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II.

«E CAMMINAVA CON LORO»

Bruna Costacurta

La narrazione dell’incontro di Gesù risorto con i due discepoli che vanno verso Emmaus è un
testo particolarmente significativo e assolutamente centrale per ogni credente e per la vita della
Chiesa. Il racconto, infatti, descrive un processo, da parte dei due discepoli, di presa di coscienza
della realtà di quanto stava accadendo e di apertura ad una nuova visione di fede degli eventi; è un
processo aiutato e guidato da Gesù, che si fa compagno di strada e maestro di fede. Nel testo di Lc
24, il Risorto ci indica un percorso di catechesi. Ripercorrendo il brano evangelico, mettiamo in
evidenza cinque punti che appaiono rilevanti per la catechesi.

Il «giorno uno»: la luce

Gli eventi che precedono il nostro brano sono ben noti: nei primi versetti del capitolo 24, Luca
narra l’andata al sepolcro delle donne, con la scoperta della tomba vuota. È «il primo giorno della
settimana», o più precisamente, «il giorno uno delle settimane» (v. 1), un modo per indicare la
giornata dopo il sabato, il primo giorno della settimana ebraica, la nostra domenica (cf. anche Mt
28,1; Mc 16,2; Gv 20,1). La particolarità sta nel dire «giorno uno», forse con un riferimento voluto
al «giorno uno» della creazione di cui parla il primo capitolo della Genesi: «Dio disse: “Sia la luce”.
E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce
giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno uno» (Gn 1,3-5). Nel prosieguo del racconto
di creazione, si dirà «secondo giorno, terzo, ecc.», ma il primo giorno è indicato con il numero
cardinale «uno». È un giorno speciale, perché è quello dell’inizio della creazione, è il momento
dell’origine, è il giorno della luce e, al mattino di Pasqua, il progetto divino di creazione è giunto a
compimento: siamo all’inizio di una creazione nuova e all’inizio di tempi nuovi. Una nuova luce
illumina il mondo: è la luce della Risurrezione che investe e rischiara la storia degli uomini.

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Non tutto però è chiaro e luminoso; brilla già la luce di Pasqua, ma è ancora buio, perché è «al
mattino presto» e il mistero pasquale deve ancora essere decifrato. Le donne vanno al sepolcro ai
primi chiarori dell’alba, mosse da un amore urgente, impellente, di chi non sa stare lontano dal
Maestro, anche se morto. Ma il corpo non c’è più, ed esse non capiscono; hanno trovato il sepolcro
aperto, con la pietra rimossa, ma non hanno trovato Gesù. Il segno della tomba vuota rimane oscuro
per loro, finché i due angeli con abiti sfolgoranti fanno luce sul mistero e interpretano quel vuoto:
«Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» (v. 5). È l’annuncio di Pasqua, è la gioia della
risurrezione e della morte vinta per sempre. La luce si fa piena: il Maestro è vivo, come lui stesso
aveva detto quando era in Galilea, e le donne si ricordano, e per loro si apre la fede (cf. vv. 6-8a).
Le donne vanno ad annunciarlo agli apostoli, ma non vengono credute, perché i loro sembrano
discorsi senza senso e la fede dei discepoli deve ancora farsi strada. La testimonianza delle donne
non basta: è necessaria un’esperienza personale di incontro, una “rivelazione” intima che tocchi il
cuore. E quando anche Pietro va a vedere, e trova la tomba vuota e le bende, ancora non crede, ma,
dice il testo, «torna indietro, pieno di stupore» (v. 12).

Partire dalla situazione

In questo contesto d’incertezza, di meraviglia, di sconcerto davanti a fatti inspiegabili e a


domande che non trovano risposte, si situa il racconto dei due di Emmaus. «In quello stesso
giorno», due discepoli camminano verso Emmaus, parlando e discutendo di quanto era avvenuto. È
un racconto originale, che solo Luca riporta, un’apparizione di Gesù sulla strada, a due discepoli
sconosciuti al lettore, che non appartengono al gruppo degli apostoli, di cui non si sa nulla, se non il
nome di uno dei due, Cleopa. Tornano da Gerusalemme e, come gli altri, anche loro sono confusi,
disorientati; parlandone tra di loro, si chiedono cosa stia succedendo. Sono avvenute cose dolorose:
Gesù è stato condannato e ucciso; poi le donne sono venute a dire che invece è vivo; anche Pietro
ha visto la tomba vuota: che cosa vorrà dire tutto questo? I due hanno il cuore e la mente pieni di
questi eventi; sono frastornati e continuano a pensarci, perché quanto è avvenuto è d’importanza
essenziale per la loro vita. È tutto così strano e triste, e per questo, sfiduciati, hanno lasciato
Gerusalemme. E mentre vanno discutendone, uno sconosciuto si avvicina per fare un pezzo di
strada con loro. È Gesù, ma loro non possono riconoscerlo: è ancora giorno, ma essi sono al buio; la
luce di Pasqua non rischiara il loro cammino e la tristezza li acceca perché, per loro, Gesù è morto e
non c’è più. Quando viene meno il rapporto con il Signore vivente, non si è in grado più di

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riconoscere la sua presenza di vita. Per questo, sono così importanti l’annuncio e la catechesi, che
accompagnano e aiutano a scoprire il senso degli eventi in maniera spirituale, alla luce di Dio.
Perché ciò avvenga, serve che si apra il cuore e il Maestro insegna come fare: Gesù si avvicina ai
due e li interroga: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?» (v.
17). La sua catechesi inizia con una domanda su ciò di cui stanno parlando, li costringe a formulare
i loro dubbi e difficoltà, esplicitando così la loro tristezza. È Cleopa che risponde e dà parole al
disorientamento e alla delusione che li abita: si erano illusi, avevano sperato e sognato che Gesù li
avrebbe affrancati dalla dominazione romana, instaurando un regno visibile e ridando la libertà a
Israele. Essi riconoscono che il Maestro era stato «profeta potente in opere e in parole» (v. 19): la
disillusione non li porta a rinnegare il passato; la loro fiducia sembrava veramente ben riposta.
Avevano avuto motivi fondati per dare credito a Gesù e aspettare da lui la liberazione agognata, ma
poi invece tutto era finito: Gesù era stato condannato ed erano ormai passati tre giorni dalla sua
morte. Per aumentare lo sconcerto, c’era la vicenda delle donne che al sepolcro non avevano trovato
il suo corpo e avevano avuto dagli angeli l’annuncio che egli era vivo: ma come crederlo? Le parole
delle donne erano state confermate da alcuni, che erano andati a vedere e che confermavano che era
come le donne avevano detto. Avevano visto anche loro la tomba vuota, ma Gesù «non l’hanno
visto» (v. 24). La tomba vuota non basta, non riesce a illuminare a sufficienza il mistero. «Lui non
l’hanno visto»: il vuoto del sepolcro pone un interrogativo, ma resta vuoto di risposte.
I due discepoli, confusi e amareggiati, non riescono a capire quanto succede e sono
impossibilitati a riconoscere Gesù, perché da lui si aspettavano un cambiamento radicale delle cose
che invece non è avvenuto. Sotto dominazione straniera, resi stranieri nella loro stessa patria, essi
cercavano redenzione, speravano che la giustizia di Dio trionfasse e, invece, Gesù si era lasciato
mettere a morte e i detentori del potere politico e religioso avevano vinto. E se anche fosse stato
vero quello che le donne vanno dicendo, se anche Gesù fosse vivo e risorto, in realtà nulla è
cambiato: i Romani ci sono ancora e spadroneggiano sul paese, il regno di Dio non si è visibilmente
instaurato, il futuro si è fatto di nuovo buio, è tornata l’oscurità della notte, e non resta che
ricominciare ad aspettare, e a sperare in qualcosa che non illuda.
C’è un rapporto molto stretto tra quanto avviene ai due di Emmaus e la situazione attuale con
l’impegno per la nuova evangelizzazione e per la catechesi. Gli uomini cui siamo inviati hanno
spesso perso il rapporto con il Maestro, sono sfiduciati e delusi, e si lasciano sconcertare dagli
eventi, non riuscendo più a capire il senso delle cose che avvengono, né a trovare consolazione nelle
certezze della religiosità tradizionale. È bene aiutare le persone a riscoprire la strada della fede e ad
approfondirla e camminare con uomini che fanno fatica a vedere Dio nella storia perché la sua
presenza non è visibile come si vorrebbe. Abitiamo, infatti, un mondo in cui sembra che il male sia
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invincibile e che l’ingiustizia abbia l’ultima parola e arriva, come per i due discepoli, l’interrogativo
terribile: se Dio c’è, se Gesù è risorto, da cosa si vede? che cosa è cambiato, se ancora continuano le
persecuzioni, la violenza, la malattia, la morte? L’uomo si aspetta un Dio che agisca secondo il suo
modo di pensare, che distrugga il male in un attimo e cambi la realtà secondo i suoi desideri,
restituendogli un mondo senza più sofferenza e dolore. Perché questo avvenga, devono cambiare i
cuori e il Signore opera proprio in questo senso: Egli è infatti il Dio paziente e compassionevole,
«amante della vita» (cf. Sap 11,21-26), «lento all’ira e grande nell’amore» (cf. Es 34,6; Sal 103,8,
ecc.), che sa attendere e salvare attraverso i percorsi, misteriosamente potenti e solo apparentemente
deboli, del perdono, della conversione interiore, del dono di sé.

Farsi compagni di cammino

Per questi motivi, sono importanti la nuova evangelizzazione che deve portare l’annuncio
evangelico e la catechesi che deve svelare il Risorto. Sulla strada di Emmaus, Gesù insegna: per i
due discepoli tutto è dolorosamente strano e sconcertante; i loro occhi sono appannati e serve la
fede per renderli di nuovo limpidi. Gesù interviene e procede con il suo percorso catechetico,
partendo dalle Scritture (cf. vv. 26-27). Egli è il Maestro che educa alla fede svelando il senso delle
Scritture, punto di riferimento privilegiato per comprendere la sua realtà di Risorto e avvicinarsi al
suo Mistero. Per aprire gli occhi e i cuori dei due discepoli, Gesù – ed ecco un’altra dimensione
essenziale della catechesi – si è fatto compagno di strada, anzi viandante anonimo, sconosciuto
forestiero: «Solo tu sei così forestiero a Gerusalemme che non sai ciò che vi è accaduto in questi
giorni?» (v. 18), gli aveva detto Cleopa in risposta alla sua domanda.
Gesù, in obbedienza al Padre, ha portato a compimento la sua opera, ha affrontato la morte e l’ha
sconfitta, eppure non si presenta con la presunzione dell’eroe e l’arroganza del vincitore. Il Maestro
assume il cammino dell’umiltà, si avvicina ai due accettando di non essere riconosciuto, chiede
notizie come se non sapesse, rispetta pazientemente i tempi dei discepoli per condurli verso la
verità. Non ha pretese e non dice “io conosco il vostro problema e adesso ve lo risolvo, anzi ve l’ho
già risolto”. Gesù lascia che siano loro a esporre il problema che li assilla, a esplicitarlo e, in
qualche modo, a prenderne anche di più coscienza. Il Risorto li interpella con l’umiltà di chi non
pretende di avere risposte già pronte o formule precostituite da ripetere e si avvicina ai due con la
semplicità di chi si mette in cammino con loro, con la pazienza di chi sa aspettare per rivelarsi.

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Rispondere con la Scrittura

Lo svelamento avviene attraverso le Scritture. La catechesi ha bisogno della rivelazione


scritturistica e trova in essa le parole giuste e sempre nuove per parlare agli uomini del mistero di
Dio, perché nella Scrittura si accoglie la Parola di Dio, efficace come la spada che penetra nelle
profondità dell’essere umano, operando meraviglie (cf. Eb 4,12). Il percorso di conversione che
Gesù fa fare ai suoi due compagni di strada passa dunque per Mosè, i profeti e tutte le Scritture,
spiegati alla luce della risurrezione, in uno scambio di illuminazione reciproca, perché Antico e
Nuovo Testamento si incontrano nel mistero pasquale e si illuminano a vicenda, in un continuo
passaggio dall’uno all’altro, così che l’Antico manifesta il suo pieno significato nel Nuovo e il
Nuovo viene spiegato dall’Antico (cf. DV 16). L’evento di Pasqua conduce alla comprensione
piena di tutte le Scritture, mentre le porta a compimento. Gesù in tal modo introduce i due discepoli
nel suo mistero di Risorto e li aiuta a capire cosa è avvenuto in quei giorni sconcertanti. Con la
Scrittura, inizia così quel percorso di rivelazione che troverà il suo compimento nell’eucarestia.

Aprire all’incontro personale

Giunti ormai nei pressi di Emmaus, Gesù sembra voler proseguire, ma i due gli chiedono di
restare: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto» (v. 29). Potrebbe essere,
da parte loro, un semplice gesto di cortese ospitalità, ma, più profondamente, queste parole
manifestano il desiderio di non rimanere soli e di poter continuare ad ascoltare lo sconosciuto. Essi
non possono ancora vederlo nella sua piena realtà, perché la fede è ancora agli inizi, ma
riconoscono l’importanza di ciò che dice, sentono che si tratta di cose vitali, percepiscono il sapore
buono della verità. E quando, entrato con loro, al momento della cena, Gesù spezza il pane nel gesto
tipico dell’eucarestia, gli occhi finalmente si aprono. I due ora sanno, la luce è venuta a rischiarare
la sera; la spiegazione delle Scritture ha preparato l’incontro che ora si verifica nella frazione del
pane. Essi lo possono vedere: occhi e cuore si sono finalmente aperti davanti al segno del suo
donarsi per amore, che li illumina sul mistero del Messia crocifisso e sulla sua vittoria sulla morte.
Avvenuto il riconoscimento, Gesù sparisce e i due possono ripercorrere il cammino fatto e
comprendere cos’era quell’ardere del cuore mentre spiegava le Scritture. Il Maestro è stato
riconosciuto come Risorto e inizia una nuova storia e una nuova realtà. I discepoli che andavano
tristi verso il loro villaggio, ora tornano indietro a Gerusalemme; è notte, ma la luce del «giorno

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uno» brilla per loro, e ritornano da dove erano partiti, accolti adesso dall’annuncio festoso:
«Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone» (v. 34). Gli apostoli si sono aperti alla fede,
perché Signore si è lasciato vedere, e la tomba vuota ha svelato tutto il suo senso. Anche i due di
Emmaus danno la loro testimonianza: essi non hanno «visto» il Signore come nelle apparizioni agli
apostoli, perché Gesù era subito sparito quando i loro occhi si erano aperti (v. 31), ma hanno
ascoltato la spiegazione delle Scritture e lo hanno «riconosciuto» vedendo la frazione del pane (v.
35). Diventano in tal modo figura di riferimento per infinite generazioni di credenti che nella Parola
di Dio e nell’Eucarestia potranno riconoscere e professare che Gesù è il Signore Risorto.
Una nuova era si è aperta e per gli uomini sfiduciati, disillusi e senza speranza, tutto è cambiato.
Come ai tempi di Emmaus, ci sono ancora i potenti che spadroneggiano, c’è ancora il dolore, la
violenza e la morte, ma tutto ha mutato di segno: il Maestro è vivo e il Regno è stato instaurato. È
ora compito dei discepoli farlo crescere insieme al Signore giorno per giorno, portando ai fratelli
l’annuncio pasquale, che è un annuncio di vita e di pace da portare a coloro che credono e stanno
crescendo nella fede, a coloro che credevano e non sanno più riconoscere Gesù, a coloro che non
credono ma vivono aspettando una parola di speranza. I cristiani, e in particolare coloro cui è
affidato il servizio della catechesi, sono chiamati ad andare a tutti gli uomini per camminare con
loro, per annunciare la buona notizia spiegando le Scritture, col cuore che arde, perché quel fuoco,
che è amore, infiammi il mondo intero.

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