimonio con-
tratto validamente, sia di quello cristiano sia di quello semplicemente naturale o
ci vile tra persone non battezzate. Ricevono per altro, nei battezzati, una particolare
stabilità e fermezza in forza del sacramento, che fa dell'unione degli sposi cristiani
una figura e una espressione della mistica unione esistente fra Cristo e la Chiesa (Ef.
5,21 ss.), In virtù del sacramento - afferma il Concilio Vaticano II - «l'autentico
amore coniugale è assunto nell'amore divino ed è sostenuto ed arricchito dalla virtù
redentrice del Cristo e dall'azione salvifica della Chiesa... I coniugi cristiani sono
corroborati e come consacrati dal sacramento per i doveri e la dignità del loro stato»
(Gaudium et Spes, n. 48, 2).
La poliandria è oggi piuttosto rara nel mondo. La poliginia è praticata tuttora dai
maomettani, dai mormoni e da varie popolazioni primitive. Il divorzio è diffuso largamente dovun-
que, ed è ammesso formalmente da quasi tutte le legislazioni civili.
L'esclusione dell 'unità o dell'indissolubilirà da parte dei contraenti, renderebbe nullo il ma-
trimonio (can. 1101, § 2).

, Insegna Giovanni Paolo" nella Esort, Ap. Familiaris consortio: «La comunione coniugale
si caratterizza non solo per la sua unità, ma anche per la sua indissolubilità... È dovere fondamen-
tale della Chiesa riaffermare con forza la dottrina della indissolubilità del matrimonio: a quanti, ai
nostri giorni, ritengono difficile o addirittura impossibile legarsi ad una persona per tutta la vita e
a quanti sono travolti da una cultura che rifiuta l'indissolubilità matrimoniale e che deride aperta-
mente l'impegno degli sposi alla fedeltà, è necessario ribadire il lieto annunzio della definitività di
quell' amore coniugale, che ha in Gesù Cristo il suo fondamento e la sua forza.
Radicata nella personale e totale donazione dei coniugi e richiesta dal bene dei figli,
l'indissolubilità del matrimonio trova la sua verità ultima nel disegno che Dio ha manifestato nella
sua Rivelazione: Egli vuole e dona l'indissolubilità matrimoniale come frutto, segno ed esigenza
dell'amore assolutamente fedele che Dio ha per l'uomo e che il Signore Gesù vive verso la sua
Chiesa ... Testimoniare l'inestimabile valore dell'indissolubilità e della fedeltà matrimoniale è uno
dei doveri più preziosi c più urgenti delle coppie cristiane del nostro tempo (n. 20, 1-3 e 6).
., Secondo l'insegnamento di Pio XTllo Stato non ha alcun potere di sciogliere i matrimoni
civili soggetti alla sua competenza e legittimamente contratti: «II matrimonio è, secondo la volontà
del Creatore, una res sacra. Perciò, quando si tratta dell'unione fra battezzati, esso rimane per
natura sua fuori della competenza dell' autorità civile. Ma anche fra i non battezzati, i matrimoni
legittimamente contratti sono nell'ordine naturale una cosa sacra, di guisa che i tribunali civili non
hanno il potere di scioglierli, né la Chiesa in simili casi ha mai riconosciuto la validità delle
sentenze di divorzio . Ciò non toglie che le semplici dichiarazioni di nullità dei matrimoni mede-
simi, relativamente rari in paragone dei giudizi di divorzio, possano in determinate circostanze
essere giustamente pronunciate dai tribunali civili, e quindi riconosciute dalla Chiesa» (Discorso ai
componenti della S. Romana Rota, 6 ottobre 1946: Discorsi e Padiomessaggi di Pio XII, Tip.
Vaticana, vol. VlII, 261).
Il matrim onio 255

Brevi cenni sul divorzio 3744

1\ divorzio fu nell'antichità il costume generale dei popoli pagani e dello stesso


popolo ebraico.
In Grecia esso è atte stalo, fra l'altro, dalla Legge di Gortina , cele bre iscri zione in 12
colonne risalente ai primi decenni del V secolo a .c. In Atene, il divorzio poteva essere
chiesto sia dall'uomo che dalla donna, e poteva essere deciso consensualmente da entrambi
i coniugi.
Presso i Romani , il matrimonio si fondava essenzialmente sulla con tinuità del consen-
so, ossia sul suo effettivo perdurare. Di conseguenza, venendo a mancare tale "affectio
maritalis" (la volontà di essere marito e moglie ), il matrimonio si consid erava sc iolto. In
un primo tempo i divorzi furon o rari, ma in seguito si praticarono con molta frequenza e
libertà, e anche per futili motiv i, determinand o l'opposiz ione di alcuni imperatori cristiani .
specialmente di Costant ino e Giustiniano.
Nella legislazione mosaiea, il divorzi o era ammesso, secondo la trad izione, nel Deu -
teronomin: «Quando un uomo ha preso con sé una donna e ha vissu to co n lei da marilo,
se poi avv iene che essa non trova grazia ai suoi occhi , perché egli ha trovato in lei qualche
cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glie lo co nsegni in mano e la
mandi via dalla casa » (24, I). Gesù condannò formalmente il divorzi o con la sua autorit à
e l'abolì nel noto epis odio trasmesso da Matteo (19, 2-9): «Mos é vi permise di ripudiare
le vostre mogli per la durezza del vostro cuore! Ma da principio non fu così . Perciò io vi
dico: Chiunque rimanda la propria donna , eccetto il caso di concubinato, e ne sposa un 'al-
Ira commette ad ulter io: e chiunque sp osa una donn a ri pudiata, commette si milmente
adulterio» (vv. 8-9).
Presso i popoli Germanici, che invase ro l'Impero di Occidente tra il V c il VI secolo.
il divorzio fu molto diffuso . Da principio, esso spetta va so lo all' uomo (divo rzio unilat era-
le), ma in seguito fu consentito anche alla donna.
La C h ies a Cattolica, ovviamente, rimase saldame nte al prin cipi o dell'assoluta
indissolubilit à del matrim onio proclamata da Cristo, e opponendosi con fermezza alla legi-
slazione romana e germanica. escluse ogni forma di divor zio, riuscend o a far prevaler e in
Occidente , tra il X e il XII secol o, la legge canon ica. Diversa è invece la posizione dell a
Chiesa ortodossa, che, seguendo il principio dell'a cribia, ammette lo scioglimento del
matrimonio in casi di particolare gravit à.
Con l'affermarsi nel secolo XV I del Protestantesimo, vari paesi si sta ccarono da
Roma c, contestando il carallere sacramentale del matrimonio. sostennero la validità del
matrimonio ci vile , con la possibilità dello sc ioglimento del medesim o e il passaggi o a
nuove nozze .
Negli Stati catto lici, il matrimonio civile fu istituito in Francia con la Cos titu zione del
14 settembre 1791 , e col successivo decreto del 25 ottobre 1792 venne anc he introd otto il
divorzio, inserit o poi nel Codice Napoleonico del 1804.
Oggi. purtr oppo, per un complesso di circostanze e fatt ori compl essi, soprattutto di 3745
carattere morale e soci ale, il di vorzio è diffu so univer salmente nclle legislazioni . Esso resta
però condannato dalla legge di Dio, procl amata anche da Crist o, e dalla Ch iesa. Nella Cost.
"Gaudium et Spes " del Concilio Vatic ano Il (7 dicembre 1965) , il divorzio è detto "IL/es".
un termine dai signifi cati molteplici : calamità, piaga. flagello, peste, ccc. (n. 47, l).
In Italia il divorzio è dello "scioglimento del matrimonio" . Fu introd otto con la Legge
del lO dicembre 1970 . n. 898, a cui seg uirono le Leg gi del l" agosto 197 8, n. 436, e del
6 marzo 1987, n. 74. I numerosi tent ativi fatti a partire dal 1865, erano andati sempre a
vuoto per la netta opposizione dei catt olici e in genere per la contrarietà dimostrata dall a
pubblica opinione . L 'ultimo fu reso ineffi cace ad opera del Partito Popolare . capegg iato da
Egilberto Martire.
256 LIBRO IV . ll "mun us sancriì'icandi" della Chiesa

CAN. 1057- § 1.Matrimonium fa- § l . Il m atrimonio è co stitu ito dal con -


cit partium consensus inter perso- senso delle parti , m anifestato legittima-
nas iure habiles legitime manife- m ente tra persone giuridicamente capaci;
status, qui nulla humana potestate con senso c he non può essere s upp lito da
suppleri valet. nessun potere umano.
§ 2. Consensus matrimonialis § 2 . Il con sen so matrimoniale è l'atto di
estactus voluntatis, quo vir et mu- volo ntà, con c ui l'uomo e la donna , con
lier foedere irrevocabili sese mu- patt o irrevocabile, si donano e si acc e tta-
tuo tradunt et accipiunt ad consti- no reciprocamente p er costitu ire il matri-
tuendum matrimonium. m on io .

3746 5) L' elemento costitutivo


1057 (l081 *) Nel matrimonio "in fieri" è il consenso, di cui si tratterà diffusamen-
te nel cap. IV (cann. 1095 -1107 ). Nell' attuale canone. si stabilisce il princip io di carat-
tere generale: " Il matrimonio è costituito dal consen so», seco ndo il noto principio del
diritt o rom ano, accolt o anch e dagli ordiname nti civ ili: "N uptias con sen sus facit"
(Ulpiano). Tale con senso, manifestato legittim amente tra persone giuridica mente capaci.
non può essere supplito da nessun potere umano (§ l).
Manifestato esternamente. La manifestazione esteriore del con senso è ric hiesta per
la validità de l matrimonio , sia nel suo aspetto di contr atto che in quello di sacramento.
Senza la manifestazione esterna non può esistere un atto giuridico, né, molto meno, un
sacramento, che , per sua natur a, è un segno sensibile della grazia.
Manif estato legittimamente. La manifestazione del consenso matrimoniale deve
avvenire nella form a giuridica prescritta dalla legge (can. 1108), poiché il matrimonio
è uno degli atti più importanti e impegnativi dell'uomo, anche sotto l' aspetto socia le. La
sua celebrazione deve rivestire pubblicam ente una sua particol are solennità.
Da persone giuridicamente capaci. La valida prest azione del co nsenso suppone non
solo la capacità natur ale delle parti contr aenti (per es. il sufficiente uso di ragione, la
neces saria discrezione di giudizio, ecc.) , ma anche l' idoneità giuridica, ossia il possesso
di tutti i requisiti che il diritto positivo esige da parte di coloro che intendo no co ntrarre
matrimon io, eserc itando il "ius connubii". Ovviame nte si richiede anche l' assen za degli
impedime nti di cui ai cann. 1083-1094.
3747 a) Definizione e oggetto del consenso.
Second o la dottrina tradizionale. il can. 1081, § 2, del Codice pio-benedettino
definiva il consenso matrimonial e: L'atto di volontà con cui ciascuna delle parti contra-
enti dà ed accetta il "ius in corpus perpetu um et exclusivum in ordine ad actus per se
aptos ad prolis generatio nem".
Era una definizione ristretta e unilaterale, essenzi alment e fisiologica. per cui, a
partire dag li anni quar anta, fu ogge tto di aspre critiche da parte di molti autori, i quali
sostenevano una concezione più completa e spiritualistica del matri monio. Questa nuova
co ncezione preval se nel Concilio Vaticano Il, che nella CosI. Gaudium et Spes definì il
matrimoni o un'intima comunione di vita e di amore fra gli sposi, i quali, mediante la
loro recip roca don azione, tendon o alla loro integrazione e al loro perfezion amento (nn.
48-49). Il medesimo concetto fu espresso da Paolo VI nella Enc. Humanae vitae: Il
matrimonio è «una reci proca donazione personale, mediante la quale gli sposi tendono
alla comun ione dei loro esseri in vista di un mutuo perfezioname nto, per collaborare con
Dio alla generazione c all'educazione di nuove vite» (n. 8).
11 malrimonio 257

Evidentemente, le affermazioni del Magistero hanno carattere dottrinale, non giu-


ridico. La norma giuridica è formul ata nel can. 1057, § 2, che, ispir andosi all' insegna-
mento con ciliare, definisce il consenso matrimonial e: l'a tto di volontà con cui l' uomo
e la donna si danno e si accettano con patto irrevocabile, per costituire il matrimonio.
Second o tale defi nizione l' oggett o del co nsenso matrimoniale non è soltanto il " ius
in corpus perpetuum et exclusivum" affermato nel Codice precedente, ma la perso na
stessa dei contraen ti, i quali si dona no e si accettano reciproca mente in quanto coniugi,
potremmo dire nella loro "co niugalità" (sese mutuo tradunt et acceptanti, in tutta la
ricchezza delle comp onenti e dei valori del loro essere, sì da formare realmente il
"consortium totius vitae" (can. 1053, § l), l'un a caro del testo biblico. È questo
"consortium totius vitae", inteso com e vincolo giuridico, la nota costitutiva dci matri-
monio "in facto esse" , ed è in tale prospettiva che il matrimon io ha una dimensione
nettamente personalistica.
b) Un patto d'amore. 3748
L'amore è un elemento essenziale del matrimo nio umano e cristiano. Occorre però
precisare che. giuridica mente, il matrimonio non è fonda to sull' amore, ma sul consenso .
Un tale princip io è stato evidenziato con vigore da Paolo VI nel discorso rivolto il 9
febbraio 1976 alla Rota Roman a, che, data la sua importanza, riportiamo con una certa
ampiezza:
- "L'amore è un element o fondamentale del matrimonio: il Concilio Vaticano Il lo ha
messo in luce nella Cost. Gaudium et Spes (n. 49) . Ogg i però si va nno diffo ndendo alc une o pinioni,
le quali considerano l'amore co niugale così importante anche sotto il profilo giuri dico che fanno
dipendere da esso la stessa vali dità del vincolo matrimon iale, e, di co nseg uenza. q uasi non vi fosse
più alc un se rio im pedi mento apro no la po rta al divorzio, in q uanto, secondo lo ro venen do meno
l' amo re (o meglio la naturale attra zione amorosa), verr ebbe a ces sare la valid ità de l patto co niuga le
irrevocab ile. sorto dal consenso libero e pieno di amo re...
- " Senza dubbio, il Co ncilio att ribu isce mo lta importanza all'amore coni ugale, poic hé lo
definisce condizione perfetta e sc opo supremo del mat rimo nio, ed eso rta i co niug i ad uniformare
ad esso cos tant eme nte la lo ro vita co mune, ma , nello stesso tempo, è anche da riconoscere che la
dottrina cristiana circa l' istituto fam iliare, non può am mettere in nessun modo un co ncetto di a more
coniuga le tale, che poss a co ndurre ad abb andon are o a smi nuire la for za e il sig nificato di quel
notissimo princi pio, sec ondo il qu ale " matri mo niu m fac it partium consensus ..... In forza di ta le
principio, il matri monio so rge nel mo ment o stesso in c ui i co niugi es pri mono il loro co nse nso
matrimo niale gi uridicamente valido, né questo consenso ha in seguito alcu na forza per m utare la
"realtà gi uridi ca" che pur ha creato ...
- «Pertanto non si può am mettere che, ven endo a ma nca re un qu alsiasi elemento sog-
gettivo, qu a l è in pri mo luogo l'amo re co ni uga le , non es ist a più il ma tr imonio come rea ltà
giur idicamente efficace . Questa real tà , per q ua nto rigu arda il diritto, conti nua a sussistere, non
dipen den do affatto da ll'amore , e sempre perm an e, anc he se il lega me affe ttivo dell' amore fo sse
del tutto ce ssato...
- «Tu tte qu este con siderazi oni non sono da intendere come se sm inuiscano l'importan za e
la dignit à dell ' amore coniugale, poiché la grande ricchezza di beni annessi all' istituto matrim on iale
non co nsiste so lo neg li ele men ti giu ridici . L'amore co niugale, anche se no n rientra nella sfera
giuridica, ade mpie tuttavia un compito assai nobil e e necessari o nel matrimonio. È una forz a di
ordine psicologico, alla q uale Dio ste sso ha assegnato lo stesso ambito del matrimonio. È in verità,
quando manca l'amore, i co niugi so no privi di un valido incitamen to ad assolvere tutti i co mp iti
e tutti i dov eri dell a co munità coniugale co n recip roca sincerità. Invece , q uando c'è il vero am ore
coniuga le, ossia l'amore limano, pieno. fedele ed esclusivo l ino alla morte, f econdo. allora il
matrimoni o vera mente può realizzarsi co n quell a pienezza di perfezione , che pe r la sua stessa
natura è possibil e conseg uire»:',

• C fr. L. C HIAPPETTA, Temi pastorali ilei Magistero di Paolo VI, voI. Il, pp. 327-329.
258 LIBRO IV - Il "munus sunctificandi" della Chiesa

CAN. 1058 - Omnes possunt ma- Tutti possono contrarre matrimonio, se


trimonium contrahere, qui iure il diritto non ne fa loro divieto.
non prohibentur.

3749 L'insegnamento di Paolo VI è chiaro e ci porta a distinguere tra l'amore inteso nella
sua accezione sentimentale e psicologica e l'amore considerato nel suo aspetto oggettivo
e deontologico, come impegno di comunione e di vita nei suoi rapporti essenziali. Il
primo è un elemento integrante del matrimonio, e la sua esclusione non ha rilevanza
giuridica, anche se psicologicamente esso è (dovrebbe essere) alla base della comunione
di vita fra gli sposi e delle loro relazioni. Il secondo è un elemento essenziale e la sua
esclusione vizia il consenso e rende nullo il matrimonio.
È illuminante, a tal riguardo, l'insegnamento di Giovanni Paolo Il:
- Il Concilio ha visto il matrimonio come patto d'amore (Gaudium et Spes, n.
48)... Parlando qui d'amore, non possiamo ridurlo ad affettività sensibile, ad attrazio-
ne passeggiera, a sensazione erotica, a impulso sessuale, a sentimento di affinità, a
semplice gioia di vivere. L'amore è essenzialmente dono. Parlando di atto di amore,
il Concilio suppone un atto di donazione, unico e decisivo, irrevocabile come è un
dono totale, che vuole essere e restare mutuo e fecondo" (Discorso ai componenti
della Rota Romana, 28 gennaio 1982: X. OCHOA, Leges Ecclesiae, VI, n. 4897, colI.
8372-8373).
Cfr. in merito l'importante sentenza emessa dalla Segnatura Apostolica il 29 no-
vembre 1975: X. OCIIOA, Leges Ecclesiae, V, n. 4419, colI. 7092-7093)'.

3750 6) Il "ius connubii"


1058 (1035*) È un diritto fondamentale della persona umana, per cui ogni uomo
o donna può contrarre matrimonio, scegliendo liberamente il proprio coniuge. Non si
tratta tuttavia di un diritto assoluto e illimitato, poiché non è un semplice diritto intimo,
privato, ma essenzialmente sociale, il cui esercizio può e dev'essere opportunamente
disciplinato dalla pubblica autorità in ragione del bene comune e nello stesso interesse
delle persone.
Possono contrarre matrimonio - si afferma nel can. 1057, § I - soltanto le
"persone giuridicamente capaci", che non siano "impedite dal diritto" (can. 1058).
Ovviamente i divieti dci legislatore non possono essere arbitrari, poiché si tratta di
un diritto innato inalienabile, che va debitamente rispettato e tutelato dall'ordina-

, Riporto da Mons. Mario F. Pornpcdda, Uditore della Romana Rota, la seguente nota invia-
tami cortesemente nei mesi scorsi:
I. È da distinguere l'amore affettivo dall'amore effettivo: il primo appartiene alla sfera del
sentimento e si pone in relazione al matrimonio soprattutto quale spinta psicologica nella scelta e
nella conclusione del patto matrimoniale; il secondo appartiene alla sfera della volontà, c quindi
potrebbe essere sinonimo di ciò che il legislatore ha voluto intendere con l'espressione "bonum
coniugum" (can. 1055, § I). Tale "bonum" costituisce indubbiamente un elemento essenziale del
matrimonio, tanto che, se fosse positivamente escluso con atto di volontà o se si fosse incapace a
realizzarlo, ne risulterebbe la nullità del consenso e quindi del matrimonio.
2. Alla luce di tale distinzione (affettivo - effettivo) si potrebbe intendere una teoria di mezzo
(espressa molto spesso dalla scuola canonistica di Pamplona), per la quale col consenso matrimo-
niale sorge fra i coniugi un "amore dovuto": se prima del matrimonio l'amore era qualcosa di
libero, dopo esso diviene un dovere. Evidentemente la cosa non va riferita all'affettuosità, bensì
all' amore effettivo.
Il matrim onio 259

mento giuridico. La sua soppressione o anche la sua limita zione , non giustificata da
gravi e adeguate ragi oni , cost ituisce - ha ammo nito Paolo VI - un' aperta viola-
zione della dignità umana: " actum est de humana dig nitate" (Enc. Populorum
progressio, n. 37).
La Chiesa ha co ndan nato recisame nte i divieti di matrimo nio per motivi di razza
(Pio XII, Allocuzione de l 3 ottobre 1941 : Discorsi e Radiomessaggi, voI. III, p. 209
ss.), come le dottri ne eugenetiche le qua li hanno da to luogo alla steri lizzazione del-
l'uo mo o dell a donn a, alla proi bizion e de l matrimoni o alle persone affette da gra vi
infermit à, ecc. (S.C. del S. Ufficio, 21 marzo 1931 e 24 febbraio 194 0: X. OCHOA,
Leges Ecclesia e, I, n. 1020, col. 1243; n. 15 19, co l. 1955).
Il "i us connubi i" è affermato sole nneme nte nella Dichiarazione Universal e dei Diritti 3751
dell' Uomo. approvata e proclamata dali' Assem blea Generale delle Nazioni Unite il IO dicem -
bre 194 8:
- Uomini e donn e in età adatta hanno il di ritto di sposarsi e di fondare una famiglia.
senza alcuna limit azione di razza, citta di nanza o religio ne (art. 16, n. l ).
Riportiamo anche l'art. I della Carta dei Diritti della Famiglia, redatta dalla Santa Sede 3752
in data 22 otto bre 1983:
- Ogni uomo o donna, che ha raggi unto l' età del matri monio e ne ha la necessaria
capacità, ha il diritto di sposarsi e di forma re una famiglia senza alcu na discrimina zione;
restrizioni legali all' esercizio di ques to diritto, sia di carattere perm anente che te mporane o,
possono essere introdotte solamente qua ndo sono riehieste da gravi ed oggettive esige nze dello
stesso istituto matrimoniale e della sua rilevanza sociale e pubblica , e devono, in ogni caso,
rispettare la dignità e i diritt i fondamentali della persona (lett . a) .
- Coloro che desiderano sposarsi e for mare una famiglia hanno il diritt o di attendersi
dalla società q uelle condizioni mora li, educa tive , sociali ed economiche, che li mettano in
grado di esercitare il lo ro diritto a spos arsi in piena maturità e res ponsab ilità (lett . b: Comm u-
nicationes, a. 1983, pp . 143-144 ).

Co ns egue nze giuridiche del " ius connu bii". In si ntesi : 3753

I o Il "i us con nubii " è un diritto fo ndamentale de lla person a umana c, co me tale,
irrinun ziabile, ina lienabile, perpetuo.
20 È com pito e do vere de lla pubblica autor ità, relig iosa e civile, ricon oscere
formal me nte tale diritto e tutelarn e con giuste leggi il libero eserc izio .
3 0 Ogn i proi bizione o limitazione de l " ius co nnubi i" dev'essere giustificato da
esigenze di valori superiori, ossia da adeg uati motivi conce rne nti il bene e l'interesse
della socie tà, de lle perso ne, de llo stesso istituto matrimoniale. Deve ino ltre risultare
in modo espresso.
4 0 Tali proibizi o ni e limitazioni (in particolare gl' impedi me nti matrimo nia li)
non hann o alc un carattere penale: intendono solo tutel are e pro muovere il retto e
ordin ato esercizio del "ius connubii", c he evidentemen te no n può essere lascia to
all'arbitrio e all'anarchia dei singoli con trae nti.
5° Esse sono soggette a rigorosa interpretazione, ai se nsi dci can. 18, per cui si
applic ano sol o nei casi prev isti es pressamente da lla legge.
6° Nel dubbio prevale il principio della libertà (cfr . can . 17: cfr. anc he ca n.
1084, § 2), sa lvo che il dubbio rig uardi :
- L'esiste nza dell'impedimento di consag uineità in qua lunq ue grado de lla linea
retta o il secondo grado della linea co llaterale (can. 109 1, § 3);
- Op pure l'esisten za del vinco lo di un matrimonio precedente (cann. 1060 e
1085. § 2; cfr. tuttavi a ca n. 1150, circa il pri vilegio della fed e).
260 LIBRO IV - lt vmunus sancrifcundì" de lla C hiesa

CAN. 1059- Matrimonium catho- Il matrimonio dei cattolici , an ch e se una


lìcorum, etsi una tantum pars sit so la delle parti sia cattolica, è retto non
catholica , regitur iure non salurn so lta nto dal diritto div ino , ma an che da
divino, sed etiam canonico, salva qu ello canon ico, salva la competenza del
competentia civilis potestatis cir- potere civile circa gli e ffetti pu ramente
ca mere civileseiusdem matrimo- c ivili del matrimonio stesso .
Dii effectus,

3754 7) La competenza della Chiesa


1059 (10 16* ) Il principio della esclusiva competenza della Chiesa circa il matrimo-
nio dei fedeli soggetti alla sua autorità, è un principio della dottrin a cattolica, sancito
ufficialmente nella legislazione canonica.
3755 a) Cenni storici.
La Chiesa, fin . dalle sue ongim , prese coscienza dell a sua comp eten za circa
il matrimonio dei cristiani (cfr. Mt. 5, 3 1-32; 19, 3-9 ; Mc. io. 2- 12; Lc. 16, 18;
I Cor. 7, 17; Ef. 5, 22-23 ; Rom. 7, 1-3). Tutt avia, sotto l'Impero Romano , essa
ne riconobbe e accettò le leggi in materi a matrimoniale, purché non fossero in
co ntrasto co l diritto div ino, e i cristiani contraevano matrimoni secondo le norme
e i cost umi della società di cui facev ano parte , com' è atte stato nella ce lebre
Lettera a Diog neto de l II secolo , nell'Ap ologia di Atenagora (177 circa) e
nell ' Apologeticum di Tertulliano (a. 197).
Nello stesso tempo, la Chi esa esortava i fedeli a sposarsi con l' approvazione del
Vescovo : "nuptiae secundum Deum" (S. Ignazio di Antiochi a). I matrim oni misti con
i pagani erano co munque ogge tto di disapp rovazione e di biasimo. In quel perio do,
la preoccup azione della Chiesa non fu quella di dar e una struttura giuridica o un rito
proprio al matrimon io cristiano, ma piutto sto di afferm arne i valori, richi am ando i
fedel i ai principi e alle norme etiche da osscrvarsi nella vita con iugale . La forma
ca nonica del matrimonio venne prescritta "ad validitatem" solo nel sec. XVI , col
Concilio di Trento (v. n. 4063).
La situazio ne sosta nzialmente non cambiò con la cadu ta dell 'Impe ro Romano
d ' Occide nte (a. 476 , data tradizionale) e con la fondaz ione dei Regni romano-barba-
rici. A partire dal sec. X, il potere legislativo e giudiziario dell a Chiesa in materia
matrimon iale, che s' era già affermato lentamente da più temp o (si suole indicare
comunemente il sec. VIII ) comin ciò a prend ere il sopr av vcnto. Divenne escl usivo nel
sec . XII in gran parte dell' Occidente, e tale rimase fino al sec. XVI, nonostante la
resistenza di alcuni principi, soprattutto di Ludovico il Bavaro ( 1322- 1347).
3756 Nel sec. XVI la situazione subì una svo lta soprattutto Ilei paesi protestanti, a ca usa della
Riform a dottrinale e discip linare iniziata da Lut ero, il qual e, contesta ndo il carattere sacra men-
ta le del matrim onio, att ribuì og ni potere su di esso a ll 'auto rità del princi pe . Il primo
matrimonio civile. di carattere facoltativo, fu introdotto in Olanda nell' aprile del 1580 per
motivi di tolleran za verso le varie confessioni religios e .
La piena secolarizzazione del mat rimonio si effettuò in Europa ad opera della Rivoluzio-
ne Francese. che sancì l'i stitu zione del matrimonio civile nella Costitu zione del t4 settem bre
179 1 co l principio: "La loi ne considère le mariage que co rnme contrait civ ile" (til. Il. alt. 7).
Un successivo dec reto del 25 ottob re 1792 ne impose l' obbligo a tuuì i cittadini che intendes-
sero contra rre matrimonio. prescri vend o di celebra rlo dinanzi al sindaco de l comune: col
medesimo dec reto venne anc he introdotto il divorzio. Il matrim onio fu disci plinato orga nica-
menie nel Cod ice Na poleonico del t 804 (artt. 63-76, 144-228), e. solto il suo influsso, entrò
Il matrim onio 261

a far parte nel corso del sec . XIX della legislazione della magg ior parte degli Stati d 'Europa
e d' Ameri ca, determinando fra Chies a e Stato uno dei più gravi conflitt i dell ' epoca ",

b) n Codice attuale. 3757


Il can. 1059 dell' attuale Codice riprende "iisdem fere verbis" il principio contenuto
nel can. 101 6 del Codice pio-benedettino. Tra l'uno e l'altro canone, tuttavia, c'è una
differenza rilevante. Nel canone precedente, si afferma la competenza della Chiesa su
tutti i matrimoni dei battezzati; nel canone attuale, in rispondenza col can. II , la com-
petenza è limitata al matrimonio dei cattolici. chiarendo per altro come basti. a tal
riguardo, che una sola delle parti contraenti sia cattolica. Si precisa inoltre, in conformità
col precedente can. IO16* che gli effetti puramente civili sono di competenza dello Stato
(cfr. anche can. 1672).
La potestà esclusiva, rivendicata pur oggi dalla Chiesa sul vincolo matrimoni ale dei cattolici,
non è un ostinato arroccarsi su posizioni antistoriche, superate ormai dal progresso dei tempi. Si
tratta di un principio irrinunzi abile della dottrina cattolica, una conseguenz a diretta - come s'è già
rilevato - della inseparabili tà fra contratto e sacramento, richiama ta nel can, 1055, § 2. È fondata
anche sul carattere sacro e religioso che il matrimon io ha "ex natura sua", anche a prescindere dal
carattere sacramental e (cfr. Leo ne XIII. Enc. "Arcanum divinae sapientiae", n. l' ). e sulla sua
particolare importanza in rapporto alla vita religiosa dei fedeli, della famiglia e della stessa comu-
nità ecclesiale. È per quest i ulteriori motivi che la competenza della Chiesa comprende anche il
matrimonio contratto fra una persona battezzata e una non battezzata. matrimonio che. secondo la
tesi più comune, non è sacramento.

c) Precisazioni. 3758
Per un' esatta interpretazione del can. 1059. occorre tener presente la norma di
carattere generale stabilita nel can. Il: «Sono obbligate alle leggi puramente ecclesia-
stiche le persone battezzate nella Chiesa cattolica o accolte successivamente in essa...
tranne che sia disposto di versamente in modo espresso».
Non sono pertanto soggette a tali leggi:
- Le persone non battezzate. compresi i catecumeni;
- Le persone battezzate nelle Chiese e nelle comunità non cattoliche e appar-
tenenti tuttor a ad esse, vale a dire gli ortodossi e i protestanti : i cosiddetti "fratelli
separati".
Restano invece soggette alle leggi ecclesiastiche:
- Le persone battezzate nella Chiesa Cattolica , anche se in seguito si siano sepa-
rate formalmente da essa: dopo tale separazione, esse ne perdono in ge nere i diritti, ma
ne conservano gli obblighi. in conformità col principio canonico che "se rnel catholicus,
semper catholicus",
- Le persone battezzate nelle Chiese e comunità non cattoliche (ortodossi, prote-
stanti, anglicani, ecc.), passate successivament e alla Chiesa Cattolica, anche se poi se ne
fossero distaccate.

" In Italia , con l'unificazione politica della penisola , il matrimonio civile fu sancito nel
Codice del 1865 entrato in vigore il IO gennaio 1866, divenendo in tal modo istituto di Stato
obbligatorio (art. 55 ss.), AI matrimon io religioso non venne riconosciuta alcuna efficacia giuridica.
I Patti Lateranensi dell 'II febbraio 1929 mutarono tale ordinamento, poiché con essi (art. 34) si
riconobbe, in alternat iva, il matrimon io religioso celebrato dinanzi al parroco (a un suo delegato),
e il matrimon io civil e non eb be più il carattere obbligatori o. La normativa concord ataria del 1929
è stata confermata sostanzialmente nei nuovi Accordi stipulati fra la Santa Sede e la Repubblica
Italiana il 18 febbraio 1984 (art. 8).
262 LIBRO IV - Il "m unus sunctificandi' della Chiesa

CAN. 1060- Matrimonium gaudet Il matrimonio gode del favore del dirit-
favore iuris; quare in dubio stan- to, per cui, in caso di dubbio, bisogna
dum est pro valore matrimonii, affermarne la validità finch é non sia pro-
donec contrarium probetur, vato il contrario.

In co nformità col can. II, il can. 1059 stabilisce un dupli ce prin cipio :
IO Il matrimonio dei cattolici , di escl usiva competenz a dell a Chi esa, è retto dall a
legge canonica, oltre che da qu ella di vina .
2 0 È soggetto alla legge ca nonica anc he il matrimonio d i due per sone di cui una
sola sia cattolica, poiché si tratta di un solo e medesim o matrimonio.

3759 d) Le varie situazioni,


Sono questi due principi che definiscono l'ambito di co mpete nza propria della
Ch iesa. Per determinarl a in concreto, si di stingu ono quattro di ver se ipotesi.
IO Matrimonio di due persone non battezzate: la competenz a - non solo circ a gli
effetti puramente civili , ma ci rca lo stess o vincolo matrimoni ale - è esc lusi va dello
Stato , che discipina il matrimonio dei suoi sudditi con leggi proprie, sempre però nel
rispetto della legge naturale.
2° Matrimonio di due persone battezzate, appartenenti a una comunità non callo-
fica: la competenza è per sé dell a rispettiva Chiesa, conforme al principi o stabilito nel
Decr. co nci liare "Unitatis redintegratio" , n. 16, circa la discipl in a delle Chi ese d'Oriente.
È per altro da notare che, nell a maggior parte delle comunità protest ant i non esiste una
propria regolamentazione giuridica del matrimonio. Ritenuto, inf atti , una sem plice isti-
tuz ione naturale e ci vile, se nza carattere sacra mentale, esso è rett o escl usivamente dalla
legge dello Stato.
3760 3 0 Matrimonio di due battezzati cattolici: la com pete nza è dell a Chiesa catto lica,
sa lva, co me s'è già rile vato , la co mpetenza dell o Stato circa gli effetti puramente ci vili.
La competenza della Chiesa è propria. ossia nativa. indipendente per diritto divino da
qualsiasi autorità umana. È piena e perfetta, poiché comprende la potestà legislativa. giudizia-
ria e penale sul vincolo matrimoniale, come sugli effetti inseparabilmente uniti al medesimo
(per es.. i diritti e gli obblighi reciproci dei coniugi, la legittimità della prole, la loro educa-
zione cristiana, ccc.).
Compete in particolare alla Chiesa:
- Stabilire i requisiti necessari per la validità e la liceità della celebrazione matrimoniale
(can. 1108 ss.).
- Dichiarare autenticamente gl'i mpedimenti matrimoniali di diritto divino c costituire per i
battezzati gl'i mpedimenti di diritto ecclesiastico (can. 1075).
- Giudicare per dirit to proprio le cause matrimoniali dei battezzati (can. 1671).
- Concedere la dispensa "super raro" (can. 1698).
- Punire gli attentati di matrimonio (cann. 194, § l, n. 3; 694, § l. n. 2; 1041. n. 3; 1044.
§ I, n. 3; 1394), ecc.

4° Matrimonio di due persone, di cui una sola sia cattolica, mentre l'altra non è
cattolica (matrimonio misto) o non è neppure battezzata (matrimoni o con disparità di
culto ): la competenza è, parimenti, della Chiesa cattolica e preval gono le sue leggi, a
mot ivo della unicità dell'atto matrimoni ale.
Circa il matrimonio di persone che, battezzate nella Chiesa cattolica o ricevute in essa, ab-
biano poi defezionato dalla medesima con atto formale. si dirà in seguito nei canoni specifici: cfr.
cann. 1086 e 111 7.
Il matri monin 263

CAN. 1061 - ~ 1. Matrimonium


inter baptizatos validum dicitur
*I. Il matrimonio valido tra persone
battez zate si dice solamente rato, se non è
ratum tantum, si non est consum- stato consumato; rato e consumato, se i
matum; ratum et consummatum, co niugi hanno compiuto tra loro , in modo
si coniuges inter se humano modo umano, l' alto co niugale idoneo per sé alla
posuerunt coniugalem actum per generaz ione della prol e, al quale il matri-
se aptum ad prolis generationem, monio è ordinato per sua natura, e per il
ad quem natura sua ordinaturma- quale i coniug i diventano una sola carne.
trimonium, et quo coniuges fiunt
una caro.
§ 2. Celebrato matrimonio, si § 2. Celebrato il matrimonio, se i coniu-
coniuges cohabitaverint, praesu- gi hanno coa bitato fra loro, se ne presume
mitur consummatio, donec contra- la consumazio ne, finché non sia provato il
rium probetur. contrario.
§ 3. Matrimonium invalidum § 3. Il matri mo nio in valido s i dice
dicitu r putativum, si bona fide a b putati vo, se sia stato ce lebrato in buona
una saltc m parte celebratum fue- fede da almeno una delle due parti, ti no a
rit, don cc utraque pa rs de eiusdcm quando l'una e l' altra parte di esse non
nullitate certa evadat. abbiano la cert ezza della sua nullità.

2. Nor me ulteriori

I) Distinzioni 3761
In rapporto ai suoi vari aspetti, il matrimon io può essere:
- Religioso e civile
- Valido , invalido, putativo e attentato
- Semplice mente rato e consumato insieme
- In fieri e in facto esse
Diamo per ora la sola spiegazione dei term ini: per gli approfondimenti , rimandia mo
ai canoni seguenti.
a) Matrimonio religioso e civile 3762
Il matrimon io religioso è quello celebrato nella forma cano nica prescritta dalla
Chiesa. Il matrimonio civile, quello contralto nella forma prescritta dallo Stato, dinanzi
al pubblico magistrato o funzionario. Tale matrimonio è per altro legittimo, se i contra-
enti non sono battezzati (cfr. can. 1015, § 3, Codice 1917, e can. 1117 Cod ice 1983);
- illegittimo, se attentato da persone tenute alla forma canonica del can. 1117.
A termine de l can . 1015. § 3, del Codice pio-benedettino, il matrimonio legittimo
è il matrimonio contralto validamen te da persone non battezzate. Tale denominazio ne è
stata abbandonata nel nuovo Codice tCommunicationes, a. 1977, p. 128, can. 257, § l).
È qui usata , perc hé no n cc n' è un' altra più appropriata, che possa sostit uirla. Alcu ni
suggeriscono di usare l' espressione "matrimonio naturale", ma è troppo ampia e supera
i limiti del matrimoni o civile.
b) Matrimonio valido e invalido, putativo e att entato 3763
1061 (1015. § 4 *) Il matrimonio valido è quello che. celebrato nell' osservanza
delle condizioni e delle moda lità stabi lite dalla legge, crea fra gli sposi il vincolo coniu -
gale. Il matrimon io invalido. quello da cui non sorge tale vincolo per difetto di co nsenso
o di forma opp ure a ca usa di un imped imento diri mente.
264 LIBRO TV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

Il matrimonio putativo è il matrimon io invalid o ce leb rato in buon a fede


"coram Eccle sia", nell a forma canonic a prescritta , ord inaria o straordinaria (Pont.
Comm. per l'interpret. del Codice, 26 ge nnaio 1949: X. OcHOA , Leges Ecclesi ae,
Il , n. 202 0, co l. 2563), da almeno una delle due parti co ntrae nti: tale ma trimonio
rimane putativo finc hé le parti non acqu isiscano la certezza moral e della sua
nullit à. Il dubbio, anche se fondato, non muta la situ az ione; il ca n. 1061 , § 3,
richi ede es pressame nte la certezza e da entrambi i genitori: "do nec utraq ue pars
de eiu sdem nullitate ce rta e vadat".
Al matrimonio "putativo " fa riscontro il matrimonio attentato, ossia il matrimo-
nio invalido celebrato in mala fede da ambedue le parti .
Giuridicam ente , nel matr imonio puta tivo si co nsidera unic am ent e la buona o la mala fede
dei co ntrae nti, non la co nvinzi one dell a ge nte . Se pert anto i dett i co ntrae nti hann o la ce rtezz a
della nulli tà del loro matri mon io, q uesto non può co nside rarsi putat ivo, anche se tutti gli altri
li riten gano co niugi legittimi.

3764 c) Matrimonio rato e rato consumato


1061, §§ 1-2 (10 /5, §§ /-2 *) Second o la terminol ogia canonica, il matrim onio
celebrato valida mente tra persone batte zzate può essere semplicemente "rato" o "rato e
consumato" insieme.
È semplicemente rato ( = sancito dall a Chie sa), se, celebrato "coram Eccle sia" nella
forma canonica prescritta (matrimonio-sacramento), non è stato ancora con sumato me-
diante il debito atto coniugale.
È rato e consumato insieme, se, dopo la valida cele brazione "coram Ecclesia" ,
nella form a canon ica prescritta, è intervenuto fra i coniugi un vero atto co niuga le.
3765 Perché sia tale:
I o Si richiede anz itutt o c he l'atto co niuga le sia compiuto in modo umano
(huma no mod o), ossia in maniera con forme alla dignità dell a person a, co n libertà,
se nza violenza o inga nno o in stato d' inc oscien za, ca usa to ad esempio da bevande
alcoo liche o da dro gh e", È questa una innovazione di grande importanza giuridi ca,
isp irata all'i nseg na mento co nciliare (Gaudium et Spes, n. 49, 2), poich é la do ttrina
tradi zionale, con fermata anche da un Decret o dell a Con greg azione del S. Ufficio in
data 2 febbraio 1949 (X. O CHOA, Leges Ecclesiae, n, n. 2024, col. 2565 ), riteneva
sufficiente per la consumazione il solo fatto della copula naturale e perfetta, consi-
derata nell a sua materi alit à.
20 È necessar io inol tre che l' att o coniu gale sia per sé ido neo alla ge nerazione
dell a prole, alla quale il matrimonio è ordi nato per sua natura: per esso i co niugi

, Da notare: si è parlato di violenza e d' ingan no, non di timore. L' atto sessuale, anc he se
co mpiuto per timore grave e ingiusto. è vero atto coniugale in ordine alla consum azione del
matrimonio, tranne che il timore incusso al partner sia stato tale da co mpromettere la sua ca pacità
d'intendere c di volere.
Ma può dirsi "consumato" il matrimonio qualo ra la copula si realizzi co n mezzi anticonce-
zionali? La questione Fu discussa dal Gruppo di Studio "De iure matrim oniali" nella sed uta del 19
febbraio 1970, e i pareri dei Consultori furono diversi. Le conclu sioni , riassunte dal Card. Pericle
Felici, furono le seguenti: ..
- Quand o media anticonceptionalia afficiunt ipsum coitum, non habetur copula perfecta et
ideo non habetur consummatio matrimonii
- Quan d o iIla med ia non aftici unt coi tu m habe tu r copula perfecta et ideo habetu r
consummatio
- Aliquae dubitationes pèrmanent circa cop ulam condo matam (Communicationes. a. 1974.
p. 195)
Il matrimonio 265

diventano una sol a carne (Gen. 2, 24)8. Si approfondi rà il conce tto di "copula" nel
commen to al ca n. 1084 .
Celebrato il matrimonio, se i coniu gi hanno coabitato fra loro, se ne presume la
consum azione (praes umptio iuris), finch é non si dimo stri il contrari o.
La co nseg uenza giuridic a più importa nte della distinzione tra mat rimonio sempli-
cemente rato (matrimonio-sacramento) e matrimonio rato e consumato insieme, è che il
primo può esse re sciolto "iust a de ca usa" dal Romano Pontefi ce in virtù della sua
suprema potestà (ca n. 1142), mentre il seco ndo non può essere scio lto da nessuna
autorità umana né per alcuna causa, ecc etto la morte (ca n. 114 1).
Da notare. La dott rina prevalente ritiene che il matrimonio contratto fra una persona battez- 3766
zata e un' altra non battezzata, non sia sac ramento neppu re per la persona battezzata , perché - si
afferma - il matri monio fra l'u na e l'altra persona è un atto unitario e indivisi bile. Un tale motivo,
tuttavia, non sembra del tutto convincente: l'un itariet à dell ' atto - si osserv a - non impedisce che
esso abbia un'efficacia diversa nei due soggetti. D'altra parte - si aggiunge - negare che il
matrimonio sia sacra mento nel coniuge battez zato è pri varlo, per un motivo molto discutibile. della
grazia sacramentale, di cu i eg li ha bisogno per l'assol vimento dei suoi gra vi doveri. Sembra che
in tal modo si limit i arbi traria mente l'immensa generosità di Dio nell'elargire la sua gra zia.
Un argomento a favore de lla non sacramcntalità del matrimonio contratto fra una persona 3767
battezzata e un'altra non battezzat a, può derivarsi dal fatto che un tale matri monio vie ne ormai
sciolto dalla Chiesa, anche se non consumato. Se fosse sacrame nto, lo scioglimento non sare bbe
possibile , perch é in cont rasto col principi o affermato nel can. 1141. I primi atti di sciog limento
risalgono al pontific ato di Pio XI, relativamente ai matri moni contratti fra una persona non battez-
zata e una persona battez zata acattolica, disposta a convertirsi al cattolicesimo. Sotto il pontificato
di Pio XII i medesimi atti furono estesi ai matrimoni cont ratti, previa dispensa dall 'impedimento
di disparità di culto, fra una parte non battez zata e una parte battezzata cattolica.

d) Matrimonio " in fieri" e "in facto ess e" 3768


n matrimonio in fie ri è il contr atto matrimoniale che pone in essere il "consortium
totius vitae" dei coniugi; il mat rimonio in fa cto esse è questo con sorzio o co munità di
vita, ossia il vinco lo matrimoniale, orig inato dal contratto .
La classica d istinzione - pur mant enuta nel nuo vo Codice (il matrim onio co nside-
rato nel can. 1057, § I, è il matrimonio "in fieri") - non è accet tata da tutti , in quanto,
si osse rva, il matr imon io in senso prop rio è soltanto la società coniu gale e non il contralto,
che ne è la ca usa costitut iva. La distinzione, affermata al temp o dell a Scolastica. ha
comunque la sua utilità ed importanza, poiché mette in rilievo d ue as petti o momenti dell a
realtà matrimoni ale : il suo atto celebrativo e lo stato coniu gale che ne co nseg ue; aspetti
che occorre tener distinti, per comprendere con maggiore esattezza la normat iva ca nonica
in rapporto alla validità dell ' atto celebrativo. Il matrim onio in fi eri s'i de ntifica co l reci-
proco consenso, os sia con l'atto di volontà mediante il quale gli sposi si dan no e si
accettano reciprocamente per cos tituire il vinco lo matrimoni ale (can. 1057, § 2).
È chiaro, per altro, che il matrimoni o infieri e il matrim oni o infacto esse non sono
che due momenti o aspetti di una medesima realtà giuridica.

2) L 'origine divina del matrimonio 3769


a) Una legge di natura. II matrimonio, nell a sua struttura esse nziale risponde a 3770
una legge di natura necessaria, nel sa piente disegno di Dio, per l'ordin ata co nserv azione

8 L' espressione biblica "et erunt duo in carne una" non ha soltanto un significato fisico, ma
anche moral e, poiché il termine "caro" indica in ebra ico non so lo il corpo, ma la person a umana
nella sua integri tà. L 'un ità fra gli sposi, dev ' essere dunque piena e compl eta, comprendere cioè il
pensiero, il se ntime nto, la volo ntà, l' amore, oltre che la sfera sessuale.
266 LIBRO IV - Il "munus sanctificundi' della Chiesa

e propagazione del genere umano, e per la reciproca integrazione e perfezionamento


dell'uomo e della donna. È questa la dottrina costante della Chiesa, confermata formal-
mente dal Concilio Vaticano II, nella Cost. past. Gaudium et Spes (n. 48, l). Nell'Enc.
Humanae vitae, 26 luglio 1968, n. 8, Paolo VI aggiunge con profonda espressione che
Dio istituì il matrimonio "per attuare nell'umanità il suo disegno di amore".
L'istituto matrimoniale deriva per altro da Dio non soltanto come "autore della
natura", ma anche per una sua legge positiva, promulgata nel paradiso terrestre. Sull'uo-
mo e sulla donna, prima della loro caduta, il Signore pronunziò infatti la sua alta parola
di benedizione e di consegna con la legge suprema della vita:
- Crescete e moltiplicatevi: riempite e assoggettate la terra (Genesi, I, 28).
- L'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà alla sua donna, (Genesi Il, 24).
3771 b) Un sacramento di grazia. Ma il matrimonio, oltre che un contratto naturale, è
anche per i battezzati un sacramento di grazia istituito da Cristo. Comunemente si ritiene
che l'istituzione del sacramento sia avvenuta alle nozze di Cana, quando Gesù, insieme
con Maria Santissima, onorò con la sua presenza e col suo primo miracolo il matrimonio
di due giovani sposi, che invitarono il Maestro divino alle loro nozze. Per altri, l'isti-
tuzione del sacramento sarebbe avvenuta nel momento stesso in cui il Verbo di Dio
assunse la natura umana, coincidendo in tal modo con l'Incarnazione.
3772 c) Varie negazioni. Negano l'origine divina i sostenitori del "libero amore" e gli
evoluzionisti materialisti. Per i primi, il matrimonio è l'espressione tipica di una men-
talità e di una convenzione "borghese"; per i secondi, l'istituto matrimoniale non è che
il risultato di una lenta evoluzione da una fase originaria di libera promiscuità sessuale,
determinato dallo stato animalesco dell'uomo primitivo.
Sono errori gravissimi, in aperto contrasto con la dottrina cattolica, la quale insegna
che il matrimonio è insieme un istituto di diritto naturale e di diritto divino positivo, di
cui il Signore promulgò la necessità e le leggi.
La teoria evoluzionistica è insostenibile anche scientificamente, e le sue afferma-
zioni sono apertamente smentite dai dati della paleontologia e dell'etnologia moderna.
Avversari del carattere soprannaturale del matrimonio sono, fra gli altri, i protestanti, i quali
negano che esso sia un sacramento istituito da Cristo. Fa eccezione la Chiesa Anglicana, che
considera il matrimonio un sacramento (sacramentominore), e tende a mantenere la indissolubilità
del vincolo, con poche eccezioni. L'errore protestante fu condannato dal Concilio di Trento, nella
sessione XXIV dell'II novembre 1563 (Denzinger-Schònmetzer, nn. 1797-1812).

3773 3) I beni del matrimonio


3774 a) La formula riassuntiva di S. Agostino
I beni del matrimonio sono i valori dell'istituto matrimoniale, sintetizzati da S.
Agostino nella nota formula: "Tria sunt coniugi i bona, bona scilicet fidei, sacramenti et
prolis" (De bono coniugali, cap. 24, n. 32: PL 40, 349), alla quale si sono ispirati
costantemente teologi e canonisti. Non sono menzionati espressamente nel Codice, ma
sostanzialmente vi sono contenuti. Non hanno soltanto valore morale, ma anche giuri-
dico, e fanno parte della struttura del matrimonio.
H bonum prolis consiste nella generazione e nell'educazione della prole: uno dei
fini essenziali del matrimonio.
H bonum fidei consiste nella reciproca fedeltà degli sposi, conseguenza dell'unità.
Il bonum sacramenti, nella indissolubilità del vincolo matrimoniale, che, in virtù
del sacramento, ottiene nel matrimonio cristiano una particolare stabilità e fermezza
(can. 1096).
Il matrimoni o 267

h) La conferma del Catechismo Romano di S. Pio V 3775


Il triplice " be ne" o "valore" del matrimon io è richiam ato da l Catechismo Roman o:
- Occorre insegnare ai fedeli che sono tre i beni del matrimonio: la prole, la fede e il
sacramento... Il primo bene è la prole, ossia i figli che si ricevono da una giusta e legittima sposa .
c questo non riguarda soltanto la loro procreazione, ma anche la loro formazione cd educazione .
Segue la f ede, altro bene del matrimonio, che non è l' abito di virtù di cui siamo rivestiti quando
riceviamo il battesimo, ma la fedeltà, con la quale l' uomo si unisce alla sposa e questa vicende-
volmente all' uomo, sì che l' uno concede all'a ltro il potere sul suo corpo, costituendo quel patto
coniugale con l'i mpegno di non violarlo mai... Il terzo bene è detto sacramento , ossia il vincolo
del matrimonio, che non può essere mai disciolto... Se infatti il matrimonio, come sacramento,
indica l'un ione di Cristo con la Chiesa, è necessario che, come Cristo non si separa mai dalla
Chiesa, così la donna non può mai separarsi dal marito per quanto riguarda il vincolo del matri-
monio (n. 295).

4) Gli elementi costitutivi del matrimonio-sacramento 3776


Nel ma trimonio, co me in og ni sac ramento, occorre distingu ere la materi a, la fo rm a
e il m inist ro.
a) La materia e la forma 3777
Secondo la se ntenza più fo nd ata , che è anch e qu ella ormai co mu ne:
L a materia remota del sacr amento del matrimon io so no le per sone ste sse degli
sposi.
La materia prossima è il mutuo co nse nso , debitament e es presso secondo le
norme p rescri tte dalla C h iesa, co nsiderato co me offerta e donazion e di sé (trad itio) in
ordine ai fini e ai va lor i del matrimonio.
- La forma è il med esimo consen so, co ns ide rato co me accettazione di de tta of-
ferta vice nd evo le.
b) Il ministro 3778
Contrariamente ag li alt ri sacram enti, in cui il sogge tto che li riceve è distinto dal
ministro ch e li co nferi sce, ne l mat rimoni o i mini stri so no gli stessi sposi. Il sa ce rdo te
(o il di aco no ) è so lo il " testimo ne ufficia le" ch e rice ve e registra il co nse nso degl i sposi,
e benedice la lo ro union e in nom e di D io e dell a Chiesa. Del resto, il sacerdote può
anche non essere pres ente, co m 'è avv enuto per più secoli pri ma del decr. Tametsi de l
Concilio d i Tren to, co n i co siddetti matrimoni clandestini , considerati piename nte valid i,
anche se illeciti, e come pu ò avvenir e anche o ggi a no rma del can. 1116.
La rag io ne è evidente, se si co nsidera la particol are natura del m atrim on io cristiano,
che è fon d ame nta lme nte un co ntratto, per cui i ministri d i esso sono le stesse parti
contrae nti , ossia gli sposi, che " ne ll' atto in cui pronunziano il sì sacrame ntale, si co m u-
nicano l' un l' altro la g razia divina c he sta per trasformare, per tutta una vita, il loro
amore u man o in amore cristia no" (M .M. P hilipo n). Il sa cerdo te rimane, per altro, il
ministro dei ri ti e de lle ce ri mon ie sacre c he accompag nano la cele brazi one del matri mo -
nio, e co me tale invoca sugli sposi le cel esti be ne d izio ni.
Nella Chi esa ortodossa , il ministro del sacramento del matrimonio è considerato il sacerdote.
Fu questa anche la tesi di Melchor Cano, teologo domenicano spagnolo ( 1509- 1560), il quale,
conseguentemente, ritenne che la materia del sacramento fosse il consenso matrimoniale e la forma
fossero le parole del sacerdote: "Ego coniungo vos in matrirnonium", o altre equivalenti: nel caso
che fosse mancato l'intervento del sacerdote, il matrimonio sarebbe stato valido. ma non sarebbe
stato un sacramento. Una tale tesi, seguita da vari teologi e canonisti (Estio, Silvio, Juenin, Tournely
e altri), oggi non è più sostenibile, attesa l'identità fra matrimonio-contratto e matrimonio-sacra-
mento, una dottrina "theologice certa" se non "proxima fidei" (come viene spesso qualificata), in
quanto affermata costantemente in questi due ultimi secoli dal Magistero ecclesiastico.
268 LIBRO IV • Il "m un us sanc tificand i" della Chiesa

CAN. 1062· § l. Matrimonii pro- § l. La promessa d i ma trimo nio sia


missio sive unilateralis sive bilate- unilaterale che bilaterale , de tta fidanza-
ralis , quam sponsalia voca nt, regi- mento, è regolata dal diritto particolare
tur iure particulari, quod ab Epi- stabilito dalla Conferen za Episcopal e, te-
scoporum conferentia, habita ra- nendo conto delle eve ntuali co nsuetudini
tione consuetudinum etIegum dvi- e leggi civili.
lium , si quae sint, statutum fuit,
§ 2. Ex matrimonii promissione § 2. Dalla promessa di matrimonio non
non datur actio ad petendam ma- si dà azione per esigerne la cele brazio ne;
trimonii celebrationem; datur ta - si dà invece per chiedere il risarcim ento
men ad reparationem damnorum, dei danni, se in qualche modo esso sia
si qua debeatur, dov uto.

3779 5) Il principio del "favor iuris "


1060 (10 14*) È un principio di lunga tradizione canonica, che non pochi avrebbero
voluto sopprimere o mitigare (Communicationes, a. 1977, p. 246), anche per evitare abusi
derivanti da una illegittima applicazione del principio stesso. Fu conservato per il parere
positivo espresso dal Sinodo dei Vescovi, svoltosi a Roma nel settembre-ottobre 1980.
Lo scopo di tale principio è di assicurare un'adeguata tutela giuridica a un istituto
di così grande importanz a individuale e sociale. La principal e conseguenza è che un
matrimonio celebrato secondo le norme del diritto, nel dubbio "sive iuris sive facti",
dev'essere considerato valido a tutti gli effetti. finché non si dimos tri il contrario.
Ovviamente, il dubbio deve riguardare la validità del matrimonio celebrato "ad normam
iuris", non il fatto della stessa celebrazione, che esula dal canone, non potendo essere
oggetto di presunzione nel caso che il dubbio vena su di esso (i fatti non si presumono,
ma occorre dimostrarli: factum non praesumitur, sed prohandum est). La presunzione è
solo di diritto (iuris tanturn), per cui si ammette contro di essa sia la prova diretta,
dimostrando l' invalidità del matrimonio, sia la prova indiretta, dimostrando che il ma-
trimonio non fu mai celebrato e facendo così cadere il fondamento stesso della presun-
zione (can. 1826, Codice 1917).
Il principio ha la sua applicazione specifica nei processi matrimoniali, in cui - si noti - la
validità del matrimonio ha un suo difensore di ufficio (il difensore del vincolo), sotto pena di nullità
degli atti (cann. 1432- 1433). Perché il collegio giudicante deliberi la nullità di un matrimonio non
basta il dubbio, sia pure fondato. circa la validità del medesimo, ma si richiede la certezza della
sua invalidità, dimostrata giudizialmente con argomenti decisivi incontesrabili , Se poi si avessero
due matrimoni successivi. il "faver iuris" spetta al primo per cui il secondo matrimonio va dichia-
rato invalido. anche se i dubbi siano soltanto sulla validità del primo, «purché la causa venga
definita secondo l'ordinariavia giudiziaria» (Pont. Comm. per l'interpret. del Codice. Risposta 26
giugno 1947: X. O CHOA. Leges Ecclesiae, Il, n. 1935, III, col. 2424) .
Senza dubbio, il principio può dar luogo a gravi e insolub ili conflitti tra il foro
interno e il foro esterno, ma la legge deve tutelare il bene comune anche con sacrificio
del bene privato.
3780 In caso di collisione tra il "fave r iuris" del can. 1060 e il "favor fidei" del can. 1150,
prevale il "faver fidei", come affermava espressamente il can. lO14 del Codice precedente.

3781 6) La promessa di matrimonio


1062 (10 17*) La celebrazione delle nozze è spesso preceduta dal "fidanzamento",
ossia dalla promessa di matrimonio, un' usanza molto antica praticata già dagli Ebrei, dai
11 matrimonio 269

Greci. dai Romani e da altri popoli, e che la Chiesa non mancò di accogliere nella sua
prassi pastorale e giuridica, spogliandola delle superstizioni che l'accompagnavano e
donandole un sign ificat o religio so . II termine latino è sponsalia, dal verbo sponde o ,
promettere. Gli spons ali sono definiti da Fiorentino, giuri sta romano del \I secolo d.C. :
"Ment io (conventio?) et reprom issio nuptiarum futurarum" (Digesto. XXIII , I, de
spons., l). Alla promessa di matrimonio, si suole unire una convenzione patrirnoniale.
a) Formalità dell'atto 3782
Giuridicamente, la promessa di matrim onio è unilaterale e bilateral e.
- Unilaterale , quando la promessa è fatta da una sola delle due parti, che intende
vincolarsi con essa , mentre l'altra si limita ad accettarla, senza impegnarsi a sua volta;
- Bilaterale, quand o la promessa è reciproca.
II Codi ce precedente, confermando la norm a stabilita da Pio X nel Decreto Ne
t èmere del 1907, ne fissò direttamente le formal ità, stabilendo che, ai fini della validit à
"pro utroque foro", la promessa, sia unilat erale che bilaterale, venisse fatta con un
documento scritto, firm ato dalle parti e insieme dal parroco o dall'Ordinario del luogo
o almeno da due testimon i. Il nuovo Codice ne lascia inve ce la regol arnent azione alle
Conferenze Epis copali , che, nell ' emanare le norme relative, dovranno tener con to delle
eventu ali co nsuetudini e delle leggi civili.
La Conferenza Episcopale Italiana, con delibera del 23 dicembre 1983. ha deciso di non
«emanare normative particolari per le promesse unilaterali o bilaterali di matrimonio in Italia»
(Enchir. CEI, voI. 3, p. 915, n. 1597). Occorre quindi attenersi O al disposto del can. 1017, §§ l ·
2. del Codice 1917, o alle norme della legislazione civile, contenute negli artr. 80-81 del Codice
civile, o anche alle legittime consuetudini.
b) Condizioni 3783
Nel can . 1062 dell' attuale Codice - come neppure nel ca n. 1017 del Codi ce
precedente - nulla è stab ilito circa la capacità dei prom inenti. Ma poich é la promessa
di matrim onio è ordinata alla sua celebraz ione, ne viene di conseg uenza che, ai fini della
validità dell a promessa, valgono sostanzialmente le mede sime condizioni prescritte per
il consenso matrimoniale (can . ] 095 S5.).
È necessario in particolare:
- Che i promittenli abbi ano la necessaria cap acità d'intendere e di volere (can .
124, § I) e una sufficiente maturità: la discrezione di giud izio del can . 1095, n. 2.
- Che non siano affetti da anom alie psichi che (can. 1095, n. 3).
- Che la promessa non sia viziata di errore sostanziale (ca n. 1097), timore grave
(can. 1103), dolo (can. 1098) o violenza (cann. 125. § I, e J 103).
- Che la promessa sia fatta con la necessaria deliberaz ione , ossia con un ' adegu ata
conoscenza della natura del matrimonio e degli obblighi ch 'esso comporta (can. 1096).
Nel foro esterno, la promessa di matrim onio fatta legalmente co n le debite formalità
si presum e valida "donec contrarium probetur" .
c) Effetti 3784
La promessa di matrimonio - promessa formale, giuridica, fatta secondo le norme
stabilite dalla legge , non semplice promessa fatta privatamente, che "ex iure positivo"
non ha alcun valore né in foro esterno né in foro interno - vincola in coscienz a chi l'ha
fatta, il quale è tenuto ad adempierla, tranne che un motivo grave lo esim a dall'obbligo .
Giuridicamente, tuttavia - attesa la natura del matrimonio fondato sul libero consenso
- egli non può essere costretto ad osservare la sua promessa. È tenuto solo a riparare
i danni colpevolmente arrecati. qual ora, senza gius to motivo , rifiuti di contrarre rnatri-
270 LIBRO TV- Il "rnunus sanctificandi" della Chiesa

monio oppure dia all'altra parte un giusto motivo di troncare il fidanzamento. L'azione
relativa - la quale non può sospendere la celebrazione del matrimonio, che la parte
colpevole intendesse contrarre con un'altra persona - può essere proposta sia presso il
giudice ecclesiastico che quello civile (Pont. Comm. per l'interpret. del Codice, 2-3
giugno 1918, n. IV, 1-2: X. OCHOA, Leges Ecclesiae, I, n. 94, col. 125).
3785 Per le nonne statuali in tale materia, sono da tener presenti gli artt. 79-81 del Codice Civile
Italiano:
- Art. 79: «La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si
fosse convenuto per il caso di non adempimento».
- Art. 80: «Il promittente può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa
di matrimonio, se questo non è stato contratto».
- ArI. 81 (secondo la "Riforma del diritto di famiglia" del 1975): «La promessa di matrimo-
nio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata da una persona maggiore di età
o dal minore ammesso a contrarre matrimonio a nonna dell'art. 84, oppure risultante dalla richiesta
della pubblicazione, obbliga il promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla, a risarcire
il danno cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella
promessa. Il danno è risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla
condizione delle parti».
3786 d) L'eventuale scioglimento
Il fidanzamento, diversamente dal matrimonio, è un contratto risolutivo. Può essere
sciolto per motivi vari:
- Per decisione consensuale delle parti
Per denunzia della parte che ha accettato la promessa, qualora questa sia uni-
laterale
Per il sorgere di un motivo grave, che impedisca il matrimonio
Per il sopravvenire di una grave malattia, soprattutto mentale
Per il mutamento notevole delle circostanze
Per l'inadempienza di una condizione apposta alla promessa
Perché una delle parti intende abbracciare la vita sacerdotale o religiosa
Perché si teme fondatamente che il matrimonio non avrà esito felice, ecc.

3787 LA PREPARAZIONE DEL MATRIMONIO (cann. 1063-1072)


Schema
l. Norme di carattere pastorale 2. Norme di carattere giuridico
- Il compito dei pastori d'anime e della - Un accertamento necessario
comunità ecclesiale - L'obbligo dei fedeli e del pmTOCO che
- Il particolare compito dell'Ordinario ha eseguito le indagini
del luogo - Matrimoni che richiedono la licenza
- I sacramenti della confermazione, del- dell'Ordinario del luogo
la penitenza e dell'Eucaristia - Contraenti troppo giovani
3. Il Decreto Generale della CEI (5 nov. 1990)

Il presente capitolo, dedicato alla preparazione del matrimonio, si distingue in


due parti: la prima comprende le norme di carattere pastorale (cann. 1063-1065); la
seconda, le norme di carattere giuridico (cann. 1066-1072). Non si tratta, come po-
trebbe sembrare a prima vista, di una dicotomia stabilita dal Codice tra il "pastorale"
e il "giuridico". Le due parti sono distinte, ma non separate. Integrandosi a vicenda,
esse tendono unitariamente a preparare in modo più efficace la celebrazione del
matrimonio cristiano.
In rapporto ai corrispondenti canoni del Codice precedente, la materia risulta am-
piamente ristrutturata, secondo l'insegnamento e lo spirito del Concilio Vaticano Il.
Il matrimonio 271

CAPITOLO I
LA CURA PASTORALE E REQUISITI PREVI
ALLA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO

CAl'!. 1063 - Pastores animarum I pastori di anime hanno l' obbligo di


obligatione tenentur curandi ut curare che la propria comunità ecclesiasti-
propria ecclesiastica communitas ca presti ai fedeli quell'assistenza che
christifidelibus assistentiam prae- valga a conservare lo stato matrimoniale
beat, qua status matrimonialis in nello spirito cristiano e a farlo progredire
spiritu christianoservetur et in per- nella sua perfezione. Tale assistenza va
fectione progrediatur. Haec assi- prestata principalmente:
stentia imprimis praebenda est:
1° praedicatione, catechesi mi- l ° con la predicazione, con una cate-
noribus, iuvenibus et aduItis apta- chesi appropriata ai minori, ai giovani e
ta, immo usu instrumentorum agli adulti, e anche con l'uso degli stru-
communicationis socialis, qui bus menti di comunicazione sociale, affin-
christifideles de significatione ma- ché i fedeli abbiano la debita formazio-
trimonii christiani deque munere ne sul significato del matrimonio cristia-
coniugum ac parentum christiano- no e sui compiti dei coniugi e dei geni-
rum instituantur; tori cristiani;
2° praeparatione personali ad 2° con la preparazione personale al
matrimonium ineundum, qua matrimonio da contrarsi, sì che i fidanzati
sponsi ad novi sui status sanctita- si dispongano alla santità e agli obblighi
tem et officia disponantur; del loro nuovo stato;
3° fructuosa liturgica rnatrimo- 3° con una fruttuosa celebrazione litur-
niicelebratione, qua eluceatconiu- gica del matrimonio stesso, che metta in
ges mysterium unitatis et fecundi luce come i coniugi sono segno del miste-
amoris inter Christum et Eccle- ro di unità e di amor e fecondo tra Cristo
siam significare atque participare; e la Chiesa e ad esso partecipano;
4° auxilio coniugatis praestito, 4° con l'aiuto dato ai coniugi , affinché,
ut ipsi foedus coniugale fideliter osservando e custodendo fedelmente il pat-
servantes atque tuentes, ad san- lo coniugale, riescano a vivere in seno alla
ctiorem in dies plenioremque in fa- famiglia una vita sempre più santa e più
milia vitam ducendam perveniant. piena.

1. Norme di carattere pastorale 3788

I) Il compito dei pastori d'anime e della comunità ecclesiale


1063 (1018 e 1033 *) Il canone, ispirato al n. 52 della Cost. eone. Gaudium et Spes
e ai nn. 66-67 della Esort . Ap. Familiaris consortio di Giovanni Paolo Il, richiama il
dovere dei pastori d'anime e di tutta la comunità ecclesiale, la quale deve collaborare
e prestare il suo aiuto in un'opera di tanta importanza, diretta a conservare lo stato
matrimoniale nello spirito cristiano e di farlo crescere e progredire nella perfezione ,
evitando il doloro so fallimento di tante unioni , che danno causa a situ azioni irregola ri.
La prep arazione al matrimonio è di carattere general e e personale.
La preparazione generale esige soprattutto una ca techesi appropriata offerta a tutti 3789
- ai minori, ai giovani, agli adulti - anche con l'uso degli strumenti di comuni cazione
272 LIBRO IV ~ Il " munus sanctificandi" della Chiesa

sociale, affi nc hé i fedeli siano debitamente istruiti sul significato del matrimonio cristia-
no, inteso come vocazione e missione, sui valori umani e soprannaturali, sui compiti dei
coniugi e dei genitori (n. I).
3790 La preparazione personale è quella immediata , che, con apposi ti corsi ed altre
iniziative, è impegnata ad approfondire la catechesi matrimoniale e, in particolare, a
disporre spiritualmente i fidanzati alla santità e agli obblighi del loro nuovo stato (n. 2).
Segue la celebrazione liturgica del matrimonio, che va preparata ed effettuata con
grande cura, sì da mettere in luce come i coniugi sono il segno vivente del mistero di
unità e di amore fecondo esistente tra Cristo e la Chie sa (Ef, S, 21 ss.) e realmente vi
partecipano (n. 3).
3791 La pastorale matrimon iale continua per altro anche dopo la celebrazione del ma-
trimonio. Gli sposi, infatti, hanno bisogno di una particolare continua assis tenza, affin-
ché osservino e custodiscano fedelmente il patto coniugale e vivano in seno alla propr ia
famiglia una vita cristianamente sempre più santa e più piena (n. 4). Come si dirà nel
canone seguente, l'organizzazione concreta di tale assistenza spetta in particolare all'Or-
dinario del luogo. Nell'ambito parrocchiale, spetta al parroco.
3792 " migliore commento al can. 1063 è la sua fonte immediata , i nn. 66-69 della Esort. Ap.
Familiaris consortio di Giovanni Paolo Il, di cui riportiamo i passi più significativi, ricchi di
saggezza pastorale.
- La preparazione al matrimonio va vista e attuata come un processo graduale e continuo.
Essa, infatti, comporta tre principali tappe: una preparazione remota, una prossima e una immediata.
La preparazione remota ha inizio sin dall'infanzia, in quella saggia pedagogia familiare
intesa a dirigere i fanciulli a scoprire se stessi come esseri forniti di rieche e complesse doti
psicologiche e di una propria personalità, con forze e debolezze proprie. È questo il tempo in cui
va inculcata la stima per ogni autentico valore umano, sia nei rapporti intcrpersonali sia in quelli
sociali. Esso è importante per la formazione del carattere. per il dominio e il retto uso delle proprie
inclinazioni, per il modo di considerare e incontrare le persone dell'altro sesso, e così via. È
richiesta inoltre, specialmente per i cristiani. una solida formazione spirituale e catecherica, che
sappia mostrare nel matrimonio una vera vocazione e missione, senza escludere la possibilità del
dono totale di sé a Dio nella vocazione alla vita sacerdotale o religiosa.
Su questa base s'i mposterà in seguito. con maggiore ampiezza. la preparazione pressi-
ma. la qua le esige una più specifica preparazione alla recezione dei sac rame nti, qu asi a una
loro scop erta. Questa rinnovata catec hesi di quant i si preparano al matrimoni o cris tiano è del
tutto necessaria affin ché il sac ramento sia celebrato con le dovute disposizioni morali e spiri-
tuali , e di esso poi si viva . La formazione religiosa dei giovani dovrà esse re integrata, al
moment o adat to e secondo le varie esigenz e concrete. da una prep arazione alla vita a due che,
prese nta ndo il matrim onio co me un l'apporlo interperso nale dell 'u omoe dell a donna da svilup-
parsi co ntinuamente, stimoli ad approfo ndire i problemi dell a sessualità co niugale e della
paternit à responsabile, con le conosce nze med ico-biologiche esse nziali che vi so no co nnesse,
e porti all'acquisizione dei retti metod i di educazione de i figl i e. nello stesso tempo, degli
element i di base per un' ordinata conduzione de lla famiglia...
La preparazione immediata deve aver luogo negli ultimi mesi e settimane che precedono le
nozze. quasi a dare un nuovo significato, un nuovo contenuto e una nuova forma al cosiddetto
esame prematrimoniale, richiesto dal diritto canonico. Di questa preparazione, sempre necessaria
in ogni caso, hanno maggiormente bisogno quei fidanzati che presentassero carenze e difficoltà
nella dottrina e nella pratica cristiana. Si tratta di un cammino di fede, analogo al catecumenato,
nel quale occorre in particolare approfondire la conoscenza del mistero di Cristo e della Chiesa, il
significato della grazia del matrimonio cristiano, i suoi compiti, e disporsi debitamente a prendere
parte attiva e consapevole ai riti della liturgia nuziale.
Alle diverse fasi della preparazione al matrimonio - che abbiamo descritto solo a grandi
linee indicative - deve sentirsi impegnata non solo la famiglia cristiana, ma tutta la comunità
ecclesiale... Relativamente alla celebrazione. il matrimonio cristiano esige per sé una celebrazione
liturgica, che esprima in forma sociale e comunitaria la natura essenzialmente ecclesiale e sacra-
mentale del patto coniugale fra i battezzati... Il rito stesso della celebrazione dev'essere semplice
Il matrimonio 273

CAN. 1064 - Ordinarii loci est cu- Spetta all'Ordinario del luogo curare
rare ut debite ordinetur eadem as- che tale assistenza sia debitamente orga-
sistentia, auditis etiam, si opportu- nizzata, consultando anche, se sembri op-
num videatur, viris et mulieri bus portuno, uomini e donne di provata espe-
experientia et peritia probatìs, rienza e competenza.

e dignitoso. secondo le norme stabilite dalla competente autorità della Chiesa. alla quale spetta pure
- in conformità con le nonne impartite dalla Sede Apostolica - di assumere eventualmente nella
celebrazione quegli elementi propri di ciascuna cultura, che meglio valgano ad esprimere il profon-
do significato umano e religioso del patto coniugale. purché nulla contengano d'incompatibile con
la fede e la morale cristiana tEnchir. Var., voI. 7, p. 1541 ss.).
Circa la preparazione personale e immediata al matrimonio, è opportuno ricordare 3793
che i pastori d'anime non possono mostrare uno zelo eccessivo . imponendo sotto pena
di esclusione dal matrimon io la partecipazione dei fidanzati ai corsi da essi predisposti.
Sarebbe un abuso di potere e insieme un grave errore pastorale. contrario alle espresse
direttive dalla Chiesa.
Nel 1918, fu presentato alla Commissione per l'interpretazione del Codice il seguente quesito
in rapporto al can. 1020, ~ 2 (Codice 1917) :
- Nel caso che la fidanzata o il fidanzato ignorino la dottrina cristiana, bisognerà negar loro
la celebrazione del matrimonio oppure differirla, finché non acquisiscano una sufficiente istruzione?
Risposta del 2-3 giugno 1918:
- II parroco osservi il can. 1020, ~ 2 ... Cerchi d'impartire con cura ai fidanzati almeno i
primi elementi della dottrina cristiana . Se poi essi si rifiutino non è opportuno escluderli dal
matrimonio, a norma del ClIO . 1066 (X. O CHOA . Leges Ecclesiae, l, n. 94, IV, 3, col. 125).
Il can. 1066 vietava al parroco - <misi gravis urgeat causa, de qua, si fieri possit, consulat
Ordinariurn- - di assistere ai matrimoni di un pubblico peccatore o di una persona colpita da
censura, che si rifiutasse di accostarsi alla confessione sacramentale o di riconciliarsi con la Chiesa.

Recentemente, nella Familiaris consortio Giovanni Paolo /I ha così disposto :


- Benché il carattere di necessità e di obbligatorietà della preparazione immediata
al matrimonio non sia da sottovalutare - ciò che succederebbe qualora si dispensasse
facilmente da essa - tuttavia , tale preparazione dev'essere sempre proposta e attuata in
modo che la sua eventuale omissione non sia d'impedimento per la celebrazione delle
nozze» (n. 66, IO: Enchir. Vat" vol. 7, n, 1730).
Circa l'ammissione o non ammissione al matrimonio dei cattolici non credenti.
diremo in seguito (n. 4 I57).

2) Il particolare compito dell 'Ordinario del luogo 3794


1064 Il Vescovo è il pastore della Chiesa particolare affidata alle sue cure e. come
tale. il primo responsabile di tutta l'azione pastorale che in essa viene programmata e
attuata (Decr, eone. Christus Dominus, n. 17, l), È pertanto suo compito diretto curare
che la pastorale matrimoniale sia debitamente organizzata nella sua diocesi in tutte le
sue fasi: preparazione generale , preparazione personale (prossima e immediata) , celebra-
zione liturgica. assistenza post-matrimoniale, servendosi dei Consigli. delle istituzioni e
dei movimenti esistenti in diocesi. e consultando anche, se risulti opportuno, uomini e
donne di provata esperienza e competen za.
All'opera direttiva e coordinatrice del Vescovo diocesano. sono associati il Vicario
generale e i Vicari episcopali. poiché il canone parla di "Ordinari del luogo" in genere.
274 LIBRO IV - Il " munus sanctiùc andi" della Chiesa

CAt"l. 1065 - § 1. Catholici qui sa- § I. I cattolic i c he non abbiano a ncora


cramentum confinnationis nondum ricevuto il sacra mento dell a confermazio-
receperint,ilIud, antequamadrnatri- ne, lo ricevano prima di ven ire ammessi
monium adrnittantur, recipiant, siid al ma trimoni o , se ciò possa fars i se nza
fieri possit sine gravi incommodo. grave incomodo.
§ 2. Ut fructuose sacramentum § 2 . Perch é il sacramen to del m atr im o-
matrimonii reciplatur, enixe spon- nio sia ric evu to fruttuosamente, si racco-
sis commendatur, ut ad sacramen- manda vivamente ag li sposi d'accos tarsi
ta paenitentiae et sanctissimae Eu- ai sa cramenti della penitenza e dell a sa n-
charistiae accedant. tiss ima Eucari sti a .

3795 3) Il compi to della Confe renza Episcopale


Nella pri mitiva redazione del can . 1065, si accennava all a Confere nza Epi scopa-
le, affermando che era loro com pito provveder e all'organizzazio ne de lla pastorale
matrimoniale (Communicationes. a. 1977, p. 138, can. 250 ). " rich iamo dell a Con-
ferenza Epi sco pale fu poi soppresso successivame nte, ma non c'è du bbio che an-
ch'esse, come i singoli Vescovi e O rdinari diocesa ni, debbano im peg nar si nell a detta
pasto ra le, ovviamente a livell o nazi onale, soprattutto nel campo di rett ivo.
3796 A tal rigu ardo , il Sinodo dei Ves covi del 1980 dava le seg uenti indic azioni :
- Le Conferenze Episco pali e le Diocesi nei Dirett ori di pastorale fami lia-
re pubblich ino norme relat ive ai co ntenuti di base, alla durata e ai met od i da
utilizzare per i cors ì di preparazione al matrimonio. [n essi si dovran no trovare
gli as petti dottri na li de l sac ra mento, gli aspetti pedagogici, giuridic i e medici.
La prep arazi one dei nubendi non può ess ere soltanto intellett uale, ma de v' essere
anche un' esperienza vitale , così che i nubendi sia no in seriti , attra verso una
specie di ca tec ume nato, nell a co munità ecc lesia le viva , ad ese m pio nell e parroc-
ch ie. Tuttavia questa prep arazion e sia fatta in modo tale che non cos tituisca un
nuovo ostacolo per i nuben di (Proposizio ne 16: Enchir. Vat., voI. 7, p. 725 , n.
784) .
- Il Direttorio pastorale per la famiglia , redatto da ci ascuna Conferen za Epi-
scop ale, pre se nti la dottrina e la dis ciplina dell a Chi esa in man iera adatta e a seco nda
dell e diverse ci rcos tanze . Esso deve com pre ndere :
a) L' insegnam ento relativo al sac ramento del matrimonio e alla fam iglia cristiana;
b) Principi per la preparazione del matrimon io;
c) Istru zioni per la ce lebrazi one de lle nozze;
d) Prin cipi per la cura e l'azione pastorale cosiddetta di acc ompag name nto ;
e) Eleme nti di spiritualità della famiglia;
l) Princip i per l' educazione dei figli alla fede .
T utt o ciò d o v rà ten er co nto d el com pito de l la famig l ia ne ll'o pera
dell'evangelizzazio ne (Pro p. 43: Enchir. Vat., voI. 7, pp. 739 -74 1, nn. 805 -806) .
3797 Il Direttorio è richiamato anche da Giovanni Pao lo Il:
- È auspicabile che le Con ferenze E pisco pali curino che sia em anato un Diretto rio per la
pastorale della famiglia. In esso si dov ranno stabilire, anzitutto, gli element i minim i di con ten uto,
di durata e di metodo dei "Corsi di preparazione", equilibrando fra loro i dive rsi aspetti che
interessano il matri mon io, e str utturando li in modo che quanti si preparano al matrimon io, al di là
di un approfondime nto intellettuale , si se ntano spinti a inserirsi vitalrnente nella comunità ecclesiale
(Familiaris consortio, n. 66, 9: Enchir. Val.. vol. 7. n. 1729).
Il matrimonio 275

CAN. 1066- Antequam matrimo- Prima di procedere alla celebraz ione del
nium celebretur, constare debet matrimonio, deve con stare che nulla si
nihil eius validae ac licitae cele- oppone alla sua validità e liceità.
brationi obsìstere,

4) I sacramenti della confe rmazione, della penitenza e dell 'Eucaristia 3798


1065 (1021, § 2, e 1033 *) C' è differen za tra il prim o e il secondo paragrafo del
canone. Nel primo, l' obb ligo giuridico di ricevere la confer mazione, prima di accedere
al matrimonio. è in form a attenu ata: «se gli sposi possono farl o se nza grave incomodo».
Nel secondo, l' obbligo giuridico di ricevere i sacra menti dell a penitenza c dell 'Eucari-
stia non sussiste affatto, poiché la norm a contiene solo un'esortazione, anche se pres-
sante: "enixe co rnrne nda tur" .
La previ a recezio ne dell a confermazion e è un 'esigenza fondata sui grav i obblighi
dei co niugi crist ian i, sia come sposi che come genitori :
- È vocaz ione propri a dei coniu gi essere l'uno all'altro e ai loro figli i testim oni
della fede e dell' am ore di Cr isto iLumen Gentium , n. 35, 3).
- I ge nitori de vono esse re per i loro figli, co n la parol a e co n l'esempi o, i primi
annunziatori dell a fede tLum en Gentium, n. I l, 2) .
- I co niugi cristi ani so no cooperatori della grazi a e testimoni dell a fede recipro-
camente e nei con front i dei figli c degli altri familiari. Per i propri figli, sono essi i primi
araldi dell a fede e i primi educ atori. Li formano alla vita cristiana e apostolica... Li
aiutano con prudenza nell a scelta dell a loro voca zione e favoriscono co n ogni dili ge nza
la vocazion e sacra scoperta eventualme nte in essi (Apostolicam actuositatem, n. I l , 2;
cfr. anche can . 774, § 2).
Sono impeg ni e respon sab ilit à che richiedon o una grande forza d'animo, co nfe rita
soprannaturalmente attraverso la confermazione , il sac ramento della maturità e della
fortezza cristiana.
Relat ivamen te alla recezione dei sacramenti della penitenza e dell'Eucaristia, il § 2 3799
si limita, co me s'è accennato , a una esort azione pastorale, che ha lo scopo di so lleci tare
gli sposi ad accos tarsi al sacrame nto dci matri monio - immagi ne e partecipazione
dell'unione di Cristo con la Chiesa - nelle debit e cond izioni, in modo che la celebra-
zione sia non soltanto "valida", ma anche "fruttu osa", ossia operatrice di grazia.
n matrimonio di regola viene celebrato durante la Messa. Gli sposi possono ricevere la
Comunione sotto le due specie, che «relativamente al segno del convito eucaristico. ha forma più
piena quando viene (così) amminist rata» (Istr. Eucharisticum mysterium della Congregazione dei
Riti, 25 marzo 1967, n. 32. I: Enchir. V:Il.• voI. 2. p. 1123. n. 1332).
Il sacramento della penitenza è per altro necessario per chi avesse commesso un peccato grave.
/I matrimonio. infatti, è un sacramento "dei vivi" e, come tale, richiede lo stato di grazia. che, per sé.
si riacquista mediante la confessione sacramentale. Chi si accostasse coscientemente in stato di
peccato grave. commetterebbe un sacrilegio. Trattandosi di un pubblico peccatore (un concubinario,
per esempio), la confessione sacramentale sarebbe necessaria anche per riparare lo scandalo.

2. Norme di carattere giuridico 3800

I ) Un accertamento necessario 3801


1066-1068 (1019 ss. *) Il matrimon io è un co ntratto e un sacramento di gra nde im-
portanza religio sa, civile e sociale, per cui, prima della sua celebrazione, è neces sario
accertare con ogni cura e diligenza che nulla si oppone alla sua liceità e soprattutto alla
sua validità. Una celebrazione invalida avrebbe conseguenze gravissime, forse irreparabili.
276 LIBRO IV · Il " munus sancti flcand i" della Chiesa

CAN. 1067 - Epìseoporum confe- La Conferenza Episcopale stabilisca le


rentia statuat nonnas de examine norme circa l'esame de gli spo si, come
sponsorum, neenon de publicatio- pure circa le pubblicazioni matrimoniali o
nibus matrimonialibus aliisve op- altri mezzi opportuni per condurre le in-
portunis mediis ad investigationes dagini necessarie da premettere al matri-
peragendas, quae ante matrimo- monio, sì che, dopo il loro esatto adempi-
nium necessaria sunt, quibus dìli- mento, il parroco pos sa procedere all ' assi-
genterobservatis, parochus proce- stenza del matrimonio.
dere possit ad matrimonio assi-
stendum,
CAN. 1068 - In periculo mortis, si In pericolo di morte, qualora non sia
aliae probationes haberi nequeant, possibile avere altre prove né sussistano
suffieit, nisi contraria adsint indi- indizi contrari, è sufficiente la dichiara-
eia, affinnatio eontrahentium, si zione dei contraenti, anche giurata se il
casus ferat etiam iurata, se bapti- caso lo richieda, che essi sono stati battez -
zatos esse et nullo detineri impedi- zati e sono liberi da ogni impedimento.
mento.

Il principio di carattere generale, formulato nel can. 1066, ha la sua determin azione
concreta nel canone seguente, che prescrive delle accurate indagini circa lo stato libero
dei contraenti. La normativa è lasciata alla competenza delle singole Conferenze Episco-
pali, le quali potranno adattarla opportunamente alle particolari esigenze dei propri
territori . Rimane per altro obbligatorio l'esame degli sposi, ma il contenuto e le modalità
sono precisati dalle singole Conferenze. Il contenuto essenziale è per altro già fissato dal
Codice: concerne l'assenza d'impedimenti (can. 1083 55.) , il libero e valido consenso dei
contraenti (can. 1095 5S.) , una sufficiente conoscenza della dottrina cristiana in genere
e della dottrina matrimoniale in particolare: significato e fini del matrimonio, proprietà
essenziali, doveri reciproci degli sposi, doveri verso i figli, valore e dignità del matri-
monio-sacramento, ecc. (can. 1063).
Cfr. anche can. 1020, § 2, Codice 1917.
3802 L 'Istruzione emanata dalla Congregazione dei Sacramenti in data 4 luglio Inl amm onisce
espressame nte che «non è lecito ai parroci assistere a un matrimonio, neppure col pretesto o
l' intenz ione di distogliere i fedeli da un turpe concubinato, o per evitare lo sca ndalo del cosiddetto
matrimonio civile, prima che si siano legittimamente accertati dello stato libero de i contraenti e
abbiano osservato tutte le prescrizioni disposte dal diritto» n. I : X. OCHOA , Leges Ecclesiae , I, n.
365. col. 399 ). La successiva Istruzione del 29 giugno 1941 della medesima Congregazione affer-
ma che l'obbligo del parroco di accert arsi debitamente dello stato libero dei contrae nti è grave:
«M unus inqu ircndi parocho sub gra vi incumbere patet ex gravitate rei : nequ e a tali onere ipse
e ximitur, Iicet moraliter certus sit nihil obstare validae ac licitae matrim oni i ce lebrationi» (n. 4:
Leges Ecclesiae, I, n. 1626. col. 206 5).
3803 Le pubblicazioni non sono più obbligatorie per diritto comune (Communicationes,
a. 1977, p. 140, can. 251), poiché le indagini necessarie possono effettuarsi anche con
altri mezzi. La loro conservazione. nella forma orale o scritta (per affissione) , dipende
dalla deliberazione delle Conferenze Episcopale. Per le norme richiamate dalla Confe-
renza Episcopale Italiana, v, n. 3830.
Il parroco, da parte sua, può procedere all'assistenza del matrimonio solo dopo
l'e satto adempimento di tutte le formalità prescritte.
3804 Il compito delle indagini prematrimoniali spella per sé al parroco a c ui compete l'assistenza
canonica alle nozze, ossia. a nonna del can. 1115:
H matrim onio 277

CAN. 1069 - Omnes fideles obli- Tutti i fedeli hanno l'obbligo di rivela-
gatione tenentur impedimenta, si re al parroco o all 'Ordinario del luogo,
quae norint, parocho aut loci Or- prima dell a celebrazione del matrimonio,
dinario, ante matrimonii celebra- gli impedimenti di cui fossero a cono-
tionem, revelandi. sce nza.
CAN. 1070 - Si alius quam paro- Se le indagini sono state eseguite da un
chus, cuius est assistere matrimo- parro co diverso da quello a cui compete
nio, investigationes peregerit, de assistere al matrimonio, il detto parroco
harum exitu quam primum per au- informi al più presto l'altro del loro esito
tbenticum documentum eundem con un documento autentico.
parochum certiorem reddat.

- AI parroco della parrocchia in cui una delle parti ha il domicilio o il quasi-domicilio o vi


dimora di fatto da un mese
- Trattandosi di girovaghi, al parroco della parrocchia in cui essi si trovano in atto
La scelta del parroco è lasciata agli sposi, se ambedue sono cattolici. Nelle nozze miste, la
competenza è del parroco della parte cattolica (can. 1121, § 3).
È anche da tener presente il can, 1070 in cui è prevista la possibilità che le indagini
prematrimoniali vengano eseguite da un parroco diverso da quello a cui compete assistere al
matrimonio.
/11 pericolo di morte (qualunque ne sia la causa), se non sia possibile avere altre 3805
prove né sussistano indizi contrari positivi, è sufficiente la dichiarazione de i contraenti
- giurata, se il caso lo richieda (e forse è sempre opportuna, a maggiore garanz ia) -
che essi sono stati battezzati e sono liberi da ogni impedimento. Nello Schema, la norm a
era estesa anche ai "casi urgenti " , ma i Consultori furono unanimi nell'escluderl a, a fine
di evitare possibili abu si (Communicationes, a. 1977, p. 142, can. 254).
È consigliabile che il detto giuramento sia prestato dinanzi al parroco e a due testi-
moni, in modo che la dichiarazione degli sposi abbia maggior valore nel foro esterno.

2) L 'obbligo dei f edeli e del parroco che ha eseguito le indagini 3806


1069-1070 (1027 e 1029*) Tutti i fedeli - senza dist inzione di età, sesso, co ndi-
zione, parroc chia o dioces i - hanno l'obbligo di rivelare al parroco o all'Ordinario del
luogo, prim a della celebrazione del matrimonio, gl'impedimenti di cui fossero a cono-
scenza' , L'obbligo, che comprende gli stessi sposi, personalmente intere ssati, è grave,
poiché si tratta di evitare la nullit à di un matrimonio e le molteplici conseguenze che
potrebbero derivarne. Secondo la sentenza piu comune, il segreto non scusa per sé da
esso, tranne che sia sacramentale o professionale. Si è scusati anche se la rivelazion e
dell'impedimento dovesse comportare un grave danno, spirituale o mater iale, per sé o
per la propri a famiglia o per gli stessi sposi.
A termine del canone, l'obbligo giuridico di denun ziare l'eventuale impedimento,
ha valore prima dell a celebrazione del sacramento. Dopo la celebrazione , può esserci
solo un obbligo morale, che va considerato attentamente, vagliando tutte le circostanze.
Il ca n. 1070 considera il caso dell ' accertamento prematrimoni ale effettuat o da un 3807
parroco diver so da quello a cui compete di assistere al matrimonio (can. 1115). Il detto

I Il parroco è per sé quello che ha eseguito le indagini prematrimoniali, in ordine alla celebra-

zione del matrimonio, in conformità col can. 1115 (Communicationes. a. 1983, p. 226. can. 1023).
278 LIBR() IV • Il "m unus sancti ficnndi" della Chiesa

CAN . 1071 - § 1. Excepto casu ne- § l. Eccettuato il caso di necessità, nes-


cessitatis, sine Iicentia Ordinarii suno assista senza la licenza dell'Ordina-
loci ne quis assistat: rio del luogo:
1° matrimonio vago rum; 1° al matrimonio dei girovaghi ;
2°matrimonioquodad normam 2° al matrimonio che non possa essere
legis civilis agnosci vel celebrari riconosciuto o celebrato a norma della
nequeat; legge civile;
3° matrimonio eius qui obliga- 3° al matrimonio di chi sia legato da
tionibus teneatur naturalibus erga obblighi naturali, sorti da unione prece-
aliam partem filiosve ex praece- dente, verso l'altra parte o i figli ;
denti unione ortis; 4° al matrimonio di chi abbia abbando-
4° matrimonio eius qui notorie nato notoriamente la fede cattolica;
catholicam fidem abiecerit; 5° al matrimonio di chi sia incorso in
5° matrimonio eius qui censura una censura;
innodatus sit; 6° al matrimonio di un figlio di famiglia
6° matrimonio filii familias mi- minorenne, se dovesse av venire all'insa-
noris, insciis aut rationabiliter in- puta dei suoi genitori o contro la loro ra-
vitis parentibus; gionevole volontà;
7°matrimonio per procuratorem 7° al matrimonio da contrarre per pro-
ineundo, de quo in can. 1105. cura, di cui al can. L105.
§ 2. Ordinarius loci licentiam as- § 2. L'Ordinario del luogo non conceda
sistendi matrimonio eius qui noto- la licenza di assistere al matrimonio di chi
rie catholicam fidem abiecerit ne abbia abbandonato notoriamente la fede
concedat, nisi servatis normis de cattolica, se non dopo che siano state os-
quibus in can, 1125, congrua con- servate, con gli opportuni adattamenti, le
gruis rcfcrendo. norme di cui al can. 1125.

parroco ha l' obbligo d'informare tempestivamente l'altro parroco del risultato delle sue
indagini, mediante un documento autentico, debitamente firmato e munito del sigillo
parrocchiale. Trattandosi di un parroco di diversa diocesi, il documento va spedito
tramite la Curia diocesana, con l'a ggiunta del "nulla osta" dell'Ordinario (Istr. della
Congregazione dei Sacramenti, 29 giugno 1941 , n. 4, a 2-3: X. OCHOA, Leges Ecclesiae,
I, n. 1626, col. 2065 ).

3808 3) Matrimoni che richiedono la licenza dell'Ordinario del luogo


1071, § 1 (1032, ecc. *) Sono matrimoni che riflettono particolari situazioni, in cui
è necessario l'inte rvento dell'Ordinario del luogo e la sua espressa autorizzazione, tran-
ne il caso di necessità. Nel Codice precedente, tali casi erano sparsi in vari canoni ( 1032,
1034, 1065, 1066, 1091 ). Nel Codice attuale, sono raggruppati opportunamente in un
solo canone, che ne riporta due nuovi, indicati nei nn. 2° e 3° del primo paragrafo.
L'enumerazione ha solo carattere indicativo, non tassativo. È pertanto dovere prudenzia-
le del parroco, anche se non stretto obbligo giuridico, consultare l'Ordinario diocesano
ogni volta che il matrimonio da contrarsi presenti delle difficoltà o dei pericoli.
3809 Excepto casu necessitatis, restano per sé vietati senza la licenza dell'Ordinario del
luogo (can. 134, § 2):
J ° Il matrimonio dei girovaghi, che, non avendo una dimora stabile, né per domi-
cilio né per quasi-domicilio (can. 100), rendono più difficoltoso l'a ccertamento del loro
stato libero. La norma è obbligatoria anche se uno solo dei contraenti sia girovago.
Il matrimonio 279

Naturalmente, girovago è d a intendere non solo c hi lo è in atto ; ma an c he chi lo sia stato


precedentemente. nono st ante c he a l momento di contrarre il matrimonio non lo sia più ,
avendo g ià acqui sit o un domicilio o quasi-domicilio. AI contra rio, non si d e ve con sid e-
rare g irovago ch i lo è so lo a l momento di celeb ra re il m atrimonio, m entre non lo è s ta to
precedentemente.
A termin i della Istruzion e dell a S .C. de i Sacramenti in data 4 luglio 1921, n. 4, al matri -
moni o dei gi rovaghi è ass imilato il matrimonio degli em igrati (co mpresi i profughi . gli es uli,
i turisti, ecc .), speci alme nte in regioni lontane, fuor i dell' Europa (X . OCIIDA. Leges Ecclesiae ,
I, n. 365, col. 400).

Decreto della CEI, 5 DOV. 1990 3810


Art. 46: " Per ass istere al matrimonio dei girovag hi è richiesta la licenza dell 'Ordinario del
luogo (cfr. can . 107 1. § l. n. I).
La domanda di licenza dev'essere inolt rata al propri o Ordinario dal parroco del luogo della
celebrazio ne (cfr. can, 1115). AI fine di superare le difficoltà derivanti dai continui spos ta mcnti dei
girovaghi, in particolare dei fieranti, dei circen si e dei nomadi , il parroco che dà iniz io all'istruttoria
matrimoniale deve avere a disposizione il tempo sufficiente per giungere al termine della sua
indagine. In q uesto caso aiuterà i nubendi nella preparazione al matrim onio e nello svolgimento
degli atti prelim inari: racco lta di documenti , esame dei nuben di, richiesta di pubbli cazione civile
al com une di residenza (cfr. n. 15 del presente Decreto). Il parroco chieda, la co llaborazio ne di
sacerdoti incaricati della pastorale per i girovaghi e di altri parroci interessati.
AI termin e dell ' istruttoria, e ottenuta la licen za dell 'Ordinario del luogo, il parroco o un suo
delegato assis te al matrimoni o, oppure dà licenza ad altro parroco, seg uendo la procedu ra indica ta
al n. 23 del presente Decreto.
Il parroco che dà inizio alla istru ttoria matrimoniale, qualora non abbia a sua disposizione il
tempo sufficie nte per giungere al termine dell' indagi ne, trasmett e i documenti da lui raccolti,
corredati da una relazione scritta, al parroc o del luogo della celebrazione, il quale com pleter à
l' istruttoria e richiederà al proprio Ordinario la licenza per assistere al matrimonio.
Il ricorso all' Ordinario del luogo in cui i girovagh i celebrano il matrimonio può essere neces-
sario anche in ragio ne del fatto che non raramente i nubendi chiedano di procedere senza il nulla
osta rilasciato dall 'ufficiale dello stato civile» tEnchir. CEI, voI. 4, n. 2664).

2° Il m atrimon io c he non pu ò es se re ric on osciuto o celebrato a norm a dell a legge 3811


civile. Lo scopo è d i e vitar e un confli tto fra i d ue ordinamenti, co n gra ve p re g iudizi o
dell e s tesse parti".

, A tal rigua rdo è da tener present e l' art. 8 dei nuovi Accordi interve nuti tra la Sant a Sede
c la Repubblica Italiana ( 18 febbraio 1984).
Ovvia mente, è necessaria l'autorizzazione dell ' Ordinario del luogo anche per la celebraz ione
dci matrimon i religiosi di cui, per particolari motivi, non s'i ntende chiedere la trascri zione ag li
effetti civili, com e risulta espressamente dall ' art. 28 della Istruz ione della S. Congrega zione dei
Sacramenti, IOluglio 1929. Il 4 0 comma di tale articolo avverte anzi gli Ordinari di procedere con
molta circospezione nel perme ttere tali matrimoni, potendosi verificare degl'inconvenienti non lievi
(X. OeIlDA, Leges Ecclesiae, I, n. 9 14, col. 1098).
È anche da tener presente l'art. 39 del documento pastorale Evangelizruzione e sacra mento
del matrimonio dell'Episcopato Italiano, in data 20 giugno 1975 :
- Per i cristiani non vi sono diverse possibilit à di contrarre valido matrimon io, ma una sola:
la celebra zione, cioè. del matrimon io secondo la forma stabilita dalla Chiesa . Per i battezzati ,
infatti, non vi può essere valido matrim onio che non sia nello stesso te mpo sacramento, e come tale
sottoposto alla legitt ima com petenza della Chiesa. Il matr imonio così contratto deve avere anche
in campo civi le, a lutti gli effetti, la rilevanza che spe tta ad un valido mat rimon io. In Italia, ciò è
garantito al presente dal conco rdato in vigore, e conisponde non solo a un diritt o dei con iugi, ma
anche al dovere che i coniugi stessi hanno di assicurare, nei limiti delle possibilità, il riconoscimen-
to civile alla loro unione matrimoniale, sia nell'in teresse legittim o dei figli , sia per riguardo alle
280 LIBRO IV . Il "mu nus su.m.'.fificandi" della Chiesa

3812 Il caso più frequente è quello di una persona sposata nella forma civile, la quale desidera
contrarre il matrim onio religioso con un' altra persona. La Conferenza Episcopale ha liana ha dato,
a tal riguard o, la seg uente diretti va, ispira ta al n. 20 dell a Istruzione della Congregazione dei
Sacramenti del 25 marzo 1955 (X. OcIlOA , Leges Ecclesiae, Il, n. 2493, col. 3380 :
- Più delicato è il caso in c ui una perso na cattolica sposata solo civil mente, separata dal
"coniuge" e in attesa di ottenere il divorzio , chiede di celebrare il matrimonio solo religioso con
una terza persona canonicamente libera. Anche se il richiedente risulta "libero" di fronte alla Chiesa
(perché la celebrazione civile non l'h a vincolato ad un valido matrimonio, per la mancan za della
"forma canonica") e quindi conserva integro il suo fondamentale diritto al matrimonio valido, non
si può disattendere il fatto ch'egli ave va pur espresso, celebrando il matrim onio civile, una precisa
volontà matrimoniale verso una diversa persona, con la quale poi, forse, è vissuto per anni e magari
anche con la presenza di figli. L' azione pastorale della Chiesa deve proce dere co n grande equili-
brio, sia per ragioni di equità verso tutte le persone implicate nella situazione, sia perché la crisi
di quella situazione "coniugale" induce a doverosa prudenza circa le atti.tudini matrimoni ali del
richiedente, sia e ancor più perché la Chiesa - che ha sempre difeso la stabilità dell'i stituto
matrimoniale - non può rischiare di favorire, di là dalla sua inten zione. il " moltiplicarsi" delle
esperienze co niugali, con il pericolo d' ingenerare la prassi di una sorta di "matrimonio di prova",
Per questi motivi non si dovrà normalme nte co ncedere la celebrazione del matrimonio sem plice-
mente religioso con una terza persona, finché la vicenda del precedente matrimon io civ ile non si
sia conclusa con una regolare sentenza di divorzio , che abbia compo sto le eventuali penden ze tra
tutte le parti interessate'.

3813 3° Il matrimonio di chi sia legato da obblighi naturali, sorti da una unione prece-
dente, verso l'altra parte o i figli nati dalla detta unione.
Le ipotesi possono essere diverse:
Matrimonio valido, cessato per la morte di uno dei coniugi
Matrimonio dichiarato nullo dalla competente autorità
Matrimonio sciolto per dispensa del Romano Pontefi ce
Matrimon io civile sciolto per divorzio
Semplice unione di fatto, ecc. (Communicationes, a. 1977, pp. 144-145, lettoc).
Da queste unioni legittime o illegittime precedenti possono sorgere obblighi natu-
rali, che vanno opportunamente tutelati nell' eventualità di passaggio a nuove nozze.
L'Ordinario del luogo ne ha il dovere e il diritto , e, qualora la parte interessata non
intenda adempiere i suoi obblighi, egli può anche vietarle il matrimonio religioso, ai
sensi del can. 1077, § l.

esigen ze del bene comune della società, di cui la famiglia è la cellula primordiale. Ment re pertanto
rimango no in vigore le disposizioni del concordato in materia matrimonia le... i Vescovi richiamino
l' attenzione dei fedeli sul principio che i cattolici in Italia - sal ve le eccezioni che l' Ordinario
diocesano stimasse opportun o di conced ere per giuste ragioni di ordine pastorale - debbano
celebrare il matrim onio soltanto nella forma canonica, avvale ndosi del riconoscimento agli effetti
civili ass icurati dal concordato (Enchir. CEI, voI. 2, pp. 759-760, nn. 2 196-2 (97) .
.\ CEl , La pastoral e dei divorzia ti. ecc.. 26 aprile 1979, n. 40: Enchir. CEI , vol. 2, p. 1264 nn.
3446-3447 . - Relativamente ai cattolici sposati civilmente , i quali chiedono di regolarizzare re-
ligiosamente la loro unione , la norma dettata dalla CEI nel medesimo documento è la seguente:
- Di fronte alla richiesta di cattolici sposati solo civilmente di "rego larizzare" la loro posi-
zione, è necessaria una particolare prudenza pastorale. Questa, mentre si rifiute rà di procedere in
forma sbrigativa e quasi burocrati ca come se si trattasse di una mera "sistem azione" di una situa-
zione anormale, dovrà farsi attenta ad individuare i motivi della richiest a del matrimonio religioso
alla luce della scelta precedentemente fatta in contrasto con la legge della Chiesa. Per la celebra-
zione del matrimonio religioso, si dovrà accertare che i nubendi siano sincera mente pentiti e
disposti a rimette rsi in cordiale comunione con la Chiesa, ed esige re una particolare preparazione
anc he dal punto di vista della catechesi cristiana del matrimonio (n. 39: Enchir. CEI, voI. 2, pp.
1263- 1264, n. 3445).
Il matrim onio 281

Una disposizione molt o giusta della Conferen za Episcopale Colombiana, 1975, n. 195:
- Quando uno dei contraenti ha avut o dei figli da una libera unione precedente, il parroc o,
prima di procedere alla ce lebrazione dci matrim onio can onico con una terza persona , de ve cercare
con molta prudenza che veng a sanata la della unione con un legame legittimo. Sarebbe contrari o
alla giustizia ammettere indiscriminatamenle al matrimonio religioso persone che hanno contratto
obblighi da una unione , la quale, pur senz a vincolo giuridico, ha dato vita a una famiglia .

4 ° Il matrim onio di chi abbia abbandonato notoriamente la fede cattolica. Per il 3814
significato di " abbando no notorio " , v. n. 1142.
Occorre rilevare inoltre:
a) L'abbandono notorio della fede non coincide con la defezione form ale dalla
Chiesa cattolica. Chi , infatti, si distacchi form almente da1la Chies a cattolica, non è più
soggetto a1la form a canonica del matrimonio (can. 1117), tranne che sposi una person a
battezzata rimasta fedele alla Chiesa (can. 1059), mentre, come appare chiaramente dal
can. 1071, § I, n. 4, chi abbandoni notoriamente la fede cattolic a, riman e soggetto alla
legge del matrimonio canonico .
b) L'abbandono notorio della fede cattolica non deve unirsi all'ascrizione a una
comun ità ecclesiale non cattolica, poiché in tal ca so si avrebbe il matrimonio misto,
regolato da i cann . 1124-1129.
c) L' abbandono notorio della fede cattolica, di cui si parla nel can . 1071 , § l ,
n. 4, probabilmente non deve intendersi in senso stretto, ma nel senso di un abban-
dono notori o dell a prat ica religiosa o anche de1la situazione dei cosiddetti "non ere-
denti" , a cui accenna Gi o vanni Paolo II nell a Esort . Ap . Familiaris consortio, n. 68.
ossia di qu ei cattolici che, sen za un formale atto di apostasia né una notori a ade sione
a una relig ione non cattolica, vivon o tutt av ia in un atteggiamento di agnostici smo o
di ateismo pratico". Tr atteremo in particol are del matrimonio dei " battezzati non
credenti" nel n. 4157.
Del matrimonio dei comunisti s'interessò a suo tempo la Congrega zione del S. Uffi cio 3815
(Dichiara zione dell ' Il agosto 1949), stabilendo ch'esso pote va ce lebra rsi a norma dei eann. 1065-
1066 (Codice 1917), tranne che si trattasse di comun isti atei (cfr. X. OeIlOA, Leges Ecclesiae, [I,
n. 2055, coli . 2603 -2604 ; n. 2073, coli. 2623-2624). Le deliberazioni del S. Ufficio prob abilmente
non sono più in vigore, ma da esse possiamo trarre la norm a giuridi co-pastorale in rapport o al can.
1071, § I, n, 4 del l' attual e Codice. In genere . l'adesione a un parti tu comunista. anche mediante
formale iscri zione , non comporta l' abband ono della fede catto lica, e il parroco può procedere alla

4 La posizion e di tali persone fu discussa a lungo in seno al Grupp o di Studi o "De matrim o-
nio" ; cfr. Communica tiones, a. 197 3, p. 71, 3° e 4° cpv.; a. 1977. p. 145,lctt. f Venne ro fatti a tal
riguardo i se guenti rilie vi:
- - La norma stabilita nel can. 1065 del Codice 1917, non contiene un impedime nto in senso
proprio, anche se un tal mat rimonio , contratto da una persona che abbia abbandonato notoriamente
la fedc cattoli ca, talvolta può dar luogo a inconvenienti maggiori che non lo stesso matrimoni o
misto.
- La questione dive nta pastoralmente molto più difficile, se tutt 'e due le parti contrae nti
abbiano abbandonato notori ament e la fede cattolica, e tuttavia , per ragioni non religiose, quali , ad
esemp io, le tradiz ioni di famig lia o i costumi dell a regione. desideran o contrarre in chiesa il loro
matrimonio. Da una patte, non sembra conveniente concedere il matrim onio religioso, di cui gli
stessi contraenti non riconos cono il valore c il significato: dall' altra , coloro che abband onino la
fede, non pe r que sto perdono il diritto di contrarre un matrim onio valido, diritt o che può essere
esercitato so lo medi ante il matrim onio nella forma canonica, a c ui essi restano obbligati.
- Per que st i moti vi, si ritiene opp ortuno di non dover negare il matrim onio religioso alle
dette persone , e quest o ancor meno se l'altra parte sia una praticante cattolica. Si dispon e per altro
che il parroc o non vi assista "nisi Ordinarius loci ., licentiarn dederit" (Commun icotiones, a. 1973,
p. 71. 3° e 4° cpv.).
282 LIBROIV - Il "munus sanctificundi' della Chiesa

celebrazione del loro matrimonio, senza la licenza dell'Ordinario del luogo. Trattandosi invece di
comunisti, iscritti e non iscritti, che seguono l'ideologia comunista atea e materialistica, sussiste un
vero abbandono della fede cattolica e forse anche una defezione formale, e il parroco ha l'obbligo
di deferire il caso al proprio Ordinario, attenendosi alle sue decisioni.
Ovviamente bisogna tener conto delle profonde trasformazioni politiche, sociali, economiche
e anche religiose, iniziate da alcuni anni nella Russia Sovietica, soprattutto ad opera di Michail
Gorbaciove dalla sua perestroika (rinnovamento), che ha reso possibile il crollo dei regimi comu-
nisti nell'Est europeo. In Cina la situazione è rimasta immutata.
3816 50 Il matrimonio di chi sia incorso notoriamente tCommunicationes, a. 1977, p.
144, n. 4, letto d) in una censura: scomunica o interdetto personale, che, com'è disposto
nei cann. 1331, § l, n. 2, e 1332, vietano "ad liceitatem" la recezione di qualsiasi
sacramento.
Tale divieto di massima è giustificato, poiché la scomunica importa la rottura della
comunione ecclesiale (can. 2257, § l, Codice 1917), e l'interdetto, pur non escludendo
la detta "comunione", ne pregiudica gravemente l'efficacia. In effetti, tra la situazione
dello scomunicato e dell'interdetto e l'ammissione ai sacramenti c'è un aperto contrasto,
che perdura finché non sia cessata la "contumacia", ossia finché la persona incorsa nella
censura non si sia riconciliata con la Chiesa (cfr. can. 1347). Trattandosi però di matri-
monio, il divieto non può essere assoluto, in quanto bisogna anche tener conto di un
diritto fondamentale della persona, il "ius connubii". Conseguentemente si può anche
procedere alla celebrazione del matrimonio di uno scomunicato o di un interdetto, ma
ciò richiede la licenza dell'Ordinario del luogo, che, insieme col parroco, farà di tutto
per indurre la persona interessata a riconciliarsi con la Chiesa (cfr. anche can. 1066,
Codice 1917). E chiaro, per altro, che in nessun caso la scomunica o l'interdetto rendono
nullo il matrimonio, qualora il soggetto non sia stato assolto da essi.
3817 Peccatori pubblici o manifesti
Sono considerati tali, soprattutto in ordine all'Eucaristia (can. 915), all'amministrazione del-
l'Unzione degl'infermi (can. 1007) e alla concessione delle esequie ecclesiastiche (can. 1184):
- Gli apostati, gli eretici e gli scismatici: cfr. can. 1184, § 1, n. I
- Gli aderenti in modo notorio a ideologie atee o materialistiche: cfr. can. 696, § 1
- Gl'iscritti ad associazioni che tramano contro la Chiesa: cfr. can. 1374
- Coloro che abbiano disposto la cremazione del proprio corpo per ragioni contrarie alla
fede cristiana: cfr. can. 1184, § 1, n. 2
- I pubblici concubinari: cfr. can. 1395, § I, ecc.
Relativamente al matrimonio del "pubblico peccatore", il can. 1066 del Codice precedente
ne vietava la celebrazione "si prius ad sacramentalem confessionem accedere recusaverit", e faceva
obbligo al parroco di consultare l'Ordinario. La norma non è stata confermata nel nuovo Codice,
ma non c'è dubbio che la disposizione del can. 1701. § l, n. 5, debba applicarsi similmente al detto
caso, "excepto casu necessitatis".
3818 6 0 Il matrimonio di un minorenne, ossia di un figlio di famiglia, che non abbia
compiuto 18 anni (can. 97, § l), qualora il matrimonio dovesse avvenire all'insaputa dei
genitori o contro la loro ragionevole volontà.
Il «compito dei genitori e dei tutori - afferma il Concilio Vaticano II - è di
guidare i più giovani con il loro prudente consiglio, offerto in modo che questi lo
ascoltino volentieri, guardandosi però dall'esercitare una pressione diretta o indiretta per
spingerli al matrimonio o alla scelta del coniuge» (Gaudium et Spes, n. 52, l).
Spetta al parroco valutare le ragioni dell'eventuale opposizione dei genitori. Se
queste, a suo giudizio, sono arbitrarie, egli può procedere liberamente alla celebrazione
del matrimonio. Se invece sono giustificate, deve consultare il proprio Ordinario e
attenersi alla sua decisione.
Il ma trimonio 283

È da notare per altro che la legge civile italiana vieta ai minori di età di contrarre matrimoni o 3819
(alt. 4 della Legge 19 maggio 1975. n. 151 circa il nuov o diritto di famiglia: art. 80 del Codice
Civile). È tuttavia possibil e, in casi particolari, l'autorizzazione del tribunale:
- Il tribunale, su istanza dell' intere ssat o. accertata la sua maturità psico-fisica e la
fondatezza delle ragioni add otte, sentito il pubblico ministe ro, i genitori o il tutore , può con decreto
emesso in cam era di consiglio ammettere per grav i motiv i al matrimonio chi abbia co mpiuto i
sedici anni (2° comma).
Ne conseg ue che , se nza tale autorizza zione, il matrim onio canonico di un minorenn e non può
essere riconosciuto dallo Stato agli effett i civili. E così disposto form almente nell'art. 8, n. I,
comma 2. dei nuovi Accordi stipulati tra la S. Sede e la Repubbli ca Italiana. Bisogna pertanto che
l'Ordinario dci luogo tenga conto di tale norma nell'autorizzare il matrimonio ca nonico dei dctti
minorenni. Se questi poi non abbiano compiuto i 16 anni. la trascrizione civile dci matrimonio
religioso non può aver luogo in nessun caso.
Art. 8, n. I, co mma 2, lett. a, dei nuovi Accordi :
- La Santa Sede prend e atto che la trascrizi one non potrà aver luogo: a) quand o gli sposi
non rispondano ai requ isiti della legge civile cirea l'età richiesta per la ce lebraz ione,
T" Il matrimonio per procura (can. 1105), che richi ede particolari cautele, non 3820
solo perché il matrimonio sia celebrato valida mente, ma anche perché s'istituisca al più
presto la co nvivenza coniugale' ,
1071, § 2 Il 2° paragrafo del canone riprende il caso del matrimon io di chi abbia 3821
abbandonato noto riamente la fede cattolica (§ I, n. 4), e a tutela della fede del co niuge
credente e dell'educazione cattolica della futura prole, prescrive che si osservino con gli
opportuni adattamenti (congrua congruis referendo) le norme stabilite nel can. l 125,
relativamente ai matrimon i misti.

.' Occo rre tener present e la Circolare della S. Congregazione dei Sacramenti in data l O
maggio 1932, che dà a tal riguard o le seguenti nonne:
- A scongiurare pericoli e inconve nienti di varia natura, a cui la celebrazione del matrim o-
nio per procura potrebbe dare pretesto, giudicas i conveniente richiamare l' atten zione degli Ecc.mi
Vescovi. perché nella loro so llecitudine pastorale procedan o con la necessaria oculatezza e cautela
nel concedere l'autorizzazione a contrarre matrimoni in detta forma . Il più grave pericolo da evit are
con le gravi conseguenze d' indole non solo economica, che può coinvolgere si è questo: che cioè
la donna , in ta l modo sposata, venga a trovarsi poi nell'impossibilità di raggiungere il prop rio
marito all' estero . o perché lo vietano le leggi sull'emigrazio ne in determ inati paesi, o perché non
può munirsi del necessario passaporto...
Tenuta presente quest a situazione, gli Ecc.m i Presuli si atte rrano alle seg ue nti nonne:
l ° Indagheranno sulla pratica possibilità che la donna sposata per mezzo di procuratore,
raggiun ga il marito all'estero...
2° Esigeranno che il mandato di procura , redatt o ben inteso nella forma prescritta, sia inoltre
vidimato dall 'Ordinario del luogo, dove trovasi il mandante. a garan zia della sua autenticità.
3° Richiederanno di più una garanzia per iscritto, giurata dal mandante e firmata da lui e da
due testi. anch'essa vistata dall'Ordinario del luogo , con la quale lo sposo s'i mpegna, dopo con-
tratto il matrimonio per procura, di presentare all' Autorità consolare regol are allo di chiamata della
propria moglie.
Con que ste cautele e con altre sugge rite caso per caso, gli Ecc .mi Vescovi e Ordinari dei
luoghi potranno autoriz zare la celebrazione dei matrim oni per procura , previ sempre, com ' è ovvio,
gli accertamenti canonici riguardanti la giusta causa e, in particolare, lo stato libero del contraente
dimorante all'estero (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, l, n. 1088, colI. 1386-1388).
La su ccessiva Circolare della medesima Congregazione in data IO settembre 1941 conferma
il carattere eccezionale dei matrimoni per procura :
- Gioverà tener presente che siffatti matrimoni per procura... debbon o costituire . per la loro
stessa natura e nell'interesse dei medesimi contraenti nonché del vincol o matrim oniale , una ecce-
zione da essere autorizzata soltant o in base a giust a causa. Sarà quindi opportuno che gli Ord inari
procedano in merito con la maggiore ocul atezza e prudenza. allo scopo di evit are gravi e talora
irreparabili danni (n. 9: Leges Ecclesiae, l, n. 1642, col. 2093).
284 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

CAN. IO7/; - Curent animarum I pastori di anime abbiano cura di dis-


pastores a matrimonii celebratio- suadere i giovani dal contrarre matrimo-
ne avertere iuvenes ante aetatem, nio prima dell'età in cui, secondo le usan-
qua secundum regionis receptos ze della regione, si è soliti celebrarlo.
mores matrimonium iniri solet.

Art. 43 del Decreto Generale della Conferenza Episcopale Italiana, 5 novembre 1990:
- Quando si tratta di nubendi che hanno notoriamente abbandonato la fede o che sono irretiti
di censura, il parroco, salvo il caso di necessità, non proceda al matrimonio senza aver ottenuto la
licenza dell'Ordinario del luogo (cfr. can. 1071, § l, nn. 4-5). Le procedure previste dal Codice di
Diritto Canonico e dai nn. 48-52 del presente Decreto siano osservate anche nel matrimonio tra una
persona credente e un'altra che ha notoriamente abbandonato la fede (cfr. can. 1071, § 2).
In concreto non è facile riconoscere il configurarsi della fattispecie del notorio abbandono
della fede. Molte persone, anche se dichiarano di non riconoscersi più come credenti, non danno
segni pubblici chiari e inequivocabili di abbandono della fede. È bene, tuttavia, che il parroco nel
dubbio ricorra all'Ordinario del luogo, il quale valuterà, caso per caso, se sia necessario esigere le
procedure richiamate dal comma precedente tEnchir. CEI, vol. 4, n. 2657).

3822 4) Commenti troppo giovani


1072 (1067, § 2*) Il can. 1083 stabilisce, per la valida celebrazione del matrimo-
nio, l'età di 16 anni compiuti per l'uomo, e di 14 anni pur essi compiuti, per la donna.
Una tale disposizione ha inteso tener conto della maturità biologica: circa la maturità
psicologica, si hanno norme proprie nel cap. IV De consensu matrimoniali, can. 1095
ss. tCommunicaiiones, a. 1977, p. 360, can. 282, § 3).
Le suddette determinazioni rappresentano l'età minima prescritta dalla legge cano-
nica "ad validitatem", È però evidente che, considerati gl'impegni e le responsabilità
gravissime del matrimonio, si esige nei contraenti un'età più matura. E mentre il can.
1083, § 2, lascia alle Conferenze Episcopali la facoltà di stabilire "ad liceitatem" un'età
superiore, il can. 1072 fa obbligo ai pastori d'anime di dissuadere i giovani dal contrarre
matrimonio prima dell'età in cui, secondo le buone usanze della regione, si è soliti
celebrarlo.
In Italia, come s'è già accennato, la legge civile esige in linea di principio, per la celebrazione
del matrimonio, l'età di 18 anni compiuti. La stessa età vale, di fatto, per la lecita celebrazione del
matrimonio canonico.

3823 3. Il Decreto Generale della C.E.I.


Riportiamo le norme e le direttive contenute nei nn. 2-18 del detto Decreto, emanato
dalla Conferenza Episcopale Italiana il 5 novembre 1990: Enchir. CEI, vol. 4, pp. 1316-
1322. Si aggiungono opportunamente alle norme disposte dal Codice di Diritto Canonico
sulla preparazione da premettere alla celebrazione del matrimonio e sugli atti relativi.

3824 I) La doverosa assistenza della Chiesa


- N. 2: «L'azione pastorale della Chiesa deve accompagnare la famiglia nelle
diverse tappe della sua formazione e del suo sviluppo. Ai nostri giorni è più che mai
necessaria l'assistenza ai giovani nella preparazione al matrimonio e alla vita familiare.
Questa assistenza non può limitarsi all'espletamento delle pratiche per la celebrazione
matrimoniale, ma deve abbracciare le diverse fasi della vita dell'uomo e della donna,
affinché prendano coscienza dei valori e degli impegni propri della vocazione al matri-
monio cristiano».
Il matrim on io 285

2) Il dovere pastorale dei Vescovi diocesani


- N. 2, 3: «I Vescovi diocesani, a norma del can. 1064 del Codice di Diritto
Canonico, sono tenuti ad elaborare un programma di assistenza pastorale alla famiglia
c, in questo ambito, ad emanare direttive circa la preparazione al matrimonio ».

3) La preparazione prossima e immediata al matrimonio 3K25


- N. 3: «La preparazione remota, prossima e immediata al matrimonio è regolata,
nel quadro del diritto universale, dalle dispo sizioni attuative date dalla Conferenza
Episcopale Italian a e da quelle proprie della Chiesa particolare in materia pastoral e e
prematrimon iale.
Al fine di promuovere una prassi comune, per la preparazione prossima e imme-
diata al matrimonio siano accolte in ogni programma diocesano le seguenti indica zioni:
I. Co involgimento della comunità e, in particolare, degli ope ratori di pastorale
familiare, in iniziative che dispongono i nubendi alla santità e ai do veri del loro nuovo
stato (cfr. ca n. 1063, n. 2) ;
2. Colloqui con il parroco o con il sace rdote incar icato, "corsi per i fidanz ati" c
altre iniziative organiche per il cammino di fede dei nubendi , attraverso l'approfondi-
mento non solo dei valori umani della vita coniugale e familiare, ma anche dei valori
propri del sacramento e della famiglia cristi ana, con gl'impegni che ne derivan o;
3. Temp o di preparazione immedi ata normalmente non inferiore a tre mesi;
4. Incontri personal i dci nubend i con il parroco per lo svolgimento dell' istruttoria
matrimon iale e per la preparazio ne a una con sapevole c fruttuo sa celebrazi one della
liturgia delle nozze».

4) L 'istruttoria da parte del parroco 3K26


- N. 4 : «L' istruttoria matrimoniale comprende alcuni adempimenti, da premettere
alla celebrazione del matrimonio, ordinali ad accertare che nulla si oppone alla sua
valida, lecita e fruttuo sa celebrazione, verificando nei nubcnd i, in particolare , la libertà
di stato, l' assenz a di impedimenti e l'integrità del con senso (cfr. can. 1066).
Quest i adempimenti sono affidati di norma, a libera scelta dei nubendi , al parroco
della parrocchia dove l'uno o l'altro dei medesimi ha il domicilio can onico o il quasi-
domicilio o la dimora protratta per un mese».

5) Concrete indicazioni
- N. 5: «Le prescrizioni ca noniche riguardanti l'i struttoria comprendono:
I. La verifica dei documenti;
2. L'esame dei nubendi circa la libertà del consenso e la non esclusione della
natura, dei tini e delle proprietà essenziali del matrimoni o;
3. La domanda all'Ordinario del luogo di dispensa da eventuali impedimenti o di
licenza alla celebrazione nei casi previsti dal Codice di Diritto Canonico, dal presente
Decreto o dal diritto particolare».

6) Documenti da raccogliere e da verificare 3827


- N. 6: <<I docum enti da raccogliere e verificare sono:
I. Il certificato di battesimo;
2. Il certificato di confermazione ;
286 LIBRO IV - Il "munus sunctìflc andi" della Chiesa

3. Il certificato di stato libero;


4. Il certificato, quando è richiesto, della morte del coniuge per le persone vedove;
5. Altri certificati, secondo i singoli casi».

7) Il certificato di battesimo e le relative annotazioni


- N. 7: «II certificato di battesimo deve avere una data non anteriore a sei mesi.
Esso deve riportare soltanto il nome e il cognome , il luogo e la data di nascita del soggetto,
l'indicazione del luogo e della data di battesimo e, se ricevuta, della conferm azione.
Le annotazioni rilevanti al fine della valida e lecita celebrazione del matrimonio e
quelle relative all'adozione, eventualmente contenute nell'atto di battesimo, devono
essere trasmesse d'ufficio e in busta chiusa al parroco che conduce l'istruttoria.
Per quanto concerne i dati o le annota zioni riguardanti i genitori naturali di persone
adottate (cfr. can. 877, § 3), il parroco della parrocchia del battesimo e il parroco che
conduce l'i struttoria sono tenut i al segreto d'ufficio».

8) Il sacramento della confermazione


- N. 8: «I pastori di anime siano solleciti nell'esortare i nubendi che non hanno
ancora ricevuto il sacramento della confermazione a riceverlo prima del matrimonio, se
ciò è possibile senza grave incomodo (cfr. can. 1065, § I).
Prestino particolare attenzione a coloro che, dopo il battes imo, non hanno ricevuto
altri sacram enti né alcuna formazione cristiana.
Parimenti siano animati da grande prudenza pastorale nel curare la preparazione dei
nubendi non cresimati che già vivono in situazione coniugale irregolare (conviventi o
sposati civilmente). In questo caso, di norma, l'amministrazione della confermazione
non precede la celebrazione del matrimonio.
Nel diritto particolare , tenendo conto delle facoltà conc esse ai Vescovi dioce sani
circa il mini stro della con fermazione (cfr. can, 884 , § I ), si potranno dare disposizioni
affi nch é la celebrazione della confermazione per i nubendi sia opportunamente inserita
nella preparazione immediata al matrimonio».

3828 9) L'istruttoria dei nubendi che dopo il 160 anno di età, abbiano dimorato per
più di un anno in una diocesi diversa
- N. 9: «Quando i nubendi, dopo il compimento del sedidesimo anno di età,
hanno dimorato per più di un anno in una diocesi diversa da quella in cui hanno il
domicilio o il quasi-domicilio o la dimora protratta per un mese, il parroco che procede
all 'istruttoria dovrà verificare la loro libertà anche attraverso un apposito certificato di
stato libero, risultante dall'attestazione di due testimoni idone i oppure, in mancanza di
questi, del giuramento suppletorio deferito agl 'interessati. In questo caso il giuramento
suppletorio viene reso e inserito nell'esame dei nubendi, di cui al numero seguente dcI
presente Decreto ».

IO) L 'esam e dei nubendi e il relativo verbale


- N. 10: «L' esame dei nubendi è finalizzato a verificare la libertà e l'integrità del
loro consenso, la loro volontà di sposarsi secondo la natura, i fini e le proprietà essen-
ziali del matrimonio, l'assenza di impedimenti e di condizioni. L'importanza e la serietà
di questo adempimento domandano ehe esso sia fatto dal parroco con diligenza, inter-
rogando separatamente i nubendi. Le risposte devono esser e rese sotto vincolo di giu-
ramento, verbalizzate e sottoscritte, e sono tutelate dal segreto d'ufficio.
Di norm a l'esame dei nubendi conclude la preparazione immediata al matrimonio
e suppone la conclusione del corso per i fidanzati e l'avvenuta verifica dei documenti .
11 matrimonio 287

Quando il parroco competente non può o incontra difficoltà a interrogare entrambi


i nubendi, deferisca ad altro parroco il compito di esaminare uno dei contraenti, chie-
dendo che gli sia trasmesso in busta chiusa il verbale, vidimato dalla Curia diocesana
se il parroco appartiene a un'altra diocesi (cfr. can. 1070).
All'occorrenza è consentito al parroco di ricorrere a un interprete , della cui fedeltà
sia certo, e che non può essere, in ogni caso, l'altra parte contraente.
Il verbale dell'esame dei nubendi ha valore per la durata di sei mesi».

] I) Gl'incontri pastorali del parroco con i nubendi 3829


- N. 11: «Gl'incontri personali del parroco con i nubendi non siano limitati a
quelli necessari per l'esame. Affinché questo adempimento, in coerenza con la sua
rilevanza giuridica, acquisti pieno significato pastorale, occorre che sia accompagnato
da altri colloqui, soprattutto quando si tratta di fidanzati che ancora presentano carenze
o difficoltà nella dottrina o nella pratica cristiana .
Il parroco non trascuri di richiamare ai nubendi gli impegni e i valori del matrimo-
nio cristiano, di esortarli ad accostarsi ai sacramenti della penitenza e dell'Eucaristia
(cfr. can. 1065, § 2); di prepararli "a prendere parte attiva e consapevole ai riti della
liturgia nuziale" (Familiaris consortio, n. 66).
Altri adempimenti da premettere alla celebrazione del matrimonio , come, ad esem-
pio, la dichiarazione di volontà o la domanda di matrimonio formulata congiuntamente
dai nubendi, possono essere introdotti dalle disposizioni del diritto particolare».

12) Le pubblicazioni canoniche 3830


l ° L'affissione all'albo parrocchiale e il dovere dei fedeli
- N. 12: «La celebrazione del matrimonio è preceduta dalle pubblicazioni cano-
niche, che sono sempre richieste perché rispondono a una esigenza di bene comune.
Le pubblicazioni canoniche consistono nell'affissione all'albo parrocchiale dell'an-
nuncio di matrimonio, con i dati anagrafici (cognome e nome, luogo e data di nascita),
la residenza, lo stato civile e la professione dei nubendi. L'atto della pubblicazione deve
rimanere affisso all'albo parrocchiale per almeno otto giorni consecutivi, comprensivi di
due giorni festivi.
Altre forme di pubblicazioni, svolte secondo le consuetudini o introdotte per finalità
pastorali, come ad esempio la presentazione dei nubendi alla comunità. non sono sosti-
tutivc della modalità suddetta.
Tutti i fedeli sono tenuti a segnalare al parroco o all'Ordinario del luogo. prima che il
matrimonio venga celebrato, gl'impedimenti di cui fossero a conoscenza (cfr. can. 1069)>>.
2° 11 dovere del parroco
- N. 13: «La responsabilità delle pubblicazioni è affidata al parroco incaricato
dell'istruttoria matrimoniale. di cui al n. 4 del presente Decreto .
Egli curi che le pubblicazioni siano fatte nella parrocchia del domicilio o del quasi-
domicilio o della dimora protratta per un mese di ciascuno dei nubendi. Qualora l'attuale
dimora non duri da almeno un anno, esse siano richieste anche nella parrocchia dell'ul-
timo precedente domicilio protrattosi almeno per un anno, salvo diverse disposizioni da
parte dell'Ordinario del luogo».
3° Dispensa dalle pubblicazioni e ripetizione delle medesime
- N. 14: «La dispensa dalle pubblicazioni canoniche può essere concessa dall'Or-
dinario del luogo per una giusta causa.
Se il matrimonio non viene celebrato entro sei mesi dal compimento delle pubbli-
cazioni canoniche. queste dovranno essere ripetute, salvo diverso giudizio dell'Ordinario
del luogo».
288 LlBRO IV - 11 "rnunus sanctificandi" della Chiesa

3831 4° La pubblicazione civile al comune


- N. /5: «II parroco di cui al n. 4 del presente Decreto, richiede la pubblicazione
civile al comune nel quale uno degli sposi ha la residenza, accompagnando la richiesta
dei nubendi.
Occorre ricordare ai fidanzati, durante la preparazione al matrimonio, che essi non
devono chiedere la pubblicazione al comune prima che siano state compiute le pratiche
da premettere alla celebrazione del matrimonio canonico, avvertendo che, senza la ri-
chiesta del parroco, la loro non può avere effetto ai fini della procedura concordataria.
Dal canto suo il parroco, in via ordinaria, non richieda la pubblicazione all'ufficiale
dello stato civile, se precedentemente non ha adempiuto le prescrizioni canoniche, di cui
al n. lO del presente Decreto.
Nel caso in cui la residenza civile dei nubendi non concide con il domicilio cano-
nico, il parroco del domicilio canonico, se necessario, chieda la collaborazione del
parroco del luogo della residenza civile ai fini della richiesta della pubblicazione, tra-
smettendogli un documento autentico con tutti i dati occorrenti».
3832 5° Eventuale assenza o impedimento del parroco
- N. /6: « Nel caso che il parroco sia assente o impedito, la richiesta viene fatta
dal ministro di culto che a norma del diritto canonico lo sostituisce»'.
3833 6° L'attestato dell'ufficio dello stato civile
- N. /7: «Trascorsi tre giorni dal compimento della pubblicazione civile, l'uffi-
ciale dello stato civile, se non gli è stata notificata alcuna opposizione né gli consti alcun
impedimento al matrimonio, rilascia un attestato, con il quale dichiara che nulla osta alla
celebrazione del matrimonio.
Qualora l'ufficiale dello stato civile comunichi alle parti e al parroco il rifiuto
motivato del rilascio dell 'attestato e l'autorità giudiziaria dichiari l' inammissibilità del-
l'opposizione al rifiuto, prima di procedere all a celebrazione del matrimonio il parroco
sottopone il caso al giudizio dell'Ordinario del luogo».

I Si ricordi che l'art . 3 dell' Accordo di revisione del Concordato Lateranense stabilisce che
il parroco, come il ministro che a norma del diritto lo sostituisce. devono essere cittadini italiani,
eccezion fatta soltanto per la diocesi di Roma e per quelle suburb ìcarie .
Si tenga presente che a norma del Diritto Canonico, in caso di assenza. il parroco può essere
sostituito:
a) Da un sacerdote, dotato di facoltà, designato dal Vescovo diocesano (cfr. can. 533. ~ 3);
b) Da un sacerdote nominato dal Vescovo diocesano amministratore parrocchiale (cfr. can.
549) il quale ha gli stessi diritti e doveri del parroco (cfr. 540, § I);
c) Dal vicario parrocchiale. che nel caso è tenuto a svolgere le funzioni del parroco (cfr. cann.
549 e 541, § I).
Se invece il parroco è impedito, può essere sostituito:
a) Da un sacerdote nominato dal Vescovo diocesano amministratore parrocchiale (cfr. can.
541, § I), il quale ha gli stessi diritti e doveri del parroco (cfr. can. 540, § I);
b) In mancanza di questo, dal vicario parrocchiale, il quale esercita interinalmente le funzioni
parrocchiali (cfr. can. 541, § I).
La della nota - settima del testo - fa parte del Decreto della CE\. Segue sostanzialmente
l'art. 18 del Disegno di Legge esecutiva n. 2252 presentato al Senato il 6 marzo 1987, che non è
stato ancora ratificato: «Le attribuzioni riservate al parroco dalla legge devono essere svolte da lui
personalmente o, in caso di sua assenza o impedimento. dal ministro di culto. avente la cittadinanza
italiana, che a norma del diritto canonico lo sostituisce. salvo quanto è disposto dall'art . 3 dell' Ac-
cordo 18 febbraio 1984 ratificato con legge 25 mano 1985, n. 121».
Propriamente, tuttavia. l'obbligatorietà della "cittadinanza italiana" per ogni ministro di culto
non era stabilita così espressamente nell'art. 3, n. 3, dci nuovo Accordo fra la Santa Sede e l'Italia.
Il matrimonio 289

CAPITOLO II
GL'IMPEDIMENTI DIRIMENTI IN GENERE

CAN. 1073 - Impedimentum diri- L'impedimento dirimente rende la per-


mens personam inhabilem reddit ad sona incapace a contrarre validamente il
matrimoniumvalidecontrahendum. matrimonio.

13) Amministratori parrocchiali e cappellani militari 3834


- N. /8, /: «Ai fini del presente Decreto sono equip arati al parroco gli amm ini-
stratori parrocchiali e i cappellani militari ».

14) Facoltà dell 'Ordinario del luogo 3835


- N. / 8, 2: «Le facoltà del parroco possono essere avocate a sé dall'Ordinario del
luogo in singoli casi e per giuste ragioni pastoral i».

GL'IMPEDIMENTI MATRIMONIALI IN GENERE (cann. 1073-1082) 3836


Schema
I. Concetto e distinzi one 3. Il soggetto passivo degl 'impedimenti di diritto ecclesiasti co
2. L' autorità competente 4 . La dispensa

La normativa sugl' impedimenti matrimoniali disposta nell'attuale Codice. present a


numerose novità. Alcuni di essi, come vedremo, sono stati soppressi ; altri sono stati
modificati. In particolare, è stata soppressa la distinzione fra impedimenti dirimenti e
impedienti : i prim i vietav ano il matrimonio sotto pena d'invalidità; i secondi, sotto pena
d'illiceità. Il nuovo Codice parla solo d'impedimenti dirimenti, e dei tre impedimenti
impedienti esistenti nella legisl azione anteriore:
- Il primo , derivante dal voto semplice di verginità, di castità perfetta. di non
contrarre matrimonio, di ricevere gli ordini sacri, di abbracciare lo stato religio so (can.
1058, § l , Codice 1917), è stato abrog ato (Communicationes. a. 1977, p. 133, lett, a).
- Il secondo, di mista religione, fra una parte cattolica e l'altra scismatica o
protestante (ca n. 1060, Codice 1917), è stato collocato in un capitolo a sé, con una
formulazione dive rsa (cap. VI De matrimoniis mixtis. cann . 1124-1129) (Communicatio-
nes, a. 1977, p. 134, Ictt. c ).
- Il terzo, proveniente dall'adozione, in quei paesi in cui la legge civile la con-
sidera impedimento impediente al matrimonio (can . 1059, Codice 1917), è divent ato
impedimento dirimente (Communicationes, a. 1977, p. 133, lett. b).

1. Concetto e distinzione 3837

1) Concetto d 'impedimento matrimoniale


1073 (1036 *) Si suoi distinguere tra impedimento in senso proprio e improprio.
In senso improprio, è impedimento tutto ciò che si oppone alla celebrazione del
matrimonio: per es., la mancanza dello stato di grazia, il difetto di forma, un vizio di
consenso, ccc.
290 LIBRO IV - Il "m unus sanctificandi' della Chiesa

CAN. 1074· Publicum censetur ìm- Si considera pubblico quell'impedimen-


pedimentum, quod probari in foro to che può essere provato in foro esterno;
esterno potest; secus est occultum. in caso diverso, è occulto.

111 senso proprio o giuridico, qual è detenni nato dal can. 1073, l'impedimento
matrimoniale è l' impedimento dirimente, ossia una circostanza estern a o un rapporto
person ale che, per diritto divino o umano, rendono inabile la persona a contrarre ma-
trimonio, sì che l'eventuale celebrazione non sarebbe soltanto illecita, ma anche invalida
radicalmente "ipso iure " '.
Gl' impedimenti di diritto umano, ecclesiastico o civile, non intendono es sere per sé
una limitazione del "ius connubii", spett ante ad ogni essere umano (can . 1058) ma una
regolamentazione necessaria del suo esercizio, per motivi di carattere etico, religioso,
soci ale e, in relazione alla consanguineità, anche per ragioni genetiche, nell 'interesse
degli stessi sposi e della felicit à familiare, oltre che per la tutela del retto ordine e del
bene comune.
Trattandosi di leggi inabil itanti (can. 15, § I) , né l'ignoranza né l'errore scusano
dagl'impedimenti, che dirimon io il matrimonio, anche se esso venga celebrato in
buona fede .
L'impedimento, com'è ovvio, tocca direttamente il matrimonio in quanto contratto, non in
quanto sacramento. E poiché esso è un atto giuridico indivisibile, anche se l'impedimento è solo
da una parte (per es. l'impedimento di età), rende nullo il matrimonio nei confronti di ambedue i
partners (can. 1036, § 3, Codice 1917).

3838 2) Impedimenti pubblici e occulti


1074 (1037 *) In rapporto all ' accert abilità giuridica degl'imped imenti , il canone
riproduce testualmente il can . 1037 del Codice anteriore. La distinzione è importante , ed
ha applicazione in vari canoni : 1079, 1080, 1082, 1158.
Si considera pubblico quell 'impedimento che può es sere d imo strato nel foro
es terno , ossia in sede giuridica, con le var ie prove ammesse nel diritto : confessione
delle parti (cann. 1530-1538), deposizione di testimoni degni di fede (in ca si parti -
colari , anche di un solo testimone, sopratt utto se qualificato: can. 1573) , perizie,
documenti pubblici e privati, ecc. In questo senso, impedimento pubblico è, per
esempio, l'impedimento di consanguineità, che consti dai pubblici regi stri, anche se
esso sia ignorato dalle parti , dai loro parenti ed amici. Ogni altro impedimento è
con siderato occulto; sembra tuttavia ehe in altri canoni , quale ad esempio il 1079 , §
3; il termine "occulto" abbia un senso più ampio, quello cioè di occulto non solo di
"d iritto" (giuridicamente non dimostrabile), ma anche "d i fatto", ossia non divulgato,
se pur giuridicamente dimostrabile in foro' .
Il canone parla d'impedimento pubblico, non d'impedimento notor io, poiché il criterio
che lo distingue non è per sé la sua effettiva notorietà o divulgazione, ma la sua dimostrabilità
nel foro esterno. Sotto questo aspetto, può anche avvenire che un impedimento, oggi occulto,
domani diventi pubblico, e, viceversa, un impedimento, oggi pubblico, in seguito diventi oc-
culto. È chiaro, per altro, che un impedimento notorio è per sé anche pubblico, in quanto la
notorietà rende possibile la sua prova in foro esterno. D'altra parte, un impedimento pubblico

I L'impedimento costituisce una legge inabilitante e non soltanto irritante. Per la differenza

tra l'una e l'altra, v. il can. 10 e il relativo commento.


2 Per la differenza tra impedimento occulto e caso occulto, v. n. 3863.
Il matrimonio 29 1

non è se mpre necessariamente notorio : è, ad ase mpio, il caso di un impedimento conosci uto da
poche persone (anche due o tre), che, degne di fede, siano in grado di dimostrarn e l' esistenza
con la loro deposizione.

3) Altre classificazioni 3839


Gl 'impediment i possono esse re distint i sotto vari altri aspetti.
a) ln rapporto all'origine o fonte normativa
Gl' impedimenti sono di diritto divino e di diritto eccl esia stico.
Impedimenti di diritto divino sono quelli fondati su una legge di cui Dio è l' autore ,
oppure so no stati stabiliti positivamente da Dio attraverso la rivelazione,
Imp edimenti di diritto ecclesiastico sono quelli stabiliti dalla Chi esa per i propri
fedeli.
La distinzione è important e per le sue con seguen ze giuridic he,
l O Agl' impedimenti di d iritto divino sono soggetti tutti g li uom ini; a quelli di
diritto ecc lesias tico, a norma dei cann . 11 e 1050, soltanto le person e batt ezzate nell a
Chiesa Ca ttolica o accol te successivamente in essa .
2 0 Gl' impedime nti di diritto divino so no sottratti ad og ni potere umano, per cui
non son o suscettibili di d ispensa; quelli di diritto ecclesi astico co nsentono le dispense
da parte dell' autorità eccl esia stica competente.
Secondo la sentenza più comune, sono impedimenti di diritto divino, naturale O positivo:
- L'imp otenza sessuale
- Il vincolo di un matrimoni o precedente
- La consanguineità in linea retta, ascendente o discendente
b) In rapporto al grado di conoscenza 3840
Gl' impe diment i si d istinguono in cer ti e dubb i, co n dubbio di diritto o di fatto.
Il dubbio di diritto (dubium iuris) verte direttamente sulla legge: sulla sua esiste nza,
ossia sulla sua effettiva emanazione o sulla sua attuale valid ità; sui suoi elementi essen-
ziali: la sua promulgazione, la sua legittimità e obbli gatorietà; sul suo contenut o o
estens ione.
Il dubbio di fatto (dubium facti) verte non sulla legge, che è di per sé certa, ma sul
fatto concreto : se tale fatto esista e se abb ia tutti gli elementi per rie ntrare nell' amb ito
della legge. Dubbio di fatto è, ad ese mpio, il dubbi o sulla precisa età di un giova ne, che
intenda co ntra rre matrimonio. Non si sa co n certezza quando sia nato e si dub ita se abbia
compiuto i 16 anni, richiesti dal can .108 3, § l. Nell a fattispecie, non c' è alcun dubbi o
di diri tto, ma solo di fatto.
c) fn rapporto alla estensione 3841
L'impedimento assoluto esclude il matrimonio con qualsi asi persona : per es. il
vinco lo coniu gale, tuttora valido. L' impedimento relativo esclude il matrimo nio fra
determin ate persone: per es . la con sanguineit à.
L' impotenza sessua le può essere impedi mento sia as soluto che relativo (ca n.
1084 , § I).
d ) fn rapporto alla durata 3842
Gl' impedimenti possono esse re perpetui o temporanei.
L'impedimento perpetuo dura ex se per tutta la vita: per es. l'ordine sacro . L'im-
pedimento temporaneo ce ssa o può cessa re dopo un certo tempo o per il muta re dell e
circostanze : per es. il difetto di età, cresce ndo negli anni; l' impediment o di disparità di
292 LIBRO IV - Il "munus sunctlrlcandì" della Chiesa

CAN. 1075 - § 1. Supremae tantum § I. Spetta solo all'autorità suprema


Ecclesiae auctoritatis estauthenti- della Chiesa dichiarare autenticamente in
ce declarare quandonam ius divi- quali cas i il diritto divino proibi sca o
num matrimonium prohibeat vel dirima il matrimonio.
dirimat.
§ 2. Uni quoquesupremae aueto- § 2. È anche diritto esclusivo della su-
ritati ius est alia ìmpedimenta pro prema autorità stabilire altri impedimenti
baptizatis constituere. per i battezzati .
CAN. 1076 - Consuetudo novum È riprovata la consuetudine che introdu-
impedimentum inducens aut im- ca un nuovo impedimento o sia contraria
pedimentis existentibus contraria a quelli esistenti.
reprobatur.
CAN. 1077 - § 1. Ordinarius loci § I. In caso parti colare, l'Ordinario del
propriis subditis ubique commo- luogo può vietare il matrimonio ai propri
rantibus et omnibus in proprio sudditi, dovunque risiedano, come pure a
territorio actu degentibus vetare tutti quelli che si tro vino attualmente nel
potest matrimonium in casu pe- suo territorio, ma solo temporaneamente,
culiari, sed ad tempus tantum, per una grave causa e finch é questa per-
gravi de causa eaque perdurante. duri.
§ 2. Vetito c1ausulam dirimen- § 2. Soltanto l'autorità suprema della
tem una suprema Ecclesiae aucto- Chiesa può aggiungere al divieto una clau-
ritas adderc potest. sola dirimente.

culto, qualora la persona non battezzata riceva il battesimo; l' impedimento di ratto, che
perdura finché la donna non venga liberata e posta in un luogo sicuro.

3843 2. L'autorità competente


1075-1077 (1038, /0 39, /04/ *) Come s'è già rilevato, gl'impedimenti possono
essere di diritto divino e di diritto umano, ossia ecclesiastico rispetto ai battezzati. In
tutt'e due le ipotesi, la competenza appartiene esclusivamente all'autorità suprema
della Chiesa: il Romano Pontefice e il Collegio dei Vescovi in comunion e col Papa
(cann. 331 e 336).
3844 Relativamente agl' impedimenti di diritto divino, la potestà della Chiesa è soltanto
dichiarativa. Essa si limita a interpretarne autenticamente il senso e la portata. come
custode del "depositum fidei" e maestra dell'umanità credente, ma non può in nessun
modo modificarli e neppure dispensare per sé da essi. In rapporto agl'imped imenti di
diritto ecclesiastico, la potestà della Chiesa è istitutiva e le sue norme sono vincolanti
sia in foro interno che in foro esterno, ossia nella sfera giuridica. Tali impedimenti, per
altro, a termini del can. 18 sono soggetti a stretta interpretazione, per cui nel dubbio di
diritto - si tratti d'impedimenti "iuris ecclesiastici" o "iuris divini" - essi non obbli-
gano (can. 14; v. la relativa esposizione). Nel duhbio di fatto, la legge non cessa, e la
validità o l'invalidità del matrimonio dipende dalla effettiva esistenza dell'impedimento.
Sarà pertanto necessario, ad cautelam, chiedere la dispensa alla competente autorità,
tenendo presenti i seguenti canoni:
- C tlll. 14: «Nel dubbio di fatto, gli Ordinari possono dispensare da esse (dalle legg i, anche
se irritanti o inabilitanti), purché, trattandosi di dispensa riservata, l'autorità che ne ha la compe-
tenza sia solita concederla» (II parte).
Il matrimonio 293

- Cun. /OX4. § 2 : «Se l'impedimento d'Imp oten za sia dubbio , sia per dubbio di diritt o che
per dubbio di fatto, il matrimonio non dev'essere impedito, né può essere dichi arato nullo, finché
sussista il dubbio».
- CtIn. 109/. § 4: «Non venga mai permesso il matrimonio, se sussista qualche dubbio che
le parti siano consanguinee in un grado della linea retta o nel secondo grado della linea collaterale».
Nessuna competenza dichiarativa o istitutiva spetta alle autorità ecclesiastiche infe- 3845
riori: i Concili particolari, le Conferenze Episcopali, i Vescovi diocesani' , Gli Ordinari del
luogo (non i parroci) possono vietare un matrimonio, ma al divieto non è consentito
annettere alcuna clausola dirimente. che resta anch'essa di esclusiva competenza della
suprema autorità della Chiesa. Il divieto, inoltre, è soggetto a varie condizioni:
IO Può essere imposto soltanto in casi particolari : non quindi per legge o decreto
generale',
2° Solo temporaneamente: non per sempre né, similmente, a tempo indeterm inato.
3° Per una grave causa e finché questa perduri .
4° Può colpire i propri sudditi (in ragione del domicilio o del quasi-dom icilio : can.
107, § l) dovunque si trovino sia nel territorio di competenza dell'Ordinario del luogo
che fuori di esso; i /10/1 sudditi, solo nel caso che si trovino in atto nel detto territorio .
Quanto alle consuetudini, che pur possono avere forza di legge (can. 23) ed anche 3846
derogare a quelle esistenti (can. 26), è espressamente disposto che esse non possono né
introdurre un nuovo impedimento nè essere contrarie a quelli vigenti. Sotto questo
aspetto. sono formalmente riprovate, e, come tali, sono soppresse se mai esistessero e
per il futuro sono giuridicamente inefficaci (cann. 5, § I, e 24, § 2). Lo scopo di questo
divieto è d'impedire che si abbia nella Chiesa una disciplina difforme in materia d'im-
pedimenti matrimoniali.
Stori camente, un imped iment o introdotto per consuetudine è stato quello di disparità di culto.
Nota esplicativa. Potrebbe sembrare che ci sia un contr asto tra l' attuale can . 1075. § 2. che 3847
attribu isce alla suprema autorità della Chiesa la potestà di stabilire impe dimenti di diritto ecclesia-
stico nei confronti dei batte zzati in genere - quindi. anche se appartenenti a Chie se e co munità
di fratelli separati - e il can. 1059. il quale dispone che soltanto il matrim onio dei cattolici è
soggetto alle norme canoniche. Tra i due canoni, tuttavia, non esiste alcuna oppo sizion e, poiché il
can. 1075 parla solo di "ius", Pone cioè un'affermazione di principio. per cui a ragione adope ra
il termin e "battezzati" . Non si può infatti negare in linea di principio questo diritto della Chiesa.
sancito espressamente nel Codice precedente (can. 1038, § 2). e rimasto in vigore tin o al 27
novembre 1984. Trattandosi invece del problema di fatto. ossia della effettiva obblig atoriet à delle
norme matrimoniali prescritte dalla Chiesa, il Codice non parla più di "battezza ti" in genere. ma
solo di "cattolici" . poiché questi soli di fatto sono soggetti alle leggi purament e ecclesiastiche . a
nonna del can. II.

.' Per più secoli, la potestà normat iva circa gl'impediment i matrim oniali fu esercitala dai
Vescovi diocesani e dai Concili particolari, ma. a partire dal sec. XIII una tale potestà fu riservata
esclusivamente al Romano Pontefice in modo da avere nella Chiesa una disciplin a uniforme.
Durante la redazione del nuovo Codice. si deliherò in un primo tempo di riconoscere alle Confe -
renze Epi scopali la facoltà d 'Isti tuire impedi menti matrimon iali per il territo rio di propria
competenza. Il can. 262, § 3. dello schem a De Sacramentis disponeva infatti così: «Episcoporum
Conferenriac, attentis pecul iaribus ad iunct is. impedimenta particularia sive prohibent ia sive
dirirnentia constituere possunt, decreto ad normam iuris lato» (Cammunìcatlone s. a. 1977. p. 80.
III quaestio). Successivamente, la detta norma fu soppressa per una espressa richiesta della Com-
missione Plenaria dei Card inali e di un gran numero di Vescovi e di Conferenze Epi scopali, che
non ritenn ero opportuno. pastoralmente, di abbandonare il principio della uniform ità in questa
materia iCommunicationes. a. 1978, p. 126, lett . c; a. 1983, p. 226, can . 1028).
• Il Vescovo, tuttavia, può proibire con decreto di carattere generale la celebrazione dei
matrimon i in determinate festivit à o in detenninate ore del giorno. Ma si tratta di divieti di altro
genere. diversi da quelli considerat i nel can . 1077.
294 LID RO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

3848 La competenza dello Stato.


Senza dubbio. l'autorit à civile ha il potere "ime proprio" di stabilire degl'impedimenti, sia
proibenti che dirimenti. circa il matrimonio delle persone non battezzate. Un tale potere. che deve
per altro esercitarsi nel rispetto della legge naturale, è riconosciuta formalmente dalla Chiesa. come
risulta dalla Risposta della Congregazione di Propaganda Fide del 4 settembre 192 J (Coll ectanen.
1.744). Sul matrimonio dei cattolici, sottoposto esclusivamente alla legge della Chiesa (can. 1059).
lo Stato - salvo la competenza per gli effetti puramente civili (can. (059) - non ha alcun potere,
né può evidentemente stabilire degl' impedimenti, riservati in modo esclusivo all'autorità ecclesia-
stica (can. 1075). Qualsiasi impedimento stabilito dallo Stato per i cattolici non avrebbe per essi
alcun valore in coscienza. poiché sarebbe una ingerenza illegittima.
Diverso è il caso in cui l'Au torità civile vieta o condiziona a una particolare autorizzazione
il matrimonio di determinate categorie di persone. ad esempio militari e diplomatici. Trattandosi
non di una disposizione invalidante, ma di un se mplice divieto temporaneo, che per sé non impe-
disce la celebrazione del matrimonio religioso, lo Stato può applicarlo legittimamente anche ai
matrimoni di cattolici che rientrano nelle dette categorie.
Tenendo conto di tale divieto. la Congregazione dci Sacramenti. nella Istruzione del IOluglio
1929, relativa all'es ecuzione dell' art. 34 del Concordato stipulato tra la Santa Sede e l'It alia nel
1929. e diretta agli Ordinari e ai parroci d'Italia, così dispose:
- Quanto agli ufficiali, ai militari assimilali, ai diplomatici e a tutti quelli ai quali è vietato
il matrimonio senza una speciale autorizzazione civile. potrà procedersi al matrimonio religioso
soltanto. se gravi ragioni di convenienza consigliassero l'Ordinario di permenerlo, ma non sarà
denunziato agli effetti civili: cfr. Istruzione della Sacra Congregazione dei Sacramenti. 2 aprile
1909 (X. O CHO" . Leges Ecclesiae, I. n. 914, col. 1098).

3849 3. Il soggetto passivo degl'impedimenti di diritto ecclesiastico


Ai se ns i de l ca n. Il delle Norme Gen eral i, so no soggetti agl' impedimenti ma trimo-
nial i di diritto ecclesiast ico tutte le per sone tenute all'osservanza de lle leg gi puram ente
ecclesiastiche, ossia le persone battezzate nell a Chiesa C attolica o accolte successiva-
mente in essa , tranne che sia disposto d ive rsa me nte nel diritto in modo es presso.
La di sposizione del ca n. Il rapprese nta - co me s'è g ià rilevato - una dell e inno-
vaz ioni più importanti dell'attuale Codice di Diritto C anonico, rispetto alla legi slazi one
precedente, frutt o del nuovo sp irito ecclesia le pre valso nel Con cili o Vat ican o Il. so prat-
tutt o nel campo ecumen ico. Non sono pertanto soggette ag l' im pedi me nti m atrimoniali di
diritto ecclesiastico, come non lo sono alle leggi puramente ecclesiastiche in genere:
- Le persone non battezzate, compresi i ca tecu me ni;
- Le person e batt ez zate nelle C hiese o co munità non ca tto lic he e appartenenti
tutt ora ad esse, vale a d ire gl i ortodossi e i protestanti : i cosiddetti "frate lli se parati".
Per tali persone, tuttavia, l' obbligo può essere indiretto, a termini del can. 1059. qualora cioè
la persona non battezzata o battezzata in una Chiesa o comunità non cattolica contragga matrimonio
con una persona battezzata nella Chiesa Cattolica o passata successivamente nella medesima.
3850 Restano invece soggette ag l' im pedi me nti di diritto ec clesiastic o
- Le per sone batt ezzate nella C hiesa C att olica , anc he se in seguito si sia no se pa- ,
rat e d a essa; t
- Le persone battezzate nelle Chi e se o co muni tà non ca tto lic he (or to doss i prote-
stanti, anglicani, ecc.), anche se poi se ne fos sero distaccate. f
l;
L'eccezione . Il can. Il contiena una clausola: le persone battezzate nella Chiesa Cattolica o
accolte successiva mente in essa non sono obbligate alle leggi puramente ecclesiastiche, tranne che
sia disposto diversamente nel diritto in modo espresso. Relativamente agl' impedimenti matrimonia-
li, il can. 1086, ~ I, dispone che una persona battezzata, la quale si sia separata dalla Chiesa
Cauolica COl! atto formale , contraendo matrimonio con una persona non battezzata. non è tenuta
all' impedimento di disparità di culto.
Il matrimonio 295

CAN. 1078 • § 1. Ordinarius loci § 1. L'Ordinario del luogo può dispen-


proprios subditos ubique commo- sare i propri sudditi dovunque dimorino e
rantes et omnes in proprio territo- quanti si trovin o attualmente nel suo ter-
rio actu degentes ab omnibus im- ritorio da tutti gl'impedimenti di diritto
pedimentis iuris ecclesiastici di- ecclesi astico, ad eccezione di quelli la
spensare potest, exceptis iis, quo- cui dispensa è riservata alla Sede Apo-
rum dispensatio Sedi Apostolicae stolica.
reservatur,
§ 2. Impedimenta quorum di- § 2. Gl'impedimenti la cui dispensa è
spensatio Sedi Apostolicae resero riser vata alla Sede Apo stolica, sono:
vatur sunt:
l ° impedimentum ortum ex sa- 1° l'impedimento derivato dagli ordini
cris ordinibus aut ex voto publico sacri o dal voto pubblico perpetuo di ca-
perpetuo castitatis in instituto reli- stità, emesso in un istituto religioso di di-
gioso iuris pontificii; ritto pontificio;
2° impedimentum criminis de 2° l'impedimento di crimine, di cui al
quo in can, 1090. can . 1090.
§ 3. Numquam daturdispensatio § 3. Non si concede mai dispensa dal-
ab impedimento consanguinitatis l'impedimento di con sanguineità in linea
in linea recta aut in secundo gradu retta o in se condo grado della linea
lineae collateralis. collaterale.

4. La dispensa dagl'impedimenti di diritto ecclesiastico 3851

1) La competenza del Romano Pontefi ce 3852


Il Roman o Pontefi ce dispone nella Ch iesa d i un potere supremo e universale. Con-
seguentemente. egli può dispens are validamente qualsiasi fedele da qualsiasi impedimento
matrimoniale di diritto eccles iastico. Restano esclusi solo gl' impedimenti di diritto divino.
naturale e positivo, che sono sottratti al potere di qualsiasi autorità uman a. Però anche il
Papa è tenuto "ad lieeitatem" a concedere una dispensa "ex iusta et rationabili cau sa".
Di regola, nella concessione delle dispense il Romano Pontetic e si vale dell'opera
delle Congregazioni Rom ane e della Pen itenzi eria Apostolica.
- Della Congregazione del Culto Divino e della Disciplin a dei Sacr amenti, per la
maggior parte deg l' impedi menti matrim oniali: cfr. Cost. Ap. Pastor Bonus. 28 giugno
1988. art. 63.
- Della Congregazione della Dottrina dell a Fede, per l'impedimento di disp arità
di culto . in quanto connesso con la fede: ibidem. n. 48.
- Della Congregazione per gl' Istituti di vita cons acrat a c per le Società d i vita
apostolica , relati vamente alla dispen sa dai voti : ibidem, n. 108 , § 1.
- Della Congregazione per l'Evangelizz azione dei Popoli (Propapaganda Fide)
per i matrimoni celebrati nei territori soggetti alla sua co mpetenza: n. 85 S8.
- Dell a Co ngrega zione per le Chiese Or ientali, per i matrimoni in cui almeno uno
dei contraenti sia di rito orientale: n. 56.
- Della Penitenzieria Apostolica, per tutti gl' impedimenti che riguardano il foro
interno. sacramentale e non sacra mentale: n. 118.

2) La competenza dell 'Ordinario del luogo 3853


1078 (104 0 *) In conformi tà con la deliberazione del Dccr. eon e. Christus
Dominus, n. 8, riportata nel can. 87, § I (v. il relativo commento), il can. 1078
296 LIBRO IV ~ Il "rnunussanctitlcandi' della Chiesa

CAN. 1079 - § 1. Urgente mortis § l. In pericolo di morte, l'Ordinario


perìculo, loci Ordinarius potest del luogo può dispensare i propri sudditi
tum super forma in matrimonii dovunque dimorino, e quanti sono attual-
celebratione servanda, tum super mente nel suo territorio, sia dall'osservan-
omnibus et singulis impedimentis za della forma prescritta per la celebrazio-
iuris ecclesiasticisive publicis sive ne del matrimonio, sia da tutti e singoli
occultis, dispensare proprios sub- gl' impedimenti di diritto ecclesiastico,
ditos ubique commorantes et om- pubblici e occulti, ad eccezione dell'im-
nes in proprio territorio actu de- pedimento derivante dal sacro ordine del
gentes, excepto impedimento orto presbiterato.
ex sacro ordine presbyteratus.
§ 2. In eisdem rerum adiunctis, § 2. Nelle medesime circostanze di cui
de quibus in § 1, sed solum pro ca- al § l, ma solo nei casi in cui non sia
sibus in quibus ne lociquidem Or- possibile ricorrere neppure all'Ordinario
dinarius adiri possit, eàdem di- del luogo, hanno il medesimo potere di
spensandi potestate pollet tum dispensare sia il parroco, sia il ministro
parochus, tum minister sacer rite sacro debitamente delegato. sia il sacerdo-
delegatus, tum sacerdos vel dia- te o diacono che assistono al matrimonio
conus qui matrimonio, ad nor- a norma del can. 1116, § 2.
mam can. 1116, § 2, assistit.
§ 3. In periculo mortis confes- § 3. In pericolo di morte, il confessore
sarius gaudet potestate dispensan- ha il potere di dispensare per il foro inter-
di ab impedimentis occultis pro no dagl'impedimenti occulti sia nell'atto
foro interno sive intra sive extra della confessione sacramentale che fuori
actum sacramentalis confessionis. di essa.
§ 4. In casu de quo in § 2, loci § 4. Nel caso di cui al § 2, si considera
Ordinarius censetur adiri non impossibile ricorrere all'Ordinario, se ciò
posse, si tantum per telegraphum possa avvenire solo per telegrafo o per te-
vel telephonum id fieri possit, lefono.

riconosce all'Ordinario del luogo (Vescovo diocesano e Presuli equiparati, Ammini-


stratore diocesano, Vicario generale ed episcopale: can. 134, § 2) un' ampia facoltà di
dispensa, ai fini di un più efficace "servizio pastorale". Contrariamente a quanto era
stabilito nel can. 1040 del Codice anteriore, egli può dispensare da tutti gl'impedimen-
ti di diritto ecclesiastico, ad eccezione di quelli la cui dispensa è riservata alla Sede
Apostolica:
- I propri sudditi dovunque dimorino, sia nel territorio di sua competenza che
fuori di esso
- Nel proprio territorio, tutti quelli che vi si trovino in atto, anche se forestieri o
girovaghi (can. 100)
La facoltà di dispensa spettante all'Ordinario del luogo è potestà ordinaria, annessa all'uf-
ficio, e perciò delegabile a norma del can. 137 tCommunicationes, a. 1983, p. 227, can. 1031,
* l, ad I).
3854 Gl'impedimenti la cui dispensa è riservata alla Santa Sede sono soltanto tre:
- L'impedimento derivante dagli ordini sacri (can. 1087)
- L'impedimento derivante dal voto pubblico e perpetuo di castità emesso in un
istituto religioso di diritto pontificio (can. 1088)
- L'impedimento del crimine di coniugicidio (can. 1090)
Il matrimoni o 297

Nel § 3 si precisa che la Chiesa non concede mai la dispensa dall'impedimento di 3855
consanguineità in linea retta o nel secondo grado della linea collaterale (matrimonio tra
fratello e sorella). L'impedimento di consanguineità nel primo grado della linea retta
(matrimonio fra padre e figlia e tra madre e figlio) è certamente di diritto naturale; circa
gli altri, come vedremo, si discute nella dottrina se siano di diritto naturale o ecclesia-
stico. Nel dubbio , la Chiesa esclude anche questi da ogni possibile dispensa.

3) In pericolo di morte 3856


1079 (1043-/044 *) Si ha il pericolo di morte quando, per qualsiasi causa interna
o esterna (una malattia grave, un 'operazione chirurgica difficile, condanna capitale con
esecuzione prossima, invio al fronte di guerra, ecc.), si ha il timore probabile della morte
anche di uno solo dei due contraenti. La Chiesa intende venire incontro a queste par-
ticolari situazioni, e concede speciali facoltà all'Ordinario del luogo, al parroco, ad altri
ministri sacri e allo stesso confessore, subordinandole al solo fatto del "pericolo di
morte" - che non è l'articulus mortis, proprio degli ultimi istanti di vita - senza le
condizioni apposte nel can . 1043 del Codice 1917: «ad consulendum conscientiae et , si
casus ferat, legitimationi prolis » (Communicationes , a. 1983, p. 227, can. 1032). È
superfluo notare che anche in pericolo di morte (come nel caso urgente di cui al can.
1080), la concessione della dispensa suppone una "iusta et rationabilis causa " , a termini
del can . 90. Occorre inoltre evitare ogni scandalo.
l ° L'Ordinario del luogo può dispensare i propri sudditi dovunque risiedano, e 3857
quanti sono in allo nel territorio di sua competenza:
- Dalla forma canonica prescritta per la celehrazione del matrimonio, vale a dire
sia dall'assistenza del ministro sacro, sia dalla presenza dei testimoni, sia da entrambe
le presenze insieme'.
- Da tutti e singoli gl'impedimenti di diritto ecclesi astico, pubblici e occulti, ad
eccezione dell'impedimento dell'ordine sacro del presbiterato. Può quindi dispensare
anche dall'impedimento del diaconato, come dall'impedimento derivante dal voto pub-
blico e perpetuo di castità, emesso in un Istituto religioso di diritto pontificio e dall 'im-
pedimento di crimine, circa i quali , nelle situazioni normali, egli non ha alcun potere di
dispensa (can, 1078, § 2).
2° Il parroco, il ministro sacro debitamente delegato, ecc. In pericolo di morte, 3858
dispongono della medesima facoltà di dispensare dalla forma come dagl'impedimenti
concessa all'Ordinario del luogo, ma solo nei casi in cui non sia possibile ricorrere
all'Ordinario del luogo:
- Il parroco (can. 1108, § I)
- Il ministro sacro, sacerdote o diacono, debitamente delegato (cann . 1108, § l,
e 1111)
- Il sacerdote o diacono, non delegato per assistere canonicamente al matrimonio,
ma presente ai sensi del can. Il 16, § 2
Resta escluso l'assistente laico, delegato a norma del can. 1112, poiché non è un
"ministro sacro".
Precisa il § 4 che si considera impossibile il ricorso all'Ordinario, se si debba, a tal 3859
fine, adoperare il telegrafo o il telefono (cfr. PCIC, Risposta del 12 nov. 1922, n. Y: X.
OCHOA, Leges Ecclesiae, l, n. 463 , col. 505) . Una tale disposizione serve ad evitare facili

, Fuori dd pericolo di morte, neppure il Vescovo diocesano può dispensare dalla forma
canonica del matrimonio (Pont. Comm . interprct. Codice, 14 maggio 1985: Communicationes a.
1985. p. 262, ili). Restano salve le facoltà previste nei cann. 1127. § 2, I 129 e I 165.
296 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 1079 - § 1. Urgente mortis § 1. In pericolo di morte, l'Ordinario


periculo, loci Ordinarius potest del luogo può dispensare i propri sudditi
tum super forma in matrimonii dovunque dimorino, e quanti sono attual-
celebratione servanda, tum super mente nel suo territorio, sia dali'osservan-
omnibus et singulis impedimentis za della forma prescritta per la celebrazio-
iuris ecclesiastici sive publicis sive ne del matrimonio, sia da tutti e singoli
occultis, dispensare proprios sub- gl' impedimenti di diritto ecclesiastico,
ditos ubique commorantes et om- pubblici e occulti, ad eccezione dell'im-
nes in proprio territorio actu de- pedimento derivante dal sacro ordine del
gentes, excepto impedimento orto presbiterato.
ex sacro ordine presbyteratus.
§ 2. In eisdem rerum adiunctis, § 2. Nelle medesime circostanze di cui
de qui bus in § 1, sed solum pro ca- al § 1, ma solo nei casi in cui non sia
sibus in qui bus ne loci quidem Or- possibile ricorrere neppure all'Ordinario
dinarius adiri possit, eàdem di- del luogo, hanno il medesimo potere di
spensandi potestate pollet tum dispensare sia il parroco, sia il ministro
parochus, tum minister sacer rite sacro debitamente delegato, sia il sacerdo-
delegatus, tum sacerdos vel dia- te o diacono che assistono al matrimonio
conus qui matrimonio, ad nor- a norma del can. 1116, § 2.
mam can, 1116, § 2, assistit.
§ 3. In periculo mortis confes- § 3. In pericolo di morte, il confessore
sarius gaudet potestate dispensan- ha il potere di dispensare per il foro inter-
di ab impedimentis occultis pro no dagl' impedimenti occulti sia nell'atto
foro interno sive intra sive extra della confessione sacramentale che fuori
actum sacramentalis confessìonìs, di essa.
§ 4. In casu de quo in § 2, loci § 4. Nel caso di cui al § 2, si considera
Ordinarius censetur adiri non impossibile ricorrere all'Ordinario, se ciò
posse, si tantum per telegraphum possa avvenire solo per telegrafo o per te-
vel telephonum id fieri possit. lefono.

riconosce all'Ordinario del luogo (Vescovo diocesano e Presuli equiparati, Ammini-


stratore diocesano, Vicario generale ed episcopale: can. 134, § 2) un'ampia facoltà di
dispensa, ai fini di un più efficace "servizio pastorale". Contrariamente a quanto era
stabilito nel can. 1040 del Codice anteriore, egli può dispensare da tutti gl'impedimen-
ti di diritto ecclesiastico, ad eccezione di quelli la cui dispensa è riservata alla Sede
Apostolica:
- I propri sudditi dovunque dimorino, sia nel territorio di sua competenza che
fuori di esso
- Nel proprio territorio, tutti quelli che vi si trovino in atto, anche se forestieri o
girovaghi (can. 100)
La facoltà di dispensa spettante all'Ordinario del luogo è potestà ordinaria, annessa all'uf-
ficio, e perciò delegabile a norma del can. 137 (Communicutiones. a. 1983, p. 227, can. 1031,
* I, ad I).
3854 Gl'impedimenti la cui dispensa è riservata alla Santa Sede sono soltanto tre:
- L'impedimento derivante dagli ordini sacri (can. 1087)
- L'impedimento derivante dal voto pubblico e perpetuo di castità emesso in un
istituto religioso di diritto pontificio (can. 1088)
- L'impedimento del crimine di coniugicidio (can. 1090)
Il matrimonio 299

supposto per altro che egli sia presente, come previ sto dal citato can. 1116, *2 iCommu nicutiones,
a. 1977 , p. 350, can. 269, lett . b).

4) Il caso di emergenza 3861


1080 (1045*) È il cosiddetto "caso perple sso" , che ha luogo quando si verificano
congiuntamente due circostanze:
IO Si viene a scoprire un impedimento allorché tutto è già pro nto per le nozze,
ossia quand o le pratiche prematrimoniali di cui al can. 1067 sono state tutte o quasi tutte
espletate. e la celebrazione del matrimonio è ormai imminente o almeno prossima".
2 0 Non è possibile, senza probabile peticolo di grave danno, morale o materiale,
differire il matrimonio finché non si ottenga la dispens a dall'autorità competente.
A termini della Risposta n. IV della Pont. Co mm. per l' interpr. del Codice, in data IO
marzo 1921 , la scop erta de ll' impedi mento non de ve int endersi in se nso asso luto , ma so lo
rela tiva me nte al parr oco o all' Ordi nar io del luogo , va le a dire qu and o l' impcd imen to venga a
conosce nza dell' un o o de ll ' a ltro, anche se ess o sia già co nosci uto da altre pe rsone ( X . O CHOA ,
Leges Ecclesiae, l, n. 338, co l. 373) .
In questo caso di emergenza, hanno facoltà di dispensare da tutti gl' impedimenti 3862
matrimoni ali di diritto eccle siastico - ad eccezione dell'impedimento derivante dagli
ordini sacri o dal voto pubblico perpetuo di castità eme sso in un Istituto religioso di
diritto pontificio (can . 1078, § 2, n. I) - sia l'Ordinario del luogo , sia gli altri ministri
sacri indicati nel can. 1079, §§ 2-3, in maniera per altro differen ziata:
I" L'Ordinario del luogo può dispensare dagl'imped iment i accennati, nei casi sia
occulti che pubblici.
2 0 Gli altri ministri sacri (parroco, sacerdote o diacono debit amente delegati, sa-
cerdote o diacono presenti ai sensi del can. 1116, § 2, co nfessore) possono dispensare
solo nei casi occulti. La dispen sa è possibile anche se il caso di "emergenza sia stato
provocato deliberatamente dagli stessi contraenti, nascondendo ad esempio l'impedi-
mento che si oppone alle loro nozze.
Il Cod ice non parla d 'i mpedimenti occ ulti, ossia non dim ostrabili in foro esterno (ca n. 1074 ), 3863
ma di casi occulti. oss ia d'impedimen ti che non sono divulgati né si supp one fondatamen te che si
divulgheranno. Pertanto, nel presente canone, sono da co nsidera rsi occ ulti anche gl' imped imenti
matrimo nia li, che. pur esse ndo pubbl ici di loro natura, poiché fondati su un fatto "ex se" pubblico
(per es., la co nsanguineità, la professione religiosa in un istituto di diritt o pontificio), di fallo però
non sono co nosci uti: PCfC , 28 die. 1927 , n. III: X. Ocnox, Leges Ecclesiae, l, n. 802 , col. 920) .

(, L 'e spressione "cum iam ornnis sunt parata ad nuptias" è stata riprod otta testualmente dal
*
can. 1045, l , de l Cod ice precedent e. Tutti ammetteva no che la detta es press ione dovesse esse re
intesa in se nso ampio. ma da alcuni era inter pretata co me " una co ndicio sine qua non" , da altri.
invece, più fond atamente, come una semplice circosta nza in cui suole verificarsi la grav e e urgente
necessità, che co nsente la concess ione dell a dispen sa da parte delle persone indicate nel cano ne. Se
si trattasse di "condicio sine qu a non", la validità de l matrim onio dipend ereb be da una cla uso la che
non è facile va lutare co ncretamente , e que sto cause rebbe gravi perplessità, che certa mente il legi-
slatore non intende creare .
Secondo P. Cappell o, «verba cum iam omn la sunt l' a rata ad nuptias non sign ificant
conditionem sine qua non, sed exprimunt peeuli arem facti circum stantiam: idcirco non habent
sensum exclu sivum sed indicativum, qu atenus indicant pcculiaria adiuncta, in quibus verifica ri solct
casus gruvis et urgentis necessitatis, seu his verbis aeq uivalcnt: Possunt locorum Ordin arii... ex tra
rnortis periculum. in quolibet casu gravis et urgentis necessitatis, dispensationern co ncedere» (De
matrimonio, ed. 1961 , pp. 2 19-220, n. 234) . Il senso indicati vo dell a espressio ne risult a chiara men-
te anche da una rispos ta dell a Pont . Co mm. per l' interpretazione del Codice , 27 luglio 1942 (X.
OcUOA. Leges Ecclesiae , Il, n. 1740. co l. 2 136, I).
300 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chies,",

CAN. 1081 • Parochus aut sacer- Il parroco o il sacerdote o il diacono, di


dos vel diaconus, de quibus in can. cui al can. 1079, § 2, informi immediata-
1079, § 2, de concessa dispensatio- mente l'Ordinario del luogo della dispen-
ne pro foro externo Ordinarium sa concessa per il foro esterno, la quale
loci statim certiorem faciat; eaque dev'essere anche annotata nel registro dei
adnoteturin libro matrimoniorum. matrimoni.
CAN. 1082· Nisi aliud ferat Pae- Se il rescritto della Penitenzieria non
nitentiariae rescriptum, dispen- dispone diversamente, la dispensa da un
satio in foro interno non sacra- impedimento occulto concessa nel foro
mentali concessa super impedi- interno non sacramentale, sia annotata nel
mento occulto, adnotetur in libro, libro, che dev'essere conservato nell'ar-
qui in secreto curiae archivo asser- chivio segreto della curia; né occorre una
vandus est, nec alia dispensatio ulteriore dispensa per il foro esterno, qua-
pro foro externo est necessaria, si lora l'impedimento occulto divenga in
postea occultum impedimentum seguito pubblico.
publicum evaserit,

3864 3° Il confessore, come disposto nel can. 1079, § 3, esercita la sua facoltà sia
nell'atto della confessione sacramentale che fuori di essa, ma solo per il foro interno.
Ovviamente, in pericolo di morte qualsiasi sacerdote può essere "confessore", a
norma del can. 976.
3865 Le suddette facoltà, concesse dal diritto valgono anche per la convalidazione del
matrimonio (cann. 1156-1160), qualora ricorra il medesimo caso di emergenza, vale
a dire:
- Che manchi il tempo necessario per ricorrere alla Sede Apostolica o all'Or-
dinario del luogo, relativamente agl'impedimenti da cui questi può dispensare
- Che insieme esista un probabile pericolo di grave danno nell'eventuale ritar-
do della convalidazione
In questa ipotesi, il ministro competente che procede alla convalidazione del
matrimonio, ha pure la facoltà di dispensare da eventuali impedimenti, nell'ambito
del paragrafo precedente.
Sembra che la convalida di cui al detto can. 10SO, § 2, debba intendersi in senso stretto, ossia
come convalida semplice (cann. 1156-1160): da una parte, perché la "sanatio in radice" è riservata
alla Sede Apostolica e al Vescovo diocesano (can. 1165), e gli altri Ordinari del luogo di cui al
can. 134, §§ 1-2, non dispongono di alcun potere a tal riguardo, e hanno bisogno di un mandato
speciale (can. 134, § 3); e d'altra parte, perché la "sanatio in radice" comporta già da se sola la
dispensa dagli eventuali impedimenti (can. 1161, § I).

3866 5) La comunicazione all'Ordinario del luogoe l'annotazione nel registrodei


matrimoni
1081 (/046*) La dispensa da un impedimento matrimoniale concessa per il foro
esterno, a termini del can. 1079, § 2, dev'essere comunicata subito (statim), ossia per
sé nel giro di due o tre giorni, all'Ordinario del luogo, a cui spetta di controllare se tutto
è stato compiuto nella piena osservanza delle norme prescritte. La disposizione ha lo
scopo di prevenire facili abusi o altri inconvenienti.
L'obbligo della comunicazione grava personalmente sul parroco (anche se la di-
spensa sia stata concessa dal ministro sacro da lui delegato per l'assistenza al matrimo-
nio), e sul sacerdote o diacono di cui al can. 1079, § 2.
Il matrimonio 301

CAPITOLO III
GL'IMPEDIMENTI DIRIMENTI IN PARTICOLARE

CAN. 1083 • § 1. Vir ante deci- ~ I. L'uomo prim a dei sedici anni com-
mum sextum aetatis annum com- piuti e la donna prima dei quattordici pa-
pletum.mullerantedecìmumquar- rimenti compiuti non possono co ntrarre
tum item completum, matrìrno- un matrimonio valido.
nium validum inire non possunt.
§ 2. Integrum est Episcoporum § 2. La conferenza Episcopale può sta-
conferentiae aetatcm superiorem bilire un'et à superiore, per la lecita cele-
ad Iicitam matrimonii celebratio- brazione del matrimonio.
nem statuere.

La dispen sa concess a nel foro esterno dev'essere inoltre annot ata regolarmen te nel
registro dci matrimoni. Non dev'es sere invece annotata in nessun registro - e neppure
dev' essere comunicala all' Ordinario del luogo - la dispen sa conce ssa dal confessore
nel foro intern o sacrament ale, poiché essa fa parte del sigillo confessi onale. La relativa
dispensa ha ovviamente valore soltanto nel foro interno , per cui, se l'impedimento
occulto (can. 1089, § 3) di ventasse in seguito pubblico, sarebbe necessaria una nuo va
dispen sa per il foro estern o (can, 1047, ultima parte, Codi ce 1917).

6) Disp ensa da L1n impedimento occulto Ile/foro intern o non sacramentale 3867
1082 (/047* ) Il canon e considera il caso della dispensa da un imped imento occul-
to. conce ssa dalla Pcnitenzieria Apostolica, nel foro interno non sacramentale. In questa
ipotesi, la dispensa va annotata nel particol are libro da conservarsi nell'archivio segreto
della Curia, tranne che la Sacra Penitenzieria disponga diversamen te. Trattando si co-
munque di foro interno non sacramentale, qualora l'impedimento occulto diventi in
seguito pubblico, non ci sarà bisogno di una nuova dispensa: basterà rendere pubblica
la registrazione che esiste nell'archivio segreto.
1/ canone non con sidera il caso del/a dispe nsa da un impedimento occ ulto, concess a nel loro
interno non sacra mentale dal co nfessore . Riteni am o che anch e que sta dispen sa debba per sé essere
annot ata nel particolare reg istro della Cur ia, tranne che il penitente si opp ong a.

GL'IMPEDIMENTI MATRIMONIALI IN PANTICOLARE (cann.1083-1094) 3868


Schema
I. 1/ difett o di età 7.' 1/ mila dell a donn a a scopo di matrimonio
2. L'impotenza "coé undi" 8. 1/ crim ine di co niugicidio
3. Il vinco lo di un matrim onio precedente 9. La co nsang uine ità
4. La dispari tà di culto IO. L'affinità
5. L'ordine sacro Il . La pubbli ca onest à
6. Il vot o pubbli co perpetuo di cas tità 12. La parentela legale
e messo in un Istituto religioso 13. Principal i differen ze fra il Cod ice at-
tnale e quello precedente

Gl'impedimenti canonici, di diritto divino e di diritto ecclesiastico, enumerati nel- 3869


l'attuale legislazione , sono dodici . Sono tutti dir imenti , poiché, come s' è già accennato,
gl' impedi menti impedienti della legislazione anteriore sono stati soppressi. GI'impedi-
302 LIBRO IV - Il "munus sanctiflcandi" della Chiesa

menti di diritto ecclesiastico possono essere dispensati dalla competente autorità, poiché
sono stati istituiti dalla Chiesa e restano sotto la sua autorità. Gl'impedimenti di diritto
divino non sono suscettibili di dispensa, e la Chiesa non ha per sé su di essi alcun potere.
Agl'impedimenti di diritto divino sono soggetti tutti gli uomini, anche quelli non
battezzati. Agl'impedimenti di diritto ecclesiastici soltanto i battezzati nella Chiesa catto-
lica o accolti nella medesima (non quindi i battezzati che fanno parte di una Chiesa o
comunità ecclesiale non cattolica), ai sensi dei cann. II e 1059 (cfr. il relativo commento).

3870 1. n difetto di età


1083 (l 067. § l *) Per la valida celebrazione del matrimonio canonico, come di
quello civile, è necessario che i contraenti abbiano l'età prescritta dalla legge. Il relativo
impedimento è fondato "ex se" su ovvi motivi di carattere morale, sociale, eugenetico,
e ovviamente anche economico.
3871 a) La legge romana
L'impedimento di età deriva al diritto canonico dal diritto romano. I Romani, in-
fatti, ammettevano alla celebrazione del matrimonio soltanto i giovani che avessero
raggiunto la pubertà, ossia lo sviluppo fisico che li rendeva atti alla generazione (ma-
turità fisiologica o sessuale).
Vi era, tuttavia, un acceso contrasto fra due scuole o tendenze: i Sabiniani soste-
nevano, con maggiore rigore, che la pubertà dovesse accertarsi caso per caso mediante
una ispezione fisica (pubertà reale); i Proculeiani invece, con maggiore larghezza, so-
stenevano che la pubertà dovesse determinarsi con un criterio generale per tutti, in base
a una presunzione di diritto (pubertà legale).
La tesi dei Proculeiani fu accolta da Giustiniano, il quale fissò con presunzione
iuris et de iure l'età di 12 anni compiuti per il matrimonio della donna, e di 14 anni
parimenti compiuti per il matrimonio dell'uomo. Contro tale presunzione non era am-
messa alcuna prova in contrario, e il matrimonio restava vietato in ogni caso, senza
possibilità di eccezione, per i giovani di età inferiore.
3872 La posizione della Chiesa. La Chiesa, che all'inizio s'era adattata alle norme
locali, accolse in seguito l'età matrimoniale fissata da Giustiniano, apportandovi una
modifica circa la presunzione giuridica, che non fu più "iuris et dc iurc", ma "iuris
tantum", per cui l'impedimento veniva a cessare qualora i giovani che non avessero l'età
prescritta possedessero la necessaria maturità fisica e psichica: nisi malitia - vale a dire
la "potenti a sexualis" - suppleat aetatem.
Il Codice di Diritto Canonico del 1917 conservò l'età di 12 e 14 anni compiuti
in ordine alla determinazione della pubertà della donna e dell'uomo (can. 88, § 2*), ma
elevò rispettivamente a 14 e a 16 anni compiuti l'età minima, ma necessaria per poter
contrarre validamente il matrimonio (can. 1067*).
La diversa età per i due sessi venne conservata secondo la tradizione giuridica, in
considerazione della più precoce maturità fisica e psichi ca che si riscontra nella donna .
3873 b) Il nuovo Codice di Diritto Canonico (can. 1083)
lO Il criterio della maturità biologica. La medesima età è stata conservata nel
nuovo Codice. Alcuni, tuttavia, avrebbero voluto che si stabilisse la medesima età per
l'uomo e per la donna, altri un'età rispondente a quella prescritta negli ordinamenti
civili. Ma i Consultori del Gruppo "De iure matrimoniali" decisero di confermare i limiti
stabiliti dal diritto precedente, poiché si ritenne che, supposta la debita maturità psico-
logica, non si dovesse vietare il matrimonio, che è un diritto di natura, a chi avesse
raggiunto la maturità biologica. D'altra parte - si aggiunse - bisognava tener conto
delle diverse culture dei popoli e dei loro diversi costumi.
IImairimonìo 303

2° Perplessità e riserve. L'età di 14 e 16 anni con servata nel nuovo Codice suscita 3874
tuttora perplessità e riserve da parte di non pochi autori, i quali ritengono che la legge
avrebbe dovuto fondarsi non solo sulla presunzione della maturità biologica, ma anche
di quella psicologica. Ora - si osserva - è molto raro che un giovane, all'età di 14-
16 anni, sia in grado psichicamente di valutare con sufficiente responsabilità i gravi
doveri che il matrimonio importa e di assumerne coscientemente gl'impegni essenziali,
come pur richiede il can. 1095. Fra tali impegni è anche quello dell'educazione dei figli,
che ovviamente richiede la necessaria effettiv a maturità .
3° Un duplice fatto significativo. Bisogna riconoscere che i suddetti rilievi hanno
una certa consistenza, soprattutto se si considerano due fatti concreti:
- Un dato statistico, da cui risulta che il maggior numero di separazioni e di
divorzi si ha tra coloro che hanno contratto matrimonio in età inferiore ai 20 anni
(teenagers) .
- n fatto che, nell' attuale ordinamento canonico, si esige un'età superiore in
genere ai 14-16 anni per il compimento di atti giuridici o per l'assunzione di compiti e
di uffici, che hanno spesso una importanza minore di quella del matrimonio, che impe-
gna totalmente e per tutta la vita l'esistenza di due giovan i.
Riporti amo alcuni interes santi rilievi sul problema dell'età matrimoni ale, contenuti 3875
nella sentenza del 2 febbraio 1982, n. 16, della Corte Costituzionale Italiana:
- Gi à in sede di lavori preparatori del nuovo Codi ce Ci vile non erano manc ate voci,
peraltro non ascoltate. contrarie ai s uddetti limiti di età (16 anni compiuti per l'u omo e 14
similmente compiuti per la donna ), perché ritenuti oltremodo bassi. Autorevole dottrina con-
siderava fin d'allora co me essi non solo fossero da censurare per ragioni fisiologiche ed
euge netic he. ma s i pone ssero so prattuu o in co ntrast o con la prim a esigenza che i nubendi
abbiano piena co nsape vo lezza dei complessi obblighi che il matrimonio comporta, e degl' im-
pegni che ad ess i con seguono nel l'ambito della famiglia c he ne trae ori gine, so prattutto nei
confronti de i figli .
- Son o state individuate almeno tre ragioni specifiche che consigli ano di ele vare l'età ne-
cessaria per il matrimoni o.
Innanzi tutto, la fine della famiglia patriarcale, che porta i nuovi coniu gi ad una maggiore
autonomia di vita nel conte sto dci tessuto sociale.
In seco ndo luogo , la necessità di una formazi one scolare più lunga , qualunque ne sia il campo
operativo verso il quale l' individu o è direttn.
Infine , l'avvertita esigenza che la vita matrimoniale venga affrontata con maggiore prep ara-
zione e so prattutto che il matrimonio non sia soltanto un passaggi o cronologico di fasi di vita, ma
anche una maggi ore respon sabilizzazion e dell 'individu o.
Si è altresì consi derato che l'abbassamento dei limiti di età , operato nel 1929, è risultato
nefasto nei suoi riflessi concreti; cert o è, infatti , che i matrimoni contratti da giova nissimi hanno
un'esi stenza precaria, com 'è dim ostrato dall 'altissimo nnme ro di separazioni. Sì che, conclusiva-
mente , è apparso vera mente co ntra rio alla rilevanza giuridica e morale che la Costituz ione dà al
matrim onio, il manten iment o agli attuali limiti dell'età necessaria per compiere un atto di tanta
importanza individuale e soci ale .

c) Ulteriori norme c chiarimenti 3876


l ° Facoltà delle Conferenze Episcopali (can. 1083, § 2). Le Conferenze Epi-
scopali possono stabilire un 'età superiore, tenendo conto delle circostanze ambientali
e culturali del proprio territorio, ma solo per la lecita celebrazione del matrimonio.
Con delibera n. IO dci 23 dicembre 1983, entrata in vigore il 23 gennaio succes-
sivo, la Conferenza Episcopale Italian a ha fissato a 18 anni l'età ord inaria per la
celebrazione del matrimonio relig ioso, per l'uomo e per la donn a iEuchir. CEI, voI.
3, p. 915, n. 1598 ).
304 LIBRO IV . Il "munus sanctificand i" od ia Chlcsc

2° Matrimoni concordatari. [) Codice Ci vile Itali ano fissa l'età minima, per poter
co ntra rre matrim onio, a 18 anni compiuti. che. per decreto del tribunale. pos son o esser
ridott i a 16, qu alo ra intervengano mot ivi gravi e sia accertata la maturità psico-fisica del
gio vane (art . 180).
Nella celebrazione del matrimonio dei minorenni, da tra scrivere civilmente , oc co rre
tener presenti tali disposizioni . poiché, a term ini dei nuovi Accordi intervenuti fra la
Sant a Sed e e la Repubblica Itali an a il 18 febbr aio 1984 , il mat rimonio religio so di
giov ani di età inferiore ai 16 ann i non può essere trascritto in nes sun modo, c quell o dei
giovani che abbia no compiuto 16 anni, rich iede la pre via autorizzazione del tribunale
civ ile.
3877 Norme della CEI: art t. 36-37 del Decreto Generale , 5 nov . 1990 : Enchir. CE1, voI.
4, nn. 2650-2651.
- N. 36: «L' Ordinario del luogo non conceda la dispensa dall'i mpedimento di età stabilito
dal can. 1083, § I. se non per ragioni gravissime. dopo aver valutato le risultanze di un esame
psicologico. compiuto da un consultorio di ispirazione cristiana o da un esperto di fiducia. circa la
capacità del minore di esprimere un valido consenso e di assumere gl' impegni essenziali del
matrimonio ai sensi dei cann. 1057 e 1095 .
Lo stesso Ordinario faccia presente agl'i nteressati, alle loro famiglie e anche ai fedeli. che le
ragioni di convivenza sociale o di prassi tradizionale non valgono da sé sole a configurare gli
estremi della speciale gravità, ricordando che anche gli aspetti etici eventualmente implicati dal
caso debbono comporsi con la morale certezza circa la stabilità del matrimonio e considerando che
nella fattispecie il matrimonio canonico non potrà conseguire gli effetti civili».
- N. 37: «La dispensa dalla delibera n. IO della Conferenza Episcopale Italiana, concernente
la proibizione del matrimonio dei minorenni aventi età superiore a quella stabilita dall'im pedimento
di cui al numero precedente, può essere concessa dall'O rdinario del luogo soltanto in presenza di
ragioni gravi.
La celebrazione del matrimonio canonico può essere autorizzata dall'Ordinario del luogo
quando il parroco è in grado. oltre che di motivare la gravità delle ragioni, di assicurarsi circa la
libertà del consenso e la maturità psicofisica del minore, eventualmente mediante l'inter vento di un
esperto del consultorio di ispirazione cristiana, soprattutto se la persona minore non è prossima al
raggiungimento del diciottesimo anno di età.
Di norma non si permetta la celebrazione del matrimonio canonico prima che il tribunale per
i minorenni abbia rilasciato " autorizzazione a procedere, senza il quale non è possibile ottenere la
trascrizione agli effetti civili».
3878 3° Natura dell'impedimento di età. Ex se è un impedimento di diritto ecclesia-
stico. poi ché il dir itto natural e esige solo il sufficie nte uso di rag ione, l' ade gu ata matu-
rità psicolog ica e l' assen za di ano malie psichiche che impedisc ano di as sumere gli
obblighi del matrimonio (can. 1095) . Il relativo divieto, come s'è già notato, ob bliga
solt anto i battezzati cattolici. Non vi è soggetto iI contraente non batt ezzato o battezzato
non ca tto lico , e neppure nel caso di un suo matrimonio co n un batt ezzat o non cattolico ,
e neppure nel ca so di un suo matrimoni o con un battezzat o ca tto lico .
Di co nseg uenza , il matrimonio celebrato fra un gio vane cattoli co di 18 ann i e una
rag azza non battez zata di 13 anni , è pienament e valido (se mpre che la ragazza ab bia
ragg iunto la necessari a maturità psicologica), né c'è bisogno di di spen sa (è necessaria,
nel caso, solo la dis pensa dall' impedimento di disparità di culto: can . 1086 , § I) . Se
invece il mat rimonio ha luogo sen za la debita dispensa fra un gio vane cattolico di 15
anni e una giovane non battezzata di 16 anni, il matrimonio è invalido.
3879 4° Il computo degli anni. Nell'impedimento di età, gli anni devono es sere co m-
piuti integralme nte. Se manca sse anche un so lo giorn o all' età stabilita, il matr imonio
sarebbe inv alid o. Una tale null ità, a moti vo di un solo gio rno o anche di poc he ore,
potrebbe semb rare strana, ma la norma giuridica non amm ette alt re poss ibili tà e va
osservata in mod o rigoroso.
Il matrimonio 305

CAN. 1084 - § l. Impotentia § L L'impotenza antecedente e perpe-


coéundi antecedens et perpetua, tua a compiere la copula sia da parte del-
sive ex parte viri sive ex parte mu- l'uomo sia da parte della donna, tanto as-
Iieris, sive absoluta sive relativa, soluta che relativa, rende nullo il matri-
matrimonium ex ipsa eius natura monio per la sua stessa natura .
dirimit.
§ 2. Si impedimentum lmpoten- § 2. Se l'impedimento d'impotenza è
tiae dubium sit, sive dubio iuris dubbio, sia per dubbio di diritto che per
sive dubio Caeti, matrimonium dubbio di fatto, il matrimonio non dev'es-
non est impediendum nec, stante sere impedito, né può essere dichiarato nul-
dubio, nullum declarandum. lo, finché sussista il dubbio.
§ 3. Sterilitas matrimonium nec § 3. La sterilità né proibisce né dirime il
prohibet nec dirimit, firmo prae- matrimonio, fermo restando il disposto del
scripto can. 1098. can. 1098.

L'anno va computato in conformità col can . 203, § l, in cui si dispone che il giorno
"a quo" non si computa mai nei termini. tranne che il termine o momento iniziale
coincida con l'inizio del giorno o sia disposto altro espressamente nel diritto . Se pertanto
il momento iniziale cade alla mezzanotte, quando ha inizio il nuovo giorno, il giorno
iniziale si computa nei termini concessi o prescritti ; se invece cade dopo la mezzanotte,
qualunque sia l'ora, il giorno non si computa, perché non è intero.
Conseguentemente, un giovane nato ad esempio il I o gennaio 1985, in qualsiasi ora
dopo la mezzanotte (alle tre del mattino , alle 15 del pomeriggio, ecc.), potrà contrarre
matrimonio validamente solo a partire dalla mezzanotte fra il IOe il 2 gennaio del 2001.
50 Cessazione dell'impedimento. Il difetto di età è un impedimento ternpora- 3880
neo: cessa ex se non appena si sia raggiunta l'età richiesta. Non per questo, tuttavia,
viene sanato il matrimonio che eventualmente sia stato contratto invalidamente a
motivo del difetto di età . Il matrimonio resta nullo e occorre convalidarlo a termini
del can. I 156-1158.
L'impedimento del difetto di età non è riservato alla Sede Apostolica: può dispen-
sare da esso anche l'Ordinario del luogo a termini del can. 1078, § l, sempre che non
ci siano dubbi sulla maturità psicologica del contraente. La mancanza della debita
maturità determinerebbe un vizio sostanziale di consenso (can. 1095, n. I).
6 0 La maturità sessuale. Si è detto che l'età matrimoniale fissata dalla legge si 3881
fonda sulla presunzione della maturità biologica. Non è però necessario che il giovane,
il quale si sposa a 16 anni compiuti . sia già in grado di compiere l'atto sessuale. Per
motivi vari, potrebbe non esserlo ancora , ma il matrimonio sarebbe pienamente valido,
purché, ovviamente, si tratti di semplice ritardo del normale sviluppo, e non di anomalia
fisica legata ad impotenza, e purché esista la debita maturità psichica, che renda possi-
bile il consenso di cui ai cann. 1095-1096.
D'altra parte, se il giovane si sposa prima dei 16 anni compiuti senza la legittima
dispensa, il matrimonio è invalido, anche se egli nell'atto della celebrazione possegga
già la capacità sessuale e quella psichica.

2. L'impotenza "coeundi" 3882


1084 (1068*) L'impotenza "coéundi" o sessuale è stata ed è tuttora uno degl'im-
pedimenti matrimoniali più discussi nella dottrina e nella giurisprudenza. Il Gruppo di
Studio "De iure matrimon iali" ne ha fatto oggetto di esame e di ampia discussione
306 LIBRO IV . Il "mu nus sa nctificandi" della Chiesa

(Communicationes. a. 1971, p. 74; a. 1974, pp. 177-198; a. 1975, pp. 52-62 ; a. 1877,
pp. 360-362 ), ma non ne ha determin ato il concetto né gli elementi. Si è limitato a
richiamare alcune sue caratteristiche e a distinguerle dalla sterilità.
L'impotenza sess uale è trattata nel can. 1084, a cui va annesso il ca n. 1061. § l,
circa il principio che il matrimon io è consumato «se i coniugi compiono tra loro, in
modo umano , l' atto coniugale idoneo per sé alla gener azione dell a prole, al quale il
matrimon io è ordinato per sua natura e per il quale i coniu gi di ventano una sola carne».
Second o la dottrina prevalente, l' impotenza, è un impedimento di diritto natura/e.
Non mancano tutta via autori di rilievo, i quali sostengono che si tratti di un impedime nto
di diritto ecclesiastico. La questi one fu discussa in seno al Gruppo di Studio "De iure
matrimon iali", e i pareri non furono del tutto concord i (cfr. Communicationes, a. 1975,
pp. 54-56 ; a. 1977, pp. 360-36 1)1 . Si decise pertanto di adottare una formul a più attenta,
affermando che l' impotenza "coéundi" antecedente rende nullo il matrimonio ex ipsa
eius natura, 11011 ipso naturae iure; com' era detto nel Codice del 1917 (can. 1068 , § I)
e si era riportato nello Schema (Communicationes, a. 1975, pp. 55-5 6; cfr. anche a.
1977 , p. 361, can. 283, § l) . Le due formule, tutta via, sono sosta nzialmente identi che,
poiché l' una e l'altra afferman o che si tratta di un imped imento di diritto naturale, di cui
nessuna autorità umana può dispen sare (cfr. Re/aria /981 , p. 252, can. 1037,2).
3883 A) Concetto e caratteristiche
L'impotenza "co éundi" consiste nella incapacità di compi ere o portare a termine
l' atto sessuale. Tale incapacità deve avere unitariamente le seguen ti caratteristiche:
3884 IO Dev'essere antecedente al matrimonio, deve cioè sussistere all'atto della sua
cel eb razione. Una impote nza c he so praggiungesse dopo le noz ze (im po te ntia
subsequens), a causa di una malattia, di un incidente, ecc., non intlui rebbe in alcun
modo sulla validità del matrimonio già contratto regolarmente.
2° Dev'essere perpetua: l'i mpotenza temporanea che cessi da sé o da c ui si possa
guarire con rimedi facili, ordinari, certamente non costituisce impedimento. Se invece
fosse necessario il ricorso a mezzi straordinari che comp ortino un grave pe ricolo di vita
o un grave danno per la salute, o a mezzi illeciti, la cosa è discussa: da alcuni una tale
impotenza giuridicamente viene considerata perpetua; da altri, forse più fondatamente,
temporanea, per cui non costituisce alcun impedimento.
Nella termin ologia medica . l' impotenza perpetua è solo quella del tutto inguaribile. Se può
guarire col ricorso a mezzi straordin ari, rischiosi, o anche illeciti, è cons idera ta temporanea. Oggi
comunque. per i grandi progressi della medicina e della chirurgia, molti rischi si sono atten uati o
non es istono più, e quel che un tempo poteva essere un mezzo strao rdinario e perico loso. o
addirittura impossibile, è ormai un mezzo ordinario, poiché non comporta gravi difficoltà. E il

I Cfr. Communicationes . a. 1975, pp. 54-56: a. 1977, pp. 360 -361. Rilievi di un Consultore:

- Hist orice con st at non se rnper neque com munite r adm issam fuisse doct rina m de
ìncapacìtate eorum qui impote ntia laborant contrahendi matrirn oniurn , lmp orentes enim ante
Innocentium III adm issi sunt ab Ecclesia ad contrahendum matrim onium, et auctores maximi
nomini s (S. Thornas, Petrus Lornbardus) admi serunt possibilitatern hu iusm od i mat ri monii.
Communiter dicitur legern naturalern inscriptam esse in cordibus nostris, quod sccumfert omnes
idem sentire debere circa praecipua postulata iuris naturae. Iamvero talis conscnsus unanimis non
habetur circa impotentiam, imo , si etiarn extra Ecclesiam inspiciatur . mult i sunt qui censeant
impotenti am coéundi non irritare matri monium (cfr. leges civiles). Videretur quod et iam illustris
Professor, qui votum pro nostra Commissione fecit, sit aliquo modo incert us... Nemo dub itar quin
matrirnonium ordinaturn sit ad prolem, scd nimi s Consultores premu nt hoc argumentu m. Haec ratio
agendi nos perducere deberet ad irritandurn matrimonium quando non adsit verum serne n, quando
mulier sit excisa, etc.; imo etiam quan do impote ntia supèrvenit. matrimonium solvi deberet (Com -
muni cationes , a. 1975, p. 55, l" e 20 epv.).
Il mutrimonin 307

progresso scientifico , ovviamente, è in continua crescita. Ne viene di conseguenza che l'impotenza


perpetua è UI1 concetto relativo, perché rapportato al tempo, alle circostanze, al luogo, alle possi-
bilità concrete. Tutto ciò è di particolare importanza soprattutto in relazione alla impotenza
funzionale (o psichica in senso stretto).
3 0 Dev' essere certa: una impotenza dubbia, per dubbio sia di diritto che di fatto,
a termine del § 2 non impedisce il matrimonio. La ragione è chiara: la facoltà di
contrarre matrimonio è un diritto fondamentale della persona umana, e di norma, finché
non si sia dimostrata con certezza morale l'e sistenza di una situazione o circostanza che
la renda inabile ad esercitarlo, tale diritto non può esserle negato.
Coerentemen te, il § 2 dispone inoltre che un matrimonio celebrato con una 3885
impotenza dubbia non può essere dichiarato nullo finché sussista il dub bio: stante
dubio, il matrimonio gode del favore del diritto , a termine del can. 1060 . Si chiude ,
in tal modo, una palese co ntraddizione esistente fra la prassi amministrativa che,
fondata sul ca n. 1068 , § 2, del Codice 1917. ammette va al matrimonio le persone
affette da impotenza dubbia, e una certa tendenza dei tribunali eccle siastici, compresa
la Romana Rota, che in non pochi casi, "stante adhu c dubio" , deliberarono la nullità
di siffat ti matrimoni".
L' impotenza può essere sia assoluta che relativa: l'impotenza assoluta (I'i ncapa- 3886
cità di compiere la copula coniugale con qualsiasi partner) rende il soggetto incapace di
contrarre matrimonio con qualsiasi persona; quella relativa, solo con una o più persone
determinate, con le quali non si è in grado di compiere la copula.
L'impotenza sess uale può essere inoltre organica o funzionale. La prima deriva
da un difetto anatomico dell' apparato geni tale, e il suo carattere perpetuo o tempo-
raneo dovrà essere accertato da un' attenta perizia medica . La seconda è dovut a a un
difetto fisiologico , prodott o da cause nervose , psichiche o endocrine. Attesa la natur a
delle dette cause. l'impotenza funzionale non è facilmente determinabile ; in genere
è piuttosto raro che sia da consid erar si perpetu a. È per altro da notare che la
perpetuità della impotenza funzionale. specie se di natura psichi ca, è ammessa oggi
dalla giurisprudenza più facilmente che nel passato. Ciò dipende anche dal progresso
delle scien ze psicologiche, il cui fondamento oggettivo è ora riconosciuto più aper-
tamente, così che anche le perizi e psicologich e hanno trovato accesso nelle valutazio-
ni dei tribunali ecclesias tici.
B) Approfondimento 3887
lO Una Dichiarazione del S. Ufficio. L'impotenza-impedimento è l'inc apacità di
compiere l' atto coniugale, detto "copula", che. secondo la dottrina comune, consiste
nella penetrazione del membro virile con la conseguente effusione del seme nella vagina
della donna. A termine della Dichiarazione del S. Ufficio in data l " marzo 1941, non
si richiede la totale penetrazione del membro virile nella vagina.
Dubium proposto: «Utrum ad copulam perfectam et matrimonii consumationern
requiratur et sufficiat, ut vir aliquo modo, etsi imperfecto, vaginam penetret, atque
immediate in ca seminalionem saltem partialem naturali modo peragat; an tanta vaginae
penetratio requiratur, ut glans tota intra vaginam vcrsctur».
Responsum dci S. Ufficio: «Affirmative ad primam partem. - Negative ad secundam
parterr» (X. OCH OA, Leges Ecclesiae , l, n. 1599, col. 2050).

1 È diverso il caso di un matrimonio celebrato da una persona affetta da impotenza dubbia,

se successivamente, a unesame approfondito, tale impotenza dovesse risultare certa. Il matrimonio


sarebbe da dichiarare senz'altro nullo, perché la validità della sua celebrazione, pur permessa
"stante dubio", dipendeva in realtà dalla esistenza o nonesistenza oggettiva della detta impotenza.
308 LI BRO IV - Il "munus sanctiticundi' della Chiesa

Si richiede pertanto una duplice capacità:


a) Che l'introduzione del glande possa effettuarsi, almeno parzialmente, nella vagina ,
e non soltanto nella vulva, ossia negli organi genitali (grandi e piccole labbra, ecc.).
b) Che l'effusione del seme nella vagina possa av venire in modo naturale e non
co n orga smo onanistico o attra verso la "fecondazione artifi cial e" .
3888 2° Cause d'indubbia impotenza:
a) Nell 'uomo
Il difetto di erezione, dovuto in genere a fattori psicogeni (impotenza funz ionale)
- L 'insufficiente sviluppo (ipoplasia)
- Lo sviluppo ecce ssivo che impedi sca la penetrazione (iperplasia)
Ovviamente, se l'iperplasia impedisce la penetrazione nei confronti di un a donna
determinata, l' impotenza è relativa
b) Nella donna
- La mancanza della vagin a o anche la sua eccessiva ristrettezza, che impedisce
la penetr azione, assoluta o rel ativa , dci membro virile
- Il vaginismo incurabile: la contrazione spasmodica dell a vagina, dovuta a una
morbosa ipersensibilità dell a vulv a o del canale vaginale, che impedisce la pervietà
dell'organo
Da notare: la ristrettezza della vagina spesso è chirurgicamente sanabile. Ne segue
che non sempre essa è causa d' impotenza perpetua.
La vagina artificiale. I pareri degli autori circa il caso in cui all' impotenza sia
possibile ovviare mediante una tale vagina, non sono concordi. Non lo furono neppure
i pareri dei Consultori del Gruppo di Studio "De matrimonio" nella seduta del 17
febb raio 1970: vedi Communi cationes , a. 1974, p. 196, n. 1.
3889 L' impotenza "coéundi" non è da confondersi con la "irnpotentia generandi", ossia con la
sterilità, che impedisce di procreare dei figli ma non di compiere regolarmente l'atto sessuale. La
sterilità, come si dirà nel terzo paragrafo , non impedisce il matrimon io. «II matrimoni o - afferma
il Concilio Vaticano Il - non è stato istituito soltanto per la procreazione... Anche se la prole,
molto spesso vivamente desiderala. non c' è, il matrimonio perdura come rapporto e comunione di
tutta la vita, conservando il suo valore e la sua indissolub ilità - (Gaudium et Spes n. 50, 3). È questo
un principio che, forse, dovrebbe avere una più ampia applicazione. consentendo di rivedere alcune
posizioni tradizionali. Non si vede, ad esempio, perché debba essere considerato invalido il matri-
monio di una persona incapace di compiere l' atto sessuale, soprattutt o se questo suo difetto sia
conosciuto e accettato dalla com parte. Uno dei fini essenziali del matrimonio il "mutuum
adiutorium", resta salvo. Mancherebbe , è vero, l' altro fine, la procreazione della prole. ma questo
manca nella sterilità. Manca similmente nel matrimonio di due persone, che. per voto. intendono
convivere come fratello e sorella' .

.' Nella seduta del 16 maggio 1977, un Consultore del Gruppo di Studio " De iure matrimo-
niali" non mancò di accennare che «addi possit norma qua edicitur valere matrimonium si altera
pars defeetum irnpotentiae sciat» (Communica tiones. a. 1977, p. 36 1, can. 283, § I).
Cfr. anche Communicationes, a. 1974, pp. 185-186, ad tertium :
- Peritus A censet dari et consistere posse verum matrimonium , quin habeatur capacitas
penetrandi vaginam. Sufficit ut mulier acceptet situationem et contenta sit de seminationc artificiali.
Non nimis insistendum est in verbi s Evangelii "fiunt una caro" ad urgcndarn necessitatem
penetrationis (p. 185).
- Alius consultar censet capa cit atern penetrationis non esse necc ssari arn ad valide
contrahendum; esse vero necessariam ad matrimonium consummandum (p. 186).
In ltalia, con la riforma del diritto di famiglia , l'impedimento d'impotenza è scomparso dalla
legislazione civile (art. 122 del Codice Civile dell'aprile 1942 - art. 17 della Legge 19 maggio
1975, n. 151).
Ii matrirnonlo 309

Escludere da l matrimonio una persona "consapevole" di non poter realizzare - per


difetto proprio o della comparte - l'unione sessuale, ma in grado di attuare una vera
comunit à di vita fondat a sul sentimento, l' affetto , la stima reciproca, il sostegno e l'aiuto
vicendevo le, aperta , e ventualmente, ali' allevamento e all' educazione della prole otte nuta
attraverso l'i stituto dell ' adozione, sembra a non pochi - forse non a torto - una
limitazione non giustificata (altri parlano di " violazione") del ius co nnubii. Second o una
tale tesi , l'impotenza dovrebbe comportare non un impedimento dirimente (perché con-
dannare una persona alla solitudin e affettiva ed esistenziale?), ma solo un vizio di
consenso, qualora si determ inasse un errore doloso ai sensi del can. 1098, così com'è
previsto per la sterilità (cfr. can. 1084, § 3).
c) La sterilità 3890
1084, § 3 (1068, § 3*) Il canone conferma il principio contenuto nel terzo parag ra-
fo del can. 1068 del Cod ice precedente, che cioè la sterilità non impedis ce né dirime "ex
se" il matrimonio . Aggiunge, per altro, che essa può dar luogo a invalidità del medesim o
in caso di dolo, a termini del can. 10984 , e, similmente, nel caso che la comparle
contraente facesse de lla fecond ità una condizione assoluta di consenso, a termin e del
can. 1102 (Communica tiones, a. 1977, p. 36 1, can. 283, § 3).
A parte questi casi , il matrimonio di una persona, uomo o donna , affetta da ster ilità,
è pienamente valido. Quanto alle persone anziane (senes), la Chiesa, nella sua dottrin a
e nella sua prass i, li considera " sterili" e non "impotenti", per cui sono ammessi al
matrimonio anche se, avendo superato certi limiti , non sia più possibile in essi la capa-
cità generativa e nepp ure quella " coéundi" ,
C) Una radicale innovazione 3891
Si tratta del Decreto della Congregazione per la Dottrina de//a Fede in data 13
maggio 1977, approva to da Paolo VI, che ne ordin ò la pubblicazione.
Antecedentemente, sia la dottrina comune che la giurisprudenza ritene vano che, per
poter contrarre un matrim onio valido, fosse necessaria la capacità di eiaculare un vero
seme, elaborato nei testicoli. Invece , a termine del detto Decreto , entr alo in vigore il IO
settembre 1977, per la co mpletezza dell'atto coniugale, non è richiesto necessar iament e
tale seme: era questa la tesi sostenuta da una corrente minorit aria di moralisti e di
canonisti, fra cui il Vermeersch e l'A rendt, per i quali esigere , ai fin ì della completezza
dell' atto coniugale, il "verum semen" elaboralO nei testicoli e dotato pertanto "ex se" di
capaci tà fecondativa, era in sos tanza uno sco nfinare dal ca mpo dell a " impo tentia
coéundi" a quello proprio della "impotentia generandi".
Dal suddetto Decreto (cfr. X. O CHOA, Leges Ecclesiae, V, n. 4515 , col. 7329) risult a 3892
chiaro che non sono da considerarsi come causa d' impotenza, ma solo di sterilità:
- Nell 'uomo: la resez ione dei dotti deferenti, che permettono il passaggio degli
spermatozoi dai testicoli al pene (vasectornia), e neppure (contraria mente alla prassi
giurisprudenzia le precedent e) l' atrofia o la stessa ma ncanza dei testicoli.
- Nella donna: la vagina occlusa nella parte poste riore verso l'ut ero, l' asportaz io-
ne o l' alterazione patologic a degli organi post-vagin ali: collo uterino, utero , o vaie,
salpingi o tube di Fallopp io (isterectornia totale o parziale, ovariectomia unilaterale o
bilaterale, salpingecto pia parimenti unilaterale o bilaterale).
Si discute per altro sul valore del detto Decret o, se cioè debba considerarsi un alto specifico 3893
dci Magistero , ossia una dichiaraz ione autentica, anche se non definit iva del diritto naturale , oppure

, Communicationes, a. 1975, p. 59, n. 6: «Sterilitas certo certius es t qualitas quae nata est ad
consortium vltae coni ugalis gravit er pertu rbandam, et ideo dolu s de sterilitate nullum facit
marrimonium».
310 LIBRO IV - 11 "munus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 1085 • § 1. Invalide matri- § 1. Attenta invalidam e nte il matrimo-


monium attentat qui vinculo tene- nio ch i è le gat o dal vi ncolo di un m atri-
tur prioris matrimonii, quam- mon io pre ceden te , anch e se no n consu -
quam non consummati. m at o.
§ 2. Quamvis prius matrlmo- § 2. Bench é il m at rim onio p recede nte
nium sit irritum aut solutum qua- sia null o o sia s tato sc io lto per un a qu al-
Iibet ex causa, non ideo Iicet aliud sias i caus a, non p er qu est o è leci to con-
contrahere , antequam de prioris trarne un alt ro prima c he const i legittima-
nullitate aut solutione legitime et m ente e con certezza dell a nullità o dello
certo constiterit. sc ioglim e nto del prim o .

rapprese nti solo una modifica del diritto positivo della Chiesa. La distinzione ha grande importanza,
perché nel primo caso il Decreto avrebbe valore retroatrivo e comporterebbe il riesa me di non
poche sentenze. emesse dai tribunali ecclesiastici. alla luce del nuovo principio ; nel secondo caso,
invece. la rerroattività non avrebbe luogo e il Decreto si applicherebbe soltanto ai matrimoni
celebrati dopo la loro ent rata in vigore.
Probabilmente il Decreto ha valore dottrinale e non soltanto discipli na re, co me risulta dal
Discorso che Paolo VI rivolse il 28 gennaio 1978 ai componenti della Roma na Rota. Riferendosi
al detto Decreto , il Pontefice ebbe a dire: «Il Decreto emanato nel magg io dello scorso anno dalla
Congregaz ione per la Dottrina della Fede e da Noi esplicitamente appro vato, appare llll test par-
ticolarmente significativo. Voi ne conoscete l' origine, il valore e le motivazioni: preceduto da studi
lunghi e accurati... esso si articola in due importanti risposte, che troveranno frequente applicazione
proprie nel vostro stesso lavoro. Noi non dubitiamo che tali principi di dottrina vi saranno di
orientamento e di guida in sede di giudizio . ed avremo così un'ulteriore dimos trazio ne della per-
so nale adesio ne al Magistero . che codesto rinomato Tribunale dell a Santa Sede ha se mpre
professato nella sua vita secolare » ilnsegnumenti di Paolo VI, vol. XVI. p. 76).
La maggior parte delle sentenze rotati riconosce il valore dottrinale del Decreto .

3894 3. Il vincolo di un matrimonio precedente


1085 (1069*) È un impedimento di diritto naturale e a nche di diritto divino posi-
tivo, fondato sulle proprietà essenzi ali del matrimonio: l' indissolub ilità e. soprattutto,
l'u nità (can. 1056).
Fra i motivi che esigono l'unità, v'è anche il principio della perfetta ug uaglianza
che deve es istere fra gli sposi. Se l' uomo potesse avere più mogli (poliginia) o la donna
più mariti (poliandria), tale uguaglianza sarebbe violata, poiché, nella poliginia, la do-
nazione di sé da parte di ciasc una donna sarebbe totale e da parte dell' uomo so ltanto
parziale, in quanto sarebbe divisa fra più donne: nella poliand ria, similmente, la dona-
zione di sé da parte di ciasc un uomo sarebbe totale, mentre quello della donna sarebbe
parziale, in quanto divisa fra più uom ini.
a) La duplice condizione (§ l)
Perché l'impedimento es ista, è necessaria una duplic e condizione oggettiva:
IO Che il matrimonio precedente sia valido, e valido non è soltanto il matrimonio
religioso, ma anche quello civile, contratto secondo la legge statale dai non battezzati,
ossia il matrimonio che nella legislazione anteriore veniva denominato " legittimo" (can,
1015, § 3, Codice 1917). Non è invece valido, per la legge della Chiesa, il matrimonio
civile contratto da persone obbligate all'osservanza della forma ca nonica, a termine del
ca n. 1117.
2 0 Che il matrimonio, anche se non consumato, sussista anco ra nell a sua esi-
stenza e valid ità gi uridica; co ncreta mente. che il relativo vinco lo non sia cessato per
Il matrimoni o 311

la morte di uno dei due contraenti né per legittimo scioglimento nei modi previsti
dall'ordinamento canonico: dispensa del Romano Pontefice dal matrimonio non con-
sumato (can. 1142) ; privilegio paolino (can. 1143, § I); privilegio petri no (cann.
1148-1149). " divorzio civile non scioglie il matrimonio: "Quod Deus coniunxit,
homo non sèparet" (MI. 19, 6) .
L'impedimento, come s'è già accennato, è di diritto naturale , per cui non è suscettibile di
dispensa (diretta) e ha valore anche per i non battezzati, che abbiano contralto valido matrimonio
secondo le leggi o i costumi del loro paese.
Nel dubbi" circa la validità del precedentematrimonio, non si possonocelebrare nuove nozze
finché non si sia dimostratacon certezza l'invalidità del primo matrimonio, che. a termine del can.
1060, gode del "faver iuris",
L'impedimento derivante dal vincolo matrimoniale tuttora esistente, non può ces- 3895
sare per dispensa diretta dal medesimo, poiché è un impedimento di diritto naturale,
sottratto a qualsiasi autorità umana. Se fosse possibile la dispensa diretta, si avrebbe un
vero e proprio caso di bigamia legalizzata, in quanto, nella ipotesi, lascerebbe intatto il
vincolo matrimoniale precedente, per cui si avrebbero in atto contemporaneamente due
matrimoni ugualmente validi. La dispensa del Romano Pontefice "su per rato", a cui s 'è
accennato, non è dispensa dall'impedimento, ma scioglimento del matrimonio, che fa
cessare lo stesso vincolo matrimoniale, sì che l'impedimento non esista più, né in foro
interno né in foro esterno.
b) Le seconde nozze (§ 2) 3896
L'impedimento del vincolo coniugale esclude un nuovo matrimonio finché perdura
la validità del primo, ma non impedisce né vieta ulteriori nozze quando il vincolo del
matrimonio precedente sia cessato. La posizione di alcune sette rigoristiche dei primi
secoli, che non ammettevano le secondo nozze, è in aperto contrasto con l'insegnamento
dell'Apostolo Paolo (Rom. 7 , 2-3; ] Cor. 7, 39; I Tim . 5, 14).
L'insegnamento di Paolo è rinnovato dal Concilio di Trento, Sess XXVI , can.IO.
Per poter contrarre un nuovo matrimonio, sono prescritte, in alcuni casi, delle 3897
formalità.
- Can. 1707, § l: «Ogni volta che la morte del coniuge non possa essere dimo-
strata con un documento autentico, ecclesiastico o civile, l'altro coniuge non può essere
considerato sciolto dal vincolo matrimoniale se non dopo la dimostrazione di morte
presunta, pronunziata dal Vescovo diocesano».
- Can. 1085, § 2: Trattandosi di un matrimonio nullo per se stesso (a causa di un
impedimento dirimente, per difetto di forma, per vizio di consenso) o sciolto legittima-
mente dalla competente autorità nei casi previsti , senza dubbio l'impedimento nel primo
caso non esiste e nel secondo cessa, ma ad liceitatem (non Iicet) non si può procedere
alla celebrazione del secondo matrimonio, se prima non consti con certezza e in forma
autentica della nullità o dello scioglimento del primo matrimonio.
Il caso di nullità può dar luogo a gravi contrasti tra foro interno e foro esterno. Tale, ad 3898
esempio, è il caso di un matrimonio oggettivamente nullo per un vizio insanabile, ma non
riconosciuto tale dal tribunale ecclesiastico. Nel foro interno . gli pseudo-coniugi, che non
hanno alcun dubbio sulla nullità del loro matrimonio, non sono marito e moglie; nel foro
esterno sono coniugi ad ogni effetto. Il conflitto di coscienza è evidente. Come risolvere il loro
problema, anzi il loro dramma? Si sperava che il nuovo Codice considerasse questi casi ango-
sciosi - che devono pur essere risolti - e desse una norma o una direttiva a tal riguardo.
Senza dubbio il problema è molto delicato e forse non è ancora maturo, ma la Chiesa, nella
sua materna saggezza saprà offrire a tempo opportuno una soluzione soddisfacente, che forse
non può essere più differita a lungo.
Ritorneremo fra breve sull'argomento.
312 LIBRO IV - Il " munus §allC:liliC"dncJi"' della Chiesa

3899 c) Sanzioni canoniche


Nel Codice del 1917, coloro che attentassero un secondo matrimonio anche soltan-
to civile, erano colpiti da varie sanzioni: cfr. cann. 693, § l, 855, § I, 1240, § l, n. 6,
2356, 984, n. 3, 1075, n. l.
Nel nuovo Codice, le pene propriamente sono state soppresse. Resta la situazione
di pubblico peccatore con le conseguenze che ne derivano , in particolare in rapporto al
sacramento della confessione e della SS. Eucaristia, e resta anche la irregolarità a ter-
mini del can. 1043, n. 3.
3900 d) Divorziati risposati
È un tema di particolare gravità, esistente oggi nella Chiesa. Se n'è discusso a lungo
e se ne continua a discutere tuttora. Ne ha trattato formalmente anche il Magistero
Ecclesiastico:
- Il Sinodo dei Vescovi, svoltosi nell'ottobre del 1980: Enchir. Vat. , voI. 7, pp. 684-687.
prop. 14
- Varie Conferenze Episcopali, fra cui quella italiana del 26 aprile 1979: Enchi r. CEI,
voI. 2, p. 1248
- Giovanili Paolo Il, Esort . Ap. "Fam iliaris consorti o" del 22 novembre 1981, n. 84, e
"Reconciliatio et paenitentia" del 2 dicembre 1984, n. 34: Enchir. Vat., voI. 7, pp. 1590-1595:
voI. 9, pp. 1166-1169.
3901 Riportiamo l'insegnamento del Papa, a cui sarà bene aggiungere la lettura della
"Nota pastorale" della Conferenza Episcopale Italiana.
3902 J° Un problema che non può essere differito
- L'esperienza quotidiana mostra, purtroppo, che chi ha fatto ricorso al divorzio ha per lo
più in vista il passaggio ad una nuova unione ovviamente col rito religioso cattolico. Poiché si tratta
di una piega che va, al pari delle altre, intaccando sempre più largamente anche gli ambienti
cattolici, il problema dev'essere affrontato con premura indilazionabile ...
La Chiesa, istituita per condurre a salvezza tutti gli uomini e soprattutto i battezzati, non può
abbandonare a se stessi coloro che - già congiunti col vincolo dci matrimonio sacramentale -
hanno cercato di passare a nuove nozze. Perciò si sforzerà, senza stancarsi, di mettere a loro
disposizione i suoi mezzi di salvezza tFumiliaris consortio, n. 84, l).
3903 2° Saper discernere le situazioni
- Sappiano i pastori che, per amore della verità. sono obbligati a ben discernere le situazio-
ni. C'è infatti a differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio
e sono stati abbandonati ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio
canonicamente valido. Ci sono infine coloro che hanno contratto una seconda unione in vista
dell'educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente
matrimonio, irreparabilmente distrutto. non era stato valido (n. 84, 2).
3904 3° I divorziati non devono considerarsi separati dalla Chiesa
- Esorto caldamente i pastori e l'intera comunità dei fedeli, affinché aiutino i divorziati a
non considerarsi separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati , partecipare
alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa.
a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità
in favore della giustizia, ad educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di
penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li
incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza (n. 84, 3).
3905 4° L'ammissione alla Comunione eucaristica
- La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere
alla Comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi , dal mo-
mento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di
Il matrimonio 313

CAN. 1086- § 1. Matrimonium in- § I. Il matrimonio fra due persone, di


ter duas personas, quarum altera cui una sia stata battezzata nella Chiesa
sit baptizata in Ecclesia catholica cattolica o in essa sia stata accolta né ab-
vel in eandem recepta nec actu bia defezionato da essa con atto formale,
formali ab ea defecerit, et altera e l'altra non sia stata battezzata, è inva-
non baptizata, invalidum est. lido.
§ 2. Ab hoc impedimento ne di- § 2. Non si dispensi da questo impedi-
spensetur, nisiimpletis condicioni- mento, se non dopo che siano state adem-
bus de qui bus in cann, 1125 et piute le condizioni di cui ai cann. 1125 e
1126. 1126,
§ 3. Si pars tempore contracti § 3. Se, al tempo della celebrazione del
matrimonii tamquam baptizata matrimonio, una delle parti era ritenuta co-
communiter habebatur aut eius munemente battezzata o il suo battesimo
baptismuseratdubius,praesumen- era dubbio, a norma del can. 1060 si deve
da est, ad normam can, 1060, vali- presumere la validità del matrimonio, fin-
ditas matrimonii, donec certo pro- ché non si sia provato con certezza che
betur alteram partem baptizatam una parte era battezzata e l'altra non bat-
esse,alteram vero non baptizatam. tezzata.

amore tra Cristo e la sua Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare
motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in
errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sulla indissolubilità dcI matrimonio (n. 84, 4).
So L'ammissione al sacramento della penitenza 3906
- La riconciliazione nel sacramento della penitenza - che aprirebbe la strada al sacramento
eucaristico - può essere accordato solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell' Alleanza
e della fedeltà a Cristo , sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione
con l'indissolubilità del matrimonio. Ciò importa, in concreto, che quando l'uomo e la donna, per
seri motivi - quali ad esempio l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della
separazione, assumono l'impegno di vivere in piena continenza. cioè di astenersi dagli atti propri
dei coniugi (n. 84, 6).
6° Iniziative non opportune 3907
- Similmente il rispetto dovuto sia al sacramento del matrimonio sia agli stessi coniugi e ai
loro familiari, sia ancora alla comunità dei fedeli. proibisce ad ogni pastore, per qualsiasi motivo
o pretesto anche pastorale, di porre in atto a favore dei divorzisti che si risposano, cerimonie di
qualsiasi genere. Queste. infatti, darebbero l'impressione della celebrazione di nuove nozze sacra-
mentali valide ed indurrebbero conseguentemente in errore circa l'indissolubilità del matrimonio
validamente contrailo (n.84, 6).
Un caso particolare. - Quanto si dispone nei suddetti documenti, riguarda i "divor- 3908
ziati risposati" in genere. Ma vi sono dei casi speciali. che forse meritano una conside-
razione a parte. Si tratta di persone:
- Che in coscienza sono assolutamente certe della nullità del loro matrimonio
per validi motivi oggettivi , che tuttavia non sono riusciti a dimostrare nel processo
ecclesiastico;
- Che, trovandosi in una situazione irrisolvibile, si son visti costretti, per gravis-
simi motivi, a chiedere il divorzio e a contrarre il matrimonio civile con altro partner.
Possono essere ammessi al sacramento della Penitenza e alla Comunione euca-
ristica i detti risposati divorzisti? La risposta del P. Haring è affermativa (Assistenza
religiosa ai divorzisti e a quanti vivono in un matrimonio nullo. in "Concilio" , a.
1970. p. 157).
314 LJBRO IV - Il "munus xanctificundi" della Chiesa

Noi aderiamo al parere di un così autorevole Maestro e riteniamo, personalmente,


che il matrimonio civile contratto dai detti sposi in circostanze del tutto eccezionali sia
pienamente valido nel foro interno, poiché, nella loro situazione, che non consentiva
altra soluzione, in forza del "ius connubii" essi erano scusati dali' obbligo di osservare
la forma prescritta dalla Chiesa. Trattandosi, tuttavia, di una cosa molto comple ssa e
delicata, pensiamo che, per una maggiore tranquillità della propria coscienza, il caso
debba essere discusso col proprio Vescovo o con un sacerdote di grande prudenza ed
esperienza .
Per l'interpretazione contraria di M.F. Pompedda, v. "La questione dell'ammissione
ai sacramenti dei divorziati civilmente risposati", in "L'Osservatore Romano", 13 set-
tembre 1987, p. 8.

3909 4. La disparità di culto


1086 (1070*) È l'espressione tecnica usata nel nuovo Codice per indicare l'impe-
dimento matrimoniale esistente fra una persona battezzata cattolica e una persona non
battezzata . Presenta una certa somiglianza con il divieto del matrimonio misto fra due
persone battezzate, appartenenti l'una alla Chiesa cattolica e l'altra a una Chiesa o
comunità ecclesiale di fratelli separati (cann. 1124-1129), per cui suole denominarsi
anch'esso matrimonio "misto'" . Nell'ordinamento precedente, il divieto del matrimonio
misto costituiva un "impedimento impediente" .
3910 a) Cenni storici
Il divieto del matrimonio tra battezzati e non battezzati sorse fin dagl'inizi della
Chiesa come prassi, per esigenze pastorali più che per motivi giuridici. Era naturale,
infatti, che i cristiani avessero difficoltà a sposare dei pagani. e che gli stessi Apostoli,
richiamandosi ai diversi ammonimenti contenuti nell'Antico Testamento (Esodo 34, 16;
Deuteronomio 7, 3-4; Esdra, capp. 9-10; Neemia 13, 23-29; Malachia 2, Il, ecc.),
fossero contrari in linea di principio ad unioni del genere, pericolose per la fede e per
la pace domestica .
Ne abbiamo un cenno in San Paolo, che nella I Lettera ai Corinzi, parlando delle
vedove, afferma che esse erano libere di sposare chi vogliono, «purché ciò avvenga nel
Signore» (7, 39), ossia, secondo l'interpretazione comune, a condizione che il matrimo-
nio si contraesse con un cristiano. Più chiaro è l'ammonimento contenuto nella )( Lettera
ai Corinzi:
- Non vogliate legarvi a uno stesso giogo con gl'infedeli ... Che cosa ha da con-
dividere il fedele con l'infedele? (6, 14-15).
Con queste parole, l'Apostolo metteva in guardia i cristiani contro i pericoli che
potevano derivare dalle relazioni troppo strette con i pagani.
Meno intransigente era invece l'atteggiamento di Pietro, che sperava nella con-
versione del coniuge pagano: «Voi, mogli, state sottomesse ai vostri mariti perché ,
anche se alcuni rifiutano di credere alla Parola, vengono conquistati dalla condotta
delle mogli , senza bisogno di parole considerando la vostra condotta casta e rispet-
tosa» (I Pt. 3, 1-2).
Successivamente, dagl'inizi del IV secolo, furono i Concili particolari che vieta-
rono i matrimoni fra cristiani e non cristiani: Concili di Elvira , in Spagna (a. 300-306),

I PAO LO VI, M.P. Matrimonia mixta, 31 marzo 1970, introduzione: «Matrimonia mixta id est
matrimonia inita a parte catholica cum parte non catholica sive baptizata sive non baptizata»
(Enchir. Val., vol. 3, p. 1440, n. 2415).
Il matrimonio 3 15

di Arles, in Francia (a. 3 14), di Laodicea, in Asia Minore (a. 372), dì Ippona, nell' attuale
Algeria (a. 393), di Calcedonia, in Asia Minore (a. 451), ecc. Il divieto, tuttavia, riguar-
dava la sola liceità del matrimonio. L'in validità venne introdotta più tardi, a partire dal
sec. VII, e si estese probabilmente, come norma universale, nel sec. XII. La sanzione
definitiva si ebbe nel Codice pio-benedettino del 1917 (can. 1070).
La distinzione giuridica dell'impedimento di disparità di culto dall' impedimento di
mista religione si deve a Uguccione di Pisa ( 1130- 1210).
b) Motivazioni e condizioni 3911
L' impedimento di disparità di culto tocca direttamente la parte cattolica, poiché,
trattandosi di legge ecclesias tica, vi sono obbligati solo i cattolici (can. Il ). Indiretta-
mente, riguarda anche la parte non battezzata, a termine del can. 1059. La sua ragion
d'essere è fondata su una triplice esigenza etico-religiosa:
- Tutelare la fede e la pratica cristiana della parte cattolica, che potrebbero essere
poste in pericolo dalla convivenza coniugale con un partner non battezzato
- Assicurare l'educazione cristiana della prole
- Assicurare agli sposi e all'intera famiglia una piena comunion e di vita, che
potrebbe essere compromessa da una fede religiosa diversa
Perché si abbia l' impedimento di disparità di culto : 3912

IO Relativamente alla persona battezzata, è necessario:


- Che sia stata battezzata nella Chiesa cattolica, oppure sia stata accolta in essa,
qualora abbia ricevuto il battesimo in una Chiesa o comunità cristiana non cattolica. Il
battesimo si suppone valido: se fosse invalido, l' impedimento, com' è ovvio non esiste-
rebbe, e si avrebbe il caso di due persone non battezzate che non fanno parte della
Chiesa e non sono soggette alle sue leggi.
- Che non abbia defezionato dalla Chiesa cattolica con atto formale c continui,
pertanto, a far parte della medesima. È questa una novità rileva nte in rapporto al Codice
precedente, come si noterà più avanti nella esposizione del can. 1117.
Non è però se mpre facile precisare in concreto quando si abbia la de fezione formale dalla 3913
Chiesa cattolica. L'espressione ritorna nei cann . 1117 e 1124. Spetterà alla dottrina e alla giurispru-
denza determ inarne il senso e la portata. È certo comunque che la defezione formale ha un ambito
più ristretto della defezione notoria (cfr. n. 1142; cfr. anche Communicationes, a. 1978, pp. 96-97,
can. 3 19, § I). e chi ha abbandonat o noto riamente. ma non formalmente. la fede cattolica. rimane
soggetto al matrimonio cattolico. come si ricava implicitamente dal can. 1071. § I. n. 4.
Defe zione formal e è senza dubb io:
- L' abbandono de lla fede cattol ica mediante una dich iarazione scritta e anche orale di una
certa pubblicità, e in circos tanze di un certo riliev o, sl da risultare in modo inequi vocab ile
- L'apostas ia, l'eresia o lo scisma (can. 751 ), su cui non possano esservi dubbi
- L' ascriz ione ad una comunità ecclesiale non cristiana o comu nque non cattolica
- L ' affili azione a ideologie o moviment i atei o. comunque, in aperta opposizi one alla fede
cattolica
Non basta invece, agli effetti dell' impedi ment o, un atteggiamento areligioso o anche una vita
lontana dalla pratica cristiana. in contrasto con i principi della fede e de lla morale cattolica .

2 0 Relativamente alla persona non battezzata, si rich iede che il batte simo 3914
non abbia avuto luogo o che non sia stato ammin istrato validam ente. Si discus se
in seno al Gruppo di Studio "De iure matrimonii " se escludere dall'impedimento
il matrimon io contratto da una persona batte zzata con un "catecumeno" , co m'era
stato proposto da alcuni; ma la proposta non fu accettata tCommunicationes. a.
1977, p. 363, can. 285).
316 LIBRO IV - Il "munus sanctiflcandi" della Chiesa

3915 c) La concessione della dispensa


3916 l ° Il richiamo dei cann. 1125-1126
1086, § 2 L'impedimento di disparità di culto nel suo effetto dirimente è di diritto
ecclesiastico. Cessa ovviamente "ex se", se la parte non battezzata riceve il battesimo;
diversamente è necessaria la dispensa da parte dell'autorità competente.
Tale dispensa è subordinata alla legge morale, che vieta il matrimonio tra un
cristiano e una persona non battezzata, qualora con esso si metta in pericolo la fede del
cristiano o l'educazione cattolica della futura prole. La concessione è pertanto possibile
solo se si cerchi di ovviare a questo pericolo mediante le formali dichiarazioni e
gl'impegni prescritti nei cann. 1125-1126 per i matrimoni misti, in cui si hanno situa-
zioni analoghe.
Per la relativa formula, v. "Prontuario teorico-pratico di Diritto Canonico", voce
"Disparità di culto", III, l, nota l.
3917 2° La giusta causa
La dispensa dall'impedimento di disparità di culto può essere concessa dalla Santa
Sede o dall'Ordinario del luogo. Nell'uno e nell'altro caso si richiede una "causa ade-
guata", poiché si tratta di un impedimento che, pur essendo di diritto ecclesiastico, ha
la sua radice nella legge morale, ossia nella legge divina.
Se la dispensa è concessa dalla Santa Sede con la formale approvazione del Roma-
no Pontefice, la "iusta causa" è richiesta solo ad liceitatem, poiché è il legislatore stesso
che la concede. Se invece la dispensa è concessa dall'Ordinario del luogo, la "iusta
causa" è ad validitatem a termine del can. 90, § I. Nel dubbio circa la sufficienza della
causa, la concessione della dispensa è valida e lecita (can.90, § 2).
Per quanto riguarda la dichiarazione e le promesse, a cui è tenuta la parte cattolica, la norma
non è "ad validitatem" iCommunicationes. a. 1977, p. 356, can. 3), per cui la loro eventuale
insincerità o anche la loro totale assenza non renderebbe nulla la concessione della dispensa.
Diverso è invece è il caso della "giusta causa": se questa mancasse o fosse falsa per surrezione o
per orrezione, la dispensa così ottenuta non avrebbe alcun valore (cfr. ean. 631). È comunque da
tener presente il can. 1060 del Codice del 1917, ultima parte: «Quod si adsit perversionis periculum
coniugis catholici et prolis coniugium ipsa etiam lege divina vetatur».

3918 3° Misure di carattere pastorale


Dalla Esort. Ap. "Familiaris consortio" di Giovanni Paolo Il.
- In varie parti del mondo, si registra, oggi, un crescente numero di matrimoni fra
cattolici e non battezzati. In molti di essi il coniuge non battezzato professa un'altra
religione e le sue convinzioni devono essere trattate con rispetto, secondo i principi della
Dichiarazione Nostra aetate del Concilio Ecumenico Vaticano Il circa le religioni non
cristiane; ma in non pochi altri, particolarmente nelle società secolarizzate, la persona
non battezzata non professa alcuna religione. Per questi motivi è necessario che le
Conferenze Episcopali ed i singoli Vescovi prendano misure pastorali adeguate, dirette
a garantire la difesa della fede del coniuge cattolico e la tutela del libero esercizio di
essa, soprattutto per quanto concerne il dovere di quanto è in suo potere perché i figli
siano battezzati ed educati cattolicamente. Il coniuge cattolico deve essere, altresì, so-
stenuto in ogni modo nell'impegno di offrire all'interno della famiglia una genuina
testimonianza di fede e di vita cattolica (n. 78, lO: Enchir. Vat., voI. 7, n. 1780).
3919 d) Battesimi dubbi
1086, § 3 Il terzo paragrafo del canone considera il caso che, al tempo della
celebrazione del matrimonio, una delle parti fosse ritenuta comunemente battezzata o il
suo battesimo fosse dubbio. In tale ipotesi:
Il matrimonio 317

CAN . 1087 - Invalide matrimo- Attentano invalidamente il matrimon io


nium attentant, qui in sacris ordi- coloro che sono costituiti negli ordini
nibus sunt constituti. sacri.

- Se il dubbio sorga prima della celebrazione del matrimonio , esso va eliminato


con un 'ac cur ata ind agine , e qualora il dubb io perman ga, si co nferisce il battesimo "sub
condicione" (can. 869), se la person a consente a riceverlo. Qu alora si rifiuti, è opportuno
chiedere "a d cautelam'' la dispen sa dall'impedimento di disparità di culto , nel caso che
l'a ltra parte contraente sia ca tto lica .
- Se il dubbio so rga dop o la ce le bra zio ne del matrimonio , s i applica
giudizialme nte il prin cipio " rnatrimonium gaudet favore iuris" , enun ziato nel can. 1060.
per cui il matrim oni o viene con siderato valido (pres unzione di dir itto), finché non sia
provato con certezza che una part e era batte zzata e l'altra non battezzata.

5. L 'ordine sacro 3920


1087 ( /072*) L 'impedimento è conn esso con la legge del celibato (ca n. 277), che
gode nella Chiesa latin a di una lunga tradizione, risalente agl'inizi del IV seco lo (Co n-
cilio di Elv ira, in Spagna, a. 300 circa). Sembra che la clausola dirimente sia stata
apposta nel Con cilio Lateranense Il del 1139.
Ne lla legi slazio ne ante riore, l'impedimento comprendev a a nche i c hierici che
avess ero ricev uto il suddiaco nato, con sid erato ordine maggiore, sia pure d ' istit uzione
ecclesi astica (cann. 132, § I. e 1072 , Co dice 1917 ). Nell 'ordinamento attuale, il
sudd iaconato è sco mparso. per cu i l' obbligo del ce libato ha inizi o co l dia con ato e al
relativo impedimento son o soggett i tutti gli ordinati "in sacris" : Vescovi, presbiteri
e diaconi (can. 1009 , § l) .
E i dia coni permanenti s pos a ti, c he diventassero vedov i? 3921
Nel M.P. Ad pascendum d i Paolo VI, in data 15 agosto 1972, è disposto formal mente:
- Anche i diaconi co niugati, che abbiano perdut o la moglie, secondo la discipl ina tradizio-
nale della Chie sa sono inabili a contrarre un nuovo matrim onio (n. V, I: Enchir. Var., voI. 4, pp.
1128-1131, n. 1788).
La medesim a nonna venne riportata nel primo Schema discusso dal Gruppo di Studio " Dc
matrimonio" il 17 maggio 1977 (ea n. 287, § 2, dello Sche ma). Ma numeros i organi di consu ltazio ne
avevano fatto prese nte che non era opport uno estendere l' impedimento ai diaconi co niugati, anzi-
tutto perché essi non aveva no sce lto il celibato, c poi perché molto spesso un nuovo matri monio
sarebbe stata un ' ottim a so luzione per provvedere alla event uale prole . I Co nsultori decisero pertan-
to all' unanimità di escludere dall'impediment o i detti diaconi, e il § 2 venne così modificato :
- Diaconi qui coniugati ordinem sacrurn receperunt , impedimento de quo in § 1 non tencntur
(Comlll ll11ù:lIrÙmes. a. 1977, p. 365, can. 287, § 2; cfr. anche a. 1983, pp. 229-230. can. 1040, § 2).
Successivamente tale paragrafo venne soppresso, per cui, seco ndo l'interpretazione più fon-
data, anche i diaco ni sposati, in caso di vedovanza, sono soggetti all' impedi mento e, secondo la
non na stabi lita da Paolo VI, sono inabili co me gli altri chierici a contrarre nuove n07.7.e.

a) Il fondamento giuridico dell'impedimento 3922


Il ce libato - av verte il Con cilio Vatic ano II - «non è richiesto dalla natur a del
sacerdozio. come risulta dalla Chiesa prim itiva e dalla tradi zione dell e Chie se Orient a-
li... Ma ha un rapporto d' intima convenienza con il sacerdozio» (Presbyterorum Ordinis,
n, 16. 1-2). Le moltep lici rag ioni, acce nnate nel Decreto co nciliare (n. 16. 2-3), so no
ampiame nte sviluppate da Paolo VI nella prima parte della Enc. Sacerdotalis caelibatus
del 24 giugno 1967 (nn. 17-34), e più recent emente da Giov anni Paolo Il nella Lett era
318 LIBRO IV - Il "mu nus sanctificandi" della Chicxa

Novo incipien te ai Sacerdoti in data 8 apri le 1979 (Enchir. Vat., voI. 6, pp . 92 1-93 1).
Cfr. anche il do cument o De sace rdotio ministeria li del Sinodo dei Ve sco vi cel ebrato nel
1971 tEnc hi r. Vat., vo I. 4, pp . 785-791 ).
Si discute nella dottrina se l'obbligo del celibato derivi ai ministri sacri dalla legge ecclesia-
stica oppure dal voto emesso tacitamente nella prima ordinazione. Si ritiene fondatamente che
derivi dalla legge della Chiesa più che dal voto personale. L'impedimento, com'è ovvio, deriva in
modo esclusivo dalla legge della Chiesa, poiché soltanto essa ha il potere di stabilire gl'im pedimen-
ti matrimoniali di diritto ecclesiastico e di conferire al voto l' efficacia dirimente.
3923 b) L'eventuale dispensa
Co nside rato il carattere perpetuo e inde lebile dell a sacra ord inazio ne, l'impedimen-
to matrimoni ale che ne deriva può cessare so ltanto pe r di spen sa, che ai di aconi viene
co ncessa "o b graves tan tum ca usas", ai presb iteri " ob gravissimas ca usas" (cfr. can. 290,
Il. 3), ai Vescovi non è stata mai concessa.

Con indulto del 15 agosto 180 l , per la pacificazione religiosa della Francia, Pio Vl! concesse
la dispensa generale dal celibato a sacerdoti che, nella situazione determinata dalla Rivoluzione
Francese. avevano contratto il matrimonio civile. Ne usufruirono circa duemila sacerdoti. Per
volontà del Pontefice, fu escluso il principe Charles-Maurice Talleyrand, che nel )789 era stato
Vescovo di Autun.
3924 l " La di spen sa dal cel iba to c dall'impedimento matrimoni ale che vi è a nnesso, è
ris erv ata in modo esclusivo al Romano Pont efice (cann. 291 e 1078, § 2, n. l ). Riservato
in modo speciale è l'impedimento proven iente dal sacro ord ine del presbiter ato: nessuno
- né parr oco né Ordinari o del luogo - può mai dispen sare da ess o, neppure in pericolo
di mort e (ca n. 1079, §§ 1-2). In pericol o di morte , si può invece disp ensa re per motivi
adegu at i dall'impediment o pro veniente dall' ord ine del d iacon ato (ca n. ci t.),
3925 2 0 Il ca n. 29 1 precisa c he «la perdita de llo sta to clerica le non co mpo rta la
d ispe nsa dall 'obbli go dci ce libato»: pe r tale di spensa è nece ssario un particolare
indulto del Romano Pont efice . Solo nel caso c he l'ord inazi on e sia nulla, tal e indulto
non è necessari o (ca n. 29 1). poich é , in qu esta ip otesi , l'impedimento non es iste né
pu ò esistere (no n è ma i esistito ). Occorre per altro, pe r il foro es te rno c he la dichi a-
razion e di null ità ris ulti in mod o aut en tico da una se ntenza gi udi zi aria o da un dec reto
ammin istrativo (ca nn. 290 e 1708-171 2). Questo, tutta via, ad liceitatem, poiché un
eventual e matrimonio ce lebrato senza la detta sentenza o decreto, sa reb be senza
dubbi o valido, anche se grave mente illecito.
3926 3° Contro il chierico - sia appartenente al clero diocesano, sia membro di Istituto di vira
consacrata o di Società di vita apostolica - che allentasse il matrimonio anche solo civile, sono
previste varie sanzioni canoniche:
- La perdita "ipso iurc" di ogni ufficio ecclesiastico (can. 194, l , n. 3). *
- L' irregolarità relativamente alla recezione e all'esercizio degli ordini sacri (cann. 1041, n.
3, e 1044. * l , n. 3).
- La sospensione "latae sententiae" (can. 1394, § I).
- La dimissione dallo stato clericale "ferendae sententiae", nel caso che il reo, ammonito,
non si ravveda c continui a dare scandalo (can. 1394, l). *
3927 c) L'impedimento canonico e la legislazione civile
L' impedimento deriv ante dall'ordine sacro non è ricon osciuto dall a legislazione
dello Stato,
Nel Co ncordato itali an o del 1929, l' art . 5, comma 3, disponeva so lta nto che «i
sace rdot i a pos tati o irreti ti da ce nsura non po tra nno essere ass unti né con se rvat i a con-
tatto immediato co l pub blico ». Tale norma non è sta ta co nferma ta nel nuo vo Acco rdo
sti pu lato tra la Santa Sede e la Repubblica Itali ana il 18 febb rai o 1984 .
Il matrimon io 319

CAN. 1088 • Invalide rnatrimo- Attentano invalidamente il matrimonio


nium attentant, qui voto publico coloro che sono vincolati dal voto pubbli-
perpetuo castitatis in instituto re- co perpetuo di castità, emesso in un istitu-
Iigiosoadstricti sunt. to religioso.

6. Il voto pubblico perpetuo di castità emesso in un Istituto religioso 3928


L'impedimento matrimonial e derivante dal voto pubblico perpetuo di castità, emes-
so in un Istituto religioso , presenta delle affinità con l'impedimento che proviene dal-
l'ordine sacro, ma è da esso distinto . L'uno e l'altro sono stabiliti dalla Chiesa a motivo
della incompatibilità, relativa o assoluta, esistente fra lo stato di vita scelta dal ministro
sacro o dal religioso e lo stato matrimoniale. Col voto di castità perfetta, il sacerdote
intende consacrarsi "indivi so corde" (Presbyte rorum Ordinis, n. 16), e il religioso inten-
de fare una donazione totale di sé a Dio, in Cristo iPerfectae caritatis, n. I , 3), in un
intimo amore sponsale (Giovanni Paolo II, Redemptionis donum, n. 8).
a) Cenni storici 3929
Nei primi secoli della Chiesa, il voto di castità perfetta, emesso dal fedele che si
consacrava a Dio, aveva " natura sua" l'effetto di rendere illecita qualsiasi unione ma-
trimoniale. Vari Concili vietarono il matrimonio ai religiosi, ma le conseguenze giuri-
diche dei loro decreti non risultano chiare. Alcuni storici ritengono che i divieti avessero
effetto invalidante fin dal sec. V, ma la cosa non è certa. Probabilmente uno dei primi
Sinodi che dichiarò invalido il matrimonio dei monaci. fu quello di Trosly, che si svolse
in Francia nel 909. Seguirono i Concili Lateranensi del 1123 e del 11 39, sotto Callisto
Il e Innocenzo Il: nel primo si dispose che i matrimoni già contratti dai monaci doves-
sero sciogliersi, e nel secondo fu deliberato "expressis verbis" una chiara norma di
carattere generale per i monaci e le monache : "ipsorum matrimon ium non esse
censemus" (can. 40).
L'invalidità del matrimonio dei religiosi, come dei chierici, venne conferm ata dal
Concilio di Trento, Sesso XXIV. II nov. 1563, can. 9.
b) II fondamento e l'ambito dell 'impedimento 3930
1088 (1073*) L'impedimento matrimoniale considerato nel canone ha un duplice
fondamento: il voto di castità perfetto, emesso in un Istituto religioso, e la legge della
Chiesa. Dal voto deriva un divieto morale di diritto divino, che rende illecita "ex virtute
religionis" la celebrazione del matrimonio. Dalla legge della Chiesa deriva l'effetto
invalidante per cui qualsiasi matrimonio celebrato in contrasto col voto è nullo "ipso iure".
Nel Codice precedente , l'impedimento riguardava per sé i voti solenni: i religiosi
«qui vota solIemnia professi sint, aut vota simplici a quibus ex speciali Sedis Apostolicae
praescripto vis addita sit nuptias irrirandi» (can. 1073*). Nella nuova legislazione si ha
una regolamentazione più semplice e anche più logica. L'ambito dell' impedimento è
determinato da una duplice condizione:
IO Che il voto di castità perfetta sia pubblico e perpetuo.
- Voto pubblico è il voto ricevuto in nome della Chiesa dal Superiore ecclesia-
stico competente; ogni altro voto è privato (can. 1192, § I); non ha importanza se sia
semplice o solenne (can. 1192, § 2).
- Voto perp etuo è il voto emesso per tutta la vita; si oppone al voto temporaneo
e anche al voto definitivo.
20 Che sia emesso in un Istituto religioso, di diritto pontificio o diocesano, nel
senso proprio determinato dal can. 607.
320 LIBRO IV • Il "munu.s sanctificundi" dcllu Chiesa

Di conseguenza , non sono soggetti all 'impedimentum voti:


- I professi religiosi di voti temporanei
- Gli eremiti o anacoreti, di cui al can. 603
- Le vergini, di cui al can. 604
I membri degl'I stituti secolari: can. 710 (Commurucutiones. a. 1983, p. 227, can, 1031)
- l membri delle Società di vita apostolica: ean. 731
- I professi religiosi di voti perpetui, passati legittimamente a un Istituto secolare o a una
Società di vita apostolica (can. 684, § 5), poiché, con l'in corporazione al nuovo Istituto o alla
Società. cessano gli obblighi come i diritti precedenti (cann. 685. § 2 ; 730: 744).
Si suppone sempre che il voto emesso nell'Istitut o religioso sia l'alido.
3931 Il voto è definito : «Una promessa deliberata e libera fatt a a Dio » (ca n. 11 91,
§ I). Se mancano questi due elementi, il voto non è valido. Sostanzialmente esso
segue "servatis serv andis" le norm e dell'atto giuridico, contenute nei cann. 124-126.
In concreto, il voto em esso per violenza, timore gra ve e ingiusto o per dolo, è nullo
"ipso iure",
Le condizioni di validità della profes sione perpetua sono stabilite, per diritto comu-
ne, nel ca n. 658 (cfr. anche can. 656, nn. 3, 4 e 5).

3932 c) L'eventuale dispensa


Trattandosi d'Istituto religi oso di diritto pontificio , la dispen sa è riservata alla Sede
Apostolica (can. 1078, § 2, n. l) . È eccettuato il pericolo di morte, in cui l'impedimento
può essere dispensato sia dall'Ordinario del .luogo (can. l079, § I), sia dal parro co o dal
ministro sacro debitamente delegato per assiste re al matrimonio, sia dal sacerdote o dal
diacono presenti a norm a del can . 1116, § 2, ma solo «pro cas ibus in quibu s ne loci
quidem Ord inariu s adiri pote st- (can, 1079, § 2). La dispensa dell 'impedimentum voti
comporta per ciò stesso la perdi ta dello stato religioso '.
3933 Da notare. Per la valida celebrazione del matrimonio tra un religioso di voti perpetui e una
religiosa pur essa di voti perpetui, è necessaria una doppia dispensa, perché ciascuno dei duc
religiosi è vincolato da un proprio personale impedimento. Se invece il religioso di voti perpetui
è uno solo, è sufficiente una sola dispensa, che ha valore correlativo.
3934 L'Ordinario del luogo può dis pensare "iure proprio" dall ' impedimentum voti emes-
so in un Istituto religioso di dir itto diocesano , poiché in tal caso l'i mpedime nto non è
riservat o alla Santa Sede (can. 1078, § 2, n. I). Ovv iamente, in peric olo di morte la
dispensa può esse re concessa anche dal parroco e dagli altri ministri sac ri di cui al can.
1079, § 2, sempre però che non sia possibil e ricorrere all' Ordinario del luogo.
Se il religioso è insignito degli ordini sacri, occorre tener presente Vimp edimentum
ordinis, di cui al can. 1087. Tale religioso è vincolato da un duplic e impedimento, per
cui c' è bisogno di una duplice dispensa.

3935 Sanzioni penali. Contro il religioso noli chierico, il quale attentasse il matrimonio anche solo
civile. sono comminate le seguenti pene:
- L'irregolarità per la recezionc degli ordini sacri (can. 1041, n. 3)
- L' interdetto "larae sententiae" (can. 1349, § 2)
Contro il religioso chierico e non chierico:
- La dimissione "ipso facto" dall'Istituto religioso (can. 694, § I, n. 2)
Per il religioso chierico, v. il commento al canone precedente (parte finale)

I Propriamente, non si dispensa dall'impedimento ma dal voto. a cui l'imp edimento è legato.

Cessando così il voto, cessa "co ipso" anche l'imped imento.


Il matrimonio 321

CAN. 1089 - Inter virum et mulìe- Tra l'uomo e la donna rapita o anche
rem abductam velsaltem retentam solo trattenuta con l'intento di contrarre
intuitu matrimonii cum ea contra- matrimonio con essa, non può sussistere
hendi, nullum matrimonium con- alcun matrimonio, tranne che, successiva-
sistere potest, nisi postea mulier a mente, la donna, separata dal rapitore e
raptore separata et in loco tuto posta in un luogo sicuro e libero , scelga
ac libero constituta, matrimonium spontaneamente il matrimonio.
sponte eligat,

Professione religiosa di persone sposate. 3936


Richiede una particolare autorizzazione della Sede Apostolica, poiché il can . 643, § l, n. 2.
vieta "s ub poena invaliditatis" l'ammissione al noviziato di persone sposate "durante matrimonio".
Non basta nel caso il consenso del partner, che è pure necessario.
Nella legislazione preceden te, la professione religiosa solenne scioglieva "ipso iure" il matri-
monio in atto , purché fosse soltanto rato e non consumato (can, 1119*). Una tale norma è stata
soppressa nel nuovo Codice , per cui, qualora, per ipotesi, lo scioglimento del matrimon io rato e non
consumato si rendesse necessario, bisognerà presentarne istanza al Romano Pontefice a norma del
can. 1142. e occorrerà seguirne la normale procedura prevista nei cann . 1687-1706.

7. Il ratto della donna a scopo di matrimonio 3937


1089 (1074*) Il rapimento viene considerato nel Diritto Canonico come delitto e
come impedimento. Come delitto è esteso a qualsiasi persona, rapita o detenuta con
violenza o frode (can. 1397). Come impedimento matrimoniale è limitato alla donna
rapita o trattenuta con I'intenz ione di contrarre con lei matrimonio.
a) Cenni storici 3938
Nel diritto romano il rapimento di una person a costitu iva un delitto gravissimo ,
punibile anche con la morte, ma il rapimento della donna a scopo di matrimonio era
considerato impedimento in ordine al matrimonio stesso. L' impedimento Fu Introdot-
to da Giustiniano (Codice. 9, 13, l) , il quale vietò in modo assoluto il matrimonio
Fra il rapitore e la donna rapita, anche nel caso che i genitori di costei avessero dato
il loro consenso.
Sotto l'influsso del diritto germanico, la Chiesa Latina dapprima non vietò tali
matrimoni. Prese a proibirli, secondo gli storici, almeno dal secolo IX. Fra i Sinodi che
adottarono tale deliberazione è da ricordare quello di Aquisgrana, tenuto Fra 1'816 e
1'817, al tempo di Ludovico il Pio.
Nel Diritto delle Decretali il ratto della donna fu considerato come impedimento,
ma esso non era distinto dall'impedimentum vis et metus. Ne era solo una particolare
modalità, per cui, pur perdurando la situazione del "raptus", se la donna accettava
liberamente il rapitore come marito, il matrimonio era giuridicamente valido. Venne
istituito come impedimento a sé a richiesta di autorità civili, in particolare di Enrico III,
Re di Francia, nel Concilio di Trento, Sesso XXIV, cap. 6 De reformatione matrimo-
niali, I I novembre 1563.
Il Codice del 1917 confermò "iisdem fere verbis" il decreto tridentino, ma ampliò
il concetto dell'impedimento, poiché nel can. 1074, § 4, equiparò al ratto della donne
la sua detenzione forzata risolvendo in tal modo una questione molto discussa nella
dottrina. Precisò inoltre in modo formale un elemento essenziale del "raptus", messo già
in evidenza dalla dottrina: la sua intenzionaIità specifica in ordine al matrimonio :
"intuitu matrimoni!" .
322 LIBRO JV - Il t'munus saoctiJicanùi" della Chiesa

3939 L'impedimentum raptus si ritrov a nel nuovo Codice, sostanzialmente nei medesimi
termini del Cod ice precedente.
Vi furono tuttavia alcuni che ne proposero la soppressione, rilevando che, per tutelare la
libert à della donna , poteva essere suffi ciente quanto era stabilito nel ca pitolo " De consensu
matrimoniali" , circa il vizio derivante dalla violenza e dal timore (l'is et metus ). Ma i Consul-
tori ritennero di dover conservar e l'impedimento come figura a sé, «quia facturn abdu ctionis
mulieris non est tarn infrequens uti prima facie quis putare potests (Communicanones, a. 1977,
p. 366, ca n. 289).
Non si deve comunque confondere il "ratto" col timore o la violenza. Il ratto è un impedi-
mento matrimoniale; il timore e la violenza sono un vizio del consenso. Il ratto rende inabili
ambedue i contraenti l'uno verso l'altro; il timore e la violenza solo la persona che li subisce.
3940 b) Le condizioni
L' imp edim elltum raptus , co me s'è già accennato, ha soprattutto lo scopo di tu-
telare la libertà della donna, che ha il diritt o di contrarre matrimonio se nza alcuna
cos trizio ne. Tale raptus può ass umere una dupli ce for ma: di " ra pime nto" in senso
proprio, e di "detenzione for za ta" o "seq ues tro". Il rapimento s u ppo ne il
prel evamento della donna dal luog o in cui essa dimora o si trov a occ asionaimente,
e il suo trasferimento forz ato nel luogo pre scelto dal rapitore. La detenzione , pur essa
fo rzata, può avvenire anche nel luogo in cui la donna dimora, se le s'impedisce di
muoversi e di agire liberamente.
Le condizioni perché si abbi a !'impedimento sono le seguenti:
I ° Che la persona rapita o trattenuta forzatamente sia la donna, non l'uomo.
Questo, teoric amente, potrebbe sembrare un'anomalia, di fatto però i casi di rapimento
dell 'u omo sono molto rari, per cui non possono essere considerati dalla legge tCommu-
nica tiones , a. 1977, p. 366, can. 289). La violenza, inoltre, dev ' essere usata dirett amente
contro la donn a. Se venissero rap iti o sequestrati i suoi genitori o tutori, o qualcuno della
sua famig lia, per costringerla a cedere, !'i mpedime nto non sussiste rebbe.
3941 E se il rapito a scopo di matrimonio fosse l'uom o? Come risulta dal can.1089, l' impedimento
del raptus, nel caso, non esisterebbe. Ma l' eventuale matrimonio che ne seguisse, potrebbe essere
ugualmente nullo per vizio di consenso, qualora l'u omo accettasse di sposare la donna che l'ha
rapito, perché costretto dalla violenza o dal timore grave, ai sensi del can.1103: «È invalido il
matrimonio contratto a causa di violenza o di timore grave proveniente dall'e sterno, anche se non
incusso intenzionalmente, se, per liberarsene, una persona sia costretta a scegliere il matrimonio.
3942 2° Che il rapim ento o la detenzione avvenga contro la volontà della donna,
mediante la violenza, le minaece, l'inganno. Se invece lei fosse consen ziente (anche se
questo abbia luogo all' insaputa o contro la volontà dei suoi genitori), non esisterebbe
alcun impedimento: nel caso si avrebbe la seduzione o la fuga, non il ratto (Co ngrega-
zione del Concilio, 14 marzo 1772), L'impedimento, al co ntrario, esisterebbe nel caso
che il rapimento o la detenzione fossero attuati d'intesa con i genitori, ma contro la
volontà della donna.
La rapita potrebbe essere anche la fidanzata, promessa ufficialmente al rapitore. Ma se lei
rifiuta il suo assenso e si oppone, l'impedimento sorge ugualmente. L'antica regola: "Non fit raptus
propriae sponsae" è da considerarsi soppresso.
3943 3° Che il rapimento o il sequestro siano effettuati a scopo di matrimonio (intuitu
matrimonii), non per altri motivi: politici , terroristici, estorsi vi, odio o vendetta, libidine,
ecc. In questi casi si avrebbe un delitto contro la libertà, passibile di sanzioni penali
(can. 1397), ma non l'impedimento matrimoniale. Non ha importanza se la donna sia
rapita o trattenuta direttamente da colui che intende sposarla, o se questi si serva del-
l'opera di altre persone. Ovviamente queste altre persone che esegui scono il ratto , non
con traggono alcun impedimento.
Uma:trimonio 323

Potrebbe anche avvenire che una donna venga rapita a scopo di libidine. e che poi sia rrat-
tenuta forzatamente a scopo di matrimonio. L'impe dimento sorge ugualmente dalla "dcte ntio" . Se
per altro. precisano alcuni autori, l'iniziativa del matrimon io parte dalla donna e non dall' uomo. il
quale si limita ad accettare la proposta fattagli, l'impedimento probabilmente non esiste, purché la
decisione della donna sia avvenuta in piena libertà e non sia stata determinata dalla necessità di
riparare al proprio onore. non avendo altra a lternativa.
c) La cessazione 3944
Finché il rapimento o il sequestro perdurano, ogni celebrazione del matrimoni o
resta invalida. Perché l'impedimento cessi, è necessario congiuntamente:
l ? Che la donna venga separata dal suo rapitore o seque stratore: materialmente e
psicologi camente.
2 0 Che sia posta in un luogo sicuro e libero , sì da non esser più sotto il dominio
del rapitore: "sub ilio influxu subiectionis". Se questo non avviene, l' imped imento ha la
sua efficacia anche se la donna acconsenta liberamente al matrimon io: non si avre bbe
nel caso il vizio di consenso, ma rimarrebbe l' incapacità giuridica in ordine al matrimo-
nio. a causa dell' impediment o.
Luogo libero e sicuro non è sempre per altro la casa della propria famiglia, che. per motivi
di onore, potrebbe forzare la donna a sposare il suo rapitore.
30 Che acc onsenta liberament e al matrimonio . Il libero co nsenso è la con dizio ne
esse nziale: se mancasse, a part e il "vizio" che ne deriv erebbe a norma del can. I 103,
l'i mpe dime nto co ntinuerebbe a sussis tere, determ inand o l'inabil ità giu ridica dei con-
traenti .
Cessando l'impe dimento, il rapitore e la rapita possono contrarre matrimonio. Il parroco,
tuttavia, prima di procedere alla celebrazio ne, deferirà opportunamente il caso al proprio Ordinario,
a cui spella il giudizio definitivo circa l'effettiv a cessazione dell' impedimento. La consultazione
dell' Ordinario è necessaria anche nella ipotesi che il parroco abbia dei dubbi, in UII caso concreto
della ipotesi del ratto (abductio vel rei rctentio),
d) La dispensa 3945
Il "ra ptus" in qu anto tale è un impedi me nto dirim ente di diritto ecclesiastico. Ciò
è dimostr ato da l fatto che l'imped iment o perdura nel suo effetto invalid ante anche nel
caso che la do nna rapi ta o sequestrata acco nsenta liberamente , pur nella sua situaz io-
ne, al mat rimon io col suo rap itore o sequestratore, Sc l' imped imento fosse di diritto
natur ale , il libero co nse nso c he la donna è in grado ed ha in animo di dare determi-
nerebbe "e o ipso" la sua cessazi one. L'impedimen to in vece perm ane anc he in questa
ipotesi, in forza dell a legge ecclesiastica, che, ai fini dell a incapacità giuridica dci
contraenti, co nsidera il fatto ogg ett ivo del " raptus" , ind ipend entemente dal fatto de l
co nse nso.
Dal carattere ecclesiastico dell ' impedimento , deriva una duplice conseguenza: 3946
I o L'impedim ento non rende invalido il matrim onio di due persone non battezzate
né di di d ue persone battezzate non cattoliche, le quali, come tali, non sono soggette alle
leggi ecclesiastiche (can. I I). Rende invalido invece. a norma del can. 1059. il matri-
monio di due contrae nti. anche quando uno solo di essi sia cattolico (lstr. del S.Uffic io
ai Vesco vi dell' Albania , 15 febbr aio 190 1). L'inabilità disposta dal can. 1089 colpi sce
sia il rapitore c he la donn a rapita o sequestrata : direttamente il co ntraente cattolico,
indirettame nte il partner non cattolico.
2° Che in linea di principio è possibile la dispensa dall'impedimento, purché, co-
m' è ovvio, non si abbiano dubb i sulla piena libertà della donna, la quale, nonostante la
situazione in cui si trova , sia in grado di prestare un libero consenso. Di fatto, tuttavia,
una dispensa del genene non si dà se non in casi eccezionali, quando , per circostanze
324 LI BRO IV - I I "mun us sanc tificnnd i' del la Chi esa

CAN. 1090 - § 1. Qui intuitu ma- § I. Chi, allo scopo di contrarre mat ri-
trimonii cum certa persona ineun- monio con una detenninata persona, pro-
di, huius coniugi vel proprio co- voca la morte del co niuge di questa o del
niugi mortem intulerit, invalide pr opri o co niuge. attenta inval idam ent e
hoc matrimonium attentat. tale matrim onio.
§ 2. Invalide quoque matrìmo- § 2. Attentano pure invalidamen te il
nium inter se attentantqui mutua ma trimonio tra loro quelli che abbia no
opera physica vel morali mortem inferto la morte al coniuge, coop erandovi
coniugi intulerunt. insieme fisicamente o moralmente.

particolarissime, la donn a non possa esse re separata dal suo rapitore. Per un elementare
senso di prude nza, l'i mpedimento può e deve cessa re ad opera dello stesso rapitore o
sequest ratore ,
3947 e) Nor me ulteriori
I ° Sanzioni canoniche . Nel Codice precede nte, il rapimento di una donn a a scopo
di matrim onio o di libidine (intuitu matrimonii vel explend ae libidinis) comportava la
pena " latae sententiae" della escl usio ne dalle legittime attività ecclesi astiche enumerate
nel can. 2256 , n. 2, e pene "ferendae sent entiae" da intl iggere dal superiore o dal gi udice
ecclesi astico "pro gravitate culpae" (can. 2253). Agli effetti della pena , tuttavia, la
detenzi one de lla donna stranamente non era equiparata al rapime nto: il canone parla solo
di rapime nto. Il delitto, ovv iamente, non si estingue per il cessare dell ' imped iment o.
Nel nuovo Cod ice si consi dera deli tto il ra pime nto d i qu alsiasi per sona, qual un-
que ne sia il motivo (can. 1397 ). AI reo e ai complici necessar i (can, 1329) s' Infligge
"pro delicti gravi tate" un a delle pene es piatorie (privazioni e proi bizioni ) previ ste nel
can. 1336.
3948 2 ° La legislazione civile. In genere le legislazioni civil i moderne non co ntem plano
l' impedi mento del ratto. Prevedono invece l'impugnazione de l matrimon io da parte del
co niuge che ha subito la violenza.
L 'alt. 122, co mma l °, del Codice Italiano, seco ndo la nuova formu lazione dell a Legge 19
maggio 1975 , n. 15 1, così dispone:
- 1\ matrim onio può esse re impugnato da qu ello dei coniu gi il cui consenso è stato e storto
con violenza o de terminato da timore di ecce zion ale gravità derivan te da ca use estern e allo sposo.
Negli artt. 522 , 523 e 524 del Codice penale sono co mminate le segue nti puni zioni:
IO La recl usione da uno a tre anni, per il ratto di una donn a a fine d i mat rimon io .
2° La reclu sione da tre a cinq ue anni, per il ratto a fine di libidine.
3 0 Pene maggiori di quelle indicate, per il ratto a fine di matrimonio o a scopo di libidine di
persone minori di anni 18 o di malati di mente.

3949 8. Il crimine di coniugicidio


]090 (1075*) L'impedim ento deri vante da tale gravissi mo crimine, sancito nell'or-
dinam ento canonico come in quello civil e (art. 88 del Codi ce Civile), ha lo sco po di
tutelare la dignità del mat rimonio e la vita dei coniugi. Esso, come tale, non ha nel
Diritto Cano nico carattere penale.
3950 a) L 'e volu zione stor ico-giur idica
L' impedimento ha avuto nella Chiesa una lunga evo luzio ne.
Nei primi secoli, non esis teva l' impedim ento derivante da adulterio. Un talc delitto,
Il matrimonio 325

con sid erato uno dei più gravi, era punito co n pubb liche penitenze, ma non rend eva nullo
il matrim onio dei due colpevoli , come risulta dal Concilio di Elvira , celebrato in Spag na
tra il 30 0 e il 301. L'impedimento invalidant e venne istit uito dall ' imperatore
Giustiniano nel 556 (Novella 134, ca p. 12). Esso fu acco lto dalle Chi ese Orient ali,
mentre in Occidente si mantenne il sistema penitenziale, e le nozze fra i compli ci erano
possibil i al term ine dell a penitenza e dopo la morte del con iuge.
Nel Concilio di Trebur (Triburiense), in Germ ania , svoltosi nel1'895, venne istitu ito
il primo impedimento dirimente, col quale s' intese colpire l' adulterio qualificato, al
quale cio è fosse unita la prom essa di matrimonio dopo la morte del co niuge . All a fine
del sec . XII , sotto il pontificato di Clemente /II (1188-1191 ) c di Celestino /II (1191-
1198), furono aggiunte due altre figure d'impedimento: l' adult eri o come attentato di
matrim oni o e in coniugicidio , anch e nel caso che non ci fosse adulterio .
Tale normativa, trasmessa dall e Decretali, venne co nfermata sostanzialm ente dal 3951
Codice pio-benedettino, nel quale furono formalm ente distinte quattro forme d'impe-
diment o:
Adulterio con prome ssa di matrimon io
Adulterio con atte ntato di matrimonio anche solo civile
Adulterio con coniugici dio (uno patrante )
Coniugicidio di comune inte sa tra due coniugi (utroq ue patra nte)
Nel nuovo Codice, soppre sso ogni riferimento all' adult erio (come pur era stato già
auspicato dal Concilio Vaticano I), viene considera to solo il coniugicidio (l' uccisione del
proprio co niuge o del coniuge della persona che si vuole spos are) in una dup lice forma :
IO Con iugicidio a scopo di matrimon io, ad opera di una sola persona, l'uomo o la
donna: con azione sia fisica che morale (istiga zione o mandato).
2 0 Coni ugicid io ad opera comune dell'uomo o della donn a.
Si suppone che il coniuge sia legato al suo partner da un matrimonio valido, anche se non
consumato. Se il matrimonio fosse nullo o anche solo putativo, l' impedimento non potrebbe sor-
gere, perché sarebbe privo del suo fondamento, e non si avrebbe l' uxoricidio.

b) Le condizioni richieste 3952


Perché si abbia Vimpedimentum criminis, sono necessarie le seg uenti co ndizioni:
I. Relati vament e alla prim a e alla seconda forma:
IO Che il delitto sia stato doloso, ossia volont ario , intenzionale, imputabile mate-
rialmente o anche solo moralmente' . Non è sufficiente l'omicidi o involont ario né quello
semplice mente colpo so o preterintenzionale.
2 0 Ch e il del itto sia stato consumato , ossia portato a termine con l'effett iva morte
della person a, che si aveva intenzione di uccidere. Non è sufficiente il solo tent ativo di
omicid io, e se, dopo tale te ntativo, la morte sopravvie ne per un' altra ca usa (per es.
l'i mperizia del medico), l' impedimento non si con trae .
Si noti che nelle legisla zioni civili (cfr. ad esempio l' art.. 88 del Codice Civile Italiano), 3953
l'im pedimento matrimoniale sorge dal coniugicidio solo dopo la sentenza di condanna pronunziata
dal giudice. Nel diritto canonico, invece, l'imp ediment o è causato dal fatto stesso del coniugicidio,
indipendentemente dall 'azione giudiziaria e dalla eventuale condanna, che potrebbe anche non
esserci, qualora l'uxoricida venga assolto, per insufficienza di prova o il suo delitto rimanesse
occulto.

I È chiaro che. nel caso in cui il coniugicidio sia compiuto per mezzo di un sicario, l'impe-

dimento viene contratto solo dal coniuge che è il mandante, e non dal sicario nel quale manca
*
Yintuitus sui matrimoni! del can. 1090, I.
326 Ll RRO IV - Il "m unus saoctiflcandi" della Chiesa

3954 2. Relativamente alla prima forma


Ossia al coniugicidio ad opera dj una sola persona : l'uomo o la donna .
IO È necessario che il co niugicid io si co mmetta allo scopo di contrarre un nuovo
matrimoni o: se si compie per altri motivi (odio, ira, vendett a, ecc.), non sorge alcun
impedime nto . Il con iug icidio pu ò ave re com e vitt ima sia il proprio co niuge
(coniugicidio in senso proprio ) sia il coniuge della person a che si ha animo di sposare
(coniugicidio in senso ampio).
2 0 Il nuovo matrimonio che s'intende contrarre, deve riguardare una persona deter-
minata (cum certa persona ): ad esempio, il vedovo o la vedova della persona ucci sa, nel
caso che si sopprima la moglie o il marito di un' altra persona.
Può accadere che una persona uccida la propria moglie per sbarazzarsi di lei' ed essere libera
di sposare un'alt ra donna, che tuttavia. all'atto dell' assassinio, non è ancora determin ata. In questo
caso, Y impedimentum criminis non sussiste, perché il can. 1090, *
l , parla espressamente di
"intuitu matrimonii cum celta persona". L'impedimento non sussiste neppure nel caso che Mario
uccida la propria moglie per sposare Tizia, e poi sposi Caia.
3° L'impedimento sussiste anche nel caso che la person a, con l'a quale si ha in
animo di contrarre matrimonio, sia all' oscuro del delitto oppure si opponga o che l'u c-
cisore non manifesti ad alcuno la sua intenzione criminale.
3955 3. Relativamente alla seconda forma
Coniu gicid io ad opera comune dell'uomo o della donna .
I a È necessario che tra i due uxoricidi ci sia una vera cooperazio ne, fisica o
morale, ai sensi del can. 1329.
Tale cooperazione dev'essere formule, intenzionale , Non è sufficiente per sé la semplice
cooperazione materiale. Elemento essenziale della cooperazione di due o più persone in un'azione
delittuosa è che tutte contribuiscan o effettivamente di comune intesa (communi consilio) a pone in
essere il delitto. La cooperazione può essere anche solo morale, se una persona istiga o determina
altri a commette re un delitto.
20 Non è necessario, secondo l'i nterpretazione più fondata, che il con iugicidio
avvenga a scopo di matrimonio. E sufficiente solo il delitto in sé, per cui se i due
complici intendessero successivamente contr arre matrimonio, ne sarebbe ro incapaci per
l' imped imento già co ntratto.
Tale interpretazione risulta indirettamente dal verbale dell' adunanza del Gruppo di Studio "De
matrimonio" ( 17 maggio 1977): cfr. Commun icationes, a. 1977, pp. 366-367, can. 290.
3956 c) La cessazione dell'impedimento
L'impedimentum criminis non è un impedimento di diritt o naturale. Senza dubb io,
un matrimonio contratt o a seguito di un coniugicidio contrasta col senso morale, ma "ex
se" non è reso nullo dalla legge natural e. L'impedimento è di diritto ecclesiastico.
Natura sua è anche perpetuo, per cui può cessare solo per dispensa, riservata per altro
alla Santa Sede (can. 1078, § 2, n. 2), che, com' è ovvio , la concede per motivi molto
gravi e, per sé. so lo nei casi in cui l'uxoricidio sia occulto, per non suscitare indigna-
zione e scanda lo, La competenza è, nel caso, della Penitenzieria Apostolica. Trattandosi
di un doppio uxoricid io (uccisio ne del propri o coniuge e del coniuge della persona con
la quale s'intende contrarre matrimon io), è necessaria una dupli ce dispensa,
In pericolo di morte c nei casi di emer genza (cum iam omni a sunt parata ad nupt ias)
si applicano i cann. 1079- 1080.
3957 Da notare. La trascrizione civile di un matrimonio canonico, contratto con la dispe nsa
dall'impedimentum criminis nella forma prevista dall'a rt. 88 del Codice Civile Italiano. non può
aver luogo in Italia: il detto impedimento è considerato "inderogabile" a termini dei nuovi Accordi
intervenuti tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana (Accordo del 18 febbraio 1984, art. 8, n. I,
Iett. b: Protocollo addizionale del 18 febbraio 1984, art . 4, lett . a, 3).
n matrinmn io 327

CAN. 1091 - § l. In linea recta § l. Nella linea re tta dell a co ns angui-


consanguinitatis matrimonium neità , il matrimon io è null o fra tutt i gli
irritum est inter omnes ascenden- a sc endenti c i disc endenti , si a leg ittimi
{es et descendentes tum legitimos che naturali .
tum naturales,
§ 2. In linea collaterali irritum § 2. Nella lin ea co lla terale, il mat rimo-
est usque ad quartum gradum in- nio è nullo fi no al qu arto grado incluso .
clusive.
§ 3. Impedimentum consangui- § 3. L 'impedimento di co nsang uin e ità
nitatis non multiplicatur. non si moltipli ca .
§ 4. Numquam matrimonium § 4 . Non ve nga mai permesso il m atri-
permittatur,siquodsubestdubium m onio, se sussista qu alche dubbio che le
nnrn )J3.IUs sint consanguineae in parti siano co nsang uinee in qu alche grado
aliquo gradu lìneae reetae aut in dell a lin ea retta o nel seco ndo grado dell a
secondo gradu lineae collateralis. linea co lla te ra le .

9. La consanguineità o parentela 3958


1091 (1076*) È un impedimento che, per lunga tradizione storica, esiste non solo
nel diritto canonico, ma anche in quello civile, per ragioni morali, sociali, eugeniche.
Esiste anche largarnente come tabù, ossia come interdizione di carattere sacra le, presso
i popoli primitivi. Nell'ord inamento canonico, esso tende in particolare a tutelare la
purezza dei costumi, la santità della famiglia, e a promuovere una maggiore solidarietà
fra gli uomini, raffrenando gli egoismi di clan (motivi etici e sociali). Ovviamente sono
presenti nel diritto della Chiesa anche i motivi di carattere eugenico. poiché, com' è
dimostrato dall' esperienza, i matrimoni fra parenti stretti presentano spesso fenomeni
degeneratrici sotto l'aspetto biologico'.
Per il concetto d i consanguineità e il suo computo per linee e gradi. occorre
richiamarsi al can . 108 (v. il relati vo com mento), tenendo presen te che la co nsangui-
neità non si fonda sul matrimoni o, ma sulla generazione, per cui il relativo impedi-
mento so rge dal matrimonio legittimo e illegittimo. valido e invalido, come da qual-
siasi unione natur ale.
a) Cenni storici 3959
In quasi tutti i popoli dell'antichità, il rapporto di consanguineità ha costituito un
impedimento in ordine al matrimonio, con un ambito più o meno esteso.
Nel diritto ebraico (Levitico. 18, 8 ss.), come in quello romano, l' impedime nto

l Sono state fatte a tal riguardo molte indagini, ma le conclusioni non sono concordi. È per

altro affermazione com une degli studiosi di genet ica che la pericolosità delle unioni tra consangui-
nei (unioni endogamicbe) non deriva dalla consanguineità come tale. ma dal fatto che nei ceppi
genealogici esistono q uasi sempre dei geni recessivi sfavorevoli. ossia delle tare ereditarie. che
nelledeae '1il1'liooi ·e aQogamiche. a causa della formazione di individui omozigoti, si manifestano
con maggio re facilità, mentre nelle unioni esogamiche, con la formazione di individui eterozigoti,
la manifestazio ne delle tare è più rara o più attenuata. Sono pert anto sconsigliabili per ragioni
biologiche - oltre che soc iali -le unioni tra consanguinei, mentre negli animali gli accoppiamen-
ti del genere possono contribuire al perfezionamento della razza e alla loro maggiore purezza, in
quanto le eventuali manifestazioni degenerative sono facilmente controllabili cd eliminabili me-
diante la soppress io ne degl'individui tarati. Un tale sistema. molto pratico in zootecnia e filotecnia,
a parte il possibile fenomeno negativo della sterilità. ha dato e continua a dare buoni risultati.
328 LIBRO IV ~ li " rnunus sancrificundi' della Chiesa

comprendeva gli ascendenti e i discendenti indefinitamente (in infinitum), i fratelli e le


sorelle, gli zii e i nipo ti' Le mede sime norme ve nnero adottate dalla Chiesa nei prim i
seco li.
Successivamente, a cominciare dal IV secolo , l' impedimento di co nsanguineità fu
esteso a poco a poco nella linea coll aterale ad altri gradi, fino a co mprendere, probabil-
mente nel sec. IX, anche il 7° grado di parentela (il 13° del sistema rom ano). Era una
estensio ne eccessiva e Innocenza 1II nel Con cilio Lateranense IV (a. 1215) lim itò l' im-
pedimento al 4° grado inclu so, con una motivazione nettamente pastorale: «Q uoniam in
ultcri oribus gradibus iam non pote st ahsque gra vi dispendio hu iusmod i prohibitio
generaliter observari»,
AI temp o del Con cilio di Trento c poi del Con cilio Vaticano l, fu propo sto una
ulteriore limitazione, ma questa fu effettuata solo dal Codice pio-benedettino, che nel
can . 1076, § 2, conservò l'impedimento "usque ad tertium gradum inclusive" (6° grado
dci co mputo romano ).
3960 b) Il nuovo Codice
Riconferma sostanzialmente la normat iva del Cod ice precedente. C ' è solo una ul-
teriore riduzione nella linea collaterale e la soppressione della cosiddetta " moltiplicazio-
ne" dell'impedimento.
L'ulteriore riduzione, effettuata nell' ambito dell'impedimento matrimoniale della consangui-
neità collaterale, è legata ai profondi mutamenti verificatisi nei nostri tempi nella struttura della
società e della famiglia , Alla società agricola s'è infatti sostituita quella industriale, e alla famiglia
di tipo patriarcale quella delle famiglie singole viventi a sé, in modo auton omo. In una famiglia di
tipo patriarcale, in cui i figli sposati seguitavano a convivere con i genitori, l' ambito dell'impedi-
mento, per ovvi motivi d'ordine sia morale che sociale, era naturalment e più esteso . Nel contesto
odierno, in cui le singole famiglie vivono a sé, e con caratteri di grande mobililtà, l' ambito dell'im-
pedimento è necessariamente più limitato.
3961 Circa l'ambito dell'imped imen to, l' attuale Codice, in conformità sosta nziale co n la
legislazion e precedente, stabilisce i seguenti principi normat ivi:
I° La consanguineità nella linea retta dirime il matrimonio in tutti i gradi, ascen-
dent i e discendenti (§ l):
- Tr a padre e figlia o madre e figlio
- Tra nonno e nipo te, ecc .
2° La consanguineità nella linea collaterale dirime il matrimonio fino al quarto
grado inclu so (§ 2):
- Tra fratello e sorella (seco ndo grado)
- Tra zio e nipote (terzo grado)
- Tr a zio e pronip ote (quarto grado)
- Tra primi cugini (quarto grado)
Nel Codice anteriore, l'imped imento comprende va anche i secondi cugini ( LerLO grado, secon-
do il computo di allora; sesto, secondo il computo attuale). '

3962 3° L'impedimento di consanguineità non si moltiplica (§ 3). Nel Codice an-


teriorc , l'impedimento si molt iplicav a ogni volta che si moltiplicava lo stipite (can.
1076 , § 2, Codice 1917). Ciò avve niva, ad esempio, quando due person e consangui-
nee avev ano dei figli con persone con sanguinee (due fratelli uniti in matrimonio con
due sore lle) . La norma precedente è stata soppressa, perché dav a luo go a incertezze
e difficoltà.
Non moltiplicandosi l'impedimento, hasterà chiedere una sola dispen sa, per il grado
più vicino allo stipite.
Il matrimonio 329

4° Il matrimonio non può essere mai permesso, qualora sussista un dubbi o di 3963
una certa ser ietà che le parti siano consanguinee in un gra do dell a line a retta o nel
secondo grado dell a lin ea co llaterale (§ 4). Per mettend olo, si correrebbe il rischi o di
violare un a legge di natur a, nel cas o che la co nsanguineià esistesse realment e nel
detto grado.
5° Non si può mai concedere dispensa dall'impediment o di consanguin eità nella
linea retta, qualunqu e sia il suo grado, e dall' impedimento di consanguineità del seco ndo
grado dell a linea collatera le, ossia tra fratelli e sorelle (can. 1078, § 3).
Nel ter zo e qu art o grado della linea co llaterale , la dispensa è pos sibil e e d è di co mpe tenza
dell 'Ordinari o del luogo (ca n. 1078). Tratt ando s i di consanguineit à di qu art o gr ado . la disp ensa
si conce de con facilità ; per il terz o grado, essa è più di fficil e e si richiedono ca use più gra vi
(lstr. de lla Co ngregazione de i Sacram ent i. ) 0 ag osto 1931 : X. OCHOA, Leges Ecclesiae, L n.
1045, co lI. 1342-13 44 ).

T ali principi giuridici si richiamano alla dottrina tradizionale della Chie sa, secon- 3964
do la qual e:
- La consanguineità nella linea retta è certamente di diritto natur ale nel primo
grado (padre-fig lia, madre- figlio); molto probabilmente lo è anche in tutti gli altri gradi"
ascendenti e discendenti.
- Second o la dottr ina prevalente , la consangu ineità nel seco ndo grado della linea
collat erale (fratelli-sorelle) è di diritto natur ale secondario, tale cioè che non appare in
diretto contr asto con i fini e l' essenza del matrimonio, per cui, in casi del tutto eccezio-
nali , è possibile la dispensa da parte della Chiesa dal relativo impedimento.
La detta dottrina risult a confermata da una Risposta del S. Ufficio in data 13
dicemhre 1916 e da un Rescritto di Paolo VI in data 21 gennaio 19771.

c) La dispensa dall'impedimento 3965


La consanguineità costitu isce un vincolo oggettivo "Ilatura sua" perpetuo, e l' im-
pedim ento che ne deri va non può cessare "ex se". Perché cessi è necessari a una legittima
dispen sa da parte della competente autorità . La concessione di tale dispensa, evid ente-
mente, è possibile solo relativamente agl'i mpedi menti d i diritto ecclesiastico, non a
quelli di diritto natur ale. Agl' imped imenti di diritto naturale sono soggetti anche i non
battezzati ,
A parte il di vieto del can. 1091, § 4, la dispensa circa gli altri gradi di consan-
guineità è di compe tenza sia della Santa Sede che degli Ordinari del luogo. Trattan-

, Nel 191 6 fu presentato al S. Ufticio il seg uente qu esito : «Q uid se ntie ndum de matrimon io
contra cto in infidel itate a fratre cum sorore uterina, dein de ad fidem co nversi s» , R. «Non esse
inquietan dos ».
«In data 21 ge nnaio 1977, il Santo Padre Paolo VI, in una co municazio ne invia ta alla S.C .
per la Dott rina della Fede, per me zzo dell a qu ale gli era stata dom andata per un fratell o e una
sorella uterini (nati dall a stessa madre, ma da padr i di versi ), catt olici , cresciu ti separat ament e
nell'i nfanzia. da anni conviven ti, la dispensa di co nsanguineità in linea collaterale di primo grado.
allo scopo di rego lare col matrimon io religioso la loro unione e di legitt ima re la prole . si dichiarò
competente a conce derla. tenuto presente l' interesse pastorale del caso e ... cons idera ta l'opinione
dei canonisti che la prassi della Chiesa di non co ncede re la dispensa nei cas i co me quello prese n-
tato , non escl ude che la Chiesa abbia il diritto di co ncederla in casi ecceziona li. poten dosi
conside rare di diritto eccle siastico, non divino, l'i mpedi mento in ques tione» (X . OCHOA. Leges
Ecclesia e. V, n. 44 88. col. 72 88).
Si noti come il Rescrit to di Paolo VI parli di "diritto eccl esias tico" e non di "diritto natura le
seconda rio" . La disti nzione tra di ritto natural e prima rio e seco ndario non i: oggi infatti accettata da
tutti.
330 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 1092 - Affinitas in linea ree- L'affinità nella linea retta dirime il
ta dirimit matrimonium in quoli- matrimonio in qualunque grado.
betgradu.

dosi di consanguineità di quarto grado, la dispensa si concede con una certa facilità;
per il terzo grado essa è più difficile e si richiedono cause più gravi. Cfr. a tal
riguardo la direttiva impartita dalla Congregazione dei Sacramenti ai Vescovi dioce-
sani nella Istruzione del l" agosto 1931, in cui si richiamano gli Ordinari a una
maggiore severità, che oggi, evidentemente, dev'essere bene intesa (X. OCHOA, Leges
Ecclesiae, I, 1045, colI. 1342-1344).
L'impedimento di due consanguinei è per sua natura correlativa, vale a dire vincola
le due persone consanguinee allo stesso modo e con lo stesso grado. Di conseguenza la
dispensa data a una delle parti contraenti, vale anche per ciò stesso per l'altra, in quanto
riguarda il medesimo e unico matrimonio.

3966 lO. L'affinità


1092 (1077*) Concetto, ambito e computo dell'affinità: cfr. can. 109 e relativo
commento.
Da tener presente: l'affinità si fonda esclusivamente sul matrimonio, e il relativo
impedimento sorge da qualsiasi matrimonio valido, anche se non consumato (can. 109,
§ I). Dal matrimonio invalido o putativo sorge, come si dirà nel canone seguente, la
"pubblica onestà", non l'affinità.
3967 a) Cenni storici
La Chiesa ebbe a tener conto, nei suoi inizi, di una duplice legislazione circa
l'impedimento di affinità: del diritto mosaico e di quello romano.
La legislazione mosaica (Levitico 18, 8 ss.; 20, 1I ss.) vietava severamente il
matrimonio:
- Nella linea retta, con la suocera, con la nuora, con la matrigna o con la figlia-
stra, con la figlia del figliastro o della figliastra.
- Nella linea collaterale, con la cognata (eccetto il caso di levirato) e con la
vedova dello zio.
Nella legislazione romana, l'impedimento, limitato all'affinità della linea retta,
vietava il matrimonio tra il patrigno e la figliastra, la matrigna e il figliastro, il suocero
e la nuora, la suocera e il genero.
La Chiesa accolse progressivamente elementi dell'una e dell'altra legislazione,
estendendone anche l'ambito, come risulta dal Concilio di Elvira (a. 300 circa) e dal
Concilio di Neo-Cesarea (a. 314).
Successivamente, a partire dal sec. VIII, venne modificato radicalmente il concello di affinità,
poiché si pose a suo fondamento non più il matrimonio legittimamente contratto (matrimonio
valido. consumato e non consumato), ma la copula lecita o illecita (coniugale ed extraconiugale)
avvenuta fra l'uomo e la donna, mediante le quale essi divenivano "una caro". secondo l'espres-
sione biblica. Ne derivò una normativa complessa e intricata, che durò stranamente fino al Codice
del 1917, con la quale si tornò al concetto romano di affinità, fondata esclusivamente sul matrimo-
nio (can. 97).
3968 b) La normativa del nuovo canone
Nel Codice pio-benedettino, l'impedimento di affinità rendeva nullo il matrimonio
non solo nella linea retta, ma anche in quella collaterale "usque ad secondum gradum
Il matrimonio 331

inclusive", corrispondente al terzo e al quarto grado del sistema attuale. Nel nuovo
Codice , esso è limit ato alla linea retta in qual siasi grado (in quolib et gradu) , per e videnti
ragioni di cara ttere morale e socia le. Dirime pertanto il matrimonio:
- Tra suoce ro e nuora
- Tra suoce ra e genero
- Tra patrig no e figliastra (la figlia che la moglie ha av uto da una precedente unione o
rapporto)
- Tra matrigna e figliastro (il figlio che il marito ha avuto da una precedente unione o
rapport o) e così via

È stato sop presso l'impedimento relativo all'afti nità nella linea collaterale (tra
cognat i, ad esempio), poiché «mo lto spesso il mat rimon io tra amni costituisce la miglio -
re soluzio ne per provvedere alla eventuale prole, nata dal matrimonio preceden te»
iCommunicationes, a. 1977, p. 368, can. 292) .
Come per la consan guineità, resta soppressa anche la "moltiplicazio ne" dell 'affini -
tà, per il fatto stesso che nella linea collatera le non esiste più alcun impedi mento.
c) L'eventuale dispensa 3969
L' affinità, come la consanguineità, è un vincolo o rapporto oggettivo e l'i mpedi-
mento che ne sorge è " natura sua" pe rpe tuo, che non cessa né per la morte del coniuge.
né per una eventuale dispe nsa "supcr rato" co ncessa da l Romano Pontefice.
L' impedimento, tuttavia, anche nella linea retta è di diritto ecclesiastico (qualche
autore antico lo considerò di diritto naturale)' , per cui la Chiesa in linea di princip io può
dispensare da esso; di fatto dispensa solo in cas i del tutto eccez ionali, per non suscita re
scandalo. La dispen sa non è riservata alla Santa Sede e rientra nella competenza dell 'Or-
dinario del luogo (ca n. 1708).
Ovviamente all'i mpedi mento di affinità non sono sogge tte le perso ne non battezzate (cfr. can. 3970
I l) , finché restan o tali, tranne che l'impedim ento sia previsto nella legislazi one civile del loro
paese. Se si battezzano, l'affinit à che es iste in esse diventa eo ipso impedi mento cano nico, anc he
se l' impedimento no n è co ntemp lato dalla legge civile. Una tale conseguenza, logica in sé, è
confer mata da una Rispost a del S. Ufficio in data 3 1 gennaio 1957 .
Dubbio pr oposto: «A n affinitas, in infi de litate co ntracta, impedime nt um e vadat pro
matrimoniis. quae incantu r post bapti sm um, etsi unius par tis tantum».
Rispos ta: «Affirrnative» (X. O CHOA, Leges Ecclesiae, Il, n. 2626, col. 3484).

d) La legislazione civile 3971


In alcune legislazion i civili , co me quell a spagnuola, l' impedi mento di affini tà è
stato del tutto soppresso, nella linea collaterale come in quella rett a. In Italia esso è stato
conservato.
Art. fi7 del Codice Ci vile , seco ndo l 'art, 5 della Legge 19 maggio 1975. n. 151, sulla Riforma
del Diritto di Famiglia: «No n posso no co ntrarre matri monio fra loro... gli affini in linea retta: il
divieto sussis te anc he nel caso in c ui l' a ffini tà deriva da un matrim oni o dic hiarato nullo o scio lto
o per il q uale è sta ta pronunziata la cessazione degli effe tti... (No n posso no con trarre matrimonio
neppure ) gli affini in linea coll ater ale in seco ndo grado» .

l Sosten ne una tale tesi. per la stessa aftinit à nella linea collate rale , anche Enrico VlIl d 'In-

ghilterra (1509 -1547) , a fine di poter sposare Anna Bolena Avend o eg li contratto matrim onio,
mediante dispensa pontifi cia, co n la cog nata Cate rina d' Aragona, vedov a del fratello Art uro, eg li
affermava che tale matrimonio era nullo perché il Papa non aveva il potere di dispensare da un
impedi ment o di diritto naturale.
Essend o di diritto ecclesiastico, l'i mpedi me nto di affinità riguarda so lo i cattolici: i non
cattolici. batt ezzati o no n battezzati, non vi sono soggetti, tranne che sposino un catto lico del q uale
sono affini (obbligo indiretto) .
332 LIBRO IV - Il "rnunus sanc tificandi" della Chies a

CAN. 1093 - Impedimentum publi- L'impedimento di pubblica onestà deri-


cae honestatis oritur ex matrimo- va da un matrimonio invalido a cui sia
nio invalido post instauratam vi- seguita la convivenza, oppure da un con-
tam communem aut ex notorio vel cubinato notorio o pubbli co; dirime il ma-
publico concubinatu; et nuptias trimonio nel primo grado della linea retta
dirimit in primo gradu Iineae ree- tra l'uomo e le consanguinee dell a donna,
tae inter virum et consanguineas e viceversa.
mulieris, ac vice versa.

L ' impedimento di affinità in linea retta è considerato " inderogabile" (Nuovi Accor-
di tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana, Protocollo aggiuntivo, n. 4, letto a). Di
conseguenza, un eventuale matrimonio religioso cont ratto con dispensa non viene tra-
scritto civilmente, per cui la dispensa dal detto impedimento non può es sere conc essa
dall'Ordinario del luogo "se non in presenz a di gravi motivi" (Decreto Generale della
CEI, 5 novembre 1990, n. 39: Enchir. CEI, col. 4, n. 2653) .

3972 Il. La pubblica onestà


1093 (1078 *) All'impedimento di affinità è simile quello di pubbli ca o nestà, che
ne è concettualmente e giuridicamente l'integrazione, per cui è definito "quasi atfinitas''.
I due impedi menti differiscono tuttavia fra loro per il fondamento, che, nell'affinità è il
matrimonio valido, e nella pubblic a onestà è il matrimonio invalid o o un pubblic o o
notorio concubinato.
3973 L'impedimento di pubbli ca onestà fu ignorato dal diritto romano. Sol o negli ultimi
anni della Repubblica e durante l'Impero furono proibite alc une unioni per motivi di
carattere morale, quali, ad esemp io, il matrimonio dei figli con le donne ch 'erano state
concubine del padre . Non si conosce l'istituzione del detto impedimento nella Chiesa:
forse fu introdotto nel sec. Xl. Compare per la prima volta nella raccolta di Graziano
(Decretum Gratiani).
Nel diritto antico, rimasto sost anzi almente in vigore tìno al Codice del 1917, l'im-
pedim ento sorgeva dagli sponsali e dal matrimonio rato e non co nsumato. valido e non
valido.
3974 a) Motivi e condizioni
L'impedimento di pubbl ica onestà è stato istituito ed è co nservato tuttora nella
Chiesa per ragioni di pubbl ica moralità e di con venienza socia le. Ha in particol are lo
scopo di tutel are la santità e la dignit à della fam iglia e l'integrità dei costumi.
A termin e dell'attuale can. 1093, che conferma in gran parte il ca n. 1078 del Codice
precedent e. "impedimento, come s' è già accennato , ha un duplic e fondamento, in quan-
to sorge:
lODa un matrimonio invalido - a causa di impedimento, per difett o di form a. per
vizio di consenso - a cui sia seguita la convivenza. Non basta pertanto il semplice fatto
della celebrazione di un matrimonio nullo, ma si richied e che fra le parti si sia istituita
una effettiva convivenza "more uxorio". Non ha rilev anza la "consumazione" o la " non
consumazione". ossia il compimento dell' atto coniu gale.
2 0 Oppure da un notorio oppure pubblico concubinato.
3975 Mat rimonio invalido è sia il matrimoni o attentat o che il matrimonio putativo, ce-
lebrato in buona fede nella forma canon ica da almeno una delle parti cont raenti (can.
1061, § 3).
Il matrimonio 333

Il concubinato suppone una relazione di una certa continuità, che offra una so mi-
glianza con la vit a matrimoniale.
Si distingue pertanto:
- Dalla prostituzione
- Dal semplice adulterio
- Dalle relazioni saltuarie
Non si richiede, tuttavia, la convivenza nella medesima casa. Una tale circostanza potrà essere
una prova del "concubinato", ma non ne costituisce l'essenza.
Il concubinato può sussistere anche con più persone simultaneamente, né ha importanza se
siano o no sposate.
Il con cubinato è impedimento tanto nella forma notori a che in quella pubblica (si
su ppo ne che il concubinato sia effetti vo, o ssia sussista re almente). Concubinato notorio
è quello conosciuto unive rsa lme nte , sì c he ri sulti, di fatto o d i diritto, in modo
incontrovertibile (ca n. 2197, nn . 2-3, Codice 1917). Concubinato pubblico, a termine del
ca n. 1074, è quello c he può essere provato in foro esterno.
Riteniamo che sia sufficiente a creare l'imped imento il fatto della convivenza pubblica o
notoria "more uxorio", e che non sia necessario che tale convivenza sia conosciuta dagli altri come
concubinato.
Il concubinato occulto o sem plice me nte presunto non costituisce impedimento.
b) L'ambito e la cessazione 3976
Col nuovo Codice, " impedimento di pubblica onestà è lim itat o al primo grado
della linea retta tra l'u om o e le consanguinee della donna e viceversa, os sia fra l'uomo
e la mad re o la figlia della donna, e fra la donna e il padre o il figlio dell'uomo. Non
c'è impedimento nel sec ondo grado della linea retta.
L'impedimento è "ex natura sua" perpetuo, per cui cessa soltanto con la sua legit-
tima dispensa, che può essere concessa an che dall'Ordinario del luogo , in quant o non
è rise rvata all a Santa Sed e (cfr. can . 1078 , § 2. Per la co ncess io ne si richiedono motivi
1II0ito gravi e sem pre che non ci sia alcun dubbio circa un possibile legame di paternità
o di fig lio lanza, sia pure naturale , fra le parti (c fr. ca n. 1094, § 4 ).
Trattandosi d' impedimento di diritto ecclesiastico. è chiaro che non vi sono soggetti gli 3977
acattolici a tenni ne del can. Il. Si può però fare il medesimo quesito presentato al S. Ufficio nel
1957. relativamente all'i mpedimento di affinità:
- An relatio publicae honest atis, in infidelitate instituta, impedimentum evadat pro
matrimoniis, quae ineantur post baptismum, etsi unius partis tantum.
Alcuni autori restano dubbiosi. Altri danno una risposta negativa in quanto - affermano -
la stessa relazione di pubblica onestà è di creazione ecclesiastica. Altri infine, forse più fondata-
mente, danno una risposta positiva. perché - si osserva - la relazione di pubblica onestà
determinatasi ai sensi del can. 1093, non è una semplice creazione della legge canonica, ma esiste
"cx se", come fatto oggettivo, ed esiste anche una norma etica di diritto naturale, che esclude come
"illeciti" gli eventuali matrimoni contratti in siffatte circostanze. Ritengono pertanto che la Risposta
del S. Ufficio debba applicarsi. per analogia. anche nel caso prospettato.
Nelle legislazi oni civili, l'impedimento di pubblica onestà non è pre visto.
c) Il matrimonio civile 3978
È il matrimonio cele brato dinanzi a un pubblico fun zion ario dello Stato, nella forma
pres critta dall a legge ci vile. T ale matrimonio - puramente civile - contratto da due
persone non soggette alla legge della Chiesa a termine del c an . 1117 , è pienamente
valido: co ntra tto in vece da persone che vi sono obbligate, e ciò nonostante rifiut ano
quell o canonico o religioso, è nullo "ipso iure", nel foro esterno ecclesiastico e nello
stesso foro interno di coscienza.
334 LIBRO IV - Il " munus sanct ificandi" della Chiesa

CAN. 1094· Matrimonium interse Non possono contrarre validamente il


valide contrahere nequeunt qui co- matrim onio tra loro, nella linea retta o nel
gnatione legali ex adoptione orta, secondo grado della linea collaterale, co-
in linea recta aut in secundo gradu loro che sono congiunti da parentela lega-
lineae collateralis, coniuncti sunt. le sorta da adozione.

Ovviamente. un tale matrimonio non può ess ere celebrato da un cattol ico. Tuttavia,
relati vamente al can .1093, è sempre valida la Rispo sta dell a Pon t. Comm. per l'interpret.
dci Codi ce in data 12 marzo 1929 , n. Il, che di stingue opportunam ent e tra matrimon io
civile in qu anto tale (atto di mat rimonio) ed effetti va con vivenza delle parti. Dal solo
atto di matrimonio non sorge l'impedimento; l'impedimento di pubblica onestà so rge
sol o dalla even tuale convivenza (notoria o pubblica), che s'instauri suc cessivamente (X.
OCHOA, Leges Ecclesiae, l, n. 888 , col. 1034).
3979 Nel nu o vo spi rito di maggiore tollera nza e di comprension e , il matrimoni o civ ile
co ntra tto da per son e sogg ette alla form a cano nic a non è più equiparato dall a C hies a
a un pubblico concubinato'. In effetti , nel con cubinato v'è una situazio ne del tutt o
di versa, in qu ant o le du e pe rsone ch e così co nvivo no non hann o int en zi on e di vi vere
in maniera sta bile come marito e moglie. Nel matrimon io c iv ile, co ntratto da due
per sone soggette alla forma canonica, v'è inv ece una int en zione e un impegno d i una
certa stabilità co niugale, con tutto un insieme di valori psicologici , morali e um ani
di not evole rili evo . Afferma a tal ri guardo Giovanni Paolo Il nell a Esort . Ap .
" Fa m iliaris consortio", n. 82:
- La situazione dei cattolici che, per motivi ideologici e pratici, preferiscono contrarre il
solo matrimonio civile o almeno rimandando quello religioso, non può equipararsi senz' altro a
quella dei semplici conviventi senza alcun vincolo, in quanto vi si riscontra almeno un certo
impegno a un preciso e probabilmente stabile stato di vita, anche se spesso non è estranea a questo
passo la prospettiva di un eventuale divorzio. Ricercando il pubblico riconoscimento del vincolo
da parte dello Stato, tali coppie mostrano di essere disposte ad assumere con i vantaggi anche gli
obblighi tEnch ir. Val., vol. 7, n. 1791).
3980 Ma è pur sempre vero che il dett o matrimoni o non ha valore "in for o co nsc ie ntiae":
ess o è «inacc etta bile per la Chies a, la quale insegna che per i ca ttolici l' un ico matrim o-
nio valido che li costituisce marito e moglie davanli al Signore è quell o sacramenta le,
per la c ui celebrazion e è richiesta la form a canonica » (C EI, La pastorale dei divo rzi,
ecc., 26 april e 1979 , n. 37, 2: Eflchir. CEI, vo I. 2, pp. 126 2-1 263).
Conseguenza pastorale. I cattolici che celebrassero il matrimonio semplicemente civile,
restano esclusi dalla Comunione a norma del can. 915, tranne il caso che non convivano. In questa
ipotesi, "remoto scandalo" e con l'impe gno di celebrare appena possibile il matrimonio religioso,
possono essere ammessi oggi alla Sacra Mensa.

3981 12. Parentela legale


1094 (1080 *) Olt re alla parentela naturale, che sorge "ex se" dall a ge neraz ione ed
è fondata sul vincolo del sa ng ue, c ' è una parent ela legale (co gnatio legali s), san cita dalla
leg ge c fondata sull' adozio ne.

I Nella lstr. della Congregazione dei Sacramenti in data IO luglio 1929, al n. 2 è detto

espressamente: «Qualora gli sposi osassero contrarre civilmente, sia pure con l' intenzione di cele-
brare in appresso il matrimonio religioso, saranno trattati come pubblici peccatori» (X. O CHOA,
Leges Ecclesiae, l, n. 914, col. 1095 ), nel caso - s' intende oggi - che alla celebrazione civile
segua l' effettiva convivenza.
Il matrimonio 335

a) Cenni storici 3982


Si trovano tracce di adoz ione presso i popoli più antichi, come i Babilone si: legi-
slazione di Hammu rabi, sec. XVIII-X VII a.c. Essa era in uso presso i Grec i e forse
anche presso gli Ebrei, ma la sila piena sistemazione giuridica si ebbe solo nel diritto
rom ano.
Uno degli effetti dell' adozione fu il divieto di matrimonio, con efficaci a analoga
a quell a della co nsanguineità. Nella legislazione romana essa impedi va le nozze :
- Nell a linea retta, tra l' adottante e l'adott ata e le figli e dell' adott ata "i n
infinitum" e anche "in perpetuurn " , poiché il divie to non veniva mai a cessa re.
- Nella linea collaterale, tra l' adottato e i figli propri dell'adottante , finché fos-
sero sotto la sua patria potestà (fino all' emancipazione).
Si suppone che la Chiesa si sia adatta ta alla legge romana fin dagl'i nizi. La prima
menz ione dell'impedimento di adozione si ha per altro in una risposta di Niccolò I Ad
consulta Bulgarorum (a. 866), in cui il Pontefice richiama le " venerande leggi romane"
che non permettevano il matrimon io " inter eos qui natura et eos qui adoptione filii sunt".
Con Graziano (sec. XII) l'impedimento si stabilì in modo defin itivo nell a legislazione
canonica, con effetto dirimente.
b) La normativa dei Codicì 3983
Nel Codice pio-benedettino del 1917, la Chiesa "canonizza va" , come suoI dirsi
la legge civile, per cui l' efficacia giuridica de lla parent ela legale , sorta dalla legi ttima
adoz io ne, variava, in o rdine al matrimon io, secondo i diversi paes i. Tale pa ren tela
infatti:
- Era impedimento impediente nei paesi in cui, per legge civile, essa rendeva
"illecite" le nozze (can. 1059, Codice 1917) .
- Era impedime nto dirimen te nei paesi in cui le nozze erano rese "invalide" (can.
1080, Cod ice 1917 ),
- No n era impedimento né imp ediente n é dirimente in quei paesi in cui la paren-
tela legale non aveva alcuna rilevanza giuridica ,
Una tale normativa. che di fallo lasciava al potere dello Stato l' impedimento matrimoniale
dell' adozione, incontrò molti dissensi fin dall' inizio, anzitutto perché la sua applica zione creava
notevoli di ffico ltà c incertezze nella dottrina e nella giurisprudenza. e poi perché con essa s' era
creata nella Chiesa una legislazione difforme . Il Gruppo di Studio " De iure matrimoniali" ne tenne
conto e decise di stabilire l'impedi mento in modo autonomo, partendo per altro dall' adozione civile
disciplinata dallo Stato secondo le proprie leggi e formalità. in quanto l' istituto dell'adozione è
proprio del diritto civile .
Nel nuovo Codice, a norma del can. 1094: 3984
IO L 'im pedim ento impedi ente dell' adozione è stato sopp resso;
2° Si è conservato solo l' impedimen to dirimente, che vale:
- Sia per i paesi nei quali la parent ela legale rende invalide le nozze
- Sia per q uelli in cui le nozze sono rese soltanto illecite;
- Sia, infine, per quelli in cui la parentela legale, pur riconosciuta, non ha alcuna
efficacia in ordine al matrim onio né "ad validitatern" né "ad liceitatem ".
I motivi etici e sociali dell' impedimento dirimente della parentela legale sono simili 3985
a quelli dell'im pedimento della parentela naturale o del sangue , in partico lare quello di
tutelare la moralità e il deco ro della famiglia e corrette relazioni fra i suoi membr i.
Canon icamente, come s'è già accennato, si co nsidera solo il fatto dell'adozione, che 3986
per altro dev'e ssere legittima, ossia effettuata nell' osservanza delle co ndizioni e delle
formalità prescritte dalla legge dei singoli Stati (ean. 110). Conseguentem ente:
336 LIBRO IV - ll r'rnunus sanc tificandi" della Chies a

l O Se l'atto di adozione civi le è invalido per mancanza di form alità sostanzi ali. non
si dà cognazio ne legale né può sor gere l'i mpedimento prev isto nell ' ord inamento ca no-
nico.
2° Se nel territorio di uno Stato non esi ste l'istituto dell ' adozion e, in quel terr ito rio
non si avrà neppure l' impedimento canon ico.
3 0 L' ado zione va inte sa in sens o stretto:
- Non basta pertanto la tutela, che non produce civilmente alcun a parent ela legale.
- Non basta neppure l' affili azion e, pre vista civilmente in vari St ati.
3987 Sotto il nome di affiliazione sono stati compresi. in epoche e luoghi diversi. vari istituti
giuridici. Nell'ordinamento italiano. l'affiliazione è stata introdotta nel Codice del 1942: artt. 400-
412. modificati in parte dagli am o 164-167 della Legge 19 maggio 1975. n. 151 (Riforma del
Diritto di Famiglia) e successivamente dalla Legge 4 maggio 1983, n. 184. Essa è un misto di
adozione e di tutela. che comporta per l' affiliante l' obbligo di mantenere l'affiliato. d' istruirlo e di
educarlo come se fosse un proprio figlio. di amministrarne i beni. L'a ffiliazione ha effetti propri,
minori da quelli derivati dall' adozione. L' affiliazione esisteva già di fatto nel nostro paese, poiché
in diverse famiglie si accoglievano fanciulli orfani o abbandonati dai genitori. provvedendo al loro
mantenimento e alla loro educazione. Il Codice del 1942, con le sue norme. intese disciplinarle
giuridicamente.

3988 c) L'ambito dell'impedimento e la dispensa


L'impedimento di cognazione legale dirime il matrimonio:
IO Nella linea retta, in qu alsia si grado;
2° Nella linea collaterale, solo nel secondo grado, concretamente:
- Fra l'adottato e i figli propri dell' adottante;
- Fra gli stessi adottati, se sono più di uno e di diverso sess o .
Secondo l'opinione più fondata. nel caso che la parentela legale cessi civilmente, non per
questo cessa l' impedimento già contratto, che, essendo ex se perpetuo, può cessare solo per legit-
lima dispensa.
La concessione dell a dispen sa rientra nei pote ri dell'Ordinario dcI luogo . L' e ven-
tua le dispen sa ottenuta dall ' autor ità civil e non ha valore.
3989 La parentela spirituale. Nel Cod ice precedente, si parl ava anche d'im pedimento
dirimente di "parentela spirituale" fra il padr ino o la madrina del battesim o e i suoi
figliocci, e anche fra il battezzato e il ministro (ca nn. 768 e 1079. Codic e 191 7). La
parentela, ovv iamente , suss iste ancora l're le dette persone, ma non dà più luogo ad alcun
impedimento.

d) Norme ulteriori
3990 Altri effeui della "cognatio legalis "
Son o co nness i, nell ' ord inamente ca no nico, con la "p atria potestà". Cfr., a tal rig uar-
do i ca nn.98, § 2; 105, § l , n. l ; 774 , § 2; 793; 796 , § 2; 797 ; 798; 85 1 § 2; 855; 867;
868 . § I. n. 2; 869, § 3; 872; 874, § I; 890; 914 ; 1071, § l , n. 6; 1136 ; 1183. § 2; 1258;
1366, ecc .
3991 La legislazione italiana
L'impedimento di adozione e di affiliazione è considerato nell 'art. 5 dell a Legge 19
maggio 1975, n. 151, circa il Diritto di Fam iglia . Nel medesimo artico lo si tratta anche
della con sanguineità e dell' affinit à. Lo ripo rtiamo per intero, in mod o che sia abbia il
prospetto completo dei detti imp edimenti stabiliti nell'ordinamento civile italiano.
- "Non possono contrarre matrimonio fra loro:
I) gli ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali;
Il matrirnon io 337

2) i fratelli c le sorelle germani, consanguinei o uterini;


3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote;
4) gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l'affinità deriva da matri-
monio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata pronunziata la cessazione degli effetti civili ;
5) gli affini in linea collaterale in secondo grado :
6) l'adottante, l'adottato e i suoi discendenti;
7) i figli adottivi della stessa persona
8) l'adottato e i figli dell'adottante:
9) l'adottato e il coniuge dell'adottante, l'adottante e il coniuge dell'adottato.
I divieti contenuti nei numeri 6, 7. 8 e 9 sono applicabili all'affiliazione.
l divieti contenuti nei numeri 2 e 3 si applicano anche se il rapporto dipende da filiazione
naturale.
Il tribunale, su ricorso degl'interessati, con decreto emesso in camera di consiglio. sentito il
pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio nei casi indicati dai numeri 3, 5. 6, 7, 8 e 9.
anche se si tratti di affiliazione o di filiazione naturale. L'autorizzazione può essere accordata anche
nel caso indicato al numero 4, quando l'affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo.
Il decreto è notificato agl'interessati e al pubblico ministero.
Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'art. 84".

13. Principali differenze fra il Codice attuale e quello precedente 3992


Sinteticamente
Sono soppressi nel nuovo Codice: 3993
- Tutti gl'impedimenti impedienti
- L'impedimento dirimente di parentela spirituale. che proveniva dal conferimento dci
battesimo o dall'ufficio di padrino o madrina battesimale
Sono modificati: 3994
- L'impedimento di disparità di culto. da cui è oggi esente il battezzato che abbia defezio-
nato dalla Chiesa cattolica con atto formale
- L'impedimento dell'ordine sacro. che, con la soppressione del suddiaconato , ha inizio col
diaconato
- L'impedimento del voto. che, da una parte, è limitato al voto pubblico e perpetuo di
castità, emesso in un Istituto religioso, e, dall'altra, si estende al voto semplice, purché perpetuo
- L'impedimento di crimine. limitato nel suo ambito, poiché, soppresso ogni riferimento
all'adulterio, è oggi causato solo dal coniugicidio
- L'impedimento di consanguineit à. che oggi non si moltiplica e, nella linea collaterale, non
va oltre i primi cugini e tra zio e nipote (quarto grado)
- L'impedimento di affinità. che non si moltiplica e sussiste solo nella linea retta, mentre
resta soppresso l'impedimento di affinità nella linea collaterale
- L'impedimento di pubblica onestà. che si ferma al primo grado della linea retta. e non
comprende più il secondo grado
- L'impedimento di parente/a legale. che è oggi sempre dirimente, e sussiste anche in quei
paesi in cui l'adozione civile non ha alcuna rilevanza giuridica in ordine al matrimonio
Una risposta del PCIC 3995
È da tener presente relativamente agl'impedimenti soppressi o modificati .
Nel 1918, venne proposto alla Pontificia Commissione per l'interpretazione del
Codice di Diritto Canonico un quesito circa i matrimoni nulli a causa d'impedimenti
esistenti prima del Codice, e rimasti abrogati con l'entrata in vigore del Codice stesso.
Tali matrimoni - si domandava - erano da considerarsi validi per un'efficacia retroattiva
della nuova legge, oppure necessitavano di una regolare dispensa e sanazione?
338

CAPITOLO IV
a CONSENSO MATR~O~E

CAN . 1095 - Sant inc apacrs .... Sono incapaci di contrarre matrimonio:
biwwtii amtrahendì:
1° quì!ìiilfticiarti rationis uso 1° coloro che sono privi di sufficiente
calUlt; uso di ragione;
l O. . bborant gravi dtfìectu 2 ° coloro che difettano gravemente del-
otseretioais ÌIIII1ÌcÌÌ .circa iura et la discrezione di giud izio circa i diritti e i
officia matrimorrialia ew 6-, doveri matrimoniali essen ziali, da conce-
.-ttm lr.adenda et acceptanda; dere e da accettare reciprocamente;
3° qui obausaslUblr.aeps)'chi- 3° coloro che per cause di natura psichi-
.cacobIWationesmatrimonii esses- ca non sono in grado di ass ume re gli ob-
liiates A'Ill f t 8Ml v.aleDt. blighi es;s.e:nmJi del matrimonio.

In data 2-3 grO'gJJ0, ila ,Fll!lnti.ficia Commissione rispose c he ij detti m atrimoni ImO
e ran o .dive nuti validi in forza del nuovo Codìce, ma che essi avev ano bisogno di regolare
co nvalida (X. I(~Clil(\)A., Leges Ecclesiae, l , n. 94, 7 , .omL 125). Ovviamente non era più
nec es saria la dispensadalt'impedimento canonico, poiché questo, con l'entrata in vigore
.del muovo Codice, non esi steva più .
A tale rispesta .eccerre .auenersi anche oggi per quei matrimoni iCIVoo.tnaalmen te nu Ili,
per ché celebrati prima 'del TI novembre 1983 con un impedimento dirimente (per es ,
quello ,.di .censanguineirà esi stente fra cugini secondi), che co l nuo vo Codice è stato
soppresso (infatt i T inymdirnento di con sanguineità nella fineacoììaterale n on si estende
I ~gi -oltrei primi cugini: cfr. can . 109 I, § 2).

3996 IL CONSENSOMATRIMONJA:LE (cann. 1095-1 107)


Schema
I. Incapa cità di co ntrarre matrimoni o 6. Il caso di violen za o di tim ore
2. L 'ignomnza .dcll 'cssenza dci matrimonio '7. La -munìfestazione del consen so
3. L 'errore 8. /I matr imon io pe r proc ura e I'm rervento
4. La simulazione del consenso .dell' huerprete
5. Il co nsa nsn .c e ndizionuro 9. Una presunzione 'Cil'CJI il co nse nso

31)97 Il.cap . IV, dedicato al " co nsenso", è .uno dei più important i dell a inte ra materi a
ma tri mo ni ale. Il 'co nsenso è infa tt i, l' elemento fon damental e cos tiuu ivo del m atri-
mon io : "Nuptias consensu s f acit" (ca n. LOS7 , § I). An che il Codi ce preceden te
ded icava al consenso matrimoniale un capitolo a sé, ma.le norme apparivano ormai
in ad eguate. L'attuale capit olo si pre senta profondamente rinn ovato, e il merito
mag giore va senza dubbio alla giurisprudenza canonica, ch e , pur nella fedeltà ai
principi 'tradizio nali, non ha man cato di tener presenti i progre ssi delle scienze
psicologiche, .da «iui H'intimo .pro.cesso dell'atto umano del consenso ha ricevuto
m aggi ore luce e comprensione.
La de finizione del consenso matrimoni ale è contenuta nel can. 1057, *2: «/I co nsenso ma-
trim on iale è l' atto de/l a volontà con cui l'uom o eIn donna si don an o c si accetta no co n patto
irrevocabile, per costituire il mat rimoni o» (v. il co mmento relat ivo).
g matri monio 339

l. Incapacità 3')98
1095 La capacità naturale e giur idica del soggetto è il presupposto esserrziaìe.
come s' è d'etto, per poter contrarre matrimonio vali.damente. La capacità natu rale è
determinata dalle condizi oni soggettive dci contraenri: quell a giu ridica dalla legge , e
consiste nel pos sesso dei requisiti prescritti .
Il canon e 1095 considera tre figure d'incapacità natur.ale (f@l;dir.u~ psicologico, che
consentono di contra rre matrimon io valido. Ciascuna di esse costituisce un capo auto-
nomo di nullità matrimoniale :
- Manc anza di un sufficiente uso di ragione (n'. l )
- Grave' difetto di: discrezi one di giudizi o (n. 2)
- Difett i psichici che impediscono di, assumere gli obblighi essenziali del matri-
monio (n. 3)
1° L'uso' di ragi9ne, che ~ acquist a normalmente a partire dai sette anni (cfr. can . 3999
97, § 2). appartiene per sé alla sfera conoscitiva, anche se; per l'unità. psichica della
person a umana, tutte le facolt à dell 'uomo operano norm almente in una reciproca
interdipendenza. Esso è essenziale perché si ponga in essere Wl atto umano volontario,
responsabile. libero. La sua mancanza o anche' la sua. inadeguatezza rendon o. invalid o
e ineffic ace il con senso.
Sono pertanto incapaci di contrarre matrimonio (come di porre qualsiasi atto giu-
ridico), tutti coloro che, qualunque ne sia la causa, son o privi dei sufficiente uso di'
ragione (e non è necessaria una privazione totale):
I ° Sia in modo permanente , per carenze o alterazio ni che hanno,impedi to il . neces-
sario sviluppo o maturit à del soggetto (ebeti o idioti , alienali , demeriti; ecc.);
2° Sia in modo tempora neo, per disturbi dovuti· a·causc'occasiona li' o transitorie di
natura fi sica o psichica (deliri febbrili , eccessi di colle ra, cris i epilettiche , sugges tioni
ipnotiche. sonnambulismo, ebrietà, droga, particolar i farmaci, ecc.) ed esistenti all' atto
di contrarre matrim onio. Non ha importanza se la causa sia stata provo cata di proposi to.
I lucidi intervalli.. Sono .cosi dette, nel lingua ggio co rrente, le temporan ee rem ission i di una 4000
malattia o di un qu alsias i turb amento psi chico di ca rattere abituale. Un tale matrimonio celebrato
in queste co ndiz ioni può essere considerato valido?
Il Codice di Diritto Cano nico non, dispon e null a a tal riguardo >. Nella dott rina•.alc uni sosten-
gono la validi tà del mat rim on io . Alt ri. forse più fonda ta men te, so no di parere co ntra rio , e
richiamandosi. ai cann , 1322 e 1323, n. 6, per i quali gli " habitualiter usu rationis ca rentes" , sono
considera ti incapaci di co mmettere un deliuo nei loro lucidi intervall i; e. di co nseg uenza, non
soggetti ad alcu na pen a, rite ngo no che il mede simo principi o possa e debba app licarsi per analogia
anche in ordine al matrimonio. co nsiderando tali persone, prive abitualme nte dell'uso di ragione,
incap aci di dar e un valido consenso anche nei "lucidi intervalli" , soprattutto se fii' tiene. conto che
le delle pe rsone , pur avendo deiIucirìi interva lli, non sono in gra do, per la loro infermità abituale
(infermità abitua le, non altra)' di· assumere gli obblig hi:essenzi ali derivanti da l matrim oni o, co m 'è
richiesto dal ca n . 1095, n. 3.
È da not ar e che' la mod erna psichiatri a es cl ude ch e , nelle forme più gra vi di demen za,
possan o aversi de i lu cid i int ervalli . Una tale affermazione è cond ivisa oggi dalla pre valente
giuris pru de nza dei tribunali ec clesiastici ; era co nte nu ta sos ta nz ialmente nell a cel eb re Glossa
Ordinari a di Accursio (se c . XIII ), nel comm e nto a un a Decretale di Alessandro III : «Sae pe
enim furi osi (g li am entes) s unt cons tituti in co ns pec tu umbratae quietis..nec tu me n sunt mentis
sanae , licet vidc antur» (Ad ve rbu m "Furor" ),

2° No n basta, tuttavia, che il soggetto contraente possegga un sufficie nte li SO di 4001


ragione; è anche necessario che egli sia fornito di un'adeguata maturità psicologi ca. La
maturit à richiesta da l canone, detta discrezione di giudizio , è una maturità specifica.
ordi nata cioè non a un qualunque allo giuridico. ma ad un atto di-singolare gravi tà e
340 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 1096 - § l. Ut eonsensus ma- § l. Perché possa aversi il consenso


trimonialis haberi possit, neeesse matrimoniale, è necessario che i contraen-
est uteontrahentes saltem non igno- ti almeno non ignorino che il matrimonio
rentmatrimonium esse eonsortium è un consorzio permanente tra l'uomo e la
permanensintervirum etmulierem donna, ordinato alla procreazione della
ordinatum ad prolem, eooperatione prole mediante una qualche cooperazione
aliqua sexuali, procreandam. sessuale.
§ 2. Haee ignorantia post puber- § 2. Questa ignoranza non si presume
tatem non praesumitur. dopo la pubertà.

responsabilità, che impegna totalmente la vita di due persone, le quali si donano e si


accettano reciprocamente, con patto irrevocabile (can. 1057, § 2). Di conseguenza sono
incapaci di contrarre matrimonio anche coloro che, difettando gravemente di tale
"discreti o iudicii", non sono in grado di valutare sufficientemente i diritti e i doveri
matrimoniali essenziali, da concedere e da accettare reciprocamente.
La discrezione di giudizio, detta anche "facoltà critica" o "apprendimento
estimativo", appartiene alla sfera valutativo-pratiea della volontà. Secondo gli psicologi,
essa si manifesta nella persona più tardi della facoltà conoscitiva e, di norma, ha il suo
sviluppo verso l'età di dodici anni.
4002 3° La terza figura è compresa sostanzialmente nella seconda. Con essa il legislatore
ha inteso mettere in rilievo soprattutto le anomalie psiehiche, sessuali e non sessuali
(ninfomania, satiriasi, nevrosi, psicosi, sadismo, masochismo, omosessualità, ecc.), che,
alterando l'equilibrio del soggetto, anche se provvisto per sé di sufficiente discrezione
di giudizio, oltre che di sufficiente uso di ragione, lo rendono incapace di assumere gli
obblighi essenziali propri del matrimonio, con grave pregiudizio del "consortium vitae
coniugalis" (can. 1055, § I). Cfr. Communicationes, a. 1971, p. 77; a. 1975, p. 49, letto
c; a. 1977, pp. 370-371, can. 297. L'incapacità di assumere i detti obblighi deriva per
sé dalla incapacità morale di mantenerli.
4003 Senza dubbio, non è facile dimostrare nel caso concreto che si tratti di vera inca-
pacità o soltanto di difficoltà ma d'altra parte è innegabile che le suddette anomalie
psichiche possono presentarsi in forma grave sì da alterare profondamente la personalità
e impedire una piena e durevole unione della vita coniugale. Spetta ai giudici competenti
valutarie con obiettività, tenendo presente che tale incapacità, se realmente esiste, de-
v'essere certa, antecedente e, secondo l'opinione più fondata, inguaribile, ossia perpetua.
Se l'incapacità sopravviene dopo la celebrazione del matrimonio (incapacità susseguen-
te), il matrimonio non ne viene pregiudicato e resta pienamente valido.
4004 L'incompatibilità di carattere. Vari anni fa, a partire dagli anni 70, alcuni tribunali eccle-
siastici olandesi pres~ro a introdurre come motivo di nullità matrimoniale l'incompatibilità di
carattere degli sposi. E un motivo largamente applicato dalla giurisprudenza civile di taluni paesi
in ordine al divorzio e alla separazione personale, ma che non può essere accettato dai tribunali
ecclesiastici, in quanto una tale incompatibilità, che pur rende difficile la vita coniugale, non
comporta alcuna incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio, tranne, ovviamente,
che in casi particolari si tratti di una grave incompatibilità morbosa, ossia di una grave forma di
caratteriopatia. La prassi olandese è stata censurata dal Tribunale a firma del Card. Dino Staffa,
diretta al Card. Jan Bemard Alfrink, Arcivescovo di Utrecht (X. OcHOA, Leges Ecclesiae, IV, n.
402, coli. 6194-6196). Cfr. anche la sentenza emessa dal medesimo Tribunale in data 29 novembre
1975 (Leges Ecclesiae, V, n. 4419, colI. 7089-7096).

4005 2. L'ignoranza dell'essenza del matrimonio


1096 (1082*) La validità del consenso matrimoniale non dipende soltanto dalla
capacità intellettiva e volitiva del soggetto contraente, che non dev' essere alterata da
Il matrimonio 341

CAN. 1097 - § 1. Error in persona § l. L'errore sulla persona rende invali-


invalidum reddit matrimonium. do il matrimon io.
§ 2. Error in qualitate personae, § 2. L' errore su una qualità della perso-
etsi det causam contractui, matri- na, anche se dia causa al contratto, non
monium irritum non reddit, nisi rende invalido il matrimonio, tranne che
haec qualitas directe et principa- la detta qualità sia intesa direttamente c
liter intendatur. principalm ente .

carenze e da anomalie psichiche, ma anche dall'assenza di circostanze e fattori negativi,


quali l'ignoranza, l' errore, il dolo, la violenza, il timore di cui s'è già parlato nei cann.
125- 126, in rapporto alla validità e all' efficaci a degli atti giuridici in genere.
Relativamente all'ignoranza (carentia scientiae debitae), il can. 1096 stabilisce il 4006
pri ncipio che, pe r l'es isten za stessa del conse nso matrimoni al e (ut co nse nsus
matrimonialis haberi possit), è necessaria una con oscenza minima della natura del
matrimonio (Communicationes, a. 1983, p. 232 n. 3). Il "conoscere" è infatti un presup-
posto esse nziale del " volere". Non si richiede, evidentemente, una conosce nza scienti-
fica o tecnica, basta quella conoscenza comune, di cui san capaci anche le persone rudi,
sprovviste di cultu ra. La conoscen za, inoltre, riguarda la natura del matrimonio non le
sue proprietà, anche se legate ad esso da vincolo inseparabile. Non è necessario volere
positivamente tali proprietà: è sufficiente non escluderle, e ovviamente non si escludono
quando s' ignorano.
In conc reto, è necessario che i contraenti almeno non ignorin o (saltem non 4007
ignorent) che il matrimonio:
I ° È un consorzio di vita: un'un ione intima d'int enti, d'impegni, di responsabilità,
un'esistenza comune in senso proprio.
2° Una comunità eterosessuale, attuata fra due persone di sesso diverso, fra un
uomo e una donna.
3° Un co nsorzio di vita permanen te: la stabilità esclude le union i di carattere oc-
casionale, transitorio, ma non include necessariamente la conoscenza formale che si
tratti di un'unione perpetua e indissolubile.
4° Un consorzi o ordinato alla procreazione della prole, non quindi un'unione di
semplice amicizia, di mutuo aiuto o interesse; - frutto, aggiunge il Codice, di una
qualche (aliqua) cooperaz ione sessua le. Non si richiede pertanto che i due contraenti
abbiano una conoscenza esatta della congiunzione sessua le o copula; è suflìcie nte sape re
genericamente che, per avere figli, è necessario l' uso degli organi genitali.
Una ignoranza a tal riguardo - stabilisce il § 2 - non si pre sume (praesumptio 4008
iuris) dopo la pubertà (inizio della maturità sessuale), che com'è noto dipende da vari
fattori, compresi quelli climatici. In genere, nei paesi mediterranei la pubertà comincia a
circa 12 anni per la donna, e a 14 per l'u omo (cfr. can. 88, § 2, Codice 1917). Giuridi-
camente, l' ignoranza non si presume dopo la pubertà, ma il caso non è fittizio, e può
verificarsi soprattutto in fanciulle cresciute in ambiente chiuso o ristretto, molto rigido.

3. L'errore 4009

I ) L 'errore difatto
1097 (1083 *) L'errore è una conoscenza inesatta, un falso giudizio, che può dipen-
dere da varie cause. In ord ine al consenso matrimoniale, consiste nel presente canone
in un errore di fa tto (dell'errore di diritto si tratterà nel can. 1099), vertente su un
duplice oggetto:
342 LIBRO IV - U "rnunu s sa nctificandi" della Chicsu

CAN. 1098 - Qui matrimonium Chi celebra il matrimonio perché ingan-


init deceptus dolo, ad obtinendum nato con dolo, messo in atto allo scopo di
consensum patrato, circa aliquam carpirne il consenso, circa una qualità del-
alterius partis qualitatem, quae l'altra parte, che per sua natura può turba-
suapte natura consortium vitae re gravemente il consorzio della vita co-
coniugalis graviter perturbare niugale, contrae invalidamente.
potest, invalide contrahit.

- La persona, co n la qu ale s' intend e co ntrarre matrimon io (error ide ntita tis)
- Le s ue qua lità : fisic he, mor ali, sociali, ecc.
Nel primo caso, pos sibi le so lo in circosta nze del tutto ecceziona li, l'errore rende
invalido il matri monio, po iché si trat ta d i un errore sostanzia le , concernente l' ident ità
stessa del pa rtner (can. 126). È quel che avv enne nel l' Antico Testa mento a G iaco bbe.
quand o , nella ce lebraz ione del suo matrimo nio con la fig lia d i Labano , Lia fu sosti tuita
co n inganno a Rach ele (Ge n. 29, 16- 25).
Nel secondo caso, l' errore, anc he se dia ca usa al con trailo matri mo nia le, no n rende
per sé inv alido il ma trimo nio, tra nne c he la qu alità sia intesa di re tta mente e pri nci pal-
mente' , trasform and osi sostanzi alme nte in una condizion e " sine qua no n" , oppu re , come
si dir à nel ca none segu ent e, che sia og gett o d'inganno.
4010 Un CllSO concreto. Un giovane sposa una ragazza, sicuro che sia vergine. mentre vergine non
è. In questa ipotesi. l'errore ha dato causa al contralto matrimoniale. poiché il giovane, se l'avesse
saputo prima. non avrebbe sposato la ragazza in tali condizioni. Il matrimonio è valido o invalido?
Il matrimonio è per sé valido. tranne che il giovane, prima di sposare. con volontà esplicita,
non semplicemente interpretativa o ipotetica, abbia inteso "directe et principaliter" di sposare una
ragazza vergine, facendone una "condicio sine qua non".

4011 2) L 'erro re doloso


1098 È l' errore determinato da raggiri e inga nni, posti in ess ere dal partner o da
altri (Comm unica tiones. a. 1971, p. 77 , 2° cpv.), allo scopo preci so (do lo dirett o) di
carpi re il co nsenso matrimoni ale di un a per sona. Tale dolo re nde invalido il matrimonio
per diritto positivo, ma a co nd izione:
- Che sia veram ente d ire tto, ossia messo in atto "a d ob tine ndum co nse ns um": se
il dolo intende altri scopi (per es . tutelar e il pro prio o nore, evitare un dann o, ecc .), non
vizia per sé il consenso matr imoni ale, anc he se esso dete rm ini un ingan no e sia lesivo
della libert à del part ner.
- Che ab bia per oggetto una q uali tà o un a circostan za qu alit ati va dell a per sona
c he s' inten de sposare (non di altre persone , per es . dell a futura suocera).
- Ch e la qu al ità o la circosta nza su cui verte il dolo per sua na tura (suapte natu ra)
possa turbare grave mente e in modo insan abil e il co nsorzio de lla vita co niuga le (Com-
municationes, a. 1977, p. 372) .

I La norma segue l'in segnamento di S. Alfonso Maria de' Liguori (Theologia morulis. lib. VI ,

tracl. VI. De matrimonio, cap. III, dubium Il, n. 1016), applicalo già dalla giurisprudenza della S.
Romana Rota (Communi cationes. a. 1983, p. 232, can. 1051. § 2).
Nel Codice anteriore si parlava di «error qualitatis in errorem personae redundans» (can.
1083. § 2. n. I). Una tale espressione, che dava luogo a dubbi e incertezze e ad interpretazioni
diverse, è stata opportunamente modificata nel can. 1097 dci nuovo Codice.
Il millrimoni" 343

CAN.I099-Errorcircamatrirnonii L'errore circa l'unità o l'indissolubilità


unitatern vel indissolubilitatem aut del matrimonio oppure circa la sua sacra-
sacramentalerndignitatem,dullDllO- mentale dignità, non vizia il consenso ma-
do non determinet voluntatern, non trimoniale, purché non sia determinante
vitiat consensurn rnatrirnonialern. per la volontà.

Non è necessario che l'errore causato dal dolo determini la volontà contrattuale del
partner: la legge non lo richiede.
Il canone non fa alcuna esemplificazione, lasciandone il compito alla giurisprudenza. Potrebbe 4012
essere la sterilità (can. 1084, § 3), una malattia contagiosa o inguaribile, gravi precedenti penali.
lo stato interessante tgra viditas ab a/io), ecc. La nonna è per altro completamente nuova, poiché
di essa non vi è alcun cenno nel Codice precedente: fu richiesta da numerosi canonisti e da molti
Vescovi, in particolare dall'Episcopato tedesco. Senza dubbio v'è il pericolo ch'e ssa dia occasione
a un notevole aumento delle cause di nullità matrimoniale (Commlln;cat;ones, a. 1977, p. 373. can.
300). Ma. d'altra parte, era giusto che la legge tutelasse con maggiore efficacia la libertà e la
dignità degli sposi e la felicità del loro matrimonio. che non può essere compromessa o distrutta
da indegne e illecite manovre.
La norma contenuta nel can. 1098 è una innovazione di diritto positivo. Come tale,
non ha effetto retroatti vo (can. 9).

3) L'errore di diritto 4013


1099 (1084 *) Nel can. 1097. s'è considerato l' errore di fatto sulla identità del
partner o su una sua qualità. Nel canone attuale si considera l'errore di diritto sulle
proprietà essenziali del matrimonio, l'unità e l'indissolubilità (can. 1056) o sulla sua
dignità sacramentale (can. 1055). So stanzialmente si applica lo stesso principio stabilito
nel can. 1097, § 2 (seconda ipotesi: errore circa una qualità della persona):
- L'errore sulle proprietà essenziali del matrimonio o sulla sua dignità sacramen-
tale, non rende per sé invalido il matrimonio. tranne che sia determinante per la volontà,
viziandone il consenso.
La ragione è che l'errore riguarda propriamente e direttamente l'intelligenza, men- 4014
tre il consenso procede dalla volontà. Di conseguenza, se l'errore rimane nella sfera
intellettiva e non esercita un influsso determinante sulla volontà (l'error simplex del
Codice precedente), il consenso matrimoniale non ne resta viziato e rimane in sé valido:
errore e consenso in questa ipotesi coesistono né sono incompatibili (Communicationes ,
a. 1977. p. 373 . can . 301. lett . a? Il consenso matrimoni ale sarebbe viziato solo nel ca so
di una positiva e antecedente esclusione delle dette proprietà essenziali (can . 1101, § 2).
Anche l'esclusione della dignità sacramentale avrebbe lo stesso effetto, in quanto, per
i cristiani, il sacramento è inseparabile dal contratto (can. 1055, § 2). È necessaria, per
altro , l'esclusione esplicita; non è sufficiente, come s'è già detto nel commento al can .
1097, la volontà interpretativa di un partner, che. ad esempio, non avrebbe contratto il
matrimonio, se avesse saputo che il matrimonio è indissolubile.
Nel canone si parla di "proprietà essenziali" del matrimonio, non di "essenza" del matrimonio. 4015
Se l'errore fosse sulla sostanza o natura del matrimonio (se ad esempio, come s'è già accennato
nell'esposizione del can. 1096,si ritenesse erroneamente che il matrimonio sia una semplice unione
di amicizia, o di mutuo sostegno e interesse), avrebbe lo stesso effetto dell'ignoranza: renderebbe
nullo il consenso e. di conseguenza, il matrimonio (can. 1096).

2 Così si spiega la validità dei matrimoni celebrati dai cristiani ortodossi. che pur ammettono
lo scioglimento del matrimonio a causa dell' adulterio.
344 LIBRO IV - Il " munus sa nctjficandi" della Chiesa

CAN. 1l()() • Scientia aut opinio Il fatto che si sappia o si ritenga che il
nullitatis matrimonii consensum matrimonio sia nullo, non esclude neces-
matrimonialem non necessario sariamente il consenso matrimoniale.
excludit.
CAN. 1101 - § 1. Internus animi § l. Il consenso interiore dell'animo si
consensus praesumitur conformis presume conforme alle parole o ai segni
verbis velsignis in celebrando ma- usati nel celebrare il matrimonio.
trimonio adhibitis.
§ 2. At si alterutra vel utraque § 2. Tuttavia, se una delle parti o en-
pars positivo voiuntatis actu exclu- trambe, con un positivo atto di volontà,
dat matrimonium ipsum velmatri- escludono lo stesso matrimonio o un ele-
monii essentiale aliquod elemen- mento essenziale del matrimonio o una sua
tum, vel essentialem aliquam essenziale proprietà, contraggono invali-
proprietatem, invalide contrahìt, damente.

4016 4) L'errore circa la validità del matrimonio


1100 (1085 *) L'attuale canone riporta testualmente la precedente disposizione del
Codice 1917. Si afferma un principio, che non ha soltanto una importanza teorica, ma
anche e soprattutto pratica ;
- Il sapere o il ritenere che il matrimon io sia nullo, non esclude necessariamente
il consenso matrimoniale.
Il consenso, infatti , può essere valido "ex sc" anche ncl caso che il matrimonio sia
giuridicamente nullo a causa di un impedimento, per difetto di forma, oppure per vizio
di consenso dell'altro partner. L'ipotesi è possibile, perché, come più volte s'è accen-
nato, la sfera della conoscenza è distinta da quella della volontà, anche se esse sono
intimamente legate fra loro e interdipendenti.
4017 Il principio ha una larga applicazione nella convalidazione dei matrimoni (convalidazione
semplice e sanazione in radice). in cui il consenso prestato si considera naturalmente valido. né c'è
bisogno di rinnovarlo se, prestato seriamente, non sia stato revocato e continui a sussistere (cann.
1159, 1161, 1163, § I) . Non sarebbe ovviamente valido il consenso di colui che, contraendo il
matrimonio, avesse inteso compiere una pura cerimonia esterna. per dare un'apparenza di legalità
alla sua unione.

4018 4. La simulazione del consenso


1101 (1086*) Il termine "simulazione" ha un significato e un'applicazione molte-
plice. In genere la simulazione, detta anche "finzione" (fictio), è un atto o un atteggia-
mento che tende a far sorgere in altri un falso giudizio . Nel linguaggio giuridico consiste
nel porre un atto che ha un suo preciso contenuto e valore secondo la comune accezione
e la determinazione della legge, con una intenzione dcI tutto diversa . In relazione al
matrimonio, la simulazione è la prestazione di un consenso finto nell'atto della sua
celebrazione, in quanto l'intenzione interna del contraente o dei contraenti è difforme da
quanto viene manifestato e appare esternamente,
Il concetto di simulazione risulta chiaro dal can. 1101 dell'attuale Codice, come dal can. 1086
dci Codice precedente . Tuttavia né l'uno né l'altro adoperano il termine "simulazione ", usato
invece nella dottrina canonistica, come in quella civilistica (civilmente è adoperato anche nella
legislazione) . Nella legislazione canonica , si usa l'espressione "esclusione (intenzionale) del matri-
monio. oppure di qualcuno dei suoi elementi o delle sue proprietà essenziali".
Il matrimonio 345

a) Una presunzione di diritto (can. 1101, § I) 4019


Il can . 1101 è di viso in due paragrafi : nel primo si stabilisce una presunzione di
diritto (iuris tantum); nel secondo sono determinati i casi concreti di simulazione, ossi a
di di fformit à tra la celebrazione esterna del matrimonio (l'elemento oggetti vo) e l' inten-
zione intern a del contraente o dei contraenti (l'elemento soggettivo).
La presunzione - fondata sull'obbligo dei contraenti di prestare un reale e valid o
consenso all'atto celebrati vo del matrimonio e sul fatto che , nella maggioranza de i casi,
le persone che si sposano non hanno intenzione di fingere o di mentire, olt re che sul
principio del " fave r matr imonii" (can. 1060) - è formulata espressamente nel paragr a fo
del canone. Se così non fosse, il consenso sarebbe simulato oss ia inesistente o viziato,
e il matrimonio sarebbe nullo. Giuridicamente, tuttavia, la legge presume una piena
conformità tra la volontà interna spon sale e la sua manifestazione. L'eventuale diffor-
mità dev 'essere provata, e finch é le prove legali non saranno deb itamente fornite, il
matrimonio nel foro estern o rimane valido, in conformità con la norma stabilita nel can .
124, § 2, relativamente agli atti giuridici in genere.
La prova della simulazione non è certo facile, trattandosi di un fatto puramente interno.
Occorre tener presente a tale riguardo l'I struzione emanata dalla Congregazione del S. Ufficio in
data 2 1 giugno 1951, che riporta in appendice un formulario di domande da rivolgere ai coniugi
e' ai testimoni (X. OcHOA, Leges Ecclesiae, Il, n. 2222, colI. 3900-3 906).

b) La simulazione totale o parziale (can. 1101 , § 2) 4020


Nel secondo paragrafo del ca none, com e s'è già accennato, si determinano i ca si
concreti di simulazione, ossia di difformità tra i fattori intern o ed es terno , desumendoli
dall'oggetto esclu so di fatto:
Lo stesso matrimonio
- Un suo elemento essenziale
- Una sua proprietà sim ilmente essenziale
Se si esclude lo stesso matrimonio, nel se nso che una persona non intende sposa re
affatto (celebra il matrimon io solo esteriormente e mosso soltanto da alt ri fini : ad esem-
pio, per sottrarsi a delle gravi minacce, per evitare un grave danno, per adire una ered ità,
per ottenere la legittimazione della prol e o la cittadinanza in un dato pae se, ecc .), si ha
una sim ula zione totale, la simulazione in senso proprio che riduce la celebrazione del
matrimonio a una semplice apparenza',
Se in vece si esclude un suo elemento o un a sua proprietà essenziale, non il
matrimonio nella sua spe cifica realtà (totius vitae consortium: can. 1055 , § I), si ha
la simulazione parziale, più propri amente la " riserva" o "res trizione ment ale ", per
la quale il soggetto intende contrarre un matrimon io configurato secondo un suo
sc hema personale, oss ia sec ondo il suo arbitrio, e non secondo quello che è il matri-
monio in sé, nell a sua struttura giuridica, che non può es sere modificato dall a volontà
dei contraenti.
La simul azione può ess ere posta sia da uno solo dei contraenti, sia da entrambi con
atto separato o di comune accordo (alterutra vel utraque parte) .

I La simulazione totale, in cui il consenso manca del tutto poiché si esclude l'essenza stessa

det matrimonio, può assumere varie forme e modalità. Così, ad esempio, simula totalmente il
consenso matrimoniale:
- Chi non intendesse contrarre matrimonio con nessun partner;
- Chi non intendesse sposare una determinata persona;
- Chi non intendesse istituire un vero "consortium totius vitae" (can. 1055, § I), ma una
semplice unione di fatto, una pura convivenza "more uxorio".
346 LIBRO IV - Il "0111nUS sanctifìcandi' della Chiesa

4021 c) L'atto positivo della volontà (can. lIDI, § 2)


A termine del secondo paragrafo del canone, la simulazione invalidante, totale o
parziale, richiede un atto positivo della volontà, esplicito o anche implicito.
Non basta, pertanto, che i due partners o anche uno di essi abbiano una concesione errata sugli
elementi o sulle proprietà essenziali del matrimonio (can. 1099), o che dissentano dai medesimi.
Non basta neppure il fatto che essi non avrebbero dato il loro consenso, se avessero riflettuto
su tali elementi o proprietà (volontà interpretativa).
Non basta similmente un semplice desiderio, una volontà vaga e incerta: la cosiddetta velleità,
o anche la semplice previsione che il matrimonio fallirà e si concluderà con un divorzio.
Non basta infine una volontà "negativa", che, ad esempio, non intende né rifiuta
l'indissolubilità.
Soltanto l'esclusione del matrimonio (simulazione totale) oppure di un suo elemen-
to o di una sua proprietà essenziale (simulazione parziale), fatta da una delle parti o
anche da entrambe con atto positivo della volontà, anche semplicemente interno (non è
necessario che sia manifestato esternamente) può rendere inefficace il consenso e nullo,
di conseguenza, il matrimonio. L'esclusione, come s'è già accennato, può essere sia
esplicita, cioè formale e diretta, sia implicita, ossia con l'inclusione di un elemento
opposto alla sostanza o alle proprietà essenziali del matrimonio. Può essere inoltre sia
assoluta che ipotetica: la prima vale per qualsiasi caso; la seconda si fa dipendere da una
determinata circostanza. Esclude in modo assoluto l'indissolubilità del vincolo chi, ad
esempio, intendesse contrarre un matrimonio temporaneo, da durare solo tre anni; in
modo ipotetico, chi lo contraesse riservandosi il diritto di chiedere il divorzio civile in
caso di fallimento del medesimo.

4022 d) Precisazioni e approfondimenti


4023 IO L'esclusione della dignità sacramentale. Anche questa esclusione - ch' era
stata inserita nello Schema del 16 luglio 1981 (Communicationes, a. 1983, p. 233, can.
1055? - è giuridicamente (anche se non psicologicamente) simulazione totale, perché
il sacramento è per i cristiani battezzati inseparabile dal contratto, è anzi il contratto
stesso, elevato da Cristo a segno di grazia. Per questo, l'esclusione del sacramento
spesso non è considerato nella giurisprudenza ecclesiastica come un capo autonomo di
nullità, ma viene riportato all'esclusione dello stesso matrimonio.
4024 Fino a pochi anni fa, si affermava che, nel caso concreto, occorresse accertare quale fosse
stata la volontà prevalente del contraente. Se, pur escludendo il sacramento, egli avesse inteso in
ogni caso contrarre matrimonio, questo era considerato valido a motivo della sua volontà prevalen-
te, e il matrimonio era anche sacramento, poiché fra i battezzati non può sussistere l'uno senza
l'altro. Se invece il soggetto avesse escluso con volontà prevalente la dignità sacramentale. il
matrimonio era considerato invalido. Oggi la dottrina tende a prescindere dalla prevalenza della
intenzione, e ritiene sufficiente l'atto positivo della volontà che esclude la sacramentalità del
matrimonio, perché s'intende escluso lo stesso matrimonio.
Lo stesso principio vale per le simulazioni partiali. Così, ad esempio, se un contraente esclude
con atto positivo della volontà l'indissolubilità del matrimonio, riservandosi il diritto di divorziare,
provata la positività di una tale volontà non è necessario indagare quale intenzione abbia prevalso,
quella di contrarre matrimonio o di riservarsi il diritto di divorziare. La volontà di riservarsi il
diritto di divorziare è prevalente per la sua stessa natura.

, Il riferimento alla dignità sacramentale venne soppresso successivamente per un duplice


motivo rilevato dal Card. Joseph Ratzinger: un motivo di carattere formale, in quanto l'esclusione
della dignità sacramentale è compresa nella esclusione dello stesso matrimonio; un motivo ecume-
nico, per evitare una possibile reazione da parte dei fratelli separati che negano il carattere
sacramentale del matrimonio.
Il matrimonio 347

2° Le prop rietà essenziali del matrimonio (can. 1101, § 2). Sono le leggi fonda- 4025
mentali che ne determinano la struttura, ossia, a term ine del can. 1056, l'un ità e Vindis-
solubilit à. All'unità si oppone la poligam ia; alla indissolunilità il divorzio, oss ia lo
scioglimento del vincolo matrimon iale ad opera degli stessi coniugi.
L'esclusione positiva dell'un ità e della indissolubilità, effettuata nei term ini preci-
sati nella prece dente lettera c anche da uno solo dei con traenti, rende nullo il matrimonio
sia dei cris tiani che dei non cristiani, ossia dei non battezzati, poiché le dette proprietà
sono di diritto natur ale e valgono per qualsiasi matrimonio, senza possibilità di modi fica
da parte dei co ntraenti. come de lla pubblica autorità.
Di conseguenza, non presentano un conse nso giuridicamente opera nte e non co n-
traggono un valido matri monio coloro che, con volontà positiva e antecedente:
- Intendono. ad esem pio. contrarre un matrimonio "a prova" (ad expe rimentum)
- Intendono consi derarsi liberi da ogni vincolo alla scadenza di un termine fissato (matri-
monio "a d ternpus") o al verificars i di un eve nto (matrimonio condizionato)
- Co ntrarre un secondo matrimonio, conservando il primo vincolo. contro la legge della
monogamia (ipotesi possib ile nei paesi in cui è am messa la poligamia)
- Si rise rvano il "diritto" di divorziare (non di chiedere la semplice separazione) in caso di
fallimento della loro unione.
3° Elementi essenziali del matrimonio (can. 1101, § 2). I dett i elementi non so no 4026
precisati nel Codice. Toccherà quindi alla dottrina e alla giurisprudenza dare un conte-
nuto a questa nuova formula della legge canonica. Possiamo dire che, mentre le proprie-
tà esse nziali determ inano la struttura del matrimonio . gli clementi esse nziali ne rilevano
i fini c i valori. Tene ndo pertanto presenti il can. 1055, § I, del nuovo Codice e il
can. 1086. § 2. del Codice precedente , possono indicarsi tra gli elementi essenziali del
matrimo nio - da non confondersi con gli elementi integrativi, che son pure necessari
per la sua piena realizzazione - i classic i beni dell a tradizione teologica e cano nistica.
ossia il " bonum prolis" e il "bonu rn fidei", a cui è da aggiungere il "bonurn coniug um" .
- Il bonum prolis è la generazione e l' educazione della prole' .
- Il bonum fi dei è la recipr oca fedeltà degli sposi. conseguenza diretta dell 'unità.
di cui è anzi sinonimo, in forza del messaggio cristiano'.

) Un mezzo radica le per evitare i figli è la sterilizzazione dell' uomo o della donna. Se essi
decido no. a tale sco po. di sotto porsi al relativo interve nto c hirurgico, è valido il loro matrimonio'!
Senza dubbio. nel caso che la sterilizza zione sia eseg uita dopo che il loro matrimonio sia stato
validamente contratto, essa non ha alcuna rilevanza giuridica. Ma se essa ha luogo prima, i pareri
sono discordi. Per alcuni , il matrimonio è invalido; per altri è valido . Le motivazio ni che si
adducono dall' una e dall'a ltra parte, non sono decisive .
/I problema. a mio parere, si pone soltanto nel caso che la sterilizzazio ne avve nga di comune
intesa. Se invece essa ha luogo per iniziativa autononoma dell' uomo - poiché la detta operazione,
anche se effe ttuata in modo tota le e irreversi bile, non causa l' impotenza sessuale il "verum semen
in testicul is elaboratum non requiri tur", ma solo la sterilità - a norma dei eann. 1084. § 3. e 1098.
e il matrimonio ne sareb be invalidato solo nel caso che si determinasse l'errore doloso.
, In rapporto al "bonum fidei", senza dubbio contrae invalidamen te chi. ad esempio, con
volontà positiva e antecedente:
- Si riserva il diritto di avere delle relazioni extraconiugali: il cosidd etto "matri monio aper-
to", con diritto al libero amore;
- Di tenere contemporanea mente un' altra donna, in qualità di amante o di conc ubina;
- Di continuare nella vita libertina di prima, ecc .
È questo diritto . che un partner intendesse avere. ad invalidare il matrimonio. Se eg li invece ,
nel contrarre matrimonio. ha in animo di commettere adulterio c di conserva re un' amante solo in
linea di [atto, questo semp lice pro posito o intenzio ne non rende nullo il matrimonio.
348 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

- Il bonum coniugum consiste, come affermava il Concilio Vaticano II, nella


mutua assistenza e servizio dei coniugi, nell'intima unione delle loro persone e della
loro attività, nella reciproca integrazione e perfezionamento tGaudium et Spes, n. 48, l),
nel "consortium totius vitae" del can. 1055. Ispirandosi all'insegnamento conciliare,
anche la giurisprudenza rotaIe ha considerato il "bene dei coniugi" come un elemento
essenziale del matrimonio.
4027 4° Ius e usus iuris. Relativamente agli elementi essenziali del matrimonio, la dot-
trina canonistica e la giurisprudenza rotaIe affermano comunemente che occorre distin-
guere fra il "diritto" e il suo effettivo "esercizio". In conseguenza, se una persona,
sposando, intendesse ad esempio escludere il reciproco "ius in corpus" o il "ius ad
prolem", non contrarrebbe un matrimonio valido, essendo tali diritti un elemento essen-
ziale della vita matrimoniale. Chi, invece, intendesse concedere tali diritti, ma non
avesse l'intenzione di consentirne l'esercizio, contrae validamente.
4028 Una tale distinzione, ehc si deve a Benedetto XIV (De synodo dioecesana, d.
XIII, c. XXII, n . 2), e alla quale si richiamò formalmente Pio XII - pur
concettualmente valida - oggi è contestata, relativamente all'applicazione che ne
viene fatta da larghi settori della dottrina e della stessa giurisprudenza rotaie. Si
rileva infatti che concedere un diritto, assumendone un vero obbligo, e averne nello
stesso tempo l'intenzione di non adempiere l'impegno assunto, rappresenta un'aperta
contraddizione. L'inadempienza può aver luogo di fatto nel matrimonio già posto in
essere (matrimonium "in facto esse") - e questo, ovviamente, non incide né può
incidere in alcun modo nel matrimonio già contratto - ma in rapporto al suo atto
celebrativo (il matrimonio "in fieri"), costituito dal consenso, il consenso dev'essere
integro, e il contraente che assume un obbligo essenziale non può simultaneamente
avere l'intenzione o la volontà di non adempierlo. Nel giuramento prornissorio, chi
giura ad esempio di fare una donazione e, nell'atto stesso di giurare, non ha alcuna
intenzione di mantenere la sua promessa, è considerato uno spergiuro per mancanza
di sincerità, e il suo giuramento non ha alcun valore. Avviene lo stesso nel matrimo-
nio "in fieri", se si pretende di distinguere tra il "ius ipsurn" c ""cxercitium iuris'',
Da una parte, chi concede il "ius" assume un preciso obbligo, e, dall'altra, escluden-
do simultaneamente l'uso, ossia riservandosi la facoltà di non consentire al partner
l'esercizio del diritto concesso, priva d'ogni consistenza c valore l'obbligo assunto.
Ma un consenso di tal genere è contraddittorio, perché, nello stesso tempo il soggetto
assume l'obbligo e lo rigetta'.
4029 Quanto s'è osservato va riferito alla inadempienza totale e perpetua, intesa in senso
assoluto ed estesa a tutta la vita. Se l'intenzione di non adempiere l'obbligo assunto con la
concessione del "ius" non è assoluta né perpetua, ma solo temporanea, riteniamo che la validità
del consenso rimanga intatta. Se i periodi di inadempienza fossero di notevole durata, potreb-
bero far supporre che l'intenzione del contraente all'atto celebrativo del matrimonio era per sé
totale e perpetua.
È comunque da tener presente che la distinzione tra "ius" ed" "exercitiurn iuris" non si
applica alle proprietà essenziali del matrimonio, l'unità e l'indissolubilità. Relativamente alle
dette proprietà non si può distinguere tra l'obbligo assunto e il suo adempimento, poiché il
matrimonio senza l'effettiva indissolubilità non sussiste né può sussistere, e chi - come s'è già

.I Essenzialmente diverso è il caso di due sposi, i quali, contraendo il matrimonio, per loro
voto al Signore intendesseroconservare la perfetta castità, vivendo come fratello e sorella il cosid-
detto "matrimonium virgineum". In questa ipotesi, c'è una rinunzia reciproca, di piena e libera
intesa, all'esercizio del "ius in corpus", la quale lascia intatta l'efficacia del consenso matrimoniale.
Fu il caso notissimo di Maria Santissimae di San Giuseppe. Lo stesso deve dirsi per il caso di due
sposi coniugi che, di piena e libera intesa, decidono di rinunziare alla prole per il fondato timore
- a causa di un formale avvertimento del medico - che la prole nascerà tarata da grave malattia.
11 matrimonio 349

CAN. 1102 • § 1. Matrimonium § I. Non si può contrarre validamente il


sub condicione de futuro valide matrimonio con una condizione riguar-
contrahi nequit. dante il futuro.
§ 2. Matrimonium sub condicio- § 2. Il matrimonio celebrato con una
ne de praeterito vel de praesenti condizione riguardante il passato o il
initum est validum vel non, prout presente, è valido o nullo secondo che
id quod condicioni subest, exsistit sussista o no il presupposto della condi-
vel non. zione.
§ 3. Condicio autem, de qua in § 3. Tuttavia, la condizione di cui al § 2
§ 2, Iicite apponi nequit, nisi cum non si può apporre lecitamente se non con
Iicentia Ordinarii lociscripto data. la licenza scritta dell'Ordinario del luogo .

rilevato - intendess e posit ivamente cont rarre matrimonio riser vandosi ad esempio il diritto di
divorziare quando lo ritenesse opportuno o di contrarre simultaneamente un secondo e un terzo
matrimonio. in realt à manca di " intentio contrahendi" e il matrimonio così contratto è da
considerarsi invalido. Parte della dottrina e della giuri sprud enza. tuttavia. esclud e la distinzione
tra " ius" ed "exerciti urn iuris" solo dalla indissolubil ità.

5. Il consenso condizionato 4030


1102 (1092 *) Sembra che il matrimonio condizionato non sia stato ammesso dal
diritto romano . Si cominciò a parlare di esso nell'ordinamento canoni co a partire dalla
seconda metà dci sec. XII. La prima menzione si ha nel Decreto di Graziano , composto
fra il 1140 e il 1142, propriamente in due testi inseriti (paleae ) dal discepolo e commen-
tatore Pauc apalea. Risulta infine sancito definiti vamente nelle Decretali di Gregorio IX
(1227-1241 ), col titolo significativo: "De condicionibus appositis in desponsatione vel
in aliis contractibus" (lib. IV, tit. 5). In effetti l' applicazione del contr atto condizionato
al matrimonio è una conseguenza del suo carattere contrattuale.
Un tale contratto non è amme sso nelle legislazioni civili moderne e neppure nel
"Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium" (can . 826). È conservato tuttora, sia pure
limitatamente nell'ordinamento canonico latino.
a) Concetto di condizione 4031
Il termine "condizione" è usato nel diritto con un duplice significato: di condizione
legale e di condizione volontaria.
Le condizioni legali (condiciones iuris) sono stabilite dalla legge: comprendono i
requisiti prescritti "ex iure" per la validità e l'efficacia di un atto o negozio giuridico.
Le condizioni volontarie, dette anche "di fatto" (condiciones voluntatis seu facti)
son quell e apposte all'atto o negoz io giuridico da una delle part i o da entrambe: con-
sistono in una circo stanza esterna, da cui si fa dipendere il valore dell' atto o negozio
stesso. Tali condi zion i sono per sé legittime. né la pubblica autorità può victarle se non
in alcuni negozi di particolare import anza, come ad esempio il matrimonio. Si fondano
sul diritto di libert à e di autonomia che spetta alla persona.
In rapporto agli effetti. la condizione può essere sospensiva o risolutiva.
- È sospensiva, se da essa, ossia dal suo verificarsi , dipende il sorgere effettivo
del negozio . Es.: Mi fidanzo con te, se ci sarà il consenso dei tuoi genitori.
- È risoluti va, se il negozio che si è posto in essere, perde ogni efficacia e si
annulla qualora la condizione non si avveri. Es.: Mi fidanzo con te, ma se i tuoi genitori
non daranno il loro consenso . il fidanzamento s'intende sciolto .
350 LIBRO IV - li "mUl1l1Ssanc tific andi ' della Chiesa

4032 b) La triplice condizione


Il matrimon io è essenzialme nte un contratto fo nda to sul consenso : co me tale,
può essere sottopos to a co nd izione, se la legge non lo vie ta. Ovvi am ente non può
app licarsi al matrim on io la co ndiz ione risolutiva , perché esso è "ex natu ra sua" in-
d isso lubile (ca n. 1056): una simile co ndizio ne, appos ta alla ce lebraz ione de l matri-
moni o , lo rende rebbe null o. po iché escl ude rebbe una sua pro prie tà ess enzia le: la sua
indissolub ilità; in effetti, si tra tta di una casis tic a piuttosto freq ue nte nell a gi uris pru-
denza ca nonica . Può invece applicarsi, teoricamente, sia la condizione "de futuro",
che quell a "de praesenti" o "de praeterito".
Esempi
- Condizione riguardante il passato: Intendo sposarti, se realmente non sei stato in carcere
- Condizione riguardante il presente: Intendo sposarti, se realmente sei vergine
- Condizione riguardante il futuro : Intendo sposarti, se entro quest'anno avrai da tuo zio la
donazione che ti ha promesso
Nel prim o e nel secondo caso, il matrimoni o è valido o inva lido nell ' atto stesso
dell a sua celebrazione: valido, se realmente il partner non è stato in ca rce re o se real-
ment e la sposa è vergine; inva lido , se le due circostanze non so no vere. Nel terzo caso,
il valore de l consenso viene sos peso: avr à o non avrà efficacia allo scadere dell'an no,
quando la donazione dello zio si sarà ef fettuata oppure sfumerà.

4033 c) La soppressione della condizione " de futuro"


I matrim oni cond izionati sono figure piuttosto anomale, che si distaccano dal tipo
legale e da cui posson o derivare dei gravi inconvenienti. Si pensi, ad ese mpio , che,
nell' attesa del verificarsi dell ' event o futuro (e potrebbero passare anche degli anni), i
contrae nti potrebbero anche revocare il co nsenso già prestato e unirsi validamente ad
altre persone, in quanto il matrim onio, "pe ndente condicione", è giuridicamente inesi-
stente. La co ndizio ne "de futu ro" è una cond izione esse nzialmente sospensiva. che pone
nell a celebrazione del matrimon io una situaz ione di assolut a ince rtezza. Per ques to -
come ci assicura il Card. Gasparr i iTractatus canonicus de matrimonio, ed. 1932, voI.
Il. p. 73, nota) - nella preparazione del Codice 1917 si era deciso di eliminare qu alsiasi
con dizione co me avviene nelle legislaz ion i civili, e il P. Wern z ave va red atto un ca none
in tal senso . Succe ssivamente il canone fu sosti tuito con altro del tutto opp osto (il can.
1092*): sia, forse, per non venir meno a una tradizione storica, sia soprattutt o per non
toccare il principio dell a co nsensualità.
4034 Dur ante la compil azione del nuov o Codice , il probl em a della soppressione del
mat rimon io co ndizionato (propriame nte della loro validità giuridica) fu oggetto di lunga
discu ssione da parte del Gruppo di Studi o "De matr imonio", e i Consul tori prefe rirono
seg uire una via di mezzo. Eliminarono la co ndizione "de futuro", da cui de rivavano le
maggiori difficoltà e i maggiori incon venient i d i carattere dottrinale e prati co , c lascia-
rono le co ndizioni "de praesenti" e "de praeterito" , circond and ole di opport une garanzie.
Volle essere questo un atto di riconoscim ento e di ris petto verso il consenso matr imo-
niale degli sposi , il suo ca rattere personali stico, il suo essenziale valore in ordine alla
cos tituzio ne del matrimonio.
Ov viamente , questa nuova dispos izione di diri tto positivo non ha effetto retroattivo,
per i matrimoni celebrati quando era in vigore il Codi ce precedente.

4035 d) Le condizioni "de praeterito" e "de praesenti"


Restano pertanto tuttora possibili le co ndizioni "d e praesenti " e "de praeterito",
poiché le circosta nze da cui il cons enso dipende esistono già - co me s'è rilevato -
nella loro realtà oggettiva , anche se sono ignorate dai co ntrae nti. È però necessaria ad
liceitatem l'autoriz zazio ne scritta dell'Ordinario del luogo (ca n. 1102. § 3). a cui spetta
II matrimonio 351

CAN. 1103 -Invalidum est matri- È invalido il matrimonio contratto sotto


monium initum ob vim vel metum l'effetto della violenza o del timore grave
gravem ab extrinseco, etiam haud proveniente dall'esterno, anche se non
consulto incussum, a quo ut quis incusso intenzionalmente, se, per liberar-
se Iiberet, eligere cogatur matri- sene, una persona sia costretta a scegliere
monìum, il matrimonio.

giudicare circa la convenienza e la serietà delle condizioni che s'intendono apporre


(Communicationes, a. 1971, p. 78, IO cpv.). È questa una norma di carattere disciplinare
e pastorale , emanata già da tempo dalla Congregaz ione dei Sacramenti con l' Istr.
Sacrosanctum matrimonii institutum del 29 giugno 1941 , n. 9, e Allegato I, n. 17 (X.
OCHOA, Leges Ecclesiae. I, col. 2068). L'autorizzazione scritta dell'Ordinario costituirà
per il giudice un utile documento di accertamento in un'eventuale causa di nullità
matrimoniale.
e) La condizione potestativa "de futuro" 4036
Nell'ordinamento canonico è possibile anche la cosiddetta "condizione potestativa
de futuro", il cui verificarsi dipende dalla volontà dcI contraente. Per esempio: Ti sposo
se ti convertirai al cattolicesimo .
Una condizione di tal genere, se ha tratti successivi (per es.: Ti sposo se non ti
ubriacherai - Ti sposo se mi lascerai educare i figli nella religione cattolica), non può
evidentemente considerarsi che come condizione impropria: se fosse propria, si avrebbe
l'assurdo di un matrimonio non mai posto in essere, perché legato ad una condizione
giuridica che, per il suo carattere permanente, non potrà mai essere adempita a pieno:
la situazione di pendenza durerebbe tutta la vita. Una tale condizione si risolve pertanto
in una condizione "de praesenti", avente come oggetto non l'evento futuro, ma la pro-
messa, l'impegno, che è una circostanza presente. Se la promessa richiesta dalla sposa
viene fatta dal partner con sincerità, il matrimonio è valido, anche se poi l'impegno non
sarà mantenuto; se invece la promessa manca di sincerità ed è tutto fittizia, il matrimo-
nio è nullo. Altri autori - e anche questa è una interpretazione valida - danno alla
condizione potestativa "de futuro" il valore di una condizione moda/e, nel senso che con
essa la sposa vuole ottenere dal marito l'impegno di non ubriacarsi.
Ovviamente, anche un matrimonio celebrato con tale condizione richiede la licenza
dell'Ordinario del luogo.

6. Il caso di violenza o di timore 4037


1103 (1087*) Nei canoni precedenti (1096-1100), sono considerati i vizi del con-
senso matrimoniale aventi rapporto diretto con lafaco/rà intellettiva: l'ignoranza, l'er-
rore e il dolo. Nel can. 1103, si considerano i vizi del consenso in relazione diretta con
la volontà : la violenza e il timore. La violenza, tuttavia, più che un vizio del consenso,
ne è l'annullamento (il consenso manca del tutto), mentre col timore, che per sé non
sopprima il volontario, ma lo diminuisce, di regola il consenso sostanzialmente sussiste,
anche se attenuato.
La prima norma canonica a carattere universale, mediante la quale i matrimoni 4038
contratti per timore sono dichiarati nulli, risale ad Urbano II (1088-1099). Alessandro
III, nel secolo seguente, determinò con maggiore accuratezza le condizioni e l'ambito
dell'effetto invalidante della violenza (vis) e del timore (metus). considerati allora come
impedimenti del matrimonio e non come "vizi" del consenso. 11 loro inserimento fra i
vizi del consenso fu una grande innovazione del Codice del 1917.
352 LIBRO IV - Il ·'m unu." saacuflcundi' della Chic..sa

Nel diritto romano , il matrimoni o co ntrailo per violenza fis ica ' (vis absoluta o
corpori illata) era con siderato nullo, al pari d' ogni ne gozio giurid ico, e il matrimonio
contratto per timore (vis animo illata o compulsiva ), era considerato valido, ma
rescind ibile, oss ia annullabile.
La libertà dci matrimon io fu se m pre di fesa dalla Chiesa. L a sua vio la zio ne fu
co nda nnata dal C on cilio d i Trento come un delitto infame : max ime nefa rium
matrimonii libertat em violarel. E contro co loro - cuiuscumque gradus , dignitatis et
conditionis - che quovis modo, dir ecte vel indirecte, ~i re ndesse ro colpe vol i di tanto
crimine, fu co mm ina ta la scomunica " ipso fa cto incurrenda" Sesso III-V, Il nov.
1561 , cap . IX ).

4039 a) La norma del Codice


Il ca n. 110 3 è un' applicaz ione al consenso matrimoniale dei principi cnun zi an
nel ca n, 125, rel ati vamente ag li atti giuridi ci in genere. Esso ha lo scopo di tutel are
la piena libert à dei contraenti. Ovviame nte il vizio di consenso ric hiam ato nel ca no ne,
rigu arda anche il matrimonio dei contraenti non cattoli ci (Rispo sta dell a Pont. Comm .
per " interpreta zione del Codi ce , 25 no vembre 1986, n. I (Communicationes, a . 1987 ,
p. 149 ).
A termine del ca non e si distinguono due ipotesi: matrimoni o co ntra tto per violenza
fisica o pe r tim ore , c he consi ste in una pressi on e psicologica effettuata mediante minac -
ce, per cui è detto anche "violenza morale".
4040 Nella prima ipotesi, il matrimonio è invalido "ipso iure naturae": «L' atto posto per
violenza (vi) inferta dall'estern o alla per sona, ch e in nessun modo poté resister vi, è
co nside rato come non avvenuto» (ean. 125 , § I ). Sarebbe un atto puramente " mecca ni-
co" , pri vo di qual sia si valore. I casi, tuttavia, so no molt o rari.
Nella seconda ipotesi, il m atrimonio che non può essere a nnullato ai se nsi del ean .
125, § 2, a motivo della sua indissolubilità, è invalido "ex iure ecclesiastico", se non
proprio "ex iure natu rae", all e segue nti condizioni da co nsiderarsi unitariamente:
I ° Ch e il timore sia grave, in sen so ass oluto o a nche relati vo, in ord ine cio è a una
person a det erminata, tenuto conto dell e sue condizioni psi chiche e dell e circostanze
co ncrete, in part icolare dell a gr avit à delle min acce.
Il timore lieve non ha rilevanza giuridica. Il timore riverenziale - originato dalla preoccupa-
zione di recar dispiacere alle persone a cui si è legati da particolari vincoli o da cui si dipende
(genitori. tutore. superiori, ecc.) o di suscitare la loro indignazione - è in sostanza un timore
relativo: può essere grave o leggero secondo le circostanze e soprattutto secondo la sensibilità del
soggctro. Soltanto il timore riverenziale Wl/ve può essere causa di nullità matrimoniale.
Può esserci anche un timore gravissimo. che turbi l'an imo di una persona, sì da privarla
dell'us o di ragione. In questo caso, piuttosto raro, il consenso manca del tutto. Negli alti; casi.
invece, il consenso fondamentalmente esiste, anche se viziato.
2° Che il timore provenga dall'esterno, ossia dal partner o d a altra persona
inte ressa ta.
4041 Resta pertanto escluso il timore prodotto da un evento naturale (terremoto. infermità, ecc.) o
da una callsa interna (immaginazione o autosuggestione del soggetto, rimorso, ecc.), (cfr. Commu-
nicat iones, a. 1977, p. 376. can, 304). È possibile. tuttavia, che un tale timore comprometta
gravemente la libertà del contraente, viziandone il consenso. In questo caso, il matrimonio è
invalido, non in forza del can. 1103, ma del principio generale che esige la libertà come condizione
assoluta del consenso matrimoniale.
4042 3° Che pregiudichi realmente il consenso matrimoniale, nel se nso che il soggetto,
per liberarsi dal timore, non abbia o ritenga di non avere altra alte rnativa che scegliere
il matrimonio. Tra timore e matrimonio dev'esserci un vero rapporto di causalità: "oh
JJ matrimo nio 353

metum grave m", Il semplice timore "concomitante" non ha, nel caso, alcun rilievo
giuridico '.
Non è necessario che il timore sia incusso intenzionalmente (timore diretto), per 4043
obbligare la persona al matrimonio. È sufficiente che sussistano oggettivamente le minac-
ce (timore ind iretto: "h aud consulto incussum"), e che il soggetto, per evitarle. si veda
costretto a ricorrere al matrimonio. È questa una precisazione importante, poiché con essa
si chiude una lunga discussione esistente tra i canoni sti, per quanto la maggior parte di essi
e la giurisprudenza rotaIe nella sua quasi unanimità fossero già orientati nel senso deter-
minato dal canone. Caso tipico di timore indiretto: quello di una giovane, costretta a
sposare un uomo , che pur avversa nel suo intimo, per sottrarsi ai continui maltrattam enti
del padre, che le rende impossibile la vita; per sfuggire alle pressioni di chi. in casa,
vorrebbe forzarla ad avere illeciti rapporti con lei o a darsi alla prostituzione.
Il Codi ce precede nte esigeva anche che il timore fos se inferto ingi usta mente : iniuste 4044
incussum. Il term ine e ra ripetuto nello Schema esaminato dal Grup po di Studio " De matrimon io"
nella seduta del 20 maggio 1977, ma venne soppresso ad unanimità iCommunicationes. a. 1977,
p. 376. can. 304; cfr. anche a. 1983, p. 234 , can. 1057, n. I). In effetti; un timore che tenda a
costringere una persona a contrarre matr imonio, difficilmente si può configurare co me "giusto". È
pure da conside rare c he il timore inferto. giusto o ingiusto che sia, è sempre un attentato contro
la libertà, la quale è un'e sigenza assoluta "i ure naturae" dci consenso matri moniale'.

b) Matrimoni concordati dalla famiglia 4045


Accade tuttora, ma sempre più raramente, che il matrimonio di due giovani sia
eoncord ato dai loro genito ri, senz a c he i figli ne sappiano nulla o possano manife stare
il loro gradimento. É una usanza deplorevole, contr aria alla morale umana e cristiana.
«È co mpito dei ge nitori o dei tutori - afferma il Concilio Vaticano Il - guidare i più
giovani nel form arsi una famigli a con prudente consiglio, offerto in modo che questi lo
asco ltino volentieri. guardandosi dall 'esercitare una press io ne diretta o indiretta per
spingerli al matrimoni o o alla sce lta del coniuge» tGaudium et Spes, n. 52, I). «Ci si
deve rammaricare che questi diritti fondamentali della perso na non sono ancora e dap-
pertutto garantiti, co me quando si negasse alla donn a la facoltà di sceg liere liberamente
il marito e di abbracciare il suo stato di vita» (n. 29, 2).
Sono validi i dett i matrim oni?
Una decision e "ad hoc" della Rota Romana, coram Heard , 28 dicembre 1940, è stata la 4046
seguente
- Ubi autem in moribus alicuiu s gent is est ut per arbitrium genitorum independenter a filiis
matrimonia concilientur, inquisitio diligentior convertenda est in perscrutand o statu ani mi patientis,
quonia m hic, informatus tandem sua saecu lari traditione, facile sese e ventibus acco modare potest,
sive indifferenter impositum matrimon ium acceptando, sive, si quae aversio adest, rnorem gere ndo
voluntati ilIi cui resistere ei nequam videt ur. Qui enim morem gcrit nisi invite feci t valide
contrahit» (S. Romanae Rotae Decisiones, XXXII, 888) .

I Il timore "co nco mitante" è quello che si associa al contralto matrimoniale, ma non ne è

causa (timore "deter minante" ). Si presta il consenso con timore, ma non per timore. Un chiaro
esempio di timore "concomitante" e "determinante" fuori del matrimonio, è quello di un ladro : se
egli ruba con la paura di essere sorpreso, si ha il timore "concomitante": se invece ruba perché
costretto a rubare dal padre, si ha il timore "determinante".
, La violenza e il timore nel diritto matrimoniale italian o: «II matrim onio può essere impu-
gnato da quello dei coniugi il cui consen so è stato estort o con violenza o determinat o da timore
di eccezionale gravità derivante da cause esterne allo sposo... L' azione non può essere proposta. se
vi è stata coabitazione per un anno dopo che siano cessate la violenza o le ca use che hanno
detenninato il timore ...» (Art. 122 del Cod ice Civile , modificato dall'art. 17 della Legge 19 maggio
1975, n. 151. circa la riforma del diritto di famiglia). Nello stesso articolo, si parla dell'errore e dei
suoi effetti in ordine al matrimonio.
354 LIBRO IV - li "munus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 1104 - § 1. Ad matrimonium § l. Per contrarre validamente il matri-


valide contrahendum necesse est monio, è necessario che i contraenti siano
ut contrahentes sint praesentes insieme presenti o di persona o per mezzo
una simul sive per se ipsi, sive pro- di un procuratore.
curatorem.
§ 2. Sponsi consensum matrimo- § 2. Gli sposi esprimano con parole il
nialem verbis exprimant; si vero consenso matrimoniale; e se non possono
loqui non possunt, signis aequi- parlare, con segni equivalenti.
pollentibus.

Occorre partanto nei detti casi considerare attentamente i fatti e accertarsi soprat-
tutto dello stato d'animo dei giovani. Se essi sono rassegnati alla volontà delle loro
famiglie, anche se con un certo disappunto, il matrimonio è da considerarsi valido. Se
invece essi si sono piegati, perché non potevano farne a meno, e con atto positivo sono
stati contrari a quel matrimonio, anche se esternamente, per timore riverenziale, abbiano
taciuto, il matrimonio è invalido. Ovviamente tutto questo va dimostrato giudizialmente.

4047 7. La manifestazione del consenso


1104 (1088*) Il consenso, come s'è già rilevato, è l'elemento essenziale costitutivo
del matrimonio (can. 1057, § I). Esso deve rispondere non solo ai requisiti intrinseci
relativi alla capacità naturale e giuridica dei contraenti (can. 1095) e all'assenza di
circostanze e fattori negativi, quali sono i vizi del consenso (cann. J096 e 1103) e la
simulazione (can. 1101), ma anche ai requisiti estrinseci, concernenti la manifestazione
esterna del consenso stesso.
Tale manifestazione è assolutamente necessaria per la validità dell'atto matrimonia-
le (can. 1057, § I). Non basta difatti a porlo il consenso interno, che pur è un elemento
indispensabile. ma si richiede nello stesso tempo che l'intimo consenso sia espresso
esternamente, e questo sia per ragioni del negozio giuridico o contratto, che ha nel caso
una particolare rilevanza sociale, sia per ragione del sacramento che è essenzialmente un
"segno sensibile" operativo di grazia.
Per tale manifestazione, basterebbe "ex iure naturae" qualsiasi mezzo idoneo: di
presenza, per lettera, per telegrafo o telefono, per televisione, oralmente, con segni, ecc.
Allo scopo di tutelare la dignità del matrimonio e assicurarne con maggiore efficacia la
validità, la legge canonica ha stabilito alcune modalità precise, alle quali , a termine del
can. 1059, non sono tenuti gli acattolici, eccetto che contraggano matrimonio con un
cattolico.
4048 I ° È anzitutto necessaria "ad validitatem" la presenza fisica dei contraenti: presen-
za personale o per mezzo di un legittimo procuratore, che può essere tanto da parte di
un solo contraente, quanto da parte di entrambi. In questo secondo caso, si hanno due
procuratori distinti, in rappresentanza degli sposi.
2° È anche necessaria la presenza simultanea, perché il consenso che i contraenti
devono manifestare esternamente, è fatto di donazione e di accettazione reciproca (can.
1057, § 2).
3° La presenza, infine, dev'essere attiva, nel senso che gli sposi devono esprimere
il loro consenso con parole. Nel caso che non sia possibile l'espressione orale (ad
esempio, per mutismo, balbuzie, sordità, infermità passeggiera), basteranno dei segni
equivalenti: il solo cenno del capo, la stretta di mano, lo scambio degli anelli, la stessa
sottoscrizione dell'atto matrimoniale, ecc. L'uso di tali segni nella ipotesi che non sia
Il matrimonio 355

CAl'l. 1105- § 1. Ad matrimonium § 1. Per contrarre validamente il ma-


perprocuratorem valide ineundum trimonio mediante un procuratore, si ri-
requiritur: chiede:
l Out adsit mandatum speciale ad l " che vi sia un mandato speciale per
contrahendum cum certa persona; contrarre con una person a determinata;
20 ut procurator ab ipso man- 2 0 che il procuratore sia designato dall o
dante designetur, et munere suo stesso mandante e che adempia di person a
per se ipse fungatur. il suo incaric o.
§ 2. Mandatum, ut valeat, sub- § 2. Perché il mandato sia valido, de-
scribendum est a mandante et prae- v' essere sotto scritto dal mand ante e inol-
terea a parocho vel Ordinario loci tre dal parroco o dall 'Ordinario dcI luogo
in quo mandatum datur, aut a sa- in cui il mandat o viene conferito, o da un
cerdote ab alterutro delegato, aut a sacerdote delegato dall 'uno o dall'altro, o
duobus saltem testibus; aut contici da almeno due testimoni ; oppure de v' es-
debet perdocumentum ad normam ser fatto con un docum ento autentico a
iuris civilis authenticum. norma del dir itto civile.
§ 3. Si mandans scribere ne- § 3. Qualora il mand ante non possa scri-
queat, id in ipso mandato adnote- vere, lo si annoti nel mandato stesso, e si
tur et alius testis addaturqui scrip- aggiunga un altro teste che sottoscriva
turam ipse quoque subsignet; secus anche lui l'atto; altrimenti il mandato non
mandatum irritum est. è valido.
§ 4. Si mandans, antequam procu- § 4. Nel caso che il mandante, prim a
rator ciusnominecontrahat, manda- che il procurato re contragga in suo nom e,
tum rcvocaverit aut in amentiam in- revochi il mand ato o venga colp ito da de-
ciderit, invalidum est matrimonium, menza, il matrimonio è inval ido, anche se
Iicet sive procurator sive altera pars ciò non era a conoscenza del procuratore
contrahens hacc ignoraverit. o dell' altra parte contraente.

giustificato da alcun motivo, ovviamen te non rende invalido il matr imonio (cfr. a tal
riguard o la sent en za rotale corali! Graziali, IO lug lio 1939: S. Romanae Rot ae
Decisiones, voI. 31, pp. 436-437). D' altra parte, il semplice silenzi o, la pura presenz a
passiva, sarebbe ro giuridicamente inoperanti, poiché non manifestano esternamente la
volontà interna in modo inequi vocabile.

8. TI matrimonio per procura e l'intervento dell'interprete 4049


a) La procura matrimoniale 4050
1105 (/089 e 109 / *) Il matrimonio per procura è nella Chiesa un istituto di lunga
tradizione canonica. Di esso trattarono i Decretalisti, in particolare il Cardin ale Ostiense
(Enrico da Susa), il grande glossatore ca nonista del sec. XIII, il quale riconobbe espres-
samente la facoltà di co ntrarre matrimonio per procur a all' uomo e alla donna , contra-
riamente al diritt o ro mano, che attribu iva tale facoltà soltanto all'uomo. Una normativa
abbastanza completa sul matrimonio per procura si ha nelle Decretali di Bonifacio VIII
(1294-1303).
Il detto matrimonio è amme sso in quasi tutte le legislazioni civili, anche se co n
varie limitaz ion i. Può infatti dar luogo a inconveni enti gravi, per cui il legislatore sia
civile che canon ico hanno disposto per pruden za l' osservanza di alcune form alità.
Durante i lavori di redazione del nuovo Codice, "nonnulli" suggerirono di sopprimere l'isti -
tuto, perché - si disse - metteva in ombra il carattere sacramentale del matrimonio, ma i
356 LIBRO IV . ll t'munus sanclilicamJi" della Chic.sa

Consultori dci Gruppo di Studio " De matr imonio " dec isero ad unanimità di conserv arlo a motivo
della sua necessità pastorale , atte sa la grand e mobil ità delle persone nell 'attuale società (Commu-
nicationes, a. 1977, p. 377, can. 306).
4051 Formalità da osservare
Sono tutte prescritte "ad validitatem" nel canone accennato. che comprende qua ttro
paragrafi.
I° Il procuratore dev'essere designato mediante un mandato speciale , diretto alla
celebrazione del matrimonio con una det erminata persona, des ignata in modo
inequivoco, sì che non ci siano dubbi sulla sua identificazione. Un mandato "generale" ,
mediante il quale si affida a un procuratore la cura e la rappre sentanza di tutti i propri
negozi giuridici, sarebbe insuffi ciente.
2° La designazione del procuratore dev' essere fatta direttamente dal mandante
(ab ipso mandante), né può essere rimessa ad altri, anche nel caso che il mand ante non
abbia raggiunto la maggiore età.
3° Il mandato dev'essere eseguito personalmente dal mandatario il qual e non
può farsi sostit uire nel suo incarico , neppure se questa facolt à gli sia stata co ncessa
espressament e dal mandante: munere suo per se ipse fungatur. Cfr. Commi ssione per
l' interpret. del Codice, 31 maggio 1948: X. OCHOA, Leges Ecclesiae. Il, n. 1994, colI.
2502-2503. Trovandosi pertanto il mandatario nella impossibilità di esegu ire il mandato
ricevuto o venendo a mancar e per decesso, il mandan te deve affidare l'incarico ad un
nuovo procuratore.
4° Il mandato dev' essere conferito in iscritto: un mandato orale non è valid o.
5° L'atto dev' essere firmato personalmente dal mandante, e inolt re:
- Dal parroco o dall'Ordinari o del luogo in cui il mandato viene conferito, o da
un sace rdote delegato dall'uno o dall' altro (documento pubb lico ecclesiastico);
- Oppure da almeno due testimoni (documento privato).
4052 Il mandato può essere redatt o anche a norma del diritt o civ ile (doc umento pubblico civile):
è questa norm a una innovazi one rispetto al Codice del 1917. La firma del mand ante nel caso non
è necessaria, se non è richiesta dalla legge civ ile del paese . Qu alora il mand ante - si dispone nel
§ 3 - non sa ppia o non possa firmare , occorre annotarlo nel mandat o stes so, e l' atto de v'e ssere
sottoscritto anche da un a ltro teste.

4053 Tutte le suddette formalità (nn. 1-5) - come s'è già detto - sono prescritte "ad
validit atem". È necessaria anche la data? Non c'è dubb io a tal riguard o. anche se nel
canone non si fa alcun accenno a tale form alità, che tutta via è richiesta dall a natura
stessa della procur a.
4054 b) L'eventuale revoca del mandato (§ 4)
Il mand ato di procura matrimoni ale può essere revocato dal mandante in qualsiasi
momento. Dopo tale revoca (è opportuno che sia fatta in iscritto, segna ndovi il giorno
e l' ora esatta)', il mand atario resta privo d'o gni facoltà, e l'eventuale celebrazione del
matrimonio sarebbe invalida, anche nel caso che la revoca non sia a co noscenza del
procuratore e dell'altra parte contraente. Ovviamente, la revoca dovrà poi essere debi-
tamente pro vata nel foro esterno : mancando tale pro va, il matr imonio , se celeb rato. si
con sidera valido (praesumpti o iuris).
A nonna dci principi canoni ci, la revoca potrebbe avvenire anche per un sernpl ice atto il/ ferno
del mandante, ma in qu esto caso, mancand o la revoca, si determinerebbe un irrep arabil e co ntrasto
tra foro interno ed esterno.

I È opp ortuno. di co nseguenza, che l' ora esatta sia segn ata anch e nell'atto di matrim onio.
Il mutrimnnin 357

c) La sopravvenuta infermità (§ 4) 4055


Si avrebbe lo stesso effetto, qualora il mand ante venisse colpito da infermit à men-
tale, restando così privato dell'uso di ragione, prima che il procuratore contragga in suo
nome (ca n. 1095, n. I).
Il canone non precisa se l'infermità mentale che impedisce il matrim onio , debba intendersi in
senso pieno e abituale, o anche in senso temporaneo o passeggiero. I pareri degli autori non sono
concordi .
Alcuni ritengono che sia sufficiente l'inferm ità temporanea, ma forse è una interpret azione
alquanto rigida. che, applicata nei casi concreti , può dar luogo a gra vi dubbi e incerte zze. Non è
comunque necessario che, al momento della celebrazione del matrimono, il mandant e goda in atto,
a termin e del can. 1095, della "discrezione di giud izio" o che sia in grado psichicamente di
assumere gli obblighi essenziali del matrim onio, c il fatto che egli non sia "cornpos sui" per
ubriachezza. droga, ipnos i o altro del genere , non ha per sé alcuna rilevanza giuridica. So ltanto
!'infermità a bit uale è ca usa d'in valid ità, e questo, secondo alcuni, per diritt o positiv o.
Ai suoi tem pi, il grande teologo Tornàs Sanchez (1550 -1610 ) non aveva dubbi circa la validità
del matrimoni o contratto per procura, nel caso che il mandant e fosse colpit o da demen za dopo aver
conferito il mandato procuratorio: «Hic infertur , si procuratore misso, dans mandatum in amentiam
incidat, et talis perseveret, dum procurator nomine suo contrahit, valere matrimonium: manet enim
virtute prior consen sus, cum revocatus non sit» (De sancto matrimonii sacramento , lib. Il, disp, Il .
n. 12). In genere, tuttavia, si ritiene che la demenza abituale, almeno quella irreversibile , impedisca
il matrimonio "ex ipso iure naturae", perché, con una tale forma di demenza, il soggetto non è più
in grado, radicalmente, di assumere alcun obbligo o impegno matrimoniale.

Da notare. Il matrimonio è contratto giuridicamente nel momento stesso in cui il 4056


procuratore esprime il consenso in nome del mandante, né si richiede una ulteriore
ratifica da parte di questo ultimo per il perfezionamento del]' atto.
La debita autorizzazione. Per la lecita celebrazione del matrim onio mediant e 4057
procura , occorre per sé la licenza dell' Ordinario del luogo, il quale , ovvi amente conce-
derà l'autorizzazione solo se concorrano gravi moti vi, com ' è richie sto anche dalle legi-
slazioni civ ili.
Cfr . a tal riguardo le dispos izioni eman ate dalla Congregazione dei Sacramenti in
data l " magg io 1932 e IO settembre 1941, già riportate in nota, nel commento del can.
1071, § 2.
Il processo documentale. La mancanza di una valida procu ra può dar luogo al 4058
detto processo di nullità matrimoniale. a norm a del can. 1686.

d) Il matrimonio per procura nella legislazione italiana 4059


È permesso solo per determinate categor ie di persone. La norma che lo regola è
co ntenuta nell'art. Il della Legge 19 maggio 1975, n. 151, circa la Riforma del Dirillo
di Famiglia.
Il detto articolo , sost itutivo dell'art. III dci Cod ice Civile del 1942, così stabilisce:
- <<I militari e le persone che per ragioni di servizio si trovano al servizio delle
forze armate, possono. in tempo di guerr a, celebrare il matrimonio per procura.
La celebrazione del matrimonio per procura può farsi anche se uno degli sposi
risiede all'estero e concorrono gravi motivi da valutarsi dal tribunale nella cui circosc ri-
zione risied e l'altro sposo. L'autorizzazione è concessa con decreto non impug nabile
emesso in camera di consiglio. sentito il pubblico ministero.
La procura deve contenere l'indicazione della persona con la quale il matrimonio
si deve contrarre.
La procura deve essere fatta per atto pubblico: i militari e le persone al seguito delle
forze armate, in tempo di guerra, possono farla nelle forme speciali ad essi consentito.
358 LIB RO IV . Il "m unus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 1106 - Matrimonium per Si può contrarre matrimonio mediante


interpretem contrahi potest; cui un interprete; il parroco, tuttavi a, non vi
tamen parochus ne assistat, nisi assi st a se non s ia certo c he l'interprete
de interpretis fide sibi constet. m erita fiducia,
CAN. 1107 - Etsi matrimonium Anche se il matrimonio sia stato c o n-
invalide ratione impedimenti ve) tratto invalidamente a causa di un impedi-
defectus formae initum fuerit, m ento o per difetto di forma, s i presume
consensus praestitus praesumitur che il co n se nso prestato perduri fin o a
perseverare, donec de eius revo- quando non consti dell a s ua re voca,
catione constiterit.

Il matrimonio non può essere celebrato quando sono trascorsi ce ntottanta giorni da
quello in cui la procura è stata rilasciata.
La co ab itaz ione, anche temp orane a, dopo la celebrazione del matrimon io , elimi-
na gli effetti dell a re voca della procura, ignor ata dali' altro coniuge al mom ent o della
ce lebrazione ».
L'atto pubblico, a cui si accenna nel 4° comma del suddetto articolo, è così dctermioato
dall'alt. 2699 del Codice Civile:
- «L' atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro
pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato».
4060 e) L'interprete
1106 (1090-1091*) Può accadere che i due sposi parlino una lingua div ers a o che
la loro lingua sia ignorata dal ministro sacro che assiste al matrimoni o, o anche dai
testimon i. [n questo caso, si può ricorr ere ad un interprete,
Non è necessario alcun mandato da parte degli spo si (l'interprete non è un procu-
ratore), né si prescrivono condizioni o formali tà o particolari qu alifiche. Il compito
dell 'interprete è solo di tradurre le dom ande del mini stro e le risposte degli sposi.
Ch iunque può assolvere questo incarico ; anche uno degli stessi testimoni. Si richie-
de solo che la persona conosca bene le lingue usate nella celebrazione e che , a giudizio
del parroco , dia garanzia di serietà e di rettitudine. È opp ortuno che l'interpr ete presti
il giurame nto "de munere fideliter implendo".
Non è necessaria la licenza dell 'Ordinario, richie sta nel can. 1091 del Cod ice del
1917.
Può accadere che l'interprete non si trovi. In tal caso, riteniamo che il matrimonio
possa essere celebrato ugualmente, ricorrendo, per la mani festazione del consenso ma-
trim oniale, ai "segni equ ivalenti" di cui al can . 1104, § 2, se mpre che tali "segn i" siano
inequivoci e non sorga su di essi alc un dubb io.

4061 9. Una presunzione circa il consenso


1107 (1093 *) Il consenso prestato in un matrimonio valido non può ce ssare per
volontà degli sposi: è un consenso moralmente e giuridicamente irrevo cabile, poiché il
vinco lo che da esso è sorto è " natura sua " indissolubile. Ma se il matrimonio è stato
invalido a causa di un impedime nto o per un difetto di forma, il co nse nso può essere
revocato. A tal riguardo , tuttavia , la legge canonica stabilisce una presunzione d i diritto:
un co nsenso matrimoniale pre stato nella sua compiutezza , e valido "ex se" perché non
è a ffetto da alcun vizio o caren za, per quanto sia stato giuridicame nte ineffic ace in
Il matrimonio 359

ord ine al matrimonio celebrato, a caus a dell'accen nato im pe di m e nt o o del difetto d i


forma, si presume che perduri nella sua va lid ità, fin ch é non consti d ell a s ua effettiva
rev oca. È questa un a presunzione c he re nd e possibile la convalida del m atrimonio nullo
per i moti vi suddetti (c fr. cann. 1159, 1161, 1163 , § I ),
È chiaro che il perdurare del conse nso non si riferi sce ali' allo di volont à che ha posto in esse re
il matrimonio " in fieri" . Un tale atto psichico ha carattere transitorio ed evidentemente non può
perdurare . Perdura invece il consenso prestato, nella sua virtualità giuridico-morale, come stato di
volont à (in sostanza, con intenzione abitu ale), che accompagna il matrimonio "in facto esse ". In
concreto, i due partncrs che nell'atto celebrativo del matrimonio hanno inteso col loro consenso
diventare marito e moglie, intendono restare tali nella vita matrimoniale d'ogni giorno, anche nel
caso che il loro matr imonio sia stato invalido, soprattutto se essi ignor ano tale fatto. Perché il
consenso cessi, si richiede un allo positivo di revoca, né basta la semplice volontà interpretativa
o presunta (l'avrei revocato, se l'avessi saputo...).

LA FORMA DELLA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO 4062


(can n . 1108-1123)
Schema
I. Introduz ione 4. Norme ulteriori
2. La forma ordin aria 5. La trascrizione civile
3. La forma straordinaria 6. Disposizioni della C.E.1.

l. Introduzione 4063
L a cel ebra z ione del matrimon io cos tituisce non so ltan to un atto sacra m e n ta le , m a
a nc he un atto g iu ri d ico di singol ar e im po rta n za , c he, per ev identi ragi oni di c arattere
re li g io so , moral e e soc ia le , deve ri vesti re, nell 'interesse degli s tessi s posi, parti col a r i
fo rm alità s ta b ilite d all a legge. Anch e ne gli ordin amenti s ta ta li s i a p p lica lo st e sso
p ri nci pio .
Prima del Concilio di Trento, non era prescritta "ad validitatem" alcuna fon na giuridica . Di
regola, i matrimoni dei cristiani venivano celebrati alla presenza del sacerdote e dei parenti ed
amici. ma "iure naturae" erano considerati valid i, per quant o gravemente illeciti. a nche i mat rimoni
"clandes tini" , contratti privatamente senza l'intervento del sacerdote o di testim oni. Il Concilio di
Trento volle porre fin e a questi abusi e ai gravissimi inconven ienti d'ogni genere che ne seguivan o.
e col ce lebre decre to Tametsi dell' Il novembre 1563, venne sancito formalm ente, solto pena
d' invalidità, che tutti i matrimoni dovessero essere celebrati davanti al parroco proprio dei contra-
enti o a un sace rdote che ne avesse licenza dal medesimo o dall' Ordinario, e alla presenza di
almeno due testimoni, ment re i matrimoni clandestini furono dichiarati "irriti et nulli" di pieno
diritto (Denzinger -Scho nmetzer, nn. 18 13-1816).
L'o bbligatorietà del decreto fu tuttavia subordinata alla sua promul gazio ne nelle singole par-
rocchie, e poiché questo non avvenne dappertutto. in numerose localit à - special mente nel nord
e nell 'est dell 'Europa - i matrim oni clandestini continuarono a rimanere in vigore, creand o non
poca confusione nella Chiesa'.
A q uesta gra ve situaz ione intese rimediare Pio X, col decreto Ne temere della Congre gazione 4064
del Concilio in data 2 agos to 1907. Con esso:
IO L'obbligo dell a forma canonica prescritta dal Concilio Tridentino fu estesa dovunqu e,
divenendo così precettiva per tutti i cattolici.

I Altri inconvenienti deri vavano da l fatto che la co mpetenza del parroco era personale e non
territoriale, e la sua assis tenza era semplicemente passiva, per cui erano possibili anche i matrim oni
"di sorpresa". corne quello tentato ne " l Promessi Sposi" da Renzo e Lucia, per suggerimento di
Agnese (capp. VI e VIli).
360 LIB RO IV • Il " munus sancu ficandiv dclla Chiese

CAPITOLO V
LA FORMA DELLA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO

CAN. 1108 - § 1. Ea tantum matri- § l. Sono validi soltanto quei matri-


monia valida suni, quae contrahun- moni che si contraggono co n l' assisten-
turcoram locl Ordinario aut paro- za dell'Ordinar io del luogo o del parro-
cho aut sacerdote vel diacono ab al- co , oppure di un sacerdo te o di un ' dia-
terutro delegato qui assistant, nec- cono delegato a tal fine da ll' uno e dal-
non coram duobus testibus, secun- l' al tro, e anche in presen za di du e testi-
dum tamen regulas expressas in moni , secondo tutta via le norm e co nte-
canonibus qui sequuntur, et salvis nute nei canon i seguenti , e salvo le ec-
exceptionibus de qui bus in cann, cezioni di cu i ai cann. 144, 1112, § l,
144,1112, § 1, 1116et 1127, §§ 1-2. 1116 e 1127, §§ 1-2.

2° Fu disposto che l' assistenza ai matri moni da parte dell' Ordinario e del parroco fosse
strettamente territoriale, e non più personale, per cui cessò la facoltà dei medesimi di assistere
dovunque (ubiq ue terrarum ) al matrimonio dei propri fedeli e furono validi solo i matrimoni
celebrati entro i limit i del loro proprio territorio.
3° Fu anche disposto che l'assi ste nza fosse attiva e non più semplice mente passiva , nel senso
che l'Ordinario e il parroco non dovessero limitarsi a ricevere il consenso dei cont ruent i, ma
dovesse ro anche richicderlo a nome della Chiesa e in piena libertà, senza subire costrizioni, inti-
rnidazio ni o frode (Denzinger -Schonmetzer, nn. 3469-3474).
Il decreto entrò in vigore nella Pasqua dell' anno successivo ( 19 aprile 1908) e le sue norme,
opportuna mente ritoccate, vennero inserite nel Cod ice del 1917.

4065 L 'att ua le Codice ri prod uce sosta nz ia lmente la normat iva a nteriore , ma non man ca-
no importan ti in no vazioni, d i c ui si farà cen no nell'esp osizione de i cano ni.
L'intero ca pito lo V è dedicat o alla forma da osservarsi nella ce le brazio ne del
m a trimon io . Possono d ist in gu e rsi in esso tre parti :
(O La forma ordinaria: cann. 1108-1115
2° La forma straordinaria: can. 1116
3° Norme ulteriori :
- Circa le persone obbligate alla forma canonica: can. 111 7
- Il luogo di celebrazio ne: can. 1118
- L' osservanza del rito prescritto: cann . 1119-1120
- La registrazione dell 'atto: can n. 1121-1122
- L' annotazione di eventuali modifiche dello stato matrimoniale dei co ntraenti: can . 1123

4066 2. La forma ordinaria della celebrazione!

I) La norma fon damentale


1108 (1094 *) Secondo il princ ip io ge neral e stabilito nel cano ne (Com municatio-
nes, a. 197 6 , pp. 32-33), sono va lid i per sé " in foro co nsc ie ntia e" e " in fo ro exte rn o
se u iuridico " soltanto quei matrim oni che si co nt raggo no "in fa ci e Ecclesi ae " , vale
a dire :

, Nella celebrazi one del matrimon io, occorre distinguere la forma giuridica, la forma sacra-
mentale e quella liturgica.
Il matrimonio 361

§ 2. Assistens matrimonio intel- § 2. Per assistente al matrimonio s'in-


legitur tantum qui praesens exqui- tende solo colui che, presente di persona,
ritmanifestationemcontrahentium richiede e riceve la manifestazione del
consensus eamque nomine Eccle- consenso dei contraenti in nome della
siae recipit. Chiesa.

- Con l'assistenza qualificata dell'Ordinario del luogo o del parroco in forza del
loro ufficio, oppure di un sacerdote o di un diacono delegato a tal fine dall'uno o
dall'altro
- E, insieme, alla presenza di due testimoni
Restano salve le eccezioni stabilite in alcuni canoni:
- Can. /44: supplenza da parte della Chiesa
- Can. J Il 2..~ /: speciale delega a dei laici
- Can. JJ /6: forma straordinaria
- Can. 1127, .~* /-2: matrimoni misti
l? L'Ordinario del luogo. A parte il Romano Pontefice, che, in forza del primato 4067
conferito da Cristo a Pietro e ai suoi successori, «gode nella Chiesa di una potestà
ordinaria, suprema, piena, immediata e universale, che può esercitare sempre liberamen-
te» (can. 331), sono Ordinari del luogo con specifica facoltà di assistere canonicamente
alla celebrazione dei matrimoni:
- Il Vescovo diocesano e i Presuli equiparati: il Prelato e l'Abate territoriale, il Vicario e
il Prefetto apostolico, l'Amministratore apostolico di amministrazione stabilmente eretta (cann. 368
e 381, § 2), l'Amministratore diocesano (can. 427, § I)
- Il Vescovo coadiutore e il Vescovo ausiliare con facoltà speciali (cann. 405, § 2, e 406, § l)
- Il Vicario generale (cann. 134, §§ 1-2: 475, § I; 479, § I)
- Il Vicario episcopale costituito per una determinata parte del territorio, limitatamente a
questo territorio (can. 476)
- Il Vicario episcopale costituito per i fedeli di un determinato rito o ceto, limitatamente ai
detti fedeli (can. 476)
- Il Vicario episcopale costituito per la pastorale della famiglia o anche per la pastorale in
genere (can. 476)
- Il Vicario episcopale, costituito per altri particolari settori, può assistere validamente ai
matrimoni solo se il Vescovo diocesano ha inteso comprendere nei suoi compiti tale facoltà'.
20 Il parroco. Hanno facoltà ordinaria, nei limiti delle loro competenze anche i 4068
parroci. Sono compresi sotto tale nome:
- Il parroco propriamente detto, nell'ambito del proprio territorio (cann. 519: 530, n. 4)

La forma giuridica è costituita dalle modalità prescritte dalla legge, la cui osservanza è
necessaria perché il consenso matrimoniale prestato dagli sposi abbia efficacia legale.
Le forma sacramentale, secondo la sentenza più comune, è costituita dal consenso delle parti,
che, come offerta e donazione di sé, è la materia del sacramento, e come accettazione di detta
offerta vicendevole ne è la forma.
La forma liturgica (cann. 1119-1120) comprende i riti e le cerimonie religiose che accompa-
gnano il matrimonio cristiano, esprimendone il carattere ecclesiale e sacramentale. Tali riti,
contenuti nell'Ordo celebrandi matrimonium, emanato dalla Congregazione dei Riti il 19 marzo
1969, non sono "ad validitatem", ma solo "ad liceitatem".
, È superfluo notare che né i Cardinali di S. Romana Chiesa, né i Legati Pontifici (neppure
nella sede della Legazione: can. 366. n. I) hanno facoltà ordinaria per assistere canonicamente alla
celebrazione dei matrimoni. Non l'hanno neppure i Vescovi Metropoliti nelle diocesi suffraganee
né i Primati fuori della propria diocesi.
362 LIBRO IV - Il "rnu nus sanctificandi" della Chiesa

- Il parroco personale, rel ativamente ai propri fedeli (can . 1110)


- Il quasi-parroco (can. 5 16)
- L' amm inistratore parrocchiale (ca li. 540, § I)
- Il vicario parro cchiale o il sace rdote che ass umono, in caso di vacanza della parrocchia
o d' impedimento del parroco, prim a dell a nomina dell'amministrat ore parr occhi ale (can. 54 1, § I).
o anche in caso di assenza del parroco (ca nn. 533, § 3, e 549) , il gove rno dell a parrocchia
- I singo li sacerd oti dell'équipe parrocchiale, ai quali è affidata in solido la cu ra di una o
più parrocchie (can . 543. § l)
4069 1 rettori di seminario hanno funzione di parroco per tutti coloro che sono in esso,
con eccezione della materia matrimoni ale (can. 262). Di regola sono invece equiparati
in tutto ai parroci , non esclusa la materia matrimoniale, i cappellani militari (nn. 257 1-
2576) e i cappellani degli emigranti , a termini della Istr. Nemo est della S. Congrega-
zione per i Vescovi, in data 22 agosto 1969.
4070 3° Sacerdoti e diaconi delegati. La delega può essere "ab hornine" e "a iure":
- Ab homine, da parte di coloro che hanno facoltà ordinaria
- A iure, a termine del can. 144, § 2, da parte della Chiesa, che "supplet" nell'er-
rore comune e nel dubbio positivo e probabile non solo la potestà di governo esecutiva
in genere, ma anche la facoltà di assistere ai matrimoni.
Lo scopo della supplen za "ex iure" nella celebrazione del matrimonio, è quell a di assicurare la
validità di un allo così importante religiosamente e civilmente, evitando che gli sposi abbiano a subire
le conseguenze di una sua possibile nullità a causa del ministro assistente. La supplenza ha luogo non
solo quando si tratti di potestà ordinaria, ma anche di potestà delegata, com ' è dello espressamente in
una dichiarazione della Pontificia Comm issione per l'interpretazione del Cod ice iII data 26 marzo
1952, n. V (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, Il, n. 2273 , col. 3029). Ciò risulta anche dal contesto del can.
1108, § I, in cui il can. 144 è richiamato per ogni matrimonio, chiunque ne sia l'assistente canonico:
l'Ordinario del luogo , il parroco, il sacerdote o diacono delegato, lo stesso laico.
4071 Per assistente al matrimonio - precisa il § 2 - s' intende solo colui che, presente
di persona, richiede e riceve la manifestazione del consenso dei contraenti in nome della
Chiesa. Tale facoltà, secondo il parere quasi unanime della dottrina, non è un atto di
giurisdizione (Communicationes, a. 1978, p. 88, can. 313), ma solo una funzione che il
ministro sacro ese rcita in nome della Chiesa, come leste qualificato o pubblico della
celebrazione matrimoniale. La facoltà , tuttavia, segue i principi e le norme della potestà
delegata di governo, per cui:
- La facoltà di ass istere ai matri moni è ordinaria, se è annessa all'ufficio : delegata, se è
co nferita alla persona sen za il tra mite dell 'ufficio (can. 13 1, § I).
- La facoltà deleg ata di assistere ai matrimoni può es sere conferita , da chi ne ha facoltà
ordinaria, per matrimoni singo li: delega speciale; oppure per qual siasi matri moni o che si ce lebri
nell' ambit o di competenza del delegante , o per i matrim oni di un dato settore o di una data
categoria: delega generale (can. 137, § 1).
- La facoltà dele gata co nferita in modo generale può essere sudde legata in singo li cas i:
quella invece conferi ta per matrimoni si ngo li non può essere s uddelegata se non per espressa
co ncessione del delegant e (ca n. 137, § 3; cfr. Pontifi cia Comm issione per l'interpretazione del
Cod ice, 28 dicembre 1927: X. Oc HOA, Leges Ecclesiae, I, n. 802 , IV, col. 92 1).
- Nessuna facolt à suddelegata può essere ulteriormente s udde lega ta, se non per es pressa
co ncessione del delegante (can. 137, § 4). Cfr. anche cann . 139-14 1.
- È possib ile anche la delega in solido. a norma del can . 140 , § I.
- Relativamente alla facoltà delegata "ab homine ", per sé è richie sta "ad valid itatem" l'ae-
cettazione da parte del delegato (cfr. n. 95 2). Basta per altro l'accettazione implic ita , compresa nel
fallo stesso che si esercita la facoltà conce ssa .
4072 4° I testimoni. Non si prescrivono qualità particolari. Si richiede soltanto, "ex
natura rei" , che per età e per condizioni fisiche e psichiche siano in grado di far fede
dell' avvenuta celebrazione del matrimonio. Possono far da testimoni uomini e donne,
cattolici e acattolici, e anche non battezzati, per quanto sia opportuno affidare tale
ufficio a dei cattolici. Non è neppure necessario che siano designati formalmente al loro
compito né che abbiano l'intenzione di esercitarlo. Sono testimoni validi anche le per-
Il ma trimo nio 363

CAN. 1109 - Loci Ordinarius et L'Ordinario del luogo e il parroco, ec-


parochus, nisi per sententiam vel cetto che con sentenza o decreto siano
perdecretum fuerint excommuni- stati scomunicati o interdetti o sospesi
cati vel interdieti vel suspensi ab dall'u fficio o dichiarati tali, in forza del
officio aut tales declarati, vi offi- loro stesso ufficio assistono validamente,
eii, intra fines sui territorii, valide entro i confini del proprio territorio, non
matrimoniis assistunt non tantum solo ai matrimoni dei propri sudditi, ma
subditorum, sed etiam non subdi- anche ai matrimoni di quelli che non sono
torum , dummodoeorum alteruter loro sudditi, purché almeno uno di essi sia
sit ritus latini. di rito latino.

sone indotte per timore o dolo e perfino costrette con la violenza. Importa solo che siano
presenti all'atto del matrimonio e si rendano conto di quel che accade.
La presenza di almeno due testimoni è prescritta per la stessa validità del matrimo-
nio. La norma vale anche per la forma canonica straordinaria. Resta la sola eccezio ne
prevista nel ca n. 11 27, § I, relativamente ai matrimoni misti contratti da cattolici con
battezzati acattolici di rito orientale (ortodossi): per tali matrimoni si richiede "ad
validitatem" soltanto la presenza del ministro sacro.
Il matrimon io senza testimoni può essere celebrato validamente se vi sia stata
dispensa (can. 1079, §§ 1-2), e nel caso previsto dal can. 1127.
5° La presenza simultanea. È necessaria "ad validitatem" che il ministro sacro 4073
assistente e i due testimoni siano presenti simultaneamente all'atto di celebrazione de l
matrimonio, compiuto dai contraenti.
6° L'as sistenza del ministro sacro. La presenza dei testimoni è una semplice pre- 4074
senza comune, che si limita a seguire "de visu" e "dc auditu" lo svolgimento dell' atto
celebrato. Quello del ministro assistente è invece essenzialmente attiva: non è sufficien-
te che egli si limiti ad ascoltare passivamente le dichiarazioni degli sposi, ma deve anche
chiedere e rice vere formalmente il loro consenso in nome della Chiesa (can. 1108, § 2).
Evidentemente, è oppo rtuno che la richiesta sia fatta a viva voce, ma, per la validità,
sarebbe anche sufficiente una richiesta espressa con un cenno della mano o del capo o
con altro segno.
Tale assistenza dev'essere anche libera: prestata sotto l'impulso della violenza o del timore 4075
grave, non sarebbe valida. Questa norma, contenuta espressamente nel Codice precedente (can.
1095, § I. n. 3*), non è stata riportata nel nuovo Codice, ma non perché sia stata soppressa: è stata
ritenuta, superflua la sua menzione, poiché si tratta di un principio generale, applicabile ad ogni atto
giuridico (can. 125: Communicationes, a. 1976, p. 37, lett. b).
La violenzao la graveintimidazionepossonoproveniresiadai contraenti chedaaltrepersone, ma
devonoavereanchecomescopo(violenzao intimidazionediretta) o anchesolo come effetto (violenza
o intimidazioneindiretta)dicostringere il ministroad assistereal matrimonio controlasuavolontà. Nel
can. 1095* si parla soltanto di violenzao di timore. non di dolo: il dolo non è considerato, percui, se i
contraenti o altre persone si limitano ad esso, il matrimonio nonne resta invalidato.
Ovviamente è anchenecessario che il ministroassistentesianel possessodellesuefacoltà mentali.
Una sentenza rotaie del 31 marzo 1929 dichiarò nullo un matrimonio, perché il ministroassistente era
ubriaco, e un'altradel 19 novembre 1965, perché il ministro era affetto da demenza senile.

2) Territorialità della competenza "vi officii " 4076


1109 (1095, § J* ) Second o il princip io intro dott o dal decre to Ne t èmere
(Denzinger-Schonmetzer, n. 3469), la facoltà di assistere ai matrimoni dell'Ordi nario del
luogo, del parroco e dei sacerdoti equiparati al parroco, è strettamente territoriale, per
cui può essere esercitata validamente solo nell' ambito della circoscrizione di loro com-
petenza. Fuori del proprio territorio, non hanno alcuna facoltà, e per assistere ai matri-
364 LIBRO IV - Il "munu s sanctificundi' della Chiesa

CAN. 1110 • Ordinarius et paro- L'Ordinario e il parro co person ali in


chus personalis vi officii matrimo- forza del loro ufficio assistono validame n-
nio solummodo eorum valide assi- te al matrimonio , nell'ambito della pro-
stunt.quorumsaltemalterutersub- pria giurisdizione, solo se almeno l'uno o
ditus sit intra fines suae dicionis. l'altro dei due contraenti sia loro suddi to.

mon i dei loro stessi sudd iti, hanno bisogn o di un a reg ola re del ega da par te dell 'Ordina-
rio o del parro co del luogo (ca n. 1108, § I).
Nel propri o territo rio ass isto no invece valid am ente non sol o ai m atrimoni d ei pro pri
sudd iti, sia di rito latin o ch e di rito ori entale, ma anc he ai matrim oni di qu elli che non
lo sono , purch é (dùmmodo) almeno uno di es si sia di rito lati no".
Ovviamente, l'Ordinario del luogo e il parroco:
4077 IO Assistono validamente alla celebrazione di un matrimonio dal momento in cui hanno preso
legittimo possesso del loro ufficio (can. 1095, ~ l, n. I, Codice 1917), e finché ne conservano la
titolarità (cann. 143. § I. e 194, § I).
2° Sono privi d'ogni facoltà in caso di scomunica, interdetto o sospensione dall' ufficio. ma
soltanto se la pena sia stata inflitta con sentenza o decreto (pena "ferendae sententiae") o dichiarata
con i medesimi atti (pena "latae sententiae" ), In questi casi, la facoltà di assistere ai matrimoni né
può essere esercitata personalmente. né può essere delegata ad altri.
Si parla di sos pensione dall'uffi cio, non di altra sospensione: ab ordine, a divinis, a
iurisdictione, poiché l'assistenza al matrimonio non è un atto sacramentale né un atto di giurisdi-
zione. La sospensione di carattere generale comprende anche la sospensione dall'uffi cio (can. 2278.
§ 2. Codice 1917).
Si parla inoltre di pene inflitte o dichiara te. Di conseguenza, se la pena "latae scntentiae" non
è stata dichiarata. l'O rdinario o il parroco non sono privati della loro facoltà, ma è vietato "ad
Iiceitatem" il loro esercizio (can. 1331. § I, n. 3), tenendo per altro presente la possibilità offerta
dal can. 1355' .

4078 3) L'Ordinario e il parro co di caratte re personale


1110 Di regola, le dioc es i e le parroc chi e hann o carattere territorial e, ma , per
moti vi pastorali, possono avere an ch e ca ratte re person ale: in rag ione dci rito, della
lin gu a, dell a nazionalità, ecc . (ca nn. 372 e 518). L'Ordinari o e il parroco prep ost i alle
dette d ioce si e parrocchie, in forza del loro uffi cio, entro il territorio d i loro co mpe tenza,
as sisto no va lida me nte al matrimoni solo se almeno l'uno o l' altro dei con tra enti si a loro
suddi to. La de tta co mp ete nza è per sé cumulativa con qu ell a dell'Ordin ario o del par-
roco di c arattere territoriale , i qu ali po ssono pertanto ass istere valid am ente an che ai

• D ùmmodo: condizione "ad validitatem" (can. 39, cfr. anche Communicationes. a. 1983 p.
235 . can. 106 3, n. 2). Potrebbe, tuttavia, valere nel caso il principio del "s upplet Ecclesia", a norma
del can. 144, § 2.
, Può accadere che, per particolari circostanze. una parrocchia non disponga di una chiesa
adatta per la celebrazione dei matrimoni. e che il Vescovo diocesano assegni a tal fine una chiesa
sussidiaria che ha sede in un' altra parrocchia. Il parroco ha bisogno in questo caso di una partico-
lare delega per assistere ai matrimoni celebrati nella detta chiesa, oppure vi assiste "iure proprio"?
Dipende da quel che ha disposto il Vescovo. Se questi ha inteso "formaiiter et iuridice", anche
se temporaneamente, fare della chiesa una pertinenza della parrocchia sprovvista di una chiesa
adatta. non c'è dubbio che il relativo parroco vi esercita "iure proprio" le sue funzioni (ma questo
deve risultare in modo chiaro dal provvedimento). (n caso diverso, egli ha bisogno di una delega
da parte del Vescovo o da parte del parroco, nel cui territorio la chiesa sussidiaria è situata. L2
delega avrà opportunamente carattere generale.
II matrimonio 365

CAN. 1111 • § 1. Loci Ordinarius § l. L'Ordinario del luogo e il parroco,


et parochus, quamdiu valide officio fin tanto che esercitano validamente il
funguntur, possunt facultatem in- loro ufficio, possono delegare a sacerdoti
tra fines sui territorii matrimoniis e a diaconi la facoltà, anche generale, di
assistendi, etiam generalem, sacer- assistere ai matrimoni entro i confini del
dotibus et diaconis delegare. loro territorio.
§ 2. Vt validasitdelegatiofaculta- § 2. Perché la delega della facoltà di
tisassistendi matrimoniis, determi- assistere ai matrimoni sia valida, dev'es-
natis personis expresse dari debet; sere data espressamente a persone deter-
si agitur de delegatione speciali, ad minate; se si tratta di delega speciale, de-
determinatum matrimonium dan- v'essere conferita per un determinato ma-
da est; si vero agitur de delegatione trimonio; e se infine si tratta di delega ge-
generali, scripto est concedenda. nerale, dev'essere data in iscritto.

matrimoni di fedeli che hanno il loro parroco e non sono loro sudditi, sempre però che
uno di essi sia di rito latino (can. 1115).
l O Cappellani di emigranti, nomadi, naviganti, ecc. Le loro attribuzioni e le loro 4079
facoltà sono per sé equiparate a quelle dei parroci, a termine della Istr. Nemo est della
Congregazione per i Vescovi, in data 22 agosto 1969: Enchir. Vat ., voI. 3, p. 896 ss.
Il titolo della Istruzione è "De pastorali migratorum cura", ma la voce "migranti"
comprende «tutti coloro che , per qualunque motivo, si trovano a vivere fuori della
propria comunità etnica, e per vera necessità hanno bisogno di una particolare assi -
stenza» (n. 15).
Principali norme
- Art. 3R: «II cappellano o missionario, a cui è stata affidata una parrocchia , gode della
potestà di parroco con tutte le facoltà e gli obblighi , che a norma del diritto canonico competono
ai parroci» .
- Art. 39..~ J: (d i cappellano o missionario , a cui è stata affidata una missione con cura
d'anime , gode di propria potestà e, fatte le debite distinzioni , viene equiparata al parroco».
- Art. 39, § 2: «Tale potestà è personale, va cioè esercitata soltanto nei riguardi delle
persone degli emigrati, aventi la stessa lingua, e nel territorio della stessa missione».
- Art. 39..~ 3: «La medesima potestà è cumulativa aequo iure con quella del parroco .
Pertanto, ogni emigrato ha piena facoltà di rivolgersi liberamente per la celebra zione dei sacramen-
ti, compreso il matrimonio , sia al cappellano o missionario della sua lingua, sia al parroco del
luogo» iEnchir. Vat., voI. 3, pp. 940-943, nn. 1576-1577).
20 Cappellani militari. Sono retti da leggi speciali, emanate dalla Congregazione 4080
per i Vescovi. Fondamentale, a tal riguardo , è l'lstr. "De Vicariis castrensi bus", 23
aprile 1951 (X. OCHO A, Leges Ecclesiae, Il, n. 2208, coli. 2887-2888). È anche da tener
presente la Cost. Ap. "Spirituali militum" di Giovanni Paolo Il, in data 21 aprile 1986:
cfr. Communicationes, a. 1986, pp. 12-17, e i vari accordi con gli Stati.

4) La delega a sacerdoti, diaconi e laici 4081


1111·1112 (/095, § 2; 1096*) La normativa sulla delega per l'assistenza ai matri-
moni presenta notevoli novità in rapporto al Codice anteriore. Le principali riguardano
la possibilità del conferimento di detta delega ai diaconi, del conferimento della delega
generale a qualsiasi sacerdote o diacono, della delega agli stessi laici da parte del
Vescovo diocesano.
I canoni J I I I e I 112 contengono le seguenti norme :
366 LI BRO IV ~ n"munu s sanctificand i" della Chiesa

CAN. 1112· § 1. Ubi desunt sacer- § l . Dove non ci siano sacerdoti né


dotes et diaconi, potest Episcopus diaconi, il Vescovo diocesano, previo il
dioecesanus, praevio votofavorabili voto favorevole delJa Conferenza Epi sco-
Episcoporum conferentiae etobten- pale e ottenuta la licenza della Santa
ta licentia Sanctae Sedis, delegare Sede, può delegare de i laici perché assi-
laicos, qui matrimoniis assistant. stano ai matrimoni.
§ 2. Laicus seligatur idoneus, ad § 2. Si scelga un laico idoneo, capace
institutionem nupturientibus tra- d 'istruire gli sposi , il quale sia anche in
dendam eapax et qui liturgiae ma- grado di celebrare debitamente la liturgi a
trimoniali lite peragendae aptussit. matrimoniale.

I ° L'Ordinario del luogo , il parro co e i sacerdoti equiparati al par roco possono


delegare a sacerdoti e a diaconi la facolt à di assiste re ai matrimoni , finch é conser-
vano legittimament e il loro ufficio e lo ese rci tano validamente (cfr. can. 1109), c solo
entro l' ambito del proprio territorio, poiché solo in que sto essi hanno competenza "vi
o fficii".
2° La delega generale - per tutti i matrimoni ce lebrati nell a propria ci rcos cri-
zione o in un suo part icolare settore, per tutti i matr imoni cel ebr ati in un det erm inato
periodo di tempo, per tutti i matrimoni di una determinata categoria di persone -
non è più limit ata ai vicari cooper atori addetti alla parroc chi a (can. J 096 , § I , Codice
1917), ma può essere conferita a qualsias i sacerdote o diacono iCommunicationes, a.
1971, p. 79).
4082 3° La delega, perché sia valida, dev 'essere conferita espressamente e a persone
determinate.
Detega esp ressa, con un allo positivo, esplicito o implicito: espliclto, con parole. scritti o
segni equivalenti, che direttamente e formalmente concedono la facoltà di assistere al matrimonio;
implicito. con parole o alli in cui la detta concessione è chiaramente sottintesa: se un parroco. ad
esempio, consegna al suo vicario la pratica matrimoniale di una coppia o il registro dei matrimoni.
se assiste il sacerdote all'altare, durante il rito di celebrazione , ecc .
Non basta pertanto:
- Una delega tacita. di pura tolleranza, con esclusione di qualsiasi segno esterno. da cui si
possa dedurre con chiarezza la concessione della delega
- Una delega presunta , supposta per semplice congettura
- Una delega interpretativa, che si pensa sarebbe stata concessa in determina te circostanze
Delega a persone determinate: la delega generica o indeterminata - per esempio: il sacerdote
che domenica verrà a celebrare la Messa, il sacerdote scelto dagli sposi, ecc. - non ha valore.
Vale invece la delega fatta a due o più persone ai sensi del can. 140. § I, applicando per altro
il principio della "prevenzione".
4083 4° La delega generale dev'essere data in iscritto: la norma, probabilm ente , è "ad
validitatem", poich é l'in ciso ini ziale : «ut valida sit dele gatio fac ultatis ass istendi
matrim oniis», sembra comprendere l'intero paragrafo".
5° La delega speciale è quell a confe rita per uno o più matrimoni determinati: è

(, Si deduce anche dalla formulazione del can. 313, § 2, contenuto nello schema del 1975:
«Delegarlo facultatis assistendi mntrimoniis, ut valida sit, dererrninatis personis expresse. immo si
dc delegatione generali agitur, scripto dari debet» (Commun icationes, a. 1978, p. 88). Si deduce
similmente dalla discussione che ebbe luogo fra i Consultori nella seduta dell' Il novembre 1970
(Communicationes, a. 1976, p. 41. can, 1096. § 2).
Iì maìrimoni o 367

opportuno che anche questa sia data in iscritto. almeno nei casi in cui il delegante non
sia presente alla celebrazione del matrimonio. È valida, comunque, la delega orale,
anche se data per telefono (Communicationes, a. 1983. p. 235. can. 1065, ad 2).
6° In circostanze speciali, la delega può essere conferita anche a dei semplici laici 4084
- uomini e donne - ma solo dal Vescovo diocesano, non da altri Ordinari del luogo,
molto meno dai parroci, e alle seguenti condizioni:
- Che nella località in cui il matrimonio viene celebrato, i ministri sacri (sacerdoti
o diaconi) manchino effettivamente?
- Che il Vescovo diocesano si munisca previamente del voto favorevole della
Conferenza Episcopale (se gli è negata, potrà presentare ugualmente la sua domanda alla
Santa Sede, esponendo le sue ragioni).
- Che ottenga la licenza della Santa Sede" ,
Ovviamente il laico non ha la facoltà di dispensare da eventuali impedimenti . Tale facoltà, in
pericolo di morte e nel caso urgente (cum iam omnia sunt parata ad nuptiasy compete, a determi-
nate condizioni, solo al ministro sacro (cann. 1079, § 2, e 1080).
È superfluo notare che il laico, anche se sia stato delegato in forma generale, non può
suddelegare la facoltà ricevuta, né il Vescovo può autorizzarlo in tal senso. La facoltà che riceve
il laico è strettamente personale.
Per evidenti ragioni pastorali, si prescrive "ad liceitatem" di scegliere un laico
idoneo, capace di preparare gli sposi catechisticamente e spiritualmente, e di celebrare
in modo debito la liturgia matrimoniale",
Il rito da osservare dall'assistente laico è contenuto nella lstr, della S. Congregazione per il 4085
Culto Divino in data 1974 : X. OcHOA, Leges Ecclesiae, V, n. 4349 , coli. 6954-6956.

5) Supplet Ecclesia 4086


Il principio della supplenza della potestà di governo da parte della Chiesa nell'er-
rore comune e nel dubbio positivo e probabile, sia di diritto che di fatto, ai sensi del can.
144, § l (nn. 1014-(023), vale anche per l'assistenza canonica ai matrimoni , a termini
del can. 144, § 2. Cfr. n. 4070.
Una tale norma esisteva anche prima, in forza del can. 209 del Codice precedente,
che ha avuto una interpretazione autentica dalla Pontificia Commissione per l'interpre-
tazione del Codice, in data 26 marzo 1952 (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, Il, n. 2273, col.
3029 . n. V).

, È sufficiente anche l'impedimento dei ministri sacri, a causa del regime di persecuzione
esistente nel paese: cfr. Cost. conco Lumen Gentium, n. 35, 4.
, Facoltà del genere erano state già concesse da alcuni anni dalla Santa Sede a Ordinari di
varie regioni: cfr. Communicationes. a. 1978, p. 92, seduta del 18 ottobre 1977.3° cpv.; a. 1983,
p. 236, can. 1066.
" Nella lstr. Sacramentalem indolem della S.C. per la disciplina dei Sacramenti. 15 maggio
1974 (Enchir. Vat., voI. 5, p. 294 ss.), si dà questa norma (n. 3. b) :
- L'Ordinario in persona, esclusa qualsiasi delega, scelga il fedele cattolico per svolgere
questa funzione. Può essere designata soltanto una persona degna solto ogni punto di vista, dcbi-
tamente preparata. che non sia mossa da alcun interesse personale, che sia inoltre capace di dare
una opportuna istruzione ai futuri sposi e sia in grado di presenziare alla celebrazione secondo il
rito stabilito dalla S.C. per il Culto Divino. in modo che ne risulti chiaramente il significato
spirituale, Il laico prescelto avrà cura di redigere un regolare documento dell'alto compiuto, ossia
della celebrazione delle nozze, con le firme degli sposi, dei testimoni e dello stesso assistente.
Provvederà similmente di persona a compiere le formalità civili che sono da osservare quando il
matrimonio viene celebrato alla presenza dell'Ordinario del luogo o del parroco. o dci sacerdote
o diacono delegato .
368 LIBRO IV • Il "munus sanctificuudi' della Chiesa

CAN. 1113· Antequam delegatio Prima di conferire una delega speciale,


concedatur specialis, omnia pro- si deve adempiere tutto ciò che il diritto
videantur, quae ius statuit ad Ii- stabilisce per comprovare lo stato libero
bertatem status comprobandam. dei contraenti.
CAN. 1114 • Assistens matrimo- Chi assiste al matrimonio agisce illcci-
nio iIIicite agit, nisi ipsi constiterit tamente, se non gli consti dello stato libe-
de libero statu contrahentium ad ro dei contraenti a norma del diritto e, se
normam iuris atque, si fieri potest, è possibile, della licenza del parroco, ogni
de Iicentia parochi, quoties vi dele- volta che assiste in virtù di una delega
gationis generalis assistit. generale.
CAN. 1115 - Matrimonia cele- I matrimoni siano celebrati nella parroc-
brentur in paroecia ubi alterutra chia in cui una delle parti contraenti ha il
pars contrahentium habet domici- domicilio o il quasi-domicilio o vi dimori
Iium vel quasi-domicilium vel di fatto da un mese, oppure, trattandosi di
menstruam commorationem, aut, girovaghi, nella parrocchia in cui si trova-
si de vagis agitur, in paroecia ubi no attualmente; con la licenza del proprio
actu commorantur; cum Iicentia Ordinario o del proprio parroco, il matri-
proprii Ordinarii aut parochi pro- monio può essere celebrato altrove.
prii, alibi celebrari possunt.

Il principio si applica all'Ordinario del luogo, al parroco, a qualsiasi presbitero o diacono. È


applicabil e anche al laico, di cui al can. 1112? Riteniamo di sì, perché la norma è di carattere
generale e il caso potrebbe effettivamente accadere :
- Se, ad esempio , il detto laico dubitasse se le facoltà ricevute fossero o no scadute
- Se le sue facoltà fossero realmente scadute, e nella comunità in cui egli ha assistito per
più tempo ai matrimoni, un talc fatto fosse ignorato e, per errore comune, tutti ritenessero che egli
sia munito ancora delle facoltà concessegli dal Vescovo .

4087 6) Il debito accertamento dello stato libero dei contraenti


1113·1114 (1096, § 2; /097, § t. n. / *) Il can. 1113 è una conferma del can. 1066,
il quale prescrive che, prima di procedere alla celebrazione del matrimonio, si deve
constatare con certezza (non bastano le congetture e i semplici elementi negativi) che
nulla si oppone alla validità e alla liceità della detta celebrazione. Questo compito spetta
al parroco a cui tocca assistere al matrimonio, a termine del can. 1115.
4088 Poiché la responsabilità del matrimonio è anche del sacerdote o diacono che assi-
stono effettivamente al matrimonio in forza della delega ricevuta, il can. 1114 fa ad essi
obbligo di non procedere alla celebrazione se non siano del tutto certi dello stato libero
dei contraenti. Chi ha ricevuto una delega generale, è tenuto per sé ad informare il
parroco del matrimonio da celebrare e ad averne il benestare, «ne in paroecia
matrimonia inscio parocho celebrentur» (Communicationes, a. 1971, p. 79, IO cpv.; cfr.
anche a. 1978, p. 91, can. 3 J6).

4089 7) La parrocchia della celebrazione IO


1115 (1097, §§ /-2 *) S'è già rilevato (can. 1109) chc qualsiasi parroco assiste
validamente ai matrimoni celebrati nell'ambito della sua parrocchia (intra fincs sui

IO Parrocchia come territorio giurisdizionale , non come chiesa parrocchiale. che viene consi-

derata nel can, 1118.


Il matrimonio 369

CAN. 1116· § 1. Si haberi veladiri § 1. Se non si possa avere né raggiun-


nequeatsine gravi incommodoassi- gere senza grave incomodo l'assisten te
stens ad normam iuris competens, competente a norma del diritto, coloro che
quiintenduntverummatrimonium intendono contrarre un vero matrimonio
inire, illud valideac licitecoram so- possono contrarlo validamente e Iccita-
lis testibus contrahere possunt: mente in presenza dei soli testimoni :
I? in mortis periculo; IO in pericolo di morte ;
20 extra mortis periculum, dum- 20 fuori del pericolo di morte , purché si
modo prudenter praevideatur ea- preveda prudentemente che tale stato di
rum rerum condicionem esse per cose si protrarrà per un mese.
mensem duraturam. § 2. In entrambi i casi, se è disponib ile
§ 2. In utroque casu, si praesto un altro sacerdote o diacono che possa
sit alius sacerdos vel diaconus qui essere presente , dev 'essere chiamato per-
adesse possit, vocari et, una cum ché assista, insieme con i testimoni , alla
testibus, matrimonii celebrationi celebrazione del matrimonio, salva restan-
adesse debet, salva coniugii valì- do la validità del matrimonio contratto
ditate coram solis testibus. dinanzi ai soli testimoni.

territorii). Vi sono tuttavia delle norme da osservare in ordine alla liceità. Solto tale
aspetto, la parrocchia che i contraenti possono scegliere per il loro matrimonio libera-
mente, po iché nessuno dei parroci possibili ha "ex iure communi" diritto di preferenza:
- È la parrocchia in cui gli sposi o almeno uno di essi ha il domicilio (can. 102,
§ I ) o il quasi-domicilio (can. 102, § 2) o vi dim ori di fatto da un me se" . È soppressa
la preferenza che nel Codice precedente s i dava alla parrocchia della sposa c, nel caso
di rito mi sto, alla parrocchia dello sposo (can. 1097, § 2, Codice 1917; c fr. Communi-
cationes, a. 1976, pp . 55-56).
- Tratt andosi di girovaghi , ossia dei "vag ì" , che non hanno in a lcun luo go il
domicilio o il qu asi -domicilio, il parroco del loro matrimonio è per sé il par roco dell a
parr occhia in cui si trovano attualmente (cfr. anche can. 107, § 2).
Con la licenza del proprio Ordinario o del proprio parroco, il matrimonio può essere 4090
ce le b ra to altro ve (a libi) , ossia in altra parrocchia. Per e videnti motivi pa storali,
«fave nd um est ut, qu antum fieri pos sit, matrimonia in propria communitate paroeciali
celebrentur» (Communicationes, a. 1978, p. 91. can. 3 17, ultimo cp v.).
La dett a licen za non è da confondere con la delega di cui ai cann. 1108 e 1111.

3. La forma straordinaria 4091


1116 (1098*) Negli ordinamenti statual i, la forma della celebrazione del matrimo-
nio civile stabilita dalla legge, ha carattere di rigidità e d'inderogabilità. Non così nel-

" La dimora di un mese (menstrua commoratio) s'intende la dimora jlsic«, moralmente con-
tinuata, per lo spazio di un mese. L'interruzione notevole di molti giorni, anche se si ha
l'intenzione di tornare. interromperebbe tale dimora mensile e bisognerebbe calcolarla "ex novo":
«Cuique pater interruptionem trium hebdomadarum esse interruptionem norabilem, quae dcstruit
continuitatem moralem prioris menstruae commorationis sponsae in paroecia» (lstr, Congregazione
dei Sacramenti, 28 gennaio 1916: AAS, a. 1916. p. 64).
La "menstrua commoratio" deve inoltre precedere immediatamente la celebrazione dci matri-
monio (S.c. dei Sacramenti, ibidem). Non è però necessaria un'abitazione propriamente detta:
basta anche la semplice dimora a titolo di ospite. di studio, di villeggiatura. ecc.
370 LIBRO IV. Il "rnunus sanctificundi" dellaChiesa

l'ordinamento della Chiesa, che, mossa da motivi pastorali, dimostra una maggiore
flessibilità, allo scopo di venire incontro a particolari situazioni dei fedeli e provvedere
in tal modo al bene delle anime'. Accanto alla forma ordinaria determinata nel can.
1108, esiste pertanto nella legislazione canonica una forma straordinaria di matrimonio,
celebrato alla presenza dei soli testimoni, senza l'intervento del ministro sacro compe-
tente, che vi assista "nomine Ecclesiae" (can. 1108, § 2). Anche questo matrimonio -
che può essere quello celebrato civilmente (Communicationes a. 1978, p. 95, can. 318)
- è lecito e valido canonicamente, se i contraenti hanno l'intenzione di celebrare un
vero matrimonio (qui intendunt verum matrimonium inire), sempre che si verifichino le
seguenti condizioni:
4092 I ° Occorre anzitutto che l'assistente competente a norma di diritto- non possa
raggiungersi, né nella propria parrocchia né in una parrocchia vicina, o perché fisica-
mente assente, o perché questo comporterebbe un "grave incomodo". L'incomodo gra-
ve, fisico o morale, può essere sia da parte degli sposi che dell'assistente qualificato
(Pont. Commissione per l'interpret. del Codice, 3 maggio 1945, n. 2: X. OCHOA, Leges
Ecc/esiae, II, n. 1832, col. 2291; cfr. anche Communicationes, a. 1978, p. 94, can. 318).
E questo può verificarsi anche nel caso che l'assistente sia materialmente presente (Pont.
Comm. per l'interpr. del Codice, 25 luglio 1931 e Congregazione dei Sacramenti 24
aprile 1935: Leges Ecc/esiae, I, n. 1043, col. 1341; n. 1270, col. 1620).
4093 2° Deve trattarsi di pericolo di morte o di fondata previsione che il suddetto stato
di cose (impossibilità di adire senza grave incomodo l'assistente competente) si pro-
trarrà per un mese.
Il pericolo di morte può provenire da qualsiasi causa, e può riguardare tutt' e due i contraenti
o anche uno solo di essi. Non è necessario che sia imminente o certo: è sufficiente che sia prossimo
e fondatamente probabile, anche se poi i fatti smentiscano una tale supposizione.
Anche il timore che lo stato di cose si protragga per un mese dev'essere fondato. Non basta,
a tal riguardo, la semplice assenza del parroco o di altro assistente qualificato o il loro grave impe-
dimento: è necessario che di tale assenza o impedimento e del loro protrarsi per un mese, si abbia
una fondata prudente previsione: «dùmmodo prudenter praevideatur earum rerum condicionem esse
per mensem duraturam»:'. Se poi il parroco o l'altro assistente tornassero o fossero disponibili prima
del previsto, il matrimonio celebrato resta ovviamente valido a tutti gli effetti.
4094 3° I testimoni. È sufficiente "ad validitatem" la presenza dei due soli testimoni,
capaci, come s'è già detto, di testificare circa l'avvenuto matrimonio. Se tuttavia sia
possibile l'intervento di altro sacerdote (altro, nel senso che non sia munito di delega)
o di un diacono, "ad liceitatem" i contraenti son tenuti a chiamarlo.

l In Italia, l'unica forma di celebrazione del matrimonio civile è quella determinata dall'art.

107 del Codice Civile, riconfermato nell'art. IO della Legge 19 maggio 1975, n. 151, relativa alla
riforma del Diritto di Famiglia: «Nel giorno indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla
presenza di due testimoni, anche se parenti, dà lettura degli articoli 143, 144 e 147, riceve da
ciascuna delle parti personalmente, l'una dopo l'altra, la dichiarazione che esse si vogliono pren-
dere rispettivamente in marito e moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio.
- L'atto di matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la celebrazione».
, Tale assistente può essere anche il laico debitamente autorizzato a norma del can. 1112: "Si
adest laicus de quo in can.I066 (l'attuale can. 1112), scil, delegationcm habens ad assistendum
matrimonio, applicari nequit forma extraordinaria, quia iIIe laicus est assistens ad normam iuris
competens» (Communicationes. a. 1983, p. 237, can. 1071, § 2).
.1 È rimasta, così, attenuata la Risposta della Pont. Comm. per l'lnterpret. del Codice, IOnov.

1925, n. VIII, che richiedeva con maggiore severità «la certezza morale per la notorietà del fatto
o per una seria indagine» (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, I, n. 673, col. 780). La formula della detta
Commissione non fu accettata dal Gruppo di Studio "De matrimonio", che preferì attenersi al testo
del can. 1098, n. I, del Codice del 1917 (Communicaliones. a. 1976, p. 55).
Il matrimonio 371

CAN. 1117 - Statuta superius for- La forma precedentemente stabilita de-


ma servanda est, si saltem altero- v'essere osservata se almeno una delle
tra pars matrìmonium contrahen- parti contraenti sia stata battezzata nella
tium in Ecc1esiacatholiea baptiza- Chie sa cattolica o sia stata ricevuta in
ta veI in eandem recepta sit neque essa , né da essa abbia defezion ato con
aetu formali ab ea defeeerit, salvis atto formale , salvo restando quanto è sta-
praeseriptis can. 1127, § 2. bilito nel can. 1127, § 2.

A termine del can. 1098, n. 2, dci Codice precedente, il sacerdote così presente aveva pro- 4095
babilme nte la facoltà dele gata "a iure" per assistere canonicamente al matrimonio. Nel nuov o
Codice, il verbo "assistere" è stato sostituito con "adesse'", per cui si dovrebbe ritene re che il
sace rdo te o diacono presenti non abbiano più la facoltà di chiedere e accettare il consenso degli
sposi in nome della Chie sa: una modificazione piuttosto strana. pastoralmente e gi uridicamente,
della norma preced ente. I dett i ministri hanno comunque in pericolo di morte, a norm a del ca n.
1079, ~ 2, e alle cond izioni ivi prescritte, la facoltà di dispen sare da eventuali impedimenti di diritt o
ecclesiastico. occulti e pubbli ci, «eccettuato l'impediment o deriv ante dall' ordine sacro del presb ì-
terato» (cfr. can . 1079 e il relativo co mmento). La presen za del ministro sacro ha inoltre lo sco po
di ass icurare la retta celebraz ione del matrimonio, di pome in eviden za il carattere religio so c
d'impartire agli spo si la benedizione nuzial e. In caso di necess ità, il ministro sacro può anche essere
uno dci due testimoni richiesti dal canone.
Nel caso che a l matrim onio celebrato nella forma strao rdinaria. dinanzi ai soli testimoni , si 4096
opponesse un impedimento, qual è il suo valore giuridico ? Riportiamo il parere di un Maestro , il
P. Felice Cappello:
- Si validitati mat rimon ii obs te t impedimentum iur is ec c lesiastic i, sup er qu o Ecclesia
solet dispensare, et desit sacerdos, qui di spenset, coniugium, salte probabiliter, potest , urgent e
revera gravissi ma necessitate, valide contrahi, non quid em vi esplicitae disp en sation is, sed vi
cessat ioni s legis ec clesiastic ae , in co nflictu cum lege naturali » (De matrim onio, ed . 1961 , p.
625, n. 692, 4).
4° La manifestazione del consenso. Non è richiesta alcuna formalità: è sufficiente 4097
che gli sposi manifestino esternamente davanti ai testi la loro volontà di contrarre
matrimon io, né è necessario che i testi rivolgano loro le domande di rito. Nulla per altro
vieta che essi domandino agli sposi quale sia la loro volontà. Sarà opportun o comunque.
che i Vescovi diocesani c, a livello nazionale, le Conferenz e Episcopali diano diretti ve
a tal riguardo, in modo che anche la celebraz ione del matrimonio alla presenza dei soli
testimoni, rivesta un carattere sacro e religioso.

4. Norme ulteriori

I) Le persone soggette allaforma canonica 4098


1117 (1099 *) II canone contiene una delle innovazioni di maggiore rilievo circa la
normativa sul matrimon io, resa possibile dal nuovo spirito ecumen ico del Concilio
Vaticano II.
Nella legislaz ione anteriore, l'obbligo della forma canonica riguard ava tutti i cat-
tolici, sia quelli battezz ati nella Chiesa cattolica sia quelli convertiti dall'eresia o dallo
scis ma, anche se poi avesse ro defe zionato da essa, secondo il principi o: «Semel
catholicus, semper catholicus», Non vi erano soggetti gli acattolici, battezz ati o non

, Il verbo "as sistere" è però ri fe rito nel can. 1079, ~ 2, anche al sacerdote e al diac ono di cui
nel can. 1116, § 2).
372 LIBROIV - Il "munus sanctificandi' della Chiesa

battezzati, quando contraessero matrimonio fra di loro'. Nella nuova legislazione, il


principio che regola l'impedimento di disparità di culto (can. 1086, § I), è applicato
anche all'obbligatorietà della forma canonica:
- Son tenuti "ad validitatem" alla forma canonica determinata dal diritto, tutti i
cattolici che siano stati battezzati nella Chiesa cattolica o che dopo il battesimo ricevuto
in una Chiesa o in una comunità separata siano stati accolti in essa, sia che contraggano
matrimonio fra di loro sia con una persona non battezzata o non cattolica, purché non
abbiano defezionato dalla Chiesa cattolica con atto formale'. Resta per altro salvo quan-
to è stabilito nel can. 1127, circa la forma dei matrimoni misti, contratti fra una parte
cattolica e una parte non cattolica, ma battezzata, di rito orientale.
Conseguentemente, un cattolico che si sia separato formalmente dalla Chiesa non è tenuto alla
forma canonica (ordinaria e straordinaria), se contrae matrimonio:
- Con una parte non battezata
- Con una parte battezzata non cattolica
- Con una parte che si trova nella sua stessa condizione
Vi è tenuta invece, se contrae matrimonio con una parte battezzata cattolica, salva, come s'è
già accennato, la disposizione del can. 1127, § 2.
Per il significato di defezione formale, cfr. il commento al can. 1086.
4099 La dispensa dalla forma canonica è riservata alla Santa Sede, salva la facoltà
dell'Ordinario di cui ai cann. 1079 (pericolo di morte), 1127, § 2 (matrimoni misti),
1129 (matrimoni con dispensa dall'impedimento di disparità di culto), 1161, § 1, e 1165
(sanazione in radice). Tale facoltà, "urgente mortis periculo", ma solo "pro casibus in
quibus ne loci quidem Ordinarius adiri possit" (can. 1079, § 2), è concessa anche al
parroco, al ministro sacro debitamente delegato e inoltre al sacerdote o diacono che
assistono al matrimonio a norma del can. Il 16, § 23•
4100 L'esenzione dalla forma canonica stabilita nel can. 1117 per i cattolici che abbiano defczio-
nato dalla Chiesa con atto formale, non li esime dali' osservanza delle altre norme prescritte in
materia matrimoniale. A termine del can. II, essi restano soggetti a tutte le leggi ecclesiastiche,
tranne che sia disposto diversamente, e le sole disposizioni contrarie son quelle contenute nel citato
canone 1117, riguardante la forma canonica, e nei cann. 1086 (esenzione dall'Impedimento di
disparità di culto) e 1124 (matrimonio misto).

I A termine del can. 1099, § 2, del Codice del 1917, non vi erano obbligati neppure i figli
di acattolici, che, pur battezzati nella Chiesa cattolica, fossero stati allevati sin dall'infanzia nel-
l'eresia o nello scisma o in una religione non cristiana (in infidelitate), oppure fossero cresciuti
senza alcuna religione "quories cum parte acatholica contraxerint". Ma questa norma fu abolita da
Pio XII col M.P. Ne tèmere del IO agosto 1948 (X. OcHOA, Leges Ecclesiae, Il, n. 2006, col. 2510).
, Nello schema originario la formula era più ampia: «nec actu formali aut notorie ab ea
defecerit», Nella seduta del 19 ottobre 1977 il "notorie" venne soppresso ad unanimità, poiché in
contrasto col can. 283 (l'attuale can. 1071, § I, n. 4). In effetti, da tale canone, che vieta - senza
la licenza dell'Ordinario del luogo "excepto casu necessitatis" - di assistere al matrimonio di chi
abbia abbandonato notoriamente (non formalmente) la fede cattolica, risulta indirettamente che egli
è soggetto alla forma cattolica (Communicationes, a. 1978, pp. 96-97, can. 319 cfr. anche a. 1971,
p. 80, 2° cpv., e a. 1976, p. 60, righi IO-II).
) Durante i lavori di revisione del Codice di Diritto Canonico, venne proposto da alcuni
(paucissirni tamen) di concedere agli Ordinari dei luoghi la facoltà di dispensare dalla forma
canonica, riservata alla Santa Sede in forza del M.P. De Episcoporum muneribus di Paolo VI, in
data 15 giugno 1966, n. X, 17 (Enchir. Vat., voI. 2, p. 689, n. 735). La proposta non fu accolta dai
Consultori. per gli abusi che ne sarebbero potuti derivare (Communicationes. a. 1978, p. 97. can.
319, § I, ultima parte; cfr. anche a. 1976, p. 65, 2° cpv.).
Per la Risposta data in merito dalla Pont. Comm. per l'interpretazione del Codice. v. n. 616,
nota 2.
Il matrimonio 373

CAN. 1118- § 1.Matrimonium in- § 1. Il matrimonio tra cattolici o tra una


ter catholicos vel inter partem ca- parte cattolica e l'altra non cattolica bat-
tholicamet partcm non catholicam tezzata, sia celebrato nella chiesa parroc-
baptizatam celebretur in ecclesia chiale; in altra chiesa o oratorio può esse-
paroeciali; in alia ecclesia aut ora- re celebrato con la licenza dell 'Ordinario
torio celebrari poterit de Iicentia del luogo o del parroco .
Ordinarii loci vel parochi,
§ 2. Matrimonium in alio conve- § 2. L'Ordinario del luogo può anche
nienti loco celcbrari Ordinarius permettere che il detto matrimonio venga
loci permitterc potest. celebrato in un altro luogo conveniente.
§ 3. Matrimonium inter partem § 3. Il matrimonio tra una parte cattoli-
catholicam et partem non baptiza- ca e l'altra non battezzata potrà essere
13m in ecclesia vel in alio conve- celebrato in una chiesa o in un altro luogo
nienti loco celebrari poterit. conveniente.

Certamente, ciò costituisce un importante pass o avanti, ma forse non è sufficiente. poi ché
lascia sen za rispo sta molte situazioni delicate . [n effetti, se il principio della "esenzione " . po sto
per venire incontro pastoralmente a coloro che si siano distaccati formalmente dalla Ch ie sa
cattolica. rim ane circoscritto ai soli tre canoni acc ennati, numerosi altri problemi resteranno
senza soluzione. Occorreva forse estendere [' applicazione del detto principio ad alt re norme,
in particolare agl'impedimenti matrimoniali di carattere ecclesiastico, come pur era stato de-
liberato dal Gruppo di Studio "De matrimonio" (Conimunicationes. a. 1973, p. 72, 3° cpv.; a.
1975, p. 3R, 2° cp v.), Il relativo canone 263 venne però successivamente soppresso (COl1ll1llt -
nicationes, a. 1977 . p. 36. can . 263).
Senz a dub bio, l' esenzion e non può riguardare l'impedimento derivante dall'ordine sac ro e
forse neppure da quello originato dal voto pubblico perpetuo di cast ità, ma per tutti gli altri è forse
opportun o sta bilirla, com e s'è fatto per l'impedimento di disparità di culto (can. ID86). Ovv iarnen-
te, bisogner à co ntinuare ad aver cura di queste persone che non fanno più parte della Chiesa,
svolgendo per esse una pastorale appropriata, ma questo cos tituisce un problema diverso da quell o
giuridico, che attende una propria adeguata soluzione.

2) Il luogo della celebrazione 4101


1118 (1109 * ) Il matrimonio è per i cristiani un sacramento. La sua celebrazione fra
cattolici o anche fra una parte cattolica e l' altra non cattolica battezzat a, dev'essere per
sé comp iuta in un luogo sacro e inserita in un rito liturgico. al quale partecipi l' intera
comunit à ecclesiale.
1118, § l Di regola nella chiesa parrocchiale, anche in rispondenza col can. 530.
che enumera l'assistenza ai matrimoni tra le funzioni demandate in modo special e al
parroco. La detta chiesa è la sede propria della comunit à parrocchiale, chiamata a par-
tecipare attivamente alla pastorale matrimoni ale.
Con la licenza o autorizzazione dell'Ordinario del luogo o del parroco, anche in
altra chie sa o oratorio", Ovviamente, se la chiesa o l'oratorio sono fuori della circoscri-
zione territoriale dell'Ordinario o del parroco , è necessaria la delega del parroco o
dell'Ordinario del luogo, per poter assistere validamente al matrimonio.
1118, § 2 Con la licenza dell'Ordinario (non del parroco), anche in un luogo 1l01l

4 Si noti : il parroco può autorizzare la celebrazi one del matrimonio "in altra chiesa o orato-
rio". ma non in una cappella privata (cann . 1226 e 1228). Per le cappelle private. la competen za
è solo dell'Ord inario del luogo : si appli ca cioè il § 2 del canone.
374 LIBR O IV . Il "mun us sanctificandi" delta Chiesa

CAN. 1119- Extra casum necessi- Fuori del c a so di nece s sità , n ell a cele-
tatis, in matrimonii celebratione b razi one d el matrim onio si osservino i riti
serventur ritus in libris liturgicis, prescritti nei libri liturg ici a p p rovati dalla
ab Ecclesia probatis, praescripti Chie sa, o recepiti p er legittim e con s uet u -
aut legitimis consuetudini bus dini.
recepti,

sacro, purch é dec oro so ; non so no escl use le case priv ate (Communicationes. a . 1978 p.
104, can. 329, § 2). Si richied e un a causa gra ve? Du rante i la vori d i redazione del nu o vo
Co dic e, fu proposto da alcuni di aggiungere fo rmalmente la cl a usol a limitat iva dell a
" g ravi ex causa". M a i C on sult ori non lo ri te nne ro o pportuno, pensando c he fosse
com pi to dell 'Ordinario valutare ne i singoli i m ot ivi addot ti e dec id e re. secondo la sua
prude nza, se concede re o negare l' autorizzazion e a celebra re il matri monio fuori del
luogo sacro (Communicationes, a. 1978, p. 104, ca n. 329).
4102 Non si fa più cen no nel nuovo Codice alle chiese e agli oratori dei semi nari e alle case delle
religiose, in cui e ra per sé vietata la celebrazione dei matrimoni, tranne che l'O rdinario, per motivi
di necessità e con le dovute ca utele (urgente necessitate ac opp ortun is ad hibitis ca ute lis), co ncedes-
se la sua autorizzazione. Il divieto è pertanto da considerarsi abrogato' .
4103 1118, § 3 Trattandosi invece del m atrimonio tra un a parte catto lica e l'altra non
battezzat a (con dispensa dall 'im ped im ento di disparità di culto ), esso pu ò celebrarsi
in c hiesa o in un altro luogo co nveniente (Communication es, a. 1983, p. 237 can.
107 3, § I), né si richiede a lc un per messo.
4104 Qu anto al giorno o al tempo de lla ce le bra zio ne , non esistono limita zioni d a parte
de l d ir itt o comune. 11 can. 328 dell o Sch ema 1975: «Matrimoniurn qu olibet a nn i
tem po re contra hi potest, secun d u m probatos libros liturgicos», venne soppr esso co me
su perfluo (Comm unicationes , a. 1978, p. 103, can. 328). Sar anno perta nto i Vescov i
diocesani a detta re norme al rig uardo , se lo riten gano opport un o.
L' Ordo celehrandi matrimonium del 19 marzo 1969 vieta di celebrare il matrimonio nel
tJiduo pasquale: giovedì, venerdì e sabato santo (nn. 63-64).

, Decreto Generale della CEI, 5 nov. 1990, nn. 23-2 4. - La parrocchia della celebrazione
delle nozze è di norma quella nella quale i nubendi sono inseriti a norma del can. 1115.
Per motivi di necessità o di convenienza pastorale, il matrim onio potrà essere celebrato in
altre parrocchie. In questo caso , il parroco, che ha svolto l' istruttoria matrimoniale. dia licenza
all'al tro parroco trnsmertendo soltanto l' attestato riassuntivo dei doc umenti necessa ri e il nulla osta
rilasciato dal com une.
Se è destinato a un parroco di altra diocesi, l' attestato riassunt ivo sarà vidimato dalla cancel-
leria della Curia diocesan a di provenienza.
Nell'a mbito della stessa diocesi, questa vidimazione è necessaria soltanto se le disposizioni
del diri tto particolare la prevedono. Non si tralasci, in ogni caso, di dare al parroco nella cui
parrocchia si celebrerà il matrimonio sufficie nti e chiare indicazioni, affinché possa notificare
l' avvenut a celebrazione del matrimonio al parroco che ha dato la licenza e a quello della parrochia
di battesimo degli sposi, quando fosse diversa da quella in cui è stata istituita la pratica.
La celebra zione delle nozze si svolge no rmalmente nella chi esa parrocchia le. Con il per-
messo dell'Ordinario del luogo o del parroco potrà compiersi in altra chiesa od o rato rio (cfr.
can. 1118, § I).
Soltanto in presenza di particolari ragioni pastorali, l'Ordinario del luogo può permettere che
il matrimonio sia celebrato in una cappella privata o in un altro luogo conveniente (cfr. can, 1118,
§ 2; 1228).
L' Ordinario del luogo può vietare la celebrazione di matrimoni in una chiesa non parrocchiale
qualora a suo giudizio essa nuoccia al ministero parrocchiale (cfr. ca nn. 121 9: 558 -559) (Enchir.
CEI, voI. IV. nn. 2637-2638).
Il matrimonio 375

CAN. 1120 - Episcoporum confe- La Conferenza Episcopale può compila-


rentia exarare potest ritum pro- re un proprio rito del matrimonio, da sot-
prium matrimonii, a Sancta Sede toporre alla revisione della Santa Sede, ri-
recognoscendum, congruentem spondente agli usi locali ed etnici adattati
locorum et populorum usibus ad allo spirito cristiano, ferma per altro re-
spiritum christianum aptatis, fir- stando la norma che chi assiste al matri-
ma tamen lege ut assistens matri- monio, presente personalmente, chieda e
monio praesens requirat manife- riceva la dichiaraz ione del consenso dei
stationem consensus contrahen- contraenti.
tium eamque recipiat.

3) Il rito prescritto e la competenza della Conferenza Episcopale 4105

1119-1120 (l1oo *) Nella celebrazione del matrimonio, come di tutti gli altri sacra-
menti (can. 846 , § I), sono da osservare i riti prescritti nei libri liturgici, approvati dalla
Chie sa o recepiti per legittima consuetudine. In caso di necessit à (pericolo di morte.
urgenza per altri moti vi), il rito matrimoniale può essere ridotto alla parte essenziale . La
f orma liturgica non va infatti confu sa con laf orma giuridica: la prima è "ad Iiceitatem" ,
la second a "ad valid itatem " .
Il libro liturgico, emanato dalla Congregazione dei Riti in data 19 marzo 1969, in ediz ione
tipica. per la Chiesa univer sale, è l' Ordo celebrandi matrimonium, entrato in vigore il ( 0 luglio
success ivo.

Spetta alle Conferenze Episcopali - secondo la deliberazione conciliare, contenuta


nella Cos t. Sacrosanctum Concilium, n. 77 - compilare un proprio rito del matrimonio,
da sottoporre alla revision e della Santa Sede, rispondente agli usi locali ed etni ci armo-
nizzati con lo spirito cristiano, ferma per altro la norma del can . 1108, § 2, che chi
assiste al matrimonio chieda e ricev a di person a (praesens), in nome della Chies a. la
dichiarazione dcI consenso dei contraenti.
/I rito matrimoniale in vigore in Italia dal l ° gennaio 1976, è stato emanato dalla 4106
CEI in data 30 marzo 1975.
Sono previsti tre cas i:
I ° Matrimonio f ra due cattolici: «La celebrazione in via ordinaria si deve comp iere durante
la Messa; tutta via per una giusta causa si può celebrare senza la Messa, anzi, in qualche circostanza
è consigliabile omettere la celebrazione dell'Eucaristia» (n. 8).
2° Matrimonio fr a un cattolico e Wl battezzato non cattolico: Per sé si deve usare il rito del
matrimonio senza la Messa (nn. 40-57) . Se poi la circostanza lo richiede, si può, con il consenso
dell'Ordinario del luogo , usare il rito del matrimonio durante la Messa (nn. 21-39) , omettendo la
comun ione di quello che tra gli sposi non è cattolico, perché tale comunione non è consent ita dalla
legge generale» (n. IO, l° comma).
3° Matrimonio fra un cattolico e un non battezzato: La celebrazione ha luogo senza la Messa ,
ma con la Liturgia della Parola. secondo il rito riportato ai nn. 58-72 (n. IO, 2° comma).
Da notare. In Italia, con i nuovi Accordi intervenuti tra la Santa Sede e la Repubblica 4107
Italiana il 18 febbraio 1984, è stata confermata l'obbligatorietà per il parroco o per il suo
delegato di dar lettura. dopo la celebrazione del matrimonio, degli arti coli del Codice Civile
riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi (art . 8, I ° comma). Tale lettura è richiesta per la
trascrizione dei matrimoni religiosi nei registri di stato civile e per il relat ivo riconoscimento
agli effett i civili. Nel caso che l'atto matrimoniale non contenga la menzione della eseguita
lettura dei detti articoli , l'ufficiale di stato civile sos pe nde la trascrizione e rinv ia l'atto al
parroco, per la regolarizzazione,
376 L1BI{O IV - Il "mumts sanctificundi" della Chiesa

CAN. 1121 • § 1. Celebrato matri- § I. Celebrato il matrimonio, il parroco


monio, parochus loei celebrationis del luogo della celebrazione o chi ne fa le
vel qui eius vices gerit, etsi neuter veci , anche se nessuno dci due vi sia stato
eidem astiterit, quam primum àd- presente, segni al più presto nel registro
notet in matrimoniorum regestis dei matrimoni i nomi dei coniugi, dell'as-
nomina coniugum, assistentis ac sistente e dei testimoni , il luogo e il gior-
testium, locum et diem celebratio- no della celebrazione, secondo le modali-
nis matrimonii, iuxta modum ab tà prescritte dalla Conferenza Episcopale
Episcoporum conferentia aut ab o dal Vescovo diocesano.
Episcopodioecesano praescriptum.
§ 2. Quoties matrimonium ad ~ 2. Ogni volla che il matrimonio venga
normam can. 1116 contrahitur, contratto a norma del can . ]]] 6, il sacer-
sacerdos vel diaconus, si celebra- dote o il diacono, se sia stato presente alla
tioni adfuerit, secus testes tenen- celebrazione, altrimenti i testimoni , in so-
tur in solidum cum contrahentibus lido con i contraenti , sono tenuti ad infor-
parochum aut Ordinarium loei de mare al più presto il parroco o l'Ordinario
inito coniugio quam primum cero del luogo dell'avvenuto matrimonio.
tiorem reddere,
§ 3. Ad matrimonium quod atti- § 3. Quanto al matrimonio contratto con
net cum dispensatione a forma ca- la dispensa dalla forma canonica, l'Ordi-
nonica contractum, loci Ordina- nario del luogo che ha concesso la dispen-
rius, qui dispensationem concessit, sa abbia cura che la dispensa e la celebra-
curet ut inscribator dispensatio et zione siano regi strate nel libro dei matri-
celebratio inlibro matrimoniorum moni sia della curia che della parrocchia
tum curiae tum paroeeiae propriae propria della parte cattolica, il cui parroco
partis catholicae, cuius parochus ha eseguito le indagini sullo stato libero;
inquisitiones de stato libero pere- il coniuge cattolico, da parte sua, ha l'ob-
git; de celebrato matrimonio eun- bligo d'informare al più presto il predetto
dem Ordinarium et parochum Ordinario e il parroco dell'avvenuta cele-
quam primum certiorem reddere brazione del matrimonio, indicandone sia
tenetur coniux catholicus, indicans il luogo sia la forma pubblica che è stata
etiam locum celebrationis necnon osservata.
formam publicam servatam.

4108 4) La registra zione del matrimonio e annotazioni varie


1121·1123 (1103*) Celebrato il matrimonio, sono da adempiersi varie formalità, in
ordine alla registrazione dell'atto e varie annotazioni. La registrazione è nell'ordinamen-
to canonico un elemento di prova giuridica dell'avvenuta celebrazione, ma non un
requisito essenziale della sua validità.
4109 1121, § I Matrimonio celebrato nella forma ordinaria. L'atto dev'essere registrato
al più presto (quam primum) nel libro dci matrimoni della parrocchia del luogo di
celebrazione.
L'obbligo è del parroco o di chi ne fa le veci, anche se il matrimonio sia stato
celebrato da altri ed essi non siano stati presenti.
Nel libro devono e....sere segnati secondo le modalità prescritte dalla Conferenza Episcopale o
dal Vescovo diocesano :
- I nomi dei coniugi , con i relativi dati
- I nomi del ministro assistente e dei testimoni
11 matrimonio 377

CAN. 1122 - § 1. Matrimonium § l. L'avvenuto matrimonio si annoti


contractum adnotetur etiam in re- anche nei registri dei battezzati, in cui è
gestisbaptizatorum, in quibus bap- riport ato il battesimo dei coniugi.
tismus coniugum inscriptus est. § 2. Se un coniuge non abbia contratto
§ 2, Si coniux matrimonium con- il matrimonio nella parrocchia in cui fu
traxerit non in paroecia in qua battezzato, il parroco del luogo della detta
baptizatus est, parochus loci cele- celebrazione trasmetta al più presto la no-
brationis notitiam initi coniugii ad tifica dell 'avvenuto matrimonio al parro-
parochum loci colla ti baptismi co dci luogo in cui il battesimo fu confe-
quam primum transmittat. rito .
CAN. 1123 - Quoties matrirno- Ogni volta che un matrimonio viene con-
nium vel convalidatur pro foro ex- validato per il foro esterno, o è dichiarato
terno, vel nuDum declaratur, vel nullo, oppure è sciolto legittimamente per
legitime praeterquam morte solvi- una causa diversa dalla morte, il parroco
tur, parochusloci celebrationis ma- del luogo in cui il matrimonio è stato cele-
trimonii certiorfieri debet,utadno- brato dev'esserne informato per poter fare
tatio in regestis matrimoniorum et debitamente la relativa annota zione nel re-
baptizatorurn rite fiat. gistro dei matrimoni e dei battesimi.

- Il luogo c il giorno della celebrazione


- Le eventuali dispense concesse
L'allo , ovviamente. deve contenere la firma dei coniugi . dei testimoni e del ministro
assistente.
1121, § 2 Matrimonio celebrato nella forma straordinaria. Dev'essere registrato 4110
anch' esso nel libro della parrocchia del luogo di celebrazione. È pertanto obbligo:
- Dei contraenti
- Dei testimoni
- Dell' eventuale sacerdote o diacono presente a norma del can. I I 16, § 2
informare al più presto il parroco o l'Ordinario del luogo dell 'avvenuto matrimoni o,
in modo che si faccia la debita registrazione dell'atto nel libro parrocchiale dei
matrimoni .
L'obbligo è "in solidurn": grava cioè su tutte e singole le persone indicate.
1121, § 3 Matrimoni contratti con la dispensa dalla forma canonica. È compito 4111
dell'Ordinario del luogo che ha concesso la dispensa, aver cura che e la dispensa e la
celebrazione siano registrate in un duplice libro:
- [J libro matrimoniale della Curia
- [J libro matrimoniale della parrocchia propria della parte cattolica, il cui parroco
ha eseguito le indagini prematrimoniali sullo stato libero
Da parte sua. il coniuge cattolico ha l'obbligo d'informare al più presto il predetto
Ordinario e il parroco dell'avvenuta celebrazione , indicando sia il luogo sia la forma
pubblica che è stata osservata.
Matrimoni celebrati segretamente. Come si dirà nelcan. lI33,.i detti matrimoni 4H2
vanno registrati in un libro segreto, da conservare nell'archivio segreto della Curia.
La registrazione nel libro parrocchiale potrà aver luogo solo quando sia cessalo il
segreto.
Matrimoni misti: v. n. 4153.
Matrimoni convalidati: v. n. 4277.
378 LIBRO IV - Il vmunus sanclilil.l Indi·· delt a Chic.....

4113 1122 L 'annotazione nei libri di battesimo. A norma del can. 535, § 2, nel libro di
battesimo, che è il libro-base, dev'essere annotato volta per volta tutto ciò che determina
una qualsiasi modifica dello stato canonico del fedele : adozione, recezione dell'ordine
sacro , professione perpetua emessa in un istituto religioso, cambio di rito , matrimonio.
L'annotazione marginale costituisce un secondo mezzo di prova del matrimonio celebrato.
Capita spesso che il matrimonio venga celebrato in una parrocchia diversa da quella di bat-
tesimo. In questo caso, è dovere del parrocodel luogo in cui è avvenutala celebrazione,trasmettere
al più presto (quam primum) la relativa notifica al parroco della parrocchia di battesimo.
4114 1123 Ulteriori annotazioni. Riguardano una triplice ipotesi, che può verificarsi in
un matrimonio, dopo la sua celebrazione, mod ificando lo stato giuridico dei contraenti :
- Il matrimonio può essere convalidato per il foro esterno, qualora sia stato con-
tratto invalidamente
- Può essere dichiarato nullo dalla competente autorità ecclesiastica
- Può essere sciolto legittimamente con dispensa del Romano Pontefice "super
reto" (can. 1142)
Tutto questo va regolarmente annotato, sia nel registro dei matrimoni che in quello
del battesimo delle parti, e i relativi parroci del matrimonio e del battesimo devono
essere regolarmente informati: in genere dall'Ordinario del luogo, attraverso la Curia
diocesana.

4115 5. La trascrizione civile del matrimonio canonico


In Italia, come in altri Stati che hanno stipulato particolari accordi con la Santa
Sede, il matrimonio religioso, contratto secondo le norme del Diritto Canonico, di regola
viene trascritto civilmente acquistando in tal modo valore giuridico anche per lo Stato.
La trascrizione non è una formalità integrativa dell'atto matrimoniale, ma solo una
condizione indi spensabile perché lo Stato ne riconosca l'efficacia nel suo ordinamento
legislativo.
Riportiamo il testo delle nuove norme concordatarie, che regolano la materi a ma-
trimoniale secondo i termini dell' Accordo intervenuto tra la Santa Sede e la Repubblica
Italiana il 18 febbraio 1984 e del Protocollo addizionale sottoscritto dalle parti contra-
enti. Si nota in esse una profonda differenza con le norme stabilite nel Concordato
precedente: la Relazione che ha accompagnato il Disegno di Legge n. 2252 comunicato
alla Presidenza del Senato il 6 marzo 1987, parla di mutamento sostanziale del regime
di riconoscimento degli effetti civil i ai matrimoni celebrati secondo le norme del diritto
della Chiesa Cattolica.
In effetti, mentre l'art. 34 del Concordato dcI 1929 era informato al principio che
ogni matrimonio canonico potesse trascriversi e conseguire gli effetti civili, nel nuovo
Accordo del 1984 si applica il principio affermato dalla Corte Costituzionale che pos-
sono conseguire gli effetti civili solo i matrimoni canonici che non siano in contrasto
con i principi supremi dell'ordinamento costituzionale dello Stato (Sentenza n. 31 del
l° marzo 1971)'.

l Manca tuttora da parte dell'autorità italiana l'approvazione della legge esecutiva per l'ap-
plicazionedelle norme concordatarie concernenti il matrimonio. Il relativo disegno di legge n. 2252
è stato presentatoal Senato fin dal 6 marzo 1987, con l'annessa relazionedell'On. Craxi, Presidente
del Consiglio dei Ministri. Cfr. il testo nel volume "La discipina del matrimonio concordatario
dopo gli Accordidi Villa Madama"a cura di E. Vitalie G. Casuscell i, Ed. A. Giuffrè, Milano 1988.
pp. 422-434. Vedi anche il nostro volume "Prontuario teorico-pratico di Diritto Canonico", voce
Trascrizione civile del matrimonio canonico, n. III.
li matrimonio 379

I) Condizioni per la trascrizione 4116


«Sono ricono sciuti gli effett i civili ai matr imoni contratti seco ndo le norme del
diritto canonico, a condizione che l' atto relativo sia trascritto nei registri dell o stato
civile. previe pubbl icazioni nella casa comunale. Subito dopo la celebrazione. il parroco
o un suo delegato spiegherà ai contraenti gli effetti civi li del matrimon io dando lettura
degli articoli del codice civile riguardanti i diritti e i doveri dei coniu gi, e redigerà
quindi, in doppio origin ale, l'atto del matrimonio, nel quale potranno essere inserite le
dichiarazioni dei coniugi consentite secondo la legge civile» (art. 8, n. I, l ° comma
dell' Accordo).
Le dichiarazion i che possono essere inserite nell'atto di matrimonio riguardano: 4117
a) La sce lta del regime di separazione dei beni. di cui all' art. 162 del Codice Civile (art. 43
della Legge 19 maggio 197 5, n. 15 1, relativo alla Riforma del Diritto di Famiglia).
b) Il riconoscimento del figlio naturale. di cui all'art. 254 del medesimo Codice Ci vile (art.
106 della Legge 19 maggio 1975 , n. 151 ).
Ovviam ente le dette "dichiaraz ioni" acquistan o efficacia giurid ica con la trascrizione dell' atto
di matrimonio nei registri di stato civile. È con tale trascri zione che sia l' atto di matrimoni o sia le
dichiarazioni inserite in esso assumono carattere di atto pubblico in senso stretto nell'ordinament o
dello Stato. Prima della trascrizione possono essere considerati atto pubblico in senso amp io.
des ti nato a diventare atto pubblico in senso stretto.

2) Matrimoni non trascri vibili 4118


«La Santa Sede prende atto che la trascrizion e non potr à ave r luogo:
a) quando gli sposi non rispondano ai requ isiti della legge civile circa l'età
richiesta per la celebrazio ne ;
b) quando sussiste fra gli sposi un impedimento ch e la legge civile considera
inderogabile.
La trascrizione è tuttavia ammessa qu and o, sec ondo la legge civile, l'azio ne di
nullità o di annull amento non potreb be es sere più prop ost a» (a rt. 8, n. I, 2° e 3°
comma).

3) La procedura per la trascrizione 4119


«La richiesta di trascrizione è fatta, per iscritto, dal parroco del luogo dove il
matrimonio è stato celebrato, non oltre i cinque giorni della celebrazione. L'ufficiale di
stato civile, ove sussistan o le condizioni per la trascrizione, la effettua entro ventiquattro
ore dal ricev imento dell ' atto e ne dà notizia al parroco» (art. 8, n. I, 4° comm a).

4 ) Gli effe tti civili 4120


«II matr imoni o ha effetti civili dal momento della celebrazion e anche se l'ufficiale
dello stato civ ile. per qualsi asi ragion e abbia effettuato la trascrizione oltre il termin e
prescritto» (art. 8, n. l , 5° comma).
Con la trascrizione nei registri dello stato civi le, il matrimon io canonico consegue il ricono-
scime nto civile, per c ui viene equ iparato a tutti gli effetti al matrimon io contrailo dinanzi al
pubblico funzionari o dello Stato. Tali effetti . tuttavia, sorgono giuridicamente non dal momento
della trascrizione, ma da quell o della celebrazione. Si applica cioè il principio della retroattivit à,
per cui. anche nel caso che la trascrizione, per un qualsiasi motivo, venga effettuata oltre il termine
prescritto (oltre le ventiquattro ore dal ricevimento dell ' allo), gli effetti civili del matrimonio
canonico sono operanti ex lune, ossia dal momento della celebrazione. Ne consegue che quanto
possa accadere nel frattempo, compreso l'eventuale decesso di uno degli sposi o anche di tutt 'e due.
non ha alcuna influenza sulla trascrizione dell'atto di matrimonio né sulla sua efficacia giuridica.
380 LIBRO IV - Il .. munu.. . sanctiflcundi" della Chiesa

4121 5) Trascrizione tardiva


«La trascriz ione può essere effettuata anche posteriormente su richiesta de i due
co niugi, o anche di uno solo di ess i, con la conos cenza e senza l'opposizione dell 'altro,
sempre che entrambi abb iano conser vato ininterrottam ente lo stato libero dal momento
dell a celebrazione a quello della rich iesta di trascrizione, e senza pregiudi zio dei diri tti
legittimamente acqu isiti da terzi» (art. 8, n. I, 60 comma).

4122 6) Impedimenti inderogabili


«S' intendono com e impedimenti inderogabili dalla legge ci vile:
a) l'e ssere uno dei co ntraenti interdetto per infermità di ment e;
b) la sussistenza fra gli spos i di un altro matr imonio valido agli effetti civili;
c) gl' impedimenti deri vanti da delitto o da affinità in linea retta» (Protocollo ad-
diz ionale, n. 4, lett. a).

4123 Problemi connessi


Sono problemi sui quali si discuteva anche prima, quand o era in vigo re il Concor-
dat o precedente. Vi accenniamo brevemente.
l O La lettura degli articoli del Codice Civile. Si tratta degli artico li 143, 144 c 147,
riguard anti i diritti e i doveri dei co niugi. La loro lettura è da considera rsi un presup-
posto essenziale per la trascrizione del matrimonio canonico agli ef fetti civili?
È opinione largamente dif fusa in dottrina e in giurisprudenza, che l'omissione della
detta lettura non impe disca la trascrizione del matrimonio canonico né sia causa di
null ità dell a stessa . Sarebbe verament e singo lare e anche antigiuridico far dipendere la
trascr izion e di un matrimonio religioso da una formalità, che ha senza dubbi o il suo
sig nificato e la sua imp ortanza, ma che è comunque una formalità. Forse sarebbe stato
opportuno riser vare la lettura degl i artico li all'ufficiale di stato ci vile, co m'è dis posto
nella Intesa con la Tavola valdese del 21 febbraio 1984 .
D' altra parte. anche ammesso che la lettura degli articoli sia una condizione essenziale per la
trascrizione. non c'è nessuna prescrizione che essa absolute debba avvenire contestualmente con la
celebrazione del matrimonio. Assolutamente parlando. si può ritenere che. nel caso sia stata omes-
sa , per qual sia si motivo. durante la ce lebrazio ne, possa eseg uirsi anc he posteri ormente.
richiamando ad esempio, a tal fine, gli sposi, possibilmente alla presenza dei medesimi testimoni
intervenuti nella celebrazione del matrimonio.
Un argomento decisivo per la non esse nzialità dell a lettura degli artico li del Codice
Civile può ricavarsi dall' art. 8, n. J, co mma 6, del nuo vo Accordo fra la Sa nta Sede e
la Repubblica Italiana dcl 1984. In tale comma, si concede espressam ente ai co niugi di
chiedere la trascrizione tardiva del loro matrimonio religioso , c la trasc rizione tardiv a
riguarda il matrimonio canonico celebrato senza le pubbli cazioni civili e, di conseguen-
za, senza la lettura degli acce nnati articoli.
4124 2 0 Particolari form e di matrimonio. Si tratta di matrimoni celebra ti per procura
(ca nn. 1104-1105) e di quelli contratti davanti ai soli testimoni (can. J 116). Dopo il
Concordato del 1929, la dottrin a e la pras si hanno ammesso la trascrizi one dci primi, ma
in genere hanno escluso la trascrizione dei secondi, in quanto la norm a concordataria
parl a espressamente della presenza del parroco o di un suo deleg ato .
4125 Riteniamo comunque che sia consentita la trascrizione dei matrimoni a cui abbia assistito
canonicamente un laico, ai sensi del can. 1112, poiché anch 'egli è giuridicamente un "delegato"
del Vescovo diocesano . Il Disegno di Legge n. 2252 parla, è vero, di matrimonio "contratto avanti
il ministro di culto" (art. I), ma l'art. 8, comma primo. dell' Accordo parla in termini più ampi di
limutrimonin 381

"matrimoni contratti secondo l'ordinamento canoni co". L'esclusione della trascrizi one dci marri -
moni celebrati con l'assistenza di un laico o anche - agg iungeremmo - "cora m solis testibus",
non sarebbe soltanto in contrasto con una norma patrizia. ma costituirebbe una limita zione del tutto
inopportun a e ingiu stifìcata. per non dire arbitrari a. È anche da considerare che la trascri zione di
tali matrimoni non appare in contrasto "con i principi supre mi dell'ordinamento costituzionale dello
Stato" . il criterio stabilito dalla Corte Costituzionale . A term ini degli artI. 113 e 117 del nuo vo
Codice Civile del 1942. il matrimoni o celeb rato davanti a un apparente ufficiale dello stato civile
oppure se nza la presenza dei testim oni. è considerato va lido dalla legge . anche se contro il dell o
ufficiale apparente o vero viene appli cata una sanzi one ammini strati va (art. 32. IOcomma. Legge
24 novemb re 19 81. n. 6 89).

3° Matrimoni celebrati da cittadini stranieri in Italia e da cittadini italiani 4126


al/'estero. Per il primo caso , non sembra che ci siano o possano esser ci di fficol tà. in
base al prin cipio universalmente accettato che " loc us regit actum ", per il quale è
considerato valido. per quanto riguarda i requisiti estrin seci, un atto giuridic o posto
in essere a nche da stranie ri in conformità con la legislazione dei paesi. tranne c he lo
vieti una es pressa disposizione di legge .
Relativamente al secondo caso. la giurisprudenza - mentre era in vigore il Con-
cordato del 1929 - era orientata in prevalenza a riconoscere la validit à dell a trascrizio-
ne dei detti matrimoni , celebrati da cittadini all' estero (cfr. in particol are la sentenza
della Cassazione del 27 luglio 1962, n. 2162) . Molti invece, nella dottrina, non ammet-
tevano la validità della trascrizione, e si richiamavano, a tal riguardo, all'art. 8 della
Legge esecutiva del 27 maggio 1929. n. 847 , in cui era disposto in modo espresso che
l'atto di matrimonio dovesse trasmettersi all' uffic iale di stato civile del Comune in cui
il matrimonio (era) stato celebrato».
La detta disposizione è riportata testualmente nell'art . 6 del Disegno di Legge. esec utiva del
nuovo Accor do del 1984 . Nell' art. I del medesim o Disegno di Legge si parla espressamen te di IIImr;-
moni contratti nel territorio nazionale. Anche la Relazione c he ha accompagnato il Disegno di Legge
parla di "limitazione dci riconoscimento civile ai matrimoni contratti nel territorio dello Stato" .

6. Disposizioni della c.E.I. 4127


Riporti amo le principali disposizion i contenute nel " Decreto General e" della Con-
ferenza Episcopale Italiana . 5 novembre 1990 (Enchir. CEI. vol. 4, p. 1322 55.) . Per una
trattazione più ampia, vedi il nostro volume "Prontuario teorico-pratico di Diritto Cano-
nico" . voce Trascrizione civile del matrimonio canonico, n. IV.

l ) L' obbligo dei cattolici 4128


- N. I: «I cattolici che intendono contrarre matrimonio in Italia sono tenut i a
celebrarlo unicamente secondo la forma canoni ca (cfr. can. 1108), con l' obbli go di
avvaler si dci riconos cimento agli effetti civil i assicurati dal Concordato.
L 'Ordinario del luogo può dispensare dall'obbligo di avvalersi del ricono scimento
agli effetti civili assicurato dal Concordato soltanto per gravi motivi pastorali, stabi lendo
se nel caso l' atto civile, che per i cattolici non ha valore costitutivo del vincolo matri-
moniale, debba precedere o seguire la celebrazione del sacramento e richi edendo l' im-
pegno dei nubendi di non iniziare la convivenza coniugale se non dopo la celebrazione
canonica » (Enchir. CEI, voI. 4, n. 2615).

2) Effetti civili del matrimonio canonico 4129


- N. 19: «Il matrimonio celebrato avanti l'Ordinario del luogo, il parroco o il
ministro di culto delegato, secondo le norme dcI diritto canonico, produ ce gli effetti
civili, a condi zione che l'atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile»,
382 LIBRO IV · Il "m unus sanctificandi" dcllu C hiesa

- N. 21: «A norma del can.1071 , § l , n. 2. in tutti i casi in cui il matrim onio


canonico non può essere immediatamente trascritto nei registri dello stato civile, il
parroco non proceda alla celebrazione senza l' autorizzazione dell 'Ordinario del luogo».

4130 3) La redazione dell'atto di matrimonio


- N. 25: «Dopo la celebrazione del matrimonio, e comunque prima dell a conclu-
sione del rito liturgico, il ministro di culto davanti al qual e esso è stato ce lebrato, spiega
agli spos i gli effetti civi li del matrimonio , dando lettur a degli articoli 143, 144 e 147 del
Codice civile».
- N. 26: «L' atto di matr imonio deve contenere:
a) Il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, la professione o co ndizione
e la residen za degli sposi;
b) La dichiarazione degli sposi di voler si prendere rispettivamente in marito e
moglie;
c) Il luogo e la data delle pubblicazioni canoniche e civili, gli estremi delle eve n-
tuali dispense e il luogo e la data della celeb razione del matrimon io;
d) L' attestazione dell 'a vvenuta lettur a agli sposi degli articoli 143, 144 e 147 del
Codice civile;
e) Le eventuali dich iarazioni rese dagli sposi e consentite secondo la legge civile;
f) Il nome e il cognome dell 'Ordinario del luogo, o del parroco o del mini stro di
culto deleg ato, che ha assistito alla celebrazio ne del mat rimonio;
g) Le ge neralità dei testimoni».

4131 4) La trasmissione dell'atto


- N. 27: «Uno degli originali dell' atto di matrimoni o, insieme con la rich iesta di
trascrizion e, deve essere trasmesso dal parroco della parrocchia nel cui territorio il
matrimoni o è stato celebrato all'ufficiale dello stato civil e de l co mune in cui si trova il
luogo di celebrazione non oltre cinque giorni dalla celeb razione medesima».

4132 5) La trascrizione per gli effetti civili


- N. 29: «Se l' atto di matrimonio è regolare ed è acco mpagnato dalla richiesta di
trascrizione sottosc ritta dal parroco, l'ufficiale dello stato civile lo trascrive ed entro 48
ore trasmette la notizia al parroco dell'avvenuta trascrizione, con l'indicazione degli
estremi dell ' atto e della data in cui essa è stata attuata.
Il parroco provved e ad annotare sul registro dei matrimoni la co municazione rice-
vuta e a con servarla nell' archivio parrocchial e».
- N. 34: «Eseguita la tra scri zione, i cont raenti sono considerati nell'ordinamcn-
to civ ile, a tutt i gli effett i gi uridici, coniuga ti dal giorno della ce lebrazio ne del ma-
trimonio».

4133 6) La celebrazione del matrimonio esclusivamente canonico


- N. 40: «L' ammissione al matrimonio solo canonic o di persone vedove può
essere concesso dall'Ordinario del luogo per giusta caus a, quando esse siano anziane e
veramente bisognose .
Al di fuori di tali circostanze la licenz a può esse re data soltanto per rag ioni gravi
e a condizione che le parti si impegnino a richiedere la trascrizione del matrim onio agli
effetti civili non appena vengano meno le cause che hanno moti vato la licenza mede-
sima, avendo gli stessi coniugi «il dovere di assicurare, nei limiti de lla possibilità, il
11matrimonio 383

riconoscimento civile. sia alla loro unione matrimoni ale sia nell' interesse legittimo dei
figli. sia per riguardo alle esigenze del bene eomune della società , di cui la famiglia è
la cellula primordiale».
- N. 42 : «Nei casi di cui ai numeri 40-41 del presente decreto . il ministro del culto
assiste alla celebrazione del matrimonio solo canonico è tenuto a dare lettura degli
articoli 143, 144 e 147 del Codice civile e a redigere l'atto di matrimonio in doppio
originale. al fine di salvaguardare la possibilità che i coniugi chiedano la trascrizione del
loro matrimonio ai sensi dell' art. 8. n. l, comma secondo. dell' Accordo di revisione del
Concordato Lateranense».

7) Matrimonio di persone già sposate civilmente 4134


- A rt. 44: «Salvo il easo di necessità. eoloro che hanno già contratto matrimoni o
civile non siano ammessi alla celebrazione del matrimonio canonico senza la licenza
dell'Ordi nario del luogo».
Casi che possono verificarsi:
- Matrimonio canonico di persone già sposate civilmentre tra loro (n. l ).
- Richiesta di matrimonio solo canonico da parte di una person a canonicamente
e civilmente libera con un'altra persona cattoliea, già sposata civilmente e attualmente
separata e in attesa di divorzio (n. 2).
- Riehiesta di matrimonio con una persona canonicamente e civilment e libera da
parte di una persona cattolica già sposata civilmente e divorziata (n. 3).
- Richie sta di matrimonio solo canonic o da parte di persone religiosamente libere
a seguito di sentenza canonica dichiar ante la nullità del matrimonio oppure di provve-
dimento di dispensa da un matrimon io rato e non consumato (n. 4).

I MATRIMONI MISTI (c ann 1124-11 29) 4135


Schema
I . Introdu zione 5. Il dovere pastorale dell 'Ordinario del luo-
2. Il diviet o dei matrim oni misti go e del parroco
3. La competenza dell 'Ordinario del luogo e 6. Matrimoni contratti con la dispensa dal-
le attribuzioni della Confere nza Epi scopale l'impedimento di disparità di culto
4. La forma da usare nella celebra zione dei 7. Il matrimonio dei battezzati non credenti
matrimoni misti 8. Norme della C.E .1.

1. Introduzione 4136
Il problema dei " matrimoni misti" è un problem a delicato e complesso. di estrema
importanza e attualità. per i suoi molteplici aspetti: teologico , morale, giuridico, pasto-
rale, sociologico. La Chiesa v i ha dedicato sempre, ma soprattutto in questi anni, le sue
particol ari attenzioni e sollecitudini.
«La sollecitudine della Chiesa - ha affermato Paolo VI nella introduzione al M.P .
Mutrimoniu mixta del 3 marzo 1970 - è necessaria oggi con maggiore urgenz a, a motivo delle
speciali condizioni dei nostri tempi. Mentre infatti in passato i cattolici vivevano separ ati dai
seguaci di altre confessioni cristiane e dai non cristiani anche in rapporto al luogo e al territorio ,
nei tempi più recenti non solo tale separazione s'è molto attenuata, ma le stesse relazioni fra gli
uomini di varie regioni e religioni hanno avuto un ampio sviluppo, per cui n' è derivat o un grande
incremento numeri co delle unioni miste . In tutto questo hanno anche influit o lo sviluppo e la
diffusione della civiltà umana e dell'attività indu striale. il fenomeno della urban izzaz ione con il
conseguente scadimento della vita rurale , le migrazioni di massa e l'aumento di profughi d' ogn i
genere » (Enchi r. Var., voI. 3, p. 1441, n. 2415 ).
384 LIBRO IV . Il "munus sanctific undi" della Chiesa

CAPITOLO VI
I MATRIMONI MISTI

CAN. 1124 - Matrimonium inter Il matrimonio tra due persone battezza-


duas personas baptizatas, quarum te, di cui una sia stata battezzata nella
altera sit in Ecclesia catholica bap- Chiesa cattolica o in essa sia stata accolta
tizata vel in eandem post bapti - dopo il battesimo, e non abbia defezionato
smum recepta, qua eque nec ab ea dalla medesim a con un atto formale, e
actu formali defecerit, altera vero l' altra invece faccia parte di una Chiesa o
Ecclesiae vel communitati eccle- di una comunità ecclesiale che non ha la
siali plenam communionem cum piena comunione con la Chiesa cattolica,
Ecclesia catholica non ha benti è proibito senza l'e spressa licenza della
adscripta,sineexpressa auctoritatis competente autorità.
competentis licentia prohibitum
est.

4137 Nell' ordinamento anteri ore , la " mixta religio" costituiva un imp cdimento
impediente, che vietava "sev erissime" la celebrazione del relativo matrimonio (can.
1060, Codice 1917), comm inando le pene "latae sententiae" della sospensione dagli atti
legittimi ecclesiastici e dai sacrame ntali, finché non si otten esse la dis pensa dell'Ordi-
nario (can. 2375*).
Col nuovo Codice, le pene accenna te so no state soppresse e la materia dei matri-
moni misti è stata opportunamente riorganizzata, in co nformità con le de liberazioni
co nciliari (Decr. Orientalium Ecclesiarum; n. 18) e con la legislazio ne emanata a tal
riguardo dopo il Concili o:
- L'l str. Matrimonii sacramenuun della Congregazione per la Dottrina de lla Fede.
18 marzo 1966 (Enchir. va.. voI. 2, pp. 630-639).
- L'lstr. Crescens matrimoniorum dell a Congrega zione per la C hiesa Orientale,
22 febbraio 1967 (Enchir. Vat., voI. 2, pp. 820-823).
- Il M.P. Matrim onia mixta di Paolo VI. 3 1 marzo 1970 (Enchir. Vat., voI. 3, pp.
1440-1453).
Cfr. anche la Lettera della Segreteria di Stato. 15 apri le 1970, che dà alcu ne indicazio ni
imp ortanti circa l'applicaz io ne de l M.P. Mutrimonia mixtu di Paolo VI. e le Risposte della Pont.
Comm. per l'interprer. dei Decreti Con cil iari Il febbraio 1972, n. I. e 9 ap rile 1979 (X . OcHOA.
Leges Ecclesiae , IV. n. 4033 . col. 6234). Cfr. inoltre il n. 78 de lla Esort , Ap . Familiaris consorti»
di Giovann i Paolo Il. 21 nove mbre 198 1.
Il problema dei matrimoni misti venne discusso nella prima Assemb lea del Simulo dei Vesco-
vi. svol tos i a Roma nell' ott obre del 1967. Il Sinodo fu chiamato ad es primere il proprio voto circa
otto quesiti. Di tale voto tenne co nto Paolo VI nel citato M.P. "Ma trimo nio mixta" ,

4138 2. Il divieto dei matrimoni misti


1124 (1060*) Viene denomin ato "matrimonio misto" il matrimon io contratto fra
due persone battezzate, di cui :
- Una sia stata batte zzata nella Chiesa cattolica o sia stata acco lta in essa dopo
il battesimo ricevuto validamente in un' altra Chiesa o comun ità ecclesiale. e non abbia
defezionato dalla medesima con un atto form ale
Il mutrimonio 385

CAN. 1125 - Huiusmodi Iicentiam Può concedere questa licenza l'Ordina-


concedere potest Ordinarius loci, rio del luogo, se vi è una causa giusta e
siiusta et rationabilis causa habea- ragionevole; tuttavia non la conceda, se
tur; eam ne concedat, nisi impletis non siano state adempiute le seguenti con-
condicionibus quae sequuntur: dizioni:
1° pars catholica declaret se pa- l ° che la parte cattolica dichiari di esse-
ratam esse pericula a fide defìcien- re pronta a rimuovere i pericoli di abban-
di removere atque sinceram pro- donare la fede e prometta sinceramente di
missionem praestet se omnia pro fare quanto è in suo potere perché tutta la
viribus facturam esse, ut universa prole venga battezzata ed educata nella
proles in Ecclesia catholica baptì- Chiesa cattolica;
zetur et educetur; 2° che di queste promesse, a cui è tenu-
2° de his promissionibus a parte ta la parte cattolica, sia informata tempe-
catholica faciendis altera pars tem- stivamente l'altra parte, in modo da risul-
pestive certior fiat, adeo ut constet tare con certezza che essa è veramente con-
ipsam vereconsciam essepromissio- sapevole della promessa e dell'obbligo
niset obligationis partis catholicae; della parte cattolica;
3° ambae partes edoceantur de 3° che entrambe le parti siano debitamente
finibus et proprietatibus essentiali- istruite sui fini e sulle proprietà essenziali
bus matrimonii, a neutro contra- del matrimonio, fini e proprietà che nessu-
bente excludendis. no dei due contraenti deve escludere.

- E l'altra faccia parte di una Chiesa o di una comunità ecclesiale, che non abbia
la piena comunione con la Chiesa cattolica l
Per il senso di "defezione formale", v. commento al can. 1086.
Tali matrimoni sono per sé proibiti dal diritto canonico, e per la loro celebrazione 4139
è necessaria la licenza espressa della competente autorità', La proibizione è motivata dal
fatto che essi possono costituire un grave «ostacolo alla piena comunione spirituale dei
coniugi» (M.P. Matrimonia muta, n. l), e un pericolo non lieve sia per la fede della
parte cattolica sia per l'educazione cattolica della prole. Se questo pericolo esiste real-
mente, il matrimonio è vietato dalla stessa legge divina (can. 1060, Codice 1917), né il
coniuge cattolico può esporsi a tale pericolo se non per gravi e proporzionati motivi e
osservando le debite cautele.
In ordine alla necessità della licenza e, di conseguenza, all'osservanza del can. 1125, è equi- 4140
parato al matrimonio misto:
- Il matrimonio di chi abbia abbandonato notoriamente la fede cattolica (can. 107 l , § l, n.
4, e § 2);
- Il matrimonio di chi sia iscritto ad una setta o società ateistica: Pont. Comm. per
l'interpret. del Codice, 30 luglio 1934, n. l (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, I, n. 1238, col. 1573).

I In senso più ampio, i "matrimoni misti" - come s'è già accennato (n. 3909, nota J) -
comprendono anche i matrimoni celebrati con la dispensa dall'impedimento di disparità di culto.
I matrimoni misti in senso proprio sono oggi denominati anche "matrimoni interconfessionali",
2 Licenza, non dispensa, poiché il matrimonio misto, come s'è già notato, non costituisce più
nel nuovo ordinamento un impedimento (Communicationes. a. 1983, p. 239, can, 1078, n. 2). -
Licenza espressa. afferma il canone: non basta quindi la licenza presunta. V. per altro la nota
seguente.
386 LIBRO IV . Il "mu nus sanctifica ndi" della Chiesa

4141 3. La competenza degli Ordinari del luogo e le attribuzioni delle Confe-


renze Episcopali
1125 (1061 *) A parte la Santa Sede (la Congreg a zione per la Dottrina della
Fede), ch e ha competenza su tutta la Chiesa, la celebra zione dei matrimoni misti può
essere autorizzata nelle sing o le Chiese parti col ari dagli Ordinari del luogo', ma solo
- e questo " ad validi ta tern" (cfr. ca n. 39 ) - se s ussiste una causa giusta e ragio-
ne vole. Caus a giusta. non grave, co m'era invec e ri ch iesto dal can. 10 61 del Codice
precedente : s i può dunque usare una mag gi o re lar gh e zza, e vitando o gni indebito
rigori smo.
Una causa giusta può essere ad esempio:
- La scarsezza dei cattolici nella località abitata dai contraenti
- La necessità di rcgolarizzare una unione illecita
- La fondata speranza che il partner non cattolico possa essere indotto a chiedere l' ammis-
sione nella Chiesa Cattolica dalla particolare virtù del coniuge callolico, ecc.
In ogni singolo caso, occorre esaminare attentamente le concrete circostanze di tempo. di
luogo e di persone.
4142 Sono in ol tre da osservare previam ent e alcu ne condizioni , che se nza dubbio obbli-
gan o per sé "s ub g ravi" e so no se m pre nec essarie (se mper req uirunt ur: ca n. 1126), ma
non sono "ad validitatem", con siderato il te sto del canone, per cu i, se per ipo tesi siano
state omesse, la concessi one dell a licenza è d a considerarsi valida (Conununicationes, a.
1977, p. 356, can. 3. finc ).

Condizioni richieste:
IO C he la parte ca ttolica d ichi ari di essere decisa a ri m uovere i pe ricoli di abban-
don are la fed e e prometta s ince ra me nte di fare quanto è iII suo potere, perch é tutta la
prol e ve nga battezz ata ed edu cat a nell a Ch iesa Cattolica .
La promessa riguarda propriamente la prole che nascerà dopo la celebrazione del matrimonio,
non quella che eventualmente fosse già nata. Tuttnvia, come avverte una Risposta del S. Ufficio
in data 16 gennaio 1952, il coniuge cattolico ha l'ohhlif{o morule. se non giuridico, di curare
l' educazione cattolica anche della prole già nata: «Q uarnvis per sé. ad normam praefati canonis,
cautiones non exigantur de prole forte iam naia ante matrimonii celebmtionem, omnino rnonendos
esse nupturientes de gravi obligatione iuris divini eurandi catholicam educationern etiam dictae
prolis forte iam nata» (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, Il, n. 1661. col. 2 11 1).
2 0 Ch e di qu este promesse , a c ui è tenuta la part e ca tto lica , sia informata tempe-
stivamente l'altra par te , in modo da risultare co n certe zza che es sa è verament e co nsa-
pe vole dell a promessa e dell'obbligo della parte cattolica.
3 o Ch e ent ra mb e le parti siano edotte s ui f ini e sulle proprietà essenziali del ma-
trimonio , che nessun o dei due contraenti può es cl ude re, pe r la valid ità dci matrimonio.
Il moti vo è che spesso g li acattolici se guo no cir ca la natura e le propriet à essen ziali del
matrimonio , spe cialmente circa l' ind issolubili tà, principi e opinio ni non co nfo rmi alla
do ttrina cattolica.

.1 La facoltà degli Ordinari del luogo è annessa all'uffi cio e, di conseguenza, è ordinaria:

come tale, può essere delegata sia "ad actum" sia "ad universitatem casuum" (can. 137, § I ). In
pericolo di morte e nel caso urgente (cum iam omnia sunt parata ad nupt ias ), la licenza dell'Or-
dinario si può anche presumere; può darla anzi lo stesso parroco il quale, nei detti casi, può perfino
dispensare dagl'i mpedimenti matrimoniali di diritto ecclesiastico (can. 1079, § 2): «Plus semper in
se continet quod est minus- - «Cui licet quod est plus licet utique quod est minus» (Regulae luris
in VI Decretalium Bonifacii VIII, 35 e 53).
Il matrimonio 387

CAN. 1126 - Episcoporum confe- È compito della Conferenza Episcopale


rentiae est tum modum statuere, stabilire le modalità, secondo le quali le
quo hae declarationes et promìs- suddette dichiarazioni e promesse, che
siones, quae semper requiruntur, sono sempre necessarie, debbano esser
faciendae sint, tum rationem de- fatte, e anche determinare in qual modo
finire, qua de ipsis et in foro ex- debbano risultare nel foro esterno ed esse-
terno constet et pars non catholi- re portate a conoscenza della parte non
ca certior reddatur. cattolica.

Non è più richiesta dalla parte non cattolica la garanzia di cui al can. 1061, § I, n. 2. del 4143
Codice 1917 4 • Ma se l'Ordinario fosse moralmente certo che essa non permetterà alla parte
cattolica di adempiere le sue promesse e i suoi impegni, non può in coscienza permettere il
matrimonio (cfr. can. 1061, § I, n. 3, Codice 1917), se non in casi del tutto particolari:
«tantummodo ob causas vere gravcs, v.g.si denegatio dispensationis partem catholicam privaret
unica occasione matrimonium ineundi eamque practice poneret in impossibilitale ius naturale
ad matrimonium exercendi, forsan cum detrimento animae ob periculum incontinentiae» (S.C.
per la Propagazione della Fede, 4 settembre 1972, Lettera ali' Arcivescovo di Malacca,
Singapore: X. OCHOA, Leges Ecclesiae, n. 4154, colI. 6410-6418).

1126 Le attribuzioni delle Conferenze Episcopali. È opportuno, pastoralmente, 4144


che nella formulazione delle dichiarazioni e delle promesse da parte dei coniugi
cattolici, ci sia uniformità di criteri e di norme. Si rimette pertanto alle Conferenze
Episcopali la cura:
l ° Di fissare le concrete modalità delle suddette dichiarazioni e promesse'
2° Di determinare in qual modo debbano risultare nel foro esterno ed essere portate
a conoscenza della parte non cattolica
Le norme prescritte a tal riguardo dalla Conferenza Episcopale Italiana sono contenute nel 4145
Decreto del 25 settembre 1970 (Enchir. CEl, val. I, pp. 984-986) e nel Documento pastorale del
20 giugno 1972 (Enchir. CEl, voI. I, pp. 1254-1260).
Relativamente alla preparazione del matrimonio misto, nel predetto documento son dale le
seguenti diretti ve:
- La preparazione di un matrimonio misto non si riduce all'adempimento delle formalità
giuridiche, ma esige da parte dei nubendi un attento esame dei problemi derivanti dalla diversità
di religione, e da parte del sacerdote una comprensione aperta al rispetto della libertà di coscienza
c ai principi cattolici dell'ecumenismo... L'educazione religiosa dei figli pone il problema più
difficile e delicato. La parte cattolica deve prendere coscienza del grave obbligo, che le deriva dalla
sua fede, di fare quanto le è possibile per battczarc ed educare i figli nella Chiesa Cattolica. La
parte non cattolica dev'essere informata dell'obbligo che ha la parte cattolica. È auspicabile che su
tale punto i nubendi prendano, prima delle nozze, una decisione comune, che salvaguardi l'unità
della vita coniugale; una decisione che sia ispirata al rispetto della coscienza e alla reciproca buona
volontà, non già all'indifferentismo o al dispotico prevalere dell'una parte sull'altra tEnclur. CEl,
val. I, pp. 1255-1256, nn. 4233-4234).

4 Cfr. Communicationes, a. 1970, p. 113,4° cpv. Una tale prassi richiesta precedentemen-

te, sarebbe oggi «in contrasto con i principi di libertà religiosa proclamati dal Concilio» (S.C.
per l'Evangelizzazionc dci Popoli, Lettera al Card. V. Garcias, Arcivescovo di Bombay, 16
dicembre 1972).
5 La Conferenza Episcopale può determinare le modalità della dichiarazione, ma non abolirla.
Essa è sempre richiesta, come è detto espressamente nel can. 1126. Per la "formula" proposta dalla
Conferenza Episcopale Italiana, vedi Enchir. CEl, voI. I, pp. 985-986. Vedi anche il mio volume
"Prontuario teorico-pratico di Diritto Canonico", voce Matrimonio misto, nota 2 del Il paragrafo.
388 LIBRO IV - Il "munus sanctilicandi" della Chiesa

CAN. 1127- § 1.Ad formam quod § l. Per quanto concerne la forma da


attinet in matrimonio mixto adhi- usare nel matrimonio misto, si osservino
bendam, serventur praescripta le disposizioni del can. 1108; tuttavia, se
can. 1108;si tamen pars catholica la parte cattolica contrae matrimonio con
matrimonium contrahit cum par- una parte non cattolica di rito orientale,
te non catholica ritus orientalis, l'osservanza della forma canonica della
forma canonica celebrationis celebrazione è necessaria solo per la li-
servanda est ad Iiceitatemtantum; ceità; per la validità, invece, si richiede
ad validitatem autem requiritur l'intervento di un ministro sacro, con
interventus ministri sacri, servatis l'osservanza delle altre norme stabilite
aliis de iure servandis. dal diritto.

Quanto alle "promesse" è così disposto:


- La promessa sarà fatta normalmente per iscritto. La comunicazione della promessa al
coniuge non cattolico sarà fatta dal sacerdote con la dovuta delicatezza; di tale comunicazione
sarà preso atto nella documentazione, che sarà esibita con la domanda di dispensa (licenza) (p.
1257, n. 4237).

4146 4. La forma da usare nella celebrazione del matrimonio misto


1127 (l102*) Il canone, diviso in tre paragrafi, contiene una serie di norme, da
osservarsi accuratamente.
4147 1127, § 1, l parte Il principio generale. Per sé, in conformità col can. 1117, la
celebrazione del matrimonio misto deve seguire "ad validitatem" la forma canonica
prescritta nel can. 1108, con le eccezioni ivi previste. L'obbligatorietà della forma ca-
nonica, stabilita per i detti matrimoni in linea di principio, risponde soprattutto a motivi
di carattere teologico. Ha lo scopo di mettere in luce la natura sacra dei matrimoni misti
e di assicurare la debita preparazione catechetica e pastorale. Relativamente alla forma
liturgica, sono da tener presenti i cann. 1118 e 1119.
4148 1127, § 1, Il parte Una eccezione per i matrimoni misti contratti con i battezzati
ortodossi", Nel caso che la parte cattolica, di rito sia latino che orientale, contragga
matrimonio con una parte non cattolica di rito orientale, l'osservanza della forma cano-
nica è prescritta solo "ad liceitatem". Per la validità, è sufficiente l'intervento di un
ministro sacro. Ovviamente, occorrerà osservare le altre norme prescritte dal diritto
(servatis aliis de iure servandis): tali, ad esempio, le norme concernenti le indagini
prematrimoniali sullo stato libero dei contraenti, la licenza dell'Ordinario del luogo, la
dispensa da eventuali impedimenti, la dichiarazione e la promessa da parte del coniuge
cattolico, ecc.

" I motivi di tale eccezione sono indicati nel Decr. Crescens matrimoniorum della S.c. per
le Chiese Orientali:
- Per evitare matrimoni invalidi tra cristiani di rito latino e cristiani non cattolici di riti
orientali (spesso infatti tali matrimoni venivano celebrati senza la forma canonica prescritta)
- Per favorire la stabilità e la santità del matrimonio
- Per alimentare sempre più la carità tra i fedeli cattolici e i fedeli orientali non cattolici
tEnchir. Vat., voI. 2, p. 820 n. 962).
L'eccezione riguarda solo i matrimoni misti contratti con battezzati non cattolici di riti orien-
tali (ortodossi), non con battezzati acattolici, appartenenti a Chiese o comunità cristiane separate
di occidente (protestanti), i quali, contraendo matrimoniocon un cattolico, son tenuti all'osservanza
della forma canonica. I principi teologici e disciplinari degli ortodossi sono infatti più vicini ai
principi cattolici, che non quelli dei protestanti. Si pensi al sacerdozio rninisteriale.
Il matrimonio 389

§ 2. Si graves difficultates for- § 2. Se gravi difficoltà impediscono l'os-


mae canonicae servandae obstent, servanza della forma canonica, l'Ordina-
Ordinario loci partis catholicae ius rio del luogo della parte cattolica ha il po-
est ab eadem in singulis casibus di- tere di dispen sare da essa nei singoli casi,
spensandi, consulto tamen Ordì- dopo aver tuttavia consultato l'Ordinario
nario loci in quo matrimonium ce- del luogo in cui viene celebrato il matri-
lebratur, et salva ad validitatem monio e salva, per la validità, una qualche
aliqua publica forma celebrationis; forma pubblica di celebrazione; spetta alla
Episcoporum conferentiae est nor- Conferenza Episcopale dettare norme in
mas statuerc, quibus praedicta di- merito, in modo che la concessione della
spensatio concordi ratione conce- predetta dispensa si faccia con uniformità
datur. di criteri .
§ 3. Vetatur, ne ante vel post ca- § 3. È vietato che, sia prima sia dopo la
nonicam celebrationem ad nor- celebrazione canonica a norma del § I ,
mam § 1, alia habeatur eiusdem abbia luogo un'altra celebrazione religio-
matrimonii celebratìo religiosa ad sa del medesimo matrimonio, per la pre-
matrimonialem consensum prae- stazione o il rinnovo del consenso matri-
standum vel renovandum; item ne moniale ; sia esclusa, similmente, la cele-
fiat celebratio religiosa, in qua as- brazione religiosa in cui l'assistente catto-
sistens catholicus et minister non lico e il ministro non cattolico, celebrando
catholicus insimul suum quisque ciascuno il proprio rito, chiedano insieme
ritum peragens, partium consen- il consenso delle parti .
sum exquirant.

Il ministro sacro - Vescovo, presbitero, diacono - può essere sia cattolico che
ortodosso . Non è necessaria alcuna carica o delega. Non si richiede neppure un 'assisten-
za attiva, a norma del can. 1108, § 2, anche se sia pastoralmente opportuna. Giuridica-
mente è sufficiente la sola presenza.
È d'obbligo la presenza dei due testimoni, ma non "ad validitatem": una tale clausola non
esiste per essi.
1127, § 2, I parte La dispensa dalla forma canonica da parte dell'Ordinario del 4149
luogo . Nei matrimoni misti con acattolici sia ortodossi che protestanti. come con catto-
lici che siano passati ad altra confessione religiosa (Pont. Comm . per l'interpret. del
Codi ce, I I febbraio 1972, n. I: X. OCHOA, Leges Ecc/esiae, IV, n. 400 3, co l. 6234 ), è
pre vista anche la possibilità della dispensa dalla forma canonica, se gravi difficoltà
(graves difficultates) ne impedisca no l'osservanza. Competente, a tal riguardo, è l'Or-
dinario del luo go della parte cattolica, il quale è tenuto a consultare l'Ordinario del
luogo in cui viene celebrato il matrimonio.
La dispensa va concessa non in forma generale. ma nei singoli casi. Per la validità
del matrimonio è poi richiesto che venga celebrato iII una qualche forma pubblica in modo
da evitare i matrimoni clandestini. È sufficiente, nel caso, anche la forma civile, poiché
il canone parla genericamente di "aliqua publica forma celebrationis", qualunque essa sia,
purché, ovviamente, la forma pubblica sia tale di diritto e non semplicemente di fatto? È

7 La forma pubblica di diritto è quella effettuata in un certo contesto sociale: per es., secondo
le consuetudini locali. il rito di una comunità religiosa, o, come s'è già detto, il rito civile, deter-
minato dalla legge dello Stato. La forma pubblica di fatto è quella che di pubblico ha soltanto uno
scambio di consenso alla presenza di molte persone, e questo certo non è sufficiente per conferire
validità al matrimonio ai termini del can. 1127. § 2.
390 LJBROIV - Il " munus sunctificundi" della Chiesa

tuttavi a in facoltà del Vescovo diocesano circoscrivere l' ambito della concessione median-
te clau sole limit ative, da osservarsi "ad validit atem" (pont. Comm. per l' int erpret. dei
Decreti del Concilio, 9 aprile 1979, n. I: Comm unicatio nes, a. 1970, p. 241 ).
4150 1127, § 2, Il parte La competenza della Conferenza Episcopale. Spe tta alla
Conferen za Epi scopal e dettare no rme concrete circa la co ncessione dell a dispen sa e la
form a pubbli ca da osservare, in modo che ciò avven ga con un iformità d i c rite ri. L'Or-
din ario del luogo è obbligato "ad Iiceit atem" (Communicationes , a. 1978, p. 98 , can.
319, § 3) ad attenersi a qu este norme (S.c. pe r la Dottrin a della Fede, 13 lugli o 1971:
X. OCH OA, Leges Ecclesiae , V, n. 4139, coll, 6399-6400).
4151 Nonne emanate dalla Conferenza Episcopale Italiana. Sono ispirate alle norme stabilite da
Paolo VI nel M.P. Matrimonio mixta del 31 marzo 1970:
- L' Ordinario ha la facoltà di dispensare dalla forma canonica. quando si oppongono gravi
difficoltà alla sua osservanza. Le norme della Conferenza elencano le seguenti difficoltà, che per
altro, vanno interpretate in senso esemplificativo: a) il legame di parentela o speciale dovere di
rapporti sociali e di amicizia delle parti con il ministro acattolico; b) la resistenza validamente
fondata della parte non cattolica nei riguardi della celebrazione con la forma canonica.
- Si richiede che, in caso di dispensa dalla forma canonica, il matrimonio sia celebrato
davanti ad un legittimo ministro del culto: si è voluto, in tal modo, evidenziare il carattere religioso
del matrimonio e agevolare nei contraenti la consapevolezza della indissolubilità del vincolo co-
niugale. Non è stata posta, quindi, l'altern ativa del solo matrimunio civile (CEI, Commissione
Episcopale per l'ecumeni smo, 20 giugno 1972: Enchir. CE/, voI. I, p. 1257, n. 4238).
4152 1127, § 3 (1063*) Un divieto giustificato, relativo alla celebrazione del m atrimo-
nio mi sto nell a forma ca no nica, d i cu i al § l . Il di vieto, c he tende ad evitare possibili
confusion i nell'animo dei co ntraenti e dei fede li, è duplice:
- È pro ibi to che, prim a o do po la celebrazion e canonica, abbia luogo un ' alt ra
celebrazion e religiosa del med esim o matrimonio, per la prestazione o il rinn o vo del
co nsenso matrimoniale.
- È vie tata, sim ilme nte , la co siddett a "c elebrazio ne ec ume nica", oss ia l' assisten za
si multanea del m inistro catt o lico e del mini stro non catto lico, i qu ali, cel eb rand o ciascu-
no il proprio rito, c hieda no insiem e il co nse nso delle part i. «È ovvio ch e tale proibizione
s' ispi ra non ad una discrimina zio ne de l va lore ritual e , ma a una conside razione di
caratter e ec ume nico e pedagogico: una so la ce lebrazio ne liturgica, presieduta dal rispet-
tivo mini stro, assolve il suo significato sacr amentale» tEn chir. CEI, voI. I , p. 1258, n.
4240,3).
Non è tutt avia pro ibito c he alla celebrazio ne del rito catt oli co partecipi il mini stro
aca tto lico , in qu alità di tes timo ne (cfr. can. 874, § 2). Egli inoltre «può interve nire al rito
con qu alche lettura bibl ica, con parole di aug urio e co n pregh iere in co mune. Egual e
modo di part ecip azione è possibile al sac erdo te ca ttolico, che sia prese nte al rito non
cattoli co ... Il sacerdote ort od os so pre sent e alla celebrazione in rito cattoli co , pu ò pronun-
ziare un' om el ia e dire qu alche preghiera» tEn chi r. CEI, voI. l , p. 1260 , n. 4243 , 5).
4153 La registrazione. I matrimoni misti celebrati davanti al ministro cattolico o non cattolico.
vanno tutti registrati regolarmente :
- Bisogna fare in modo che tutti i matrimoni validamente contratti siano registrati diligen-
temente nei libri prescritti dal diritto canonico. I pastori d'an ime procurino che anche i ministri
acattolici collaborino inserendo nei loro libri la registrazione delle nozze con la parte cattolica
(M.P. Matrimonia mixta, n. IO).
- La parte cattolica è tenuta a trasmettere l' attestato dell' avvenuto matrimonio al proprio
parroco. che ne curerà l'annotazione nei registri prescritti dal diritto canonico (Decreto CEI, 25 setto
1970, n. 3: Enchir. CE/, voI. I, p. 985, n. 3480).
Per i matrimoni contratti con dispensa dalla forma canonica, v. can. 11 21, § 3, e commento
relativo.
Il mummoniu 391

CAN. 1128 - Locorum Ordinarii Gli Ordinari dei luoghi e gli altri pastori
aliique animarum pastores curent, d'anime abbiano cura che, al coniuge cat-
ne coniugi catholico et filiis e ma- tolico e ai figli nati dal matrimonio misto,
trimonio mixto natis auxilium spi- non manchi l'assistenza spirituale per
rituale desitad eorum obligationes adempire i propri obblighi, e diano ai co-
adimplendas atque coniuges adìu- niugi il loro aiuto perché abbiano a pro-
vent ad vitae coniugalis et familia- muovere l'unità della vita coniugale e fa-
ris fovendam unitatem. miliare.
CAN. 1129 - Praescripta cann. Le norme contenute nei cann . 1127 e
1127et 1128 applicanda sunt quo- 1128 devono applicarsi anche ai matrimo-
que matrimoniis, qui bus obstat ni ai quali osta l'impedimento di disparità
impedimentum disparitatis cul- di culto, di cui al can. 1086, § l .
tus, de quo in can. 1086, § 1.

5. Il dovere pastorale dell'Ordinario del luogo e del parroco 4154


1128 I matrimoni misti creano delle situazioni molto delicate, particol armente sotto
l'aspetto religioso. È dovere dell'Ordinario del luogo, del parroco e dell'intera co munità
parrocchi ale. prestare ai coniugi l'aiuto necessario perché abbiano a realizzare l'unità
della loro vita coniugale e familiare. Un'assistenza speciale va offerta al con iuge ca tto-
lico e ai figli nati dal matrimonio misto .
Direttive della Conferenza Episcopale Italiana : 4155
- Le famiglie nate da matrimoni misti non devono sentirsi escluse e neppure trascurate dalla
cura dei pastori t: della fraternità delle comunità parrocchiali. Anzi. saranno oggetto di particolare
attenzione, ispirata a sincera carità ecclesiale. J coniugi di un focolare misto saranno aiutati a vivere
i valori comuni della loro fede e a dare testimonianza di vita cristiana. senza comprom essi t: senza
polemiche. di fronte ai figli e alla comun ità. Sentendo più di altri la sofferenza della divisione delle
Chiese. saranno orientati alla preghie ra per la riunione dei cristiani e alla formazione di una
sensibilità profondamente ecumeni ca. Certo, ogni matrimonio misto costituisce un caso a sé. con
le proprie difficoltà e possibilità , tuttavia, potrà trovare in una saggia pastorale della Chiesa locale
l' aiuto OCCOITt:nte per superare le difficoltà che sorgono prima delle nozze e durante la vita coniu-
gale (Enchir. CEI. voI. I. pp. 1258-1259. n. 4241).

6. Matrimoni contratti con la dispensa dell'impedimento di disparità di 4156


culto (can. 1086)
1129 Tali matrimoni determinano una situazione affine a quella dei matrimoni
misti. Si appli cano pertanto - servatis servandis - le medesime norm e stabilite nei
cann . 11 27 e 1128:
- Circa il principio generale dell 'osservanza della forma canonica. prescritta "ad
validitatern '',
- Circa la dispensa da parte dell'Ordinario del luogo in casi partic olari e per
motivi gravi, adeguati, secondo i criteri e le norm e stabilite dalla Conferenza Epis copale.
- Circa l'assistenza spirituale da prestare ai coniugi e alla prole.
Ovv iamente. prima di concedere la dispen sa. la parte cattolica deve fare anch e la dichia-
razione e le prome sse di cui al can. 1125. secondo le modalità prescritte dall a Conferenza
Episcopale. a termini del can . 1126 (can . 1086, § 2) . Tali impegni sono neces sari a maggior
ragione che nei matrimoni misti , poiché in questi l'un ione coniugale ha luogo fra coniugi dell a
stessa fede cristiana mentre nei matrimoni fra un battezzato e un non battezzato la fede reli -
giosa è dd tutto diversa.
392 LIBRO IV. Il "m unus sanctificaudi' della Chie sa

4157 7. Il matrimonio dei battezzati non credenti


" Codice di Diritto Canonico non co nsidera il matrimonio dei battezzati, i quali, pur
non ave ndo abbandonato " notoriamente" la fede cattolica (ca n. 1071 , § I, n. 4) né
avendo defezionato da ess a "con atto formal e" (can. 1117). so no in realtà dei " non
credenti". Tali matrimoni costituiscono un delicato problem a pastorale, che non è di
facile soluzione, anche per le sue implicazio ni dottrin ali, oltre che per la complessa
varietà delle situazioni co ncrete, oggetti ve e soggettive, alle quali , ev identemente, non
si può applicare un medesimo criterio.
Finora, i pareri e gli orientament i sono stati divergenti anche a livello di pastori.
Alcuni tendevano alla intransigenza: per essi, tali cattolici non più credenti non potevano
essere ammess i al matrimoni o religioso. Altri , più tolle ranti , affermavano che non po-
tevano essere esclusi. Altri. infine, prospettavano e prospett ano tuttora so luzioni prati-
che. osci llanti tra la concili azione e il compromesso.
Sostanzialmente le soluzioni prospettate sono due: promuovere una celebrazione a tappe del
matrimonio sacramento; rivalutare il matrimonio civile e consigliarlo - a quant i mostrano di non
avere più la fede necessaria - come periodo di attesa e di prova prima di ammetterli alla celebra-
zione sacra mentale.
Queste soluzioni meritano certo un'allenta considerazione, ma non sembra che, teologicamen-
te c giuridicamente, siano sostenibili: soprallutto la prima, che ha i suoi fautori specialmente in
Francia. Un matrimonio progressivo , a tappe o a gradi, non è infatti concepibile, anche perché, in
tale ipotesi, soltanto nella tappa definitiva sorgerebbe il vincolo coniugale, e in tutte le altre
costituirebbero una semplice fase preparatoria, durante la quale i due partners non sarebbero marito
e moglie né potrebbero considerarsi tali né come tali comportarsi .
4158 La seconda soluzione ha maggiore seguito ed è proposta sempre più insistentemente. ma
neppure essa può essere accettata, in quanto presuppone la separabilità del contralto mutrimoniale
dal sacramento matrimoniale. Ora l'inscindibilità dei due aspetti, anzi la loro identità, è da consi-
derarsi dottrina cattolica, teologicamente certa a motivo del costante insegnamento del Magistero
pontificio di questi ultimi seco li, anche se non si tratti di una dottrin a "irreformabile", in quanto
manca una "definizione autentica" (v. nn. 3735-3736).
4159 Attesa tale inseparabilità, il matrimonio civile non ha alcun valore dinanzi a Dio e in "foro
conscicntiae" per i battezzati cattolici, soggetti alla forma canonica, poiché non crea né può creare
fra essi un vero vincolo coniugale, tranne che si sia esonerati dalla legge canonica, come accade
per i cattolici che abbiano defezionato dalla Chiesa con atto formale (can. 1(17) o siano stati
dispensati da essa, come avviene nei matrimoni misti (can. 1127, § 2).
Sen za dubbi o, la Chiesa potrebbe anche non rendere obbligato ria nel suo ordinamento la
forma ca nonica, com'è accaduto per più seco li, e i cattolici potrebbero scegliere liber ament e
la forma civile, contra end o in tal modo un matrimonio pienament e valido, ma anche in questa
ipotesi la difficoltà di fondo rimane, poiché, per il fatto stesso che i contraenti so no stati
battez zati, il loro matrimonio civi le, reso lecito e valido, sarebbe ex se, necessariament e. con-
tralto e sac ramento insieme , né sare bbe in loro faco ltà - non è neppure in facoltà dell a Chiesa
- sci nde re o separare i d ue aspe tti. Per supe rare la difficol tà, bisogne rebbe rinun ziare teolo-
gica mente all a inse parab ilità fra co ntra tto e sacramento. ma questo è oggi poss ibile? "
problem a è molto complesso , e si può comprendere co me pochi, oggi, tendano a separa re il
contralto dal sac ramento, poiché solo in tal modo - essi dicono - si può superare la contrad-
dizione che sussiste tra mancanz a di fede e sacramento.
4160 Nell 'Esortazione Apostoli ca Familiaris consortio del 22 novembre 1981, Gio-
vanni Paolo II ha dato a tal riguardo una direttiva precisa, fatta di paterna compren-
sio ne e di equilibrata prudenza. Secondo il Romano Pontefi ce. per " ammissione al
matri monio religioso dei batt ezzati non più credenti, non si dev e rigu ard are il grado
di fede dei nubendi, cosa che comporterebb e gravi rischi, ma il loro e ventuale rifiuto
esplicito e fo rmale della natura essen ziale del matrimonio, qu al è inteso dalla Chiesa.
Solo do po un tale rifi uto - richi ama il Pap a - «il pastore di anime, dop o aver falto
il possibil e per convincere i nubendi , non può ammetterli alla ce le brazione religiosa
Il matrimonio 393

dci loro matrimon io. Anche se a malincuore, egli ha il dove re di prendere atto de lla
situazione e di far comprendere agl'i nteressa ti che, stando così le cose, non è la
Chiesa, ma essi stess i ad impedire quella celebrazione che essi pur chiedono» (n.68 ,
6: Enchir. Vat., volo 7, n. 1739).
Vedi anche l'in segnamento dell'Episcopato Italiano in "Evangelizzazione e sacra-
mento del matrimonio", 20 giugno 1975, nn. 91-96 : Enchir. CEI, volo 2, pp. 756-75 8).

8. Norme della Conferenza Episcopale Italiana 4161


Decreto Gene rale del 5 novemb re 1990, nn. 48-52: Enchir. CEI , voI. 4, pp. 1333-
1336.
IO Condiz ioni prescritte 4162
N. 48: «La dispensa dall'impedimento di disparità di culto, di cui al can . 1086, § l, o la
licenza per il matrimonio misto di cui al can. 1124, può essere concessa soltanto se sono state
osservate le condi zioni poste dal can. 1125. Ai sensi del can. 1126 si stabilisce quanto seg ue:
a) la parte contraente cattolica deve so ttoscrivere davant i al parroco la dichiarazione di essere
pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede e la promessa di fare quanto è in suo potere
perché tutt i i figli siano battezzati ed ed ucati nella Chiesa Cattol ica;
b) il parro co deve attestare che la parte non cattoli ca è stata chiaram ente informata circa la
promessa e gl'impegni assunti dalla parte cattolica e ne è consapevole;
c) entrambe le parti devono essere istruite sulla natura, sui fini e sulle proprietà essenziali del
matrimonio , che non devono essere esclu si da nessuno dei due contrae nti;
d) le dichiarazioni di cui alle lettere a, h e c devono essere esibite all'Ord inario del luogo
unitamente alla domand a di dispensa dell 'impedimento o di licen za per il matr imonio misto».
20 Il compito del parroco 4163
N. 49: «Nel caso di matrimonio misto il parroco, che procede all' istruttoria matrim oniale,
deve chiedere alla parte cattolica la presentazione di tutti i documenti religiosi di cui al n. 5 del
presente decreto.
Alla parte non cattolica il parroco chieda una dichiarazione che attesti che essa non ha mai
contratto alcun matrimonio. Di norma questa dichiarazione deve essere co mprovata per iscritt o da
parte almeno di un testimone idone o, scelto possibilmente nell' ambito della famiglia della parte
non cattolica. La parte battezzata non cattolica deve presentare anche il certi ficato di battesim o.
Queste richiest e non sono un segno di mancanza di tiducia nella person a non cattolica o di
minor rispetto delle sue convinzioni religiose: esse derivano dall'esigenza di assicurare , in con for-
mità alle leggi canoniche, la validità del matrimonio che s'i ntende celebrare . Più precisamente, è
necessari o accert are che non vi sia l'impedimento di un precedente vinco lo matrimoniale, a norma
del can. 1085. Occorre inoltre verificare se si de ve chiedere anehe la dispensa dall'impedimento di
disparità di culto "ad ca utelam".
È agev ole spiegare che tali esigenze non possono essere sodd isfatte, di non na, con la presen-
tazione di documenti civili.
Il parroco deve curare anc he le normali pubblica zioni canoniche nella parrocchia del domi-
cilio della parte cattolica. in conformità ai numeri 12. 13 e 14 del presente dec reto».
30 L 'osservanza dellaforma canonica ed eventuale dispensa 4164
N. 50. I: «II matrim onio misto sia celebrato con l' osse rvanza della forma canonica. L'Ordi-
nario del luogo ha il diritto di dispen sare da tale forma nei singoli casi, in presenza di gravi
difficoltà (cfr. can . I 127)>>.
4° Le necessarie motivazioni 4165
N. 50, 2: «Le motivazio ni che giustificano la dispensa sono, particolarmente, quelle relative
al rispetto delle esigenze personali della pane non cattolica. quali, ad esempi o, il suo rapport o di
parentela o di amicizia con il ministro acattolico, l' opposizione ehe incontra nell'ambito familiare.
il fatto che il matri monio dovrà essere celebrato all 'estero. in ambiente non cattolico. e simili».
394 LI BRO IV - II " munus sancurkandi" della Chiesa

4166 5° L'intervento legittimo del ministro del culto


*
N. 50. 3: «Fer mo restando quanto disposto dal can. 1127, 2. di norma - salvo che sia
disposto diversamente da eventuali intese con altre professioni cristiane - si richiede che le nozze
siano celebrate davanti a un legittimo ministro di culto, c non con il solo civile, stante la necessità
di dare risalto al carattere religioso del matrimonio».
4167 6° Il parroco della parte cattolica
N. 50. 4-5: «La concessione della dispensa dalla forma canonica non esime il parro co della
parte cattolica dagli adem pimenti di cui ai numeri 48 e 49 del presente decreto . Concl usi questi
adempimenti, il parroco inoltri la domanda di dispensa dalla forma canonica al prop rio Ordinario
diocesano in tempo utile, perché si possa effettuare la consultazione dell 'O rdinario del luogo in cui
avverrà il matrimonio (cfr. can. 1127, 2). *
Il parroco deve poi chiedere alla parte cattolica un attestato dell ' avvenuto matrimonio, affin-
ché sia in grado di curarne la dovuta registrazione nel libro dei matrimoni e nel registro dei
battezzati (cfr. cann, 1121 e 1122),).
4168 7° Gli effetti civili del matrimonio canonico
N. 5 / . I: «AI matrimonio misto celebrato nella forma canonica devono essere assicurati gli
effetti civili. di norma attraverso la procedura concordataria. Per grave motivo. come stabilito nel
n. l del presente decreto. l'Ordinario del luogo può dispensare da tale obbligo».
4169 80 L' osservanza del rito
N. 5 1. 2: «Quanto al rito si osservino le prescrizioni dei libri liturgici rispettivamente per il
matrimonio tra due persone battezzate e per il matrimonio tra una persona cattolica e una persona
non battezzata».
4170 9 0 Eventuali interventi del ministro di culto acattolico e del sacerdote cattolico
N. 5/. 3 : «II ministro di culto acattolico può intervenire al rit o cattolico partecipando attiva-
mente alla liturgia della Parola e alla preghiera comune. Eguale modo di partecipazi one è possibile
al sacerdote catto lico. invitato a partecipare al rito non cattolico. quando sia stata data la dispensa
dalla forma canonica. Si osservi, comunque. la disposizione del can. / 127. 3». *
4171 100 UI debita preparazione dei nubendi
N. 52 : <.I pastori d'anime curino con particol are atten zione la preparazione dei nubendi
al matri monio misto. Que sti nubendi devono essere aiutati a "conosce re le difficoltà che ins or-
gono in una vita coniu gale fra spos i divisi nell a fed e o nell a co mu nione ecc les ia le"
(Eva ngelizz azione e sac ramento del matrim onio. CEI . n. 97). In part icolare è dovero so richia-
mare le diffi coltà che i nubendi cattolic i vanno ad incontrare nel matri monio co n i fedeli di
religioni non cristiane , sopratt utto quando intendo no vivere in un ambiente diverso dal proprio.
nel quale è più difficil e conservare le convi nzioni religiose person ali. adempiere i dov eri di
cosc ienza che derivano, specia lmente nell'educazion e dei fig li. e otte nere leale rispett o della
propria libertà religiosa».

4172 MATRIMONI CELEBRATI IN SEGRETO (cann.1130-1133)


Schema
I. La causa grave e urgente e la licenza 3. La cessaz ione del segreto
2. Il segreto da osservare 4. L' annota zione del matrimonio segreto
5. Matrimoni clandestini e morganatici

Nel Codice precedente i m atrimoni cel ebrati in segreto e ra no detti matrimoni di


coscienza dal fine per cui se ne con senti va la cele b razio ne: pro vvede re all a " coscienza"
di due perso ne che no n po tessero contrarre matrimonio pu bbli camente . La nu o va den o-
m in azi on e è giurid icamente più es atta.
La Chiesa è stata sempre contraria a tali m atrimoni, per i gravi inconvenienti e
Il matrimonio 395

CAPITOLO VII
LA CELEBRAZIONE SEGRETA DEL MATRIMONIO

CAN. 1130· Ex gravi et urgenti Per una causa grave e urgente, l'Ordina-
causa loci Ordinarius permittere rio del luogo può permettere che un matri-
potest, ut matrimonium secreto monio venga celebrato in segreto.
celebretur.

pericoli che possono derivarne: scandalo, mancata Iegittimazione dei figli, insufficiente
educazione dei medesimi, frodi matrimoniali, ecc. Ha ritenuto tuttavia di conservarli
ancor oggi nella sua legislazione, per venire incontro a particolari situazioni, che diver-
samente resterebbero insolute, con danno delle anime.

1. La causa grave e urgente e la debita licenza 4173


1130 (1104*) Considerati i pericoli a cui s'è fatto cenno, i matrimoni segreti sono
permessi solo se sussista un motivo grave e urgente (il Codice precedente esigeva con
maggior rigore un motivo "gravissimo e urgentissimo" (can. 1104). Non basta, per sé,
il motivo "grave": è necessario che sia anche "urgente", sì che non si possa differire il
matrimonio tCommunicationes. a. 1978, p. 101, can. 324). In effetti, i matrimoni segreti
hanno carattere del tutto eccezionale.
L'esempio classico, proposto nella Enc. Statis vobis di Benedetto XIV del 17 no-
vembre 1741, è il caso di due persone che da molti anni vivono in concubinato, ma da
tutti sono ritenute marito e moglie. Occorre regolarizzare la loro situazione, ma un
matrimonio pubblico sarebbe causa di grave scandalo. Si celebra, pertanto, un matrimo-
nio segreto, che legittima la loro unione.
Altre cause possibili: l'opposizione illegittima dei genitori, l'eccessiva disparità
delle condizioni sociali, proibizioni imposte dalla legge civile, ecc. Ovviamente non
bastano da sé soli questi motivi: è necessario che l'eventuale matrimonio celebrato in
forma pubblica in dette circostanze, possa essere causa di gravi danni, morali ed eco-
nomici, agli sposi o anche ad altri, specialmente alle loro famiglie '.
Trattandosi di un caso particolare, il matrimonio segreto dev'essere regolar-
mente autorizzato dall'Ordinario del luogo. Il can. 1104 del Codice precedente
esigeva la licenza del Vescovo diocesano, escluso il Vicario generale, senza uno
speciale mandato. In pericolo di morte e anche in circostanze straordinarie, in cui
non sia possibile ricorrere all'Ordinario, la licenza può essere "presunta", ma
celebrato il matrimonio, l'Ordinario dev'esserne informato. Si considera impossi-
bile ricorrere all'Ordinario, se ciò possa avvenire solo per telefono o per telegrafo
(cfr. can. 1709, § 4).

I In una risposta della Congregazione dei Sacramenti, 2 luglio 1917, era detto in modo

tassativo che, relativamente alle vedove di guerra, la perdita della pensione civile non poteva
costituire motivo sufficiente per la celebrazione di un matrimonio segreto, e che, ricorrendo par-
ticolari circostanze, bisognava rivolgersi alla Santa Sede "in singulis casibus" (X. OcHOA, Lcges
Ecclesiae. I, n. 43, col. 78). Una tale norma venne successivamente attenuata, e gli Ordinari
diocesani possono, in casi del tutto particolari, concedere l'autorizzazione "iuxta suam prudentiam
et conscientiarn, prout magis in Domino expedire iudicaverint" (2D giugno 1919, ID giugno 1922,
21 gennaio 1927: Leges Ecclesiae, I, n. 187, col. 214; n. 424, col. 474; n. 734, col. 858).
396 LlBR() IV - Il " munus sanctificundi" oella Chiesa

CAN. 1131 - Permissio matrimo- Il permesso di cel ehrare il matrimonio


nium secreto celebrandi secumfert: in se greto comporta:
1 0 ut secreto fiant investigatio- IO che si facciano segretamente le debi-
nes quae ante matrimonium pera- te ind agini prematrimoniali ;
gendae sunt; 2 0 che sull'avvenuta ce lehraz ione del
20 ut secretum de matrimonio matrimonio si co nservi il seg reto da parte
celebrato servetur ab Ordinario lo- dell' Ordinario del luogo, dell' assistente,
ci, assistente, testibus, coniugibus. dei testimoni, dei con iugi .
CAN. 1132 - Obligatio secretum L'obbligo di conservare il segre to, di
servandi, de qua in can, 1131, n. 2, cui al ca n. 1131, n. 2, cessa per l'Ordina-
ex parte Ordinarii loci cessat si rio del luo go se a causa dell a sua oss er-
grave scandalum aut gravis erga vanza si tema il peric olo di un grav e scan-
matrimonii sanctitatem iniuria ex dalo o di una gra ve offesa alla santità del
secreti observantia immineat, id- matrimonio; e questo dev 'essere fatto
que notum fiat partibus ante ma- noto alle parti prima della ce lebra zione
trimonii celebrationem. del matrimonio .

4174 2. n segreto da osservare


1131 (l104-1I05 *) Riguarda le indagini prematrimoniali e lo stesso atto di matri-
monio.
Le indagini non vanno omesse, ma solo effettuate riservatamente. Da esse deve
risultare in modo positivo lo stato libero dei contraenti, con la certezza che nulla si
oppone alla valida e lecita celebrazione del loro matrimonio (can. 1066).
La celebrazione avviene con la normale assistenza canonica del ministro sacro e
alla presenza dei soli testimoni necessari a norma del can. 1108, § I. Sull'avvenuto
matrimonio hanno l' obbligo di mantenere il segreto: l'Ordinario del luogo, che ha dato
il permesso, il ministro assistente, i testimoni, gli stessi coniugi.
L'Ordin ario può anche esigere dalle dette persone una promessa formale, confer-
mata con giuramento.
Nel Codi ce precedente, i coniu gi erano vincolati al segre to, ma solo nel caso che la comparte
fosse contraria alla divulg azione del matrimonio: "altero non consentient e divulgationi" . La mede-
sima non na era co ntenuta nello Schema esa minato nell'ottobre del 1977 dal Gruppo di Stud io "De
iure matrimoniali" (Communicationes. a. 1978. p. 102, can. 325), ma poi venne soppressa, per cui
sono obbligati anch' essi al segreto, come Ic altre persone indicate nel canone (Ordinario de/luogo,
assistente, testimoni). Però è anche vero che il segreto è prescritto ncl loro interesse. per cui, ai
sensi del nuovo Codice, è forse da ritenere che, se i coniugi intendono rendere pubblico il loro
matrim onio, debb ano consultare previamentc l'Ordinario, il quale potrebbe avere anche dei motivi
per differirne la divulgazione.

4175 3. La cessazione del segreto


1132 (l 106*) L'obbligo del segreto da parte dell'O rdinario c dei suoi successori è
condizionato. Cessa "ipso iure", se dalla sua osservanza sorgesse il pericolo di un grave
scandalo o di una grave offesa alla santità del matrimonio. Per es., se i coniugi si
diportassero in pubblico come veri sposi e fossero quindi ritenuti concubinari, in quanto
nessuno conosce la loro vera situazione, oppure tentassero di contrarre un nuovo matri-
monio, profittando della segretezza del primo.
La cessazione del segreto da parte dell'Ord inario nei casi suddetti. dev' essere falla
nota alle parti prima della celebrazione del matrimonio.
Il matrimonio 397

CAN. 1133 - Matrimonium secre- Il matrimonio celebrato segr etamente


tocelebratum in peculiari tantum- sia annotato soltanto in un regis tro spec ia-
modo regesto, servando in secreto le, da conservars i nell ' archi vio segreto
curiae archivo, adnotetur, della curia.

4. L ' annotazione del matrimonio segreto 4176


1133 (1 107*) Va fatt a non nel com une regi stro dei matrimoni che si custodisce in
parrocc hia, ma nel registro speci ale co nse rvato nell' arch ivio segreto dell a Curia dioce-
sana, a nonna del can. 4 89, § I . Ov viamente, del medes imo matrimoni o non bi sog na
fare alc una an notazio ne ne i libri di battesim o (ca n. 1122, § I).
Il battesim o dci figli nati da ta le matrimoni o, sarà regolarm ent e segnato nel registro
parrocc hia le , o mettendo ne la patern ità. Il parroco, che è al corrente dell a sit uazio ne, è
ten uto pe r altro a darne comunicazione sub secreto all'Ordinario, il q uale pro vved e rà a
far registrare l'atto. con i da ti completi, nell' apposito libro seg reto della C uria diocesana.
L'obbligo della comunicazio ne è, in linea suss idiaria. an ch e dei ge nitori.
Cessato co munq ue il segreto, tutti i dati o me ssi nei registri parrocchi ali di matri-
mo nio e d i ba ttes imo. do vranno essere ritrascritti in essi.
Per " eventuale trascrizione agli effetti civili, è da tener presente l'alt. 8, 6° comma. dei 4177
nuovi Accordi stipulati tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana:
- L a trascrizione (de l ma tr imo nio canonico) può essere effett ua ta anch e po sterior-
mente su ric hies ta de i d ue contrae nti, o anc he di uno di es si, co n la co noscenza c se nza
l'opposizio ne dell ' alt ro , sempre c he entra mbi abbiano conserv a to ininterrottame nte lo
stato libe ro da l momento dell a celebrazi o ne a qu ell o della ric hiesta d i trasc rizion e, e
senz a pre giudizio dei diritti legittimamente acquisi ti da terzi.

5. Matrimoni clandestini e morganatici 4178


Il mat rimoni o ce lebrato segreta me nte no n è una forma intermedia tra que lla ordi-
naria e strao rdin aria, ma una par tico lare mod alità de l matrimonio can onico ordinario,
poiché interven gon o in ess o, a nonn a de l ca n. 1108, sia il mini stro ass iste nte ch e i
testimon i. Manca la pubbli cit à di fa tto , ma esiste q uell a d i d iritto.
Un tale ma trim on io non va co nfuso co l matr imo nio clande stino, né co n qu ello
morgan atico , né co l matri mo nio purament e re ligioso. priv o degl i effe tti civili .
Il matrimonio clandestino, abrogato definitivamente nella Chiesa dal Decreto Ne temere della
Congregazione del Concilio del 2 agosto 1907 , veniva contratto dagli sposi privatamente. senza In
presenza del ministro assistente (v. nn. 4063·4064).
Il matrimonio morganatico non si differenzia religiosamente dal comune matrimonio cano-
nico. Esso ebbe luogo nell'età feudale, tra un " vir nobilis" e una donna "minus nobilis" o non
nobile affatto. a condizione che a nessuno dei figli (neppure alla donna) sarebbero spettati i diritti
di nobiltà del padre né quelli patrimoniali, se non in maniera molto limitata.
Nell'età moderna, il matrimonio morganatico trovò applicazione solo presso l'a lta nobiltà e
poi soltanto in seno alle famiglie regnanti. Matrimonio morganatico fu, in Italia, quello contratto
nel 1877 da Vittorio Emanuele II con Rosa Vercellini Guerrieri. poi nominata contessa di Mirafiori.
I particolari effetti del matrimonio morganatico sono esclusivamente di carattere civile: gli
effetti canonici sono identici a quelli di qualsiasi matrimonio religioso.

GLI EFFE7T1 DEL MATRIMONIO (cann. 1134-1140) 4179


Schema
I. Il vincolo matrimoniale e la consa- 3. L'educazione della prole
crazione sacramentale 4. La legittimità dei figli e le presunzioni della legge
2. Parità di diritti e di doveri 5. La legittimazione e gli effetti
398 LIB RO IV - Il "munus sancrifi cand i" della Chie sa

CAPITOLO VIII
GLI EFFETTI DEL MATRIMONIO

CAN. 1134· Ex valido matrimonio Dal matrim onio valido nasce tra i co-
enascitur inter coniuges vinculum niugi un vincolo che, per sua natura, è
natura sua perpetuum et exclusi- perpetuo ed esclusivo; inoltre , nel matri-
vum;inmatrimoniopraetereachri· monio cristiano i coniugi sono corroborati
stiano coniuges ad sui status officia e come consacrati da uno speciale sacra-
et dignitatem peculiari sacramento mento per i compiti e la dignità del loro
roborantur et veluti consecrantur. stato.

Nel capitolo Vili , ded icato agli effetti del matrimonio , possono dis tinguersi due
parti:
- Effett i del matrimonio, contralto valid ament e, nei riguardi dei coniugi: cann.
1134- 1136
- Effetti nei riguardi dei figli : cann. 1137-1140
Il Codice, com'è ovvio, considera gli effetti propriamente giuridici; degli effetti
sacra mentali, che appartengono alla disciplina teologica, c'è solo un accenno nel can.
11 34.

4UlO l. Il vincolo matrimoniale e la consacrazione sacramentale


1134 ( JJ 10*) Il matrimonio dei cristiani battezzat i presenta un duplice inscindibile
aspetto o dimensione: di contralto o negozio giuridico e di sacramento, mezzo di grazia
e di santificazione. Dal contratto nasce il vincolo matrimoniale; dal sacramento deriva
agli sposi una consacrazione e una grazia particolare in ordine alla dign ità e ai compiti
del loro nuovo stato.
Il vincolo matrimoniale - vero vincolo giuridico, e non semplice rapporto esi-
stenziale di amore - è per natura sua perpetuo ed esclusivo: due prerogative fondamen-
tali, conseguenza diretta delle proprietà essenziali del matrimon io naturale come di
quello cristiano: l'indi ssolubilità e l'unità (can. 1056), da cui ha origine l' impedimento
matrimoniale previsto nel can. 1085.
La consacrazione che i coniugi ricevono mediante il sacramento del matrimonio è
analoga a quella operata dal battesimo, dalla confermazione e dall'ordine sacro. In
effetti, il matrimonio fra battezzati è un "sacra mento permanente", figura ed espressione
della mistica unione esistente fra Cristo e la Chiesa (Ef. 5, 2 1 ss.), e dal quale, come da
fonte perenne, fluisce la grazia necessaria perché gli sposi siano in grado di conseguire
i fini propri del matrimoni o e di attuarne i valori.
4181 Dal sacramento - ricorda il cnn. 1056 - deriva al matrimonio cristiano una l'articolare
stabilità in ordine all 'unit à e alla indissolubilità. Derivano inoltre per gli sposi due conseguenze di
grande importanza sul piano della fede e dell 'impegno cristiano: l'intima esigenza di vivere il proprio
matrimonio secondo il modello Cristo-Chiesa e la trasformazione di un amore c di una missione
umana in carità soprannaturale e voca zione divina. Strutturalmente, la famiglia non è solo il
"scminarium rei publicae" (Cicerone), ma anche e soprattutto il "serninari um Ecclesiae". Essa è anzi
una chiesa speciale: la "chiesa domestica" iLumen Gentium, n. Il , 2), un elemento organico della
Chiesa universale e particolare, e la missione degli sposi costituisce un vero "m inistero ecclesiale".
Tra gli effetti canonici del matrim onio è anche lo speciale rapporto che si crea fra il coniuge
e i consa nguinei dell'altro, detto affini tà, da cui sorge l'imped imcnto matrimon iale consider ato nel
cnn. 1092.
Il matrimonio 399

CAN. 1135 - Utrique coniugi ae- Entrambi i coniugi hanno pari doveri e
quum officium et ius est ad ea diritti per ciò che riguarda il consorzio
quae pertìnent ad consortium vitae della vita coniugale.
coniugalis.

2. Parità di diritti e di doveri 4182


1135 ( /I II *) In conformità col can. 208, nel quale è affermat a una esse nziale
uguaglianza fra tutti i fedeli nella dignità e nell'agire. in forza della loro rigenerazio ne
in Cristo, si enunzia nell' attuale canone la piena parità di doveri e di diritti tra i coniugi
per tutto ciò che riguard a il consorzio della vita coniugale. II canone presenta, in tal
modo, l'uguaglianza totale dei due sposi e non soltanto nella sfera degli "atti propri
della vita coniugale", prospettat a ne) can. Il) I del Codice precedente, secondo una
concezione più ristretta e meno personalistica.
Ma l'u guaglianza non è ugualitarismo esasperato, contrario all'autentica persona- 4183
lità e dignità della donna ed ai suoi compiti specifici. Pur nella uguaglianza dei diritti
e dei doveri, le funzioni della donna, e ncl caso nostro della sposa, sono diverse da
quelle dell'u omo . Le funzioni e i compiti dei due con iugi s'i ntegrano e si com pletano
a vicenda , per il maggior bene della famiglia e della società.
Su qu esto tema è illuminante l'in segnamento di Paolo VI:
- Noi vorre mmo mettervi in guardia co ntro alc une deviazioni poss ibili nel mo vimento co n-
tempora neo d i promozione della donn a. L'eguaglianza dei di ritt i non deve degenerare in un
livellamento eg ualitario e imperso nale. L' egualitari smo, decant ato ciecame nte dalla nostra società
materiulizzata, non s i cu ra affatto del bene speci fico delle persone, c, cont rariamente alla ap pare n-
ze, non si preoccup a di quel che con viene o non co nvie ne alla donna . Pe rciò esso risc hia di
spersonalizzarla.
- Pa rlare se mplice mente di pari fica zione dei diritti non risolve il proble ma della promozione
della donna, che è molt o più profondo. È necess ario tener cont o della differenziazione funzionale ,
pur nell 'ident ità di natu ra, della donna per rapporto all' uo mo: quindi della orig inalità del suo
essere , de i suoi valori e delle funzio ni che vi corrispondono, de lla sua vocazione umana do ve più
direttame nte s ' inco ntrano i prob lem i de lla vita, soprattutto nell a matern ità. Bisogna mirare a una
complementarietà effettiva , perché gli uom ini e le donne apportino le loro prop rie ricchezze e il
loro proprio dinam ismo per la costruzio ne di un mondo non live llato e uniform e, ma armo nioso e
unificato, secondo il disegno del Creatore '.
Cfr. anche la Lettera Ap. "Mulieris dignitatem" di Giovanni Paolo II, 15 agosto
1988, n. IO i Enchir. Vat., voI. 1I ; nn. 1251-1252).
Alcuni avrebbero voluto che il Codice specificasse concretamente i diritti e i doveri
dei coniugi. Non si è ritenuto necessario. e il canone si è limitato a stabilire il principio
della legitti ma uguaglianza di tali diritti e doveri, senza scendere a particolari determi -
nazioni, che è facile dedurre dai cann. 1055·1056, 1151, ecc. (Communicationes , a.
1978, p. 105, can. 33 1).
Il princi pio della pari tà dei con iugi è sancito formalmente nel nuovo Diritt o di Fam iglia 4184
emanato in Italia con la Legg e 19 maggio 1975, n. 151:
- Art . 143. Diritti e do veri reciproci dei coniugi. - Con il matrimon io il marito e la moglie
acquistano gli stessi diritti e ass umono i medesimi doveri.

I Cfr. L. C HIAPPf,TTA, Temi pastorali nel magistero di Paolo VI, Ed . Dehoniane di Napoli , voI.
Il, pp. 404 -405 .
400 LIBRO IV - 11 "munus sanct ificandi" della Chi esa

CAN. 1136 - Parentes officium I genitori hanno il dovere gravissimo e


gravissimum et ius primariumha- il diritto primario di curare con ogni im-
bent prolis educationem tum phy- pegno l'educazione della prole, tanto fisi-
sicam, socialem et culturalem, tum ca, sociale e culturale, quanto morale e
moralem et religiosam pro viri bus religiosa .
curandi.

Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà. all'assistenza morale e materiale alla
collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione.
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria
capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia .
Art. 144. lndirirm del/a vita familiare e residenza della fami gliu. ~I coniugi conco rdano tra
loro l'indirizzo della vita famili are e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di
entrambi e quell e preminenti della famiglia stessa .
A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attua re l'indirizzo concordalo.

4185 3. L'educazione della prole


1136 (II J3 *) La procreazione e l'educazione della prole sono uno dei fini es-
senziali del matrimonio (can . 1055, § l) . Ne deriva, come conseguenza diretta, il
grave obbligo dei genitori di curare con ogni impegno tale educazione. L'obbligo
perdura anche in caso di legittima o illegittima separazione (can. 1154). È un dovere
personale inalienabile. che non può essere ceduto ad altri , e nello ste sso tempo è un
diritto primario, perché spetta a loro, prima che ad ogni altro, l'educazione dei
propri figli",
L'educazione dev 'essere integrale, sì da abbracci arne armonicamente tutti gli
aspetti. Dev'essere fisica, sociale, culturale, morale, religiosa, a fine di promuovere
una compiuta formazione della personalità del giovane. Anche lo Stato ha i suoi
doveri , ma sono integrativi di quelli della famiglia:
4186 - Il compito educativo, spettante propriamente alla famiglia, ha bisogno del-
l'aiuto di tutta la società. Perciò, oltre ai diritti dei genitori e di quelli a cui essi
affidano una parte del loro compito educativo, esistono determinati diritti e doveri
che competono alla società civile, in quanto è ad essa che tocca provvedere a l bene
comune temporale. Rientra nelle sue funzioni favorire in più modi l'educazione della
gioventù: difendere cioè i doveri e i diritti dei genitori e degli altri che svolgono
attività educative e dar loro aiuto. Dov e poi manchi o sia insufficiente l'opera dei
genitori. spetta alla società civile, in base al principio della sussidiarietà, intervenire
opportunamente, sempre però rispettando i diritti e le istanze dei genitori (Dichiar.
eone. Gravissimum educationis, n. 3, 2) 3.

, Il dovere dell' educazione della prole è sancito formalmente nella legislazione italiana :
- Art. 30 della Costituzione: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare
i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi d'incapacità dei genitori, la legge provvede a
che siano assolti i loro compiti » (I O e 20 comma).
- Art. 147 del Codice Civile, secondo il nuovo Diritto di Famiglia: «Il matrimonio impone
ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle
capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli ».
.' Per altre importanti affermazioni del Concilio, le quali confermano il costante insegnamento
della Chiesa sul problema dell'educazione. v. il commento ai cann . 793 e 795, nel quale i compiti
educativi spettanti alla famiglia sono messi in rilievo ancbe in ordine alla scuola.
11 maLrimoniu 401

CAN. 1137 • Legitimi sunt filii Sono legittimi i figli concepiti o nati da
concepti aut nati ex matrimonio un matrimonio valido o putati vo.
valido vel putativo.
CAN. 1138 • § 1. Pater is est, § 1. Il padre è co lui c he è indi cato co me
quem iustae nuptiae demonstrant, tale dalle giuste nozze, tranne che si prov i
nisi evidenti bus argumentis con- il contrario con prove e vide nti.
trarium probetur,
§ 2.Legitimi praesumunturtilii, § 2 . Si presumono legittimi i tigli nati
qui nati sunt saltem post dies 180 almeno dopo 180 giorni a decorrere da
a die celebrati matrimonii, vel in- quello della celebrazione del matrimonio,
fra dies 300 a die dissolutae vitae o entro 300 giorni a decorrere da quello
coniugalis. della rottura della vita co niuga le.

Il compito educativo dei genitori nei riguardi dei loro figli, è stato riaffermato di
recente nella Carta dei Diritti della Famiglia pubblicata dall a Santa Sede il 22 ottobre
1983, art. 5 (cfr. Communicationes, a. 1983, pp. 146·147).

4. La legittimità dei figli e le presunzioni della legge 4187


1137 (1114 *) Il principio della legittimità dei figli è quello tradizion ale, contenuto 4188
anche nel can. 1114 del Codice preced ente:
- Sono legittimi i figli concepiti o nati da un matrimonio valido o putativo.
Il matrimonio valido è quello che ha piena efficacia giuridica, in quanto, nella sua
celebrazione, sono state osserv ate tutte le condizioni essenziali prescritte dalla legge
circa il consenso, la libertà da impedimenti , la forma canonica.
Il matrimonio putativo è il matrimonio invalido , celebrato in buon a fede da almeno
una delle due parti, fino a quand o entrambe le parti non acquisi scano la certezza dell a
sua nullità (can. 1061, § 3). Non si considera la convinzione dell a gente , ma la buon a
o mala fede dei coniugi.
La legittimit à viene rapportata al concepimento e all a nascita: "filii co ncep ti aut 4189
nati". Di consegu en za, so no legittimi giuridicamente:
- Non soltanto i figli concepiti e nati du rant e il matrimonio valido o putati vo;
ma anche
- I figli concepiti prima del matrimonio e nati dopo la s ua celebrazione ; e
similme nte
- I tigli con cepiti durante il matrimonio e nati dopo la sua cessazion e per la
morte del padre , o dopo il suo eventu ale scio glimento, a seg uito della dichiarazione
di nullità o della rottura della vita coniugale
La prole nata da un matrimonio putativo conserva sempre la sua legittimità giuridica, anche se
in seguito abbia a cessare la buona fede dei contraenti e il matrimonio stesso venga dichiarato nullo.
1138 (1115 *) Il canone stabil isce due presunzioni di diritto circa la legittim ità 4190
della prole.
Per la prima, fondat a su un'antica norma del diritto romano , la legge considera
padre colu i che è il legittimo marito della donna, la quale ha dato alla luce il bambi no.
Ma la presun zione cede alla verità, per cui ha valore finché non si dimo stri con prov e
la realtà de i fatti. Fra le prove ammess e è quella biologica, diretta ad accertare se il
bambino presenta le medesime caratteristiche genetiche del presunto padre e il medesi-
mo gruppo sanguigno.
402 LIBRO IV - Il "m unus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 1139 - Filii ilIegitimi legiti- I figli illegittimi so no legittimati con il


mantur per subsequens matrimo- successivo matrimonio dei ge nitor i, sia
nium parentum sive validum sive valido c he putativo , o co n rescritto dell a
putativum, vel per rescriptum Santa Sede.
Sanctae Sedis.
CAN. 1140 - Filii legitimati, ad Per qu anto concerne gl i effetti canonici,
efTectus canonicos quod attinet, in i figli legittim ati sono eq uipa rati in tutto
omnibus aequiparantur legitimis, ai figli legittimi, trann e che il d iritto di-
nisi aliud expresse iure cautum spo nga altro espres samente .
fuerit.

La seconda presunzione si fonda sui dati fisiologici della gestazione. Si presumono


legittimi:
- I figli nati almeno dopo 180 giorni a decorrere da quello della celebrazione del
matrimonio
- O entro 300 giorni a decorrere da quello della rottura della vita coniugale
Di conseguenza, il bambino nato nei primi 179 giorni di matrimonio o dopo il 300 0

giorno 11011 si presume legittimo: se la legittimità esiste realmente, bisogna dimostrarlo.


I detti termini coincidono con quelli stabiliti in genere dalle legislazioni civili. compresa
quella italiana: cfr. art. 232 del Codice Civile; cfr. anche gli artt, 233-2 35 e 249. tenendo conto
degli art t, 90-92 del nuovo Diritto di Fam iglia, Legge 19 maggio 1975, n. 151, che hanno apportato
alcu ne modifiche.

4191 S. La legittimazione e gli effetti


1139 (1 / /6*) I figli illegittimi - sia naturali che spuri (can. Il J 6, Codice 1917)
- possono essere legittimati' :
- lpso iure, mediante il successivo matrimonio valido o putativo dei loro genitori
- Per rescritt o della Santa Sede, su istanza degl'int eressati
1140 (1 / /7* ) Gli effetti della legittimazione. I figli legittimati mediante il succes-
sivo matrimonio valido o putativo dei genitori, sono equiparati in tutto ai loro figli
legittimi, tranne che il diritto disponga diversamente', Per i figli legittimati con rescritto
della Santa Sede, occorre attenersi alle eventuali limitazioni espresse nel medesimo.
4192 Nel Cod ice precedent e, i figli legittimati:
- Non potevano essere nom inati Cardi nali (ca n. 232, § 2. n. I), Vescovi (ca n, 33 1, § I.
n. I) , Abati e Prelati nullius (ca n. 320 , § 2).

, Il ca n. 105 1 del Codi ce precedente è stato sopp resso (Co mmuni cat ìones. a. 1973, p. 78.
50 c pv.).
I La tendenza degli attu ali ordinamenti civili è per la piena equiparazione dei figli legit-
timi e illegittimi (si preferi sce de no minare que sti ultimi "naturali" ). La legislazione della
Chiesa seg ue lo stesso principio c he, per la verità, risponde maggiorment e al se ntimento cri-
stiano dell a carità e della giusti zia in quanto i figli non possono essere discriminati per le colpe
dei ge nitor i. Forse sarebbe stato opportu no so pprimere la stessa distin zione tra figli legittimi
e illegittim i. co me da più part i e ra stato ef fettiva me nte richie sto. Si è rite nuto co nservare la
di stinzione. per mettere in luce la santità del matrimonio e la profond a d istinzione morale
esistente tra le union i legittime e quelle illegittime o irregola ri (Com munica tiones . a . 197 3. pp.
76 -77 . ca p. IX; a. 198 3, p. 240. cann. 1091- 1094 ).
Il matrimonio 403

CAPITOLO IX
LA SEPARAZIONE DEI CONIUGI

ART. 1
LO SCIOGLIMENTO DEL VINCOLO

CAN.1141·Matrimoniumratum Il matrimonio rata e consumato non può


et consummatum nulla humana essere sciolto da alcuna potestà umana né
potestate nullaque causa, praeter- per alcuna causa, eccetto la morte.
quam morte, dissolvi potest.

Inoltre gl'illegittimi non legittimati:


- Non potevano essere ammessi in se minario (Pont. Comm. per l'interpret. del Codi ce 13
luglio 1930. n. III: X. OcHOA. Leges Ecclesiae, I. n. 982 . col. 1186)
- Erano irregolari "ex defeetu" rispetto alla recezione deg li ordini sac ri (can. 984, n. 1)
Tutt e queste norme restrittive sono state abrogate col nuovo Codic e. Qualche limitazione,
tuttavia, potrebbe essere disposta per diritto particolare o per statuto (Cnmmunicationes. a. 197 8.
p. 106 . can. 333 ; cfr . anche a. 1973, p. 78, 7° cpv.).

LO SCIOGLIMENTO DEL VINCOLO MATRIMONIALE 4193


(cann. 1141-1150)
Schema
l. L'assoluta ind issolubilità del matrimonio rato e con sumato 4. Il privilegio paolino
2. La moti vazione 5. Il pri vilegio petrino
3. Lo sc iog limento del matrimonio non consumato 6. Il "faver iuris"

Il cap. IX tratta della separazione dei coniugi. Tale separazione può essere perfet-
ta, con scioglimento dello stesso vincolo matrimoniale (art. I), oppure semplice, con la
sola rottura della convivenza coniugale (art. 2).
Lo scioglimento del vincolo matrimoniale ha luogo mediante dispens a "s uper
rata " (can. 1142) e attr aver so il privilegio paolina (cann. 1143-1147 ) e petri no (ca nn.
1148-1149)
Il privilegio paolino e quello petrino sono ambedue privilegi della fede. che hanno
una stretta affini tà fra di loro, anche se i concetti siano distinti.
In ordine all'appl icazi one del "privilegio petri no", a llo scioglimento del matrim onio legitt imo
"in favorem fidei" , cfr. l' Istr . Ut notum eSI della Con gregazione per la Dottrina della Fed e e le
Norme procedurali relati ve , 6 dicembre 1973: Enchir. Vat., voI. 4, pp. 1786-1799 .

1. L'assoluta indissolubilità del matrimonio rato e consumato 4194


1141 ( / / / 8 *) Il canon e enunzia un princip io di carattere teologico-giuridico:
- Il matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da alcuna potest àumana
né per alcuna causa, eccello la morte.
Il matrimonio rato e consumato, a termine del can. 1061, § l, è il matrimonio
celebrato validamente fra due persone battezzate (matrimonio-sacramento), a cui sia
404 LI BRO IV . Il "munus sancti ficandi" della Chiesa

seguito in mod o umano l' atto co niuga le, ido neo per sé alla ge nera zione dell a prole (cfr.
i! commento al dett o ca no ne) . L ' e ventu ale "atto" com piuto prim a dell a ce le braz ione del
mat rimonio, non ha alcuna ri!evanza so tto questo aspetto , ossi a no n è "co ns umazio ne"
nel se nso inteso dal ca no ne .
4195 T ale matrimon io non può esser e sciolto per nessun a cau sa:
- Né intrinsecamente, pe r volo ntà degli sposi, i! c ui reciproco co nsen so è asso lu-
tame nte irrevoc abile
- Né estrinsecamente, per l' int erv ento di alcuna autorità umana, ci vile o re ligiosa
So lo la morte può sc iogliere un tale matrimonio (I Cor. 7, 39)1. La ragion e dell a sua
assoluta indi ssolubilità è nel suo duplice elem ento: il carattere sa cr a me nta le e il fatto
dell a co ns umaz io ne, che, insiem e , es primo no perfettam ente l' in separabile unione di
Cristo co n la Ch ies a.
4196 L'mdissolubilità assoluta è affermata solo per il matrimonio-sacramento contratto fra due
persone battezzate e da esse debitamente consumato. È possibile, invece, in casi eccezionali e per
adeguati motivi:
- Lo scioglimento del matrimonio-sacramento, a cui non sia seguita la debita consumazione:
matrimonio rato e non consumato
- Lo scioglimento del matrimonio legittimo, contratto fra due persone non battezzate o fra
una persona battezzata e un'altra non battezzata, anche se consumato
Un tale potere spetta nella Chiesa al Romano Pontefice in virtù della sua potestà vìcarla,
ossia della pienezza della sua potestà apostolica. Egli può sciogliere in favorem fidei , per cause
gravi, i matrimoni che non riuniscano insieme i due caratteri o elementi: la sacramentalit à e la
consumazione' .

4197 2. La motivazione
La rag ion e dell'asso luta indiss o lubilità de l matrimon io rato e co ns umato c he si
suo le addurre tradi zion almente nell a dottrina ca tto lica, è nel suo du plice e le me nto: il
caratte re sac ra me ntale e il fatt o dell a sua con sumazione, c he , insieme, espri mono per-
fett am ente l'unione inseparabile d i Cr isto con la Chiesa (Ef. 5, 2 1 55.) , confere ndo al
matrimon io cristiano una piene zza e una perfezione c he ne imped isce lo sciog limento
da parte di qualsi asi autorità umana , non esclu sa quella vic ari ale del Romano Pontefice .
O ggi , tuttavia, il detto princip io è messo in di scu ssion e d a non pochi c anonisti e
teo logi, i qu ali afferman o :
IO Che la sacramentalità del matrimonio è sostanzialmente identica nel mat ri mon io raro e in
quello rato e consumato.
20 Che la consumazione del matrimonio, dovuta a un impulso d' istinto, è un l'ano puramente
biologico, il quale, se pur integra il simbolismo del matrimonio cristiano, esprimendo con maggiore

I Qualora la morte del coniuge non possa essere dimostrata, si ha il caso della "morte pre-

sunta", per il quale è da tener presente il can. 1707, § I: «Ogni volta che la morte del coniuge non
possa essere dimostrata con un documento autentico, ecclesiastico o civile, l'altro coniuge non sia
considerato sciolto dal vincolo matrimoniale se non dopo la dichiarazione di morte presunta. pro-
nunziata dal Vescovo diocesano».
, Non fanno difficoltà le parole del Cristo, che richiamano il divieto divino: «L' uomo non
separi quel che Dio ha congiunto» (MI. 19, 6), poiché tali parole escludono la dissolubilità intrin-
seca del matrimonio, per volontà degli sposi, e quella estrinseca per l' autorità dello Stato, ma non
lo scioglimento estrinseco, in determinate circostanze, per la potestà della Chiesa, che viene eser-
citata in nome e per autorità di Dio. Cfr. a tal riguardo il Discorso rivolto da Pio XII ai membri
della S. Romana Rota il 3 ottobre 1941 , n. 3 (Dimm i e Radiom essaggi , vol. III, pp. 2 13-2 15).
Il matri monio 405

pienezza l'uni one indissolubile di Cristo con la Chiesa, nulla però aggiunge alla perfezione del
matrimonio considerato nella sua propria natura.
Ne deriva la con seguenza che il Papa potrebbe "ex potestate vicaria" sciogliere per
adeguati moti vi anche il matrimonio rato e consumato.
È tuttavia da rilevare che i documenti pontifici limitano senza alcun dubbio il 419&
potere di dispensa o di scioglimento ai matrimoni rati e non consumati (citiamo fra gli
altri Gregorio XVI, Pio VII, Pio IX, Leone XIIl , Pio XI, Pio XII, Paolo VI). Conseguen-
temente, il magistero dei Romani Pontefici circa l'assoluta indissolubilit à del matrimo-
nio rato e consumato è formale e vincolante. È un insegnamento autentico che ogn i
fedele, a norma del can. 752, ha l'obbligo di accettare "con religioso ossequio dell'in-
telletto e della volontà".
Però è anche vero che il detto insegnamento non è definitivo, ossia non ha
carattere "d ogm atico" e quindi irrefo rmabile, e che pertanto non può esse re esclusa
la possibilità che, a segu ito di un approfondimento teologi co-giuridico del problema,
venga adottata in avvenire una soluzione diversa, la quale riconosca al Romano
Pontefice una pote stà più ampia, comprensiva del matrimonio rato e consumato, per
il bene supremo delle anime . E significativo che nei documenti del Concilio Vatican o
Il si parla solo della indis solubilità del matrimonio in genere (Gaudium et Spes, n.
48, I; 50, 5; Apostol icam actuositatem , n. 112), ma in nessuno di essi si riferisce
questa indissolubilità al matrimonio rato e consumato. Il problema resta pertanto
aperto e molti auspi cano che venga risolto positivamente, comprendendo tra i poter i
conferiti alla Chiesa da Cri sto anche quello di sciog liere per motivi adeguati anche
il matrimonio rato e con sumato.
Alcuni sostengo no che la Chiesa , nei secoli passati , abbia effetti vamente dispensato in 4199
alcuni rari casi dal matrimonio rat a e consumato, e citano a tal riguardo Gregorio Il (715-731 )
e Celestin o III (11 81-1198), e anche duc Concili particolari , il Vermerien se (a. 756) e il
Compedien se (a. 759). Ma su quelle dispense non si hanno prove certe e le delib era zioni dei
due Co ncili non furon o mai prese in con siderazione, anche perché formulat e solto la pressione
di principi secolari , a ciò intere ssati (Communicationes, a. 1975, p. 186). Il problem a storico
merita comunque di essere approfondito.
Quanto al problema dottrinale e giuridico, son noti i tentati vi fatti in que sti ultimi tempi 4200
per s upe rare le diff icoltà del matrimonio raro e consumato. Alcun i sostengono che la
indissolubilit à del matrimonio rappresenti solo un ideale proposto da Cristo c sia in sostanza
una norma etica più che una norma giuridica. font e di doveri e di diritt i. Altri, come il prof.
Bernard propongon o la cosiddetta teoria della "consumazione esistenz iale" , per cui non basta
la sola unione fisica , ma si richiede anche il raggiungimento di un ulteriore perfezionament o
mediante la "unitas cordium" degl i sposi. Ma sono teor ie prive di con sistenza, e si corre il
rischio co n esse di destabi lizza re il matrim onio .

3. Lo scioglimento del matrimonio non consumato


a) Cenni storici 4201
Sto ricamente la que stione dello scioglimento del patrimonio rato e non consuma-
to si ricollega con la nota controversia esistente nel sec. XI! tra la Scuola di Par igi
e quella di Bologn a, che ebbero i loro maggiori rappre sentanti in Pietro Lombardo e
Graziano.
La Scuola di Parigi sosteneva che il matrimonio rato era un vero e proprio sacramento,
indipendentemente dalla sua consumazione, c, come tale, era da considerarsi assolutamente indis-
solubile. La Scuola di Bologna affermava invece che il matrimonio poteva dirsi sacramento. e
quindi essere considerato indissolubile, solo dopo il suo perfezionamento mediante la consumazio-
ne: di conseguenza, il matrimonio semplicemente rato, non essendo ancora sacrament o, poteva
essere sciolto da un nuovo matrimonio debitamente consumato, come anche dal voto religioso o
anche da affinità sopravveniente.
406 LIBRO IV - Il "mun us sa nctific andi' della Ch iesa

CAN. 1142· Matrimonium non Il matrimonio non consumato fra bat-


consummatum inter baptizatos vel te zzati o fra una parte battezzata e l'altra
inter partem baptizatamet partem non battezzata , può essere sc io lto dal
non baptizatam a Romano Pontifi- Romano Pontefice per un a giust a cau sa,
ce dissolvi potest iusta de causa, su richiesta d i a m be d ue le parti o di un a di
utraque parte rogante vel alteru- esse, a nc he se l'altra s ia co ntra ria .
tra, etsi altera pars sit invita.

Nel I 159 salì sulla Cattedra di Pietro il celebre Maestro Roland o Bandinelli , co l nome di
Alessandro III. Egli che precedentemente aveva seg uito la Scu ol a di Bologna. di ve nuto Papa
vo lle dirimere la co ntrove rsia, ass ume ndo a tal riguardo una posizione intermedia, c he e bbe il
merit o di conci liare le o pposte posizioni dell e du e Scuole. Afferm ò infatti che il matrim onio
anche non consumato è sac ramento c, dali' altra, distinguendo tra matrimonio se mplice mente
rato e ma tri monio raro e co nsumato, stabilì il princip io che il matr imoni o se mplice mente rato
potes se sciogliersi per una gi usta caus a, e che solo il matrimoni o rato e co nsumato fosse da
considerarsi del tutto indisso lubile .
Aless andro III. tutt avia, non parlò es pressa mente del pote re dell a Chiesa di sciogliere il
matrim on io med iante la dispensa. Un tale pote re co minciò ad esser e a ttribuito in modo formale
al Rom ano Ponte fice nel sec . XIII . ma non tutti i canonisti erano d' accord o e si ebber o tra essi
vivaci polem iche, per cui nel 1599 Clemente VIII (1592-1605) affidò l'esame dell a questione
a una Commissione di ott o Cardinali, i quali riconobbero ad unanimità che non c'era alcun
dubbio sul potere del Pontefice . Le discussioni co ntinuarono anc ora in forma più attenu ata per
tutto il sec . XVII , poi cessarono definitiva mente nel sec. XVIII , e il conse nso dci cano nisti e
dei teologi sull' autor ità del Papa fu unanim e.

4202 2. Le norme canoniche


1142 (1// 9 *) Si discute nella dottrin a se la potestà d i sciog liere il matrim onio rato
e non co nsumato) sia una prerog ativa del Papa o appartenga per sé anch e a i Vescovi
(cfr. Commun icationcs , a. 1978, p. 108, ca n. 338) . Di fatto , per una cos tante prassi
ecclesiale, risalente a Martino V ( 1417- 143 1) - secondo altri, ad Alessandro 1/1 ( 1159-
1181) - essa viene esercitata esclusi vamente dal Rom ano Pontefice,
Dai documenti della Santa Sede risul terebbe che soltant o il Papa disponga di questo
potere. Cfr. in particolare l'lstr.della Congregazione per la Chiesa Orientale, 13 luglio
1953, art. l , in cui è dett o espressamente: " Uni Romano Pontifici divinitus potestas
dispen sand i supcr matrimon io rato et non consurnrnato " (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, Il,
n. 2361 , col. 3 155).
4203 La possibilit à della dispensa "super rato" è fondata tradizionalmente, co me s'è già
accenn ato, sul fatto che il matrimonio non consumato, pur avendo una sua validità
giuridica c sacramentale completa, non ha raggiunto quella pienezza e quell a perfezione
alla quale tende "ex se", e per la quale, secondo l' espressi one biblica, gli sposi diventano
una sola carne (can. l 061 , § l ), ed attu ano ed esprimono compiutamente l'inseparabile
unione di Cristo con la Ch iesa (Ef. 5, 21 ss.),

J Lo scioglimento da pane del Papa del matrimonio non consum ato fra batte zzati o fra una
parte battez zata e l'altra non bettezzata, è detta comunemente dispensa, ma è solo in senso impro-
prio, in quant o il Romano Pontefice non rimette l'obbligo della indissolubilità imposto dalla legge
divina, ma ag isce direttamente sull' atto umano proveniente dalla libera volontà del fedele soggetto
alla sua autorità, con una certa remi ssione "ex parte materiae" . L'effetto è lo scioglimento del
vincolo matrimoniale posto in esse re dalla volontà del fedele. da non confondere co n la dichiara-
zione di nullità del matrim onio, che, contratto invalidamente. non è mai esistito.
Il matrimonio 407

La dispensa concerne sia il matrimonio non consumato di due persone battezzate, 4204
sia quello contratto fra una persona battezzata e l' altra non battezzata, con dispens a
dall'impedimento di disparità di culto. La sua concessione, tuttavia , richiede per la
stessa validità una giusta causa.
La giusta causa è necessaria "ad validitatem" per un duplice motivo: 4205
- Perché la dispensa ha luogo su una legge divina e non ecclesiastica
- Perch é la sua concessione, fatta in nome e per autorità di Dio , esig e "ex sua
natura" un motivo adeguato, escludendo ogni abuso e arb itrarietà
Tale causa è sos tanzialmente una sola: la salus animarum, che è la suprema legge
della Chiesa (can. 1752) . Ad essa si richiamano tutte le cause concrete, che, secondo la
prassi, sogli ano addursi. Ovviamente, il relativo giudizio è da rapportarsi alle particol ari
circos tanze del caso speci fico: " habita ration e adiunctorum casu s" (can. 90, § I).
Precipue cause:
- L 'a ssoluta incompatibilità di carattere fra gli sposi, che rende la loro convivenz a partic o-
larmente diffi cile
Il timore di gravi disco rdie e di risse fra le loro famiglie
Il divorzio civile ottenuto da una delle parti. la quale già convive con un' altra persona
Una inguaribile malattia co ntagiosa, contratta da uno dei coniugi
Una grave malattia mentale
- L'apostasia dalla fede
- Il pericolo di "perversione" di un coniuge, per l'atteggiamento assunto dalla comparte, ecc.
È anche nece ssario che sia prov ato giuridicamente il fatto della non co nsumazione,
che è il presupposto essenziale per la concessione della dispen sa.
L'esistenza della giusta causa e il fallo dell a non consumazione si accertano
giudizialmente mediante un parti colare proc esso , le cui norme fondament ali sono con-
tenute nei ca nn. 1697-1706.
La dispensa - afferma il canone - viene concessa dal Romano Pontetìce su
richiesta di a mbedue le parti o di una di esse, anche se l' altra sia contraria (cfr. can .
1697). Ovviamente, nell'istruttoria del proces so, si valutano debitamente anche le ragi o-
ni della par te contraria.
Nell' ordinamento precedente, il matrimonio rato e non consumato veniva anche sciolto "ipso 4206
iure" dall a solenne professione religiosa (can. 1119, Codice 1917). Tale norma è stata so ppressa
nel nuovo Codice, poiché non ha più alcuna rilevanza pratica (Communicationes, a. 1973 , p. 80,
2° e 3° cpv.).

4. Il privilegio paolino 4207


1143-1147 (1120-1/24 e 1126*) Si tratta del privile gio fond ato sul celebre passo
della r Lettera ai Corinzi, cap. 7, vv. 11-15. Riguarda lo scioglimento infavorem fidei
del matrimonio contratto da due persone non battezzate, nel caso che una di esse si
converta alla fede cristi ana e ricev a il battesimo.
Il problema di tali matrimoni sorse con le prime conversioni dei pagani al cristia-
nesimo . San Paolo, di sua iniz iati va o forse su richie sta dell a comunità cristiana di
Corinto (l Cor. 7, I), dette al riguardo le seguenti direttive pastorali e giuridiche:
- Se mai 1111 nostro f ratello ha per moglie un 'infedele, e costei consente di con-
vivere con lui, f10fl la ripudi. Similmente, se una donna ha per marito IIn pagano. e
questi è disposto a rimanere con lei, non l'abbandoni. Il marito non credente viene
santificato dalla moglie. e la moglie non credente viene santificata dal marito ... Ma se
la parte non credente vuole separarsi. si separi pure. In queste circostanze. il cristian o
o la cristiana non sono schiavi: Dio vi ha chiamati alla pace (7, 12-15).
408 LIBRO IV - Il "munus sanctificundi " della Chiesa

CAN. 1143 • § 1. Matrimonium § 1. Il matrimonio contratto da due per-


initum a duobus non baptizatis sone non battezzate, per il privilegio
solvitur ex privilegio paulino in paolino in favore della fede della parte
favorem fidei partis quae bap- che ha ricevuto il battesimo, si scioglie
tismum recepit, ipso facto quo no- per il fatto stesso che la parte battezzata
vum matrimonium ab eadem par- contrae un nuovo matrimonio, purché la
te contrahitur, dummodo pars parte non battezzata si separi.
non baptizata discedat.
§ 2. Discedere censetur pars non § 2. Si ritiene che la parte non battezza-
baptizata, si nolit cum parte bapti- ta si separi, se non voglia coabitare con la
zata cohabitare vel cohabitare pa- parte battezzata o se non sia disposta a
cifice sine contumelia Creatoris, coabitare pacificamente, senza offesa del
nisi haec post baptismum recep- Creatore, tranne che la parte battezzata,
tum iustam illi dederit discedendi dopo il battesimo, abbia dato all' altra par-
causam. te un giusto motivo per separarsi.

4208 Si discute sul carattere della nonna contenuta nel detto testo, se cioè sia di diritto divino. in
quanto stabilito personalmenteda Cristo, oppure di diritto apostolico. Sembra che sia stato lo stesso
Paolo a dettarla, in forza della sua autorità di Apostolo, anche perché egli distingue bene tra la
legge della indissolubilità istituita da Dio: "Non sono io, ma il Signore ordina...", e il privilegio
della fede attribuito a se stesso: "Agli altri dico io, non il Signore...". Sostanzialmente il valore
normativo del privilegio non muta, poiché anche nella seconda ipotesi il privilegio deriva indiret-
tamente da Cristo, che ha eletto i suoi Apostoli, conferendoloro la necessaria potestà per governare
pastoralmente la Chiesa. I canonisti che seguono la prima interpretazione parlano di "privilegium
a Christo Domino concessum et ab Apostolo prornulgatum".
4209 Ovviamente il privilegio paolino, che ha per noi qualche punto oscuro o incerto,
dev' essere interpretato alla luce della tradizione, frutto di una lunga riflessione teo-
logica e canonistica durata più secoli. I primi documenti pontifici che trattano di esso
con una certa organicità sono le Decretali di Clemente III e quelle di Innocenza III
(1198-1216). Seguono, a partire dal sec. XVI, le varie istruzioni e direttive delle
Congregazioni Romane che ne determinano con una certa compiutezza le modalità e
i limiti di applicazione, in rapporto ai nuovi problemi pastorali sorti dall'evangeliz-
zazione del nuovo mondo. 11 Codice attuale conferma sostanzialmente la normativa
del Codice precedente.
4210 Relativamente all'epoca patristica, il primo scritto che, commentando il passo paolino, affer-
ma in modo espresso e inequivocabile la facoltà del coniuge cristiano di contrarre un nuovo
matrimonio, è quello famoso dell'Ambrosiaster, un autore non identificato del IV secolo, che, al
tempo di Papa Damaso (366-384), scrisse un commento alle Lettere di S. Paolo, esclusa quella agli
Ebrei. L'opera, attribuita un tempo a S. Ambrogio, è per altro spuria, com'ebbe a dimostrare
Erasmo di Rotterdam (1466-1536), che, per designare l'autore, foggiò il nome di "Ambrosiaster",
ossia "Pseudo-Ambrosius" (cfr. P.L., 17, 219).
Tutti gli altri scritti (ad es. di Tertulliano, S. Agostino S. Cirillo di Alessandria, Teodoreto,
S. Giovanni Crisostomo, ecc.) non parlano espressamente della possibilità di contrarre nuove noz-
ze, per cui potrebbero essere interpretati nel senso di scioglimento della convivenza coniugale,
senza lo scioglimento del vincolo matrimoniale.
4211 È il privilegio paolino che ha consentito alla Chiesa di prendere coscienza, attraver-
so un lungo processo, dei suoi poteri su altri casi che non coincidono con quello con-
siderato dall' Apostolo, ma che presentano con esso una grande somiglianza ed hanno lo
stesso fondamento, il "favor fidei". Sono i casi compresi genericamente nel cosiddetto
"privilegio petri no".
Il ma trimonio 409

l) Il contenuto 4212

1143 Il privilegio paolino in senso stretto riguarda il matrimon io contra tto va-
lidamente da due persone non battezzate. Finché esse rimangono senza battesimo,
il loro matrim onio valido "ex iure naturae", è indissolubile. Se una di esse si co nverte
alla fede cristian a e riceve il battes imo - battesim o "ex aqua et Spiritu Sancto'" -
il perdura re del vincolo matr imoni ale dipend e dal comportame nto della parte non
battezzata :
}O Se si converte anch'essa e riceve il battesimo, il matrimonio resta per sé indis-
solubile.
2° Rimane indissolubile - ossia non è applicabile il privilegio paolino - anche
nel caso in eui essa non riceve il battesimo, ma accetta di convivere "pacificamente,
senza offesa del Creatore", col coniuge battezzato.
3° Se invece essa si sepa ra (tranne che la parte battezzata, dopo la sua co n-
versione, ab bia dato motivo a que sta separaz ione con una condotta colp evole, per
es. con un adulterio), oppure non sia disp osta a conv ivere "pacifica mente, senz a
offesa del Creatore", il matrim onio viene scio lto in favo re della fede, anche nel
caso che sia stato consumato, per il fa tto stesso che la parte battezzata contrae un
nuovo matrimonio" Dopo tale sciogli mento, anche la parte non battezzata riacqui-
sta la sua libertà.
- Pacificamente, ossia lasciando al coniuge battezzato la piena libertà di seg uire la propria
religione e di ed ucare in essa la prole, ed evitando che la sua co nversione al c ristia nesimo dive nti
un motivo di litigi, alterchi o. peggio, di vessazioni.
- Sen za offesa a l Cre atore : come sare bbe, ad esem pio, se con tinuasse a vivere in modo
poligamico secondo g li usi del paese, oppure esigesse dal con iuge cristiano la parte cipazione a
pratiche immorali o idolatriche, impediss e l'educazione cristiana dei figli, ecc .
- In favore della fed e: co l privi legio paolino, s'i ntende infatti tutelare la fede e la sere nità
della parte battezzata. assicurandole una vita paci fica ed evitando le il pericolo di una possibi le
perversione '.
Co me precis ava il can . 1120 . *
2, de l Codice anter ior e, il privilegio pa olino non può
essere applica to al matrimonio co ntratto tra una parte già batt ezzata e l'altra non batt ezz ata,
4213

con la dispensa dall' im ped iment o di dis pari tà d i cu llo'. Non può essere applica to neppure al
matrim on io di due aca ttolici "d ubie bap tizati" , se il d ubbio è inso lubile (S .c. del S. Uffici o,
IOgi ugno 1937 : X. O CHOA, Leges Ecclesiae, I. n. 1388. co l. 1828), poi ché. nel caso che fos sero
realme nte batte zzat i e il matrimonio fosse stato cons umato. si verr ebbe a violare il ca n. 1141 ,
che enunzia un prin cipio di diritto divin o (assoluta indi ssolubilità del matrimonio rato e con -
sumato) . Nell a ipotesi che "d ubie ba ptizatus" fosse un so lo con iuge, bis ogna deferire il caso
alla Sa nta Sede (ibide m. n. 2).

I Non bas ta la semplice conv ersione alla fede cristiana: è necessa rio anche il battesimo va-

lidamente conferito, nell a Chiesa cattolica oppu re in una Ch iesa o co munità ecclesiale non
cattolica.
, Lo sciog limento del matri monio non avviene dunque per il fatto che la parte convertita alla
fede cristiana si batte zzi. Il battesimo le conferisce solo il diritto di contrarre nuove nozze, cd è nel
momento stes so in cui queste vengono celebrate che il matri monio precedente si scioglie.
, L 'importan za della fede e della salvezza spirituale delle anime prevale sul vincolo matrim o-
niale. in qua nto la relazi one della crea tura col Creatore è più forte e più necessaria di qua lsiasi a ltra
relazione uman a. Si tratta, tuttavia, di un privilegio, al quale la parte battezzata può anche rinun-
ziare. essendo giuridicamente libera di esercitarlo o di non esercitarlo, senza s ubire costrizioni da
parte di alcun o.
, Può essere appl icato invece il privi legio pettino, come si dirà in seguito, nel commento ai
cann. 1148 -1149.
410 LIBRO IV · Il "m unus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 1144 - § 1. Ut pars baptizata § I . Perché la parte battezzata contragga


novum matrimonium valide con- validamente un nuovo matrimonio, de-
trahat, pars non baptizata semper v'essere sempre interpellata la parte non
interpellari debet an: battezzata:
I ? velit et ipsa baptismum recl- IOse voglia ricevere anch ' essa il batte-
pere; simo;
20 saItem velit cum parte bapti- 2 0 se almeno sia disposta a coabitare
zata pacifice cohabitare, sine con- con la parte battezzata paci ficamente, sen-
tumelia Creatoris, za offesa al Creatore;
§ 2. Haec interpellatio post bap- § 2. Questa interpellazione dev'essere
tismum fieri debet; at loci Ordina- fatta dopo il battesimo; ma l'Ordinario
rius, gravi de causa, permittere po- del luogo, per una cau sa grave, può per-
test ut interpellatio ante bapti- mettere che sia fatta anche prima del
smum fiat, immo et ab interpella- batt esimo; può an zi disp ensare da essa,
tione dispensare, sive ante sive post sia prima che dopo il battesimo , purché ,
baptismum, dummodoconstetmo- da un procedimento so m m a r io ed
do procedendi saltem summario et extragiudiziale, ri sulti c he la delta
extraiudiciali eam fieri non posse interpellazione non po ssa far si o che sa-
aut fore inutilem. rebbe inutile.
CAN. 1145 - § 1. Interpellatio fiat § l. Di regola, l'interpellazione si faccia
rcgulariter de auctoritate loci Or- per autorità dell'Ordinario del luogo della
dinarii partis conversae; a quo Or- parte convertita, il quale deve concedere
dinario concedendae sunt alteri co- all' altro coniuge, se ne faccia richiesta,
niugi, si quidem eas petierit, indu- del tempo per rispondere, ammonendolo
ciae ad respondendum, eodem ta- tuttavia che, trascorso inutilmente quel
men monito ut, si induciae inutili- termine, il suo silen zio sarà con siderato
ter praeterlabantur, eius silentium come una risposta negati va.
pro responsione negati vahabeatur.
§ 2. Interpellatio etiam privatim § 2. È valida anche l'interpcllazione fatta
facta ab ipsa parte conversa valet, pri vatamente dalla stessa parte convertita;
immo est Iicita, si forma superius è anzi lecita, se non può essere osservata
praescripta servari nequeat. la forma precedentemente prescritta.
§ 3. In utroque casu de interpella- § 3. In entrambi i casi, dell'interpella-
tione facta deque eiusdem exitu in zione fatta e del suo esit o deve constare
foroextemolegitimeconstaredebet. legittimamente nel foro esterno.

4214 2) Le interpellazioni della parte non battezzata


1144-1145 Hanno lo scopo di accertare le reali disposizioni della parte non battez-
zata. Sono per sé necessarie , perché la parte battezzata possa contrarre validamente un
nuovo matrimonio. La loro obbligatorietà, tuttavia, secondo l'opinione più fondata è
solo di diritto positivo ecclesiastico (non figurano infatti nel testo di S. Paolo), e questo
spiega perché l'Ordinario del luogo, come si dirà nel can. 1144, § 2, possa dispensare
"gravi de causa" da esse.
È pur vero che una Risposta del S. Ufficio del 12 giugno 1850 parla di precetto
divino, ma può anche intendersi in senso formale, in quanto per sé sarebbe solo un
precetto "apostolico".
L'oggetto di tali interpellazioni è duplice. La parte non battezzata deve rispondere
con sincerità:
Il matri monio 411

CAN. 1146 - Pars baptizata ius La parte battezzata ha diritto di co n-


habet no vas nuptias contrahendi trarre nuove nozze con una persona cat-
cum parte catholica: tolica:
l Osi altera pars negative inter- 10 se l'altra parte abbia risposto negati-
pellationi responderit, aut si inter- vamente alla interpellaz ione, o se questa
pellatio legitime omi ssa fuerit; sia stata legittimamente omessa;
20 si pars non baptizata, sive iam 2° se la parte non battezzata, interpella-
interpellata sive non, prius perseve- ta o no, pur avendo continuato a coabitare
rans in pacifica coh abitatione sinc pacificamente senza offesa al Creatore, si
contumelia Crea tor is, postca sine sia poi separata senza una giusta causa;
iusta causa discesserit, firmis prae- restano per altro ferme le disposizioni dei
scriptis cann, 1144 et 1145. cann . 1144 e 1145.

- Se intenda ricevere anch'essa il battesimo.


- Se almeno sia dispos ta a convivere con la parte battezzata "pacifice, sine
contumelia Creatoris", in fedele osservanza della morale naturale ed astenendosi da tutto
ciò che possa costituire un perico lo per la fede del coniuge.
Di regola, le inter pellazioni vanno fatte dopo il battesimo. Per una causa grave 4215
(gravi de causa), l'Ordinario del luogo può permettere che siano fatte anche prima del
battesi mo. Può anzi dispensare da esse, sia prima che dopo il battesimo purché da un
procedimento almeno som mario ed extragiudizia le risulti che le dette interpellazio ni non
sono possibili o che sarebbero inutili.
Casi d 'impossibilità
- Irreperibilità della parte non battezzata
- Difficolt à d' interrogarla. se, ad esempio, essa si trovi in una località dove non sia possibi le
raggiungerla
- Stato di prigion ia
- Rifiuto d'e ssere interr ogata
- Incapacità di rispo ndere a causa di una infermità mentale, ecc.
Casi {l'inutilità
- Certezza di una risposta negativa
- Cert ezza che la parte non battezzata non vorrà coab itare "pacifi co. sine contume lia
Creatoris", ecc .
Non è motivo di dispensa dall' obbligo delle interprellazioni il solo fatto che, nei
confronti dei coniugi, sia stata pronunziata sentenza di divorzio civile o che il coniuge non
cristiano abbia contratto civilmente un nuovo matrimonio (Congregazione del S. Ufficio,
18 luglio 1884). Si può peraltro dubitare se una tale disposizione sia tuttora in vigore.
La forma dev' essere pubblica, fatta cioè mediante un regolare procedimento giu- 4216
diziale o amministrativo, per autorità dell'Ordinario del luogo della parte convert ita. Se
la parte interessata chiede del tempo per riflettere, le si deve concedere un termine
sufficiente, ammonendola che, trascorso il tempo stabilito, il suo silenzio sarà interpre-
tato come una risposta negativa. Gli atti del procedimento vanno conservati accura ta-
mente nell' archivio della Curia diocesana.
Le interpellazioni possono esser fatte anche privatamente dalla stessa parte con-
vertita, specie se non fosse possibile osservare la forma pubblica. Anche in questo caso
le interpellazio ni fatte e il loro esito devono constare legittima mente nel foro esterno,
per es. mediante un documento scritto redatto alla presenza di due testimoni e ti rmato
da tutti gl' intervenuti (cfr. can. l 122, § 2, Codice 1917). Può bastare anche uno scambio
di lettere tra i due coniugi, purché non si abbiano dubbi sulla loro autenticità.
412 LIBRO IV - Il " munus sunctitlcandi' della Chicsu

CAN. 1147 - Ordinarius loci ta- Per una gr ave ca usa, tuttavia l'Ordina-
mCD, gravi dc causa, concedere po- rio del luo go pu ò concedere a lla parte
test ut pars baptizata, utens privi- batt ez zat a, che usufrui sce dci pri vilegio
legio paulino, contrahat matrimo- paolin o, di contrarr e matrimoni o con una
nium cum parte Doncatholica sive persona non cattolica, sia battezzat a che
baptizata sive non baptizata, ser- non ba ttezzata. . os servando per altro le
vatis etiam praescriptis canonum norme dei ca no ni sui matrim oni misti.
de matrimoniis mixtis.

4217 3) Le nuove nozze della parte battezzata


1146 La parte battezzata ha diritto di contr arre un nuovo matr imonio solo se il
co niuge non battezzato, in modo esplicito o implicito, abbia risposto negati vamente alle
interpellazio ni, o se q ueste siano state omesse legittim ament e per dispensa dell'Ordina-
rio del luogo. Nel frattempo, finché le nuove nozze non siano celebrate, il coniuge non
battezzato può anche convertirsi e ricevere il battesimo, oppure, contrariame nte a quanto
avesse affermato , può dich iararsi disposto a convive re co l partner "pacifice et sine
contumeli a Creatoris" , In questo caso, il diritto della parte battezzata di co ntrarre nuove
nozze cessa . È anche ovvio che questo diritto, da quando ne sia stata accertata la
legitt imità, dev'essere esercitato entro un termine non molto lungo: se dovessero trascor-
rere più di sei mesi (cfr. can. 1030, § 2, Cod ice 1917), le interpell azioni per sé dovranno
essere rinnovate, tranne che risultino impossi bili o inutili.
Il diritto è per sé imprescrittibile, continua cioè a sussis tere anche successivamen-
te, per cui, se, dopo alcuni anni di continuata convivenza , la parte non batte zzata cambi
atteggiame nto e si separi da essa per sua iniziativa, oppure la coabitazio ne non sia più
"pacifi ca e senza offesa del Creatore" , la parte battezzata può passare a nuove nozze,
ferme restando le disposizioni dei cann. 1144 e 1145 circa le interpcllazioni.
4218 Nel caso che la parte non battezzata riceva il battesimo prima che il co niuge battezzato passi
a nuove nozze, la situazione dei due sposi muta sostanzialmente, e l'applicazione del privilegio
paolino non è più possibile. In forza del duplice battesimo, il loro matrimonio si trasforma in
sacra mento, diventa cioè "rato" in senso proprio e co mpleto, e nel caso che venga poi consumalo,
la sua indisso lubilltà è assoluta, ai sensi del can. 1141. Solo se il matrimonio sia ancora non
consumato, il coniuge cattolico potrebbe chiedere " iusta de causa" alla Santa Sede la dispensa
"s uper raro".
4219 1147 Può darsi che la parte battezzata, contraendo un nuovo matrim on io in forza
del privilegio paolin o, voglia unirsi con una persona non catto lica, battezzata o anche
non battez zata. A termine del can, 1123 del Codic e precedente, ciò era vietato . Il nuovo
Codice, confermando una disposizione di Paolo VI (Pastorale munus, n. 20: Enchir;
Vat., voI. 2, p. 157, n. 108) , li permette, ma con l' espressa licenza dell' Ordinario del
luogo, Devono inoltre osservarsi le norm e dei canoni sui matrimon i misti, specie per
quanto rig uarda le dichiarazion i e le promesse, di cui al can, 1125. Trattandosi di un
acattolico non battezzato, occorre la dispensa formale dall'impedim ento di disparità di
culto (ca n, 1086).
L'aut orizzazione dell' Ordinario è subordinata alla esistenza di una causa grave. Se questa
causa grave non es iste, occorre rivolgersi alla Sede Apostolica.

4220 5. II privilegio petrìno


1148-1149 (J 125*) È il privilegio della fede, in virtù del quale il Romano Ponte
fi ce, per la pienezza del suo potere apostolico, può sciog liere il matrimon io legittimo nei
casi previ sti dal diri tto.
llm utrimonic 413

CAN . 1148 - § 1. Non baptizatus, § l . Il non battezzato. che abbia co n-


qui plures uxores non baptizatas temporaneamente più mogli non battez za-
simul habeat, recepto in Ecclesia te, ricevuto il battesimo nella Chiesa cat-
catholica baptismo, si durum ei sit tolica. se per lui sia gravoso rimanere con
cum earum prima permanere, la prim a di esse, può ritenern e una a sua
unam ex iIlis,ceteris dimissis, reti- scelta, separandos i dalle altre. Lo stesso
nere potest. Idem valet de muliere vale per la donn a non battezzata, che ab-
nonbaptizata, quae plures maritos bia contemporaneamente più mariti non
non baptizatos simul habeat. battezzati.

La de tta espressione co minciò ad essere usata negli anni quara nta. Teologicamente
essa ha un valore impropri o, per cui non ricorre nei documenti uffi ciali della Sant a Sede .
Continua tuttavia ad essere adoperata nell a dottrina per la sua utilità pratica. poich é
serve a dist inguere co n immediatezza lo scioglimento dcI matrim oni o in applicazione
della legge paolina . da llo sciog limento del matr imon io in virtù della suprema potestà che
spetta di diri tto al Vicario d i Cr isto .

l ) Premessa 4221
Fino al sec. XVI era opinione unanime dei teolo gi e dei canonisti che nessun matri-
monio co ntratto "in infidelitate" da persone non battezzate. potesse sciogliersi fuori del-
l'amhito del privilegio paolino. Una tale opinione fu superata nel corso del detto secolo
a seguito di tre Costi tuzio ni pontificie emanate per provvedere a speci ali situazioni es isten-
ti in varie terre d i missione. diverse dall' Occi dente latino pe r leggi, costumi e cultura:
- La Cost. Altitudo di Paolo 1tI, [ O giugno 1537, per l' India
- La Cost o Romani Pontljicis di S. Pio V. 2 ago sto 1571, pure per l'I ndia
- La Cost , Populis di Greg orio XIII, 25 gennaio 1585. per l'Indi a. l' Angola e il Brasile

Con esse fu reso possib ile lo scioglime nto di matr imoni contratti " in infidelitate"
in forza della suprema a uto rità de l Ro man o Po ntefice (d e apo sto lica potestat e
plenitudin e) in due cas i particol ari: qu ello della poligam ia e della co nvive nza con iug ale
impedita da prigio nia o da persecuzione.
La normativa delle dette Costituzioni , emanate senza dubbio sotto l'intlusso del "pri -
vilegio paolino" c, sostanzialmente per la medesima ragione di fondo - tutelare la fede
dei convertiti - venne estesa a tutta la Chiesa col Codice pio-benedett ino de l 1917 (ca n.
2125*). Essa è stata co nfermata, co n alc une mod iliche e integra zioni, nell' attuale Codice.
Nei casi previsti da i ca nn. 1148-1149, lo scioglime nto del matri monio avviene
"ipso iure" , per disposizio ne di legge. Ma la potestà dci Rom ano Pontefice non è cir -
coscritta ai detti casi: ne abbraccia altri, nei qua li lo sciog limento de l matrimon io ha
luogo per uno speci ale atto della supre ma autorità de lla Ch iesa , la quale ha in tale
materia un solo limite: il matrimoni o-sacramento, de bitam ente consumato, ch e, a term i-
ne de l can . 1141 , non può essere scio lto da alcun a pote stà uman a, ecce tto la mo rte. La
ragione e lo scopo di un potere così vasto è il favor [id ei o salus animarum.
Q uesti ulteri ori casi hanno un a loro regolamentazione nella Istr. VI notum sit dell a
Congregazione pe r la Dottrina dell a Fede del 6 agosto 1973 , in cui sono sta bilite anch e
le Norme di car att ere processuale.

2) Il caso di poligamia 4222


1148 , § 1 Pu ò avve nire che una person a, in forza de i cos tum i vigenti nel paese.
abbia co ntem poranea me nte più mogli. Co nve rtendo si al cristianesimo, egli de ve rinun-
414 LIBRO IV • Il "munus sa nctificandi" dell a C hiesa

§ 2. In casibus de qui bus in § 1, § 2. Nei easi di c ui al § 1, il matrimo-


matrimonium, recepto baptismo, nio, ricevuto il battesimo, dev'essere eon-
forma legitima contrahendum est, tratto nella forma legittima, osserv ando
servatis etiam, si opus sit, prae- anche, se nece ssario , le norm e sui matri-
scriptis dc matrimoniis mixtis et moni misti e le altre dis posizioni de l di-
aliis de iure serv andis. ritto.
§ 3. Ordinarius loci, prae oculis § 3. L 'Ordinari o de l luogo , tenen do
habita condicione morali , sociali, conto della co ndizione morale, socia le ed
oeconomica locorum et persona- economica dei luoghi e dcIIc persone, abbia
rum,curet ut primae uxoris cetera - cura che si pro vveda sufficientemente , se-
rumque dimissarum necessitatibus condo le norme della gius tizia, della carità
satis provisum sit, iuxta normas iu- cristiana e dell 'equità naturale, alle neces-
stitiae, christianae caritatis et na- sità della prima moglie e delle altre che
turalis aequitatis. sono state allontanate.

ziare alla poligamia, che è in di retto contrasto con una delle due proprietà esse nzia li del
matrimo nio, l'unità (ca n. 1056). Per sé, dovrebbe ritene re la prima mog lie, c he si sup-
pone quella vera, ma se questo gli dovesse riuscire gravo so, egli può scegliere que lla che
preferisce, separandosi dalle altre: ceteris dimissis'. La dett a norma vale anche nel caso
che la poligamia sia da parte della donna, la quale abbia cont em poraneamente più mariti
non battezza ti. Il battesimo del poligamo o della poligama deve avvenire nella Chiesa
Cattolica: "reccpto in Ecclesia catholic a baptismo".
4223 1148, § 2 Il seco ndo paragrafo presc rive che, nel suddetto caso di poliga mia,
l'uomo o la don na, ricev uto il battesi mo, devo no contrarre matrimo nio nella forma
ca nonica legittima, atte nendosi, se necessario, alle norm e sui matrimo ni misti e alle
a ltre disposizioni del d iritto.
4224 Durante i lavori della revisione de l Codi ce. fu osserv ato da alc uni che non era necessario né
opportuno celebrare un nuovo matrimo nio , poiché era naturalmente valido il precedente . contralto
prima de l battesimo. Ma i Consultori. q uasi all 'u nanimità . dec isero di conservare il disposto , poiché
- dissero - la rinnovazione del con senso pur non essendo necessaria, è opport una a fine di
rendere certa , con un atto forma le. la scelta della compatt e non battezza ta (Communicotia nes. a.
*
1978, pp. 114-115, can . 344, I l. Riteniamo che la prescrizione sia giustifica ta anche da l fatto che,
trattandosi di unioni poligamiche, probab ilmente nessuna di esse costituisce un vero matrimonio
valido, tranne forse che per la prima moglie.
4225 Quanto alla dispen sa dall ' impedimento di disparità di c ulto, i medesimi Consultori afferma-
rono che non occ orre una dispe nsa esplicita da parte dell'Ordinario del luogo: la concess ione della
dispe nsa è "implicita" nel fatto che il canone permette al poligamo di riten ere la donna che
preferi sce (ibidem, p. 115).
4226 1148, § 3 Il poligamo che si battezza può ritenere una sola de lle donne che con-
vivono con lui, e la Chiesa non può non tener conto della deli cata situ azione in cui
vengono a trovarsi le donne allontanate . A tal riguardo, spetta all' Ordinario del luogo
- in rispo ndenza alla condizio ne morale, socia le ed eco nomic a dei luoghi e delle
I?erso ne - aver cura che si provveda sufficientemente alle necessità delle dette donne.
E un dovere di giusti zia e di equità naturale , e insieme di carità cristia na,

l Non è sempre necessaria la separa zione materiale. In casi particolari , non è proihito all' ex
poligamo continuare a tenere in casa le altre don ne, spec ialmente se si tratti di persone anziane, che
diversamente sarebbero espos te alla miseria e al disonore. È ovvio, per altro, che deve essere
rimosso ogni sca ndalo , e che resta vietata qualsiasi intimità e rapporto coniuga le con le medes ime
da parte dell' uomo. il quale è tenuto anche a rimuovere ogni pericol o prossimo di peccato .
Il matrimonio 415

CAN. 1149· Non baptizatus qui, La persona non battezzata che, ricevuto
recepto in Ecclesia catholica bapti- il battesimo nella Chiesa cattolica. non
SOlO, cum coniuge non baptizato possa ris tabili re la co abitazio ne co n il
rationecaptivitatis vel persecutio- coniuge non battezzato a causa di prigio-
niscohabitationern restaurare ne- nia o di persecuzione, può contr arre un
queat, aliud rnatrirnoniurn contra- altro matrimonio, anche se nel frattempo
here potest, ctiarnsi altera pars l' altra parte abbia ricevuto il battesimo,
baptismum interea receperit, fir- fermo restando quanto è stabilito nel can.
mo praescripto can . 1141. 1141.

Il can. 1148 considera. nel caso di poligamia, l' applicazione del privilegio petrino. Potrebbe 4227
applicarsi, nella detta ipotesi, il privilegio paolino, nel senso che sia consentito al poligamo battez-
zalo se pararsi da tutte le mogli che forman o la sua famiglia e sposare una nuova donna osservando
per altro la normativa prescritta nei can n. I 143-1 147? Riteniamo che la risposta debba essere
positiva, per quanto nel caso concret o, l' Ordin ario del luogo sia tenuto a cons ultare previa mente
la Santa Sede (la Co ngregazione per la Dottrina della Fede).

3) Il caso di prigionia o di persecuzione, che impedisca la convivenza 4228


coniugale
1149 Qu alor a, per motivi di prigionia, dep ort azione o persecuzione religiosa o
politica della parte non battezzata, non possa ristabilirsi la coabitazion e, il coniuge
batte zzato può con trarre matrimonio con un' altra person a, anche se nel fratte mpo l'altra
parte abbia ricev uto il batte simo, ferm o restando il prescri tto del ca n. 1441.
La norm a è chiara e ammette un a triplice ipotesi:
I o La part e non battezza ta, c he non può ristab ilire la coabitazio ne con il con iuge
per moti vi di prigioni a o di persecu zione, resta senza battesimo: si ha "i pso iure" lo
scioglime nto del matrimon io in favo re della persona battezza ta, non appena questa passa
a nuove nozze .
2° La parte non batte zzata riceve il battesimo , e il matrimon io naturale diventa
sacramento : si ha il ca so del matri mon io " rato" , che , se viene poi co nsuma to, non può
essere sc iolto da nessun a autorità um ana, neppur e dal Papa, a termi ne del ca n. 114 1.
3° Il detto matrimonio , divenu to "r ato", resta non co nsuma to : questa terza ipotesi
coincide sostanzialme nte con la prima, per cui la parte che si hattezza ha "ex iure" la
facoltà di passare a nuo ve nozze, e il matrimoni o preced ente si scioglie "eo ipso" co n
la ce lebra zione del nuovo matrimoni o.
Spett a la med esima faco ltà al battezzato imped ito da prigionia, de portazio ne o
persec uzio ne re ligiosa o pol itica ? Riteniamo di sì, poiché la sua co ndiz ione è ide ntica
a quell a dci partn er . Nel dett o caso , si ha pro priamente una dispensa "super rato": la
giusta causa, rich iesta a norm a del can. 1142. sorge dal fatto dell a reale impossibilità di
ristabilire la conv ivenza coniugale.

4) Scioglimento per indulto del matrimonio di una persona battezzata e di 4229


un'altra non battezzata, contratto con la dispensa dall'impedimento di disparità
di culto
Com e s'è già acce nnato, a un tale matrim oni o non può essere applic ato il privilegio
paolino (n. 421 3). Pu ò applicarsi invece il privilegio petrino , in virtù dello stesso prin-
cipio del " favor fidei sa lusque anim aru m", Si co nseg ue pra tica mente lo stesso effetto,
pur co n una di versa procedura.
416 LIBRO IV . Il "munus sanctificandi" del la Ch iesa

CAN. 1150 - In re dubia privile- In caso di dubbio, il privilegio della


gium fidei gaudet favore iuris. fede gode del favore del diritto.

Il caso era previsto nello Schema esaminato dal Gruppo di Studio "De iure matrimoniali"
nella seduta del 3 1 gennai o 1978 (Communicationes. a. 1978, p. 117), ma il relativn canone 346
venne successivamente soppresso, perché poteva sembrare una limitazion e della potestà del Roma-
no Pontefice. Rimane comunque il principio generale affermato nel can , 1142, per il quale il
matrimonio non consumato fra battezzati o fra una parte battezzata e l'altra non battezzata può
essere sciolto dal Romano Pontefice per una giusta causa: in tale principio è compreso anche il caso
suddetto. Rimane inoltre la normativa contenuta nella lstr. VI notum esi della Congregazione per
la Dottrina della Fede in data 6 dicembre 1973, da cui l'accennato canone 345 era stato tratto
(Enchir. Val., vol. 4, pp. 1786-1799). In essa si afferma espressamente:
- Può essere sciolto anche il matrimonio tra una parte cattolica e una parte non battezzata.
contratto con dispensa dall' impedimento di disparità di culto. purché si verifichino le condizioni
stabilite ai nn. I e Il, e consti che la parte cattolica, a causa delle particol ari circostanze locali,
soprattutto per l'esiguo numero dei cattolici della regione , non poté evitare il matrimonio né poté
condurre in esso una vita conforme alla religione cattolica. È necessario inoltre che questa S.
Congregazione venga informata circa la pubblicità del matrimonio celebrato (n. IV).
Ritorneremo sull'argomento.

4230 6. Il "favor iuris"


1150 (1127*) Nel can. 1060 è stabilito il principio che il matrimonio gode del
favore del diritto, per cui , in caso di dubbio , esso deve considerarsi valido , finch é non
sia stato provato il contr ario. Su di esso, tuttavia, prevale il "favor iuris" del privilegi o
dell a fede , sia in rapporto al privilegio paolina sia in rapporto a quello petri no, spettante
al Romano Pontefi ce in virtù della sua potest à vicaria.
Ciò significa che se, in un caso concreto, es iste un dubbio circa l' applic abilità del
privilegio della fede, tale dubbio è da risolversi in favore del detto privilegio, ossia in
favore della libertà della parte battezzata per il passaggio a nuove nozze. Ovviamente,
il dubbio dev'essere positivo c probabile: positivo, ossia fondato su reali ragioni (il
dubb io negativo non è sufficiente); probabile , in quanto le ragion i sono di una certa
consistenza, anche se contraddette da ragioni altrettanto serie .

4231 LA SEPARAZIONE DEI CONIUGI CON PERMANENZA


DEL VINCOLO (cann. 1151-1155)
Schema
I. 11 dovere e il diritto della convivenza coniugale 3. Il dovere verso la prole
2. La separazione legittima 4. Un gesto auspicabile

Si tratt a della separazione semplice. che non comporta lo scioglimento del vincolo
matrimoni ale, ma solt anto la sospensione temporanea o la rottura definitiva della con-
vivenza coniugale: convictus coniugalis, che non fa parte della essenza del matrimon io,
ma della sua integrità.
4232 La materia è anche di competenza dello Stato, ai sensi del can . 1692, §§ 2-3, per
cui il presente articolo si limita a stabilire delle norme di carattere generale. Tali norme
coincidono sostanzialmente con quelle del Codice precedente, pur presentando un carat-
tere spiccatamente pastorale.
Come ebbe a rilevare il Card . Pericle Felici nella Relazione svolta al Sinodo dei
Vescovi del 1980, nella normativa canonica circa la separazione dei coniugi si manifesta
Il matrimonio 417

ART. 2
LA SEPARAZIONE CON PERMANENZA DEL VINCOLO

CAN. 1151 - Coniuges habent I coniugi hanno il dovere e il diritto di


officiumet ius servandi convictum osserva re la convivenza coniugale, ecce t-
coniugalem, nisilegitima causa eos to che ne siano scusati da una legittima
excuset. causa.
CAN. 11 52. § 1. Licet enixe com- § 1. Benché si raccomandi con viva
mendeturutconiux, caritate chri- istanza che il coniuge, mosso da carità
stiana motus et boni familiae selli- cristiana e sollecito del bene dell a fami-
citus, veniamnonabnuatcomparti glia, non neghi il perdono alla comp arte
adulterae atque vita m coniugalem adultera né interrompa la vita coniuga le,
non disrumpat, si tamen eiusdem tuttavia, se espressa mente o tacitamente
culpam expresse aut tacite non non le abbia perdonato la colpa, egli ha il
condonaverit, ius ipsi est solvendi diritto di sciogliere la convivenza coniu-
coniugalemconvictum,nisiin adul- gale, tranne che abbia acco nsentito al-
terium consenserit aut eidem cau- l'adulterio, o vi abbia dato causa, o si sia
sam dederit aut ipse quoque adul- macch iato egli stesso della medesima
terium commiserit. colp a.

con tutta evi de nza la sollec itudine dell a Chiesa per il be ne della famiglia. Pu r co nsen-
tendo l'i nterruzione o la rottu ra della co nvive nza coniug ale, in casi di particol are gra -
vità, essa insiste più volte per ric hiamare i coniugi alla riconciliazione e al rista bilime nto
della loro effettiv a unione, secondo i princip i de lla carità cristia na (Communicationes,
a. 1980, p. 231 , n. l O).

1. II do vere e il diritto della con vivenza coniugale 4 233

1151 ( / /28 *) La co nvive nza co niuga le è la condizione indispe nsabile per poter
attuare quella "i ntima comunità di vita e di amore" (Cos t. Gaudium et Spes, n. 48 , l l,
a cui tend e il matrimonio, e raggi ungere i fini esse nziali a cui esso è ordi nato: il " bonum
coniugum" e la " pro lis ge nera tio et ed ucatio" (can . 1055).
Questa co nvivenza, che, secondo l'espressione giuridica trad izionale, co mprende
fra l'altro la "c ommu nio tori, mcnsae et habitationis" (Denzinger-Schonrnetzer, n.
1808), è un dovere e un diritto reciproco dei con iugi, i quali so n tenuti ad osservarla e
ne so no sc usa ti so lo da una legittima causa. Il dovere non è soltanto morale, ma anche
giurid ico (Comm uniccuiones, a. 1973, p. 86, art. Il, 2° cpv.),
La separazione può essere consens uale e unilaterale; temporanea e definitiva ; parziale e totale. 4234
Può avve nire per ca use diverse : ragioni di studio, di lavoro, di servizio militare o civile, d' infer-
mità, di co lpevolezza della compane, ecc . Possono consigliare o esigere la separaz ione anche
motivi di carattere religioso e soprannaturale:
- Il desiderio di seguire Cristo Signore in uno stato di maggiore perfezione: «In verità vi
dico, non c'è ness uno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di
Dio, che non riceva molto di più in questo tempo presente, e la vita eterna nel tempo che verrà»
(Lc. 18, 29-30) .
- Il desiderio di dedicarsi ad opere di carità o di apostolato.
- Di prestare la propria opera nelle terre di missione, ecc.
In questi casi, tuttavia, è necessario il consenso della compan e.
41 8 UBRO IV - Il " rnunus sa nctificandi" della Chiesa

§ 2. Tacita condonatio habetur § 2. Si ha il perdono tacito, se il co niu-


si coniux innocens, postquam de ge innoce nte, dopo essere venuto a co no-
adulterio certior factus est, sponte scenza dell' adult erio, sia vissuto mari tal-
cum altero coniuge maritali affectu mente co n l' altro coni uge senza difficoltà;
conversa tus fuerit; praesumiturve- si presum e il perdono, se eg li abbia con-
ro, si per sex menses coniu galem serva to per se i mesi la co nvivenza coni u-
convictum servaverit, neque recur- gale, senza far ricorso all' autorità eccle-
sum apud auctoritatem ecclesiasti- sias Lica o civile.
cam vel civilem fecerit.
§ 3. Si coniux innocen s sponte § 3. Se il co ni uge inn ocen te ab bia
convìctum coniugalem solverit, in- sc io lto spo nta neame nte la co nv ive nza
tra sex menses causam separatio- co niuga le, defer isca entro sei mesi la
nis deferat ad competentem aneto- ea usa d i separaz ione alla co mpetente au-
ritatem ecclesiastica m,qua e,omni- torità eccles iastica; ques ta, esam inate tut-
bus inspeetis ad iun ctis, perpendat te le circostanze, giudic hi se sia po ssibile
si coniu x innocens adduci possit ad indurre il co niuge innocente a perdonare
culpam condonandam et ad sepa - la co lpa e a non rima nere se parato per
rationem in perpetuum non protra- sempre.
hendam.

4235 2. La legittima separazione

I ) La separazione perpetua
1152 (f 129-1130*) Il Cod ice cons id era com e ca usa di leg ittima separazion e tota le
e pe rpetua l'adulterio, una g ravi s sim a vio lazio ne de ll'amore e dell a fede ltà coni uga le,
c he tur ba profondamente la vita dei co niug i, ren dendo spesso int oll e rabi le i ra pport i
int erper sona li'.
Pasto ralm ente , si eso rta in stantemente (enix e ) il co niuge innoce nte a vo le r perd o-
nare il con iuge che s'è macchi ato di una tale co lpa , a non interrompere la vita co ni ugale
per moti vi d i carità cristiana e pe r il be ne dell a fa migli a, so pra tt utto se vi sono dei fig li
da alle va re e da ed uca re.
4236 Giuridicamente. si fissano dell e norme. a cui bisogn a atte ne rsi. Il di ritto d i sci oglie-
re la co nv ive nz a co ni uga le è legato infatti alle seguen ti co ndizioni :
IO C he si tratt i di vero adu lteri o, ma teri ale e fo rm a le:

l Forse sarebbe stato opportuno distinguere tra adulterio e adulterio. Non sembra che una

simile colpa, commessa una volta sola e in un momento di debolezza, possa essere sanzionata
giuridicamente con una separazione totale e perpetua, che duri tutta la vita. Vi sono spesso nella
vita coniugale situazioni ben più gravi di quella determinata dall' adulterio; epp ure, per queste, è
prevista solo una separazione temporanea. E significativo il fatto che il Concilio Tridentino parli
solo di separazione a tempo determinato e indeterminato (ad certuni incertumque tempus s, ma non
di separazione perpetua (Denzinger-Schonrnetzer, n. 1808). S'insiste, d'a ltra part e, nell' affermare
che la separazione dei coniugi non da considerarsi una "pena", ma solo un provvedi mento reso
è

necessario dalle circostanze, anzi un "rimedio". È difficile vedere un "rimedio" in una sentenza di
separazione perpetua, a seguito di un adulterio commesso una sola volta.
L'istituto della separazione dei coniugi una creazione del Diritto Canonico medieva le, che,
è

di fronte al principio della indissolubilità del matrimonio, escogitò l'originale figura' della separa-
zione, detta allora "divorzio" quoad torum, mensam et ha bitationem.
Il matrimonio 419

CAN. 1153 - § l. Si alteruter co- § I. Se uno dei coniugi costitui sca un


niugum grave seu animi seu cor- grave pericolo, sia spirituale che corpora-
poris periculum alteri aut proli fa- le, per l'altro coniuge o per la prole, op-
cessat, ve)aliter vitam communem pure in altro modo renda dura la vita co-
nimis duram reddat, alteri legiti- mune, fornisce con ciò stesso all' altro una
mam praebet causam discedendi, causa legittima per sep ararsi con decreto
decreto Ordinarii loci et, si pericu- dell'Ordinario del luogo e, se il ritardo
lum sit in mora, etiam propria auc- do vesse cau sare del peri colo, anche di
toritate. propria autorit à.
§ 2. In omnibus casibus, causa § 2. Ces sando la cau sa di sepa razione,
separationis cessante, coniugalis si deve ristabilire in ogni caso la convi-
convictus restaurandus est, nisi ab venza coniugale, tranne ehe l'autorità ec-
auctoritate ecclesiastica aliter sta- clesiastica disponga diversamente.
tuatur,

- Mat eriale. ossia di congiunzio ne sessuale completa con una persona diversa dal
proprio con iuge
- Forma/e, ossi a volontari a: non è adulterio una violentazione subita a ca usa di
costrizione o inganno
- Mo ra/mente certo: non bastano i dubbi , le supp osizioni , i sospetti.
All'ad ult er io s uo le e q uipararsi la sodo mia e la bestia lit à ; sec o ndo alc uni anche la
fecondaz ione art ific iale eterologa, ossia co n liquid o sper rnatico proven iente da uom o diverso dal
propri o marit o.

2 0 Che l' adulteri o non abbia avuto luogo con l'approvazione o col co nsenso espli-
cito o impli cito, della co mparte o, peggio, con la sua diretta istigazi one a fine di lucro
o per raggiungere un particolare scopo.
r Che questa non vi abbia dato causa diretta con la sua cond otta.
4 0 Che la medesima comparte non si sia macchiata d'identica colpa, poiché in tal
caso si avrebb e una "mutua compensazione" delle colpe: un motivo piutto sto strano, in
verità, che ogg i non pochi contestano. Comunque, se la parte innocente si macchi a sua
volta di adult erio dopo la separazio ne, non è obbligata a riconcil iarsi né perde il dir itto
che ha già acquisito.
50 Che da parte del coniuge innocente non ci sia stato il perdon o, espresso o tacito.
- Si ha il perdono tacito, se il coniuge innocente, dopo essere venuto a con oscen-
za dell'adulterio, si comporti spontaneamente (non per forza o timore) con l'altro co niu-
ge "con affetto maritale" , ossia con espres sioni e atti d' intimit à.
Nel foro esterno, si presume il perdon o, se egli abbia conservato per sei mesi la 4237
convivenza coniugale, senza far ricors o all' autorità ecclesiastica. I sei mesi decorrono
dal giorno in cui è venuto a conoscenza dell ' adulterio. Considerata la "praesumptio
iuris", trascorsi i sei mesi tocca al coniuge innocente provare di non aver dato il suo
perdono.
Per sé, la parte innocente che intende sepa rarsi defin itivamente dal coniuge col pe- 4238
vole, deve rivolg ersi alla competente autorità ecclesiastica. Non può infatti procedere
di propri a iniziati va a una separazio ne perpe tua (Communicationes, a. 1973, p. 87,
ultimo cp v.). La norm ativa di tali processi, giudiziari o amministrativi, è cont enut a nei
cann. 1692-1696 . Con seguentemente, il ean. 1152, § 3, fa obbligo al coniuge innocen te,
che abbia scio lto di sua iniziativa la convi venza, di deferire entro il termine di sei mesi,
420 LlBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

la causa di separazione alla competente autorità ecclesiastica, la quale, prima d'iniziare


il processo deve tentare, dove sia possibile, d'indurre il coniuge innocente a perdonare
la colpa e a ristabilire la convivenza coniugale.
4239 A termine del can. 1692, §§ 2-3, per le cause di separazione si può adire anche il magistrato
civile, salvo, evidentemente, che si tratti di un matrimonio che abbia soltanto valore religioso.
4240 L'adulterio non scioglie il vincolo matrimoniale. Lo dichiara espressamente il
Concilio di Trento, Sesso XXIV dell'II novembre 1563, can. 7 "De sacramento
matrimonii" (Denzinger-Schiinmetzer, n. 1807).

4241 2) La separazione temporanea


1153 (ll3l *) Il Codice precedente enumerava una serie di cause, legittimanti la
separazione, con la conseguente sospensione dei diritti e dei doveri coniugali:
- L'ascrizione ad una setta acattolica
- L'educazione acattolica dei figli
Una vita criminosa e disonesta
- Una convivenza resa gravemente pericolosa per l'anima e per il corpo
- Una convivenza resa troppo dura per continui litigi, maltrattamenti, sevizie
L'enumerazione era soltanto esemplificativa, poiché il can. 1131, § l, aggiungeva: "haec
aliaque id genus",
[ suddetti motivi sono tuttora validi, anche se il nuovo Codice ha preferito formu-
lare le norme in maniera più generale:
- Se uno dei coniugi costituisca un grave pericolo, spirituale o corporale, per
l'altro coniuge o per la prole
- Se, in altro modo, renda troppo dura la vita comune'.
4242 Questi motivi giustificano la separazione, che tuttavia, per sé, dev'essere auto-
rizzata dall'Ordinario del luogo (il Vescovo diocesano: can. 1692, § 2) mediante
decreto, poiché essa, anche se motivata, non si riduce a un semplice fatto privato dei
coniugi. Per la natura stessa del matrimonio e per la sua rilevanza sociale e religiosa,
richiede l'intervento della competente autorità, negli stessi casi di separazione tem-
poranea, anche allo scopo di evitare possibili decisioni arbitrarie o avventate. Se la
cosa fosse urgente, e attendere la decisione dell'Ordinario costituisse un pericolo, il
coniuge innocente può separarsi anche di sua iniziativa, presentando nello stesso
tempo formale istanza all'Ordinario.
Cessando la causa di separazione, si deve ristabilire in ogni caso la convivenza
coniugale, tranne che l'autorità ecclesiastica disponga diversamente.
4243 Casi di separazione nella legislazione italiana.
- Il precedente art. 151 del Codice Civile: «La separazione può essere chiesta per causa di
adulterio, di volontario abbandono, eccessi, sevizie, minacce o ingiurie gravi».

1 Anche l'abbandono ingiustificato della convivenza coniugale può essere motivo valido per

chiedere la separazione di diritto (quella di fatto già esiste), in quanto tale abbandono è causa di
gravi ,conseguenze per il coniuge abbandonato e per la prole.
E motivo valido una malattia cronica, incurabile? E evidente che da sé non lo è, poiché fra
i doveri degli sposi è anche quello di prestarsi aiuto e assistenza vicendevole nei bisogni. Perché
sia un motivo legittimo, è necessario che la malattia costituisce un grave pericolo per il partner o
per i figli: tale è ad esempio una malattia gravemente contagiosa oppure una demenza furiosa. Ma
anche in tal caso, pur ammessa la legittimità della separazione, resa necessaria dalle circostanze,
al coniuge infermo che senza sua colpa versa in uno stato di grave bisogno, non deve mancare la
debita solidarietà e assistenza: per dovere coniugale e per carità cristiana.
Il matrimonio 42]

CAN. ] ]54 • Instituta separatione Effettuata la se para zio ne dei coniugi, si


coniugum, opportune semper ca- deve sempre provvedere debitamente al
vendum est debitae filiorum su- sostentamento e all 'educazione dei figli.
stentationi et educationi.

- Il nuovo artico modificato, con la Riforma del Diritto di Famiglia (Legge 19 maggio
1975, n. 151, alt . 33): «La separazione può essere chiesta quand o si verificano. anche indipenden-
temente dall a volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatt i tali da rende re intoll erabile la
prosecuzione della con vivenza o da recare grave pregiud izio alla educazione della prole».

3) La separazione consensuale e di fatto 4244


Negli ordinamenti civili, è ammessa la separazione dei coniugi sia nella forma
giudiziale che in quella consensuale: cfr. art. 150 del Codice Civile Italian o. La sepa-
razione consensuale suppone un accordo privato tra i coniugi che intendo no separarsi,
ma, perché abbia effetti giuridici, de v'essere con validato dal giud ice (omologazione). Se
invece i con iugi non riescono ad accord arsi , ciascuno di essi può rivolgersi al tribunale
affinché la separazione sia dich iarata con sentenza. In tal caso , si ha la separazione
giudiziale.
Nell'ordinamento canonico, la separazione consensuale per accordo privat o non è
ammessa. La rottura della vita coniugale esig e una caus a formale ed esplicit a, che
dev' essere debitamente dimostrata dalla parte istante e attentamente valutata dalla pub-
blica autorità in un regolare processo giudiziario o amministrativo, concl uso medi ante
sentenza o decreto, che non omol oga l' accordo intervenuto fra le parti, ma delibera la
separazione per una cau sa prevista dal diritt o.
La separa zione di fa tto non ha alcun valore giuridico e, d'altra parte, non è neppure
ammesso dalla legge canonica che i coniugi procedano alla rottur a della loro vita ma-
trimoniale, sia temporanea sia sopr attutto perpetua, di proprio arbi trio . Giuridicamente
e moralmente la separazione, com e s'è rilevato, richiede per la sua stessa natu ra l'in-
tervento della competente autorit à.

3. Il dovere verso la prole 4245


1154 ( / /32 *) Il sostentamento e l'educazione dell a prole è un dovere fondamentale
dei genitori (cfr. can. 1136 e commento relativo), che, evidentemente, perdura in tutta
la sua gravità ed urgenza anche dopo la loro eventuale separazione. È un dovere soli-
dale, che obbl iga il padre e la madre sia congiuntamente che singolarmente.
Alcuni avrebbero voluto che si parlasse anche del sostentamento dovuto al coniuge
innocente, e forse sarebbe stato opportuno farlo , per afferm are un principio. Ma i Con-
sultori ritennero di non doversi inter essare del fatto , che è piutto sto di pertinenza del
diritto civile (Communicationes, a. 1978, p. 121, can. 35 1; a. 1983, p. 241, can. 1108).
Il nuovo articolo 155 del Codice Civile Italiano, formulato nella Legge 19 maggio 1975, n. 4246
151. con la quale si è attuata la riforma del Diritto di Famiglia:
- Il giudice che pronunzia la separazione dichiara a quale dei coniug i i figli sono affidati
e adotta ogni altro provved imento relativo alla prole, con esclusivo riferimento all'interesse morale
e materiale di essa.
In part icolare il giudice stabilisce la misura e il modo con cui l'altro co niuge deve contribuire
al mantenimento, all'istruzione e alla educazione dei figli, nonch é le modalità di esercizio dei suoi
diritti nei rapporti con essi.
Il coniu ge cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del giudice , ha l'e sercizio
422 LlO RO IV - Il "munus sanctlficandi" della Chiesa

CAN. 1155· Coniux innocens lau- Con un gesto che merita lode, il coniu-
da biliter alterum coniugem ad vi- ge innocente può riammettere l'altro co-
tam coniugalem rursus admittere niuge alla vita coniuga le; in questo caso,
potest, quo in casu iuri separatio- egli rinunzia al diritto di separazione.
nis renuntiat.

esc lusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle condi zioni determ inate dal giudice . Salvo
che sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore inter esse per i figli sono adottare da entram-
bi i coniugi, Il coniuge cui i figli non siano affidati ha il diritt o e il dove re di vigilare sulla loro
istru zione ed educazione, e può ricorrere al giudice quando ritenga e he siano sta te ass unte decisioni
pregiudizievoli al loro interesse.
L'abitazione nella casa famili are spetta di preferenza. e ove sia possibile, al coniuge cui
vengono affidati i figli .
Il giudice dà inoltre disposizioni circa l'amministrazion e dei beni dei figli e. nell'i potesi che
l'esercizio della potestà sia affidata ad entrambi i genitori, il conco rso degli stessi al godimento
dell 'u sufrutto legale.
In ogn i caso il giudice può per gravi moti vi ordinare che la prole sia co llocata presso una terza
persona o, nella imp ossibilit à, in un istitut o di educazione .
Ne ll' e manare i provvedimenti relativi all' affidamento dei figli e al contributo al loro munte-
nimento, il giudice de ve tener cont o dell'accord o fra le parti : i provved imenti possono essere
diversi rispett o alle domand e delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi
di prova dedotti dalle parti o dispost i d ' ufficio dal giudice.
I coniu gi hanno diritt o di chiedere in ogni temp o la revisione delle disposizioni concernenti
l' affidam ento dei figli, l'attribuzione dell' esercizio della potestà su di ess i e le dispos izioni relative
a lla misura e alle modalità del contributo (art. 36).

4247 4. Un gesto auspicabile


1155 (1 / 30*) Per la terza vo lta il Codice insiste per la ricon cili azione degli sposi,
affermando che, pur dopo la legittima separazione, la riammissione alla vita co niugale
del coniu ge colpevole da parte del coniuge innocente, costituisce "un gesto che merita
lode". Con tale gesto, egli rinunz ia al diritto di separazione .

4248 Richiamo pastorale della CEI


Art. 54 del Decreto Generale del 5 nov, 1990 (Enchir. CEI, vol. 4, n. 2672) :
- L' assistenz a che le comunità ecclesiali, sotto la guida dei loro pastori . sono
impegnate ad assicu rare ai coniu gi perché la loro condi zione matrimoniale sia viss uta in
spirito cristi ano (cfr. ca n. 1063), de ve farsi ancor più sollecita nei cas i in cu i la convi-
venza con iugale attraversa momenti di grav e difficoltà.
In particolare, quando si verifi cano le situazioni previste dai ca nn, 1152 e 1153 si
deve fare ogni sfo rzo per aiutare i coniugi in difficoltà ad ev itare il rico rso alla sepa-
raz ione, anche attrav erso l'opera di consul enz a e di sosteg no svo lta da i con sultori di
ispirazione cristiana.
Resta fermo tuttavia che. alle co ndizioni previste dai canoni citati. i coniugi hanno
diritto di interrompere la con vivenza. soprattutto quand o la sua preoccupazione arreche-
rebbc di fatto grave danno ai coniugi stessi o ai tigl i.

4249 LA CONVALIDA SEMPLICE DEL MATRIMONIO (cann. 1156-1160)


Schema
I Introduzione 3. Nullo per difetto di consenso
2. La convalida di un matrim onio nullo a 4. Nullo per difett o di form a
ca usa di un imped imento
Il matrimonio 423

CAPITOLO X
LA CONVALIDAZIONE DEL MATRIMONIO

ART. l
LA CONVALIDAZIONE SEMPLICE

CAN. 1156 • § 1. Ad convalidan- § l . Per conva lidare un matrimonio


dum matrimonium irritum ob imo nullo a causa di un impedime nto dir i-
pedimentum dirimens, requiritur ment e, si richiede che cessi l'impedimen-
ut cesset impedimentum vel ab eo- to o che si dispensi da esso, e che rinnovi
dem dispensetur, et consensum il consenso almeno la parte consapevole
renovet saltem pars impedimenti dell ' impedime nto.
conscia. § 2. Questo rinnovo del consenso è ri-
§ 2. Haec renovatio iure eccle- chiesto dal diritto eccles iastico per la va-
siastico requiritur ad validitatem lidità della convalida, anche se entrambe
convalidationis, etiamsi initio utra- le parti abbiano già dato il loro co nsenso
que pars consensum praestiterit all'inizio né l'abbiano successivam ente re-
nec postea revocaverit. vocato.

l. Introduzione 4250
Posson o es iste re dei matr imoni validi in apparenza c nulli in realt à: il caso non
è infrequente. In un a tale ipotesi , la so luzi one g iur idica è duplice: la dichiarazione
di nullità, a termine del can. 1671 ss. , oppu re la convalida del matrimonio, a norma
dei canoni del presente capitolo. Si ricorre alla dichiarazione di null ità, solo qu ando.
per particol ari ci rco stanze e difficolt à. non sia possibil e o con sig liabile la con valida.
Questa, pert anto , rim ane la solu zion e ordin ar ia, so lleci tata da più ragio ni, nell'inte-
resse dell a famiglia. L' istituto dell a conval ida dimostra ancora una volta la gra nde
preocc upazione pasto rale dell a Chiesa e la sua apertura e disponib ilit à ai problem i dei
suoi fig li.
L' invalidità di un matrimonio ce lebrato "corarn Ecclesia" può dipendere da varie 4251
cause, riducib ili a tre categorie o classi:
- L' esistenza di un impedi mento
- Il difetto di co nsenso
- Il difetto della form a ca nonica
La convalida può esse re semplice, medi ante il rinnovo del co nsenso da parte di
entrambi i coniugi o almeno di uno di essi, e può anche avve nire senza tale rinnovo.
mediante la sa na zione in radice, co ncessa dalla competente autor ità ecclesiastica.
Nell' una e nell'altra. il matrimon io diventa valido, come suol dirsi, ex mmc, ossia dal
momento in cui si rinnova debitamente il co nsenso o si conc ede l'indulto de lla
sanazione in radice. Quanto agli effetti canon ici. nella conv alida sempli ce il matrimonio
opera ex IllIll C; nella sanazione in radic e, per retroa ttività giuridica, opera invece ex tunc,
vale a dire da l momento in cui fu co ntratto il matrimonio apparentemente valido , tranne
che sia disposto diversamente .
Sembra che il primo ese mpio di convalida matrimoniale risalga al Papa Sergio III 4252
(904-91 1), in favore di Leone VI, Imperatore d'Oriente (886-9 11). Con valide generali
424 LIBRO IV - Il "m unus snnctificundi" della Chie sa

si ebbero nel sec. XIX , come quell a concessa da Pio VII , con indulto del 15 agosto
1801 , per la pacificazione religiosa della Fran cia nella situazione determinatasi a ca usa
dell a Rivolu zione' ,

4253 2. La convalida di un matrimonio nullo a causa di un impedimento

4254 1) Le condizioni richieste


1156 (1133 *) Per la convalida di un matrimonio nullo a cau sa di un impedimento.
si richiede una duplice co ndizione:
l ? Che cessi l 'impedimento, da cui è derivata la nullità o che si dispensi legitti-
mamente da esso
- L'impedimento può cessare da sé: per es . l'impedimento di età, col raggiungimento degli
anni prescritti; il vincolo del matrimonio preceden te, con la morte del coniu ge.
- Può cessare per volontà delle parti : per es. l' impediment o di d isparità di culto, col
batt esimo dell a parte non battezzata : l' impedimento d' imp ote nza mediant e un inte rvent o chi-
rurgi co.
- Può cessare infine per legittima dispensa da parte della competente autorità eccles iastica.
Occorre tener presente che un impedim ento di diritto naturale non può mai cessare per dispensa:
per es . l'i mpedi mento di consanguineità nel primo grado della linea retta .
20 Che rinnovi il consenso almeno la parte consape vole dell 'impedimento stesso
4255 Il rinnovo del con senso non è necessario per diritto naturale (e que sto spiega perché
tale rinno vo non ha luo go nella sa nazione in radice), ma solo per diritto ecclesiastico ,
che lo prescri ve "ad valid itatem" per moti vi di carattere prudenziale, anche nel cas o che
entrambe le parti abbi ano già dato il loro cons enso all'inizio né l' abbiano successiv a-
ment e revocato. Se, per particolari circost anze, il rinnov o del con senso non potesse
effettuarsi, occorre chiedere la sanaz ione in radice.
Nel caso che sia una sola parte a rinnovare il consenso, è necessario che perduri il consenso
dell'altro coniuge. Questo , per altro, si presume giurid icamente, a norma del can, 1107: «Anche se
il matrimoni o sia stato contratto invalidamente a causa di un impedimento o per difetto di forma,
si presum e che il consenso prestato perduri tino a quand o non consti della sua revoca».

4256 2) Il rinnovo fo rmale del consenso


1157 ( 1134 *) Per la convalidaz ione semplice non basta canonicamente il perdurare
del cons en so matrimoniale prestato all' inizio. Si richiede un nuovo allo formal e, disti nto

I La convalida del matrimonio esiste anche negli ordinamenti civili, ma con significato e

modalit à del tutto dive rse dalla convalida prevista nell' ordinamen to canonico. Civilmen te si COIl-
valida un matrimoni o co ntra lto co ntro il disp ositivo dell a legge , mediant e l'i stitut o della
prescrizione o decad enza, che rende impossibile l' impugnazione del matrim onio. In virtù della
delta prescrizione. un matrimonio annull abile entro un determ inato periodo di tempo - trascorso
il termine stabilit o senza che nessuno il quale ne abbia il diritto ne impugni la validità - acq uista
un valore definitivo, che non può essere più infirmato, Cosi, ad ese mpio, in caso di simulazione,
il nuovo articolo 123 del Codice Civile Italiano. Un altro caso riguarda a termine dell' art. 120
l'incapacità di intendere e di volere.
Una tale convalida del matrimonio non è possibile nell'ordinament o canonico. perché in
co ntrasto con la natura e le proprietà del matrimonio affermate nella concezio ne cristiana. Cano-
nicamente . un matrimonio valido non può essere annullato, e un matrimo nio nullo non può essere
convalidat o dalla legge senza il presupposto essenziale del perdurar e o del rinnovarsi del consenso
delle parti.
Il matrimnnic 425

CAN. I 157 - Renovatio consensus Il rinnovo del consenso dev 'essere un


debet esse novus voluntatis actus nuovo atto di volontà in ordine al matri-
in matrimonium, quod pars re- monio, che la parte, la quale effettua il
novans scit aut opinatur ab initio rinnovo, sa o suppone essere stato nullo
nullum fuisse. dall ' inizio.
CAN. 1158· § 1. Si impedimentum § I. Se l'impedimento è pubblico, il
sitpublicum, consensus ab utraque consenso dev'essere rinnovato da entram-
parte renovandus est forma canoni- be le parti nella forma canonica, salvo il
ca, salvo praescripto can. 1127, § 2. prescritto del can. 1127, § 2.
§ 2. Si impedimentum probari § 2. Se l'impedimento non può essere
nequeat, satis est ut consensus re- pro vato, è sufficiente che il consenso sia
novetur privatim et secreto, et qui- rinnovato privatamente e in segreto, e
dem a parte impedimenti conscia, questo dalla parte cons apevole dell'impe-
dummodo altera in consensu prae- dimento, purché l'altra perseveri nel con-
stito perseveret, aut ab utraque senso prestato; oppure da entrambe le par-
parte, si impcdimentum sit utrique ti, se l'impedimento è a cono scenza del-
parti notum. l'uno e dell'altro coniuge.

dal prim o, per cu i non può essere posto in essere se non da chi sappi a o supponga che
il matrimonio sia stato nullo da principio, a cau sa dell'impedimento.
Se rag ioni particolari impedisco no il rinnovo del consen so, è necessar io ricor rere alla
sanazione in radice.
In caso di nullità dubb ia dci matrimon io, il conse nso viene rinnovato sotto condizione.

3) Impedim enti pubblici e occulti 4257


1158 (1135 *) Se l' impedimento è pubblico - tanto nel se nso che possa essere
dimostrato in foro esterno (ean. 1074 ), quanto nel senso che sia divulgato (virtualme nte
pubblico)? - il co nsenso dev 'essere rinnovato da entrambe le parti nella fo rma ca no-
nica, salvo il prescritto del can. 1127, § 2 (dispensa dall a forma nei matrimoni misti).
Se l'impedimento è occulto - tanto nel senso che non possa essere dimostrato in
foro es terno, quantu nel senso che non sia divulgato - è sufficiente che il cons enso sia
rinnova to privatamente, ossia senza la forma prescritta (can. 1108) e in segreto:
- Dalla parte con sapevole dell 'impedimento, purché l' altra perseveri ne) con senso
prestato
- Da entrambe le parti, e nel modo da esse ritenuto più opportuno. se l'impedi-
mento è a cono scenza dell'uno e dell'altro coniuge
Si può fare l' ipotesi che l'impedimento sia ignorato da entrambi i coniugi. In questo caso: 4258
- Se l'impedimento è pubblico, si dovrann o avvertire con prudenza i co niugi (gli
pseudocon iugi), perché possano rinnovare il co nsenso nella forma canonica di c ui al § I.
- Se l'impedimento è IIcc u/III , basta avvertire una sola delle parti , perché rinnovi il consenso
"privatirn et secrero". come prescriv e il 2.
- Se ragioni di prudenza consigliassero di non rivelare a nessuna delle due parti l'esisten za
dell' impedimento, bisognerà ricorrere alla "sanatio in radice".

2 Il significato più ampio dell'aggettivo pubblico sembra suggerito dal fatto che il Gruppo di
Studio "Dc ime matrimoniali" non accolse la proposta fatta da alcuni di sostituire il termine "pub -
blico" con l'espressione "probari potest" del can, 1074 iCommunicationes. a. 1978, p. 122, can. 354),
426 LIB RO IV - Il "muuus sanctificandi" dell a Chiesa

CAN. 11 59· § 1. Matrimonium ir- § I. Il m atrim oni o nullo per di fett o di


ritum ob defectum consensus con- consens o vie ne convalidato, se la pa rte
validatur,si pars qua e non consen- che aveva m an cat o di d arl o , ormai lo dà,
serat, iam consentiat, dummodo p urc hé perseveri il co ns enso prestato dal-
consensus ab altera parte praesti- l'altra part e.
tus perseveret.
§2.Sidefectus consensus proba- § 2. Se il di fetto d i consen so non può
ri nequeat, satis est ut pars, quae esse re provato , è sufficiente che la parte,
non conscnserat, privatim et se· la quale aveva m ancato di d arl o , lo dia
creto consensum praestet. priva tam ente e in segreto.
§3.Sidefectusconsensu sproba- § 3. Se il d ifetto d i co nsenso può essere
ri potest, necesse est ut consensus p rovato , è necessar io che il conse nso sia
forma canonica praestetur. p restato nell a fo rma cano nica.
CAN. 11 60 - Matrimonium nul- Per co nvalidare un m atrimonio nullo
lum ob defectum formae , ut vali- per difett o d i forma, è ne ce ssario che sia
dum fiat, contrahi denuo debet nuovamente co ntra tto nell a fo rma ca noni-
form a canonica, salvo praescrip- ca. sa lvo il d isposto del ca n. 1127, § 2.
to can. 1127, § 2.

4259 3. La convalida di un matrimonio nullo per difetto di consenso

4260 I) Il rinnovo del consenso


1159, § l (1 /36, § / ") Il consenso è l' elemento costitutivo essenziale del ma-
trimoni o (can. 1057. § 1). La sua manca nza (co nsens o simulato) o un suo vizio
sostanziale (cann. 1096-1099) rendono nullo il contratto matrimonia le e il sacramen-
to. In questa ipotesi , per la conva lida del matrim onio è necessario per diritto naturale
che il consenso - il quale non può essere supplito da nessu n potere umano. neppure
dall a Chiesa (can . 1057. § 1) - sia debitamente rinno vato, elimi nando la causa che
ne ha dete rminato la mancanza o il vizio .
Dovrà rinnovare il consenso la parte che ha mancato di darlo o lo ha dato
sostanzialmente viziato. sempre però che la comparle perseveri nel con sen so prestato.
Se poi il debito co nsenso sia mancato o sia venuto meno successivame nte in ambedue
i co niugi. il rinnovo dovrà esse re effettualo da ent rambi.

4261 2) La fo rma privata e la f orma pubblica o canonica


1159, §§ 2-3 (1 / 36, §§ 2-3 ") Se il difetto o il vizio del consenso non possono
essere provati nel foro esterno né siano divulgati. è sufficien te che il rinnovo sia effet-
tuato dalla sola parte che ha mancato di darlo: privatamente (ossia non nella forma
canonica) e in segreto.
Se invece il difetto o il vizio possono essere dimostrati o sono divulgali, è neces-
sario che il consenso sia prestato nella forma canonic a da entrambe le parli.

4262 4. La convalida di un matrimonio nullo per difetto di forma


1160 (1137 *) In questa ipotesi - trattandosi di difetto essenzialmente pubblico, in
quanto il difetto di forma può essere provato in foro esterno (can. 1074) - la rinnova-
zione del consenso non può essere effettuata che nella forma pubblica o canonica, a
Il matrimonin 427

ART. 2
LA SANAZIONE IN RADICE

CAN. 11 61 - § 1. Matrimonii irriti § I. La sanazio ne in radice di un matri-


sanatio in radice est eiusdem, sine m on io null o è la sua co nva lida , co ncessa
rcnovatione consensus, convalida- dall a co mpeten te autorità, se nza la rinno-
tio, a competenti auctoritate con- vazio ne del co nse nso ; essa co mporta la
cessa,secumferens dispensationem d isp en sa dall' impedimento, se vi sia , e
ab impedimento, si adsit, atque a de lla for ma ca nonica, se non sia stata os-
forma canonica, si servata non ser vata, come pure la retroattività degli
fuerit, necnon retrotractionem effetti canonici .
clTectuum canonicorum ad prae- § 2. La convalida ha luogo dal mo men-
teritum. to in cui si co ncede la grazia; la retro-
§ 2. Convalidatio fit a momento attività s' inte nde invece riportata al mo-
concessionis gratiae; retrotractio mento dell a ce le braz io ne de l m at rim on io.
vero intellegitur facta ad momen- trann e che sia stabili to d iversam e nte in
tum celebrationis matrimonii, nisi modo es presso.
aliud expresse caveatur. § 3. Non si conceda la san azion e in
§ 3. San atio in radice ne conce- ra dice, se non sia probab ile che le parti
datur, nisi probabile sit partes in abbiano la volo ntà di perseverare nella vita
vita coniu gali perseverare velle, coniugale.

norma del can. 1108, salvo il disposto del can. 1127, § 2, relativo alla dispensa da detta
forma nei matrimoni misti.
Se non fosse possibile il rinnovo del consenso nella forma canonica prescritta -
come, ad esempio, nel caso che il difetto di forma fosse noto soltanto all' Ordinario del
luogo. al parroco o al ministro assistente, e particolari circostanze impedissero di ma-
nifestare il fatto ai coniugi putativi - bisognerà ricorrere alla sanazio ne in radice, di cui
al can. 1163, § I.
Il difetto di forma può verifica rsi in più modi: assenza del ministro competente per facoltà
ordinaria o delegala (tranne che la Chiesa "supplisca" la mancanza della facoltà necessaria a nonn a
del can. 144), assenza dei testimoni o anche di uno di essi. Lo stesso matrimonio civile può essere
considerato un matrimonio nullo per difetto di forma .

LA SANAZIONE IN RADICE (ca nn. 1161- 1165 ) 4263


Schema
I. Il canone introd uttivo 2. Sanazione di un matrimonio nullo a ca usa
- Concet to ed effetti della sanazione in radice di un impedimento o per difetto di forma
- Il presupposto del consenso 3. La concessione della snnazione in radice

l. Il canone introduttivo 4264

I ) Concetto ed effetti della sanazione in radice


1161, §§ 1·2 (1138*) La sanazione in radice è la convalida di un matrimonio nullo
per l' esistenza di un impedimento o per difetto di forma, che avviene. come s'è già
rilevato, senza la rinnovazione del consenso (la "radice" del matrimonio. che viene
428 LIBRO IV - 1\"mu nus sanctiflcandi" della Chiesa

sanata, per cui acqui sta validi tà giuridica) , ad opera diretta dell a co mpetente autorità
eccl esias tica . No n è questa, tuttavia, che crea il vincolo matri m oniale. L'elemellto co-
stitutivo de l matrimonio è se mpre il con sen so personale degli sposi , c he non può essere
supplito da nessun a autorità um ana (ca n. 1057 ). Nell a sa naz io ne in radi ce , la C hies a non
fa c he prendere atto del perdu rare del conse nso e, rimo vend o gli ostaco li che ne hanno
imp edito l'efficaci a giuridica. mette in g rado un tale con sen so " naturalite r suffici ens" di
porre in essere un matrimoni o valido a tutti gli effetti.
Per questo . la sanazione in radi ce è possibile so lo nel ca so che il matr imon io sia
nullo a motivo di un im pedime nto di riment e o per difetto di forma. Qu alora il co nsenso
sia viziato o manchi del tutt o, la sanazio ne in radice è del tutt o in attu abil e. perch é pri va
del suo supposto essenziale .
4265 La sanazione in radice è un istituto proprio del Diritto Canonico. Con esso si convalida di
regola un matrimonio celebrato "coram Ecclesia" e nullo, come s'è detto, a causa di un impedi-
mento o per difetto di forma canonica. È però prevista anche la sanazionc di un matrimonio nullo
per difetto iniziale di consenso. prestato poi successivamente in modo natura/mente valido, anche
se giuridicamente inefficace (can. 1162. § 2). È possibile, come s'è già accennato, la stessa
sanazione di un matrimonio civile. purché il consenso prestato nella sua celebrazione sia natural-
mente valido ed efficace. Per sé è possibile perfino la convalida, mediante sanazione in radice. di
una semplice unione di fallo. qualora subentri nei conviventi una sincera volontà di vivere stabil-
mente come marito e moglie.
Si ricorre alla "sanatio in rad ice" . quando particolari difficolt à imp ediscono l'appli-
cazione della convalida semplice.
4266 Essa comporta "ipso iure" :
- La di spensa da eventuali imp edimenti e dalla forma cano nica, se no n sia stata
osserva ta
- La retroatti vità degli effett i canon ici
La convalida ha luogo dal mom ento in cui si concede l' indulto: è da questo mo-
ment o , infatti , che nas ce il vero matrim onio, nel suo aspetto di co ntra tto e di sac rame nto.
D i co nse g uenza . se. ottenuta la sa nazio ne in radice, i co niugi non co nsum ino il loro
matrimonio, questo ri ma ne so lta nto "rato", e per sé può essere oggetto di dispen sa da
parte del Romano Pont efi ce (dispensa "s uper rato" ).
Gli effetti canonici invece, co me s'è già notato , per fic tio iuris so no opera nti dal
mo me nto in cui è stato ce lebrato inva lidame nte il matrimoni o. trann e che sia stabilito
div ersamente in modo espresso' . Uno degli effetti è la piena legi ttimità dei tigli. nati
dopo tal e matrimonio, e non la semplice legittimazione. La legi tti mità può essere det er-
minata anche dal matrimon io put ativo, a norma del can. 1137 .

4267 2) Il presupposto del consenso


1161, § 3, e 1162 (1/40 *) Nell a sanazio ne in radic e si dispen sa dal rinno vo del
co nse nso matrimoniale. ma questo , a norm a del can . 1107, solo nel pre supposto che il
co nsenso prestato dalle parti perd uri in tutta la sua validità. Se per tanto dovesse risultare

I Per diritto comune, sono i casi previsti nei cann, 1162. § 2 (consenso mancato all'inizio)

e 11 63. § 2 (matrimonio contratto con un impedimento di diritto naturale o divino positivo), in cui
la sanazione in radice può essere concessa solo dal momento in cui è stato prestato il consenso o
è cessato l'impedimento. ed è da questo momento che decorrono gli effetti canonici.
Per diritto particolare, ossia per disposizione inserita nello stesso atto della "sanatio in radice",
la retroazione degli effetti, per esempio, può essere concessa a decorrere dalla nascita dei figli (e
non dalla celebrazione del matrimonio). in modo da assicurarne la lcgittimazione.
Il mat rimonio 429

CAN. 1162 - § 1. Si in utraque vel § l. Se difetti il consenso in entrambe


alterutra parte deficiat consensus, le parti o in una di esse, il matrimonio
matrimonium nequit sanari in ra- non può essere sanato in radice, tanto se
dice,sive consensusab initio defue- il consenso sia mancato da principio,
rit, sive ab initio praestitus, postea quanto se, prestato all'inizio, sia stato
fuerit revocatus. poi revocato.
§ 2. Quod si consensus ab initio § 2. Se poi il consenso era mancato al-
quidem defuerat, sed postea prae- l'inizio, ma successivamente esso è stato
stitus est, sanatio concedi potest a prestato. può essere concessa la sanazione
momento praestiti consensus. a partire dal momento in cui il consenso è
stato prestato.
CAN. 1163- § l. Matrimonium ir-
ritum ob impedimentum vel ob § l . Il matrimonio nullo a causa di un
defectum legitimae formae sanari impedimento o per difetto di forma legit-
potest, dummodo consensus utriu- tima, può essere sanato purché perduri il
sque partis perseveret. consenso di entrambe le parti.
§ 2. Matrimonium irritum ob im- § 2. Il matrimonio nullo a causa di un
pedimentum iuris naturalis aut divi- impedimento di diritto naturale o divino
ni positivisanari potest solummodo positivo, può essere sanato solo dopo che
postquam impedimentum cessavit sia cessato l'impedimento.

che le parti non hanno più la volont à di perseverare nella vita coniugale, la sanazione
in radice non può essere conce ssa, in quanto il consenso matrimoni ale non può essere
supplito da nessuna autorità umana, ne civile né religio sa (can . 1057, § I). Non è
opportuno, evidentemente, ricorrere alla sanazione in radice per salvare un matrimonio
in crisi: sarebbe una soluzione pien a di pericol i, con danni forse irreparabili .
Un tale principio è confermato nel can . 1162; difettando il consenso in e ntrambe
le parti, o anche in una sola di esse, il matrimonio non può essere sanato in radice,
tanto se il consenso sia mancato dall'inizio, quanto se, prestato all'atto del matrimo-
nio. sia stato revocato in seguito. In questi casi. infatti . verrebbe a mancare la " radice
da sanare". ossia il con senso a cui occorre dare efficacia giuridica perché sorga il
vincolo con iugale.
Se poi il consenso, pur mancando all'inizio, successivamente viene prestato , la
sanazione può essere concessa a partire da questo momento.
Ov viamente, il con senso dev 'essere vero consenso matrimoniale. naturalmente
efficace, anche se giuridi camente sia stato inoperante.
Integrando quanto s'è già dello nell'esposizione del can . 1/61 , § l, possiamo quindi dire che 4268
la sanazione in radice è possibile per i matrimoni che risultino nulli:
- A causa di un impedimento dirimente
- Per un difetto di forma
- Per un vizio inizial e di consenso, eliminato success ivame nte prima della concessione della
convalida .

2. La sanazione in radice di un matrimonio nullo per l'esistenza di un 4269


impedimento o per difetto di forma
1163 (1/39 *) Si conferma il principio che è alla base dci cann. 1158, § 2; 1159.
§ l; 1161, § 3: il matrimonio nullo a causa di un impedime nto di diritto ecclesiastico
o per difetto di forma legittima, può essere sanato a condizione che il consenso di
entrambe le parti perduri.
430 LIBRO IV - II "munus snnctificundi" della Chiesa

CAN. 1164- Sanatio valide conce- La sanazione in radice può essere con-
di potest etiam alterutra vel utra- cessa validamente anche all'insaputa di
que parte inscia; ne autem conce- una sola o di entrambe le parti; ma non si
datur nisi ob gravem causam. conceda se non per grave causa.

Trattandosi d'impedimenti di diritto naturale o divino positivo, che non sono su-
scettibili di dispensa, il matrimonio può essere sanato solo dopo la cessazione dell'im-
pedimento stesso. La dispensa in tal caso è assolutamente esclusa, poiché sugl'impedi-
mento di diritto naturale o divino positivo la Chiesa ha solo un potere dichiarativo, che
si limita a interpretarne il senso e la portata (can. 1075, § I).
4270 In conformità con la Risposta del S. Ufficio in data 2 marzo 1904, il Codice precedente
disponeva che «il matrimonio contratto con un impedimento dirimente di diritto naturale o divino
positivo, non viene sanato in radice dalla Chiesa, neppure quando questo sia cessato» (can. 1139,
§ 2*). Era un'affermazione di fatto, non di diritto, quasi si trattasse d'impossibilità da parte della
Chiesa. Nel nuovo Codice, la norma è stata soppressa, poiché il can. 1163, § 2, parla di sanazione
in radice di un matrimonio nullo a causa di qualsiasi impedimento, dopo la sua cessazione. L'in-
novazione risale propriamente al M.P. De Episcoporum muneribus di Paolo VI, in data 14 giugno
1966, n. IX, 18, b (Enchir. Val., voI. 2, p. 689, n. 736), ed è stata molto opportuna, poiché la
disposizione del can. 1139, § 2*, fondata su un semplice motivo storico mancava ormai di una
"ratio sufficiens",
4271 Il caso inverso. Può anche accadere che l'impedimento di diritto naturale o divino positivo
- per esempio l'impotenza assoluta e perpetua - non esisteva al momento della celebrazione del
matrimonio, invalido per un altro motivo, e sopravvenga invece successivamente in una delle patti.
È possibile in questo caso di sopravvenuta impotenza la sanazione in radice?
[n genere gli autori rispondono negativamente e interpretano gli indulti concessi dalla Santa
Sede come sanazioni in radice improprie, ossia parziali, in quanto derivano da essi alcuni effetti
collaterali, come ad esempio la legittimazione della prole, non propriamente la convalida del
vincolo matrimoniale. Su una tale intepretazione riduttiva si possono tuttavia avanzare dei dubbi,
poiché nella sanazione in radice concessa ad esempio dal S. Ufficio il 12 maggio 1953, sembra che
l'effetto sia stato quello di rendere valido, legittimo e indissolubile "iure divino" il matrimonio
contratto invalidamente dalle parti per difetto di forma, e non per l'impedimento d'impotenza, che
allora non esisteva (cfr. X. OCHOA, Leges Ecclesiae, Il, p. 2349, col. 3144).

4272 3. La concessione della sanazione in radice


1164 (1138, § 3*) Tale concessione, relativamente a un matrimonio nullo a causa di
un impedimento o per difetto di forma, comporta, come s'è già rilevato, varie dispense:
Da eventuali impedimenti di diritto ecclesiastico
- Dalla forma canonica, se non sia stata osservata
- Dall'obbligo di rinnovare formalmente il consenso
Ora ogni dispensa da una legge ecclesiastica, a termine del can. 90, § I, richiede
una causa giusta e ragionevole "habita ratione adiunctorum casus et gravitatis legis a
qua dispensatur", altrimenti la dispensa è illecita, e se non sia stata data dallo stesso
legislatore o dal suo superiore, anche invalida. Nel caso della convalida di un matrimo-
nio una causa "giusta e ragionevole" esiste sempre, ed è il fatto stesso di voler
regolarizzare una unione matrimoniale e provvedere alla legittimazione della prole. Ma
questo non è sufficiente, poiché, per sé, se l'unione può essere regolarizzata mediante
la "convalidatio simplex", non si può ricorrere alla "sanatio in radice". Un tale ricorso
esige una propria specifica causa "giusta e ragionevole" anch'essa.
4273 La domanda della sanazionc in radice può essere fatta dagl'interessati, ma anche da altre
persone, per esempio dal parroco, dal promotore di giustizia. Può essere concessa validamente
all'insaputa delle parti (di una o di entrambe), se così consiglino le circostanze, poiché, presupposto
Il matrimonin 431

CAN. 1165- § 1. Sanatio in radice § I. La sanazione in radice può essere


concedi potest ab Apostolica Sede. concessa dalla Sede Apostolica.
§ 2. Concedi potest ab Episcopo § 2. Può essere concessa in singoli casi
dioecesanoinsinguliscasibus, etiam dal Vescovo diocesano, anche se nello
siplures nullitatis rationes in eodem stesso matrimonio concorrano più cau se
matrimonio concurrant, implctis di nullità, adempiendo le condizioni di cui
condicionibus, de quibus in can. al can . 1125, per la sanazione di un matri-
1125,prosanationematrimoniimix- monio misto ; non può essere invece con -
ti; concedi autem ab eodcm nequit, cessa dal Vesco vo dioc esano, se esis ta un
siadsitimpedimentumcuiusdispen- impedimento la cui dispensa sia riservata
satio Sedi Apostolicae reservatur alla Sede Apostolica a norma del can .
ad normam can. 1078, § 2, aut aga- 1078, § 2, o se si tratti di un impedimento
tur de impedimento iuris naturalis di diritto natur ale o divin o positi vo già
aut divini positiviquodiamcessavit. cessato .

se mpre il perdurare del loro co nsenso , la sa nazione in rad ice espl ica la sua effi cacia giu ridica per
la potestà del Superio re ecclesiasti co , né richied e il conse nso o l'a ccettazione dc i de stin atari . Di
regol a, tutt avia, essi dev on o esse re de bitamente inform at i: è una norma di prudenza e di saggio
governo past orale, che dev' essere osservata trann e che una gra ve cau sa con sigli diversamente
tComnnmicationes. a. 1978, p. 124. can . 360)' . Tale causa, trattandosi di autorità inferiore al
Romano Pontefic e, è prescritta "ad validitatern", co me risulta dalla part icella " nis i" (can. 39) . Se
per altro i due coniu gi o anche uno solo di essi fossero a conoscenza della inv alidità del loro
matrimoni o. è necessario comunicar loro l'avvenuta convalida per effetto della sanazio ne in rad ice.

1165 (l 141 *) L'autorità competente per la con cessi one dell a sanazione in radice , 4274
è la Sede Apostolica, a cui ognuno può rivolgersi direttamente : la Penitenzieria Apo-
stolica per il foro intern o e la Co ngregazione dei Sac ramenti per il foro esterno, salva
la competenza dell a Con gregazione per la Dottrin a della Fede (matrimoni misti) e dell a
Congregazione per le Chie se Orientali.
Nell'ambito delle Chiese particol ari, è a norm a del nuovo Codice il Vescovo dio- 4275
cesano o il Presule che giur idicamente gli è equiparato (il Vicario generale o episcop ale
solo per mandato specia le: can . 134, § 3), con i seguenti limiti e le seg uenti facolt à
I c Il Vescovo diocesa no può co ncedere la sanazione in radice so lo in cas i singo li. determ inat i
(q ualunq ue ne sia il numero) con ind ulto particolare per cias cuno dei matrimon i da sa nare, e non
con indulto di carattere generale, che rest a riservato alla Santa Sede. Ogni singolo matrimonio
dev' essere infatti considerato a parte, soprattutto per acce rtare il perdurare dci con senso, oltre che
l'esistenza de lla giusta e adeg uata ca usa. La facoltà del Vescovo resta per altro sem pre delegabi le.
perché è facolt à ordinaria, annessa all ' ufficio.
2° Co me s 'è già accennato , perché il Vescovo diocesan o co nceda la sa naz ione in radi ce
all ' insa puta delle parti, è necessaria "ad validitatern" una grave causa. Nel dubbio sull a gra vità
della ca usa la co ncess ione della sanazion e è leci ta e vali da (cfr . can. 90 , § 2) .
3° Il Vescovo può co nce de re la sanaz ione in radice anche se, nello stesso matrimo nio, co n-
corrano più cause di nullit à. sia per l'esisten za d'impedimenti che per il difett o dell a forma
canonica.
4° Nel ca so di matrimoni misti , deve attenersi alle prescrizioni del can. 1125, relative alle
dichi arazioni c alle promesse della parte catt olica .

l È ca usa sufficie nte il timore fond ato che le parti - qu alora siano av vertite dell a nullit à del
loro matrimon io e della necessità di ricorrere alla sanazi onc in radice - abbiano a separars i? La
risp osta è ne gativa, poiché una tale possib ilità, se probabil e. lascia dubit are circa la volontà dell e
parti di perse verare nella vita co niuga le, seco ndo il dispo sto del ca n. III , § 3.
432 LIBRO IV - Il "mu nus sanc tificandi' della Chiesa

5° Non può concedere la sanazione in radice qualora si tratti d'impedimenti la cui dispensa
sia riservata alla Santa Sede, a norma del can. 1078, § 2: impedimento derivante dagli ordini sacri
o dal voto di castità emesso in un Istituto religioso di diritto pontificio. In questi casi, è necessario
ricorrere alla Santa Sede.
6° A norma del can. 62. l' indulto della sanazione in radice concesso per il foro este rno,
dev'es sere dato in iscritto: rilasciato in forma graziosa. esso ha effetto dal momento in cui è firmalo
l' atto ; rilasciato in forma commissoria, dal momento dell'esecuzione.
7° Il Vescovo può delegare la sua facoltà in ordine alla sanazione in radice, non solo al
Vicario generale e ai Vicari episcopali, ma anche ad altri sacerdoti e agli stessi diaconi. poiché si
tratta di una facoltà che gli spetta d'uffi cio (facoltà ordinaria). Si discute nella dottrina, se egli abbia
la facoltà di sanare in radice il matrimonio civile. Probabilmente possiede anche questa facoltà. e
alcuni Vescovi già l'esercitano di fatto. Sarebbe comunque opportun a una risposta autentica da
parte del Pontificio Consiglio della interpretazione dei testi legislativi.
4276 In pericolo di morte e, qualora manch i il tempo necessario per ricorrere alla Sa nta
Sed e o al Vesco vo diocesan o "et pe riculum si t in mora" , nei casi di emergenza. po s-
so no convalida re un mat rim onio nullo anc he il parroco , il m inistro sa cro de legato , il
sacerdote o diacono che assisto no a norma de l can. Il 16, § 2: cfr. can. 1080, § 2.
4277 DA NOTARE. La registrazione del matrimonio convalidato.
- Convalida concessa nel [oro esterno: "Ogni volta che un matrimon io viene convalida-
to per il foro esterno... il parroc o del luogo in cui il matrimonio è stato celebr ato dev'essere
infor mato per poter fare debitamente la relativa annotazione nel registro dci matrimoni e dci
battesi mi" (can , 1123).
- Convalida concessa nel foro interno extrasacramentale: va annotata nel particolare
libro seg reto della Curia diocesana (can . 1082)
- Convalida concessa nel [o ro interno sacramentale : non dev ' essere registrata in alcun
libro, per non violare il seg reto dell a co nfessio ne.

4278 GLI ALTRI A TTI DEL CULTO DI VINO (cann. 1166-1204)


L a Il part e del IV libro del C od ice è dedicata ag li altri atti de l cu lto d ivino.
Co mpre nde ci nq ue titoli , du e de i quali so no suddivis i in ca pito li:
I ° I sa cra me ntali: cann. 1166-1172
2° L a liturgi a delle o re: cann. I 173-1175
3° Le eseq uie eccle siastiche: ca nn . 1176-1185
- Celebrazione
- Persone a c ui si de von o co nce dere o negare
4° Il cu lto dei Santi, dell e immagin i sacre e delle reliqu ie : cann. 1186- J J 90
5° Il vo to e il gi ura me nto : cann. 11 91-1204

4279 I SACRAMENTALI (cann. 1166- 1172)


Schema
I . Concetto 4. I destinatari delle benedizion i
2. L' autorità competente 5. Gli esorcismi sugli ossessi
3. Il ministro 6. Norme ulteriori

4280 1. Concetto

1166 (/144 *) La definizione dei sacr am entali contenuta nel canone ri porta testual-
me nte la definizione del Conci lio Vatican o II :
- I sacramenta li son o segni sacri istituiti dall a Chie sa , pe r mezzo dei qu ali , co n
I sacramentali 433

PARTE II
GLI ALTRI ATTI DEL CULTO DIVINO
Titolo I
I sacramentali

CAN. 1166· Sacramentalia sunt I sacramentali sono segni sacri , per


signa sacra, qui bus, ad aliquam mezzo dei quali, ad imitazione in un certo
sacramentorum imitationem, ef- senso dei sacramenti, si significano e si
fectus praesertimspirituales signi- ottengono per l'impetrazione della Chiesa
ticantur et ex Ecclesiae impetra- taluni effetti, soprattutto spirituali.
tione obtinentur.

una certa imitazione dei sacramenti, sono significati e, per impetrazione della Chiesa,
vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali. Per mezzo di essi, gli uomini vengono
disposti a ricevere l'effetto principale dei sacramenti e sono santificate le varie circo-
stanze della vita (Sacrosanctum Concilium, n. 60).
- La liturgia dei sacramenti e dei sacramentali offre ai fedeli ben disposti la
possibilità di santificare quasi tutti gli avvenimenti della vita per mezzo della grazia
divina, che fluisce dal mistero della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo, dal quale
derivano la loro efficacia tutti i sacramenti e i sacramentali . In tal modo, non c'è quasi
nessun uso retto delle cose materiali, che non possa essere indirizzato alla santificazione
dell'uomo e alla lode di Dio (n. 61).
I sacramentali sono segni sacri della fede orante e intercedente della Chiesa (ex 4281
Ecclesiae impetrationei e degli effetti che producono. Secondo la determinazione del
can. 1144 del Codice antecedente, sono cose o azioni tres aut actionesi.
- Cose, che acquistano i! carattere di sacramentali mediante la consacrazione o la
benedizione (costitutiva): l'acqua benedetta, le sacre ceneri, i! cero pasquale, gli oggetti
sacri riservati al culto, ecc .
- Aziolli, ossia , in sostanza, i sacri riti: le consacrazioni e le dedicazioni, le be-
nedizioni , le preghiere liturgiche, le pubbliche processioni, la benedizione pasquale delle
case, il segno della Croce. ecc .
I sacramentali risalgono ai primi tempi della Chiesa; i più antichi (i! segno della 4282
Croce e l'acqua benedetta) agli Apostoli. Gli esorcismi sono stati istituiti dallo stesso
Cristo:
- Risanate gl'infermi, risuscitate i morti, guarite i lebbrosi, scacciate i demoni
(Mt. IO, 8).
- Nel nome mio scacceranno i demoni (Mc. 16, 17).
La benedizione di creature irrazionali. di cose e oggetti materiali. nella volontà della Chiesa,
ha lo scopo di porre tutto solto la protezione divinae di elevare ogni cosa a mezzodi santificazione
e di virtù.
Le indulgenze non sono sacramentali . Sono la remissione della pena temporale dovuta per i 4283
peccati, ottenuta ad opera della Chiesa che dispensaed applica. come ministradella redenzione, il
tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi (can. 992).
434 LIBRO IV - 11 "munus sanctificandi' della Chiesa

CAN. 1167 - § l. Nova sacramen- § l. Soltanto la Sede Apostolica può


talia constituere aut recepta au- istituire nuovi sacramentali o interpretare
thentice interpretari, ex eis aliqua autenticamente quelli che sono in uso,
abolere aut mutare, sola potest sopprimerne alcuni o modificarli.
Sedes Apostolica.
§ 2. In sacramentalibus conti- § 2. Nel celebrare o amministrare i sa-
ciendis seu administrandis accu- cramentali, si osservino accuratamente i
rate serventur ritus et formulae riti e le formule approvate dall'autorità del-
ab Ecclesiae auctoritate probata. la Chiesa.
CAN. 1168 - Sacramentalium mi- Ministro dei sacramentali è il chierico
nister est c1ericus debita potestate munito della debita potestà; a norma dei
instructus; quaedam sacramenta- libri liturgici alcuni sacramentali, a giudi-
lia, ad normam librorum liturgi- zio dell'Ordinario del luogo, possono es-
corum, de iudicio loci Ordinarii, a sere amministrati anche da laici, dotati
laicis quoque, congruis qualitati- delle qualità richieste.
bus praeditis, administrari pos-
sunto

4284 2. L'autorità competente


1167, § 1 (1145*) l sacramentali sono strettamente legati ai sacramenti, per
cui l'autorità competente, che ha il potere di deliberare in questa materia, è il
Romano Pontefice.
Spetta in modo esclusivo alla Sede Apostolica:
- Istituire nuovi sacramentali o interpretare autenticamente quelli che già
esistono
- Sopprimerne alcuni o modificarli, "secondo le esigenze dei tempi"
(Sacrosanctum Concilium, n. 62).
4285 Tocca alle Conferenze Episcopali fare gli opportuni adattamenti per il pro-
prio territorio, sottoponendo i Rituali nazionali alla previa approvazione della
Santa Sede.
4286 1167, § 2 (1148*) Nella celebrazione o amministrazione dei sacramentali, si
devono osservare accuratamente i riti e le formule approvate dall' autorità della
Chiesa: i riti ad liceitatem, le formule ad validitatem, com'era prescritto espres-
samente nel Codice anteriore (ean. 1148, § 2).

4287 3. Il ministro

I) Il ministro dei sacramentali in genere


1168 (1146*) Il ministro dci sacramentali è per sé il chierico: Vescovo, pre-
sbitero, diacono, ciascuno secondo le proprie competenze stabilite dal diritto.
A norma dei libri liturgici, alcuni sacramentali, a giudizio dell'Ordinario del
luogo, possono essere amministrati anche da laici, dotati delle opportune qualità.
Fu questo un voto espresso dai Padri conciliari, nella Cost. Sacrosanctum
Concilium, n. 79, 3.
I sacramen tali 435

CAN. 1169 - § 1. Consecrationes § I. Le consacrazioni e le ded icazioni


et dedicationes valide peragere posso no essere compiute validame nte da
possunt qui charactere epi scopali coloro che sono insigniti del cara ttere epi-
insigniti sunt, necnon presbyteri scopa le, e anche da pre sbiteri ai quali ciò
quibus iure vel legitima conces- sia per mess o dal diritto o da leg ittima
sione id permittitur. concessione.
§ 2. Benedictiones, excep tis iis § 2. Qualsiasi presbitero può impar-
quae Romano Pontifici aut Epi- tire le benediz ioni , ad ecce zione di quel-
scopis reservantur, impertire po- le rise rva te al Rom ano Pontefi ce o ai
test quilibet presbyter. Vescovi.
§ 3. Diaconus ilIas tantum bene- § 3. Il diacono può impartire solo quelle
dictiones impertire potest, quae benedizioni, che gli sono consentite espres-
ipsi expresse iure permittuntur. same nte dal diritto.

2) Il ministro delle consacrazioni e dedicazioni 42RR


1169, § 1 (l 147. § l *) Il Codice.: di Diritto Canonico parla di consacrazioni, di
dedicazio ni e di benedizioni. Son tutti riti particolari, che vanno compresi tra i sacra-
mentali (can. 11 66).
Le consacrazioni sono quei riti più solenni. mediante i quali una persona o una
cosa viene destinata in modo permanente al culto c al servizio del Signore. Nel rito, si
usano in genere i santi oli.
Una persona: la consacrazione di una vergine (can. 604, § l ), ecc.
Una cosa: la consacrazione degli oli (can. 847, § I), dcI crisma (can. 880, § 2), dci
calici e delle patcne, dei vasi sacri in genere, ecc.
La dedicazione non si distingue dalla consacrazione: il termine viene applicato
propriamente ai luoghi sacri: in concreto alle chiese c agli altari, che hanno un proprio
rito del Pontificale Romano.
Le persone e le cose consacrate sono costituite giuridicamente e liturgicumenre in
persone e cose sacre.
Il min istro delle consacrazioni c delle dedicazioni è "ad validitatern": 42R9
- Il Vescovo insignito del carattere episcopale
- Il presbitero che ne abbia la facoltà dal diritto o per legittima concessione
A ter mine del can. 1206, la dedicazione di un luogo spella di diritto al Vescovo diocesano e
a coloro che "ex iure" sono a lui equiparati. In casi eccez ionali, ess i po~so n o anche dele gare la loro
facoltà a un presbitero, ma solo nel territorio di loro competen za,

3) Il ministro del/e bel/edizioni 4290


1169, §§ 2·3 (l 147. .9§ 2-4*) Le benedizioni sono riti meno solenni nei quali non
si usano i santi oli. In genere si recitano delle particolari preghiere, a cui segue
l' aspersione con l'ac qua benedetta.
Altri segni se nsibili usati nelle benedi zioni : l' imposizio ne delle mani seco ndo l' ese mpio
dello stesso Cris to, il Segno dell a Croce, " incensazione (Rituale de lle Benedizion i, 3 1 maggi o
1984. n. 26),
Le benediz ioni si distinguono in costitutive e invocativ e (cfr. can. 11 48, § 2, 4291
Codice 191 7):
436 LI BRO IV . Il "munus sancti ficandi" della Chiesa

CAN.1170-Benedictiones,impri- Le henedizi oni de vono essere im pa rtite


mis impertiendae catholicis, dari anz itutto ai catto lici, ma po ss ono darsi
possunt catechumenis quoque, imo a nc he ai catec ume ni e agl i s tessi non ca t-
mo, nisi obstet Ecclesiae prohibi- toli c i, se non osti un a proibizio ne della
tio, etiam non catholicis. Chiesa .

- Le benedizioni costitutive , allo stesso modo delle consacrazioni, rendono sacro


un luogo o una cosa: per es. una chiesa (can. 1217, § I) , un orat orio o una ca ppella (can.
1229), un altare (can. 1237. § I). un cimitero (can. 1240. § I). ecc.
- Le benedizioni invocati ve supplicano il favore e la protezio ne di Dio sulle
persone (per es. la benedizio ne del sacerdote al termine della Messa), - su un luogo
(per es. un edificio, una fabbrica, un ca mpo, una nave, ecc.), - su un ogge tto (perché
sia santifica to il suo uso), - su un animale, ecc. Con la benedizione invocat iva o
propiziatoria, le persone, i luogh i, gli oggetti non divent ano sacri, ma co nserva no il loro
cara ttere profano.
Le benedizioni possono essere impartite da qualsiasi sace rdote, ad eccezio ne di
quelle riservate al Romano Pontefice, ai Vescovi e agli Ordin ari. La riserva, tuttavia è
solo "ad liceitatem", tranne che in modo espresso risulti la clausola "ad validitatem"
(can . 1147, § 3, Codice 1917).
4292 Nella Cast. Sacrosanctum Concilium, i Padri convennero che le benedizioni riservate
dovessero essere pochissime, e solo a favore dei Vescovi e degli Ordinari (n. 79, 2).
A termine del can. 1207, la benedi zione dei luoghi spetta all' Ord inario, laben edi-
zio ne delle chies e è riservata al Vescovo diocesa no. /
4293 Il diacono può impartire - licite ac valide (can. 1147, § 4, Cod ice 1917) - solo
quelle benedizio ni che gli so no co nse ntite espressamente da l diritto. Cfr. anche
Com miss. per l' interpret. dei Decre ti del Concilio Vaticano Il, 13 nov. 1974 (X. OCHOA,
Leges Ecclesiae, V, n. 4330, co li. 6878-6879).
Anche i laici , come s'è già accennato (can. 1168), possono impartire alc une bene-
dizioni: «A giudizio dell'Ordinario, alcuni sacramentali possono essere ammi nistrati
anche da laici, dotat i delle opportune qua lità». Conseguentemente, nel n. 18 del nuovo
Rituale " De benedictionibus", pubb licato nel 1984, è detto in modo espresso:
- «Agli accoliti e ai lettori, che in base alla loro istituzione svo lgono nell a Chiesa un ufficio
particolare. viene conferi to, a giudizio dell'Ordinario del luogo. la facoltà di impartire di diritto, a
preferenza degli altri laici, alcune benedizioni. Anche altri laici, uomini e donne, in forza del
sacerdozio comune, di cui sono insigniti nel battesimo e nella con fermazio ne, possono, a determi-
nate co ndizioni e a giudizio dell' Ordinario del luogo. celebrare alc une benedizio ni co n il rito e il
formulario per esse previsto. co me indica to nel rituale di ogni benedizione. Le co ndizioni richieste
sono l' esiste nza di un compito specifico (quello. per ese mpio, dei genitori verso i figli), o l' eser-
cizio di un ministero straordinario , o lo svolgime nto di altri uffici particolari nella Ch iesa (è il caso.
per ese mpio, dei religiosi e dei catec histi in alcune regioni): naturalmente, deve essere notoria sia
la necessaria preparazione pastorale di questi laici, sia la loro pruden za nel com pimento delle
mansioni loro affidare. Se però è presente un sacerdote o diacono, si lasci a lui il compito di
presiedere » (Enchir. Vat.• vol. 9, n. 808).

4294 4. I destinatari delle benedizioni

4295 I ) Le persone
1170 (1/49 *) Se non osta una proibizione della Chiesa, le be nedizioni possono
essere imp artite a tutte le persone:
I sacramentali 437

CAN. 1171 - Res saerae, quae de- Le cose sacre, che sono destinate al cul-
dicatione vel benedietione ad divi- to divino mediante la dedicazion e o la
num eultum destinatae sunt, reve- benedizione, siano tratta te co n riverenza,
renter traetentur nee ad usum pro- né siano adoperate per un uso profano o
fanum vel non proprium adhi- non proprio, anche se appartengano a per-
beantur, etiamsi in dominio sint sone private.
privatorum.
CAN. 11 72· § 1. Nemo exorcismos § I. Nessuno può compiere legittima-
inobsessos proferrelegitimepotest, mente esorcis mi sugli ossessi, se non nc
nisi ab Ordinario loci peeuliarem ha ottenuto speciale ed espressa licen za
et expressam lieentiam obtinuerit. dall'Ordinario dcI luogo.
§ 2. Haee lieentia ab Ordinario § 2. L 'Ordin ar io del luogo co nce da
loei eoneedatur tantummodo pre- questa licenza so lo al presbitero dotato di
sbytero pietate, seientia , prudentia pietà, scienz a, pruden za c integrità d i
ae vitae int egritatc praedito. vita.

- Anzitutto ai cattolici, in risponde nza al can. 213, che riconosce loro il diritto di
ricever e dai prop ri pastori gli aiuti che derivano dai beni spirituali dell a Chiesa.
- Ai catecume ni, che sono uniti con un proprio vincolo particolare alla Ch iesa Iii
quale ne ha cura come se fossero già suoi (can. 206, § I).
Sulle benedizioni ai catec umeni insiste l' Ordo initiationis christianae adultorum: «Si offrano
ai catecumeni anche quelle benedizio ni che significano l' amore di Dio e la viva sollecitudine della
Chiesa, perché, mentre sono ancora privi della grazia del sacramento. possano ricevere dalla Chiesa
incoraggiamento, gioia e pace per la prosecuzione del loro laborioso cammino» (n. J02).
- Agli acattolici - battezza ti e non battezzati, credent i e non crede nti - poiché
son tutti figli di Dio e su tutti il Signore sparge i suoi favori e le sue graz ie (Comma-
nicationes, a. 1983, p. 244, ca n. I 124). Ovviamente, bisogna agire con prudenza ed
evitare possibili scan dali.
- Agli stessi scom unicati (remoto scanda lo), poiché. per diritto comu ne, il can.
1331 § I, n. 2, vieta la recezione dei sacra menti, ma non dei sacra mentali. Cfr. tuttav ia
il can. 1352, § I.

2) Le cose 429 6
1171 ( lJ 50 *) Le cose destinate al cu lto div ino mediante la co nsacrazione o la
benediz ione costitutiva. acquista no un carattere sacro , che le sottrae ad ogn i uso pro-
fano o non proprio, anche se appartengano a privati, ed esige c he siano trauate co n la
dovuta riverenza. Il carattere sacro di tali cose determ ina una limitazione del diritto di
proprietà dei loro possessori.
Il can. 1229 tutela in particolare il carattere sacro degli oratori e delle ca ppelle
private, che devono essere riser vati esc lusivame nte al culto divino e tenuti liberi da ogni
uso do mest ico.
Sono anche da ricordare circa le cose sacre le seguenti norme: 4297
- La visita canonica del Vescovo diocesano: can. 397, § I
- L' acquisto: can. 1269
- L' uso profano, dopo la perdita della dedicazione o della benedizione: can. 1269
- La profanazione di una cosa sacra e sanzione relativa: can. 1376
Si profanano le cose sacre o benedette anche con il loro abuso, che purtroppo non è raro,
trasformandole cioè in oggetti di superstizione. Succede inoltre una cosa strana: spesso, nei paesi
che si vanno scristianizzando, il culto dei sacramentali prevale su quello dei sacramenti.
438 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi' della Chiesa

4298 5. Gli esorcismi sugli ossessi


1172 (1151*) Sono anch'essi dei sacramentali: richiamano l'azione liberatrice di
Cristo, a favore di tanti infelici posseduti dal demonio'.
Costituiscono una materia molto delicata, per cui la Chiesa vieta a chiunque (nemo)
di compiere esorcismi sugli ossessi, se non abbia ottenuto una speciale ed espressa
licenza dell'Ordinario del luogo.
Si richiede la licenza espressa: non basta quella presunta.
È competente solo l'Ordinario del luogo (Vescovo diocesano, Vicario generale o
episcopale), non l'Ordinario di un Istituto religioso o di una Società di vita apostolica
clericali e di diritto pontificio (can. 134, § 2).
4299 Da parte sua, l'Ordinario del luogo può concedere la suddetta licenza solo a un
presbitero, che unisca insieme:
pietà
scienza
prudenza
integrità di vita
4300 Una Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede, in data 29 settembre Jn5~-
inviata agli Ordinari dei luoghi, ha richiamato la rigorosa osservanza delle dette norme: Enchir.
Val., voI. 9, pp. 1614-1617. Ne riportiamo il testo.
- «Già da alcuni anni, presso certi gruppi ecclesiali si moltiplicano le riunioni per fare sup-
pliche allo scopo di ottenere la liberazione dall'influsso dci demoni, anche se non si tratti di esorcismi
veri e propri.Tali riunioni si svolgono sotto la guida di laici, anche quando è presente un sacerdote.
Poiché è stato chiesto alla Congregazione per la Dottrina della Fede che cosa si debba pensare
di questi fatti, questo Dicastero ritiene necessario informare i Vescovi della seguente risposta.
l. Il can. 1172 del Codice di Diritto Canonico dichiara che nessuno può proferire legittimamen-
te esorcismi sugli ossessi, se non ha ottenuto dall'Ordinario del luogo una speciale ed espressa licenza
(§ I). e stabilisce che questa licenza debba essere concessa dall'Ordinario del luogo solo al sacerdote
(§ 2). Pertanto i Vescovi sono vivamente pregati di esigere l'osservanza di queste norme.
2. Da queste prescrizioni consegue che ai fedeli non è neppure lecito usare la formula
dell 'esorcismo contro satana e gli angeli ribelli, estratta da quella pubblicata per ordine del Sommo
Pontefice Leone XIII, e molto meno è lecito usare il testo integrale di questo esorcismo. I Vescovi
procurino di avvertire i fedeli, in caso di necessità, su questa cosa.
3. Infine, per gli stessi motivi, i Vescovi sono invitati a vigilare affinché - anche nei casi
in cui è da escludere una vera possessione diabolica - coloro che sono privi della debita facoltà
non abbiano a guidare riunioni durante le quali vengono usate, per ottenere la liberazione, preghiere
ne! cui decorso i demoni sono direttamente interessati e si cerca di conoscerne l'identità.
Il richiamo di queste norme, tuttavia, non deve affatto allontanare i fedeli dal pregare affinché,
come ci ha insegnato Gesù, siano liberati dal male (cfr. MI. 6, 13). Infine i Pastori potranno
avvalersi di questa occasione per richiamare quanto la tradizione della Chiesa insegna circa la
funzione che hanno propriamente i Santi e l'intercessione della Beata Vergine Maria contro gli
spiriti maligni».

4301 6. Norme ulteriori


- La determinazione delle offerte in occasione dell'amministrazione dei sacra-
mentali: can. 1264, n. 2

I L'esistenza del demonio è oggetto di particolare contestazione nel nostro tempo, anche

fra cattolici. Sul tema "Fede cristiana e demonologia", la Congregazione per la Dottrina della
Fede ha emanato il 26 giugno 1975 un importante documento storico-dottrinale: cfr. Enchir.
Val., voI. 5, pp. 830-879.
La Liturgia de lle Ore 439

Titolo II
La Liturgia delle Ore
CAN. 1173 - Ecclesia, sacerdotale La Chiesa, esercitando l'ufficio sacer-
munus Christi adimplens, litur- dotale di Cristo , celebra la liturgia delle
giam horarum celebrat, qua Deum ore, co n la quale, asc oltando Dio che
ad populum suum loquentem au- parl a al suo popolo e commemorando il
diens etmemoriam mysterii salutis mistero dell a sa lvezza, incessantem ente,
agens, Ipsum sine intermissione, col ca nto e con la preghi er a, Gli rende
cantu et oratione, laudat atque in- lode c Lo invoca per la salvezz a di tutto
terpellat pro totius mundi salute. il mondo.

- Sacramentali e scomu nica o interdetto: cann. 1331 , § I , n. 2, e 1332


- La sospensio ne delle ce nsure che vietano la ce lebrazione dei sac rame nta li:
can. 1335
- La sospensio ne de lle pe ne che vie ta no la recezio ne dei sac rame nta li: can .
1352, § l

LA LiTURGIA DELL E ORE (cann. 1173-1175) 4302


Schema
I. Il significa to e il valore 3. L'in vito ai fedeli
2. L' obbligo 4. Il tempo della celebrazione

La Liturgia delle Ore, dett a anche Ufficio Divino, ha sempre avuto nella Chiesa una
grande importan za. Sorse dal desiderio di adempiere il precett o del Signore di pregare
continuamente, senza mai stancarsi (Le . 18, I ), e si svil uppò in Occidente parallelamen-
te alla liturg ia eucar istica, di cui fu come la preparazio ne nelle ore notturne e mattu tine,
e l' esten sione nelle ore della giornat a.
Principali documcnti conciliari c post-con ciliari
- COSI. Sa crosun ctum Conciliu m, 4 dico 1963, cap. IV, nn. 83- 101
- Cast. Ap. l.audis CWUiClI1Il di Paolo VI, ( 0 nov. 1970 Enchir. Vat., val. 3, pp. 1670-1685
- S.C. per il Culto Divino, lnstitu tio Generalis de Liturgia Horarum , 2 febbr. 1971:
Enc hir. Vat., val. 4, pp. 94-209 . La detta " Institutio" è inserita nel ) 0 volume della "Liturg ia
Horarum" , inizio.

l. Il significato e il valore 4303


1173 Il ca none riassume la ricca dottrina teologica e pastorale, co ntenuta nel primo
capitolo della suddetta "l nstitutio Genera lis dc Liturgia Horarum" della S.c. per il Culto
Divino.
Aspett i messi in evidenza:
IO La Litu rgia delle Ore è preghiera pubblica e ufliciale della Chi esa, che eserci ta
con essa l' ufficio sace rdo tale di Cristo (cfr. can. 834, § l ).
2° La Litu rgia delle Ore ha com e elementi caratteristici:
- L ' ascolt o di Dio, c he parl a al suo popolo
- La memori a celebrativa del mistero della salvez za
440 LIBRO IV - Il "munns sanctiflcandi' della Chiesa

CAN. 1174- § 1. Obligatione litur- § I. Son tenuti all' obbligo di celebrare


giae horarum persolvendae ad- la liturgia delle ore i chierici, a norma del
stringunturclerici, ad normam can, can. 276, § 2, n. 3; e i membri degl'istituti
276,§ 2, n. 3; sodales vero instituto- di vita consacrata e delle società di vita
rum vitae eonseeratae neenon so- apostolica, a norma delle proprie costitu-
cietatum vitae apostolieae, ad nor- zioni.
mam suarum constitutionum.
§ 2. Ad participandam Iiturgiam § 2. Anche gli altri fedeli sono instante-
horarum, utpote actionem Eccle- mente invitati a partecipare secondo le
siae, etiam ceteri ehristifideles, pro circostanze alla liturgia delle ore, poiché è
adiunctis, enixe invitantur. azione della Chiesa.

- La lode incessante del Signore, col canto e la preghiera


- La supplica per la salvezza di tutto il mondo
4304 Sono di prezioso commento al canone i seguenti principi affermati neri; Costituzione conci-
liare, nella Costituzione Apostolica di Paolo VI e nella "Institutio Generalis" della Congregazione
per il Culto Divino.
Costituzione conciliare
- L'Ufficio Divino è la voce orante della Chiesa, ossia di tutto il Corpo Mistico, che loda
pubblicamente Dio (n. 99, l).
- L'Ufficio Divino è la preghiera pubblica della Chiesa. fonte di pietà e nutrimento della
preghiera personale (n. 90, I).
Paolo VI
- La Liturgia delle Ore esprime la vera natura della Chiesa orante e ne è il segno meravi-
glioso (n. 8, 4).
- In un certo senso, la Liturgia delle Ore è la necessaria integrazione del Sacrificio Euca-
ristico, sintesi di tutto il culto divino, la cui ricchezza viene fatta così rifluire ed estendere ad ogni
ora della vita umana (Introduzione, n. 2).
S,C. per il Culto Divino
- La Liturgia delle Ore ha come caratteristica, per antica tradizione cristiana, di santificare
tutto il corso del giorno e della notte (n. IO).
- La Liturgia delle Ore, come tutte le altre azioni liturgiche, non è un'azione privata, ma
appartiene a tutto il corpo della Chiesa (n. 20).
- Nella Liturgia delle Ore si compie la santificazione dell'uomo, e si esercita il culto
divino in modo da realizzare in essa quell'intimo rapporto o dialogo fra Dio e gli uomini,
mediante il quale Dio parla al suo popolo, e il popolo a sua volta risponde a Dio con il canto
e la preghiera (n. 14, I).
- Nella Liturgia delle Ore, la Chiesa, esercitando l'ufficio sacerdotale di Cristo, suo Capo,
offre a Dio, incessantemente, il sacrificio di lode ... Ma oltre alla lode di Dio, la Chiesa nella
Liturgia delle Ore esprime i voti e i desideri di tutti i cristiani, anzi supplica Cristo e per mezzo
di Lui il Padre, per la salvezza di tutto il mondo. Questa voce non è soltanto della Chiesa, ma anche
di Cristo (nn. 15, I; 17, I).

4305 2. L'obbligo
1174, § 1 (135; 610, § l; 1475*) La celebrazione della Liturgia delle Ore è «un
compito che spetta in modo particolare ai Vescovi e ai sacerdoti, che, in forza del loro
ufficio, pregano per il loro popolo e per tutto il popolo di Dio, e agli altri ministri sacri,
come pure ai religiosi» (lnstitutio Generalis Liturgiae Horarum, N. 17, 2).
La Liturgia ùcHe 0'" 441

CAN. 1175 • In liturgia horarum Nel celebrare la liturgi a delle ore, si os-
persolvenda, quantum fieri potest, servi , per quanto è possibile, il tempo pro-
verum tempus serveturuniuscuìus- prio di ciascuna ora.
que horae.

Ne hanno così l'obbligo giuridi co:


IO I chierici del clero diocesano e non dioce sano (app arten enti cioè ad Istituti di
vita consacrata e a Società di vita apostolica), a norma del can. 276 , n. 3. Vale a dire:
- I Vescovi, i presbiteri e i diacon i aspiranti al pre sbiterato, per intero
- I diacon i permanenti , per la parte defin ita dalla Conferenza Episcopale
In ltalia, i diaconi permane nti son tenuti alla recita quot idiana delle Lod i e dci Vespri (CE I, 4306
La restaurazione del diacon ato permanente in ltalia. 8 dic o 1971, n. 41: Enchir. CEl, vol. l, p.
1155, n. 3995) .
Per gli allievi del seminario, il can. 246 , § 2, dispone che «siano form ati alla
celebrazione della Liturgia delle Ore, med iante la quale i ministri di Dio pregan o il
Signore a nome dell a Chiesa per tutto il popol o cristiano loro affidato , anzi per il mondo
intero ».
Un 'esortazione del Concilio: «Si raccomand a ai chierici non obbligati al coro, e
specialmente ai sacerdoti che vivono in comune, di recitare comunitariamente alm eno
una parte dell'ufficio div ino» iSacrosanctum Concilium, n. 99 , l ).
2 0 I membri non chierici degl'Istituti di vita consacrata e delle Società di vita 4307
apostolica celebrano la Li turg ia delle Ore a norma delle costituz ioni (cfr. can. 663 , § 3,
concernente in partic olar e i reli giosi ).
La celebra zione della Liturgia delle Ore costituisce un obbligo per le persone indicate. Si discute, 4308
per altro. sulla gravità, e i pareri sono alquan to discordi. Riteniam o che un'indi cazione a tal riguardo
sia data dal n. 29, 2, della lnst itutio Generalis della S.c. per il Culto Divino: «Una particol are impor -
tanza dovuta alle Ore che sono come il cardine di questa Liturgia, ossia alle Lodi mattutine e ai Vespri .
è

Non si tralascino queste Ore se non per un motivo grave », Sembra pertanto, che l' obbligo grave
concerni, per i chierici, soltanto la recita delle Lodi e dei Vespri (Lodi e Vespri insieme).

3. L'invito ai fedeli 4309


1174, § 2 La Liturgia delle Ore è azion e della Chiesa , e Chiesa non sono soltanto
i chierici e i membri degl'Istituti di vita consacrata o delle Società di vita apost olica.
Chie sa sono tutti i fedeli , i quali sono esortati vivam ente (enixe) a partecipare anch'essi,
secondo le propri e possibilità, a questa celebrazione liturg ica altamente sig nificativa ed
effic ace. L'e sort azio ne della Ch iesa vale sopr attutto per i momenti in cui i fedeli si
trovano riuniti insieme per incontri di preghiera, giorn ate apostoliche, ritiri, Mess e co-
munit arie , ccc.
L'invito è rivolto anche alle famiglie : «In questo santuario dom estico , è bene che,
oltre alle comuni preghi ere, si celebri, secondo l' opportunilà, qualche parte della Litur-
gia delle Ore, inserendosi così più intimamente nella vita della Chie sa» (Institutio
Generalis, n. 27, 2).

4. Il tempo della celebrazione 4310


1175 L'Ufficio Divino è ripartito nelle ore della giorn ata, in modo che questa sia
segnata per intero, in continuità, dalla preghiera e dalla lode al Signore. Per ottenere
questo scopo, bisogn a che, nella celebrazione , si osservi, per quanto è possibile , il tempo
proprio di ciascuna ora (per il compu to delle ore, cfr. can. 33, § l , del Cod ice 1917).
L'inosserv anza sistematica di quest a norma è contraria allo spirito e al fine proprio dell a
Liturgia delle Ore, riducendola in parte a un formali smo .
442 LlBRO IV - 11 "munus sanctificandi" della Chiesa

Titolo III
Le esequie ecclesiastiche
CAN. 1176 - § 1. Christifideles de- § 1. Ai fedeli defunti devono esser rese
functi exequiis eccIesiasticis ad le esequie ecclesiastiche, a norma del di-
normam iuris donandi sunt. ritto.
§ 2. Exequiae eccIesiasticae, qui- § 2. Le esequie ecclesiastiche con le
bus EccIesia defunctis spiritualem quali la Chiesa iJlv6éi il soccorso spiri-
opem impetrateorumque corpora tuale per i defunti e ne onora i corpi, e
honorat ac simul vivis spei sola- nello stesso tempo offre ai vivi il conforto
cium affert, celebrandae sunt ad della speranza, devono essere celebrate a
normam legum Iiturgicarum. nonna delle leggi liturgiche.
§ 3. Enixe commendat Ecclesia, § 3. La Chiesa raccomanda vivamente
ut pia consuetudo defunctorum che si conservi la pia consuetudine di sep-
corpora sepeliendi servetur; non pellire i corpi dei defunti; non proibisce,
tamen prohibet cremationem, nisi tuttavia, la cremazione, tranne che sia sta-
ob rationes christianae doctrinae ta scelta per motivi contrari alla dottrina
contrarias electa fuerit. cristiana.

l cardini dell'Ufficio Divino, come s'è già accennato, sono le Lodi e i Vespri:
«rivestino il carattere di vere preghiere del mattino e della sera» (Cast. Ap. Laudis
canticum di Paolo VI, n. 2, 2), e tali, in realtà, dovrebbero essere.
L'osservanza del tempo proprio - afferma il Concilio Vaticano Il - è necessaria
«per santificare veramente il giorno e per recitare le Ore stesse con frutto spirituale»
(Sacrosanctum Concilium, n. 94).

4311 LE ESEQUIE ECCLESIASTICHE (cann.I176-1185)


Schema
I. Nonne introduttive 3. Persone ammesse o escluse
2. La celebrazione delle esequie
4312 «La liturgia cristiana dei defunti è una celebrazione del mistero pasquale di Cri-
sto. In essa, la Chiesa prega perché i suoi figli, incorporati per il battesimo a Cristo
morto e risorto, passino con Lui dalla morte alla vita e, debitamente purificati nell'ani-
ma, vengano accolti con i Santi e gli Eletti nel cielo, mentre il corpo resta in attesa della
venuta di Cristo e della risurrezione dei morti... Nel celebrare le esequie dei loro fratelli,
i cristiani intendono affermare senza dubbi e incertezze le loro speranze nella vita
eterna» (DI'do exsequiarum, nn. 1 e 2).
4313 Principali documenti
- Ordo exsequiarum della Congregazione per il Culto Divino, 15 agosto 1969. La versione
italiana è del 29 settembre 1974.
- Piam et constantem, Istr. della Congregazione del S. Ufficio, 5 luglio 1963: Enchir. Val.,
voI. 2, pp. 106-109.
- Direttorio liturgico-pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, 27 giugno 1967, VIII
sezione, nn. 99-113: Enchir. CEI, voI. l, pp. 409-418, nn. 1240-1270.

1. Norme introduttive
1176 Il canone contiene tre norme di carattere generale: il diritto dei fedeli defunti
alle esequie ecclesiastiche, il fine delle esequie, l'inumazione delle salme.
443

I) Il diritto dei f edeli defunti 4314

1176, § l Tutti i fedeli defunti hanno diritto alle esequie ecclesia stiche , tranne che
ne siano privati legitt imamente (can. 1184). È un diritto di carattere pubblicisti co che
non dipende dall a volontà dei privati, per cui si può rinun ziare a singo le parti del rito,
ma non si può escludere arbitrariamente qualsiasi rito esequiale'.
Al diritto dei fedeli, corrisponde il dovere della famiglia di provvedere alle esequ ie
e al parroco di ce lebrarle (can. 530, n. 5).
"Exscq uiis ecclesiasticis demandi SII/U", prescrive formalment e il canone.

2) Il significato e il fi ne delle esequie 4315


1176, § 2 Con le esequie religiose la Chiesa:
- Intende anzitutto soccorrere spiritualmente le anime dei defunti, invocando su
di esse la misericord ia di Dio
- Intende onorarne i corpi, che, in virtù del battesimo, sono stati il temp io vivo
dello Spirito Santo
- Nello stesso tempo, vuole offrire ai vivi il conforto dell a speranza cristiana,
nella certezza che un giorno ci riunirem o ai nostri cari e saremo felici per sempre nella
Casa del Padre
La celebrazione delle esequie ecclesiastiche deve compiersi nella fedele osservanza
delle leggi liturgiche, le quali , nello spirito della Chiesa, non intend ono «ignorare né
disattendere le tradizioni familiari e le consuetudini locali; acco lgono anzi volentieri
quanto è in essi di buono, trasformando opportunamente quel che risultasse in contr asto
con i principi cristiani. in modo che le esequie celebrate per i fedeli esprimano chiara-
mente la fed e pasqu ale e dimostrino uno spirito pienament e evan geli co » (Ordo
exsequiarum , n. 2).
Il rito delle esequie comprende in genere tre momenti: 4316
- La veglia di preghiera nella casa del defunto e la deposizione del cadavere nella bara
- li trasporto in chiesa, con la celebra zione della liturgia della Parola e dell' Eucaristia, alla
presen za dei familiari e, possibilmente, di tutta la co munità ecclesiale
- L 'ult imo co mmiato c il trasporto al cimitero (Ordo exequiurum, n. 3, 2)

3) Una pia consuetudine da conservare 4317


1176, § 3 È la pia tradizione cristiana, che risale agli stessi tempi apostolici, d'illlt-
mare le spoglie mort ali dei fedeli, affidandole alla terra, in attesa dell a risurrezi one
finale.
La Ch iesa è stata finora contraria alla cremazione dei cadave ri, non perché fosse
vietata dalla legge naturale o dalla legge positiva di Cristo, ma perché , fin dai tempi
della Ri voluzion e Francese, i liberi pensatori, i materiali sti, gli atei, ne fecero l'espres-
sione settaria dell a loro religione e del loro anticleric alismo. La cremazione venne co n-
dannata formalmente (can. 1203, Codice 1917; cfr. Denzinger-Schonmetzer nn. 3188,
3195-3196, 3276-3279, 3680), e contro coloro che l' avessero dispo sta per il proprio
cadavere fu comminata la privazione dei sacramenti e delle esequie eccle siastiche (ca n.
1240, § l, n. 5, Cod ice 1917) .

I Cfr. il voto di un Consultore , nella risoluzione della S.c. del Concilio, 12 genn aio 1924,
n. I: X. O CHOA. Leges Ecclesiae, l, n. 556. col. 634.
444 LIBRO IV - 11 "munus sunctificundi" della Chiesa

4318 Si deve alla comprensione pastorale di Paolo VI la modifica di tali norme, attraverso l'Istr.
Piani et constantem della Congregazione del S. Ufficio, 5 luglio 1963, che dettò le seguenti
disposizioni:
I ° Bisogna provvedere con ogni cura perché sia conservata religiosamente la consuetudine di
seppellire i cadaveri dei fedeli. A tal fine, gli Ordinari, con opportune istruzioni e ammonimenti,
cureranno che il popolo cristiano si astenga dalla cremazione dei cadaveri, e non receda, se non in
casi di vera necessità, dalla inumazione, che la Chiesa ha sempre mantenuto, adornandola di riti
particolarmente solenni (n. I). /---
2° È sembrato... per altro conveniente attenuare alquanto le disposizioni del Diritto Canonico,
relative alla cremazione, per cui quanto è stabilito nel can. 1240, § I, n. 5 (diniego della sepoltura
ecclesiastica a chi abbia disposto la cremazione del proprio cadavere) non sia più da applicarsi in
tutti i casi, ma solo quando consti che la cremazione sia stata scelta come negazione dei dogmi
cristiani, o con animo settario, o per odio contro la religione cattolica e la Chiesa (n. 2).
3° Conseguentemente, a coloro i quali abbiano disposto la cremazione del proprio cadavere
non dovranno essere negati, per questo motivo, i sacramenti e i pubblici suffragi, tranne il caso in
cui consti che tale scelta sia stata fatta per i motivi indicati, contrari alla vita cristiana (n. 3).
4319 4° Per non pregiudicare il pio sentimento del popolo cristiano e il suo attaccamento alla
tradizione ecclesiastica, e per dimostrare chiaramente la contrarietà della Chiesa alla cremazione,
i riti della sepoltura ecclesiastica e i conseguenti suffragi non potranno mai celebrarsi nel luogo
stesso in cui si compie la cremazione, e neppure vi si accompagnerà il cadavere (n. 4: Enchir. Vat.,
voI. 2, p. 109, n. 62).

Questa ultima prescrizione è stata modificata nell'Ordo exsequiarum:


- Le esequie siano celebrate secondo il tipo in uso nella religione, in modo però che non
ne resti offuscata la preferenza della Chiesa per l'inumazione dei corpi, come il Signore stesso volle
essere sepolto, e sia evitato il pericolo di ammirazione o di scandalo da parte dei fedeli. In questo
caso, i riti previsti nella cappella del cimitero o presso la tomba possono farsi nella stessa sala
crematoria, cercando di evitare con la debita prudenza ogni pericolo di scandalo o d'indifferentismo
religioso (n. 15, 2-3).

Il canone 1176 del nuovo Codice di Diritto canonico s'ispira alle suddette norme',

4320 2. La celebrazione delle esequie


1) La Chiesa funerante
La Chiesa. com'è giusto, lascia molta libertà a tal riguardo, per cui, a parte la chiesa
parrocchiale, indicata come quella da preferirsi, si parla anche di chiesa elettiva ed
occasionale, e infine di chiesa propria. anche se non esclusiva, del Vescovo diocesano
e dei membri d'Istituti religiosi e di Società di vita apostolica.

, Fu chiesto alla Congregazione del S. Ufficio, se fosse consentito celebrare in chiesa i riti
cscquiali, presente l'urna contenente le ceneri raccolte dalla cremazione del cadavere. Con atto
del gennaio 1977, la Congregazione rispose che non è opportuno celebrare sulle ceneri i riti ordinati
alla venerazione del corpo del defunto:
- Non videtur opportunum super cineres ritus celebrare, qui ad corpus defuncti venerandum
ordinantur. Non agitur de crematione damnanda sed potius de veritate signi in liturgica actione
servanda. Etenim cineres, qui humani corporis corruptionis exstant signum, indolem "dorrnitionis''
in resurrectione exspectanda inepte adumbrant. Corpus insuper, non autem cineres, Iiturgicos
accipit honores, quia baptismo sacratum templum factum est Spiritus Sancti. Maxime interest
veritatern signi servare ut liturgica catechesis necnon celebratio ipsa in veritatc ct CUlO fructibus
fianl. Si vero corpus defuncti in Ecclesiam ad Missam exsequialem celcbrandam deferri nequit,
eadem Missa celebrari potest, aliis non impedientibus rationibus, etiam absente corpore defuncti,
iuxta normas quae pro celebratione praesente cadavere servandae sunt (X. OCHOA, Leges Ecclesiae,
V, n. 4493, col. 7290).
Le eseq uie ecclesiastiche 445

CAPITOLO I
LA CELEBRAZIONE DELLE ESEQUIE

CAN. 1177 - § 1. Exequiae pro § 1. Per qu alsiasi fed ele defunto, le es e-


quolibet fideli defuncto generatim q uie de vono essere cele brate di rego la
in propriac parocciaeecclesia cele- nella ch ies a dell a propri a parrocch ia.
brari debent,
§ 2. Fas est autem cuilibct fìd eli, § 2. È permesso tutt avia ad og ni fed ele
vel iis quibus fidelis de functi cxc- o a co loro a cui spetta di pro vvedere alle
quias curarecompctit, aliam eccle- es equi e, sc egli er e un ' altra chiesa per il
siam funeris elìgere de consensu fun eral e, con il consenso del suo re ttore
eius, qui eam regit, et monito de- e avvert endo il parroco proprio del de-
functi parocho proprio. funto .
§ 3. Si extra propriam paroe- § 3. Qu alor a la mort e sia av venuta fuori
ciam mors acciderit, neque cada- dell a prop ria parrocch ia, e il cadaver e non
ver ad eam translatum fu erit, ne- sia stato trasportato in essa, né sia sta ta
quealiqua ecclesia fun eris legit ime scel ta legittimamen te alcu na chiesa per il
electa , exequiae cel ebrentur in fun erale, le esequ ie si cel ebrino nella chie-
ecclesia paroeciae ubi mors acci- sa dell a parrocchia in cu i è avv enuto il
dit, nisi alia iure particulari desio decesso, tranne che il diritto partico lare ne
gnata sit. abbia desig nata un' altra.

Dia coni e laici. «Le esequie senza la Messa posso no essere celebrate dal diacono. Se la 43 21
necessità pastorale [o esige . la Con ferenza Episcopa le può. con il consenso della Sede Apostolica.
designare anche un laico» (OrdII exsequiarum, n. 19).

2) La chiesa parrocchiale 4322


1177, § l (/2 16*) La norma è che le esequie dei fedeli siano celebrate di regola
nella chiesa della loro propria parrocchia. che, a termine del can. 107, § I , è quella in
cui si ha il domicilio o il quasi-domicilio. La chiesa parrocchiale è sempre da preferirsi.
perché ad essa è strettamente legata la vita del fedele, che fa parte della comunità
parrocchiale.
La parrocchia dei giro vaghi (vagi) è quella in cui si trovano in atto (can. 107. § 2).
«Per tutti coloro che so no nel seminario, l'ufficio di parroco è svolto dal rettore» (can . 262 ).
il quale avrà anche il co mpito di celebrare le eventu ali eseq uie.

3) La chiesa elettiva 4323

1177, § 2 (1216, § l, 1223, 1224, 1226 *) Qualsiasi fedele può scegliere Iibcrarnen-
te un'altra chiesa funerante, qualunque essa sia, né c'è hisogno che possegga il "ius
funerandi", com' era prescritto nel can. 1225 del Codice 1917.
Si richiedono per altro due condizioni:
- Che ci sia il consenso del rettore
- Che sia avvertito il parroco proprio del defunto
Questi, tuttavia. non può opporsi. poiché non deve dare alcuna licenza o autorizza-
zione. Dev'essere soltanto informato.
446 I.lRRO TV - Il "munus sanctificundi" della Chiesa

CAN. 1178 • Exequiae Episcopi Le es eq uie d el Ve scovo diocesano siano


dioecesani in propria ecclesia ce lebra te nella sua propria chiesa catte-
cathedrali celebrentur, nisi ipse dr ale, tranne che eg li abbi a scelto un 'altra
aliam ecclesiam elegerit. ch iesa .
CAN.I179 -Exequiaereligiosorum Le eseq uie de i reli gi os i o dei membri di
aut sodalium societatis vitae apo- una soc ietà d r- vitr apostolica, di regola
stolicae gencratim celebrentur in sia no celebrate nella loro propria chies a o
propria ecclesiaaut oratorio a Su- oratorio: dal Superiore, se l'i stituto o la
periore, si institutum aut societas soc ietà sono clericali, negli altri casi dal
sint c1ericalia, secus a cappellano. capp ellano.
CAN. 11 80 - § 1. Si paroecia pro- § I. Se la parroc chia ha un propri o ci-
prium habeat coemeterium, in co mitero , i fed eli d efunti d e von o essere
tumulandi sunt fideles defuncti, tumulati in esso , tranne c he lo stesso de-
nisi aliud coemeterium legitime funto o coloro a cui spe tta provved er e alla
electum fuerit ab ipso defuncto sua sepoltura , ne abbiano sce lto le gittima-
vel ab iis quibus defuncti sepultu- m ent e un al tro.
ram curare competit.
§ 2. Omnibus autem licet, nisi § 2. Tutti son lib eri di sceg liere il ci mi-
iure prohibeantur, eligere coeme- tero della propri a sepoltura, se non ne
terium sepulturae. hanno divieto dal diritto.

La scelta della chiesa funerante può essere e ffettuata anche dalla famiglia del de-
funto, o da coloro a cui spetti di provvedere alle esequie.

4324 4) La chiesa occasionale


1177, § 3 (/218*) Qualora la morte avvenga fuori dei confini parrocchiali:
- Il cadavere può essere trasportato nella propria parrocchia o in una chiesa le-
gittimamente scelta
- In caso diverso, le esequie dovranno essere celebrate (ce/ehrentur) nella chiesa
della parrocchia in cui è avvenuto il decesso, tranne che il diritto particolare ne designi
un'altra (Communicationes, a. 1983, pp. 244-245, can. 1128, n. 2).

4325 5) Le esequie del Vescovo diocesano


1178 (/2 19 § 2*) Devono essere celebrate icelebrentur) nella chiesa che è stata la
sede della sua cattedra, tranne che, per motivi particolari egli abbia scelto un' altra chiesa.
Tale norma si applica anche ai Vescovi emeriti, in rispondenza col can, 1242.

4326 6) Membri d 'Istit uti religiosi o di Società di vita apost olica


1179 (/221-1222*) Le loro esequie di regola devono essere celebrate tcetebrentun
nella loro propria chiesa o oratorio. Funzionerà il Superiore, se l'Istituto o la Società
hanno carattere clericale; diversamente il cappellano.
I membri degl'Istituti secolari, che in genere non hanno vita comune (cari. 714),
seguono per le esequie il diritto comune (Communicationes, a. 1983, p. 245, can. 1130).

4327 7) Il luogo della sepoltura


1180 (/ 205; / 223-1224; /226-12 29*) Se la parrocchia ha un proprio cimitero (can.
1241, § I), i fedeli defunti devono essere tumulati (tumulandi suni) in esso, tranne che
Le esequie ccclcsiestichc 447

CAN. 1181 - Ad oblationes occa- Per qu anto riguarda le offerte da te in


sione funerum quod attinet, ser- occa sio ne dei fu nera li, s i osse rvi il di spo-
venturpraescripta can .1264, cau- sto del can . 1264, evitando tuttavi a c he
to tam en ne ulla fiat in exequiis nelle ese q uie si facc ia a lc una prefere nza
personarum acceptio neve pau pe- d i p ersone c c he i p o ve ri s ia no privati
res debitis exequiis pri ventur. de lle eseq uie do vute .
CAN. I 182 - Expleta tumulatione, Comp iuta la tumul a zione, si faccia la
inscriptio in Iibrum defunctorum registrazione nel libro dei defunti, se con-
fiat ad normam iuris particularis. do le norme del diritto particolare.

lo stesso defunto o co loro a cui spetta provvedere alla loro sepo ltura, ne abbiano scelto
legittimamente un altro.
La libert à di scelta spetta a qu alsiasi fedele , se non ne abbia divieto dal diritt o.
Circa il di ritto dei Cardinali c dei Vescovi diocesani. anche emeriti, di poter esse re
seppelliti nella propria chiesa, v. can. 1242.

8) Le offerte in occasione dei fu nerali 4328


1181 (/234-/235 *) Circa tali offerte, si richiama il can. 1264, in cui se ne rimette
la determinazione all'assemblea dei Vescovi della prov incia eccle siastica. Nel Codice
anteriore, la com pete nza era dei singoli Vesco vi dioce sani (ea n. J 234. § 1*).
A te rmine del ca n, 53 1. tali offe rte devono esse re versate nella cassa parrocch iale: servono per
il sostentamento dd clero (can . 1274. § I).
Nella celebrazione delle esequie dev' essere esclusa ogni preferenza di persone, e i 4329
poveri devono esse re trattati con ogni rispe tto. celebrando per essi gratuitamente (ea n.
1235, § 2, Codice 1917 ) delle eseq uie decorose sotto ogni riguardo. La "personarum
acceptio" per motivi di carattere eco nomico o soc iale. fu l'iprovata espressamente dal
Concilio Vaticano Il (Sacrosanctum Concilium, n. 32). Questo, tuttavia , non impedisce
di celebrare con magg iore solennità esterna le eseq uie dei ministri sacri defunti e delle
stesse auto rità civi li, rendend o loro i dov uti onori, come rico nosce espressamente la
medesi ma Cos tituzione concili are (n. 32). Cfr. anche il Direttorio dei Vescovi, 22 feb-
braio 1973. n. 88. I: E nchir. Vat.. voI. 4. p. 13 I9, n. 2076. l).
Il ca n. 555. § 3, fa obbligo al vicario foraneo di aver cura che, in caso di morte, siano ce lebrate
"degn e esequie" in suffragio dei parroc i del suo distretto .

9) La registrazione dell 'atto di morte 4330


1182 L'archi vio parrocchiale deve comprendere anch e il Registro dei defunti (can .
535, § I). In esso vanno seg nati accuratamente gli atti di morte dei fedeli della parroc-
chia. Il cano ne prescrive soltanto l'obbligo dell' annotazione. Le moda lità da osservare
sono lasciate alla dete rmin azione del diritto partico lare, che dovrà pertanto stabilire. fra
l'altro. co me registrare la morte di un fede le. nel caso che il decesso sia avven uto in
un' altra parro cchia.

3. Persone ammesse o escluse 4331

1) Persone ammesse 4332


1183 (123 9*) Il diritto dei fedeli defunti a ricevere le esequie ecclesiastiche, ad
eccezione di quelli che ne sono legittim amente esclusi, è afferma to nel can . 1176, § I
448 LIBR O IV - Il "munus sancuflcu ndi" della C hiesa

CAPITOLO II
LE PERSONE A CUI SI DEVONO CONCEDERE
O NEGARE LE ESEQUIE ECCLESIASTICHE

CAN. 11 83 - § 1. Ad exequias § I. Rispetto alle esequie, i catec umeni


quod attinet, christifidelibus cate- sono da equip arare ai fedeli.
chumeni accensendi sunt.
§ 2. Ordinarius loci permittere § 2. L'Ordinario del luogo può permet-
potest ut parvuli, quos parentes tere che abbiano le esequie ecclesia stiche
baptizare intendebant quique au- anche i bambin i morti senza battesimo ,
tem ante baptismum mortui sunt, se i genitori ave vano intenzione di bat-
exequiis ecclesiasticis donentur. tezzarli.
§ 3. Baptizatis alieui Ecclesiae § 3. A prudente giudizio dell'Ordin ario
autcommunitati ecclesiali non ca- del luogo , possono concedersi le esequie
tholieae adscriptis, exequiae eccle- eccle siastiche ai batte zzati iscritti ad una
siasticae concedi possunt de pru- Chie sa o ad una comunità eccles iale non
denti Ordinarii loci iudicio, nisi cattolica, se non consti della loro volontà
constet de contraria eorum volun- contraria e a condizione che non sia pos-
tate et dummodo minister pro- sibil e avere un ministro proprio.
prius haberi nequeat.

(cfr. 1239, § 3, Codi ce 1917 ). Nel canon e attuale si estende tale diritto ai ca tecumeni;
nello stesso tempo , si dà la facolt à di concedere le esequie anche ai bamb ini morti senza
battesimo c ai fratelli separa ti, a determi nate condizioni.
4333 a) I catecumeni
1183, § 1 I catecum eni, come più volte s'è rile vato, sono già uniti co n un vincolo
part icolare alla Chie sa, che ne ha cura co me se fossero già suoi e concede loro varie
prerog ative, che sono proprie de i battezzati (ca n. 206, §§ 1-2). Rispetto alle eseq uie, essi
sono equip arati ai fedeli. Si attribuisce pertanto loro il diritto di riceve re le esequie
ecclesi astiche, mentre si fa obbligo ai parroci di celebrarle in modo conveniente, "Ap-
parten gono anch' essi alla famiglia di Cristo" (S. Agostin o, Tract, in loann ., Il, 4: PL
35, 1476 ; cfr. Decr. conco Ad Gentes, n. 14, 5).
4334 b) I bamhini morti senza battesimo
1183, § 2 Con tale paragrafo, s' è attenuata la prescrizione del can. 1239, § l , del
Codic e precedente, che vietava , senza alcun a ecce zione , le esequie eccl esiastiche di
coloro che [assero morti senza battesimo. L'Ordinario del luogo può permettere che si
celebrino le esequie dei bamb ini morti senza battesimo, se i ge nitori avev ano intenzione
di battezzarli.
Per celebrare tali esequie , il parroco ha pertanto l' obbligo di richied ere la debita
autorizzazione, e l'Ordinario del luogo, da parte sua, de ve acce rtarsi della reale inten-
zione dei genitori. Si comprende per altro come l'Ordinario esiti a concedere il permes-
so, quando si tratti di un bambino già cresciuto negli anni. e il cui battesimo sia stato
trascurat o dai suoi genitori o volontariamente ritardato .
Il Rito delle esequie. pubblicato in Italia dalla Confere nza Episcopale nel sette mbre del 1974.
contiene il particolare rito da usare nelle eseq uie dei suddetti bambini . con la segue nte norma
introdutt iva, che è poi quell a dcll' Ordtl exsequiarum della Congregazione per il Culto Divino:
Le esequie ecclesiastiche 449

CAN. l 184 - § 1. Exequiis eccle- § I. Devono essere privati delle esequie


siastieis privandi sunt, nisi ante ecclesiastiche , se prima della morte non
mortem aliqua dederint paeniten- abbiano dato alcun segno di pentimento:
tiae signa:
1° notorii apostatae, haeretiei 1° gli apostati, gli eretici e gli scismatici
et schismatiei; in modo notorio;
2°qui proprii corporis crematìo- 2° coloro che abbiano scelto la crema-
nem elegerint ob rationes fidei zione del proprio corpo per ragioni con-
christianae adversas; trarie alla fede cristiana;
3° alii peccatores manifesti, 3° gli altri peccatori manife sti, ai quali
quibus exequiae ecclesiasticae non non è possibile concedere le esequie sen-
sine publico fidelium scandalo za pubblico scandalo dei fed eli.
concedi possunt.
§ 2. Occurrente aliquo dubio, § 2. Nel caso che sorga qualche dubbio,
consulatur loei Ordinarius, cuius si consulti l'Ordinario del luogo, attenen-
iudieio standum est. dosi al suo giudizio.

- Se un bambino, che i genitori volevano battezzare, muore prima di ricevere il battesimo ,


l'Ordin ario del luogo, considerate le circostanze pastorali, può permettere di celebrarn e le esequie
o nella casa stessa del defunto o secondo il modo di fare le esequie abitualmente in uso in quella
determinata regione. In ambedue i casi si usino i testi propri proposti per queste esequi e. Non si
dimentichi però di premettere, in questi casi. una conveniente catechesi . perché non resti offuscata
nella mente dei fedeli la dottrina sulla necessità del battesimo (n. 114).

c) Battezzati non cattolici 4335


1183, § 3 Conformemente allo spirito ecumenico, anche ai battezzati ascritti a una
Chiesa o ad una comunità ecclesiale non cattolica, possono concedersi le esequie eccle-
siastiche col permes so dell'Ordinario del luogo, a due condizioni:
- Che non consti della loro volontà cont raria
- Che, nello stesso tempo , non sia possibile avere un ministro proprio
La valutazione delle circostanze concrete è lasciata al "prudente giudizio" dell'Or-
dinario stesso.
Nelle esequie eccle siastiche è compresa la celebrazione della S. Messa, permessa
già, a determinate condizion i, da un Decreto della Congregazione per la Dottrina della
Fede, II giugno 1976 (Eflchir. Vat., vol. 5, pp. 1332-1335). Col nuovo Codice, alcune
norme limitative del detto Decreto sono decadute; in particolare il n. III, che proibiva
nella celebrazione della Messa pubblica, di menzionare il nome del defunto , in quanto
"tale menzione presuppone per sè la piena comun ione con la Chiesa cattolica".

2) Gli esclusi 4336


1184, § 1 (1240, § J*) Le esequie ecclesiastiche, come ogni azione liturgica (ean.
S37), sono segno ed espressione di comunione ecclesiale. Non possono pertanto essere
concesse a coloro che vivono fuori di questa comunione, tranne che, prima di morire,
abbiano dato qualche segno di pentimento.
Aliqua puenitentiae signa : «Non si richiedono certi e manifesti segni di pentime nto. Basta un
segno qualsiasi, anche solo probabile ; per es. se il moribondo bacia il Crocifis so, che gli viene
presentato: se recita l'atto di dolore o una pia giaculatoria, ecc. È sufficiente. nel caso. la deposi-
zione di un teste degno di fede» (F. Cappello ).
450 LIBRO lV - 11 "munus sanctificundi' de lla Ch ies a

CAN. 1185 • Excluso ab ecclesìa- A coloro che siano esclusi dalle esequie
sticis exequiis deneganda quoque eccl esiastiche, dev'essere negata anche
est quaelibet Missa exequialis. ' qual siasi Messa esequiale.

Gl i esclusi su no;
I ° Gli apostati. gli eretici e gli scismatici 1I0tOri. non quelli occ ulti c he non risul-
tino co n ce rtezza. La notorietà può ess ere di diritto, se l' apostasia, l'eresia o lo scisma
risultino da una sentenza giudiziaria, da una dichiarazione uffi ciale dell ' autorità eccle -
siast ica. da lla co nfessione giuridica dello stesso apostata, eret ico o scisma tico; - e può
ess ere anche di fa tto, quando l' apostasia, l'eresia o lo scis ma sono talme nte conosciuti,
divulgati, che non sia più possibil e negarli o dubitarne (cfr. can . 2197 , Codi ce 1917).
2° Coloro che abb iano dispost o la cremazione del proprio corp o, per ragi oni con-
trarie alla fede cristiana (cfr. can. 1176, § 3).
4337 3° Gli altri peccatori manifesti , ai qu al i non sia po ssib ile co nce dere le eseq uie
ecclesiastic he, se nza pro vocare pubbl ico sca nda lo nei fedeli . Pe r tal i peccatori (pub-
blici co ncubi nari, ader en ti in mod o notorio a ideo logie atee e materialistiche, isc ritti
ad associ az io ni che trama no co ntro la Chi e sa, ecc .) - co me a nche, ovv iame nte , per
gli apos tati, gli eretici , gli scisma tiei notori del n. I - non bas ta dunque ave r es pres-
so un segn o di pentiment o. Si richi ede anche che la con ce ssione de lle esequi e eccle-
siastiche non ca usi scand alo tra i fedeli (cfr. Decreto della S.c. per la Dottrina della
Fede 20 settembre 1973: Enchir. Vat., val. 4, p. 1698, n. 26 10) . «Lo sca nda lo dei
fedel i e dell a co munità ecclesiale - avv erte una Cir col are dell a med esima Co ngre-
gazio ne in da ta 29 maggio 1973 - potrà tutt avia essere attenuato o evitato nell a
misura in cui i pastori sapra nno illustrare in modo con veniente il sig ni ficato delle
ese quie cristiane, in cui mol ti ved ono un rico rso alla miseri cord ia di Di o e una
testimonian za d i fede dell a co munità nell a risur rezi one dei mort i c nella vita del
mo ndo che verrà» (Enchir. Vat., vo I. 4, p. 1620, n. 2508, 5).
4338 Non si parla nel canone né dei suicidi né dci morti in duello (can. 1240. ~ 1, nn. 3-4, Codice
1917). Ma, ovviamente . rientra no nella categoria dei pubbli ci peccatori, purch é il delitto sia loro
gravemente imputabile, ai sensi del can. 1321, § I.
4339 1184 , § 2 (/240, § 2*) Il paragrafo secon do è stato semplificato. Occorre interpre-
tarlo alla luce del can. 1240, § 2, del Cod ice precedente. che con una maggiore com-
pletezza prescri ve va:
- Qu alora nei sudde tti casi sorga qualche du bbio, si rico rra all' Ordinario se il
tempo lo con sente (si tempus sinat y; se il du bbio do vesse persist ere. si pro ceda alla
sepoltura eccl esiastica, rimovendo per altro lo scandalo.

4340 3) La negazione delle Messe esequiali


1185 (/24 / *) La privazion e delle esequ ie ecclesiastiche compo rta coerente mente
la negazione di qualsiasi Messa esequi ale, vale a dire di Messe celebra te pubb licam ente
in occasione delle esequi e. Ciò non impedisce che, in tale occorrenza, vengano ce lebrate
privatamente de lle Messe in suffragio del defunto, che ha tanto bisogno della mise ricor-
dia di Dio.
Succe ssivamente, in tempi lont ani dal dece sso, possono celebrars i delle Messe an-
che pubblicam ente, sempre però "re moto fidelium scanda lo".
Nel nuovo ord inamento canonico, la pri vazione delle esequie ecclesiastic he non è
più considerata una sanzio ne penale (can. 229 1, n. 5, Codice 1917), ma un prov vedi-
mento di carattere amm inistrati vo.
Il cullo dd Santi. delle immag ini sacre c de lle reliquie 451

Titolo IV
Il culto dei Santi, delle immagini sacre e delle reliquie

CAN. 11 86 - Ad sanctiticationem Pe r favorire la sa ntificaz io ne de l popolo


populi Dci fovcndam, Ecclesia pecu- di Di o , la C h iesa raccomanda ai fedeli
liari et filiali christitidelium venera - un a specia le c fili al e venerazione de lla
tioni commendat Beatam Mariam B eata Maria se mpre Ve rgi ne, Madre d i
sem pe r Vir ginem, Dei Matrem, Di o , c he Cristo ha costitu ito Madre d i
quam Christus hominum omnium tutti gli uo mi ni, e p rom uo ve il vero e a u-
Matrem constituit, atque veru m et te ntico c ulto degli altri Santi , c he edifica -
authent icum promovct cultum alio- no con il lo ro esem p io i fedcl i e li protcg-
rum Sa nctoru m, quorum quidem gana con la lo ro intercessione.
exemplo christifideles aediticantur
et int erc essione sustenta ntur .

IL CULTO DI DULIA (cann. 1186-11 90) 4341


Schema
I. Il culto dei Santi 3. Le reliquie
2. Le immagini sacre

1. Il culto d ei Sa n ti 4342

I) Valore e finalità di tale culto


1186 (/255 § I , e 12 76 *) Il canone ispirato all'i nsegname nto del Co ncilio Va-
ticano Il (Sacrosanctum Concilium, nn. 103- 104; Lumen Gen tium, nn. 53 c 66),
intende affermare anzitutto il valore c la IcgiLLim ità del c ulto de lla Beata Vergine
Mar ia c degli altri Santi. Ta le culto fa par te della funz ione sant ificatrice ( rnunus
sanct ili candi ) dell a Chiesa stessa (can. 834, § I). Il suo fine - è detto espressamente
nel cano ne - è que llo di favorire la sa ntificazione del popolo di D io (ad
sanctificationem popu li Dci fovc ndam ).
Alla Beata Vergine Maria è dov uta dai fed eli "una specia le e filiale venerazio- 4343
ne" (il cult o dipcrd ulia: ca n. 1255, § l, Codice 191 7), perc hé è la Madre di Dio ed
è anche la Madre deg li uo mini, cost ituita tale da Cris to (mo tivazione teo logica). Il
culto di Mari a è essenzi almente cristologico: «Nella celebrazione an nua le dei misteri
di Cristo, la C hiesa venera co n speciale amo re la Beata Maria Madre di Dio . co ngi un-
ta indisso lubi lme nte co n l'opera salvifica de l Fig lio suo, in lei ammira ed esalta il
frutto più ecce lso de lla redenzione, e con templa con gioia, com e in una imm agine
purissim a. quel che essa tutta desidera e spera di essere » (Sacro san cturn Conciliuni,
n. 103, I). Maria SS. «occupa nella Ch iesa santa il posto più alto e più vici no a noi,
dop o Cri sto» tLumen Gentium, n. 54).
La vera devozione alla Vergine San tiss ima - avverte per altro il Conc ilio -
non consiste in uno sterile e passeggiero sentime nto . né in una certa quale van a
credulit à. ma proce de dalla vera fede , da cui siamo por tati a rico noscere la pre minen-
za de lla Madre di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all' imi-
tazio ne de lle sue virtù » iLumen Gentium, n. 67 ).
452 l >lHRO
-,
IV - Il "m unus sunctificandi" della Chiesa

\
CAN. 1187- Cultu publico eos tan- È permesso venerare c o n c ulto puhblico
tum Dei servos venerari lìcet, qui so lo quei servi d i Dio che, per autorità
auctoritate Ecclesiaein album San- della Chiesa, sia no s ta ti annoverati nel-
ctorum vel Beatorum relati sint. l' albo dei Santi o d ei Beati .
CAN. 1188 - Firma maneat praxis Si co nser v i la pras si di esporre nelle
in ccclesiissacrasimaginesfidelium chiese le sacre immagini alla ve ne ra z io ne
venerationi proponendi; attamen dei fedeli; esse, tuttavia, s iano e sposte in
moderato numero et congruo ordi- numero moderato e in un ordine appro-
ne exponantur, ne populi christiani priato, per non destare meraviglia nel po-
adrniratio excitetur, neve devotioni polo cristiano né dare occasione a una
minus rectae ansa praebeatur, devozione meno retta.

4344 Sul culto della Beata Vergine Maria sono stati emanati da Paolo VI due magistrali docu-
menti:
- L'Esort , Ap. Signum magnuni del 13 maggio 1967: Enchir. VaL. vol. 2, pp. 980-1003
- L'E sort. Ap. Marialis cultu s del 2 febbraio 1974: Enchir. Vat., vol. 5, pp. 42-127
Di grande importanza è anche l'Enc. Redemptoris Mater di Giovanni Paolo Il del 25 marzo
1987: Enchir. Val., voI. IO, pp. 906-1043.
AI culto di Maria è associato il culto "vero e autentico" degli altri Santi , i quali
edificano i fedeli con il loro esempio e li proteggono con la loro interces sione.
Anche il culto dei Santi è essenzialmente cristologico: cfr. Sacrosunctum Concilium, n. 104.

4345 2) La prestazione del culto pubblico


1187 (/277*) Il culto pubblico , a termine del can. 834, § 2, è il culto liturgico
«reso in nome dell a Chiesa da parte di persone legitt imamente a ciò dep utate , e mediante
atti ap provati dall'autorità della Chiesa stessa» . Tale culto può es sere reso solo a quei
Ser vi di Dio , che , per l' autorit à dell a Chiesa, sia no stati anno verat i nell'albo dei Santi
o dei Beati.
Non è vietato onorare con venerazione religiosa persone che hanno lavorato generosamente
al servizio del Regno di Dio e della Chiesa, ma non sono stati dichiarati Santi o Benti. Il loro culto
fondato su solidi motivi. può essere soltanto privato.

4346 2. Le immagini sacre

I ) L' esposizione nell e chiese


1188 (/2 79 *) La Chiesa ha sempre riconosciuto e difeso la legitt imit à del culto
delle sacre immagini: cfr. Denzinger-Schonmetzer, nn. 477 , 581, 600-608 (Concilio
Niceno Il, a. 787, contro gl'iconocl asti) , 653-656 (Conc. Costantinopolit ano IV, a. 870),
1269 (Martino V, a. 1418), 1821-1826 (Concilio Tridentino, dic o 1563). Il Concilio di
Trento afferma, fra l'altro, che il culto delle immagini sacre costituisce un prezioso
alimento della pietà cristiana (n. 1824 ).
Nello stesso tempo, la Chie sa ha condannato le deviazioni e gli abu si, opponendosi
ad essi decisamente (cfr. Denzinger-S ch ònmetzer, n. 1825).
4347 L' attuale canone:
- Da una parte , prescrive di cons er vare la prassi (firma maneat praxis) di esporre
nelle chiese le sacre immagin i alla venerazione dei fedeli.
Il culto dci Santi, delle immagini sacre c dell e rel iquie 453

CAN. 1189 - Irnagines pretiosae, Le immagini preziose, ossi a insigni per


idest vetustate, arte, aut culto prae- antichità, arte o culto, espos te alla vene-
stantes ,in ecclesiisveloratoriis fide- raz ione dei fedeli nelle chiese o negli
lium venerationi expositae, si quan- oratori, qualor a abbiano bisogno di ripa-
doreparationeindigeant,numquam razione, non siano mai restaurat e senza
restaurentur sine data scripto Iicen- l'autorizzazione scritta del\' Ordinario; e
tia ab Ordinario; qui, antequarn questi, prim a di concederl a, consulti de-
earn concedat, peritos consulat. gli esperti.

- Dall'altra dispone che tali immagini siano esposte in numero moderato e nel-
l' ordine do vuto. per non destare meraviglia nel popolo cristiano. né dare occasione a una
devozione meno retta.
La norma riproduce letteralment e il n. 125 della CoSI.eone . Sacrosanctum Concilium.
Può servire da commento il n. 278 della lnstitutio Generalis Missalis Romani:
- Second o un' ant ichissima tradizio ne della Chiesa, nei luogh i sac ri ve ngono
esposte legittimamente alla venerazio ne dei fedeli le immag ini del Signore, della Beata
Vergine Mari a' e dei Santi. Si abb ia cura tutta via. da una parte, che il loro numero non
sia eccessivo. e che , dall'altra, la loro collocazione non distolga l'attenzione dei fedeli
dalle stesse celebrazioni. Di un medesimo Santo non si abbia che una sola immagine.
In generale, nell' orn amento e nella disposizione della chiesa, per quanto riguarda le
immagi ni. si tenga presente la devozione di tutta la comunità».
Ovviamente, il culto delle immagini sacre. come anche delle reliquie, è relativo, non assoluto,
in q uanto non si presta alla immag ine o alla reliquia in sé, ma è diretto al Sa nto, a cui l' immagine
o la reliquia si riferiscono (can. 1255, § 2, Codice 1917).

2) Il restau ro delle immagini preziose 4348

1189 (/ 280*) Le imm agini preziose son quell e che hann o un particolare valore
storico, art istico o cu ltura le. Il canone s'i nteress a, naturalmente, dell e immagin i sacre
esposte nelle chi ese o negli orat ori, e prescrive che, per il loro eve ntual e rest auro,
debb a richiedersi l' autorizzazione dell'Ordinario , che è l'Ordinario del luogo per le
chiese e gli oratori appartenenti alla diocesi, e l'Ordinario dell'I stitut o religioso o
della Società di vita apos tolica per le c hiese e gli ora tori di prop rietà dell'Istituto o
della Società (ca n. J 3 4 . § I ).
L'Ordinario, da parte sua, prima di concede re l' autori zzazione. da rilasciare
in iscritto. de ve co nsu ltare de i periti. In ogni diocesi, per quanto è possibile,
dev 'essere cos tituita la Commissione Diocesan a di Arte Sacra tSac rosanctum
Concilium, n. 46).
LI: immagini preziose sono "beni preziosi". Come tali. sono soggette a tutte le norme concer- 4349
nenti i beni e le cose aventi questa qualifica:
- La debita custodia: can. 1220, § 2
_. L'accurato inventario: can. 1283, nn. 2-3
- L'alienazione: can. 1292, § 2
- La prescrizione: can. 1270

I Circa l'in coronazione delle immagini di Maria 55 ., v. le Norme emanale dalla S.c. per il
Culto Divino, 25 marzo 1973 (Enchir, Vat., va l. 4, pp. 1504-1507). e l' DI'do coronandi imuginem
B. Mar ine Virginis.
454 LIB RO IV - Il "munus sancliJichlllti" della Chiesa

CAN. 1190· § 1. Saeras reliquias § I . È assolutamente illeci to vendere le


vendere nefas est. sacre reliquie.
§ 2. Insignes reliquiae itemque § 2. Le reliqu ie insigni e, parim en ti, le
aliae, quae magna populi venera- altre ehe sono venerate da l popolo con
tione honorantur, nequeunt quo- grand e pietà, non possono essere alienate
quo modo valide alien ari neque validame nte in alc un modo né essere tra-
perpetuo transferri sine Aposto- sferite definitivamente altrove, se nza la
lieae Sedis licentia, licenza de lla Sede Apostolica .
§ 3. Praeseriptum § 2 valet § 3. Il div ieto del § 2 vale anc he per le
etiam pro imaginibus, quae in ali- immagi ni, c he in talun e chiese godono di
qua eeclesia magna populi vene- una gra nde venerazio ne da parte del po-
ratione honorantur. polo.

4350 3. Le reliquie
Le sac re re liq uie han no un valore religioso maggiore dell e immagini, poiché
so no i resti mo rtali di M artiri e di Santi . il cui corpo è stato sulla terra il tempio vivo
dello Spirito Sa nto e lo str umento di vir tù eroic he, ricon osci ute uffici al me nte da lla
Chiesa . Sull e reliqui e il ca n. 1190 de tta una du pli ce norma giuridic a ne i §§ 1-2, che
vale non solo per le rel iqu ie in se nso stretto , ma an che , "servatis ser vandis" , per
quell e in senso più largo, co me gli oggetti apparten uti a i Sa nti , le stesse rel iqu ie della
Sa nta Croce.
Il can. 1255, § 2, de l Codice precedente preci sava che il cult o religi oso prestato alle
reliquie e alle immagini dei Sa nti e dei Martiri non è assoluto, ma relati vo, in qua nto
si riferisce non alla reliquia o alla immagi ne in sé, ma alla persona de l Santo o dci
Mart ire, che esse ric hiam ano.

4351 l ) Una vendita assolutamente illecita


1190, § 1 (/289, § 1 *) Attesa la loro natura, le sacre reliq uie non sono beni o cose
commerciab ili. La loro vendita - chiunque ne sia il prop rietario - è asso lutamente
illeci ta: nefas est. In sos tanza , essa è una profanazio ne sacrilcga, suscettihi le di sanzione
penale. ai sen si del ca n. 1376.

4352 2) Reliquie insigni o particolarmente venerate


1190, § 2 (/ 281, § I *) No n possono essere alie nate validamente in alcun modo né
esse re trasfe rite defi nitivamente altrove, sen za l'espressa autorizzazione della Santa
Sede. Se il trasferimen to è temporaneo, non si richiede per sé alc una lice nza, tran ne che
questa sia prescritta per di ritto particolare .
A termine del can. 1281, § 2, dci Codice 1917. sono «reliquie insigni dei Sa nti o dei Beati
il corpo, il capo , il braccio, l' avambraccio, il cuore, la lingua, la mano, il ginocchio o quella parte
del corpo in cui il Martire patt, purché sia intera e non piccola»,

4353 3) L'estensione della norma


1190 , § 3 (128 /, § 1*) La norm a del § 2. che prescri ve "ad validita tcrn" l' autoriz-
zazio ne dell a Sa nta Sede per l' alien azione o il trasferimento delle reliquie insignì, si
ap plica anche alle sacre imm agini, che in talune chiese godono di una gran de venera-
zione da parte dci pop olo .
Il \'tltn c il ginramcmu 455

Titolo V
Il voto e il giuramento

CAPITOLO l
IL VOTO

CAN. 11 91 - § 1. Votum, idest § I. II voto, oss ia la pro messa de libera ta


promissio deliberata ae libera Deo e libera fatta a D io di un bene possibi le e
facta de bono possibili et meliore, migliore, dev' essere adempiuto per virt ù
ex virtute rcIigionis impleri debet. di religione.
§ 2. Nisi iure prohibeantur, § 2. Se non ne hanno un diviet o dal
omnes congruenti ra tionis usu dir itto, tutti quelli che godono di un sulfi-
pollentes, sunt voti capace s. cie nte LISO di ragio ne, son capac i di emet-
§3. Votum metugravi etiniusto tere voti,
vel dolo emissum ipso iure nullum § 3. II voto emesso per timore grave e
est. ingiusto o per do lo, è nullo ipso il/re.

IL VOTO E IL GIURAMENTO (ca nn. 119 1-1204)


Schema
l. Il voto 3. Il giuramento prornissorio
2. Il giuramento in genere 4. Giurame nti vari previsti nel Codice

l. Il voto 4355

I ) Concetto
1191, § l (/ 307, § J*) La defini zione de l voto, ripo rtata nel canone, è quella
tradizionale , co ntenuta "iisd em verbis" nel can . 1307, § L del Codice precedente.
- Il W/lo è una promessa: vera prom es sa. COli 1;1 quale una persona intende obbli garsi ,
non se mplice prop osito o vngo desiderio, pri vo di un se rio impegno vinco lante.
- Falla a Dio: a Dio so lo, perché il VOlo è un allo di latria, e. come tale, non può esse r fatto
ai Santi o alla Madonna, anche se con esso s' intende ono rurli, Una promessa fatta esclusiva mente
a un Santo, senza alcun riferimento a Dio, sare bbe una se mplice promessa, non un voto.
- Deliberata e libe ra : una prome ssa c he non fosse suffic ie ntemen te tale , non av rebbe
valore .
- Di 11I1 bene: ossi a di una cosa o di un alt o buono; pretende re di offrire a Dio una cos a
indifferente o. peggio. cattiva, sare bbe inse nsato e co ntraddiuorio.
_.- Di un bene possi lrile: moral men te e fisicamente; un bene che superasse le prop rie
ca paci tà, non può es se re mate ria di voto (per es. il voto di evitare tutte le imp erfe zioni, anche
que lle involontar ie) .
- Di un bene migliore: migliore di q uel che sare bbe la sua omissi one o il suo contrar io
conside rate tutte le circostanz e (rel at ive meli us). Per es. il voto di verg inità, che , rel igiosamen-
te. è per sé prefer ibile al matrimoni o (l CI)r. 7, :\Il).
- Promessa da adempiersi I,eI' virt ù di religione: il voto, infatti , ha nella virt ù de lla
religione il suo ele mento ca ratteri zzante, la su a motivazion e. il s uo fi ne.
456 LIBRO IV - Il "mur ms sanctiflcandi" della Chiesa

CAN. 1192 • § 1. Votum est pu- § l . Il vo to è pubblico, se è ricevuto da l


blicum, si nomine Ecclesiac a le- legi tt imo S u periore in nome della C hiesa;
gitimo Superiore acceptetur; se- altri men ti è p rivato.
cus privatum.
§ 2. Sollemn e, si ab Ecclesia uti § 2 . È so lenne; se è rico nosci u to come
tale fueri t agnitum; secus simplex. tale dalla C h ie s a ; a ltri m e n ti è semplice.
§ 3. Personale, quo actio voven- § 3 . È personal e, se chi lo p ro feri sce
tis promittitur; reale, quo promit- p romette una sua a zione; real e, se pro-
titur res aliqua; mixtum , quod m e tte una cosa; misto, quello c he p arte-
personalis et realis naturam par- c ipa d ell a natura d el v o to p e rs on al e e
ticipat. reale .

4356 2) II soggetto attivo


1191 , §§ 2-3 (/307, §§ 2-3 *) Il prin cipio ge nera le è che tutti posso no emettere dei
voti. purché siano in possesso di un sufficiente uso di ragione e non ne abbiano un
divieto da l diritto. Il sufficie nte uso di rag ione è necessario perc hé la promessa sia
"deliberata e libera" , a term ini de l § I. So no pertanto inca pac i di fare voti i fanciu lli che
non abbi ano l'età adatt a, i dementi, ecc .
Il voto seg ue sostanzialmente servatis servandis le norme de ll' atto giuri dico, con-
tenut e nei can n. 124- 126. In concreto, il voto emesso per violenza, timore grave c
ingiu sto o per do lo, è nullo ipso iure.
- Per tim ore gra ve e ingiusto: grav e, in se nso asso luto e relativo. ossia in rappor-
to al soggetto ; ingius to, sia "q uoad substantiam" sia "q uoad modum",
- Per dolo: nel Codice precedente, il do lo non veni va co nsiderato. Si riteneva per
altro che il do lo compromettesse la va lidità del voto, quando imped iva al soggetto di
agire co n suffi ciente deliberazione e libertà .
Il canone 11 9 1 non conside ra l' ignoranza e l'err ore. Applicando il can. 126. bisognerà dire
che essi rendono nullo il voto. quando siano "sostanziali" .

4357 3) Distinzioni
1192 (/308*) Si riportan o le dis tinzioni tradizionali , in rappor to alla forma e al-
l'ogge uo.
IO fil rapporto alla f orma. i voti possono essere pubblici e privati, solen ni e sem-
plici .
- Il voto è pubblico, se è ricevu to in nome dell a Ch iesa (nomine Ecc lesiae ), dal
legittim o Superiore determ inato dal diritt o .
- È privato og ni altro voto che no n ha l' accettazione da parte della competente
autorità ecc lesiastica: è fatto so lo "corarn Dea ", non "coram Ecc lesia".
- Il voto è solenne, se viene riconosci uto come tale dall a C hiesa .
- È semplice, negli altri casi.
4358 La distinzione era molto importante nel Codice anteriore, poiché il voto solenne aveva lilla
maggiore stabilità ed ef ficacia gi urid ica . e re ndeva inva lidi gl i alli co ntra ri (per es . il voto
sole nne di castità cos tituiva un impedimento di rime nte in ordi ne al mat rimon io: ca n. 1073.
Codi ce 1917 ), mentre il voto semplice li rendeva soltanto illeciti (per es . il voto semp lice di
cas tità costit uiva solo un impedimento impediente: can. 1058, § I ). Col nuovo Codice, la
disti nzione no n ha più alcu n rilie vo per diritto com une (giuridicamente i voti sole nni e se mplici
Il voto C il giura mento 457

CAN. 1193 - Votum non obligat, Il voto, per sua natura, obbl iga so ltanto
ratione sui, nisi emittentem. ch i lo emette.

sono equiparati tra loro: cfr. n. 2694); può averla invece per diritto particolare, nelle costitu-
zioni degli Ordi ni rel igiosi ( Communicut ùmes. a. 1980, p. 376. can. 60; a. 1983. p. 73, can.
580). Quanto all'i mpedi mento matrimoniale del voto di castità. il nuovo Codice così dispone:
«Attentano invalidamente il matrimonio coloro che sono vincolati dal volo pubblico perpetuo
di castità. emesso in un Istituto religioso» (can. 1088).
2° In rapporto all'oggetto, i voti so no per sonali , rea li e m isti. 4359
- Il voto personale ha per ogg etto un ' az ione: ad esempio. la recita di un a preghie-
ra. l'assistenza alla S. Messa, l' astinenza dall a carne, ecc.
- Il vo to reale ha per og getto un a co sa o un be ne ma teri a le: a d es emp io. la
do nazione a u na ch iesa d i un calice . d i un a to vag lia d i a ltare, l' o ffe rta di un' el emo-
sina, ecc.
- Il voto misto co m pre nde un' azio ne e un a cosa insieme : tale, ad ese mp io , sa reb -
be il vo to d i po rta re per son alm ente un ' offer ta a un sa ntu ario d ell a Madonna .
3° 111 rapporto alla durata, i voti po sson o esser e temporanei e perpetui. Infine, 4360
in rappor to alla eventuale dispensa, sono riservati e non riservati.
Nell'att uale ordinamento, nessun voto privato è riservato iCommunicationes, a. 1973. p. 45,
leu, D). La riserva alla Santa Sede dei due voti di perfetta c perpetua castità e d'ingresso in una
religione di voti solenni. emessi in forma assoluta dopo il compimento del 18° anno di età, di cui
al can, 1309 del Codiee anteriore. è stata soppressa.
Quanto ai voti pubbli ci, esistono norme specifiche nei canoni propri degl' Istituti religiosi e
delle Società di vita apostolica (cann. 686-688, 69 1-692, 70 1, 728, 743, ccc.) e nella normativa
degl'i mpedimenti matrimoniali (cann, 1078-1079).

4) L 'obbligo personale 4361


1193 (13 /0* ) Il voto, in quanto tale (ratio ne sui) , o bbliga so lta nto co lui c he l' ha
emesso. Ne l c aso c he il suo ade m pime nto passi ad altra persona, l' ob bligo potrà deri-
varle da a ltro titolo (obbligo mo rale ; gi urid ico , per legge o precett o , per att o testame n-
tar io). ma non dal voto in sé (ob bligo reli g ioso "ex vi rtute rcl igioni s"), tra nne che la
delt a pe rson a ass u ma per son almente l'o bbligo con un proprio voto (cfr. Co ngregazione
de l Conci lio , Risoluzione del 18 giug no 1936: X. O CHOA, Leges Ecclesiae, l, n. 1311 ,
coll, 1708-1710).
Il can. 11 93 riporta testualmente il can. IJ I O, § l, del Codice precedente, ma tralascia il
*2 che disponeva: «L' obbligazione del voto reale passa agli eredi; similmente l' obbligazione
del voto misto pro parte qua reale est" . La conserv azione di tale paragra fo incontr ò delle
difficoltà non solo di carattere giuridico-morale. ma anche pratico. per cui si pre ferì sopprimer-
lo. soprattutto perché non sembrò opportuno, nell' attuale contesto di secolarizzazionc (attento
hodierno contextu saccularizarionis) urgerne l' obbligo mediante legge tCommunicationes. a.
1973, p. 45, lett. D, a. 1980, p. 376). È per altro evidente che l'o bbligo può rimanere per altro
titolo, anche se il Codice non ne faccia più menzione.
La gravità dell 'obbligo. L' obbli go ch e deriva dal vot o è grave o lcggicro ? Dipende 4362
dall a mater ia del voto e dalla intenz ione del vo ve nte .
III materia gra ve. è g rav e se il vov ente ha inteso legar si so tto pen a di pecc ato gra ve;
è lcggicr o , se ha int eso legarsi so tto pen a d i peccato ven iale.
In materia lieve, l' obbli go è se mpre leggi ero, perch é la materi a lieve, per sé, è
inca pace d i co m portare un ' obbl igazione grave.
458 I.lHRO IV - II "munus sunctiricundi' della Chiesa

CAN. 1194 - Cessat votum lapsu Il voto ces sa per lo sc a de re del tempo
temporis ad finiendam obligatio- fi ssato per l 'adempimento d ell ' o b b ligo,
nem appositi , mutatione substan- per la mutazion e sos ta nz iale dell ' oggetto
tiali materiae promissac, deficien- d ell a p rom essa, p e r il v e n ir m eno dell a
te condicione a qua votum pendet c ond izion e d a c ui il voto dipend e e d el
aut eiusdem causa finali, dispen- s uo sc o p o, per d ispens a, per co m m uta -
satione, commutatione. z ìon e.
CAN. 11 95 - Qui potestatem in Chi ha potestà s u ll a materia dcI voto,
voti materiam habet, potcst voti pu ò sosp e n d e re l'obbligazione d el voto
obligationem tamdiu suspende- s tesso per tutto il tempo che il s uo ad e m -
re, quamdiu voti adimpletio sibi pimento g li re chi p regiudizio.
praeiudicium afTerat.

Materia grave, nei voti personal i, è riten uta la co nfessione, la Comun ione, la S.
Messa, ecc.; nei voti reali, un ogge tto o una so mma il cui furto cos tituirebbe peccato grave.

4363 5 ) La cessaz ione del voto


1194 (/311 e 1312, § l *) Il voto può cess are per varie cause. Il can , I 194 ne
enumera sei, tralasciandone una settima, co ntenuta nel Codice precedente.
IO Per lo scadere del tempo fissat o per l'ade mpimento dell' obbligo. Se, per ese m-
pio, si è fatto vo to d i assistere alla S. Messa nella solennità de l Sacratissi mo Cuore di
Gesù, e in quel gio rno una influen za cos tr inge a lett o, il voto cessa totalm e nte, né si è
o bbligati ad assistere alla Messa in un altro g iorno.
2° Per la mutazione sostanziale dell'oggetto della promessa: se la cosa pro messa
di ven ti impossibile o illecit a in sé o a cau sa delle circos tanze . Per ese mpio, una giovane
ha fatto voto d i partecipare al pellegrin agg io a Lourdes organizza to in un determ inato
periodo dall a parrocc hia, ma in quei giorni ca de infermo il padre, che ha bisogn o de lla sua
assistenza: la giovane è obb liga ta ad assis tere il padre e a rinunzia re al pell egrinagg io.
3° Per il venir meno della condizione da cui il voto dipende (vot i co nd izionati).
4° Per il venir meno del suo scopo (ca usa finale). Per es .. un giovane fa voto per
la gu arigione de lla madr e. ma la madre mu ore prima dell ' adempimento del voto: il
giov a ne farà ben e ad ade mpiere il voto, mostrando in tal mod o un o s pirito veramen te
crist iano. ma, per sé, non vi è più tenu to.
5° Per dispensa, ossia per co ndonazione dell' obb ligo. fatt a a no me di Dio (MI. 16.
19) c per gius ti mo tivi dalla compete nte au to rità eccl es ias tica (ca n, 1196).
6° Per commutazione, oss ia con la sos tituzione di un' altra opera a qu ell a pro messa
co l vo to (can . 1197 ).
4364 Il Codice precedente (can, 1312. § I) parlava anche d 'j rritazione del voto. ossia del suo
annullamento o della sua sospensione fatta. in casi particolari e per giusti motivi. da quanti eser-
citano la potestà "dominativa" sui/a volontà delle persone da essi dipendenti: per es. i genitori sui
figli minorenni i superiori sulle persone loro soggette. Il Gruppo di Studio "De loeis et de
temporibus sacris deque cultu divino" preferì non farne menzione, poiché si trattava di un problema
complesso. non privo di difficoltà: «Totum problema de irritatione voti haud paucas difficultates
secum fert- (COllllllullicaliolles, a. 1973, p. 45. ic I!. D). Tale fu anche la decisione definitiva di
alcuni anni più tardi. quando si discusse nuovamente la cosa: «Acquum non videtur ut qui
potestatem dominativarn legitime exercent, de voventis voluntatc disponant usque ad ipsam
ini tationem voti. ita ut nullo in casu obligatio postea reviviscat», (Cmnmun icotiones. a. 19&0. p.
377. can. 63) . È rimasta così solo la "sospensione" del voto. di cui nel prossimo canone.
Il voto c il giuramento 459

CAN. 1196 - Praeter Romanum Oltre al Romano Pontefi ce, po ssono


Pontificem, vota privata possunt dispensare dai voti privati per una giusta
iusta de causa dispensare, dum- causa, purché la dispensa non leda un di-
modo dispensatio ne laedat iusaliis ritto acqui sito da altri:
quaesitum:
1° loei Ordinarius et parochus, l ° l'Ordinari o del luogo e il parroco ,
quod attinet ad omnes ipsorum relativamente a tutti i loro sudd iti e anche
subditos atque etiam peregrinos; ai foresti eri;
2° Superior instituti religiosi aut 2° il Superiore di un istituto religioso o
soeietatis vitae apostolicae, si sint di una soc ietà di vita apos tolica, se so no
c1ericaliaiuris pontificii, quod atti- cleri cali e di diritto pontificio, rispetto ai
net ad sodales, novitios atque per- membri , ai nov izi e alle person e che vivo-
sonas, quae diu noctuque in domo no giorn o e notte in una casa dell 'istituto
instituti aut societatis degunt; o della società;
3° ii quibus ab Apostolica Sede 3° coloro ai quali sia stata delegata la
velab Ordinario loci delegata fue- facolt à d i dispensare dalla Sede Apo stol i-
rit dispensandi potestas . ca o dall 'Ordinario del luogo .

6) La sospension e del voto 4365


1195 (/3 12, § 2 *) Chi ha potestà sulla materia del volo, può sos pende rne l' obbli go
(non irritare il voto) per tutto il tempo che il suo adempimento gli rechi un reale
pregiudi zio. Il moti vo è chiaro: nessun o può pro mettere a Dio una cosa di cui non
dispon ga piena mente, e che appartenga ad altri, i cui diritti verrebbero così ad esse re
lesi. Per esempio, una persona coniugata può sospendere il voto della comp atte, se tale
voto fosse di pregiud izio alla vita coniugale.

7 ) La dispensa 4366
L ' a u t o r i t à c o m p e tc n t e 4367
1196 (/313 *) La dispensa. di cui tratta il ca none. riguarda i voli pri vati nessuno
escluso, almeno per diritt o comune. La dis pensa dai voti pubblici è considera ta a parte.
co me s' è già rile vato. in cano ni propri .
Oltre al Rom ano Pon tefice , la cui potestà è estesa alla Chiesa uni versale. possono
dispen sare dai voti privati :
l ° L'Ordinario del luogo e il parroco, relat ivamente a tutti i loro sudditi anche se
si trovin o fuori del prop rio territorio. Nell ' ambito della propria circo scrizione, la dispen-
sa può esse re concessa anche ai forestieri (peregrini).
Da nota re : la mede sima facoltà di dispensa (e di commutazione ) riconosciuta all' O rdinario del
luogo, è ogg i attrib uita anche al parroco. Sarebbe stato opportuno concedere tale facoltà anche ai
confesso ri, com'era stato proposto da più parti. ma i Co nsultori, ecce tto due, furono contrari a tale
estensione, c la proposta non venne accolta tCo mmunicationes. a. 1980, p. 377. can. 64).

2° Il Superiore di un Istitut o relig ioso o di una Soc ietà di vita apostolica di diritto 4368
pontifi cio e clericali :
Rispett o ai membri dell ' Istituto o della Soc ietà
- Rispetto ai novi zi
Rispetto a lle persone c he vivono giorno e notte in una casa dell' Istituto o della
Societ à
460 LIBRO IV - Il "munus sunctiflcandi" della Chiesa

CAN. 11 97 • Opus voto privato L ' opera promessa co n vo to privato pu ò


promissum potest in maius vel in essere co mmutata in un ben e maggiore o
aequale bonum ab ipso vovente uguale dall 'autore stesso del vo to; in un
commutari; in minus vero bonum, ben e min ore, in vece, da chi ha la potest à
ab ilIo cui potestas est dispensandi d i dispen sare a norma del can. 1196.
ad normam can. 1196.
CAN. 11 98· Vota ante professìo- I vo ti emessi pr im a della pr o fes sione
nem religiosam emissa suspendun- re ligiosa, restano sos pesi fin ta nto che
tur, donec vovens in instituto reli- chi li ha proferiti rimane nell 'i stitu to re-
gioso permanserit. ligioso.

La facoltà è limitata ai Superio ri d ' Istituti religiosi o di Soc iet à di vita apostol ica clericali.
poiché la dispen sa è un atto di potestà di giurisdizione o di governo. che spetta alle persone
*
insignite de ll' ordi ne sacro (can . 129, I).
4369 3° Coloro ai quali sia stata delegata la facoltà di dispensare dalla Sede Apostolica
o dall'Ordinario del luogo (non dal parroco). Nel Codice precedente. la facoltà di de-
legare era esclusiva della Santa Sede, a norma dci can. 1313. n. 3*' .
4370 Diversa dalla dispensa è l'inte rpretazione del voto, che. non essendo un atto di
giurisdizione, ma solo un atto dottrinale o giurisprudenziale, può esser fatta senza alcun
bisogno di delega.
Hanno esp ressa mente la faco ltà delegata di com mutare i voti privati, purché non venga no lesi
i diritti acquisiti degli altri. i Nunzi, gl' Inrernunzi e i Delegat i Aposto lici (S. Congregazione per i
Vescovi . lndexfacultatum, l° gennaio [968 , n. 9: Enchir. Vat., voI. J , p. J I. n. 9).

4371 C o n d i z i o n i
Per la validità della dispensa, si richiede l'osservanza di una duplice condizione:
- Che la concessione della dispensa sia motivata da una giusta cau sa (iusta de
causa). Per es., il bene pubblico. il maggior bene spirituale del vovente, ecc.
- Che non siano lesi e pregiudicati i diritti acquisiti da altri.
Nel caso che la dispensa leda tali diritti, è necessario ricorrere alla Santa Sede
(applicazione analogica del can. 1203).

4372 8) La commutazione
1197 (13 14*) Riguarda esclusivamente i voti privati. Occorre distinguere:
- Se l'opera promessa con voto privato viene sostituita con un'a ltra di maggiore
o uguale importanza. la commutazione può esser fatta di propria autorità dalla stessa
persona che ha emesso il voto, né c'è bisogno di alcuna causa giustificativa. almeno
quando si tratti di "commutatio in rnelius".
- Se l'ope ra promessa viene sostituita con un'alt ra di minore importanza, è neces-
sario ricorrere a chi ha la facoltà di dispensare, a norma del can. 11 96. poiché. nel caso.
si tratta in realtà di dispensa parziale.

4373 9) I voti emessi prima della professione religiosa


1198 (/3 /5* ) Restano sospesi, fin tanto che chi li ha proferiti rimane nell'I stituto.

j Non mancavano, tuttavia. deg li autori. i quali, nonostante la dispo sizio ne del can . IJ IJ n.
3. ritenevano fondatamente che anche i Vescovi potessero delegare la faco ltà di dispe nsare dai voti,
poiché la loro faco ltà - osservavano - era. nel caso, "ordi naria" .
Il voto c il giuramento 461

CAPITOLO II
IL GIURAMENTO

CAN. 1199 - § 1. lusiurandum, § l. Il giuramento , ossia l'in vocazione


idest invocatio Nominis divini in del Nome divino come testim one dell a
testem verita tis, praestari nequit, verità, non può esse re pres tato se non
nisi in veritate, in iudicio et in nella verità, co n discern imento c seco ndo
iustitia, giustizia.
§ 2.lusiurandum quod canones § 2. Il giurame nto richiesto o ammesso
exigunt vel admittunt, per procu- dai canoni, non può essere prestato vali-
ratorem praestari valide nequit. damente per mezzo di un procurat ore.

Si tratta d i sospensio ne, non di dispensa. per cui l' obbligatorietà di tali voti emessi
prima della profess ione. riso rge nel caso che il pro fesso religioso non facesse più pa rte
dell' Istituto.
I vo ti emessi du ra nte la profession e, per sé devono essere osse rvati . Po ssono essere
dispensati da tutte le persone enumerate nel ca n. 1196.

2. Il giuramento in genere 4374


La normativa del nuovo Cod ice circa il giuramento non è diversa sostanzialmente
da que lla co nte nuta ne l Cod ice anteriore.

l ) Concetto e distinzioni 4375


1199, § 1, I parte (1316, § J, J parte*) Sec ondo il co ncetto tradizional e, il giura-
ment o è chiamare Dio a testimoni o di ciò che si affe rm a o si promette.
Dio, no n il proprio onore o quello della prop ria famiglia o altro. Dire pertanto : "Sul mio
onore - Parola d' onore - In coscienza" o anc he "Giuro sul mio onore" o altre fras i de l genere
non cos tituisce vero giuramento, perc hé manca l' invocazione di Dio. Sono espressioni che
hanno indubbiamente la loro serietà e il loro valore, soprattu tto per chi poss ieda una certa
sensibilità morale. ma il loro valore è puramente umano. non religioso.
Per sé, non sono neppure vero giura mento dire soltanto "Giuro", tranne che l'i nvocazione di
Dio sia implicita. Il vero giuramento, che è atto di religione, è solo quello che contiene l'i nvoca-
zione dirett a o indirett a della Divinità. Esempi di giuramento con invocazione di Dio implicita o
indiretta: giurare sulla Croce, sul Vangelo. alzando la mano al cielo, ecc.
Attesa la diffusa secolarizzazione della società attuale, i cosiddett i "gi uramenti civili" hanno 4376
perduto ogni carattere sacro , per cui non sono veri giuramenti in senso religioso. ma soltanto
affermazioni o promesse rivestite di una speciale solennità.
Il giura men to, co me appare da lla stessa defi niz ione, è di due specie: assertorio e 4377
promissorio.
Il giuramento assertorio è quello che co nferma un ' asserzione, che, ov viamente
riguarda il passato o il presente. Es.: Giuro d i essere innocente - Gi uro di aver de tto la
verità .
Il giuram ento prom issorio è que llo che co nferma una pro me ssa. Es.: Giuro c he ti
farò questo do no.
Il gi uramen to riveste la form a imp recatoria, se Dio è invocato anche com e vindice
de llo spergi uro, Es .: C he Dio mi punisca, se non ti di co la verità - se non manterrò la
promessa.
462 L IB I~O IV - ll vmunus sa ncufi cand i" della Cbic su

CAN . 1200 - § 1. Qui libere iurat § I . C h i g iura liheramente di fare qu al-


se aliquid facturum, peculiari reli- cosa , è te n uto per un p artic ol are ohhligo
gionis obligatione tenetur implen- d i rel ig ione a com p iere quanto ha co n fer-
di, quod iureiurando firmaverit. mato col giuramento.
§ 2.Iusiurandum dolo, viaut metu § 2. Un giuramento es to rto con d olo,
gravi extortum, ipso iure nullum est. viol en za o timore g ra ve, è null o ipso iure.

4378 2) Condizioni di liceit à


1199, § l , II parte (/316, *
t , 11 parte *) Il gi ura men to è u na cosa sac ra:
sacramenti/m. d icevano gli stes si Romani. Co n e~ so s'In tende co nsacrare la prop ria
ve racità e lealtà con la testimonianza di Dio stesso. E dunque un atto d i re lig io ne. Perché
sia lecito. son richieste tre co ndiz ioni, indi cat e es pressa me nte nella Sac ra Scrittura: la
verità, il gi udizio e la giustiz ia (Ge remia, 4, 2).
l " La verità, ossia la sincerità, es ige che qu ant o afferm iam o co n gi ura men to sia
vero o alme no rite nut o tale, e c he qua nto promettiamo ab biamo in a nimo d i m ant en erlo.
C hi g iura scie ntcmc nte il falso è un o spergiuro. e offende grave men te Dio, che è
la Suprem a Veri tà. E viden temente, è spergi uro anc he colui che gi ura un a cosa d ubbia
come ce rta, perch é in sos tanza giura il falso.
2° La giu stizia rich iede che la cosa affermata o promessa sia lecit a e onesta. Nefa s est
gi urare prom ettendo o m inacciando cose pec cam inose, illecite. Tali giuramenti sono nulli di
pien o dir itto, pe rché hann o co me oggetto cose imm orali , proibite da lla legge di Dio.
30 [J giudizio . ossia la discrez ione. richi ed e c he si g iur i solo per mot ivi d i necessi tà.
come in tr ibunale. o d i grande util ità, non per co se fut uli o. peggio. per i scherzo.
Ge sù ha detto: «Non vogl iate g iurare né per il cielo né per la terr a... Sia il vostro
par lare : Sì. sì: no, no ! Ciò c he è di più viene dal malign o» (MI. 5, 34-37).

4379 3 ) Il giuramento canonico e la sua prestazione personale


1199, § 2 (1316, § 2 *) Il gi uramen to richi esto o ammesso dai canoni, de v' essere
pre sta to per son alm ente: la pres taz ione per mezzo d i un procurato re non è co nse ntita ed
è dichiarata il/l'alida.
Spergiuri dinanzi all'autor ità : «Se qualcuno commette uno spergiuro. asserendo o pro-
mettendo qualcosa dinanzi all'a utorità ecclesiastica. sia punito con giusta pena» (cnn. IJ 6S).

4380 3. Il giuramento promissorio

I) L'obbligo specifico che ne deriva


1200, § l (/3 17. § l *) Chi fa una prom essa conferma ta da g iura me nto. ha l'obbli-
go di mant e nerl a. L ' ob bligo non è so lta nto di fed elt à ed eventualmente di giustizia, ma
è a nc he , spec ificamente, di reli g ion e. In ma teria grave , l' obbligo è grave .

4381 2) Casi di nullità


1200, § 2 (/317, § 2 *) Sono i medesimi previsti per il voto (can. 119 1, § 3): un
gi urame nto esto rto con d olo, viol en za o timore gra ve, è nullo ipso il/re' .

, Ci si può domandare perché nel can. 1191, § 3, relativo al voto, si parli di timore grave
"ingiusto", c nel can. 1200. § 2, l'aggettivo "ingiusto" sia stato tralasciato. Il motivo è che la
qualifica di "ingiusto" risulta indirettamente dal verho "extortum - estorto" (Connnunicatinnes, a.
19S0, p. 37R. can. 68. § 2).
Il ...1l10 C il giuramento 463

CAN. 1201 - § 1. Iusiurandum § l. Il gi urame nto promi ssorio segue la


promissorium sequitur naturam natura e le condizioni dell' atto a cui si
et condiciones actus cui adicitur. agg iunge.
§ 2. Si actui directe vergenti in § 2. Se il giuramento si agg iunge a un
damnum aliorum aut in praeludi- atto che si risolve direttamen te a danno di
cium boni publici vel salutis aeter- altri opp ure a pregiud izio del bene pubbli -
nae iusiurandum adiciatur, nullam co o della salvezza eterna, tale atto non
exindeactus consequiturfirmitatcm. consegue alcun a forza dal giuramento.
CAN 1202- Obligatio iureiurando L 'obbli go deri vant e dal giura me nto
promissorio inducta desinit: promi ssorio, cessa:
1° si remittatur ab eo in cuius I ° se venga condonato da co lui a van-
commodum iusiurandum ernis- taggio del quale il giuramento era sta to
sum fuerat; emesso;
2 0 si res iurata substantialiter 2° se la cosa giurata muti sostanzialmen-
mutetur, aut, mutatis adiunctis, te, oppu re se, mu tate le circostanze, di-
fiat vel mala vel omnino indiffe- venga cattiva o del tutto indi fferente, o se
rens, vel denique maius bonum infi ne impedi sca un ben e maggiore ;
impediat;
3° deficiente cau sa finali aut 3° se venga meno la cau sa finale del
condicio ne sub qua forte ìusìuran- giuramento o la condizione sotto la quale
dum datum est ; esso sia sta to eventualmente presta to;
4°dispensatione.cornmutatlune, 4° per dispensa o commutazione, a nor-
ad normam can.1203. ma del can. 1203.

È nu llo, similmen te , un giur amento emesso per ignoranza o errore sos tanziale.
Nel Codice pre cedente, il giuramento estorto con la forza o col timore grave. era considerato
per sé valido (se l'a tto. natu ralmente, conservava sostanzialmente una sufficiente libert à). Poteva
per altro essere scio lto dalla com petente autorità ecclesiastica. Nel nuovo Codice, è invece dichia-
rato senz' altro nullo di pieno diritto.

La nullità prevista nel can. 1200, § 2, rigu arda i giuramenti sia promissori che
assertori.

3) Caratteri e limiti 4382


1201 (/3 / 8 *) Il ca none mett e in rilievo due principi.
l " Il giuramento promissorio segu e la natu ra e le condizioni de ll' atto , ossia della
prome ssa, a cui si aggiunge.
Ciò significa che il gi uramento conferisce alla promessa l'obbligo di religione e, di co nse-
guenza, una maggiore fermezza. nla non ne muta la natura, la gravità e l' ambito: una promessa
condizionata, rimane co ndizionata; una promessa a ter mine, rimane a termine, la promessa giurata
di IIn oggetto di poco valore, non crea in forza del giuramento un obbligo grave. Similmente. una
promessa giurata obbliga non dall 'al to del giuramento, ma dal momento in cui la promessa viene
accettata, c se l' accettazione è negata, il giuramento decade "ex se". Cessando inoltre l' obbligo
della promessa - pcr condono, perc hé l' oggetto è diven tato impossibile o illecito. ccc. - cess a
per ciò stesso anche il giuramento che l'h a confermato,
20 Una promessa c he si risol vesse dirett amen te a dann o degli altri oppure a pregiu-
dizio de l bene pubbl ico o de lla salvezza e terna , non acquista alcuna forza dall'eventua le
giuramento ch e la san cisca. Tale giuramento è invalido per se stesso.
464 LIn RO IV ~ Il "m unus sanctlficand i' del la Chicsu

CAN. 1203 • Qui suspendere, di- C ol oro ch e po ssono so spendere , dispen-


spensare, commutare possunt vo- sare o comm utare il voto, hanno la mede-
tum, eandem potestatem eadem- sima potestà c in maniera identica c irca il
que ratione habentcirca iusiuran- giuram ento promissorio ; ma se la disp en-
dum promissorium; sed si ìurisiu- sa torn i a p reg iudizio di altri ch e rifiutino
randi dispcnsatio vergat in praeiu- di co nd onare l'obbl igo, il giuramento può
dicium aliorum qui obligationem e s sere dispen sato so lta nto d all a Sede
remitterc recusent, una Apostoli- Apostolica.
ca Sedes potest iusiurandum di-
spensare.
CAN. 1204 - Iusiurandum stricte Il giuram ento dev ' ess ere inte rp re tato in
est interprctandum secundum ius se nso stretto , secondo il diritto e sec o ndo
et secundum intentionem iurantis l' int en zione di c h i gi ura , oppure, se questi
aut, si hic dolo agat, secundum agi sc a con dolo, sec o ndo l 'intenzi on e del-
intentionem illiuscui iusiurandum la persona a cui il giurame nto vie ne pre-
praestatur. sta to .

4383 4) La cessazione dell 'obbligo


1202 (1139*) L'obbligazione contratta col giurament o promissorio, cessa sostan-
zialmcntc nei modi stessi previsti per il voto (v. commento al can. 1194).
IO Cessa per il condo no da parte di colui, in favore del quale è stato emesso.
2° Per la mutazione sosta nziale dell' oggetto del giuramento: se la cosa giurata
diventi impossibile, illecita, inutile o del lUtto indifferente, in sé o a causa delle circo-
stanze, o se infin e impedisca un bene maggiore.
3° Per il venir meno dello scopo , che ha dato causa al giuramento (causa finale).
4° Per il venir meno della condizione sotto la qua le il giuramento sia stato prestato.
5° Per dispensa o comm utazio ne, a norma del canone seguente,
4384 È stata soppressa anche per il giuramento "i rritazione, fondala sulla potestà dominativa (cfr.
commento al can. 1194; v. Communicationes, a. 1973, p. 46; a. 1980, p. 379, can. 70).

4385 5) Sospensione, dispensa e commutazione


1203 (1320* ) Coloro che possono sospendere, dispensare o commutare il voto,
hanno la medesima facoltà "eademque ratione" circa la sospensione, la dispensa o la
commutazione del giuramento (cfr. cann. 11 95-1197 e commento relativo).
Tuttavia se la dispensa torni a pregiudizio di altri, che non intendano condonare
l'obbl igo, il giuramento può essere dispensato soltanto dalla Sede Aposto lica. " can.
1320 del Codice precedente limita va questa facoltà della Santa Sede alla necessità e
all' utilità della Chiesa: "propter necessitatem aut utilitatem Ecclesiae". Questa clausola
è stata soppressa (Commun icationcs, a. 1980, p. 3S0, can. 7 1), e si è data alla facoltà
della Santa Sede un ambito maggiore.

4386 6) L 'interpretazione
1204 (/32/ *) La norma generale è che il giuramento dev'essere interpretato:
- /11 senso stretto , poiché chi giura contrae un'obhli go e cede dei suoi diritti
(analogia col can, 18).
l lunghi c i tempi sucri 465

- A norma del diritto, e non arbitraria mente , sopratt utto se sul caso dovesse pro-
nunziarsi l'autorità giudiziaria.
- Secondo l'intenzione di chi giura. poiché il valore e l'obbl igo del giuramento,
come del voto, dipendono esse nzia lmente dalla volontà dell a persona da cui è e messo .
Tuttav ia, se chi giur a abbia agito con dolo , il giuramento va interp retato seco ndo
l' inten zione del suo beneficiario , al quale occorre anche risarci re i danni eventu alm ente
arrecati.

4. Giuramenti vari previsti nel Codice 4387


Un semplice ric hiamo:
I ° Il giura mento di fede ltà verso la Sede Apos to lica, da parte del Vescovo, prim a di pren dere
posses so de l suo ufficio: can. 380 (per la form ula. v. n. 1949, nota 8)
2° Il giuramento di adempiere il proprio incarico co n cura e fedeltà, da parte degli ammini-
strato ri di be ni eccl esiasti ci: ca n. 1283, n. I
3° Il giuramento de i g iudici c dei mini stri del tribun ale "de munere lit e et fideli ter implcndo" :
can. 1454
4° Il giura mento "de sec reto serv ando": can . 1455
5° Il gi uramento dell e partl in causa "de veritale dicenda" c "de veritate dictoru m" : ca n. 1532
6° Il gi uramento dei testimoni: ca n. 1562
7° Il gi urame nto dell' interprete: can. 1471
8° Vie tata l' imp osiz ione del giura mento all' acc usato ne l processo penale : can. 1728, ~ 2
9° Giu ram en ti tcstirn on iali:
- Dell' avvcnu ta celebraz ione del battesim o: can, 876
- Dell 'avvenuto co nfe rime nto dell a co nfermazio ne : can . 984
10° Matrimoni o in peri colo di morte, e gi uramento delle parti su II' avvenuta recezio ne del
battesimo e sullo stato di libert à: can , 1068

I LUOGHI E I TEMPI SACRI (cann. 1205-1253 ) 43811


La terza parte del IV libro dci Codice, dedicato alla funzione santificatrice della
Chiesa (munus sanctifica ndi), tratta dei luoghi e dei tempi sacri, nei quali il popol o cri-
stiano è chiamat o a vivere con maggiore intensità la sua fede e a celebrare con maggiore
devozio ne c pietà gli atti di culto , in onore di Dio e per la propria santificazionc.
Lo sche ma è il seg uente:
Titolo I: I luoghi sacri (ca nn. 1205-1243)
Introdu zione : l luoghi sacri in ge nere : ca nn. 1205-1 213
Cap. I: Le chie se: cann. 1214-1222
Cap. Il: Gli oratori c le cappelle private: cann , 1223-12 29
Cap . III : I santu ari: cann . 1230-12 34
Cap. IV: Gli alt ar i: ca nn. 1235-1239
Cap. V: I ci miteri : ca nn. 1240-1243
Ti tolo Il: I tempi sacri (can n. 1244-1253)
Introduzione : I tempi sacri in genere : ca nn. 1244-1245
Cap. I: 1 giorni di festa : ca nn. 1246-1 24 8
Cap. Il: I giorn i di penitenza: cann . 1249-125 3

I LUOGHI SACRI IN GENERE (ca nn . 1205-1 213 ) 4389


Schema
I. Con cett o di luogo sacro 3. Norm e varie
2. Dedi cazione e benedizione
466 LIBR() IV • Il "m unus sancti ficundi" del la Ch ies a

PARTE III

I LUOGHI E I TEMPI SACRI

Titolo I
I luoghi sacri

CAN. 1205 - Loca sacra ea sunt Luoghi sacri so no quelli destin ati al
quae divino cultui fldelium ve se- c ulto divi no o alla sepolt ura dei fedeli
pulturae deputantur dedicatione med iant e la ded icazione o la benedi-
vel benedictione, quam liturgici zio ne, p rescritta a tal fin e dai libri li-
libri ad hoc praescribunt. turgici .
CAN. 1206 · Dedicatio alicuius loci La dedicazione di un luogo spetta al
spectat ad Episcopum dioeccsanum Vescovo diocesano c a co loro che dal di-
et ad eos qui ipsi iure aequiparan- ritto gli sono eq uiparati ; le dett e persone
tur; iidem possuntcuilibet Episcopo possono affidare a qualsias i Vescovo o
vel,in casibus exceptionali bus, pre- anche, in cas i eccezionali, a un presbitero,
sbytero munus committere dedica- il com pito di eseg uire tale benediz ione nel
tionem peragendi in suo territorio. loro territor io.

4390 1. Concetto di luogo sacr o


1205 (1 154*) A term ine del cano ne. l'elemento costitutiv o e ca ratter izzante di un
luogo sacro è duplice :
IO La destinazione sta bile del luogo a una diretta finalità religiosa: il culto divino
o la sepoltura dei fedeli.
2 0 La dedicazione o la benedizione de l luogo stes so, secondo la prescrizione dei
libri liturg ici.
Non basta il pr imo elemento a costitui re un luogo sacro . È necessario anche il
secondo eleme nto. che dà alla dest inaz ione re ligiosa un valore auten tico , uffici ale,
g iuridico -liturg ico. Se nza di esso, il luogo. anche se in es so si celeb ri no stabilmente
i riti ecclesial i, no n acqui sterebbe il caratte re sacro iCo mtnunicationes , a. 1980 , p.
339, can, 18).
*
La dedicazione. obbligatoria per le chiese cattedra li e parrocchiali (can, 1217. 2) c per gli
*
altari fissi (ca n, 1237. I), co mporta un rito più solenne, che rende la destinazione cultuale più
stabile e per sé irre vocabi le. La bened izione si co mpie con un rito più semplice, il cui effetto è
men o definit ivo.

4391 2. Dedicazione e b enedizione

4392 I) Il ministro della dedicaz ione


1206 (l 155 e 1157 *) Ne l ca n. 1169, § l . è stabilito espressamente che le
consacra zioni e le dedicazioni in genere spellano per sé "ad validita tem" a coloro i quali
sono insigniti del carattere episco pale . Al presbitero è con sent ito so lo se gli è co ncesso
da l dir itto o per legittima autorizzazione. Nel canone attu ale, la dedicazio ne di un luogo
(l unghi sacri in genere 467

CAN. 1207 - Loca sacra benedi- I lu o g h i sacri so no henedett i dall 'Or-


cuntur ab Ordinario; benedictio 13- d inar io; la hen edi z ion e delle c hiese, tutta-
meneccIesiaru m reservaturEpisco- via, è rise r vat a a l Vescovo diocesano; ma
po dioecesano; uterque vero potest l'uno e l'altro possono a ci ò del e gare un
alium sacerdotem ad hoc delegare. altro sacerdote.
CAN . 1208 - Dc peracta dedicatio- D ell ' a v venuta d ed ica z ion e o be nedi z io -
ne vel benedictione ecclesiae, item- ne d i un a chie sa, come pure dell a bene d i-
que de benedictione coemeterii redi- zione d i un ci m itero, si re d ig a un d ocu-
gatur documentum, cuius aIteru m m ento in d up lice esemplare, d i c ui uno s i
exemplar in curia dioecesana, alte- conservi nella c uria diocesana, e l' a ltro
rum in ecclesiae archìvo servetur. nell ' ar ch iv io d ell a c hiesa.

è riservata per sé al Vescovo diocesano e a coloro che gli sono eq uiparati a termini dei
cann. 368 e 381. anche se sia no privi del cara ttere episcop ale:
Il Prela to e l'Abate territo riale
- 11 Vicario e il Prefetto apostolico
- L' Am ministratore di un' amministrazione apostolica stabilmente eretta
- L ' Am ministratore diocesa no (can, 427, § 1)
Le suddette perso ne possono affidare l'incarico di eseguire la dedicazione nel pro-
prio terri torio :
- A qualsia si Vescovo , anche in modo stabile
- A un presbite ro, so lo ecc ezio nalmen te, oss ia in casi de term inat i. La delega al
presbitero costitu isce una novi tà dell' attuale Codice, che confe rma una norma di spo-
sta g ià dall' Orda dedicationis ecc/esiae et altaris d ella Congregazione per i Sacra-
menti e per il C ulto Divino. 29 maggio 1977. ca p. Il, n. 8 (Enc hir. Va t., voI. 6. p.
161, n. 203 , 2).

2) Il ministro della benedizione 4393


1207 (1156, 115 7. 1163 *) In rispondenza col can . 1169. § 2, le norme cir ca la
benedizione dei luoghi amme tto no una maggiore larghezza :
- Essa non è riservat a a l Vescovo diocesano, ma spetta per sé a tutti gli Ordinari
di cui al ca n, 134, § I ; com prende pertanto anche i Vicari ge nera li ed episco pali e i
Superiori maggi ori deg l' Istituti religios i e delle Società di vita apos tolica di diritto
pontificio e cleri cali.
- La de lega fatta a un sacerdote non è limitata ai "ca si eccezionali" e ammette ,
di conseg uenza, una delega generale.
- So lta nto la benedizion e di un a ch iesa res ta riservata al Ves covo d iocesano
e ai Pres uli c he gli sono eq uipa rati, ma la delega. anche in questo ca so , può essere
genera le.

3) Il documento da redigere e la prova testimoniale 4394


1208 (1158 *) La dedicazione o la bened izio ne di una chiesa dc tenni nano impo r-
tanti effetti litur gici e giuridici. Di tale ded icazion e o benedi zione de v'essere redatto un
regolare docume nto, in dupl ice ese mplare, di cui uno va con serv ato nella curia d ioce-
sana c l' altro nell' archivio della chiesa.
468 LIBRO IV - Il " munus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 1209 - Dedicatio vel bene- Per la prova della dedicazione o della
dictio alicuius loei, modo nemini benedizione di un luogo, è sufficiente la
damnum fiat, satis probatur etiam testimonianza anche di un solo testimone
perunum testem omni exceptione al di sopra di ogni sospetto, purché non
maiorem. torni a danno di nessuno .
CAN. 1210· In loco sacro ea tan- In un luogo sacro siano consentite solo
tum admittanturquae cultui, pieta- quelle cose che servono all' eserci zio o al-
ti, religioni exercendis vel promo- l'incremento del culto, della pietà, della
vendis inserviunt, ac vetatur quid- religione, mentre è vietato tutto ciò che
quid a loci sanctitate absonum sit, possa essere sconveniente alla sua santità.
Ordinarius vero per modum actus L'Ordinario può per modum actus per-
alios usus, sanctitati tamen loei mettere altri usi , sempre però che non
non contrarios, permittere potest. siano contrari alla santità del luogo.

Formalità. <<I due esemplari dell 'atto di dedicazione, debitament e fi rmat i dal Ve scovo,
dal rett ore della chiesa e dai rappresentanti della comunità local e. ve rra nno conse rvati uno
ncll 'archivio diocesano e l'altro nell'archivi o della chiesa dedicata . Qu and o si fa la deposizione
dell e reliquie, si prepari un terzo esemplare, e lo s'includa opportunament e nello stesso cofano
dell e reliquie. - Nell'atto s'indichi l' anno, il mese, il giorno della dedicazione, il nome del
Vesc ovo celebrante, il titolo della chi esa e se è il caso. i nomi dei Marti ri o dei Santi, le cui
reliquie vengono deposte solto l'altare . - Si collochi inoltre in un luo go ada tt o della chiesa
una iscrizione che rechi la data - gio rno , mese e anno - della dedic azion e co mpiuta. il titolo
della chies a e il nome del Ve scov o ce lebrante» (Ordo dedicationis ecclesia e et alturis, cap. Il,
n. 25 : Enchir. Vat ., voI. 6. p. 175, n. 226) .

Per diritto comune, la redazione del documento è prescritta anch e per la benedizio-
ne di un ci mitero, non però per la benedizione di un oratorio o d i una cappella privata
tCommunicationes, a. 1980, p. 328, ca n. 5).
4395 1209 (/159, § 1*) Per la prova della dedicazione o dell a ben edizione di un luogo,
basta, qu ando manchi un documento, la testimonianza anche di un solo testimone al di
sopra di ogn i sospetto, purché non torni a danno di nessuno.
La prova testirnoni ale è ammessa anche relativamente al battesi mo e alla confermazione
(cann, 876 e 984).
Nel caso che la consacra zione o la benedizione di un luogo siano dubbi e. occorre rinn ovarle
"ad cautelam" (can. 1159, § 2, Cod ice 1917 ). Ad cautelam, non "sub co nditio ne",

3. Norme varie

4396 I) L'uso dei luoghi sacri


1210 Un luogo dedicato o benedetto non è più un luogo profano , ma sacro e il suo
uso è riservato. Di conseguenza:
- Sono consentite in esso solo quelle cose che servono all'eserci zio o all 'incre-
ment o del culto, della pietà, della religione.
- Resta invece vietato tutto ciò che possa essere in contrasto col suo carattere
sacro.
- L 'Ordinario (l'Ordinario in genere: can. 134, § I) può permettere "per modum
act us" altri usi, sempre però che non siano contrari alla santità del luogo: come, ad
I luoghi sacri in genere 469

CAN. 121 I - Loca sacra violantur Si violano i luoghi sacri, se si comp iono
per actione s graviter iniuriosas in essi, con scandalo dei fedeli, azio ni
cum scandalo fidelium ibi positas , gra vemente ingiuriose, che, a giudizi o
quae, de iudicio Ordinarii loci, ita dell'Ordinario del luogo , riveston o tale
graves et sanctitati loci contrariae gravità e sono così contrarie alla santità
sunt ut non Iiceat in eis cuItum del luogo, che non sia più lecito esercitar-
exercere, donec ritu paenitentiali vi il culto, finché l' offesa non venga ripa-
ad normam Iibrorum liturgico- rata con un rito penitenziale, a norma dei
rum iniuria reparetur, libri liturgici.

esempio, conferenze religiose o anche di carattere sociale-cristiano , concerti di musica


sacra, esposiz ioni sacre , premiazioni religiose. ccc.',
Gli oratori c le cap pelle private , che non so no stati be nedetti (ca n. 1229), non so no luoghi
sacri. Il loro uso tuttavia non può essere che religioso: «è d' obb ligo - prescrive il dell o ca none
- riser varli esclusivamente al culto div ino, tenendoli liberi da og ni uso domestico ». Tale norma
è motivata dal fatto che l'oratorio o la cap pella, anche se non benedetti, sono destinati al cult o, co n
licenza de ll'Ordina rio (ca nn. 1223 e 1226) .

2) La violazione 4397
1211 (1172*) È conservato nel nuovo Codice il concetto di "vio lazione", ma la
norma relativa è stata sem plificata c attenuata. A term ine del can. 1211 , si violano i
luoghi sacri - con i co nseguenti effetti giuridico-liturgic i - non per qualunqu e profa-
nazione e "ipso facto", ma solo per quegli atti che a giudizio dell'Ordinario del luogo

I Cir ca i co nce rti ne lle chiese. la Co ngrega zione per il C ulto Divi no ha e manato pa rtico lari

Norme in data 5 nov. 1987 (L' Osservatore Roman o, 6 dico 1987, p. 6; Communicationes, a. 1987,
pp. 179-( 81). Riportiamo le disposizion i più importanti.
I. Il pri ncip io che l' utilizza zione de lla chiesa non dev'essere co ntra ria alla santità del luogo,
determ ina il criterio secondo il qu ale si de ve apri re la porta de lla c hiesa a un co nce rto di musica
sacra o religi osa e la si deve chiudere ad ogni altra spec ie di mu sica ... Non è legittimo programmare
in una chiesa l' esecu zione di una mu sica che non è d ' ispi razione religiosa : ciò non rispetterebbe
il carattere sa cro della chiesa (n. 8).
2. La musica sacra, cioè q uella co mpos ta per la litu rgia... e la musica re ligiosa. cioè q uella
che si ispira al tes to dell a Sacra Scri ttu ra o della liturgia o che richia ma a Dio alla Vergi ne Maria,
ai Sa nti, o all a Chies a, possono avere il loro posto nell a chiesa.. pos sono "servire o favorire la pietà
o la reli gion e" (n. 9) .
3. Q ua ndo un co ncert o è proposto dagli orga nizzatori per ess ere eseguito in una chiesa, spe tta
all'Ordi nario acc ordare la conces sione " per modum actus" , Ciò deve 'e ssere inteso relat ivam ente a
concerti occasionali. Si esclude pertanto una conce ssio ne cumulativa, per esempio, ne l quadro di
un festi val , o di un ciclo di co ncetti (n. IO, I).
4. Perché la sacralità della ch iesa sia salvaguarda ta ci si atte nga, in ordine all' aurorizza zione
dci co nce rti alle seguenti condizioni, che l'Ordi nario del luogo potrà preci sare :
- Si dovrà fare domanda. in tempo utile, per iscritto, all'Ordinario del luogo con l' ind ica-
zione della data del concerto, dell'orario, de l programma conte nente le ope re e i nomi degl i autori.
- L'entrata nella chiesa dovrà esse re libera e gra tuita.
- Gli esec utori e gli udito ri dov ranno aver un abbig lia mento e un comportamento conve -
nienti a l ca ratte re sac ro della chiesa.
- Il SS . Sacramento sarà , per qu anto è possibile, conservalo in una cappella annessa o in un
altro luogo sicuro e decoroso.
- Il concerto sarà prese ntato ed eve ntualme nte acco mpagnato da co mmenti che no n siano
soltanto di ordi ne artistico o storico. ma che favoriscano nna migliore comprensione e partecipa-
zione inter iore deg li udito ri (n . 10. 4 ).
470 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chies a

CA N. 121 2 - Dedicationem vel I luogh i sacri pe rd on o la dedicazio ne o


benedictionem amittunt Ioca sa- la be ne d iz io ne, se . risultano di stru tt i in
era, si magna ex parte destructa gran p a rte, oppure se , c o n decreto d el -
fuerint, vel ad usus profanos per- l' Ordin ari o co mpe te n te o di fatto, so no
manenter decreto competentis d e st in a ti in m odo permanen te a usi pro-
Ordinarii vel de facto r educta. fa ni .
CAN . 12 13 - Potestates su a s et L ' autorità eccles iastica esercita libera-
munera auctoritas ecclesiastica in m ente i suoi poteri e le su e a ttri buz io ni
Iocis sacris libere exercet. ne i luogh i sa cri.

rivestono tale gravità e son così contrari alla santità del luogo , che non sia più lecito
eserci tar vi il culto , finch é la detta pro fan azion e no n ve nga riparata co n un rito
penitenziale, a norma dei libri liturgici .
Il criterio della " violazione", pert anto, non è solta nto og gettivo, comc nel Codice
preceden te, ma anche soggettivo: lo sca ndalo dei fedeli, che dipe nde anche dal grado
dell a loro sensibilità religio sa, e la valutazione della gravi tà de lla profanaz ione, lasciata
al giudizio de ll'Ordi nario, il qua le deve emettere a tal rig uardo un dec reto o alme no una
dich iarazione iCo mmunicationes, a. 1980, pp. 329 e 33 1, ca n. 6).

4398 3) La perdita del carattere sacro


1212 (1170 e 1187*) 1 luogh i sacri perdo no la ded icazione o la benedizione:
- Se siano andati distrutti in gran parte (magna ex parte )
- Se sia no destinati iII modo perman ente a usi profani. con decreto dell'Ordinario
- Se la destinazio ne permanen te a usi profa ni sia avve nuta di fatto , qualunque ne
sia la causa. anc he ille gittima, per es. per requ isizione da parte dell ' autorit à civi le (cfr.
Comm unication es, a. 1986. pp. 33 1-332, can. 6 ter). Questa disposizio ne è nuova; ncl
Cod ice precedente era previs to solo il decreto dell' Ordina rio del luogo (can. 1170*).

4399 4) La libera disponibilità da parte dell 'autorità ecclesiastica


1213 (1 160*) Nel Codice anteri ore, si affermava che i luoghi sacri erano esenti
dall a potestà civile: «Loca sacra exempta sunt a iurisdictione auctoritatis civilis» (can.
1160*). Nel can. 1179* si parlava anch e del diri tto d'asilo (ius asyli), relativ am ente alle
chi ese. Tali norme son o state soppresse nel nuovo Cod ice tCommunicauones, a. 1980,
p. 337 , ca n. 14), che, nel can. 1213 si limita a sa ncire il princi pio che l' aut orità eccle -
siastica ese rcita con piena autonomia e libe rtà i suoi pote ri e le sue funzioni nei luoghi
sac ri, in partico lare i suoi tre " mùnera rege ndi, sa nctificandi et docendi" tCommunica-
tiones, a. 1980, p. 332 , can. 7) .
4400 Nell' art. 5 dei nuovi Accordi stipulati fra la Santa Sede e la Repubblica Italiana il 18 febbraio
1984. è così stabilito:
- Gli edifici aperti al culto non possono essere requisiti, occupati, es propriati o demoliti. se
non per gravi ragioni e previo accordo con la competente autorità ecclesiastica (n. I).
- Salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica 11011 potrà entrare, per l'ese rcizio delle sue
funzioni, negli edifici aperti al culto, senza averne dalo previo avviso all'autorità ecclesiastica (Il. 2).

4401 5) Norme ulteriori


IO Tu tti i luoghi sacri, compresi nell' ambito della diocesi, so no soggetti alla visita
ca nonica dcI Vescovo diocesano: can. 397, § 1
2 0 San zioni penali co ntro coloro che profanin o un luogo sacro: cfr. ca n. 1376
3 0 Sa nzio ni co ntro co loro che impedis cano il legittimo uso dei luoghi sacr i: cfr.
can . 1375
Le chiese 471

CAPITOLO l
LE CHIESE

CAN. 1214· Ecclesiae nomine in- Col nome di chiesa s' intende un edi fi-
tellegituraedes sacra divino cnltui cio sacro destinato al culto divino, nel
destinata, ad quam fidelibus ius quale i fedel i hanno diritto di entrare per
est adeundi ad divinum cuItum esercitarvi tale culto soprattutto pubblica-
praesertim publice exercendum. mente.

LE CHIESE (ca nn. 1214-1222) 440 2


Schema
I. Co ncetto di chiesa 3. No rme va rie
2. L'erezione

1. Concetto di chiesa 4403

I) La normativa precedent e
Nel Co d ice pio -bened etti no, si d istin guevano le chiese e gli o rato ri.
La chi esa era defi nita: «Un edific io sacro dedi cato al cul to divino, col fine pri ncipal e di
servire alla celebra zio ne del c ulto pubblico da parte di tutti i fede li» (can . 116 1, Codice 19 17).
L'oratorio , invece, era «un luo go des tinato al culto, ma non allo sco po pri ncipale di servire
a tutti i fede li per il pubbli co eserciz io della religione» (can. 1188, § I).
L ' oratorio era d i tre spec ie:
- Pubblico: quell o cretto per sé a vantaggio d i unti parti colare comunità o anc he di privat i.
ma col d iritto riconosciuto a tut ti i fedeli di acc edervi libera ment e , almeno d urante la celebrazione
dei divi ni uf fici (ean . 1188, § 2, n. Il . Ta li erano , in gene re, gli oratori del le confraternite. Giu-
ridica mente l' o ratorio pu bbl ico era eq ui parato alla chiesa (can. 1191 , § 1"').
- Se m i-p u b b lico: qu ello eretto per sé a va ntagg io di una de term inata comu nità o di un
dete rminato ceto di fed e li, e al q ua le gl i alt ri IlOIl av evano li be rt à d i acc es so . Tali , ad ese mpio ,
la ca ppe lla inte rna di un se minario, de lle case religi ose , dei collegi, degl i or fan otro fi, delle
carceri, ec c.
- Privato: quel lo cretto in genere nell e case pri vare, c rise rvato a una part icolare fa miglia
o a determinare persone.

2) La nuova classificazione 4404


1214 (1161 e 1188 *) Il nuo vo Codice, ristruttura ndo la materia, ha disposto una
nuova e più logica classificazione. .
l o Ha raggr uppato insieme le chiese c gli oratori pubblici, dando ad essi la mede-
sima denominazione di "c hiesa" (can. 1214). Cfr. Conununicatione s, a. 1972, p. 161, De
locis sacris; a. 1980, p. 332 , can. 8).
2° Ha riser vato il nome di "o ratorio" all'oratorio se mi-pubblico: can . 1223 (cfr.
Communicationes. a. 1974, p. 47 , De locis sacris ).
3° Ha dalo infi ne il nome di "cappella pri va ta " (sace lluru p rivatum) all'oratorio
privato: can. 1226 tCommunicot iones, ibidem).
472 LIBRO IV ~ Il "rn unus sunctificu ndi" della Chiesa

CAN. 1215 - § 1. Nulla ecclesia § l . Non si costruisca nessuna chiesa


aedificetur sine expresso Epis copi senza l' espre sso conse nso del Vescovo
dioecesani consensu scriptis dato. diocesa no, dato in iscritto .
§ 2. Episcopus dioecesanus con- § 2. Il Vescovo diocesano non dia tale
sensum ne praebeat nisi, audito consenso, se, sentito il parere dci consi-
consilio presbyterali et vicinarum glio presbiterale e dei rettori delle chiese
ecclesiarum rectoribus, censeat vicine, non giudichi che la nuova chiesa
novam ecclesiam bono animarum possa servire al bene delle anime e che
inser vire posse, et media ad eccle- non mancher anno i mezzi necessari alla
siae aedificationem et ad cultum sua costruzione e ali' eserc izio del culto
divinum necessaria non esse defu- divino.
tura.
§ 3. Etiam instituta religiosa, Ii- § 3. Anche gl' istituti religiosi, pur aven-
cet consensum constituendae no- do ottenuto dal Vescovo d iocesano il con-
vae domus in dioecesi vel civitate senso per istituire una nuova casa nella
ab Episcopo dioecesano rettule- diocesi o nella città, devono tutta via di-
rint, antequam tamen ecclesiam sporre della sua licenza prima di edificare
in certo ac determinato loco aedi- la chiesa in una particolare determinata
ficent, eiusdem Iicentiam obtinere località .
debent.

4405 L'elemento comune alla chiesa, all'oratorio e alla cappella privata è la loro desti-
nazione al culto divino. L'elemento proprio e distint ivo riguarda invece i fede li che
hanno il di ritto di usarne:
- Se tale diritto spetta a tutti i fede li indistintamente, si ha la chiesa . Non ha
importa nza se la chiesa appartenga a persone private o giuridiche. opp ure sia fornita di
propr ia perso nalità.
- Se spetta a una determ inata comuni tà o a un determin ato gruppo di fedeli. si ha
l'ora torio.
- Se spetta infine a una o più persone fisiche determinate, a una famig lia. si ha
la cappella privata,

4406 Altro elemento comune è l' autorizzazione da parte della competente autorità eccle-
siastica :
a) Il Vescovo diocesano per le ch iese, comprendenti. come s 'è rilevato. anche gli
orato ri pubblici del Codice precedente (ca n. 1215).
b) L'O rdinario (l' Ordinario del luogo oppure l'Ordinario d'I stitut i religiosi o di
Socie tà di vita apostolica clericali e di diritto pontificio, secondo le proprie competenze),
per gli oratori (can. 1223).
c) L' Ordinario del luogo (Vescovo dioc esano, Vicario generale ed episco pale), per
le cappelle private (can. 1226).
Nelle chiese i fedeli hanno diritto di entrare, per esercit arvi il culto sia in forma
privata sia soprattutto in for ma pubblica (can. 1214). Cfr. Communicationes, a. 1980, p.
332. can. 8, ultima parte.
Le chiese 473

CAN. 1216 - In ecclesiarum aedìfi- Nella costruzione e nella riparazione


catione et refectione, adhibito peri. delle chiese, si osservino i principi e le
torum consilio, serventur principia norme della liturgi a e delI'arte sacra, av-
et normae liturgiac et artis sacrae. valendo si del consiglio di esperti.

2. L'erezione 4407

l) La competenza del Vescovo diocesano 4408


1215 (1/62*) L'erezione di una chie sa! può essere promossa da chiunq ue: da una
persona fisica , da un gruppo di fedeli , da una comunità, ecc. È necessario per altro il
consenso espresso, rilasciato in iscritto, del Vescovo diocesano , il quale può anche
apporre delle condizioni, che, tuttavia, non posson o essere contrarie al diritt o comune.
Il Vescovo diocesano, non l'Ordinario del luogo: il Vicario generale e il Vicario
episcopale posson o dare " autori zzazione soltanto per mand ato speciale del Vescovo
(can. 134, § 3). La riserv a falta al Vesco vo non intende soltanto tutel are la sua autorità,
ma anch e provvedere in modo più unitario alla distribuzione degli edifici di culto nel
territori o della diocesi.
Per ragioni di prudenza pastorale, la concessione dell a licenz a è subordinata alle 4409
seguenti condizioni :
IO Chc si richied a pre viamentc, a termine del can. 124, il parere (consilium) del
Consig lio presb itcrale e dei retto ri delle chiese vicine , i cui diritti potrebbero esse re lesi
dalla costruzione di una nuova chiesa (in tal caso, essi possono intentare ]' azione "ex
novi operis nuntiati one ": can. 1676, Cod ice 1917).
2 0 Che la nuova chiesa possa servire realmente al bene delle anime . La co struzione
del sacro edificio non ha uno scopo ornamentale, ma essenzialmente pastor ale .
3 0 Che non manch eranno , secondo una fond ata previsione , i mezzi nece ssari alla
costruzione dell' edificio e all' esercizi o del culto di vino, compreso il decoroso sostenta-
mento del rettore .
A term ine del can, 61 I, n. 3, l' autorizz azione co ncessa dal Vescovo diocesano a un Istituto
religioso clericale di erigere una propria casa nella dioce si. comport a "ipso iure" il diritto di avere
anche una chiesa. nella quale esercitare il sacro ministero. Ma, perché la ehiesa possa venire
costruita in un luogo preciso e dete rminato. si richiede una ulteriore licenza da parte del medesimo
Vescovo . c he dovrò sempre rilasciarl a a norma del § 2.

2) L' osser vanza dei principi e delle norme della liturgia e dell'arte sacra 4410
1216 (1/64, § I *) La Chiesa lascia molta libe rtà nella costruzione dei sacri edifici
destinati al culto. Lo rile va espressamente il Concilio Vaticano Il, nella Co st.
Sacrosanctum Conci/il/m:
- La Chiesa non ha mai avuto un proprio stile artistico, ma. secondo l'in dole e le condizioni
dei popoli e le esigenze dei vari riti. ha accolto le forme artistiche di ogni epoca , creando, nel corso
dei secoli, un tesoro d'arte, che va con servato con ogni cura. Anche l'arte conte mpora nea, di tutti
i popoli e paesi, deve avere nella Chiesa libertà di espressi one, purehé serva con la dovuta riverenza
e il dovuto onore alle esigen ze degli edifici sacri e dei sacri riti. In tal modo essa potrò aggiungere
la propria voce al mirabile concento di gloria, innalzato da uomin i eminen ti nei secoli passati alla
fede cattolica (n. 123).

I Il termine "erezione" indica sia la costruzione di una chiesa, sia la destinazione a chiesa di
un edifici o già esistente.
474 LI BRO IV ·1 1..mun ux sancuflcandi" della Chicsu

CAN. 1217 - § 1. Aedificatione ri- § l. Portata a termine debitamente la


te peracta, nova ecclesia qua m costruzione, la nuova chiesa sia dedicata o
primum dedicetur aut saItem be- almeno benedetta al più presto, seco ndo le
ncdicatur, sacrae liturgiae legi- leggi della sacra liturgia.
bus servatis.
§ 2. Sollemni ritu dedicentur § 2. Le chi ese sia no d edi cate con rito
ecclesiae, praesertim cathedralcs so le nne, spec ialm e nte quelle cattedrali e
et paroeciales. parrocchiali .

Il ca none prescrive in linea generale di osse rvare, nella costruzione e nella ripara-
zione delle chiese, i principi e le norme dell a liturgia e dell' arte sacra, avvalend osi del
co nsiglio di esperti e, ovviamente, dell'opera delle Commissioni d' Arte Sacra e di
Litur gia, che dovrebbero essere istituite in ogni dioce si (cfr. Sacrosanctum Concilium,
nn. 44-46). .
4411 Il Co ncilio. nella cita ta Costituzione. ha indicato alcuni principi e criteri direttivi:
- Nella costruzione degli edifici sacri , occorre promu overe un' arte autentica mente sacra.
ricercando una nobile bellezza. piuttosto che una mera sontuosità (n. 124. I).
- Bisogna a llontanare dalla casa di Dio e dagli a ltri luoghi sacri tutto ciò che sia contrario
alla fede e ai costumi e alla pietà cristiana o che offenda il genuino senso rel igioso, tutte quelle
ope re d'arte depravate nelle forme, mediocri o false nell'espressione artis tica (n. 124, 2) ,
- Nella loro strutt ura. disposizione e ordine. gli edifici sacr i devono consentire lo svolgi-
mento delle azio ni liturgiche e la partecipazione attiva dei fedeli (n. 124. 3).
- Bisogna curare con diligen za e propriet à la forma degli altari. la dignità e la sic urezza del
tabernacolo e ucaristico. la funzionalità del battistero, la conveniente disposizione delle sacre imma-
gini. la decorazione e l' orn amento (n. 128. I),
Per norme più dettagliate, v. la tnstitutio Generalis Missalis Romani, 26 marzo 1970, cap . V,
/1/1. 253 -280 .

4412 3) La dedicazion e e la benedizione


1217 (1165*) Portata a termine la costruzione di una chiesa, essa dev' essere dedi-
cata o almeno benedetta al più presto (quam primum), secondo le leggi dell a sacra
Liturgia. Senza dubbi o, per necessit à pastorali vi si possono celebrare gli uffici divini
anche prima della dedicaz ione o della bened izione, ma di regola è opportuno che ciò
avve nga dopo il compimento dci detti riti.
Le ch iese, per sé, de vono essere ded icate solennemente, specie se si tratta delle
chiese cattedrali o parrocchiali. La dedicazione ha una grande importanza liturgica: è
considerata co me il dies natalis della chiesa, che viene celebrato ogni anno nel giorno
anniversario col grado di "so lennità" (Calendarium Romanum, n. 59, 4 b).
Per i m in istri della dedica zione e della benedizione v. i can n. 1206-1 207 e il
relativo commento. La normativa generale sulla ded icazione c sulla benedizio ne delle
chiese, è contenuta nell' Orda dedication ìs ecc/esiae et altaris, capitoli l, Il, III e V:
Enehir. Vat., voI. 6, p. 152 ss.
4413 Le chiese, per sé, non hanno personalità giuridica: per averla, occorre U/l formale
decreto della competente autorità ecclesiastica (can. 116, § 2). Durante i lavori della
redazione del nuovo Codice, era stato proposto di concedere la personalità giuridica a
tutte le chiese "ex ipso iuris praescripto", Ma il Gruppo di Stud io "De locis et de
temporibus sacris deque cu ltu di vino" non lo ritenne opportuno, «sia perc hé talvolta le
chiese sono di proprietà di altre persone giuridic he, sia perché sarebbe molto difficile
enumerare nel Codice tutte le persone giuridiche eccl esiastiche» (Communicationes, a.
1980, p. 333 , can. 8).
I~ chiese 475

CAN. 121 R- Unaquaeque ecclesia Ciascuna chiesa abbia il suo titolo, che,
suum habeat titulum qui, peracta dopo il rito della ded icaz ione , non può
ecclesiae dedicatione, mutari ne- essere mutato.
quit.

Norme con cordatarie. Nel Concordato del 1929, era previsto il ricon oscim ento da parte dello 4414
Stato Italian o della personalit à giuridica di tutte le "chiese pubbliche ape rte al culto" , che già non
l' avessero. co mprese quelle già app artenenti agli enti ecclesi astici so ppressi (ar t. 29, comma 2°).
L'istanza re lati va doveva esse re presentata dagli Ordinari diocesani, che lo ritenessero opportuno,
al Ministe ro per la Giu sti zia e gli Affari di Culto (art. IO del Regolament o esecut ivo della Legge
27 maggio 192 9, n. 84 8; art. I della Circolare n. 2779 della Co ng regaz io ne del Co nci lio, 25 giugno
1930). Tale norm ativa è stata modificata notevolmente co n i nuovi Accord i interve nuti fra la Santa
Sede c la Repubblica Italian a il 18 febbraio 1984.
- Conferm ando nella sostanza i requi siti previsti dall e norm e vige nti per il ricon osciment o
deg l' istituti religiosi, dell e co nfraternit e e delle fond azioni di culto, si introducon o imp ortanti
innovazioni per altri tipi di ent i eccle siastici. Tra queste innovazio ni si seg nala. co n riferiment o alle
chiese , il principio per il qual e ci sarà una sola person a giur idica, ricono sciuta civilmente, co rri-
sponde nte ad un unico ce ntro di impu tazione canonica sos tanziale. Non è infreq uente, infatti co n
il regime del 192 9, che a determinate realtà canoniche (parrocchie, diocesi, istit uti rel igiosi) cor-
rispond ano più persone gi uridiche (beneficio parro cchiale e chiesa parrocchi ale; mensa vescovi le
c chiesa catt edra le, istituto relig ioso e chiesa anne ssa), con e videnti co nseg uenze negat ive anch e dal
punto di vist a dell'amministrazione degli emi interessati. che in tal modo si sdoppia. La Commis-
sione ha riten uto di pOlTC ter mine a tale anomalia, consentendo che le chiese ape rte al pubbli co
possano es sere rico nosciute so lo se non annesse, o pertinent i, ad altro ente ecclesiastico: in tale
caso, infatt i, sarà que sto ente ad avere la personalità giuridica civile (Relazione su i principi della
Com missione paritetica per gli ent i ecclesiastici, 6 lugli o 1984, l, I ; cfr. anche III, I).
- Il riconoscimento delle chiese è ammes so solo se aperte al culto pubblic o e non annesse ad
altro ente eccles iastico, e semp re che sia no fom ite dei mezzi sufficienti per la manutenzione e la
officiatura (art. Il delle Norme esecutive circa gli enti e i beni ecclesiastici in Italia. 3 giugno 1985).
- Co n l'acquisto , da parte della parrocchia. della personalit à gi uridic a a nonna dell' an . 28.
si estingue, ove es istente, la person alità giuridic a della chie sa parro cchiale e il suo patrim onio è
trasfe rito di diritto alla parro cchia, che succe de all' ente estinto in tutti i rappor ti attivi e passivi...
Le disposi zioni dei co mmi precedenti si applicano anche all'estinzione di chiese catted rali e al
trasferiment o dei loro patrim oni alle rispetti ve diocesi, qual ora l' autorit à ecclesiastica adoni i re-
lativi pro vved iment i (art , 30 dell e mede sime Norme) ' .

4) Il titolo 4415
1218 (/ 168*) È tradizione liturgica che ogni chie sa abbia il suo titolo, che porti
cioè il nome della SS, Tr inità, di una Persona Divina, di un sacro Mistero del Signore,
della B. Vergine Maria . di un Angelo, di un Santo. Un Bea to può essere titol are di una
chiesa solo per indulto apostolico (ca n. 1168, § 3, Codice 19 17).

, Secondo l' artic olo cita to la chiesa cattedrale può perdere se l' abbia. la personalità giur idica ,
e tutti i suoi ben i patrim oniali, co mpreso il sacro edificio, sono attribuiti all'eme diocesi. Ma la
chiesa catted rale è anc he sede di un capito lo (can. 503 ), e può esse re anche sede di una parr occhia
(can. 5 10, § 2) . Le Norme esecu tive non co nsidera no qu esti casi, com e pu r avrebbero dovuto, ma
è chiaro che la chiesa cattedrale può essere annessa civilmente non so lo all'ente diocesi, ma anche,
in alternativa , all' ente capito lo o all' ente parro cchia , secondo la richiesta del Vescovo. opp ure
conse rvare la prop ria person alità.
Nel caso che la chiesa cattedrale sia insieme capitolare e parrocchiale, enti giuridici rico nosciuti
civilmente pot ranno essere sia il capitolo (an . 14 dclle Norme esecutive), che la parrocchia. Ovv ia-
mente, la chiesa cattedrale e i beni patrirnoniali che le appartenessero saranno attribuiti all'uno o
all'a ltro ente, i quali avrann o ciascuno i propri beni. indi pendentemente l'un o dall' altro. L'us o comu -
ne della chiesa sarà regolato dal diritto interno della Ch iesa (diritto comune e particolare),
476 LIBRO IV - Il "rnunus sunctificandi" della Chiesa

CAN. 1219· In ecclesia legitime Nella chiesa legittimamente dedicata


dedicata velbenedicta omnes actus o benedetta, possono compiersi tutti gli
cultus divini perfici possunt, salvis atti del culto divino, salvi i diritti par-
iuribus paroecialibus. rocchiali.
CAN. 1220· § 1. Curent omnes ad § 1. Tutti coloro che ne hanno il com-
quos res pertinet, ut in ecclesiis pito, abbiano cura che nelle chiese siano
illa munditia ac decor serventur, mantenuti quella pulizia e quel decoro che
quae domum Dei addeceant, et si addicono alla casa di Dio, e che si eviti
ab iisdem arceatur quidquid a in esse tutto ciò che sia contrario alla san-
sanctitate loci absonum sito tità del luogo.
§ 2. Ad bona sacra et pretiosa § 2. Per la debita protezione dei beni
tuenda ordinaria conservationis sacri e preziosi, insieme con la cura ordi-
cura et opportuna securitatis me- naria della manutenzione, si adoperino an-
dia adhibeantur. che gli opportuni mezzi di sicurezza.

Spesso, sul portale delle chiese, si legge la formula D.O.M. (Deo Optimo Maximo)
sub invocatione Beati ... Ciò significa che la chiesa, edificata anzitutto per la gloria di
Dio, intende onorare in particolare la Vergine SS., un Angelo, un Santo.
Il titolo di una chiesa, che di regola viene già scelto nella posa della prima pietra,
dcv' essere unico, tranne che si tratti di Santi riportati insieme (una simul) nel Calendario
(Ordo dedicationis ecclesiae at altaris, cap. Il, n. 4: Enchir. Vat., voI. 6, p. 161, n. 20 I).
Dopo il rito della dedicazione, il titolo non può essere più mutato, se non con l'auto-
rizzazione della Santa Sede. La titolarità di una chiesa viene celebrata annualmente, col
grado di "solennità" tCalendarium Romanum, n. 59,4 d).
Il titolare di una chiesa è anche il patrono della medesima, che va distinto dal
patrono del luogo (nazione, provincia, diocesi, città). Spesso, tuttavia, il patrono della
chiesa e quello del luogo coincidono.

3. Norme varie

4416 1) L'esercizio del culto


1219 (1171 *) Nella chiesa legittimamente dedicata o benedetta possono compiersi
tutti gli atti del culto divino, salvi per altro i diritti parrocchiali e anche gli eventuali
privilegi e le legittime consuetudini (Communicaiiones, a. 1980, p. 336, can. 12).
I diritti parrocchiali sono indicati nel can. 530, con la denominazione di "funzioni
demandate in modo speciale al parroco".
Occorre però tener presenti anche i seguenti canoni:
- Cali. 558: «Salvo il prescritto del can. 262 (relativo al seminario, esente dalla giuri-
sdizione parrocchiale). non è consentito al rettore celebrare, nella chiesa affidatagli. le funzioni
parrocchiali di cui al can. 530. nn . 1·6, se non col consenso del parroco, o se il caso lo esige,
con la sua delega».
- Can. 559: «Nella chiesa affidatagli, il rettore può compiere celebrazioni liturgiche anche
solenni, salve le legittime leggi di fondazione e purché, a giudizio dell'Ordinario del luogo, non
ne sia pregiudicato in alcun modo il ministero parrocchiale».
- Cali. 560: «Ritenendolo opportuno, l'Ordinario del luogo può ingiungere al rettore di
celebrare nella sua chiesa, per il popolo, determinate funzioni anche parrocchiali, come pnre di
lasciare aperta la chiesa a gruppi di fedeli, per la celebrazione di funzioni liturgiche».
Le chiese 477

CAN. 1221 - Ingressus in eccle- L'ingresso nella chiesa, durante il tem-


siam tempore sacrarum celebra- po delle sacre celebrazioni, sia libero e
tionum sit Iiber et gratuitus. gratu ito.

2) La cura per la Casa di Dio 4417


1220 (/ / 78 *) La chiesa è la Casa di Dio. Il suo carattere sacro esige il rispetto che
le si addice.
Da una parte, occorre evitare tutto ciò che sia contrario alla santità del luogo, ai
sensi del can. 1210; dall'altra, bisogna curarne l'ordine, la pulizia e il decoro con
religiosa diligenza.
L'impegno dev'essere di tutti i fedeli che frequentano la chiesa. Vi son tenuti con
un proprio compito le persone che ne hanno l' amministrazione e la custodia, in parti-
colare il rettore. il quale - è detto espressamente nel can. 562 - ha l' obb ligo personale
di aver cura che nulla avvenga nella chiesa affidatagli «che in qualsiasi modo possa non
convenire alla santità del luogo e al rispetto dovuto alla Casa di Dio».
La cura della Casa di Dio importa anche la debi ta manuten zione del sac ro edi-
ficio e la dili gente custodia dei beni sacri e prezio si. adoperando a tal riguardo gli
opportuni mezzi di sicurezza, per impedire i furti. purtr oppo così frequenti ai nostri
giorni .
Circa la conservazione e la tutela del patrimonio artistico delle nostre chiese. sono state 4418
emanate dalla Santa Sede varie norme. Cfr. in particolare:
- Circolare della Pontificia Commissione di Arte Sacra, 6 giugno 1961: X. O CHOA. Leges
Ecclesiae. III . n. 2989. coli. 42 16-42 17
- Circolare della S. Congregazione per il Clero. Il Aprile /971: Enchir. Vat., voI. 4. PP.
400-405
Cfr. anche le Norme emanate dalla Conferenza Episcopale Italiana, d' intesa con la Pont.
Commissione di Alte Sacra. 14 giugno 1974: Enchir. CEI, voI. 2. pp. 448-460.

3) Il libero ingresso 4419


1221 (1 /8 /* ) La chiesa è. per definizione, un luogo sacro aperto a tutti i fedeli
(can. 12/4), e tutti hanno il diritto riconosciuto formalmente dalla legge di entrarvi
liberamen te e gratuitamente durante il tempo delle sacre celebrazi oni (tempore sacrarum
celebrationum).
Fuori di questo tempo, l'apertura dell a chi esa può esse re regol ato da un orario
che è lasciato alla discrezione del rettore, secondo le direttive impartite dal Vescovo
diocesano. In particol ari circostanze (mostre d 'arte sacra, conc ert i di musica sacra
ecc.), non è vietato richiedere un'offerta per l'ingresso (Communicatio nes, a. 1980.
p. 338, can. 15).
Da tener presenti il can. 560 e il can. 937: "Se non osta una grave ragio ne. la chiesa nella
quale viene conservata la SS. Euca ristia, rimanga aperta ai fedeli almen o per qualch e ora ogni
giorno, affin ché possano trattenersi in preghiera dinanzi al SS. Sacramento».

4 ) La riduzione ad uso profano 4420


1222 ( / /87*) Il can. 1212 Imita della perdita della dedicazione o della benedizione
di un luogo sacro. Nell' attuale canone si considera la riduzione di una chiesa ad uso
profano.
478 LIBRO IV - Il "mun us sa nctiflcandi" della Chie sa

CAN. 1222 - § 1. Si qua ecclesia § I. Sc una chiesa non pos sa essere più
nullo modo ad cultum divinum adibita in alcun modo al culto divino e
adhìberi queat et possibilitas non manchi la possibilità di ripararla, può es-
detur eam reficiendi, in usum sere ridotta dal Vescovo dioc esan o ad un
profanum non sordidum ab Epi- uso profano non sco nveniente.
scopo dioccesano redigi potest.
§ 2. Ubi aliae graves causae sua- § 2. Quando altri grav i motivi consi-
deant utaliqua ecclesiaad divinum gliano che una chiesa non sia più adibita
cultum amplius non adhibeatur, al culto divino, il Vescovo diocesano, udito
eam Episcopus dioecesanus, audi- il parere del consiglio presbiterale, può
to consilio presbyterali, in usum ridurla a uso profano non sconveniente,
profanum non sordidum redigere col consenso di coloro che hanno legitti-
potest,de consensu eorumqui iura mamente dei diritti su di essa, e a condi-
in eadem sibi legitime vindicent, zione che non ne deri vi alcun danno al
et dummodo animarum bonum bene delle anime.
nullum inde detrimentum capiat.

Tale riduz ione può avvenire in due ipotesi :


I ° La chiesa è ridott a in una condi zione rovinosa, sì che non pos sa essere più
adibita in alcun modo (nullo modo) al culto divino, e, d'altra parte, mancano i mezzi
per ripararl a: il Vescov o diocesano può ridurla con un proprio decreto ad un uso
profano a norma del can. 1212. Con tale decreto , la chies a perde la sua ded icazione
o bened izione e con essa il carattere sacro. Può essere venduta, data in fitt o, adibita
ad altri scop i, purché non indecorosi (non sordidi), come sa rebbe una sa la da ballo.
un mercato, un ristor ante , un teatro a pura finalit à comme rciale, ecc. Può invece
funzionare in ess a un cinema parrocchiale, una sala dioces ana o parrocchiale, un
museo d'arte religiosa, ecc .
2° La c hiusura di una chiesa può essere consigliata anche da altri gra vi moti vi. In
questo caso, il Vescovo diocesano , per poter deliberare la riduzione dci sacro edificio
ad uso pro fano "no n sordid o":
- Deve ascoltare previamente il parere dcI Consiglio presbiterale
- Deve ottenere il consenso di coloro che abbiano legittimi diritti sulla chiesa
- Deve soprattutto accertarsi che non ne derivi alcun danno al bene delle anime.

4421 5) Norme ulteriori


Richi amo delle norme : Ic voci sono in ordine alfabetico.
l ° L'altare fisso delle chiese: can. 1235. § 2
2° La chiesa e l'oratorio. il luogo proprio del battesimo: ean. 857
3° Chiesa capitolare:
- Cattedrale e collegiale: can. 503
- Capitolare e parrocchiale insieme: can. 510
4° Chiesa cattedrale:
- Il conferimento degli ordini sacri: can. 1011. § I
- Le esequie del Vescovo: can. 1178
5° Chiesa parrocchiale:
- Battesimo e fonte battesimale : cann. 857. § 2; 858, 859
- Celebrazione di matrimoni: can. 1118
- Esequie: can. 1177
Gli oratori c le cappelle pii vale 479

CAPITOLO II
GLI ORATORI E LE CAPPELLE PRIVATE

CAN. 1223· Oratorii nomine intel- Col nome di oratorio s ' inte nde un luogo
legiturlocusdivinocultui,incommo- destinato, con la licenza dell 'Ordinario, al
dum alicuius communitatis vel coe- culto divino a vantaggio di una comunità
tus fidelium co convenientium de li- o di un gruppo di fedeli che ivi si radun a-
centia Ordinariidestinatus,ad quem no, e al quale possono accedere anche
etiam alli fideles de consensu Supe- altri fed eli con il consenso del Superiore
rioriscompetentisaccederepossunt. competente.

6° Chies" rettor iale: cann. 556-563


7° La chiesa . il luogo proprio della confermazio ne: can . 881
8° La chiesa e l'oratorio, il luogo proprio della confessione sacra mentale: can . 964
9° Immagini sacre nelle chiese: can . 1188
10° Predicazione dei laici nelle chiese e negli oratori: can. 766
I lc I Rettori di chiesa: cann. 556-563
12° Il seppellimento di cadaveri nelle chiese: can. 1242
13° Vendita ed esposizione di libri, opuscoli, riviste, ccc., nelle chiese e negli oratori : can.
827, § 4
14° Il dovere del Yicarioforaneo: can . 555, § I, n. 3
15° La visita canonica dci Vescovo diocesano: can. 683, §

GLI ORATORI E LE CAPPELLE PRIVATE (cann. 1223-1229) 4422


Schema
l . L'oratorio 2. La cappella privata
- Concetto di oratorio - Concetto
- La licenza dell'Ordinario - Le cappelle private dei Vescovi
- L'eserci zio dci culto - Gli atti di culto
- Normc ulteriori - Una norma comune per gli oratori e per le cappelle private

1. L'oratorio 4423

I) Concetto di oratorio 4424

1223 (1188 e JJ92, § l *) Il concetto di oratorio formulato nel nuo vo Codice


coincide sostanzialmente col concetto di oratorio semi -pubblico, conte nuto nel Co-
dice precedente (v. commento al can. 1214). Esso è un luogo destinato al cu lto
divino con la licenza dell'Ordinario, ma ha come suo elemento distintivo quello
di essere istituito, in linea di diritto, a vantaggio di una comunità o di un gruppo
di fedeli . Di fatto, possono accedervi anche altri fedeli col consenso del Superiore
competente.
L'oratorio si distingue dalla chiesa per un altro motivo: la chiesa è essenzialmen-
te un luogo sacro, perché dev'essere dedic ata o benedetta con il rito prescritto (ca n.
1217). L'oratorio, invece, è un luogo sacro solo se viene benedetto (can . 1205). Pr ivo
della benedizione (can. 1229), l'oratorio è semplicemente un luogo pio di culto
(Communicationes. a. 1980, p. 339 , can . 18).
480 LIBRO IV • Il "munus sancn ficandi" della Chiesa

CAN. 1224 - § l. Ordinarius licen- § 1. L'Ordinario non conceda la licenza


tiam ad constituendum oratorium richiesta per l'erezione di un oratorio , se
requisitam ne concedat, nisi prius prima non abbia visitato , personalmente o
per se vel per alium locum ad ora- per mezzo di altri, il luogo destinato ad
torium destinatum visitaverit et oratorio, e si sia accertato della sua deco-
decenter instructum reppererit. rosa sistemazione .
§ 2. Data autem Iicentia, orato- § 2. Concessa la licenza, l'oratorio non
rium ad usus profanos converti può essere ridotto a usi profani senza l' au-
nequit sineeiusdem Ordinarii auc- torizzazione dci medesimo Ordinario.
toritate.
CAN. 1225 - In oratoriis legitime Negli oratori legittimamente costituiti ,
constitutis omnes celebrationes possono compiersi tutte le celebrazioni
sacrae peragi possunt, nisi quae sacre , tranne quell e eccettuate dal diritto
iure aut Ordinarii locipraescripto o per dispo sizione dell'Ordin ario del
excipiantur, aut obstent normae luogo o che sono vietate dalle norme li-
Iiturgicae. turgiche .

Sono oratori, ai se nsi del can. 1223, gli o ratori dei se minar i, de i coll egi delle
comunità religi ose, degli ospedali, degli orfanotrofi, delle navi, dell e cas erme mili-
tari , ecc.

4425 2) La licenza dell 'Ordinario


1224 (1/92*) La con cessi one dell a licenz a per l' istituzione di un oratori o sp etta
all' Ordinario, che può essere l'Ordinario del luogo, il Superiore maggiore di un
Istitut o religioso o di una Società di vita apostolica cleri cali e -di diritt o pont ificio
(can, 134, § I), l'Ordinario militare, ecc., ciascuno secondo le proprie competen ze.
È prescri tta, per alt ro. prcviarn ente una visita di controllo da parte del mede simo
Ordinario, il quale deve ass icura rsi, person almente o per mezzo di altri, ch e il luogo
scelt o per l'oratorio rispond a a tutti i requi siti necessari di dec oro e d'id oneit à alla
sua funzione.
Concessa la licen za (è opp ortuno che sia rilasciata in iscritt o) l'oratori o non può
essere ridotto a usi profani, se nza l' autorizzazione dell'Ordi nar io, anche se non sia
stato benedetto.

4426 3) L 'esercizio del culto


1225 (1/ 93 *) Negli oratori legitt imamente istituiti mediante la licenza dell'Ordina-
rio competente, possono compiersi tutte le celeb razioni sacre, ad eccez ione:
l ° Di quelle non con sentit e dal diritto: per es. le funzi oni parrocchiali , di cui al
can. 530.
2° Di quelle esclu se da una particolare dispos izione dell'Ordinario .
3° Di quelle vietate dalle norme litu rgich e; per es. la celebrazione della Messa
"in Cena Domini ", il giovedì santo, che richiede una particolare licen za dell'Ordina-
rio del luo go (Missale Romanum , ed . typica Vati cana, 1975, n. 243) .
4427 Celebrazioni consentite negli oratori a norma del Codice, "servatis iure servandis":
- L'amministrazione del battesimo: can. 857
- L'ascolto delle confessioni sacramentali: can. 964
Gli oratori c I~ ca r~1 1è private 481

CAN. 1226- Nomine sacelli priva- Col nome di cappella privata s' intende
ti intellegitur locus divino cultui, un luogo destinato , con la licenza dell 'Or-
in commodum unius vel plurium dinario del luogo, al culto divino a van-
personarum physicarum, de taggio di una () più persone fisiche .
Iicentia Ordinarii loci destinatus.
CAN. 1227- Episcopisacellum pri- I Vescovi possono costituire per sé una
vaturnsibiconstituerepossunt,quod cappella privata, che gode dei medesimi
iisdemiuribus ac oratorium gaudet. diritti dell'oratorio.

- La celebrazione del matrim onio: can. 1118, § I


- Il conferimento degli ordini sacri: can. 1011, § I
- La ce lebrazione della S. Messa: "per modum actu s" , se l' orat orio non è bened etto:
"habitua liter" o con una certa frequenza, se è benedett o (cfr. can, 932, § I)'
- La conservazione de lla SS . Eucarist ia: can . 934, § l , n. 2
- L 'esposizione della SS . Eucari stia : can . 94 1, § l
- Celebra zione di esequie : can. 1179

4) Norme ulteriori 4428


- L' oratorio delle case d'Istituti religiosi o di Società di vita apostolica: cann. 608 e 733, § 2
- La predicazione della Parola di Dio: cann . 763 e 765
- L 'ammissione di laici, uomini e donn e, a predicare nelle chiese e negli oratori: can. 766
- La visita canonica del Vescovo diocesano: can. 683, § I
- Collette speciali prescritte dall 'Ordinario dci luogo: can, 1266
- L ' esposizione e la vendita di libri: can. 827, § 4

2. La cappella privata 4429

I) Concetto 4430
1226 (1188, § 2, Il. 3; 1190*) Il concetto di capp ella del nuovo Codi ce co incide
con quell o di "or ator io privato" o "domestico" del Cod ice anteriore (cfr. commento
al can. 1214). Cappell a privata in senso giuridico (Communicationes. a. 1980, pp.
339-3 40, can. l R) è un luogo dest inato, con la licenza dell'Ordinario del luogo , al
culto divino a vantaggio di una o più persone fisiche o di una fam iglia. Gli Ord inari
degl' Istituti religiosi e delle Soc ietà di vita apostoli ca clericali di diritto pontificio
possono costituire "oratori" all'interno delle loro case (can. 1223), ma non delle
"ca ppelle" di cui tratt a il can. 1226 .
A termine del can. 1190 del Codice prece dente, le ca ppelle cimiteriali erette da com unità, da 4431
famiglie o da persone private per la loro sepo ltura, sono cappelle private. In esse, tuttavia, l' Or-
dinario del luogo può permettere la celebrazione abituale di più Messe (can, 1194, Codice 19 17).

r Da tener present e : "Conviene fomentare il senso della comunità ecclesiale, che è alimentato
cd es presso in modo spe ciale nella celebrazione eucaristica comun itaria della domenica. sia intorno
al Vescovo, soprattutto nella cattedrale, sia nell'assemblea parroc chiale , il cui pastore fa le veci del
Vesco vo... Soprattutto la domeni ca e i giorni festiv i, le celebrazioni che si effettuano in altre chiese
ed oratori, debbono essere coo rdinate con le celeb razioni della chiesa parrocchiale, sì da essere di
aiuto all'azione pastorale. Anzi è utile che le piccole comunità di religio si non chierici e altre dello
stesso genere , soprattutto quelle che svo lgono la loro attività in parrocchia. parte cipino in quei
giorni alla Messa nella chiesa parr occhiale » s.c. dei Riti, Eucharisticum Mysterium. 25 maggio
1967, n. 26, I e 3 ( Enchir. Vllf., voI. 2, p. 1117, n. 1326).
482 LIBRO IV ~ Il "mun us sanctifica ndi' della Chie sa

CAN. 1228 - Firmo praeseripto Ferm o restando il disp osto del can.
ean. 1227, ad Missam aliasve sa- 1227. per la celebrazione della Messa o di
eras eelebrationesin aliquosaeello altre sacre funzioni in una capp ella priva-
privato peragendas requiriturOr- ta. si richiede la licenza dell'Ordinario del
dinarii loci Iicentia. luogo.
CAN. 1229 - Oratoria et sacella È conveniente benedire gli orato ri e le
privata benedici convenit secun- cappelle private, secondo il rito prescritto
dum ritum in libris Iiturgicis prae- nei libri liturgici; è d'o bbligo. invece, ri-
scriptum; debent autem esse divi- servarli esclusivamente al culto divino, te-
no tantum cultui reservata et ab nendoli liberi da ogni uso domes tico.
omnibus domesticis usibus libera.

4432 2) Le cappelle private dei Vescovi


1227 (/ 189*) È riconosciuta ai Vescovi - diocesan i, titolari ed e mer iti (ca nn.
376 e 402, § I), co nsac rati o sempliceme nte eletti - la faco ltà di costituire per sé
una cappe lla privata. È una faco ltà che i Vescov i hann o "ex iure" , per cui non hann o
bisogno di alcuna lice nza da parte dell'Ordinario de l luogo iComm unicationes, a.
1980. p. 340, can . 21).
Tale cappella è equip arata, giuridicamente. all'oratorio.

4433 3) La celebrazione della S. Messa e di altre fun zioni sacre


1228 (/ 194-1195*) A differenza deg li oratori, l'erezione di una cappella privata
mediante la licenza dell'O rdinario del luogo (can. 1226), non dà per sé alcu na facoltà
di celebrarvi gli atti pubblici di culto. Per la celebrazione della S. Messa e di altri
funzio ni sacre, è necessaria un' autorizzazione particolare del medesimo Ordinario, o
inclusa nella suddetta licen za o concessa a parte.
Le funzioni che è co nsentito celebrare sono dete rminate nell' autorizzazione. Rela-
tivamente alla Messa, è da ricordare quanto si è detto nel commento al ca n. 1225: la sua
celebrazione con una certa frequenza e sistematicità richiede la cost ituzio ne della cap-
pella in luogo sacro mediante la benedizione.
A norma del can. 1194 del Codice anteriore, l' Ordinario del luogo poteva permettere la
celebrazione dell a Messa negli or ato ri privati so lo "per mod um actus" , in cus u aliq uo
cxrraordinario. iusta et rationabili de causa, e inoltre "unius Missae eodem die", Per facoltà più
ampie, bisognava ricorrere alla Santa Sede (can. 1195, § l'' ).

4434 4) Una norma comune per gli oratori e per le cappelle private
1229 (1196*) Non è co nsentita la dedicazione degli oratori e delle ca ppelle priva te,
né, d'altra parte, è prescritta la loro benedizione costit utiva. L' attuale ca none dice sol-
tanto che è conveniente (conve nit) benedirli secondo il rito approv ato nei libri liturgici.
Tutt avia, indipendentemente dalla benedizione, sia gli oratori che le cappelle private
devono essere riservati esclu sivamente al culto divino, per cui non è ammesso alcun uso
privato o domestico. È quest a una limitazione di carattere pubblicistico al diritto di
proprietà privata, che deriva dal fatto stesso che gli oratori e le cappelle private sono
destinate al culto, mediante la licenza dell'Ordinario compet ente.
Il mini stro della benedi zione degli oratori è l'Ordinari o; delle cappelle pri vate,
l'Ordinario del luogo. Ess i posson o affi dare tale incari co a qualsiasi presbi tero
(can. 1207).
I santuari 483

CAPITOLO III
I SANTUARI

CAN. 1230 - Sanctuarii nomine Col nome di santuario s' intende una
intelleguntur ecclesia vel alius 10- chiesa o altro luogo sacro, al quale i fede-
cus sacer ad quos, ob peculiarem li, per un particolare motivo di pietà, si
pietatis causam, fidelesfrequentes, recano in pellegrinaggio in gran numero ,
approbante Ordinario loei, pere- con l'approv azione dell' Ordinario del
grinantur. luogo.

Istruzione CEI IO apr ile 1992, n. 109: "Col nome di cappella privata s ' intende il luogo
destinato. su licenza dell 'Ordinario del luogo, al culto divino in favore di una o più persone fisiche
(cfr. can. 1226) . Per celebrare la Messa o altre sacre funzioni in una cappe lla privata, si rich iede
la licenza dell'Ordinario del luog o (cfr. can. 1228).
La respon sabilit à amm inistrativa ed econom ica della cappe lla spe tta alla pers ona fisica che ne
è prop rietari a, fermo restando il diritto dell 'Ordinario diocesano di esercitare il propr io pote re di
vigi lanza (cfr . ca n. 12 13)" .

I SANTUARI (cann. 1230-1234) 4435


Schema
I . Con cett o e d istinzione 3. Le Basiliche
2. Norm e varie

I santuari rappresentano un capitolo nuovo nella normativa del Codice attuale sui
luoghi sacri. La loro figura era per altro delineata chiaramente nella dottrin a ed anche
in un docum ento ufficiale della Santa Sede, un "Rcsponsum" della S. Cong regazione
degli Stud i, in data 8 febbraio 1956' .
Per le norme dettale dalla Conferenza Episcopale Italiana circa i santuari e i pel-
legrinaggi che vi si compiono, v. il document o "Pastorale del tempo libero e del turismo
in Italia" , 2 febbraio 1980, nn. 41-44 iEnchir. CEI, voI. 3, pp. 54-56, nn. 78-81).

1. Concetto di santuario e distinzione 4436


1230 Il santuario è costituito da tre elementi:
IO Il luogo sac ro, che in genere è una chiesa.
2° L' afflu ire di un gran numero di fedeli, per un particolare motivo di pietà: la
venerazione di una reliqu ia insigne o di una immagine sacra oggetto di particolare culto
(Lisieux, Pompei), il ricordo di un fatto miracoloso (Lourdes, Fatima, Siracusa), ecc.
3° L'approvazione da parte dell'Ordinario del luogo. 4437
Il santuario sorge quasi sempre come espressione di pietà popolare. L'approvazione

I Nel det to "Resp onsum " è riportata la definizi one di sa ntua rio. app rovata da Pio XII:

«Sanctuarii nom ine intelli gitur ecc lesia se u aedes sacra di vino cultui publice exe rcendo dica ta, qu ae
ob pecul iarem pietatis ca usa rn (ex. gr. ob imagi nem sac ram ibi venerata rn, ob reliq uiam ibi
conditam, ob m iraculum quod Deus ibi operatus est, ob peculiarem indulge ntiaIO ibi lucrand arn ),
a fidelibu s constituìtur meta peregrin ati onum ad gratias impe trandas ve! vota solvenda» (X. OCHOA,
Leges Ecclesiae, Il, n. 2558, col. 3455) .
484 LIBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

CAN. 1231 • Ut sanctuarium dici Perché un santuario possa dirsi naziona-


possit nationale, accedere debet le, è necessario che ci sia l'approvazione
approbatio Episcoporum confe- della Conferenza Episcopale; perché pos-
rentiae; ut dici possit internatio- sa dirsi internazionale, si richiede l' appro-
naie, requiritur approbatio San- vazione della Santa Sede.
ctae Sedis,
CAN. 1232 - § l. Ad approbanda § 1. Per l'approvazione degli statuti di
statuta sanctuarii dioecesani, un santuario diocesano, è competente
competens est Ordinarius loci; ad l'Ordinario del luogo; per gli statuti di
statuta sanctuarii nationalis, Epi- un santuario nazionale, la Conferenza
scoporum conferentia; ad statuta Episcopale; per gli statuti di un santua-
sanctuarii internationalis, sola rio internazionale, soltanto la Santa
Sancta Sedes. Sede.
§ 2. In statutis determinentur § 2. Negli statuti siano definiti princi-
praesertìm finis, auctoritas recto- palmente il fine del santuario, l'autorità
ris, dominium et administratio bo- del rettore, la proprietà e l'amministrazio-
norum. ne dei beni.

dell'autorità ecclesiastica è successiva: viene data, per motivi di prudenza, solo dopo
una prolungata sperimentazione dei fatti e una loro attenta e ponderata valutazione. La
prima approvazione è, in genere, dell'Ordinario del luogo: senza di essa, non si ha il
santuario in senso proprio, ossia in senso giuridico. I santuari che sono tali per antica
tradizione, non hanno bisogno dell'approvazione dell'Ordinario del luogo.
4438 Varie specie di santuari
1231 I santuari possono essere diocesani, nazionali e internazionali.
r santuari diocesanihanno l'approvazione dell'Ordinario del luogo; quelli nazionali,
della Conferenza Episcopale; quelli internazionali, della Santa Sede.
Ovviamente, il santuario internazionale suppone l'affluire di fedeli da ogni parte del
mondo (Lourdes, Pompei, Loreto). Nel Santuario nazionale, i pellegrinaggi sono a ca-
rattere nazionale; in quelli diocesani, a carattere locale.

2. Norme varie

4439 I) Gli statuti


1232 È opportuno che i santuari abbiano un proprio statuto (can. 94), nel quale, per
assicurarne il retto e ordinato funzionamento, saranno determinati accuratamente:
- Il fine del santuario
- La nomina e i compiti del rettore
- La proprietà e l'amministrazione dei beni
Gli statuti, che di regola sono redatti dalle persone o dalla comunità che hanno cura
del santuario, devono ricevere l'approvazione della competente autorità: l'Ordinario del
luogo, per il santuario a carattere diocesano; la Conferenza Episcopale, per il santuario
a carattere nazionale; la Santa Sede, per il santuario a carattere internazionale.
Per diritto comune, gli statuti dei santuari non hanno carattere di obbligatorietà
(Communicationes. a. 1980, p. 343, can. 26), tranne che siano eretti in ente giuridico
(can. 117).
I santuari 485

CAN. 1233- Sanctuariis quaedam Ai santuari potranno essere concessi


privilegiaconcedipoterunt, quoties taluni privilegi, tutte le volte che ciò sem-
locorum circumstantiae, peregri- bri consigliabile per le circostanze locali,
nantiumfrequentiaet praesertim fio la frequenza dei pellegrini e soprattutto il
deliumbonumidsnadere videantur, bene dei fedeli .
CAN. 1234 - § 1. In sanctuariis § 1. Nei santuari si offrano ai fedeli con
abundantius fidelibus suppediten- maggiore abbondanza i mezzi di salvezza,
tur media salutis, verbum Dei se- con l'annunzio frequente della parola di
duloannuntiando, vitamliturgicam Dio, con l'opportuno incremento della
praesertim per Eucharistiae etpae- vita liturgica specialmente attraverso la
nitentiaecelebrationemaptefoven· celebrazione dell'Eucaristia e della peni-
do, necnon probatas pietatis popu- tenza, come pure con la pratica delle for-
laris formas colendo. me approvate di pietà popolare.
§ 2. Votivaartis popularis et pie. § 2. Le testimonianze votive dell'arte
tatis documenta in sanctuariis aut popolare e della pietà, esposte nei santuari
locis adiacentibus spectabilia ser- o in locali adiacenti , siano conservate e
ventur atque secure custodiantur. custodite con la debita sicurezza.

Poiché numerosi santuari sono affidati alla cura d'Istituti religiosi o similari, durante la
reda zione del nuovo Codice alcuni prop osero che venissero determinati i diritti di tali Istituti
e le loro relazioni con l'Ordinario del luogo . Ma i Consultori del Gruppo di Studio " De loci s
et de temporibus sacris deque cultu div ino" ritennero quasi all'unanimità che tale determina-
zione non fosse nece ssaria. poiché , anche relativamente ai santuari, i rapporti fra l'Ordinario
del luogo e gl'Istituti sono soggetti alle norme comuni (Commumcationes, a. 1980, pp. 343-
344. can . 26).

2) Concessione di privilegi 4440


1233 Ai santuari sogliono essere concessi particolari privilegi, in ragione delle
circostanze locali, della frequenza dei pellegrini e soprattutto del bene dei fedeli.
Tali privilegi possono essere vari: privilegi di carattere liturgico, speciali facoltà ai
confessori. particol ari indulgenze, ece .

3) L'attività dei santuari 4441


1234, § l Lo scopo dei santuari è soprattutto quello di promuo vere il bene delle
anime, offrendo loro con maggiore abbondanza i mezzi di santificazione e di salvezza,
quali sono in particol are:
- L'annunzio della Parola di Dio
- Le celebrazioni liturgiche, specialmente quelle eucaristiche
- L'ascolto delle confe ssioni sacramentali
l santuari sono stati definiti da Giovanni Paolo Il. nel suo discorso al Santuario di
Zapopàn, Messico, 30 gennaio 1979: «Luoghi di conversione, di penitenza e di ricon-
ciliazione con Dios ',

2 Spesso , purtroppo, i pellegrinaggi ai santuari si trasformano in semplici viaggi turistici . Essi


invece, nello spirito della Chiesa. rappresentano momenti forti di spiritualità, di meditazione e di
conversione. Coloro che li organizzano devono soprattutto dare ad essi un contenuto e uno scopo
essenzialmente religioso. in modo che siano veramente giornate di grazia.
486 LIBRO IV - Il "mUl1l1Ssancrificandi' della Chiesa

4442 Nei santuari va anche favorita la pratica della pietà popolare. Sulla importanza di
tale pietà ha insistito Paolo VI nella Esort. Ap. Evangelii nuntiandi dell'8 dicembre
1975, n. 48:
- La religiosità popolare è oggi un po' dappertutto l'oggetto di una riscoperta... Essa ha
certamente i suoi limiti. E frequentemente aperta alla penetrazione di molte deformazioni della
religione, anzi di superstizioni ... Ma se è ben orientata, soprattutto mediante una pedagogia di
evangelizzazione, è ricca di valori. Essa manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri
possono conoscere. Rende capaci di generosità e di sacrificio fino all'eroismo, quando si tratta di
manifestare la fede. Comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la
provvidenza, la presenza amorosa e costante. Genera atteggiamenti interiori raramente osservati
altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli
altri, devozione. A motivo di questi aspetti, Noi la chiamiamo volentieri "pietà popolare", cioè
religione del popolo, piuttosto che religiosità (Insegnamenti di Paolo VI, vol. XIII, p. 1463).

4443 4) Precauzioni di sicurezza


1234, § 2 La Chiesa si preoccupa non solo della conservazione e della tutela
delle immagini preziose (can. 1189), di quelle particolarmente venerate (can. 1190,
§ 3) e delle sacre reliquie, specialmente di quelle insigni (can. 1190, §§ 1-2), ma
anche delle testimonianze votive dell'arte c della pietà popolare. Il § 2 dispone
espressamente che esse siano debitamente conservate cd esposte (spectabi lia
serventur) nei santuari o in luoghi adiacenti, e custodite con la necessaria sicurezza.
Circa le norme e direttive, emanate a tal riguardo dalla Santa Sede e dalla Conferenza
Episcopale Italiana, v. n. 4418.
È anche da ricordare il can. 1292, § 2, che, per l'alienazione dei "doni votivi", prescrive "ad
validitatem" la licenza della Santa Sede.

4444 3. Le basiliche
Il Codice attuale non accenna alle basiliche, a cui invece il Codice anteriore dedi-
cava il can. 1180*.
Le basiliche sono chiese insigni per antichità, celebrità o magnificenza. Le quat-
tro patriarcali romane: S. Giovanni in Laterano, S. Pietro in Vaticano, S. Paolo fuori
le Mura e S. Maria ad Praesepe, si chiamano maggiori. Le altre son dette minori.
Affini alle maggiori sono le Chiese di S. Francesco e di S. Maria degli Angeli in
Assisi.
La normativa sulle basiliche è contenuta nel Decreto della Congregazione dei Riti
Domus Dei decorem, 6 giugno 1968: X. OCHOA, Leges Ecclesiae, III, n. 3663, colI.
5383-5385.

4445 CHIESE, ORATORI E SANTUARI NELLA ISTRUZIONE DELLA C.E.I.


Riportiamo unitariamente quanto è stabilito a tal riguardo nel Decreto generale
emanato dalla Conferenza Episcopale Italiana il l° aprile 1992, nn. 88-109 dell'VJlI
capitolo. Considerata la particolare importanza della normativa, che si richiama larga-
mente alle disposizioni concordatarie, riteniamo opportuno trascrivere l'intero capitolo,
distribuito dettagliatamente in vari punti.
4446 Schema
I. Condizione giuridica delle Chiese in genere 5. La Chiesa parrocchiale
2. La Chiesa cattedrale 6. La Chiesa annessa a una persona giuridica
3. La Chiesa rettori aie 7. L'Oratorio
4. La Chiesa santuario 8. La Cappella privata
Chiese, oratori e santuari 487

I - LA CONDIZIONE GIURIDICA DELLE CHIESE IN GENERE 4447


l. Concetto e fi na lit à: «La chiesa è un edificio sacro destinato al culto divino, ove
i fedeli hanno diritto di entrare per esercitare, soprattutto pubblicamente, tale culto (cfr.
can. 1214)>> (n. 89, I).
2. Funzione pastorale: «Le chiese, tutte destinate al culto pubblico, hanno diversa 4448
funzione pastorale secondo la comunità di fedeli che ne ha l'uso e prevalentement e vi
celebra la liturgia con il consenso del Vescovo diocesano. Ai fini della qualificazione
giuridico-pastorale della chiesa non è rilevante il soggetto proprietari o dell'edificio, ma
solo il soggetto (necessariamente ente ecclesiastico) che ha l'uso della chiesa e vi ce-
lebra la liturgia.
Nel caso che una chiesa abbia una duplice o triplice funzione pastorale, compete al
Vescovo diocesano, sentite le parti interessate, determinare quale funzione pastorale sia
prevalente, cioè dare la qualificazione giuridico-pastorale in modo che sia individuata,
anche agli effett i civili, la persona giuridica responsabile dell'esercizio del culto; si
rende però necessaria tra le parti una convenzione, nella quale siano precisate le moda-
lità di collabora zione nell'esercizio del culto» (n. 89, 2-3).
3. La competenza del Vescovo diocesano: «La destinazione di un edificio al culto 4449
pubblico, la qualificazione giuridico-pastorale di una chiesa e la riduzione di una chiesa
a un uso profano competono al Vescovo diocesano (salva la competenza della Santa
Sede in casi particolari); questo consegue dal principio che la liturgia può essere legit-
timamente celebrata solo in comun ione e solto l' autorità del Vescovo (cfr. cann. 838,
*
899, 2)>> (n. 90).
4. Norme canoniche: «Tra le nonn e canoniche di particolare rilievo circa le chiese 4450
si ricordano le seguenti:
a) La costruzione di una nuova chie sa richiede il previo consenso scritto da l
Vescovo diocesano, udito il consiglio presbiterale e i rettori delle chiese vicine (cfr.
can. 1215);
b) La chiesa deve essere dedicata o almeno benedetta (cfr. can. 1217);
c) Nella chiesa legittimamente dedicata o benedetta si possono compiere tutti gli
atti del culto divino , salvi i diritti parrocchiali (cfr. can. 1219);
d) Nel luogo sacro, in particol are nella chies a, può essere consentito solo quanto
serve all' esercizio e alla promozione del culto, della pietà, della religione e dev 'es-
sere vietata qualunque cosa che sia aliena dalla santità del luogo (cfr. can. 1210»> (n.
9 1, I parte ).
5. Norme concordatarie: «È bene avere presenti anche le norme concordatarie 4451
circa le chiese, contenute nell' art. 5 dell' Accordo di revisione del Concordato:
- "Gli edifici aperti al culto non possono essere requi siti , occupati, espropr iati
o dem oliti se non per gravi ragioni e previo accord o con la competente autorità
ecclesiastica".
- "Salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non potrà entrare , per
l'esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al pubblico, senza averne dato previo
avviso all'autorit à ecclesiastica".
La norma civile di maggior rilievo circa le chiese è quella contenuta nell'art. 831,
comma secondo , del Codice Civile: "Gli edifici destinati all'esercizio pubblico del culto
cattolico, anche se appartengono a privati, non possono essere sottratti alla loro desti-
nazione neppure per effetto di alienazione, fino a che la destinazione stessa non sia
cessata in conformità delle leggi che li riguardano?» (n. 9 1, Il parte).
488 LIBRO IV- 11 "rnu nus sanctiì'i candi" della Chic.xa

4452 6. La proprietà del sacro edificio: «La proprietà di un edi ficio di culto può
essere diversamente intest ata nei registri immobiliari:
- A un ente ecclesiastico (es. diocesi, parrocchia, ente chiesa, capi tolo . istituto
di vita co nsacrata, confraternita, seminario o altro ente);
- A un ente pubbli co (es . dem anio, Fondo ed ifici di culto , comune, IPAB o
altro ente);
A una persona giuridi ca privata ;
- A una persona fisica» (n. 92, I).
4453 7. L 'eventuale convenzione: «Nel caso che il soggetto proprietario della chiesa sia
distinto dalla comunità di fedeli che ne ha l'uso e vi celebra la liturgia, il che si verifica
in ogni caso quando il proprie tario è una persona fisica o un ente non ecclesiastico, si
rende necessaria tra le parti una convenzione per la concessione in uso dell 'edificio di
culto alle cond izioni da determinarsi.
Il proprietario infatti non può sottrarre l'edificio alla destin azione di culto. a
norm a dell'art. 831 del Codice Civile. Né d'altra parte è ipotizzabiIe che lo stesso
propri etario dell' edificio abbia la " gestione" del culto, dato il pri ncip io che il sogget-
to che celebra la sacra liturgi a può essere soltanto una comunità di fedeli in comu-
nione con il Vescovo diocesano. Resta pertanto come unica possibilità che il soggetto
proprietario conceda l'edificio in uso alla comunità di fedeli designata dal Vescovo
per l'esercizio del culto» (n . 92, 2· 3).
4454 8. La personalità giuridi ca nell 'ordinam ento canoni co: «Nell' ordi namento ca-
nonico vigente fino al 26 novembre 1983, tutte le ehiese erano person e morali per
disposizione stess a del diritto ritenute pubbli che dalla più autorev ole dottrina. Con
l' entrata in vigo re dell 'attuale Codi ee di Diritto Canoni co, le nuove chiese sono
persone gi uridiche pubbli che se erette come tali con form ale decret o dell' autor ità
ecclesiastica . Alcune chiese hann o com e funzione pasto rale prevalente la ce lebrazio-
ne dell a liturgia da parte di una parrocehia o di altra persona giuridica pubbli ca: tali
chiese si dico no annesse a una persona giuridica. Altre chiese invece, denom inate
rettorie (can. 556), sono desti nate al culto pubblico per i fedeli di tutt a la diocesi con
una finalità pastorale specifi ca determinata dal Vescov o: per queste è nece ssaria
l'erezione in persona giuridica pubbli ca» (n. 93, I).
4455 9. L' ordinamento italiano: «Nell' ordinamento italiano occo rre distinguere:
- Le chiese annesse ad altra persona giuridica che sia civilmente riconosciuta
come ente ecclesias tico non possono in futuro essere riconosciute civilmente (cfr. art. Il
della Legge 222/ 1985);
- Le altre chiese invece possono ancora essere ricon osciut e ai se nsi dell' art. Il
della Legge 222/1985 se già non lo sono: anzi è bene che il Vesco vo rich ieda tale
rico nosci mento, in modo che sia individuato un soggetto responsabile dell ' attiv ità di
culto» (n. 93, 2).
4456 IO. La responsabilità pastorale ed economica: «La respon sabilità pastorale di una
chiesa compete al sacerdote denomin ato comunemente "rettore" o con altro titolo secon-
do la diversa qualificazione pastorale della chiesa stessa.
La responsabilità econom ica di una chiesa compete al rettore (se questa ha la
personalità giuridica) o all'amministratore dell 'ente ecclesiastico cui la chiesa è annessa
(se questa non ha la personalità giuridica); in questo secondo caso l' ammin istrazione
dell' attività di culto è assorbita nell' amministrazione dell'ente ecclesiastico cui la chiesa
è annessa» (n. 94).
Chiese. oratori c santuari 489

Il. Le fabbricerie: «Sotto il nome di fabbricerie si comprendono tutte le ammini- 4457


strazioni le quali con varie denominazioni, di fabbriche, opere, maramme, cappelle, ecc.,
provvedono, in forza delle disposizioni vigenti, all'amministrazione dei beni delle chiese
e alla manutenzione dei rispettivi edifici» (art. 15, comma secondo, Legge 27 maggio
1929, n. 848).
Le fabbricerie esistenti sono disciplinate dall'art. 72 della Legge n. 222/1985, dagli
articoli 15 e 16 della Legge 848/1929 e dagli articoli 35-41 del Regolamento di esecu-
zione della Legge 22211985» (n. 95 ,1-2).
12. Chiese soggetto di personalità giuridica: «Le chiese con personalità giuridica 4458
(cattedrali, rettorie, santuari) che hanno una fabbriceria sono amministrate, in deroga ai
cann. 1279 e 1280 (i quali prevedono il Vescovo o il rettore come amministratore unico
dell'ente chiesa coadiuvato dal consiglio per gli affari economici), dal consiglio di
fabbrica, fermo restando che il Vescovo o il rettore hanno la rappresentanza legale
dell'ente chiesa cattedrale o rettoria e che il consiglio non ha alcuna ingerenza nei
servizi di culto.
Le competenze del consiglio di fabbrica sono determinate dall'art. 37 del Regola-
mento approvato con il DPR 33/1987» (n. 95, lett. A).
13. Chiese parrocchiali che hanno perduto la personalità giuridica: «Circa le 4459
chiese parrocchiali (che hanno perso la personalità giuridica a norma dell'art. 30 della
Legge 22211985), occorre distinguere:
a) Le fabbricerie che non erano persone giuridiche hanno cessato di esistere alla
data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Decreto ministeriale, che ha estinto le
chiese parrocchiali; l'estinzione della fabbriceria è accertata con decreto del Ministro
dell'interno (art. 41 del Regolamento);
b) Alcune fabbricerie che erano persone giuridiche, in quanto avevano un proprio
patrimonio distinto da quello dell'ente chiesa parrocchiale, continuano a esistere, con la
duplice funzione di amministrare i beni di loro proprietà e di esercitare le competenze
previste dall'art. 37 del Regolamento in relazione alla manutenzione dell'edificio di
culto parrocchiale; in tale ipotesi la parrocchia deve avere un proprio consiglio per gli
affari economici a norma del can. 537 per trattare tutti gli altri affari, che non sono di
competenza della fabbriceria» (n. 95, letto B).
14. La classificazione delle chiese: «II Vescovo diocesano provveda alla classifi- 4460
cazione delle chiese esistenti nel territorio della diocesi secondo la qualificazione giu-
ridico-pastorale, in modo da essere in condizione di poter certificare la condizione
giuridica di ciascun luogo di culto a richiesta dell'autorità civile o degli interessati.
Il Vescovo proceda con decreto alla ricognizione della qualificazione giuridico-
pastorale delle chiese, ove già nota dagli atti della curia, e alla determinazione della
qualificazione, ove ancora incerta.
In caso di dubbio circa la qualificazione da dare, sarà opportuno scegliere quella di
"chiesa annessa alla parrocchia" nel cui territorio l'edificio di culto si trova, in modo che
la responsabilità della chiesa competa al parroco.
Ogni successiva variazione della qualificazione giuridico-pastorale delle chiese ri-
chiede un formale decreto del Vescovo diocesano. Qualora la variazione comporti
l'estinzione della personalità giuridica dell'ente chiesa (es. da chiesa rettoria a chiesa
parrocchiale) o l'erezione dell'ente chiesa (es. da chiesa parrocchiale a chiesa rettoria,
da chiesa annessa a chiesa rettoria), il Vescovo dovrà fare esplicita menzione di ciò nel
decreto e procedere, per il riconoscimento agli effetti civili del medesimo, ai sensi degli
articoli 3 o 20 della Legge 222/1985» (n. 96).
490 LIBRO IV - Il " munus sanctifi candi" della Chiesa

4461 II " LA CHIESA CATIEDRALE


I. La condizione giuridica: «La condizione gi uridica delle chiese ca ttedra li è at-
tualment e diversa da diocesi a diocesi, seco ndo i precedenti storici e gli statuti partico-
lari di ciascuna cattedrale» (n. 97, I).
4462 2. La precisa/orma tipica : «Considerato che alla chiesa catte dra le sono interessa te
diverse persone giuridiche (l'ente "c hiesa cattedrale" se questa ha la personalità giuri-
dica, la dioce si, il capitolo, la parrocchia, l' ente proprietario dell' edificio di culto se
questo non è di proprietà di uno degli enti predett i), è necess ario che la cond izione
giuridica della cattedrale sia determin ata con estrema ch iarezza in una delle forme
tipiche, al fine di impostare correttamente per il futuro i rapporti tra le diverse persone
giuridiche interessate» (n. 97, 2).
4463 3. Chiesa cattedrale con personalità giuridica propria: «La ch iesa cattedrale co n
personalità giuridica propria è un ente a sé stante con propri a amministrazione distinta
da quell a di altre persone giuridic he (es. diocesi , capitolo, parrocchia) e può essere retta
e amministrata (salvo quanto detto più sopra circa le fabbrice rie) nei seguenti modi:
a) Dal capitolo cattedr ale;
b) Da un rettore; -
c) Dal Vescovo diocesano» (n. 97, 3).
4464 4. Chiesa cattedrale priva di personalità giuridica: «La chiesa cattedr ale che non
ha personalità giuridica è da considera re annessa all'ente dioc esi e pertanto è retta e
amministrata personalmente dal Vescovo diocesano; non ha un'ammini straz ione pro-
pria, ma questa è assorb ita nell'amministrazione della dioce si- (n. 97, 4).
4465 5. Concreta determinazione da parte del Vescovo diocesano: «Il Vescovo dioce sa-
no nel quadro del rio rdinamento degli enti e dei beni ecclesiastici, valut i qu ale sia tra
le forme tipiche quella più rispondente all' utilità pastorale dei fedeli e allo stato di fatto,
e ado tti quind i i prov vedimenti necessari, nelle forme valide anche nell' ordinamento
civ ile, per dare alla chiesa cattedrale la condizione giuridica desiderata.
In linea di massima si possono dare queste indicazioni:
- Se la cattedrale è sede di parrocchia, la responsabilità pastorale ed economica
sia affidata al parro co (mediante uno specifico decreto di nomin a della persona del
parroco a rettore della cattedrale o mediant e esplicita norm a nello statuto della cattedra-
le, che attribuisca al parroco pro-tempore l'ufficio di rettore della cattedra le;
- Se la cattedrale non è sede di una parrocchia, sia rett a dal capitolo o dal Ve-
sco vo diocesano» (n. 98).
4466 6. Capitoli cattedrali: «II Vesco vo diocesano , co ntestualmente alla dete rminaz ione
della co ndizio ne giuridi ca della chiesa cattedra le, provveda anche a definire i compiti
de l capitolo cattedrale, a norma del ca n. 503 , e a disporre la separazio ne del capitolo
dall a parrocch ia a norma del ca n, 510, § l , qualora il capitolo avesse anco ra unita la cura
di anime.
L' art. 14 della Legge 222 rimette alla valutazione dell' autor ità eccles iastica l'even-
tuale revoca del riconoscimento civ ile dei capitoli, nel caso che questi non abbiano più
ragion e di esistere, quando cioè non sono necessari ad assolvere le funzioni liturgiche
più so lenni nella chiesa cattedral e e a svolgervi servizi pastorali .
Nel caso di soppressione di un capitolo, da farsi con la procedura prevista dall'art.
20 della Legge citata, il residuo patrimonio dovrebbe essere devoluto alla rispettiva
parrocchia o chiesa rettoria per la parte con destinazione di culto o pastorale, e all'i sti-
tuto diocesano per il sostentamento dcI clero per la parte già destinata a rimun erazione
dci canonici.
Chiese. oratori c santuari 491

Si rammenti che la richiesta di revoca e il provvedimento di soppressio ne del


cap itolo cattedrale sono riservati alla Sede Apostoli ca» (n. 99).

m - LA CHIESA RETTORIALE CON PERSONALITÀ GIURIDICA 4467


I. Concetto e fin alità: «La rettori a è una chie sa che non ha come funz ione pastorale
la celebrazione della liturgi a da parte di una specitica comunità di fedeli , ma è de stinata
al culto pubbli co per i fedeli della dioce si, con finalità pastorale specifica determin ata
dal Vescovo diocesano» (n. 100, I).
2. L 'ordinamento civile: «Nell' ordinamento civile oceorre distin guere: le chiese 4468
rettoriali , come tutte le chie se erette prima del Concordato Lateranensc, conservano la
personalità giuridica civile che avevano (cfr. art. 29 , lett. a) del Con cordato e art. 7, n.
2 dell' Accord o di revi sione ); quell e erette dop o il Concordato Lateranen se possono
essere rico nosci ute con formale decreto del Capo dello Stato» (n. 100 , 2).
3. Le norme canoniche: «La chie sa rettoriale è regolata dal Codi ce d i Diritto Cano- 4469
nico , in partic olare dai canoni 556-563 , e dallo statuto, nel caso ne abb ia uno proprio»
(n. 100, 3).
4. Il rettore e la sua responsabilità pastorale: «II rettore viene nomin ato libera- 4470
mente dal Vescovo diocesano, a meno che a qualcuno non competa legittimamente il
diritto di elezione o di presentazione; in tal caso spetta al Vescovo diocesano confermare
o istituire il rettore (cfr. can. 557) .
La responsabilità pastorale della chiesa rettori ale compete al rettore » (n. 100, 4).
5. L 'amministrazione della chiesa: «L' ente chie sa ha amministrazione prop ria ed 4471
è rappresentata dal retto re. Nel caso che la chiesa rettoriale abbia un consiglio di fab-
brica (denominato fabbriceria o con altro nome particolare), la responsabilit à eco nomica
compete al consiglio di fabbric a (con voto deliberativo). Nel caso che non vi sia un
consiglio d i fabbrica, la responsabilità economica dell a chiesa rettorial e compete al
rettore ; que sti è coadiuvato, nel suo compito di amministratore unico, da un co nsiglio
per gli affa ri economi ci o da almeno due con siglieri (co n voto con sultivo), a norm a del
can. 1280» (n. 101, l).
6. Il soggetto giuridico: «L 'ente chiesa rettoriale è il soggetto giurid ico che esercita 4472
l' attività di culto ed è titolare dei rapporti giuridi ci relativi (es . contratti per le utenze
di elettri cità e acqua. contratto di lavoro con il sacrista, responsabilità civile verso terzi )»
(n. 101, 2).
7. La necessaria convenzione con l' eventuale proprietario della chiesa: «Nel caso 4473
che l' edificio di culto e locali anne ssi non siano di proprietà dell'ente chiesa, si rende
necess aria una con venzione tra il soggetto prop rietario e l'ente chie sa per la conc essione
in uso dell'edificio di culto e locali annessi, alle condizioni da determinarsi» (n. 101, 3).
8. Chiesa reuoriale affidata a un istituto religioso o a una società di vita apostolica: 4474
«La chie sa rettoriaie può essere affidat a a un istituto religioso clericale o a una società
clericale di vita apostolica mediante una con venzione tra la diocesi e l'istituto. La chiesa
rettoriale in tale caso resta sotto la giurisdizione del Vescovo diocesano, il quale istituisce
il rettore presentato dal superiore maggiore a norma del can. 577, § 2» (n. 101, 4).

IV - CHIESA SANTUARIO 4475


l. Concetto e fine: «Col nome di santuario si intende la chiesa o altro luogo sacro
ove i fedeli, per un peculiare motivo di pietà, si recano numerosi in pellegrinaggio con
l'approvazione dell'Ordinario del luogo (cfr. can . 1230)>> (n. 102. I).
492 LIBRO IV . Il "mu nus sa nctiflrundi" della Chiesa

4476 2. L' autorità competente: «L' autorità comp etente per la qua lificazione com e "sa n-
tuario" di una ehiesa o altro luog o sac ro e per l' approvazione degli statuti del medesimo
santuario è "Ordinario del luogo per i santuari diocesani , la Con feren za Episcopale per
i santuari nazionali e la Santa Sede per i santuari intern azionali (cf r. can. 1232, § l,
delibera CEI, n. 34)>> (n. 102, 2).
4477 3. Funzione pastorale del santuario: «La funzione pastorale del santuario è l' eser-
cizio del cult o da parte dei fedeli di tutta una diocesi (o nazion e o chiesa universale ) e
pertanto la chiesa -santuario non può considerarsi chiesa annessa a un istituto religioso
o a una determin ata comunit à di fedeli. anche se quest o ente è prop rietario dell 'immo-
bile» (n. 102. 3).
4478 4. Condizione giuridica e statuto: «La condizio ne giuridica dell a chiesa quali ficata
santuario è pari a quell a delle altre rettorie con person alità giuridica canonica, salvo
quanto previ sto dai cann. 1230-1234 e dagli statuti propri del santu ario.
Ogni santuario deve avere uno sta tuto app rovato dall ' autorità comp etente a norma
del ca n. 1234, § I» (n. 103 , I).
4479 5. La vigilanza da parte dell'autorità ecclesiastica: «II santuario è sotto la specia le
vigila nza dell 'autorità ecclesiastica che ha approvato lo statuto, anche perc hé l' esercizio
del culto in tale luogo riguarda i fedeli di tutta la diocesi (o nazione o chiesa uni versale);
com pete alla medesima autorità anche la tutela sull' amministrazione dei ben i del san-
tuario» (n. 103, 2).
4480 6. L 'approvazione dello statuto: «Nel caso che un santuario si trovi attualment e in
una situazione di fatto diversa da quella prevista dalla norm ativa vigente. il Vesco vo
diocesano pro vveda, a nonna del can . 1232, § I, ad approvar e uno statuto redatto
secondo i principi sopra indicati , e a chiedere il ricono scimento civile della person alità
giuridica se il santuario già non l' abbi a» (n. 103, 3).
4481 7. Santuario in senso lato: «La denomin azione "santu ario" in senso lato può essere
conservata, per motivi storici e trad izionali, anche per quelle chiese e luogh i che non
siano qualificati santuari o in senso strettamente giuridico a norma dei cann . 1230-1234»
(n. 103,4).
4482 8. Santuari sede di una parrocchia: «La qualificazione di una chiesa sede di una
parro cchia come "s antuario" significa il riconoscimento da parte del Vescovo che la
chiesa ha come funzion e pastorale prevalente la celebrazione del cult o da parte dei fedeli
che si reca no in pellegrinaggio rispetto alla celebrazione della comun ità parrocchiale.
In caso contrario la chiesa sarebbe qualificata chiesa parrocchial e e potrebbe essere
denominata "sa ntuario" in senso lato, non giurid ico.
Sarà di competenza del santuario provvedere alla custodi a e manut enzione dell'edi-
ficio di culto , all' eserciz io del culto (a ecce zione delle celebrazioni parro cchiali) e alla
pastorale di accog lienza dei pellegrini. Sarà invece di compe tenza dell a parroc chia prov-
vedere alla custodia e manutenzione dci locali parrocchiali, alle celebrazioni parrocchiali
e all ' atti vità pastorale della comu nità parroc chiale» (n. 104).
4483 9. Santuari affi dati a istituti religiosi o a società di vita apostolica: «Il Vescovo
dioc esano può affidare la retto ria di un santuario, per statuto o mediante con venzione,
a un istitut o religioso clericale o a una socie tà clerical e di vita apo stolica e d isporre
"assegnazione al medesimo istitut o di una parte delle offe rte ricevut e dai pellegrini.
Nel caso che il Vesco vo dioc esano intend a affidare a un istituto religioso cleri cale
o a una società cleri cale di vita apostolica un santuario che sia anche sede di una
parrocchi a, do vrà fare con l'istituto una specia le co nvenzione. che prevede il duplice
affidamento del santuario e della parrocchia come persone giuridiche ben distint e, con
due distinte amministrazioni.
Chiese. oratori C santuari 493

Il Vescovo avrà cura di nominare lo stesso religioso ai due uffici di rettore e di


parroco, a meno che le circostanze non suggeriscano diversamente» (n. 105).

v - CHIESA PARROCCHIALE 4484


I. Chiesa annessa giuridicamente in senso proprio a una parrocchia: «Con il
nome di chiesa parrocchiale si intende, in senso proprio, la chiesa che è sede di una
parrocchia e annessa giuridicamente alla medesima; essa infatti, a norma degli artt. 30
e I I della Legge 222/1985, non può avere autonoma personalità giuridica.
La chiesa sede di una parrocchia non necessariamente si qualifica però chiesa
parrocchiale . Una parrocchia infatti può avere sede definitiva anche in una chiesa cat-
tedrale o in un santuario , e può avere sede provvisoria in una chiesa annessa a un'altra
comunità di fedeli, nella quale è temporaneamente ospite» (n. 106, 1-2).
2. Parrocchie costituite o trasferite definitivamente in una chiesa già esistente: 4485
«Nel caso che una parrocchia sia costituita o trasferita definitivamente in una chiesa già
esistente, questa assume la qualificazione giuridica e pastorale di chiesa parrocchiale, a
meno che sia chiesa cattedrale o santuario, con queste consegue nze:
a) Se si tratta di una chiesa rettoria, il decreto vescovile deve prevedere l' estinzione
dell' ente chiesa;
b) Se si tratta di una chiesa annessa a un istituto religio so clericale o a una
soci età di vita apostolica, si rende necessaria una convenzione tra l'istituto e la
diocesi a norma del can. 520, avente per oggetto la concessione in uso alla parrocchia
dell'edificio di culto e dei locali anne ssi, alle condi zioni da determinarsi (nell' ipotesi
che l'istituto sia proprietario degli immobili) , e l' affidamento della cura pastor ale
della parrocchia all'istituto;
c) Se si tratta di una chiesa annessa a un istituto religioso laicale o femminile, a
una società laicale di vita apostolica, a un istituto secolare, a una confratern ita o ad altro
ente ecclesiastico, si rende necessaria una convenzione tra l'i stituto o altro ente eccle-
siastico e la parrocchia, avente per oggetto la concessione in uso dell'edificio di culto
e dei locali annessi alle condizioni da determinarsi (nell'ipotesi che l'istituto o altro ente
ecclesiastico sia proprietario degli immobili), e la collaborazione eventuale dell' istituto
o altro ente alle attività parrocchiali» (n. 106, 3).
3. Parrocchie costituite o trasferite provvisoriamente in una chiesa già esistente: 4486
«Nel caso che una parrocchia sia provvisoriamente costituita o trasferit a in una chiesa
già esistente, questa non assume la qualificazione giuridica c pastorale di chiesa parroc-
chiale. ma conserva la propria qualific azione; si rende perciò necessaria una convenzio-
ne tra la persona giurid ica ospitante e la parrocchia ospitata, nella quale si determini in
particolare l' esercizio del culto da parte della parrocchia» (n. 106,4).

VI - CHIESE PRIVE DI PERSONALITÀ GIURIDICA PROPRIA E AN- 4487


NESSE A UNA DIVERSA PERSONA GIURIDICA
I. La f unzione pastorale delle dette chiese: «Le chiese annesse a una persona
giuridica hanno come funzione pastorale prevalente la celebrazi one della liturgia da
parte della comun ità di fedeli cui sono annesse; esse, a differenz a degli oratori, sono
aperte a tutti i fedeli per esercitarvi pubblicamente il culto divino» (n. 107, J).
2. L'amministrazione economica: «Le chiese annesse non hanno personalità giuri- 4488
dica nell' ordinamento civile : la loro amministrazione è assorbita nell' amministrazione
della persona giuridica cui sono annesse; la responsabilità economica di esse compete
all' amministratore della persona giuridica cui sono annesse» (n. 107, 2).
494 LIBRO IV - Il "munu s sanctificandi' dell a Chie sa

4489 3. Le competenze pastorali: «Per qu anto riguar da l'Immediata responsab ilità pasto-
rale, occ orre distingu ere. Secondo i vari casi essa compete :
- Se chiesa parrocchi ale annessa alla parrocch ia: al parroco ;
- Se chi esa annessa al capitolo: al cano nico che ha la respon sabilità dc i culto a
norm a dello statuto capitola re;
- Se chies a annessa a un a casa di un istituto religioso clericale o di una soci età di
vita apo stoli ca: al superiore dell a casa (que sti, pur essendo den ominato comunemente "ret-
tore ", non è rettore nel sen so proprio del can. 556 e perciò non è nominato dal Vescovo);
- Se c hies a annessa a un a casa di un istituto religi oso laicale o femm in ile o di
una soc ietà laicale o femm inile di di vit a apo stolica o di un istituto sec ol are: al rett ore
nom inat o dall'Ordin ario diocesano . Il Codice preved e c he sia retto re il ca ppe lla no
stesso de lla casa reli giosa , a men o che la cura della co mu nità o dell a chi esa non es iga
altra scelta (cfr. can . 570) , e ch e l'Ordin ario del luog o non proceda alla nomi na dci
cappell an o senza ave r co ns ultato il superiore , il quale ha il di ritt o, se ntita la co mu-
nità , di proporre qu alche sa ce rdo te (c fr. ca n. 567, § I);
- Se chiesa annessa a una confraterni ta: al rettore nom inato dall'Ordin ario dioce-
sano (q uest i dov rebbe esse re lo stesso ca ppellano dell a co nfraterni ta, a meno che la cura
dell a co munità o dell a chiesa non esiga altriment i);
- Se chiesa annessa a un seminario o ad altro ente ecc lesias tico: al rett or e nomi-
nato dal Vescovo diocesano (questi dovrebbe essere lo stesso rettore del sem inario o del
collegio retto da chierici cui la chiesa è anne ssa, a meno che il Vescovo dio cesano non
abbia stabil ito altrimenti );
- Se chiesa ann essa a una parrocchia: al parroco» (n. 107, 3).

4490 VII - L'ORATORIO


I. Concetto di oratorio: «Col nom e di oratorio si intende il luogo destin ato, su
Iiccnza dcII' O rdi nario al culto divino in favore di una comunità o di un grup po di fedeli
che ivi si radun ano, e al qua le possono accedere anche altri fedeli con il co nse nso del
supe riore compete nte» (n. 108, I ).
4491 2. Le celebrazioni sacre: «Negli oratori legittimamente cos tituiti si pos sono com-
piere tutte le celebrazioni sacre , a meno che alcune non sian o eccettuate dal dir itto o per
disposizione dell'Ordinario dcI luogo, oppure non vi si oppongan o le norme liturgiche»
(can. 1225 ) (n. 108, 2).
4492 3. L 'Ordinario competente: «L' Ordinario com petente a erige re l' ora torio è l' O rdi-
nario proprio della comunità in cui favore è eretto l'oratorio» (n. 108, 3).
4493 4. L 'oratorio è sempre privo di personalit à giuridica propria: «L ' Oratorio non ha
mai persona lità giuridic a, ma è sempre anness o ad altra per son a gi uridica, non neces-
sariamente un ente ecclesiastico ma anche un ente civile (es. ospeda le) » (n. 108, 4).
5. La responsabilità pastorale: «La responsabilità pastorale de ll'oratorio co mpete:
- AI superior e religioso , se l'orato rio è anness o alla cas a di un istituto religioso
cle ricale o di una società clericale di vita apost olica;
- Al cappellano, se l'oratorio è anne sso alla casa di un istituto religi oso laicale,
di una società laicale di vita apostolica, di un istituto seco lare, a una associazione
pubblica di fedeli o ad altro ente eccles iastico ovvero a un a istituzione ci vile (ospedal e,
ca serma, ca rcere, ecc.);
- Al rettore, se l'oratorio è ann esso a un seminario o collegio rett o da chierici;
- Al parroco , se l'oratorio è ann esso a una parrocch ia» (n. 108, 5).
(Ili ultari 495

CAPITOLO IV
GLI ALTARI

CAN. 1235 - § 1. Altare, seu mensa § I . L' altare o mensa sulla quale si
super quam Sacrificium eucharisti- celebra il Sacrificio eucaristico, si dice
cum celebratur,jixum dicitur, si ita fi sso se è costruito in modo che faccia
exstruatur ut cum pavimento co- corpo col pavimento, sì da non poter
haereat ideoque amoveri nequeat ; esse re rimosso; si dice mobil e. se è tra-
mobile vero, si transferri possit. spo rtabile.
§ 2. Expedit in omni ecclesia al- § 2. È conveniente che in ogni chiesa vi
tare fixum inesse; ceteris vero in sia un altare fisso ; negli altri luoghi desti-
locis, sacris celebrationibus desti- nati alle celebrazioni sacre, l' altare può es-
natis, altare fìxum vel mobile. sere fisso o mobile.

6. L 'amministrazione economica: «La responsabilità economica dell' oratorio com- 4494


pete all'amministratore della persona giuridica, sia ente ecclesias tico sia ente civile, cui
l'oratorio è annesso» (n. 108, 6).

VIII - CAPPELLE PRIV ATE 4495


I. Conce tto di capp ella pr ivata e fun zioni sacre permesse con licenza dell' Ordina-
rio del luogo : «Col nome di cappella privata si intende il luogo destinato su licenza
dell'Ordinario del luogo al culto divino in favore di una o più persone fisiche (cfr. can.
1226). Per celebrare la Messa o altre sacre funzioni in una cappella privata si richiede
la licenza dell' Ordinario del luogo (cfr. can. 1228»> (n. 109, l ).
2. La respo nsabilità amminis trativa ed economica e la vigilanza dell'Ordinario 4496
diocesano: «La responsabilità amministrativa ed economica della cappella spetta alla
persona fisica che ne è proprietaria. fermo restando il diritto dell'Ordinario diocesano
di esercitare il proprio potere di vigilanza (cfr. can. 1213»> (n. 109,2).

GLI ALTA RI (cann. 1235-1239) 4497


Schema
I. Nozione e specie 2. La normativa

Fra gli accessori di una chiesa o di un oratorio, sono da notare l'ambone per
l' annu nzio dell a Parola di Dio, i confessionali, l' organo, le campane, i quadri, le statue,
il fonte battesimale nelle chiese parrocch iali, ecc. Ma l' elemento esse nziale è l'altare, su
cui viene offerto il santo Sacrificio. Esso è il centro verso il quale tutto converge. Attesa
la sua dignità e la sua importanza, il Codice attuale, come quello anteriore, vi dedica un
capitolo a sé.

1. Nozione e specie 4498


1235 (1197*) L' altare è la sacra mensa sulla quale si celebra il Sacrificio del
Signore.
Secondo l'insegnamento dell'Orda dedica tionis ecclesiae et altaris della Congregazione per
i Sacramenti e per il Culto Divino, 29 maggio 1977 (Enchir. Vat., voI. 6, p. 152 S5.) :
496 LIBROIV - Il "m unus sancu ficandi" della Chiesa

CAN. 1236 - § 1. Iuxta traditum § l. Seco ndo l' uso trad izion ale della
Ecclesiae morem mensa altaris fixì Chiesa , la mensa dell' altare fisso sia di
sitlapidea, et quidem ex unico lapi- p ietra, e tal e da essere co sti tu it a da
de naturali;attamen etiam aIia ma- un' unica lastra naturale ; a giudi zio de lla
teria digna et solida, de iudicio Epi- Co nfere nza Ep iscopale, tutt avia, si può
scoporum conferentiae, adhiberi adoperare anche un' altra materi a decoro-
potest. Stipites vero seu basis ex sa e solida . Gl i stipiti o base in vece, pos-
qualibet materia contici possunt. so no ess ere di qu alsiasi materia.
§ 2. Altare mobile ex qualibet § 2. L 'altare mobil e può essere cos truito
materia solida, usui liturgico con- con qualsiasi materia solida, co nveniente
gruenti, extrui potest. all' uso liturgi co .

- L'altare è la mensa privilegiata del Sacrificio e del Convito pasquale : ara. sulla quale
viene perpetua to misteriosamente nei secoli il Sacrificio dell a Croce; mensa. attorno alla quale si
riuniscono i figli della Chiesa, per rendere grazie a Dio e ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo
(n . 4, 2).
- L'altare è Cristo: vittima, sacerdote e ara del suo Sacrificio (n. I) .
- Altare sono anche i fedeli, associati al Sacrificio di Cristo, mediante l ' offert a di una vita
santa (n. 2) .
- Per sua stessa natura, l' altare, anche se eretto in onore dei Santi, è dedi cato a Dio solo,
perché soltanto a Dio viene offerto il Sacrificio e ucaristico (n. IO. I).

4499 L' altare è di due specie: fisso e mobile.


L'altare fisso è quello costruito in modo che faccia corpo col pavimento, sì da non
poter essere rimosso.
L 'altare mobile è invece quello che è trasportabile.
In ogni chiesa, è conveniente (éxpedit) che vi sia un altare fisso. Negli altri luoghi
destinati alle celebrazioni sacre, l' altare può essere fisso o mobile.
4500 Circa il numero degli altar i, non c'e alc una disposizione nel Codice attuale . La tende nza è
di ridurl i, poiché, in effetti, nelle chiese di antica costruzione il loro nume ro è spesso eccessivo.
Nella lnstitutio Generalis Missalis Romani si dà questa norma:
- Gli altari minori siano piuttosto pochi e. nelle nuove chiese, siano collo cati in cappelle
separate in q ualche modo dalla navata della chiesa (n. 267: Enchir. Vat., voI. 3, p. 1407. n. 2332).
Nell'Ordo dedicationis ecclesiae et altaris. la nonna direttiva è alquanto più severa :
- Praestat (è co nveniente, opportuno, preferibile) che nelle nuove chiese venga eretto un
solo altare , perché sia segno , nell'unica assemblea dei fedeli, dell 'u nico nostro Salvatore e dell'uni -
ca Eucaristia della Chiesa. Si potrà erigere un secondo altare nell a cap pella - separat a in qualche
modo. se possibile, dalla navata della Chiesa - in cui è collocato il tabernacolo per la conse rva-
zione del SS. Sacra mento... Si dovrà comunque evitare in modo assoluto l' erezione di più altari a
scopo puramente ornamen tale (n. 7: Enchir. Val., voI. 6, pp. 184-187, n. 237).

2. La normativa

4501 l) Il materiale da usare nella costruzione degli altari


1236 (1198*) Secondo l'u so tradizionale della Chiesa, la mensa dell 'altare fisso
dev' essere di pietra naturale, formata da un unico blocco. C'è un motivo simbolico:
Cristo è la "pietra maestra angolare" dell'intero edificio cristiano, che è "il tempio del
Signore" (Ef. 2, 20). Le Conferenze Episcopati possono tuttavia permettere l' uso di altre
materie, purché solide e decorose.
Gli .II:1" 497

CAN. 1237 - § 1. Altaria tixa dedi- § 1. Gli altari fissi devono essere dedi-
canda sunt, mobilia vero dedicano cati; quelli mobili. invece, dedicati o be-
da aut benedicenda, iuxta ritus in nedetti, secondo i riti prescritti nei libri
Iiturgicis lìbris praescriptos. liturgici .
§ 2. Antiqua traditio Martyrum § 2. Conformemente alle norme stabili-
aliorumve Sanctorum reliquias te nei libri liturgici, si conservi l'antica
sub altari flxo condendi, servetur, tradizione di riporre sotto l'altare fisso
iuxta normas in Iibris Iiturgicis delle reliquie di Martiri o di altri Santi.
traditas.

La Conferenza Epi scop ale Italiana ha già deci so in merito. disponendo che «la men sa
dell'altare fisso sia co stituita normalmente da un so lo blocco di pietra na turale, sal va la pos-
sibilità. con l'approvazione dell'Ordinario del luogo e sentite le Commissioni dioce sane per la
Liturgia e per l'Arte Sacra, di adope rare anche altre materie degne . sol ide e ben lavorate ,
pur ché conve nienti per qualità e funzional ità all 'uso liturgico» (Delibera n. 35. 18 april e 1985:
Enchir. CEI, vol. 3, p. 1320. n. 2290 ).
Gli stipiti o base dell ' altare possono essere di qualsiasi mater ia adatta.
Similmente, l'altare mobile può essere costruito con qualsiasi materia solida, con-
veniente all' uso liturgico.

2) La dedicazione o la benedizione 4502


1237, § l (1199 *) Gli altari fissi devono essere dedic ati ; quelli mob ili, invece,
possono essere anche soltanto benedetti, secondo i riti prescritt i nei libri liturgi ci.
Per i ministri dell a dedicazione o della benedizione, v. i cann. 1206 e 1207.
A termin e del can . 932. § l, la celebrazione del Sacrificio eucaristico in un luogo
sacro dev'essere compiuta su un a ltare dedicato o benedetto. Fuori del luog o sacro, si
può usare una mensa adatta, ma sempre con la tovagli a e il corporale.
Relativamente al titolo, il can . 120 I, § I. del Codice precedente prescrive va: «Come la chiesa, 4503
così anche ogni altare della chiesa, almeno immobile. abb ia il suo propr io titolo ». E il § 4: «Gli
altari non possono es se re ded icati ai Beati senza l'indulto della Sede Apostolica. neppure nelle
ch iese e negli orat ori in cui è stata concess a la celebrazione del loro ufficio e della Messa».

3) Le reliquie dei Martiri e di altri Santi 4504


1237, § 2 (1198, § 4 *) Sono necess arie solo per gli altari fissi, non per quell i
mobil i: è un' antica tradizione, prescritta nel Codice anteriore per ogni specie di altare .
L'Ordo dedicationis ecc/esiae et altaris dà queste norme :
- S i controlli co n la massima dil igen za l'autenticità delle reliquie. È preferibile
dedicare l'altare senza reliquie, che riporre sotto di esso reliquie di dubbia autenticità
( n. Il , b).
- Le reliqu ie devono esser tali, da lasciare intendere che si tratt a di parti del corpo
umano. Si deve pertanto evitare la riposizione di reliqui e troppo minu scole di uno o più
santi (n. I I, a ).
- Il cofanetto delle reliquie non si deve collocare sull'altare, nè inserire nella
mensa, ma riporre sott o di essa, tenut a presente la forma dell'altare (n. Il , c).
II significato teologico di questa antic a trndizionc è così messa in luce dal n. 5 del medesimo
Ordo:
498 LIBRO IV - Il " munus sanctificundi' della Chiesa

CAN, 1238- § 1. Altare dedicatio- § I. L'altare perde la dedicazione o la


nem vel benedictionem amittit ad benedizione a norma del can. 1212.
normam can, 1212.
§ 2. Per reductionem ecclesiae § 2, Gli altari sia fissi che mobili non
vel alius loei sacri ad usus profa- perdono la ded icazione o la benedizion e
nos, altaria sive fixa sive mobilia per il fatto che la chiesa o altro luogo sacro
non amittunt dedicationem vel siano ridotti a usi profani.
benedictionem.
CAN, 1239 - § 1. Altare tum tixum § l. L'altare, sia fisso che mohile, de-
tum mobile divinodumtaxatcultui v'essere riservato unicamente al culto di-
reservandum est, quolibet profa- vino, con esclusione assoluta di qualsiasi
no usu prorsus excluso. uso profano .
§ 2. Subtus altare nullum sit re- § 2. Sotto l'altare non vi sia riposto al-
conditum cadaver; secus Missam cun cadavere; altrimenti non è lecito cele-
super illud celebrare non licet. brarvi la Messa,

- La dignità dell'altare deriva dal fatto che esso è la mensa del Signore. Non sono dunque
i corpi dei Martiri che onorano l' altare, ma è l' altare che piuttosto dà prestigio al sepolcro dei
Marti ri. Proprio per onorare i corpi dei Martiri e degli altri Santi, come pure per indicare che il
sacrifi cio delle membra trae principio e significato dal sacrificio del Capo, conviene che l'altare
venga eretto sui sepolcri dei Martiri. o che sotto l'altare siano deposte le loro reliquie. in modo che
«queste vittime trionfali abbiano il loro posto ave Cristo si offre vittima. Egli però sta sopra l'altare.
poiché ha patito per tutti; essi invece, redenti dalla sua passione, sono collocati sotto l'altare»
iEnchir. Vaf., voI. 6, p. 185, n. 235).

4505 4) La perdita della dedicazione o della benedizione


1238 (/200*) Avviene per le medesime cause previste nel can. 1212 relativamente
ai luoghi sacri:
- Distruzione di gran parte dell' altare
- Riduzione ad usi profani in modo stabile, per decreto dell'Ordinario del luogo,
o anche solo di fatto
II § 2 precisa che gli altari sia ti ssi che mobili non perdono la dedicazio ne o la
benedizione per il fatto che la chiesa o il luogo sacro, in cui essi sono eretti, siano stati
ridotti ad uso profano, È ovvio, per altro, che, in questo caso , l' altare dev'essere traspor-
tato altrove.

4506 5) Proibito ogni uso prof ano


1239, § l (1202, § J *) L' altare è la mensa del sacrificio di Cristo; verso di esso,
per il suo carattere sacro e per la sua dignità. occorre avere un religioso rispetto . Ciò
esige, fra l' altro, che l'altare, fisso o mobile, sia riservato unicamente al culto divino,
con esclusione di qualsia si uso profano, diverso cioè dal culto, anche se in se stesso
lecito e decente.
Sulla mensa dell'altare, non bisogna riporre, neppure provvisoriamente , oggetti
estranei.

4507 6) Cadaveri sotto l'altare


1239, § 2 (/202. § 2*) Si riporta il divieto del can. 1202, § 2, del Codice anteriore,
I cimiteri 499

CAPITOLO V
I CIMITERI

CAN. 1240· § 1. Coemeteria Ec- § 1. Dov'è possibile, si abbiano cimiteri


c1esiae propria, ubi fieri potest, ha- propri della Chiesa, o almeno degli spazi
beantur, vel saltem spatia in coe- particolari, nei cimiteri civili, destinati ai
meteriiscivilibus fidelibusdefunctis fedeli defunti e da benedire secondo il
destinata, rite benedicenda. rito.
§ 2. Si vero hoc obtineri nequeat, § 2. Se questo non si può ottenere, si
toties quoties singuli tumuli rite benedicano di volta in volta, secondo il
benedicantur. rito, le singole tombe.

il quale precisava inoltre che i cadaveri non potevano essere seppelliti "prope altare" se
non a un metro almeno di distanza: «secus Missam in altari celebrare non licet, donec
cada ver removeatur». Nel caso che la rimozione del cad avere do vesse pro vocare un
grave risentimento della famigli a dci defunto, la dispo sizione "ex quad am epikéia" non
urge. La distanza di "un metro " moraliter sumptum (S.c. dei Riti, Decreta authentica,
n. 3944, 12 gennaio 1897), s'intende dall'angolo dell' altare (S.C . dei Riti, 25 ottobre
1942: X. OcHOA, Leges Ecclesiae, Il, n. 1715, coli. 2144-2145).
Il divieto non comprende i cadaveri sepolti in un vano sottostante, ossi a nella
cosiddetta "cripta" (S.c. dci Riti, 27 luglio 1878, Decreta authentica, n. 3460).

I CIMITERI (cann. 1240-1243 ) 4508


Schema
l. Cimiteri ecclesiastici 2. La disciplina

La voce "cimitero", derivata da! greco , significa in senso letterale "dormitorio", e 4509
in senso traslato "luogo di riposo". E il luogo in cui vengono deposti, per inum azione
o per tumulazione, i resti mortali dei defunti. Cristianamente, ci ricorda S. Giovanni
Crisostomo, ne) cimitero noi siamo "solo assopiti", e da esso il Signore ci richiamerà
per la vita eterna (In coemeterii app ellationem : P.G., 49 , 393).
Durante il periodo grec o-romano, i cimiteri comuni esiste va no in gen ere per i
poveri. Per i ricchi , invece, si costruivano tombe e monumenti scpolcrali, allineati di
regola fuori della città, lungo le vie di grande comunicazione. l primi cimiteri cristia-
ni di carattere comune furono le "catacombe" , ricavate in gallerie sotterranee. Nel suo
"Apologeticum" della fine del Il secolo, Tertulliano atte sta che , in ogni comunità. i
"fratelli" contribuivano mensilmente per il sostentamento e la sepoltura dei poveri
(39, 6). Dopo la pace costantiniana, i cim iteri presero a costruirsi in cortili o giardini
anne ssi ai luoghi sacri o anche nei locali sotto stanti.
Considerata la loro natura , i cim iteri furono consider ati luoghi religio si e quindi
sotto mess i alla disciplina ecclesiastic a. Solo nel sec . XVIII cominciò la loro
laicizzazione, per cui l'autorità su di essi passò esclusivamente allo Stato.

1. Cimiteri ecclesiastici 4510

I) Cimiteri propri della Chiesa e benedizione dei medesimi 4511


1240 (/206 *) Nel Codice precedente, si affermava formalmente il diritto della
Chiesa di avere dei cimiteri propri (can. 1206, § I). La medesima norma risultava nello
500 LIBRO IV - II "munus sanct fflcaudl' della Chlcsu

CAN. 1241 - § 1. Paroeciae et in- § 1. Le parrocchie e gl'istituti religiosi


stituta religiosa coemeterium pro- possono avere un cimitero proprio.
prium habere possunt.
§ 2.Etiam aliae personae iuridi- § 2. Anche le altre persone giuridiche e
cae ve) familiae habere possunt le famiglie possono avere un cimitero o
peculiare coemeterium seu sepul- sepolcro particolare, che va benedetto a
crum, de iudicio Ordinarii loci giudizio dell'Ordinario del luogo.
benedicendum.

Schema esaminato nel dicembre del 1979 dal Gruppo di Studio «De loci s et de
temporibus sacris deque cultu divino». Ma i Padri Consultori decisero a maggioranza di
sopprimerla. Questo, tuttavia, non significa che la Chiesa abbia rinunziato al suo diritto
(Communicationes, a. 1980, pp. 348-349, can . 31). Di fronte alle legislazioni civili , che
non riconoscono tale diritto, la Chiesa ha preferito non farne più menzione, ma esso
rimane intatto: resta compreso nel diritto generale della Chiesa di possedere beni tem-
porali, indipendentemente dalla potestà civile, per conseguire i suoi propri fini, a termine
del can. 1254.
Tenendo conto della situazione di fatto, il legislatore prospetta tre soluzioni:
l ? Dove sia possibile, ossia dove sia consentito dalla legge civile, la Chiesa abbia
dei cimiteri propri, per la tumulazione dei fedeli defunti.
2° Se questo non sia possibile , si abbiano almeno degli spazi particolari , compresi
nei cimiteri civili.
4512 Cimiteri e spazi particolari vanno benedetti secondo il rito.
3° Se neppure questo possa ottenersi, si benedicano di volta in volta, secondo il
rito, i singoli tumuli .
4513 Attesa la loro destinazione, i cimiteri e le tombe son considerati per sentimento
universale "luoghi sacri" . Ma non sono tali in senso strettamente canonico, se non
ricevono la benedizione liturgica costitutiva, ai sensi del can. 1205. La benedizione di
un nuovo cimitero è riservata all'Ordinario del luogo (S .C. dei Riti , Istr. lnter
oecumenici, 26 setto 1964, n. 77: Enchir. Vat., vol. 2, p. 343, n. 287).

4514 2) Cimiteri particolari


1241 (/208*) Il canone riconosce la facoltà di avere cimiteri propri:
- Alle parrocchie
- Agl'Istituti religiosi , considerati, come risulta dal contesto, in senso largo , in
modo da comprendere sia gl'Istituti religiosi propriamente detti, sia gl'Istituti secolari
e le Società di vita apostolica, né c'è bisogno di una particolare autorizzazione dell'Or-
dinario del luogo.
Possono avere un cimitero proprio o un proprio sepolcro "extra commune
coemeterium" (can. 1208, § 3, Codice 1917):
- Le persone giuridiche ecclesiastiche, sia pubbliche che private
- Le famiglie private
4515 [ cimiteri propri delle parrocchie e degl' Istituti religiosi vanno per sé benedetti. La
benedizione degli altri cimiteri o sepolcri - delle persone giuridiche e delle famiglie
private - è demandata al giudizio dell'Ordinario del luogo , che terrà conto delle cir-
costanze concrete.
Lcirni tcri 501

CAN. 1242 • In eeclesiis cadavera Non si seppelliscano cadaveri nelle


ne sepeliantur, nisi agatur de Ro- chiese, tranne che si tratti della sepoltura
mano PontificeautCanlinalibus vel del Romano Pontefice oppure, nella pro-
Episcopis dioecesanis etiam emeri- pria chiesa, di Cardinali o di Vescovi dio-
tis in propria eeclesia sepeliendis, cesani, anche emeriti.
CAN. 1243 • Opportunae normae Nel diritto particol are, si stabiliscano
de disciplina in coemeteriis servan- opportune norme circa la disciplina da
da, praesertìm ad eorum indolem osservarsi nei cimiteri , soprattutto per
sacram tuendam etfovendam quod quanto concerne la tutela e il rispetto del
attinet, iure particulari statuantur. loro carattere sacro.

Relati vamente ai cimiteri parrocchiali, bisogna tener presente il ean. I 180, § I. il qual e
prescrive che siano tumulati in esso i fedeli defunti apparte ne nti alla parrocch ia, tranne che sia statu
scelto legittimamente un altro cimitero.

3 ) La tumulazione nelle chiese 4516


1242 (1205, § 2) È per sé vietata, tranne che si tratti :
- Del Romano Pontefice, dovunque egli disponga di essere seppellito
- Dei Cardinali e dei Vescovi diocesan i, anche e m eri ti (can. 402, § 1), nella
propria chi esa '
L 'enumerazione è tas sativa. Restano pertanto esclusi, senza un a s pe c iale autori zza-
zion e, i Vesc ovi coadiutori e ausiliari (Communicationes, a. 1980, p. 349, can. 31).
La proibizione riguarda non solo le chiese in senso proprio , ma anche gli oratori: «Vox 4517
ecclesia, attento legis fine et perspect is legibus liturgicis, accip i debet sensu lato. nimirum pro
qualibet loco sacro cultui divino exercendo destinato, signanter pro oratoriis sernipublicis» (S.c. del
Concilio, IO dico 1927: X. O CHOA, Leges Ecclesiae, I, n. 796, col. 917). Nella medesim a Risolu-
zione della Sacra Congregazione, è detto anche che è vietato seppellire nelle chiese sia i cadaveri.
subito dopo il loro decesso, sia i loro resti dopo una eventuale esumazione fatta a distanza di ann i:
«Ossa et cinere s cadaveribus aequiparantur»,
Relativamente alla tolleranza di eventuali consuetudini contrarie "centenarie o
immemorabili", v. can. 5, § l.

2. La disciplina dei cimiteri 4518


1243 I cimiteri benedetti sono luoghi sacri, i quali , co m e tali, sono soggetti alla
d isciplina ecclesiastica . La relativa normativa. soprattutto per quanto concerne la
tutela e il r ispetto del loro carattere sacro, è lasciata al diritto par tic olare, che potrà
determin arl a con maggiore attinenza, tenendo presenti le neces sità e le circostanze
locali.

Il can. 121 I del Cod ice precedente faceva obbligo agl i Ordinari dei luoghi. ai parroci e ai
superiori interessati, di aver cura che gli epitaffi dei cimiteri, gli elogi funebri e le decorazioni dei
monumenti non contenessero nulla che fosse in contrasto con la religione cattolica e con la pietà.
Per altre norme del Cod ice anteriore, da inserire eventualmente, servatis servandis, nel diritto
particolare , v. cann. 1209-1210. 1212-1214 .

I Vescovi diocesani e anche Presuli ad essi equiparati: Prelati e Abati territorial i e inoltre

Vicari e Prefetti apostolici e Amministratori di ammini strazione apostolica stabilmente eretta (can.
368). se il deces so di questi ultimi avvenga "durante mùnere".
50 2 LIBRO IV • Il "m unus sanctifi candi" ddla Chic, a

4519 Norme di carattere ecumenico:


- L'uso dei cimiteri cattolici da parte di sacerdoti e di comunità orieli/a/i separate : «Si
raccomanda che l' uso degli edifi ci catto lici, de i cimiteri, delle ch iese e di tutta la suppellett ile
necessaria, co n il permesso de ll'O rdinario sia concessa ai sace rdoti e alle co munità orie ntali sepa-
rate , se lo chiedo no per i loro riti religiosi, quando non dispongan o d i local i ada tti per un
conveniente e dignitoso rito sacro» tDlrectorium Oecumenicum del Segretariaro per l'un ità dei
cristiani, 14 maggio 1967, n. 52 : Enchir, Vat., voI. 2, p. 1037 , n. 1245).
- Da parte dei f ratelli separati in genere: «Se i fratelli separati non dispongon o di locali,
in cui possano officiare dignit osamente le proprie cerimonie religiose, l' Ordinario del luogo può
concedere loro l'u so del locale cattolico, del cimitero o della chiesa » (n. 6 1l.
4520 Una norma della CEI
- Questue da parte dei religiosi: «Non si ritiene opportu no l'esercizio della questua in
occasione della visita al camp osanto, nei gio rni dei morti» (Nota della CE I, 15 maggio 1968, n. Il,
ti: Ench ir. CE I, vol. I, p. 536, n. 1671 ).
4521 La legislazione civile su i cimiteri. È co ntenuta in particolare:
- Nella Legge Co munale e Provinciale del 3 marzo 1934, n. 383
- Nel Testo Unico delle Legg i Sanita rie, 27 luglio 1934, n. 1265
- Nel Regolamento di polizia mortuaria, 2 1 dicembre 1942, n. 1880
Per i reati di violazione dei se polcri, - di vilipendio delle tomb e o di cose destinate al culto
dei defunt i, - di turbamento di un funerale o di un servizio funeb re: v. artt. 407-409 del Codice
Penale.

4522 I TEMPI SACRI (can n . 1244-1253)


Schema
l. I tempi sac ri in genere 3. I giorni di penitenza
2. I gio rni di festa

4523 1. I tempi sacri in genere


I temp i sacri considerati nel Codice, sono i giorn i di festa' e di penitenza, destinati
in modo specia le ad ono rare il Signore.
Tempi sacri, per altro, sono in sé anche altri giorni e periodi dell' anno: il Triduo
pasquale, il Tempo di Avvento, di Quaresima, ecc. Tempo sac ro è, nel suo comp lesso,
l'i ntero Anno liturgico (Commun icationes, a. 1980, p. 357 , can. 41 ), nel corso del quale
si svi luppa «tutto il Mis tero di Cristo, dall'Incarnazione e dalla Natività fino al!' Asce n-
sione, al giorno di Pentecoste e all'attesa del ritorno del Signor e» (Cos t. co nco
Sacrosanc tum Concilium, n. 102, I ).
Alla celebrazione dei misteri di Cristo, si unisce «la particolare venerazio ne a Maria
SS., Madre di Dio, congiunta indissolubilme nte all' opera d i salvezza del Figlio» (n.
104), e «la memoria dei Martiri e degli altri Santi , che in cie lo cantano a Dio la lode
perfetta e intercedono per noi» (n. 104).

4524 I) La competenza della Suprema Autorità della Chiesa


1244, § l (1243-1244, § 1*) È di esclusiva competenza dell a Suprema Autorità
dell a Chiesa, ossia in concreto della Sede Apostolica:

I Trattandosi di una norma giuridica, il Codice non fa distinzi one tra "so lennità" e "fes te", e
parla so lo di "dies festi" , L'accennata distinzione ha solo un valore liturgico (Cammunicationes. p.
166, De temp oribus sac ris).
l tempi sacri 503

Titolo II
I tempi sacri
CAN. 1244 - § 1. Dies festos itern- § I. Stabilire, trasferire o sopprime re i
que dies paenitentiae, universae giorni di festa e, similmente, i giorni di
Ecclesiae communes, consti tue re, peniten za comuni a tutta la Chiesa, spetta
transferre, abolere, unius est su- unicamente all a suprema autorità della
premae ecclesiasticae auctoritatis, Chiesa stessa, fermo restando il disposto
firmo praescripto can. 1246, § 2. dcI can. 1246 , § 2.
§ 2. Episcopi dioecesani peculia- § 2. I Vescovi diocesani possono indire
res suis dioecesibus seu Jocisdies fe- particolari giorni di festa o di peniten za
stos aut dies paenitentiae possunt, per le loro diocesi o luoghi, ma solo per
per modum tantum actus, indicere. modum actus.

- Stabilire
- Trasferi re
- Soppri mere
i giorni di festa e, similmente, i gio rni di penitenza, com uni a tutta la Ch iesa.
Delle particolari facoltà attribuite alle Conferenze Episcopali. si dirà nei cann. 1246, § 2, e 1251.

2) La compe tenza dei Vescov i diocesani 4525


1244, § 2 (1244, § 2 *) I Vescovi d iocesani possono indire particolari giorni d i
festa o di pen itenza, obbl igat ori nel terr itorio di loro compete nza, ma solo "per
modum ac tus" , ossia occasionaImente, in forma transitoria, non in man ie ra stabile e
co nti nuativa.
La sudde tta facoltà è dei Vescovi diocesani e di tutti i Presuli ad essi equiparati: Prelato e
Abate territoriale, Vicario e Prefetto apostolico, Amministratore di amministrazione apos tolica
stabilmente eretta (cann. 368 e 381, § 2), Amministratore diocesano (can. 427, § I).
L'indizione del giorno di festa o di penitenza è strettamente territoriale :
- Obbliga nel territorio soltanto i fedeli apparten enti alla diocesi e i girovaghi,
non i forest ieri (can. 13, §§ 2 e 3).
- Fuori del territ orio, non ha alcun a efficacia giuri dica (can. 13, § 2, n. I).

3) Dispensa e commutazione 4526


1245 (1245 *) La faco ltà di dispensa dai g iorni di festa e di penitenza e d i commu-
tazione in altre o pere pie, appartiene anzitutto "iure prop rio" ai Vescovi diocesani e ai
Presul i che sono loro equipara ti, a nonna del can. 87, § I.
Essa viene attribuita anche ai parroci - e ai sacerdoti equiparati, compreso il
rettore del sem inario (can. 262) - ma a determ inate cond izioni :
- Che sia motiv ata da una giusta causa (can . 90).
- Che il parroco usi della sua facoltà conformeme nte alle disposizioni emanate
dal Vescovo diocesano, in modo che ci sia unità di criteri in tutto il territorio.
- Che la dispensa o la com mutazione sia no concesse in singoli casi, ossia "per
modum 'Ictus": a persone singole, a famiglie, alla intera comunità parrocchiale se la
necessità lo richi eda iCommunicationes, a. 1980, p. 358, can. 43).
504 LIBRO IV - Il ' 'munus sanc:lilicamJi" dcl ìa Chiesa

CAN. 1245 - Firmo iure Episcopo- Fermo restand o il diritto dei Vescovi
rum dioecesanorum de quo in can. diocesani, di c ui al can. 87, il parro co, per
87, parochus, iusta de causa et se- una giusta cau sa e in conformità alle di-
cundum Episcopi dioecesani prae- spos izioni del Vescovo diocesano , può in
scripta, singulis in casibus conce- singoli casi dispensare dall ' obbli go di os-
dere potest dispensationemab obli- servare il giorno festivo o di peni tenza,
gatione servandi diem festum vel oppure commutarlo in altre opere pie; ]0
diem paenitentiaeautcommutatio- stesso è consentito anche al Superiore di
nem eiusdem in alia pia opera; id- un istituto religioso o di una società di
que potest etiam Superior instituti vita apostolica , se sono cleric ali di diri tto
religiosi aut societatis vitae aposto- pont ificio, rispetto ai propri sudditi e agli
Iicae,sisintclericaliaiuris pontificii, altri che vivono giorno e notte nella loro
quoad proprios subditos aliosque casa.
in domo diu noctuque degentes.

4527 La dispensa e. similmente. la commutazione, può essere concessa ai propri fedeli sia nell' am-
bito della parrocchia che fuori di essa : di persona, per lettera, per telefono. per mezzo di terze
persone, ecc. Nell' ambito della parrocchia, possono godere della dispensa o della commutazione
concessa dal parroco anche i forestieri e i girovaghi (can. 9 1). A termine del dello canone, «chi
gode della facoltà di dispensare, può esercitarla validamente... anche verso se stesso».
4528 La facoltà attribuita ai parroci è concessa anche ai Superiori, sia maggiori che
locali, d'I stituti religiosi o di Società di vita apos tolica di diritto pontificio e cleri ca li,
limitatamente ai propri sudditi e agli altri che vivono giorno e nolie nelle propr ie case .

4529 2. I giorni di festa


I gio rni festivi di cui parla il presente capitolo, sono i giorn i festivi di precetto , in
cui si è tenuti ad osserva re qua nto è prescritto nel can. 1247, non i giorni denominati
liturgicamente "feste" , secondo la triplice distinzione in "solennità" , "feste" e "memo-
rie" (Calendario Romano, nn. 10- 14).

4530 I) La domenica e gli altri giorni f estivi di precetto per diritto universale
1246, § 1 (/247 *) Seg uendo il Co ncilio Vaticano Il, che ha inteso res tituire al
"giorno del Signore" tutta la sua dignità e la sua importanza , il ca none prese nta la
domenica come "il pri mordiale giorno festivo di precetto", da oss er varsi in tutta la
Chiesa, poiché in ess o si ce lebra, fin dai temp i apostolici, il Mis tero Pasqu ale della
Passione, Morte, Risu rrezione e Glori a de l Signore. La dome nica «è il fondame nto
e il nucleo ce ntrale di tutt o l' anno liturg ico» (Sacrosanctum Concilium, n. 106). È
que sto se nso pasqu ale che deve co ntrassegnare la ce lebrazione dell a dome nica da
parte de l cris tiano, che, in que l gio rno, non adempie la semplice obb ligazione
natu rale di re nde re a Dio il culto dovuto, ma onora Dio con Cristo e attraverso
Cr isto .
4531 Sono ino ltre giorni festivi a tutti gli effetti die ci particolari solen nità , le più
importanti e signi ficative dell ' anno liturgico:
lO La Natività di N.S. Gesù Cristo: 25 dicembre
20 L' Epifania del Signore: 6 gennaio
30 L' Ascensione: giovedì successivo alla VI domenica di Pasqua
4 0 Il 55 . Corpo e Sangue di Cristo: giovedì dopo la 55. Trinità
5 0 La Santa Madre di Dio Maria: ) 0 gennaio (la precedente festa della Circoncis ione del
Signore)
I giorn i di fcsur 505

CAPITOLO I
I GIORNI DI FESTA

CAN. 1246 - § 1. Dies dominica in § 1. Il giorno di domenica, in cui si


qua mysterium paschale celebra- celebra il mistero pasqu ale, per tradizio-
tur, ex apostolica traditione, in ne apostolica dev'essere osse rvato in tut-
univcrsa Ecclesia uti primordialis ta la Chiesa com e il primordiale giorno
dies festus de praeccpto servanda festivo di precetto. Sono parimen ti da os-
est. Itemque servari dcbent dies servarsi i giorni della Natività di Nostro
Nativitatis Domini Nostri lesu Signore Gesù Cristo, dell'Epifania , del-
Christi, Epiphaniae, Ascensionis l'Ascension e e del santis simo Corpo e
et sanctissimi Corporis et San- Sangu e di Cristo, della Santa Madre di
guinis Christi, Sanctae Dci Gene- Dio Mar ia, dell a sua Imm acolat a Conce-
tricis Mariae, eiusdem Immacula- zione e Assunzione, di san Giusepp e, dei
tae Conccptionis et Assumptionis, santi Apostoli Pietro e Paolo, e infine di
sancti Ioseph , sanctorum Petri et tutti i Santi .
Pauli Apostolorum, omnium deni-
que Sanctorum.
§ 2. Episcoporum conferentia § 2. Con previa approvazione della Sede
tamcn potest, praeviaApostolicac Apost olica, la Conferenza Episcopale può
Sedis approbatione, quosdam ex per altro sopprimere o trasferire alla do-
diebus festis de praecepto abolere menica alcuni dei sudde tti giorni festivi di
velad diem dominicam transferre. precett o.


L' Immac olata Concezi one: B.d icembr e
70
L ' Assun zione di Maria : 15 agosto

S. Giuseppe: 19 marzo

SS . Apostoli Pietro e Paolo: 29 giugno
10° T utti i Santi: Io novem bre

2) La fa coltà delle Conferenze Episcopali 4532


1246 , § 2 Le suddette solennità so no feste di precet to in tutt a la Chiesa per
diritto comune. Ma il legislat ore intende tener conto dell e esige nze e dell e necessità
locali, per cui il § 2 dà facoltà alle Conferenze Epi scopali di sopprimere o trasf erire
alla domen ica alcu ni dei suddetti giorni festivi di precetto, previa approvazione de lla
Sede Apostolica .
Per l'Italia: 4533
IO Sono trasfe rite alla do menica seg uente:
- L'Ascensione: domenica VII di Pasqua
- La so lennità de l Corpo e del Sang ne d i Cristo: domenica dopo la SS. Trini tà
2° Restano al giorno fissato, ma senza l' obblig o del precetto festi vo:
- S. Giuse ppe: J 9 marzo
- SS. Apostol i Piet ro e Paolo : 29 giugno (Enchir. CEl o voI. 2, pp. 948 -949 ; voI. 3, pp.
1624- 1625 .
Per la diocesi di Roma , la solennità dei SS . Apostoli Pietro e Paolo è stata ripristinata come
giorno festivo di precetto con decre to presiden ziale pubbli cato il 31 dico 1985 iEnchir. CElo voI.
3, nn. 2958 -2959).
506 LIBR O IV - Il "munu s sanct ificundi" della Chiesa

CAN. 1247 - Die dominica aliis- La domenica e gli altri giorni festivi di
que diebus festìs de praeceptofide- precetto, i fedeli hanno l'obbligo di parte-
les obligatione tenentur Missam cipare alla Messa; si astengano inoltre da
participandl; abstineant insuper quei lavori e da quelle attività che impe-
ab iIIis operibus et negotiis quae discano il culto dovuto a Dio, la letizia
cultum Deo reddendum, laetitiam propria del giorno del Signore o il giusto
diei Domini propriam, aut debi- riposo della mente e del corpo.
tam mentis ac corporis relaxatio-
nem impediant.
CAN. 1248 - § 1. Praecepto de § l. Soddisfa al precetto di partecipare
Missa participanda satisfacit qui alla Messa chi vi assiste dovunque venga
Missae assisti t ubicumque cele- celebrata in un rito cattolico, sia nello
bratur ritu catholico vel ipso die stesso giorno festivo sia la sera del giorno
Cesto velvespere diei praecedentis. precedente.
§ 2. Si deficiente ministro sacro § 2. Se, per la mancanza del ministro o
aliave gravi de causa participatio per altra grave causa, la partecipazione alla
eucharisticae celebrationis impos- celebrazione eucaristica diventi impossi-
sibilis evadat, valde commendatur bile, si raccomanda vivamente ai fedeli di
ut fìdeles in liturgia Verbi, si quae prendere parte alla liturgia della Parola, se
sit in ecclesia paroeciali aliove sa- ne venga celebrata qualcuna nella chiesa
cro loco, iuxta Episcopi dioecesani parrocchiale o in altro luogo sacro, secon-
praescripta celebrata, partem ha- do le disposizioni del Vescovo diocesano,
beant, aut orationi per debitum oppure di attendere per un conveniente spa-
tempus personaliter aut in Camilia zio di tempo alla preghiera, personalmen-
vel pro opportunitate in familia- te o in famiglia o, secondo l'opportunità,
rum coetibus vacent. in gruppi di famiglia.

4534 3) Gli obblighi di ciascun fedele


1247-1248, § l (1248-1249*) L'obbligo che caratter izza la celebrazione della do-
menica e degli altri giorni festivi di precetto, è quello tradizionale: la partecipazione alla
S. Messa e l'astensione dal lavoro. Il contenuto, tuttavia, modificato secondo le esigenze
dei tempi, presenta importanti novità.
4535 J o Si soddisfa al precetto di partecipare alla Messa , assistendovi':
- Dovunque sia celebrata in un rito cattolico '; all'aperto, in una chiesa, in un

, Il Codice parla sempre di "partecipazione" alla Messa . In questo canone, tutt avia, usa il
verbo "assi stere" : volutarnente, poiché s'indica in tal modo che, per soddisfare al precetto, è
necessario almeno assistere alla Messa (Communicationes. a. 1980, p. 362. can, 47 ).
, Da tener presente il n. 47 del Direttorio Ecumenico del Segretariato per l'unità dei cristiani.
parte I, 14 maggio 1967: «Il fedele cattolico che occasionalmente, pcr le cause di cui più avanti,
al n. SO, assiste alla Messa presso i fratelli orientali e separati, nei giorni di domenica o di precetto,
non è più obbligato ad ascoltare la Messa di tale precetto in una chies a cattolica. Anzi è opportuno
che i cattoli ci, nei suddetti giorni, se impediti di ascoltare la Messa nella propria chiesa, assistano,
per quanto è possibile. alla liturgia dei fratelli separati» iEnchir. Var.• vol. 2, p. 1035, n. 1240).
Le cause o motivi a cui si accenna nel n. SO: «La presenza dei cattolici al culto liturgico dei
fratelli orientali separati può essere ammessa per giusto motivo: ad esempio, per il pubblico ufficio
o funzione che esercitano. per la parentela, per l'amicizia o anche per il desiderio di una migliore
conoscenza, ecc .».
I giorni di resta 507

orato rio, in una cappella ci miteriale, in una cappella privata (precedentemente , le cap-
pelle pri vat e, dette o ratori privati, erano escluse: can . 1249, Codice 1917 ).
- Sia nello stess o gio rno festivo sia nell e ore ves pertine de l giorno precedent e
tCommunicationes, a. 1983, pp . 151-15 2, can. 1199) , in confo rmità co n la norma litu r-
gica: «Il gio rno litu rgico deco rre dall a mezzan ott e alla mezz anotte, ma la ce lebrazione
della domeni ca e delle solennità ha inizio il ves pro precedente» (Calendario Romano,
n. 3, 2), ossia, secondo un a fond ata interpretazione , «ab hora secunda po st meridiems".
Avverte l'I str, Euchari sticum Mysterium della Congregazione dci Riti, 25 maggio 1967, n. 28, 4536
l : «Nei luoghi in cui è consentito di soddisfare al precetto della Messa domenicale la sera del
sabato precedente, i pastori abbiano cura d'istruire i fedeli sul significato di questa concessione, sì
che il senso della domenica non venga in qualche modo oscurato. Infatti questa concessione vuole
mettere in grado i fedeli, nelle circostanze attuali, di celebrare più facilmente il giorno della
Risurrezione del Signore» (Enchir. Vat., voI. 2, p. 1119, n. 1328).
L'obbligo di assistere alla S. Messa è grave e sarebbe stato opportuno affermarlo in modo 4537
espresso, com'era stato richiesto da più parti (Communicationes. a. 1980, p. 36 1, can, 46). Solo nel
successivo can. 1248, § 2, l' obbligo grave risulta indirettamente, dall'espressione "gravi de causa".
A nonna del can. II, non sono tenuti all'obbligo della partecipazione alla S. Messa i ragazzi 4538
che non hanno compiuto i sette anni di età. e quanti, anche dopo tale età, non godono di un
sufficiente uso di ragione' .
2° L'astensione dal lavoro, In ordi ne a tale astensione nell ' ordin am ento an teriore 4539
si distingueva, secondo la clas sificazione trad izionale, fra lavo ri servi li, o pere liberal i,
fo rensi, civili e comuni. Un tale criterio risultava ormai superato, per cu i il can . 1247
de l nuo vo Co dice prescr iv e in modo più semplice e razionale di astenersi da qua lsias i
lavo ro e attiv ità che imp edisca:
- Il culto do vuto a Dio
- La let izia prop ria del giorno del Signore
- Il g iusto riposo della mente e del corpo, necess ario per poter ritem prare le
proprie forze ed energie
Da notare. La celebrazione della domenica c delle solennità ha inizio il vespro precedente 4540
(Calendario Romano n. 3, 2). Ma l' astensione dal lavoro prescritta dalla legge riguarda il solo
giorno della domenica o della solennità, decorrente dalla mezzanotte alla mezzanotte (Communi-
cationes, a. 1980, p. 359, can, 44) .
1248, § 2 Il parag ra fo non co ntie ne un a prescrizion e giuridica , ma solo una esor- 4541
tazio ne pasto rale: se per la mancanza del min istro o per alt ra grave causa (im possi bilità
fisica o mor ale, nec essità gra ve e urgente, grave do vere di stato o di uffi cio. doverosa
ca rità vers o il prossimo , ecc .), la partecip azione alla S. Mes sa di venti impossi bi le, si
raccomanda vivamente:
- D i prendere parte alla liturgia della Pa rola, se mai venga cele brata nell a chiesa
parrocch iale o in altro luo go sac ro, seco ndo le disposizio ni del Vesco vo dio cesano

4 Conseguentemente, la Messa che viene celebrata nel pomeriggio di sabato, è la Messa


propria della domenica, con l' obbligo dell'omelia e della preghiera dei fedeli tEuchansticum
Mysterium, n. 28, 3). Questa è la norma generale. Per il caso in cui di sabato o di lunedì cada una
solennità, v. la Risposta data dalla Congregazione per il Culto Divino nel maggio 1974: X. O CHOA,
Leges Ecclesiae, V, n. 4296, colI. 68 14-6815.
~ Lo spirito della legge. Sarebbe un errore funesto credere che basti partecipare alla S. Messa,
per soddisfare interamente al precetto di Dio. La Messa (poco più di mezz' oral) ci mette al riparo
da grave colpa. ma lo spirito della legge impone altri doveri, meno rigorosi. ma di grande impor-
tanza per la nostra religiosità c per la nostra stessa salvezza eterna. In concreto, è anche necessario:
accostarsi ai sacramenti, prendere parte alle attività sociali della propria parrocchia, fare opere di
carità e di bene, completare la propria istruzione religiosa, colmandone le lacune; sollevare lo
spirito con pie letture; pensare con maggior cura ai supremi interessi dello spirito. Solo così la
nostra giornata di festa è veramente consacrata al Signore.
508 UBRO IV - Il "munus sanctificandi" della Chiesa

CAPITOLO II
I GIORNI DI PENITENZA

CAN. 1249- Omnes christifideles, Tutti i fedeli, ciascuno a suo modo, son
suo quisque modo, paenitentiam tenuti per legge divina a far penitenza; ma
agere ex lege divina tenentur; ut perché si uniscano insieme tra loro in una
vero cuncti communi quadam comune osservanza della penitenza, sono
paenitentiae observatione inter se prescritti dei giorni penitenziali, nei quali
coniungantur, dies paenitentiales i fedeli si dedichino in modo speciale alla
praescribuntur, in quibus christi- preghiera, compiano opere di pietà e di
fideles speciali modo orationi va- carità, pratichino l'abnegazione di sé,
cent, opera pietatis et caritatis adempiendo con maggiore fedeltà i propri
exerceant, se ipsos abnegent, pro- doveri e soprattutto osservando il digiuno
prias obligationes fidelius adim- e l'astinenza a norma dei canoni seguenti.
plendo et praesertim ieiunium et
abstinentiam, ad normam cano-
Rum qui sequuntur, observando.

- Oppure di attendere, per un conveniente spazio di tempo, alla preghiera, perso-


nalmente o in famiglia, o, secondo l'opportunità, in gruppi familiari
4542 Direttive della Congregazione dei Riti: «Nei luoghi in cui manca il sacerdote, se non vi è
alcuna possibilità di celebrare la Messa nelle domeniche e nelle feste di precetto, si favorisca, a
giudizio dell'Ordinario del luogo, la celebrazione della Parola di Dio, sotto la presidenza di un
diacono o anche di un laico a ciò deputato. - La struttura di questa celebrazione segua sostanzial-
mente lo schema della liturgia della Parola nella Messa. Normalmente si leggano nella lingua del
luogo l'epistola e il vangelo della Messa del giorno, preceduti e intercalati da canti, desunti prin-
cipalmente dai salmi. Colui che presiede, se è diacono, tenga l'omelia, oppure se non lo è, legga
un'omelia scelta dal Vescovo o dal parroco. Tutta la celebrazione termini con la "preghiera comu-
ne" o "dei fedeli", e con la preghiera del Signore» (n. 37: Enchir. Va!., voI. 2 p. 317, n. 247). Cfr.
la precisazione del n. 3144.

4543 4) Doveri pastorali nei giorni festivi


1o La celebrazione eucaristica da parte del parroco: can. 530, n. 7.
2° Binazione e trinazione, in caso di scarsezza di sacerdoti: can. 905, 2.
3° L'applicazione della "Messa pro populo":
*
- L'obbligo del Vescovo diocesano: can. 388
- Dell' Amministratore diocesano: can. 429
- Del parroco: can. 534
- Dell'amministratore parrocchiale: can. 540, l *
- Del gruppo di sacerdoti, a cui è affidata in solido la cura di una o più parrocchie: can.
*
543, 2, n. 2
4° L'omelia in ciascuna Messa: can. 767, 2 * *
5° Il particolare obbligo del parroco: can. 528, 1
6° La responsabilità dei parroci e dei l'etimi di chiesa: can. 767, 4 *
4544 3. I giorni di penitenza
La disciplina penitenziale venne opportunamente riordinata da Paolo VI nello spi-
rito e nel contenuto, secondo le esigenze rinnovatrici del Concilio Vaticano II, con la
Cost. Ap. Paenitèmini del 17 febbraio 1966 (Enchir. Vat., voI. 2, pp. 606-629). Il Codice
di Diritto Canonico conferma sostanzialmente quelle norme, ampliando in modo note-
vole le competenze delle Conferenze Episcopali.
I giorni di penitenza 509

1) Ragione e finalità dei giorni penitenziali 4545


1249 Il canone, completamente nuovo, presenta con grande esattezza dottrinale e
pastorale la disciplina penitenziale, che non è più limitata, come nel Codice precedente,
all'astinenza e al digiuno, ma comprende nello stesso tempo altre forme di penitenza
esistenti già tradizionalmente nella secolare prassi della Chiesa, ma richiamate solo,
finora, nella teologia morale e ascetica.
Si afferma anzitutto il principio della necessità della penitenza per diritto divino: 4546
tutti i fedeli, ciascuno a suo modo, secondo le differenti condizioni di età, di sesso,
di stato di vita e fisico, son tenuti per legge divina a fare penitenza. Tale legge è stata
affermata da Cristo stesso con l'insegnamento e con l'esempio (Mt, 17,20; 5, 29-30;
Il, 21-24; 3, 4; 11, 7-11; 4, 2; Mc. I, 13; Lc. 4, 1-2, ecc.) Il Maestro Divino ha fatto
della mortificazione c della penitenza una condizione essenziale della vita cristiana
(Ml. 16, 24; Lc. 9, 23).
Alla importanza e alla necessità della penitenza, espressione di sincera conversione
al Signore e d'intima partecipazione ai patimenti di Cristo Salvatore, è dedicata tutta la
parte inlroduttiva dell'accennata Costituzione Apostolica di Paolo VI.
La penitenza, nella Chiesa, ha un carattere comunitario oltre che personale e 4547
intimo, poiché la Chiesa è un "corpo" (cfr. Cost. conco Sacrosanctum Concilium, n. 110,
l). La scelta di particolari giorni, nei quali i fedeli si uniscano insieme e con maggiore
impegno nella comune osservanza della penitenza, è un'esigenza sociale di questo "cor-
po", una espressione della sua "unità" e della sua "comunione".
Le forme di penitenza sono molteplici. La Chiesa invita i fedeli: 4548
Ad attendere con maggiore intensità alla preghiera
- A dedicarsi con maggiore impegno e generosità ad opere di pietà e di carità
- Ad adempiere più fedelmente i doveri del proprio stato, accettando con
fiducioso abbandono le sofferenze, le prove, le incertezze della vita, secondo un vero
spirito di abnegazione cristiana
- A praticare soprattutto (praesertim) il digiuno e l'astinenza, prescritti dalla
Chiesa
Con l'avverbio "praesertirn", non s'intende dare al digiuno o all'astinenza un valore maggiore,
ma soltanto mettere in rilievo il loro particolare carattere obbligatorio (Communicationes. a. 1980,
p. 366, can, 48). In effetti, mentre le prime tre forme di penitenza sono lasciate alla libera iniziativa
dei fedeli (Communicationes a. 1980, p. 364, can. 48 quater) la quarta forma, comprendente il
digiuno e l'astinenza, atteso il suo carattere comunitario, è disciplinata c prescritta dalla Chiesa con
norme concrete, formulate per altro con molta larghezza.
«La penitenza - ammonisce Paolo VI - ha un carattere preminentemente 4549
interiore e religioso, ma questo non esclude né attenua in alcun modo la pratica
esterna di tale virtù, anzi ne richiama con particolare urgenza la necessità... La vera
penitenza non può prescindere, in nessun tempo, da un'ascesi anche fisica, poiché
tutto il nostro essere, anima e corpo ... deve partecipare attivamente a questo atto
religioso, mediante il quale la creatura riconosce la santità e la maestà divina. La
necessità della mortificazione appare inoltre chiaramente dalla considerazione della
fragilità della natura umana dopo il peccato di Adamo e dalla lotta che esiste fra la
carne e lo spirito. Tale mortificazione, tuttavia, ben lontana da ogni forma di stoici-
smo, non implica alcun rifiuto o condanna della carne, poiché il Figlio stesso di Dio
si è degnato di assumerla. Essa mira alla liberazione dell'uomo, che spesso, a motivo
della disordinata concupiscenza, si trova come incatenato ai sensi. Mediante il digiu-
no corporale, l'uomo riacquista vigore e la ferita inferta alla sua dignità dalla
intemperanza, viene curata dalla salutare medicina dell'astinenza» (Cost. Ap.
Paenitèmini, II, 2-3: Enchir. va., voI. 2, p. 617, n. 636).
510 LIBRO IV . Il "munus sanctificandi' della Chiesa

CAN. 1250- Dies et tempora pae- Sono giorni e tempi di penitenza nella
nitentialia in universa Ecclcsia Chiesa universale i singoli venerdì del-
sunt singulae feriae sextae totius l'intero anno e il tempo di quaresima .
anni et tempus quadragesimae.
CAN. 1251 - Abstinentia a carnis Si osservi l'astinenza dalle carni o da
comestione vel ab alio cibo iuxta altro cibo , secondo le norme della Confe-
conferentiae Episcoporum prae- renza Episcopale, nei singoli venerdì del-
scripta, servetursingulisanni sextis l'anno, tranne che coincidano con una
feriis, nisi cum aliquo die inter sol- delle solennità indicate ; l' astinenza e il
lcmnitates recensitooccurrant; ab- digiuno, invece, sono da osservarsi il mer-
stinentia vero et ieiunium, feria coledì delle Ceneri e il venerdì santo della
quarta Cinerum et feria sexta in Passione e Morte di Nostro Signore Gesù
Passione et Morte Domini Nostri Cristo.
lesu Christi.

4550 2 ) Giorni e tempi di penitenza per diritto comune


1250 (1252*) L'obbligo morale di far penitenza, secondo il precetto di Cristo, si
estend e a tutta la vita del cristiano, ed è da osservarsi con con tinuit à e costanza, in un
certo senso "sine intermissione". Ma c' è anche un obbligo comunitario e giuridico di
peni tenza prescritto dalla legge della Chiesa, e questo deve essere osservato nelle varie
form e indicate nel can . 1249, nei giorni e nei tempi designati :
- I singoli venerdì dell'anno, co nsacrati alla memoria dell a passion e e morte del
Sign ore
- Il tempo di quare sim a, che è di preparazione alla Pasqu a

4551 3) L 'obbligo dell 'astinenza e del digiuno


1251 (/ 250-1252 *) L'astinenza dalla carne o da altro cib o, seco ndo le norme del-
tale dalle Con ferenze Episcopali", è di obbl igo " iure communi" nei singoli venerdì
dell ' anno, tranne che coincidano con una delle solennità presc ritte, di cui al ca n. 1246.
Il digiuno, invece , è da osservarsi " iure communi" il Mercol edì delle Cen eri, inizi o
del tempo quaresimale, e il Venerdì sa nto, in memoria della passione e mort e di N.S.
Gesù Cristo.
4552 Secondo le norme emanate dalla Conferenza Epi scopale Italiana il 23 gi ugno 1966 (Enchir.
CE I, voI. I, pp. 250-251). co nfermale nell' Assembl ea Generale dell'ottobre 1984 (Enc hir, CEI, voI.
3, pp. 1317-131 8, n. 228 2), in Italia, per i fedeli in genere' :
IO Restano giorni di digiuno e di astinen za dalle carni il Merco ledì delle Ceneri e il Venerd ì
santo (n. I).

(, Durante i lavori di redazione del nuovo Codice , si discuss e in se no al Gruppo di Studio " De
locis et de ternporibus sacris dequ e cultu divino" se l'astinenza dovesse limitarsi alla carne, secondo
la tradizionale prassi dei cristiani, o comprendere invece alternativamente altri cibi. da determinarsi
dalle Conferenze Episcopali. Prevalse, quasi ad unanimità. il criterio dell'alternativa. in quanto
«l' astinenza dall'e carni rispondeva so lo alla cultura e ai costumi di alcuni popoli, per cui non
se mbrò opportuno imporla ad altri popoli, per i quali l'astinenza da qualche altro cibo costituisce
una penitenza maggiore» (Commulli catiolleS. a. 1980, p. 364, can . 48 quater),
7 Nulla si muta invece circa i voti delle persone fisiche o morali , e circa le costituzioni e le
rego le delle Congregazioni religiose o Istitut i approvati (ibidem) .
J g iorni d i penitenza 511

CAN. 1252 - Lege abstinentiae te· Sa n tenuti alla legge dell' astinen za co-
nenturqui decimum quartum aeta- loro che hanno compiuto il quattord icesi-
tis annum expleverint; lege vero mo anno di età; alla legge del digiun o,
ieiunii adstringuntur omnes aetate invece, tutti coloro che sono di età mag-
maioresusque adannum inceptum giore fino al sessantesimo anno iniziato. I
sexagesìmum, Curent tamen ani- pastori di anime e i genitori, tuttavia, ab-
marum pastores et parentes ut biano cura che anche i minori di età, i
etiam ii qui, ratione minoris aetatis quali non sono obbligati alla legge del di-
ad legem ieiunii et abstinentiae non giuno e dell' astinenza, sia no educati a un
tencntur, ad gcnuinum paeniten- genuino spir ito di penitenza.
tiae sensum informentur.

2° Restano giorni di astinenza dalle carni. secondo l'antica tradizione cristiana , tutti i venerdì
di quaresima (n. 2).
3° Negli altri venerdì dell 'a nno. non c' e stretto obbligo di aste nersi dalle carn i, e si lasc ia ai
fedeli libertà nella scelt a di altra opera di penitenza. in sostituzione di tale obbl igo . Può essere opera
penitenziale:
- L' astenersi da cibi particolarme nte desidera ti o costos i
- Un atto di carità spirituale o corporale
- La lettura di un brano della Sacra Scrittura
- Un esercizio di pietà preferibil mente a carattere familiare
- Un maggiore impegno nel portare il peso delle diffic oltà della vita
- La rinunzia ad uno spettacolo o divertimento
- Altri atti di mortificazione (n. 3).

La Conferenza Episcopale Italiana non ha emanato altre norme, per cui: 4553
- Qua nto all'astinenza, è da tener prese nte la legge che vieta l'u so della carne e,
in genere. di tutto ciò che ha diretta relazione con essa : sangue, grasso, estratti , ecc. Son
permessi , invece. il pesce. le uova, i latticini c anc he il condimento co n grasso di
animali, lardo o strutto (can. 1250, Codice 19 17; Cost. Paenitèmini, III, § I).
- Quanto al digiuno , la legge prescriv e di fare un solo pasto comp leto durante la
giornata, consentendo per altro di prendere un po' di cibo al mattino e alla sera, atte-
nendosi per la qu alità e la quant ità alle consuetudini locali approvate (can . 1251, § I,
Codice 1917 ; Cost. Paenitèmini, III, § 2).
Nei giorni di digiuno, il pasto principa le può esser fatto indifferentemente a mez-
zogiorno o la sera (can. 125 1, § 2, Codice 1917). In esso , è permesso qualsiasi cibo ,
anche la carne, tranne che sia anche giorno di astinenz a.

4) Le persone soggette all'obbligo e il dovere dei pastori d 'anime e dei 4554


genitori
1252 (1254*) La legge dell' astine nza obbliga tutti i fedeli c he siano in possesso di
un suffici ente uso di ragione (can. I I), dai 14 anni compiuti (non più dai sette anni), fino
al term ine della vita.
La legge del digiuno obbliga invece dalla maggiore età, ossia dai 18 anni comp iuti
(can . 97, § I), fino ai 60 comi nciati.
Segue nel canone una norma di cara ttere pastora le, cont enuta già nella Cost. 4555
Paenitèmini di Paolo VI (n. IV): è dovere dei pastori di anime e dei genitori aver cura
che anc he i minori d'età, pur non essendo obbliga ti alla legge del digiu no e dell ' asti-
nenza, siano educati ad un autentico spirito di penitenza.
512 LJBR O IV - Il "mun us sancrificandi" della Chiesa

CAN. 1253 - Episcopomm confe- La Conferenza Episcopale può determ i-


rentia potest pressius determinare nare in modo più particolareggiato l' os-
obser vantiam ieiunii et abstinen- se rva nza del digiuno e dell ' astinenza,
tiae, necnon alias formas paeniten- come pure sostituire in tutto o in parte
tiae, praesertim opera caritatis et all'astinenza e al digiuno altre forme di
exercitationes pietatis, ex toto vel penitenza, soprattutto opere di carità ed
ex parte pro abstinentia et ieiunio esercizi di pietà.
substituere.

4556 La gr avit à dell'obbligo. Nella Cost. Paenitèmini di Paolo VI è detto che «la sostanziale
osse rvanza dei giorni di penitenza obbliga graveme nte». Questa "osservanza sostanzia le" non si
riferisce ai singoli giorn i di penitenza da osservarsi obbligatoriame nte in tuua la C hiesa. ma all'in-
sie me dei giorni penitenziali , per cui pecca gravemente contro la legge soltanto colui che . senza un
proporzionato motivo. trascura una parte notevo le, quantitativame nte o qu alitativamen te, dell' os-
serva nza penitenziale prescritta complessivamente (Congregazione del Conc ilio, 24 febbra io 1967:
X. OcHO". Leges Ecclesiae, III. n. 3537. coli. 5 110-5 11l ).

Scusa dalla legge dell'astinenza e del digiuno solo una causa adeguata: l'i mpossi-
bilità, il grave incomodo, l' infermità, i lavori pesanti o altre giuste cause. Per l'astinen-
za. tuttavia. si richiede una causa più grave che per il digiuno. Quando l' impossibilità
di osservare l' astinenza o il digiuno è certa ed evidente, non occorre chiedere la dispen-
sa. Ma se il motivo è dubbio o non del tutto sufficiente. si ricorre all'autorità ecclesia-
stica (can. 1245).
4557 Lo spi rito della legg e. Occo rre tuttavia comprendere lo spirito della legge, prescr itta dalla
Chiesa . In realtà la mortificazione mater iale non è fine a se stessa. ma è ordinata a sostenere e a
rafforzare que lla spirituale. che è la vera ed esse nziale mortificazione. Yab negatio intesa da Cristo.
La mortificazione dci corpo . per motivi ragionevoli, può esse re differita o sospesa . ma la mortifi-
cazione dello spirito non conosce scuse o dispense né interruzioni o soste, e tutti. anc he i poveri,
gli ammalati. i sofferenti, vi sono ugualmente e perennemente obbligati,
4558 È infi ne da notare che il precetto del digiuno e dell'a stinen za ha uno sco po e minenteme nte
carita tivo e sociale oltre che morale e intimo . La Chiesa. difatti. prescrive tal i privazio ni. perché
i risparmi in tal modo realizzati sia no spesi in opere di carità e di bene. soprnttutto a sollievo dei
poveri . La Cost , Paenit èminl ricorda oppo rtunamente cbe la carità cristiana deve raggi ungere «i
fratelli che soffrono la povertà e la fame. oltre ogni barriera di nazioni e contin enti» (III, c. 5).

4559 5) Le faco ltà delle Conf erenze Episcopali


1253 Il canone lascia alle Conferenze Episcopali un' ampia competenza normativa
circa l'os servanza del digiuno e dell' astinenza, in modo che la legge abbia una concreta
aderenza alle situazioni locali, le quali. variando da regione a regione, prese ntano pro-
prie particolari esigenze e necessità.
Le Conferenze Episcopali possono pertanto:
- Deter minare in modo più particolareggiato l'osservanza del digiuno e del-
l' astinenza
- Sostituire in tutto o in parte all'as tinenza e al digiuno altre forme di penitenza,
soprattutto opere di carità ed esercizi di pietà
È quanto ha fatto la Conferenza Episcopale Italiana. relativamente ai venerdì del-
l'anno (n. 4552. 3°).
A norma del n. VI, § 2, della CosI. Paenit èmini, le Conferenze Episcopali son
tenute a comunicare alla Santa Sede le norme da esse stabilite.
l nurd uzionc 513

LIBRO V
I BENI TEMPORALI
DELLA CHIESA

Il nuovo Cod ice ded ica ai beni tempo rali della Chiesa un libro a sé, il quinto, 4560
co mprendente una parte introduttiva (can n. 1254-1258 ) e quattro titoli:
I° L' acqu isto dei beni: cann . 1259-1272
2° L' amministrazione: cann. 1273-1289
3° I contratti, in particolare l'alienazione: cann. 1290-1298
4° Le pie volontà in genere e le pie fond azioni : cann. 1299-1310
La dist ribuzione della materia è identi ca a quella del Codice precedente (libro III, 4561
parte VI: cann . 1495-1551), ma le norme contengono profonde innovazioni. Le prin-
cipali sono:
- La riforma beneficiaria, con la con seguente soppressione dell a V parte del III
libro del Codice anteriore, relativa ai benefici ecclesiastici e alla loro intricata discipl ina
(tit. XXV , cann. 1409-1448) (Communicationes , a. 1977, p. 269, 2° cpv.).
- L' accentu azione del fine spir itua le degli uffici ecclesiastici , seco ndo il delib e-
rato co ncilia re del Decr. Presbyterorum Ordinis (n. 20, 2).
- La creazi one di nuovi Istituti per il sostentamento e la previdenza socia le del
Clero, e per le varie necessità della dioc esi (ca n. 1274).
- L' erezione di nuovi Organism i amministrativi, come il Con siglio per gli affari
economi ci, diocesano e parrocchiale, di cui nei precedenti cann . 492 e 537, e dell 'Eco-
nomo diocesano (cann. 494 e 1278).
- L' attribu zione di una maggio re competenza in materia econom ica alle Ch iese
particolari, a livello dioc esano e nazionale, in applicazione del principio di "sussi diarie-
tà" approvato dal Sinodo dei Vesco vi nell' ottobre del 1967 (n. 5: Enchir. Vat., voI. 2,
pp. 1366-1 369, nn. 1705-1707)1 .
- Un più largo rinvio alle norme del diritto civile.
Con la nuova legislazione, s' è inteso dare una concreta attuazione ag li orientamen- 4562
ti conciliari, co llocando i beni temp orali nel contesto della "comunione eccle siale " e
dell a "missione religiosa", e inform ando l' economia, pur necessaria alle attività della
Chiesa, alla sua organ izzazione e al suo sviluppo, a un autentico spirito di povert à e di
carità evangelica (cfr. in particolare il Decr, Presbyterorum Ordinis, sul minister o c sulla
vita sacerdotale (nn . 8, 17, 20-21).

l Tale principio ha avuto una larga applicazione in tutta la legislazione canonica, ma in

particolare nel diritto patrimoniale : «Momentum peculiarium legislationum - s'era dello - in


novo Codice luris Canonici accuratius essei describendum praesertim in re adrninistrativa tempo-
rali, cum regimen bonorum lempornlium iuxta leges propriae nationis rnagna ex parte ordinari
debeat » tEnchlr. Val ., vol. 2, p. 1368, n. 1706).
514 LIBRO V - I beni temporal i de lla Chie sa

CAN. 1254· § 1. Ecclesia catholi- § I. La Chiesa cattolica ha il diritto


ca bona temporalia iure nativo, nativo, indipendente dall'autorità civile,
independenter a civili potestate, di acquistare, possedere , amministrare e
acquirere, retinere, administrare alienare i beni temporali , per conseguire i
et alienare valet ad fines sibi pro- fini che le sono propri.
prios prosequendos.
§ 2.Fincs vero proprii praecipue § 2. I fini propri della Chiesa sono prin-
sunt: cultus divinus ordinandus, cipalmente: l'organizzazione del culto di-
honesta cleri aliorumquc ministro- vino, il dignitoso sostentamento del clero
rum sustentatio procuranda, ope- e degli altri ministri, l'esercizio delle ope-
ra sacri apostolatus et caritatis, re di apostolato e di carità, specialmente a
pracsertim erga egenos,cxercenda. favore dei poveri.

Si tende inoltre con essa:


l " Ad assicurare una più valida gestione dei beni ecclesiastici, facendovi parteci-
pare in giusta misura anche i laici (cfr. cann. 492; 537; 1279, § 2; 1282; 1287, ecc.).
2 0 A realizzare la perequazione economica del Clero , che non è soltanto un dovere
di "solid arietà" sacerdotale , ma anche di equità e di giustizi a.
In rispondenza alle nuove norme, le Conferenze Episcop ali hanno ormai disposto
nei territori di propria competenza un'ampia e radicale riforma del patrimon io ecclesia-
stico, d' intesa con la Santa Sede.
4563 Da nota re. La legislazione canonica in materia patrimoniale non è soltanto quell a contenuta
nel V libro del Codice. Essa comprende numerose disposizioni sparse in varie altre parti , che. da
un punto di vista logico, si sarebber o dovute inserire nell'attuale libro, in modo da present are in
esso un'esposizione completa e ordinata delle norme circa i beni temporali della Chie sa. Ma questo.
di fallo. avrebbe apportato notevoli svantaggi di carattere tecni co. per cui il Gruppo di Studio "De
bonis Ecelesiae tempora libus" opportunamente ha collocato altrove. in sezioni più proprie. molte
prescrizioni. Indichiamo somm ariamente le più importanti:
- Cl/nn. / 2/ -/ 23: destinazione dei beni e dei diritti patrim oniali delle persone giuridiche
pubbliche e degli oneri relat ivi. in caso di unione, sme mbramento ed estinzione
- Can. 222: obbligo dei fedeli di sovvenire alle necessità della Chiesa
- CWI. 23/ : rimunera zione dci laici, addetti in modo perm anente o temporaneo ad un par-
ticolare servizio della Chiesa
- C lI/l . 264 : il tributo "pro Seminario"

- Cl/n. 211 / : l'ad eguata e dignitosa rimune razione dei chierici, che si dedi cano al ministero
ecclesiastico
- Cann. 3/9 e 325: l' amministrazione dei beni delle associazioni pubbliche e private dei fedeli
ClI/ln . 492-493: costituzione e compiti del Consiglio diocesano per gli affari eco nomici
Cali . 494: nomina e comp iti dell'Economo diocesano
Cl/n . 510, § 4: offerte fatte ad una chiesa che è insieme parrocchiale e capitolare
Can n. 53 / e 55/ : offerte da versare nella cassa parrocchiale
- Cali . 532: responsabilità del parroco nell 'amministrazione dei beni parrocchiali
- Can. 537: la costituzione del Consigli o parrocchiale per gli affari economici
- Cann. 634-640, 7/ 8, 74/ : l'amministrazione dei beni tempo rali degl'Istituti religi osi, de-
gl'Istituti secolari e delle Società di vita apostolic a
- Can. 848: offerte in occasion e dell'amministrazione dei sacramenti
- Cann. 945·958: l'offerta per la celebrazione della Messa
- Can. // 11/: offerte in occas ione di funerali
Principi c n OITIl l.: prel iminari 515

CAN. 1255 • Ecclesia universa La Chi esa universale e la Sede Aposto-


atque Apostolica Sedes, Ecclesiae lica, le Chiese parti col ari c qual siasi altra
particulares necnon alia quaevis person a giuridica, sia pubblica c he priva-
persona iuridica, si ve publica sive ta, so no sog gett i capac i di ac quis tare, pos-
privata, subiecta sunt capacia bo- sedere, ammi nis trare e alie nare ben i tem -
na temporalia acquirendi, retinen- po rali a norma del d iritto .
di, administrandi et alienandi ad
normam iuris.

PRINCIPI E NORME PRELIMINARI (ca nn. 1254-1258 ) 4564


Sche ma
I. Il diri tto nativo delia Chiesa 3. Beni ecclesiastici e laicali
2. I vari sogge tti de i diritti patri rnoniali e l'alto - Co ncetto
dominio del Romano Pontefice - Ulteriori distinzio ni
- Una precisazione

1. Il diritto nativo della Chiesa 4565


1254 (/495, § J *) Per volontà del suo Fondatore Divino la Chiesa non ha soltanto
una struttura intima, spirituale, quale Corpo Mistico di Cristo, ma anche una struttura
esterna, visibile, sociale, che ha bisogno di adeguati mezzi economici, oltre che spiri-
tuali, per potere svolgere la sua missione e conseguire i suoi propri fini (Cost, Lumen
Gentil/m, n. 8, 4).
A tale bisogno risponde un legittimo diritto patrimoniale:
- Nativo, ossia originario, perché legato non alla concessione o alla tolleranza
dello Stato, ma all' origine e alla natura stessa della Chiesa ' .
- Indipendente da qualsiasi potestà civile, nella sua esistenza c nel suo esercizio?
- Pieno, ossia compren sivo di tutti i rapporti giuridico -economici, relativi al-
l'acqu isizione dei beni, al loro possesso c godimento, alla loro amministrazio ne cd
alienazione.

[ Il diritto patrirnoniale della Chiesa è anche un diritto d 'ordine naturale, fondato sul prin-
cipio della libertà religiosa. Lo ric hiama lo stesso Concilio Vatica no Il nella Dichia razione
Dignitatis humana e:
- Purché non siano violate le giuste esigenze dell ' ordine pubblico. dev' essere riconosciuto
alle com unità religiose il d iritto di reggersi seco ndo norme proprie per poter onora re la suprema
Divinità co n cult o pubbli co. aiutare i propri membri nell 'es ercizio della vita religi osa ... Spetta
similmente alle delle comunità il diritto di costruire edifi ci religiosi, di acquistare e di godere beni
adeg uati (n. 4, 2-3) .
Il principio vale per ogni associazione, reli giosa e non religiosa, che perseg ua fini onesti e
utili, e og ni Stato che intende essere uno " Stato di diritto" ha il dovere di curarne la debita
attuazione.
1 Un tale principio , affermato nel cali . 1495, § l, del Codice an teriore (libe re et
indep end ent er a c ivili potes tate) fu omesso in un prim o tempo , per ch é rite nuto "alquanto
pole mico" Ilei rig uar di de llo Stato t Communicationes. a. 197 3, p. 94, n. I ). Venne rimesso
nell a se dut a del 19 giug no 197 9, pe r evita re che si traessero dell e co nseg uenze err ate di
carattere do ttrinale tCommunicationes , a. 19 80, p. 396 , ca n. I, ultimo c pv.), q uas i c he la Chiesa
mod ifica sse il su o atteggiame nto circa un principio cos tante del suo magistero, co nfermato
dall o stes so Con cil io Vat icano 11 (Di chiar. Dignitat is humanae, n . 4, 2; 13. per intero, ma
specialm ente il 3 0 c pv.; Cos t. Gaudium et Spes, n. 42 . 4) .
516 LIBRO V - I ben i temporal i della Chiesa

4566 Sono i fini propri della Chiesa, che danno consistenza e legittimità ai suoi diritti di
carattere eco nomico, giustificando l'esistenza di un patrim onio eccìesiastico' . Tali fini,
già accennati nel can. 114, § 2, sono principalmente :
I° L'o rganizzazione del culto divino che, ovviamente, comprende anche la costru-
zione e la manutenzione degli edifici sacri e delle loro pertin enze.
2° Il dignitoso sostentamento del Clero e delle altre persone, che dedicano la loro
attività a servizio della Chiesa. Relativamente al Clero , occorre provvedere anche alla
sua debita formazione spirituale, culturale e scientifica.
3° L'esercizio delle opere di apostolat o e di carità, specialmente a favore dei po-
veri: un campo vastissimo, che richiede energie e mezzi adeg uati.

4567 2. I vari soggetti dei diritti patrimoniali e l'alto dominio del Romano
Pontefice

l ) l vari soggetti
1255 (1495, § 2 *) Canonicamente sono soggetti di diritti patrimoniali, con capacità
giuridica di acquistare. possedere, amministrare, alienare, dispor re dei propri beni "ad
normam iuris":
I° La Chiesa universale (can. 204, § 2) e la Sede Apostolica (can. 361), che sono
persone morali in forza dello stesso ordinam ento divino (can. 113, § I) . Per Sede
Apostol ica o Santa Sede s'i ntende il Supremo Pontificato, distinto, in quanto ufficio ,
dalla persona fi sica del Romano Pontefice.
2° Le Chiese particolari : diocesi. prelature e abbaz ie terr itoriali , vica riati e pre-
fettur e aposto liche, amministra zioni apostoliche stabilmente erette (ca n. 368), che per
la loro stessa legittim a erezio ne, godono "ipso iure" della personalit à giuridica (ca n.
373) .
3° Tutte le persone giuridiche ecclesiastiche, pubbli che e private, costituite a
norma del diritto (can. 116, § 2): seminari, parrocchie, istituti religiosi, associ azioni di
fedeli, pie fondazioni, ecc ., poiché la capacità patrimoniale fa parte della personalità
giuridica (Communicationes, a. 1973, p. 96, n. IO, l ° cpv.).
4568 La capacità giuridica della Chiesa universal e è un'affermazione di principio. Di fallo ess a non
è titolare diretta e immediata di beni patrimoniali. Possiede e agisce tramite la Santa Sede , che è

.' Questi principi so no richiamati con insistenza dal Concili o Vatica no Il:
- I sacerdoti. per i quali il Signore è "pars et haereditas" (N um, 18, 20), debbono usare dc i
beni temp orali solo per quei fini ai quali è lecito dest inarli in conformità con la dottrina di Cristo
Signore e con gli ordinamenti della Chiesa (Decr , Presbyterorum Ordinis. n. 17, 2).
- I beni ecc lesiastici propriamente detti devono essere amministrati dai sacerdot i come esige
la loro stessa natura, a norma delle leggi ecclesiastiche, e possibilmente con l' aiuto di es perti laici.
Bisogna inoltre impiega rli sem pre per quegli sco pi per il cui conseg uimento è lecito (Iicet) alla
Chiesa possed ere beni temp orali, vale a dire : l' organizzazione del culto divi no, il dignitoso sost en-
tamento del clero, la prom ozione delle opere di misericordia e di carità. spec ialmente a vantaggio
dei poveri (Dccr. cit., n. 17, 3).
- La Chiesa si serve dei beni temporali nella misura richiesta dalla propria missio ne:
quantum propria e ius missi o id postulat (Cost, Gaudium et Spes, n. 76, :;).
- Lo spirito di povertà e d ' amore è la gloria e la testimonianza de lla Chiesa di Cristo (Cos t.
cit., n. 88, I ).
Da tali affermazio ni risulta in modo chiaro che, nello spirito de l Concilio, la prop rietà di beni
desti nati a tini estra nei alla missione propr ia della Chiesa o anche a fini non necessari o non utili.
non è legittima né si giustifica in alc un modo.
Principi e norme preliminari 517

CAN. 1256 - Dominium bonorum, La proprietà dei beni, sotto la suprema


sub suprema auctoritate Romani autorità del Romano Pontefice, appartiene
Pontificis, ad eam pertinet iuridi- alla persona giuridica che li ha acquistati
cam personam, quae eadem bona legittimamente.
legitime acquisiverit.
CAN. 1257 - § 1. Bona temporalia § l. Tutti i beni temporali appartenenti
omnia quae ad Ecclesiam univer- alla Chiesa universale, alla Sede Aposto-
sam, Apostolicam Sedem aliasve in lica e alle altre persone giuridiche pubbli-
Ecclesia personas iuridicas publi- che esistenti nella Chiesa, sono beni ec-
cas pertinent, sunt bona ecclesia- clesiastici e sono retti dai canoni seguenti
stica et reguntur canonibus qui se- e anche dai propri statuti.
quuntur, necnon propriis statutis. § 2. I beni temporali di una persona
§ 2. Bona temporalia personae giuridica privata sono retti dai propri sta-
iuridicae privatae reguntur pro- tuti e non dai presenti canoni, tranne che
priis statutis, non autem hiscecano- si disponga espressamente in modo di-
nibus, nisi expresse aliud caveatur. verso.

il suo organo centrale, le Chiese particolari, «nelle quali e dalle qualila Chiesauniversale sussiste»
(can.368), e altre persone giuridiche pubbliche (le province ecclesiastiche, le conferenze episcopali,
le stesse parrocchie, ecc.), che ne sono l'espressione concreta.

2) L'alto dominio del Romano Pontefice 4569


1256 (/499, § 2*) La proprietà diretta, con tutti i diritti annessi, appartiene alla
persona giuridica che li ha acquistati legittimamente e ne ha pertanto la titolarità. Su tali
beni, tuttavia, il Romano Pontefice, in forza della sua autorità suprema, esercita un
potere di alto dominio (sovranità), che lo costituisce - come si dirà nel can. 1273 -
supremo amministratore e dispensatore di tutto il patrimonio ecclesiastico.
Un taIe potere del Papa contribuisce a dare una eerta unità al detto patrimonio,
ripartito fra i vari enti e le varie istituzioni.

3. Beni ecclesiastici e laicali 4570

I) Concetto di beni ecclesiastici 4571


1257 (1497, § 1*) La distinzione tra beni ecclesiastici e laicali è molto importante
da un punto di vista giuridico, poiché tali beni sono soggetti a una disciplina comple-
tamente diversa.
IO Sono beni ecclesiastici tutti i beni appartenenti alla Chiesa universale, alla Sede
Apostolica, alle Chiese particolari e alle altre persone giuridiche pubbliche esistenti
nella Chiesa. II concetto di persona giuridica pubblica è determinato dal can. 116, § I
(v. commento relativo).
2 Sono beni non ecclesiastici, ossia laicali, tutti i beni appartenenti alle persone
0

giuridiche private, di cui nel predetto can. 116, § 14 •

4 La distinzione in beni ecclesiastici e non ecclesiastici non è accettata da alcuni, i quali


considerano "ecclesiastici" tutti i beni appartenenti alle persone giuridiche esistenti nella Chiesa,
518 LI BRO V - I beni temporali della Chiesa

Nel present e canone. si considerano so ltanto le persone giuridiche, non q uell e fi siche, i cui
beni non potrann o mai essere "ecclesi astici" in sen so canonico . anche se appart en enti a persone
rivestite di compiti e responsabilità ecclesiastiche.

I belli ecclesiastici sono retti dalle norme contenute nel Cod ice (principalmente nei
canoni del presente libro) e dai propri statuti, legittim ament e approvati. I beni noli
ecclesiastici sono invece retti dagli statuti delle person e giurid iche a cui appartengono,
e non dai canon i, tranne che sia disposto diversament e in modo espresso, come ad
esemp io nei cann. 264, 325, 1263, 1265, 1267, 1269, 1280, 1480, § 2.

4572 2) Ulteriori distinzioni


La distinzione dei beni in ecclesiastici e non ecclesiastici è in rapporto al sogge tto
che ne ha la titolarit à. In rapport o alla loro natura e ad altri elementi, si hanno nel Codice
ulteriori classificazioni, anche se menzionate con un semplice accenn o, senza alcun
caratt ere sistematico.
4573 - Beni mobili e immobili: cann . 13, § 2, n. 2; 1270; 1283, n. 2; 1285; 1302. § I;
1305; 1376 ; 1655, § 2.
Beni immo bili. in genere, sono que i beni che, per la loro natura , non possono essere
trasportati senz a che venga alterata la loro consistenza .
A termine dell'art. 8 12 del Codice Civil e Italian o : "Sono beni imm obili il suolo , le sorgenti
e i corsi d'acqu a, gli alberi. gli edifici e le altre co struzioni. anche se unite al suolo a scopo
tran sitori o, e in ge nere tuIlo ciò che naturalmente o artifi cialm en te è inco rpor ato al suolo. - Sono
rep utati imm obil i i mu lini, i bagn i e gli altri edifici galleggianti quando so no salda me nte assic urati
alla riva o all ' al veo e sono destin ati ad esserl o in mod o permanente per la loro utili zzazion e. -
Son o mobili tutti gli altri beni ».

4574 - Diritti reali e personali (can. 1270): i primi attribuiscono al soggetto titolare un
potere diretto e immediato sulla cosa; i secondi, detti anche diritti di credito, obbli gano
una persona verso un'altra "ad aliquid dandum , faciendum , praestandum ",

pubbli ch e c pr ivate. perch é an ch e q ueste ultime perseguono sos tanz ia lme nte i fin i propri dell a
Chi es a. anch e se con forme e mod alità di verse dall e persone giuridiche pubbliche (can . 114.
§§ 1-2). Tale fu anche. in un primo tempo , il parere del Gruppo dei Co nsult ori che re dasse lo
Sch em a s ul di ritt o patrimonial e della Chi es a:
- Non obsrante dis tinctione iam ab alio Coetu introducta inter persona s canonicas publicas
el pe rsona s canonicas priv atas, ce nsuit Coetu s noster bon a pat rirnon ialis ornni a ad urrarnqu c
personarum spccie m pertinentia aequa ratione "ecclesias tica" habenda esse (Communicationes, a.
1973, p. 96, n. 12).
Si aggiunge tuttav ia, com'era da aspettarsi :
- Diversurn aut ern inter utramque personarum speciem debet esse règimen bon orum.
Quae nempe ad personas publicas pèrtinent, moderantur can o nes iuri s co mmuni s in hac Co dice
part e contenti ; quae vero ad pe rson as privatas pert incnt , mod erantur ius particul ar e aut propria
statura. ni si aliud in hi sc e canonibus ca utu m sit (q uo d fit hi c ill ic ex pre sse pri vat as
mem orando) (ibid.. n. 13).
Nelle adun anze successive. i pareri furono discordi . e la cos a rima se inde cisa ( Communico-
tiones, a . 1977 . p . 270-271). Il ca none esaminato dal Gruppo di Studio "De bonis Eccl esiae
tempo ralibus" nella seduta del 20 gi ugno 1979, definiva formalmente "beni ecclesiastici" i beni
appartenenti alle persone giuridiche private iCommunicutiones, a . 1980, p. 398. ca n. 2 ter , § 2) . Si
decise tuttavia di se mplificare il canone e la detta precisaz ion e ve nne soppressa. Rimase per altro
intatto il princip io formul ato nel prim o paragrafo , per il quale, seco ndo l' interpretazione più fon -
dat a. se mbra di dover co mprendere fra i "beni ecclesiastici" in senso giuridico soltanto i beni
appartenenti alle person e giuridiche pubbli che , poiché so ltanto que ste agiscono propriament e " no-
mine Ecclesiae" (can. 116. § I) .
L'ucquisto dei beni 519

CAN. 1258 - In canonibus qui se- Nei canoni seguenti, col nome di Chie-
quuntur nomine Ecclesiae signifi- sa s'intende non solo la Chiesa universale
catur non solum Ecclesia universa o la Sede Apostolica, ma anche qualsiasi
aut Sedes Apostolica, sed etiam persona giuridica pubblica nella Chiesa,
quaelibet persona iuridica publica tranne che risulti diversamente dal conte-
in Ecclesia, nisiexcontextu sermo- sto o dalla natura della cosa.
nis velexnatura rei aliud appareat.

- Cose sacre: sono le cose destinate al culto divino mediante la dedicazione o la


benedizione costitutiva. Possono appartenere anche a privati: cann. 1171 e 1269, per cui
non sono necessariamente beni ecclesiastici.
- Cose preziose: per valore intrinseco, artistico, storico. Cfr. can. 1292, § 2. Cfr.
anche cann. 638, § 3; 1189; 1220, § 2; 1270; 1283, n. 2; cfr. inoltre can. 1497, § 2,
Codice 1917.
- Cose votive: cann. 638, § 3; 1292, § 2.
- Beni fiduciari: can. 1302.
- Beni culturali: can. 1283, n. 2 (ebona quae aliquo modo testimonium culturae
a fide inspiratae praebent»: Communicationes, a. 1984, p. 34, can. 1234, n. 2).
Nella dottrina canonica e civile, i beni sogliono anche distinguersi:
- [n corporali. dotati di materialità (per es. una casa. un fondo), e incorporali, percepibili
con la sola intelligenza (per es. i diritti).
- [n principali (per es. la proprietà di un fondo) e accessori (per es. il diritto ai frutti del
fondo).

3) Una precisazione 4575


1258 (1498*) Per ragioni di carattere tecnico tCommunicationes. a. 1980, p. 399,
4° cpv.), il can. 1258, identico al can. 1498 del Codice precedente, precisa che, nei
canoni del presente libro, col nome di "Chiesa" s'intende non solo la Chiesa universale
o la Sede Apostolica, ma anche qualsiasi persona giuridica pubblica ecclesiastica, tranne
che risulti diversamente dal contesto o dalla natura della cosa. Cfr. ad esempio i cann.
1268, 1282, 1286, 1290.

L'ACQUISTO DEl BENl (cann. 1259-1272) 4576


Schema
I. Principi generali 5. Offerte libere
2. La richiesta di contributi particolari 6. La prescrizione
3. Raccolte di offerte e questue 7. I bisogni della Santa Sede
4. Collette speciali 8. La riforma del sistema beneficiario

1. Principi generali
La prima espressione della capacità patrimoniale di una persona giuridica è l'acqui-
sizione dei beni, che dà diritto al possesso e al godimento dei medesimi, alla loro
amministrazione e disponibilità.
520 LIBR O V • I hcni temp orali della Chiesa

Titolo I
L'acquisto dei beni
CAN. 1259 • Ecclesia acquirere La Chiesa può acquistare ben i temporali
bona temporalia potest omnibus in tutti i modi legittimi di diritto sia natu-
iustis modis iuris sive naturalìs rale sia positi vo, che so no conse ntiti agli
sive positivi, quibus aliis Iicet. altri.
CAN. 1260 . Ecclesiae nativum ius La Ch iesa ha il diritto nati vo di es igere
est cxigcndi a christifidelibus, quae dai fedeli quanto è necessario ai suoi pro-
ad finessibi proprios sint necessaria. pri fini.

4577 I ) Il diritto della Chiesa


1259 (/499, § f *) Il canone riproduce testu alm ent e un ' afferm azione di pr inc i-
pio, co nte nuta nel can. 1499 , § l, del Codice precedente. Co n essa, la C hies a rive n-
dica per sé e per tutte le persone gi urid iche esistenti in ess a (ca n, 1258) il diritto di
po ter acquis ta re i beni tempor ali necessari o utili al con segui mento de i propri fini, in
tutti i modi legittimi di diri tto natu rale e positivo, che sono conse ntiti agli altri
(e ntrate di diritto privato) . Lo Stato non può violare questo d iritt o co n divieti o
limit azion i, che sarebbero assol uta me nte arbitrari e ingiusti , viol ando la libertà che
spetta ai singoli cittadini e ag li enti. Nell 'art. 2 della Dichiarazione Unive rsale dei
Diritti dell'Uomo, pro clam ata da ll'Assemb lea General e dell e Nazion i Unite il IO
dice mbre 1958 , è dett o es press ame nte:
- Ad ogn i indi viduo spetta no tutti i dir itti e tutte le libertà en unciate nella presente
Dich iarazione senza d istinzione alc una, per ragioni d i razza. di co lore. d i sesso. di
lingua. di religione. di opi nio ne politica o di altro ge nere. di origine nazionale o soc iale.
di ricchezza. d i nascita o di altra co ndizione.
Si milmente, l' art. 14 de lla Con venzione Europea per la salvaguardia dei diritti
dell' uomo, 4 novemb re 1950:
- Il godimento dei diritti e delle libertà riconosci uti nella presente Co nve nzio ne,
dev'essere ass icurato senza distinzio ne di alcuna spec ie, co me di sesso. di razza, di
colore, d i lingua, di religione , di opinione polit ica o di alt ro ge nere, di origine nazionale
o sociale. di appa rtene nza a una minoranza nazionale, di ricchezza, di nascita o di altra
condizione.
4578 Pe r quanto riguarda la Costituzione Italiana, è da richiamare l' art. 20:
- Il ca rattere ecclesiastico e il fine d i religione o di culto di un'associazione od
istituzione non possono essere ca usa di speci ali limitazioni legislative. né di spec iali
gravami fisca li per la sua cost ituzi one, capacità giuridica e og ni forma di attività.
T ale principio è confermato testualme nte nell 'art. 7, n. l , de i nuovi Accordi inter-
venuti fra la Santa Sede e la Repubblica Italiana il 18 febbraio 1984 :
I vari modi di acquisto della proprietà sono determinati in modo generale dall'art. 922 del
Codice Civile:
- La proprietà si acquista per occupazione (923 s. ), per invenzione (927 s.), per accessione
(934 s.), per specificazione (940), per unione o commistione (939), per usucapione (1158), per
effetto di contratti (1321 s.), per successione a causa di morte (456 s.), e negli altri modi stabiliti
dalla legge ( 1153 s.),
L'acqu isto dci beni 521

CAN. 1261 - § 1. Integrum est § l. I fedeli hanno piena facoltà di de-


christifidelibus bona temporalia volvere i propri beni tempor ali a favore
in favorem Ecclcsiae conferre. della Chiesa.
§ 2. Episcopus dioecesanus fide- § 2. Il Vescovo diocesano è tenuto ad
Ics de obligatione, de qua in can. ammon ire i fedeli circa l' ohbli go di cui al
222, § l, monere tenetur et oppor- can. 222, § I , sollecitandonc l'o sservanza
tuno modo eam urgere. in modo opportuno.
CAN. 1262 - Fideles subsidia Eco I fedeli diano il loro aiuto alla Chiesa,
c1esiae conferant per subventiones versando i contributi richie sti e osservan -
rogatas et iuxta normas ab Epi- do le norme emanate dalla Conferen za
scoporum conferentia latas. Episcopal e.

1260 (1496*) A parte la facoltà di valersi dei mod i co nsentiti a tutti gli altri in 4579
forza del diritto natu rale e positi vo , la Chiesa ha anche il diritto nativo di esigere dai
fede li, che fann o parte di ess a, quanto è necessari o per lo svo lgime nto della sua missione
e il co nseg uimento dei suoi prop ri fini (ean. 1254 , § 2).
Il diritto di esige re (ius exigendi ) comprende non solo il diritto di chiedere tius
petendi o exquirendi) o di raccogliere delle offerte (ius colligendi), ma anche il diritto
d' imporre dei contribu ti in forza della sua potestà di governo (entrate di diritto pubbli co).
In se no al Gruppo di Studio "D e bon is Ecclesiae temp oralibus", si discu sse su lla terminologia
da usare. Alc uni osservarono che l' espressione "ius exigendi" mal si acco rdava co n la sensi bilità
mode rna , e si deci se di usare la formul a più attenuata "ius exquirendi" (Communi catinnes, a. 1980.
p. 500. can. 3). Ma, successivamente. fu rimessa nel canone l' espressione più esatta e co mpleta del
Codice anteriore: "i us ex igendi" , Nello spirito dell a legge, tuttavia, è che «fideles suasione magis
quam coac tione indu cendi sunt ut subsidia Eccles iac confera nr» (Commun icationes, a. 1973, p. 95,
n. 5; cfr. anche a. 1980, p. 40 I, can . 5. § 3).

2) Il diritto e il dovere dei fe deli 4580


1261 Al diritt o della Chiesa corrisponde l' obbligo dei fedeli (di tutti i fedeli, laici
e chierici, che ne hanno la possibilità: cfr. can. 282, § 2) di sovvenire alle sue necessità
in rispondenza ai propri mezzi, com ' è stato già affermato in modo espli cito ncl can. 222 .
L' adem pimento di tale obbligo non può essere contrastato o limitato dalle autorità civili,
le quali son tenut e a co nsentire ai fedeli la piena facoltà di devolvere i propri ben i -
sia con atto tra vivi sia con atto a ca usa di mor te (can. 1299, § I) - a favor e della
Chiesa e del le sue istituzioni. Il Vescovo diocesano , da parte sua , ha il dovere di am-
monire i propri fedeli del loro obbligo , sollecitandone l' osser vanza.
Il Diret torio past orale dei Vesco vi , em an at o dall a Con gr e g azi o ne " pro
Episcopis" in dat a 22 febbraio 197 3, ricord a che è part icolare compito del Ve sco vo
«ed uca r e i fedeli a l se nso della part ecipazion e e dell a co lla bora zio ne a nche rispett o
ai beni temporali , necessari alla Ch iesa per con seguire i propri fini, in modo che tutt i
si se ntano correspon sabili, secondo le proprie possibilità, sia per il sos tentamento
economico della co m unità ecclesi ale, delle sue attiv ità e delle sue opere , sia per la
con servazione, l'incr emento e la rett a amministr azi on e dei suo i ben i» (arI. 133:
Enc hir. Val. , vol . 4 , p. 1371 , n. 2151 ).
Tra ttandosi di donazioni " mort is causa" fatte a favo re dell a Chiesa - si dirà nel ca n. 1299,
§ 2- sono da osservarsì si fie ri possit le formalità prescritt e dal diritto civile. Ma se queste fosse ro
state omesse. gli eredi devon o es sere a mmoniti circa l' obbligo ch 'essi hann o in cosc ienza di
adempiere la volontà del testatore .
522 LIBRO V - I beni temporali della Chiesa

CAN. 1263 - Ius est Episcopo Per le necessità della sua diocesi, il
dioecesano, auditis consilioa rebus Vescovo diocesano, sentiti il consiglio per
oeconomicisetconsilio presbytera- gli affari economici e il consiglio presbi-
li, pro dioecesisnecessitatibus, per- terale, ha il diritto d'imporre alle persone
sonisiuridicis publicissuo regimini giuridiche pubbliche soggette al suo go-
subiectis moderatum tributum, ea- verno, un contributo moderato, proporzio-
rum redditibus proportionatum, nato ai loro redditi; rispetto alle altre per-
imponendi; ceteris personis physi- sone fisiche e giuridiche, gli è solo con-
cis et iuridicis ipsi Iicet tantum, in sentito, in caso di grave necessità e alle
casu gravis necessitatis et sub iìs- medesime condizioni, d'imporre un con-
dem condicionibus, extraordina- tributo straordinario e moderato, salve le
riam et moderatam exactionem leggi e le consuetudini particolari, che gli
imponere, salvis legibus et consue- attribuiscano maggiori diritti.
tudinibus particularibus quae ei-
dem potiora iura tribuant.

4581 1262 Diversamente da quanto avviene nell'amministrazione statale, le offerte dei


fedeli costituiscono la fonte principale e ordinaria delle entrate della Chiesa. Esse sono
spontanee o richieste (rogatae). Quelle richieste, come le collette, sono ovviamente
disciplinate dai singoli Vescovi diocesani, che ne determinano le concrete modalità nel
territorio di propria competenza. È bene per altro che ciò avvenga con criteri di unifor-
mità . A tal fine, le Conferenze Episcopali detteranno norme opportune di carattere
generale, che saranno osservate sia nella richiesta delle offerte da parte degli enti eccle-
siastici, sia nel loro conferimento da parte dei fedeli.

4582 2. La richiesta di contributi particolari


1263·1264 (1504-1507*) La Chiesa, come s'è già rilevato, non ha soltanto la fa-
coltà di chiedere ai fedeli delle offerte, ma anche il potere d'imporre loro dei particolari
contributi, di cui essa ha bisogno per le proprie necessità. Di fatto si preferisce il sistema
oblativo a quello contributivo'.
L'autorità competente è la Santa Sede, relativamente alla Chiesa universale; i
Vescovi diocesani, rispetto alle Chiese particolari; l'assemblea dei Vescovi della provin-
cia, per il territorio di propria competenza.

4583 l) Il Vescovo diocesano


1263 Col nuovo Codice, sono stati soppressi quasi tutti i contributi precedenti: il
cattedratico, l'imposta sulle chiese, sui benefici e sugl'istituti ecclesiastici, pensioni
beneficiarie, ecc. (cann. 1504 e 1506, Codice 1917). Si riconosce per altro al Vescovo
un potere impositivo generale, distinguendo tra contributi ordinari e straordinari. Tale
potere non è illimitato tCommunicationes, a. 1984, pp. 28-30, can. 1213), ma è eserci-
tato "ad normam iuris", in modo che sia evitato ogni abuso.

I Communicationes, a. 1984, p. 29, ultimo cpv.: «In novo Schernate systerna ordinarium
acquisitionis bonorum invenitur in can. 1214, sciI. per subventiones rogatas, dum e contra tributum
irnpositum est tanturn medium cxtraordinarium. Hoc sensibilitati hodiernae, praxi et realitati magis
respondet, quia ubi lege civili non imponitur, nullam habet Ecclesia effectivam potestatern
quibuslibet christifidelibus imponendi tributa».
L 'ucq uistn dci beni 523

CAN. 1264 • Nisi aliud iure cau- Tranne che il diritto abbia disposto di-
tum sit, conventus Episcoporum versamente , spetta all' assemblea dei Ve-
provinciae est: scovi della provincia:
I ? praefinire taxas pro actibus IO stabilire le tasse da versare per gli
potestatis exsecutivae gratiosae vel atti di potestà esecutiva graziosa o per
pro exsecutione rescriptorum Se- l'esecuzione dci rescritt i della Sede Apo-
dis Apostolicae, ab ipsa Sede Apo- stolica; tali tasse per altro devono essere
stolica approbandas; anche approvate dalla Sede Apostolica;
20 definire oblationes occasione 2 0 determin are le offerte da corrispon-
ministrationis sacramentorum et dere in occasione dell'amm inistrazione dei
sacramentalium. sacramenti e dci sacramentali.

A i contributi ordinari, os sia abitua li, so n tenute tutte le person e giurid iche pubbli-
che, soggette alla giuri sdi zione del Vesco vo ; ai contributi straordinari , le per sone giu-
rid iche pri vate c le persone fisich e, sempre che non siano ese nti dall a sua giur isdizione' .
In tutt' e du e i casi, il co ntributo richi esto non può essere arbitra rio: 4584
l ° Deve rispondere alle re ali necessità della diocesi tCommunicatìoncs. a. 1984 , p.
28, can. 1213, n. 2).
2° Dev ' essere proporzionato alle effettive possibilità dei contribuenti (redditibus
proportionatum),
3° Dev' essere moderato (moderatum) .
4° Occorre inoltre che il Vesco vo richied a previam ente il parere del Co nsig lio
diocesa no per gli affari ec onom ici e del Con siglio presbiterale, che, a termine de l can.
127, va es press o collegialmente.
Ovviamente il contributo straordinario non può avere car att ere di co ntinuità:
«tributum perpetuum non est amplius extraordinarium» tCommuni cationes, a. 1984, p.
28, can. 1213 , n. I).
TI ca no ne con ti en e una c la uso la fin al e : «sa lvis le gibus e t co ns uct udi ni bus
parti cul aribus», che altribu isca no al Vesco vo poteri più ampi.
Presenta nel Codi ce un particolare rilievo il tributo ''pro Seminario", di cui al can. 264, e 4585
che può grava re su tutte le persone giuridiche, pubbliche e private, con sede in diocesi (non però
su quelle fisiche ). con le ecce zioni ivi indicate.
Sulle offerte per l'applicazione delle Messe - prescrivev a il can. 1506 del Codice 191 7 - 4586
non può essere i mposto alcun tributo. Il divieto non è stato riprodotto nel nuovo Codice. ma non c'è
dubbio che sussista tuttora : cfr. Communicationes, a. 1980 , p. 402; a. 1984, p. 28. can , 1 21 ~ . n. 2.

2) l Vescovi delle province ecclesiastiche 4587


1264 (1507*) Molti , nell a Chiesa , vorrebbero che le prestazi oni mini steri ali a fa-
vor e dei fed eli avveni ssero in modo del tutto gratuito. Sen za dubbi o è questo l' ideale,
ma bisogna anc he ten er conto della realtà, dcI fatto cioè che «in pluri bus regi oni bus

, Riteni amo che. in casi particol ari, il Vescovo possa imp orre il tribut o straordinario anche
alle persone giuridiche pubbl iche, già soggette a quell o ordinari o, ma non alle persone esenti dalla
sua giurisdizio ne. come intendono alcuni.
Relati vamente alle "sc uole esterne degl'istituti religio si di diritto pontifi cio", una Risposta
della Pont . Co mmissione per l'interpret. del Codi ce del 20 maggio 19 89 ha dichiarato che le delle
scuole non so no tenute a versare per la diocesi il proprio contri buto a term ine del can. 1263
(EI1I:"ir. Vi/ I., voI. Il , n. 227 1. n. Il).
524 LIBRO V - I ben i temporali del la C hies a

CAN. 1265 - § 1. Salvo iure reli- § l . Salvo il diritto dei religiosi mend i-
giosorum mendicantium, vetatur canti, è vietato a qualunque persona priva-
persona quaevis privata, sive phy- ta, sia fisica che giuridica, raccogliere of-
sica sive iuridica, sine proprii Or- ferte per qualsiasi istituto o fine pio o ec-
dinarii et Ordinarii loci licentia, clesiastico, sen za la licenza scritta del
in scriptis data, stipem cogere pro proprio Ordinario e dell'Ordinario del
quolibet pio aut ecclesiastico in- luogo.
stituto vel fine.
§ 2. Episcoporum conferentia § 2. La Conferenza Ep iscopale può sta-
potest normas de stipe quaeritan- bilire norme sulIe questue , che devono
da statuere , quae ab omnibus essere osservate da tutti, non esclusi colo-
servari debent, iis non exclusis, ro che per istituzione si chiaman o e sono
qui ex institutione mendicantes mendicanti.
vocantur et sunto

sacerdotcs non alios proventus habent nisi ilIos qui ipsis prae bentur occasi one actuum
ministerii» tCommuni cationes. a. 1980, p. 403, ca n. 6). Il Codice conserva, pertanto, i
con tributi annessi ai detti servizi, distinguendo per altro tra "tasse" (taxae) c " offe rte"
(oblationes), secondo il voto espresso dal Sinodo dei Vescovi del 1971: «Ut provcntus
sacerdotum separentur ab actibus ministerii, praesertim sac ramentalibus» (Enchi r. Vat..
vol. 4. p. 798, n. 1234).
A termine del presente cano ne, le tasse riguardano i servizi di carattere ammi nistra-
tivo (rilascio di certificati, autorizzazioni, co ncessi one di dispense matrimon iali, ccc.) e
l' esecuzione di rescritti della Santa Sede. Le offerte, invece, sono legate alla ce lebrazio-
ne dci sacramenti e dei sacrame ntali, comprese le eseq uie, di cui al can . l 181.
4588 La determin azione delle une e delle altre - a fine di ottenere una certa unifor mità
nell'ambito di una medesima pro vincia ecclesiastica iCommunicationes. a. 1984, p. 30,
can. 12 I5) - è rime ssa alla competenza dell ' assemblea dei relati vi Vescovi (non delle
Co nferenze Episcopali), tranne che il diritto abbia disposto di versamente (cfr. ad es. can.
1649, circa le spese giudiziarie; per le offerte di Messe. v. can. 952) .
Le tasse definite dalle assemblee provinciali dei Vescovi, sia per i serviz i di carattere
amministrativo che per l' esecuzione dei rescritti della Sede Apostolica. di cui al n. l " del
canone. devo no essere sottoposte all' approvazione della Santa Sede. Relativamente alle
offe rte di cui al n. 2°, non c' è bisogno dell ' approvazione dell'a utorità superiore.
Da ricordare il can . 848 il qual e vieta che. per l' ammin istrazione dei sacramenti il ministro
possa richied e re nulla oltre alle offerte stabilite dalla competente a utorità. Il divieto vale per qual-
siasi tipo di prestazione. a nche non sacramentale .

4589 3. Raccolta di offerte e questue


1265 (1503 *) A fine di evitare facili abusi, indiscrezioni e anche frodi, co n grave
discre dito della religione. il cano ne stabilisce le seg uenti norme di carattere generale:
IO È vietato a qualunque persona privata. fisica e giur idica, di raccogliere offerte
per qualsiasi istituzione o fine pio o ecclesiastico, senza la licenza del proprio Ordinario
e dell 'Ordinario del luogo' . Restano per altro salvi i diritti de i religiosi mendic anti (§ 1).

.' È ovv io che, se la licenza sia stata concessa dalla Santa Sede, non si richiede quella del-
l' Ordinario.
L' acquis to dci beni 525

CAN. 1266 - In omnibus ecclesiis In tutte le chiese e gli oratori che di


et oratoriis, etiam ad instituta re- fatto siano aperti abitualmente ai fedeli,
ligiosapertinentibus, quae de facto anche se appartengano a istituti religiosi,
habitualiter christifidelibus pa- l'Ordinario del luogo può ordinare delle
teant, Ordinarius loei praeeiperc collette speciali a favore di determ inate
potest ut speeialis stips colligatur iniziati ve parrocchiali, diocesane, nazio-
pro determinatis inceptis paroe- nali o universali, da rimettere poi solleci-
eialibus, dioecesanis, nationalibus tamente alla curia diocesan a.
vel universalibus, ad curiam dioe-
cesanam postea sedulo mittenda.

Stipe m cogere - dice il canone, ripet end o una espre ssione del Cod ice precedente (ca n. 1503)
- . che dalla dottrina viene inte sa come racco lta di offerte fatta di person a a viva voce. special-
mente di porta in port a (q uestu a nel se nso classico c giuridic o). Non do vrebbe rient rare pertanto
nel di vieto :
- La richi esta di offerte, fall a a una ristretta ce rchia di persone
- La rac colt a per mezzo di lettere ci rcolari o per mezzo della sta mpa
Il divieto non rig uarda neppure le persone giuridiche di carattere pubblico (il canone parl a di
" persone private"), pe r es. la parrocchia e, per essa, il parroco , nell'ambito del proprio territorio e
del proprio ufficio tCommunication es. a. 1980, p. 404, can. 7 )4.

2° È compito delle Conferenze Episcopali stabilire norme concrete sulle questue, 4590
da osserva rsi da lutti i fedeli, laici e chierici. «non esclusi coloro che per istituzione si
chiamano e sono mendicanti» (§ 2).
Tale facoltà ve nne già attribuita alle Con feren ze Episcopali da Paolo VI, co l M .P. Ecclesiae 459]
Sunctae del 6 agos to 1966 , parte l, n. 27. In data 15 maggio 1968, la Conferenza Episcopale
Italiana, co n una NOla approv ata dal Co mita to dei Vescovi e dei Religi osi, do po ave r rilevato che,
«mentre molli addett i alla q ues tua edi fica no col loro ese mpio di pietà. discre zione e correttezza,
anch e esteri ore. ve ne so no non pochi che non si di mos tra no prep arat i a que sto co mpito cosi
de lica to», ha eman ato le seguenti nor me e direttive:
- Siano inv itat i i Superiori interessati a curare diligentemente la prep ara zione uman a e
spiritua le dei religi osi des tinati alla questu a, e a scartare rigorosamente qu elli ehe non sono ad atti
a questa delicata attività (Il, a).
- Siano osse rvate sc rupolosamente le prescri zioni ca noniche circa il dovere di ottenere il
per messo deg li Ordi na ri de i luogh i. Gl i Ordin ari. a loro volta. si valga no di questa circos tanza per
vigilare sul retto e decoroso esercizio della qu estua non co ncede ndo il per messo o anche l'e voc an-
dol o in caso di palesi inco nvenienti (II, b).
- In og ni caso . non si eserc iti la questua in luoghi pubbl ici, intendend o con que sto te rmine
i pubblici eserc izi e og ni altro luogo in cu i per qualsiasi motivo anche re ligioso co nvengono molte
persone liberamente e indiscrim ina ta mente (ad es . alberg hi. port i. stazio ni ferroviarie. luoghi di
villeggiatura, spiagge. campi spo rtivi. ci nema, bar, tren i, negozi. ecc .) ( II. c) .
- Si ritiene pure non opportuno l'esercizi o dell a q ues tua in occas ione della vis ita al cam po-
santo nci giorni dei mo rti. In ogni caso, rimane proibito ai religiosi nell'atto della questua, farsi
acco mpagnare da bambini o bambine (II. d) .

4 I nu ovi Accordi sti pulati fra la Sant a Sed e c la Repubbli ca Itali an a hann o co nfe rmato,

per la raccolta di o fferte all' intern o e all'i ng ress o degli edifici di culto o ecclesiastic i, le norme
vige nt i. C iò sig nifica che le aut orità ecclesiastiche possono eseg ui re coll ett e a ll' interno o a l-
l' ingre sso dei detti edifici, senza alc una ingerenza dell e aut orità ci vili (Co nco rdato 11 feb braio
1929, art. 2).
526 LIBRO V - l beni temporali della Chiesa

CAN. 1267 - § 1. Nisi contrarium § 1. Tranne che consti il contrario, le


constet, oblationes quae fiunt Su- offerte consegnate ai Superiori o agli
perioribus vel administratoribus amministratori di qualsiasi persona giuri-
cuiusvis personae iuridicae eccle- dica ecclesiastica, anche privata, si presu-
siasticae, etiam privatae, praesu- mono fatte alla stessa persona giuridica.
muntur ipsi personae iuridicae
factae.
§ 2. Oblationes, de quibus in § 1, § 2. Le offerte, di cui al § 1, non pos-
repudiari nequeunt nisi iusta de sono essere rifiutate se non per una giusta
causa et, in rebus maioris momen- causa, e, nelle cose di maggiore importan-
ti, de licentia Ordinarii, si agitur za, con la licenza dell'Ordinario, se si tratta
de persona iuridica publica; eius- di persone giuridiche pubbliche; si richie-
dem Ordinarii licentia requiritur de la licenza del medesimo Ordinario per
ut acceptentur quae onere modali accettare offerte gravate di oneri modali o
vel condicione gravantur, firmo di condizioni, fermo restando il disposto
praescripto can, 1295. del can. 1295.
§ 3. Oblationes a fidelibus ad § 3. Le offerte fatte dai fedeli per un
certum finem factae, nonnisi ad fine determinato, non possono essere de-
eundem finem destinari possunt. stinate che a quel fine.

4592 Nel medesimo documento, si esortano gl'Istituti religiosi, nello spirito di quanto indicato
nel Decr. Perfectae caritatis, n, 13, e nello stesso Motu Proprio di Paolo VI (Il, 23), a voler
preferire alla questua, per quanto è possibile, «nuove forme ... che nel nostro tempo rendano più
efficace l'esercizio e la testimonianza della povertà volontaria» (Enchir. CEI, voI. l, p. 536.
nn. 1666, 1668-1673).

4593 4. Collette speciali


1266 Si tratta di particolari collette disposte dall'Ordinario del luogo a favore di
determinate opere e iniziative parrocchiali, diocesane, nazionali o universali, da tra-
smettere poi sollecitamente in Curia. Il canone riconosce espressamente tale facoltà
all'Ordinario diocesano (praecipere potest), e precisa che le collette accennate devo-
no effettuarsi in tutte le chiese e gli oratori aperti abitualmente ai fedeli, compresi
quelli appartenenti a Istituti religiosi. Ovviamente, tali collette devono effettuarsi con
una certa moderazione: il loro carattere è "straordinario" tCommunicationes, a. 1980,
p. 405, can. 8).
4594 La Nota emanata dalla CEI nel gennaio del 1979, circa la collaborazione fra clero diocesano
e religioso, contiene le seguenti norme:
- I religiosi, nelle loro chiese, son tenuti a celebrare le "giornate" stabilite dalla Santa Sede
o dall'Ordinario del luogo (Ecclesiae Sanctae, I, 37) tEnchir . CEI, vol. I, p. 729, n. 2326).
- Possono celebrare nelle loro chiese "giornate" di preghiere e di raccolte di offerte a favore
delle proprie case di formazione o delle loro missioni, purché non interferiscano con le precedenti
(n, 38: Enchir. CEI, voI. l, p. 729, n. 2327).
4595 Le Giornate annuali solite a farsi nelle diocesi sono piuttosto numerose: delle
comunicazioni sociali, dell'emigrante, per i lebbrosi, per il quotidiano cattolico, pro
Università Cattolica, ecc. Ma i bisogni son tanti!
Il Codice, per ovvi motivi, considera solo la Giornata per le Missioni (can. 79 I,
n. 3). Quella che suoi farsi "pro Seminario" è distinta dal tributo a favore del mede-
simo, di cui al can. 264, § I.
L' acquisto dci beni 527

5. Offerte libere fatte a persone giuridiche ecclesiastiche 4596


1267 (1536 *) Il canone dà a tal riguardo una triplice disposizione.

l) La presunzione di diritto (§ l) 4597


È più ampia che nel corri spondente can. 1536 del Codice anteriore (Communi-
cationes , a. 1973. p. 95, n. 8). Si prescrive , infatti, che le offerte consegnate ai
Superiori o agli ammin istratori delle persone giuridiche, sia pubbliche che privat e, si
presumono fatte alla person a giuridica , tranne che risulti il contrario in modo certo
(§ I ).

2) Rifiuto e accettazione di offerte fatte a person e giuridiche pubblich e (§ 2) 4598


Per il rifiuto delle dette offerte, è necessaria anzitutto una "giusta causa", e, nelle
cose di maggior e importanza, si richiede inoltre la licenza dell'Ordinario, preferibilmen-
te in iscritto. In particolari circostanze, il rifiuto può essere anche doveroso: per es., se
si abbiano dubbi sulla legittima provenienza delle offerte, o se la loro accettazione possa
essere di scandalo , se la finalità intesa dall'offerente non sia moralmente o giuridica-
mente ammissibile.
L' accettazione di offerte gravate di oneri modali (perché si faccia questo ...) o da 4599
condizioni (a patto che si faccia così...) dev'essere considerata attentamente sotto ogni
aspetto - morale, giuridico , economico - per cui è necessaria, a garanzia, la licenza
dell'Ordinario , fermo restando l'obbligo di osservare le formalità prescritte nei cann.
1291-1294. nel caso che i detti oneri modali o condizioni possano peggiorare la situa-
zione patrimoniale della persona giuridica .
Il canone non parla delle offerte fatte a persone giuridiche private. che, pertanto , dovranno
attene rsi ai propri statuti e alle norme del Cod ice Civile e ovviamente anche ai princip i generali
del Diritto Canonico.

3) Il rispetto della volontà degli offerenti (§ 3) 4600


Le offerte fatte dai fedeli per un determinato fine - di pietà, di carità. di aposto-
lato, ecc. - devono essere destinate esclusivamente a quel fine. Il rispetto della volontà
degli offerenti è un principio morale oltre che giuridico, richiamato con insistenza dal
Codice: cfr. 121: 122; 123; 326, § 2; 616, § l ; 706, n. 3: 1300, ecc. Senza dubbio, si
può e talora è anche opportuno consigliare chi intende fare un'o fferta. una donazione,
suggerendogli una destinazione più utile, ma, una volta accettata l'offerta si ha l'obbligo
di impiegarla scrupolosamente secondo la volontà dell'offerente. La destinazione non
può essere mutata dal parroco e neppure dall'Ordinario, ma solo "iusta de causa" dalla
Sede Apostolica.
In caso di dubbio, bisogna ricorrere allo stesso offerente e, nel caso chc non sia
possibile, all'Ordinario, che, a norma del can. 1301 è l'esecutore di diritto di tutte le pie
volontà.

6. La prescrizione 4601
Della prescrizione in genere si è già parlato nei cann. 197-199 (cfr. l'esposizione
relativa). Nell' attuale titolo si tratta in particolare della prescrizione dei beni ecclesia-
stici, la cui normativa presuppone quella generale, stabilita nei suddetti canoni.
528 LIBR O V - I beni temporali del la Chiesa

CAN. 1268 • Praescriptionem, R ispetto ai beni tempo rali, la Ch iesa


tamquamacquirendietseliberan- recepisce la prescr izion e co me mod o di
di modum, Ecclesia pro bonis acq uisto o di liber azione da un on ere, a
temporalibus recipit, ad normam norma dei cann. 197- 199 .
cann.197·]99.
CAN. 1269· Res sacrae, si in domi- Le cose sacr e, se so no d i propriet à di
nioprivatorumsunt,praescriptione privati, possono essere acq uis tate da per-
acquiri a privatis personis possunt, so ne private per prescri zion e, m a non è
sed eas adhibere ad usus profanos lec ito adi birle a usi profani , trann e che ab-
non Iicet, nisi dedicatìonem vel be- biano perduto la de dicazione o la benedi -
nedictionem amiserint; si vero ad zione; se invece apparte ngono a una pe r-
pcrsonam iuridicam ecc1esiasticam son a giur idica ecclesiastica pubbl ic a, pos-
publicam pertinent, tantum ab alia sono essere acquistate soltanto da un ' altra
persona iuridica ecclesiastica pu- person a giur id ica ec clesiastica pu bblica.
blica acquiri possunt.
CAN. 1270 - Res immobiles, mo- I beni imm ob ili e i ben i mobili pr eziosi,
biles pretiosae, iura et actiones sive i di ritt i e le az ioni sia person ali che real i,
personales sive reales , quae perti- appa rtene nti alla Se de Apostoli ca , s i pre-
nent ad Sedem Apostolicam, spatio scrivo no nello spazi o di ce nto ann i; se in-
centum annorum praescribuntur; vece app artengono ad un ' altra pe rsona
quae ad aliam personam iuridicam giurid ica ecclesiastica pubbl ica, nell o spa-
publicam ecc1esiasticam pertinent, zio di tre nt' anni.
sp atio triginta annorum.

4602 I) La recezione di massima delle norme civili


1268 (/508*) Si co nferma, relativa mente alla prescrizion e sia acqui sru va
(usucapione) che liberativa o estinti va dei diritti patrimoniali, il principio della rece-
zione delle norme civili dei singoli paesi, posto a base del can. 197, con le relative
eccezio ni stabilite nei cann. 198 (necessità della buona fede) e 199 (materie non
prcscrittibili).

4603 2) La prescrizione delle cose sacre


1269 (1510*) Le cose sacre sono quelle destinate al culto divino mediante la
dedicazione o la benedizione (can. 1171 ). Come s'è già rilevato, possono appartenere sia
a privati che a persone giuridiche ecclesiastiche pubbliche. Non sono difatti extra
commercium , come nel diritto romano. li loro carattere sacro non impedisce la loro
prescrizione né viene meno con essa. Si hanno, per altro, le seguenti limitazioni:
IO Le cose sacre appartenen ti a persone private, sia fisiche che giuridiche,
possono essere acquista te mediante prescrizione anche da altre persone private. ma,
ovvia mente. non possono essere adibile a usi profani e non propri. e devono essere
trattate con religioso rispetto, tranne che abbiano perduto la dedicazione o la bene-
dizione (cari. 1171).
2 Le cose sacre appartenenti a persone giuridiche ecclesiastiche pubbliche.
0

non possono essere prescritte se non da altra persona giuridica pubblica, per cui resta
esclusa "ex iure" ogni possibilità di prescrizione sia da parte di persone fisiche. sia
da parte di persone giuridic he private, sia infine da parte di persone giuridiche civili
di qualsiasi tipo.
L' acquisto ùci hcni 529

CAN. 1271 - Episcopi, ratione vin- In ragione del vincolo di unità e di ca-
culi unitatis et caritatis, pro suae rità, i Vescov i concorrano, secondo le
dioecesis facultatibus, conferant possibilità della propria dioce si, a fornire
ad media procuranda, qui bus alla Sede Apostolica i mezzi di cui essa
Sedes Apostolica secundum tem- ha bisogno seco ndo le condiz io ni dei
porum condiciones indiget, utser- tempi , perché sia in grado di prestare de-
vitium erga EccIesiam universam bitamente il suo servizio alla Chiesa uni-
rite praestare valeat. versale.

3) Il tempo richiesto per la prescrizione 4604


1270 (15 15*) È in ge nere quello stabilito dalla legge civile, tranne che si tratt i di
beni appartene nti alla Sant a Sede o ad una per son a giuri dica ecclesiasti ca di cara ttere
pubblico. nei qu ali casi vale il tempo previ sto dall a legge ca nonica. L'applicazione de lla
norma ca nonica è pertanto disposta sia in ragione dell a na tura del ben e patrimonial e, sia,
nell o stesso te mpo. in rapporto al soggetto che ne ha la titolarità.

l ? Beni soggetti alla norma canonica. Sono: 4605


- Tutti i be ni imm obili, di qua lsiasi natura
- I beni mobili preziosi, ossia quelli che posseggono un notev ole valore "artis vcl
historiae ve l materi ae causa" (can. 1497, § 2 Cod ice 1917)
- I d iritt i e le az io ni sia person ali che reali
Per il concetto di tali categorie di beni. v. il commento al can, 1257 precedente.

2° Soggetti titolari. Se i sudde tti beni, diritt i e azioni appa rtengo no alla Sant a Sede, 4606
possono es sere prescritti solo nell o spazi o di cento anni. Se invece appartengono ad altra
persona giuridica eccles iast ica pubblica, è suffic iente lo spazio di trent' ann i.
Con seg ue nteme nte, le altre ca tegorie di be ni apparte nenti alla Sant a Sed e o alle
pers one giuridiche ec cles iastiche (per es. i ben i mobili non preziosi) e, similmen te, tutti
i beni di qu alsiasi ge nere apparte ne nti a persone giuridic he private restano soggette al
tempo pre scri tto dalla legge ci vile, "ca noni zzata" dal diritto dell a Chi e sa.
I pri vilegi c he , in tale materia, go dono alc uni Istituti re lig io si (Cappucci ni, 4607
Cist ercensi , Ben edettini , ccc .), restano tuttora vali di, a norm a del can . 4.
Nella legge civile italiana. si prevedono prescrizioni con tempi vari: 4608
- Relativamente alla prescrizione acquisitiva o usucapicne, il tempo è, secondo i casi. di 20,
15, IO, 5 e 3 anni (cfr. art. 1158 55 . del Codice Civile).
- Relativamente alla prescrizione liberativa, detta semplicemente "prescrizione", il tempo è
di 20. 15, 5, 2 anni, 18 mesi, I anno. 6 mesi (cfr. art. 2946 55.).
Norme speciali sono stabilite per la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni causati
da reato (art. 2497) .

7. I bisogni della Santa Sede 4li09


1271 Si è parlato sp esso in questi anni dell e "ricchezze" dell a Santa Sede. Tali
ricc hezze in realt à non esistono: so no il frutt o d' immagi nazioni , che spesso rifletto no
la mala fede e il settarismo. Le spes e dell a Sede Apos to lica, consid erata la sua
complessa attività, sono e normi, e le ris orse, co stitu ite qu asi esclusi vamente di o ffe rte
e co ntrib uti vo lo ntari, so no oggi ins ufficie nti. Il Santo Pad re ha parl ato espressame nte
di un disavanzo notevole .
530 LIBRO Y - l ben i temporali della Chiesa

CAN. 1272 - In regionibus ubi be- Nell e regioni In cui esi stono ancora
neficia proprie dieta adhuc exsi- benefici prop riam ente detti , spe tta alla
stunt, Episcoporum conferentiae Conferenza Episcopale regolarn e il regi-
est, opportunis normis cum Apo- me con opportune norme conc ordate con
stolica Sede concordatis et ab ea la Sede Apostolic a e da questa approvate,
approbatis, huiusmodi beneficio- in modo che i reddit i, anzi, per quanto è
rum regimen moderari, ita ut possibile , la stessa dote dei benefici, siano
reditus, immo quatenus possibile gradualmente trasferiti all'istituto di cui al
sit ipsa dos beneficiorum ad in- can . 1274, § l.
stitutum, de quo in can. 1274, § l,
paulatim deferatur,

4610 Il Direttorio pastorale dei Vescovi, trattand o della collaborazio ne che l'Epi scop at o cat -
tolico de ve prest are al Rom an o Pont efi ce . richi ama il dovere dei Vescovi di ocesani di
ocontrib uire l' m viribus alle attiv ità apos to liche dell a Chie sa uni ver sale promo sse da lla Sede
Apostoli ca (pe r es. le Pontificie Opere Mi ssionarie), affinc hé possan o svilupparsi in tutt o il
mondo e non manch ino de i necessari aiuti s piritua li ed economi ci», e li esorta a «non trascurare
quell a parti colare racc o lta di offerte, detta Obolo di San Pietro, destinat a a far sì che la Chiesa
di Roma possa ade mpiere val idamente il su o ufficio di pre sid ent e della carità universale » (n.
46, 3: Enchir. Val., voI. 4, p. 1275, n. 2015 ).
4611 Il cali. 1271, nuovo nella legislazione canonica, non intende imporre un tributo. Si
limita a richiamare i Vescovi a un obbligo annesso al loro stesso ufficio e fondato sul
vincolo di unità e di carità, che li lega al Romano Pontefice, concorrendo seco ndo le
possibilità della propria diocesi, a fornire alla Santa Sede i mezzi necessari perché sia
in grado di prestare adeguatamente il suo servizio alla Chiesa universaie',
A parte i contributi rime ssi annualmente, i Vescovi, secondo una prassi molt o anti ca, sog lia no
fare personalmente alla Santa Sede un'offerta particolare in occasione della visita "ad limina" .

4612 8. La riforma del sistema beneficiario


1272 È stata dispo sta in modo espre sso dal Concil io Vaticano II nel Dccr.
Presbyterorum Ordinis:
- Il rilievo maggiore va dato all'ufficio, svolto dai sacri ministri. Per questo, il
sistema noto sotto il nom e di "sistema benefici ario" dev'essere abbandonato
(relinquatur), o almeno riformato (reformetur), in modo chc l' elemento bene ficiario,
ossia il diritto al reddito di cui è dotato l' ufficio ecclesiastico, sia considerato come
second ario, e l'importanza maggiore sia attribuita all'ufficio stesso (n. 20, 2).
L'attuazione della riforma venne affidata da Paolo VI alla Commi ssione per la
revisione del Codice (M.P. Ecclesiae Sanctae, I, 8), che tuttavia si è limitata a due soli
canoni di carattere gener ico ( 1272 e 1274), rimettendo alle Conferenze Episcopali la

5 Il contributo offert o al Papa per i bisogni c le necess ità della Sede Apostoli ca, fu detto in
origine "Denaro di San Pietro" . Venne versato per più secoli da Sovrani e da Principi, in segno di
rispettoso omaggio verso il Romano Pontefice. Sorse per la prima volta in Inghilterra nel sec . VII
e si diffu se in seguito in vari altri Stati: Regno delle Due Sicilie (1059 ), Danimarca (ID63), Spagna
(l073), Boem ia (1075), Croazia e Dalmazia (1075), Portogallo (1144) , ecc. Finì per estinguer si nci
tempi della Riforma .
L' attual e organizzazione dell' Obo lo di San Pietro risale a Charles Montalembert, insigne
uomo politico e pubbli cista francese, che ne promosse l'i stituzi one nel 1859. L'opera s'i ncre mentò
note volmente dopo la cessazione degli Stati Pontifi ci. nel 1870.
L' acquisto dei beni 53 1

norm ativa concreta, che per altro dovr à essere opp ortun amente concordata con la Santa
Sede. Nel nuov o regime, i redditi benefi ciari e, per quanto è possibile, la stessa dote dei
benefici , devono essere gradualmente trasferiti allo speciale Istituto diocesano, previsto
nel can. 1274, § I, a cui spetta assicurare l'adeguato sostentamen to del Clero, che è al
servizio della dioce si.
Si tratta per altro dei benefici propriamente dett i, «non de quibuscumqu e bonis ex quibu s 4613
reditus ad onus aliquod solvendum promanant» (Communicationes, a. 1984, p. 3 1, can. 1223). E
benefici propriamente detti, a termin e del can. 1409 del Codice del 1917, sono quegli «enti giu ridici
eretti in perpetu o dalla comp etente autorità ecclesiastica, e costituiti da un ufticio sacro e dal diritto
di perccpirne i reddit i annessi » (cfr. a nche can. 1410*). Non sono pertanto benefi ci propriamente
dett i le figu re e numera te nel can , 1412*: vic arie par rocchiali erette tcmp oraneamente, lc
cappellan ie laicali. le coadiutorie, ecc .

Con la prevista soppr essione del sistema benefici ario è ovvio che non potranno più
cos tituirsi nuov i benefi ci eccl esiastici, ma questo non impedi sce che «in posterum
quaedam officia eccle siastica bona temporalia tamquam dotem retinere possint », Tutta-
via, «ncxus ili c, per quem titularis officii suos faciat doti s fructu s, rcscind i debet et
aequ a rctributio ex massa communi attingi debe t» tCommunicati ones, a. 1977, p. 27 1;
2° CpV.)6.
Una riform a del sistema benefi ciario s' imponeva da sé, per l' esigenza stessa delle 4614
cose. Era anche richiesta da più parti ed era recl amat a dall o stesso Clero. In effett i, il
benefi cio era da con siderare un istitut o orm ai superato, anche se di fatto esso rim aneva
in vigore in "p aucae omnino in Eccl esia regione s" tCommunicationes. a. 1977, p. 269,
2° cpv.). II Codice ha inteso venire incontro a tali esigenze e richieste, ma il mod o
radicale in cu i la riforma è stata disp osta e attuata, ossia con l'accorpament o di tutti i
ben patrim onial i dei benefici ecclesi astici nell'unico Istitut o di cui al can. 1274, § 1,
lascia molto perple ssi. Del resto, la soppressione de i bene fici non ebbe il consenso
unanim e dci Consultori addetti alla revisione dell a materia . Alcuni di ess i non manca-
rono di rile varne i pericol i di carattere tecnico, giuridi co, pastorale:
- Pastoralis tendentia huic normae subiacens periculosa est et ad erroneas ducit conclusiones.
- Rationern non habet historiae, neque Ecclesiae structurae, quae ab imm oderata et inutili
centralisatione abhorret.
- In mutatione documentorum prop rietati s, superi ngcns pecuniae su rnma inutili ter disperiret .
- Huroc ratia augeretur et periculi s non paucis ob monetari am crisim alia rnve ob ca usam
patrirnonium Ec clesiae cx poneretur (Communicationes, a. 1984. p. 3 1, ca n. 1223).

Questi rilievi dovettero far ritl ettere il Gruppo di Studio "De bon is Eccle siae
temporalibus", il quale modificò alqu anto il testo originario del canone, attenuando ne la
forma. La sos tanza è però rima sta.

r, La riforma del sistema benefi ciari o prevede la graduale soppressione dei benefici ecclesia -
stici . Sorge così il problema del titolari del beneficio all' atto della sua soppressione. Senza dubbio.
essi conse rvano l'ufficio né possono esserne rimossi. Ma. quanto al reddito beneficiale, hanno
diritto di continuare a goderne come prima, tinché conservano la titolari là dell'ufficio? Valgono
cioè per essi i "diritti acquisiti" ?
Riten iamo che. nel caso, non si possa parlare di "diritti acquisiti" in senso proprio, poiché
questi sussis tono nel ca mpo del diritto privato, non in quell o del diritto pubbl ico. ed è in questo
ambit o che si opera la soppressio ne del be neficio, in forza della legge. Conseguentemente. i par-
roci. i canonici, ecc., non possono vantare alcun "diritto acqu isito" sul benefi cio goduto finora, e
hanno solo diritt o a un'adeguata rimunerazione a termini del can . 281. Motivi di equità, tuttavia,
do vrebbero indurre a considerare con un cert o favo re la parti colar e situazione di questi ex
benefic iati.
532 LIBRO V · I beni temporali della Chiesa

4615 Ne ssun o , certo, inte nde negar e lo scopo ideale del provvedimento, diretto a rea-
lizzare la pien a perequazione economica del Cl ero , in un o spirito aute ntico di co mu-
nion e e so lida rietà ec clesiale. Ma i rischi dell' accentramento patrimoniale ch'esso
co mpo rta, so no molt epli ci e gravi, per cui non pochi - e sono soprattutto g li esperti
di economia - non nascondono al riguardo le loro fond ate riserve, anche perché un
tale accentramento - soprattutto se effettuato a livello nazional e - può dar e l'im-
pressione errata di una Chiesa che sia un a "s uperpote nz a economica" , in contrasto
co n i principi evangelici. Erano possibili , e forse con sigli abili, altre alterna tive meno
rad icali e più liberistic he.

4616 SOVVENZIONI E OFFERTE PER LA CHIESA


Il capitolo IV del " Decreto Generale" eman ato dalla Conferenza Epi scopale Italiana
il I o aprile 1992 , è dedic ato ampiamente alle " fonti di sovvenzioni" che "iure proprio
el nativo" spetta no all a comunità cristiana per lo svolgimento dell a sua mi ssione e
l' attuazion e dei suoi fini. Lo riport iam o nelle sue disposizioni prin ci pali , perché le sue
norm e e Ic sue direttive chiar iscono e co mpletano il titolo de dicato nel Cod ice
all' acquisitio bonorum comprende nte i canoni 1254-1 272 .
4617 Schema
I . Introduzione 6. Quota sul gettito IRPEF
2. Offerte richieste, determinate e di partico- 7. Fonti di sovvenzione per la diocesi
lari giornate 8. Tributi e tasse
3. Offerte occas ionali 9. Tributo diocesano ordinario e straordinario
4. Offerte per il sostentamento del Clero IO. Tasse per alli amministrativi
5. Donazioni, eredità e legati

4618 1. Introduzione
a) L' obbligo dei fe deli: «I fede li sono te nuti all 'obbl igo di sovvenire alle ne ces-
si tà della C hiesa, affin ché essa possa disporre di qua nto è ne cessario per il culto
div ino , pe r le opere di apostolato e di carità e per l'onesto sostantamento dei mini-
stri» (can. 22 2. § I ).
Anche nel campo economico-amm inistrativo non basta però richiamare ai fede li
l' adempimen to dei loro doveri: occorre edu carli a vive re i valori, in part icolar modo
quell o dell a partecipazione attiva e corresponsa bile, secondo le indi cazioni offerte nel n.
18 del documento della CE! "Sovveni re alle necessità della Chiesa" (cfr. Enchir. CEl,
vol. 4, pp. 658 -695).
I fedeli possono ade mpiere il dovere di sovvenire alle necessità della C hies a in
diverse form e: infatti essi sono liber i di scegliere il mom ento opportuno e il modo che
ritengono migliore per far pervenire alla Chiesa i mezzi di cui abbi sogna, salv o c he in
caso di grave necessità il Ves covo impo nga un tribu to straordinario e mode rato a tutti
i fedeli (cfr. ca n. 1263).
Non si tralasci, tutta via, di richiamare all a loro attenzio ne le rifl essioni e g l' indirizzi
educa tivi co ntenuti nel do cum ento dell a CEI "Sovve nire alle necessità de lla C hiesa", in
special mod o al n. 13 (Li bertà dei fedeli e attenzione alle es igenze pastorali ), al n. 14
(II diverso valore dell e forme di co ntributo alla Chiesa) c al n. 15 (Veri fica e rinnov a-
mento delle forme di partecipazione) (n. 24).
4619 b) Le varie fo rme di offerte: «In Italia i fedeli sovvengo no abitua lmente a lle neces-
sità de lla Chiesa:
- All e offerte ric hieste dall a parrocchia per tutte le necessità della comunità par-
rocch iale (subventiones rogatae);
Sovvenzioni e offerte per la Chiesa 533

- Offerte in occasione dell'amministra zione dei sacramenti e dei sac ramentali


(oblationes defin itae):
- Offerte finalizza te, in giornate prescritt e dall'Ordinario del luogo, a fa vore di
determ inate inizi ati ve diocesane o nazionali o uni versali (collec tae imperatae );
- Offerte per la celebrazione e appli cazi one di Messe;
- Offerte occasio nali alla parro cchia o alla dioce si o ad organi zzazioni parroc-
chiali o diocesane per tutte le nece ssità della Chi esa o per finalità spec ifiche (es. semi-
nario, sace rdo ti, missioni , carit à.ecc .);
- Offerte per il sos tentamento del C lero;
- O fferte port ate ai santuari;
- Offerte occasiona li per finalità specifiche a istituti di vita con sacrata, ass ocia -
zion i e altri enti ;
- Don azioni, eredit à, legati » (n. 25).

2. Offerte richieste, determinate e di particolari giornate 4620


a) Subventiones rogatae: «Queste offerte dovr ebbero essere date dai fedeli in mo do
continuo e ordinato, secondo le richieste presentate ai fedeli della parrocchia in base a
un prog etto preventivo, redatto dal consiglio parroc chiale per gli affari economici, che
tiene conto proporzionalmente delle diverse necessità della comunità parrocchiale e
della Chi esa.
Il Codi ce (cfr. can . 1262) invita espli ci tam ente i fedeli a quest a form a d i
contribuzione, privilegiandola rispetto alle altre ; e a questa è particolarmente riferibile
quanto indica to dalla CEI nel documento "So vven ire alle nece ssità dell a Ch iesa" : «nel-
l' attu ale co ntesto e nell e prospett ive pre vedib ili della soci età italiana, la form a insie me
più agile e più sic ura di apporto non è quell a affidata all'impulso em otivo ed episod ico,
ma quella del co ntributo regolare e stab ile per le diverse neces sità eccl esiali, che dovre b-
be essere conce pito come impegno di ciascuna fami glia cristiana e messo in qualche
modo in bilancio nell a programmazione mensile o annu ale della destinazione delle
riso rse famil iari" (n. 15»> (n. 26).
b) Oblationes definit ae: «Q ues te offert e , date prevalentemente alle parrocc hie o 4621
alle chiese re ttori e e ai santuari, sono lasci ate alla libert à e alla sen sibilità dei fed eli
oppure veng ono definite nella misura determinat a dall'assemblea de i Vesco vi dell a
pro vin c ia (cfr . ca n . 1264, 2°) : m anteng ono co m u nq ue la natura d i libe ra
co ntribuzione alle necessità della Ch iesa e perciò non pos sono essere pretese in se nso
stretto.
È prefer ibil e evitare og ni rigida det erminazione di offerte in occasione de lla
celebrazio ne dei sacramenti e sacramental i, per non dare un' immagine di Ch iesa
come ce nt ro di distribuzione di ser vig i rel igiosi e acquistare credibili tà presen tand osi
invece co me comunità viv a di fedeli , che avvertono tali offerte "come occas ione per
l'espressi one de lla propria partecipazione eccle siale e della carità con creta nei mo -
menti signi ficativi della propria esistenza e dell a vita familiare" (CEl, Sovvenire alle
necessità dell a Ch iesa, 6).
Le offert e date dai fedeli in queste occasion i devono essere versate nella cassa dell a
parrocchia o dell a chiesa o del santuario (cfr . can. 53 1), fatte salve eventuali disposizioni
del Vescovo diocesano circa la quota da riconoscere al celebrante» (n. 27).
c) Collectae imperatae: «L ' Ordinario del luogo può disporre che si facciano co l- 4622
Ielle finalizza te in part icolari giornate sia nelle ch iese che negli oratori, anche se appar-
tengano ai reli giosi (cfr. can. 1266).
534 LIBRO V - I berti tem porali della Chie sa

Le offe rte delle "giornate" vanno consegnate solleci tame nte dal parroco o da l ret-
tore della chiesa alla curia della dioces i, che le trasmetterà (giornate nazionali) o le
assegnerà per le finalità stabilite (gio rnate diocesane).
La CE I, co mpeten te ai sensi del can . 1262, determ ina per quali "giorna te" le par-
rocchie e le chiese possono dedurre dall a co lletta la so mma corrisponde nte alla med ia
de lla co lletta delle domen iche ordinarie» (n. 28).

4623 3. Offerte occasionali


«Tali offerte, liber e e spontanee, vengono date prev alentem ente alle parr occhie e
alle organizzazioni ad esse colleg ate.
Queste of ferte so no sti molate so prattutto dalla edificazione di una comuni tà eccle-
sia le in cui i fedeli laici hann o una effettiva partecip azione.
Si tenga presente, sop rattutto in prospetti va educativa, quanto in propo sito è con -
tenuto nel doc umento dell' Episcopato italia no "S ovve nire alle necessità de lla Ch iesa" :
"È ovvio che la propria co ncreta comu nità di appartenenza ecclesiale sia spesso la prima
destinataria del nostro do no, ma non si può dimenticare che og ni comunità vive entro
la più vasta realtà della Chiesa part ico lare, la d iocesi, di cui è la ce llula viva e da cui
è garantita nella sua vital ità (cfr. can. 1274, § 3), e che og ni Chi esa part icola re è
chiamata ad esprimere fraterna solidarietà verso tutte le altre Chiese, parti colarmente
quell e pi ù bisognose (ibidem), e a sostenere con il proprio apporto il centro visibile della
comunione cattolica, cioè il Papa e gli orga nismi di cui egli si serve per il suo servizio
uni versale di carità (cfr . ca n. 1271 )" ( 13)>>(n. 30).

4624 4. Offerte per il sostentamento del Clero


«Q ueste offerte assumo no talvolt a la forma del don o in natura, altre volte dell' o f-
ferta manuale di somme in denaro . Si ricordi che le offert e in danaro sono deducibili,
fino a due milioni di lire, dal proprio reddi to compless ivo ai fini dell'lRPEF (cfr. art.
46 della Legge 222/ 1985 e art. IO, lett, t, DPR 9 17/1986), a co ndizione che s iano
indirizzate all'Istituto ce ntra le per il sos tentamento del Cle ro nelle nor me stabi lite co n
Decreto min isterial e (co nto corrente postale. bonifico bancari o, con segna ali' Istituto
diocesano all' uopo delegato).
Su tutt a questa materi a, che con cerne un momento radicale di trasformazione a
seg uito della rev isione del Concordato. si ripro pongano con una illuminata catec hesi alla
riflession e e all ' impeg no dei fedeli e deg li stessi sace rdo ti le pagin e sti mo lanti de l
documen to C EI "Sovvenire alle necessità della Chi esa", 19- 24»> (n. 3 1).

4625 5. Donazioni, eredità e legati


«Attraverso le donazion i, le eredità e i legati posson o essere ono rati tutti gli enti
ecclesias tici secolari o relig iosi. Si tratta di forme di sovvenzio ne di part icolare rilievo ,
anche perché sono agevolate dal fatto che godono dell'esenzione dell'imposta sull e
successioni e donazi on i.
"L e norme di derivazione concordatari a hanno attribuito la personalità civile all'en-
te dioc esi e all' ente parrocchi a, riconoscend o così finalmen te anche nell' ordinamento
dell o Stato l'identità e il rilievo di que ste realtà fondamen tali della vita e de ll' orga niz-
zazio ne della Chiesa .
Ciò co mporta che d iocesi e parrocch ie possono essere co me tali titolari di rapp orti
giuridici , co mpresa la prop rietà di ben i eco nomica me nte redd itizi. Sarà bene seg nalare
tutt o questo all 'attenz ione dei fedeli, perché è importante che tali enti possano contare
Sovvenzioni C offerte per la Chiesa 535

su un minimo di patrimonio stabile, non sostitutivo ma integrativo delle offerte e degli


apporti ordinari e usuali; va quindi ricordato che la generosità e la sensibilità ecclesiale
dei fedeli può dare particolare attenzione a detti enti attraverso la forma delle donazioni ,
delle eredità e dei legati, fermo restando che diocesi e parrocchia dovranno poi sapersi
aprire a quelle istanze di solidarietà e di perequazioni tra gli enti della Chiesa, che
abbiamo più volte richiamata.
È bene evitare nella misura possibile di porre a cari co dell'ente a cui si dona
oneri e condizionamenti, pur derivanti da apprezzabili intenzioni di devozione o di
memoria, che siano eccessivi e rendano praticamente difficile una moderna gestion e
delle risorse generosamente donate alla Chiesa" CEI, "Sovvertire alle necessità della
Chiesa" , 15).
Le donazioni, le ered ità e i legati intestati al Vescovo o al Vescovo pro-ternporc o
al parroco o al parroco pro-tempore, disposti con atto posteriore al l " luglio 1987. si
intendono fatti ai sensi del can. 1267, § I, in favore rispettivamente dell'ente diocesi e
dell'ente parrocchia.
Una particolare atte nzione dovrebbe essere riservata dai sacerdoti, nelle loro ultime
volont à, al seminario, all 'istituto dioce sano per il sostentamento del Clero , alla diocesi
per il fondo diocesano di solidarietà per i sacerdoti anziani e malat i» (n. 36).

6. Quota relativa al gettito IRPEF 4626


«I cittadini contribuenti possono esprimere la loro partecipazione alle necessità
della Chiesa cattolica anche indicando questa, in sede di dichiarazione annuale dei
reddit i, come destinataria della quota dell'8 per mille del gettito IRPEF, secondo le
disposizioni dell'art. 47 della Legge 22211985.
La somma destinata alla Chiesa Cattolica viene assegnata alla Conferenza Episco-
pale Italiana, che può erogarla soltanto "per esigenze di culto della popolazione, soste n-
tamento del Clero , interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del
terzo mondo " (art.48 Legge 22211985 e delibera CEI 57), dando poi annualmente il
rendiconto della sua effettiva utilizzazione (cfr . art. 44 Legge 222/1985)>> (n. 37).

7. Fonti di sovvenzione della diocesi 4627


«Un' attenzione particolare merita il problema delle risorse necessarie per la vita e
le attività dell'ente diocesi . Non raramente avviene che talune parrocchie god ano di
mezzi cospicui , mentre la diocesi come tale stenta a trovare il minimo necessario per
assicurare il sostentamento del Vescovo , il funzionamento della curia, l'esercizio delle
fondamentali funzioni di indirizzo, di coordinamento e di promozione della pastorale
diocesana, il dovere di solidarietà verso le altre diocesi e verso la Santa Sede.
Tutto questo non è segno di una Chiesa particolare ben ordinata. Occorre perciò
valorizzare tutte le fonti di sovvenzione dell'ente diocesi rese possibili dall 'ordinamento
vigente.
Le fonti di sovvenzione della dioces i si possono classificare nelle seguenti categorie :
a) Offerte dei fedeli.
b) Contributi da parrocchie, associazioni, istituti di vita consacrata e altri enti.
c) Assegnazioni dell a CEI per esigenze di culto della popolazione e interventi
caritativi.
d) Tributi.
e) Tasse per atti amministrativi.
f) Redditi» (n. 38).
536 LIBRO V • I beni tempo rali della Chiesa

4628 8. Tributi e tasse


«Le forme del sistema tributario canonico, espresse nel Codice con vocaboli diver-
si, si riconducono a due figure giuridiche:
a) Tributi imposti dali' autorità ecclesiastica alle persone sulle quali ha giurisdizio-
ne per le esigenze e spese di utilità generale;
b) Tasse, richieste dalla stessa autorità come rimborso per le spese di ufficio in
occasione di una concessione o di un servizio richiesti dai singoli.
Le offerte e i contributi, invece, anche quando sono definiti, sono un invito alla
libertà dei fedeli e delle comunità e mantengono la natura di libere contribuzioni alle
necessità della Chiesa» (n. 42) .

4629 9. Tributo ordinario e straordinario per la vita della diocesi


«11 Vescovo diocesano ha il diritto, uditi il consiglio diocesano per gli affari econo-
mici e il consiglio presbiterale, d'imporre alle persone giuridiche pubbliche soggette al
suo governo, un tributo non eccessivo e proporzionato ai redditi per le necessità della
diocesi (cfr . can. 1263).
Il tributo è dovuto dalla parrocchia e dagli altri enti diocesani secondo l'aliquota
fissata dal Vescovo. che ordinariamente non dovrebbe superare il 5%, su tutte le entrate,
sia redditi in senso stretto sia offerte.
Per gl'istituti diocesani per il sostentamento del Clero la base imponibile è costi-
tuita dal saldo netto della gestione annuale dell'istituto, intendendosi con questa espres-
sione le uscite per i sostentamento del Clero effettivamente registrate nel consuntivo
dell 'anno, e l'aliquota massima del 10%.
Sembra preferibile che, per provvedere alle necessità del seminario i Vescovi non
impongano il tributo speciale previsto dal can. 264, ma destinino ad esso le offerte raccolte
in una particolare giornata diocesana ed eventualmente parte del tributo ordinario.
Tributo straordinario. Il Vescovo, in caso di grave necessità, uditi il consiglio
diocesano per gli affari economici e il consiglio presbiterale, può imporre un tributo
straordinario moderato a tutte le persone fisiche e giuridiche, pubbliche e private, anche
non soggette al suo governo (cfr. can. 1263)>> (n. 42, a e b).

4630 lO. Tasse per atti amministrativi


«Le principali figure di tasse ecclesiastiche attualmente in vigore sono le seguenti:
a) Tasse di cancelleria (c.d. tasse di curia) .
La determinazione di queste tasse spetta all'assemblea dei Vescovi della provincia
(cfr. can. 1264, n. I) .
La tassa per la nomina degl'insegnanti di religione, sacerdoti e laici. rientra tra le
tasse di cancelleria e può essere imposta dal Vescovo diocesano soltanto nella misura
determinata dalla CEI (cfr. Notiziario CEI, 198711, pp. 20-30; 1990/8. p. 214).
4631 b) Tasse processuali.
La determinazione delle tasse processuali compete al Vescovo diocesano, che
sovraintende al tribunale (cfr. can. 1649, § l. nn. I e 3).
Per le tasse relative ai procedimenti avanti i tribunali regionali per le cause matri-
moniali ci si atterrà alle disposizioni date dalla CEI in forza dell'art. 57 del decreto
generale sul matrimonio canonico.
4632 c) Tasse in occasione di autorizza zioni rilasciate dai Vescovi o dall'Ordinario dio-
cesano per il compimento di atti di straordinaria amministrazione.
L'umministrazionc dci beni ecc lesiastici 537

Titolo II
L'amministrazione dei beni
CAN. 1273 . Romanus Pontifex, In virtù del primato di governo, il Ro-
vi primatus regiminis, est omnium mano Pontefice è il supremo ammini stra-
bonorum ecclesiasticorum supre- tore c dispensatore di tutti i beni ecclesia-
mus admìnistrator etdispensator. stici.

La tassa è dovuta dalle persone giuridiche soggette alla giurisdizione del Vescovo
diocesano per le autorizzazioni previ ste e con l' aliquota fissata dall'assemblea dci Ve-
scovi della provincia.
Per gli IOSC e gli IISC ci si deve attenere a diversa dispo sizione della CEI, alla
determ inazione seguente:
a) Se si tratta di acquisti a titolo gratuito. l'aliquota massima è del 15% del valore
del bene, al netto delle spese e degli eventual i oneri.
b) Se si tratta di alienazioni o di permute con congu aglio , l' aliquot a massima è del
10% del valore del bene o dell ' entità del congu aglio, al netto delle spese e degli e ven-
tuali one ri» (n. 43).

L 'AMMINISTRAZIONE DEI BENI ECCLESIASTICI (ca nn . 1273-1289) 4633


Schema
l. L' autorità supre ma del Romano Pontefice 6. L ' amm inistrazione dei beni ecclesiastici
2. Nuovi istituti e organismi delle singole persone giuridiche
3. Compiti degli Ordina ri 7. Comp iti e doveri degli ammin istratori
4. Amministrazione ordinari a e straordinaria 8. Le nuove norme concordatarie
5. L'e conomo d iocesano 9. Il Decreto Generale della CEl ( IOaprile 1992 )

Per amministrazione in senso proprio s'intende, nel diritto canonico, il compl esso 4634
degli atti diretti alla conservazione e al miglioramento del patrimonio ecclesiastico e alla
percezione ed impi ego de i suoi reddit i e frutti. In senso più ampio, l'amministrazione
comprende anche l' acqui sto e l' alienazione dei beni e i contratti relati vi.

1. L'autorità suprema del Romano Pontefice 4635


1273 (15/8 *) In forz a del suo ufficio . il Romano Pontefice possiede nella Chie-
sa il primato di go verno, una pote stà pien a, suprema e universale (can. 33 1). Come
tale, egl i è «il supremo amministratore e dispen satore dei beni della Chiesa». La
formula è di S. Tommaso, che ne chiarisce anch e il senso : «Res Ecclesiae sunt Papae,
ut prin cipali s dispensatori s, non ur dom ini et possessoris» tSumma theol., II-Il , q.
100, art. I, ad 7) . Il medesimo senso è stat o inte so dal Gruppo de i Co nsulto ri:
«Secundum ipsos , verba vi primatus iurisdictionis (regiminis) qualificant naturam
potestatis supremi administratori s et dispensatori s, qu ae non est dom inica ac si
Pontifex essei dominus bonorum ecclesi asticorum» tCommun icationes. a. 1980, p.
413, can . 18).
In effett i, come si afferma nel can. 1256, la proprietà dirett a dci beni appartiene 4636
nella Ch iesa alla persona giuridica che li ha legittim amente acquistati. Ma il Romano
Pontefice, in forza della sua autorit à suprema, esercita su tali beni un potere di alto
dom inio , che gli dà pieno diritto :
538 LIBRO V · J beni temporali della Chiesa

CAN. 1274· § 1. Habeatur in sin- § 1. Si stabilisca nelle singole dioces i


gulis dioecesibus speciale institu- uno speciale istituto, che racco lga i beni e
tum , quod bona veloblationes col- le offerte allo scopo di assicurare a norma
ligat eum in finem ut sustentationi del can. 28 1 il sostentamento dei chierici,
c1ericorum,qui in favorem dioece- i quali prestano serviz io a favore della
sis servitium praestant, ad nor- diocesi, tranne che si sia provvedut o loro
mam can, 281 provideatur, nisi diversamente.
aliter eisdem provisum sito
§ 2. Ubi praevidentia socialis in § 2. Dove non sia stata ancora organiz-
favorem cleri nondum apte ordì- zata convenientemente la previdenza so-
nata est, curet Episcoporum con- ciale in favore del clero, la Conferenza
ferentia ut habeatur institutum, Episcopale curi che si abbia un istituto col
quo securitati sociali c1ericorum quale si pro vveda suffic ienteme nte alla
satis provideatur. sicurezza sociale dei chierici.
§ 3. In singulis dioecesibus con- § 3. Nelle singole diocesi, si cos tituisca,
stituatur, quatenus opus sit, mas- nella misura in cui è necessario, un fondo
sa communis qua valeantEpiscopi comune, mediante il quale i Vescov i pos-
obligationibus erga alias personas sano adempiere gli obblighi verso le altre
Ecclesiae deservientes satisfacere persone addette al serviz io della Chiesa e
variisque dioecesis necessitatibus provvedere alle varie necessità della dio-
occurrere, quaque etiam dioeceses cesi, e le diocesi più ricche possano anche
divitiores possint pauperioribus venire in aiuto delle più povere.
subvenire.

- Di stabilirne la disciplina con norme a cui tutti i fedeli e tutte le istituzioni sono
soggetti
- Di esercitare sull'amministrazio ne dci beni ecclesiastici una funzione di vigilan-
za, di controllo e di coordinamento
- Di avocare a sé alcune particolari autorizzazioni
- Di disporre degli stessi beni, qualora lo esiga il "bo num Ecclesiae" e l' interesse
comune (cfr. Communicationes, ibidem ).

4637 2. La costituzione di nuo vi istituti e organismi


In attuazione delle deliberazioni del Concilio Vaticano II (Decr, Presbyterorum
Ordinis , n. 2 1), e a seguito della soppressione dei benefici ecclesias tici, è prevista la
costituzione di tre particolari istituti: per il sostentamento e la previdenza sociale del
Clero e per le varie necessità della diocesi (can. 1274). Della creazione dei nuovi
organismi amministrativi - il Consiglio per gli affari economici, diocesa no e parroc-
chiale, e dell'economo diocesano, che ha il compito di amministrare i beni della diocesi
sotto l' autorità del Vescovo - si è già trattato nei cann. 492-494 e 537 (v. la relativa
esposizione).

4638 l ) L 'istituto diocesano per il sostentamento del Clero


1274, §1 È un istituto la cui erezione è stata formalmente decisa dal Concilio
Vaticano Il (Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 2 1, I; cfr. anche il M.P. Ecc/esiae Sanctae
di Paolo VI, 6 agosto 1966, l, 8, 3). Esso ha il compito di raccogliere i beni e le offerte
destinate ad assicurare, a norma del can. 28 1, il dignitoso sostentamento del Clero -
L' ummlnìsuu zionc d;i beni ecclesiastici 539

§ 4. Pro diversis locorum adi un- § 4. Secondo le di verse circosta nze dei
ctis, fines de quibus in §§ 2 et 3 lu oghi , gli scopi di cu i ai §§ 2 e 3 po sson o
aptius obtineri possunt per insti- ottenersi in modo p iù ada tto attraverso la
tuta dioecesana inter se foederata, feder azion e di più isti tuti diocesan i, oppu-
vel per cooperationem aut etiam re me diante la co operazio ne o anche l' op-
per eonvenientem consociationem portuna consociazione tra varie di ocesi,
pro variis dioecesibus, immo et anzi per tutto il territorio dell a Con ferenza
pro toto territorio ipsiu s Episco- Ep iscopale .
porum conferentiae constitutam.
§ 5. Haee instituta, si fieri possit, § 5. Qu esti isti tuti, se possibil e, siano
ita eonstituenda sunt, ut effieaciam co stituiti in mod o da avere efficacia anche
quoque in iure civili obtineant. nell ' ordiname nto g iuridico civ ile.

secolare e non secolare tCommunicationes , a. 1984, pp. 3 1·32, can. 1225, § l , n. 1) -


al servizio della diocesi.
L'ist ituto è obbligatorio, tranne che si sia provveduto alle necessità del Clero diver-
samente. Ad esso devono confluire in particolare tutte le rendite beneticiali e gradual-
mente, per quanto è possibile (quatenus possibile sit) la stessa dote dei benefici (ean.
1272).
Devo no co nfluirv i anc he le offerte date dai fedeli in occasione dell'ammi nistruzione dei
sacramenti e dei sacramentali? Una tale proposta venne fatta da un Padre Consu ltore. ma gli fu
rispo sto che questo non si poteva imporre per legge universale: «Attentis autcm adiu nctis
determi natis, dete rminari porest legc particu lari» (Communicationes, a. 1984, p. 3 1, can . 1225,
l, n. I). Occorre pe r altro tener presente anche il can. 53 1, che parla di "cassa parrocchiale".
*
Direttive della CEI. Dal Decreto Generale del l ? aprile 1992, n. 79. 4639
- «L' istituto diocesano per il sostentamento del Clero non è un ufficio della curia né un
fondo diocesano, ma una persona giuridica pubblica distinta dall'ente diocesi e dota ta di propria
autonom ia; esso è sottoposto all'autorità del Vescovo a norma del diritto comu ne e del proprio
statuto , approvato dal Vescovo.
In partico lare. alla pari di altra perso na giuridica pubblica nell'o rdiname nto canonico, l'IDSC
è soggetto :
a) Alla vigilanza e al controllo dell'O rdinario, sia dirett i (cfr. can. 1276, § I), sia tramite la
persona (cfr. can. 1278) o l'ufficio diocesano competente designato dal Vescovo, sulla propria
amminis trazi one.
b) AI tributo di cui al can. 1263 (tributo ordina rio per le necessità della diocesi) ;
c) Alla prese ntazio ne ann uale dello stato di previsione e del bilancio consuntivo per il visto
del Vescovo diocesano (cfr. art . 16 dello statuto) ; si tratta nel caso specifico di visto e non di vera
e propria approva zione dello stato di pre visione e del bila ncio consuntivo, che rimane invece,
staturariarnente. di compe tenza dell' IDSC;
d) Alla licenza scritta del Vescovo diocesano, previo conse nso del Co nsiglio per gli affari
econ omi ci e del Collegio dei Co nsultori se e quando non esplicitame nte escluso dallo statuto, per
porre gli alli di cui ai cann. 1291- 1295.
L'IDSC non è tenuto a chiedere la licenza dell'Ordinario per gli alli di strao rdinaria ammi-
nistrazione deter minati dall'eventuale decreto dci Vescovo diocesa no dato ai sensi del can. 1281,
*
in quanto l'art. Il , teu . b, del suo statuto - anc he nel caso prevale (cfr. can . 128 1, 2) - prevede
l'auto rizzazio ne soltanto per la fattispecie di cui ai cann. 1291-1295.
Vale anc he per l'lSDC la norma secondo la quale l' istruttoria delle pratiche per il rilascio
delle autorizzaz ioni canonic he è di competenza dell ' econ omo (cfr. can. 1278) o dell' ufficio dioce-
sano competen te, designato dal Vescovo ».
540 LIBRO V - I beni temporali della Chiesa

4640 2) L 'istituto per la previdenza sociale del Clero


1274, § 2 Può essere a ca rattere diocesano, interdioc esa no e nazionale . Dell a sua
erezione. seco ndo il delib er ato co nciliare, deve aver cura la Co nferenza Episcopa le :
- Nelle nazioni in cui la pre videnza sociale a favo re del Cl ero non è ancora
co nvenie ntemen te orga nizzata. le Con feren ze Episcop ali devono curare che, ten endo
sempre co nto delle leggi ecclesiastiche e civ ili, si abbia no isti tuti diocesani. anc he uniti
in fede razio ni. oppure istituti interdiocesani o un istituto eretto pe r tutto il territorio. per
provved ere. sotto la vigilanza dell a Gerarch ia, sia a una co nve nien te previden za e assi-
stenza sanitari a, sia al deb ito mantenimen to dei presbiteri, colpiti da malatt ia. in vali dit à
o vecchiaia. I sacerdoti. da parte loro. sostenga no l'istituto. in spirito di solidari età verso
i co nfratelli, che li port a a co ndiv ide re le loro pene, consider and o anche che in tal modo,
senza eccessive preoc cup azion i per il propri o futuro, potrann o ded icarsi co n più gene-
roso spirito eva nge lico alla pratica de lla pove rtà e alla salvezza delle anime. Infine .
co loro a cui spe tta il dovere procu rino che tali istituzio ni di previden za sor te nell e
diverse nazion i, siano co llega ti fra di loro, in modo che acquist ino maggiore co nsistenz a
e s i diffond ano più ampiame nte (Decr, Presbyterorum Ordinis, n. 2 1. 2) .

4641 3) Il fo ndo comune per le altre necessità della diocesi


1274, § 3 La sua istituzione è ope ra anch' essa del Con cili o:
- È inoltre auspicabil e che. per qu anto è possibile, venga costitu ita in ogni diocesi
o regione una cassa comune. medi ante la quale i Vescovi possano asso lvere gli altri
obbl ighi verso le persone ch e prestano servizio a favore della C hiesa e far fro nte ai
d iversi bisog ni della diocesi ... Questa cassa comune sarà formata simil mente so prattutto
co n le o fferte dei fedeli , ma potr à ave re anche altre fonti , det ermin ate per legge (Decr.
Presbyterorum Ordin is, n. 21 , l ).
Agg iunge lo stesso doc umento co nci liare, co n do vero so spirito di so lida rietà e
co munio ne eccles iale:
- Co n i fondi di questa cassa comu ne. le diocesi che dispongono di maggiori
mezzi potranno aiutare que lle più pover e. «u t illar um abundantia harum ino pia m
supplcat- (II Cor. 8. 14) (ibidem).
A termine del canone e anche "ad mentem" del Gruppo dei Consultori. il fondo comune per
le varie necessità della diocesi, dev'essere distinto dall'istituto per il sostentamento del Clero
(Communicationes, a. 1980. pp. 408-409, can. 16, § I).

4642 4 ) La cooperazione fra le varie diocesi e il riconoscimento civile degl 'istituti


1274, § 4 L' istituto per la previ de nza sociale del Clero e il fondo com une per le
necessità della diocesi possono ass umere , seco ndo le diverse ci rcostanze c necessi tà dei
luogh i. ca rattere diocesan o, interdiocesano e anche nazion ale, co n form e diverse:
federativa, coo perat iva e associativa .
No n si esclude, ovviamente, che anche l'istituto per il sos len tamento del clero
ass uma, per una maggiore effici enza, cara ttere interdiocesano o nazion ale.
4643 1274, § 5 È opportuno per altro che i tre istituti accenn ati sia no cost ituit i in for ma
civilmente valida, in modo da avere efficacia anche nell 'ordinament o dcll o Stato.
4664 In Italia, l'erezione dell'istituto per il sostentamento del Clero fa palle dei nuovi Accordi
intervenuti fra la Santa Sede e la Repubblica Italiana:
- In un prossimo futuro non si avranno più benefici ecclesiastici mentre verranno eretti a
livello diocesano - o interdiocesano ove lo consiglino le circostanze - "istituti" aventi la speci-
fica funzione di provvedere al sostentamento del clero. Tali enti... avranno una propria base
L'urnmini struziouc dei beni ecclesiastici 541

CAN. J 275 • Massa bonorum ex Il fond o comune dei beni prov enienti da
diversis dioecesibus provenientium diverse dio cesi è ammini strato seco ndo
administratur secundum normas norme opportunamente concordate dai
ab Episcopis, quorum interest, op- Vescovi interessati .
portune concordatas.
CAN. 1276 • § 1. Ordinarii est se- § I. Spetta all'Ordinario vigilare atten -
dulo advigilare administrationi tam ent c sull' ammini strazione di tutti i
omnium bonorum, quae ad perso- beni appartenenti alle per son e giuridiche
nasiuridicaspublicassibisubiectas pubbliche a lui sog gette, sa lvo titoli le-
pertinent, salvis legitimis titulis gittimi che gli co nferiscano poteri più
quibus eidem Ordinario potiora ampi.
iura tribuantur.
§ 2. Habita ratione iurium, legi- § 2. Tenendo conto dei diritti , dell e le-
timarum consuetudinum et cir- gittimc consuetudini e delle circos tanze ,
cumstantiarum, Ordinarii, editis gli Ordinari abb iano cura di disciplin are
peculiaribus instructionibus intra l'intera materia dell 'amministr azion e de i
fines iuris universalis et particu- beni , em anando speciali istru zioni nei li-
laris, universum administrationis miti del diritto universale e particolare,
bonorum ecclesiasticorum nego-
tium ordinandum curent.

patrim oni ale , che si costituirà mediante trasferime nto dc i beni redditizi appartenenti agli e x benefi ci
e provvede ranno al sos tentamento del clero diocesan o secondo i criteri gene rali stab iliti da lla
Co nfe renza Ep isco pale Italiana , con nuove gara nzie giuridiche per il Cle ro, secondo lo spirito e le
nonne del Codex del 1983 (Relazione del/a Commissione paritetica per gli enti ecclesiastici, 6
luglio 1984, n. 4. 4-5) .
- Saranno co stituiti gli istituti - diocesan i e interdioccsani - per il sostenta mento del
clero, che av ranno ope legis personalit à giuridica ca nonica e civile q uali enti eccl esiastici. e per i
qu ali la Co nfere nza Epis co pale Italian a predisporrà uno statuto-tipo. L 'i stitut o pro vvede, per se et
principal iter. al sos te ntamento del clero che presta ser viz io in favore della diocesi ; pot rà asso lvere
anche funzioni previ de nziali inte grat ive per il clero stesso (Rclaz, cit., n. 7, 2).
Le di sposizioni di legge relat ivamen te all' istitu to per il sos tentamento del cle ro so no co nte-
nute nel seco ndo titol o delle "Norme circa gli enti e i beni eccle sias tici in Italia", e man are il 3
giugno 1985. Cfr. in particolare gli art t. 21-24 c 27-28.

5) L'amministrazione del fondo comune interdiocesano o nazionale 4665


1275 Per un'ovvia ragione di competenza e anche per espressa disposizione di
legge, lale amministrazione spetta ai Vescovi interessati, che detteranno a tal riguardo
le norme necessarie, concordate opportunamente.

3. Compiti e attribuzioni degli Ordinari 4666


Sono compiti di vigilanza e di regolamcntazionc.

I) La vigilanza 4667
1276, § 1 (1519, § l *) Come il Romano Pontefic e, in virtù del primato di governo,
è l' amministratore supremo dei beni ecclesiastici nella Chiesa universale, così il Vesco-
vo diocesano , in virtù della sua autorità pastorale, è il primo responsabile dcll'a mmini-
strazione dci beni ecclesiastici, compresi nell' ambito della Chiesa particolare. affidata
542 LIB RO V - I ben i temporali della Chiesa

CAN. 1277 - Episcopus dioecesa- Per quanto rig uarda gli att i di am rrunr-
nus quod attinet ad actus admini- strazio ne che, attesa la situazione econo-
strationis ponendos, qui, attento mica della dioce si, sono di maggior rilie-
sta tu oeconomico dioecesis, sunt vo, il Ves covo diocesa no deve chiedere il
maioris momenti, consilium a re- parere del consig lio per gli affari econo-
bus oeconomicisetcoUegium consul- mici e de l collegio dei co nsultori ; ha per
torum audire debet ;eiusdem tamen altro bisog no de l conse nso del medesimo
consilii a tque etiam collegii consul- consiglio e anc he de l co lleg io dei consul-
torum consensu eget, praeterquam tori, oltre che nei cas i indicati esp ressa-
in casibus iure universali veltabulis mente dal diritto universale o nelle tavole
fundationis specialiterexprcssis,ad di fonda zione, per tutti gli all i di ammi ni-
ponendos actus extraordinariae ad- strazione straord inaria . Spetta alla Co nfe-
ministrationis. Conferentiaeautem re nza Episcopale determinare q uali atti
Episcoporum est definire quinam deb bano considerarsi di ammi nistrazio ne
actus habendi sint extraordinariae straordinar ia.
administrationis.

alle sue cure e appartenenti alle persone gi uridiche pubbliche soggette a lla sua potestà.
Sono associ ati al Ves covo g li altri O rdinari de lla diocesi, ai se nsi del can . 134, §§ 1-
2, ossia il Vicari o gen erale e i Vicari episcopali. Gli Ordinari del luogo hann o anz itutto
il do vere e il diritto di vigilare con cu ra (sedulo) sull' ammini strazione dei detti beni ,
salvo tito li legittimi, che attr ibu iscano loro poteri più es tesi, co me ad ese mpio relativa-
mente ag l' Istituti di diritto diocesano e ai mo nas teri "s ui iuri s'' (can. 637 ).
Il canone parla di Ordinari il! ileI/ere, che, a termi ni de l ca n. 134. § I. com pre ndo no anche
i Superiori Magg iori deg l' Istituti religiosi c delle Società di vita apostolica clericali e di dirit to
pontificio . Anche a tali Ordin ari spella di vigilare sui be ni dell' Istituto o dell a Società, secondo le
proprie com petenze determi nate nei propri statu ti.

4668 2) La regolamentazione
1276, § 2 (15 19, § 2 *) Ag li Ord inari non spetta solo il di ritto di vigilanza sull' am-
min istrazion e dei beni di propria com petenza, ma anche il potere di dettare norme
opportu ne per la loro disci plin a e regolamentazione. Non si tratta per alt ro di un potere
arbitrari o. Nell' emanare nor me, istruzion i e direttive :
- Occorre anzitutto tener conto de i diritti e delle legittime co nsuetudini esi stent i
c de lle circosta nze co ncrete
- Bisogna ino ltre rimanere nei limiti del diritto universale e particolare

4669 4. L 'amministrazione diocesana di carattere ordinario e st r aor d ina r io o


di maggior rilievo
1277 (1520 *) La di stin zio ne fra atti di ammi nistrazione ordinaria e straordinaria è
fonda me ntale nel di ritto cano nico, come in q uello civile, no n so lo per la d iver sa impor-
tanza deg li uni e degli altri , ma anc he perch é, nell a posizio ne deg li atti di am ministra-
zione straordi naria, sono da os servarsi par ticolari form ali tà gi uridiche in ordine alla
stes sa validit à.
Il Codice, volutamente, non stabilisce alcun cr iterio circa la della dist inzio ne (Com -
municationes, a. 1984, p. 33, can . 1228), e ne lascia la concreta determinazione alle
Co nfe renze Ep iscopali (can. 1277) e al Vesco vo diocesano (can. 1281 , § 2) .
4670 Come s'è già detto nell ' esposizi o ne del ca n. 638, si può dire in genere che gl i atti
L'amministrazione dci hcni ecclesiastici 543

di amministrazione straordinaria sono quelli potenzialmente idonei a modificare la


consistenza patrimoniaie di un ente.
Per esempio:
- L'acquisto, l'alienazione o la permuta di beni immobili
- L'acquisto o l'alienazione di beni mobili di valore rilevante
- L'alienazione di beni mobili costituenti il patrimonio stabile
- L'alienazione di cose preziose (can. 1292, § 2)
- La rinunzia o l'accettazione di una eredità o di una donazione consistente in un bene
immobile o anche di un bene mobile di valore, soprattutto se soggette a pesi o condizioni
- La costruzione di edifici
- La riparazione straordinaria d'immobili
- La locazione di beni immobili a lungo termine (in genere per una durata superiore a nove
anni), oppure di beni di notevole consistenza (v.n. 4729, 2° cpv.)
- La contrazione di mutui o debiti
- La costituzione d'ipoteche
- Le liti attive e passive (can. 1288)]

Sono invece atti di amministrazione ordinaria tutti gli atti attinenti alla conser- 4671
vazione dei beni patrimoniali e al loro normale sfruttamento.
Per esempio:
- La riscossione delle rendite
- La vendita del raccolto di un fondo
- La locazione d'immobili di comune valore per un periodo non superiore a nove anni
Gli atti relativi a una eventuale coltivazione diretta di un fondo
L'acquisto di oggetti necessari all'economia domestica o all'amministrazione del pa-
trimonio
Il pagamento delle imposte
- L'assicurazione contro i danni e le calamità
- La riparazione normale degl'immobili, ecc.
Il canone stabilisce che, per tutti gli atti di amministrazione straordinaria - oltre 4672
che nei casi indicati espressamente dal diritto universale o nelle tavole di fondazione
- il Vescovo diocesano ha bisogno del consenso (can. 127) sia del Consiglio dio-
cesano per gli affari economici (can. 492) sia del Collegio dei consultori (can. 502).
Quanto agli atti di amministrazione ordinaria, che, attesa la situazione economica
della diocesi, sono di maggior rilievo, il Vescovo diocesano è obbligato soltanto a
chiedere il parere dei detti organismi. Anche per tali atti "maioris momenti", il Ceto
dei Consultori non ha ritenuto opportuno fissare un criterio di determinazione (Com-
municationes, a. 1984, p. 33, can. 1228).

Disposizioni della CE!: Decreto Generale del IO aprile 1992, nn. 58-59. 4673
l. AI/i di amministrazione straordinaria per la diocesi e le persone giuridiche 4674
amministrale dal Vescovo diocesano
- «Gli atti di straordinaria amministrazione diversi dalle alienazioni del patrimonio sta-
bile e dai negozi peggiorativi dello stato patrimoniale sono determinati nella delibera n. 37
della CE! del 21 sett. 1990 (Enchir. CEI, voI. 4, pp. 1249-1250), ai sensi del can. 1277, come
segue:

] L'art. 13 della Legge 27 maggio 1929, n. 848, esecutiva del Concordato del 1929, compren-
deva «fra gli atti e contratti eccedenti l'ordinaria amministrazione, oltre le alienazioni propriamente
dette, le affrancazioni volontarie di censi e di canoni, i mutui, gli atterramenti di piante di alto fusto,
le esazioni e gl'impieghi di capitali, le locazioni ultranovennali d'immobili, le liti, sia attive che
passive, attinenti alla consistenza patrimoniale degli enti».
544 LIBRO V • I be ni temporali del la Ch ic...a

a) L' alie nazione di beni immob ili diversi da quelli che costituisco no per legittima assegn a-
zione il patrimo nio sta bile della perso na giuridica, di valore superio re alla so mma minima fissata
dalla de libera n. 20 ;
b) La decis ione di nuove voci di spesa rispetto a quelle indicate nel preventivo approvato, che
comportino una spesa superiore alla so mma mini ma fissata da lla delibera 20 ;
c) L'inizio, il subentro o la partecipaz ione in attività considera le co mmerciali ai fini fisca li:
d) La mutazione di destinazione d'u so di immobili di valore super iore alla somma minima
fissata da lla delibera 20, determinando il valore dell'immobile attraverso la molti plicazione del
reddito catastale per i coeffi cienti stabiliti dalla legislazione vigente in Italia ;
e) L' esecu zione di lavori di costruzione, ristrutturazione o straordinaria man uten zione per un
valore superio re alla som ma mini ma fissata dalla delibera 20.
4675 A questi att i occo rre aggi ungere, ai sensi del can. 1297, la locazio ne di immob ili di va lore
superiore alla so mma minima fissata dalla delibe ra 20, ecce tto il caso che il locatario sia un ente
eccles iastico, seco ndo quanto determinato da ll'art. 3 della de libera 38 de lla CEI.
Per la valid ità di ta li atti è necessario e sufficie nte il provved imento del Vescov o dioce sano
con il con senso del Consiglio per gli affari econo mici e del Collegio dei cons ultori; non si richiede
in ness un caso la licenza dell' autorit à superiore, q ualunque sia il valore de ll' affare, salvo che -
co me sopra richia mato - il negoz io rientri nella pre visione del can . 1295 in co nsidera zione degli
ele menti concre ti che lo caratterizza no.
Il decreto dci Vescovo diocesano, controfirmato dal cancell ie re, deve menzionare il co nsenso
dei due organi consultivi e la data delle rispettive sedute. Non è necessario pertant o né opport uno
esibire a terzi il verbale delle adunanze degli organi consultivi della diocesi».

4676 2. Atti di amministrazione straordinaria per le persone giuridiche soggette al


Vescovo diocesano
- «II can . 1281 § l , afferma il princi pio generale che ogn i atto di straordi naria a mministra-
zione richiede per la validità la licenza scritta dell ' Ordin ario.
Il can, 1282, § 2, rinvia per l'indi viduazione di tali atti alle nor me statutarie di cia scuna
perso na giuridica e, se queste tacciono in merito, alla determinaz ione fatta dal Vescovo dioce sano
con decreto ge nerale per le pers one giuridiche a lui sogge tte.
Con siderata l' opportu nità che in tutte le dioc esi ita liane gli atti di strao rd inaria amministra-
zione sia no previsti con un criterio uniforme, si invita ogni Vescovo diocesano ad e rnanara re il
decret o generale ai sensi del can . 1281, § 2, determinando come tali i seguenti alli :
- L ' alienazione di beni sia immobili che mobili, che costi tuiscono per legittima asseg nazio-
ne il patrim onio stabile della persona giur idica e gli altri nego zi che possono peggiorare lo stato
patrimoniale della persona giuridica, di valore inferiore alla somma minima fissata da lla de libera
20 della CE I (300 milioni) .
- L' alienaz ione di beni immobili di qua lsiasi valore dive rsi da q uelli che costit uisco no per
legitti ma assegnazione il patrimo nio stabile della perso na giuridica.
La decisione di nuove voci di spesa rispe tto a quelle indicate nel preventi vo approvato.
L' iniz io, il subentro o la part ecipazione in att ività co nsiderate commerc iali ai fini
fiscal i.
La mutazione di destinazio ne d'uso di beni immobili di qua lsias i valore .
L' esecuzi one di lavori di costruzi one, ristrutturazio ne, straordi naria manut enzione per
qual siasi va lore.
- Ogni atto relativo a beni mobili o immobili che rivest ano carattere di beni artist ici, storici
o cultu rali, per qualsiasi valore.
- L' assunz ione di personale dipenden te a tem po indeterminato.
Si ricordi c he il Co dice di Diritto Ca nonico dispone la necessi tà della licen za de ll'Ordi-
nar io per accettare liber alit à che so no gravate da un onere modale o da una co nd izione (cfr.
can. 1267, § 2) >> .
L' umministruzionc dci beni ccclc..iastici 545

CAN. i278 • Praeter munera de All'economo, oltre ai compi ti di cui al


quibus in can. 494, §§ 3 et 4, oeco- ca n. 494 , §§ 3 e 4, pos sono es sere affi dati
nomo committi possunt ab Episco- da l Vescovo diocesan o le attribuzion i di
po dioecesano munera de quibusin cui ai ca nn. 1276, § l , e 1279, § 2.
cann. 1276, § 1 et 1279, § 2.
CAN. 1279 - § l. Administratio § i . L 'amministrazione dei beni eccle-
bonorum ecclesiastico rum ei com- siastici spe tta a chi ha la direzione imm e-
petit, qui immediate regit perso- diata della per son a giu ridica alla quale i
nam ad quam eadem bona perti- detti beni appartengo no, tran ne che sia
nent, nisi aliud ferant ius particula- d isposto di versamente da l diritto part ico-
re, statuta aut iegitima consuetu- lare, dag li statuti o da una legittima con-
do, et salvo iure Ordinarii interve- suetudi ne, e saivo ii diritto dell' Ord inario
niendi in casu neglegentiae admini- d 'interven ire in caso d i negli genza dci-
stratoris. l'amministratore.
§ 2. In administratione bonorum § 2. Per l' ammin istrazione de i beni di
personae iuridicae publicae, quae una person a giuridica pubblica, che per
ex iure vel tabulis fundationis aut diritto o per tavola di fondaz ione o per i
propriis statutis suos non habeat suoi statuti non abbia amm inistra tori pro-
administratores, Ordinarius, cui pri, i'Ordinario, a cui la med esima è sog-
eadem su biecta est, personas ido- getta, designi per un triennio persone ido -
neas ad triennium assumat; eae- nee; le medesi me persone possono esse re
dem ab Ordinario iterumnominari anche nuovamente nom inate da ll' Ordina-
possunt. rio.

5. Estensione dei compiti dell'Economo diocesano 4677


1278 I co mpiti propri de ll'Econo mo diocesano sono determinat i da l can. 494 :
- Amm inistra re solto l'autorità de l Vescovo e in conformità con le direttiv e stabilite dal
Consiglio diocesano per gli affari eco nomici i beni della diocesi (* 3)
- Provvedere con i fondi diocesani alle spese ordinate dal Vescovo (§ 3)
- Present are a fi ne d'an no il bilancio delle entrate e delle uscite (* 4)

Se lo ritiene opportuno, il Vescovo può anc he affidargli altri com piti. come ad
ese mpio:
l ? La vigilanza sull'amminist razione di tutt i i beni appartenenti alle persone giu-
ridiche pubbliche soggette alla sua autorità (ca n. 1276, § l).
2 0 L'ammin istrazione diretta dei ben i di una person a giuridica pubb lica, che per
diritto o per tavo la di fondazione o per statu to non abbia am ministratori propri (ca n.
1279, § 2).
Pcr le disposizioni de lla CE I, v. l vol., nn. 2298-2299.

6. L'amministrazione dei beni ecclesiastici delle singole persone giuridiche 4678

i ) Gli amministratori 4679


1279, § 1(/ 52/, § 2*) L' amm inistrazione dire tta dei beni ecclesiastici di un ente
giuridico (persona giuridica ecclesiastica pubbl ica) spetta per sé alla persona o ali' orga-
no che ne ha la direzione immediata (per es. , il parroco, relativamen te ai beni parroc -
chiali: can. 532 ), tranne che sia di sposto diversam ente dai diri tto particolare. dagli statuti
546 LIBRO V - [ beni temporali della Chiesa

CAN. 1280- Quaevis persona iuri- Qualsiasi persona giuridica abbia il pro-
dica suum habeat consilium a re- prio consiglio per gli affari economici, o
bus oeconomicis veI saltem duos almeno due consiglieri, che coadiuvino
consiliarios, qui administratorem, l'amministratore nell'adempimento del
ad normam statutorum, in mu- suo ufficio, a norma degli statuti.
nere adimplendo adiuvent.
CAN. 1281 - § 1.Firmis statutorum § l. Ferme restando le disposizioni de-
praescriptis, administratores inva- gli statuti, gli amministratori pongono in-
lide ponunt actus qui fines modum- validamente gli atti eccedenti i limiti e le
que ordinariae administrationis ex- modalità dell'amministrazione ordinaria,
cedunt, nisi prius ab Ordinario fa- se prima non abbiano ottenuto in iseritto
cultatemscripto datam obtinuerint. l'autorizzazione dell' Ordinario.

o da una legittima consuetudine (per es. l'economo generale, provinciale o locale de-
gl'Istituti religiosi: can. 636, § I), e salvo il diritto dell'Ordinario d'intervenire in caso
di continuata negligenza o anche di reiterati abusi da parte dell'amministratore. Un
diritto indeterminato e, di conseguenza molto ampio, che gli dà facoltà non solo di
richiamare l'amministratore, ma anche - si casus ferat - di sostituirlo (Communica-
tiones, a. 1980, p. 415, can. 23).
4680 1279, § 2 (1521, § 1 *) S'ipotizza nel paragrafo l'eventualità che la persona giuridica
pubblica non abbia - né per diritto, né per tavola di fondazione, né per statuto - un
amministratore proprio. In questo caso, la nomina dell'amministratore spetta all'Ordinario,
che può scegliere a suo libero giudizio la persona idonea, uomo o donna tCommurucatio-
nes, a. 1980, p. 416, can. 24). L'incarico è triennale, con possibilità di conferma.
Le norme contenute nei due paragrafi del can. 1279, riguardano solo le persone giuridiche
ecclesiastiche di carattere pubblico.

4681 2) Il consiglio di amministrazione


1280 È una norma giuridica nuova, che intende non solo assicurare una migliore
gestione, ma anche rendere possibile la partecipazione di altre persone, nello spirito
della comunione ecclesiale. Vi sono soggette tutte le persone giuridiche, pubbliche e
private (quaevis persona iuridica). Esse hanno l'obbligo di avere un proprio consiglio di
amministrazione, o almeno due consiglieri. che assistano l'amministratore nell'assolvi-
mento del suo incarico.
Le loro attribuzioni saranno determinate negli statuti (ad normam statutorum). In
particolare, dovrà essere precisato quando si richiede il loro parere iconsilium) o il loro
consenso.

4682 3) Gli atti di amministrazione straordinaria


1281, §§ 1-2 (1527, § 1 *) Sono fissate varie norme:
l ? A parte l'osservanza delle disposizioni prescritte negli statuti, tutti gli atti ecce-
denti i limiti e le modalità dell'amministrazione ordinaria, devono ottenere la previa
autorizzazione scritta dell'Ordinario. Senza tale autorizzazione, l'atto è invalido, né per
sé, come appare dal contesto, può essere sanato dal Superiore.
Probabilmente, la forma scritta non è disposta "ad validitatern".
2 0 Gli atti eccedenti i limiti e le modalità dell'amministrazione ordinaria devono
essere definiti negli statuti dell'ente. Gli statuti, a norma del can. 114, § 3. devono essere
approvati dalla competente autorità.
L 'ammi nistrazione dci beni ec c lesiastici 547

§ 2. In statutis definiantur actus § 2. Neg li statuti, si de finiscano gli atti


qui finem et modum ordìnariae ecceden ti i limiti e le modalità dell ' ammi-
administrationis excedunt; si vero nistrazione ordi naria; ma se gli statuti non
de hac re sileant statuta, competit prescrivono null a a tal riguardo, spe tta al
Episcopo dioecesano, audito con- Ve scovo dioc esano , udito il con siglio per
silio a rebus oeconomicis, huius- gli affari economi ci, determin are tali atti
modi actus pro personis sibi su- per le perso ne a lui soggette.
biectis determinare.
§ 3. Nisi quando et quatenus in § 3. La persona giuridica non è tenuta a
rem suam versum sit, persona rispond ere degli atti posti invalid ament e
iuridica non tenetur respondere dagli amministratori, se non quand o c nella
de actibus ab administratoribus mi sura in cui ess i siano tornati a suo van-
invalide positis; de actibus autem tagg io ; degli atti, invec e, pos ti ille gittima-
ab administratoribus iIIegitime mente ma validament e dag li ammini stra-
sed valide positis respondebitipsa tori , rispo nde rà la stessa perso na giuridi-
persona iuridica,salvaciusactionc ca , sa lva la sua azione o il suo ricorso
seu recursu adversus administra- contro gli ammini str atori che le abbiano
tores qui damna eidem intulerint. arrecato dan ni.
CAN . 1282 - Omnes, sive clerici Tutti coloro, sia chierici che laici, i qua-
sive laici, qui legitimo titulo partes li hanno part e a titolo legittimo nell 'am-
habent in administratione bono- ministrazione dei beni ecc les iastici, so n
rum ecclesiasticorum, munera sua tenu ti ad ade mpiere i loro co mpit i in
adimplere tenentur nomine Ec- nom e dell a Chiesa, a norma del diri tto.
c1esiae, ad normam iuri s.

3° Se negli statuti no n è sta bil ito quali sia no gli atti di amministrazione stra or di-
naria, la loro determina zio ne per le persone giur idiche soggette al Vescovo di ocesano,
spe tta al Vesco vo stesso, udito il parere dci Con sigli o per gli affari econo m ici. Ovvia-
me nte. eg li te rrà a nche co nto delle norm e emanate dall a Co nferenza Epi scop ale, d i c ui
al ca n. 1277.

4) La responsabilità della persona giuridica 4683


1281, § 3 (/527, § 2*) La persona giuridica agisce, in materia economica, per
mezzo dei suoi am ministratori. Gli atti rel ativi possono essere inva lid i o an ch e va lidi ,
ma illegitti mi .
l " Se g li atti son o invalidi, la persona gi ur idica non è tenuta a risponderne, se non
quando e nell a mis ura in cui nc abbia tra tto va ntaggio.
2° Se g li att i so no validi ma illegittimi, la person a gi uridica è te nuta a rispon de rne,
sa lva la sua az ione o il suo ricorso co ntro l' a mm inistrat ore, per il risarcim ent o dei danni,
conforme al can . 12g. Il ricorso è di caratte re amministrativo (Communicationes. a.
1980 , p. 4 17, ca n. 25 , ultim o c pv .), l'a zione è g iudizia ria , e vie ne trattata a nor ma dei
can n, 1729 - 173 1.
Il canone non cons idera gli atti posti validamente e legittimamente, poiché la responsabilità
della person a giuridica è in tal caso fuori dubbio .

7. Compiti e doveri degli amministratori di beni ecclesia stici 4684


I ) In nome della Chiesa e a norma del diritto
1282 (/52 /, § 2 *) Le person e gi urid iche pubblich e opera no " no mine Ecclcsiac"
548 LIBRO V - I beni temporali della Chiesa

CAN. 1283 • Antequam adrnini- Prima che gli amministratori inizino il


stratores suum munus ineant: loro incarico:
l° debent se bene et fideliter 1° devono promettere con giuramento
administraturos coram Ordina- davanti all'Ordinario o a un suo delegato,
rio vel eius delegato iureiurando che terranno l'amministrazione con dili-
spondere; genza e fedeltà;
2° accuratum ac distinctum in- 2° sia redatto un accurato e dettagliato
ventarium, ab ipsis subscriben- inventario, che essi devono sottoscrivere,
dum, rerum immobilium, rerum dei beni immobili e dei beni mobili, sia
mobilium sive pretiosarum sive preziosi sia appartenenti comunque al pa-
utcumque ad bona culturalia per- trimonio culturale, come di tutti gli altri
tinentium aliarumve cum descrip- beni, con la loro descrizione e stima; dopo
tione atque aestimatione earun- la sua compilazione, l'inventario va atten-
dem redigatur, redactumque reco- tamente riveduto;
gnoscatur;
3° huius inventarii alterum 3° di tale inventario, una copia sia con-
exemplar conservetur in tabulario servata nell' archi vio dell' amministrazio-
administrationis, alterum in aro ne, un'altra nell'archivio della curia; in
chivo curiae; et in utroque quae- entrambe le copie si annoti poi qualunque
libet immutatio adnotetur, quam v~riazione che venisse a subire il patrimo-
patrimonium subire contingat. mo,

(can. 116 § l), cd è questo l'elemento che le caratterizza, distinguendole dalle persone
giuridiche private. Di conseguenza, tutti coloro, sia chierici che laici, i quali hanno parte
nell'amministrazione dei loro beni (beni ecclesiastici), san tenuti ad adempiere i loro
compiti in nome della Chiesa, ossia nel suo spirito, in conformità con la sua natura e
la sua missione, e nell'osservanza delle norme prescritte (ad normam iuris). Tale prin-
cipio vale non solo per gli amministratori propriamente detti, ma anche per i membri
degli organismi di assistenza e di vigilanza, sia che agiscano collegialmente, sia indivi-
dualmente: omnes qui partes habent.
Contro coloro che non adempissero il loro dovere a norma del diritto e degli statuti
o commettessero abusi, l'autorità a cui compete il diritto di vigilanza può assumere i
provvedimenti necessari (v. ad esempio il can. 1741, n. 5, relativamente al parroco).

4685 2) Giuramento e inventario dettagliato


1283 (1522 *) Il canone, sostanzialmente identico a quello del Codice anteriore
detta una duplice disposizione, da osservarsi prima che gli amministratori assumano il
loro incarico.
I ° Gli amministratori devono anzitutto impegnarsi con giuramento che terranno
l'amministrazione con cura e fedeltà (bene et fideliter). Il giuramento va prestato
davanti all'Ordinario o a un suo delegato. Non è richiesta "ex iure cornmuni" alcuna
cauzione, com'era stato proposto da più parti. Fu ritenuto sufficiente il disposto del
can. 1281, § 3 (Communicationes, a. 1980, p. 418, can. 27).
4686 2° Dev'essere redatto un accurato e dettagliato inventario di tutti i beni appartenen-
ti alla persona giuridica: beni immobili e mobili, cose preziose, beni culturali, diritti reali
e personali, ecc., con le seguenti particolari modalità :
- L'inventario va regolarmente sottoscritto
- Deve contenere la descrizione e la stima d'ogni singolo bene
- Va controllato attentamente dopo la sua compilazione
L'amministrazione dci beni ecclesiastici 549

CAN. 1284 • § 1. Omnes admini- § 1. Tutti gli amministratori son tenuti


stratores diligentia boni patrisfami- ad adempiere il loro ufficio con la diligen-
lias suum munus implere tenentur, za di un buon padre di famiglia.
§ 2. Exinde debent: § 2. Devono pertanto:
1° vigilare ne bona suae curae I ° vigilare perché i beni affidati alla loro
concredita quoquo modo pereant responsabilità non vadano perduti né subi-
aut detrimentum capiant, initis in scano danni in alcun modo, stipulando a
hunc finem, quatenus opus sit, con- tal fine, se necessario, contratti di assicu-
tractibus assecurationis; razione;
2° curare ut proprietas bono- 2° provvedere che la proprietà dei beni
rum ecclesiasticorum modis civi- ecclesiastici sia assicurata in modi civil-
liter validis in tuto ponatur; mente validi;
3° praescripta servare iuris tam 3° osservare le norme del diritto sia
canonici quam civilis, aut quae a canonico sia civile, e le disposizioni stabi-
fundatore veldonatore vellegitima lite dal fondatore o dal donatore o dalla
auctoritate imposita sint, ac prae- legittima autorità, e soprattutto badare che
sertim cavere ne ex legum civilium dalla inosservanza delle leggi civili non
inobservantia damnum Ecclesiae derivi danno alla Chiesa;
obveniat;
4° reditus bonorum ac proven- 4 ° esigere accuratamente e a tempo de-
tus accurate et iusto tempore bito i redditi dei beni e i proventi, conser-
exigere exactosque tuto servare et varli in modo sicuro dopo la loro riscos-
secundum fundatoris mentem aut sione, e impiegarli secondo le intenzioni
legitimas normas impendere; del fondatore o le legittime norme;
5° foenus vel mutui vel hypothe- 5° versare puntualmente gl'interessi do-
cae causa solvendum, statuto tem- vuti per mutuo o per ipoteca, e curare op-
pore solvcre, ipsamque debiti sum- portunamente la restituzione dello stesso
mamcapitalcm opportune redden- capitale;
dam curare;
6° pecuniam, quae de expensis 6° impiegare, con il consenso dell'Ordi-
supersit et utiliter collocari possit, nario, per i fini propri della persona giuri-
de consensu Ordinarii in fines dica il danaro che avanzi dalle spese e che
personae iuridicae occupare; possa essere collocato utilmente;

- Va fatto in duplice originale, di cui uno sarà conservato nell'archivio dell'am-


ministrazione dell'ente, e l'altro nell'archivio della Curia
- Entrambi gli originali devono essere opportunamente aggiornati, annotando in
essi tempestivamente qualunque modificazione che il patrimonio dell'ente venisse a
subire.

3) La debita diligenza e principali doveri conseguenti 4687


1284 (1523*) È riprodotto sostanzialmente, con qualche integrazione tecnica. il
disposto del can. 1523 del Codice precedente.
La norma contenuta nel § I ha valore di premessa: tutti gli amministratori di beni
ecclesiastici hanno l'obbligo morale e giuridico di assolvere il loro incarico con la
diligenza di un buon padre di famiglia. E una formula tradizionale che intende mettere
in rilievo l'impegno, l'accuratezza, il senso di responsabilità e di prudenza. la rettitudi-
ne, la fedeltà. che deve distinguere l'amministrazione ecclesiastica, da cui deve esulare
ogni forma di speculazione.
550 LIBRO V ~ I beni temporali della Chiesa

7° accepti et expensi libros bene 7° tenere ben in ordine i libri delle en-
ordinatos habere; trate e delle uscite;
8°rationem administrationis sin- 8° compilare al termine di ogni anno il
gulis exeuntibus annis componere; rendiconto dell' amministrazione;
9° documenta et instrumenta, 9° ordinare debitamente i documenti e
quibus Ecclesiae aut instituti iura gli strumenti sui quali si fondano i diritti
in bona nituntur, rite ordinare et patrirnoniali della Chiesa o dell' istituto, e
in archivo convenienti et apto cu- conservarli in un archivio conveniente e
stodire; authentica vero eorum adatto; depositare poi copia autentica dei
exemplaria, ubi commode fieri medesimi nell'archivio della curia, se ciò
potest, in archivo curiae deponere. si possa fare senza difficoltà.
§ 3. Provisiones accepti etexpen- § 3. Si raccomanda vivamente agli am-
si,utab administratoribus quotan- ministratori di redigere ogni anno il bilan-
nis componantur, enixe commen- cio preventivo delle entrate e delle uscite;
datur; iuri autem particulari relin- si lascia al diritto particolare di renderlo
quitur eas praecipere et pressius obbligatorio e di determinarne dettagliata-
determinare modos quibus exhi- mente le modalità di presentazione.
bendae sint.
CAN. 1285 - Intra limites dumta- È consentito agli amministratori, entro i
xat ordinariae administrationis fas soli limiti dell'amministrazione ordinaria,
estadministratoribus de bonis mo- fare donazioni a scopi di pietà o di carità
bilibus, quae ad patrimonium sta- cristiana dai beni mobili, che non fanno
bile non pertinent, donationes ad parte del patrimonio stabile.
fines pietatis aut christianae cari-
tatis facere.

4688 1284, § 2 Segue nel secondo paragrafo un elenco dettagliato dei principali obbli-
ghi degli amministratori:
l " Vigilanza sulla conservazione dei beni amministrati, anche mediante contratti di
assicurazione, se necessario (quatenus opus sit),
0
2 Tutela della proprietà patrimoni ale, in forme civilmente valide.
30 Osservanza delle norme prescritte dal diritto canonico c civile, c delle disposi-
zioni stabilite dal fondatore o donatore o dalla legittima autorità.
0
4 Riscossione tempestiva dei redditi, debita conservazione, impiego secondo la
volontà del fondatore o donatore o le prescrizioni delle legittime norme.
50 Puntuale osservanza delle scadenze di eventuali obbligazioni contratte per
mutuo o ipoteca.
6 Collocazione oculata delle somme attive con il consenso dell'Ordinario, impie-
0

go per i fini dell'ente.


0
7 Regolare tenuta dei registri di contabilità.
0
8 Compilazione e presentazione del bilancio consuntivo annuale.
9 0 Accurata catalogazione e custodia di tutti i documenti e strumenti relativi ai
beni dell'ente, rimettendo, possibilmente, copia autentica dei medesimi alla Curia
diocesana.
4689 1284, § 3 "terzo paragrafo riguarda la compilazione del bilancio preventivo annuo
delle entrate e delle uscite. " Codice si limita a l'accomandarlo vivamente (enixc
commendatur), lasciando al diritto particolare la facoltà di renderlo obbligatorio e di
determinarne dettagliatamente le modalità.
L'urnrninisuuvioac dci beni cccìcslnstic i 551

CAN. 1286 oAdministratores bo- Gli amministratori dei beni:


norum:
I ? in operarum locatione leges 10 osservino accuratamente nei contralt i
etiam civiles, quae ad laborem et di lavoro anche le leggi civil i riguarda nti
vitam sociaJem attincnt, adamus- il lavoro e la vita soc iale, seco ndo i prin-
sim servent, iuxta principia ab Eco cipi insegnati da lla Ch iesa;
e1esia tradita;
20 iis, qui operam ex condicto 2 0 corrispondano ai lavoratori dipendenti
praestant, iustam et honestam una giusta e dignitosa retribu zione , in
mcrcedem tribuant, ita ut iidem modo che possano provvedere convenien-
suis et suorum necessitatibus con- temente alle necessità proprie e dei loro
venienter providerc valeant. familiari.

4 ) Donazioni a scopo di pietà o di carità 4690


1285 (1535 *) Uno dei fini pro pri dell a C hiesa, perseguiti a nc he da lle perso ne
giuridic he , so no le o pere d i pietà e di car ità (ea nn. 114 , § 2; 1254 , § I). È pert anto
co nsentito agli am ministratori di ben i ecclesias tici - disp one l'att uale canone, evi -
tand o il tono alqua nto paternalistico del rispondente can. 1535 del Cod ice preceden te
(Communicationes, a . 1973, p. 99, n. 27) - far e don azioni a tali sco pi, ma a un a
d uplice co ndizione:
- C he ciò avvenga entro i limiti dell' ammini strazione ordinari a
- Che non si tratti di be ni immobi li o d i ben i mobili facenti part e del patrimonio
sta bile de ll' ente.
Per le dette don azio ni, l' amministratore non ha bisog no "ex iure cornrnuni' di
alcuna auto rizzazione .

5) Obblighi di carattere sociale 4691


1286 (1524 *) Tali obblig hi sono già imposti da lla legge civ ile de llo Stato , ma la
Chiesa intende impor li anche can on icamente, ric hiam ando la prop ria dottrina sociale
(iu xta principia ab Ecc lesia tradit a), che sotto più aspetti è più esigente di quella civile' ,
La promozione della giustizia sociale è un ob bli go d i ogni uomo e in particolare
d' ogni cri stiano cattolico , co me ricorda il ca n. 222 , § 2. Relativam ente agli amm inistr a-
tori di be ni ecclesiastici, la Chiesa dispone in co ncreto:
- C he si osse rvi no accu ratament e nei contratti di lavoro le norme emanate da llo
Stato in tale mate ria. integr and ole co n i principi dell a dott rina sociale catto lica e anim an-
do le del suo spirito .
- C he si co rrisponda ai lavoratori dipendent i una gi usta e dign itosa retrib uzio ne,
seco ndo le esigenze delle necessità proprie e dei fami liari (cfr. an che ca n. 23 1. § 2).

6) Il rendiconto all 'Ordinario del luogo e la debita informazione ai fe deli 4692


1287, § l (1525 *) L'Ordinari o de l luogo ha il di ritto di vigil an za su tutti i ben i
eccle sias tici dell e perso ne giuridich e pubbliche sogge tte alla su a autorità (can. 127 6,

1 Cfr. l' Enc. Laborem exe rcens di Giovanni Paolo Il. 14 settembre 1981. in particolare la IV
parte : Diritti degli uomini del lavoro (nn. 16-23). Cfr. L. C IIIAPPF.1TA, 1/ lavoro ali/a no nell'Enc.
"Laborem exercens" di Giovanni Paolo Il, Ed. Dehoniane, Napoli 1982. pp. 189-224.
552 Ll HRO V - J be ni temporalidella Cbìcsu

CAN. 1287· § 1. Reprobata con- § l . Ripro vata la co nsuetudine co ntra-


traria consuetudine, adrninistrato- ria, gli amm inistratori sia chieric i c he
rcs tam c1ericiquam laici quorum- laici di qualsiasi bene ecclesias tico, che
visbonorum ecc1esiasticorum,quae non sia legittimamente ese nte dall a giuri-
ab Episcopi dioecesani potestate sdi zione del Vescovo diocesano, hanno
regiminis non sint legitime sub- l'obbligo di presentare il rendicont o ogni
ducta, singulis annis officio tenen- anno all' Ordinario del luogo, che lo farà
tur rationcs Ordinario loci exhi- esami na re dal co ns iglio per gli affari
bendi, qui eas consilio a rebus oeco- eco nomici.
nomicis examinandas committat.
§ 2. De bonis, quae a fidelibus § 2, Dei ben i offerti dai fedel i alla Chie-
Ecc1esiae ofTeruntur, adrninistrato- sa, gli amm inistratori rendano co nto ai
res rationes fidelibus reddant iuxta fedeli stessi, secondo le norme da stabilir-
normas iure particulari statuendas. si dal diritto particolare.

§ l ). Ai fin i d i un effettivo eserc izio d i qu esta vig ilanza, il canone pre scr ive che g li
am mi nistratori, c hierici e lai c i, d i qu a ls iasi ben e ecclesiastico, che non siano leg itti -
mam ente esenti dall a gi urisdizione del Vescovo diocesano (co me, ad ese m pio , g l' Isti-
tuti d i di ritto po ntificio, a no rm a dei cann . 59 1, 593 , 732), presentin o annu almente il
re nd ic onto de lla propri a gestio ne (can. 1284, § 2, n. 8) all' Ordinario del luogo, che
lo far à esamin are c oll eg ialmente da l Consigli o diocesan o per gli affari econ omici ].
La norm a è assolutamente precett iva, per cui vie ne escl usa e riprovata og ni cousue-
tudine contraria, co n le consegue nze gi uridiche d ispos te ncl ca n. 5, § I. Re stan o per a ltro
in vigo re i privilegi eve ntualme nte concessi dalla Sede Aposto lica (cann. 4 c 78, § I).
4693 Il Codice tratta in particolare, in altri canoni, dell'obbligo del rendiconto da parte delle asso-
ciazioni pubbliche. degli amministratori degl' Istituti religiosi, dci monasteri "sui iuris", delle case
religiose di diritto diocesano, dell'amministrazione parrocchiale, degli esecutori di pie volontà.
l " Le associazioni pubbliche devono rendere conto annualmente della loro amministrazione
all' Autorit à ecclesiastica competente: la Santa Sede, la Conferenza Episcopale, il Vescovo dioce-
sano, secondo che si tratti di associazioni di carattere universale o internazionale, di carattere
nazionale, di carattere diocesano (cann. 3 12, § l ; 319, § I). Alla medesima autorità, si deve anche
presentare il rendiconto dell'i mpiego delle offerte e delle elemosine raccolte (can. 3 19. § 2).
2° Gli economi e gli amministratori degl' Istitutl religiosi devono presentare il proprio rendi-
conto all'a utorità competente. «nel tempo e nel modo stabilito dal diritto proprio - (cari, 636, § 2).
3° I monasteri "s ui iuris" e le case religiose di diritto diocesano presentano il rendiconto
all'O rdinario del luogo (can. 637).
4° L' amministratore parrocchiale, al nuovo parroco titolare della parrocchia (can. 540, § 3).
5° Gli esecut or i di "pie volont à" . all'Ordinario, dopo l'asso lvimento dell' incarico (can.
1301. § 2)'.
4694 1287, § 2 L'ammi nis trazione dci beni ecclesiastici deve av ere a nc he la sua " tra spa-

J G li amministratori di beni ecclesiastici appartenenti a soggetti esenti dalla giurisdizione del

Vescovo diocesano, presenteranno il rendiconto annuale all' autori tà da cui dipendono: cfr. cann.
319 e 636.
, Le persone giur idiche l' rivale amministrano liberamente i propri beni. a norma degli statuti
(can. 1257, cfr. anche can. 325), per cui non sono per sé obbligate a rendere eonto della loro
amministrazione. Senza dubbio sono anch'esse soggette alla vigilanza della competente autorità
ecclesiastica, che ha il diritto e il dovere di assicurarsi che i beni vengano impiegati effettivamente
per i fini previsti (can. 325), ma questo non comporta necessariamente l'obbligo del rendiconto.
L' amminis trazione dci hcni ecc lesiastic i 553

CAN. 1288· Administratores litem G li ammi nistratori non intcntino lit i d i-


nomine personae iuridicae publi - na nzi a i tri bu na li civili a nome d i una
cae ne inchoent neve contestentur persona gi ur id ica p u bb lica né le contesti-
in for o civili, nisi licentiam scripto no , senza aver o tte nuto la licenza scritta
datam Ordinarii proprii obtinue- dal pro prio Ordi nario.
rint,
CAN. 1289 - Qu am vis ad admini- Gli ammi nistrato ri non possono abba n-
strationem non teneantur titulo donare d i proprio arbitrio l' in carico as -
officii ecclesiastici, administrato- sunto, a nc he se no n vi siano te nuti a tito lo
res munus susceptum arbitratu di un uffic io ecclesiastico ; se dalle arbi -
suo dimittere nequ eunt; quod si trarie dimissioni dovesse derivare un dan-
ex arbitraria dimissione damnum no a lla Chiesa, sono o bbligati a l risarci-
Ecclesiae obveniat, ad restitutio- mento .
nem tenentur,

renza" , speci alm ente circa le offerte fatte dai fedeli. Questo contribuirà a far cadere non
pochi pregi udizi sulle pretese ricchezze della Chiesa e incoraggerà i fedeli a sosten ere
eco nomicamente le attività di culto e le opere di apos tolato e di carità. Si stabilisce ,
perta nto, che gli amministratori diano conto anche ai fedeli dell'impiego fatto delle loro
offerte ", osservando le modalità stabilite dal diritto partico lare . Ovviamente, più che un
rendiconto formale, si tratta di una informazione che può essere dala anche in chiesa,
ora lmente.

7 ) Le vertenze dinanzi ai tribunali civili 4695


1288 (1526 *) Comportano sempre spese notevo li e rischi; possono essere anche
causa di scandalo. Opportunamente la legge prescrive che per tali vertenze, sia in ves te
di attore che di convenuto, occorre per gli amministratori di beni eccl esiastici l'espressa
licenz a scritta del proprio Ordinario".
Il canone parla solo di foro ossia di tribunale giudiziario civile. Se, perta nto, la
verten za viene tratt ata in un tribu nale ecclesi astico o anche dinanzi agli organ i puramen-
te ammi nistrativi de llo Stato, non si richiede "ex iure communi" alcuna licenza, sebb ene
sia pruden te e anche doveroso, da un punto di vista di correttezza . inf o rmare
preventivamente l'Ordinario.

8) L'abbandono dell'incarico assunto 4696


1289 (1528 *) L' incarico di ammin istratore può cessa re in più modi: per la scaden-
za dei termini del manda to, per rinunzi a, revoca legittim a da parte dell' autorità cornpe-
tente, privazione penale, cessazione dall'uftìcio che riguardi anche l' ammini strazion e
economica , ecc. Il canone, tuttavia , considera il easo di un abbandono arbitrario. ossia
ingiustificato (arb itratu suo), dell ' incarico assun to, per ammo nire che un tale abbandono

, Nello sc hema esa minato il 13 novembre 1979 dal Gruppo di Studio "De bonis Ecclesiae
tcmp oralibus" era contenuta la clausola "ni si iusta causa aliud suadeat" (Commun tcutiones . a. 1980.
p. 42 0, can . 3 1, § 2 ). Tale clauso la fu success ivamente soppre ssa tCommunicationes , a. 1984. p.
34, ca n. 1238. § 2l e il rendimento ai fedeli ha carattere obbli gatorio in ogn i caso.
(, Per gl' Istituti religiosi e le Societ à di vita apostolica cleri cali e di diritto pontificio, l' Ordì-
nario di cui parla il canone è il S uperior e maggiore dete rminato dal diritto proprio (can. 134. § Il.
Tratt andosi di altri Istituti e Società, occ orre la licenza dell'Ordinario del luogo.
554 LIBROV - I beni temporali della Chiesa

non è consentito. Ricorda inoltre che, se da esso sia derivato un danno alla Chiesa
(Chiesa, nel senso ampio del can. 1258), si è obbligati giuridicamente, oltre che moral-
mente, al debito risarcimento.

4697 8. L'amministrazione dei beni ecclesiastici secondo le nuove norme


concordatarie
Principali disposizioni:
- L'amministrazione dei beni appartenenti agli enti ecclesiastici è soggetta ai controlli pre-
visti dal diritto canonico. Gli acquisti di questi enti sono però soggetti ai controlli previsti dalle
leggi italiane per gli acquisti delle persone giuridiche (Accordo del 18 febbraio 1984, art. 7, n. 5).
- La Repubblica Italiana assicura che resterà escluso l'obbligo per gli enti ecclesiastici di
procedere alla conversione di beni immobili, salvo accordi presi di volta in volta tra le competenti
autorità governative ed ecclesiastiche, qualora ricorrano particolari ragioni (Protocollo addizionale,
18 febbraio 1984, n. 3, a).
- Circa la vita patrimoniale c l'amministrazione dei beni degli enti ecclesiastici, si tratta
di dare attuazione agl'impegni concordatari che sono sufficientemente precisi ed esaurienti. In
particolare, si è confermato che l'amministrazione degli enti si svolgerà senza ingerenza da
parte delle autorità statali, ma che gli acquisti dei beni immobili a titolo oneroso e l'accetta-
zione di atti attributivi a titolo gratuito saranno soggetti ad autorizzazione secondo quanto
previsto per le altre persone giuridiche dal diritto comune. In tal modo si manterrà un corretto
equilibrio tra l'autonomia che spetta all 'ente e il rispetto di norme poste a salvaguardia di
esigenze civilistieamente rilevanti (Relazione della Commissione paritetiea per gli enti eccle-
siastici, 6 luglio 1984, parte l, n. 6, l? comma).
- Il IO gennaio 1987 (inizio del periodo transitorio) verranno meno i controlli statali
previsti dalla legislazione concordataria lateranense per gli atti di straordinaria amministrazione
dei benefici ecclesiastici.
Nel periodo transitorio, l'alienazione dei beni da parte dci benefici non potrà, per altro,
aver luogo senza l'autorizzazione dell' Istituto per il sostentamento del Clero o, qualora questo
non sia stato costituito, dal Vescovo diocesano .
Nel nuovo sistema, ispirato al principio dell'autonoma responsabilità nell'esercizio delle
rispettive competenze, si avverte l'esigenza di rendere ancora più penetrante il sistema dei
controlli canonici.
A tal fine, per gli atti di straordinaria amministrazione gli Istituti per il sostentamento del
Clero dovranno ottenere l'autorizzazione del Vescovo diocesano o della stessa Santa Sede, a se-
conda della rilevanza patrimoniale. Nei casi di maggiore importanza - da determinarsi
opportunamente - la Santa Sede concederà l'autorizzazione solo dopo aver acquisito il parere
della Conferenza Episcopale Italiana.
Per consentire di mantenere o acquistare ad una destinazione pubblica immobili di rilevante
consistenza e valore, che gl'Istituti per il sostentamento del Clero intendano porre in vendita, si
prevederà una disciplina che privilegi l'acquisto da parte di determinati enti pubblici, a meno che
il trasferimento non avvenga tra enti ecclesiastici (Relazione cit., parte III, n. 2).
4698 Dalle Norme esecutive emanate in data 3 giugno 1985 circa gli enti e i beni ecclesiastici in
Italia:
- Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti possono svolgere attività diverse da quelle di
religione o di culto, alle condizioni previste dall'articolo 7, n. 3, secondo comma, dell' Accordo del
18 febbraio 1984 (art. 15).
-- Agli effetti delle leggi civili si considerano comunque:
a) attività di religione o di culto quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime,
alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana;
b) attività diverse da quelle di religione o di culto quelle di assistenza e beneficenza, istru-
zione, educazione e cultura, e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo di lucro (art, 16).
- Per gli acquisti degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, si applicano le disposizioni
delle leggi relative alle persone giuridiche (art. 17).
L'amministrazione dei beni ccclcsiustici 555

- Lo Stato continua ad esercitare tino al 31 dicembre 1986 la tutela per gli atti eccedenti
"ordinaria amministrazione dei benefici ecclesiastici.
Dal l° gennaio 1987 e fino al dicembre 1989, i benefici eventualmente ancora esistenti non
possono effettuare alienazioni di beni e altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione senza i
provvedimenti canonici di autorizzazione. l contralti di vendita devono contenere gli estremi di tale
autorizzazione, che determina anche le modalità di reimpiego delle somme ricavate (art. n. 52).

9. Il Decreto Generale della CEI 4699


Riportiamo dali' Istruzione amministrativa emanata dalla Conferenza Episcopale
Italiana il I" aprile 1992 i nn. 18-20.

l) Le facoltà del Vescovo diocesano nell'amministrazione dei beni eccle- 4700


siastici
- «L'ambito della potestà esecutiva dcI Vescovo diocesano in materia di ammi-
nistrazione dei beni ecclesiastici è assai vasto e comprende: la facoltà di regolamenta-
zione, la vigilanza sull'amministrazione dei beni delle persone giuridiche sottoposte alla
sua giurisdizione, la presidenza del Consiglio diocesano per gli affari economici e del
Collegio dei consultori.
Alcune delle predette facoltà sono riservate dal Codice di Diritto Canonico esclu-
sivamente al Vescovo diocesano e devono essere esercitate da lui personalmente, a
meno che egli le affidi, almeno in parte, "de speciali mandato", al vicario generale o al
vicario episcopale per gli affari economici (cfr. can. 134, § 3); altre facoltà sono invece
attribuite dal Codice di Diritto Canonico all'Ordinario del luogo e sono quindi
esercitabili, oltre che dal Vescovo diocesano, anche dal vicario generale e dal vicario
episcopale per gli affari economici (con potestà esecutiva ordinaria) o da un suo dele-
gato (con potestà esecutiva delegata).
La scelta concreta dipenderà dalle dimensioni della diocesi e dalla peculiare strut-
tura della curia diocesana. Non sembra conveniente costituire la figura del delegato se
non in via temporanea» (n. 18).

2) La necessaria regolamentazione 4701


- «L'ampia applicazione del principio di sussidiari età da parte del legislatore
canonico crea l'esigenza di colmare gli spazi concessi dal Codice di Diritto Canonico
alla peculiare disciplina delle Chiese particolari.
L'Ordinario diocesano, perciò, secondo l'opportunità emani istruzioni (cfr. cann.
34, 1276, § 2) per chiarire e precisare i modi e i tempi di attuazione delle leggi in
materia di beni ecclesiastici, nello spirito ed entro i limiti del diritto universale (Santa
Sede), particolare (Conferenza Episcopale Italiana, Assemblea dei Vescovi della Provin-
cia, leggi diocesane), concordatario e di derivazione pattizia, con effetto per tutte le
persone giuridiche a lui soggette» (n. 19).

3) La tutela e la vigilanza 4702


- «Spetta all'Ordinario il potere-dovere di esercitare la tutela sull'amministrazio-
ne dei beni appartenenti alle persone giuridiche pubbliche a lui soggette (cfr. can. 1276,
§ 1) e di vigilare sulle persone giuridiche canoniche nei limiti stabiliti dal diritto (cfr.
can. 392, § 2, 325, § I).
La necessità del superiore controllo è determinata dana natura stessa dei beni cc-
clesiastici e dal loro carattere pubblico e perciò non deve essere concepita come limi-
tazione dell'autonomia degli enti, ma come garanzia dei medesimi, anche in relazione
a eventuali conflitti di interesse tra l'ente e chi agisce a suo nome.
556 LIB RO V - I be ni temporali del la Chie sa

Tale dovere di vigilan za co mprende alcuni compiti che co mporta no l'esercizio dell a
pote stà esecu tiva (ad ese mpio, licenz a per g li atti di straor dinaria amministrazio ne) e
altri compit i che non comportano tale pote stà (ad esemp io, esame dei bilanci, ispe zioni
amministrative, consulenza tecnic a e giuridica) .
Il Vescovo affida ahitualmente ad altri questi ultimi : in co ncreto, o a ffida ta l co m-
piti all'eco nomo (cfr. can. 1278) ovvero , qualora non ritenga opportuno riunire in un
so lo ufficio i compiti di amministrazione de i heni dell'ente diocesi e di vigila nza sugli
altri enti . ad altro officiale della curia (denominato correntem ente direttore dell'ufficio
amministrati vo diocesano).
Si tenga presente che all' Or dinario del luogo compete anche l' esercizio della vigi-
lanza sull'attività amm inistrati va dell e assoc iazio ni private di fedeli, ai se nsi c nei limit i
de i cann. 305 e 335» (n. 20).

4703 I CO NTRA TTI (cann . 1290- 1298)


Schema
I. Norma ge nerale sui contratti 3. Ulte riori norme e formalità
2. L' alienazione: la debita licenza 4. La locazione dci bcni eccles iastici

Il titol o III disciplina i contratti in ge nere e l'alienazione in par ticol are. Ai


contratt i in genere è dedi cato il can. 1290 ; all'alienazione gli altri can oni , ad ecce-
zione de l ca n. 1297. riservato alle locazi oni . Il ca n. 1298 tratta della loc azione e de lla
vendita in un caso pa rtico lare.
Il co ntra tto, diretto a cos titui re un rapp orto obbligator io su un dete rminato og-
getto (duorum vel plurium in idem placitum con sen sus), rien tra com c tale nell a ca -
tegori a dci negoz i giuridici . Esso è la fonte più important e dell e obbligazio ni. Il suo
elemento tipico è il con senso , ossia l'incon tro di due o più volo ntà, c he ovviame nte
suppone la ca paci tà dei co ntraent i: di quell a naturale e di que lla disposta d all a legge '.

I Principali divisioni. l co ntratt i possono esse re classificati in vari modi. secondo le loro

caratteristiche strutturali c funzionali. Si di stin gu ono in parti colare:


IO Contraili unilaterali e bilaterali: il contratto unilat erale de termina l' obbli gazione di
una so la dell e parti: pe r ese mpio il mutu o, il deposit o. la don azione ; qu ell o bi latcralc o
sinallag mat ico. in e ntra mbe le part i: la co mpravendita. la locazione, ecc.
2° Contratti consensuali e reti/i: il co ntratto co nsensuale si per fezion a gi uridica mente al
momento stesso dell' accordo; quell o reale, invece, co nseg ue la sua com pletezza giuridica
medi ant e l'effe tti va con segn a de lla cosa (trad itio rei ). In ge nere i co ntra tti civ il i so no
co nsensuali, so no contratti reali il mutuo, il comodato, il deposito. Il contra tto matrimoni ale
co nse nsuale, poiché è fonda to esclusiva mente sul conse nso delle parti.
3° ti tito gra tuito e oneroso : ncl prim o, solo uno dei co ntraenti procura un vantaggio
all'a ltro , se nza riceve re alcun co rris pettivo (per es. una do naz ione) ; nel secondo , ciascuno de i
co ntraenti riceve dall'altro un co rrisp ettivo per sé o a favo re di un terzo (per es . Li lla ve nd ita).
4 0 A tito obbligatorio e rea/e: dal primo sorge solo una ob bligazione (per es. la loca-
zione, il de posito); dal secondo sorge anche il trasferi mento o la nascita di Ull diritto rea le (per
es. la compravendita).
So Contraili costitu tivi. modificativi ed esti ntivi: nel primo, si dà luogo a un rap por to
giuridico c he prima non esis teva (per es. un co ntralto di ass icuraz ione); ncl seco ndo , si mut a
un ra pporto gi uridic o prees istente (per es . un acco llo a term ini del Cod ice Civile Italiano, a rt.
127 3); nel terzo. il co ntra tto preesistente viene del tutt o el iminato (per es . la compe nsazione
a norma de ll'art. 1241 ).
I contratti 557

Titolo III
I contratti e in particolare l'alienazione
CAN. 1290 • Quae ius civile in Le nonne stabilite in ciascun territorio
territorio statuit de contractibus dal diritto civile, relativamente sia ai con-
tam in genere, quam in specie et tratti in genere che ai co ntraili in specie,
de solutionibus, eadem iure cano- com e pure ai pagamenti, siano anche os-
nico quoad res potestati regiminis servate in forza del diritto canoni co circa
Ecclesiae subiectas iisdem cum i beni soggetti alla potestà di governo del-
effectibusserventur, nisi iuri divi- la Chiesa e con gli stessi effe tti, trann e
no contraria sint aut aliud iure che siano contrarie al diritto divino o che
canonico caveatur, et firmo prae- il diritto can onic o pres cr iva diversam ente,
scripto can. 1547. e renna restando il dispo sto del can . 1547 .

1. Norma generale sui contratti 4704


1290 (/5 29 *) Confermando qu asi testualmente il pr incipi o co nte nuto nel ca n. 1529
de l Codice preceden te, il Codice attuale " cano nizza" o ssia recepisce nell a propria no r-
mati va le d isp os izion i ci vili di ciasc un pae se in materi a sia di contratti in genere (re-
lativamente all' oggetto. alle formalità, alle clau sol e e condizio ni. ecc.) , che di contratti
iII specie' , co me pure in ma teri a di pagamenti , pre scri vendo che ess e siano osserva te
anche in for za del d iritto c anoni co e con g li stes si e ffe tti (ci rca gli o bblig hi giu rid ici , le
az io ni giudiziarie, la validità o l' invalidità degli att i, ccc.), nei contratti delle persone
gi uri dic he ecclesi as tiche pubblich e. di co mpetenza dell a C hie sa] .
O vviam ente, in risponden za co l can. 22, restano es cl use dall ' ordiname nto can oni co : 4705
I ° Le leggi civi li c he foss e ro in co nt ras to co n il d iritto divi no natu ral e o positi vo.
2 ° Qu ell e ch e fo ssero contrarie a precise norme ca nonic he : cfr. ad esempio, il ca n.
1299 . § 2, ci rca le disp os izioni "mo rtis ca usa" fatt e a ben efi cio della C hiesa se nza
l' o sse rvan za del le formalit à prescritte dal d iritt o civile, oppure i ea nn. 19. 122 , 15RO.
1718. § 2. ecc ., circa il prin cipi o di equ ità, ch e per la C hiesa no n ha so lta nto un valo re
morale, ma anche gi ur idico.
3° Resta anche salvo il pre scritto de l ean. 1547, che ammette la prova testimoniale,
so tto la direzi one de l g iud ice (sub iudi eis moderamine), in qu alsiasi ge ne re di cause,
me ntre nell e leg islazioni civili tale pro va è am messa in materia cont rattu ale con lim i-
tazioni va rie".
In forza del detto principio, è recepita nell' ordinamento canonico: 4706

, Prima del 1918, la Chiesa seguiva in materia contrattuale il diritto romano, recepito dovun-
que, quasi universalmente, durante il Medio Evo. La sostituzione del diritto romano col diri tto
civile proprio di ciascuno Stato, fu una necessità formale c sostanziale che s'im pose da sé.
, Si discute fra i canonisti se le norme civili emanate per i contratti, valgano anche in rapport o
alla "capacitas contrahendi" delle persone. Sembra che la risposta debba essere affermativa, poiché
il canone recepisce le dette leggi senza alcuna limitazione, escludendo solo quelle che fossero in
contrasto con le leggi divine o con le norme canoniche, e fermo restando il disposto del cali. 1547.
Cfr. ad esempio il can. 1299, § I, in forza del quale chi per diritto naturale o canonico ha la capacità
di disporre liberamente dei propri beni. può destinarli in favore di cause pic sia con atto tra vivi
sia per atto "mortis causa", anche se questa capacità gli sia negata dal diritto civile.
4 Per la legislazione italiana. cfr. gli aru . 272 1-2776 dcl Codice Civile.
558 LIBRO V - I beni tcmporuli della Chiesa

CAN, 1291 - Ad valide alienanda Per alienare validamente i beni che,


bona, quae personae iuridicae pu- per legittima assegnazione, costituiscono
blicae ex legitima assignatione pa- il patrimonio stabile di una persona giu-
trimonium stabile constituunt et ridica pubblica, e il cui valore superi il
quorum valor summam iure defi- limite fissato dal diritto, si richiede la
nitam excedit, requiritur Iicentia licenza dell'autorità competente a norma
auctoritatis ad normam iuris del diritto,
competentis.

a) Sia la nozione di contralto in genere, definito ad esempio nell'alt. 1321 del Codice Civile
Italiano: «L'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto
giuridico patrimoniale».
b) Sia la nozione dci singoli contratti, come ad esempio:
- La vendita: «II contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o
il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo» (alt. 1470).
- La locazione: "II contratto col quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa
mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo» (art. 1571).
- Ilmandllto: «Il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici
per conio dell'altra» (art, 1703).
- Il deposito: <di contralto col quale una parte riceve dall'altra una cosa mobile con l'ob-
bligo di custodirla e di restituirla in natura» (art. 1766).
- Il mutuo: <di contratto col quale una parte consegna all'allra una determinata quantità di
danaro o di altre cose fungibili, e l'altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie
e qualità» (art. 1813).
- Lajideiu.uione: «È fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore,
garantisce l'adempimento di una obbligazione altrui» (art, 1936).
- La transazione: «Il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono
fine a una lite già incominciata o prevengono una lite ehe può sorgere tra loro» (art. 1965).

4707 2. L'alienazione: la debita licenza

4708 l) Concetto di alienazione


In senso proprio l'alienazione è la cessione della proprietà di una cosa o di un diritto,
mediante vendita o donazione, In senso più ampio, qual è inteso nella legislazione cano-
nica, l'alienazione si estende a qualsiasi atto, operazione o negozio, che possa modificare
o pregiudicare la situazione patrimoniale di una persona (can. 1295). Comprende, pertanto,
la permuta, la costituzione di una servitù o di un censo, di una ipoteca, di un pegno, la
rinunzia a un diritto, a una eredità o a una donazione, la fideiussione, ccc,

4709 2) Necessità della licenza


1291 (/530, § l, n. 3*) È una norma che intende tutelare il legittimo patrimonio
degli enti ecclesiastici pubblici, prescrivendo che per gli atti di alienazione si richiede
"ad validitatern" la licenza della competente autorità a norma di diritto,
L'obbligo della licenza, che va data in iscritto, suppone per altro:
I o Che si tratti di un bene ecclesiastico in senso proprio, ossia appartenente a
una persona giuridica ecclesiastica di carattere pubblico (can. 1257, § l); i beni delle
persone giuridiche private hanno una propria normativa, determinata nei loro statuti
(can. 1257, § 2).
I con tratti 559

CAN. 1292 - § l. Salvo praescripto § l . Salvo quel che prescrive il can.


can. 638, § 3, cum valor bonorum, 638, § 3, quando il valore dei beni che
quorum alienatio proponitur, con- s' intendono alienare, è compreso tra il li-
tinetur intra summam minimam mite minimo e il limite massimo da stabi-
et summam maximam ab Epi sco- lirsi da ciascuna Conferenza Episco pale
porum conferentia pro sua cuius- per la propria regione, l'autorità compe-
que regione definiendas,auctoritas tente, trattandosi di persone giuridic he
competens, si agatur de personis non soggette al Vescovo diocesano, è de-
iuridicis Episcopo dioecesano non terminata dai propri statuti; diversamente,
subiectis, propriis determinatur l' autorità competente è lo stesso Vescovo
sta tu tis; secus, auctoritas compe- diocesano col eonsenso del consiglio per
tcns est ipse Episcopus dioecesanus gli affari eco nomici e del colleg io dei
cum consensu consilii a rebus oeco- co nsultori, come pure degl' interessati. Lo
nomicis ctcollc giiconsultorum ncc- stesso Vescovo diocesano ha bisogno del
non eorum quorum interest. Eo- consenso delle medesime persone per po-
rundem quoquc consensu eget ipse ter alienare i beni della diocesi.
Episcopus diocces anus ad bona
dioecesis alienanda.

2° C he il bene faccia parte de l patrimonio stab ile dell ' ente per leg ittima assegn a- 4710
zio ne (ex legitima assignatione): per es . un ed ificio, un fon do , a nc he i be ni mobi li (can.
1285 ) costituenti la "do te" de ll 'ente stesso, oss ia la base eco nomica nece ssaria per la sua
vita e la sua atti vit à. Il patrimon io stabil e si distingu e dal cos iddetto "patri mo nio tl ut-
tua nte" , q ua li so no , ad ese mpio, il prodotto di un fo ndo o di una ind ustria , le pubb lica -
zio ni di un a casa edi tr ice , la produzio ne di una ca sa discogr afica, il da naro non
capitalizzato, ecc. '.
3° C he il va lore del be ne da alie nare superi il lim ite fissato dal diritto.

3) L'autorità comp etente 4711


1292, §§ 1-2 (1532 *) L ' au torità com pete nte a rilasciare la licen za prescritta è in
rappo rto al val ore del bene ch e s' inte nde alienare e all a natura de ll ' ente a cui il be ne
ap partie ne.

, Precisazione della Istruzione in materia amministrativa della Conferenza Episcopale ltalia-


fili,IO aprile 1992:
- «L' insieme dei beni immobili e mobili, dei diritti e dei rapp orti attivi e passivi della
persona giuridica, unitariamente considerata, ne costituisce il patrimonio.
La classificazione più rilevante riguardo ai beni temporali, ai fini dci loro regime giuridico.
è la distinzione tra patrimonio stabile e patrimonio non stabile.
H Codice non dà una definizione del concetto di patrimonio stabile: presuppone la con-
ferma del concett o classico . elabo rato dalla dottri na ca nonistica , di beni "legittimamente
assegnati" (cfr. can. 1291) alla persona giuridica come dote permanente - siano essi beni
str umentali o beni redditiz i - per agevolare il conseguimento dei suoi fini istituzionali c
garantirne l'aut osufficienza economica.
Patr imon io stabile non sig nifica patrimonio peren nemente immobilizzato. in quan to lo
stesso diritto ne prevede, a determinate condizioni e caute le, l'eventuale trasformazione e
persino l'alienazione.
D'a ltra parte. anche le economie di gestione. quando ei fossero motivi particolari, potrebbero
essere dichiarate "patrimonio stabile".
In genere si considerano patrimonio stabile:
560 LIBRO V - l beni temporali della Chiesa

§ 2. Si tamen agatur de rebus § 2. Se tuttavia si tratti di beni il cui


quarum valorsummam maximam valore superi il limite massimo stabilito,
excedit, vel de rebus ex voto Eccle- oppure di doni votivi fatti alla Chiesa, o di
siae donatis, vel de rebus pretiosis oggetti preziosi per valore artistico o sto-
artis vel historiae causa, ad vali- rico, per la validità dell' alienazione si ri-
ditatem alienationis requiritur chiede inoltre la licenza della Santa Sede.
insuper licentia Sanctae Sedis. § 3. Se il bene da alienare è divisibile,
§ 3. Si res alienanda sit divisibi- nel chiedere la licenza di alienazione de-
lis, in petenda licentia pro aliena- vono essere indicate le parti eventuahnen-
tione exprimi debent partes antea te alienate in precedenza; altrimenti la li-
alienatae; secus licentia irrita est. cenza è nulla.
§ 4. Ii, qui in alienandis bonis § 4. Coloro che devono intervenire nel-
consilio velconsensu partem habe- l'alienazione dei beni col parere o col
re debent, ne praebeant consilium consenso, non diano tale parere o consen-
vel consensum nisi prius exacte so senza essersi prima informati esattamen-
fuerint edocti tam de statu oecono- te tanto della situazione economica della
mico personae iuridicae cuius bo- persona giuridica, i cui beni s'intendono
na alienanda proponuntur, quam alienare, quanto delle alienazioni già ef-
de alienationibus iam peractis. fettuate.

l" Se il valore del bene è compreso tra la somma minima e la somma massima
stabilita dalla Conferenza Episcopale, con approvazione da parte della Santa Sede (Com-
municationes, a. 1984, p . 35, can. 1243, § 1)6:
- Trattandosi di persone giuridiche pubbliche soggette al Vescovo diocesano,
l'autorizzazione è di competenza del Vescovo stesso, col consenso del Consiglio per gli
affari economici, del Collegio dei Consultori c inoltre dell'ente interessato. Il consenso
del Consiglio diocesano per gli affari economici e dcI Collegio dei Consultori è neces-
sario al Vescovo anche per l'alienazione di beni appartenenti alla diocesi.

- I beni facenti parte della dote fondazionale dell'ente;


- Quelli comunque pervenuti all 'ente stesso, a meno che l'autore della liberalità non abbia
stabilito diversamente;
- Quelli destinati a patrimonio stabile dall'organo di amministrazione dell'ente;
- I beni mobili donati "ex voto" alla persona giuridica.
Non sono invece certamente configurabili come patrimonio stabile - a meno che vi sia una
legittima assegnazione - i frutti della terra, dci lavoro o di altre attività imprenditoriali, le rendite
dei capitali e del patrimonio immobiliare, le somme capitalizzate temporaneamente per goderne un
rendimento più elevato, gli stessi immobili destinati, per volontà del donante, a smobilizzare per
la immediata riutilizzazione del ricavato.
Si sottolinea la rilevanza di una "legittima assegnazione" (can. 1291) perché una cosa possa
far parte del "patrimonio stabile" di una persona giuridica.
La certezza che deve caratterizzare sempre il diritto e la necessità di evitare abusi o decisioni
arbitrarie degli amministatori, sottratti al controllo dell'autorità tutoria, rendono molto opportuno,
per non dire indispensabile, procedere con ogni possibile sollecitudine alla individuazione e deter-
minazione del patrimonio stabile di ogni persona giuridica» (n. 46).
(, Con delibera n. 21 dci settembre 1990, la Conferenza Episcopale Italiana ha fissato la
somma minima e massima, prevista nel canone, rispettivamente a trecento e a novecento milioni
tEnchir. CEI, vol. 4, p. 1248, nn. 2471-2472). - Occorre poi considerare il valore del bene
detenni nato dai periti, rispondente al valore oggettivo, non quello più alto offerto eventualmente
dagli aequirenti (Pont. Comm. per l'interpret. del Codice, 24 novembre 1920: X. OCIIOA, Leges
Ecclesiae, l, n. 308, col. 349).
I cnn trutt i 561

- Trattandosi di persone giuridiche non soggette al Vescovo dioc esano, l'autorità 4712
competente è quell a determinata dai propri statuti.
- Trattandosi d'Istituti rel igiosi , d'I stituti seco lari (can. 718 ) e di Socie tà di
vita aposto lica (ca n. 74 I. § l ), si applica il can. 63R, § 3, in cui la co mpete nza è
attribuita al Supe riore indicato dalle costituzioni, co n il consenso del suo co nsiglio .
La somma minima e mas sima tuttavi a, come risult a dallo stesso canone, non è deter-
min ata dall a Con ferenza Epi scopale, ma di rettament e dalla Santa Scd c per le singo le
reg ioni . Nel caso d 'I stituti e di Societ à di diritto dioce sano oppure di mon aste ri "s ui
iuri s" di c ui al can . 615, è anche neces sari o il co nsenso sc ritto dell 'Ordi nario del
luogo (can. 638, § 4).
2° Se il valore dei beni supera il limite massim o stabilito, per la validità de ll'a lie- 4713
nazione si rich iede inoltre (insuper) la licenz a della Sant a Sede.
3° Se si tratt a di doni votivi fatti alla Chiesa (qualunque sia il loro valore e anche
se il donatore dia il suo consenso: Congregazione del Concil io, 14 genna io 1922: X.
OCHOA, Leges Ecclesiae, l, n. 385 , coll . 417-418, nn. II-III), - op pure si tratta di oggetti
preziosi per valore intrin seco, artistico o stori co, si richiede similmente e "insuper" per
la loro valida alienazione l'autorizzazione della Sede Apo stolic a".
Per la sa nazio nc prevista co ntro chi alienasse un bene ecclesiastico "sine praescripta liccnti a" ,
v. can. 1377.

3. Ulteriori norme e formalità


Ad integrazione dcIIe nonne precedenti

I) Ali enazione di beni divisibili 4714


1292, § 3 (153 2, § 4 *) I bcn i di visibi li sono i beni che pos sono essere frazi onati
in modo omogeneo, senza che se ne alteri la dest inazion e eco nomica, e in mod o ch e
cias cuna delle parti rappresenti una porzi one, in sé completa, del tutto. Per es., un
fondo, un edificio di più piani o di più app artam enti, una bibli oteca, una collezione
di qu adri. ccc .
Nel chiedere la licenza di alienazione dei detti beni, è necessario indicare le parti
alienate eventualmente in precedenza; altrimenti, la licenza "ex reticentia veri" (ca n. 63.
§ l) non è valid a.

2) Il dovere delle persone a cui spetta dare il consenso o il parere prescritto 4715
1292, § 4 Tal i persone de vono es primere il loro consenso o pare re con respon sa-
bilit à e rettitudine (cfr. anche can. 127, § 3). È un dovere morale , oltre che gi uridico .
A termine dcI canone , il loro obbligo concreto è duplice:
- Render si conto dell'esatta situazione econ omic a della person a giuridica , i cui
beni s' intendono alienare
- Con sider are le alienazioni già effettu ate

7 A nonna della Ci rcolare della Congregazione per il Clero in data l 1 aprile 1971, « ili
rem itt endi s petiti onibus a d lic entiam (S anc tae Sed is ) obrinendam . clare ind ic etur vot um
Corn mission is de Art e Sacra necnon de Sacra Liturgia, et , si cas us ferat , ctiarn de Musica Sacra.
virorurnque peritorum, et pro unoquoque casu attendatur ad lege s civiles de hac re vigenres» (X.
O CHIl A. Leges Ecclesiae, IV, n. 3964. col. 5990, n. 7).
562 LIBRO V - I beni temporali della Chiesa

CAN. 1293· § 1. Ad alienanda bo- § I. Per l'alienazione dei beni il cui


na, quorum valor summam mini- valore superi il limite minimo stabilito, si
mam definitam excedit, requiritur richiede inoltre:
insuper:
1° iusta causa, veluti urgens ne- 1° una giusta causa, come la necessità
cessitas, evidens utilitas, pietas, ca- urgente, l'evidente utilità, motivi di pietà
ritas velgravisalia ratiopastoralis; o di carità, o altra grave ragione pastorale;
2° aestimatio rei alienandae a 2° la stima del bene da alienare, fatta da
peritis scripto facta. periti in iscritto.
§ 2.Aliaequoquecautelaealegìti- § 2. Si osservino anche le altre cautele
ma auctoritate praescriptae serven- previste dalla legittima autorità, per evita-
tur, ut Ecclesiae damnum vitetur. re danni alla Chiesa.
CAN. 1294· § 1.Res alienari mino- § 1. Di regola, il bene non dev'essere
re pretio ordinarie non debet, quam alienato a un prezzo inferiore a quello
quod in aestimatione indicatur. indicato nella stima periziale.
§ 2. Pecunia ex alienatione per- § 2. Il denaro ricavato dall'alienazione
cepta vel in commodum Ecclesiae venga investito con cautela a vantaggio della
caute collocetur vel, iuxta aliena- Chiesa, oppure sia prudentemente utilizza-
tionis fines, prudenter erogetur. to secondo gli scopi dell'alienazione.

4716 3) Misure di prudenza


1293 (/530*) Relativamente all'alienazione dei beni, il cui valore supera il limite
minimo stabilito, è prescritto "iure communi" un duplice requisito:
l o La giusta causa, che può essere la necessità urgente (per es., la riparazione di
un edificio, che ha subito gravi danni a causa di un incendio), l'evidente utilità (per es.,
la vendita di un terreno del tutto passivo), motivi di pietà o di carità, una grave ragione
pastorale, ecc . L'esistenza della "giusta causa" si richiede "ad validitatem", quando
l'autorizzazione viene concessa da un'autorità inferiore al Romano Pontefice.
4717 2° La stima del bene da alienare fatta per iscritto da periti degni di fiducia per
competenza e rettitudine. Il plurale "peritis" suggerisce di non affidare la perizia a una
sola persona. Nel1a dottrina, si ritiene che la detta stima sia soltanto "ad liccitatern",
Altri requisiti cautelari, per l'alienazione dei beni - superino o no il limite minimo
stabilito - possono essere disposti dal diritto particolare o anche dalla legittima autorità
a cui spetta concedere l'autorizzazione prescritta "pro variis rerum adiunctis",

4718 4) Il prezzo del!'alienazione e l'impiego del danaro ricavato


1294, § l (/531, §§ 1-2*) Di regola (ordinarie: cfr. Communicationes, a. 1980, pp.
425-426, can. 39, a. 1984, p. 37, can. 1245, § l), il bene che viene alienato non dev'es-
sere ceduto a un prezzo inferiore a quello indicato dagli esperti nella loro perizia. Se
nella stima periziale viene indicato un prezzo minimo e massimo, l'obbligo è di attenersi
almeno a quello minimo. Per accettare un prezzo minore, si richiede una "giusta causa",
da valutarsi dall'autorità che concede l'autorizzazione prescritta (per es., la soluzione di
una controversia).
4719 Il Codice precedente prescriveva per sé la vendita mediante asta pubblica (publica licitatio).
La norma non è stata confermata nel nuovo Codice, ma nulla proibisce che si ricorra ad essa, tranne
che motivi di prudenza consiglino diversamente. È per altro evidente che, se non esistono partico-
lari motivi, il bene dev'essere ceduto al migliore offerente (ean. 1531, § 2, Codice 1917).
I con tratti 563

CAN. 1295- Requisita ad normam Le formalità prescritt e nei cann. 1291-


cann. 1291-1294,quibus etiam sta- 1294, ai quali devo no conformarsi anche
tuta personarum iuridicarum con- gli statuti delle perso ne giurid iche, sono
formanda sunt, servari debent non da osservarsi non so lo nell' alienazione,
solum in alienatione, sed etiam in ma anche in qualsiasi operazione da cui
quolibet negotio, quo condicio pa- pos sa essere pregiud icata la situ azion e
trimonialis persona eiuridicae peior patrimoniale della persona giuridica.
fieri possit.
CAN. 1296 - Si quando bona ec- Qualora i beni eccle siastici sia no stati
clesiastica sine debitis quidem sol- alienati senza le dovute formalità canoni-
lernnitatibus canonicis alienata che, ma l' alienazione sia civilmente vali-
fuerint, sed alienati o sit civiliter da, spetta alla competente autor ità stabili-
valida, auctoritatis competentis est re, dopo aver tutto valutato attentame nte,
decernere, omnibus mature per- se e quale tipo d ' azione de bba essere
pensis, an et qualis actio, personalis intent ata, se cioè personale o reale, da ehi
scilicet vel realis, a quon am et con- e cont ro chi, per rivend icare i dir itti dell a
tra quemnam institu enda sit ad Chiesa.
Ecclesiae iura vindicanda.

1294 , § 2 (/53 / . § 3*) Il da naro ricavat o da ll'alienazione dev'essere investito a 4720


vantaggio dell' ente, co n le dov ute ca utele del caso. La Co ngregazio ne del Conci lio, con
Risposta de l 17 dicem bre 195 1, precisò che il detto danaro dove va servire soltanto per
l'acquisto d' immobi li a vantagg io dell'ente interessato : «tantumrnodo in acquircndis
bonis immob ilibus in commodu m Eccl esiae seu cnti s, cuius interest» (X. OCHOA, Leges
Ecc/esiae, Il, n. 2256 . col. 2947) . È da riteners i che oggi questa norma sia decad uta,
anc he perché le co ndizioni sono cambiate, e l'acquisto d' immob ili non rappresenta
sempre il migliore investimento.
Nel caso che si giudichi più opportu no, il danaro ricavato da lla vendi ta può essere
utilizzato prudente mente (prude nter) secondo gli scopi intesi nell' alien azione.

5) L'estensione delle norme p rescritte nei cann. / 29/ - / 29 4 4721


1295 (1533*) Co me s' è già rilevato, l'alienazio ne è intesa nel diritto cano nico in
senso ampio, per cui comprende qualsiasi oper azione o negozio da cui possa venire
pregiud icata la situazione patrimonia le della perso na giuridica . Di conseguenza, le nor-
me prescri tte nei cann. 129 1-1294 si app licano a qualsiasi specie di alienazione, propria
e impro pria, e gli statuti delle persone giuridic he ecclesiastiche di carattere pubblico
devo no conformarsi ad esse.

6) Aliena zioni canonicamente illegittime, ma valide civilmente 4722


1296 In ge nere, in materia cont rattuale, le legislazioni civili prescrivono le proprie
condiz ioni e forma lità disinteressandosi de lle norme canoniche, alle quali non ricono-
scono alcuna efficacia giuridica. Può quindi accadere che un atto di alienazio ne sia
valido civilmente, ma illegittimo canon icamente , perc hé effettuato senza le formalità
prescritte ecclcsi astica mente.
Il caso è molto delicato e va risolto con prudenza dall'autorità competente , che
dovr à valutare con la debi ta atten zione (mature) le possibilità concrete in ordine alla
tutela e alla rivend icazione dei legittimi diritti dell ' ente.
Bisognerà infatti decidere:
564 LIBROV - I beni temporali della Chiesa

- Se intentare un'azione reale, per ricuperare il bene alienato, o personale, limi-


tandosi a chiedere il risarcimento dei danni
- Se ricorrere al foro ecclesiastico o a quello civile, supposto che si abbiano
motivi sufficienti per impugnare giuridicamente la validità del contratto
- Se punire direttamente chi ha la colpa di questa alienazione illegittima, in forza
del can. 1377
- Se non sia più prudente, attese le circostanze, rinunziare a qualsiasi azione o
provvedimento".

4723 7) Richiami della CE!


Decreto Generale in materia amministrativa, IO aprii c 1992, relativamente alle
alienazioni e ai negozi peggiorativi dello stato patrimoni aie delle persone giuridiche:
nn. 56-57.
4724 - "Per la validità delle alienazioni e dei negozi che possano peggiorare lo stato patrimoniaie
della persona giuridica di valore compreso tra la somma minima e la somma massima stabilita dalla
Conferenza Episcopale (in Italia, rispettivamente trecento milioni e novecento milioni di lire secon-
do la delibera CEI n. 20), è necessaria inforza del can. 1292:
a) Per le diocesi e le altre persone giuridiche amministrate dal Vescovo diocesano (cfr. can.
1277): il decreto del Vescovo diocesano con il consenso del Consiglio per gli affari economici, del
Collegio dei consultori e di coloro che abbiano interesse giuridicamente tutelato all'oggetto del
negozio.
b) Per le persone giuridiche soggette al Vescovo diocesano (capitoli, parrocchie, chiese,
seminari diocesani, associazioni pubbliche di fedeli, fondazioni, ecc.): la licenza del Vescovo
diocesano con il consenso del Consiglio per gli affari economici e del Collegio dei consultori e di
coloro che abbiano un interesse giuridicamente tutelato all'oggetto dci negozio ,
c) Per le persone giuridiche non soggette al Vescovo diocesano (seminari, associazioni e
fondazioni eretti dalla Santa Sede o dalla Conferenza Episcopale: la licenza dell'autorità compe-
tente determinata nelle norme statutarie (cfr. can. 1292, § I), esplicitamente con riferimento agli
atti di straordinaria amministrazione, o implicitamente in quanto a essa la persona giuridica risulta
soggetta.
4725 Per la validità delle alienazioni e dei negozi che possono peggiorare lo stato patrimoniale della
persona giuridica eccedenti la somma massima stabilita dalla Conferenza Episcopale ovvero di
alienazioni di ex voto donati alla Chiesa o di oggetti preziosi di valore artistico o storico si richiede
inoltre la licenza della Santa Sede (cfr. can . 1292, § 2). La concessione della licenza della Santa
Sede costituisce comunque, in ogni caso c per tutti gli atti di straordinaria amministrazione,
certificazione dell'esistenza dcIIa Iiccnza e del consenso di cui ai canoni 638, §§ 3 e 4, 1292, § I,
e nei casi previsti dall'art. 26 della Legge 22211985, del prescritto parere della CEI.
Per la validità delle alienazioni e dei negozi che possono peggiorare lo stato patrimoniale della
persona giuridica di valore inferiore alla somma minima stabilita dalla Conferenza Episcopale, il
Codice non prevede alcun controllo canonico.
Tali atti possono rientrare peraltro tra gli atti della seconda categoria, determinati dal Vescovo
diocesano con decreto generale ai sensi del can. 1281, § 2, o dalle nol'mc statutaric di ciascuna
persona giuridica.
4726 Il Codice nel can. 1293 stabilisce inoltre alcuni requisiti per la liceità deil'alienazione dei beni
di cui al can. 1291:

, Da tener presente: un contratto invalido non può essere sanato se non dal Romano Ponte-
fice, in virtù della sua autorità suprema, anche con pregiudizio di terzi, se il bene comune lo esiga.
Nessuna autorità inferiore dispone di tale facoltà, a termine del can. 86. Cfr. a tal riguardo la
"Risoluzione" della Congregazione del Concilio, in data 17 maggio 1919 (X. Ocuox, Leges
Ecclesiae, I, n. 181, colI. 205-207).
I contralti 565

CAN. 1297 - Conferentiae Episco- Spetta alla Confere nza Ep iscop ale , co n-
porum est,attentis locorum adiun- siderate le circo stanze locali, stabilire nor -
ctis, normas statuere de bonis Ec- me circa la loc azione d ei beni d ella Chie-
clesiae locandis , praesertìm de Ii- sa , so pratt utto c irca la licen za da ottene re
centia a competenti auctoritate ec- dalla co mpete nte autorità ecclesiastica.
clesiastica obtinenda.
CAN. 1298 - Nisi res sit minimi Tranne c he si tratti di c osa d i m in im o
momenti , bona ecclesiastica pro- va lore , i beni ec cl esiastic i non de vono
priis administratoribus eorumve essere venduti né d ati in loc azion e ai pro-
propinquis usque ad quartum con- pri am mi nistratori o ai loro co ngi unti fino
sanguinitatis vel affinitatis gra - al quart o grado di consan guineit à o di af-
dum non sunt vendenda aut lo- finità, senza un a specia le licen za scritta
canda sine speciali competentis d ell ' auto rità co m pete nte .
auctoritatis licentia scripto data.

- La dimo strazione della giusta causa;


- L' esibizione di una perizia scritta;
- L'osservanza di eventuali altre cautele prescritte dall 'autori tà legittima per evita re danni
alla Chiesa.
Quando poi si chiede la licenza per alienare beni divisibili, occorre dichiarare le "patti pre-
cedentemente alienate" (cfr. can. 1292, li 3).
Si ricordi cbe si intendono beni divisibili quelli cbe possono essere stralciati dal restante cespite
cui appartengono, anche se costituiscono unità immobiliare autonoma per sua natura indivisibile».

4. La locazione dei beni ecclesiastici 4727


La locazione, come s' è già ricordato, è "il contratto col quale una parte si obbliga
a far godere all'a ltra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un deter-
minato corrispettivo" (art. 1751 del Codice Civile italiano). La locazione è un contratto
consensuale, che si perfeziona al momento dell'accordo, e bilaterale, perché genera
obbligaz ioni fra due o più parti : il locatore, che concede la locazione, e locatario (affit-
tuario , inquilin o, noleggiatore) che l'assume.
Secondo la classificazione romanista, la locazione è di tre specie: di cose (rerum) ,
di oper a (operis) e di opere (operarum), ossia di lavoro, servizio.

I ) La competenza delle Conferenze Episcopali


1297 (154/ *) Le norme alquanto complesse, contenute nel can. 1541 del Codice
precedente, sono state semplificate e la regolamentazione della materia è stata attribuita
opportu namente alle Con ferenze Episcopali, che potranno deliberare a tal riguardo con
maggiore competenza, tenendo conto delle situazioni locali: "attentis locorurn adiunctis"
(cfr. Comm unicaiiones, a. 1973, p. 101, n. 39). In particolare, le Conferenze Episcopali
dovranno dare una norma concreta circa la licenza da ottenere dalla competente autorità
ecclesiastica. È per altro da tener presente che anche la " locazione" è un "contratto", e,
di conseguenz a, valgono per essa le norme civili , «nisi iuri divino contraria sint aut aliud
iure canonico caveatur- (cfr. can. 22).

2) Un di vieto giustificato 4728


1298 (1540*) Tranne che si tratti di cose di minimo valore (minimi moment i), i
beni ecclesiastici non possono essere venduti o dati in locazione :
566 liBRO V - l beni temporali della Chiesa

- Né ai prop ri amm inistratori


- Né ai loro congiunt i fino al qu arto grado di co nsangui neità o di affi nità
Per poterlo effettuare, è necessaria " ad validitate m" un a speci ale licen za scritta
dell ' autorità co mpetente. che ha lo scopo di evi tare po ssib ili abusi da part e degl i ammi-
nistr atori o anc he il sospet to che essi ag iscano pe r inter esse privato .
L'attuale canone riproduce sostanzialmente il divieto contenuto nel can. 1540 del Codice
precedente, sostituendo il termine "Ordinario del luogo" con "competente autorità ecclesiastica", in
quanto la concessione della licenza prescritta non sempre è di competenza dell'Ordinario dci luogo.
Può spettare infatti anche ad altre autorità: per es. alla Santa Sede o alla Conferenza Episcopale,
a norma dei cann, 312, ~ I, nn.I-2 ; 315 (beni appartenenti ad associazioni di carattere internazio-
nale o nazionale); - al gruppo dei Vescovi interessati. ai sensi del can. 1275 (fondo di beni.
provenienti da diverse diocesi), ecc.

4729 3) Norme della Confere nza Episcopal e Italiana


Decreto Genera le in mater ia amministrati va, IO apri le 1992, n. 60
- «La de libe ra n. 38 de lla CE I dispone : "Per la vali da sti pulazi o ne di co ntratti di
locaz ione di immobili di qualsi asi valore ap parte ne nti a person e giuridic he sogg ette al
Vescovo d iocesano, ad esclusione dell'Ist ituto per il sos tenta me nto del C lero , è neces-
sa ria la licenza scritta de ll'O rdinario d iocesano" (art. I).
La deli bera stabi lisce che la locazione di immo bili sia co nsiderata atto di straordinari a
ammini strazione per le circostanze di diritto e di fatto che si ver ificano attualmen te in Italia
in mat eri a locativa e sono or igine di potenziale conflitto tra locatore e condutto re'). Infatti:
a) La durat a e le cond izioni della locazion e so no sottra tte alla libera co ntrattazio ne
delle parti c determinate per legge;
b) Il canone. anche quand o inizia lme nte è stato pattu ito liberame nte, subisce mo-
difiche legal i indi pende nte me nte da lla volon tà delle parti;
c) II/oCl/tore viene grav ato di oneri anche al moment o della cessazione de l rapporto
di locazione e incontra difticoltà nel recu perare la effettiva dispon ibilità del bene locato :
d) La sottoscriz ione di un contratto di locazione co m porta un imm ediato deprez-
zamento del valore dell' im mob ile non inferiore al 25%.
Per quest i moti vi l'Ordina rio diocesano no n dia licen za d i locare se non do po
attenta ponderazione; prima di dare la licenza per un co ntra tto di locazione . verific hi
inoltre che non vi sia possibilità di uso diretto del ben e da parte dell'ente pro prietario
o di altr o ent e ecclesiastico .
Per gli Istituti dio cesan i per il sosten tam en to del Clero , vale invece qu an to di sposto
dall' art. 32 della deliber a 38 : "La licen za sc ritta dell'Ordinario diocesa no è necessaria
soltanto quando la locazion e riguarda imm obili di valor e supe riore alla so mma minima
fissata dall a deliber a 20".
\I l'alare dell 'immobil e da locare è determin ato moltiplicando il red dito catasta le
per i coefficienti stabiliti da lla legge vigent e in Italia» (delibera CE I Il . 28 . art. 4).
En chir. CE! , voI. 4, pp . 1250- 1251.

4730 LE PIE VOLON TÀ IN GENERE E LE PIE FONDAZIONI


(c a n n . 1299-1310)
Schema
l. Introduzione 3. Le pie fondazioni
2. Le pie volontà in genere 4. Gli oneri relativi
5. Norme e direttive della CEI

') Cfr. " Yademecum" per l'amministrazione della Parrocchia, Diocesi di Roma. 1994. n.9,3.2. p.68.
Le pie vo lo nlà 567

1. Introduzione 4731
Il titolo IV tratta delle pie volontà in genere e dell e pie fondazion i, che delle pie
volontà costituiscono un a particolare importante varietà.
Alcuni hanno criticato la collocazione delle cause pie nel V libro dcI Codi ce; in
effetti sembrano qua si fuori posto. La difficoltà fu avverti ta fin dall ' inizio dall o stesso
gr uppo dei Consultori : «No n omnia qu ae in ei s ordinantur, ad ius patrimoniale Ecclcsiae
prop rie pèrt inent», Si deci se comunque, per mot ivi di carattere tecni co , di co lloca re le
pie volo ntà alla fine del V libro De bonis Ecclesiae temp oralibus. come "a ppendice"
tCommun icationes, a. 1973, p. 101, penult. cpv .).
Biso g na per altro riconoscere che la trattazi one dell a materia pre senta una magg iore
completezza e organicità di fronte al Codice precedente. [n effetti , le norme del Codice
pio-henedettino risultavano formulate in modo piuttosto di sarticolato come appare dalla
semplice enumerazione dei canoni: 1489-1494, 1513-1517.
Notevoli sono anche le innovazioni. Fra le più importanti rilevi amo: 4732
IO Una più chiara e logica defin izione delle fond azioni. in cui sono comprese non
solo le fond azioni non autonome, di cui al can. 1544, § l, del Codice anteriore, ma anche
quelle autonome, dette precedentemente "istituti ecclesiastici non coll egiali ", di cui al can.
1489 ss. dci medes imo Codice 1917 tCommunicationes. a. 1977, pp. 272-273).
2 0 La tra ttazione unit aria dell e pie volontà e delle pie fondazioni : «Piac voluntates
simul cum piis fundation ibus tractantur, quia in praxi intime conectuntur- iCommuni-
cationes, a. 1973 , p. 10 1, penul timo cpv.).
3 0 " ricono scimento di pi ù ampie facoltà a i Vescovi di ocesani e ag li Ordinari circa
la ridu zione degli one ri annessi alle caus e pie e gli on eri di Me sse, co nformemente al
"principio di sussidiarietà" , per cui restano co nfermate le facolt à co nce sse circa tale
materia in do cumenti post-concili ari , quali il M.P. Pasto rale munus di Paol o VI, 30
no vembre 1963 (I, 11-12), e il M.P. Firma iII traditione del medesimo Pontefice, 13
giugno 1947 (cfr. Communicationes, a. 1977 , p. 273, ultimo cpv.).

2. Le pie volontà in genere 4733


l ) Con cetto
Secondo la tradi zione canon istica e i principi stess i del Codice, le pie vol ontà so no
Ic di sposi zion i di beni mobili e immobili , effettuate med iant e atti " intcr vivos" o " mo r-
tis causa" per sco pi relig iosi o caritati vi, i fini propri dell a Ch iesa , di cui al can. 1254,
§ 11.

I Le pie volontà danno origine alle cause pie. che, ovviamente. sono di due specie: ecclesia-

stiche e laicali.
Sono ecclesiastiche, se i loro beni rispondono al concetto determinato nel can. 1257, ossia se
sono affidati a una persona giuridica ecclesiastica pubblica, oppure costituiscono una fondazione
autonoma, eretta dalla competente autorità ecclesiastica in ente giuridico pur esso di carattere
pubblico (can.1303, § I). Sono laicali, se i beni, anche se destinati a un fine religioso o caritativo,
sono affidati a una persona fisica oppure a una persona giuridica di carattere privato. Canonica-
mente, tuttavia, fondazioni non autonome s'intendono soltanto quelle i cui beni sono affidati a
persone giuridiche ecclesiastiche pubbliche (Commun ìcationes. a. 1973, p. 102, n. 47).
J beni delle cause pie ecclesiastiche sono soggetti alla normati va dell'attuale titolo IV del
Codice. I beni delle cause pie laicali sono per sé disciplinati dai propri statuti (can. 1257, § 2), salva
la potestà dell'Ordinario, esecutore di tutte le pie volontà (can. 1301 , § I), che, come tale ha il
diritto e il dovere di vigilare opportunamente perché le pie volontà siano adempiute con diligenza
e al quale gli altri esecutori, assolto il loro compito, son tenuti a rendere conto del proprio operato
(can. 1301 , § 2).
568 LIBRO V - I beni temporali della Chiesa

Titolo IV
Le pie volontà in genere e le pie fondazioni
CAN. 1299- § 1. Qui ex iure natu- § 1. Chi per diritto naturale e canonico
rae et canonico libere valet de suis ha la capacità di disporre liberamente dei
bonis statuerc, potest ad causas propr i beni, può destinarli ad una causa
pias, sive per actum inter vivossi- pia sia con atto tra vivi sia per atto mortis
ve per actum mortis causa, bona causa.
relinquere.
§ 2. In dispositionibus mortis § 2. Nelle disposizioni a causa di morte
causa in bonum Ecclesiae serven- a benelicio della Chiesa, si osservino , se è
tur, si fieri possit, sollemnitates possibile, le formalità prescritte dal diritto
iuris civilis; quae si omissae fue- civile; se queste fossero state omesse, gli
rint, heredes moneri debent de eredi devono essere ammoniti circa l'ob-
obligatione, qua tenentur, adim- bligo, a cui son tenuti, di adempie re la
plendi tcstatoris voluntatem. volontà del testatore.

lnter vivos, se la disposizione ha effetto durante la vita del suo autore: di regola,
segue immedi atamente alla posizione dell'atto. Per es., una dona zione .
Mortis causa, se l' effetto ha luogo solo dopo la morte . Esemp io il testamen to".

4734 2) La competenza della Chiesa


1299 (15 J3*) Considerato il carattere e il fine delle pie volont à eccl esiastiche volte
essen zialmente "in bonum" o "in finem Ecclesiae", la Chiesa ne riserva la disciplina alla
propr ia compete nza, escludendo la normativa civile, pur recepit a in linea di principio per
i co ntratti in ge nere (ca n. 1290). Ciò vale in particolare relativamente alla capacità del
sogg etto c alle formalità dell ' atto.
4735 J ° La capacità del soggetto dipend e soltanto dalla legge naturale e da quella ca-
nonic a, c non dalla legge civ ile. Con seguent emente, c hiunque per diritto naturale o
canon ico ha la capacità di disporre liberamente dei propri beni , può destinarli ad una
causa pia, sia con atto tra vivi sia con atto "mortis causa", anche se la legge civile gli
negh i tale faco ltà.
Per diritto natu rale, ad esempio, è necessaria la capacità d' intendere e di volere.
Per di ritto canonico, il religios o pro fes so che ha rinun ziato compl etament e ai suoi beni,
non ha più la capacità di acquistare, di possedere e di disp orre di qualsiasi bene patr imoniale
(can . 668 , ~ 5).
4736 2° Le formalità . Il ca none considera soltanto le dispos izioni fatte "in bonum
Ecclesiae" , ossia per i suoi fini, con atto "rnortis cau sa", e, mentre da una parte, per
evitare contestazioni e vertcnze, stabilisce che, se è possibile, siano osser vate le forma-
lità prescritte dal diritto civile (serventur si fieri posslt ), dall'altra rich iama l'obbligo
degli eredi di adempiere fedelmente la volontà del testatore, anche nel caso che le
form alità civili per qualsiasi motivo siano state omesse. In quest a ipotes i, la legge civile

! Le disposizioni "rnortis causa" sono sempre revocabili. L'e spressione tipica è il testamento ,
definit o dall'art. 587 del Codice Civile Italiano: «Un atto revocabile con il quale taluno dispone.
per il tempo in cui avrà cessato di vivere. di tutte le proprie sostanze o di parte di esse».
Le pie volon tà 569

CAN. 1300 - Voluntates fidelium Le volontà dei fedeli, i quali don ano o
facuitates suas in pias causas do- lasci ano i loro beni per cause pie sia con
nantium vel relinquentium, sive atto tra vivi sia per atto mortis causa, una
per actum inter vìvos sive per vo lt a legittimamente ac c e ttate , s ia no
actum mortis causa, legitimc ac- adempiute scrupo losame nte anche circa il
ceptatae, diligentissime implean- modo di ammini strare e d'impiegare i
tur etiam circa modum admini- beni , ferm o restand o il d isposto del can.
strationis et erogationis bonorum, 1301 , § 3.
firmo praescripto can. 1301, § 3.
CAN. 1301 - § 1. Ordinarius om- § l. L'Ordinario è l'esecutore di tutte le
nium pia rum voluntatum tam pie volontà, sia mortis causa che inter
mortis causa quam inter vivos vivos.
exsecutor est.
§ 2. Hoc ex iure Ordinarius vigi- § 2. In forza di questo diritto, l'Ordina-
lare potest ac debet, etiam per vi- rio può c deve vigilare, anche medi ant e
sitationem, ut pia e voluntates im- visita, perché le pie volontà siano adem-
pleantur, eique ceteri cxsecuto- piut e, e gli altri ese cutori, assolto il loro
res, perfuncti munere, reddere incari co, san tenuti a rendergliene conto.
rationcm tenentur.
§ 3. Clausulae huie Ordinarii § 3. Le clausole che fossero state ag-
iuri contrariae, ultimis voluntati- giunte alle ultime volontà in contrasto co n
bus adiectae, tamquam non ap- questo diritto dell'Ordinario, si con sideri-
positae habeantur, no come non apposte .

non esime dall'obb ligo canonico, tranne che una particolar e norma determini la legge
natura le' .

Le persone a cui spetta - in particolare l'Ordinario di cui al ean. J 34, § I (can. 4737
130 1, § I) - sono per sé tenuti (debent) ad avvertire gli eredi del loro obbligo, trann e
che l'ammo nimento sia del tutto inutile o, a causa di particolari moti vi pastorali , risulti
inopp ortuno .
Ne llo Schema esam inato dal Grup po di Studio " De bonis Ecclesiae tcmporalibux" nella seduta
del 15 novembre 1979, l'obbl igo era qualificato "ex iustitia", ma l' espressione. ritenuta troppo
rigida (nirnis rigida), venne opportunamente omessa (Communica tiones. a. 1980, p. 429, can. 45).

3) Il debito adempimento 4738


1300 (/5 /4*) Una pia disposizione può essere anche rifiutata per giusti motivi (cfr.
can. 1267, § 2), ma, una volta accettata legittimamente (cfr. can. 1304, circa le pie
fondaz ioni non autonome), dev ' essere adempita con religiosa scrupolo sità (diligentissi-

, È, ad esempio. il cas o della quota di legittima spettante ai figli, e che il padre non può certo
disattendere. Una disposizione del genere violerebbe il diritto naturale, e i figli, escl usi in un modo
così palesemente ingiusto, non hanno alcun obbligo di esegu irla. - Per la legislazione italiana, v.
art. 536 del Cod icc Civile, sostitu ito dall'art. 172 della Legge 19 maggio 1975, n. 151. relativa alla
Riforma dcI Diritto di Famiglia.
570 LIBRO V - l beni temporali della Chiesa

CAN. 1302· § 1. Qui bona ad pias § I. Chi riceve fiduciariamente dei beni
causas sive per actum inter vivos destinati a cause pie, sia con atto tra vivi
sive ex testamento fiduciarie acce- sia con testamento, deve informarne l'Or-
pit, debet de sua fiducia Ordina- dinario, indicandogli tutti i detti beni, mo-
rium certiorem reddere, eique bili e immobili, con gli oneri annessi; se il
omnia istiusmodi bona mobilia vel donatore glielo avesse espressamente c
immobilia cum oneribus adiunctis assolutamente vietato, non accetti la fidu-
indicare; quod si donator id ex- cia.
presse et omnino prohibuerit, fio
duciam ne acceptet.
§ 2. Ordinarius debet exigere ut § 2. L'Ordinario deve esigere che i beni
bona fiduciaria in tutocollocentur, fiduciari siano collocati in modo sicuro;
itemque vigilare pro exsecutione nello stesso tempo, deve vigilare sull' ese-
piae voluntatis ad normam can. cuzione della pia volontà a norma del can.
1301. 1301.
§ 3. Bonis fiduciariis alicui soda- § 3. In caso di beni fiduciari affidati ad
li instituti religiosi aut societatis un membro di un istituto religioso o di
vitae apostolicae commissis, si una società di vita apostolica, se i detti
quidem bona sint attributa loco beni sono destinati ad un luogo o ad una
seu dioecesi eorumve incolis aut diocesi o ai loro abitanti o a favore di cause
piis causis iuvandis, Ordinarius, pie, l'Ordinario, di cui ai §§ l e 2, è l'Or-
de quo in §§ l et 2, est loci Or- dinario del luogo; in caso diverso, è il
dinarius; secus est Superior maior Superiore maggiore nell' istituto clericale
in instituto clericali iuris pontificii di diritto pontificio e nelle società clerica-
et in clericalibus societatibus vitae li di vita apostolica di diritto pontificio,
apostolicae iuris pontificii, aut oppure l'Ordinario proprio del religioso
Ordinarius eiusdem sodalis pro- fiduciario negli altri istituti religiosi.
prius in aliis institutis religiosis.

me), non solo nel suo contenuto sostanziale, ma anche circa il modo di amministrare c
d'impiegare i beni, fermo il prescritto del can. 1301, § 3, posto a tutela del diritto
dell'Ordinario.

4739 4) Compiti e attribuzioni dell'Ordinario


1301-1302 (15/5-/5/6*) In virtù di un'antica tradizione fondata sul fine religioso
ed ecclesiale delle pie volontà, l'Ordinario (cfr. 134, § l) è l'esecutore nato di tutte le
pie volontà, sia "mortis causa" che "inter vivos'",
4740 A questo titolo:
1301, § 2 a) L'Ordinario ha il diritto e il dovere di vigilare personalmente o per
mezzo di altri (can. 137), anche mediante opportuni controlli (per visitationem) sul-
l'esatto adempimento delle pie volontà, a qualsiasi persona o ente siano state affidate,
non escluse le associazioni private (can. 325, § 2).

4 Il compito dell'Ordinario come "esecutore nato" delle pie volontà, non è da confondere

con le attribuzioni proprie dell'esecutore testamentario, previsto dalla legge civile. Di regola
grava sull'Ordinario solo il dovere della vigilanza (cfr. Communicationes, a. 1980, p. 429, can.
47, 2 0 cpv.).
Le pie volontà 571

CAN . 1303 - § 1. Nomine piarum § 1. Col nome di pie fond azioni si


fundationum in iure veniunt: comprendono nel diritto:
1° piae fundationes autonomae, I ° le pie fonda zioni autonome, cioe 1
scilicet universitates rerurn ad compl essi di ben i destin ati ai fin i di cui al
fines de qui bus in can, 114, § 2 can. 114, § 2, ed eretti in per son a giuridi-
destinatae et a competenti auctori- ca dalla competente autorit à ecclesiastica;
tate ecclesiastica in personam iu-
ridieam erectae;
2° piae fundationes non auto- 2° le pie fond azioni non autonome, os-
nomae, scilicet bona temporalia sia i beni temp orali de volut i in qualsiasi
alieui personae iuridicae publicae modo ad una persona giuridica pubblica
quoquo modo data cum onere in con l'onere, per un amp io spazio di temp o
diuturnum tempus, iure particula- da determ inarsi dal dir itto particolare, di
ri determinandum, ex reditibus devolverne il reddito annuo per la cele-
annuis Missas celebrandi aliasque brazione di Me sse e di altre determinate
praefinitas functiones ecclesiasti- funzio ni ecclesiastiche , oppure per la rea-
cas peragendi, aut fines de quibus lizzazione dei fini di cui al can. 114, § 2.
in can.114, § 2 aliter persequendi,
§ 2. Bona piae fundationis non § 2. I beni di una pia fond azione non
autonomae, si concredita fuerint autonoma , se sono stati affidati ad una
personae iuridicae Episcopo dioe- persona giuridi ca soggetta al Vesco vo dio-
cesano subiectae, expleto tempore, cesano , trascorso il tempo stabilito, devo-
ad institutum de quo in can, 1274, no esser e destinati all'istituto di cui al can.
§ 1destinari debent, nisi alia fuerit 1274, § I, tranne che il fond atore abbia
fundatoris voluntas expresse ma- manifestato formalmente una volontà di-
nifestata; secus ipsi personae iuri- versa; altrimenti passano alla stess a perso-
dicae cedunt. na giuridica.

b) Tut ti gli altri esecutori - qualun que sia il loro ufficio o la loro autorità -
assolto il proprio incari co, son tenuti a renderglien c conto .
1301 , § 3 c) Il di ritto dell'esecut ore nato è inderogabil e, per cui le eventu ali clau-
sole annesse alle ultime disposizioni in contrasto con esso, si co nsiderano come non
apposte.
1302, §§1-2 d) Son o sogge tte alfa vigilanza dell'Ordinario anche le disposizioni 4741
fiduciarie a favo re di cause pie, oss ia i beni che una persona riceve sia con atto "inter
viva s" sia con testament o, con l' incarico d'impi egarli per partic olari lini religios i o
eccles iali. Chiunque - chierico, reli gioso o la ico, e non solt anto "c lericus vel
rel ig ios us", co m' era d ispo sto nel can . 1516, § l , de l Codice 1917 - rice ve
fiduciariamente tali beni , mobili c immobili , anche in forma riservata o segreta, è tenuto
ad informare temp estivamente l'Ordinario, indicandone co n esatte zza la natura e la
consistenza e gli oneri annessi. Se il donatore glielo avesse espressamente vietato
(expres se et omnino), il fiduciari o non deve accett are l'incarico. Se poi il divieto non
presenta questa rigidità. si può considerare come non apposto , analoga mente a l caso
previ sto nel can. 1301 , § 3.
L'Ordinario, da parte sua, deve esigere che i beni fidu ciari siano colloca ti in modo
sicuro (ili tuto). Nello stesso tempo, deve vigilare in mod o o pportuno sulla fede le ese-
cuzione della pia volontà, a norma del can. 1301.
572 LIBRO V· J beni temporali della Chiesa

4742 1302, § 3 e) Trattandosi di beni fiduciari affidati ad un membro di un Istituto


religioso o di una Società di vita apostolica, l'Ordinario esecutore "ex iure" della pia
volontà, che dev'essere debitamente informato circa i beni e gli oneri, ed ha il compito
di vigilare sul fedele assolvimento dell'incarico, è determinato in rapporto ai luoghi e
alle persone beneficiarie dei beni stessi:
- Se i beni sono destinati a un luogo o a una diocesi o ai loro abitanti o a favore
di cause pie, l'Ordinario è quello del luogo, ai sensi del can . 134, § 2: Vescovo dioce-
sano o Presule che gli è equiparato, Vicario generale, Vicario episcopale.
- In caso diverso, è il Superiore maggiore nell'Istituto religioso e nella Società
di vita apostolica clericali e di diritto pontificio, oppure s'Ordinario proprio del religioso
negli altri Istituti religiosi.

4743 3. Le pie fondazioni

1) Concetto e distinzione
1303, § l (1544 *) Come s'è già rilevato, fra le cause pie hanno una particolare
importanza le pie fondazioni, costituite di beni economici, mobili o immobili, destinati
ai fini indicati nel ean. 114, § 2: opere di pietà, di apostolato o di carità, sia spirituale
che temporale.
Si distinguono in fondazioni autonome e non autonome.
Le pie fondazioni autonome - denominate nel Codice precedente "istituti eccle-
siastici non collegiali" - sono erette in persona giuridica dalla competente autorità, a
norma del can. 114, § P.
Le pie fondazioni non autonome sono invece costituite di beni attribuiti in qual-
siasi modo (quoquo modo data) a una persona giuridica pubblica già esistente, con
l'onere di devolverne il reddito annuo o parte di esso per la celebrazione di Messe o di
altre determinate funzioni ecclesiastiche, oppure per la realizzazione dei fini di culto, di
apostolato o di carità, secondo l'accennato can. 114, § 2.
Le fondazioni autonome, in quanto persone giuridiche, sono ex se perpetue, a
termine del can. 120. Quelle non autonome restano in vita per un ampio spazio di tempo
(per diuturnum tempus), da determinarsi dal diritto particolare.

4744 2) L'ulteriore destinazione dei beni delle fondazioni non autonome


1303, § 2 Trascorso il tempo stabilito dal diritto particolare:
l° Se i beni sono stati affidati ad una persona giuridica pubblica soggetta al Ve-
scovo diocesano, la loro ulteriore devoluzione, se ancora sussistono, è così determinata
nel 2° paragrafo:
- Anzitutto, sono da trasferirsi all'Istituto diocesano per il sostentamento del
Clero al servizio della diocesi (can. 1274, § I), che, per le sue finalità, merita una
particolare attenzione (Communicationes. a. 1977, p. 273, penultimo cpv.): tranne che
il fondatore abbia manifestato una volontà diversa.
- Se non vengono trasferiti al detto Istituto (secus), i beni passano per sé alla
stessa persona giuridica alla quale vennero affidati.

, Nelle nuove Norme concordatarie, è disposto che «le fondazioni di culto possono essere
riconosciute (civilmente) quando risultino la sufficienza dei mezzi per il raggiungi mento dei fini
e la rispondenza alle esigenzereligiose della popolazione» (Norme esecutive circa gli enti e i beni
ecclesiastici in Italia, 3 giugno 1985, art. 12).
Le pie volo ntà 573

CAN. 1304 - § 1. Ut fundatio a § 1. Perché una fondazion e possa es-


persona iuridica valide acceptari sere accettata validamente da una perso -
possit, requiritur licentia Ordina- na giuridica, si richied e la licenza scritta
rii in scriptis data; qui eam ne dell'Ordinario; questi, però, non la rila-
praebeat, antequam legitimecom- sci prima di essersi accertato convenien-
pererit personam iuridicam tum temente che la persona giuridica sia in
novo oneri suscipiendo, tum iam grado di soddisfare tanto il nuovo onere
susceptis satisfacere posse; maxi- da assumere quanto quelli già assunti in
meque caveat ut reditus omnino precedenza; soprattutto badi che i redditi
respondeant oneri bus adiunctis, coprano interamente gli oneri annessi.
secundum cuiusque loci vel regio- secondo l'usanza di ciascun luogo o re-
nis morem, gione.
§ 2. Ulteriores condiciones ad § 2. Ulteriori condizioni, per quanto
constitutionem et acceptationem concerne la costituzione e l'accettazione
fundationum quod attinet, iure delle fondazioni, siano stabilite dal diritto
particulari definiantur. particolare .

2° Se i beni sono stati affidati ad una persona giuridica non soggetta al Vescovo
diocesano (altro caso ipotizzabile, compreso nell'avverbio "secus") - per esempio ad un
istituto di vita consacrata o ad una società di vita apostolica (cfr. Communicationes, a.
1980, pp. 432-433, can. 49) - passano alla detta persona, tranne che sia stato disposto
diversamente a termine del can. 1304, § 2, d'intesa col fondatore, nell'atto di costituzion e.
Fondazioni non autonome, costituite "in perpetuum". Nel Codice precedente, le fondazi oni 4745
non autonome, dette semplicemente " fondazioni" (can. 1544, ~ l ), potevano essere cos tituite sia "in
perpetuurn" che "in diuturnum ternpu s" (ca n. cit.), Nel nuovo Codice, le dette fondazioni sono
costituite solo "in diuturnum tempu s, iure particulari determinandum" (can . 1:\03 , ~ l, n. 2). Così
venne deciso all'inizio dal Celo dei Consultori : «Consulto omittuntur verb a in perpetuum, propter
progre ssivam bonorum vilescentiarn nostris ternporibus co mmunem» (Commu nicusiones. a. 1973,
p. 102, n 47) .
Successivamente, si ritornò alla disposizione del Cod ice precedente, e fu ammessa la possi-
bilità delle fondazioni non autonome costituite "in perpetuum": «Proponitur ut piae fundationes non
auton ornae constitui possint vel perpetuae vel in diuturnum ternpus, sicut est in vigenti Codi ce.
Quamvis enim Comrnissio aliquando accederet sententiae non admiuendi fundationes in
perpetuum, ob progressivam bonorum vilescentiam nosrri s ternporibus communem, tamen, re
matur ius perpensa, non opportunum cen suit vetitum ponere contra eo s qui piam fundarion em
perpetu am co nstituerc velint. Ad praecaven das autem diffi cultates ex fundati on ibus perpetuis folte
orit uras, ius parti culare co nditiones opportunas imponere potest vi can. 50 (sostanzialmente. l'at-
tuale ca n. 1304. § 2)>> (Co mmunicationes. a. 1977, p. 273 , 2° cpv.),
In un terzo temp o, nella seduta del 15 novembre 1979, si dispose nuov amente che le fonda-
zioni non autonome fossero costituite soltanto "in diuturnum tcrnpu s" : «Plurcs suggesserunt ut non
adrnitranrur onera in perpetuum, quia conditiones hodiernae oeco nomiae tales sunt ut diffic ulter
reditu s stabiles haberi possint ad onera in perpetuum implenda. Consultore s ornnes, lino tantum
exce pto, hanc suggcs tioncm recipiunt et approbants (Communicationes. a. 1980, p. 431. can , 49 ).
Considerato l'iter del canone e i motivi poco consistent i che hanno indotto il Ceto dei Consulto ri
a stabilire la temporaneità delle fondaz ioni non autonome, si può forse ritenere che la delta dispo si-
zione non abbia valore assoluto, e che il Vescovo diocesano c gli Ordinari d 'Istituti religiosi e di
Società di vita apostolica possano in casi particolari autorizzare la costituzion e di fondazioni non
autonome anche "in perpetuurn", con la clausola espressa che, in caso di svaluta zione (vilescentia)
dei beni costituenti la pia fondazione, gli oneri relativi si riducono "eo ipso" proporzionalmente.
La suddena norma del can . 1303. § 2, non riguarda comunque un legato di Messe lasciato
fiduciar iamente a una persona giuridica ecclesiastica pubblica, per es. un Seminario diocesano. Tale
lascito - per es. degli appartamenti o dei fondi - può avere anche carattere "perpetuo", senza alc un
divieto, qualora gli appartamenti o i fondi siano destinati a vantaggio del Seminario, e le Messe di
suffragio siano un semplice onere parziale (modus), di cui resterebbe gravato in perpetuo il Seminari o.
574 UBRO V - I beni tem porali del la Chiesa

CAN. 1305 - Pecunia et bona mo- Il danaro e i ben i mobili assegnati a ti-
bilia, dotationis nomine assignata, tolo di dotazione, siano depositati subito
statim in loco tuta ab Ordinario in un luogo sicuro, da approvars i d all 'Or-
approbando deponantur cum in dinario, allo scopo di custodire il danaro
finem, ut eadem pecunia vel bo- stess o o il ricavato dci beni mobili e d 'in-
norum mobilium pretium custo- vestirlo con cautela e utilmente al più pre-
diantur et quam primum caute et sto secondo il prudente giudizio del me-
utiliter sccundum prudens eiu- desimo Ordinario - sentiti per altro gl'in-
sdem Ordinarii iudicium, auditis tcrcssati e il proprio consiglio per gli affa-
et iis quorum interest et proprio a ri economici - a vantaggio della fondazio-
rebus oeconomicis consilio, collo- ne, con l'espressa e specifica menzione
centur in commodum eiusdem del]' onere.
fundationis cum expressa et indi-
vidua mentione oneris.

4746 3) L'accettazione di una pia fondazione


1304, § l (1546 *) Si tratta di fondazioni non autonome , come risulta dal contesto
del canone. Perché una persona giuridica pubblica accetti una tale fondazione, è neces-
sario ad validitateni' la licenza scritta dell 'Ordinario?
4747 L'Ordinario, da parte sua, prima di rilasci are la licenza è tenuto ad osservare alcune
formalità di carattere prudcnziale:
IO De ve accertarsi debitamente (Iegitime) che la persona giurid ica sia in
grado di soddisfare tanto il nuo vo one re da assumere. qu anto quelli già ass unti m
precedenza,
2° Deve assicurarsi soprattutto che i redditi della fondazione coprano interamente
gli oneri annessi, second o l'usanza del luogo o della regione .
Trattandosi della costitu zione di fondazioni autonome, si applica il can. 114, § 3.

4748 1304, § 2 Il secondo paragrafo del canone riguarda sia le fondazioni autonome da
costituire sia quelle non autonome da accettare (ad constitutionern et accep tationern
fundationum). Per le une e per le altre, si lascia al diritto particolare (pontificio, nazio-
nale o diocesano) di stabilire ulteriori condizioni . Condizi oni più dettagli ate possono
essere stabilite anche dall'Ordinario competen te all 'atto della costituzione o dell'uccct-
tazione della fondazion e, d'int esa col fondator e.

4749 4) La collocazione del danaro e dei beni mobili di carattere dotal e


1305 (1547*) La prima misura tutelare che occorre prendere circa il danaro c i beni
mobili (titoli, azioni , ecc.), assegnati in dotazione a una fondazione, è quell a di depo-
sitarli in un luogo sicuro (in loco tuto) - con l'espressa menzione degli oneri relativi
- allo scopo di custodire debitamente il danaro, i beni mobili da conservare e l'even-

" Valide, precisa l' attuale canone, ponend o così fine alla discussione esistent e nella dottrina
c alla incen ezza della giurisprud enza, in quanto tale avverbio mancava nel rispondente can. 1546
del Codice precedente .
7 «In acceptatione, constitutione et administratione fundationis patronus ecc lesiae nullum ius
habet», teneva a precisare il can, 1546, § 2, dci Codice precedente. La norma è stata omessa. perché
ritenuta superflua.
Le pie volontà 575

CAN. 1306 - § 1. Fundationes, § 1. Le fondazioni, anche se fatte a viva


etiam viva vocefactae, scripto con- voce, siano redatte in iscritto.
signentur.
§ 2. Alterum tabularum exem- § 2. Un esemplare delle tavole di fonda-
plar in curiae archivo, alterum in zione si conservi al sicuro nell'archivio di
archivo personae iuridicae ad curia; un' altra, nell' archi vio della persona
quam fundatio spectat, tuto asser- giuridica interessata.
venturo
CAN. 1307 - § 1. Servatis prae- § 1. Osservate le norme dei cann. 1300-
scriptis cann. 1300-1302, et 1287, 1302 e 1287, si faccia una tabella degli
onerum ex piis fundationibus in- oneri delle pie fondazioni, tenendola
cumbentium tabella conficiatur, esposta in un luogo ben visibile, affinché
quae inloco patenti exponatur, ne gli obblighi da adempiere non vadano in
obligationes adimplendae in obli- dimenticanza.
vionem cadant.
§ 2. Praeter librum de quo in § 2. Oltre al registro di cui al can. 958,
can. 958, § 1, alter liber retineatur § l, si abbia un secondo registro, conser-
et apud parochum vel rectorem vato presso il parroco o il rettore, nel quale
servetur, in quo singula onera eo- si annotino i singoli oneri, il loro adempi-
rumque adimpletio et eleemosy- mento e le elemosine.
nae adnotentur.

tuale ricavato dei beni mobili venduti. Tale deposito dovrà avere l'approvazione dell'Or-
dinario, definito dal can. 130I, § I, l'esecutore nato di tutte le pie volontà. Il suo
consenso è necessario anche per l'utile e prudente (caute et utiliter) investimento del
danaro, nell'interesse della fondazione. Per questa operazione, che va fatta al più presto
(quam primum), bisogna ascoltare inoltre il parere degl'interessati e del proprio Consi-
glio per gli affari economici (il Consiglio proprio dell'Ordinario).

5) Formalità da osservare 4750


1306-1307 (1548-1549*) Sono prescritte varie formalità, aventi lo scopo di garan-
tire l'esistenza della fondazione e l'esatto adempimento degli oneri annessi.
I ° La redazione di un documento scritto, anche se la fondazione sia stata fatta a
viva voce: il documento costituisce le "tavole di fondazione".
2° Tali tavole devono essere compilate in duplice originale: uno di essi sarà con-
servato al sicuro nell'archivio di curia dell'Ordinario competente; l'altro, nell'archivio
della persona giuridica interessata.
3° A parte l'osservanza delle norme prescritte nei precedenti cann. 1287, 1300- 4751
1302 (relativi al fedele adempimento delle pie volontà dei fedeli, al diritto di vigilanza
dell'Ordinario, ai suoi compiti c attribuzioni nel caso di beni "fiduciari", all' obbligo del
rendiconto), gli oneri gravanti sulle pie fondazioni devono essere segnati in una parti-
colare tabella, da tener esposta in un luogo ben visibile, affinché gli obblighi da adem-
piere non vadano in dimenticanza.
4° Si terrà infine un duplice registro: quello prescritto dal can. 958, § l, per gli
eventuali oneri di Messe, e, a parte, distinto dal primo registro, un altro, da conservare
dal parroco o dal rettore, nel quale saranno annotati i singoli oneri della fondazione, il
loro adempimento e le relative elemosine.
576 LIBRO V - l bcuì tem poral i dell a Chiesa

CAN. 1308 - § 1. Reductio onerum § l . La ridu zion e deg li oneri de lle


Missarum, ex iusta tantum et ne- Messe, che può farsi so ltanto per una
cessaria causa facienda, reserva- caus a giusta e necessaria, è riservata alla
tur Sedi Apostolìcae , salvis prae- Sede Apo stolica, salve le seguenti disp o-
scriptis quae sequuntur. siz ioni.
§ 2. Si in tabulis fundationum id § 2. Se è espressamente previsto nelle
expresse caveatur, Ordinarius oh tavole di fondazione, la riduzione degli
imminutos reditus onera Missa- oneri di Messe, a causa de lla diminuzione
rum reducere valet. dei redditi, può esser fatta dall'Ordinario .
§ 3. Episcopo dioecesano compe- § 3. Per la diminuzione dei redditi e
tit potestas reducendi oh deminu- finché ques ta perdu ri, il Vesco vo diocesa-
tionem redituum, quamdiu causa no ha la facoltà di ridurre le Messe dei
perduret, ad rationem eleemosy- legati o in qualsiasi modo fondate , che
nae in dioeccsi legitime vigcntis, siano per sé stanti, seco ndo l' elemosi na
Missa s legatorum vel quoquo mo- legittimament e vigente in diocesi , purché
do fundatas, quae sint per se stan- non ci sia nessuno che abbia l'obbli go e
tia, dummodo nemo sit qui obliga- possa essere cost retto utilmente a prov ve-
tione teneatur et utiliter cogi pos- dere all' aumento dell' elemosina.
sit ad eleemosynae augmentum
faciendum.
§ 4. Eidem competit potestas § 4. Al medesimo Vesco vo diocesano
reducendi onora seu legata Missa- compete la facoltà di rid urre gli oneri o
rum gravantia institutum ecclesia- legati di Messe gravanti su una istituzione
sticum, si reditus insufficientes ecclesias tica, se i redditi siano diventati
evaserint ad finem proprium eius- insufficienti a conseguire convenientemen-
dem instituti congruenter conse- te le finalità proprie della medes ima isti-
quendum. tuzione.
§ 5. Iisdem potestatibus, de qui- § 5. Le medesime facoltà, di cui ai §§ 3
bus in §§ 3 et 4, gaudet suprc mus e 4, spettano al Moderatore supremo di un
Moderator instituti religiosi cleri- istituto religioso clericale di diritto po nti-
calis iuris pontificii . ficio.

4752 4. Gli oner i annessi all e cause pie

I ) L 'eventuale riduzione degli oneri di Messe


1308 (/5/7 e / 55 1*) Il principio fondame ntale d i carattere morale e giuridico
stabilito nel ca n. 1300, è che le pie volontà devono essere adem piute con ogni accura-
tezza (diligent issi me), secondo gli obblighi legittimamente assu nti, per cui nessuna
modi fi ca o riduzione può esse re apportata ai relativ i oneri se non per causa giusta e
necessaria, co n l' osservanza di precise formalità.
Gli oneri di Messe hanno una particolare delicatezza e importanza. Il legislatore li
co nsidera a parte, fissando le seguenti norm e.
IO La rid uzione deg li oneri di Messe, da effettuare come s'è dett o solo "ex iusta
et necessaria causa", è riservata in linea d i massim a alla Santa Sede.
4753 2 Le autorità inferiori hanno le seg uenti faco ltà:
0

- L'Ordinario (Vescovo diocesano e Presule ehe gli è equ iparato. Vicario gene-
rale ed episcop ale, Superiore magg iore d' Istituto religioso o di Società di vita apostolica
Le pie volontà 577

CAN. 1309 - Iisdem auctoritati- Alle medesime autorità di cui al can.


bus, de qui bus in can. 1308, pote- 1308, spetta anche la facoltà di trasferire,
stas insupercompetit transferendi, per causa adeguata, gli oneri delle Messe
congrua de causa, onera Missarum in giorni, chiese o altari diversi da quelli
in dies, ecclesias vel altaria diver- stabiliti nelle fondazioni.
sa ab iIIis, quae in fundationibus
sunt statuta.

clericali e di diritto pontificio: can. 134, § l), può effettuare la riduzione degli oneri di
Messe, a causa della diminuzione dei redditi, se questo è previsto espressamente nelle
tavole di fondazione.
- Il Vescovo diocesano e i Presuli che gli sono equiparati tCommunicationes, a. 4754
1980, p. 434, 2° cpv.) - Il Vicario generale ed episcopale solo "de speciali mandato"
(can. 134, § 3) - a causa della medesima diminuzione dei redditi e finché questa
perduri, anche se non sia previsto nelle tavole di fondazione:
a) Hanno la facoltà di ridurre le Messe degli oneri o legati autonomi (per se stantia)
- aventi cioè dei propri cespiti, destinati a tale specifico scopo - secondo l'elemosina
legittimamente vigente in diocesi (can. 952), purché non ci sia nessuno che abbia l'ob-
bligo e possa essere costretto efficacemente a provvedere all'aumento dell'elemosina.
La facoltà è delegabile, perché annessa all'ufficio, e perciò ordinaria (can. 131, § I). Cfr.
Communicationes, a. 1980, p. 434, can. 55, ultimo cpv.).
b) Hanno similmente la facoltà di ridurre le Messe degli oneri o legati non
autonomi, gravanti cioè su istituti o enti ecclesiastici, ma solo nel caso che i relativi
redditi siano diventati insufficienti a conseguire convenientemente le finalità proprie
dell'{stituto".
- Il Moderatore supremo di un Istituto religioso clericale dì diritto pontificio ha 4755
le medesime facoltà, spettanti al Vescovo diocesano, relativamente ai legati di Messe,
autonomi e non autonomi, di sua competenza.
Il canone attribuisce tali facoltà solo al Moderatore supremo degl' Istituti religiosi. Ne restano
quindi esclusi i Superiori generali delle Società di vita apostolica, anche se clericali e di diritto
pontificio tCommunicationes. a. 1984, p. 37, can. 1260).

2) Il trasferimento degli oneri 4756


1309 Gli oneri di Messe vanno adempiuti fedelmente, anche per quanto riguarda
le "modalità" stabilite dal fondatore (can. 1300). Il trasferimento di detti oneri in
giorni, chiese e altari diversi da quelli stabiliti nell'atto di fondazione, richiede una
causa proporzionata (congrua de causa). È necessaria anche la relativa autorizzazio-
ne, da concedersi dalle medesime autorità competenti per la riduzione degli oneri
(can. 1308).

x Dal M.P. Pastorale munus di Paolo VI, parte I, n. 12, da cui la norma è stata tratta: «(II
Vescovo residenziale ha) similmente (la facoltà di) ridurre gli oneri o legati di Messe gravanti sui
benefici o altri istituti ecclesiastici, qualora il reddito del beneficio o dell'istituto sia divenuto
insufficiente all'onesto sostentamento del beneficiario e all'esercizio delle opere di sacro ministero
eventualmente annesso al beneficio, o al conveniente conseguimento del fine proprio dell'istituto
ecclesiastico» iEnchir. Va!.. voI. 2, p. 155, n. 98).
578 LIBRO V - J beni temporal i della Chiesa

CAN. 1310 - § 1. Fidelium voIun- § l. La riduzione, il contenimento e la


tatum pro piis causis reductio, modifica delle volontà dei fede li in ord ine
moderatio, commutatio, si funda- alle cause pie, possono essere effettuate
tor potestatem hanc Ordinario dall ' Ordinari o - ma soltanto per ca usa
expresse concesserit, pot est ab giusta e necessaria - qualora questa faco l-
eodem fieri ex iusta tantum et ne- tà gli sia stata concessa espressamente dal
cessaria causa. fondatore.
§ 2. Si exsecutio onerum impo- § 2. Se l' esecuzione degli oneri imposti
sitorum, ob imminutos reditus sia divenuta impossibile per la diminuzio-
aliam ve causam, nulla admini stra- ne dei redditi o per altra causa, senza al-
torum culpa, impossibilis evaserit, cuna colpa da parte degli amm inistratori ,
Ordinarius, auditis iis quorum l' Ordinario, sentiti gli interessati e il pro-
interest et proprio consilio a rebu s prio consiglio per gli affar i econom ici, c
oeconomicis atque servata, me- rispettata nel miglior modo possibile la
Iiore quo fieri potest modo, fun- vol ont à del fondatore, potrà diminuire
datoris voluntate, poterit eadem equamente i detti oneri; è ecce ttuata la ri-
onera acque imminuer e, excepta duzione delle Messe, regolata dalle dispo-
Missarum reductione, qu ae prae- sizioni del ca n. 1308.
scriptis can. 1308 regitur,
§ 3. In ceteri s casibus recurren- § 3. Negli altri casi, si deve ricorrere
dum est ad Sedem Apostolicam. alla Sede Apostolica.

4757 3) G li altri on eri


1310 (/517 *) Anche la riduzione , il conteni mento e la commutazione " degli altri
oneri gravant i sulle fondazioni, richiedono una causa gi usta e necessaria (ex iusta tantum
et necessaria causa). Il Codice prevede, similmente, due ipotesi:
IO Che una tale facoltà sia stata co ncessa espressame nte dal fondatore nell' alto di
fondazione: l'Ordinario compete nte può esercit arla legittimamente e validamente, pur-
ché sussista la " iusta et necessaria causa" .
2 0 C he l'e secu zione degli oneri prescri tti sia diven uta impossibile per la di mi-
nuzione dei redditi o per altra causa, senza alcun a col pa da parte degli amministratori.
In questa ipo tesi, l' Ordinario co mpetente potrà effett uare un'equa rid uzione deg li
oneri , anche se tale faco ltà non sia stata disposta nell' atto di fo ndaz io ne, alle segue nti
condizioni:
- Che si ascol ti previamente il parere degl'i nteressati e del proprio Co nsig lio per
gli affari economici
- Che si rispetti nel miglio r modo possibile (melior e quo fie ri potest modo) la
volontà de l fondatore
- Che non si apporti alcu na riduzione nelle Messe, che è rego lata da nor me
proprie , stabilite nel can. 1308
A parte ques ti due casi, in tutti gli altri è necessario "ad validitatem" ricorrere alla
Sede Apostolica .

La riduzione degli oneri comporta la diminuzione degli atti o prestazioni prescritte; il


<)

contenimento (moderatio) riguarda i costi relativi; la commutazione (comm ulatio) è la sosti tuzione
di un atto o prestazione con un altro atto o prestazione.
Le pie volontà 579

5. Norme e direttive della CEI 4758


Istruzione in materia amministrativa della Conferenza Episcopale Italiana, l" aprile
1992, nn. 119-122.

l ) Fondazioni autonome 4759


N. 119: «Sono pie fondazioni autonome le masse di beni destinate da una pia
volontà (cfr. cann. 1299-1300) a fini rientranti nella missione della Chiesa, cioè a
opere di pietà o di culto, di apostolato o di carità sia spirituale sia temporale, ed erette
in persona giuridica dall'autorità ecclesiastica competente (cfr. cann. 114 e 115,
1303, § I).
Le pie fondazioni autonome sono persone giuridiche pubbliche nell'ordinamento
canonico (cfr. cann. 115, §§ l e 3, 1303, § I, n. I) e sono per loro natura perpetue (cfr.
can. 120, § l).
L'autorità ecclesiastica competente a erigere una pia fondazione autonoma pubblica
è la Santa Sede o la Conferenza Episcopale Italiana o il Vescovo diocesano.
In Italia, le fondazioni autonome erette con decreto dell'autorità ecclesiastica com-
petente come persone giuridiche pubbliche, possono essere riconosciute come enti ec-
clesiastici con la denominazione di "fondazioni di culto", ai sensi dell' art. 12 della
Legge 222/1985 e alle condizioni ivi previste.
Non sono invece fondazioni di culto le fondazioni istituite da privati senza alcun
intervento dell'autorità ecclesiastica, cioè le masse di beni che hanno la personalità
giuridica non come enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, ai sensi della Legge
222/1985, bensì come fondazioni civili ai sensi dell'art. 12 Codice Civile (dette anche
istituzioni private o enti morali) o come istituzioni pubbliche di assistenza e benefi-
cenza ai sensi della Legge 17 luglio 1890, n. 6972. Tali fondazioni non sono persone
giuridiche canoniche soggette al Vescovo diocesano e i loro beni non fanno parte del
patrimonio ecclesiastico.
Nel Codice del 1917 erano qualificati come istituti ecclesiastici non collegiali sia 4760
le fondazioni sia i seminari, perché non si faceva allora esplicita distinzione tra
aggregazioni di persone e masse di beni. Si verifica pertanto il caso che alcuni seminari
in passato siano stati riconosciuti civilmente come fondazioni di culto.
Secondo il Codice vigente, i seminari e le altre istituzioni analoghe (per esempio
le accademie, i collegi c gli altri istituti per ecclesiastici e religiosi o per la formazione
nelle discipline ecclesiastiche) non sono fondazioni di culto perché sono aggregazioni
di persone non collegiali (cfr. cfr. can. 115)>>.
N. 120: «L'elemento costitutivo della fondazione di culto è il patrimonio iniziale, 4761
cioè la massa di beni, che viene eretta in persona giuridica. Non può esistere perciò una
fondazione senza che sia fatta da una persona fisica o giuridica, proprietaria di determi-
nati beni, una dotazione iniziale della fondazione.
Il Vescovo diocesano non faccia il decreto di erezione canonica di una fondazione
di culto, se questa non ha i requisiti (i tre generali previsti dall'art. l e i due specifici
previsti dall'art. 12 della Legge 222/1985) per il riconoscimento civile come fondazione
di culto, cioè come ente ecclesiastico.
In caso contrario si avrebbe una situazione giuridica abnorme.
Una fondazione di culto, canonicamente eretta con decreto vescovi le, fino alla
data del riconoscimento civile non è propriamente esistente in atto, ma lo è soltanto
580 LI BRO V • I be ni te-mporaf dell o Ch iesa

in potenza. Il riconoscimento ci vile infatti d à effic aci a g iuridica all ' att o di dot azione:
fino a tale momento il patrimonio iniziale re sta di proprietà del fond atore, non della
fond azione.
AI fine di far coincidere g li effe tti giuridici dell ' att o d i fond az ion e nei du e
ordin amenti ca nonico e civi le , il Vescovo può opportunamente porre nel decreto di
erezione can oni ca la cla uso la fin ale: "G li effetti giuridi ci del pre sent e nostro decr eto
sono sos pes i nell'ordinamento canonic o fino alla data del riconoscimento ci vile dell a
fond azione stes sa" ».

4762 2) Fonda zioni non autonome


N. 12/ : " Sono pie fonda zioni non autonome le masse di beni temporali, comunqu e
de vo lute a una persona giurid ica pubblica, in forza di una pia vo lontà, cioè con l'onere
dell a celebrazione di Messe o di altre speci fiche funzioni ecclesiastiche o altrimenti per
cons eguire le finalità di cui al can. 114, § 2, in ragione dei redditi annui (cfr. can. 1303 ,
§ l. 2°).
Le pie fondazioni non autonome non sono persone giuridiche, ma so ltanto masse
di beni destinate a una final ità specifica , facenti parte del pat rimonio di una persona
giuridic a pubblica.
Nuove pie fond azioni non autonome possono essere costituite soltanto "in
diuturnum tempus, iure particulari determinandum" (ca n. 1303, § l 2°). Tra sco rso il
tempo di durata predete rminato, i ben i fonda tizi avranno la destinazione spec ifica ta nel
ean . 1303 , § 2.
Il Vescov o favorisca l'i stituzione di pie fondazion i non auto nome de volute alla
dio cesi o alle parrocchie, piutt osto che l'erezione di fond azioni autonome: que sto affin -
ché una comunità eccl esiale ga rantisca nel tempo l'esecuzione della pia volontà del
fond atore.
È bene che il Vescovo emani un regolamento diocesano per le pie fond azioni e le
pie volontà in genere».

4763 3) Opere
N. 122 : " Con il termine "o pera" e con quelli equi valenti di "centro" , "i stituto" e
simili, si intende un insieme di persone e di ben i organizzati per realizzare un a dell e
finalità inerenti alla mission e della Chie sa, di cui al can. 114, § 2.
L'opera può div entare soggetto di diritto se viene ere tta in persona giuridica e
ricon osciuta civilmente: in tal caso div enta una fondazione autonoma (opus [undatumi.
Fino a che non sia eretta in persona giuridica, l'opera rest a solo un'attività, che
richiede necessariam en te un sogg etto. Le opere possono essere promosse da una perso na
fisica, da più persone riunite in associazione di fatto , o vvero da una persona giuridica.
Si tenga presen te, in proposito. quanto sottolineato nel ca pitolo seco ndo della presen te
Istruz ione , al n. 13».
"Vademecum per l'amministrazione della Parrocchia". È un prontuario molto utile, pre-
parato da un gruppo di Economi delle Diocesi italiane per le Parrocchie, che può servire
d' integrazione alle norme e direttive contenute nel V Libro del Codice, anche per il suo contenuto
concernente le disposizioni concordatarie vigenti in Italia. Il volume. aggiornato al 30 settembre
1994, è stato già pubblicato da varie Diocesi: Roma, Milano, Brescia, Venezia, Reggio Calabria,
ecc. È conveniente avere una copia di tale "Vadernecum", come della "Istruzione in materia
amministrativa", pubblicata dalla CEI il ( 0 aprile 1992.
11 Vllihmdcl Codice 581

LIBRO VI
LE SANZIONI NELLA CHIESA

Il diritto penale, che nel Codice precedente seguiva al diritto pro cessuale col titolo 4764
De delictis et poenis (libro V) , nel nuovo Codice è collocato più corrett amente prim a col
titolo più ge ne rico De sanctionibus ili Ec clesia' . Il De delictis et poenis è di venuto
so ttotito lo de lla Il parte.
Il libro è diviso in due parti: i delitti e le pene in genere (cann . 131 1-1363); - le
pen e per i si ngoli delitti (cann. 1364-1399).
La prima parte comprende sei titoli, nei quali sono formulati i principi generali dell'ordina-
mento penale canonico:
J o La punizione dei delitti in genere: eann. 13 J 1-1312
2 0 La legge penale e il precetto penale: cann. 1313-1 320
3° Il soggetto passivo delle sanzioni penali: cann. 1321-13 30
4° Le pene e le altre punizioni: cann. 1331-1340
- Le censure: cann. 1331-1335
- Le pene espiatorie: cann. 1336-1338
- I rimedi penali e le penitenze: cann. 1339-1340
5° L'applicazione delle pene: cann. 1341-1353
6° La cessazione delle pene: cann. 1354-1363
La seconda parte si compone di sette capitoli:
I° Delitti contro la religione e l'unità della Chiesa: cann. 1364-1369
2° Delitti contro le autorità ecclesiastiche e contro la libertà della Chiesa: eann. 1370-1377
3° Usurpazione di ministeri ecclesiastici e delitti nel loro esercizio: cann. 1378-1 389
4° Delitto di falso: cann. 1390-1391
5° Delitti contro obblighi speciali: cann. 1392-1396
6° Delitti contro la vita e la libertà: cann. 1397-1398
7° Norma generale: can, 1399

Il nuovo diritto pen ale si presenta profondamente rinnovato, nel contenuto e soprat- 4765
tut to nello spirito". Si è effettuata in ess o una vera rifo rm a, animando il sistema pen ale
di un vivo sen so di "pastoralità", c he, del resto, pervade in modo aperto tutta la nuo va
leg islazione ca no nica.
In questa prospettiva , si è pro ceduto: 4766
a) A una netta semplificazione delle norme giuridiche: il nuo vo Codice ded ica al
diritto penale 89 canoni (1311-1399 ), di fronte ai 220 del Codice precedente (2195-
2414): una riduzione di quasi tre quinti.

I Il diritto penale sostantivo, che stabilisce i reati e le pene annesse, precede logicamente il

diritto penale fo rmale o proc essual e, il quale non fa che applicare il primo.
, La normativa penale precedente. pur apprezzata per la sua grande perfezione tecnica e
scientifica, risultava ormai da più anni del tutto inadeguata ai nuovi tempi e poco applicata.
582 LIBRO VI- Le sanzioni nella Chiesa

Un taglio così reciso è stato possibile specialmente per due motivi:


- L'ampio rinvio al diritto particolare, in virtù del principio di sussidarietà iCommuniccuia-
nes, a. 1969, pp. 80-83), soprattutto per quanto riguarda la normativa delle pene per i singoli delitti .
In genere, il nuovo Codice si limita a richiamare i principi fondamentali dell'ordinamento penale
iCommunicationes. a. 1970, p. 100, 30 cpv.),
- L'omissione di quasi tutte le definizioni esistenti nel Codice anteriore. Fu una scelta
precisa per un motivo di carattere metodologico: «Maxima habita est cura ut pretermitterentur
definitiones, quae ad doctorum magis quam ad legislatoris pertinent officium» tCommunicationes,
a. 1970, p. 101 3° cpv.); - «Consulto omissac sunt dcfinitioncs, quippe quod Codex non est
manuale scholasticum ct in iure dcfinitiones ipsae periculosae sunt» (Cammunicationes. a. 1984,
p. 38, n. I). Un tale criterio, tuttavia è piuttosto discutibile e, in effetti, si richiese da più parti che
venissero ripristinate nel VI libro almeno le definizioni principali tCommunicatìones, a. 1975, p.
97, n. 9). Forse sarebbe stato prcferibilc seguire questo consiglio. L'eccessiva riduzione che è stata
effettuata, non favorirà certo la chiarezza c sarà causa di non poche difficoltà e incertezze nella
interpretazione della legge.

b) A una rigida limitazione delle pene tCommunicationes, a. 1969, p. 84, n. 9).


c) Alla soppressione di canoni ormai superati.
d) Soprattutto all'affermazione di un più sentito obbligo di moderazione, di cle-
menza, di equità e di carità cristiana, in piena rispondenza con lo spirito del Concilio
Vaticano Il; «In Icgibus Codicis Iuris Canonici elucère debet spiritus caritatis,
ternperantiae, humanitatis ac moderationis, quae, totidem virtutes supernaturales,
nostras leges distinguunt a quocumque iure humano seu profano» tCommunicationes.
a, 1969, p, 79, n, 3),

4767 In conformità con tali principi, le numerose pene "latae sententiae" comminate nel Codice
precedente sono state ridotte a pochi casi di eccezionale gravità: «ad paucos omnino casus, imo ad
paucissima eaque gravissima delicta- (Communiciuiones. a. 1969, p. 85, n. 9, 2)'. Con un po' di
coraggio, forse si poteva deliberare la completa soppressione delle censure "Iatac sententiae",
contro le quali c'è oggi una diffusa crescente ostilità, anche da parte di coloro che pur riconoscono
la piena legittimità del diritto penale della Chiesa".
4768 La totale abrogazione era stata chiesta da più parti tCommunicatìoncs, a. 1969, p. 85, n. 9,
2; a. 1975, p. 96, n. 6). Ma il Ceto dei Consultori ritenne di dover conservare tali pene, sia pure
in numero molto ridotto perché spesso «unicum praebent medium aptum ad tutandum bonum
animarum quod in discrimen venire potest per quaedam delicta occulta» (Communìcationes. a.
1976, p. 171, can. 5; cfr. anche a. 1975, p. 96, n. I).
Il motivo è forse valido da un punto di vista pastorale. Giuridicamente, tuttavia, le pene "latae
sententiae" rappresentano una figura piuttosto anomala (alcuni l'hanno definita "ibrida"), poiché
creano confusione tra il foro esterno e il foro interno. In effetti, impediscono la piena applicazione
di un principio affermato dalla stessa Commissione per la revisione del Codice, e approvato dal
Sinodo dei Vescovi del 1967, secondo il quale il foro esterno deve rimanere opportunamente
distinto da quello interno iCommunicationes, p. 79, n. 2)'.

, Nel Codice pio-benedettino, le scomuniche "latae sententiae" erano ben 50, 13 le sospen-
sioni e 5 gl'interdetti. Sono state conservate 7 pene di scomunica (5 riservate e 2 non riservate),
6 di sospensione, e 5 d'interdetto personale. L'interdetto "locale" è stato del tutto soppresso.
4 La soppressione completa di qualsiasi pena "latae sententiae" è prevista nel Codice di
Diritto Canonico Orientale, secondo i principi direttivi deliberati dalla relativa Commissione di
revisione (Enchir. Val., vol. S, p. 163, n. 150).
, Ci si rammarica, comunque, che nel nuovo Codice sia stato tralasciato il meraviglioso
testo trldentino, pur riportato nel can. 2214 del Codice precedente. Il brano era piuttosto
lungo, ma ricco di saggezza pastorale, di umanità e di carità e, nello stesso tempo, singolar-
mente attuale, per cui sarebbe stato molto opportuno conservarlo nella nuova legislazione. Lo
riportiamo in una nostra traduzione: «Si ricordino i Vescovi e gli altri Ordinari di essere pastori
e non fustigatori; occorre infatti governare i propri sudditi non dominando su di essi, ma
La punizione dci delitti in generale 583

PARTE l
I DELITTI E LE PENE IN GENERE

Titolo I
La punizione dei delitti in generale
CAN.1311-Nativumetproprium La Chies a ha il diritto nativo e proprio
Ecclesiae ius est christifideles de- d'infliggere sanzioni pen ali ai fedeli che
Iinquentes poenalibus sanctioni- co mmettano de i delitti .
bus coercere.

Si può a nche rileva re nel nuovo Codice: 4769


- Una più ordinata e organica distribuzione della mater ia
- L'u so di un a terminologia più acc urata ed uniforme tCommuniccuiones, a. 1975 ,
p. 97, n. 9)
- La limitazione, anche se non totale, delle norm e penali al foro esterno"
- Un più sentito rispetto della dignità della persona uman a e una più attenta tutel a
dei diritti dei fede li tCommunicationes. a. 1970, p. 101, 2° cpv.)
So n tutt i element i deg ni di nota, che fanno indubbia mente apprezzare l' opera di
revisione portata a termine nella normativa penale .

amando li co me figli e frate lli. Si adoperino. perta nto , con le eso rtazio ni e le ammonizio ni. a
tenerii lontani dai co mporta menti illeciti, sì da non essere cos tretti. q ualora com metta no dei
reati. a infliggere loro le dov ute pene. Se poi, per l' umana fragi lità accada loro di macchiarsi
di qualche colpa, è da osscrv arsi da parte dei Presuli il prece tto dell ' Apostolo di riprenderli,
suppl icarli , scongiurarli con ogni bont à e pazienza, poiché spes so, verso i colpe voli. vale più
la benevolenza che la seve rità. più l'esortazione che la minaccia . più la carit à chc il potere. Che
se, per la gra vità dci delitto , ci sarà bisogno di ricorrere alla verga, allora il rigore dev ' essere
contemperato con la mansuetudine, la conda nna con la misericordia, la severità con la dolcez-
za, affi nché la disciplin a, pur necessaria e salutare ai popoli, sia tutelata senza as prezza, e
co loro che si è cos tretti a punire si emen di no. o. se non voglia no ravvede rsi, almeno gli altr i
siano sollecitati dal l'e sem pio salutare de lla loro puni zione a tenersi lontani dai vizi» .
Un altro testo di grande saggezza e prudenza pastorale emanato dal Concilio Tridentino
relativo alle sco muniche : «Quamvis cxcornmunicationis gladius nervus sit ecclesiasticne disciplinae
et ad contine ndos in officio populos valde salutaris, sobrie tamen magnaque circumspectione
exerccndus est, cum experientia doceat , si temere aut levibus ex rebus incutiatur, magis contemni
quam formidari. et pernicie m potius parare quam salutem».
" Per una più comp leta applicazio ne del principio della distinzione tra foro interno e foro
esterno (Communication es, a. 1974, p. 34), nello schema originario predisposto dal Relatore Prof.
Pio Ciprotti, e approvato dagli altri Consultori. era stata apportata una radicale innovazione nella
pena della scomunica. eliminando da essa il divieto di ricevere i sacramenti della penitenza e della
unzione degl' infermi, che potevano pertanto essere ricevuti anche senza l' assoluzione dalla detta
pena. Il testo del can. 16, corrispondente all'attuale ca n. 1331, era il seg uente: «Excornmunicarin
vetat .; sacrame nta, cxcep tis paenitent ia et infirmo rum unctione, rec ipere et sacram enta vel
sacramentalia conficere vel adrninistrare» (Commun icationes , n. 1977, p. 147). Successi vamente, fu
ripristinata la proibizione di ricevere tutti i sacramenti (can. 1331, § I, n. 2), com'era nel Codice
anteriore (can, 2260 , § I: • v. n. 4874).
584 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa

4770 LA PUNIZIONE DEI DELl7T1 IN GENERALE (cann. 1311 -1312)


Schema
I. Il diritto nativo e proprio della Chiesa 3. Necessi t à e im port anza del diritto pe-
2. Concello di delitto nale della Chiesa
4. Varie specie di sanzioni canoniche

4771 l. Il diritto nativo e proprio della Chiesa


1311 (22 14, § 1*) Si enunzia nel ca none un princi pio teologico-giu ridico del diritto
pubbli co ecclesiastico : la Ch iesa, come co munità di fedeli ave nte anche una struttu ra
soc iale (Communicatio nes , a. 1969, p. 78, n. I), possiede il diritto d' infli ggere sa nzioni
penali ai suoi membri che co mmettano delitti'.
Tale diritto è nativo e proprio (una espressione usata anche nei can n. 747, § I;
1254. § I ; 1260). perché:
- Trae o rigine dalla natura stessa della Chiesa e non da concessione di altra
istituzio ne
- È indipendente da qualsiasi potestà umana (independ ens a qu alih et humana
potestate), come affermava for malmente il can . 2214. § I. del Co dice precedente.

4772 2. Concetto di delitto


È ricava bile dal can. )32 1. § I: una violazione esterna di una legge o di un pre cetto
penale. gravemente imputabile per dolo o per colpa'.

4773 l ) Elementi essenziali


Co ncorrono pert anto nella nozione del delitto tre eleme nti essenzia li.

Un primo elemento oggettivo: la legge a cui sia annessa una sanzione penale
alme no indete rminata. Non si co ncepisce . infatti, un delitto in sen so giuridico senza una
legge che lo preved a co me ta le: " Nullum cri me n sine lege" (nn. 1380-1 381). Co nse-
gue nte me nte. la violazio ne. anche deliberata di una legge priva di sanzione (per es.
l' om issione della comunione annuale: ca n. 920). è peccato da un punto di vista morale.
ma. giurid ica mente. non cos tituisce un delitt o né può essere pun ito. tranne che nel caso
previsto nel can . 1399. Si può pertant o dire che og ni delitto è un peccato. ma non og ni
peccato è un delitto.

Un secondo elemento oggettivo: la vio laz ione esterna dell a legge o de l precett o
penale. G li atti puram ent e interni non so no sogge tti ad alcu na sa nzio ne : "Cogitationis
poenam nem o patiatu r" (Graziano) . Secondo la se nte nza pi ù fondata . non posso no

I Nel linguaggio corrente ed anche in qualche ordinamento statuale, altro è il delitto e altro
il crimine, un termine riservato ai delitti più gravi. Il Diritto Canoni co usa prorniscuarnente i due
termini: "Nulla datur distinetio" (Com munica tiones. a. 1984. p. 78. ad partem IV). Similmente nel
Diritto Penale Italiano vigente. in cui è scomparsa. assorbita in quella di delitto. la figura autonoma
del crimine. come delitto di maggiore gravità. Si distingue invece nel Diritto Canonico l'a zione
crimin ale dall' azione penale (Communicationes, ibidem): la prima è diretta alla condanna del reo;
la seconda all'ese cuzione della pena (cann. 1362- 1363).
, Definizione del Codice precedente: «Col nome di delitto, s'Intende nel diritto eccles iastico
una violazione esterna e moralmente imputabile di una legge. alla quale sia annessa una sanzione
canonica almeno indeterminata» (can. 2 195*).
La punizione dc i delitti in generale 585

neppure esserlo. atteso il loro carattere esclusivamente interno. È tutta via da tene r
presente che "esterno" non vuoi dire " pub blico": una violazio ne esterna può anch e
rimanere "oc c ulta".
Un elemento soggettivo: l'imputabilità per dolo, ossia per delib erata volontà di
violare la legge o il precetto, ovvero per colpa, in concreto per omissione della deb ita
diligenza: can. 1321. § 2 (cfr. Communicationes, a. 1984. p. 39. can. 1272, n. 2). Nel
foro esterno, l' imputabilità è sempre presunta, "nisi aliud appareat" (can. 132 J, § 3).
Ritorn eremo su questi concetti nell'esposizione del can. 1321.

2) Distinzioni 4774

Del delitto si hanno varie distinzioni.


l° Delitto pubblico. notorio e occulto; cfr. cann. 1044, § l, n. 2; 1047, § 2, nn. I e 2: 1071;
1184. § I. n. I. ecc.
2° Delitto consumato e non consumato; cfr. cann. 1328, § I. e 1330
3° Delitto tentato o frustrato: cfr. can. 1328, §§ I e 2
4° Delitto colposo: cfr. can. 1326. § I. n. 3
5° Delitto abituale o permanente; cfr. can. 1362. § 2
6° Delitto recidivo : cfr. cann. 1344, n. 3, e 1488, § I
Il nuovo Codice, come s'è rilevato, tralascia in genere le definizioni. Per la nozione di delitto 4775
puhblico, notorio e occulto, si può ricorrere al can. 2197 del Codice precedente:
- Delitto pubblico: quello che è già divulgato (ossia conosciuto da una larga cerchia di
persone), o che. per le circostanze a cui è legato, si può c si deve prudentemente supporre che
facilmente sarà divulgato.
La detta definizione riflette la pubblicità di fa tto. Ma si può avere anche la pubblicità di
diritto: pubblico di diritto è il delitto che può essere provato nel foro esterno (cfr. can. 1037, Codice
1917: can. 1074, Codice 1983).
- Delitto notorio "notorietate ìurls": quello che risulta per sentenza del giudice passata in
giudicato, oppure per confessione dello stesso reo, fatta in giudizio.
- Delitto notorio " notor ietate facti " ; quello conosciuto pubblicamente e commesso in tali
circostanze che non possa essere celato in alcun modo né possa essere scusato da nessuna moti-
vazione giuridica.
- Delitto occulto: quello che non è pubblico, ossia che non è conosciuto da nessuno o
soltanto da pochissimi: occulto materialmente, se non si conosce il fatto stesso del delitto; occulto
formalmen te, se è ignota l' imputabilità del reo. in qua nto non si conosce l'autore del delitto o non
si è certi della sua responsabilità.

3. Necessità e importanza dci diritto penale della Chiesa 4776


/I di ritto penale ecclesia stico viene talvolta contestato anche da cattolici, i quali
vorrebbero che la Chiesa. attesa la sua natura essenzi alment e spirituale e carismatica e
le sue specifi che finalità soprannaturali, rinun ziasse al potere coattivo, proprio delle
società politiche. e si limitasse a dett are una semplice disciplina, priva di sanzioni. che
sono - si dice - in contrasto con l'autentica adesio ne alla fede, la quale non può
av ve nire se non in un contesto d'intima convinzione e di libertà .
Ma una tale posizione sa di astrattismo e di utopi a. La Chie sa non può fare una
simile rinun zia (Communicationes. a. 1969. pp. 84-85. n. 9). perch é sarebbe causa di
co nfusione e di anarch ia, e toglierebbe ogni valore ed efficacia al Codice di Diritto
Canonico. /I potere coattivo dell a Chiesa non è in cont rasto con la natura de lla Chiesa
né con la libera adesione alla fede. La Chiesa, infatti, non ha soltanto una struttura
spirituale, ma anche esterna e socia le, e que sto esig e un ordinamento giuridico in senso
pieno , anc he se informato a uno spirito c a una funzione essen zialmente pasto rale.
586 LIBRO VI- Le sanzioni nella Chie sa

CAN . 1312 . § 1. Sanctiones poe- ~ I . Nella Chiesa. le sanzioni penali sono


nales in Ecclesia sunt: co stituite:
I ? pocnae medicinales seu censu- l Oda pene medicinali o ce nsure , elen-
rae, quae in cann, 133]·1333 re- cate nei cann. 1331-1333;
censentur;
2° poenae expiatoriae, de quibus 2° da pene espiatorie. di cui al can . 1336.
in can, 1336.
§ 2. Lex alias poenas expiatorias § 2. La legge può stabilire altre pene
constituere potest, quae christifl- espiatorie, che privino il fedele di qual-
delem aliquo bono spirituali vel che bene spirituale o temporale, e siano
temporali priventetsupernaturali rispondenti al fine soprannaturale della
Ecclesiae fini sint consentaneae. Chiesa.
§ 3. Praeterea remedia poenalia § 3. Si fa an che ricorso a rimedi penali
et paenitentiae adhibentur, illa qui- e a penitenze: i rimedi penali soprattutto
dem praesertim ad delicta praeca- per prevenire i delitti , le peniten ze piutto-
venda, hae potius ad poenam sub- sto per sostituire o accrescere la pena.
stituendam vel augendam.

«Novus Codcx - è affermato nel primo dei "Principi direttivi", a cui s' è ispirata la
nuova legislazione canonica - indolem iuridicam omnino retineat oportet cum spiritu
proprio. lndolem dicimus iuridicam quam postulat ipsa natura socialis Ecclesia, quae in
potestate iurisdictionis, ab ipso Christo hierarchiae tributae, fundatur - tCommuniccuio-
nes, a. 1969, p. 78, n. I). Il fondamento scritturistico è innegabile: risulta con evidenza
dal noto testo di S. Matteo, 18, 18 (cfr. anche MI. 28, 18-20, Gv, 20, 2 1, 2 1, 15-1 7),
ed è confermato chiaramente dal comportamento di S. Paolo nei riguardi della comunità
di Corinto (I COL S, 1-5).
4777 D'alt ra parte - com' è stato giustamente osservato - le sanzioni canonich e non
intendono creare nella Chiesa un semplice ordine esterno, fine a se stesso, ma sono il
mezzo di cui la Chiesa si serve per guidare efficacemente la coscienza dei fedeli nel-
l'osservanza dcIIc norme cristiane e facilitare il conseguim ento dei tini a cui le dette
norme tendono, impedendo quei fatti che possono dare scandalo e indurre altri ad agire
contro la legge.
Nella sua prima allocuzione ai componenti della S. Romana Rota, in data 17 feb-
braio 1979, Giovanni Paolo" ha definito la pena strumento di comunione ecclesiale:
- Nella visione di una Chiesa che tutela i dir itti dei singoli fedeli, ma, altresì ,
promuove e protegge il bene comune come condizione indispensabile per lo sviluppo
integrale dell a persona umana e cristi ana, s' inserisce positivamente la discipl ina
penale : anche la pena comminata dall'autorità ecclesiastica... va vista come strumen-
to di comuni one, cioè come mezzo di recupero di quelle carenze di bene individuale
e di bene comune, che si sono rivelate nel comportamento antiecclesiale, delittuoso
c scandaloso, dei membri del popolo di Dio (Insegnam enti di Giovanni Paolo Il, va l.
Il, a. 1979, p. 412).

4778 4. Varie specie di sanzioni canoniche


1312 (2216*) Con termine più appropri ato, il canon e parla di sanzioni , in modo
da comprendere sia le pene propriamente dette sia quelle improprie. costituite dai
rimedi penali e dalle penitenze, detti anch' essi - gli uni e le altre - nel tit. IV
"punitiones" .
La legge penale e il prece tto penale 587

La pena ecclesiastica in se nso propri o è la pri vazione d i un ben e spirituale (pe r es.
la recezi one de i sac ramenti) o temporale (pe r es. la rimozione da un uffi cio , la re voca
d i un titol o onorifico), inflitta dall a legittima aut orità, co nformeme nte al fine sopra nna-
turale dell a Chi esa (cfr. ca n. 1312, § 2)1.
Tutte le pen e ec clesi as tiche hanno una funzi one e una finalità essenzialme nte pa- 4779
storale (Communicaiiones, a. 1975, p. 95, n. 4, 2) , po iché tendono pe r la loro ste ssa
natura all' e me nda me nto e alla rieducazione del reo ' , alla riparazione dell o scandalo , al
ristabilimenlo dell ' ordine e della disciplina nella comunità ecclesi ale (cfr. can. 1341 ).
Per il fine diretto e im med iato , tutt avi a, secondo un a lunga tradizione ca no nistica, esse
si di stin guono in medicinali ed esp iato rie".
- Nelle pene medicinali, l'em en damento del reo è lo scopo d iretto e pre valente
inteso dalla Ch iesa. Col tenni ne tecn ico, esse sono den om inate censure, di cui si tratt a
nei cann. 1331 -1 333.
- Nelle pene espiatorie, il fine esterno è propriam ente il cast igo del de litto, la ripa-
razio ne pubblica del di sordine e del danno cau sato alla co munità ecclesiale dalla infra-
zion e dell a legge o de l prece tto . L 'espressione "pena espia toria " è tratta da l " De ci vitate
Dei " d i S. Ag ostino (2 1, 13 ), e sostituisce opportunam ent e qu ell a più sev era ed a nc he in
ce rto senso equi voca" del Cod ice pre ced ente: " poena vind icati va" (ca n, 22 16, n. 2*).
Le pene espiatorie sono elencale nel can. 133 6. L 'enumerazione non ha carattere 4780
tassativo, per cui nel § 2 dell'altua1e cano ne, si afferma che la legge , generale o parti-
col are - non per ò il precetto di cui al ca n. 1319 - può stabilire altre pene espiatorie,
non co mprese nel can . 1336.
Oltre alle pen e pro priame nte dette, le sa nzio ni pen ali comprendon o i rimedi penali 4781
e le penitenze, d i c ui ai ca nn. 1339-1340. l rimedi penali sono dire tti prin cip almen te
(praese rtim ) a prev en ire i delitti; le pen iten ze piutt osto (potius) a so stitu ire o ad acc re-
sce re le pene.

LA LEGGE PENALE E IL PRECE7TO PENALE (c a n n . 131 3-1 3 20) 4782


Schema
l. Norme introduttive 4. La punibilità dei religiosi da parte dell'Or-
2. La legge penale dinario del luogo
3. Il precetto penale 5. Il soggetto passivo delle sanzioni penali

La fonte istitutiva della pena ca nonica è la leg ge o il precetto. L a legge ha carattere


ge nerale, il prec ett o ha ca ratte re singo lare, nel se nso determinato dal ca n. 49. Tal e
precetto sing o lare non è da confondere co l "dec re to ge ne rale" , che, a term ine de l ca n.
29, è propri am ente una legge ed è rett o dalle norme dei ca noni sulle leggi.

.\ La pena può imporre talvolta anche qualcosa di positivo, per es. l'in giunzione di risiedere
in un determinato luogo (can, 1337), l'impo sizione di una multa pecuniaria (cann. 1448-1449). Ma,
giuridicamente, essa è sempre considerata nel suo aspetto negativo.
4 È questo un principio affermato formalmente anche nella Costituzione Italiana: «Le pene...

devono tendere alla rieducazione del condannato» (art. 27, comma 3).
.' Venne proposto da alcuni di abolire la detta distinzione, ma non poté essere accettata.
«Aliqui proposuerunt ut aboleatur distinctio inter censuras et alteram pocnarum speciern. cum
careat fundamento theologico. Consultores unanimiter censent hanc propositionem respuendam
esse quia paene evertit systema poenarurn quod fundatur in probata traditiones ecclesiastica» ( C011l-
municationes, a. t976, pp. 169-170, can. 3, lett. c).
(, Poteva infa tti essere interpretata come una "vendetta" contro il reo, cosa che esula comple-
tamente dal pensiero e dalla intenzione della Chiesa. Il mutamento di termine fu proposto dal
relatore Prof. Pio Ciprotti, in un progetto di canoni presentato nel luglio 1967.
588 LIB RO VI - Le sanzioni nella Chiesa

Titolo II
La legge penale e il precetto penale
CAN. 1313 - § 1. Si post delictum § I. Se la legge venga modificata dopo
commissum lex mutetur, applican- che si è commesso un delitto, deve appli-
da est lex reo favorabilior. carsi al reo la legge più favore vole .
§ 2. Quod si lex posterior tollat § 2. Se una legge successiva abrog a la
legem vel saltem poenam, haec legge o almen o la pena, questa cess a im-
statim cessato mediatamente.

Le due fonti hanno carattere tassati vo, per cui resta escl usa og ni altra fonte di
diritto oggettivo , quale potrebbe essere la consuetudine (can. 23 55.) . Que sta, per altro,
si esclude da sé, in quanto è possib ile che una consuetudine introdotta dall a comunità
abroghi o modifichi una nonna penale. ma non è concepibile che una comunità intro-
duca a suo danno una nuova figura di delitto con pena annessa.
Della legge penal e si è già trattato nel I libro del Codice. Vanno pertanto tenute
presenti le nonne di carattere genera le ivi disposte, in particolare i cann. 18 e 19, circa
l' obbligo della stretta interpretazione, e il divieto d'ogni applicazione estensiva (n. 305)
o analogica (n. 325).

4783 1. Norme introduttive

I) In caso di modifica o di abroga zione della legge penale


1313 (2219, § l ; 2226, §§ 2-3*) La legge penale - qualsiasi legge - può essere
modifi cata o abrogata da una legge posteriore (can. 20). In tale ipotesi, per un del itto
commesso mentre era in vigore la legge precedente, quale legge de v' essere applicata?
IO In caso di modifica , secondo un principio classico dell' ordiname nto penale
contenu to nelle Regulae Iuris di Bonifacio VIII: «In pocnis benig nior est interprctatio
facienda» (n. 49), si applica al reo la legge che gli è favorevo le.
2 0 In caso di abrogazione della legge o almeno della pena annessa . la pena, sia
medicin ale che es piatoria, non può essere più applicata, e qualora sia stata già contratta
dal reo - o per inflizione da parte del superiore o del giudice competente (poena
ferendae sententiae) o " ipso iure" in forza della legge stessa (poe na latae sent entiae) -
cessa immediatament e (statim) da sé, poiché, col mutamento dell a legge, non ha più
ragione di sussistere. e co nserva rla sarebbe contro ogni principio di equit à e di giustiziai.
Il Codice precedente escludeva le censure già contratte: «Haec (poena) statim cessat, nisi
agatur de censuris iam contractis- (can. 2226, § 3*). Questa limitazione è ora abrogata con la nuova
legge, che dispone la cessaz ione immediata di qualsiasi pena' .

r È da tener presente che, a norma del can. 6, § l. nn. 2-3, con l'entrat a in vigore del nuovo
Codice (27 novembre 1983), sono state abrogate le leggi pellali parti colari emanate da autorità
diversa dalla Santa Sede, contrarie alle prescrizioni del Codice, e le leggi penali universuli e
particolari emanate dalla Santa Sede. non riprese nel medesimo Codice.
~ La cessazione della pena, evidentemente. non impedisce al superiore competente di appli-
care al reo i rimedi penali o le penitenze (can. 1312 § 3), se lo ritiene opportuno per provvedere
al suo bene o a quello della comunità ecclesiale (cfr. can. 1348).
La kp.~c penale c il p ~CCLl O penale 589

CAN. 1314 - Poena plerumque est La pena è generalmente [ere ndae


ferendae sententiae, ila ut reum sententiae, in modo che non colpisca il
non teneat, nisi postquam irrogata reo se non dopo che sia stata intlitta; la
sit; est autem latae sententiae, ita pena latae sententiae è invece tale che
ut in eam incurratur ipso facto s'incorra in essa per il fatto stesso che si
commissi delicti, si lex velpraecep- commette il delitto , se la legge o il precet-
tum id expresse statua t. to lo stabilisca espressamente.

2 ) Pella "ferendae " e "latae sententiae " 4784


1314 (22/7*) Il Codice precedente formul ava espressamente nel can. 2217 la clas-
sificazione delle pene, distinguendole:
I ° In pene determinate e indeterminate: le prime, fissate dall a stessa legge o dal
precetto nell a loro precisa entità, ossia nella specie e nell a durata; le seconde, rimesse
al prudente giudizio del giudice o del superio re ecclesiastico.
2° In precettive e facoltative: le prime, da infliggere obbligatoriamente; le seconde.
a discrezione del giudice o del superiore.
3° In pene a iure e ab homine: a iurc, se la pena, "latae" o "ferendae sentent iae",
è stabilita dalla legge (legge propriamente detta o decreto generale); ab homine, se
imposta medi ante precetto singolare o con sentenza giudiziale condannatoria, anche se
prevista dall a legge, per cui la pena "ferendae sententiae" prevista dalla legge, prima
dell' applicazione è a iure soltanto, e dopo è a iure e insieme ab homine , ma è conside-
rata ab homine.
La pena "latae sententiae" comminata nella legge è sempre "a iure", anche dopo la sentenza
declaratoria : comminata nel precetto singolare, resta "ab homine", anche dopo la detta sentenza
declaratoria.
4° In pene latae e ferendae sententiae. La pena "fe rendae scntcntiae" è quella
pre vista dall a legge e applicata dall'autorità competente mediante part icolare sentenza
giudiziaria o decreto ammini strativo. La pena "ferendae sententiae" può essere determi-
nata o indeterm inata.
La pcna " Iatae sententiae" , che ovviamente è sempre determinata, è quella in cui
s' incorre per il fatto stesso (ipso facto) che si commette il delitto. L 'eventuale sentenza
o dec reto della competente auto rità ha soltanto valore declaratorio (non condannatorio)
in ord ine a determinati effetti giuridici: cfr. ad es . cann. 316, § I; 508, § I; 566 , § 2;
874, § l, n. 4; 1041, n. 6; 1331, § 2; 1332 ; 1333, § 2; 1335; 1356, § l, n. 2, ccc.
Di conseguenza, nella pena "ferandae sententiae" il momento istitutivo e distinto da quello 4785
applicativo: l'i stituzione è da parte della legge; l'applicazione, da parte del giudice o del superiore
competente. Nella pena "latae sententiae". manca l' intervento del gindiee o del superiore: la pena
si applica da sé, ipso fucto.
Nell'attu ale Codice, la pena di regola è " fcrendae sententiae". Perché sia " latae
sententiae", de v'essere stabilito espressamente (ex presse) : med iante la formula "ipso iure" ,
"i pso facto " o altra equ ivalente, che abbia indubbio signi ficato (can . 2217, § 2, Codice
1917). Ciò significa che la pena "ferendae sententiac" è la regola, quell a "latae sententiae"
è l' eccezione, per cui, nel dubbio, la pena è da ritenersi "ferendae sent entiae".
Relati vamente alle pene " latae sententiae", occorre ino ltre tener presenti le seguenti 4786
limitazioni:
- Tali pene non possono essere eman ate contro i delitti co lposi : cann. 1318 e
1321, § 2.
590 LIBRO VI· Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1315 - § 1. Qui legislativam § 1. Chi ha potestà legislativa, può an-


habet potestatem, potest etiam che emanare leggi penali; può anche, con
poenales leges ferre; potest autem leggi proprie, munire di una congrua pena
suis legibus etiam legem divinam una legge divina o una legge ecclesiastica
vel legem ecclesiasticam, a supe- emanata da un' autorità superiore, rima-
riore auctoritate latam, congrua nendo per altro nei limiti della propria
poena munire, servatis suae com- competenza in ragione del territorio o
petentiae Iimitibus ratione territo- delle persone.
rii vel personarum,
§ 2. Lex ipsa potest poenam de- § 2. La legge stessa può determinare la
terminare vel prudenti iudicis ae- pena, oppure lasciarne la determinazione
stimationi determinandam relin- alla prudente valutazione del giudice.
quere.
§ 3. Lex particularis potest § 3. La legge particolare può anche
etiam poenis universali lege con- aggiungere per qualche delitto altre pene
stitutis in aliquod delictum alias a quelle stabilite dalla legge universale;
addere; id autem ne faciat, nisi ex questo, tuttavia, non si faccia se non per
gravissima necessitate. Quod si lex gravissima necessità. Se poi la legge uni-
universalis indeterminatam velfa- versale commina una pena indeterminata
cultativam poenam comminetur, o facoltativa, la legge particolare può an-
lex particularis potest etiam in il- che stabilire al suo posto una pena deter-
lius locum poenam determinatam minata o obbligatoria.
vel obligatoriam constituere.

- Non possono colpire neppure tutti i delitti dolosi, ma soltanto alcuni di essi di
particolare gravità (quaedam singularia), che siano causa di maggiore scandalo e non
risultino punibili efficacemente con pene "ferendae sententiae": can. 1318.
- Non tutte le pene espiatorie previste dal diritto possono essere "Iatac
scntcntiac": can. 1336, § 2
- Resta esclusa in particolare la dimissione dello stato clericale: can. 1336, § J,
n.5.
4787 Delle altre distinzioni, nel nuovo Codice v'è soltanto un accenno:
- Pene determinate e indeterminate: cann. 1315, § 3; 1319, § I; 1349 (gran parte delle pene
sono indeterminate)
- Pene facoltative e obbligatorie o precettive: cann. 1315, § 3; 1343; 1344; 1727, § I
- Pene riservate e non riservate: cann. 508, § l; 566, § 2; 1355, §§ 1-2; 1357, § 3; 1367;
1370, § l; 1378, § l; 1382; 1388, § I.
Non si accenna più alla distinzione tra pene a iure e ab homine, perché, col nuovo sistema
penale, essa ha perduto il suo interesse.

4788 2. La legge penale

1) Principi normativi
1315 (2220-2221 *) Il canone tratta del potere istitutivo della pena mediante la
legge (legge penale). Del potere istitutivo della pena mediante il precetto singolare
(precetto penale), si parla nel ean. 1319. Il potere istitutivo della pena è da distinguere
591

ovviame nte dal potere applicativo , esercitat o per sé d al potere esecu ti vo: con proced i-
me nto am m inistra tivo, da pa rte del superio re co m pe te nte ; co n procedim ento giud iz ia rio,
da pa rte dci giudice .
R el at ivamente a lle pene istituite per legge , il cano ne dà le segue n ti norme. 4789
l ° Ch i gode d i pot est à legislati va può anc he munire di u na pen a ad egu ata la legge
che egli eman a di sua in iziati va e autorità nell ' ambito della propri a co m petenza. n
pot er e coattivo , in fatti , non è che un as pe tto della pote stà legislativa e più in genere dell a
pot est à di governo.
Come s 'è indicato nell' esposizione del can, 135, ~ 2, organi della potestà legislativa nella
Chiesa sono:
a) Relativamente alle leggi uni vers ali, valevoli dovunque:
- Il Romano Pontefice : can. 33 1
- Il Collegio dei Vescovi in comunione col Papa: cann, 336, 337, 34 1
b) Relativamente alle leggi particolari, nell'ambito della propria competenza :
- I Vescovi diocesani e i Presuli ad essi equiparati: cann, 39 1 e 466
- Le Conferenze Episcopali : can. 455 (decreti generali)
- I Concili particolari: can , 455
- I Capitoli generali e i Superiori maggiori degl'I stituti religiosi e delle Società di vita apo-
stolica clericali e di diritto pontificio, a norma delle costituzioni: cann. 134, ~ l ; 596, ~ 2; 631, ~ I
2° Può anche mu nire di una co ng rua pena un a legge già esistente : divina o anche 4790
ecclesiastic a , sia pure e manata da un ' aut orità supe rio re, rim anendo per altro nei limiti
de lla propria co mpe te nza territori al e o per son ale (ratione territorii ve l person arum ).
3° L a pena , come s'è già rilevato, pu ò esse re de te rm ina ta d all a legge stessa 4791
o p pur e può e ssere lasc ia ta alla prud en te discrezio ne de l gi ud ic e , sia quanto a l fa tto
de ll'ap plic a zio ne, sia qu anto alla modali tà (p e na de term inat a e indet erm inata , prece t-
ti va e faco lta tiva)" .
La pen a inde te rminata pu ò esse re co m m inata m edi an te legge, gene rale o parti col a-
re , no n mediante precetto: c a n. 1319, § 14 •
4 ° L a legge pa rticol are pu ò anc he aggiunger e altre pene a q uell e stabili te d all a 4792
legge universale (pe ne aggiuntive). Qu esto, tuttavia, va fat to solo in circosta nze del tutto
part ic ol ari tCommun icationes, a. 1976, p. 173, can. 8, lett. a), per gra vi ssima necessità
(ex gravis sim a ne ce ssitat e) .

I Nell'applicazione di un tale principio, si è forse ecceduto alquanto, conferendo al giudice

e al superiore un potere discrezionale troppo ampio. [n effetti sono concesse loro attribuzioni che
sembra no eccedere la compe tenza propria del loro ufficio (l'ap plicazione della legge), appartenen-
do piuttosto all' ambito del potere legislativo. È in facoltà del giudice "cxprcsso iure" non solo
sospendere o differire la pena, mitigarla o aggravarla (cann. 1326, 1343, 1344), ma spesso anche
detcrmi nnrla in concreto (cnn. 1315, § 2). La norma generica "iusta poena puniatur" o " puniantur",
che lascia piena libertà al giudice, ricorre nel Codice in ben 24 casi (cfr. cann . 1366, I3611, 1369,
137 1. 1373, ecc.), e questo non favorisce certo una retta cd imparziale amministrazione della
giustizia, ispirata anch'essa al principio di uguaglianza . Da parte di non pochi c'è anche la fondata
preoccupazione che l' eccessiva discrezionalità concessa al superiore o al giudice possa nuocere alla
efficacia dello stesso diritto penale.
J Nel corso della revisione del Codice di Diritto Canonico, alcuni proposero la soppressione

di tutte le pene indeterminate. La risposta del Gruppo di studio " De iure poenali" fu la seguente:
«Haec suggest io non placet. Schema enim ita proponit UI poenae indeterminatae iarn non possint
poenali pra ecepto. sed sola lege constitui. Allenta quidem indole ecclesiasticarum poenarum diffi-
cile est in lege - quae abstracte considerar delicta futura - et speciem et mensuram poenarum
taxative statuere, quod contra facilius fieri poresr in praeceptis ad singulos casus attinentibus»
(Communicutiones, a. 1976, p. 171. can. 6, a).
592 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1316 . Curent Episcopi I Vescovi diocesani abbiano cura che,


dioecesani ut, quatenus fieri po- per quanto è possibile, nel medesimo Sta-
test, in eadem civitate vel regione to o nella medesima regione si emanino,
uniformes ferantur, si quae feren- se debbano essere emanate, leggi penali
dae sint, poenales leges. uniformi.
CAN. 1317 • Poenae eatenus con- Le pene siano stabilite solo nella misura
stituantur, quatenus vere necessa- in cui sono veramente necessarie a prov-
riae sint ad aptius providendum vedere più efficacemente alla disciplina
ecclesiasticae disciplinae. Dimis- ecclesiastica. La dimissione dallo stato
sio autem e statu clericali lege clericale non può essere stabilita per legge
particulari constitui nequit. particolare.

4793 5° Qualora la legge universale commini una pena indeterminata o facoltativa, la


legge particolare può anche stabilire al suo posto una pena determinata o obbligatoria,
che il giudice competente è tenuto ad osservare.
Da ricordare: la legge particolare non può comminare la dimissione dallo stato clericale,
riservata alla legge universale, ossia al Romano Pontefice e al Collegio dei Vescovi (can. 1317).

4794 2) Norme ulteriori


Nei canoni successivi (1316-13 J 8) sono stabiliti tre criteri in ordine alla istituzione
della pena mediante la legge particolare.

4795 1316 II criterio dell'uniformità. È una esigenza di carattere pastorale. I


Vescovi diocesani, ai quali è riconosciuto nel nuovo Codice un ampio potere
legislativo, devono aver cura che le leggi penali emanate nel territorio del mede-
simo Stato o della medesima regione, abbiano, per quanto è possibile, carattere di
uniformità. A tal fine, è opportuno che il problema sia trattato in sede di Con-
ferenza Episcopale, in modo da raggiungere una intesa, anche se le norme saranno
poi dettate dai singoli Vescovi, poiché la Conferenza Episcopale non dispone a tal
riguardo di poteri legislativi. In sede di Concilio particolare, si può avere anche
una deliberazione comune (can. 445).

4796 1317 (2214, § 2*) II criterio della effettiva necessità. È quello più importante,
che manifesta lo spirito e la finalità del diritto penale della Chiesa. Nell'ordinamento
canonico, le pene hanno carattere eccezionale e possono essere istituite e inflitte solo
nella misura in cui sono veramente necessarie a promuovere la disciplina ecclesiasti-
ca, e quando siano stati esperiti tutti gli altri mezzi, suggeriti da un'autentica solle-
citudine per il bene delle anime. I Vescovi - ammonisce il Concilio Tridentino -
devono ricordare se pastores non percussores esse (can. 2214, Codice 1917). In
questo spirito, si vieta formalmente - come s'è già accennato - ehe la dimissione
dallo stato clericale, la pena più grave prevista per un chierico, possa essere stabilita
per legge particolare (n. 182). A termine del can. 1336, § 2, tale pena non può essere
mai "latae scntcntiae".

4797 1318 (2241, § 2*) Pene "latae sententiae" e "scomuniche". Nel medesimo
spirito, si prescrive che le pene ordinariamente, anzi nella maggior parte dei casi -
plerumque, come si afferma nel can. 1314 - siano "ferendae sententiae". Quelle
"latae sententiae" devono essere limitate "ad paucos omnino casus, imo ad
L3 legge pe nale c il prece tto penale 593

CAN. 131 R- Latae sententiae poe- Il legislatore non comm ini pe ne latae
nas ne comminetur legislator, nisi sententiae se non, eventualmente, contro
forte in singularia quaedam delic- alcuni particol ari delitti dolosi . che possa-
ta dolosa, quae vel graviori esse no esse re di maggiore scandalo o che non
possintscandalo velefficaciter pu- sia po ssibile punire efficaceme nte co n
niri poenis ferendae sententiae non pene fe rendae sententiae; non sta bilisca
possint; censuras autem, praeser- ce nsure, specialmente la scomunica , se
tim excommunicationem, ne con- non con la massima moderazi one e sol-
stituat, nisi maxima cum modera- tanto contro i delitti più gravi.
tione et in sola delicta graviora,
CAN. 1319 • § l. Quatenus quis § l . Nella misura in cui qualcun o, in
potest vi potestatis regiminis in fo- virtù della potestà di gove rno, può impor-
roexterno praecepta imponere, ea- re prec etti nel foro esterno, può anche
tenus potest etiam poenas determi- comminare con un precetto pen e determ i-
natas, exceptis expiatoriis perpe- nate, ad eccezione delle pene espiatorie
tuis, per praeceptum comminari. perpetu e.
§ 2. Praeceptum poenale ne fera- § 2. Non si emani un precetto penale, se
tur, nisi re mature perpensa, et iis non dopo matur a riflessione, e osserva ndo
ser vatis, quae in cann. 1317 et quanto è stabilito nei ca nn. 1317 e 1318
1318 de legibus particularibus sta- sulle leggi partic olari .
tuuntur,

paucissi ma eaqu e gravissi ma de licta" (n. 4767), vale a dire con tro alcuni part icolari
de litti di carattere dolo so (non sempliceme nte co lposo):
- Che possano essere di magg iore scandalo
- O c he non sia possibile punire effic acemente con pene " fe rendae sententiae"
Le stesse cen sure, che sono pene medicinali e in particolare la scomunica, la più
grave di esse, non de vono essere co mminate né inflitte se non co n la massima mode-
razione (maxima cum moderatione) e soltanto contro i delitti di maggiore gravità.
Non possono, comunque, essere oggetto di comm inazione "latae sententiae": 4798
- Le pene indeterminate e quell e facoltative, per la loro stessa natura
- Le pene esp iatorie enumerate nel ean. 1336, § I, nn. I, 2, 4, 5: solo le pene
indicate ncl Il . 3 posso no essere "latae sentcntiae".

3. Il precetto penale 4799

l ) Limiti e condizioni 4800


1319 (2220 *) La pena ecclesiastica può essere imposta anche mediante precetto,
ma alle seguenti condiz ioni.
I o Deve trattarsi di vero pr ecetto singolare ai sensi del can . 49, oss ia di precetto
giurisdi zio nale iCommunication es, a. 1976. p. 174. can. 9, lett. b ). Di co nseg uenza,
il precetto penale può essere emanato solta nto da chi ha la potestà di gove rno in foro
este rno - leg islativa, amministrativa o giud iziaria - nei limiti della propri a com pe-
ten za. Non è sufficiente la potestà di foro intern o né mol to men o la cosidde tta " po-
testà dom inati va" (cfr. l' esposizione del can. 49), e, d'altra parte , non è necessaria la
potestà legislativa.
594 LIB RO VI . Le sanzioni nella Chiesa

4801 Senza dubbio. il Vicario generale e il Vicario episcopale possono emanare decreti e precetti
singolari di carattere giurisdizionale. poiché dispongono di una vera potestà di governo esecutiva
(cann. 134. § I. e 479, §§ 1-2). Ma possono emanare anche precetti penali? Il can. 2220 . § 2, del
Codice precedente lo escludeva formalmente: «Vicarius Generalis sine mandato speciali non habet
potestatem intligendi poenas». Tale norma non è stata riprodotta ncl nuovo Codice. per cui si
potrebbe supporre che. nell' attuale ordinamento. abbiano anch'es si la potestà d'infliggere delle
pene. Riteniamo, tuttavia, che. trattandosi di una materia così delicata, come quella penale, debba
conservarsi la disciplina precedente, che riservava al Vescovo diocesano la potestà di stabilire c
d'infli ggere delle pene canoniche. Per poter imporre tali pene. il Vicario Generale c il Vicario
Episcopale hanno bisogno tuttora di un mandato speciale del Vescovo.
4802 A non na delle proprie Costituzioni. possono stabilire o infliggere pene canoniche ai propri
sudditi i Superiori provinciali (non i loro Vicari) d' Istituti religiosi e di Società di vita aposto lica
c1erieali e di diritto pontificio, anche disponendo della sola potestà esecutiva (can. 134, § I).
4803 Il precett o penale va le ovviamente solo per la per son a o le per son e d etermin ate , alle
q uali è imposto (ean. 49), né può ess ere esteso ad altre person e o ad alt ri casi (ca n . 36,
§ 2) . Ne l d ubb io, va inter pre tato rcs trit tivamente (ea n. 36, § I), e co ntro d i esso si può
ricorrer e alla co m pe tente autorità (ea n. 14 00 , § 2), a norma de i ca nn, 1734-l739 l .
4804 2 0 Le pe ne c he posson o essere co mmi nate medi an te il precett o singo lare. so no
so ltanto q uell e "determ inale" (n. 4784) : sono escluse le pen e "inde terminate", c he po s-
so no essere im pos te so lo pe r legge (Communicationes, a. 1976, p. 171, ca n. 6, let t. [I).
4805 3° Restano similment e escluse :
Le pen e espiatorie non previste dall a legge: cann . 1312 e 1336
- Le pe ne es piatorie perpetue, pu r pre viste dall a legge : ea n. 131 9, § 16
- Le ce nsure perpetue, c he per de fin izi one non sussisto no né possono sussistere
nell'ord in ament o ca nonico: c fr. can . 1358 , § I
- La sos pe ns ione ge nerale " latae sente ntiae", c he può essere sta bili ta so lo per
legge: ca n. 1334, § 2
- La dimi ssione dall o stato clericale , c he non pu ò essere istituita neppu re per
legge part ico la re, ma solo per legge gene rale : ea n. 1317
Nel caso che il precett o imponga una pe na c he è a l d i fuo ri d ella sua compete nza
e pert a nto null a, il com and o o il d iviet o co nte nuti in esso res ta no per sé va lid i, an c he
se pri vi d i sa nzione.

4806 2) Norme direttiv e


IO Il precetto pen ale può ess er e emanato so lo dopo matura rifl ession e (re ma tu re
pe rpe nsa).
2 0 Occorre inolt re attenersi ai med esimi cr iteri indicati per l'ema naz ione delle leggi
penali nel ean. 1317 , circa l'effettiva necessità, e nel ea n. 1318, re lativo alla commi nazione
delle pene "l atae sente ntiae" c delle censure, in partic ol are della sco m unica.
L e lim it az ioni conte nute nel ca n. 131 9 rig ua rdano ovvia me nte le a utorità eccle-
si as tic he suba lte rne. non l' autorità sup re ma de l Roman o Ponte fice e d el Con c ilio
Ec u me nico.

, Per la differenza terminologica tra precetto e decreto penale. v. n. 4924. nota 3.


" Non sono però escluse le pene "ad tempus indefi nitum". «Sunt qui censuerunt potestatcm
ferendi poenalia praecepta ita esse limitandam, ut non solum excludantur ab ea poenae perpetuac.
sed etiam pocnae ad ternpus indefiniturn. Haec suggcstio non placet Consultoribus, sive quia
impediretur comminatio censurarum. quae, per sé. ad tcmpus indefinitum constituuntur, id est
usque ad delinquentis emendationem, sive quia nimis restringererur potestas poenalis» (Communi-
cationes . a. 1976. p. 174, can. 9, letl. c).
L'Imputabilità penale 595

CAN. 1320- In omnibus in quibus In lutto quello in eui sono soggetti al-
religiosi subsunt Ordinario loci, l'Ordinario del luogo, i religiosi sono pas-
possunt ab eodem poenis coerceri. sibili di pene da parle del medesimo.

4. La punibilità dei religiosi da parte dell'Ordinario del luogo 4807


1320 (6/9*) In virtù del loro particolare stato, i religiosi godono di una legittima
autonomia di governo (can. 586) c, se fanno parte di un Istituto pontificio, sono esenti
dalla giurisdizione degli Ordinari del luogo, per quanto riguarda il loro regime interno
e la disciplina (cann. 591 e 593). È pertanto stabilito in linea generale, in conformità con
i cann. 1315 e 1319, che essi sono passibili di pena da parte dell'Ordinario del luogo
nella misura in cui sono soggetti all'autorità del medesimo.
I casi sono molteplici. Riguardano in particolare:
- La cura delle anime, l'esercizio pubblico del culto divino e le altre opere di
apostolato: can. 678, § l
- Le opere affidate ai religiosi dal Vescovo diocesano: can. 681, § l
- Gli uffici ecclesiastici conferiti dal medesimo Vescovo: can. 682, ecc.
Per eventuali abusi riscontrati nel tempo della visita pastorale, e anche fuori di esso,
nelle chiese e negli oratori dei religiosi a cui accedono abitualmente i fedeli, nelle scuole
esterne c nelle altre opere di religione da essi dirette, cfr. can. 683. Cfr. inoltre i cann.
679 (proihizione di dimorare in diocesi) e 1337, § I (ingiunzione di dimorare in un
determinato luogo o territorio).

5. Il soggetto passivo delle sanzioni penali 4808


La legge penale è una legge ecclesiastica, per cui bisogna anzitutto tener presenti
due canoni di carattere generale del Codice di Diritto Canonico: il IO e 1'110.
Per il can. I sono soggetti alle norme del Codex luris Canonici soltanto i fedeli
della Chiesa Latina.
Per il can. 11 son tenute alle leggi puramente ecclesiastiche soltanto le persone
battezzate nella Chiesa Cattolica o accolte successivamente in essa e che godono di
sufficiente uso di ragione, e, se non sia disposto diversamente nel diritto in modo
espresso, hanno compiuto il settimo anno di età. Cfr. l'esposizione dei detti canoni.
Sono anche da tener presenti i eann. 12 e 13.

L'IMPUTABILITÀ PENALE (cann. 1321-1322) 4809


Schema
I. Il principio della imputabilità 3. Una particolare presunzione di diritto
2. Le conseguenze 4. Una incapacità giuridica

Si tratta della imputabilità giuridica, che è distinta da quella morale. La distinzione 4810
è necessaria, poiché il delitto non s'identifica col peccato. Come s'è già rilevato, tutti
i delitti sono peccato, ma non ogni peccato è delitto (n. 4773).
Il peccato è d'altra parte un presupposto indispensabile del delitto, che, sogget-
tivamente, richiede una violazione cosciente e deliberata della legge o del precetto
penale. E questo, ovviamente, esige il pieno esercizio delle facoltà intellettive c
volitive, ossia la piena capacità d'intendere e di volere (cfr. anche art. 85, comma 2°,
del Codice Penale Italiano).
596 LIBRO VI . Le sanzio ni ncllu Chiesa

Titolo III
Il soggetto passivo delle sanzioni penali

CAN. 1321 • § 1. Nemo punitur, § I. Ness uno è punito, se la violazione


nisi externa legis vel praecepti vi0- esterna della legge o del precetto, da lui
latio , ab eo commissa, sit graviter commessa, non sia gravemente imp utabile
imputabilis ex dolo vel ex culpa. per dolo o per colpa.
§ 2. Poena lege vel praecepto § 2. È sogge tto alla pena stabilita da
statuta is tenetur, qui legem vel una legge o da un precetto chi ha violato
praeceptum deliberate violavit;qui delib eratament e la legge o il prec etto; chi,
vero id egit ex omissione debitae invece , lo ha fa tto per om issione della di-
diligentiae, non punitur, nisi lex ligenza dovuta, non è pun ito, trann e che la
vel praeceptum aliter caveat. legge o il precetto disponga diversament e.
§ 3. Posita externa violatione, § 3. Posta la violazione esterna, l' impu -
imputabilitas praesumltur, nisi tabilità si presume, tranne che risulti di-
aliud appareat, versame nte.

4!l1l 1. Il principio della imputabilità


1321 , § l (2 195 e 2199 *) Si riass ume nella form ula: Nulla poena sine crimine.
Ciò significa che nessu no può esse re punito se non abb ia co mmesso un delitto nel
sen so giuridico del termine, determinato dal prese nte canone nei suoi elementi es sen -
ziali .
I ° L'elemento oggettivo: la violazione esterna di una legge o di un precetto.
2° L'elemen to soggettivo: la grave im putabi lità morale c giuridica della violazio-
ne. avvenuta per dolo, ossia con atto deliberato, oppure per colpa giuridica , vale a dire
per omissio ne de lla debita diligen za, co m'è chiar ito nel § 2. A cos tituire tale
imputabilità non basta infatti l' elemento oggetti vo, cioè il nesso causale fra l' atto e la
persona che lo compie. ma si richiede anche l'elemento sogge ttivo, cioè il nesso inten-
zionale fra l' atto e la volontà. Se manca questo nesso, ossia se manca la volontarietà o
l' intenzione, si ha la semplice imputabilità materiale, che ha o può ave re valore penal-
mente soltanto nel "deli tto colposo'" ,
3° L'el emento legale o giuridico: la sanzione canonica "sa ltem indetermi nata"
annessa alla legge o al precetto (legge o precetto penale), con l'eccezione stabilita nel
can. 1399. La necessità dell' elemento legale è una conseguenza del principio affe rmato
nel can. 221. § 3: il diritto di ciascun fedele di non esse re colpito da pene canoniche,
se non a norma di legge (nn. 1379- 1381).
Per i dett i elementi, cfr. l'esposizione del can. 1311.

I Come appare evidente. altro è il do lo consi dera to nel diritto penale. altro il dolo in rapporto
ag li atti giuridici. Nel diritto penale, il dolo è "la volontà deliberata di violare la legge" (ca u, 2200.
* I, Codice 1917). Relativamente agli atti giuridici, è la manovra, il raggiro, l' artificio posto in atto
per ingannare una perso na (v. n. 878).
L'Imputabili tà pena le 597

2. Le conseguenze 4812
1321, § 2 (2200, § t. e 2203. § l *) La fonte della imputabilità è dupl ice: il dolo
c la colpa. che o vviamente possono presentare tipi c gradi diversi.
Se il delitto è stato determinato da dolo , ossia da deliberata volontà di violare la
legg e o il precetto penal e. il reo è soggetto alla sanzione stabilita. AI dolo. precisava il
can. 2200. § I. del Cod ice precedente. si oppon e nella sfera intellettiva il difetto di
conosc enza e nella sfera volitiva il d ifetto di libertà.
Se il delitto è stato invece determinato da semplice colpa , ossia da omissione della 4813
debita diligenza (delitto co lposo) , cont rariamente a quanto era stabilito nel Codice an-
terio re (cfr. cann. 2 199; 2203, § 1,2229. § 3, n. 2: Communicationes, a. 1970. p. 103.
De delicto et delinquente, IO cpv.), il suo autore rimane esente dalla pena, tranne che
la legge o il precetto dispongano diversamente in modo espresso . Ciò significa che il
delitto colposo soggetto a pena si ha soltanto nei casi form almente previsti dalla legge
o dal precetto (cfr. ad esempio il can . 1389, § 2)2.
Dalla di stinzione tra imputabilità per dolo e per colpa , deriv ano importanti con se- 4814
guenze . Un partico lare caso di delitt o colposo, con circosta nza "aggrava nte", è conside-
rato nel can . 1326. § I. n. 3.

, Nella violazione della legge dovuta a colpa. il delitto resta e. come tale. dovrebbe essere
soggetto a pena. La sua gravità, d' altra palle, è ben diversa da quella del delitto colposo. c il
legislatore canonico. nel suo senso d'in dulgenza, per sé non ritiene necessario punirlo, tranne in
casi particolari definiti in modo espresso .
Relat ivamente al delitto colposo. possono configurarsi vari tipi di colpa giuridica: per colpa
generica (impruden za. negligenza o imperizia) e per colpa specifica. vale a dire per l'in osservanza
delle norme prescritte dalla legge.
Similmente sogliono darsi questi esempi: ricorriamo ad essi, perché sono molto chiari.
Delitto colposo per imprudenza . Percorro di notte a velocità sostenuta una strada provinciale.
Un ciclista poco visibile è dava nti a me, ed io. a causa della velocità. non riesco a frenare in tempo
e lo investo, ferendolo gravemente. È fuori dubbio che non intendevo investirlo, ma il suo
ferimento è conseguenza della mia condotta imprudente, per cui dovrò rispondere dinanzi al giu-
dice di lesioni colpose.
Delitto colposo per negligenza. Un elettricista ripara un impianto e, per disattenzione, lascia
alcuni fili sco perti. L'ut ente non se ne accorge e si ustiona. Giuridicamente, le sue ustioni sono
colpose. poiché l' elettricista avrebbe dovuto usare maggiore diligenza nel suo lavoro e prevedere
i pericoli di un filo scoperto,
Delitto coll'OSO per imperizia. Un medico opera un paziente secondo una tecnica che gli è
poco conosciuta. " paziente muore : dovrà rispondere dinanzi al giudice di omicidio colposo a causa
della sua im perizia professionale.
Delitto co lposo specifico. È norma di legge che tutte le parti in movi me nto dell e macchin e
utensili siano opp ortuna mente protette, in modo da evitare eventuali infortuni agli operai ad-
dett i. Se una macchina è sprovvista di queste protezioni e un operaio si feri sce man ovrand ole,
l' im pren ditore dovrà rispond ere de lle sue lesion i per "colpa specifica", oss ia per l'inosservanza
della legge.
Non esiste invece delitto colposo, quando l' effetto del mio agire o del mio comporta mento
non è determ inato da imprudenza, negligenza, imperizia, ccc., ma si tratta di una conseguenza che
non è possibile prevedere o prevenire (caso fortuito: can, 1323, n. 3, Codice 1983: can. 2203, § 2.
Codice 1917). Così, ad ese mpio. un automobilista che procede a velocità consentita. nel pieno
rispetto delle nor me del Codice stradale, se investe un ragazzo che improvvisamente attraversa la
strada. non è responsabile del suo ferime nto né della sua morte. L'imprudenza è stata da parte del
ragazzo. Prevedibile è invece il ferimento o la morte del partner da parte di un lanciatorc di coltelli
in un circo. Se il ferimento o la morte del partner si verificano, il lanciatore di coltelli ne è
responsabile penalmente. poiché egli è obbligato a tener conto della possibilità di un tale event o.
Nel caso, anzi , si tratta di "co lpa cosciente", che aggrava la sua responsabilità.
598 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa

CAN . 1322 - Qui habitualiter ra- Coloro che sono privi ab itualmente del-
tionis usu carent, etsi legem vel l'uso di ragione, anche se abbiano violato
praeceptum violaverint dum sani la legge o il precetto mentre apparivano
vidcbantur, delicti incapaces ha- sani, sono considerati incapaci di com-
bcntur. mettere un delitto.

4815 3. Una particolare presunzione di diritto


1321, § 3 (2200, § 2*) Nel Codice precedente, la presunzione si affermava relativa-
mente al dolo: «Supposta la violazione esterna, si presume il dolo nel foro esterno. finché
non si dimostri il contrario » (can. 2200 , § 2). Nel nuovo Codice . la presunz ione è affer-
mata con maggiore precisione. e anche con senso di maggiore tolleranz a, nei riguardi della
imputabilità in genere: «Supposta la violazione esterna (l' elemento oggettivo ), se ne
presume l'imputabilità (l'elemento soggettivo), tranne che risulti altrimenti». Di conse-
guenza. se non sussiste né dolo né colpa giuridica, non si avrà alcuna imputabilità.
Da notare inoltre che , secondo la nuova norma, il reo è liber ato dall'onere della
prova, per cui, per poter elimin are la presunzione della imputabilità, non è più neces-
sario che si fornisca una prov a legale della mancanza dci dolo o dell a colpa giuridica.
La non imputabilità può anche risultare da indizi, purché seri e fondati: «lrn putabilitatis
praesumptio cessare dicitur non ex contraria tantum probatione, sed quoties aliud veri
simile appareat» tCommuniccuion es, a. 1970, p. 103, De delicto et delinqu ente, 3° cpv.).

4816 4. Una incapacità giuridica


1322 (2201, §§ 1-2*) \I canone attuale costituisce una innovazione di grande rilie-
vo sul corrispondente canone del Cod ice precedente. Questo infatti, dop o aver affermato
nel § I che coloro i quali "actu carent lISU rationis" sono incapa ci di delitto (incapacità
"ex ipso iure naturae"), nel § 2 stabiliva una presunzione di diritto , che ovviamente
cedeva alla effetti va realtà, circa gli " habitualiter amentes", i quali «licet quandoque
lucida inter valla habe ant , vel in certis quibusdam ratiocinationibus ve! actibu s sa ni
videantur, del icti tarncn incapaces praesumuntur» ,
Nel nuovo Codice, non si pone una semplice presunzione (Communicationes, a.
1976, p. 117. can. Il ), ma si afferma senz' altro che tutti coloro i quali sono privi
abitualmente dell 'uso di ragion e, anche se abbiano violato la legge o il precetto mentre
appariva no sa ni. giuridicamente sono da cons iderarsi del tutto incapaci di commettere
un delitto. per cui in nessun caso sono passibili di pena, né c'è più bisogn o di accertare
se l'atto del ittuoso sia stato commesso o no in un momento di lucido intervallo.
\I motivo che ha indotto il legislatore ad affermare nei detti casi una incap acità
giurid ica, è da ricercarsi nel progre sso della moderna psicologi a. per la quale i lucidi
intervalli che hanno luogo nelle anomalie psichiche sono una semplice e momentanea
attenu azione del male.
Il can. 1322 considera il caso di colo ro che "sine culpa" sono privi dell 'u so di ragione
(rationis lISU carent) . Relativamente all' uso imperfetto di ragione , e anche alla privazione dell 'uso
di ragione dovuta a colpa, cfr. can. 1324, § l, nn. 1-2: cfr. anche can. 1325.

4817 LE CIRCOSTANZE DEL DELl7TO (cann. 1323-1327)


Schema
I. Circostanze esimenti 4. Circostan ze aggravanti
2. Circostanze attenuanti 5. Il diritto particolare
3. Precisazioni
Le circostanze dci delit to 599

CAN. 1323 - NuJIi poenae est ob- Non è soggetto ad alc una pen a chi,
noxius qui, cum legem velpraecep- quando violò la legge o il precetto:
tum violavit:
1° sextum decimum aetatis an- 1° non aveva ancora compiuto il sedi ce-
num nondum explevit; simo anno di età;
2° sine culpa ignoravit se legem 2° ignorava senza sua colpa di violare
vel praeceptum violare; ignoran- una legge o un precetto; all'i gnoranza so no
tiae autem inadvertentia et error equiparati l'inavvertenza e l'errore;
aequiparantur;
3° egit ex vi physica vel ex casu 3° agì per violenza fisica o per un cas o
fortuito, quem praevidere vel cui fortuito che non poté prevedere o, previ-
praeviso occurrere non potuit; stolo, non poté rimedi ar vi;
4° metu gravi, quamvis relative 4° agì costretto da timore grav e, anche
tantum, coactus egit, aut ex neces- se solo relativamente tale, o sotto l'impul-
sitate vel gravi incommodo, nisi so della necessità o di un grav e incom odo ,
tamen actus sit intrinsece malus tranne , tuttavia, che l'atto sia intrin seca-
aut vergatin animarum damnum; ment e cattivo o torni a danno delle anim e;
5° legitimae tutc1ae causa contra 5° agì per legittima dife sa contro un
iniustum sui vel alterius aggresso- ingiusto aggressore suo o di un ' altra
rem egit, debitum servans mode- person a, conservando la dovuta modera-
ramen; zione ;
6° rationis usu carebat, firmis 6° era privo dell 'uso di ragione, fermo
praescriptis cann. 1324, § 1, n. 2 et restando le disposizioni dei cann. 1324 , §
1325; I , n. l, e 1325;
7° sine culpa putavit aliquam 7° credette senza sua colp a che sussi -
adesse ex cireumstantiis, de qui bus stesse qualeuna delle circostanze di cui al
in nn. 4 vel 5. n. 4 o 5.

Sostanzi almente il delitto è la violazione della legge o de l precetto pen ale , ma una
tale violazione può essere più o meno grave e può anche non imputarsi affatto nei casi
previ sti dalla legge. Sono le circostanze concrete che determin ano que sti effetti , in
rapporto ai quali si distinguono in esimenti, attenuanti e aggravanti.
Le circostanze esimenti esc ludono giur idicamente l'imputabilit à, ossia l' attribuzio-
ne giuri dica del delitto e, di conseguen za, la pena.
Le circostanze attenuanti rendono meno grave il reato e alleggeriscono la sanzione.
Le circostanze aggravanti, infine, rendono più grav e il delitt o e comportano una
pena maggior e.

1. Circostanze esimenti 4818


Le circo stanze che, per diritto comun e, escludono l'imputabilità o rendono la vio-
lazione della legge o del precetto non passibile di alcuna pena né di altro provvedimento
punitivo', a termine del ca n. 1323 sono le seguenti.

l Le circostanze esimenti escludono giuridicamente non solo la punibilità, ma lo stesso de-

litto, che. per essere tale. esige una violazione "graviter imputabilis" della legge o del precetto
penale (can. 1321. § Il.
600 LIBRO VI - LI: sanzioni nella Chiesa

4819 1323, n. 1 (2204 e 2230*) L'età inferiore ai 16 anni compiuti. La legge canonica
non esime dalla pena tutti i minori, ma solo coloro che non hanno compiuto 16 anni.
La minore età dai 16 anni compiuti ai 18 similmente compiuti a norma del can. 1324,
§ I, n. 4, è considerata causa attenuante.
4820 1323, n. 2 (2202*) L'ignoranza, l'inavvertenza e l'errore circa la violazione della
legge o del precetto. Come s'è già notato nell'esposizione del can. 15, l'ignoranza è la
mancanza della debita conoscenza (carentia scientiac dcbitac); l'inavvertenza è la mancan-
za di attenzione; l'errore è una conoscenza inesatta, manchevole, un falso giudizio (falsum
iudicium). Si tratta per altro d'ignoranza, d'inavvertenza e di errore "sine culpa" (o anche
con colpa lieve: can. 1321, § I), poiché, se c'è colpa, possono costituire in detenni nati casi
anche una circostanza aggravante (cfr. ad esempio il can. 1325). Per l'ignoranza concer-
nente la sola pena annessa alla legge o al precetto, v. il can. 1324, §, n. 9.
A tenni ne del can. 15, § 2, l'ignoranza o l'errore circa la legge o la pena non si
presumono.
4821 1323, n. 3 (2205, § I, e 2203, § 2*) La violenza fisica e il caso fortuito. La
violenza è una coazione esterna che forza ad agire contro la propria volontà. Può essere
assoluta e relativa. La violenza assoluta è quella contro la quale non si è in grado di
resistere; la violenza relativa è quella contro la quale si può opporre resistenza.
A termine del can. 125, § I, l'atto posto per violenza assoluta, contro la quale la
persona non poté resistere in nessun modo, è considerato come non avvenuto, e tale è
da ritenersi anche l'eventuale violazione di una legge o di un precetto penale, effettuata
per violenza fisica irresistibile. E nel caso che contro la violenza si possa opporre
qualche resistenza? Il ean. 1323, n. 3, non distingue tra violenza resisti bile e irresistibile,
per cui non manca chi sostiene che anche la violenza "rcsistibile" sia una causa esimen-
te. Occorre però tener presente il can. 2205, § I, del Codice precedente, in cui si afferma
espressamente: «Vis physica quae omnem adimit agendi facultatem, delictum prorsus
cxcludit». Non penso che un tale principio sia stato modificato. Se pertanto la violenza
non è irresistibile, è necessario tentare qualche resistenza, almeno per dimostrare che la
violazione della legge o del precetto avviene contro la propria volontà. Tale violenza
sarà poi esimente o attenuante, secondo il grado di resistenza che effettivamente si è
opposta ed era possibile.
Nel ean. 1323, n. 3, si tratta anche dci caso fortuito, del caso cioè che non si poté
prevedere o, previstolo, non si poté evitare", L'eventuale violazione della legge o del
precetto penale che segue a un caso fortuito, è considerato similmente dalla legge come
non avvenuta, poiché manca in essa del tutto l'elemento soggettivo sia del dolo che della
colpa giuridica.
4822 1323, n. 4 (2205, §§ 2-3*) Il timore grave, lo stato di necessità e il grave
incomodo. Sono circostanze che, per sè, non annullano ma solo diminuiscono la respon-
sabilità: «Coacta voluntas, est semper voluntas» tCommuniccuiones, a. 1984, can. 1274).
Nel suo senso di comprensione e di clemenza, tuttavia, la legge canonica le considera
circostanze "esimenti" da qualsiasi pena, purché l'atto delittuoso non sia intrinsecamente
cattivo né torni a danno delle anime. Se così fosse, le dette circostanze avrebbero solo
un'efficacia attenuante (can. 1324, § I, n. 5).

, Un chiaro esempiocivilisticodell'una e dell'altra ipotesi. Mario c Giovanni sono alla guida


delle loro macchine. Procedono tutt'e due con prudenzae nel pieno rispetto del Codice stradale.
Un pedone taglia improvvisamente e imprevedibilmente la strada alla macchina di Mario, c
resta ucciso.
Un altro pedone taglia la strada alla macchina di Giovanni, che fa di tutto per evitare d'in-
vestirlo, ma non ci riesce per la rottura improvvisa dei freni, che pur risultavano in ottimo stato.
Né Mario né Giovanni sono responsabili della morte del pedone.
le circostanze dci dcliu o 601

Il timore è il se nso di a ppre ns io ne e d 'inqu ietudine che si det ermina nell'animo. 4823
di fronte all a po ssibilità d i un male o di un pericolo, da cu i si è o si ritiene minacci ati.
Si co nsi de ra nel ca none il timore grave, tale tuttavia ch e indebolisca la libertà psi-
co log ica, ma non la so p p ri ma, co me avver re b be nel caso di un c o m p le to
perturba me nto dell a ragio ne. Il tim or e grave pu ò esser e tale sia in se nso asso luto
(me tus q ui ca dit in virum cons tantem), c he in se nso relativo, ci oè in rapp orto a un
de ter m ina to sogge tto a ca usa delle sue parti colar i co nd izioni (de bo lez za, se nsi bili tà,
im m aturità , ecc. ).
Lo stato di necessità è la particol are situ a zione in c ui un a persona si ve de 4824
costrella a violare la legge . per ev ita re a sé o ad altri un g rav e danno o peri col o . È
prev isto anche da l Co d ice Pen ale Ital iano : «Non è pun ib ile c hi ha commesso il fatto
per esserv i stato costrett o da lla necess ità d i sa lvare sé o altri dal peri col o att ua le d i
un danno grave alla persona, pe ricol o da lui non vo lo ntariame nte ca usa to , né altri-
menti ev ita bile. se mpre c he il fatto sia pro porzio na to al per icolo. - Qu esta disp osi-
7.io ne non si appli ca a ch i ha un particol are dove re giuridico di es por si al pericolo »
(a rt. 54, IO e 2 0 comma)'.
Esempi classici civilistici: un naufrago che, per salvarsi. respinge in mare una persona che si
è aggrappato alla stessa tavola; un alpinista che, per salvarsi. taglia la corda che lo lega al com-
pagno e che rischia di trascinarlo con sé.
Il grave incomodo. affi ne allo stato di necessità, si ha quando l' adempi mento della 4825
legge comport a un grave d isturbo o dis agio, di st into da qu ello prop rio e spec ifico de-
rivante dall a stessa osserva nza de lla legge. È, ad esempio. il caso d i c hi. osservando la
legge, ven isse a trovarsi ne lla sit uaz ione di do ve r rendere pu bblico un fatt o. ch e lede-
rebbe in mod o grave la sua riputazio ne.
La co nd izion e: pur ch é "atto no n sia intrinsecamente illeci to e non torni a danno
delle anime. At to intrinsecamente cattivo sarebbe un om ic idio, un aborto, ris petto ai
qu ali pert anto non posson o esserci ma i dell e cause g iuridic he esi me nti, ma so lo atte-
nuanti. a nor ma del can. 1324, § I. n. 5.
1323, n. 5 (2205 , ,9 4 *) La legittima difesa. No n og ni difesa è legittima: perché 482 6
sia tale ed abbia un effett o esiment e è necessa rio ;
- C he sia diretta contro un ingiusto aggressore, proprio o d i un' altra persona
- C he si co nse rv i la de bita mod e razione, va le a di re che ci sia pro por zi on e tra
l'aggressione subita, il mezzo usato pe r rcsp ingerla, e l'i mportanza del di ritto da
tute lare.
Man cando la de bita moderazione, la difesa no n è piena me nte legittim a e po trà
cos tituire so ltanto una circostanza attenua nte (can. 1324, § l. n. 6) .
1323, n. 6 (2201, § J *) Il difetto dell'uso di ragione. Non si tratt a del di fett o 4827
abituale, dov uto ad im maturit à psich ica: per ta le d ifett o, con siderato nel ca n. 1322. la
pe rso na non è so lo ese nte dall a pe na, ma è moralme nte c giuridicame nte inca pace di
commettere un del itto. S i tratt a invece di un difett o momentan eo, che può di pe ndere da
varie ca use. Se la perdita dell'uso d i rag ione ne ll'atto in c ui si vio la la leg ge o il prec etto
no n è do vuta a co lpa ed è completa, il soggetto è esente da qu alsiasi pen a; in caso
diverso , si ha una circos ta nza att enu ante o anche agg ravante, a termini dci ca n n. 1324 ,
§ I, n. I , e 1325. .

, Tale è. ad esempio, il caso di un parroco che è tenuto per dovere di ufficio ad assistere un
parrocchiano moribondo, colpito da malattia gravemente contagiosa.
602 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1324· § 1. Violationis auctor § I. L'autore della violazione non è


non eximitur a poena, sed poena le- esente da pena, ma la pena stabilita dalla
ge vel praecepto statuta temperari legge o dal precetto dev'essere mitigata o
debet vel in eius locum paenitentia sostituita con una penitenza, se il delitto
adhiberi, si delictum patratum sit: sia stato commesso:
1° ab eo, qui rationis usum im- I ° da chi abbia avuto solo un uso di
perfectum tantum habuerit; ragione imperfetto;
2° ab eo qui rationis usu carebat 2° da chi era privo dell'uso di ragione
propter ebrietatem aliamve simi- per ubriachezza o per altra simile pertur-
lem mentis perturbationem, quae bazione dcl1a mente dovuta a colpa;
culpabilis fuerit; 3° per impeto grave di passione, che
3° ex gravi passionis aestu, qui tuttavia non abbia preceduto e impedito
non omnem tamen mentis delìbe- ogni deliberazione della mente e ogni con-
rationem et voluntatis consensum senso della volontà, e purché la passione
praecesserit et impedierit, et dum- stessa non sia stata volontariamente ecci-
modo passio ipsa ne fuerit volunta- tata o favorita;
rie excitata vel nutrita; 4° da un minore che aveva compiuto il
4° a minore, qui aetatem sede- sedicesimo anno di età;
cim annorum explevit; 5° da chi sia stato costretto da timore
5° ab eo, qui metu gravi, quam- grave, anche se solo relativamente tale, o
vis relative tantum, coactus est, aut sotto l'impulso della necessità o di un gra-
ex necessitate vel gravi incommo- ve incomodo, se il delitto commesso sia
do, si delictum sitintrinsece malum intrinsecamente cattivo o torni a danno
vel in animarum damnum vergat; delle anime;

4828 1323, n. 7 Un giudizio errato, ma senza colpa. È una ulteriore circostanza esimen-
te, disposta dal legislatore a favore di chi, violando la legge o il precetto penale, ritenga
erroneamente di trovarsi in una delle circostanze previste nei nn. 4 e 5 del presente canone,
relativi al timore grave, allo stato di necessità, al grave incomodo e alla legittima difesa.
Come s'è già accennato, deve trattarsi di un errore "sine culpa". È inoltre necessario che
l'atto non sia intrinsecamente illecito e che non sia di danno alle anime",

4829 2. Circostanze attenuanti


Le circostanze attenuanti, che per diritto comune diminuiscono l'imputabilità la
quale pur rimane grave (se non fosse grave, non ci sarehhe delitto, ai sensi del can.
1321, § I), e, conseguentemente, alleggeriscono la pena, sono indicate nel can. 1324.
L'enumerazione non è tassativa (cfr. can. 1327).
4830 1324, § 1, n. 1 (2201, § 3*) L'uso imperfetto di ragione, detto canonicamente
"debilitas mentis", che impedisce la piena responsabilità dei propri atti. Sono i vari
casi di seminfermità mentale, che possono verificarsi nella sfera intellettiva o in
quella volitiva.
4831 1324, § 1, n. 2 (2201, § 3*) La perdita dell'uso di ragione o il turhamento
psichico, prodotti colpevolmente: per es., mediante ubriachezza, uso di droghe, ecc. II

4 La norma penale cede anche di fronte alla dispensa, legittimamente concessa dalla compe-
tente autorità. Essa, tuttavia, non è né può essere considerata una causa esimente, perché non esime
soltanto dalla pena, ma esonera dalla stessa osservanza della legge (can. 85), in modo da escludere
radicalmente ogni violazione della medesima.
L~ circostanze od dd il lU 603

6° ab eo, qui legitimae tutelae 6° da chi agì per legittima difesa contro
causa contra iniustum sui vel alte- un ingiusto aggressore suo o di un'altra
rius aggressorem egit, nec tamen persona, ma senza conservare la dehita mo-
dcbitum servavit moderamen; derazione;
7° adversus aliquem graviter et 7° da chi agì contro qualcuno a seguito
iniuste provocantem; di una grave e ingiusta provocazione;
Soab eo, qui per errorem, ex sua 8° da chi, per un suo errore colpevole,
tamen culpa, putavit aliquam credette di trovarsi in qualcun a delle cir-
adesse ex circumstantiis, de qui- costanze di cui al can. 1323, n. 4 o 5;
bus in can. 1323, nn. 4 vel 5;
9° ab eo, qui sine culpa ignoravit 9° da chi, senza sua colpa, ignorava che
pocnam legi vel praecepto esse ad- alla legge o al precetto fosse annessa una
nexam; pena;
10° ab eo, qui egit sine pIena 10° da chi agì senza una piena impu-
imputabilitate, dummodo haec tabilità, sempre che questa sia rimasta
gravis permanserit. grave.
§ 2. Idem potest iudex facere, si § 2. Lo stesso può fare il giudice, se vi
qu a alia adsit circumstantia, quae sia qualche altra circostanza, che diminui-
delicti gravitatem deminuat. sca la gravità del delitto.
§ 3. In circumstantiis, de quibus § 3. Nelle circostanze di cui al § 1, il
in § 1, reus poena lame sententiae reo non incorre nelle pene latae sententiae.
non tenetur.

turbamento doloso. ossia intenzionale, non diminuisce in alcun modo l' imputabilità
(can. 1325) ; potrebbe anzi aggravarlo, dando luogo alla violazione premeditata della
legge o del precetto penale.
1324, § 1, n. 3 (2206*) L'impeto grav e di passione: gravis passionis aestus, 4832
purché questa non sia stata eccitata o provocata volontariamente: se così fosse, occorre
applicare il can. 1325.
Si tratta per altro della passione che non impedisca ogni deliberazione della mente
e ogni consenso della volontà. Qualora - non eccitata né favorita volontariamente -
dovesse causare un completo turbamento psichico, si avrebbe una circostanza dci tutto
esimente, a termini del can. 1323, n. 6.
1324, § 1, n. 4 (2204 *) L'età minore, dai 16 anni compiuti ai 18 non terminati. 4833
L'età penale, com'è disposto nel can. 1323, n. I, ha inizio con i 16 anni compiuti. A
18 anni compiuti il giovane diventa "maggiorenne" e, in condizioni normali, ha la piena
responsabilità dei suoi atti, come il pieno esercizio dei suoi diritti (can. 98, § l ). Durante
i duc anni intermedi. l' età minore costituisce. per disposizione del legislatore, una cir-
costanza attenuante, da valutarsi concretamente dal superiore o dal giudice competente.
1324, § 1, n. 5 (2205, § 3 *) Il timore grave, lo sta to di necessità e il grave 4834
incomodo (nel senso spiegato nel commento al can. 1323, n. 4), qualora l'atto delittuoso
compiuto in queste circostanze sia intrinsecamente illecito o torni a danno delle anime.
Se una tale ipotesi non si verifica. la circostanza è considerata del tutto esimente, a
termine del citato can. 1323. n. 4.
1324, § 1, n. 6 (2 /99 e 2205, § 4*) La legittima difesa, che si effettui senza la 4835
debita moderazione. Conservando la debita moderazione, la circostanza è esimente (can.
1323, n. 5) .
604 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa

4836 1324, § 1, n. 7 (2205, § 4*) La grave provocazione. mediante atti o gesti, capaci
di suscitare l'ira, lo sdegno, il risentimento, causando un'intima agitazione.
Perché la provocazione sia una circostanza attenuante, è necessario che sia grave
e, nello stesso tempo, ingiusta.
4837 1324, § 1, n. 8 Un giudizio errato "ex sua culpa", circa le circostanze previste
nei nn. 4 e 5 del canone precedente (timore grave, stato di necessità, grave incomodo
c legittima difesa). Il giudizio errato "sine culpa" è causa esimente (ibidem).
4838 1324, § I, n. 9 (2202, .ii 2*) L'ignoranza "sine culpa" della pena annessa alla
legge o al precetto, in quanto tale ignoranza «imputabilitatem delicti non tollit, sed
aliquantum minuit- (can. 2202, § 2, Codice 1917). In caso d'ignoranza crassa o supina
oppure affettata, si applica il can. 1325.
L'ignoranza non colpevole della stessa legge o dci precetto, come s'è visto nel can.
1323, n. 2, costituisce una circostanza esimente.
4839 1324, § 1, n. lO (2218, .ii 2*) Qualsiasi altra circostanza che tolga la piena
responsabilità, purché rimanga grave c non sia dovuta a colpa. Se infatti la re-
sponsabilità non è grave, la circostanza ha valore ed effetto di causa esimente; e
se è dovuta a colpa, non ha earattere attenuante e può trasformarsi anche in causa
aggravante.

4840 3. Precisazioni

J) Facoltà del giudice


1324, § 2 (2223, § 3, n. 3*) Nei casi previsti nel paragrafo precedente, il giudice
ha l'obbligo formale di attenuare la pena o di sostituirla con una penitenza. Può però
darsi che, nell'istruttoria del processo, la gravità del delitto risulti diminuita da altre
particolari circostanze (per es. il pieno pentimento dci reo, la non gravità del danno
provocato, la riparazione dello scandalo, ccc.). In questa ipotesi, la legge dà al giudice
la facoltà discrezionale di "idem facere", ossia di mitigare la pena o d'imporre una
penitenza.
Per una ulteriore facoltà del giudice, cfr. can. 1345.

4841 2) Le pene"latae sententiae"


1324, § 3 (2229, .ii 2*) Si contraggono per il fatto stesso (ipso facto) della viola-
zione della legge o del precetto penale (cfr. esposizione del can. 1314). Ma questo
richiede una piena imputabilità del delitto. Se per una delle cause previste nel § I
dell'attuale canone, o per altra del genere, l'imputabilità non fosse piena e risultasse
effettivamente diminuita, la pena "Iatae sententiae" non viene contratta. Conseguente-
mente, una donna che abortisse sotto l'influenza del timore grave, dello stato di neces-
sità o del grave incomodo, giuridicamente non incorre nella scomunica "latae
sententiae" prevista nel can. 1398, anche se si tratti di aborto diretto. che moralmente
non è mai giustificato, per nessun motivo.
È ovvio. per altro, che in questi casi il superiore o il giudice competente possono imporre una
pena minore o anche una penitenza. Le circostanze attenuanti diminuiscono la gravità dci delitto
e la pena conseguente, ma non sopprimono né l'uno nè l'altra. Dci resto, lo stesso canone (* 2)
dispone che, nella ipotesi di circostanze attenuanti. la pena venga mitigata o sostituita con una
penitenza. Toccherà al superiore o al giudice valutare il caso concreto.
Le circostanze del delit to 605

CAN. 1325 - Ignorantia crassa vel L ' ignoranza crassa o supina o affettata
supina velaffectata numquam con- non pu ò mai essere presa in con siderazio-
siderari potest in applicandis prae- ne nell'applicazione delle norme dei cann.
scriptis cann. 1323 et 1324; item 1323 e 1324 ; e così pure l'ubriachezza o
ebrietas aliaeve mentis perturba- altr e perturbazioni della mente, se siano
tiones, si sint de industria ad delic- state provocat e ad arte per commettere il
tum patrandum vel excusandum delitto o per averne una sc usante, e la
quaesitae, et passio, quae volunta- pa ssione volontariamente eccitata o favo-
rie excitata vel nutrita sit rita.
CAN. 1326 - § 1. Iudex gravius pu- § l . Il giudice può pun ire più grave-
nire potest quam lex vel praecep- ment e di quel che la legge o il pre cett o
tum statuit: sta bilisca no:
I" eum, qui post condemnatio- IOchi, colpito già da una co nda nna o da
nem vel poenae deelarationem ita una di chiarazion e di pen a , continui a
delinquere pergit, ut ex adiunctis delinquere, sì che dalle circostan ze si pos-
prudenter eius pertinacia in mala sa prudentemente presumere la su a perti-
voluntate conici possit; nacia nella cattiva volontà;
20 eum , qui in dignitate aliqua 2 0 chi è costituito in qualche dignità, o
constitutus est, vel qui auctoritate chi ha abusato della sua autorità o del suo
aut officio abusus est ad delictum ufficio per commettere il delitto;
patrandum;

3) Circostanze giuridicamente irrilevarui 4842


1325 (220 / . § 3; 2206; 2229. § 3*) Sono circostanze che in nessun caso possono
essere considerate come attenuanti, molto meno esimenti, sia in rapporto alle pene
"ferendae sententiae" che a quelle "latae sententiae". Non diminuiscono, infatti, in nes-
sun modo l'imput abilità del soggetto.
Tali circostanze sono:
l ° L'ignoraTlza crassa o supina o affettata della legge o del precetto penale. 4843
- Crassa o supina è l'ignoran za dovuta a pigrizia o disinteresse completo: pur
avendone la possibilità, il soggetto nulla fa per liberarsene.
- Affettata è l'ignoranza voluta. intenzionale, per non osservare la legge.
2° L'ubriachezza o altri turbamenti psichici, provocati ad arte per commettere il 4844
delitto (per es. per darsi coraggio), o per averne una scusante.
3° La passione, volontariamente eccitata o favorita, anche se ciò non avvenga
dolosamente.

4. Circostanze aggravanti 4845

Le circostanze aggravanti danno al giudice o al superiore la facoltà discrezionale


(non l'obbligo) d'imporre al reo una pena più grave di quella stabilita dalla legge.
Con legge universale, il can. 1326 considera circostanze aggravanti: la recidiva,
la dign ità del reo, l'abuso di ufficio o di potere , l'omissione della debita diligenza
nonostante la previsione dell'evento nei delitti colposi. Il diritto particolare, come si
dirà nel can. 1327, può costituire altre circostanze aggravanti e anche attenuanti ed
esimenti.
606 IJBRO VI - Le sanzioni nella Chies a

3° reum, qui, cum poena in delic- 3° il reo che , pur essendo stabilita una
tum culposum consti tuta sit, even- pena per un delitto colposo, previde l'even-
tum praevidit et nihilominus cau- to e, ciò nono stante, omise per evitarlo
tiones ad eum vitandum omisit, quelle precau zioni che qual siasi persona
quas diligens quilibet adhibuisset. diligente avrebb e usato .
§ 2. In casibus, de qui bus in § 1, § 2. Nei casi di cu i al § l , se la pena
si poena consti tuta sit latae senten- stabilita sia latae sententiae, si può ag-
tiae, alia poena addi potest vel giungere un'altra pena o penitenza.
paenitentia.

4846 l ) La recidiva
1326, § I, n. I (2208 *) Il termine significa "ric aduta". Nel diritto penale ecclesia-
stico, è la particolare situazione del reo. che, dopo essere stato colpito da una pena con
sentenza o decreto condannatorio in caso di pena "ferendae sententiae", oppure con
senten za o decreto declaratorio in casodì pena "Iatae senrentiae", comm ette un altro
delitto contemplato nell'ordinamento giuridic o ecclesiasti co : della stessa specie (recidi-
va specifica) oppure di specie diversa (recidiva generica).
La recidiva costitui sce una circostan za aggravante, perché chi continua a violare la
legge o iI precetto, specialmente se si tratti di delitti della stessa specie, dimostra per sé
una volontà pertinace, che non intende emendarsi. Second o la sentenza comune, non si
può parlare di recidiva nel caso di un reo che commette un secondo delitto a notevole
distanza di tempo dal primo e che in questo periodo ha conservato una condotta corretta
e incensurata.
Anche il delitto "continuato", come quello di un parroco che trascuri gravemente
e in modo abituale il suo ufficio (can. 1741, n. 4), può costituire una circostanza aggra-
vante ma di esso non v' è alcun cenno nell'attuale canone. Per il "cumulo" di delitti, v.
i I can. 1346.

4847 2) L' abuso di potere


1326, § l, n. 2 (2207 *) L'abuso dell'ufficio o del potere di CUI SI e rivestiti c,
similment e, la costituzione in dignità (nell' ambito ecclesiasti co, come in quello civile e
sociale ), conferiscono una specifica gravità al delitto, tanto maggiore quanto più alta è
la dignità. più important e l'ufficio. più elevato il potere. In questi casi, infatti , maggiore
è lo scandalo e più grave è il perturbam ento dell' ordine ecclesiale.
Il Codice preceden te considerava anche la dignità della vittima dci de litto: «Delicturn auge tur
pro malore dig nitate personae quae delicto offenditu r» (can. 2207, n. I). Nel nuovo Codice questa
circostanza è stata soppressa volut amente : «In Ecclcsia, ubi pastore s fratribus suis inserviunr (LG,
18), ad tutel am ecclesia sti ca c au ctoritatis sufficiunt ca n. 1322 (l 'a tt uale 1370) ceteraeq ue
factispecies poenales, quin neccssc sit circumstantiarn aggravantem constitucre» (Communicatin-
nes, a. 1984. p. 4 1, can . 1277, §, I). Un motivo piuttosto debole, in verità. Riteniamo che il giudice
possa, a lmeno in casi del tuu o spec iali, tener conto anche della dignit à della person a co lpita da un
atto delittu oso e considerare tale circo stanza come causa aggravante. È lo stesso diritto che vi
ricorre , poiché nel can. 1370 viene punito in modo del tutto diverso il delitto di "violenza fisica"
usata contro il Romano Pontefice, contro un Vescovo insignito dci carattere episcopale. contro un
chierico o un religioso.

4848 3) L' omissione della debita diligenza nei delitti colposi


1326, § l, n. 3 (2203, § 1*) È un'applicazione del can. 1321, § 2, in cui è stabilito
che la violazione di una legge o di un precetto penale effettu ata "ex omi ssione debitae
Le circostanze dci delitto 607

CAN. 1327 - Lex particularis po- La legge particolare può stabilire altre
test alias circumstantias eximen- circostanze esimenti, attenuanti o aggra-
tes, attenuantes vel aggravantes, vanti, oltre ai casi previsti nei cann. 1323-
praeter casus in cann. 1323-1326, 1326, sia con una norma generale sia per
statuere, sive generali norma, sive i singoli delitti. Parimenti, si possono sta-
pro singulis delictis. Item in prae- bilire nel precetto circostanze che esima-
cepto possunt circumstantiae sta- no dalla pena istituita col precetto, o l'at-
tui, quae a poena praecepto con- tenuino o l'aggravino.
stituta eximant, veleam attenuent
vel aggravent.
§ I. Chi fece od omise qualcosa allo
CAN. 1328 - § 1. Qui aliquid ad scopo di commettere un delitto, e tuttavia,
delictum patrandum egit vel orni- indipendentemente dalla sua volontà, non
sit, nec tamen, praetersuam volun- consumò il delitto, non è soggetto alla
tatem, delictum consummavit, non pena stabilita per il delitto consumato,
tenetur poena in delictum consum- tranne che la legge o il precetto disponga-
matum statuta, nisi lex vel prae- no diversamente.
ceptum aliter caveat. § 2. Se gli atti o le omissioni portano
§ 2. Quod si actus vel omissiones per loro natura all' esecuzione del delitto,
natura sua ad delicti exsecutio- l'autore può essere sottoposto ad una pe-
nem conducant, auctor potest pae- nitenza o ad un rimedio penale, tranne che
nitentiae vel remedio poenali su- spontaneamente abbia desistito dal porta-
bici, nisi sponte ab incepta delicti re a compimento il delitto iniziato. Ma se
exsecutione destiterit. Si autem ne sia derivato scandalo o altro grave dan-
scandalum aliudve grave damnum no o pericolo, l'autore, anche se abbia
vel periculum evenerit, auctor et- spontaneamente desistito, può essere pu-
si sponte destiterit, iusta potest nito con giusta pena, sempre però più lie-
poena puniri, leviore tamen quam ve di quella stabilita per il delitto consu-
quae in delictum consummatum mato.
constituta est.

diligentiae", non è passibile di pena, tranne che ciò sia previsto espressamente dalla
stessa legge o precetto. Supposta, pertanto, la comminazione della pena in caso di delitto
colposo, il soggetto che, compiendo un'azione, ne prevede le conseguenze delittuose e,
ciò nonostante, non si da pensiero di usare le debite precauzioni per evitarle, come
farebbe una persona diligente, pone in essere una circostanza aggravante, che aumenta
la sua personale responsabilità.

4) Circostanze aggravanti e pene "latae sententiae" 4849


1326, § 2 Nel caso che si tratti di pene "latae sententiae", nei suddetti casi di
circostanze aggravanti è in facoltà del superiore o del giudice competente, infliggere al
reo, dopo un'attenta valutazione dei fatti, un'ulteriore pena o una penitenza.

5. Il diritto particolare 4850


1327 In conformità coi cann. 1315 e 1319, il diritto particolare non ha soltanto il
potere di emanare leggi e precetti penali, ma anche quello di costituire, nei limiti della
608 LIBRO V I . Le sanzioni nella Chie sa

propria competenza, altre circostanze esimenti, attenuanti e aggra vanti, in aggiunta a


quell e stabilite dal dir itto un iversale, sia con una norma di carattere genera le sia pe r i
si ngo li delitti.
A termi ne de l can. 1324, § 2, una tale facoltà spetta, ma solo per le circostanze
attenuanti, anche al giudice e al superiore, che procede contro il delinquente (can . 1342,
§ 3).

4851 IL TENTATIVO DEL DEliTTO E IL CONCORSO NEL MEDESIMO


(cann. 1328-1330)
Schema
I. Il tentativo 3. Delitti da considerare non consumati
2. Il concorso nel delitto

4852 1. Il tentativo del delitto

I ) Delitto con sumato e "conatus delicti ''


1328 (22 12. 221 3 e 2235 *) Nell'esecu zione di un delitto, posson o distin gu ersi
varie fasi, c he ne co stitui scono come l'iter:
- L'intenzione deliberati va
- La sce lta dei mezzi opportuni
- La posizione in ess ere degli atti esecuti vi
- La consumazio ne del delitto, costituente l'atto final e, medi ant e il quale il delitto
viene portato a compimento
Se il delitt o giun ge alla sua fase ultim a, che lo rend e perfetto , si ha il delitto
consumato, In caso cont rario. si ha soltanto il tentati vo di delitto: conatus de/ictio
La mancata consumazione del delitto può avere cau se di vers e:
l " Può dipendere dalla stessa persona che intendeva commetterlo, perché rinunzia
volontariamente al suo proposito. Tale, ad esempio, è il caso di Mar io, che si propone
di uccide re Ant onio , ma poi si pente e desi ste dal suo dise gno criminoso.
2° Può dipendere dal fallimento dell ' allo delittu oso , per l' ine fficacia dei mezzi
adoperati o anc he per l'inabilità del soggetto. Per esempio, Mario spa ra contro Antonio
di versi colp i di pistola, ma non riesce a colpirlo, poiché non è esperto nell 'uso delle
arm i.
3° Può dipendere infine da una circostanza imprevista, determinata da una cau sa
estranea. Mar io sta per uccidere Antonio, ma ne è impedito dal sopr aggiungere della
polizia. In questo ultimo caso, si ha propriamente il del itto "frustrato".
Da notare: il delitto o il tentativo di delitto possono aver luogo sia mediante un' azione
positiva. sia mediante una omissione: «Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico
d' impedire . equi vale a cagionarlo» (Codice Penale Italiano. art. 41. 2° comma).

4853 2) Le nu ove norm e cano niche


Il nuov o Codice semplifica e mitiga nello stesso tempo le dispo sizioni precedenti,
contenute nei cann. 22 J 2-2213: «Normae de conatu et de delicto frustrato ita mitiores
fa ctae sunt , ut conatu s et frustratio nulla poena pun iri possint, sed tantummodo
poenitentiis vel remediis poen alibu s (idque facultative), nisi sca nda lum aliudve grave
damnum vel periculum evenerit: hoc quoque in casu punitio est facult ativa» tCommu-
nicationes, a. 1970, pp. 103-104, De delicto et delinquentey.
Considerando le diverse possibili situ azioni , il can . 1328 dà le seguenti norme.
Il tentativo di deli tto 609

CAN. 1329- § l. Quicommuni de- § 1. Coloro che di comune accordo con-


Iinquendi consilioin dclictum con- corrono nel delitto, e di essi non si fa
currunt, neque in lcgcvelpraecep- espressa menzione nella legge o nel pre-
to expresse nominantur, si poenae cetto, se sono stabilite pene fe rendae
ferendac sententiae in auctorem sententiae contro l'autore principale, sono
principalem constitutae sint, iis- soggetti alle stesse pene o ad altre di pari
dem poenis subiciuntur vel aliis o minore gravità.
eiusdem vel minoris gravitatis.
§ 2. In poenam latae sententiae § 2. Incorrono nella pena /atae sententiae
delictoadnexam incurrunt compii- annessa al delitto i complici di cui non si
ces, qui in lege vel praecepto non fa menzione nella legge o nel precetto , se
nominantur, si sine eorum opera senza il loro concorso il delitto non sareb-
delictum patratum non esset, et be stato comme sso e la pena sia di tale
poena sit talis naturae, ut ipsos af- natura che possa venire applicata anche
ficere possit; secus poenis ferendae ad essi; in caso contrario possono essere
sententiae puniri possunt. puniti con pene f erenda e sententiae.

I ° Delitto non consumato, indipendentemente dalla volontà di chi si proponeva di 4854


compierlo
Il delitto semplicemente tent ato sia con atto positivo che con atto negativo
(omissione), se non perviene alla con sumazione per motivi indipendenti dalla volontà
del soggetto (delitto frustrato o fallito), can onicamente non può essere punito con la
medesima pena stabi lita per il delitto consumato (cfr. Communicationes, a. 1976, can.
14, 5° cpv.), tranne che la legge o il precetto dispongano di versamente. È que sto un
princ ipio generale, ammesso anche negli ordinamenti civili : il tentativ o di deli tto
riveste, di fatto, una minore respons abilit à e gravit à del delitto consumato. per cui
non si può stabil ire per l' uno e per l' altro la mede sima pena (cfr. art. 56 del Codice
Penal e Italiano).
Il "conatus delict i" presenta co munque una sua responsabilità: "co rnaiorem quo
magis ad consummationem accedit" (can. 2213, § I, Codice 1917). Qu anto al delitto
frus trato, "rnagis culp abile est, quam simplex delicti conatus" (can. 221 3, § 2, Codice
1917).
Per il delitto fallito o frustrato, se gli atti o le omissioni portano per loro natura
all' esecuzione del delitto , il loro autore può essere sottoposto ad una penitenza o ad un
rimedio penale . E se da essi sia derivato scandalo (per es., nel caso di tentata violazione
del taberna colo eucaristico), o altro grave danno, egli può essere punito con giusta pena,
sempre però più lieve di quella stabilita per il delitto effettivamente compiuto.
Non è sempre facile determinare, nel caso concreto, quali atti od omissioni portino " natura
sua", ossia in senso oggettivo , alla esecuzione del delitto. Occorre fame una valutazione attenta.
Rimane comunque escluso il cosiddetto "delitto impossibile" tCommun icutiones, a. 1976, p. 182.
can . 14,7 0 cpv.), che ha luogo qualo ra si usassero dei mezzi del tutto insufficienti o inidonei: per
esempio, sparare un colpo di pistola contro una persona da una distanza manifestamente superiore
alla gittata dell'arma; inferire una coltellata a una persona che indossa una corazza. L'intenzione
criminosa non è sufficiente per sé a rendere il reo passibile di una pena vera e propria.
2° Delitto non consumato perché il soggetto desiste spontaneamente dal portarlo 4855
a compimento
- Per sé. il soggetto non può essere sottoposto ad alcuna pena neppure ad una
penitenza o a un rimedio penale: «ab omni imputabilitate Iiberatur qui spante ab incepta
delict i exsecutione destiterit» (can. 2213, § 3, Codice 1917).
610 LIBRO VI . Le sanzioni nella Chiesa

- Se, tuttavi a, dagli atti messi in ope ra sia derivato scandalo o altro grave danno
o peri colo, il loro autore pu ò essere punito con giusta pena, sempre però più lieve di
quell a stabilita per il delitto e ffettuato .
Tutte le pene previste per il delitto non consumato sono per sé facoltative, ossia a discrezione
dci giudice o del superiore (cfr. CO/n/nu/!icationes. a. 1970, pp. 103-104, De delicto et delinquente,
a. 1976, p. 182, can. 14, 6° cpv.).

4856 2. Il concorso nel delitto


1329 (2209 e 2231 *) Anche ques to canone è stato semplificato rispetto alle di spo-
sizioni prec eden ti. Si danno dell e norme di carattere generale, lasciand o al diritto par-
ticolare c alla dottrina il compi to di determinarle concretamente.
Il co ncorso nel delitto, con siderato anche nelle legi slazioni c ivili (cfr. gli artt, 110-
119 de l Codice Pen ale Itali ano ), è la partecipazione di più soggetti all'esecuzi one di un
medesimo reato. La cooperazio ne può essere var ia: total e o parziale , principale o acc es-
so ria , positi va o om issiva , materi ale o morale. Cooperazione omi ssiva è, ad esempio,
qu ell a di una guard ia giurat a, che fa tinta di " non vedere" il furto c he s i con suma in un
magazzinu di cui ha la vigil anza. Coope razione morale è quella di una persona che istiga
o det ermina altri a commettere un delitto. Nei cosiddetti "del itti bil ateral i", per es. un
adulterio, la cooperazione è uguale e necessaria in entrambe le parti .
La cooperazione, tuttavia, dev' essere formale, intenzionale. Non è sufficiente per
sé la semplice cooperazione materiale. Elemento essenziale dell a cooperaz io ne di più
person e in un'azione delittuosa è che tutti contribuiscano effettivamente di com une
intes a (communi consilio) a porre in essere il delittu.
Nel canone, si considera in mod o diretto il caso in cui una pen a è stabilita contro
l'autore principale, senza che degli altri i quali concorrono nel delitto di co mune accordo
si facc ia menzione nell a legge o nel precetto. Se dei complici si fa menzione, occorre
ovviame nte attenersi alle norm e prescritte.
4857 Nella prima ipotesi:
l " Se si tratta di pene " ferend ae sententiae", i cumplici di cui non si fa menzione
nella legge o nel precetto, sono soggetti alle stesse pene dell'autore princip ale o ad altre
di pari o min ore grav ità, seco ndo l'effetti va respon sabil ità di cia scun o, oss ia in ragione
dell a co ncreta partecipazione avuta nel de litto .
Supposta la medesima responsabilità, nell'autore principale e nei suoi complici, l'un o c gli
altri meritano per sé la stessa pena. Ma non sempre questo è possibile. Se, ad esempio, l'aut ore
principale è un chierico e viene punitn con una sospensione (una pena propria dei chierici: can.
*
1333, I), la medesima pena nnn può essere irrogata al complice laico, al quale va pertanto inflitta
una pena di pari gravità (eiusdern gravìtatis).
4858 20 Se si tratta di pene "Iatae sentcntiae" , i complici:
- Incorrono nella ste ssa pena, se senza il loro concorso il del itto non sarebbe stato
co mpiuto (complici nece ssari), e, nell o stes so tempo, la pen a sia di tale natura che poss a
venire applicata anche ad essi.
Così, ad esempio, la scomunica "latae sententìae'', comminata contro l'aborto direttamente
provocato, "effectu secuto", colpisce non solo la donna che volontariamente ci si sottopone e il
medico che lo esegue, ma anche tutti quelli che vi hanno partecipato efficacemente con la loro opera
materiale o morale: assistenti, infermieri, genitori che abbiano imposto l'intervento criminoso, ccc.
- In caso diverso, ossia se la part ecipazione dei complici non sia stata determi-
nante nel senso indicato oppure la pen a non possa essere applicata anche ad essi (per
es. l' accennata pena della sospensione), i detti complici possono essere puniti con pene
" fcrc ndac se ntentiae", a discrezione del superiore o del giudice.
Concorso nel dclino c delitto non consun uno 611

CAN. 1330· Delictum quod in de- II delitto che consista in una dichiara-
c1aratione consista t vel in alia vo- zione o in un' altra man ifestazione di vo-
luntatis veI doctrinae veIscientiae lontà, di dottrin a o di scienza, deve co nsi-
manifestatione, tamquam non derarsi come non consumato, se nessuno
consummatum censendum est, si percepi sca tale dichiarazione o manife sta-
nemo eam declarationem veI ma- zione.
nifestationem percipiat.

Da notare. Nel caso di concorso nel reato «la capacità penale, l'im putabilità e le circosta nze 4859
esimenti, aggravanti e attenuanti vanno valutate separatarnentc per ciascuna delle persone che
concorrono nel delitto , anche se talune di esse (cioè le cosiddette circostanze obiettive) sono
*
ordinariamente comuni a tutti. Può perciò accadere che, nonostante la disposizione del 2, taluno
anche dei conco rrenti necessari non incorra nella pena latae scntcntiae prevista per il delitto. o
viceversa che vi incorra taluno dei concorrenti necessari e non v'i ncorra l' autore del delilio (cfr.
*
cann. 1321- 1323. 1324, 3); e che a taluno soltanto sia applicabile la disposizione del can. 1324,
* 3. Similment e può, in caso di pene ferendac scntentiae, accadere che un complice sia punito più
gra vemente dell'autore del delitto, se per quello vi sia una circostanza aggrava nte e per q uesto una
circostanza attenuante» (Pio Ciprotti).

3. Delitti da considerare non consumati 4860


1330 Il deli tto si puni sce pubblicamente per il danno socia le che produce e
può produ rre. Vi sono però dei delitti. in cui questo danno è escluso: tale è, per
esempio, il caso di un teolo go che sc riva un 'opera o un artico lo, nei quali si
contes ta aper tamente la dottrina della Chiesa in una particolare materi a di carat-
tere dogm atico o morale. L' opera o l'articolo non vengono però pubblicati né
sono mostrati ad alcuno , per cui tutti ne ignorano l' esistenza' . Il delitto senza
dubbio sussiste, perch é è un fatto oggetti vo, esterno, ma è da considerarsi consu-
mato agli ef fetti giuridici?
Risol vendo un du bbio dott rinale, il canone chiarisce che il delitto co nsis tente
in una dichiarazione o in un' altra manifestazione di volontà , di dottr ina o di
scienza (delitto di opinione) , giuridicamente deve co nsiderarsi come non cons uma-
to, se nessuno venga a conosce nza di tale dichiarazione o manifestazione. Il ca-
none , tuttavia. non chiarisce se, nel caso, per co nsiderare "delitto consumato" la
detta dich iarazione o manifestazione, sia sufficiente la loro conoscenza materiale,
ogg ettiva, ossia del puro fatto , oppure sia necessaria la cono scenza form ale, in
quanto cioè si tratt a di dichi arazione o manifestaz ione "delittuos a". Le rispo ste
deg li autori non so no co ncordi. Sembr a però più fond ata l' opinione di co loro che,
per la co nsumazio ne del deli tto, ritengono che non sia sufficiente la semplice
conoscenza materiale de lla dichi arazione o manife stazione, ma ne richiedono an-
che la conosce nza formale.
La redazione del detto canone fu oggetto di discussione nell' adunan za del Gruppo dci Con-
sultori, per i dubbi e Ic perplessità sollevate sulla sua estension e c anche sulla sua concreta utilità.
Si decise infine di sostitu ire la formula dello Schema con un nuovo testo, che è l'attu ale (Commu-
nicationes. a. 1976, pp. 168-169, can. 2).

I Un altro esempio del genere: la confezione di un documento pubblico eccles iastico falso

(can. 1391. n. I), che tuttavia non viene adoperato né mostrato ad alcuno; una bestemmia profferita
senza che alcuno sia presente o la oda.
612 Ll BHO VI- Le sanzioni nella Chic..sa

4861 LE PENE MEDICINALI O CENSURE IN GENERE


Schema
I. Cenni storici 3. Particolarità delle censure
2. Concetto di censura

4862 Dopo aver affermato la potestà coa ttiva della Chie sa (ius nativum et prop rium ) e
aver determinato la fonte istitutiva delle sanzioni canoniche (la legge e il precetto pe-
nale) e il soggetto passi vo delle mede sime, il Codice passa ad esam inare in concreto
queste sanzioni , comprende nti, come s' è già accennato nel can. 1312,Ie pene medicinali
o censure (cann. 1331 -1335), le pene espiatorie (cann. 1336-13 38), i rimed i penali e le
penitenze (cann. 1339-134D).
Le cen sure, aventi come fine principale e diretto l' emendamento del reo, sono tre:
- La sco munica
- L'interdetto
- La sospensione
L'enumerazione è tassativa (ca nn. 1312, § I , n. I ; 1331-1 333 ), per cui , nel diritto
vigent e, nessuna legge particol are o precetto, tranne che siano emanati dalla Sede Apo-
sto lica, possono stabilire altre figure di censure.

4863 1. Cenni storici


Il diritto penale della Chiesa comprende una duplice categoria di sanzioni, medici-
na/i ed esp iatorie (cfr. can. 1312). Nelle prime, denominate "censure" , lo sco po diretto
e pre valente inteso dal legislatore è l'emendamento del reo; nelle seco nde lo scopo
esterno è per sé il cast igo del delitto e la sua debita riparazione. O vviament e, tutte le
pene, medi cinali ed espiatorie, hanno una funz ione e una finalità es senzi alm ente pasto-
rale e sociale, che tende alla ri educazione teologica e morale del reo e al ristabilimento
dell'ord ine (cfr. can. 1341).
Per lungo tempo , i due fini non furono determ inati con chiarezza, né si distin sero
sufficiente mente le pene medic inali da quelle vend icative o esp iatori e. La finalità
correttiva fu richiamata per altro nel IV seco lo in alcune pene irrogate ai chierici e poi
anche ai laici "usque ad cmendationcrn" , La formulazio ne completa della dottrina si
ebbe tutta via solo nel sec. XV.
La prima censura gene rale per tutta la Chie sa fu stabil ita dal Con cilio Lateranense
III nel 1179 (can. 24). Successiv amente , i Romani Pontefici compilarono una serie di
scomuniche riservate alla loro competenza, e che per la loro speciale importan za presero
a leggersi pubblicamente ogni ann o, in ricorrenza del Giovedì Santo, alla presen za del
Papa, del Colle gio dei Cardin ali e della Corte Pontificia. Le relative Bolle furono dette
"In Coena Domini ", ma la loro origine resta tuttor a incert a.
Con l' andare del tempo , specialmente a partire dalla seconda metà del sec. XVIII ,
molte censure caddero in disu so e per alcune di esse si dub itò della loro stes sa valid ità
ed esistenza, per cui Pio IX, il 12 ottobre 1869, emanò la Cost. "Aposto licae Sedis " con
l' elenco riordinato delle censure " latae scntentiae" da applicarsi nella Chie sa, compren-
denti 38 casi di scomunica ( 12 riservate "speciali modo" al Romano Pontefice, 18
riserv ate al Papa "simpliciter", 3 riservate all'Ordinario e 5 non riservate ad alcuno), 7
di sospensione e 3 d'interdetto. La detta Costituzione rimase in vigo re fino al Codice
di Diritto Canonico del 1917.

4864 2. Concetto di censura


La definizione della cen sura ci è data dal can . 224 1, § l , de l Codiee precedente:
Le pene medicinali o censure 613

«Una pena, mediante la quale una persona battezzata che ha commesso un delitto ed
è contumace , viene privata di alcuni beni spirituali o annessi ai medesimi, fi nché,
recedendo dalla contumacia, venga assolta».
La pena è la co nseg ue nza gi uridic a pubbl ica, pre vista dal diri tto per la vio laz io-
ne dell a legg e o del precetto penale.

La persona battezzata è il soggetto passi vo dell a pen a, secondo i princ ipi 4865
d 'i mputabi lità. determin ati nei ca nn. 1321-1 330. A norma de l can . l I. so no passibili
di pen a ca no nica solta nto le persone battezzate nell a Chi esa Cattolica o accolte suc-
cess ivame nte in essa, anche se in seg uito si si ano se parate da essa form alment e,
tran ne che sia dis pos to di versamente nel diritto in modo es presso (nn . 2 18-2 19). È il
batt es imo, infa tti, che incorpora all a Chi esa e re nde il fedele soggetto alle sue leggi ,
di cui le pene so no una particolare espressione.

La persona " d e linq u ens et contumax" . l due elementi so no essenziali : «Cen- 4866
sura punitur tantummod o deli ctum externum, grave, consummat um, cum co ntumac ia
co niunctum » (ca n. 2242, § l, Co di ce 19 17). G iurid icame nte v ie ne consid era to
contu mace «q ui non obstantibus moniti onib us (canonicis ) a delicto no n des istit vel
patrat i delicti poenitentiam cum debita da mno rum et scandali repa ratione s age re
detrectat - (can. 2242, § 2). Nelle cen sure " latae sententiae" l'ammonizion e è impli-
cita nell a stessa legge o precetto che commina la pena. e la contumacia, ossi a la
perversa vol ont à del reo, risulta dal fatto stesso che egli compie il delitto nonostante
la pena annes sa "ipso facto" alla violazi one. dimostra ndo in tal mod o un aperto
dispre zzo dell a nor ma canonica . Nell e ce nsure " Iere ndae sente ntiae" , la " praevia
admo nitio" è nec essaria "ad validitate rn" (ca n. 134 7, § I).

In rispondenza co n la natura e co n le fina lità proprie della Chiesa, la pe na 4867


canonica co nsis te nell a privazione d i det erminati ben i spirituali o an nessi ai mede-
sim i: amm inistrazi on e o recezione di sac rame nti e sac ra mentali, eserc izio di uffici e
mini ster i ecclesias tici. po sizion e di atti di governo, pri vile gi eccle siast ic i, prov enti di
dignità. uffici e incaric hi, ecc.

3. Particolarità delle censure 4868


La ce ns ura non cessa da sé , come può cessare la pen a espi ato ria trascor so il
te mp o sta bilito o co mpiuto l'atto impos to nell a co nda nna . Cessa so lta nto per remi s-
sione dell a me desi ma, da ta dalla competente au tor ità . T ale remi ssione è legata essen-
zia lme nte all'atteggiame nto del reo : non si può concedere fi nché egli non receda
dalla con tumacia, ed al reo che recede seriamen te, non può essere negata (c fr. ca n.
135 8, § I). Ne der iva la cons eguenza che la ce ns ura è senza indi ca zione di durata.
Non può ess ere inflitta "ad tempus praefinitum " , né "ad beneplacitum superioris ", né
molto me no "i n perpetuurn" ; similmente , non può essere inflitta per un fatto total-
mente passato , anche nei suoi effetti dann osi.
Nell ' or din am ento anteriore, ciò er a possibil e, perché l'interdetto e la sospe ns ione
(non la sco munica) potevano essere anche pen e " vend icative" (can. 2255, § 2). Nell a
nuova legislazione qualunque censura è se mpre ed essenzialmente una pena med ici-
nale (Communicationes, a. 1970, p. 105, l ° cpv .), per cui, ad esempio, non è più
con senti to al Vescovo diocesano intliggere a un suo sa cerdote la sos pe nsio ne " ab
or dinibus" o "a b offici o" per tre mesi (te mpus praefinitum). A tale nor ma c'è un a
so la eccezione per diritto comune: il ca n. 1383; ma ess o viene con siderato piuttosto
co me un pro vvedimento di carattere ammi nistrat ivo .
614 LIBRO VI • Le sa nzioni nella Chi esa

Titolo IV
Le pene e le altre punizioni
CAPITOLO I
LE CENSURE

CAN. 1331 - § 1. Excommunica- § I. Alla persona scomunicata è vietato :


tus vetatur:
l"ullam habere participationem l ? prendere parte in alcun modo come
ministerialem in celebrandis Eu- ministro alla celebrazione del Sacrificio
charistiae Sacrificio vel quibusli- eucaristico o di qualsiasi altra cerimonia
bet aliis cultus caerimoniis; di culto;
20 sacramenta velsacramentalia 2 0 celebrare sacramenti o sacramentali
celebrare et sacramenta recipere; e rice vere i sacramenti;

4869 LA SCOMUNICA (can. 1331)


Schema
I. Concetto di sco munica 3. Scomuniche "latae" e "ferendae senrcntiae"
2. Effetti

4870 1. Concetto di scomunica


1331 (2257-2267*) Il nuovo Codice , per una scelta metodologica (Communicatio-
nes, a. 1970, p. 101,3° cpv.), non dà la definiz ione della scomuni ca, dell'interdetto e
della sospensione. Si limita ad enumerarne gli effetti.
Nel can. 2257, § l , del Codice precedente , la scomuni ca è definit a: «Una censura
mediante la quale una persona viene esclusa dalla comunione dei f edeli. con gli effe tti
dete rminati dai canoni».
487] La scomunic a è la più grave delle censure, poiché comporta. com'è detto nella
definizione, l'esclusione dalla comunione ecclesiale, acquisita mediante il battesimo
(cfr. can. 96). Tale esclusione, evidentemente, non è separazione da Cristo né dall a
Chiesa in quanto Corpo mistico , in cui si realizza la Comunione dei Santi , ma
soltanto dalla Chiesa in quanto corpo giuridico-sociale. L'unione mistica con Cristo
e con la Chiesa si perde in parte col peccato , e defini tivamente con la perdita della
fede. L'unione giuridica, esterna, cessa invece per un legittimo provvedimento della
competente autorità, che priva il fedele di determinati suoi diritti , che gli deri vano
dal carattere battesimale (can. 96). Questo, tuttavia, avviene per sé senza pregiudizio
della unione mistica, che segue le sue leggi. È anche da tener presente che la
scomunica presuppon e una gra ve responsabilità morale , ossia in concreto il peccato
grave, e questo compromette, almeno parzialmente, l'unione mistica con la Chiesa c
con Cristo.

4872 2. Effetti della scomunica


Il can. 1331 è diviso in due paragrafi: nel primo si determinano gli effetti comuni
di qualsiasi scomunica; nel secondo gli effetti ulteriori, propri della scomunica inflitta
o dichiarata mediante sentenza giudiziaria o decreto amministrativo. È soppressa la
Le pene medicinali o censure 615

3° ecclesiasticis officiis vel mini- 3° esercitare qualsiasi ufficio o ministe-


steriis vel muneribus quibuslibet ro o incarico ecclesiastico, o porre atti di
fungi vel actus regiminis ponere. governo.
§ 2. Quod si excommunicatio ir- § 2. Se la scomunica è stata inflitta o
rogata vel declarata sit, reus: dichiarata, il reo:
1° si agere velit contra prae- I ° se voglia agire contro il disposto del
scriptum § 1, n. 1, est arcendus aut § I, n. I, dev'essere allontanato oppure si
a liturgica actione est cessandum, deve interrompere l'azione liturgica, tranne
nisi gravis obstet causa; che non sia possibile per una grave causa;
2° invalide ponit actus regiminis, 2° pone invalidamente gli atti di go-
qui ad normam § 1, n. 3, sunt il- verno, che ai sensi del § l, n. 3, sono
liciti; illeciti;
3° vetatur frui privilegiis antea 3° gli è vietato di far uso dei privilegi,
concessis; che gli siano stati concessi in precedenza;
4° nequit valide consequi digni- 4° non può ottenere validamente digni-
tatem, officium aliudve munus in tà, uffici o altri incarichi nella Chiesa;
Ecclesia;
5° fructus dignitatis, officii, mu- 5° non fa suoi i frutti di dignità, uffici,
neris cuiuslibet, pensionis, quam incarichi di qualunque genere, o pensioni
quidem habeat in Ecclesia, non che abbia nella Chiesa.
facit suos.

distinzione tra scomunicati "vitandi" e "tolerati", di cui al can. 2258, § I, del Codice
1917 (Communicatio..nes, a. 1977, p. 148, letto d).
Gli effetti determinati dalla legge sono tassativi e indivisibili, Di essi soli e di tutti
è passibile il fedele colpito da scomunica. Il superiore ecclesiastico non ha alcuna
facoltà di separarli, di ridurli o di ampliarli.
A termine del can. 2255, § 2, del Codice precedente: «Excommunicatio afficere potest tantum
personas physicas, et ideo, si quando feratur in corpus morale, intelligitur singulos afficere qui in
delictum concurrerint: interdictum et suspensio, etiam cornrnunitatern, ut personam moralern». Nel
nuovo ordinamento penale, «censurae in communitatem suppressae sunt» (Communicationes. a.
1970, p. 104, De poenis, 50 cpv.).

I) Effetti comuni di qualsiasi scomunica 4873


1331, § 1 La persona colpita da scomunica sia essa "ferendae" o "latae
sententiae", semplicemente incorsa o anche dichiarata mediante formale sentenza o
decreto - è soggetta tassativamente e unitariamente a un triplice divieto:
lODi prendere parte attiva come ministro (cfr. Communicationes, a. 1977, p.
148, can. 16, § 1, letto a) - come ministro sacro (cann. 207, § I, e 1008), ossia come
Vescovo, presbitero o diacono (can. 1009, § I) - alla celebrazione del Sacrificio
Eucaristico e di qualsiasi altra cerimonia di culto pubblico o liturgico (can. 834).
Non è vietata:
- La semplice assistenza al culto pubblico, per es. alla celebrazione della S.
Messa, anche se ciò avvenga con partecipazione attiva, ma non ministeriaIe (participatio
rninisterialis), vale a dire come fedele (mediante risposte, preghiere comunitarie, canti,
ecc.), non come ministro sacro.
- La partecipazione attiva in qualità di ministro a un atto di culto non liturgico,
quale potrebbe essere la funzione direttiva in una privata manifestazione di penitenza,
in una riunione di meditazione e di preghiera, nella recita del rosario mariano, ecc.
616 LIBRO VI - Le san zioni nella Chiesa

4874 2° D i celebrare i sac rame nti o i sacra me ntali e di ricevere i sacramenti , no n i


sacramentali. La proi bizio ne di ricevere i sac ramen ta li potrebbe tutta via essere disposta
nel diritt o part icol are tCommunicationes. a. 1970, p. 105, De poenis, l " c pv.). In o rd ine
alla celebrazion e dci sacrame nti e dei sacra me nta li, è da tene r presente il can . 1335.
Come s'è già accennato (n. 4769, nota 6), nello schema originario era stato soppresso il
divieto di ricevere i sacramenti della penitenza e della unzione degl' infermi. Ma la proibizione
anche per questi sacramenti venne ripristinata successivamente per decisione della Congregazione
Plenaria dei Padri Cardinali (maggio 1977), alla quale il problema venne sottoposto tComntuni ca-
tiones, a. 1977, pp. 149, nota I; pp. 213, 321- 322; a. 1984, p. 42, can. 1282), c che ritenne di non
dover modificare il concetto tradizionale di "scomunica" - separazione dalla comunione esterna
della Chiesa - per cui il fedele che ne è colpito resta escluso con effetto indivisibile dalla
recezione di tutti i sacmmenti (Communicationes. a, 1977, p. 322. IOcpv.).
4875 3° Di esercitare qual siasi ufficio, min istero o incarico ecclesiastic o. e di porre atti
di governo.
Per uffi cio (offici um) s'inte nde qu alsiasi incarico , co stitu ito stab ilme nte per o rdina-
men to di vino o ecclesiast ico, da ese rci tare per un fine spiritua le (ca n. 145, § I).
Per ministero (mi nis teri um) s'i nte nde nel canone qu ello laicale di accoli to e di
letto re, co nferito in modo sia sta bile c he tem porane o, di cui al can . 230 '.
Per incarico (m unus) s'i ntende qualsiasi servizio di ca ratte re ecclesiale , co nferito
sia a ch ierici che a laici : per es.. un corso di predicazione in chiesa, l'Insegn amento
catechistico, la partecipazione al Consiglio presbiteralc o pa storale. al Consigli o per gli
affari economi ci. lo stes so servizio di sagrestano, ecc ,
Gli alti di governo o di gi urisdizione: di foro interno ed esterno, di potestà ordi naria
e del egata, di cara ttere legislativo , amministrati vo e giudiziario.
4876 Da notare. Tutte le suddette proibizioni obbligano "sub gravi", ma soltanto "ad liceitarem'" ,
per cui gli atti proibiti - per es. la celebrazione di un sacramento. la posizione di un atto di
governo - restano pienamente validi. Sarebbe valida per sé anche la recezione delì' assoluzione
sacramentale. se lo scomunicato si accostasse al sacramento della penitenza in buona fede. Se
questa mancasse, la confessione sarebbe invalida. oltre che sacrilega, non però a causa della cen-
sura in quanto tale, ma solo per la mancanza delle dovute disposizioni del penitente, il quale
contravviene a una norma obbligante "sub gravi".
Cessano per altro le proibizioni in particolari casi, di cui al can. 1335 ,

4877 2) Effetti ulteriori della scomunica inflitta o dichiarata


1331, § 2 Oltre alle proi bizion i comuni enumerate nel prim o parag rafo, la scomu-
nica " ferendae se nte ntiae ", infl itta legittimament e dal supe riore o dal gi udic e competen-
te. e quell a " latae se ntentiae" deb itamente dichiarata co n sente nza giudi ziaria o co n
decreto amministrativo, producono dalla loro legittima in timazione i seg uenti effe tti l .
4878 l o Se la persona sco munica ta vole sse pren dere parte come ministro alla ce le bra-
zio ne del Sacrifi cio Eucari st ico o di qu alsiasi altra ce rimoni a di culto pubblico , dev' es-
sere allontanato oppure si deve interrompere l' azione liturgica, tranne che lo impedisca

I Commu nication es, a. 1977. pp. 149-150. § I. lett. c: «Quaesiturn est etiam utrum verbum

officium non debeat potius compleri verbi ministeriis, propter nova ministeria laicis collare. -
Propositio omnibus placet».
, Commun icati ones , a. 1977, p. 148. len , c: «Consultores dicunt verbum velare certo
invaliditatcm non importare; quando autern acta sint invalida cxpresse indicatur».
, Da tener presente che l'irrogazione o la dichiarazione della scomunica in via giudiziaria
richiede "ad validitatern" un tribunale collegiale di tre giudici (can. 1425, § I, n. 2), salvo il
disposto del § 4.
Le pene medicinali o censure 617

una g rave ca usa (potrebbe essere anche lo sca nda lo dei fedeli ). È ovv io, per altro che.
trattandosi della S. Messa , se si è già iniz iato il canone e soltanto allora ci si rende conto
che il diacon o assistente è colpito da scom unica e si rifiuta di allontanarsi , la Messa deve
co ntinuare sino alla fine.
2° Gli atti di giurisdizione o di governo (di foro interno ed esterno, di pot està 4879
ord inari a e del egat a, ecc .) - e so lta nto qu esti, non gli atti dell a potestà di ordine -
sare bbero invalidi e non più solt ant o illeciti. È invalida anche l' assistenza ca no niea alla
ce lebraz ione del matrimoni o, per qu anto non sia un att o di gi urisd izio ne, poiché così
dis po ne espre ssamente il can. 11 09.
A term ini del ca n. 976, qu alsiasi sace rdote, anche se privo di facolt à o scomunicat o,
ass olve validamente e lecitamente da qualunque censura o peccato qualsiasi pen itente
che versi in pericolo d i morte, anche se sia presente un sacerdo te appro vato. Secondo
alcuni auto ri per esempio, P. C app ello" - al peri colo di morte è eq uiparato il caso del
tutto eccezio nale per altra ca usa grav issima .
Nell'errore comune - per quanto riguarda gli alti di potestà esecutiva, l'assoluzione sacra-
mentale c l'ass istenza al matrimonio - "s upplet Ecclesia" (ca n, 144).
3° Lo sco munica to non perde i privilegi ecclesiastici personali, ricevuti prim a 4880
de lla scomunica intl itta o dich iarata, ma non può più fa rne uso. I pri vilegi infatti, se non
consti diversamente, so no per sé perpetui (can . 78, § I).
4° Co nserv a sim ilm ente le dignità, gli uffici e gl'incarichi ottenuti già nella Chic- 4881
sa, ma non può validamente ottenern e di nuovi fin ché perdura la pena.
Per l' eser cizio, occorre tener present i le prob izion i determinate in pre cedenza.
5° No n ha più diritto di percepire i proventi di dign ità, uffi ci, inca richi di qu alsiasi 4882
ge ne re. che abb ia nella Chiesa , e ne ppure la pensio ne già ma tur ata. Il c hierico tuttavia,
a termine del can. 1350, § I , non può essere pri vato de l decoroso sos tentame nto . La
stessa norm a vale per il laico, per obbligo di equità e di carità cristia na.

3) Effetti ulteriori della scomunica anche semplicemente incorsa 4883


- L ' incapacità di lucrare le indulge nze (ca n. 996, § I), che fanno parte de l "te-
soro" della Chi es a, la q uale ne dispone com e " minis tra dell a rede nzione" (can. 992),
concede ndo le ai vivi " per modu m absol utio nis" e ai defun ti " per modum suffrag ii" (ca n.
9 11. Cod ice 191 7).
- La pa rticolare licenza del l'Ordinario per l'assisten za al mat rimonio di una per -
son a colpita da scomunica o anche da interdetto personale: can. 1071, § l, n . 5.

4 ) Effetti ulteriori della scomunica inflitta o dichiarata 4884


- Inabilità a dare il proprio voto nell e elezio ni a un ufficio ec clesia stico : ca n. 17 1,
§ I , n. 3
- Inabilità ad essere iscritto in un 'associ azione di fede li e imp os sibilità e rima ner-
vi: can. 316
- Esclusione dalla Comunione : can. 91 5
Gli effetti indicati in questi due ultimi num eri son o di ca rattere amministr ativo, non
pe na le, co nseg uenti alla co nd izione "anti-ecclesiale" dell o scom unica to.

, F. CAPPEIl.O, Summa luris Canonici, III, p. 430, n. 54 1: «Periculo mortis, ut indubitanter


tenemu s, aequ iparand a est causa gravissima, v.g. metus mort is, scandalum grave vitand urn, etc.".
618 LIBR O VI • Le sanz ioni nel la Chic,",

4885 5) Scomuniche "fatae sententiae"


Ri ser vat e
Sono riservate alla Sede Apostolica':
- La profanazione della SS. Eucaristia: can. 1367
- La violenza fisica contro la persona augusta del Romano Pontefice, oppure la
sua uccisione: cann. 1370, § I , e 1397
- L' assoluzione del compli ce nel peccato contro il sesto comandamento : can .
1378. § l
- Il con ferimento della consacrazione episcopale da parte di un Vesco vo, privo
del mandato pontificio: can. 1382
- La violazione diretta del sigillo sacramentale da parte del confessore: can .
1388, § I
Non riservate
L' apostasia dall a fede, l'eresia e lo scisma : can . 1364, § I
L' aborto effettivamente procurato: can. 1398

4886 6) Scomuniche "ferendae sententiae"


Per l' attentato di celebrazione eucari stica: can. 1378 , § 3
Per l' attentato di assoluzione sacramentale: can. 1378, § 3
Per la violazion e del segret o sacramentale da parte dell'interprete c di altre
persone, che in qualsiasi modo fossero venute a conoscen za di peccati accusati in con-
fessione: can. 1388, § 2
4887 Censure "ferendae sententiae", che comprendono anche la scomunica
- Per il battesim o o l'educazione dei propri figli in una religion e non cattolica:
ca n. 1366
- Per il ricorso al Concilio Ecumenico o al Collegi o dei Vescovi contro un atto
del Romano Pontefice: can. 1372
- Per il mercimania nelle offerte delle Messe: can. )385
- Per false denunzie al Superiore eccle siastico o per grave lesione della buona
fam a altru i: can . 1390, § 2

4888 L 'INTERDE7TO (c a n. 133 2 )


Schema
l. Concetto 3. Interdetti "latae sententi ae"
2. Effetti

4889 1. Concetto
L' interdetto è defin ito nel Cod ice preced ente: «Una censura mediante la quale si

, Secondo "interpretazione più fondata, la riserva delle censure è nel nuovo Codice di esclu-
siva competenza della Santa Sede. A norma del Codice precedente. tale riserva poteva essere
istituita da qualsiasi autorità che avesse il potere di comminare le censure. Dispone va per altro il
can. 2246. § I: «Ne reservetur censura nisi attenta peculiari gravitate delictorum et necessitate
aptius providendi disciplinac ecclesiasticae et medendi conscientiae fidelium».
Da notare: è scomparsa nel nuovo Codice la distinzione delle scomuniche riservate alla Santa
Sede simpliciter. speciali modo. specialissimo modo.
Le pene medicinali o censure 619

CAN. 1332 • Interdictus tenetur Chi è interdetto è soggetto ai div ieti di


vetitis, de quibus in can.133l, § 1, cui al can. 1331, § I, nn. I e 2; sc l'in-
nn. 1 et 2; quod si interdictum terdetto è stato inflitto () dichiarato, si
irrogatum vel declaratum sit, deve osser vare il disposto del can . 1331,
prsaescriptum can, 1331, § 2, n. 1 § 2, n. I.
servandum est.

vietano a dei fedeli. che rimangono per altro nel/a comunione della Chiesa, determinate
azioni sac re» (ca n. 2268, Codice 1917).
Per tali divieti. che sono inseparabili , l'interdetto ha qualche affinità con la scomu-
nica. per cui è talvolt a denominato, sia pure impropri amente , "scomunica minore". Ne
differisce essenzi almente, perché il fedele che ne è colpito , con serva, come s'è rile vato,
la comunione ecclesiale.
Nel nuovo ordinamento, l'interd etto ha soltanto carattere medicin ale. Non potend o
avere carattere espiatorio, esso è inflitto. come qual siasi censura. senza indicazio ne di
du rata (n. 4868 ). E inoltre soltanto personale: quello locale è stato soppresso (Commu-
nicationes, a. 1984, p. 42, ean. 1283).
I divieti che seguono all' interdett o personale sono limitati agli aspetti spirituali.

2. Effetti 4890

I) Effetti comuni dell'interdetto


1332, I part e Alle persone interdette - con pena "ferendae" o " latae senten tiae"
sempli cemente incor sa o anche dichiarata mediante sentenza o decreto - è fallo divieto
come alle persone scomunicate:
l ODi prendere parte in alcun modo come ministro alla celebrazi one del Sacri ficio
Eucaristico o di qualsiasi altra cerimonia di culto liturgico .
2° Di celebrare sacramenti o sacramentali e di ricevere i sacramenti (non i sacra-
mentali)
Non gli è vietato invece di esercitare gli uffici o i ministeri o gl'incarichi ecclesi a-
stici, di cui sia rivestito.

2) Effetti ulteriori dell'interdetto inflitto o dichiarato 4891


1332, Il parte Oltre ai divieti accennati. il fedele interdetto co n pena intlitt a o
dichiarata mediante sentenza giudiziaria o decreto amministrativo , il quale volesse pren-
dere parte come ministro alla celebrazione del Sacrificio Eucaristico o di qual siasi altra
cerimonia di culto pubblico. dev'essere allont anato oppure si deve interrompere l'azione
liturg ica, tranne che una grave cau sa consigli diver samente.

3) Effetti ulteriori di carattere amministrativo 4892


l ° Dell 'interdetto anche semplicemente incorso
- Il matrimonio della persona interdetta come della persona colp ita da scomunica,
richiede la particol are licenza dell 'Ordinario del luogo: can. 1071, § l, n. 5.
2° Dell'interdetto infl itto o dichiarato
- L'esclusione dalla Comunione: ean. 915.
620 LIBRO VI . Le sanz ion i odia C hiesa

CAN. 1333 • § 1. Suspensio, quae § l . La sospen sione, che può colpire


c1ericos tantum afficere potest, soltanto i chierici. vieta:
vetat:
1° ve! omnes ve! aliquos actus I ° tutti o alcuni atti dell a pote stà di or-
potestatis ordinis; dine;
2° vel omnes vel aliquos actus 2° tutti o alcuni atti della pot est à di
potestatis regiminis; governo;
3° exercitium ve! omnium vel 3° [' eserc izio di tutti o di alcuni diritti o
aliquorum iurium ve! munerum funzi oni inerenti a un ufficio .
officioinhaerentium.

- Il divieto "sub poena invaliditatis", per l'Ordinario dci luogo e per il parroco,
di assis tere alla celebrazio ne dei matrimoni, e, ovviamente, di delegare altri sace rdot i o
diaconi: can. 1109 . Resta intatto il princip io della "supplenza" dell a Chiesa nei casi di
errore comun e (can. 144).

4893 4) Interdetti "latae sententiae"


- La violenza fisica con tro un Vescovo consacrato, oppure la sua uccisione: se il
deli tto è commesso da un chierico, il reo incorre anche nella sospe nsione: cann . 1370,
§ 2, e 1397.
L' attentato dell a celebrazione eucaristica da parte di un laico: ca n. 1378, § 2,
n. I.
L' attent ato de ll'assoluzione sacramentale, e anche il semplice ascolto della
co nfessione sacra mentale, da parte di un laico: il chierico incorre nella sos pensione: ca n.
1378, § 2, n. 2.
- La falsa denunzi a di un confessore al Superiore ecclesi astico del delitt o di
sollecitazione: se l'autore della falsa denunzia è un chierico, incorre anche nella sospe n-
sione: can . 1390, § I.
- L' attentato di matrimonio anche solo civile, da parte di un religioso non chie-
rico di voti perpetui : can. 1394, § 2.
Son o previsti interdetti "ferendae sententiae" nei cann . 1373, 1374 e 1380.

4894 LA SOSPENSIONE (cann. 1333-1334)


Schema
I . I divieti previsti 3. Sospensioni "latac sententiae"
2. Precisazioni 4. Sospensioni "ferendae scntentiae"

1333·1334 (2278 -2285 *) La sospensione è una pena con effetti vari, che può col-
pire soltanto i chierici'. In se no al Gruppo dei Consult ori si fu incerti se es tenderla ai
laici, poiché or mai "ad plura offici a deputantur", ma infine il Gruppo deci se a maggio-
ranza di Iimitarla ai chierici iCommunlcationes, a. 1977, p. 153, can . 18, lett. li).

I Se pertanto il chierico perde giuridicamente lo stato clericale (can. 290), non è più soggetto

alla sospensione, e quella che fosse stata inflitta o nella quale fosse incorso cessa "ipso iure". Se
poi perdesse lo stato clericale per invalidità della sacra ordinazione (can. 290. n. I), bisognerebbe
concludere che la sospensione effettivamente non c'è mai stata.
Le pene medicinali o censure 621

§ 2. In lege vel praecepto statui § 2. Nella legge o nel precetto si può


potest, ut post sententiam conde- stabilire che , dopo la sentenza cond an-
mnatoriam vel declaratoriam ac- natoria o declaratoria, chi è sospeso non
tus regiminis suspensus valide po- possa porre validamente atti di governo.
nere nequeat.
§ 3. Vetitum numquam afficit: § 3. Il divieto non comp rende mai:
l ° officia vel regiminis potesta- I ° gli uffici o la potestà di governo, che
tem, quae non sint sub potestate non sono nell'ambito di competenza del
Superioris poenam constituentis; Superiore che ha stabilito la pena;
2° ius habitandi, si quod reus 2° il diritto di abitazione, che il reo abbia
ratione officii habeat; in ragione dell'ufficio;
3° ius administrandi bona, quae 3° il diritto di ammini strare i beni, che
ad ipsius suspensi officium forte eventualmente appartengano all' ufficio di
pertineant, si poena sit latae sen- chi è sospes o, se la pen a sia far ne
tentiae. sententiae.
§ 4. Suspensio vetans fructus, § 4. La sospensione che vieta di perce-
stipendium, pensioncs aJiave eius- pire i frutti, lo stipendio, le pensioni o altre
modi pcrcipere, obligationem se- entrate del genere , comporta l'obbligo di
cumfcrt restituendi quidquid ille- restituire quanto sia stato percepito illegit-
gitime, quamvis bona fide, percep- timamente, anche se in buona fede.
tum sito

Come s'è già rilevato. nel nuovo ordinamento penale la sospensione e. similmente.
l' interdetto, hanno soltanto carattere medicinale (nn. 4868 e 4889). La sospensione
prevista nel can. 1383 è piuttosto un provvedimento di carattere disciplinare.

1. Divieti conseguenti alla sospensione 4895


1333, §§ 1-2 La sospensione vieta in tutto o in parte:
IO Gli atti della potestà di ordine (suspensio a sacris ordinibus)
2 0 Gli atti di potestà di governo: di foro interno ed esterno. di potestà ordinaria
e dele gata, di caratte re legislativo, amministrativo e giudiziari o (suspensio a
iurisdictione)
3° L'e sercizio di diritti o funzioni inerenti a un ufficio ecclesiastieo (suspensio ab
officio)
Gli atti di potestà di ordine, per la loro stessa natura. non possono essere mai vietati
"sub poena nullitatis" (cfr. can. 1338. § 2). Gli atti di potestà di governo sono per sé
vietati ad liceitatem, tranne ehe la legge o il precetto stabiliscano che. dopo la sentenza
condannatoria o declaratoria, chi è sospeso non possa porre validamente gli atti di
governo (§ 2). L'effetto invalidante è quindi escluso dalle sospensioni "latae sententiae"
semplicemente incorse e non dichiarate.
Il divieto circa l' assistenza canonica al matrimonio da parte dell'Ordinario del luogo o del
parroco colpiti da censura irrogata o dichiarata (sospens ione. interdetto, scomun ica), è "sub pocna
invaliditatis", a termine del can. 1109. salvo il principio della "supplenza" della Chiesa, in caso di
errore comune (can. 144). Resta anche esclusa ogni possibilità di delega.

2. Precisazioni 4896

l ) Limiti della sospensione


1333, § 3 La sospensione deve effettuarsi a norma di diritto, che pone dei limiti sia
622 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1334- § 1. Suspensionis am- § l. L'ambito della sospensione, entro i


bitus, intra Iimites canone praece- limiti stabiliti nel canone precedente, è
denti statutos, aut ipsa lege vel definito dalla stessa legge o dal precetto,
praecepto definitur, aut sententia, oppure dalla sentenza o dal decreto con
vel decreto quo poena irrogatur. cui s'infligge la pena.
§ 2. Lex, non autem praeceptum, § 2. La legge, ma non il precetto, può
potest latae sententiae suspensio- stabilire una sospensione latae sententiae
nem, nulla addita determinatione senza aggiungere alcuna determinazione o
vellimitatione,constituere; eiusmo- limitazione; una tale pena comporta tutti
di autem poena omnes effectus ha- gli effetti enumerati nel can. 1333, § 1.
bet, qui in can. 1333, § 1 recen-
sentur.

soggettivamente, nei riguardi del Superiore che la infligge, sia oggettivamente, in rap-
porto al contenuto della pena.
A termine del presente paragrafo, il divieto della sospensione non può mai com-
prendere:
I ° Per una ragione giuridica: gli uffici o la potestà di governo, che non rientrano
nella competenza del Superiore che infligge la pena. È una norma di corretta ammini-
strazione. Così, ad esempio, non può un Vescovo diocesano sospendere un sacerdote
dall'ufficio che questi ha in un'altra diocesi. Una norma parallela si ha nel can. 1338,
§ 1, relativamente alle pene espiatorie. Nel Codice precedente, era stabilito che
"suspensio latae sententiae", iure communi irrogata, affieit omnia officia... in
quacumque dioecesi possideantur» (can. 2282). La disposizione vale tuttora, "ex natura
rei" e anche a norma del can. 1333, § 3, n. l.
2° Per motivi di equità: il diritto di abitazione, che il reo abbia in ragione dell'uf-
ficio che rivesta: è una norma di umanità, oltre che di carità cristiana.
3° Per motivi di prudenza: il diritto di amministrare i beni, che eventualmente
appartengano all'ufficio di chi è sospeso, se la pena è "latae sententiae". Lo scopo è di
non pregiudicare i diritti patrimoniali dell'ufficio. Se invece la pena è "ferendae
sententiae" e viene inflitta mediante decreto o sentenza, essa può privare il titolare
dell'amministrazione dei beni, tranne che ciò sia escluso dalla legge o dal precetto.

4897 2) L'obbligo della restituzione


1333, § 4 I divieti, annessi alla sospensione, di percepire i redditi, lo stipendio e
altre entrate del genere operano "ipso iure", per cui comportano l'obbligo di restituire
quanto sia stato percepito illegittimamente, anche se in buona fede.
L'obbligo è di stretta giustizia. Resta escluso, ovviamente, quanto è necessario per
il decoroso sostentamento a cui il chierico ha diritto, a norma del can. 1350, § 1.

4898 3) L'ambito effettivo della sospensione


1334 Gli effetti della sospensione, a differenza di quelli della scomunica e dell'in-
terdetto, sono divisibili, per cui è necessario determinarne l'ambito concreto. Tale
ambito è definito dalla stessa legge o dal precetto penale, oppure dalla sentenza o dal
decreto con cui viene inflitta, rimanendo per altro nei limiti stabiliti nel can. 1333.
Un ulteriore limite riguarda la sospensione "latae sententiae" di carattere generale,
comprendente tutti gli atti di ordine e giurisdizione e tutti i diritti e funzioni inerenti a
Le pene medicinali o censure 623

un ufficio ecclesiastico (n. 4895) . Non avendo alcuna determinazione o limitazione, una
pena gravis sima così formulata può essere istituita solo per legge (generale o partico-
lare), non per precetto'. La legge infatti, per la sua nota di universalità, che prescinde
dalle singole person e e dalle situazioni particolari , è in grado di garantire maggiormente
la giustizia e l'imparzialità e di evitare possibili abusi di potere . Il precetto può stabilire
pertanto una sospensione di carattere generale solo come pena "ferendae sententiae".
Alla sospension e di carattere generale seguono tutti gli effetti indicati nel can. 1333,
§ l , per cui al chierico che ne venga colpito è vietato unitariamente:
Di porre gli atti di potestà d'ordine e di governo
- Di esercitare i diritti o funzioni inerenti al suo ufficio.

3, Sospensioni "latae sententiae" contenute nel Codice 4899


Sono comminate per i seguenti delitti:
I ° Violenza fisica contro un Vescovo insignito del carattere episcopale, oppure la
sua uccisione : cann . 1370, § 2, e 1397.
2° Attentato della celebrazione eucaristica da parte del diacono: can . 1378, § 2,
n. I.
3° Attentato dell'assoluzione sacramentale , o anche il semplice ascolto della con-
fessione sacramentale, da parte di un diacono o anche da parte di un sacerdote privo
della facoltà di assolvere i peccati: can. 1378, § 2, n. 2.
4° Confe rimento degli ordini (diaconato e presbiterato) da parte di un Vesco vo,
senza le legittime lettere dimissorie: la sospensione per il Vescovo (propriamente di
carattere amministrativo più che penale) è limitata al confer imento degli ordini per un
anno; la persona ordinata è sospesa dall'ordine a tempo indeterminato: can. 1383.
5° Falsa denun zia di un confessore al Superiore eccle siastico del delitto di solle-
citazione: sospensione e interdet to, se chierico : can. 1390, § l.
6° Attentalo di matrimonio anche solo civile: can. 1394, § I.

4. Sospensioni "ferendae sententiae" 4900


Sono previste per i seguenti reati:
I° Celebrazione o recezione simoniaca di un sacramento: can. 1380
2° Crimine di "sollecitazione": can . 1387
3° Concubinato e altre violazioni del sesto comandamento: can. 1395, § l
Censure "ferendae sententiae ", comprensive anche della sospensione 4901
- Per il ricorso al Concilio Ecumenico o al Collegio dei Vescovi contro un atto
del Romano Pontefice: can. 1372
- Per il mercimonio nelle offerte di Messe: can. 1385
- Per false denunzie al Superiore ecclesiastico o per grave lesione della buona
fama altrui: can. 1390, § 2.

l Una sospensione generale "latae sententiae", anne ssa al precetto sarebbe nulla "ips o
iure", tranne che il pre cetto sia eman alo dall a Sed e Apo stolica. La nullità, tuttavia ,
riguardarebbe solo la pena, non il precetto in sé, che resterebb e valido in quanto comando o
divieto (cfr. n. 4805). Nulla però vieta - secondo alcuni - che un precetto commini una
sospen sione "latae sententiac" con tutti gli effetti enumerati nel can. 1333, § I, purché siano
indicati espre ssamente. Una tale sospensione, tuttavia. valida forse da un punto di vista forma-
le. sarebbe però contraria allo spirito della legge.
624 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1335· Si censura vetet ce- Se la censura vieta la celebrazione di


lebrare sacramenta velsacramen- sacramenti o di sacramentali oppure
talia vel ponere actum regiminis, l'esercizio di atti di governo, il divieto è
vetitum suspenditur, quoties id sospeso ogni volta che ciò sia necessario
necessarium sit ad consulendum per assistere dei fedeli che si trovano in
fidelibus in mortis periculo con- pericolo di morte; se poi si tratta di cen-
stitutis: quod si censura latae sen- sura latae sententiae non dichiarata, il
tentiae non sit declarata, vetitum divieto è anche sospeso tutte le volte che
praeterea suspenditur, quoties fi- un fedele chiede un sacramento o un sa-
delis petit sacramentum vel sa- cramentale o un atto di governo; tale ri-
cramentale vel actum regiminis; chiesta può esser fatta per qualsiasi giusta
id autem petere ex qualibet iusta causa.
causa Iicet.

4902 LA SOSPENSIONE DELLE CENSURE PER MOTIVI PASTORALI


(can. 1335)
Schema
I. In pericolo di morte 2. Fuori del pericolo di morte

1335 (2261, §§ 2-3; 2275, 2°*) La legge suprema della Chiesa è la salvezza delle
anime (can. 1752). In rispondenza a tale principio, il can. 1335 dispone in alcuni casi
la sospensione di qualsiasi censura (scomunica, interdetto personale, sospensione pena-
le), distinguendo una duplice ipotesi.

4903 I) In pericolo di morte


Di fronte a un tale pericolo di estrema gravità per l'eterno destino delle anime
tutte le censure - "ferendae" e "latae sententiae", dichiarate e non dichiarate - che
vietino la celebrazione dei sacramenti o dei sacramentali oppure l'esercizio degli atti
di governo, restano sospese ogni volta che ciò sia necessario per assistere i fedeli che
si trovino in queste condizioni. AI pericolo di morte è equiparato, come s'è detto
ncll' esposizione del can. 1331, § 2, il caso del tutto eccezionale, per altra causa
gravissima.

4904 2) Fuori del pericolo di morte


Trattandosi di censure "latae sententiae" non dichiarate, il divieto è similmente
sospeso tutte le volte che un fedele chieda per qualsiasi giusta causa (ex qualibet iusta
causa) un sacramento o un sacramentale (anche nel caso che sia presente un chierico
idoneo). Il chierico colpito da censura non è tenuto ad indagare sulla validità della
causa (can. 2261, § 2, Codice 1917). È sufficiente la richiesta del fedele.
Si parla di censure "latae sententiae" non dichiarate. Restano pertanto escluse le
censure "ferendae sententiae", intlitte mediante sentenza o decreto, e le censure
"latae sententiae" dichiarate.
Il can. 1335 non intende favorire il chierico colpevole, ma i fedeli che hanno
bisogno della sua opera. Un provvedimento a favore del chierico colpito da censura,
è disposto nel can. 1352.
Circa la sospensione delle pene espiatorie, v. can. 1338, § 3.
Le pene espi ato rie 625

CAPITOLO II
LE PENE ESPIATORIE

CAN. 1336 - § 1. Poenae expìato- § I . Le pene espiatorie, che possono


riae, quae delinquentem afficere applicarsi a un delinquente o in perpetuo
possunt aut in perpetuum aut in o per un tempo determinato o per un tem-
tempus praefinitum aut in tempus po indeterminato, oltre a quelle eventual-
indeterminatum, praeter alias, mente stabilite dalla legge, sono le se-
quas forte lex constituerit, hae guenti:
sunt: 1° la proibizione o l'ingiunzione di di-
l ° prohibitio vel praescriptio morare in un determinato luogo o territo-
commorandi in certo loco vel ter- rio;
ritorio; 2° la privazione di una potest à, di un
2° privatio potestatis, officii, ufficio, di un incarico, di un diritto , di un
muneris, iuris, priviIegii, faculta- privil egio, di una facoltà, di una grazia , di
tis, gratiae, tituli, insignis, etiam un titolo, di una insegna, anche se di sem -
mere honorifici; plice carattere onorifico;
3° prohibitio ea exercendi, quae 3° la proibizione di esercitare gli alli
sub n. 2 recensentur, vel prohibitio enumerati al n. 2, o di esercitarli in un
ea in certo loco vel extra certum determinato luogo o fuori di esso; queste
locumexercendi; quae prohibitio- proibi zioni non sono mai sotto pena di
nes numquam suntsub poena nul- nullità;
Iitatis;
4° translatio poenalis ad aliud 4° il trasferimento penale ad altro uffi-
officium; cio ;
5° dimissio e statu clericali. 5° la dimissione dallo stato clericale.
§ 2. Latae sententiae eae tantum § 2. Sollanto le pene espiatorie indicate
poenae expiatoriae esse possunt, nel § 1, n. 3, possono e ssere lata e
quae in § l, n. 3 recensentur. sententiae.

LE PENE ESPIATORIE (cann. 1336-1338) 4905


Schema
I. Introduzione 3. Precisazioni
2. Le pene previste

1. Introduzione 4906
1336-1338 (2286-2305*) Le pene espiatorie differiscono essenzialmente da
quelle medicinali, dette con termine proprio "censure", per i seguenti elementi carat-
teristici:
1° Il fine principale e diretto delle pene espiatorie è il castigo del delitto, la ripa-
razione dell'ordine e della disciplina ecclesiale. turbati dalla violazione della legge o del
precetto penale (n. 4779).
2° L'applicazione della pena espiatoria non è legata alla contumacia (can. 1347),
né la sua remissione dipende dalla cessazione della medesima (can. 1358, § I; cfr. anche
can. 2286, Codice 1917).
3° La pena espiatoria può essere imposta in perpetuo, per un tempo determinato o
626 LIBR O VI • Le sa nzioni nella Chiesa

per un tempo indeterminato: in perp etuum, in tempus praefini tum , in tempus


indeterminatum, ossia finché non si conceda la remissi one '.
4° Ces sa per se stessa, con la sua effettiva espiazione, oppure mediante la legit tima
remissione da parte della competente autorità.
5° L'enumerazione delle pene espiatorie, contenute nel canone, non ha carattere
tassativo, ma esemplificativo'', come risulta sia dal preambolo del can. 1336, § I, sia dal
ca n. 1312, § 2.

4907 2. Le pene previste


1336, § 1 (229 / e 2298 *) Il Codice precedente riport ava un lungo elenco di pene
" vendicative" (24 complessivamente), distin guendole in pene comun i e proprie de i
chierici (can . 2298). Il nuovo Codice tratta unitariamente delle une e delle altre, ridu-
ce ndo nettamente il loro numero e semplificandone le norme.
Le pene espiatorie previste nel can. 1336, § I - a parte le altre stabilite eve ntual-
mente dalla "legge'" - sono principalment e cinque:
I o La proibizione o l'ingiunzione per i chierici e i religios i di dimorare in un
determin ato luogo o territorio, con le precisazioni stabilite nel can. 13374 •
2° La privazione di una potestà, di un ufficio, di un incarico , di un di ritto, di un
privilegio, di una facoltà, di una grazia, di un titolo, di una insegna , anche se di se mplice
carattere onorifico. Si tratta di nove possibili privazioni , costituenti altrettante pene
distinte. Circa la privazione penale dell'ufficio, v. can. 196.
3° La proibizione di esercitare quanto è indicato nel numero preced ente, o di
ese rcitarlo in un determ inato luogo o fuori di esso. Si tratta, per altro , di proibi zioni che
non sono mai impo ste sotto pena di nullità, atteso il loro carattere di se mplici proibizioni
(prohibitio) e non di privazioni (privatio)' .
4° Il trasferimento penale ad altro ufficio, che, ov viamente, è cosa del tutto di-
versa dal trasferiment o effettuato per ragion i amministrative, di cui ai cann. 190-191
(Commllnicationes, a. 1984, p. 43, can. 1287, § 1, n. 4).

I Durante i lavori di revisione del Codice venne proposto da alc uni di so pprimere le pene a

carattere perpetuo, perché poco rispondenti ai princip i di equità e di carità, che dovevano informare
il nuovo ordinamento penale ecc lesiastico . La proposta non fu acco lta: «Siquidcrn - ri sposero i
Consultori - quaedam huiusm odi poenae, ex. gr. dimiss io a statu clericali , natur a s ua sunt
perpetu ae. Ceterum nota perpetuitatis non ita abso luta est ut rem issionem poena e exc ludat» (Co m-
municutiones, a. 1977 , pp. 155-156, lett. a).
, Commu ni cution es, a . 1977, p. 156, let t. b : «Permulti malunt indicem poen arum
cxpiatoriarum qui sit taxativus in Codi ce. Consultores autern censent magis cohaerere cum indole
totius schernatis haec facult as legi particulari facta statuendi alias poena s expiatorias, quac forte
respondcnt moribus et circumstantiis singularurn regionum».
.' È la legge a cui si acee nna nel can. 1312, § 2, la quale può stabilire altre pene non co mprese
nel can. 1336, privando il fedele di qualche bene spirituale o temp orale, in conformità co l tìne
sop rannaturale della Chiesa: legge particolare, ma anche universale, emanata eventualmente dalla
Santa Sede dopo la promulgazione del Cod ice. Resta escluso il precetto (n. 4780) .
4 Un tale provvedimento può avere anche se mplice caratt ere preventi vo e non puni tivo: cfr.
can. 679. Cfr. anche il can. 1722, circa il provvedi mento adotta to dal giudice nei confronti dell'un-
putato, come misura prudenziale.
, Communicutiones, a. 1977, p. 156,lett . d: «Declaratio quae habetur in norma sub c), scilicet
"quae proh ibitiones numqu am suni sub poena nullitatis" , cxprobata est a nonnullis utpote quae apta
sit ad poenarn vanificanda m imo irridendam, s uggestum est itaque ut ilIa declaratio suppri matur.
Relator non idem sentit quia, dicit ipse, auctorit as quae nullitatem actorum intend at, infligere potest
poenam sub h)», La lettera b prevedeva la privazione e non la semplice proibizione: corrisponde
a l n. 2 dell 'attuale § I del can. 1336.
Le pene espiatori e 627

5° La dimissione dallo stato clericale, la pena massima istituita per i chierici


colpevoli di gra viss imi delitti", la quale non può essere stabilita per legge particolare
(can. 1316 ), né essere commi nata come pena " latae se ntentiae" (c an. 1336, § 2), ed
è per sé riser va ta, giud izia lmente , a un collegio di tre giudici (ca n. 1425, § I , n. 2;
cfr. anc he § 4 ). A norma del can . 1425, § I, n. 2, il giudiz io su un de litt o che pos sa
comportare questa pena è riservata per sé (c fr. l' eccezion e stabilita nel § 4) a un
tribun ale coll egial e di tre giudici. È esclusa la conda nna per decreto, ai se nsi del can .
134 2, § 2.
Per g li effetti di una ta le pen a, cfr. cann. 290-293, De omissione status clericalis.
Da notar e. La dimissione dallo stato clericale non ha carattere penale quando la perdita dello 4908
stato clericale è effetto della invalidità dell' ordinazione sacra o di un rescritto concesso dalla Santa
Sede (can. 290 , nn. I e 3).
Una ulteriore pena espiator ia è considerata nei cann. 14 88 e 14 89 : la multa
pecuni ar ia.
Come risulta dal confronto del can. 1336, ~ I, con i corrispondenti eann. 2291 e 2298 del
Codice precedente, sono state soppresse varie pene espiatorie:
- La sospensione e l' interdetto a carattere vendicativo, in particolare l' interdetto locale
- Il trasferimento o la soppressione penale di una sede episcopale o parrocchiale
*
- La infamia di diritto, di cui al can. 2293, 2, Codice 1917
- La pri vazione della sepoltura ecclesias tica, che tuttavia resta nei casi previsti dalla legge,
come provvedimento di carattere amministrativo e non penale (can. 11 84, § I)' .

1336, § 2 Le pen e es pia torie, co me quelle medi cinali , po sson o essere sia 4909
"ferendae" che "l atae sententiae". Per le prime, il secondo paragrafo del can . 1336
stabilisc e che pos sono esser "l atae sententi ae" solt anto quelle previste nel n. 3 del
paragrafo precedente, ossia le proibizioni (no n le privazioni) di ese rcitare una pote stà,
un uffi cio , un inca rico , un diritto, un privile gio , un a facoltà, una grazia, un titolo , una
insegn a, anche di semplice ca rattere onorifico.
Relativamente alle pene espiatorie, sono anche da tener presenti i seguenti canoni: 4910

(, La pena della di missione da llo stato clericale è comminata nel Codice attuale :
- Per il delitto di apostasia dalla fede, per l' eresia o lo scis ma, nei casi di "prol ungata
contumacia o di grave scandalo": can. 1364, § 2
- Per la profanazione delle specie consacrate: can. 1367
- Per la violenza fisic a usata contro la perso na augusta del Romano Pontefice, o per il suo
assassinio: cann, 1370, § l, e 1397
- Nei casi più gravi del delitto di sollecitazione: can. 1387
- Per il delitto di attentato matrimonio, anche solo civile, se il chierico, «dopo essere stato
ammonito non si ravveda e continui a dare scandalo»: can. 1394, ~ I
- Per altri reati commessi contro il sesto comandamento del Decalogo, particolarmente in
caso di concubinato: can. 1395
Per gli effe tti conseg uenti alla perdita dello stato clericale, v. can. 292.
1 Communicat iones, a. 1970, p. 105, De poenis: «In poenis expiatoriis tuns com munis

recensendis earumque effe ctibus statuendi s, suspensio et interdictu m praeterrnissa sunt, ita ut hac
poenae esse tantumm odo censurae possint... Praeterea et inf amia et sepolturae ecclesiasticae
privatio abolitae sunt cum et nimis durae sint et minime efficaces, privationem autem sepulturae
ecclesiasticae... melius visum est remitti, si servanda videatur, ad cano nes de ecc lesiastica
sepultura... Abolita etiam est pocnalis translatio vel suppressio sedis episcopalis vel paroecialis, ita
IIt ne in lege quide rn particulari possit, si schema ita maneat, constitui... Item abolita est ime
communi, cum et nimis dura visa sit et parum efficax, poena privationis sacramentalium, quae
poterit iure particula ri, si ita videarur, constitui»,
628 I.fRRO VI • Le sanzioni nella Chie sa

CAN. 1337 - § 1. Prohibitio com-


morandi in certo loco vel territo-
* I. La proib izione di dimorare in un
determinato luogo o territorio può co lpire
rio sive elericos sive religiosos af- sia i chierici che i religiosi; l' ingiunzione
ficere potest; praescriptio autem di dimorarvi può esse re appli cata ai chie-
commorandi, c1ericos saeculares rici secolari e, nei limiti delle proprie co-
et, intra Iimites constitutionum, stituzioni, ai religiosi.
religiosos.
§ 2. Vt praescriptio commorandi § 2. Per poter int1iggere l'ingiunzione
in certo loco vel territorio ìrroge- di dimorare in un determinato luogo o
tur, accedat oportet consensus territorio, è neces sario che vi sia il con-
Ordinarii iIIius loci, nisi agatur de senso dell'Ordinario di quel luo go, tranne
domo extradioecesanis quoque cle- che si tratti di una casa destinata alla pe-
ricis paenitentibus velemendandis nitenza o alla correzione di chierici anche
destinata. extradiocesani.

- CUli. 1312, § 2: solo la legge, e non il precetto, può stabilire altre pene espiatorie, non
comprese nel can. 1336, § I (n. 4780).
- CUli. 131 7: la dimissione dallo stato clericale non può essere istituita per legge particolare
(n. 4907 , 5°).
- Can. 1319. § 2: non si possono commina re pene espiatori e perpetue mediante precetto
(n. 4805 ).
- Con. 1336. § I . n.5. Il § 2: non si possono infliggere o dichiarare pene perpetue mediante
decreto amministrativo, ma solo mediante sentenza giudiziaria.
- ClIll. 1349: un particolare divieto per il giudice, relativamente alle pene perpetue, quando
la pena comminata sia indeterminata.

4911 3. Precisazioni

l) La proibizione o l'ingiunzione di dimorare in un dato II/ago o territorio


1337 (2301-2302*) L a proibizione può colpire sia i chie rici secolari ch e i religio si
chierici e non chierici",
L'ingiunzione può essere applicata ai c hie rici secolari e, nei limiti delle pro-
prie Co stituzi oni, ai religios i. Per detta ingiunzione, tutta vi a, è necessari o il co n-
sen so dell'Ordinario del luogo in cui il c hie rico o il reli gi oso de ve ri si edere ,
tranne che si tratti di un a casa destinata all a pen itenza o alla corre z io ne di c h ie -
rici e xtradi oce sani.
Il canone non specifica i delitti passibili delle dette pene: sono rimessi al giudizio della
competente autorità (pene indeterminate), che deve per altro attenersi al principio della legalità
della pena (nullum crimen, nulla poena sine lege), salvo il caso previsto nel can. 1399. Non
possono. comunque, essere "latae sententiac" (can. 1336, § 2).

s Nello Schema originario si parlava di "chierici o religiosi". L'espressione però venne mutata
e si disse: "clericos vel sodales institutorum vitac consecratae" iCommunicationes, a. 1977, p. 157,
can. 22). Successivamente si ritornò alla espressione primitiva: non se ne comprende la ragione. La
pena dovrebbe colpire allo stesso modo membri d'ist ituti religiosi, d'istituti secolari e di società di
vita apostolica. Comunque, stando alla lettera dci canone, la pena può colpire soltanto i chierici e
i religiosi: ai membri d'istituti secolari e di società di vita apostolica la pena si può applicare per
analogia.
I rimedi penali c le peni tenze 629

CAN. 1338 - § 1. Privationes et § l . Le pr ivazioni e le proibizioni


prohibitiones, quae in can, 1336, enumerate nel can. 1336, § I, nn. 2 e 3,
§ 1, nn. 2 et 3 recensentur, num- non si applicano mai alle potestà, agli
quam atliciunt potestates, officia, uffici , agl'incarichi , ai diritti , ai pri vile-
munera, iura, privilegia, faculta- gi, alle facoltà, alle grazie , ai titoli , alle
tes, gratias, titulos, insignia, quae insegne, che non siano nell'ambito di
non sint sub potestate Superioris competen za del Superiore che ha com-
poenam constituentis. minato la pena.
§ 2. Potestatis ordinis privatio § 2. Non si può privare alcuno della
dari nequit, sed tantum prohibitio potestà di ordin e, ma soltanto proibirgli di
eam velaliquos eius actus exercen- esercitarla, o di porre alcuni atti ; parirnen-
di ; item dari nequit privatio gru· li, nessuno può essere privato dei gradi
duum academicorum. accademici.
§ 3. De prohibitionibus, quae in § 3. Circa le proibizioni indicate nel can.
can.1336, § 1, n. 3 indicantur, nor- 1336, § I, n. 3, si deve osservare la norm a
ma servanda est, quae de censuris stabilita per le censure al can . 1335.
datur in can. 1335.

2) Il limite della competenza 4912


1338, § 1 Si conferma la norma stabilita nel can. 1333. § 3, n. I, concernente le
censure. Anche per le "privazioni" e le "proibizioni" indicate nel can. 1336, § l , nn.
2-3 - relative a potestà, uffici, incarichi, diritti , privilegi, facoltà, grazie, titoli distin-
tivi - deve trattarsi di materie soggette all' autorità del Superiore che irroga la pena.

3) La potestà di ordine e i gradi accademici 4913


1338, § 2 (229/, n. 9*) Nessuno può essere privato:
- Della potestà di ordine, per un motivo teologico: la sacra ordinazione viene
co nferita con carattere indelebile (can. 1(08) e, una volta ricevuta validamente , non può
mai essere annullata (can. 290)
- Dei grad i accademici ecclesiastic i, per espressa disposizione del diritto positivo
Il Superiore competente può tuttavia proibire al chierico colpevole di un delitto di
esercitare l' ordine o di porne alcuni atti; similmente, può proibire al chierico o al laico
che hanno violato la legge o il precetto, l'eserciz io dci gradi accademici: per es., l' in-
segnamento nelle facoltà teologiche.

4) La sospensione delle pene espiatorie, previste nel can. 1336, § I, n. 3 4914


1338, § 3 Si tratta della proibizione di esercitare una potestà, un ufficio, un inca-
rico, ecc. La detta pena - dispone l'attual e paragrafo - resta sospesa nei medesimi
casi previsti per ragioni pastorali nel can. 1335, relativamente alle censure, che vietano
la celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali oppure l'esercizio degli atti di governo .

1 RIMEDI PENALIELE PENITENZE (cann. 1339-1 340) 4915


Schema
I. I rimedi penali 2. Le penitenze
- L'ammonizione
- La riprension e
630 LIBRO VI - Le sanzi oni ncìlu Chiesa

CAPITOLO III

I RIMEDI PENALI E LE PENITENZE

CAN. 1339 - § 1. Eum, qui versa- § 1. Colui che si tro va in oc casione


tur in proxima delinquendi occa- pro ssima di co m m ettere un del itto . o s ul
sione, vel in quem, ex investìgatìo- quale , a segui to di un 'indagine , cade il
ne peracta, gravis cadit suspicio grave sos petto c he ab b ia c o m messo il
delicti commissi, Ordinarius per delitto , può essere am mo nito d all 'Ordina-
se vel per alium monere potest. rio pe rsonalm ente o p er m e zzo di altri.
§ 2. Eum vero, ex cuius conver- § 2. L 'Ordin ario può anc he riprendere
satione scandalum vel gravis ordì- in modo commi surato all e c ircostanze della
nis perturbatio oriatur, etiam cor- persona e del fallo , chi , co n la propr ia co n-
ripere potest, modo peculiaribus dotta , provochi scanda lo o grave perturba-
personae et facti condicionibus ac- m ento dell'ordine.
commodato.
§ 3. De monitione et correptione § 3. Dell ' ammoni zi on e e dell a ripren-
constare semper debet saltem ex si on e de ve sempre const are almen o d a
aliquo documento, quod in secreto qu alche documento, conservato nell' arch i-
curiae archivo servetur. vio segreto di curia.

Le sa nzioni penali in senso ampio comprendono anche i rimedi penali e le pe-


nitenze canoniche. I rimedi penali, diretti principalmente a prevenire i delit ti (can.
1312 § 3), non hanno carattere di pena: sono propriamente delle misure o provvedi-
menti di caratte re discip linare. Le penit enze canoniche, dirette piuttosto a sos tituire
o ad accrescere la pena (ca n. cit.), sono vere punizioni, per quanto attenuate. Anche
i rimedi penali poss ono essere sost itutivi della pena (cfr . can. 134R).
Le penitenze canoniche so no sanzioni di foro esterno (can. 1340 , § I). Si di f-
ferenziano dalla penitenza sacra mentale, asseg nata dal confessore nel foro intern o in
"soddisfazione" dei peccat i, a norma del can . 98 1, c anche dalle altre sa nzioni penali
per il loro cara ttere e contenuto: sono infatti "opere di religione, di pietà o di carità"
(ca n. 1340, § I), non privaz ioni di beni spiritua li o temporali (ca n. 13 13, § 2).

4916 1. I rimedi penali


1339 (2306-23 11 *) Il Codice precedent e enumerava quattro principali forme di
rimedi penali:
- L' ammoniz ione
- La riprensione
- Il precetto
- La vigilanza
Nel nuovo Codice sono state co nfermate le prime due, ma, ovviamente, non in
modo tas sativo. È pert anto in facoltà dci Vescovi diocesani e dei Superiori magg iori
degl'Istituti religiosi e delle Società di vita apostolica clericali e di diritto ponti ficio
(can. 134) rico rrere, nei limiti delle proprie competenze, ad altri rimedi pena li, secon-
do la loro prudenza pastorale e le necessità del caso (c fr. ca nn. 1340, § 3; 134 1; 1342,
§ I; 1348; 1358, § 2) .
Il giudice ha la facoltà di applicare rimedi penali solo nel caso di delitto tentato di
cui al can. 1328, § 2.
I rimedi penali c le penitenze 631

CAN. 1340· § 1. Paenitentia, quae § I. La penitenza che può essere impo-


imponi potest in foro externo, est sta nel foro esterno, consiste nel compiere
aliquod religionis ve) pietatis vel qualche opera di religione, di pietà o di
caritatis opus pcragendum. carità.
§ 2. Ob transgressionem occul- § 2. Per una trasgres sione occulta, non
13mnumquam publica imponatur s' imponga mai una penitenza pubblica .
paenitentia.
§ 3.Paenitentias Ordinarius pro § 3. L'Ordinario può a suo prudente
sua prudentia addere potest poe- giudizio aggiungere penitenze al rimedio
nali remedio monitionis vel coro penale dell'ammonizione o della ripren-
reptionis. sione.

I) L'ammonizione 4917
1339, § l L' ammonizione canoni ca, di cui nel present e canone, differi sce essen-
zialmente da quell a paterna, fratern a o amichevole. Differisce anche dall a " monitio"
diretta a far recedere dall a "contumac ia" in ord ine alle cen sure (ca n. 1347 ) o a indurre
alla ritratt azion e di cui nel can. 1371. Con essa, si richiam a " for maIiter et auctorit ative"
una persona che si trova in occasione prossima di violare una legge o un precetto penal e,
o sulla quale, effettuata una ind agine, cade il grave sospetto che abbia commesso un
delitto. Nel prim o caso, l'ammonizione ha lo scopo di prev enire il delitto; nel secondo.
di farne rile vare le conseguenze pen ali, esortando anche l' eventuale colpevole ad evitare
o ridurre. se possibile, gli effetti dannosi del suo comportamento delittuoso.
L' ammonizione è lasciata alla prudente deci sion e del Superi ore , che può inflig gerla
sia personalmente che per mezz o di altr i (per se vel per alium).

2) La riprensione 4918
1339, § 2 La ripren sione ca nonica è un biasimo form ale della condotta irregolare,
ma non propriamen te delittuosa, di una persona, la quale , col suo agire , pro voca sca n-
dalo o gra ve perturhamento dell' ordine disciplinare ecclesiale.
La riprensione dev 'essere commisurata alle condizioni del soggetto (età, sesso,
indole, sta to, condizione fisica e psichic a, ecc.) e alle circo stanze del fatto (imprude nza
o leggerezza, colpa gra ve, dolo. rccidività, ecc.). Occorre , a tal fine , svolgere una se ria
indagine, con molta prudenza in modo da tutelare con venientemente la buon a fama del
soggetto.
Sia la ripren sione che "ammonizi one possono essere effettuate in form a segreta o
pubblica, giudi ziale ed extragiudiziale (cfr. can. 2309, §§ 1-4, Codi ce 1917). secondo le
esigenze del caso. Trattandosi per allro di provvedimenti di car attere giuridico. ess i
devono esse re o ppor tunamente motivati: «Monitio non pote st consistere sine indic atione
motivorum » tCommunicationes, a. 1984, p. 44 , can. 129 1, § l ). Lo stes so vale per la
ripr ensione.
Ulteriori canoni da tener presenti: 1324, 1326, § 2; 1328, § 2; [342, § I; 1343; 1344, Il . 2;
1358, § 2. Il can. 1357, § 2, riguarda una penitenza di foro interno sacramentale.

3) Il documento scritto 4919


1339, § 3 L' ammon izione e la riprensione sono misure di un certo rilievo e pos-
so no avere anche un seguito. Di essi. pertanto , deve conservarsi nell ' archi vio segreto di
Cu ria un documento scritto: l' eventu ale verbale firmato da l notaio o da due testim oni .
la copi a della lettera spedita, un ' annotazione, ecc.
632 LIBRO VI- Lo sanzioni nella Chic'a

4920 2. Le penitenze
1340 (2312-2313*) Le penitenze canoniche sono state sempre in uso nella Chiesa,
fin dai primi tempi. Avendo carattere di pena, esse suppongono il delitto. «Poenitentiae
- afferma il can, 2312, § I, del Codice precedente - in foro externo imponuntur ut
delinquens vel poenam effugiat, vel poenae contractae absolutionem aut dispensationcm
recipiat».
Consistono nel compimento di qualche opera di religione, di pietà o di carità. In
concreto, secondo il can. 2312 del Codice 1917, le principali opere che possono imporsi
sono le seguenti:
- Recitare determinate preghiere
- Fare un pio pellegrinaggio o altra opera di pietà
- Praticare uno speciale digiuno
- Erogare delle elemosine a scopi pii
- Attendere agli esercizi spirituali in una casa pia o religiosa per uno o più
giorni, ecc.
4921 Trattandosi di trasgressione occulta, la penitenza imposta non può essere mai pub-
blica (§ 2). Ciò non significa che a una trasgressione pubblica debba seguire necessa-
riamente una penitenza pubblica. Questo per sé va falto solo se sia opportuno o neces-
sario per riparare un eventuale scandalo, oppure per piegare la contumacia del reo. Negli
altri casi, è preferibile ricorrere alle penitenze private - e, similmente alle ammonizioni
e correzioni dello stesso tipo - perché spesso sono più efficaci e, d'altra parte, tutelano
convenientemente la buona fama personale, a cui ha diritto anche chi è colpevole di un
reato.
Relativamente alle penitenze, non è prescritto che di esse debba conservarsi nell'ar-
chivio di curia un documento scritto, com'è invece disposto per l'ammonizione e la
correzione (can. 1339, § 3). Se l'Ordinario lo ritiene opportuno, le penitenze possono
essere aggiunte ai rimedi penali (§ 3).

4922 L'APPLICAZIONE DELLE PENE (cann. 1341-1353)


Schema
I. Il principio normativo 5. Norme ulteriori
2. La duplice via, amministrativa e giudiziaria - L'efficacia della pena
3. Il giudice e il superiore - La sospensione della pena in pericolo
4. Norme circa I'irrogazione della pena di morte oppure di grave scandalo o
- Pena facoltativa e precetti va d'infamia
- Circostanze attenuanti - L'appello o il ricorso
- Concorso di reati
- Irrogazione di censure
- Imputato assolto o non punito
- Pene indeterminate
- Il caso del chierico

Il nuovo Codice dedica all'applicazione delle pene un titolo a sé, raccogliendo in


maniera sistematica le norme che, nel Codice precedente, si trovavano sparse in più
parti. Le dette norme sono state semplificate notevolmente. Si distinguono inoltre per la
loro maggiore flessibilità, rispondente al carattere apertamente pastorale della nuova
legislazione canonica.

4923 1. Il principio normativo


1341 (2214, § 2*) La pena, soprattutto nell'ordinamento canonico, non è mai fine
L' applicazio ne delle pene 633

Titolo V
L'applicazione delle pene
CAN. 1341 - Ordinarius procedu- L'Ordinario provveda a dar corso al
ram iudicialem vel administrati- procedimento giudiziario o amministrati-
vam ad poenas irrogandas vel de- vo, per infliggere o dichiarare le pene,
c1arandas tunc tantum promoven- soltanto dopo aver costatato che né con la
dam curet, cum perspexerit neque correzione fraterna, né con la riprensione,
fraterna correctione neque cor- né con altri mezzi dettati dalla sollecitudi-
reptione neque aliis pastoralis ne pastorale, sia possibile riparare suffi-
sollicitudinis viis satis posse scan- cientemente lo scandalo, ristabilire la giu-
dalum reparari, iustitiam restitui, stizia, ottenere l'emendamento del reo.
reum emendari.

a se stessa. Essa tende unitariamente alla riparazione dello scandalo, al ristabilimento


dell'ordine e della giustizia e all'emendamento del reo, e questo sia nelle pene medici-
nali che in quelle espiatorie (cfr. l'esposizione del can. 1312).
Di conseguenza, nel canone attuale, che può consider arsi introduttivo alle norme
sull' applicazione delle pene, si afferma il principio giuridico-pastorale che l'Ordi -
nario (can. 134, § I) può dar corso al procedimento penale, giudiziario o amministra-
tivo, allo scopo d'irrogare o dichiarare la pena, solo quando non sia stato possibile
conseguire sufficientemente (satis) le delle finalità né con la correzione fraterna
(correctio), né con la riprensione canonica (correptio), né con altri mezzi dettati dalla
sollecitudine pastorale. Se tali finalità sono state raggiunte con i mezzi accennati, non
c'è più ragione di ricorrere all'inflizione o alla dichiarazione della pena, e l'Ordinario
a cui spetta svolgere , per se vel per alium. la previa indagine di cui ai cann. 1717-
1719, deve astener si dal promuovere qualsiasi azione penale contro il colpevole.
Nello spirito della legge, la pena canonica costituisce una misura eccezionale, l' estre-
mo tentativo a cui ricorrere quando siano stati esperiti inutilmente tutti gli altri mezzi
c sia risultato senza ombra di dubbio che non esiste altra possib ilità', Essa, comun-
que, va applicat a con equità e giustizia, senza alcun rigore, osservando tra la pena e
il delitto il criterio della proporzìonalìtà'.
Nel canone si parla d'irrogazione e di dichiarazione delle pene. L' irrogazione si riferisce alle 4924
pene "ferendae scntcntiae": la dichia razione alle pene "latae sententiae". Occorre infatti tener
presente che, mentre nell'ordinamento eivile, " applicazione della pena è sempre ed essenzialmente
distinta dalla sua istituzione , in quello ecclesiastico, che prevede anche le pene "latae sententiae" ,
la distinzi one sussiste adeguatamente solo nelle pene "ferendae sententi ae". In quelle "latae
sententiae" , non c'è una vera distinzione tra la fase istitutiva e la fase applicativa , poiché in esse

I In questo caso, l'Ordinario pu lÌ e per sé deve dar corso al procedimento penale. Il canon e

usa il precettivo curet, che tuttavia lascia alla prudenza dell'Ordinario un ampio spazio di discre-
zionalità .
, Prescrive opportunamente il can, 2218, li I. del Codice precedente: «In poenis decernendi s
servetur acqua proportio cum delicto , habita ratione imputabilitatis, scandali et damni quare attend i
debent non modo obiectum et gravitas legis, sed etiam aetas, scientia, institutio sexus, conditio,
status mentis delinquentis, dignitas personae quae delicto offenditur, aut quae delictum committit ,
finis intentu s, locus et tempus quo delictum commissum est, num ex passionis impelu vel ob
gravem metum delinquens egerit, nurn eurn delieti poenituerit eiusdernque malos effectus evitare
ipse studue rit, aliaque sirnilia».
634 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1342 - § 1. Quoties iustae § l. Ogni volta che, per giuste causa,
obstent causae neiudicialisproces- non sia possibile ricorrere a un processo
sus fìat, poena irrogari ve)declara- giudiziario, la pena può essere inflitta o
ri potest per decretum extra iudi- dichiarata con decreto extragiudiziario; i
cium; remedia poenalia autem et rimedi penali e le penitenze possono esse-
paenitentiae applicari possunt per re applicati con decreto in qualunque
decretum in quolibet casu. caso.
§ 2. Per decretum irrogari ve) § 2. Con decreto non si possono intlig-
declarari non possunt poenae per- gere o dichiarare pene perpetue, né quelle
petuae, neque poenae quas lex ve) pene ehe la legge o il precetto che le sta-
praeceptum eas constituens vetet bilisce, vieta di applicare con decreto.
per decretum applicare.
§ 3. Quae in lege ve) praecepto § 3. Quanto è detto nella legge o nel
dicuntur de iudice, quod attinet precetto a riguardo dci giudice, rispetto alla
ad poenam irrogandam vel decla- pena da infliggere o da dichiarare in giu-
randam in iudicio,applicanda sunt dizio, si deve applicare anche al Superiore
ad Superiorem, qui per decretum che infligga o dichiari la pena con decreto
extra iudicium poenam irroget ve) extragiudiziario, tranne che consti diver-
declaret, nisi aliter constet neque samente oppure si tratti di norme attinenti
agatur de praescriptisquae ad pro- solo alla procedura.
cedendi tantum rationem atti-
neant.

la pena si contrae per il fatto stesso che si viola la legge o il precetto penale, né c'è bisogno di un
particolare intervento del giudice o del superiore, che infligga la pena, Tale intervento è necessario
solo perché la pena già contratta nel foro interno abbia valore ed efficacia anche nel foro esterno,
conseguendo determinati effetti giuridici. Si tratta però non di "applicazione" della pena, che s'è
già effettuala da sé, ma della sua "dichiarazione". Nel caso della pena "ferendae sententiac", la
sentenza del giudice o il decreto del superiore, sempre necessari, sono pertanto di carattere
irrogatorio; nel caso della pena "latae sententiae", la sentenza del giudice o il decreto del supe-
riore. se hanno luogo, sono esclusivamente di carattere dcclaratorìo'.

4925 2. La duplice via, amministrativa e giudiziaria


1342, §§ 1·2 (1933, § 4*) È l'Ordinario che deve stabilire con decreto se, per
l'irrogazionc o la dichiarazione della pena, debba seguirsi il procedimento giudiziario o
quello amministrativo (can. 1718, § l, n. 3°). Per sé tuttavia, trattandosi di pena, a
termine del presente canone deve osservarsi il procedimento giudiziario (cann. 1717-
1731), che offre maggiori garanzie, per le formalità più rigorose a cui esso va soggetto.
Si può ricorrere al procedimento amministrativo e irrogare o dichiarare la pena con
decreto extragiudiziale, emesso a norma dei cann. 35-58, solo quando una giusta causa
- rimessa alla valutazione discrezionale dello stesso Ordinario - impedisca il proce-
dimento giudiziario. Restano per altro escluse le pene perpetue, che possono infliggersi

, Per evitare ogni confusione col precetto penale, fonte normativa della pena canonica (cfr.
titolo Il, cann. \3\3-1320), il nuovo Codice usa il termine decreto penale per indicare il provve-
dimento del superiore che infligge o dichiara la pena mediante un atto extragiudiziale, di carattere
amministrativo. Il precetto penale è invece l'atto con cui il competente superiore impone a deter-
minate persone un comando o un divieto, sanzionandone la violazione con una pena "ferendae" o
"latae sententiae". Cfr. Communicationes, a. 1970, p. 106, De poenis applicandis.
L' upplicuzionc dcIII,.': pene 635

o dich iarars i solo mediante sentenza giudiziaria, e quelle pene che la legge o il precett o,
da cui sono stabilite, vietano di applicare mediante decr eto. Un decret o dcI genere
sareb he nullo "ipso iure" .
Tr attandosi della impos izione di rimedi penali o di penitenze (ca nn. J 339- 1340 ) che
non hanno lo stesso rilievo delle pene propri amente dette , si può adopera re il decr eto
ammi nistrativo, in qualunque caso (in quolibet casu ).
Durante i lavo ri Ili redazione del nuovo Codice, «nonnulli proposuerunt ut poena numqu am 4926
irroge tur via administrativa ideoque ne admittantur causae quae exe usent a processu iudieiali
instituendo pro applicandis poenis. Consuliores, qu amvis non ignorent finem huius pro positionis,
ut maior scilice t iusritia assequatur in applicandis poeni s, censent rarnen propositionem ipsam esse
contra realita tern, quae exigit instrumcnturn agile et expeditum sicu t est via administrativa. Ceterum
redactio canonis talis est ut dare appare at praeferen tia legislatoris pro via iudici ali» (Communica-
tiones, a. 1977 , p. 161. ca n. 28, lett . a).

3. Il giudice e il superiore 4927


1342, § 3 La sentenza giudiziaria è eman ata dal giudice ; il decreto ammini strativo,
dal superio re. Perch é anche il decreto offra suffici enti garanzie. il terzo paragrafo sta-
bilisce che, quanto si prescrive nella legge o nel precello relativamente al giudice circa
l' irrogazione o la dichi arazione della pena in giudizio. si applichi similmente al supe-
riore che intligga o dich iari la pena con decreto extragiud iziale, tranne che la legge
stes sa o il precett o dispo ngano diver samente (nisi aliter constet), oppure si tratti di
prescrizioni attinenti solo alla procedura.
La norm a non ammette reciprocità, per cui quanto è presc ritto nella legge o nel
precetto relativamente all' Ordinario circa l' irrogazione o la dichiarazione della pena
medi ante decreto amministrativo, non si estende al giudice che infligg e o dichiara la
pena con senten za giudiziaria.

4. Norme circa l'irrogazione della pena 4928


I canoni 1343- 1350 danno tutta una serie di norme e dirett ive da osservarsi nella
irrogazione delle pene, che valgono, a termin e del can. 1342. § 3. tanto per il giudice
quanto per il superio re.
Le norme sono varie, seco ndo che la pena "fere ndae sententiae" sia determinata o
indetermin ata, faco ltativa o precetti va. Sotto tale aspetto, si distinguon o quattro ipotesi
diverse:
- Pen a det ermin at a precetti va. co me ad esempi o nel ca n. 1374 : "lnterdicto
puni atur" ,
- Pena determinata facoltativa: "Dimissione e statu clericali puniri potest" (can.
1394, § I).
- Pena indet ermin ata precetti va: "Iusta poena puniatur" (can . 1365).
- Pena indeterminata facoltati va: "Iusta poen a puniri potcst" (can. 1393).
S i con sideran o inoltre alcuni cas i par ticol ari: pentimento ed emendamento del
reo; de litto co mmess o per la prima vo lta; esistenza di ca use attenu anti; concorso di
delitti ; irro gazione di censura, ccc . In questi casi , sono disposti dalla legge dei cor-
rett ivi past oral i.

l ) Pena fa coltativa 4929


1343 (2223, § 2 *) Relativamente alla pena facoltativa, determinata o indetermina-
ta. il giudice, e similmente il superiore (ean. 1342 , § 3). hanno la facoltà discre zionale
636 LIB RO VI ~ Le sanzio ni nella Chie sa

CAJ"l. 1343 - Si lex vel praeceptum Se la le gge o il p rece tto dà al gi ud ice la


iudici det potestatem applicandi vel facoltà d i applicare o d i non applicare la
non applicandi poenam, iudex po- pe na, qu esti , secondo la sua coscienza e
test etiam, pro sua conscientia et prude nza, può a nc he m itigare la pen a o
prudentia, poenam temperare ve!in im po rre in suo luogo un a pe nite nza.
eius locum paenitcntiam imponere.
CAN. 1344 - Etiamsi lex utatur A ncorché la legge usi term ini precettivi,
verbi s praeceptivis, iudex pro sua il giudice, secon do la sua coscie nza e pru-
conscientia et prudentia potest: den za:
l ° poenae irrogationem in tem- I ° può differ ire l' inflizione dell a pena a
pus magis opport unum differre, si tempo più opportuno, se da un' affrettata
expraepropera rei punition e maio- punizione del reo preveda che derivi no
ra mala eventura praevideantur; mali maggiori;
2° a poena irroganda ab stinere 2° pu ò astenersi dall' infl iggere la pen a
vel poenam mitiorem irrogare aut o app licarne una più m ite o far uso d i un a
paenitentiam adhibere, si reu s peniten za, se il reo si sia emendato e ab -
emendatu s sit et scandalum repa- bi a rip arato lo scandalo, op pure se sia sta-
raverit, aut si ipse satis a civili to già pun ito sufficientemente da ll'autori-
auctoritate punitussit vel punitum tà ci vile o si preveda che lo sarà;
iri praevideatur; 3° può so spender e l'obbligo di oss erv a-
3° si reus primum post vitam re una pena espi atoria, se si tratti del pri-
laudabiliter peractam deliquerit mo delitto commesso dal reo dop o una
neque necessitas urgeat reparandi vita trascorsa in modo lodevole, e non urga
scandalum, obligationem servandi la necessità d i riparare lo scandalo , a co n-
poenam expiatoriam suspendere, d izione tuttavia che , se il reo, en tro un
ita tamen ut, si reus intra tempus termi ne stabilito dall o stesso giu dice, co m-
abipsoiudicedeterminatumrursus metta un nu ovo de litto, sconti la pen a do-
deliquerit, poenam utri que delicto vuta per l'uno e per l' altro, sa lvo che nel
debitam luat, nisi interim tempus frattempo sia decorso il tem po pe r la pre-
decurrerit ad actionis poenalis pro sc rizione dell'azione penale rela tiva al pri-
priore delicto praescriptionem. mo delitto.

di applicarla o di non applicarla. Secondo la loro coscienza e prudenza (pro sua


conscientia et prudentia), hanno pure la facoltà d'infli ggere una pena più mite o d'i m-
porre in luogo della pena una penitenza canonica (can. 1340).
È ovvio che la pena facoltativa riguarda solo le sanzioni "ferendae sententiae",

4930 2) Pena precettiva


1344 (2223, § 3, e 2288 *) La pena precettiva, stabilita nella legge o nel precetto,
per sé dev'essere applicata. Ma anche in questo caso - e similmente nella ipotesi della
pena facoltativa - il giudice e il superiore hanno ampia facoltà discrezionale, "pro sua
conscientia et prudentia":
l ° Di differire l' irrogazione della pena a tempo più opportuno, se da un' affrettata
punizione del reo si tema che derivino mali maggiori, di carattere sia pubblico che
privato.
2° Di astenersi dall'irrogare la pena o di sostituirla con una più mite o anche co n
una semplice penitenza, qualora il reo si sia emendato ed abhia riparato lo scandalo,
oppure sia stato già punito sufficientemente dall'autorità civile o si preveda che lo sarà:
in sostanza, quando si ritenga che sia stato conseguito il fine a cui tende la pena.
637

CAN. 1345 • Quotics delinquens Ogni volta che il reo abbia avuto l'u so di
velusum rationis imperfectum tane ragione in maniera soltanto imperfetta , o
tum habuerit, veldelictum ex metu abbia commesso il delitto per timore o per
vel necessitate vel passionis aestu necessità, o impeto di passione, o in stato
velin ebrietate aliave simili pertur- di ubriachezza o di altra simile perturba-
batione patraverit, iudex potest zione della mente, il giudice può anche
etiam a qualibet punitione irrogan- astenersi dall' infliggere qualsiasi pena, se
da abstinere, si censeat aliter possc ritenga che si possa meglio prov vedere in
mclius consuli eius emendationi. altro modo al suo emendam ento.
CAN. 1346 - Quoties reus plura Ogni volta che il reo abbia comm esso
delicta patraverit,si nimius videa- più delitti, se il cumulo delle pene f eren-
tur poenarum ferendae sententiae dae sententiae sembri eccessivo, è lascia-
cumulus, prudenti iudicis arbitrio to alla prudente discrezi one dci giudice
relinquitur poenas intra aequos ridurre le pene entro equi limiti.
terminos modcrari.

3° D i sospendere l' esecuzio ne della pena (non l'irroga zione, che viene effettuata
ugu almente), qualora si tratti del primo delitto commesso dopo una vita inc en surata.
trascorsa in modo lodevole (condanna condizionale), ma alle seguenti condizioni :
- Ch e non urga la necessità di riparare lo scandalo eventualmente provocato
- Che in ca so di rec idiva, entro il termine sta bilito dallo stesso giudice o dal
superio re, il reo debba sco ntare la pena per ambedue i delitti , salva l'eventuale prescri-
zione dell'azion e penale per il primo delitto, come previsto nel can. 1363 (sos pens io ne
co ndizionale)".
La norma del n. 3 non riguarda solo le pene "ferendae sententiae". ma anche quelle "latae 4931
sententiac". Anche circa queste il giudice e il superiore competenti a dichiararle, hanno la facoltà
di sospendere l'esecuzion e (1 'obbligo di osservarla), se si verificano le condizioni previste nel
paragrafo. Si tratta comunque di pene espiatorie, perché le censure seguono una norma a sé, in
quanto relativamente ad esse, occorre considerare la "contumacia" del reo: se questi recede dalla
contumacia. dev 'essere senz'altro assolto: e se non recede, la censura non può essere né rimessa
né sospesa (can. 1358, § Il .

3) Circostanze attenuanti 4932


1345 (2223, § 3, n. 4 *) [n rispondenza col can. 1324, l' attu ale canone dà facoltà
al gi udice , e similmente al superiore , di astenersi dall'infliggere qual siasi pena, se riten-
ga che si po ssa meglio provvedere in altro modo al suo emendamento, q ualora la respon-
sa bilità del reato risul ti diminuita da una delle seguenti cir costanze attenuanti:
- Imperfetto uso di ragione
- Tim ore, necessità o impeto di pas sione
Stato di ubriachezz a o altra simile perturbazione della mente

4) Concorso di reati 4933


Si ha giuridicamente il concorso o cumulo di reati, quando una persona è colpevole
di più delitti, di cui debba rispondere e per i quali debba ricevere la pena previ sta.

• Come s'è già rilevato nel commento al can. 1326, § l, n. l , non si considera recidivo chi
commette un seco ndo delitto a notevole distanza dal primo, dopo aver conservato nel frattempo una
condotta incensurata.
638 LIB RO VI - Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1347 · § 1. Censura irrogari § I. Non si puo Imporre validame nte


valide nequit, nisi antea reu s semel una ce nsura, se prima il reo non sia stato
saltem monitus sit ut a contuma- ammonito alme no una volta di rece dere
cia receda t, dato congruo ad resi- dalla sua co ntumacia, assegnandog li un
piscentiam tempore. congruo spazio di tempo per ravvedersi.
§ 2. A contumacia recessi sse § 2. Si deve ritenere che abbia reced uto
dicendus est reus , quem delicti dalla contumac ia il reo che si sia ve ra-
vere paenituerit, quique praeterea mente pentito del suo delitto, e che abbia
congruam damnorum et scandali inoltre riparato adeguatamente i danni e lo
reparationcm dederit vel saltem scan dalo, o almeno abbia seri amente pro-
serio promiserit. messo di farlo.

1346 (2224*) Il concorso può essere simultaneo o successiv o : il pri mo ha luogo


quand o con una medesim a azione si comme ttono più delitti: per es., ucci sione dell a
madre e aborto ; il secondo, quando le azio ni delittuose sono moltep lici, sia de lla
medesima specie che di specie diversa.
O rd inari amente, le pene devono esse re tante qua nti sono i de litt i commessi: "Tot
poen ae qUOI dclicta'' (can . 2224, § 1, Codice 1917). Se tuttavia, per il numero dei
delitti com piuti, il cumul o delle pene "fe rendae sent enti ae" sembri eccessivo, è la-
sciat o alla prudente discrezione del giudice o del superi ore contenere le pene entro
equi limiti.
Tale co ntenimento può avvenire in più modi:
- lrrogazione per intero della pena dovuta per il delitto più grave, e applica zione di pene
minori , o anche, si rcs ferat, di una peniten za o di un rimedio penale per gli altri delitti.
- Ridu zione pro po rziona le di tutte le pene mer itate per i vari delitti , compreso il più
grave, ecc .

Il prob lema si pone ovv iamente solo per le pene "ferendae se ntenti ae". Il ean .
1346 non riguarda le pene " latae sen tentiae", in cui s'i ncorre dis tintamen te e per
intero co me previsto dalla legge o da l precetto per ciascun de litto, né quando siano
stat e contratte , il giudice o il superiore hanno facolt à di ridurle o di mitigarle, salvo
quant o s'è detto preced entemente (n. 4931) circa la faco ltà del giudice e del superiore
di sospendere, in particolari circostanze , l'esec uzione di una pena espiatoria " Iatae
se ntentiae " nell ' atto di dichiara rla.

4934 5) lrrogazione di censure


1347 (2233, § 2, e 2242*) Co nformemente alla finalità propria della cen sura ,
che è quella di ottenere l'emendame nto del reo e la cessazione de lla sua cont u-
macia, il canone stabilisce che, per poter infliggere validame nte la scomunica,
l' interdett o o la sospensio ne, è necessario che il reo venga prima ammoni to alme-
no una volta di recedere dalla sua contumacia, asseg nandog li in ogni caso (e non
soltanto "si cas us ferat", come disponeva il can. 2233, § 2, dci Codice preceden-
te) un co ngruo spazio di tempo per ravve dersi. Tale ammo nizione è diversa dalla
"m onitio" prevista nel can. 1339 come "ri medio penaIc" . Può essere pub bl ica e
seg reta: in questo secondo caso, dell' avvenut a ammo nizio ne si redigerà un rego-
lare atto, a norma de l diritto .
Questo, ovviamente, è prescritto per le censure "ferendae sententiac". non per
quelle "l atae sententiac": «Ad incurrendam vero cen suram latae sententiae sufficit
L'applicazione delle pene 639

CAN. 1348 - Cum reus ab accusa- Nel caso che l'imputato venga assolto
tione absolvitur vel nulla poena ei dall'accusa o non gli sia inflitta alcuna
irrogatur, Ordinarius potest op- pena, l'Ordinario può provvedere al suo
portunis monitis aliisque pastoralis bene e a quello pubblico con opportune
sollicitudinis viis, vel etiam, si res ammonizioni o con altri mezzi di solleci-
ferat, poenalibus remediis eius uti- tudine pastorale, o anche, se necessario,
litati et publico bono consulere. con rimedi penali.

transgressio legis vel cui sit adnexa latae sententiae poena, nisi reus legitima causa ab
hac excusetur» (can. 2242, § 2, Codice 1917; v. anche n. 4866)'.
Come si dirà nel can. 1358, § I, cessando la contumacia, la censura
"ferendae sentcntiae", prevista dalla legge o dal precetto, non può essere più
irrogata, e quella "ferendae sententiae" già inflitta o "latae sententiae" già contrat-
ta dev'essere rimessa. Giuridicamente il reo dimostra di aver receduto dalla con-
tumacia, se si è realmente pentito del delitto commesso e, nello stesso tempo,
abbia riparato convenientemente i danni e lo scandalo provocati col suo compor-
tamento delittuoso, o almeno abbia seriamente promesso di farlo", «Indicare autem
utrum poenitentia vera sit, satisfactio congrua aut eiusdem promissio seria necne,
illius est a quo censurae absolutio petitur- (can. 2242, § 3, Codice 1917). Nel
delitto permanente e in quello abituale (n. 4972), il pentimento reale esige che si
desista da essi.

6) Imputato assolto o non punito 4935


1348 Non sempre l'imputato che, giudizialmente o amministrativamente sia stato
assolto dall'accusa o non sia stato colpito da pena, è innocente (Communicationes, a.
1984, p. 44, can. 1300). Può essere anche colpevole (cfr. cann. 1344, n. 2, e 1345),
oppure sulla sua innocenza possono restare dei dubbi fondati. In questo caso, per prov-
vedere al suo bene personale e a quello pubblico, che può essere rimasto compromesso
dal suo comportamento, l'Ordinario, a cui egli è soggetto, può ricorrere ad opportune
ammonizioni o ad altri mezzi di sollecitudine pastorale; o anche, se necessario (si res
ferat), all'applicazione di rimedi penali.
Si parla dell'Ordinario e non del giudice, poiché è proprio dell'Ordinario applicare
i mezzi pastorali che ritiene più validi e opportuni, anche se il processo penale si è svolto
in via giudiziaria.

, La "monitio" è richiesta per l'irrogazione della censura, non per la sua dichiarazione nel
caso di censura "latac scntcntiae". Era così disposto nel can. 31, § I, esaminato dal Gruppo di
Studio De iure poenali: «Censura irrogari vel declarari nequit, nisi antea reus semel saltem monitus
sit ut a contumacia reccdat..». Ma un Consultore proposc di sopprimere "ve! dcclarari", rilevando
che «monitio ante declarationem poenae latae sententiae est aliquid incongruum, sive quia reus
poenam latae sententiae incurrit a momento patrati delicti. sive quia monitio ut recedat a contuma-
cia implicita est in ipso actu quo reo notificetur initium procedurae ad poenarn declarandam». La
proposta fu accolta, ma forse sarebbe stato prefcribilc lasciare il canone così com' era stato formu-
lato (cfr. Communicationes, a. 1977, p. 164).
r, Communicationes, a. 1977, p. 171, can. 42, Iett. a: «Consultores animadvertunt recessionem
a contumacia non consistere tantum in aliquo actu interno voluntatis, quia secumfert etiam
observantiam quarumdam conditionum externarum, qui bus positis iarn habetur restauratio ordinis
socialis»,
640 L1BI~O VI· Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1349 • Si poena sit indeter- Se la pen a sia indeterm inata c la legge
minata neque aliud lex caveat, iu- non disponga diversamente, il gi udice no n
dex poenas graviores, praesertim infl igga pe ne tropp o gravi , so pratt utto
censuras, ne irroget, nisi casu s ce nsure, tranne che sia asso lutamen te ri-
gravitas id omnino postulet; per- chiesto dalla gravità del caso ; non può co-
petuas autem poenas irrogare non munqu e irrogare pen e per petue.
potest.
CAN. 1350· § 1. In poenis cIerico § I. Nell' infliggere pene a un chierico ,
irrogandis semper cavendum est , si deve sempre provvedere che no n man-
ne iis quae ad honestam suste nta - chi del necessario per un decoroso sosten-
tionemsunt necessaria ipse careat, tamento, tranne che si tratti de lla dimis-
nisi agatur de dimissione e statu sione da llo stato cle ricale.
clericali. § 2. Se, tuttavia, il chierico dimesso dallo
§ 2. Dimisso autem e statu cleri- stato cler icale ris ultasse verame nte biso-
cali,qui propter poenam vere indi- gnoso a causa della pena inflit tagli, l'Or-
gea t, Ordinarius meliore quo fieri dinario abbia cura di provve dere in suo
potest modo providere curet. favore nel miglior modo poss ibile.

4936 7) Pelle indeterminate


1349 (2223 . § 3 *) Se la pena prevista da lla legge è indeterminata", e non è
disposto diversamente nella legge stessa, il giud ice. e similme nte il superio re (can.
1342. § 3), non posso no per sé infl iggere pene troppo gravi, soprattutto cen sure (le
qual i han no uno speciale rilievo), tran ne che sia asso lutamen te richiesto dalla gravità
del caso (nisi casus gravitas id omnino post ulet ). Resta esc lusa comunq ue "sub poena
null itat is" l' irrogazionc di pene perpetue di qua lsiasi specie, in partico lare la dimis-
sione dall o stato clericale.
Con tali limitazioni, s' intende circoscrivere la discrezionali tà che il giudice e il
super iore hanno in caso di pena indeterminata, ed evitare nell' applicazione delle pene
un ecces sivo rigore che è alieno dallo spirito della legge eccles iastica . La norma era
necessa ria, poiché la pena indeterminata (iusta pocna puniatur ) ricorre con troppa fre-
que nza nell' attuale Cod ice di Diritto canon ico (v. n. 4791, nota 3).

4937 8) Nel caso che il reo da punire sia tifi chierico


1350 (2303, § 2 *) Il diritto all'onesto sosten tamento de l chierico è rich iamato con
insiste nza dal Codice: cfr. cann. 222, § I, 28 I, 384, ecc. Tale diritto - af ferma l' attual e
canone - spetta anche al chierico colpevole, per cui, pur infliggend ogl i rneritatame ntc
una pena, si deve sempre provvedere che non manchi del necessario per un sostenta-
me nto decoroso. tranne ehe si tratti de lla dimissione dallo stato cleric ale poic hé in tale
ipotesi. giuridicamente, egli non è più chierico .
Tuttavia ane he in tale caso , se il chierico dimesso dallo stato cler icale versasse in
una effettiva indigenza a causa della pena intlittagli, l'O rdinario, per dovere di car ità e
di equità, è tenuto a pro vvedere ai suoi bisogni nel miglior modo possibile (meliore quo
fieri potest modo).
A tal riguardo è da tener presente anche l' art. 27, 2° comma. delle Norme applicative del

7 Dalla legge, perché il precetto non può comminare pene indeterminate (n. 4804).
L 'applica zione delle pene 641

CAN . 1351 • Poena reum ubique La pena obbliga il reo dovunque, anche
tenet, etiam resoluto iure eius qui se sia cessato il diritto di col ui che l'ha
poenam constituit vel irrogavit, stabilita o inflitta , tranne che sia disposto
nisi aliud expresse caveatur. espressamente in modo diverso.
CAN. 1352 - § 1. Si poena vetet re- § I. Se la pena vieta di ricevere sacra-
cipere sacramenta vel sacramen- menti o sacramentali, il divieto resta so-
talia, vetitum suspenditur, quam- speso finché il reo versa in pericolo di
diu rcus in mortis periculo versatur, morte.
§ 2. Obligatio servandi poenam § 2. L' obbligo di osservare una pena
latae sententiae, quae neque decla- latae sententiae, che né sia stata dichiara-
rata sit neque sit notoria in locoubi ta né sia notoria nel luogo ovc si trova
delinquens versatur,eatenus extoto colui che ha commesso il delitto, è sospe-
vel ex parte suspenditur, quatenus so in tutto o in parte nella misura in cui il
reuseam ser vare nequeatsine peri- reo non possa osse rvarla senza pericolo di
culo gravis scandali vel infamiae, grave scandalo o d'infamia.

nuovo Accordo fra la Santa Sede e l'It alia circa gli enti e i beni ecclesiastici in Italia: «Gl' istituti
diocesani destinano, in conform ità ad apposite norme statutarie, una quota delle proprie risorse per
sovvenire alle necessità che si manifestino nei casi di abbandono della vita ecclesiastica da parte
di coloro ehe non abbiano altre fonti di reddito".
Per il chierico religioso, v. can . 702 (n. 2988).

5. Norme ulteriori
Riguardano l' efficacia della pena, la sua sospensione in casi particolari, l'effetto di
un eventuale ricorso o appello.

l ) L 'effi cacia della pena 4938


1351 (2226, § 4 *) Poena adhaeret ossibus et cuti, afferma un noto assioma giuri-
dico, il cui valore è riconosciuto anche dal Codice . Ciò significa che la pena, una volta
contratta, seg ue il reo dov unque si trovi o vada, e dovunque (ubique) - finché non sia
stata eseguita o rimessa - dev' essere osservata, tranne che sia disposto espressa mente
in modo diverso. Si può, infatti, limitare l'osservanza della pena a un determi nato luogo
o territorio e. d' altra parte. è da tener presente il disposto del § 2 del canone seguente.
L'effi cacia della pena perdura per sé anche nel caso che venga meno il potere di
colui che l'h a stabilita o inflitta, "n isi aliud expresse caveatur". È questo un principio
giuridico di carattere generale, richiamato più volte nel Codice (cfr. cann. 33. § 2; 46 ;
81; 132, § 2; 142. § I; 184, § 2; 1023. ecc. Cessa per altro la pena, nel caso che sia stata
inflitta senza un legittimo documento (can. 58, § 2) o il superiore abbia usato la formula
"ad beneplaciturn meum " (cfr. can. 81). Una tale formu la, evidentemente, non può
esse re usata nella irrogazione delle censure.

2) La sospensione della pena in pericolo di morte oppure di grave scandalo 4939


o d' infamia
1352 (2232 e 2252*) La sospensione della pena prevista nel can. 1335 ha per
motivo il bene dei fedeli, la salvezza delle anime. Quella disposta nell' attuale canone
intende venire incontro al bene dello stesso reo. Propriamente non si sospende la pena,
ma solo la sua efficacia operativa. in quanto se ne sospendono gli effetti.
642 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1353 - Appellatio vel recur- L' appello o il ricorso contro le sentenze
sus a sententiis iudicialibus vel a giudiziarie o i decreti, che infliggono o
decretis , quae poenam quamlibet dichiarano qualsiasi pena, hanno effetto
irrogent vel declarent, habent ef- sospensivo.
fectum suspensivum.

A tal riguardo, viene stabilita una duplice norma.


4940 I O/n pericolo di morte , se la pena vieta di ricevere i sacrame nti o i sacramentali
- com e avviene ad esemp io, relativame nte ai sacr ame nti, per effetto della sco munica
e dell'interdetto (ca nn. 1333, § l , n. 2, e 1332) - il divieto res ta sos peso per tutto
il temp o che il reo versi in tale stato (quamd iu reus in mort is pcricul o versat ur). La
pena riprend e la sua efficacia co l cessare del peri colo . È anche da ten er prese nte il
ca n. 1357, § 3.
4941 2° In caso di grave scandalo o d'infam ia. Anche in questa ipotesi, l'obbl igo di
osse rvare la pena viene sospeso, ma alle seguenti condizio ni:
- Deve trattarsi di pena "Iatae scntentiae", med icinale o esp iatoria, che non sia
stata dichiarata né sia notoria nel luogo ove si trova, anc he occas iona lmente o tem po-
raneamente, chi ha commesso il delitto . Per il concetto di deli tto "notorio", v. n. 4775.
- Dall' osservanza della detta pena deve derivare un serio pericolo di grave infa-
mia a danno del reo oppur e di grave scand alo per gli altri . Riteniamo che alla " infamia"
possa equiparars i un da nno molto grave che possa colpire lo stesso reo o qualcuno della
sua famiglia.
- L' obbligo di osservare la pena è sospeso in tutto o in parte (ex toto vel ex parte)
nella misura in cui (quàtenus) si verifica il pericolo di scandalo o d'infamia o di grave
danno, morale o materiale.
Sono escluse nel canone le pene "latae scnt cnt iae" dich iarate o notorie e simi lme nte le pen e
"ferendae sente ntiae" inflitte mediante sentenza o decreto, perché , in tali casi , il pericolo di scan-
dalo o d'infamia non provien e per sé dall'osserva nza della pena, essendo q uesta ormai conosci ula
o co noscibi le da tutti".

4942 3) L 'eventuale appello o ricorso


1353 (2243 e 228 7*) Semplificando e modificando la normativa anteriore, l'attuale
canone dispone, con un senso di maggiore equità e anche di correttezza giuridica", che
l' appello o il ricorso eventualmente presentato dal reo contro la sentenza giudi ziar ia o
il decre to amm inistrativo che gli ha irrogato o dichiarato la pena, abbia no effetto

" Una sospe nsione stabi lita per l' elezione del Romano Pontefice: art, 35 della Cos t, " Romano
Ponti fici eligen do" di Paolo VI, I o ottobre 1975:
- Nessun Cardi nale e lettore potrà essere escl uso da ll'elezione, alti va e passiva, dci So mmo
Pontefice, a causa o col pretesto di qualsiasi sco munica, sospensione, interdett o o di alt ro impedi-
ment o ecclesiastico; queste cens ure dov ranno ritene rsi sospese agli effetti di tale elezione (Enchir.
Val. , vol. 5, n. 1484).
La disposizione è stata ripresa quasi "ad litte ram" dall' art. 35 della Costituzione emanata l' 8
dicembre 1945 da Pio XII (X. OCHO A, Leges Ecclesiae , Il, col. 2305) . - Cfr. anche il n, 35 della
nuo va Cost. Ap. "U nivers i dominici gregis" di Giovanni Paolo Il, 22 febbraio 1996 .
.) A un Padre Consultore, il quale avrebbe voluto che l' appello fosse so lo in devoluti vo , "secus
poena inèfficaxeva dit". fu risposto giustamente: «lnterposita appe tlatio ne vel recurs u, poen a nondum
haberi pote st iuridice inflieta vel ce rta, ideoq ue non èxpedi t ut applicetur, saltc m in ime cano nico , ubi
criteriurn miseri cord iae et benignitatis prae valet- (Communicationes, a. 1984, p. 45, can. 1305).
La ccs...azione delle pene 643

sospensivo, e non semplicemente devolutivo (cfr. anche can. 1736, § I). Ciò significa
che gli effetti della pena "ferendae sententiac" eventualmente inflitta con senten za o
decreto, e, similmente, gli effetti ulteriori della pena "latae sententiae" confermat a con
sentenza o decreto decl aratori o, restano sospesi, finché non si avrà la legittima notifi-
cazion c del risult ato finale dell' appe llo o ricorso .
Restano per altro gli effetti della pena "latae sente ntiae" non dichiarata, cont ro la
quale non c' è possibilità di appello o ricorso , poiché la sua efficacia deri va dalla stessa
legge che l'ha istituita, e i suoi effetti si producono da sé, ipso f acto.

LA CESSAZIONE DELLE PENE (cann. 1354-1361) 4943


Schema
I. Introduzione 6. Norme ulteriori
2. Norme gene rali sulla remissione - 1\ caso di più pene
3. Le facoltà degli Ordin ari - Una remissione invalid a
4. Particolari facoltà dci confe ssore - Remissione a persone assenti o sotto condizione
nel foro interno sacrame ntale - La remi ssione in foro esterno
5. La remi ssione delle censure - La debita riservatezza

1. Introduzione 4944
Il nuovo Codice dedica un titolo a sé anche alla cessazione delle pene, racco-
glie ndo in esso unitariamente le relat ive norm e, che nel Codice precedente erano
sparse in più tit ol i: tit. VII, cann. 2236-2 240 (remiss io ne dell e pene in genere), tit.
VJII, cann . 2247-2254 (ass oluzione delle cen sur e), tit. IX, cann. 2289-2 290 (cessazio-
ne delle pene vendicative) .
Nell'ordinamento ecclesiastico, la ce ssazione delle pene può avvenire in più modi:
- Con la morte del reo, per la quale si ha l'estinzione total e della pena e dei suoi
effetti. poiché, co n un tale evento , il defunto cessa di far parte della Chiesa "pellegrina
sulla terra", e la giust izia umana non ha più aleun potere su di lui '
- Col decorso del tempo, relativamente allc pene espi atorie inflitte a tempo
determ inato
- Con l'esecuzione completa della pena, avente per oggetto uno o più alti de-
term inati
- Con l'abrogazione della legge penale, in forza della quale si è incorsi in una
pena "latae senrentiae", o una pena "ferendae sententiae" è stata inflitta (can. 1313. § 2)
- Con la prescrizione, che può riguardare sia l' azione criminale in ordine alla
condanna per il delitto commesso (can. 1362), sia l'azione penale in ordine all ' esecu-
zione della pen a (can . 1363)
- Co n la legitt ima remissione o cond ono da parte della competente autorità?
Relativamente alla remi ssione delle pene. il Codice precedente distingue va tra la rem issione
delle pene espiat orie (vendicative), detta dispensa, e la remissione delle pene medicinali o ce nsure.

I Sono ec cettuati alcuni effetti applica bili anche ai defunti . com e i pubbl ici suffrag i per
co loro ai qu ali sia no state negate le esequie eccle siastiche (can , 1185). Prop riamente, tutt avi a.
tale privazion e non è più considerata una pena, ma solo un pro vvedimento di ca rattere ammi -
nist rativo (n. 4340 ).
2 Nella legislazione italiana. si prevede l' estin zione del reato e della pena.

L'esTinzione del reato si ha:


- Con la morte del reo. avvenuta prima della condanna (art. 150 del Codice Penale)
644 LIBRO VI - Le sanzi oni nella Chiesa

detta assoluzione (can. 2236, ~ I ). Il nuovo Codice ha abbandonato questa tradizionale distinzione
e usa in genere la voce "remissione" per ogni tipo di pena, espiatoria c medicinale. Il termine
"assoluzione" - alto spec ifi co del foro interno sac ramentale - è rimasto solo nei cann. 508, ~ I;
566, ~ 2; 976, relativi al sacramento della penitenza. Esiste comunque una profonda differenza tra
la remissione delle pene medicinali o censure e la remissione delle pene espiatorie. La prima è un
allo di giustizia. perché il reo che recede dalla contumacia, ha il diritto alla remissione, e l' organo
competente ha il dovere di concedergli il perdono (can, 1358, § l). Con la cessazione della con-
tumacia si è infatti conseguito il fine della censura (il pentimento del reo), e la pena di carattere
medicinale non ha più ragione di essere: si trasformerebbe in espiatoria. La remissione della pena
espiatoria. invece, è propriamente un alto di grazia, a cui il reo non ha alcun diritto e che, per sé.
dipende esclusivamente dalla clemenza dci superiore.
La pen a espiatori a, come s'è già accenna to, cess a da sé per decorso del tempo, ossia
co n la sua effe ttiva esecuzione. La ce nsura cessa solta nto medi ant e la re miss io ne leg it-
tim am ent e co ncess a da c hi ne ha la potestà (ca n. 2248 , § 1, Cod ice (917 ).
L'attuale titolo è distinto in du e parti : la prima tratta de lla cessazio ne dell a pen a
med iante remi ssione (ca nn. 1354-1361); la seco nda, dell a prescri zion e dell' az ione c ri-
minale e penale (cann. 1362-1363 ). Non acce nna alla ce ssazion e dell a pen a per la mort e
elci reo o per decorso del tempo. pre supponendola dall a dottrina.

2. Norme generali sulla remissione

4946 1) Premessa
La remissione della pena è propriam ent e un atto di potestà esec uti va, c he spetta pe r
sé a co loro che godono di tale potestà in foro es terno. Ovviamente spe tta in primo luogo
a coloro che dispongono nell a Chi esa dell a potestà legi slativa. poic hé nell ' ordinamento
ca no nico la potestà è unit aria e la po tes tà legi slati va comprende inse parabilme nte a nc he
quell a esecutiva e giudiz iaria (nn. 976-977). Qu anto a coloro c he d isp on gono so lta nto
de lla potestà in foro interno, per sé essi non hanno alcuna com petenza nella remi ssione
de lla pen e ca noniche, tranne che il diritto (ca n. 508; 566 , § 2; 976; 1357 , § I) o una
part icol are delega' concedano loro tale facoltà.
4947 La remi ssione della pen a in foro interno segue le norm e stabili te nel ca n. 130 , per
cui i suoi effetti «no n sono ricon osciuti nel fo ro esterno, se non in qu anto ciò sia sta bili to
da l diritto per casi determinati» (n. 939). È comunque appli cabil e tutt o ra il prin cipio
co ntenuto nel can . 2251 del Codi ce 1917 (n. 4967).

- Con l' amnistia, che, oltre ad estinguere il reato, fa cessare l' esecuzione della condanna e
le pene accessorie (art. 15I).
- Con la prescrizione (a11. 157).
L'estinzione della pena si ha:
- Con la morte del reo, avvenuta dopo la condanna (art. t7l )
- Per decorso del tempo (art. 172)
- Mediante l'indulto o la grazia. che condonano in tutto o in parte la pena inflitta o la
computano in un'altra specie di pena stabilita dalla legge (art. 174)
L' indulto, come l'amnistia, è concesso dal Presidente della Repubblica, su legge di delega-
zione delle Camere (Costituzione, art. 79). La grazia è concessa similmente dal Presidente della
Repubblica (Costituzione, art . 87, comma Il), ma è un provvedimento di carattere amministrativo
concernente un caso specifico.
Nell'ordinamento canonico, non sono previsti né l'amnistia né l'indulto . C'è solo la grazia nei
singoli casi, in ordine alle pene espiatorie, mentre per tutte le pene c'è la remissione.
, La delega è possibile. perché, come s'è rilevato, la remissione è un alto di potestà esecutiva,
delegabile a norma del can. 137.
La cCSSaZillOC de lle pene 645

Titolo VI
La cessazione delle pene
CAN. 1354 - § l. Praeter eos, qui in § l . Oltre alle persone ind icate nei ca nn.
cann.1355-1356 rccensentur, om- 1355-1356 , tutti coloro che posson o di-
nes, qui a lege, quac pocna munita spe nsare da una legge mu nita d i pena o
est, dispensare possunt vel a prae- esentare da un precetto commin ante una
cepto poenam comminanti exime- pen a, possono a nc he rimette re qu ell a
re, possunt etiam eam poenam re- pena.
mittere.
§ 2. Potest praeterea lex vel § 2. La legge o il precetto, che stabili -
praeceptum, poenam constitucns, scono una pena, possono co nfer ire anche
aliis quoque potestatem facere re- ad altri la pote stà di rime tterla.
mittendi,
§ 3. Si Apostolica Sedes poenae § 3. Se la Sed e Apostol ica abbia riser-
remissionem sibi vel aliis reserva- vato a sé o ad altri la rem issione d i una
verit, r eservatio stricte est inter- pena, la riserva dev' essere interpretata in
pretanda. se nso stretto.

2) Principi normativi 4948

1354 (2236*) Il ca no ne stabilisce un dupl ice prin cipi o.


Il primo rig uar da il soggetto attivo dell a re missio ne de lla pen a.
Per norma generale:
IO Chi può dispensare dall a legge o eson erare dal precetto pen ale può an ch e ri-
mettere la pen a c he ne è seg uita, in q ua nto la pe na è un as pe tto del la stessa legge o
precett o. Co nseguenteme nte, a part e le persone ind icate nei ca nn. 1355-1356, posson o
ri mettere la pe na:
- L' aut ore dell a legge o de l precetto pen ale
- Il suo superiore gerarc hico"
- Il suo successore nel l' uffici o (ca n. 2236, § I, Cod ice 1917)
È escluso il giudice, a cui spetta solo applicare la legge «Iudex qui cx officio applicat pocnam
a superiore constitutam, eam semci applicatarn rernittcre nequit» (can. 2236. § 3. Codice 1917).
2 0 L e suddette pe rso ne rimetto no la pen a per autori tà prop ria e, di con se guen za, 4949
possono anc he del egare la lo ro facolt à, a norma dci can. 137' . A ter m ine del secondo
pa ragrafo dell ' attuale can one, la fac o ltà pu ò ess ere conferita anche ad altri dalla stessa
legge, uni ver sal e o pa rticolare , o dal precett o, che stabiliscono la pen a. Un esempio
im medi ato si ha nel ca no ne seg ue nte, in re lazio ne alle legg i un iver sali , con te nute nel

, Il Metropolita non è un Superiore gerarchico dci Vescovi suffraganei. Di conseguenza non


può rimettere le pene inflitte dai detti Vescovi nellc proprie diocesi, tranne che in occasione
dell'eventuale visita canonica, compiuta a termini del can. 436, § I, n. 2.
, La delega da parte di coloro chc hanno la facoltà di rimettere la pena solo in confessione
- il Vescovo che non è l'Ordinario del luogo né l'O rdinario proprio (can. 1335, § 2), il canonico
penitcnziere (can. 508, § I), il cappellano di ospedale. di carcere, di mare (can. 566, § 2) -
ovviamente non è possibile.
646 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1355 - § l. Poenam lege con- § I. Possono rimettere la pen a, infl itta o
stitutam, si sitirrogata vel declara- d ichi arata , stabilita per legge, purché non
ta, remittere possunt, dummodo sia riservata alla Sede Apos tolica:
nonsitApostolicaeSedi reservata :
l ° Ordinarius, qui iudicium ad 1° l'Ordinario che ha prom osso il giudi-
poenam irrogandam vel declaran- zio per infligger e o dichiarare la pen a
dam promovit vel decreto eam per oppure l'ha inflitta o dichiarata con un
se vel per alium irrogavit vel decla- suo decreto, pers onalmente o per me zzo
ravit; di altri ;
2° Ordinarius loci in quo delin- 2° l'Ordinario del luogo in cui si trova
quens versatur, consulto tamen, chi ha commess o il delitto, dopo aver però
nisi propter extraordinarias ciro co nsultato l'Ordinario di cui al n. I , salvo
cumstantias impossibile sit, Ordi- che per straordinarie circostan ze c iò sia
nario, de quo sub n. 1. impo ssibile.
§ 2. Poenam latae sententiae § 2. Quanto alla pena latae sententiae
nondum declaratam lege consti tu- stabilita per leg ge, ma non anco ra dich ia-
tam, si Sedi Apostolicae non sit rata, sempre che non sia riservata alla Sede
reservata, potest Ordinarius re- Apostolica, l'Ordinario del luogo può ri-
mittere suis subditis et iis qui in metterla ai propri sudditi e a coloro che si
ipsius territorio versantur vel ibi trovano nel suo territorio O vi abbiano com-
deliquerint, et etiam quilibet Epi- messo il delitto, e anch e qu alunque Ve-
scopus in actu tamen sacramen- scovo, ma solo nell'atto dell a co nfessione
tali s confessionis, sacramentale.

Codice. La remissione delle leggi penali è infatti riservata per sé alla Santa Sede, poic hé
tale facoltà non è concessa neppure ai Vescovi diocesani (can. 87. § l). Tutt avia, in virtù
del can. 1355 e nei limiti in esso defi niti, gli Ordinari posso no rimettere le pene stabilite
co n legge universale nel Cod ice, purché non siano riser vate alla Santa Sede.
4950 Il secondo principio riguarda l'in terpretazione della riser va delle pene fatta dalla
Santa Sede: tale riserva - che è "sub poena nullit atis" , in quanto priva gli altri del
potere di rimettere la pena - va interpretata in senso stretto, per cui, in caso di dubbio ,
la presunzione è a favore della non riserva. Fa eccezione a tale norm a il can. 1329, che
estende la pena stabilita per l' autore principale di un delitto anche ai suoi complici.
4951 A norma dell' attuale Codice, sono riservate alla Santa Sede soltanto cinque pene di
scomunica (n. 4885). È stata inoltre soppressa la distinzione delle scomuniche in riser-
vale simpliciter. speciali modo e specialissimo modo (n. 4885 , nota 5). La riserva , che
può essere istituita solo dalla Sede Apostol ica, non ha cara ttere di pena, poich é non
aggrava la situazione del reo. Si tratta invece di una misura di carattere disc iplinare ma
so prattutto pastorale, la quale ha lo scopo di richiamare l'attenzione dei fedeli sulla
partico lare gravità di alcuni delitti. in modo che abbiano a tene rsene lontani.

4952 3. Le facoltà degli Ordinari


1355-1356 (2236; 2237; 2245; 2253*) Le facoltà degli Ordin ari sono determinate
nei ca nn. 1355 e 1356, che distin guono tra pene "ferendae" o "l atae sentcntiae" stabilite
per legge, intlitte o dichiarate - pene "latae sententiae" stabilite per legge, non ancora
dichiarate, - e pene "ferendae" o "latae sentcntiae" stabilite per precetto.
Le faco ltà degli Ordinari, defi nile "a iure", essendo annesse all' ufficio , possono
essere delegate (potes tà ordin aria: can. 137, § I).
La cessazione de tte pene 647

CAN. 1356· § 1. Poenam ferendae § l . P os son o rim etter e un a pen a


vel latae sententiae constitutam fe rendae sententiae o latae sententiae sta-
praeceptoquod non sit ab Aposto- b ilita per precetto, c he non sia stato e mes -
IicaSede latum, remittere possunt: so dall a S ed e A posto lica:
I " Ordinarius loei, in quo delin- IO l'Ordinari o de l luogo in c ui si tro va
quens versatur; il reo;
2 0 si poenasitirrogata vel deela- 2 0 se la pen a sia stata inflitta o dic hia-
rata, etiam Ordinarius qui iudi- ra ta, a nc he l'Ordina rio c he ha promosso il
eium ad poenam irrogandam vel g iudizio per infliggere o dichiarare la pen a
declarandam promovit vel decre- o che l'ha infli tta o d ichiarata co n un suo
to eam per se vel per alium irroga- decreto , personalmente o p er m ezzo di
vit vel declaravit. altri.
§ 2. Antequam remis sio fiat , § 2 . Pr im a di procedere all a rem ission e,
consulend us est, nisi propter dev'essere cons ulta to l'auto re del precet-
extraordinarias circumstantias to, sa lvo c he per ci rcos ta nze strao rdi narie
impossibile sit, praecepti auctor. c iò sia im p ossibile .

I) Pelle inflitte o dichiarate, stabilite pe r legge. universale o particolare 4953


1355 , § l Tali pene, purché non siano riservate alla Sede Apos tolica, possono
essere rimesse :
l ° Dall 'Ordinario che ha promosso il giudizio per infliggere o dichiarare la pena
a ter mine del ca n. 172 1, § I. L' Ord inario, nel caso, può essere anche il Superiore
maggio re di un Istituto religioso o di una Società di vita apostolica clericali e di diritto
pontificio (can. 134. § I), relativamente ai propri sudditi.
2° Dall'Ordinario che, in caso di procedimento amm inistrativo, ha inflitto di- °
ch iarato la pena con un suo decreto, personalmente o tramite un suo delegato, a termini
de l ca n. 1720 (cfr. anche ean. 1342).
3° Dall' Ordinario del luogo in cui si trova - versatur, un termi ne molto ampio.
che com prende non so lo il dom icilio e il quasi-domicilio, ma anche la dimora attuale -
chi ha co mmesso il delitto. con l'o bbligo di consu ltare previamcnte l'Ordi nario che ha
promosso il giudizio o ha inflitto o dichiarato la pena median te decreto extrag iudiziale,
tranne che per straordinarie circostanze ciò risulti impossib ile. Con sultar e, tuttavia . non
°
è un semplice "co mun icare" "av vertire", ma neppure esige che si ottenga l' approva-
zio ne della persona co nsultata tCommunicationes, a. 1984. p. 45, can. 1307).
La co nsultazio ne del detto Ordinario è obbligatoria, non solo per ragio ni di corret-
tezza, ma anche di prudenza, per poter avere le informazioni necessa rie sul caso c
decidere con maggio re oculatezza se la remi ssione della pena debba essere concessa o
negata. A termine del can. 127, § 2, n. 2. la detta consultazione è "sub poena nullitatis",
anche se la valutazio ne delle "ci rcostanze straordinarie" è lasciata allo stesso Ordi nario
de l luogo.
4° Da colo ro ai quali i detti Ordinari hanno delegato la loro facoltà, ai sensi del
ca n. 137, § I.

2) Pene "latae sententiae " stabilite per legge. universale o particolare, non 4954
ancora dichiarate
1355, § 2 Tali pene, sempre ehe non siano riserv ate alla Sede Apostolica, possono
essere rimesse:
648 LIBRO VI - L.: sanzioni nella Chiesa

CAN. 1357 - § 1. Firmis praescrip- § I. Ferme restando le disposizioni dei


tis cann, 508 et 976, censuram la- cann. 508 e 976, il confessore può rimet-
tae sententiae excommunicationis tere nel foro interno sacramentale la cen-
vel interdicti non declaratam, con- sura latae sententiae di scomunica o d 'in-
fessarius remittere potest in foro terdetto che non sia stata dichiarata, se al
interno sacramentali, si paenitenti penitente sia gravoso rimanere in stato di
durum sit in statu gravis peccati peccato grave per il tempo necessario af-
permanere per tempus necessarium finché il Superiore competente provveda
ut Superior competens provideat. in merito.
§ 2. In remissione concedenda § 2. Nel concedere la remissione , il
confessarius paenitenti onus iniun- confessore ingiunga al penitente l'onere
gat recurrendi intra mensem sub di ricorrere entro un me se, sotto pena di
poena reincidentiae ad Superio- ricadere nella censura, al Superiore com-
rem competentem vel ad sacerdo- petente o a un sacerdote munito della de -
tem facultate praeditum, et standi bita facoltà, e di attenersi alle sue decisio-
huius mandatis; interim imponat ni; nel frattempo , gl'imponga una congrua
congruam paenitentiam et, quate- penitenza e, se c 'è urgenza, la riparazione
nus urgeat, scandali et damni re- dello scandalo e del danno ; il ricorso al
parationem; recursus autem fieri Superiore competente può esser fatto an-
potest etiam per confessarium, si- che per mezzo del confessore, senza men-
ne nominis mentione. zionare il nome del penitente.
§ 3. Eodem onere recurrendi te- § 3. Son tenuti allo ste sso onere del ri-
nentur, postquam convaluerint, ii corso, in caso di guarigione, coloro che
quibus ad normam can. 976 remis- furono assolti, ai sensi del can . 976, da
sa est censura irrogata vel declara- una censura inflitta o dichiarata oppure ri-
ta vel Sedi Apostolicae reservata. servata alla Sede Apostolica .

IO Dali' Ordinario del luogo :


- A favore dei propri sudditi, sia che essi si trovino nel territorio soggetto alla sua
giurisdizione, sia che ne siano fuori. sia infine che egli stesso si trovi in altra diocesi
- A favore di tutti coloro che si trovino attualmente (versantur), per qualsiasi
motivo. nel territorio di sua competenza. anche se non siano suoi sudditi
- A favore di coloro che abbiano commesso il delitto nel medesimo territorio
20 Dai suoi delegati. a norma del can. 137. § I.
30 Da qualunque Vescovo. anche semplicemente eletto (non è necessario che sia
consacrato), ma solo nell'allo della confessione sacramentale. La sua facoltà, tuttavia.
non è delegabile, perché si tratta di un privilegio personale.

4955 3) Pene "ferendae " o "latae sententia e", stabilite per precetto"
1356 Il canone considera solo le pene "Ierendac" o "latae sententiae" stabilite per
precetto da un' autorità inferiore alla Sede Apostolica. Tali pene. oltre che dall'autore del
precetto. possono essere rimesse anche se "latae sententiac'' dichiarate:
I o Dall'Ordinario del luogo in cui il reo si trova (versatur): per ragioni di domi-

(, Si tratta di precetto singolare (cann. 49 e 131 9). non di decreto generale, che ha carattere
e valore di legge (can. 29).
649

cilio o quasi-domicilio o a nche per dimora in atto. Fuori del proprio territorio. l'Ordi-
nario del luo go può rim ett ere le dett e pene so lo ai propri sudditi (can. 136).
2° Qualora la pen a sia stata infli tta o dichi arat a, anche dall'Ordinario che ha pro-
mo sso il g iud izio per infl iggere o dichi arare la pen a, o che l'ha inflitta o dichi arata con
un suo de creto, personalmente o per mezzo d i altr i.
Sia l'uno che l'altro, prima di procedere alla remi ssione hanno l'obbli go di co nsul-
tare "s ub poen a null itati s" (n. 4953) l'autore dci precetto, salvo che pe r circos tanze
straordinarie ciò risult i impossibile.
3° Dai loro delegati , a norma del can. 137, § I.
Il canone nulla dice delle pene "ferendae" o "lutae sententiae" stabilite per precetto singolare
dalla Sede Apostolica. Secondo alcuni. poiché il precetto singolare crea una relazione personale Ira
l'autore e il destinatario, la l'Cmissione della pena annessa resta riservata alla Santa Sede. salvo che
il precetto stesso stabilisca altrimenti.

4. Particolari facoltà del confessore nel foro interno sacramentale 4956


1357, §§ 1-2 (2254 *) A part e le facoltà de gli Ordinari e degli Ord inari del luo go,
c he possono es ercitars i sia nel foro esterno che in qu ello interno, la facol tà di rimettere
le pen e canoniche è concessa, a determinate co nd izioni, anc he ad altri presbiteri , per
venire incontro pastoralrncnte alle necessità dei fedeli e curare la loro sa ntitìcazio ne e
la loro salv e zza . E ssa è cir coscritta pe r altro al foro interno sacrame ntale , poiché i detti
presbiteri non hann o, per sé, alcuna pote stà di go verno.
Nel ca n. 1357 si parl a so lo del confessore munito dell a debi ta fac oltà di assolve re
dai peccati (can. 966, § I). Occorre , tutt a via , tener presenti altri canoni, esp osti e co m-
mentati in precedenza:
- Con. 50S: attribuzioni del canonico penit cnzicre della Chiesa cattedrale o collegiale e del
sacerdote costituito dal Vescovo, quando nella diocesi manchi il capitolo, relativamente alle ceno
sure "latac scnrentiae" non dichiarate né riservate alla Sede Apostolica.
- Can. 566: facoltà dei cappellani di ospedali, di carcere, di mare, relativamente alle cen-
sure "Iatae sententiae" non riservate né dichiarate.
- Cl/II . 976: facoltà di qualsi asi sacerdote nei confronti di qualsiasi penitente che versi in
pericolo di morte, anche se sia privo della facoltà di ascoltare le confessioni sacramentali. relati-
vamente a qualsiasi censura, anche dichiarata o riservata'.
La facolt à del confessore per la re missio ne delle pene è eosì delimitata: 4957
I ° La condizione: dev e trattarsi di un penitente al quale sia gravoso rimanere in st ato
di peccat o gra ve pe r il te mpo neces sario, aftinché il superiore co mpetente intervenga.
2° L'ambito : la facoltà può essere esercitata solo nel foro interno sac rame nta le.
ossia " in actu sacram entalis co nfess ionis". È escluso sia il foro estern o ch e il foro
interno extrasacramentale.
3° L' oggetto : poss ono essere rime sse solt ant o le cen sure "Iatae sententiae" di sc o-
m unica o d 'interdetto, se mplice me nte incorse. ossia non d ich iar ate. anc he se rise rva te
alla Santa Sede, in qu anto impediscono la recezione dei sa crame nti, fin ché la cen sura
non ve nga rim essa (ca nn. 1331, ~ I, n. 2; 1332).
Restano pert anto escluse:
- Le pene es piatori e di qual sia si tipo

, I particolari privilegi concessi dalla Santa Sede agl'I stituti religiosi in ordine alla remissione
delle pene canoniche, restano in vigore, a norma del can. 4. Ma, ovviamente. vanno armonizzati
con le prescrizioni dcI nuovo sistema penale.
650 LIBRO VI • Le sanz ioni nella Chiesa

CAN. 1358 - § 1. Remissio censu- § I. Non si può concedere la remissio ne


rae dari non potest nisi delinquen- della censura se non al reo che abbia re-
ti qui a contumacia, ad normam ceduto dalla contumacia, a norma del can.
can, 1347, § 2, recesserit; receden- 1347, § 2; ma a chi abbia receduto, non
ti autem denegari nequit. può essere negata.
§ 2. Qui censuram remittit, po- § 2. Chi rimette la censura, può provve-
testad normam can.l348 providere dere a norma del can. 1348. o anche im-
vel etiam paenitentiam imponere. porre una peniten za.

- Le censure di sospensione, che non impediscono la recezione de i sacramenti, in


particolare il sacramento della penitenza, per poter riacquistare lo stato di grazia
- Le censure "ferendae sententiae" inflitte mediante sentenza o decreto
- Le censure "latae sententiae" di scomunica e d'interdetto dichiarate con sente n-
za o decreto declaratorio
4958 4° L 'OIllIS recurrendi : nel concedere l' assoluzione dalla censura, il confesso re
deve imporre al penitente l'obbligo di ricorrere entro un mese - "si id fieri possit sine
gravi incommodo" (can. 2254, § I , Codice 1917), poiché le leggi ecclesias tiche non
obbligano sotto grave incomodo (cfr. ean. 1323, n. 4) - sotto pena di ricadere nella
censura (sub poena reincidentiae), al Superiore competente o a un sacerdote munito
della debita Facoltà, e di attenersi alle sue decisioni. Il ricorso al Superiore competente
può esse r fatto anche tramite il confessore, tacendo ovviamente il nome del penitente per
non violare il sigillo sacramentale.
4959 5° La congrua penitenza: nel frattem po, il confessore deve imporre al penitente
una penitenza proporzionata e. insieme, la riparazione dello scandalo e dei danni even-
tualmente provocati dalla sua azione delittuosa.
4960 Qualora il "ricorso" sia del tutto impossibile (un caso del tutto eccezi onale), il suo obbligo
cessa. e il confessore potrà assolvere il penitente dalla censura. limitandosi ad imporgli la congr ua
penitenza ed eventualmente la riparazione dello scandalo e del danno. In sostanza si app lica il can.
2254, § 3. del Codice precedente, ridotto al suo contenuto essenziale. senza le limitazioni e Ic
condizioni ivi previste' .
L' impossibilità del ricorso può verificarsi di fatto durante il mese che il penitente ha a sua
disposizione. Se in detto termine, egli realmente non ha avuto la possibilità di effettuare il ricorso ,
a parere di alcuni autori. non ne avrebbe più l'obbligo.
4961 1357, § 3 Il terzo paragrafo del canone impone lo stesso onere del ricorso, in caso
di guarigione, a coloro che siano stati assolti in pericolo di morte, ai sensi del can. 976.
da una censura inflitta o dichiarata oppure riservata alla Sede Apostolica.
Se la censura non è stata inflitta o dichiarata e. pertanto, è "latae sententiae" semplicemente
incorsa, e questa non è riservata alla Sede Apostolica, l' onus recurrendi non sussiste .

4962 5. Norme per la remissione delle censure


1358 (2248, § 2*) La censura, pena essenzialment e medicinale. ha come fine di-
retto e immediato l'emendamento dcI reo. Si ha pertanto nell' attuale canone un duplice
principio normativo:

, Il § 2 del citato canone 2254 del Codice 1917 conteneva anche la seguente disposizione:
«Nihil impedir quominus poenitens, etiam post acceptam, ut supra, absolutionem, facto quoque
rccursu ad Superiorern, alium adeat confcssari um facultate praeditum, ab eoque , repetita confessione
saltem delicti cum censura, consequatur ahsolutionem: qua obtenta, mandata ab eodem accipiat, quin
teneatur posrea stare aliis mandatis ex patte Superioris supervenientibus». Una tale norma non è
riportata nel nuovo Codice. ma non c' è duhbio che essa valga tuttora poiché il suo contenuto è ovvio.
La cessazione de lle pene 651

C AN . 1359 - Si quis pluribus poe- Se qualcuno sia colpito da piu pene ,


nis detineatur, remissio valet tan- la remissi one ha valore sollanto per
tummodo pro poenis in ipsa ex- quelle espress amente menzionate in
pressis; generalis autem remissio essa; tuttavia la remissione generale li-
omnes aufert poenas, iis exceptis bera da tutte le pene, ad eccezione di
quas in petitione reus mala fide quell e che il reo avesse taciuto in mala
reticuerit. fede nella domanda.

IO Non si può concedere la remissione della censura - scomunica , interdetto o


sospen sione - se non al reo che abbia receduto dalla contumacia.
2 0 D'altra parte, a chi sia realmente receduto dalla contumacia, la remi ssione
non può essere negata : v. qu anto è stato già anticipato a tal riguardo nel n. 49 34".
Contro un eventu ale illegittimo rifiuto. si può ricorrere in via ammin istrativ a. a nor -
ma del ca n. 1732 ss .
La contumacia è la "pèrtinax voluntas " del reo, che non intende reced ere dal suo
atte ggiam ento antigiurid ico, delittuoso. Per recedere da tale atteggiamento e otten ere la
remissione della censura, è necessario, a norma del can. 1347. § 2, espress amente richia-
mato dali' attuale canone:
- Pentir si veramen te del delitto commesso
- Riparare inolt re convenientemente i danni e lo scandalo provocati co n la vio-
lazione della legge o del precetto , o almen o essere disposto seriamente a farlo .
A termin e del secondo paragra fo dell'attuale canone, chi concede la remis sion e
dell a cen sura può anche applicare. se lo ritiene opportuno, il can . 1348, sostituendo la
pena con un rimedio penale (ammonizione. ripren sione ) o imponendo una penitenza
(can. 1340 , § I).
Le norme suddette riguardano la remissione delle censure . Per la remissione delle pene 4963
espiatorie, che tendono all' emendamento del reo. oltre che al ristabilimento dell' ordine e della
disciplina ecclesiale è ovvio che essa, per sé, non può darsi se non per motivi analoghi:
- Pentimento del reo
- Riparazione dello scandalo
- Risarcimento dei danni colpevolmente arrecati (un obbligo di legge naturale)
Chi rimette la censura (can. 1358, § 2) può similmente ricorrere, se è necessario o utile,
all'ammonizione o alla riprensione. o imporre una penitenza.

6. Norme ulteriori per la remissione delle pene


Sono contenute nei cann. 1359-1361. Alcune di esse riguardano l'o sser vanza di
alcune formal ità.

I ) Il caso di più pene 4964


1359 (2249*) Ciascuna pena crea un vincolo giuridico a sé, distint o e indipendente
dall e altre pene. Di cons eguen za - contrariamente a quant o avvi ene nella confessione,
in cui l' assoluzione dei peccati gravi non può effettuarsi che in modo unitario (si rimet-
tono tutti insieme o nessuno di essi viene perdonat o) - nella remission e delle pene
ca noniche, il loro condono può aver luogo anche in modo separato (cfr. can . 2249, § l,

'! Conseguenza: se la remissione non può essere negata, né il superiore né il giudice possono

procedere alla dichiarazione della censura "larae sententiae" incorsa.


652 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1360 - Poenae remissio me- La remissione della pena estorta per
tu gravi extorta irrita est. mezzo di timore grave, è nulla.
CAN. 1361 - § 1. Rcmissio dari § 1. La remissione può darsi anche a
potestetiam absenti vel sub condi- una persona assente, oppure sotto condi-
cione. zione.
§ 2. Remissio in foro externo de- § 2. La remissione in foro esterno sia
tur scripto, nisi gravis causa aliud data in iscritto, tranne che una grave ra-
suadeat. gione suggerisca diversamente.
§ 3. Caveatur ne remissionis pe- § 3. Si abbia cura che la domanda o la
titio vel ipsa remissio divulgetur, stessa concessione di remissione non sia-
nisi quatenus id vel utile sit ad rei no divulgate, se non in quanto ciò risulti
famam tuendam vel necessarium utile a tutelare la fama del reo o sia neces-
ad scandalum reparandum. sario per riparare lo scandalo.

Codice 1917). Trattandosi tuttavia di censure che impediscono la recezione dei sacra-
menti, in tale caso, per poter avere l'assoluzione dei peccati, è necessaria la previa
remissione di tutte le dette censure, in quanto ciascuna di esse impedisce la lecita
assoluzione dei peccati .
Se, pertanto, un reo sia colpito da più pene espiatorie (non ha importanza se per un
solo o più delitti e, similmente, se a seguito di un solo o più provvedimenti), nella
istanza rivolta all'autorità competente deve specificarle singolarmente, in quanto la re-
missione ha valore soltanto per quelle espressamente menzionate. L'autorità, da parte
sua, può concedere anche una remissione generale, ossia per tutte le pene da cui il reo
fosse colpito. In questo caso, la remissione vale per tutte le pene, ad eccezione di quelle
che il reo avesse taciuto in mala fede nella sua istanza.

4965 2) Una remissione invalida


1360 (2238*) Nel can. 125, § 2, è disposto che un atto giuridico. posto per timore
graye incusso ingiustamente, è per sé valido, tranne che il diritto disponga diversamen-
te. E il caso della remissione di una pena, estorta con minacce, determinanti in chi la
concede un timore grave. La remissione in questa ipotesi è invalida, per espressa dispo-
sizione di legge (cfr. Communicationes, a. 1977, p. 171, can. 44). Sc la remissione fosse
ottenuta mediante violenza fisica, la sua concessione non sarebbe soltanto invalida, ma
dci tutto inesistente giuridicamente, a termine del can, 125, § I.
Nel can. 125, ~ 2, si parla di timore grave incusso ingiustamente; nel canone attuale, soltanto
di timore grave, per cui alcuni ritengono che, in ordine alla invalidità della remissione della pena
valga qualsiasi timore, purché grave. Non sembra però ehe una tale interpretazione sia corretta: che
il timore debba essere "ingiusto", risulta indirettamente dal termine "extorto", usato nel canone (cfr.
n. 4381, nota 2, nella quale si cita Communicutiones, a. 1980, p. 378, can. 68, ~ 2).
Si discute inoltre, fra gli autori, se il timore debba essere incusso intenzionalmente, per
ottenere la remissione della pena (timore diretto) o sia sufficiente il timore indiretto, provocato
senza questa intenzione. L'opinione più comune è che il timore debba essere suscitato intenzional-
mente (consulto), in modo che sia causa della remissione e non semplicemente occasione. Anche
questo appare implicitamente dal termine "extorto",

4966 3) Remissione a persone assenti o sotto condizione


1361, § l (2239, § 1*) Per l'assoluzione dci peccati, è necessaria la presenza fisica
del penitente (n. 3530). Per la remissione della pena canonica, la presenza fisica del reo
non è necessaria, tranne che la remissione avvenga nel foro interno sacramentale. Nel
foro esterno, essa può darsi anche a una persona assente.
653

A ter mine dcI medesi mo paragrafo, può concedersi inoltre sotto condizione:
De praeterito: per es ., se hai già riparato lo scan dalo e i danni
De praesent i: se prometti di farlo
De futuro suspensivo: se e quando ritratterai la ca lunnia
De fu turo "ad reincidentiam ": ti assolvo, ma ricadrai nella pena se. entro un
mes e, non ritratterai la falsa accusa
In que sto ultimo caso, la cens ura così assolta "revivisci t" ,
Essa è senz a dub bio spec ificamente identica. Si discute per altro se sia numericamente distinta
da lla preceden te, o sia la medesima che rinascc , in modo che nel frattempo si sia avuta soltanto
una sospensione della pena!".

4) La remissione in foro esterno ed interno 4967

1361, § 2 (2239, § § 1-2 *) La rem issione del la pena può essere co ncessa sia nel
foro esterno che in quello interno, sacr amentale ed extrasacramentale (can n. 196, e
2239. § I, Codi ce 191 7). Concessa nel foro esterno va le pie namente per l'uno e l' altro
foro . Co ncessa ne l foro interno, vale anc he per que llo esterno, ma non in forma pien a
c asso luta. A tal rig uardo, il can . 225 1 de l Codice 191 7 dà questa norm a:
- «Si absol utio censurae detur in foro externo, utrumque forum affici t, si in in-
terno, abs olutus , remoto scandalo, pote st uti talem se habere etia m in actibus fori
externi; sed , nisi co nces sio absolutionis probctur aut sa ltem legit ime praes umatur in foro
externo, ce nsura potest a Superioribus fori externi , quibus reus parè re debet, urgeri ,
do ncc absolutio in eodem foro habita Iuerit»,
Ta le disposizione è co nfe rmata indirettamente da l ca n. 74 , che ha portata pii!
generale.
In de roga al can, 37, l'attuale can one disp one che la remissione "in foro ext erno"
debba esser data in iscritto «tranne che una grave causa cons igl i diversamente»!' ,
La for ma . In ordine alla validità non è richie sta alcuna forma determinata: è suftìciente c he 4968
l'alto di remiss ione sia manifes tato esternamente.
Per la liccità, occorre seg uire il rito prescritto nell 'Orde Paenitentiae. Appcndix I.

5) La debita riservatezza 4969

1361, § 3 Il reo. anche se colp ito da pena, ha diri tto che nei limiti del possibile sia
salvaguardato il suo nome (cfr. anche cann . 1352, § 2, e 1717, § 2). È un rispe tto dovu to
alla dignità de lla person a. Di co nseguenza, né l'istanza né la remissione clelia pena
possono essere divulgate. se non in quanto ciò risulti utile a tutelare la fama de l reo o
sia necessario per riparare lo sca ndalo.

LA PRESCRIZiONE (cann . 13 62-1 363 ) 4970


Se/Wl/W
I. Estinzione dell'azione criminale 2. Estinzione dell'azione penale

tu Si discuteva inoltre se il confessore, il qua le asso lve da una cen sura per potestà de legata.

possa assolvere sotto condizione, in particola re se possa asso lvere "a d reincidcntiam ", L'opinione
più comune è che per sé non possa. tranne che ne abbia avuto esp ressa facoltà .
Il Communicutiones, a. 1977. p. 172. can . 45, lett . b: «Be ne est IIt remissio ordinarie scripto

detur sive quia in novo ime poenal i praevale ntia datur foro externo, sive quia doc umentum
scripturn me lius trnns rnitti vel pervenire potest ad rnanus delin qucntis» .
654 LIBRO V I - Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1362· § 1. Actio criminali s § I. L' azio ne cr iminal e si estingue pe r


praescriptione extinguitur trien- prescrizione in tre anni. trann e che s i
nio, nisi agatur: tratti:
l Ode delictis Congregationi pro l Odi delitti riser vati alla Congregazio ne
Doctrina Fidei reservatis; per la Do ttrina dell a Fede ;
20 deactione ob delicta de quibus 2 0 dell 'azion e per i delitti di c ui ai ca nn.
in cann. 1394, 1395, 1397, 1398, 1394, 1395, 139 7, 1398, che si prescrive
quae quinquennio prae scribitur; in cinq ue an ni;
3 de delictis qua e non sunt iure
0
3 0 di delitti che non so no puniti dal
communi punita,si lexparticularis diritto comune , se la legge particol are
alium praescriptionis terminum abb ia sta bilito un altro termin e di pre-
statuerit. scrizione .
§ 2. Praescriptio decurrit ex die § 2. La prescri zion e decor re da l giorno
quo delictum patratum est, vel,si in cui fu commesso il del itto, op pure, se il
delictum sit permanens vel habi- delitto sia permanen te o ab ituale , dal gior-
tuale, ex die quo cessavit. no in cui esso è ce ssato.

Come s' è già accennato (n. 4944), la prescrizione può riguardare l' azione criminale,
diretta alla condanna del reo, e l' azione penale, diretta all'esecuzione della pena, quando
la condanna sia passata in giudicato e sia pertanto diventata definitiva'.

4971 1. Estinzione dell'azione criminale


1362 (2240 e 1703*) I tempi di prescrizione sono vari:
l a Tre anni, per i delitti in genere
2 Cinque anni, per i delitti di cui ai cann. 1394, 1395, 1397 e 1398. poiché
0

presentano una particolare gravità:


- Call . / 3 94: attentato di matrimonio anche solo civile da parte di un chierico o di un
religioso non chierico di voti perpetui
- Cllll. / 395: reati vari contro il sesto co mandamento da parte di un chie rico (co ncubinato,
violenza carnale, ccc.)
- Call. 13 97: delitti contro la vita e la libertà dell' uomo (omicidio, rapimento, sequestro,
mutilazione o ferimento grave di una persona)
- Can. 1398: abOJ10 "effec tu secuto"

Per i delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede", occorre tener
presente l'ordin amento proprio del detto Dicastero.
Per i delitti che non sono puniti dal diritto comune, ma da quello particolare (cfr.
can. 1315, § I), valgono i tempi stabiliti dal Codice, tranne che la legge particolare abbia
stabilito un altro termine di prescrizione.

I Per la discussio ne che si ebbe in seno alla Commissione di Studio per il significato e l'uso

delle due espressioni: actio crimina lis e actio poena lis, v. Commun icationes. a. 1977, pp. 173-174,
can, 47.
, Sono i delitti di cui ai cann. 1364-1366; 1371, n. I; 1378. § l ; 1387 ; 1390, § I: cfr. Cost.
Ap. Regimini Ecclesiae universae, 15 agos to 1967, nn. 3 1-36 tEnchir. Val.. vol. 2, p. 1294).
La pre scrizione 655

CAN. 1363 • § 1. Si intra terminos § I. Se nei termini di cui al can . 1362,


de qui bus in can. 1362, ex die quo da computarsi a partire dal giorno in cui
sententia condemnatoria in rem la sentenza di condanna è passata in giu-
iudicatam transierit computan- dicato, non sia stato notificato al reo il
dos, non sit reo notificatum exse- decreto esecutivo del giudice di c u i al
cutorium iudicis decretum de quo can . 1651 , l'azione diretta alla esecuzione
in can, 1651, actio ad poenam ex- della pena si estingue per prescrizione.
sequendam praescriptione extin-
guitur.
§ 2. Idem valet, servatis servan- § 2 . Lo stesso vale, con l'osservanza
dis, si poena per decretum extra delle norme prescritte, se la pena sia stata
iudicium irrogata sito inflitta con decreto extragiudiziario.

La prescrizione decorre dal giorno in cui è stato commesso il delitto , ma se si tratti 4972
di delitto permanente o abituale, dal giorno in cui esso è cessato).
Delitto permanente è il delilio continuato con un'azion e ininterrotta : per es. l'educazione dei
figli in una religione acattolica (can. 1366), oppure la disobbedien za pertinace alla Sede Apostolica
*
o al proprio Ordinario (can. 1371, n. I) Cfr. anche eann. 1381, 2; 1391, n. I; 1394, I; 1396. *
Delitto abituale è quello che consiste in una serie di ripetute azioni antigiuridiche: per es.
l' atti vità commerciale o affaristica, praticata da un chierico o da un religioso (can. 1392).
L' estin zione dell ' azione criminale per prescrizione rende impo ssibil e l'emana-
zione dell a sentenza o del decreto penal e condannatorio o declaratorio (cf r. can.
1720, n. 3).

2. Estinzione dell'azione penale 4973


1363 (/ 703 e 2240*) I tempi di prescrizione per tale azione, diretta alla esecuzione
della pena, sono identici a quelli stabiliti nel canone precedente per l'azione criminale .
Essi decorron o dal giorno in cui la sentenz a di condanna è passata in giudicato, senza
che sia stato notificat o al reo il decreto esecuti vo del giudice, necessario a termini del
can. 1651 4 • La stessa norma vale, servatis servandis, relativamente alla pena intlitta con
decreto. La norma, invece, non è applicabile ai delitti di competenza della Congregazio-
ne per la Dottrina della Fede , che, come s' è già rilevato, seguono una propria disciplina.
Non esiste aieuna possibilità di prescrizione per le pene " latae sententiue", poiché la loro
applicazione avviene "ipso facto", né c' e bisogno di alcun decreto esecut ivo.

LE PENE PER I SINGOLI DELITTI (cann. 1364-1398) 4974


La seconda parte del VI libro del Codice tratta delle pene canoniche stabilite per
diritto comune contro i singoli delitti, raggruppati sistematicamente per materia in sei
titoli (v. n. 4764). L'ultimo titolo , il settimo, contiene una norma d i carattere generale.
che modifi ca in parte il principi o della legalità della pena.

, Il termine di prescrizione s' interrompe - e di conseguenza ricomincia a decorre re ex Il O VO


- per qualsiasi atto posto in essere dalla competente autorità. che sia espressione di esercizio
dell'azione criminale.
" Una tale prescrizione, evidentemente. non sarà mai possibile, se il decreto esecutivo della
sentenza viene incluso nella stessa sentenza.
656 LIBRO VI - Le san/ ioni nella Chiesa

PARTE Il

LE PENE PER I SINGOLI DELITTI

Titolo r
Delitti contro la religione e l'unità della Chiesa

CAN. 1364 - § 1. Apostata a fide, § I. L'apostata dalla fede, l'eretico o lo


haereticus vel schismaticus in ex- sci mastico incorrono nella sco munica
communicationem latae scntcntiae latae sententiae, fermo restando il dispo-
incurrit, firmo praescripto can. sto del can. 194 , § l, n. 2; il chierico,
194, § l, n. 2; c1ericus praeterea inoltr e, può essere punito con le pen e di
potest poenis, de quibus in can. eui al can. 1336, § l , nn. 1, 2 e 3.
1336, § l, nn. 1,2 et 3, puniri.
§ 2. Si diuturna contumacia vel § 2. Se lo richieda la prolun gata co ntu-
scandali gravitas postulet, aliae macia o la gravità dello scandalo, possono
poenae addi possunt, non excepta essere aggiunte altre pene, non esc lusa la
dimissione c statu clericali. dimis sione dallo stato clericale.

C o n un p reci so criteri o di scelta , s i è inteso c o lpire soltanto qu ei del itt i c he pre sen-
tan o una parti colare g ravi tà nell a Chies a , co ns iderata nell a s ua uni versalit à tCommuni-
cationes, a. 197 0 . p. 194 , De poenis in singula delicta). L a p un izione de i delitti a ve nt i
un am b ito pi ù ristr e tto è rim e sso a l diritto p artic olare d ell e s ing o le di oces i e provinc e
ecclesiastiche' .

4975 La riduzione dei ca noni è notevole: 36 ca noni. di fronte ai 101 del Codice precedente . Come
s 'è già avvert ito, nel nuo vo Codice le pene "larae sententiac" sono IH (n. 4767 . not a 3): sette di
scomunica (n. 4885), sei di sos pensio ne (n. 4H99), cinque d'interd etto personale (n. 4390). NcI
Codice pio-benedettino eran o 68: cinquanta le sco muniche , tredi ci le sos pe nsioni, cin qu e gl'i nter-
detti. Le censure riservate alla Santa Sede son o soltanto cinque e limitate alle scomuniche . Sono
state soppresse le scomuniche riser vate all 'Ordin ario : cann. 2319 , § I: 2326: 2343 , § 42 350, § I;
2388, § 2, Codice 1917; similmente gl' interdetti e le sos pensio ni: ca nn. 2338 e 2341.
Ampio - forse oltre misu ra - il potere discrezionale lasciat o al gi udice (n. 4791, nota 3).

.' Conununica tiones , a. 1977. p. 3 18, Adunatio diei 7 maii 1977 ...Examinan tur suggestiones
ab Organis consultationis factae circa alias species delictorum folt e inscrendas in pall e "de poeni s
in sin gula delicta" schernatis iuris poenali s.
Relator refert non paucas prop ositiones haber i circa plura delicta quae larncntantu r nostri s
ternporibus, uti genocidi um, bellum iniustum , pornographia et alia huiusmodi , Consu ltores, posr
attentam conside rationem harurn propositionum , unanimiter agn oscunt talla deli cta rece nseri non
posse in iure poenali canonico, sive quia iarn damnantur et pun iuntur a iure civil i, sivc quia
Ecclesiae carc t mediis pro apta inquisitione; ceteroquin illa delict a clare et frequenter reprohantur
in diuturn o opere magisteri i Ecclesiae . Aliqui s Co nsulta r animadvertit in iure poenali canonico
proprie recensenda esse dclicra quae peculiarem gra vitatem habcn t sub respcctu eccles iastico,
quaeque pun iri deben t ad tuendum ordin em socialem Ecclesi ae. nam alia delicta sufficienter
persequitur et punit lex civi lis. Quap ropter Co nsultores alia pauca dc licta, praeter illa iam in
sche mate rece nsita, seligunt ut poe nae contra ipsa statuantur in lege generali Ecclesiac ».
Circa la bigam ia, cfr. ibidem, p. 3 19.
Delitti centro la religione c l'unità della Chiesa 657

DELITTI CONTRO LA RELIGIONE E L'UNITÀ DELLA CHIESA 4916


(cann. 1364-1369)
Schema
I. L'apostasia della fede, l'eresia e lo scisma 5. Lo spergiuro dinanzi all'autorità ecclesiastica
2. La "communicatio in sacris" 6. La pubblica bestemmia e il pubblico vilipen-
3. Il battesimo e l'educazione dei tigli in dio dei buoni costumi, della religione, della
una religione non cattolica Chiesa, ecc.
4. La profanazione della SS. Eucaristia

Come appare dallo schema, sono considerati sei delitti specifici contro la religione
e l'unità della Chiesa.

1. L'apostasia dalla fede, l'eresia e lo scisma 4911

l) Concetto
1364 (2314 e 2318*) Il concetto di tali delitti è determinato nel can. 751.
- L'apostasia è il ripudio totale della fede cristiana
- L'eresia, l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di qualche verità
che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di esse
- Lo scisma, il ripudio della sottomissione al Romano Pontefice o della comunio-
ne con i membri della Chiesa a lui soggetti.
Per il contenuto delle dette definizioni, v. n. 3114. 4918
Il delitto di apostasia, di eresia e di scisma è diverso dal relativo peccato, Perché
si abbia il delitto in senso giuridico, è necessario che concorrano in esso gli elementi
essenziali, oggettivi e soggettivi, determinati dalla legge. È necessario anzitutto che di
tale reato si abbia una manifestazione esterna e una piena responsabilità (can. 1321,
§ I). Si richiede inoltre che il delitto sia consumato e per la "consumazione", a termine
del can. 1330, una manifestazione anche esterna, di cui nessuno venga a conoscenza, è
da considerarsi insufficiente,
Non è necessario che l'apostata, l'eretico o lo scismatico si separino dalla Chiesa
cattolica con atto formale, dando ad esempio il loro nome a un'associazione o a una
setta eretica o scismatica o non cristiana. La separazione con atto formale ha rilevanza
per altri effetti (cfr. cann. 1086, § I; 1117; 1124), ma non per quelli penali.
In forza del can. Il, il delitto di apostasia eresia o scisma concerne ovviamente solo
le persone battezzate nella Chiesa Cattolica o accolte successivamente in essa.

2) Le sanzioni previste 4919


Sono molteplici'.
l" La scomunica "latae sententiae", nella quale, per principio generale (cfr. cann.
1323, n. I; 1324, § l, n. 4, e § 3), non incorre il minore che non ha compiuto ancora
16 anni (circostanza esimente), né il minore che non ha compiuto 18 anni (circostanza

I Con le sanzioni previste in questo canone, come nel successivo 1371, «la Chiesa non

esercita (né intende esercitare) una coercizione per costringere i cattolici. che compiono gravi
manifestazioni di dissenso dal magistero ecclesiastico o di disobbedienza all'autorità ecclesiastica.
quali sono l'apostasia, l'eresia e lo scisma, a recedere dalle proprie convinzioni, bensì vuole evitare
che continuino ad agire come se non fossero eretici o scismatici, traendo in errore gli altri e
producendo altri danni alla società: perciò con le pene qui comminate si tolgono ad essi quei beni
che sono incompatibili con l'atteggiamento assunto, e che darebbero luogo a confusione agli occhi
del popolo di Dio» (Pio Ciprotti). V. anche n. 3104.
658 LIB RO VI - Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1365· Reus vetìtae commu- Chi è colpevole di vietata communica-


nicationis in sacris iusta poena pu- tio in sacris sia punito con una giusta
niatur. pena.

attenuante). Non v'incorrono neppure i batte zzati che si trovano per nascita nell'eresia
o nello scisma, siano essi in buona o catti va fede (can. Il )l.
2° La rimozione "ipso iure" da qual siasi ufficio ecclesiastico (can, 194, § I , n. 2).
Tale rimozione, tuttavia, non è una conseguenza dell a scomunica, né una privazione
penale (can. 196), ma un provvedimento di carattere amm inistrativo , che seg ue "ex se"
alla condizione "anti-ecclesiale" dell'apostata, dell 'eretico o dello scis ma tico, ed è del
tutto indip endente dalla pena (Communicationes, a. 1984, p. 46 , can . 1316).
3° La duplice irregolarità: relati vamente alla recezione degli ord ini sacri (can,
1041, n. 2) e al loro esercizio, se il delitto sia pubblico (can. 1044, § I, n. 2). Nean che
le irregolarità, ovv iamente, sono una pena.
4° La privazione delle esequie ecclesiastiche, per gli apo stati , gli eretici e gli
scis matici, che prima della morte non abbiano dato alcun segno di pentimento (can.
I 184, § I, n. l). Anche questo è per sé un provvedimento di carattere amministrativo.
5° Se il reato di apostasia, eresi a o scisma è commesso da un chierico, possono
ess ere aggiunte le pene espiatorie di cui al can. 1336, § l, nn. 1-3. ed altre pene ancora,
non esclusa la dimissione dallo stato clericale (n. 5), qualora lo esig a la prolungata
contumacia o il grave scandalo. Nelle medesime circostanze, pene aggiuntive possono
essere inflitte anche ai laici. Si tratta di pene facoltative, e quindi "ferendae sententiae".

l La comminazione della scomuni ca per i delitti di apo stasia, ere sia e scisma fu oggetto di
lunga discussione da pane del Gruppo di Stud io " Dc iurc poen ali" . In un prim o tempo. la scom u-
nica co mminata contro tali delitti fu solo " ferendae sententiae". Il motivo addo tto per l'esclusion e
della pena "latae sententiae" fu il seguente : «Excluditur poena I.~. quia perdiffi eile est in hac
implexa materia ut habeatur necess aria eertitudo iuridica de delicto cornmisso sine inter ventu
iudicis vel superioris» (Communlcationes. a. 1977 . p. 305, can . 48, § l ).
«Poena non pote st esse lata c scntent ìae - si disse ancora in una nuova adunanza. - Poena
latae sententiae puniri tanturn possunt delicta certa, quae praesertim in facto determinato consi stunt .
ila ut nullum supersit dubium de e ius perpctration e, i.e. de adimpletione facti speciei poenalis, V.g.
abort um, vis physica in Romanum Pontificem vel in Episcopum, etc .... Poen a excommunicationis
pun itur delictum hacre sis , apostasiae vel schismatis, sed hoc deli ctum debet iuridi ce comprobari,
ut co nstet non tantum de obie cti va gravitate, sed ctiam dc irnputabilitate, quod non se mper fac ile
est. In hac co mplexa materia magna desideratur sec uritas iuridi ca, qu ae non habetur nisi iude x ve!
superior casum omniaque eiu s adiun cta pcrpendat et deccrnar de exsistentia del icti et con sequenter
de inflictione poenae. Exigi no n potest auto-applicatio poenae (quod est cha racteri sticum in poeni s
larae sententiae), si incerta est fere semper, etiarn pro reo, exsistentia ipsa delict i.
Ceteroq uin, recentiora e xempla o rnni bus nota hoc liquido dem on straut lpsa S. Con -
gregat io pro Doctrina Fidei, organum maxim e cornpete ns , per decenniurn e xaminavit doctrinam
alicuius professoris de haeresi suspecti. Et POSI sat longum examen (et si mult i a utuma nt agi in
casu de vera haeresi), S. Congregati o duos abhinc annos ad sequentern tanturn conclusionem
perv ènit: «Haec S. Congregati o pro munere suo in praesens declarare eogitur Professorern
loannem Kiing in suis scriptis ab integra l'idei catholicae veritate deficere, ideoque eundern nec
uti theologum eatholieum haberi neque qua talem munere docendi fungi posse» (Osservatore
Roman o, 18-XIl-1979, p. l). Et Praeses Episcoporum Conferentiae Germaniae de claravit: <di
Profe ssor Kiing non è per questo esclus o dal/a Chiesa e rimane sacerdote (ibidem , p. 3) ... Cfr.
eti am cas um Lefebvre, in quo multi inveniunt omnia elernenta schismatis, sed au ctoritas com-
petcn s numquarn hoc verbo usus est , sed tantum locutus est de "inoboedientia" et solummodo
suspensione punitus est ob ill egitimas ordinationes ».
Delitti contro la religione c l' unità della Chiesa 659

2. La "communicatio in sacris" 4980


1365 (2316 *) Nell'ordinamento anteriore, la "communicatio in sacris" con i fratelli
separati era oggetto di un divieto assoluto , che esclude va qualsiasi partecipazione attiva
alle loro cerimonie sacre (in divini s):
- Can. 1258, § 1*: «Haud lieitum est fidelibu s quo vis modo active ass istere seu
partem habere in saer is acatholicorum»; - § 2: «Tolera ri potest praesentia passiva scu
mere materialis, civilis officii vel honoris causa, ob gravern rationem ab Episcopo in
casu dubii probandam, in acatholieorum funeribus, nuptiis similibusque sollemniis,
dumm odo perversionis et scandali periculum absit»,
Il cattolico che avesse violato tale canone , era sospetto di eresia (can, 2316 ), con
gli effetti previsti nel can. 2315.
Nel nuo vo spirito ecumenico, affermatosi nella Chiesa con il Concilio Vaticano Il,
molte cose sono cambiate . È così permessa:
- La celebrazi one dell'Eucaristia in una chiesa non cattolica, per una giusta causa
e con l'e spressa licenza dell 'Ordinario del luogo, sempre però "remoto scandalo" can. 933
- L'amministrazione a fedeli non cattolici dci sacramenti dell a penitenza, dell'Eu-
cari stia e dell 'un zione degl'infermi in determinate circostanze, e, similmente, la recez io-
ne de i medesimi sacramenti da parte di ministri non cattolici : can. 844 (cfr. la relativ a
espo sizione)
- La celebrazione del matrimonio misto dinanz i a un ministro sacro ortodosso:
can. 1127, § I
- La celebrazione delle esequi e ecclesiastiche a fratelli separati defunti , «a con-
dizione che non sia possibile avere un ministro proprio» e «a prudente giud izio dell'Or-
din ario del luogo »: can. 1183, § 3
Rimane per altro in vigore il divieto della concelebrazìone eucaristica, di cui al
can. 908 : <<È vietato ai sacerdoti cattolici concel ebrare l'Eucaristia con sacerdoti o
mini stri di Chiese o comunità eccle siali, le quali non sono in piena comunione con la
Ch iesa cattoli ca» (v. la relativa esposizione).
La pena stabilita nell'attuale canone contro i cattoli ci che partecip ino a ce lebrazio ni
sacre con i fratell i separati nei casi vietati, è precetti va, ma indeterminata, ossia lasciata,
quanto alla scelta, alla prudente decisione del giudice o del superiore ecclesiastico com-
petente: "Iusta poena puniatur".

3. II battesimo e l'educazione dei figli in una religione non cattolica 4981


1366 (23 19, § 1, IIIl. 3-4, e § 2*) Il del itto presenta una triplice possibilità:
- Batte simo dei figli in una religione non cattolica

"Ex istis el aliis cas ibus eruitur quod neque schisma neque haeresim punire oporrct poenis
latae se ntentiae ex intrin seca difficultate statuendi quandonam revera delicta dentur. Notetur tamen
quod in canone Schernati s sufficienter fidei tuitioni providetu r, nam poena non est fa cultativa, scd
auctoritas cornpeten s obligutionem habet ipsam infligendi » (Communicationes. a. 1984, pp. 46-47 ).
I suddetti motivi ci sembrano molto fondati. Di fatto però prevalse successivamente la lesi
opposta , c nel nuovo Cod ice fu confermata la pena "latae sententiae", com'era nel Codice prece-
dente . Resta però soppressa la particolare figura del "sospetto di eresia", di cui nel can. 2315,
Codice 1917.
Abbiamo riportato una così lunga nota per la sua grand e importanza dottr inale e pratica. Ser ve
a far riflette re come non sia facile , nel caso concre to, determinare se un cattoli co, per i suoi scritt i,
le sue dichiarazioni , il suo atteggiamento, sia da considerars i reo di eresia o di scisma, con la
conseg uente scomunica "latae sententi ae", comminata nel can, 1364, ~ I. C' è bisogno a tal riguardo
di gra nde pruden za e ca utela.
660 LI BRO VI - Le sa nzion i nel la Chi esa

CAN. 1366 - Parentes vel paren- I genito ri o co lo ro che ne fa nno le vec i,


tum locum tenentes, qui Iiberos in i qu ali danno i lo ro figli a battezzare o ad
religione acatholica baptizandos educare in un a re lig io ne acatto lica, siano
vel educandos tradunt, censura punit i co n una ce ns ur a o co n un 'altra g iu-
aliave iusta poena puniantur. sta pen a.
CAN. 1367 • Qui species conse- Chi ge tta v ia le sp ec ie con sacrat e opp u-
cratas abicit aut in sacrilegum fio r e le as p o r ta o le d eti ene a sco p o
nem abducit vel retinet, in excom- sac rilego, incorre neIl a scom un ica latae
municationem latae sententiae Se- sententiae ris e rvat a alla Sed e Apo stoli ca ;
di Apostolicae reservatam incur- il c hieri co inoltre pu ò essere punito con
rit ; c1ericus praeterea alia poena, altre pene, non esclusa la d imissione d allo
non exclusa dimissione e statu cle- stato clericale.
ricali, puniri potest.

- Educazione
- Battesimo ed educazione insieme
Il termine "fig lio" è inteso nel senso più ampio: figlio legittim o c naturale, figlio
adottivo e figlio di cui si ha la tutela. Il canone parla di genitori, veri e adottivi, e di tutti
coloro che ne fanno le veci, sia di diritto che solo di fatto.
L' educazione in una religione non cattolica è intesa nel canone nel senso propria-
mente formativo : un' educazione dottrinale o pratica, seco ndo principi religiosi e morali
di una confessio ne non cattolica o comunque difformi da quell i della Chiesa Cattolica.
Non è proibito a un gen itore cattolico mandare i propri figli in una scuola non cattolica
ai fini della loro istruzione culturale o scientifica, oppure della loro formazione profes-
sionale. Ovviamente , una tale frequenza richiede un motivo adeg uato (cfr. cann. 793, §
l , e 798). Esige inolt re le debite cautele (ean. 798).
La pena prevista contro quelli che deliberatamente violassero questo canon e tCo m-
municationes, a. 1977, p. 3 19, ean. 48 ter) è precettiva alternativa: "Censura aliave iusta
poena puniatur'".

4982 4. La profanazione della SS. Eucaristia


1367 (2320*) Il delitto può esse re compiuto in tre modi distinti, di cui ciascu no
costituisce un delitto a sé:
- Gettar via le specie consacrate: per terra, nel fuoco, nel cestino dei rifiuti, ed
anche sulla stessa mensa dell'altare se ciò si faccia con irriverenza. Il ladro che ruba una
pisside e depone acc uratamente le ostie consacrate nel cor porale o le lascia nel taber-
nacolo, commette un furto sacrilego, e anche una grave irriverenza verso la SS. Euca-
ristia, ma non il delitto previsto nel canone, per cui non incorre nelle pene relative.
- Asportare o detenere le specie consacrate per uno scopo sacrilego: un fine osce-
no. superstizioso, empio, ccc. Lo scopo sacrilego è un elemento esse nziale: se un fedele,
ad esempio, portasse via o ritenesse le ostie consacrate per un immoderato motivo di
devozione, oggettivamente sarebbe reo di grave peccato, ma non di delitto giuridico.

I Che cosa dire dei genitori veri o adottivi o dei tutori che impartissero personal mente ai

ragazzi di cui hanno la cura e la responsabilità, un'educazione non catto lica? Certo non sono
co mpres i in questo canone. che riguarda solo coloro che «Iiberos in relig ione aeatholica
baptizandos ve! educandos tradun t», Potrebbero però essere applicati i cann. 1364 e 1371, n. I.
Deli tti contro la religione c l'unità della Chiesa 661

CAN. 1368 - Si quis, asserens vel Se qualcuno comm ette uno spergiuro,
promittens aliquid coram eccle- asserendo o promettendo qualcosa dinan zi
siastica auctoritate, periurium ad un'autorità ecclesiastica, sia punito con
committit, iusta poena puniatur. giusta pena.
CAN. 1369 - Qui in publico spec- Chi in un pubblico spettacolo o in un
taculo vel concione , vel in scripto pubblico discorso", o in uno scritto pub-
publice evulgato, vel aliter instru- blicamente divulgato, o in altro modo,
mentis communicationis socialis servendosi degli strumenti di comunica-
utens, blasphemiam profert, aut zione sociale , proferisce bestemmie oppu-
bonos mores graviter laedit, aut re offend e gravemente i buoni costumi,
in religionem vel Ecclesiam iniu- oppure adopera espressioni ingiuriose
rias exprimit vel odium contemp- contro la religione o la Chiesa, oppu re
tumve excitat, iusta poena punia- eccita all' odio o al disprezzo contro di
turo esse, sia punito con una giusta pena.

Le pene previste per un così nefando triplice de litto, sono le più gravi fra quelle
stab ilite nell'attuale ordinamento penale ecclesiastico:
- Pena precettiva: la scomun ica "latae senten tiae" , riservata alla Sede Apostolica
- Pena fa coltativa: l'aggiunta di altre pene, non esclusa la dim issione dallo stato
clericale, se il colpevo le sia un chierico.
La pena tuttavia, co m'è disposto nel can. II , co lpisce solo chi è stato batte zzato
ne lla Chiesa Cattol ica o è stato acco lto successivame nte (ma prima del delitto) in essa.
Non è nece ssario che eg li creda nella presen za reale di Cris to nell 'Eucaristia.
Il canone parla di specie consacrare. Se pertanto una persona gettasse via o sottraesse o
ritenesse a scopo sac rilego delle ostie ritenute erroneamente consacrate, mentre in realtà non lo
sono , verrebbe a mancare un element o essenziale del delitto (l' elemento oggettivo) . per cui si
avrebbe solo un delitto putativo, giuridicamente non punibile.

S, Lo spergiuro dinanzi all 'autorità ecclesiastica 4983


1368 (2323 *) Poiché il giuramento può essere asse rtorio e prornissorio - il prim o
conferma un'affermazion e, il secondo una prome ssa - lo sper giuro è tanto di chi nel
giura me nto ass er tor io " scienter" afferma il fal so , qu anto di c hi nel giura mento
prom issorio non intende obbligarsi. Alcuni riten gono che non sia da considerare sper-
giuro chi non manca di sincerità nell'atto del giuramento e successivamente non man-
tien e la promessa giurat a. La cosa è discutibile.
Nel Codice anteriore, il can. 2323 riguardava solo il giuramento extragiudiziale: la
falsità afferma ta in giudizio era considerata nei cann. 1743, § 3; 1755, § 3; 1794. Nel
Codi ce attual e, il can . 1368 comprende sia lo spergiuro extragiudiziale che quello giu-
diziale . Si rich iede per altro che esso abbia luogo dinanzi all 'autorit à ecclesiastica. Lo
spe rgiuro commesso privatamente o dinanzi all'autori tà civile, costi tuisce peccato grav e,
ma non un delitto in senso canonico.
La pena è precetti va indeterminata: "Iusta poen a puniatur".

2 Molti traducono "in una pubblica riunione", e la traduzione è corretta, perché il termine
latino "concio" significa tanto "riunione" che "discorso". Il Prof. Ciprotti, che è stato il Relatore
del Grupp o di Studio " De iure poenal i" , traduce "discorso".
662 LIBRO VI- Le sanzioni nella Chiesa

Titolo II
Delitti contro le autorità ecclesiastiche
e contro la libertà della Chiesa

CAN. 1370- § 1. Qui vim physicam § 1. Chi usa violenza fisica contro il
in Romanum Pontificem adhibet, Romano Pontefice, incorre nella scomuni-
in excommunicationem latae sen- ca latae sententiae riservata alla Sede
tentiae Sedi Apostolicae reserva- Apostolica; se si tratta di un chierico, si
tam incurrit, cui, si c1ericus sit, alia può aggiungere, secondo la gravità del de-
poena, non exclusa dimissione e litto, un' altra pena, non esclusa la dimis-
statu clericali, pro delicti gravitate sione dallo stato clericale.
addi potest,
§ 2. Qui id agitin eum qui episco- § 2. Chi usa la detta violenza contro una
pali charactere pollet, in inter- persona insignita del carattere episcopale,
dictum latae sententiae et, si sit incorre nell'interdetto latae sententiae, e
c1ericus, etiam in suspensionem la- se chierico, anche nella sospensione latae
tae sententiae incurrit. sententiae.
§ 3. Qui vim physicam in c1eri- § 3. Chi l'usa contro un chierico o un
cum vel religiosum adhibet in fidei religioso per disprezzo contro la fede, la
vel Ecclesiae vel ecclesiasticae po- Chiesa, la potestà o il ministero ecclesia-
testatis vel ministerii contemptum, stico, sia punito con una giusta pena.
iusta poena puniatur.

4984 6. La pubblica bestemmia e il pubblico vilipendio dei buoni costumi,


della religione, della Chiesa ecc.
1369 (2323 e 2344*) Il delitto considerato nel canone comprende più forme:
- La bestemmia intesa in senso stretto, ossia come espressione oltraggiosa verso
Dio, la Vergine Santissima, i Santi
- Espressioni, gesti e oscenità (oltraggio al pudore), che offendono gravemente i
buoni costumi
- Espressioni ingiuriose contro la religione o la Chiesa (non contro le autorità
ecclesiastiche), con "animus iniuriandi"
- Eccitamento all'odio o al disprezzo contro di esse
Per religione s'Intende nel canone la religione in genere e la religione cattolica.
Le modalità. Perché sussista il delitto giuridico previsto nel canone, è necessario
che, a parte l'elemento doloso, ossia intenzionalmente offensivo, esso abbia carattere
pubblico. Deve cioè avvenire:
- In un pubblico spettacolo
- O in una pubblica riunione.'

1 Non dunque in una riunione privata. Alcuni ritengono che per "riunione pubblica" debba

intendersi una riunione alla quale tutti possono intervenire. Forse però è da considerare il numero
delle persone che di fatto vi partecipano. Se il loro numero è ristretto, la riunione è da considerarsi
privata, e se il numero è considerevole, essa più fondatamente è da considerarsi pubblica, anche
se per la riunione siano stati diramati inviti personali (riunione riservata).
Delitti contro ~ autorità ecclesiastiche c la lil\crtà della Chiesa 663

- O in un pubblico discorso
- O in uno scritto pubblicamente divulgato
- Oppure usando uno strumento di comunicazione sociale: stampa, radio , televi-
sione, cinema, teatro, ecc.
La pena è precettiva e indeterminata: "lu sta poena puniatur".

DELITTI CONTRO LE AUTORITÀ ECCLESIASTICHE, CONTRO LA 4985


LIBERTÀ DELLA CHIESA, CONTRO LE COSE SACRE, ecc.
(cann. 1370- 1377)
Schema
l . La violenza fisica contro il Romano Pontefi- 4. Il pubblico eccitamento alla rivolta, all'odio.
ce, un Vescovo consacrato, un chierico o un alla disobbedienza contro la Sede Apostoli-
religioso ca o contro l'Ordinario
2. L'insegnamenln pertina ce di dottrin e con- 5. L 'iscrizione ad associa zioni che tramano
dann ate, il rifiut o ostinato di dottrine contro la Chiesa
enunziate dal Magistero ordinario della Chie- 6. Violazioni varie delle libertà ecclesiastiche
sa, la disobbedienza ostinata 7. La profanazione di una cosa sacra
3. Il ricorso al Concilio Ecumenico o al Colle- 8. L'alien azione di beni ecclesiastici senza la
gio dei Vescovi contro un atto del Romano debita autorizzazione
Pontefi ce

I delitt i considerati in questo secondo titolo sono molteplici.

1. La violenza fisica contro il Romano Pontefice, un Vescovo consacrato, 4986


un chierico o un religioso
1370 (2343*) In questi delitti c'è un elemento comune: l'uso della violenza fisica
(non sempl icemente verbale), che suppone un'azione esterna, dolosa ossia intenzionale,
gravemente ingiurios a, lesiva della persona, della sua libertà o della sua dignità, in
violazione del "privilegio del canone " (n. 1584 e nota l), così denominato da un celebre
"canone", il 15°, del Concilio Lateranense Il (a. 1139), Si quis suadente diabolo, me-
diante ìl quale s' intese tutelare il particolare rispetto dovuto alle persone eccle siastiche .
Si lede la persona, con le percosse, il ferimento, l'ucci sione, ecc.
Si lede la sua libertà, mediante la carcerazione, il rapimento, la detenzione privata o pubblica ,
l' esilio o il conti no. l' espulsione dalla città o del paese, ecc.
Si lede la sua dignità , con un atto esterno offensivo: per es.• con la lacerazione delle vesti o
il loro insudiciarnento, uno sputo, ecc.

Il soggetto passivo, che subisce la violenza, può essere il Romano Pontefice, un


Vescovo consacrato , un chierico o un religioso. Le pene previste, ovviamente, sono
diverse in ragione dell a dignità di ciascun soggetto.
1370 , § 1 L'atto di violenza fisica perpetrato contro la persona augusta dci Roma- 4987
no Pontefice - un vero "crimen maiestatis " - è punito con la scomuni ca "latae
sententiae", riservata alla Sede Apostolica. Sc l'autore del delitto è un chierico (circo-
stanza aggrav ante), si può aggiungere, secondo l'effettiva gravità del delitto , un'altra
pena (censura o pena espiatoria), non esclusa la dimissione dallo stato clericale .
1370, § 2 Trattandosi di violenza fisica usata contro un Vescovo insignito del
carattere episcopale (non semplicemente eletto):
- Sc l' autore è un laico, il delitto è colpito con l'interdetto "latae sententiae"
- Sc l'autore è un chierico, con l'interdetto e inoltre con la sospensione generale
" latae sentent iac" , ai sensi del can . 1334, § 2
664 LIBRO VI - Le sanz ioni nella Chiesa

CAN. 137l - Iusta poena puniatur : Sia pu nito co n una gius ta pen a:
1° qui, praeter casum de quo in I ° chi. a parte il caso di cui al ca n. 1364,
can.1364, § l , doctrinam a Roma- § I, insegni una do ttrina co nda nnata da l
no Pontifice vel a Concilio Oecu- Rom ano Pon tefice o da un Con cilio Ec u-
menico damnatam docet vel doc- men ico, opp ure respinga pert inacem ente la
trinam, de qua in can, 752, perti- dottrina di cui al ca n. 752 e, ammo nito
naciter respuit, et ab Apo stolica dalla Sede Ap ostolica o dall'Ord inario, non
Sede vel ab Ordinario admonitus si ritratti ;
non retractat;
2° qui aliter Sedi Apostolicae, 2° chi, in altro mod o, non obbcdisca alla
Ordinario, vel Superiori Icgitimc Sede Apo stolica , all' Ordinario, o al S upe -
praecipienti vel prohibenti non riore, che legittimam ente gli d ian o un co-
obtemperat, et post monitum in mand o o un divieto, e dop o l' ammoni zio-
inoboedientia persisti t. ne, persista nell a disobbed ienza .

4988 1370, § 3 Trattandosi. infine, di un presbitero o di un diacono oppure di un


religioso, la violenza usata contro di essi per disprezzo contro la fede, la Chiesa, la
potestà o il ministero ecclesiastico (non per altri motivi, per es. per motivi personali, nel
corso di una disputa, o anche per legittima difesa) è sanzionata con una pena precettiva
indeterminata: "lusta poena puniatur". La particolare connotazione del delitto - «in
fidei vel Ecclesiae vel ecclesiasticae potestatis vel ministerii conternptum» - è un
elemento nuovo dell'attu ale Codice.
II rel igioso s' intende dell'u no e dell 'altro sesso, di diritto po ntificio e diocesano, di voti
perpetu i e te mporanei. Ma il termine va preso in senso stretto, in modo da essere limitato ai me mbri
di un istituto religioso ai sensi del can. 607, § 2, oppure so no anche da incl udere i membri
degl 'I stitut i secolari (can. 710 ) e delle Società di vita apostolic a (can. 73 1)? La cosa è dubbia.
Nell' ordinamen to anteriore, la pena colpiva sia chi usasse violenza contro i memb ri degli Ordin i
che cont ro i membri delle Congregazioni. Certa mente non sono compresi i novizi .

4989 2. L 'insegnamento pertinace di dottrine condannate, il rifiuto ostinato di


dottrine enunziate dal magistero ordinario della Chiesa, la disobbedienza
ostinata
1371 (2317 e 2331*) Si configura un triplice delitto, indipendentemente dai casi di
apostasia, eresia e scisma, di cui al can. 1364, § I.
I° L'insegnamento pertinace di una dottrina condannata dal Romano Pontefice o
da un Concilio Ecumenico come erronea, non come eretica, poiché in questo caso è da
applicare il can. 1364, § 1.
Nel canone è usato il verbo "docet" , che alcuni interpretano in senso stretto, come inseg na-
mento dalla cattedra, e altri, forse più fondatame nte. in senso più a mpio, co me diffusione di dot trine
condan nate mediante scritti, predicazione, co nferenze, ccc. E questo, in ef fetti. può essere anche più
dann oso dell'i nsegna mento cattedra tico. per cui non può esse re escluso. Atteso per altro il cara ttere
indete rminato della pena, spetta al superiore competente valutare con obiettività e prudenza i
singoli casi.

2° Il rifiuto o la contestazione di una dottrina insegnata dal Romano Pontefice o dal


Collegio dei Vescovi con magistero autentico, ma non definitivo (il magistero definitivo
impone un "assenso di fede"). ai sensi del can. 752.
3° La disobbedienza alla Santa Sede, all'Ordinario o al Superiore, che legittima-
mente diano un comando o un divieto (cfr. can. 273).
Delitti contro le autorità cr clcxiastichc c la libertà della Chiesa 665

CAN. 1372 - Qui contra Romani Chi ricorre al Concilio Ecumenico o al


Pontificis actum ad Concilium Oe· Collegio dei Vescovi contro un atto del
cumenicum vel ad Episcoporum Romano Pontefice, sia punito con una
collegium recurrit censura pu- censura.
niatur.

Elemento ess e nziale del triplice delitto è la pertinaci a, l'ostinazione del colpevo-
le. il qu ale. ammonito dalla competente autor ità (il prev io ammonimento è sempre
necessario ). per si ste nel suo att eggiamento, non ritrattando i suoi errori e rif iutandosi
di ubb id ire . A ltro el emento essenziale è il carattere es te rno , da inte nde rsi ten endo
presente il can. 1330 : esso è condizion e ind is pen sab ile perché possa effettuarsi il
" prc vio a mm o ni me nto".
La pena prevista è precetti va indeterminata: "lusta poena puniatur".
Il can. 696 prevede la dimissione di un religioso dal proprio Istituto per l'ostinata
disobbedienza alle legittime prescrizioni dei Superiori in materia grave. per il pertinace appoggio
o la diffusione di dottrine condannate dal magistero della Chiesa. per la pubblica adesione a
ideologie inficiate di materialismo o di ateismo. La norma si applica ai membri delle Società di vita
apostolica (can. 746).

3. Il ricorso al Concilio Ecumenico o al Collegio dei Vescovi contro un 4990


atto del Romano Pontefice
1372 (2332 *) Un tale ricorso è ass olutame nte escluso, teo logicamente e giurid ica-
mente, dal prim ato del R om ano Pontefice (ca n. 331). In esso è impl icito un atto sov ver-
si vo di scis ma, la negazione o il distorci mento del primato pontificio. frutto di errate
teorie conciliariste , per cui giustamente il Codice precedente considerava il colpev ole
co me " so spetto di eresia'",
Il ricorso. tutt a via , de v'essere diretto contro un provvedimento del Romano Pont e-
fice , non di un a Congregazione, d i un Istituto, di un Tribunale della Cu ria Rom ana (ca n.
360), tranne ch e l'atto della Cu ria sia sta to deliberato per es presso e s peciale mand ato
del Pont efice. o sia stato da lui approva to in forma spec ifica, poiché in tal caso si
tratterebbe di un vero e proprio atto ponti fic io.
Il ricorso delittuoso si ha per qualunque atto del Romano Pontefice: legisl ati vo ,
g iud izia rio , amministrat ivo , qualunque sia la sua forma. sempre però che sia stato
emanato da lui nella su a qualità di Capo su premo della Chiesa, non come Capo dello
Stato de lla Città del Vati cano.

1 Teologicamente e storicamente il "conciliarismo" fu un grave errore ecclesiologico, che

ebbe le sue radici nella lotta politico-religiosa tra Bonifacio VIII ( 129 4- 1303) e Filippo IV il Bello
re di Francia (1285 - n 14), e si sviluppò largamente nel torbido periodo dello Scisma d'Occidente
( 1378 - 14 17); al finire della "cattività avignonese" ( 1309 - 1376).
Sostenuto in particolare da Marsilio da Padova (127 511 280- I342-1343), autore del "Defcn sor
pacis", Guglielmo di Occam (1285-1349), francescano, Pietro d'Ailly ( 1350 - 1420) , Vescovo di
Cambrai c Cardinale, Giovanni Gerson (1363-142 9), Cancelliere dell'Unive rsità di Parigi, e da vari
Prcsuli, esso sostenne la superiorità gerarchica dei Vescovi riuniti in Concilio Ecumenico nei
confronti del Romano Pontefice.
L'errore fu seguito poi da John Wyckif ( 1330- 1484), Giovanni Hus ( 1369- 14 15). Martin
Lutero ( 1485- 15 15), Giovanni Calvino ( 1509 - 1564) . e successivamente, a panire soprattutro dal
1682 , l' anno della "Declaratio Cleri Gallicani", dai numerosi fautori delle teorie gallicane. La sua
condanna definitiva si ebbe nel Concilio Vaticano I, con la COSI. domm. "Pastor Aeternus" del 18
luglio 1870 , che dichiarò solennemente per tutta la Chiesa il primato universale del Romano
Pontefice (cfr. in particolare Denzinger-Sch ònmetzer, nn. 3053, 3063, 3064).
666 LIBRO VI- Le sanzioni odia Chiesa

CAN. 1373 • Qui publice aut sub- Chi pubblicamente suscita contrasti o
dito rum simultates velodiaadver- odi da parte dei sudditi contro la Sede
sus Sedem Apostolicam vel Ordì - Apostolica o l'Ordinario a causa di qual-
narium excitat propter aliquem che atto di potestà o di ministero ecclesia-
potestatis vel ministerii ecclesia- stico, oppure eccita i sudditi alla disobbe-
stici actum, aut subditos ad inoboe- dienza contro di essi, sia punito con l'in -
dientiam in eos provocat, interdico terdetto o altre giuste pene.
to vel aliis iustis poenis puniatur.

La pena è precettiva e determinata in parte: "Censura puniatur": scomunica, inter-


dello o sospensione se chierico; scomunica o interdetto se laico. Essa colpisce qualsiasi
persona, qualunque sia la sua dignità e il suo ufficio, ecclesiastico o civile. Non sono
esclusi neppure i Vescov i e i Cardinali.
4991 Il rispondente can. 2332 del Codice del 19 17 stabiliva con maggiore severità, considera ti i
tempi e le circostanze, la pena della scomu nica e l' interdetto.
a) ÙI scomunica: «Tutte le persone c ciasc una di esse, qual unque sia il loro stato. grado o
condizione, anche se regale, episcopale o cardinalizio, le quali abbiano appellato al Concilio Uni-
versale contro le leggi, i decreti, le disposizioni del Romano Pontefice pro tempore existentis:
- Sono sospetti di eresia,
- E contraggono ipso facto la scomunica riservata in modo speciale alla Sede Apostolica»
(I parte).
b) L'interdetto: «Relativamente alla Università. ai Collegi , ai Capitoli e altre persone morali,
q ualunque sia la loro denominazion e. incorrono nell'interdetto riservato similmente in modo spc-
ciale alla Sede Apostolica» (II parte).

4992 4. II pubblico eccitamento alla rivolta, all 'odio, alla disobbedienza contro
la Sede Apostolica o contro l'Ordinario
1373 (2344*) li canone intende tutelare l' autorità ecclesias tica nell'esercizio dci
suo ministero e, nello stesso tempo. la retta disciplina della comunità ecclesiale.
È previsto un duplice delitto.
1° Suscita re pubblicam ente contestazioni, co ntrast i, odi da parte dei suddi ti
contro la Sede Apostolica o l'Ordinario proprio o qualsiasi altro Ord inario, ma solo
a causa di un atto di potestà (di foro esterno ed interno) o di ministero ecc lesiastico
non per altri motivi, che potrebbero esse re anche di cara ttere person ale. L' allo po-
trebbe essere non ancora compi uto e prospe ttarsi solo come possib ile o probabile. In
questo caso , si verre bbe a violare non solo il can. 1373, ma anche il can. 1375, con
le sanz ioni previste contro co loro che impediscono il libero ese rcizio de l ministero e
de lla potestà eccl es iastica.
2° Eccitare i sudditi alla disobbedienza (non alla semplice protesta) nei confronti
della medesima Sede Apostolica o del medesimo Ordinario. Secondo alcuni il delitto di
eccitamento alla disobbedienz a si verifica solo se l'eccitamento avve nga in forma pub-
blica, come nel primo caso; secondo altri, sia in forma pubblica che privata.
La pena è alternativa precettiva: "Interdicto vel aliis iustis poenis puniatur", tenen-
do presente il can. 1349.

4993 5. L'iscrizione ad associazioni che tramano contro la Chiesa


1374 (2335*) Il can. 2335 del Codice precedente nominava espressa mente le
sette massoniche, aggiungend o «c altre dell o stes so genere» (a liis ve ei usdem
Delitti co ntro le autorità ecc lesiastiche c la libert à della Chiesa 667

CAN. 1374 - Qui nomen dat con- Chi dà il suo nome ad un'associazione
sociationi, quae contra Ecclesiam che trama contro la Chiesa, sia punito con
machinatur, iusta poena puniatur; giusta pena; chi poi promuove o dirige
qui autem eiusmodi consociatio- una tale associaz ione, sia punito con l'in-
nem promovet vel moderatur, in- terdetto.
terdicto puniatur.

generis) . Co n atto del 17 fehbra io 1981 , la Con gregazione per la Dottrina della Fede,
di fro nte ad alc une "interpretazio ni errate e tendenzi ose", dic hiarò che null a era stato
mut ato circa la norm a contenuta nel detto ca none (Enchir. Vat., vo I. 7, pp . 1036-
1039). Il nuov o Cod ice ha evitato deliberatamente il riferimento esplicito alle sette
massoni che (Comm unicationes, a. 1984 , p. 49 , ean. 1326, n. 2); e ha parlato generi-
came nte d i "associazioni che tramano contro la Chiesa". Fra esse è da anno ver are il
comunis mo ateo, che "amplius machinatu r et Eccl esiae infensior est" (Communica-
tiones, ib idem ), E so no comprese per sé anche le sette masson iche, a term ine di una
rec ente Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede in dat a 26
no vembre 1983:
- Quaesitum es t an mutat a sit Ecc lesiae sententia circa ass ociationes massonicas.
pro pterea quod in novo Codice luris Canonici dc ips is non fit mcntio ex press a sicut in
vetere C odice. Sa cra ha ec Congregatio respondère val et talern circums tanti am
trihuendam esse criterio in redac tione adhibito , quod serva tum est etiam quoad alias
associationes parit e r silentio praetermissas eo quod in ca tegor iis latius patenti bu s
includebantur, Perst at igitur immutata sententia negativa Eccle siae circa associatione s
mas sonic as, qu ia earum principia semper incon ciliabilìa habit a sunt cum Ecclesiae
doctrina ideoque eisdem adscriptio ab Ecclesia prohib ita rè manet. Christifideles qu i
assoc iatio nibus masson icis nomen dant in peccat o gravi versa ntur et ad Sacram
Co mmunionem acced ere non possunt » (Communicationes, a. 1983, p. 160)l.
Una tale Dichiaraz ione ha carattere generale. Vale quindi la conside razion e fatta dal
Gruppo di Studi o De sanct ionib us iII Ecclesia, che " masso neria non èadem est in
omnibus nationibu s" iCommunicationes, a. 1984 , p. 49, can . 1326. n. 2).
L'attuale ca none stabilisce una dupli ce distinta pena: 4994
IO Pena preceUiva indeterminata per chi s'iscrive "scienter et volens" a una delle
associazioni che tram ino co ntro la Chi esa: " Iusta poen a punia tur" . Se qualcun o si fosse
iscri tto in buona fede, ha l' obbligo di ritirare la pro pria iscrizio ne, non appena viene a
con oscenza della vera natura della società. tranne che sia costretto a riman ervi tempo-
ran eam ente, per evit are possib ili gra vi da nni.
2 0 Pena precettiva determinata per chi svolge nella società un ruolo att ivo o una
funzione direttiva: "Interdicto puniatur".
Si noti per altro che il canone parla di associazioni "quae contra Ecclesiam machinantur" , Non
basta pertanto che esse siano condannate dalla Santa Sede o da altra autorità ecclesias tica. È
necessario che COSpili no realmente contro la Chiesa, sia perché questo rientri nei loro fini, sia
perché sia stato così deciso dagli organi direttivi, sia infine perché avvenga semplicement e di fatto.
La condanna può avvenire anche per altri motivi. Trattando si di associazioni a carattere eretico.
scismatico o apostatico, si ha un effetti vo concorso di reati. in quanto si viola non solo il can. 1374,
ma anche il can. 1364.

, La prima condanna formale delle sette massoniche risale alla Lettera Apostolica "In emi-
nenti" di Cle mente Xli del 28 aprile t784.
668 LIBRO VI - Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1375· Qui impediunt libero Coloro che impediscono la libertà del
tatem ministerii vel electionis vel ministero o di una elezione o della potestà
potestatis ecclesiasticae aut legiti- ecclesiastica, oppure l'uso legittimo dei
mum bonorum sacrorum aliorum- beni sacri o di altri beni ecclesiastici, op-
ve ecclesiasticorum bonorum u- pure ricorrono a gravi intimidazioni con-
sum, aut perterrent electorem vel tro l' elettore o l'eletto o contro chi ha
electum veleum qui potestatem ve! esercitato una potestà o un ministero ec-
ministerium ecclesiasticum exer- clesiastico, possono essere puniti con una
cuit, iusta poena puniri possunt. giusta pena.
CAN. 1376· Qui rem sacram, mo- Chi profana una cosa sacra, mobile o
bilem vel immobilem, profanat, immohilc, sia punito con una giusta pena.
iusta poena puniatur.

4995 6. Violazioni varie delle libertà ecclesiastiche


1375 (2334, 2337, 2345, 2346, 2390* ecc.) S'ipotizzano alcuni casi concreti di
violazione di tali libertà.
- Impedire direttamente o indirettamente il libero esercizio del ministero o
della potestà ecclesiastica: per es., ricorrendo al potere civile contro un provvcdirnen-
to o una disposizione del Vescovo diocesano, oppure facendo uso d'indebite pressio-
ni, di minacce, ecc.
- Impedire il libero svolgimento di una elezione a un ufficio ecclesiastico
- Ostacolare l'uso legittimo dei beni sacri (can. 1171) o di altri beni ecclesiastici
(can. 1257, § I)
- Ricorrere a gravi intimidazioni contro gli elettori o l'eletto, o contro chi ha
esercitato (o esercita) un ministero ecclesiastico o una potestà sia di foro esterno che
interno
La pena è facoltativa indeterminata: "lusta poena puniri possunt".

4996 7. La profanazione di una cosa sacra


1376 (2329*) Le cose sacre sono le cose destinate al culto divino mediante la
dedicazione o la benedizione costitutiva (can. 1171). Per il loro carattere e la loro
finalità, esse vanno trattate con religiosa riverenza, né possono essere adoperate per usi
profani o non propri, anche se appartengano a privati (ibid.)
La profanazione di una cosa sacra - mobile, per es. un calice o una pisside, o
immobile, per es. una chiesa, un cimitero benedetto - è delitto, punito per diritto
comune con una pena precetti va indeterminata, proporzionata alla gravità della profana-
zione: "Iusta poena punìatur'",
Per gli effetti di una grave violazione di un luogo sacro, v. il can. 1211.

.1 Il vilipendio di una chiesa ridotta a uso profano dal Vescovo diocesano, a termine del can.

1222, non costituisce delitto ai sensi del can. 1376, perché, nella fattispecie, la chiesa ha perduto
il suo carattere sacro, pur conservando una certa impronta che ne impedisce, giuridicamente, ogni
uso non decoroso.
Delitti relativi ai ministeri ecclesiastici 669

CAN. 1377 - Qui sine praescripta Chi aliena dei beni ecclesiastici senza
licentia bona ecclesiastica alienat, l'autorizzazione prescritta, sia punito con
iusta poena puniatur. una giusta pena.

8. L'alienazione di beni ecclesiastici senza la debita autorizzazione 4997


1377 (2347*) Giuridicamente, i beni ecclesiastici sono i beni appartenenti alla
Chiesa universale, alla Sede Apostolica e alle altre persone giuridiche pubbliche
esistenti nella Chiesa (can. 1257, § l). L'alienazione dei detti beni ha nella legisla-
zione canonica un senso molto ampio: essa comprende non solo l'alienazione pro-
priamente detta, ossia la cessione della proprietà di una cosa o di un diritto, median-
te vendita o donazione, ma anche qualsiasi atto, operazione o negozio che possa
modificare la situazione patrimoniale della persona giuridica (can. 1295; n. 4721).
L'alienazione dei beni ecclesiastici è soggetta, nei casi previsti, alla licenza della
competente autorità (can. 1291 ss.). L'omissione dolosa o colpevole (cfr. anche can.
1389, § 2) della detta licenza (non di altre formalità prescritte) costituisce un delitto
giuridico, sanzionato con una pena precetti va indeterminata: "Iusta poena puniatur". Nel
concetto di "licenza" è anche da comprendere il "consenso" di cui al can. 638, § 4.
Nel nuovo ordinamento, la pena colpisce per sé solo chi aliena (qui alienati e, di conseguenza,
in una compravendita soltanto chi vende a nome dell'ente ecclesiastico. Ma se, in un caso concreto,
il compratore risultasse colpevole quanto e forse più del venditore, o comunque fosse consapevole
della illiceità dell'alienazione, nulla impedisce che anch'egli sia punito "iusta poena" dalla com-
petente autorità a termini del can. 1329.
La sanzione penale disposta nell'attuale canone non esclude le possibili azioni
previste nel can. 1296, per la rivendicazione dei diritti della Chiesa.

DELl1TI RELATIVI Al MINISTERI ECCLESIASTICI 4998


(cann. 1378-1389)
Schema
l. L'assoluzione del complice nel peccato con- 7, L'ordinazione diaconale o presbiterale sen-
tro il sesto comandamento za le legittime lettere dimissorie
2, L'attentato di celebrazione eucaristica o di 8, L'esercizio illegittimo di un ufficio sacer-
assoluzione sacramentale dotale o di un altro ministero sacro
3. La simulazione di altri sacramenti 9, Il mercimonio nelle offerte delle Messe
4. Il conferimento o la recezione sirnoniaca di IO, La subornazione attiva e passiva
un sacramento Il, Il delitto di sollecitazione
5. L'usurpazione o la illegittima ritenzione di 12, La violazione del sigillo sacramentale
un ufficio ecclesiastico 13. L'abuso di potere e la negligenza colpe-
6. La consacrazione episcopale senza il manda- vole
to pontificio

II titolo III comprende numerose figure di delitti, distinti in due classi:


Usurpazioni di ministeri ecclesiastici
- Delitti nel loro esercizio

1. L'assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento 4999


1378, §1 (2367*) La fonte dell'attuale canone, come del successivo 1387, è la nota
Costituzione Apostolica Sacramentum poenitentiae di Benedetto XTV del 18 giugno
1741, riportata in appendice nel Codice pio-benedettino del 1917. La severità di quelle
670 LIDRO VI - Le sanzion i nella C hiesa

Titolo III
Usurpazioni di ministeri ecclesiastici
e delitti nel loro esercizio

CAN. I3n - § 1. Sacerdos qui § l. Il sacerdote che agisce contro il


contra pra escriptumcan. 977agit, disposto del can. 977, incorre nella sco-
in excommunicationem lata e sen- muni ca lata e senten tiae riservata alla
tentiae Sedi Apostolicae reserva- Sede Apostolica.
tam incurrit.
§ 2. In poenam latae sententiae § 2. Incorre nella pena latae sentent iae
interdi cti vel, si sit c1ericus, su- dell' interdetto o, se chierico, della sospen-
spensionis incurrit: sione:
I"qui ad ordinem sacerdotalem l " chi attenta l'azione liturgica del Sa-
non promotus Iiturgicam euchari- crificio eucaristico, senza essere insignito
stici Sacrificii actionem attentat; dell' ordine sacerdotale;
20 qui, praeter casum de quo in 20 chi, a parte il caso di cui al § l , pur
§ 1,cum sacra mentalem absolutio- non potendo dare validamente l'assoluzio-
nem dare valide nequeat, eam im- ne sacramentale, attenta di darla, oppure
pertire attenta t, vel sacramenta- ascolta una confessione sacramentale.
lem confessionem audit.
§ 3. In casibus de quibus in § 2, § 3. Nei casi di cui al § 2, secondo la
pro delicti grav itate, aliae poenae, gravità del delitto , posso no essere aggiun-
non exclusa excommunicatione, te altre pene, non esclusa la scomunica.
addi possunt.

no rme, dirette a tutelar e la santità del sacramento de lla penitenza ed anche il bene
superiore delle anime, è stata molto atten uata, ma la sostanza è rimasta intatta. Nel can.
977 (v. il relativ o commento), si vieta "sub poena invaliditatis" l'assoluzione del com-
plice nei peccati contro il sesto precetto del Decalogo, ecce tto che nel pericolo di morte.
AI di fuori di questo pericolo (non è necessario Yarti cul us mortisi, l' assol uzione del
complice non solo è invalida. ma costituisce anche un grave delitto punito con una delle
sanzioni più seve re della legislazione canonica: la sco munica "latae sententiae", riser-
vata alla Sede Apostolica. nella quale incorre "ipso facto" il sace rdote (non il penitente),
che attenta sse l' assoluzione sacrame ntale '.

I Ritengono alcuni che dalla scomunica del cnn. 1378. ~ I, co me da quella comminata nel

can. 1387, siano esenti i Vescovi, poiché nei detti canoni si parla soltanto di "sacerdoti", e le norme
penali. ai sensi dci can. 18, sono da interpretarsi "strettamente". Su una tale opinione possono
avanzarsi dei dubbi:
l ? Perché se il canone avesse voluto escl udere i Vescovi. avrebbe dovuto adoperare il termine
più proprio di "presbiteri " (cfr. cann. 861, ~ l ; 910. ~ I; I009. ~ I. ecc.); nella voce "sacerdote"
si può comprendere anche il Vescovo.
2 0 Perché nella Costituzione benedettina si parla di sacerdoti "c uiuscumque dignitat is et
praecmincnriae" ( ~§ I e 4).
I delitti considera ti nei suddetti canoni sono così gravi (la Costituzione benedettina definisce
un tale delitto "e norme", c parla di "exec rabilis scelestorurn quorumdam sacerdotu m improbitas" ),
che nessuno può rimanere esente dalla relativa pena. anche se insignito della dignità episcopale .
Dcliui relativi ai ministeri ecclesiastici 671

La complicità riguarda solo i peccati contro il sesto comandamento comm essi in


qu alsiasi modo: co n atti, gesti, segn i, colloqui, parole , ccc. Ovviamente, deve trattarsi
di peccati gravi, esterni "ex utràque parte" : tali elementi sono essenzial i al concetto di
delitt o giuridico (cfr. can. 1321, § I). Non fa differenza se i peccati siano stati co mmessi
prima dell' ordinazione sace rdotal e (S. Penitenzie ria, 22 gennai o 1879 ). 11 complice può
essere chiunque: uomo o donna, adulto o minore , purché sia consenziente. Se il consen-
so manca - perché ad esempio l'altra persona non si presta o non è in grado di farlo
perché ebete, ubriaco, drogato, privo dell'uso di ragione, ecc . - la co mplicità non
esis te' , Similm ente, «complicitas stricto scnsu non habctur, si persona qua cum sacerdos
pecc at ipsa leviter tantum vel nullo modo peccaverit , quia credidit compli ci assere nti
turpia inter se patranda non esse peccatum, saltem grave » (A. Vermeersch).
La non na stabilita nel rispondente canone del Codice anteriore, è stata notevolmente modi- SOOO
ficata. In esso, fra l' altro, la scomunica "latae sententiae" era comminala non solo contro il
sacerdote che assolveva, ma anche contro colui che fingeva di assolvere (absolvens vel fingens
*
absolvere). La seco nda ipotesi è stata soppressa (è però compresa nel can. 1378, 2. n. 2, con una
pena minore), per cui incorre nella scomunica solo il sacerdote che effettivamente assolve (allenta
di assolvere. pronunziando la relativa formula) al di fuori del pericolo di morte, deliberat e (can,
*
1321, 2)\.
Non incorre pertanto nella scomunica prevista nel canone:
- Il sacerdote ehe ascolta, sia pure illecitamente, la confessione del complice, ma di fatto
non lo assolve
- Il sacerdote che assolve il complice per inavvertenza
- Il sacerdote che non riconosce il penitente o dubita se sia stato suo complice
Si discute se possa essere assolto validamente e Iccitamente il complice che abbia già accusato
il peccato di complicità in altra confessione , ricevendone la debita assoluzione . La maggior parte
degli autori, seguendo S. Alfonso (VII. n. 555), danno una risposta affermati va, poiché l' assolu-
zione, nel caso, non è contro lo spirito e la finalità della legge.

2. L'attentato di celebrazione eucaristica e di assoluzione sacramentale SOOI


1378, §§ 2·3 (2322 ; 2366*) Attenta la celebrazio ne eucaristica chi non è insignito
dell 'ordine sace rdotale: laico o semplice diacono. Attent a l' assoluzione sacramentale dei
peccati chi non ne ha la potest à: laico o diacon o o anche il sacerdote pr ivo dell a
nece ssaria facoltà (ca n. 966 , § l ). Il loro atto è solo una simulazione del sac ramento".
Il delitto contro la confessione si commette col solo ascolto dell' accusa sacramentale.
Le pene sta bilite sono "latae sente ntiae" :
- L'interdetto , se il colpe vole è un laico
- La sospensione generale, con tutti gli effetti previsti nel can, J 333, § l , se è un
chierico
Il § 3 prevede l'aggiun ta facoltativ a di altre pene "ferendae sente ntiae" , non esclusa
la scomun ica, "pro delicti gravitate" ,
Relativam ente alla confessione (§ 2, n. I), trattandosi di sacerdote privo di facolt à,
egli incorre nella sospensione solo se lo faccia scienter, con piena imput abilit à: «si
praesumpserit sacramentaIes confessiones audire» (can . 2366, Codice 1917). Qu anto al
sacerdote che assolve nell'errore comune di fatto o di diritto oppure nel dubbio positivo

, Ma in questa ipotesi, mancando la complicità, resta esclusa la stessa possibilità del caso
*
considerato nel can. 1378. l.
*
\ È stato anche soppresso il 2 del medesimo canone 2367 del Codice 1917.
4 È attentato di assoluzione sacramentale e quindi simulazione di sacramento, anche l'asso-
luzione del complice, ma tale delitto è considerato a parte nel can. 1378.
672 LIBR O V I - Le sanzioni nella Ch iesa

CAN. 1379 · Qui, praeter casus de Chi, a parte i casi di c ui al can . 1378,
quibus in can, 1378, sacramentum sim ula l' amm inistrazione di un sacramen-
se administrare simulat, iusta to, sia pun ito co n una giusta pena.
poena puniatur.
CAN. 1380· Qui per simoniam sa- Chi cele bra o riceve un sacramento per
cramentum celebrat vel recipit , in- simonia, sia punito con l'i nterdetto o la
terdicto vel suspensione puniatur. sospensione.

e probabile, sia di diritto che di fatto , è chiaro che si tratta di un caso particolare, chc
resta escluso dal can. 1378, § 2, n. 2. In questa ipo tesi, infatti , non si ha nessu n attentato
di asso luzione sacra menta le, poic hé, a termine de l ca n. 144 , "supplet Ecc lesia", co nce-
dendo "ex lege" al sacerdote la faco ltà necessaria, di cui per sé sarebbe privo.
E si noti: secondo l' opinione prevalente dei moralisti e de i canonisti, è lecito al
sace rdo te provocare deliberatamente l'errore com une qualo ra ci sia una causa grave e
proporzion ata (n. 102 1). Ma anche mancando tale causa, secondo la sentenza più fon-
data egli non incorre nella sospe nsione previs ta, poiché, pur age ndo illeci tamente, di
fatto eg li assolve validamente in forza del can . 144.

5002 3. La simulazione di altri sacramenti


1379 La simulazione della SS. Eucaristia e del sacramento della penitenza sono
consi derati a parte nel can . 1378. Il canone attuale riguarda l'eventuale simulazio ne di
altri sacra menti, fatta da chi, chierico o laico , sa con piena avvertenza e imputabilità di
non pote rli ce lebrare validame nte'.
La pen a pre vista è precettiva indeter minata: "Iusta poena puniatur" ,
Relativamente al sacramento del matrimonio. è sentenza comune che ministri del mede-
simo sian o gli stessi sposi. Se pertanto uno di essi o ambed ue simulano il conse nso (can. 1101.
§ 2), si avrebbe la simulazione del sacramento, attesa la insep arabilità fra contratto e sacramen-
to, afferma ta nel ca n. 1055, § 2 fra persone battezza te (n n. 3735-3736) . Co nsiderato, tuttav ia,
che un tale principio è stato rimesso in discussione da non pochi teologi e ca nonisti, co nside -
rato anc he il fatto che , nella dottrina, non tutt i ritengono che ministri della celeb razione del
matrimoni o siano gli sposi, si può affermare che il can. 1379 non è da applicarsi agli sposi che
simul ano il consenso.
Né può applicarsi per analogia al sace rdote o diacono ass istente (tes ti qualificati. ma non
altro che testi) , i qua li, a parte il caso di "s upplenza" da parte de lla Chiesa (ean. 144), sia no
coscienti di non avere la facoltà di prestare la loro assistenza canonica al matri monio, e vi
assis tano ugualmente.

5003 4. Il conferimento o la recezione simoniaca di un sacramento


1380 (237/ *) La simo nia - per il suo co ncetto v. i cann. 727-730 del Codice 1917
- può essere tanto dalla parte di chi amministra il sacra mento (sogg etto attivo ), quanto
dalla parte di chi lo ricev e (soggetto passivo). Essa supp one la volontà delibe rata (stu-
diosa voluntas) di vend ere o comprare il sacramento per un prezzo temporale (pro pretio
tempo rali), qualunque sia la sua espressione concreta: il danaro, un benc patrirnoniale,
la conc essione di un favore, ecc .

, È compreso in questo canone anche una particolare simulazione eucaristica: la distribuzione,


da parte del ministro, di ostie non consacrale.
Dcliu i relativi ai mi nisteri ecclesiastici 67 3

CAN. 1381 - § l. Quicumque orti- § 1. Ch iunque usurpa un uffic io eccle-


cium eeclesiasticum usurpat, iusta sias tico , sia pun ito con una giusta pen a.
poena punìatur.
§ 2. Usurpationi aequiparatur § 2. È equipa rata all a us urp azi one la
iIIegitima, post privationem vel ill e gittim a riten zi on e di un uffici o ,
eessationem a munere, eiusdem dopo la priv az ione o la cessazione del-
retentio. l'incarico.
CAN. 1382 - Episcopus qui sinc Il Vescovo che co nferisce la co nsac ra-
pontificio mandato aliquem cense- zione episcopale senza il mandato ponti fi-
erat in Episcopum, itemque qui ab cio, c, parimen ti, chi riceve la co nsac ra-
eo consecrationem recipit, in ex- zione dall e sue man i, incorron o nell a sco-
eommunicationem latae sentcntiae munic a lata e sententiae riservat a a lla
Sedi Apostolicae reservatam incur- Sede Apos tolica .
runt.

Si può celebrare per simonia anche un matrimonio e per simonia possono prestare la loro
assistenza canonica il sacerdote o il diacono , muniti di valida facoltà. Nella fattispecie, secondo
l'in terpretazio ne più fondata può ammertersi il dubbio circa l' applicabilità del can. 1380 al sacer-
dote o al diacono assistente, ma non agli sposi. 1\ canone parla infatti di sacramento amministrato
o ricevuto , e gli sposi ricevono indubbiamente il sacra mento del matrimonio. anche nella suppo-
sizione che essi non ne siano i ministri.
La pena prevista è pre cettiva: " lnterdicto vel sus pe nsio ne puniatur" ,
L ' interd etto può colpire chierici e laici ; la sospensione so ltanto i chierici (can .
1333 , § I )
Circa la simo nia nella provvista di un ufficio ecc lesiastico , v. can. 149, § 3.

5. L'usurpazione O la illegittima ritcnzione di un ufficio ecclesiastico 5004


1381 (23 94 e 2401 *) Ai se nsi de l ca n. 145, § I (v. il relat ivo co mmento ), l' ufficio
ecclesiastico è qu alsiasi incarico, cos tituito sta bilmente pe r ordi na mento divi no o eccl e-
siastico, da ese rcitars i per un fine spiritual e.
L' usurpazion e è l'occupazione indebita di un ufficio a cui non si ha diritto (manca
la tito la rit à) o di cui non si può prend ere possesso, poiché non sono state ade mpite tutte
le for malità precritte da lla legge (v. in part icolare i ca nn. 146, 147, 149 . 150, 153, ecc.).
All a usurp azione è equ iparata la illegittima ritenzione, dop o essere stati privati de ll' uf-
ficio o do po ess erne stati rimossi (cann. 192-196); in genere do po ave r cessato dal
medesimo (can. 184 , § I).
La pena prevista per l' uno e pe r l' altro de litto è precet tiva ind etermi nata: "lusta
poena puniatur".

6. La consacrazione episcopale senza il mandato pontificio 5005


1382 (2370*) A ter mine de l ca n. 10 13, a nessun Vescovo è leci to co nsacrare aleun
Vescovo, se prima non consti del manda to pont ifici o. Contro la viol azion e di una tale
norma, è co mm inata la scomunica " latae sententiae" , riservata alla Sede Ap osto lica. La
sco munica colpisce sia il Vesc ovo co nsacrante sia il presb itero che viene con sacrato".

(. Cfr. a tal riguardo la Notificazione della Congregazione per la dottrina della Fede. 12 marzo
1983: Enchir. vu ., voI. 9, pp. 114-119.
674 LIBRO VI· Le sanzioni ncilu Chiesa

CAN. 1383•Episcopus qui, contra Il Vescovo che, contro il disposto del


praescriptum can, 1015, alienum can. 1015, ha ordinato chi non è suo sud-
subditum sine legitimis Iitteris di- dito senza le legittime lettere dimis sorie ,
missoriis ordinavit, prohibetur per incorre nel divieto di conferire gli ordini
annum ordinem conferre. Qui ve- per un anno. La persona ordinata è sospe-
ro ordinationem recepì t, est ipso sa ipso facto dall'ordine ricevuto.
facto a recepto ordine suspensus.
CAN. 1384 - Qui, praeter casus, A parte i casi di cui ai cann. 1378-1383,
de quibus in cann, 1378·1383, sa- chi esercita illegittimamente una funzione
cerdotale munus vel aliud sacrum sacerdotale o un altro ministero sacro, può
ministerium illegitime exsequitur, essere punito con una giusta pena .
iusta poena puniri potest.

Secondo alcuni, sono esclusi dalla pena i Vescovi conconsacranti secondo altri, invece, vi
sono compresi. Forse è da distinguere : i due Vescovi conconsacranti necessari per l' ordinazione
episcopale a termine dcI can. 1014 probabilm ente incorrono nella censura - supposto che siano a
conoscenza della mancanza del mandato pontificio - poiché senza di ess i la consacrazione epi-
scopalc non sa rebbe avvenut a (can. 1329, § 2). Gli altri Vescovi, che prendono parte alla
consacrazione ai sensi del citato can. IO14, probabilmente ne sono esenti, ma possono essere puniti
come complici non necessari, a norma del can. 1329, § 2.
A termine dci corrispondente can, 2370 del Codice del 1917, erano puniti con sospensione
"latae sentcntiae" riservata alla Santa Sede i Vescovi consacranti, i presbiteri assistenti "loco
Episcoporum" e il consacrato.

5006 7. L'ordinazione diaconale o presbiterale senza le legittime lettere di-


missorie
1383 (2373, Il. I; 2374*) 11 can. 1015. § l , dispone espress amente che ogni can-
didato al sacerdozio o al diaconato sia ordinato o dal propri o Vesco vo o co n le sue
legittime lettere dimissorie.
Contro la trasgressione del iberata di una tale norm a, è prevista una duplice
sanzione :
- 11 divieto "latae sententiae" di conferire gli ordini sacri per un anno , per il
Vescovo ordinante (un provvedimento che è piuttosto di car attere ammini str ativo: v.
n. 4899 ).
- La sospensione "ipso facto" dall'ordine ricevuto , per il diacono o il presbitero
così ordinati.

5007 8. L 'esercizio illegittimo di un ufficio sacerdotale o di un altro ministero


sacro
1384 Nei canoni precedenti sono stati considerati e puniti con adegu ate sanzioni i
delitti co ncerne nti i sacramenti (ca nn. 1378-1380), l'usurpazione o l'illegittima
ritenzione di un ufficio ecclesiastico (can. 1381), l'illecita ord inazione episc opale, pre-
sbiterale e diaconale (cann. 1382-1383). Il canone attuale integra i detti canoni, e con-
sidera qualsiasi altro delitto che possa derivare dall'esercizio illegittimo di un ufficio
sacerdotale o di un altro ministero sacro . La formula è quanto mai ampia e comprende
casi molteplici di vario genere. Per esemp io:
- L'assistenza canonica a un matrimonio senza le dovute indagini (cann. 1066-1067 ).
- L' assoluzione collettiva dei fedeli al di fuori delle condizioni prescritte (cann, 96 1-962).
Delitti relat ivi a i min isteri ecclesiastici 675

CAN. 1385 - Qui quaestum ìllegì- Chi trae illeciti pro fitti da elemo sine di
time facit ex Missae stipe, censura Mes se, sia punito con una cen sura o altra
vel alia iusta poena puniatur. giusta pena .
CAN. 1386 - Qui quidvis donat vel Chi dona o promette qualcosa, di qual-
pollicetur ut quis, munus in Ec- siasi genere, per ottenere da parte di chi
elesia cxcrccns, illegitime quid esercita un ufficio nella Chiesa, che faccia
agat vel omittat, iusta poena pu- o ometta qualcosa illegittimamente, sia
niatur; item qui ca dona vel pol- punito con una giusta pen a; parimenti chi
Iicitationes acceptat. accetta i doni o le prome sse.

- La co ncess ione arbitraria delle esequie ecclesiastiche a persone escl use dal diritto (ca n.
1184) .
- La celebrazione abu siva di funzioni parro cchiali da parte del rettore di una chiesa, contro
il prescritto del can. 558, ecc .

È co mpreso sim ilmente nel can one l'eserci zio di un uffi cio sacerd otale o di altro
mini stero sacro , qualora fosse vietato da una pen a: nel caso , tutta via, si avrebbe concor-
so co l delitto prev isto nel can. 1393.
Atte sa la variet à delle situazioni, la pena previ sta è indeterminata: "fusta poen a
pun iri potest" .

9. Il mercimonio nelle offerte delle Messe 5008


1385 (2324*) La Chiesa , pur perm ettendo l'accettazione di un'offerta per l' appli-
cazione delle Me sse, ha sempre vietato e punit o severamente quals iasi mercim onio o
traffi co sulle dette elemosine. Il can . 947 dell' attuale Codice riport a lette ralm ente il
divieto del can . 827 del Codice del 1917: «A stipe Missarum quaelibet etiam species
negotationis ve! mercaturae omnino arceatur», per cui non solo sono proib iti gl'i lleciti
profi tti , ma è anche prescritto di evitare accuratamente la stessa apparenza di lucro o di
comme rcio .
La violazio ne dell a nonna can onica può avvenire in più modi. Per esempio:
- Chied end o un 'offerta maggiore di quell a dovuta a termin e del can. 952
- Percependo più di un' offe rta al giorno. contro il prescritt o del can. 95 1
- Cumulando le inte nzioni di più Messe, la cui applicazi one deve corris pondere invece al
num ero delle offerte ricevute : can . 948
- Accettando un numero eccessi vo di Messe. a cui non si possa soddisfare entro lo spazio
di un ann o: can. 953
- Tratten e ndo parte dell ' offerta , nell a trasmissione di Messe ad altri sacerdo ti: can. 955
- Trascurando i registri , di c ui al can . 958 , ecc.

La pena per tali violazioni , quando raggiungono una cert a gravi tà è precettiva,
anche se indet erm inata: "Ce nsura vel alia iusta poena puni atur",

lO. La subornazione attiva c passiva 5009


1386 (2407*) La subornazi one, con siderat a nel canone, è la corruzione di una
persona che riveste un ufficio o un qualsiasi incaric o (munus) nella Chiesa, perché
ometta o faccia qualcosa illegittimamente nell'esercizi o delle sue facoltà cd attribuzioni.
Tale sub ornazione è attiv a e passiva;
- Attil'a , da parte di colui che offre o prom ette danaro o altri compensi di qualsiasi
ge nere , allo sco po di corro mpere
676 LIBRO VI U: sa nzioni nella Chiesa
&

CAN. 1387· Sacerdos, qui in actu Il sacerdote che, nell'atto della confes-
vel occasione vel praetextu con- sione, o in occasione o col pretesto della
fessionis paenitentem ad pecca- medesima, sollecita il penitente a un pec-
tum contrasextum Decalogi prae- cato contro il sesto comandamento del
ceptum sollicitat, pro delicti gra- Decalogo, sia punito, secondo la gravità
vitate, suspensione, prohibitioni- del delitto, con la sospensione, con divie -
bus, privationibus puniatur, et in ti, con privazioni , e, nei casi più gravi , sia
casibus gravioribus dimittatur e dimesso dallo stato clericale.
statu clericali.

- Passiva , da parte di colui che si lascia corrompere, accettando i doni o le


promesse (anche se poi le promesse non siano mantenute)
Il delitto di subornazione att iva si ha anche nel caso che il tentat ivo rimanga inefficace:
è uno dei casi tipici in cui la legge pun isce sia il tentativo di delitto che la sua con sumazione
(ca n. 132 8. § l)

Elemento essenziale della subornazione è l'intenzione dolo sa di corrompere. Se


tale intenzione manca, e il dono viene offerto posteriormente per un sentimento di
riconoscenza o di riguardo, per quanto la persona "munus in Ecclesi a exercens" ha
fatto legittimamente o illegittimamente, il delitto di subornazione non sussiste. È
tuttavia da tener presente il can. 1455, che vieta formalmente al giudice e a tutti i
ministri del tribunale di accettare doni di qualsiasi genere in occ asione dello svolgi-
mento del giudizio.
La pena per il delitto di subornazione sia attiva che passiva è precetti va indctcrmi-
nata: "Iusta poena puniatur".
Circa la particolare subornazione di avvocati e di procuratori . cfr. il can. t48 9.

5010 Il. Il delitto di sollecitazione


1387 (2368*) n delitto di sollecitazione - compiuto nell'atto della confessione o
in occasione o col pretesto della medesima - a un peccato contro il sesto comandamen-
to del Decalogo, è uno dei più gravi e criminosi che un sacerdote possa commettere.
Contro di esso sono stabilite pene severissime, secondo la Costituzione Sacramentum
paenitentiae di Benedetto XIV, richiamata nell'esposizione del can. 1378. § l , e alla
quale è necessario ricorrere per l'interpretazione esatta del presente canone .
l" L' autore del delitto è qualsiasi sacerdote , secolare o religioso, qualunque sia la
sua dignità o il suo ufficio (v. n. 4999 , nota I).
20 Il fatto delittuoso consiste nell'istigare il penitente a peccare contro il sesto
comandamento del Decalogo , sia con lo stesso sacerdote sia con altri'.

7 La sollecitazione può partire anche dal penitente. In questa ipotesi, se il sacerdote non
acconsente, il colpevole resta solo il penitente ; ma se egli acconsente e il consenso è grave ed
esterno , la sollecitazione diventa reciproca, per cui il sacerdote è da considerarsi reo del delitto di
sollecitazione, come risulta dalla Istruzione della Sacra Congregazione del S. Ufficio in data 20
febbraio 1867 n. 2. e dalla Risposta del medesimo Dicastero in data 2 settembre 1904. Si discute
fra gli autori come valutare l'eventuale comportamento passivo del sacerdote di fronte alla solle-
citazione del penitente . «Iuxta meliorem sententiam , si passivitas ex circumstantiis appareat ut
assensus, habetur sollicitatio, quatenus confessarius fit complex et complices ad invicem instigantur
et instigant » (P. Palazzini) .
Deli tti relat ivi Ol i ministeri ecc lesiastici 677

CAN. 1388 - § 1. Confessarius, qui § I. Il confessore che viol a direttamen te


sacramentale sigillum directe vio- il sigillo sacramentale, incorre nella sco-
lat, in excommunicationem latae mun ica latae sententiae rise rvata alla
sententiae Sedi Apostolicae resero Sede Apostol ica; chi invece lo vio la solo
vatam incurrit; qui vero indirecte indirettamente, sia pun ito in proporzione
tantum, pro delicti gravitate pu- dell a gravità del delitt o.
niatur,
§ 2. Interpres aliique, de quibus § 2. L'interpre te e le altre perso ne di cui
in can. 983, § 2, qui secretum vio- al ca n. 983, § 2, che violano il segreto,
lant, iusta poena puniantur, non siano puniti con una giusta pena, non esclu-
exclusa excommunicatione. sa la scomunica.

3° L' istigaz ione può essere effettuata in qualsiasi modo : co n parole, segni , ge sti,
scri tti da leggere anche in seguito, ecc. : «sive verbis, sive signis, sivc nutibus, sive tactu ,
sive per scripturam aut tunc aut post legen darr» (Cost., § l ), in modo aperto o anche
velatame nte. Può ave r luogo sia nell' atto de lla Con fessio ne, sia in occasione o co l
pretesto della medesima: «in actu vel occa sione vel praetex tu con fessionis»:
- Nell' alto del/a confessione , ossia durante la celebrazione del sacra mento
- In occasione del/a conf essione, qualo ra, ad esempio, la sollecitazio ne avve nga immcdia-
tamcn te prima de lla confessione () subito dopo di essa. sia pure in un altro luogo ; l' elemento
essenziale è la relazione esistente tra la confessione e la sollecitaz ione
- Col pretesto della confes sione, quando cioè la confessione, che non si ha intenzione di
celebrare, serve solo di scusa per poter compiere la sollecitazione : questa terza ipotesi si verifica ,
ad ese mpio, qual ora l' istigazio ne avvenga nel luogo destinato alle co nfessioni. o anche in altro
luogo , finge ndo di celebrare il sacramento.

4° Non è necessario che il penitente acco nsenta alla sollecita zio ne: può anc he
dissentire in modo reciso. ma il delitto sussiste egualmente per il so lo tentativo fatto dal
sacerdote , ind ipende ntemente dalla reazione del penitente: «sive sollicitationi poenitens
con se nse rit, sive eo nsensu m minime praestiterit» (Cost., § 2).
5° Il de litto tuttavia non è co nsumato, ma è solo tentato, ai sensi del can. 1328, se
iI peni tente non si rend a co nto della sollecitazione pos ta in atto dal co nfessore (cfr. can .
1330; n. 4860).
La pena è precettiva e "fcrendae sententiae", propo rzionata alla gravità del delitto. 5011
Secondo le varie ci rcostanze del caso concre to, il sacerdote può essere punito alterna-
tivam ent e o cum ulativa mente:
Con la sos pens ione totale o parziale
- Con divi eti e privazion i varie
- Nei casi più gravi , con la dimiss ione dallo stato cler icale
L' organo dell a Curia Romana competente circa questo delitto è la Co ngregazione
per la Dottrina della Fede.
Da notare. Il can. 904 del Codice 1917 faceva obbligo al penitente di denunziare "intra 5012
mensem" all'Ordinario del luogo o alla Congregazione del S. Ufficio il sace rdote reo di sollecita-
zione. L ' obbligo. a te rmine dell' ulterio re can. 2366, § 2, comportava la pena della scomunica " latae
se ntc ntiae" non riservata (nemini reservata), qualora il penitente si fosse sottratto "scienter" al suo
dove re. e nel caso che si fosse accostato al sacramento della confessione, non poteva essere assolto
se non dopo che avesse soddisfatto al suo obbligo o avesse promesso seriamente di farlo .
Queste prescrizioni, non riportate nel nuovo Codice, sono state soppresse (Communica tiones.
a. 1978. p. 65, can . 904) .
678 LIBRO VI. Le sa nzioni nella Chiesa

Relativamente al delitto di solleci tazione . sono anche da tene r present i:


- Il Cf /ll . 1390, circa la falsa denun zia di un co nfess ore innocente al superiore ecclesiastico :
il ca lunniatore incorre nell'interdett o " latae sententiae" e, se ch ierico . anch e nella sos pensione
- Il Cl/n . 982. col quale si dispone che il calunni atore non può essere ass olto se non abbia
prima ritrattato formalmente la falsa denun zia e non si mostri dispo sto a ripar are i dann i che ne
siano derivati.

5013 12. La violazione del sigillo c del segreto sacramentale


1388 (2369*) Il canone distingue tra sigillo c segreto sacrame ntale. Il sigillo ri-
guarda il sacerdote confe ssore; il segreto. l' interprete (can. 990) e tutte le altre persone
che. in qua lsiasi modo , siano venuti a co nosce nza dei peccati accusati in co nfess ione
(can. 983 , § 2).
Il sigillo sacramentale è inviolabile: è asso lulamente illecito al confesso re (nefas
est) svelare nulla sia pure parzialmente - con parole o in qualsiasi altro modo, diret-
tamente o indirett amente, per qualunque motivo - di quanto il penitente gli ha mani-
festato in ordine all'assoluzione, anche se questa sia man cata (can. 983 , § l ). Gli è
perfino vietato di far uso delle conoscenze acquisite attraverso la con fessione, con pre-
giudizio del penitente. anche se resti escluso qualsiasi pericolo di rivelazione (can. 984,
§ 1). Chi è costituito in autorità non può avvalersi in nessun modo. per il governo
esterno, di notizie di peccati che in quals iasi tempo abbia avute in confe ssione (can . 984,
§ 2). Il confessore è infine considerato "teste incapace" nei giudizi , anche nel caso che
il penitente permetta o chieda la sua deposizione (can. 1550, § 2). V. nn. 3574-3576.
Anche le altre persone. di cui al citato can. 983, sono vincol ate al segreto sacra-
mentale , che. tuttavia. non è della stessa natura del "sigillo".
l ? La violazione diretta del sigillo sacramentale, fatta "scic nter", os sia
deliberatamente, dal sacerdote confessore tCommunicationes, a. 1984, ca n. 1340), è
punita co n la scomunica " latae sententiae" riservata alla Santa Sede. Cont ro la violazio-
ne indiretta è stabilita una pena precettiva indeterminata " ferendae se ntentiae" , propor-
ziona ta alla g ravità del delitt o: " Pro delicti gravitate puniatur".
La violazione diretta si ha co n la manifestazione formal e del peccato accu sato in co nfess ione
e del penitente che l'h a co mmesso , o anc he con la manife stazione impli cita, nel senso che il
pecca to o il peccatore possano essere indi viduati co n certezza dalle parole del confessore . La
violazione indiretta si ha invece quand o da ciò che il confess ore dice. fa o omette, e dalle circo-
stanze che egli palesa. gli altri possono ded urre o sos petta re in qu alunq ue modo l' identit à del
peniten te e il peccato da lui co mmesso .

5014 2 0 La violazione del segreto sacramentale, da parte dell'interprete e de lle altre


persone di cui al can . 983, è sanzionata co n pena precetti va " fcrendae sententiae" pro-
porzion ata anc h' essa alla gravità dci delitto: " lusta poen a puni atur, non ex cl usa
exco mmunicatione".
5015 Scomunica "Iatae sententia e" , co mminata dalla Cong regazione per la Dottri na della Fede,
decre to del 23 settem bre 1969.
- «La Congregazione per la Dottrin a della Fede . allo scopo di tutelare la sant ità de l sacra-
men to della penitenza e per difendere i dir itti dei ministri e dei fedeli crist iani allo stesso
sacramento che riguardano il sigill o sacra mentale e gli altri segreti connessi co n la co nfessione. in
virtù dell a speciale facoltà conferita dall a Suprema Autorità della Chiesa (can. 30), ha stabilito:
Fe rma restando la prescrizione del can . 1388. che chiunque registra con qual siasi strumento tecnico
ciò che nella confessione sacramentale, vera o simulata. fatta da sé o da un altro. viene detto dal
co nfessore o dal penitente, oppure lo divul ga con strumenti della comunicazi one soc iale. incorre
nell a sco munica "latae sententiae",
Qu esto decreto entra in vig ore dal giorno dell a sua prornulgazione» (Enchir. Va! ., vol . Il ,
p. 845).
Delitti di falso 679

CAN. 1389 - § 1. Ecclesiastica po- § l. Chi abusa di una potestà o di un


testate vel munere abutens pro ac- incarico ecclesiastico, sia punito secondo
tus velomissionis gravitate punia- la gravità dell'atto o dell'omissione, non
tur, non exclusa officii privatione, esclusa la privazione dell'ufficio, tranne
nisi in eum abusum iam poena sit che contro tale abuso esista già una pena
lege vel praecepto constituta. stabilita per legge o per precetto.
§ 2. Qui vero, ex culpabili negle- § 2. Chi, per negligenza colpevole, pone
gentia, ecclesiasticae potestatis vel od omette illegittimamente con danno al-
ministerii, vel muneris actum iIIe- trui un atto di potestà, di ministero o d'in-
gitime cum damno alieno ponit carico ecclesiastico, sia punitocon una giu-
vel omittit, iusta poena puniatur, sta pena.

13. L'abuso di potere e la negligenza colpevole 5016

1389 (2404-2414*) L'abuso di potere o dell'ufficio ecclesiastico è una espressione


molto ampia, che comprende tutti gli atti arbitrari commessi deliberatamente da chiun-
que rivesta una pubblica potestà nella Chiesa o eserciti un ufficio propriamente detto,
un ministero, un incarico. La negligenza si riferisce invece agli atti di trascuratezza
colpevole, per cui si pone o si omette illegittimamente un atto di potestà, di ministero,
di ufficio o d'incarico ecclesiastico, con danno altrui.
L'abuso doloso di potere o dell'ufficio o incarico ecclesiastico è punito con una
pena "ferendae sententiae", proporzionata alla gravità del delitto, tranne che contro
l'abuso esista già una pena stabilita per legge o precetto. Tra le pene imponihili dal
superiore o dal giudice, è prevista anche nei casi più gravi la privazione dello stesso
ufficio.
Contro la negligenza colpevole è stabilita una pena precetti va indeterminata: "lusta
poena puniatur", tranne, similmente, che per legge o precetto sia imposta una pena
determinata (v. per es. can. 1741, n. 4).
Per i danni colpevolmente arrecati con l'uno o l'altro delitto (come per qualsiasi
delitto), si può richiedere il debito risarcimento: cfr. can. 128; cfr. anche cann. 57,
§ 3, e 1729, § l.
Il can. 1389 tratta degli abusi di potere e delle negligenze colpevoli in genere, ma in vari altri
canoni sono considerati particolari casi di abusi e negligenze, come ad esempio nei cann. 436, §
I, n. 2; 1279, § I; 1378, § I; 1382; 1383; 1387; 1388; 1396; 1457; 1741, n. 4, ecc. Tali reati non
rientrano nel can. 1389 e ad essi è da applicarsi la sanzione specifica prevista nel rispettivo canone.

DELITTI DI FALSO (cann. 1390-1391) 5017


Schema
l. Falsa denunzia e grave lesione della buona 2. Falsificazione di documenti ecclesiastici
fama altrui pubblici

Nell'ordinamento civile, i reati di falso sono molteplici e offrono una vasta materia
alla legislazione penale. Cfr. a tal riguardo gli artt. 255, 453-498, 692-694 del Codice
Penale Italiano.
Nella legislazione ecclesiastica, i delitti di falso hanno un campo più limitato.
Riguardano trc tipi di delitti: il falso in particolari denunzie al superiore ecclesiastico,
il falso in accuse lesive della buona fama altrui, il falso in documenti ecclesiastici
pubblici.
680 LIBRO VI - Le sanzioni nct!u Ch iesa

Titolo IV
Il delitto di falso
CAN. 1390 - § 1. Qui confessa- § I. Chi denunzia falsamente al Sup e-
rium de delicto, de quo in can. riore ecclesiastic o un confessore per il
1387, apud ecclesiasticum Supe- delitto di cui al can. 1387, incorre nell'in-
rioremfalso denuntiat, in interdic- terdetto fatae sent entiae, e se chierico,
tum latae sententiae incurrit et, si anche nella sospensione.
sit c1ericus,etiam in suspensionem.
§ 2. Qui aliam ecclesiastico Su- § 2. Chi denunzia calunniosamente a un
periori calumniosam praebet de- Superiore eccles iastico un altro de litto, o
lieti denuntiationem, vel aliter al- lede in altro mod o la buona fama altrui,
terius bonam famam laedit, iusta può essere punito con una giusta pen a, non
poena, non exclusa censura, punì- esclusa una cen sura.
ri potest.
§ 3. Calumniator potest cogi § 3. Il calunniatore può essere anche
etiam ad congruam satisfactionem costretto a dare una congrua riparazione.
praestandam.

SOl8 1. Falsa denunzia al superiore ecclesiastico e grave lesione delIa buona


fama altrui

5019 I ) Denunzia di un confes sore innocente


1390, § l (2363*) Nel primo paragrafo del canone è considerata la falsa accusa di
un confessore innocente del crimine di sollecitazione, di cui al can. 1387. Contro tale
delitto. già previsto nella Costituzione Apostolica Sacramentum paenitentiae di Bene-
detto XIV, ) 0 giugno 174 1. era comminata nel Codi ce anter iore la pena " latae
sentent iae" della scomunic a riservata in modo speciale alla Santa Sede (can. 2363). Il
delitto costituiva inoltre un peccato riservato : l'unico peccato riservato "ratione sui" alla
Santa Sede (ca n. 894). Nel nuovo Codice. la riserva del peccato è scomparsa (cfr. can.
982 e commento relativo), e la scomunica è stata sostituita con una pena minore.
S020 Perché si abbia il delitto considerato nel § l , è necessario il conc orso di vari
elementi. che sono tutti essenziali:
l " Lafalsa denun zia del confessore del crimine specifico della so llecitazione, qual
è determinato nel can. 1387. Non è necessario che il confessore sia indicato espressa-
mente : basta che possa essere individuato dagli elementi forniti.
2° La denunzia calunniosa . fatta cioè "ex dolo" (can. 1321, § 2). allo scopo di
causare la condanna del sacerdote innocente .
3° La denunzia formale , fatta "per se vel per alium", a voce o in iscritto , al
"Superiore ecclesiastico" (non ad altra autorità). Il termine è generico, come nel can.
2363 del Codice precedent e. Alcuni intendon o il superiore competente. il quale abbia il
diritto e il dovere di procedere contro l'accusato: la Congregazione per la Dottrina della
Fede, l'Ordinario proprio del confessore, l'Ordinario del luogo in cui secondo l' accusa-
tore sarebbe avvenuta la sollecit azione, il promotore di giust izia. Altri invece' intendono

I Questa è anche l'autorevole opinione del Prof. Pio Ciprotti , Relatore del Grupp o di St ud io

De iure poenuli durante la re visione del Codice di Diritto Canoni co.


Delitti di talso 681

qualsiasi superiore ecclesiastico, anche se non sia competente ad occuparsi del caso.
Bisogna comunque tener presente il can. 1936 del Codice precedente, che, in ordine alle
denunzie in genere, stabilisce: «Denuntiatio scriptis a denuntiante subsignatis vel
oretenus fieri debet loci Ordinario, vel cancellario Curiae vel vicariis foraneis vel
parochis, a quibus tamen, si viva voce facta fuerit, scriptis est consignanda et statim ad
Ordinarium deferenda».
4° È necessario che la denunzia scritta sia firmata? Alcuni ritengono che sia suf-
ficiente anche la denunzia anonima (denunzia priva di firma o segnata con un falso
nome). La maggior parte degli autori, tuttavia, è di parere contrario. Circa le denunzie
in genere, il Codice precedente stabilisce: «Nihili faciendae sunt denuntiationes...
anonymae iis adiunctis iisque aliis elementis carentes, quae accusationem forte
probabilem reddant». Tuttavia, nel caso di specifico del delitto di sollecitazione, le
denunzie anonime sono escluse da una espressa disposizione ciel S. Ufficio, in data 20
febbraio 1867 (Istr., n. 8), che dovrebbe essere osservata.
5° Non è necessario che la denunzia consegua il suo effetto, provocando contro il
confessore innocente il procedimento penale e la sua condanna. Basta il fatto dell'accusa
calunniosa, indipendentemente dalle sue conseguenze.
La pena comminata nel nuovo Codice contro il falso denunziatore è "latae 5021
sententiae":
- L'interdetto, se si tratta di un laico
- L'interdetto e, insieme, la sospensione generale, se si tratta di un chierico".
Ovviamente è anche da applicarsi il can. 982.

2) Falsa accusa contro una persona o grave lesione della sua buona/ama
1390, § 2 Nel secondo paragrafo è considerata la falsa accusa contro un innocente 5022
per un delitto che egli non ha commesso.
l ° L'accusato può essere chiunque, chierico o laico
2° Il reato denunziato falsamente può essere qualsiasi atto, considerato delittuoso
dalla legge o dal precetto penale
3° Elementi essenziali per questa seconda figura di delitto di falso:
Denunzia calunniosa
Denunzia formale al superiore ecclesiastico (cfr. n. 3 precedente)
Denunzia orale o scritta, "per seipsum vel per alium" (cfr. n. 4 precedente)
Il fatto della denunzia in sé, indipendentemente dal suo risultato (cfr. n. 5
precedente)
Nel medesimo paragrafo, è prevista anche la grave lesione della buona fama altrui, 5023
causata "ex dolo vel ex culpa" in qualsiasi altro modo (aIiter), sia mediante calunnia, sia
mediante la rivelazione illegittima di un delitto occulto di un fatto o di una circostanza
segreta, ecc. Il mezzo è indifferente: parole, gesti, scritti, stampa, ccc. La buona fama
è un diritto fondamentale della persona, che a nessuno è lecito ledere illegittimamente
(cfr. il can. 220 c l'esposizione relativa).
Secondo l'art. 595 del Codice Penale Italiano, il reato di diffamazione si effettua "comunican-
do con più persone". La dottrina intende: "almeno due persone".

, Alcuni Organi di consultazione proposero che la falsa accusa venisse punita con l'interdctto
"ferendae sentcntiac". Ma i Consultori del Gruppo speciale di Studio ritennero unanimementc
«poenam latae sententiae in hoc casu esse magis congruam, quia sccus confcssarius careret neccs-
saria tutela. Ad poenam enim ferendae sententiae applicandam requiritur processus, qui in materia
*
tam delicata difticulter intentaretur» tCommunicationes, a. 1977, p. 313, can. 64, Il.
682 LlBRO Vl - Le sanzion i odi a Chiesa

CAN. 1391 - lusta poena pro de- Può essere pun ito con una giusta pena,
lieti gravitate puniri potest : seco ndo la gravità del delitto:
l ° qui ecclesiasticum documen- l ° chi redi ge un documento pubblico
tum publicum falsum conficit, vel ecclesiastico falso, o ne altera, distrugge,
verum mutat, destruit, occultat, occulta uno vero, oppure fa uso di un do-
vel falso vel mutato utitur; cumento falso o alterato;
2° qui alio falso vel mutato do- 2° chi, in una materia ecclesiastica, fa
cumento utitur in re ecclesiastica; uso di un altro documento falso o alterato;
3° qui in publico ecclesiastico 3° chi asseri sce il falso in un documen-
documento falsum asserit. to pubblico ecclesiastico.

La pena stabilita sia per il delitto di falsa denun zia che per il de litto di lesione
illegittima della buona fama, è "ferendae sententiae" : «Iusta poena, non excl usa ce nsura .
puniri potest».
1390, § 3 La denun zia ca lunniosa come la illegittima lesione dell a buona fama
altrui so n se mpre azio ni riprovevoli e spesso anche dan nose in modo grave. L' accusato,
che ha il diri tto di tutelare il suo buo n nome , può chiede re una congrua riparazione
oltre al ri sarcimento di eve ntuali dann i subiti. ricorrendo all'a utorità ecclesiastica co m-
petente, che può agire a tal rig uardo in forza dell' attuale paragrafo (cfr. anche ca nn. 128
e 1729).
Per altre presc rizioni , dirette a tutelare la buona fam a delle persone , cfr. ca nn. 220;
483 , § 2; 979 ; 104 8; 1352, § 2; 1357, § 2; 1361, § 3; 1455, § 3; 1548, § 2, n. 2; 17 17 ,
§ 2; 1719.

5024 2, Falsificazione di documenti ecclesiastici pubblici


1391 (2360 -2362 e 2405 *) Il termi ne "docume nto ecclesiastico" ha un sig nificato
molto ampio. Co mprende :
- G li att i del go verno eccles ias tico , di carattere legislativo , giudizia rio, esecutivo,
mag isteriale
- I documenti o attestati, rilasciati da una persona pubbli ca ecclesiastica nell' eser-
cizio delle sue funzioni, di eui al can . 1540; cfr. anche can. 487, § 2
- I doc umenti conservali nell'archivio diocesano o parrocchi ale (cann . 486 : 489;
491. § 2; 535 , § 4; cfr. anche ca n. 2405, Codice 1917), ecc.
I docu menti d i falso a tal riguardo possono essere pertanto vari e moltepl ici , secon-
do il tipo di doc ume nto e secondo il genere di falsità co mpi uto su di esso .
l! cano ne è distint o in tre numer i, nei quali sono previsti i segue nti delitti:
IO Co nfez ione di un docum ent o pubblico ecclesiastico del tutto falso
2 0 Alteraz ione, d istruzio ne, sottrazio ne, occ ultamento d i un docum ent o pubblico
ecc lesiastico vero
30 Utilizzazione di un documento pubblico ecclesias tico falsifi cato o alterato (n. 1)
4 0 Uti lizzazione di un qual siasi document o falsificato o alterato - d i carattere
ecclesiastico o civile, pubbli co o privato - in una questi on e ecc lesiastica (per es. , la
presentazion e di un documento ci vile di co mpravendita alterato , in un giudizio ec cle -
siastico)
50 Affe rmazione del falso in un docum ento pubblico ecclesias tico : per cs., una
istanza di rescritto , viziata da orrczio ne o da surrez ione (ca n. 63, §§ 1-2; cfr. anc he can.
2361, Codice 1917); o un ce rtificato o un verba le che asserisca cose non vere .
Delitt i c ontro ob blighi speciali 683

Titolo V
Delitti contro obblighi speciali
CAN. 1392 - Clerici veI religiosi I ch ierici o i religiosi i quali , contro le
rnercaturarn velnegotiationern con- disposizioni dci canoni, esercitano il com-
tra canonurn praescripta exercen- mercio o si dedicano agli affari , siano pu-
tes pro deIicti gravitate puniantur. niti secondo la gravità dci delitto.

Nei casi di cui ai nn. I e 2, si ha il falso materiale; nei casi di cui al n. 5, si ha il


falso ideologico .
O vviam ente , perché sussista il reato di falso, è necessario il dolo, ossia la coscienza
e la volont à reale di creare il fal so. Così, ad esempio . non costituisce reato di falso la
distruz ione o l' occultamento di un pubblico documento ecclesiastico, se ciò venga ef-
fettu ato solo per far dispetto a una persona.
La pena stabilita per tali de litti è facolt ativa (can, 1343), "ferendae scntentiae",
indetermin ata (can, 1349), proporzionata alla gravità del reato : «Iusta poena pro delicti
gra vitate puniri potcst »,

DELITTI CON TRO OBBLIGHI SPECIALI (ca nn. 1392-1396) 5025


Schema
I . L'esercizi o illegittimo di atti vità co mmer- 4 . Reati vari contro il sesto co mandamento
ciali o affari stiche da parte di chierici o di da parte di un chierico
religiosi 5. La violazione de lla residen za canonica
2. La ~iolazi()ne di obblighi imposti penalmente
3. L 'attentato di matrimonio da parte di un chie-
rico o di un reli gioso non chierico di voti
perpetu i

T re di tali delitt i rig uardano i chierici e i relig iosi (cann. 1392, 1394, 1395); uno
soprattutto i chierici, ma potrebbe riguardare anche un laico (ean. 1396) ; uno, chierici
e laici, indifferent em ente (can . 1393),

l ) L 'esercizio illegittimo di attività commerciali o affaristiche da parte di 5026


chierici o di religiosi
1392 (2380*) A termin i dei cann. 286 e 672 , è proibito ai chierici (ad eccezione,
per diritto comune, dei diaconi permanenti: ean. 288), e ai religiosi di dedicarsi agli
affari o al commercio, personalmente o tram ite altri, sia nel propr io interesse che per
l'utilità altrui, se non con la licenza della legittim a autorità ecclesi astica (v. la spiega-
zio ne de l ca n. 288) .
Co ntro co loro che violasse ro tale norma, è stabilita una pena "fe rendae sentc ntiae"
precettiva, propo rzionata alla grav ità del delitto: "Pro delicti gravitate puniantur".
Jl ca none usa il verbo exercère, per cui il delitto passibile di pena canonica sussiste
per sé solo nel caso che il chierico o il religioso si dedichino abitualmente alle dette
attività proibite.

2) La violazione di obblighi imposti penalment e 5027


1393 La con dan na a una pena per violazio ne di una legge o di un precetto penale,
684 LIBRO VI - L.: sanzioni nella Chiesa

CAN. 1393 - Qui obligationes sibi Chi viola degli obblighi che gli sono
ex poena impositas violat, iusta stati imposti penalmente, può essere puni-
poena puniri potest. to con una giusta pena.
CAN. 1394 - § 1. Firmo praescrip- § 1. Fermo restando il disposto del can.
to can. 194, § 1, n. 3, c1ericus ma- 194, § 1, n. 3, il chierico che attenti il
trimonium, etiam civiliter tantum, matrimonio anche solo civilmente, incor-
attentans, in suspensionem latae re nella sospensione latae sententiae; se
sententiae incurrit; quod si moni- poi, dopo essere stato ammonito, non si
tus non resipuerit et scandalum ravveda e continui a dare scandalo, può
dare perrexerit, gradatim priva- essere punito gradatamente con privazio-
tionibus ac vel etiam dimissione e ni, e anche con la dimissione dallo stato
statu clericali puniri potest. clericale.
§ 2. Religiosus a votis perpetuis, § 2. Fermo restando il disposto del can.
qui non sit c1ericus, matrimonium 694, il religioso di voti perpetui, non chie-
etiam civiliter tantum attentans, in rico, il quale attenti il matrimonio anche
interdictum latae sententiae incur- solo civilmente, incorre nell' interdetto
rit, firmo praescripto can. 694. latae sententiae.

comporta l'osservanza delle relative imposizioni e dei relativi divieti. Chi non li adem-
pie deliheratamente, commette un nuovo reato, passibile (puniri potest) di una ulteriore
sanzione "ferendae sententiae": «Iusta poena puniri potest».

5028 3) L'attentato di matrimonio anche solo civile da parte di un chierico o di un


religioso non chierico di voti perpetui
1394 (2388*) Si parla di attentato, perché i chierici in forza della legge del celibato
(can. 277),e i religiosi di voti perpetui in forza del voto puhhlicodi castità emesso nel proprio
istituto (can. 654), non possono contrarre matrimonio valido a termini dci cann. 1087c 1088.
L'attuale canone sanziona il detto attentato con pene particolari "latae sententiae":
- La sospensione, per il chierico secolare o religioso che attentassero il matrimo-
nio anche solo civilmente: la sospensione è totale, ossia con tutti gli effetti previsti nel
can. 1333, § I (cfr. il can. 1334, § 2).
~ L'interdetto, per il religioso di voti perpetui non chierico, che commettesse il
medesimo reato (resta escluso dalla pena il religioso di voti temporanei).
~ Ulteriori pene: il chierico che, ammonito, non si ravveda c continui a dare
scandalo può essere punito gradualmente con privazioni varie, e anche con la dimissione
dallo stato clericale.
Restano integre le disposizioni di carattere amministrativo, contenute nei cann. 194,
3, c 694:
* l, n.
- Cl/Il. 194. § I. Il. 3: rimozione "ipso iure" del chierico da qualsiasi ufficio ecclesiastico
- Can. 694: dimissione "ipso facto" del religioso dal proprio istituto'

, Da notare. La dimissione amministrativa dal proprio Istituto colpisce "ipso facto" non solo
i religiosi che attentino (religiosi di voti perpetui) o contraggano (religiosi di voti temporanei) il
matrimonio (can. 694), ma anche i membri degl'Istituti secolari (can. 729) e delle Società di vita
*
apostolica (can. 746). L'interdetto penale, di cui al can. 1394, 2. colpisce invece solo i religiosi
non chierici di voti perpetui, e non i religiosi di voti temporanei, come neppure i membri degl' Isti-
tuti secolari o delle Società di vita apostolica, ai quali non si applica il can. 1088 (cfr. l'esposizione
di detto canone).
Deli tti contro obhlighi speciali 685

CAN. 1395- § 1. Clericusconcubina- § 1. Il chierico che viva in concubinato,


rius, praeter casum de quo in can, a parte il caso di cui al can. 1394, e il
1394, et c1ericus in alio peccato ex- chierico che permanga scandalosamente
temo contra sextum Decalogiprae- in un altro peccato esterno contro il sesto
ceptum cum scandalo permanens, precetto del Decal ogo, siano puniti con la
suspensione puniantur, cui, persi- sospensione; se, dopo l'ammonizione,
stente postmonitionem delicto,aliae essi persistano nel delitto, posson o ag-
poenaegradatimaddi possuntusque giungersi gradatamente altre pene , fino
ad dimissionem e stato clericali. alla dimi ssione dallo stato clericale.
§ 2. Clericus qui aliter contra § 2. Il chieri co reo di altri delitti contro
sextum Decalogi praeceptum deli- il sesto precett o del Decalogo, se il delitto
querit, si quidem delictum vi vel sia stato commesso con violenza, o con
minis vel publice vel cum minore minacce, o pubblicamente, o con un mi-
infra aetatem sedecim annorum nore che non abbia compiuto sedici anni.
patratum sit, iustis poenis punia- de v'essere punito con una giusta pena, non
tur, non exclusa, si casus ferat, esclusa, se sia il caso, la dimissione dallo
dimissione e statu clericali. stato clericale.

Perché ci sia il delitto g iur id ico co nsiderato nel canone: 5029


)0 Ne ll'atte nta re il m atrimonio, il con sen so dei du e partn ers de v' essere un vero
co nse nso matrimoni ale. naturalmente suffi cient e, an che se giuridicam ent e inefficace a
causa dell 'impedimento dirimente .
2 ° La ce leb razio ne, ca no nica o ci vile, deve aver luogo nell a form a prescritta.
È ovvio per altro che. qualora la sacra ordinazione o il voto religioso siano nulli. il reato non
sussiste, anche se tale circostanza sia ignorata dal chierico o dal religioso. perché nel caso verrebbe
a mancare l'elemento oggettivo del delitto (can. D21 l, e nella fattispecie, trattandosi di celebra-
zione canonica. non si avrebbe neppure l'att entato del matrimonio, ma, per sé, un vero matrimonio.
valido a tutti gli ef fetti.
3° Il sem plice concubin ato costitu isce un delitto diverso, considerato nel can. 1395 .
Il rispondente can. 2388, ~ I, del Codice precedente. comminava la pena della scomunica 5030
"latae scntentiae". e questa colpiva non solo il chierico c il religioso, ma anche il partner che
allentasse con essi il matrimonio, anche solo civile. Nel nuovo Codice, una tale pena è stata
soppressa. Relativamente all' interdetto "latae sententiae", questo colpisce non solo il religioso o la
religiosa, ma anche il partner laico in forza del can. 1329 ~ 2, poiché si tratta di un complice
necessario. senza il quale il delitto non si può compiere (delitto plurisoggcttìvo). E per altro da
tener presente che il partner laico incorre "ipso facto" nell' interdetto "latae sententiae". se l' atten-
tato del matrimonio ha Iuogo con un religioso non chierico, ma non incorre nella sospensione se
l'attentato ha luogo con un chierico secolare o religioso, poiché la sospensione è una pena propria
dei chierici (can. 1333, ~ Il. In questo caso, egli è solo passibile di una pena "ferendac sententiae"
da parte del superiore o del giudice competente,

4 ) Reati vari contro il sesto comandamento da parte di litI chierico 5031


1395 (235 9 *) Sono consid er ati tre tipi di del itt i:
1° Concubinato, o ssia relazione extra rnatrimo nia le di una certa stabilità, per cui il
c hierico co nv ive " more uxorio" co n un a donna' , Si d is ting ue dall e relazion i sa ltua rie.
m a non è necess ari a la con viven za sotto lo stess o tetto.

, Senza dubbio è concubinaria anche la convivenza istituita dal chierico con la donna
" quacuin rnatrimonium attentavit". Ma si tratta di una diversa fi gura di delitto, a cui si applica il
can. 1394, ~ I.
686 LI BRO V I - Le sanzioni nella Chiesa

CAN. 1396 - Qui graviter violat Chi viola gravem ent e l' obbligo della
residentiae obligationem cui ratio- residen za, a cui è tenuto in ragione di un
ne ecclesiastici officiitenetur, iusta ufficio ecclesiastico, sia punit o co n una
poena puniatur, non exclusa, post giusta pena, non esclusa, dopo l'ammoni-
monitionem, officii privatione. zione, la privazione dell'ufficio.

2° Situazione scandalosa di un chierico per allro peccato co ntro il ses to precett o


del Decalogo: per es. il reato di omosessualità.
3° Altri reati co mmessi co ntro il sesto co manda me nto con specifiche ci rcosta nze
agg rava nti:
Uso di violenza o di minacce
- De litto co mpiuto pubblicamente"
- Con un minore al di so tto di 16 anni
Soggetto attivo del de litto di co ncubinato o di si tuaz io ne scandalosa . e quindi
passibile di pen a, non è soltanto il chie rico , ma anche il partn er volontario , a nor ma de l
ca n. 1329.
Pene stabilite:
a) Nel caso di concubinato o di situazione scandalosa: la sosp en sione "ferendae
sententiae", a cu i possono aggiungersi gradualmente altr e pene, fin o alla dim ission e
dall o stato cleri cale, qualora il chierico , ammonito, per sista nel delitto.
b) Nel caso degli altri reati: le pene so no per sé indeterminate: " lustis poen is
puniantur", ma se necessario (si casus ferat) si può anch e appli care la di miss ione dallo
stato cleric ale.
5032 Sono anche da tener presenti i cann. 695, § l, 729 e 746, che prevedono la dimissione
amministrativa del membro d'Istituto religioso, dell'I stituto secolare e della Società di vita aposto-
lica. colpevole dei delitti di cui al can. 1395, tranne che, per i delitti di cui al secondo paragrafo
del canone il superiore ritenga che la dimissione non sia del tutto necessaria e che si possa
provvedere sufficientemente in altro modo alla emandazione del colpevole e, insieme, alla restitu-
zione della giustizia e alla riparazione dello scandalo. Nel caso che il religioso o il membro
d' Istituto secolare o di Società di vita apostolica siano chierici, si applica ad essi sia il can, 695,
§ l, che il can, 1395.

5033 5) La violazione della residenza canonica


1396 (2381 *) Vi son o degli uffici ecclesiastici che, per loro natu ra e per legge
positiva espressa (uffici residenziali) o per altr e particolari circostanze, esigono la resi-
de nza personale de l titolare, specia lmen te se all'uffi cio è annessa la cura pastor ale de lle
anime . Per diri tto co mune, la residenza è imposta al Vesco vo d iocesano (ca n. 395 , § I).
al Vescovo co adi utore e ausiliare (can. 41 0), - ali' Am mi nistrato re diocesano (can.
427 ), - al parroco (ca n. 533, § I), - all'amministratore parrocc hiale (can . 540, § l ),
- al vicar io parrocchi ale (can. 550, § I), - al superio re religioso (can . 629 ), ecc.
La vio lazio ne di un tale obbl igo", nel caso che sia grave, tanto perché ripetut a o,
peggio, abitu ale, sistema tica, con notevole preg iud izio dell 'ufticio, qu anto perché avve-
nuta in mom ent i e circostanze tali da procurare sca ndalo o danno notev ole, costituisce

.\ Tale è il delitto commesso in un luogo pubblico o aperto al pubblico. o anche solo esposto
alla vista di chiunque, anche se poi il fatto venga percepito da poche persone.
, Resta esclusa l'eventuale violazione del can. 283, § l.
Delitt i contro la vita C la libert à dell' uomo 6 87

Titolo VI
Delitti contro la vita e la libertà della persona umana
CAN. 1397 - Qui homicidium pa- C h i co m mette un omicidio, oppure rapi-
trat, vel hominem vi aut fraude sce o detien e co n la vio le nza o la fro de
rapit vel detinet vel mutilat vel un a persona, o la mu tila o la ferisce gra-
gr aviter vulncrat, pri vationibus ve me nte, sia pun ito , secondo la g ravità
et prohibitionibus, de quibus in del delitto, co n le p ri va zioni c le proi bi-
can. 1336, pro delicti gravitate zioni di c ui a l ca n. 1336 ; se l'om icidio è
puniatur, homicidium autem in commesso cont ro le person e di cui al ca n.
personas dc qui bus in can. 1370, 1370, si applicano le pene ivi sta bi lite.
poenis ibi statutis punitur.

ai sensi del presen te canone un vero delitto giuridico, soggetto a pena precetti va, pro-
porzionata alla gravità del reato: "Iusta poena puniatur". Non è esclusa la privazione
dello stesso ufficio , dopo le debite ammoni zioni; tale pena tuttavia, essendo perpet ua,
non può esse re inflitta con decreto extragiudizia le, ma solo con sentenza del giudice
(can. 1342, § 2).
Circa la violazione della residenza, a cui san tenuti i re ligios i e i membri dcIIc Società di vita
apostol ica. cfr. cann . 696, § I, e 746 . I membri deg l' Istituti secolari non sono obbligati alla
residenza (can. 7 (4) .

DELlTI'I CONTRO LA VITA E LA LIBERTÀ DE LL'UOMO 5034


(can n, 139 7-1 39 8 )
Schema
I. Norm a generale 3. Principali fig ure di delitti soppresse nel nuovo
2. L' aborto "effcctu secuto" Codic e

1. Nor ma gene rale 5035


1397 (2353-2354 *) Con una norma di caratte re generale, il canone colpi sce vari
attentati contro la vita c la libertà delle persone. comme ssi deliberatamente:
- L' omicidio
- Il rapimento di una persona o la sua detenzio ne mediante violenza o frode
(sequestro di persona )
- Mutilazioni
- Ferimenti gravi, ccc.
Per tali delitti, si applicano, mediante sentenza o decreto condannatorio, le pene
espiatorie previste nel can. 1336, proporzionatame nte alla gravità della colpa. Se l' omi-
cidio è commesso contro il Romano Pontefice, un Vescovo consacrato, un chierico o un
religioso, le pene sono quelle stabilite nel ean. 1370, anche se l'omicidio venga com-
messo senza la violenza fisica prevista da quel canone.
- La scomunica "latae sentetuiae", riservata alla Sede Apostolica, per l'assassi nio
del Romano Pontefice, con eventuale aggiunta di altre pene "ferendae senten tiae", non
esclus a la dimis sione dallo stato clerica le, se l' autore del delitto sia un chierico .
- L 'interdetto "latae sententiae" e, se chierico, anche la sospensione pur essa
" latae sentcntiae'', per l'u ccisione di un Vescovo consacrato.
688 LIBRO VI - Le sunzioni nella Chiesa

CAN. 1398 - Qui abortum procu- C h i ri co rre a l1'a borto, conseguendone


rat, effectu secuto, in excommuni- l' effetto, incorre nella sco m unica latae
cationem latae sententiae incurrit. sententiae.

- Una pena proporzionata "ferendae sententiae" - pene espiatorie o anche cen-


sure - per l'uccisione di un chierico o di un religioso.
I delitti accennati sono puniti anche dalla legge civile. È pert anto da tener presente il can.
1344, n. 2, che dà facoltà al giudice e al superi ore di astenersi dalli rrogare la pena o d'infliggerne
una minore, se il reo sia stato già punito sufficientemente dall' autorità civile, o si preveda che lo
sarà.
5036 Sono anche da richiamare:
- I cann. 695 , 729 e 746, che prevedono di norma per i mem bri d'I stituto religioso. d' Istituto
secola re e di Società di vita aposto lica, rei dei delitt i considerati nell' attuale titolo , la dimissione
amm inistrat iva dall' Istituto o dalla Società.
- I ca nn. 1041, nn. 4-5, c 1044, § I , n. 3, per i quali l'omicidio volontario e la grave e dolosa
mut ilazione, sia di altri che di se stesso, costituisce "irregolarità" relativamente alla rccczione c
all' esercizio degli ordini sac ri.

5037 2. L'aborto "effectu secuto"


1398 (2350. § 1*) Contr o il delitto dell 'aborto, che cons egue il suo effetto, sono
stabilite dalla Chiesa varie pene, fra cui, in particolare , la sco munica "latae se ntentiae" .
La co nda nna di un così orrendo crimine ha fatto sempre parte del suo insegnamen-
to, fin dai tem pi apostolici, poiché fin d' allora essa si opp ose decisamente ai costu mi de l
mond o greco -ro mano, richi amando l'assolut o rispetto dovut o alla vita umana anche nel
suo nascere.
In ques ti ultimi anni , i doc umenti del Magistero eccl es iastico in materia di aborto
so no stat i particolarmente numerosi : da parte de lla Santa Sede, delle Conferen ze Episco-
pali, dei singo li Vescov i (cfr. Lettere Pastorali, Ed . Magistero Episcopale di Verona,
voI. IX, co ll, 1376-14 82). Quell o più import ante è la "D ichiarazi one" pubb licata dalla
Congregazione per la Dott rina della Fede il 18 novembre 1974 (Enchi r. Val., voI. S, pp.
418-443). Cfr. anche l'Istru zione "Donum vitae" della medesima Congregazione, 22
febbraio 1987, in cui si trattano vari problemi "sul rispetto della vita nascente" tEnchir.
Val., voI. IO, pp. 818 -893).
In Italia , il Consi glio Permanente dell a CEI eman ò il 6 febbraio 1975 la Nota
pastorale "Aborto c legge d' aborto" i Enchir. CEI, voI. 2, pp. 642 -649). Una seco nda
Nota, illustrativa della prima, venne pubbl icata il 16 marzo successivo sull' Osservatore
Rom ano (pag , 2), a cur a della Segreteria Generale.
5038 a) Concetto di aborto
[I Codi ce attuale, e similmente quell o precedente, non defin iscono l'aborto. Nell a
comune accezione dell a dottrina, esso è l'interruzione, natur ale o volontaria, della gra-
vidanza med iante l'espulsione dell'essere concepito, con la co nseguente morte del
medesimo, non ancora capace di una vita extrauterina.
L' aborto va distinto:
Dall'embriotomia e dal feti cidio: l'ucci sione dell'embrione o del feto '.

) In medici na. l'e mbrione è in genere il prodotto della concez ione nel suo svi luppo da lla
quatta sett imana alla fine del seco ndo mese : il feto, da questo periodo in poi.
Deli tti contro la vita c la libert à dell'uomo 689

- Dali' accelerazione del parto: l' es pulsio ne del feto, che ha la possi bili tà di con -
tin uare a vivere fuori del seno matern o, cosa che di regol a avviene dopo il sesto o
sett imo mese d i ge stazione.
- Dalla contraccezione: il ricorso a mezzi preserva tivi o antifecondativi, re lat iva-
men te all' uomo.
b) Distinzioni 5039
L ' abo rto può essere:
IO Naturale o spontaneo, se ha luogo per ca use indipendenti da lla volo ntà umana:
un pr ocesso mo rboso, un fatto cos tituzio na le, traumat ico , tossico, ecc .
Anificiale o volontario, se l' a bor to è pro vocato ad art e.
2° Diretto, se il mezzo ado perato tende " nat ura sua" alla espuls ione dell'essere
co nce pito . e questa è intes a in sé, qu alun que ne sia lo sco po .
Indiretto, se la dett a espul sione è la co nseg uenza acc ide nta le e secondaria di detti
att i e circostanze posti in essere per altro sco po o necessità: l'effetto , in questo ca so , è
solo permes so, ma non voluto, anche se prev isto .
c) Principi morali 5040
L' abort o direttamente provocato è in sé un vero "atto criminale" (G andhi , Mad re
Ter esa di C alcu tta), poiché è l'uccisione deliberat a di un essere umano, che , per giu nta,
non è neppure in g rado di difendersi. Nessun moti vo può mai giustificarl o, né l ' even-
tu ale " libera lizzazio ne", effettuata dallo Stato , lo rende lecito. Resta pert ant o co ndannato
dall a coscienza (la legge natu rale) non so lo l' abort o criminale, determin ato da motivi
man ifestamente perversi, ma anche:
- L ' abo rto eugenico, avente lo sco po d'impedi re la nascita di crea ture tarate, a
ca usa di mal fo rmaz io ni fisiche o psich ich e (Denzinger-Sc honrnetzer, nn . 37 19, 372 1);
- L ' a borto terapeutico, usato come me zzo per sa lva re la vita del la mad re
(De nzinger-Sc hònrne tze r, nn. 3298, 37 19, 3720);
- L' aborto di finalità socio-economico: per sa lvare, ad ese mpio, l' onore dc IIa
madre. per non as sume re i grav i impegni morali e ma teriali che la nascita e il rnan tc-
nim ento dci fig li co mportano, per contribuire a riso lve re il probl em a dem og ra fico, ossi a
de lla sov rap popolazio ne, ecc.
L' abo rto indiretto è per sé illecito: diventa lecit o so lo se esis te una grave e ade-
guata ragione, in virtù de l pr inci pio del "doppio effetto".
L' a cce le r a zione del parto è lecit a, ma solo a condizione c he esis ta una ca usa
proporzio nata me nte grave e venga assicurata la vita sia de lla madre che dc i feto
(De nzi nge r-Schon metzer , n. 3336).
Civilmente, purtroppo, l'ab orto è ormai permesso più o meno ampiamente in quasi tutti gli
Stati. In Italia, esso è stato introdotto, dopo un lungo iter parlamentare, con la Legge 22 maggio
1978, n. 194.

d) Sa n zio ni penali 5041


C ont ro il reato di aborto, definito dal Co nci lio Vaticano II un "delitto abomi nevo le"
(Cost. Gaudium et Spes, n. 51) , da Paolo VI una "funesta piaga sociale", e dall'Episco-
pat o spagn uolo " il più grave attentato co ntro la vita umana nel mondo", sono commi-
nale, co me s'è già not ato, varie sanzioni canon iche. La più grave è la scomunica " la tae
sen ten tia e", che co lpisce solo se l'aborto sia stato effettiv amente con seg uito : "e ffectu
sec uto " (can. 1398). Se l' effetto non si ottie ne, si ha solta nto il tent ativo di abo rto, al
qua le si applica il can. 1328.
690 LIBRO VI . Le sa nzioni nellaChiesa

Per incorrere comunque nella scomunica :


5042 I O Deve trattarsi d i un aborto provocato (procuratus), o ss ia voluto delibe-
ratamente, e , di conse guenza, diretto, praticato con un mez zo ca pace "ex se" di
ca usar lo . Tale non è:
- Né l' aborto spont aneo, determin ato da ca use naturali;
- Né l' ab orto indiretto , ch e non è inteso co me fi ne, ma è so lo permesso l .
4053 2° Dev e tratt arsi di un ' azi one delittuosa gravemente imputabile per do lo (can.
1321, § l). Di conseguenza, una circostanza esimente (can . 1323) es cl ude ogni
im putabilità e og ni pen a; e un a circostanza att enu ante (ca n. 1324, § l) esclude le pene
"latae sententiae" (can . 1324, § 3), anch e se non escl ude il peccat o.
5044 L a pena dell a sco munica "l atae sententiac", c he ne l nu o vo Codice non è più
riser vat a, co lpisce tutti co lo ro c he, fi sicament e o moralmente, a bbia no cooperato ùi
modo diretto ed effica ce a fav or ire l' ab orto : medici, ass is te nti, infe rm ie ri. ge nitori,
ecc. (cfr. can. 1329, § 2). Non è esclusa la stessa madre (rnatre non excepta), chi ariva
espressamente il can. 2350, § l , del C odice precedente , tranne c he abb ia su bito un
g rave timo re, circosla nza c he esclude se nza dubbio la censur a, a nc he se non può
esc ludere il peccato.
E se la madre, messo in atto il mezzo per provocare l' aborto. si pente veramente pr ima cile
l'effetto si produca? l pareri sono diversi: alcuni, con S. Alfonso Maria de' L iguori, ritengono che
essa non contragga la censura; altri, invece, affermano che non vi sfugga, in quanto il pentimento
non sarebbe sufficiente nel caso a prevalere sulla effettiva responsabilità.
5045 Per le alt re pene, richi am ate per l' omi cidio vo lo ntario, occorre ten e r presen ti:
- 1 cann. 695, 729 e 746: dimissione dei membri d 'I stitu ti reli giosi. d 'I stituti
seco lar i e di Soci e tà di vita apostolica;
- l cann . 1041, 11 . 4, e 1044 , .9 1: irregol arit à per la recezio ne e l'esercizio degli
ordini sac ri'.
5046 e) Embriotomia e feticidio
Come s 'è già accennato, l' embrioto mia e il feti cidi o so no la so pp ress ione dell' em-
br ion e e del fe to um an o nel se no materno. Son o sogge tti a nch ' ess i, ca no nica me nte, alle
pen e previ ste per l'aborto?
Secondo un'opinion e ormai superata , l'embriotomi a e il feti cidio non erano consi-
dera ti "aborto" nella dott rina , e si riteneva che co ntro di ess i era da cons ide rarsi so lo il

, Dal magistero di Pio XII: «Secondo l' Inseg namento costante della Chiesa. uno dei fonda-
menti essenziali non solo della morale coniugale, ma anche della morale sociale in genere, è
l'assolut a illiceità del diretto allentato alla vita umana innocente, come mezzo al fine, nel caso
presente al fine di salvare un'altra vita (quella della madre)...
Noi abbiamo di proposito usato l'e spressione di "attentato diret to alla vita dell ' Innocent e" .
"uccisione diretta". Poiché se, per esempio, la salvezza della vita della futura madre, indipenden-
temente dal suo stato di gravidanza, richiedesse urgentem ente un atto chirurgico. o altra
applicazione terapcutica, che avrebbe come conseguenza accessoria, in nessun modo voluta né
intesa, ma inevitabile, la morte del feto, un tale atto non potrebbe più dirsi un di retto attentato alla
vita innocente. In queste condizioni l'opera zione può essere lecita, come altri simili interventi
medici, sempre che si tratti di un bene di alto valore, qual è la vita, e non sia possibile di rimandarla
dopo la nascita del bamb ino, né di ricorrere ad altro efficace rimedio» (Disco rsi e Rudiome ssag gi,
voI. XIII, pp. 4 15 e 417).
, Durante i lavori per la revisione del Codice, alcuni proposero di stabilire "contra procurantes
abortum" una pena "Ierendae sententiae" «Consultores autem (censuerunt) opportu nam esse
pocnarn latae sententiae. alioquin omni efficacia privaretur, cum multi casus aborti sint occulti"
(Camm unicationes. a. 1977, p. 317 , can, 71).
691

Titol o VII
Norma generale
CAN. 1399 - Praeter easus hae vel A par te i casi st abiliti da questa e da
aliis 1egibus statutos, divinae vel altre leggi, la violaz ione esterna di una
eanonicae legis externa viclatio legge divina o canonica pu ò es se re punita
tune tantum potest iusta quidem con giusta pena solo qu and o lo richiede la
poena puniri, cum specialis viola- speciale gravi tà de lla violazio ne e urge la
tionis gravitas punitionem postu- necessità di pr evenire o riparare de gli
lat, et necessìtas urgct scandala sca ndali .
praeveniendi vel reparandi.

ca n. 1397, sta bilito per l' om ic idio. Una tale ipotesi è oggi contestata per più rag ioni, e
fo ndatamente si a fferma che l' cmbr ioto rnia e il feticidio, usati pe r interro mp ere la gra -
vid anza, so stanzi almen te sono "a borto" anch'essi . co n Ic rel ative co nseg uenze san cite
ne l Codice.
In tale sen so si è es pressa la Commissione per l'interpretazione de l Codice nella 5047
Ri sposta del 19 gennaio 1988:
- Dubbio pro posto: «Se per aborto, di cui al can. 1398. si intenda soltanto l'espu l-
sione del fet o immaturo o anche l'ucc isione de l feto mede simo iII qua lunq ue modo e in
qu alunqu e te mpo del concepimento vengaprocurata».
- Rispo sta : «Nega tivame nte alla pr ima parte ; affe rm ativa mente all a second a»
(E nc hir. Va t., vol. I l , Il . 695 ).

3. Principali figure di delitti sop p ressi Il e) IlUOYO Codice 5048


Come s' è già rilev ato . il nuovo Codice ha o perato un' am pia ridu z ione de i de litti c
delle re lat ive pene , in con form ità co n i "Principi direuivi ", approvati dal l Sinodo dei
Vescovi. ce lebr ato nell'ottobre de l 1967 (Co mnsunicationes, a. 1969, pp . 84-85, n. 9 ).
Accennia mo alle principali abroga zio ni dell e pene concern erui:
I ° La pu bbl icazi one "s ine debita licentia" del testo dci libri della Sacra Scri ttura o
del le loro annotazio ni o comme nto: can. 2318, § 2. Codice 1917.
2° /I deferimento all'autorità giudizia ria civile di persone a c ui spetta il " privilegio
de l foro " : cann . 120 e 234 1*.
3° Il me rcimonio de lle indulgenze: can. 2327*.
4 ° Il falso ci rca le reliquie: can. 2326 * (ma il falso delle autentic azi o ni rie ntra nel
can, 1391).
5° Il cos tri ngere una pe rsona ad abbracci are lo stato clericale o religioso, o ad
emettere 1:1 pro fessio ne relig iosa: cnn. 235Y.
6° L' a bbandon o clelia ca sa religiosa da parte di chi ne è mem bro (re lig ios us
fu gitivu s, cum animo rede undi) : cann . 644 , § 3, e 2 386 ~'.
7° La violazione de lla cla usura : cnn . 2342 "'.
8° Il duel lo: can, 2351, § I * (salvo quan do 'rientra ilei cnn . 1397).
9° L ' om essa denu nzia " intra mcnse m" del sacerdote co nfessore , reo de l " crim en
sollici tatio nis" da part e del peniten te: can. 236l:~ . § 2*
10° La co ncessi one dell a se po ltu ra ecc lesiastica ai non batt ezzati , ag li ap ostati, ag li
eretici, ag li sci smarici , ecc. : can, 2339* .
692 LIBRO VI - Le san zioni nella C hiesa

5049 NORMA Gt'NERALE CONCLUSIVA (can. 139 9 )


1399 (2222, § l *) È un principio di carattere genera le che, attesa la particol are
natura e le finalità proprie della Chiesa, integra e non contraddice al principio della
legalità della pena, afferm ato nel can . 22 1 (cfr. la relativa esposizione)' . Con tale nor-
ma, ovviamente, non s'intende concedere al superiore ecclesiastico? un potere arbitrario,
ma solo provvedere a casi di particolare gravità cd urgenza, di cui bisogna pur tener
conto, per il bene super iore delle anime.
Il Codice di Diritto Cano nico dispone, pertanto, che qualora non esista alcuna legge
o precetto penale, la violazione esterna e gravemente imputabile "ex dolo vel ex culpa"
di una legge divina o canonica, anche se priva di sanzio ne, è passibile di pena a due
condizioni:
- Che lo richieda la specia le gravità oggetti va soggettiva della violazio ne
- Che urga nello stesso tempo la necessità di prevenire o riparare uno scandalo
La pena è facoltativa c indetermi nata, per cui è rimessa alla discrezion alità dci
superiore o del giudice, che, evidentemente, non possono applicare nel caso una pena
perpetua e, per sé, neppure troppo grave , sopratt utto una censura (can. 1349), e possono
anche imporre una penitenza invece di una pena (can. 1343). La censura, se richiesta da
particolari circostanze, può essere inflitta solo nell'osservanza del can. 1347.
5050 Il principio della legalità della pena e quello della discrezional ità sono così tempe-
rati. Certo sono possibili degli abusi, degli atti di arbitrio, ma questi possono aver luogo
anche nell' applicazione delle leggi munite di pene determinate. D' altra parte , chi si
sente gravato da un provvedimento penale, ha il diritto imprescrittibile di ricorre re
contro di esso, con effetto sospensivo della pena (can. 1353).
L'attuale canone - co nforme sosta nzialmente al ean. 2222 , § I, del Codi ce ante riore - fu
oggetto di partico lare attenzi one da parte del Gruppo dei Consultori. a cui era stata affidata la
re visione dci diritt o penale. Alcuni propon e vano la sua soppressione, poiché da esso potevano
sorgere gravi ab usi; cont rasta ino ltre - si disse - con un principio affermato in quasi tutte le
legislazi oni civi li tCommuniconones. a. I984 , p. 51, can. 1351 ). Fu ri sposto: «Textus manere dehct
uti iacet , eo vcl magis quod iarn in Plenaria a. 1977 approbatus est» (ibid. ). In effetti. la Commis-
sione Plenaria dei Padri Cardinali, a cui era sta ta rime ssa la que stione. nella seduta del maggio 1977
aveva delibera to di conser vare il canone (Communicationes. a. 1977 . pp . 2 13. Il, 3 18. e 32 1),
Le condizioni apposte in es so sono per altro chiare e tassat ive né si possono eludere. Rima ne
sa ldo il principio che . al di fuori dei casi forma lme nte previst i, no n si può procedere alla
irrogazionc di una pena senza la previa ammo niz ione (cfr. can. 134 1). Manca ndo la legge o il
precetto pena le, tranne che il caso sia vera mente indilazio nabi le a motivo di una vera urgenza, il
Superiore è ten uto a far precedere la pun izione del colpevole da un precett o singo lare , mediante
il quale la pena che s 'intende infliggere viene form almente comminata.

I Il principio della legalità della pena: «Nulla poena sine lege» è di diritto posi tivo umano,

non di diritto natura le. Il principio naturale è da formula rsi divers ame nte: «Nulla poena sine culpa» .
È comunque da ricordare che il princi pio «Nulla pocna sine lege» è di origine canonica (sec . X II),
anche se la sua app licaz ione nell'ordinamento della Chie sa non sia stata mai rigorosa.
, Alc uni ritengono che so ltanto il superiore ecclesiastico . e no n il giudice. possa app licare il
can . 1399. L 'esclusione del giud ice . tuttav ia. non sem bra fondata, poic hé. nel caso . eg li rima ne nei
limiti della propria co mpete nza. che è que lla di applicare la legge, irrogando una pena indet ermi -
nata pre vista nel can . 1399 .
INDICE GENERALE

Libro III
LA FUNZIONE D'INSEGNARE DELLA CHIESA
l. Il III libro del Codice I
2. Principi e nonne introduttive (cann.747-755) 2
3. Il ministero della Parola di Dio (cann.756-761) II
4. La predicazione (cann. 762-772) 15
5. L'istruzione catechetica (cann.773-780) 24
6. L'azione missionaria della Chiesa (cann.781-792) 30
7. L'educazione cattolica (cann.793-795) 39
- Principi e nonne introduttive (cann.793-795) 40
- Le scuole (cann.796-806) 42
- Le Università cattoliche ed ecclesiastiche (cann.807-821) 51
8. Gli strumenti di comunicazione sociale e i libri (cann. 822-832) 62
9. La professione di fede (can. 833) 72

Libro IV
LA FUNZIONE SANTIFICATRICE DELLA CHIESA
l. Il IV libro del Codice 77
2. Canoni preliminari sulla Sacra Liturgia (cann. 834-839) 78

Parte l: I sacramenti
l sacramenti in genere (cann.840-848) 86
1. Il battesimo (cann. 849-878) 96
- Principi teologico-giuridici (can. 849) 96
- La celebrazione del battesimo (cann.850-860) 98
- Il ministro (cann.861-863) 103
- Il soggetto (cann. 864-871) 105
- I padrini (cann.872-874) llO
- Prova e registrazione del battesimo (cann. 875-878) 113
- Norme ulteriori varie ll6
2. La confermazio ne (cann.879-896) 116
- Jl canone introduttivo (can. 879) 116
- La celebrazione del sacra mento (cann. 880-88 1) 118
- Il ministro (cann. 882-888) l 19
- Il soggetto (cann. 889-89 1) 123
- I padr ini (cann.892-893) 125
- La prova e la registrazione (cann. 894-896) 126
- Norm e ulteriori 127
3. La Santissima Eucaristia (cann. 897-95 8) 128
- Prospetto della materia 128
- I canoni introduttivi (eann. 897-898) 129
- La celebrazio ne eucaristica (can.899) 130
- Il ministro (ca nn. 900-9 l I ) 132
- La partecipazione alla SS. Eucaristia (cann.9 12-923) 140
- Riti e cerimonie (cann. 924-930) 150
Il tempo e il luogo della celebrazione (ca nn. 93 1-933) 155
- La conservazione e la venerazione della SS. Eucaristia (cann. 934-944) 157
- L'offerta per la celebrazio ne della S. Messa (cann.945-958) 164
4. Il sacram ento della peniten za (cann. 959-997) 174
- Prosp etto della materia 174
Il canone introduttivo (can. 959) 175
La celebrazio ne del sacra mento (cann.960-964) 177
Il ministro (cann. 965-986) 184
Il penitente (cann. 987-991) 197
- Le indulgenze (cann, 992-99 7) 200
5. L' unzione degl' infermi (cann.998-1oo7) 206
- Premessa 207
- Il canone introduttivo (ca n. 998) 207
- La celebrazione del sacra mento (cann. 999- 1002) 208
- Il ministro (can.l003) 211
- Il soggett o (cann .1004-1007) 211
6. L'ordine sacro (cann. 1008- 1054) 2 15
- I canoni introduttivi (cann. 1008- 1009) 2 15
- La celebrazio ne e il mini stro (cann. lO I 0- 1023) 2 17
- Il sogge tto dell' ordi nazione (cann. 1024-1052) 223
- L'annotazione e l'attestato dell'avvenuta ordinazione (cann. 1053-1054) 246
7. Il matrimonio (cann. 1055-1165) 247
- Introduzione e prospetto della materia 248
- Principali documenti del magis tero ecclesiastico 248
- I canoni preliminari (cann. 1055- 1062) 249
- La prepa razione del matrimonio (cann. 1063-1072) 270
- Gl'impedimenti matrim oniali in genere (eann. 1073-1082) 289
- Gl ' impedimenti matrim oniali in particolare (cann. 1083-1094) 30 I
- Il consenso matrimoniale (cann. 1095- 1107) 338
- La forma della celebrazio ne del matrimonio (ca nn. 1108-1 123) 359
- I matrimoni misti (cann. 11 24-11 29) 383
- Matrimon i celebrati in segreto (cann. 1130-1133 ) 394
- Gli effetti del matrimonio (cann. 1134-1140) 397
- Lo scioglimento del vincolo matrimoni ale (cann. 1141- 1150) 403
- La separaz ione dei coniugi con permanenz a del vincolo
(cann.1 151-1155) 416
- La convalida semplice del matrimonio (cann. 1156- J 160) 422
- La sanazione in radice 427

Parte Il : Gli altri atti del culto divino


I. I sacra mentali (cann. 1166- 1172) 432
2. La Liturgia delle Ore (cann. 1173-1175) 439
3. Le esequie ecclesias tiche (cann. 1176-1 185) 442
4. Il culto dei Santi (cann. 1186-1187 ) 45 1
5. Le immagini sacre (cann. 1188-1189) 452
6. Le reliquie (can. 1190) 454
7. Il voto e il giuramento (cann. 119 1-1204) 455

Parte IlI : I luoghi e i tempi sacri


I. I luoghi sacri (ca nn. 1205-1243) 465
- I luoghi sacri in genere (eann. 1205-1213) 465
- Le chiese (cann. 1214-1222) 47 1
- Gli oratori e le cappelle private (cann. 1223-1229) 479
- I santuari (cann. 1230-1234) 483
- Chiese, oratori e santuari nella Istruzione della CEI 486
- Gli altari (cann.1235-12 39) 495
- I cimiteri (cann. 1240- 1243) 499
2. I tempi sacri (cann. 1244-1 253) 502
- I tempi sacri in genere (cann. 1244-( 245) 502
- I giorni di festa (cann. 1246-1248) 504
- I giorni di penitenza (cann. 1249- ]253) 508

Libro V
I BENI TEMPORALI DELLA CIDESA

l. Introdu zione 513


2. Prin cipi e norme preliminari (cann. ] 254-1258) 515
3. L'acquisto dei beni (cann. 1259-1 272) 519
4. Sovvenzioni e offerte per la Chiesa: Istru zione della CEI 532
5. L'amministrazione dei beni ecclesi astici (cann. 1273-1289) 537
6. I contratti (cannv l 290-1298) 556
- Norma generale (can. 1290) 557
- L'alienazione (cann. 129 1-1296) 558
- La locazione (cann. 1297- 1298) 565
7. Le pie volontà in genere (cann .1299-1302) 566
- Introdu zione 567
- Concetto e norme 567
8. Le pie fondaz ioni (cann. 1303- 1310) 572

Libro VI
LE SANZIONI NELLA CIDESA
Il VI libro del Codice 581

Parte I: I delitti e le pene in genere


I . La punizione dei delitti in generale (cann. 1311-1312) 584
2. La legge penale e il precetto penale (cann. 1313-1320) 587
3. Il soggetto passivo delle sanzioni penali (cann. 1321-1330) 595
- L'imputabilità penale (cann . 1321-1322 ) 595
- Le circostanze del delitto (cann . 1323-1327) 598
- Il tentati vo del delitto (can. 1328) 608
- Il concorso nel delitto (can. 1329) 610
- Delitti da con siderare non consumati (can. 1330) 611
4. Le pene medicinali o censure (cann. 133] -1335) 612
- Le censure in genere (cann. 1331-1335) 612
- La scomun ica (can. 1331) 614
- L'interdetto (can. 1332) 618
- La sospensione (cann.1 333-1334) 620
- La sospensione delle censure per moti vi pastorali (can . 1335) 624
5. Le pene espiatorie (cann. 1336-1338) 625
6. I rimedi penali e le penitenze (cann. 1339-1340) 629
7. L' applicazi one delle pene (cann. 1341-1353) 632
8. La cessazione delle pene (cann. 1354-1363) 643
9. La prescrizione (cann. 1362-1363) 653

Parte II: Le pene per i singoli delitti


I. Introduzione 655
2. Delitti contro la religione e l'un ità della Chiesa (cann. 1364-1 369) 657
3. Delitti contro le autorità eccle siastiche, contro la libertà della Chiesa,
contro le cose sacre, ecc. (cann. 1370-1377) 663
4. Delitti relati vi ai ministeri ecclesiastici (cann. 1378-1389) 669
5. Delitti di falso (cann .1390-1391) 679
6. Delitti contro obblighi speciali (cann . 1392-1396 ) 683
7. Delitti contro la vita e la libertà dell'uomo (cann. 1397-1398 ) 687
8. Norma generale conclusiva (can. 1399) 692

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