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L’EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI MISTICA CRISTIANA

Tracce di passato, presente e futuro


Atti del VI Convegno Internazionale di Mistica Cristiana

«Nel Documento di Aparecida si descrivono le ricchezze che lo Spirito


Santo dispiega nella pietà popolare con la sua iniziativa gratuita.
L’EVOLUZIONE DEL CONCETTO

L’EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI MISTICA CRISTIANA


In quell’amato continente, dove tanti cristiani esprimono la loro fede at-
traverso la pietà popolare, i Vescovi la chiamano anche “spiritualità po- DI MISTICA CRISTIANA
polare” o “mistica popolare”. Si tratta di una vera “spiritualità incarnata
nella cultura dei semplici”. Non è vuota di contenuti, bensì li scopre e li Tracce di passato, presente e futuro
esprime più mediante la via simbolica che con l’uso della ragione stru-
mentale, e nell’atto di fede accentua maggiormente il credere in Deum A cura di
che il credere Deum. È “un modo legittimo di vivere la fede, un modo
di sentirsi parte della Chiesa, e di essere missionari”; porta con sé la Luigi Borriello Annalisa Capuzzi Maria Rosaria Del Genio
grazia della missionarietà, dell’uscire da sé stessi e dell’essere pelle-
grini: “Il camminare insieme verso i santuari e il partecipare ad altre
manifestazioni della pietà popolare, portando con sé anche i figli o in-
vitando altre persone, è in sé stesso un atto di evangelizzazione”. Non
coartiamo né pretendiamo di controllare questa forza missionaria!».
(Papa Francesco, Evangelii gaudium, 124)

Questo volume si inserisce nella serie di nuovi studi mistici che la Li-
breria Editrice Vaticana ha pubblicato a cominciare dal gennaio 1995
con il primo volume della Collana “Mistica”, Introduzione alla mistica.
Fonti e documenti di Walther Tritsch. La pubblicazione è andata avanti
con i teologi che, sulla scia di K. Rahner, hanno parlato di una mistica
nel quotidiano che coinvolge tutti i cristiani e non solo. Ora ad anni di
distanza dalla prima pubblicazione, questo volume vuole fare il punto
sulla situazione di questi studi richiamando lo sviluppo storico circa le
figure e i movimenti e proiettando il discorso in un futuro non lontano
perché non si sa dove lo Spirito Santo guiderà il popolo santo di Dio.
(Dalla Presentazione di M.R. Del Genio)

€ 26,00
L’EVOLUZIONE DEL CONCETTO
DI MISTICA CRISTIANA.
TRACCE DI PASSATO,
PRESENTE E FUTURO
Atti del VI Convegno Internazionale di Mistica Cristiana
Assisi, 8-9 settembre 2022

A cura di
Luigi Borriello, Annalisa Capuzzi, Maria Rosaria Del Genio

Presentazione di
M aria R osaria D el G enio
Immagine di copertina: Stefano di Giovanni detto il Sassetta (1400-1450), “La Visione di S.
Tommaso d'Aquino”, elemento di un trittico smembrato, tempera su tavola, 1423-1426,
Musei Vaticani, Pinacoteca.

Foto © Copyright Governatorato SCV - Direzione dei Musei

© 2023 – Dicastero per la Comunicazione – Libreria Editrice Vaticana


00120 Città del Vaticano
Tel. 06.698.45780
E-mail: commerciale.lev@spc.va
www.libreriaeditricevaticana.va

ISBN: 978-88-266-0822-8
GIOIRONO AL VEDERE IL SIGNORE:
MISTICA ED EVANGELIZZAZIONE

Massimo Naro

1. Sin dall’inizio un intreccio inestricabile

Il rapporto tra mistica ed evangelizzazione non si limita a una


qualche funzionalità della prima rispetto alla seconda o viceversa.
Vorrei mostrare come in gioco ci sia, piuttosto, una loro relazione
genetica. Anzi, per l’esattezza: una relazione reciprocamente ge-
nerativa, nel senso che la mistica e l’evangelizzazione scaturiscono
l’una dall’altra. La congiunzione che preferisco frapporre tra di
esse – parlando, così, di mistica e evangelizzazione – le distingue,
ma non le distanzia. Fa sì, semmai, che formino insieme una pola-
rità lungo il cui asse ciascuna delle due non solo dà adito all’altra
ma pure è pienamente se stessa grazie al fatto che vi sta stretta-
mente in rapporto.
Per un verso è indubbio che la lieta – ancorché spiazzante –
notizia della risurrezione dà luogo, secondo le testimonianze
evangeliche, a un’esperienza di intima e reale comunione col Si-
gnore. In Gv 20,20 tale esperienza è descritta con l’espressione
« gioirono al vedere il Signore »: è ciò che provano i discepoli al-
lorché, la sera di Pasqua, rintanati nel cenacolo di Gerusalemme,
ricevono la visita del Risorto. Prima ancora, durante quella stra-
ordinaria giornata, avevano accolto l’annuncio della risurrezione
da Maria di Magdala, la quale aveva attestato: « Ho visto il Signo-
re », e aveva riferito loro « ciò che egli le aveva detto ». Questo
racconto è confermato da quello che leggiamo in Lc 24, lì dove i
due di Emmaus riportano, con il loro annuncio, la Pasqua nella
224 Massimo Naro

città santa, reduci dal loro incontro col Risorto: « Partirono senza
indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti
gli Undici e gli altri che erano con loro […]. Ed essi narravano
ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto
nello spezzare il pane ». Il versetto successivo a questi – Lc 24,36
– ha una palpabile densità misterica: « Mentre essi parlavano di
queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro », finendo
per evangelizzare anche loro, cioè spiegando anche a loro che le
Scritture di Israele parlavano già di lui. E anche in questo caso la
gioia ebbe infine sopravvento sullo spavento. È proprio il lieto
annuncio – corredato dalla cena: lo spezzare del pane a Emmaus,
i pesci arrostiti nel cenacolo – che mette i discepoli in condizione
di sperimentare la comunione col Risorto.
Come s’intuisce, c’è in questi racconti un continuo rincorrersi
tra l’atto evangelizzatore e l’evento mistico, dato che in – in real-
tà – anche da questo, dall’evento mistico, consegue un inopinato
impulso all’evangelizzazione. Riesce a illustrare suggestivamente
questo circolare dinamismo tra fatto mistico e azione evangelizza-
trice l’esegesi figurale che di questa pagina lucana c’è nel duomo
di Monreale. Agli occhi di chi guarda l’immenso Pantocratore che
campeggia nell’abside centrale, sulla parete sinistra del transetto
si snoda la sequenza di quattro quadroni musivi, che – in stretta
progressione – raffigurano e interpretano appunto l’episodio di
Emmaus. Nel primo quadrone Cristo è rappresentato nella stessa
posa in cui è iconografato nel quadrone della resurrezione e della
discesa nel limbo e si accompagna ai due di Emmaus come un
qualsiasi pellegrino: il suo passo è di danza, esprime il dinami-
smo della Pasqua, mentre i passi dei due discepoli, che non lo
riconoscono ancora, sono goffi e incerti, come a palesare il loro
disorientamento. Nel quarto quadrone i due discepoli tornano
entusiasti a testimoniare il loro incontro col Risorto agli apostoli
rinchiusi nel cenacolo: il loro passo è ormai orientato con decisio-
ne e la posa del discepolo più giovane, quello che non ha nome
secondo il racconto lucano, riproduce la posa che il misterioso
Gioirono al vedere il Signore: mistica ed evangelizzazione 225

pellegrino aveva nel primo quadrone, tant’è che le sue gambe e i


suoi piedi potrebbero essere sovrapposti a quelli di Gesù e com-
baciare perfettamente al suo passo di danza. Nei due quadroni
centrali, il secondo e il terzo, c’è l’apice di questa rilettura artistica
del Vangelo: Gesù è prima ospite alla mensa dei due discepoli e
spezza il pane in mezzo a loro; poi la scena viene come duplica-
ta: rimangono seduti i due discepoli, rimane imbandita la mensa,
anche se ormai non vi è più rappresentato il Cristo mentre il suo
posto a tavola resta vuoto, comparendo in sua vece il pane eu-
caristico che egli ha appena spezzato1. L’assenza diventa, così, il
luogo teologico in cui rintracciare la presenza misterica di Cristo
in mezzo ai suoi discepoli; l’invisibilità di chi non si lascia più
afferrare dalla vista degli occhi diventa il segno che esige di essere
ancora guardato, contemplato, decifrato come sacramento della
presenza permanente del Risorto. Nel complesso si vede come le
parole che il Risorto rivolge ai due discepoli li accompagnano a
fare esperienza piena di lui, a riconoscerlo da sempre presente in
mezzo a loro, allo spezzare del pane certamente, ma pure mentre
egli li evangelizzava, allorché i loro cuori ardevano nell’ascoltar-
lo. Ma la presenza finalmente sperimentata come tale, durante
la cena, rilancia i due discepoli sulla strada, li rinvia al compito
dell’evangelizzazione, che stavolta dovranno loro stessi esplicare.
È una sorta di paradigma sacramentale (ma potremmo dire
anche misterico), che mette insieme la parola con il segno. E che
Luca coniuga a più riprese anche negli Atti degli Apostoli. Si pen-
si all’episodio dell’eunuco etiope narrato in At 8, in cui può tor-
nare utile fare alcune semplici sottolineature.
a) « Un angelo del Signore parlò a Filippo »: è finito il tempo
delle apparizioni del Risorto strettamente intese (come nei Van-
geli), e tuttavia il Signore, cioè proprio il Risorto, sta ancora in

1
Cfr. M. Naro, Guardare la fede, in Il Duomo di Monreale. Lo splendore dei
mosaici, testi di D. Abulafia e M. Naro, LEV- Itaca, Città del Vaticano - Castel Bo-
lognese 2009, 35-65.
226 Massimo Naro

rapporto con i suoi discepoli. Questo rapporto viene riferito da


Luca in termini non più eclatanti, come invece per le apparizioni:
si tratta ormai di visioni mistiche, che però sono riferite con toni
feriali, come se fossero fenomeni quotidiani, normali. È lo stare
del Signore Risorto in contatto con i suoi discepoli, lo stare dei
discepoli a tu per tu con lui, la loro contemporaneità.
b) « Sulla strada deserta che discende da Gerusalemme a
Gaza »: lo scenario è di nuovo la strada, che parte da Gerusa-
lemme, dalla città della Pasqua, come a dire che la Pasqua sta
in movimento, cammina sulle gambe dei discepoli e si reca dove
non c’è ancora nessuno che annunci il Risorto, negli ambienti in
cui l’attesa e anzi la sete di Dio non hanno ancora ricevuto una
efficace risposta.
c) « Un eunuco leggeva il profeta Isaia »: si trattava dei carmi
del Deuteroisia, che celebrano la vicenda del servo sofferente di
Jhwh condotto al macello come una pecora, tosato brutalmente
come un agnello. L’apostolo chiede a quel dignitario della regina
d’Etiopia se capisce quanto sta leggendo e l’eunuco gli risponde:
« Come lo potrei se nessuno mi istruisce? ». Di nuovo è chiamata
in causa l’incomprensione delle Scritture.
d) Filippo « partendo da quel passo della Scrittura, gli annun-
ziò la buona novella di Gesù »: ancora una volta s’innesca la me-
desima dinamica evangelizzatrice, stavolta vissuta dal discepolo,
ma pur sempre secondo il metodo del Risorto.
e) « Giunsero in un luogo dove scorreva un rigagnolo (...)
nell’acqua (...) lo battezzò »: un altro evento sacramentale, di qua-
lità pasquale, stavolta non un pasto che rievocherebbe la cena, ma
il battesimo.
f) « Quando furono usciti dall’acqua, lo Spirito del Signore
rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia
il suo cammino »: come allo spezzare del pane, così nell’acqua
battesimale c’è di nuovo la presenza invisibile ma reale del Risor-
to. Il discepolo rivive l’esperienza del Risorto, si immedesima nel
Risorto, a Lui è conformato, è come se fosse il Risorto. Ne sortisce
Gioirono al vedere il Signore: mistica ed evangelizzazione 227

lo stesso esito pasquale: la gioia, la capacità di riprendere a cam-


minare, come era già accaduto ai due di Emmaus.
Emerge evidente come l’intervento evangelizzatore di Filippo
aiuti l’eunuco a condividerne la comunione col Risorto, vivendola
a sua volta – con intima gioia – nell’esperienza sacramentale e
misterica. Ma non è meno evidente l’attitudine mistica di Filippo,
che si lascia provocare alla missione dall’apparizione dell’angelo
del Signore.
Qualcosa di analogo si registra in At 9, nell’episodio della con-
versione di Saulo. Il quale, per parte sua, è in viaggio sulla strada
che porta da Gerusalemme a Damasco.
a) « All’improvviso lo avvolse una luce dal cielo (...) e gli dis-
se “Io sono Gesù…” »; dopo esser stato atterrato dalla visione,
« Saulo si alzò da terra, ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla »:
l’incontro accade, la rivelazione avviene nella forma dell’illumi-
nazione. Ma nella sua luce, il Risorto si fa sentire, non vedere: di
nuovo l’invisibile presenza sperimentata già dai due discepoli in
cammino verso Emmaus.
b) A Damasco Paolo « rimase tre giorni senza vedere, senza
mangiare né bere »: come a dire che fa anche lui l’esperienza pa-
squale, ma come esperienza mistica (l’illuminazione lungo la via,
la cecità di tre giorni come fosse dentro un sepolcro).
c) « C’era a Damasco un discepolo, di nome Anania, e il Si-
gnore in visione gli disse (...); Anania rispose ». Un dialogo ami-
chevole, straordinario ma feriale, tra il discepolo e il Risorto, il
quale non “appare” e tuttavia si fa vedere ancora in “visione” e gli
parla; con lui Anania colloquia familiarmente, si permette persino
il lusso confidenziale di ribattere, di sindacare. E a lui il Signore
spiega che vuole fare di Saulo lo « strumento per portare il [suo]
Nome alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele ».
d) Peraltro, secondo le parole del Signore ad Anania, anche
Saulo ha visto in visione un uomo che gli avrebbe imposto le mani
sul capo: l’esperienza pasquale di Anania è la medesima di Filip-
po, ma diventa pure l’esperienza stessa di Saulo.
228 Massimo Naro

e) « Anania gli impose le mani (...) e fu battezzato (...) e prese


cibo (...) e gli caddero dagli occhi le squame e riacquistò la vista
(…) e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di
Dio ». È certamente un’ambientazione mistica, da cui deriva il di-
namismo evangelizzatore. L’annuncio del Risorto si compie come
testimonianza di una reale contemporaneità dei vari personaggi
col Risorto in un regime sacramentale e misterico, battesimale (e
implicitamente eucaristico).
f) Per Paolo in particolare avviene un vero e proprio phōtis-
mós, un’illuminazione: soggettiva (in quanto egli vive in una di-
mensione personale la contemporaneità col Risorto) e nondimeno
oggettiva (in quanto si va facendo sempre più chiara la dimensio-
ne ecclesiale, comunitaria, condivisa, di tale contemporaneità col
Risorto).

2. Testimoniare una verità personale


L’afflato mistico, in tutti questi racconti, è sancito dalla visio-
ne, ossia dalla capacità graziosa di accorgersi della presenza del
Signore. Ma anche dall’ascolto del suo Vangelo. È un’esperienza
contagiosa, potremmo dire con Yves Congar,2 che si riproduce
di generazione in generazione, giungendo fino ai nostri giorni e
coinvolgendo anche noi. Si riceve l’annuncio del Risorto e per-
ciò si diventa capaci di vederlo presente ancora, mentre pure
si viene abilitati ad annunciarlo, affinché anche gli altri possa-
no essere resi partecipi della « comunione » con chi « ha visto
e udito », e la « gioia » dei discepoli sia piena, come leggiamo
nell’incipit della 1Gv.
Un grande rappresentante della mistica cristiana, Bernardo
di Chiaravalle, ha ripreso la lezione di 1Gv 1,1-3, sintetizzandola
magistralmente: contemplata aliis tradere. Enfatizzava, in questi

2
Cfr. Y. Congar, La Tradizione e le tradizioni. Saggio teologico, Paoline, Roma
1965, 252.
Gioirono al vedere il Signore: mistica ed evangelizzazione 229

termini, il nesso tra esperienza mistica e impegno evangelizzatore.


Una corretta teologia della trazione ecclesiale tale nesso dovreb-
be continuamente recuperare e valorizzare. Difatti, la tradizione
ecclesiale e la trasmissione credente del Vangelo, altro non sono
che il ricordo e l’annuncio, il racconto e la testimonianza, l’inter-
pretazione e la riproposizione di quanto esperito spiritualmente
nella comunione col Cristo.
Opportunamente Balthasar ha ricavato la sua fascinosa « teolo-
gia dei tre giorni » dall’insistenza con cui nei racconti della passio-
ne si usano il sostantivo parádosis – tradizione – e la voce verbale
paradoûnai (paradídōmi) – trasmettere – ad esso collegata.3 Nel
dramma pasquale Gesù viene stretto in un intreccio di consegne,
che di volta in volta si rivelano come tradimento da parte degli
uomini o come abbandono da parte di Dio, ma al tempo stesso
come dono di Dio elargito per amore (Gv 3,16), come effusione
dello Spirito, come consegna e affidamento di sé nelle mani del
Padre e, poi, anche come trasmissione del memoriale del dram-
ma, a cominciare da Paolo che ricorda eucaristicamente l’evento,
mentre ne riceve la memoria e la tramanda a sua volta (cfr. 1Cor
11,23: « Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta
vi ho trasmesso »). Tutto questo è detto con un’unica, insistente-
mente ricorrente, voce verbale: paradídōmi, da cui parádosis.
C’è un’occorrenza del termine particolarmente significativa,
pur nella sua paradossalità: mentre sta cenando per l’ultima volta
con i suoi discepoli, Gesù li avverte che uno di loro lo tradirà.
Ancora una volta la voce verbale usata in Mt 26,21 e in Mc 14,19
è coniugata da paradídōmi. I discepoli chiedono al Maestro chi
possa essere il traditore. Gesù risponde che il traditore sarà pro-
prio « uno dei Dodici », « colui che intinge con me nel piatto »
(Mc 14,20 e Mt 26,23). La Vulgata traduce il verbo embáptō usato
dagli evangelisti per dire “immergere le dita”, “tendere la mano”,

3
Cfr. H.U. von Balthasar, Teologia dei tre giorni. Mysterium Paschale, Queri-
niana, Brescia 20035, 99-104.
230 Massimo Naro

“giungere a toccare”, con il termine intingere cum: « Qui intingit


mecum in catino » (Mc14,20), « Qui intingit mecum manum » (Mt
26,23). Al cum intingere si avvicina semanticamente il verbo con-
tingere, che deriva da cum tangere, “toccare assieme”, “toccarsi
reciprocamente”. Contagium proviene proprio da contingere. È
per questo che si potrebbe dire che la trasmissione del vangelo
pasquale sia una sorta di contagio.
Il termine “contagio” ha certamente un significato sinistro e,
specialmente in questi nostri ultimi anni di pandemia globale, ri-
evoca il propagarsi di terribili malattie infettive. Ma la sua etimo-
logia ci aiuta a comprendere che, innanzitutto, esso ha un signi-
ficato positivo: appunto toccare con mano, condividere qualcosa
tramite il contatto simultaneo, condividere persino se stessi con
qualcun altro. Il fatto che il luogo neotestamentario in cui rintrac-
ciamo questo termine sia tragicamente segnato dal paradosso non
è una smentita della sua importanza e della sua valenza teologica:
proprio il traditore (ho paradidoús), che non poteva non essere
« uno dei Dodici », è il trasmettitore (di nuovo ho paradidoús), co-
lui che opera o almeno permette la trasmissione.4 Il trasmettitore,
in tal senso, si ritrova coinvolto nello scambio con Dio in Cristo
Gesù. L’evento è così radicale, così grave, così nuovo, che si può
rimanere scossi sino a impaurirsi, sino a desiderare di interrom-
pere la trasmissione, sino a lasciarsi morire. Ma se, invece, nello
sfiorarsi delle mani, sul piatto della parádosis per eccellenza (l’eu-
caristia), si accetta di cambiare “tocco”, di cedere il proprio tocco
debole e violento a Dio e di prenderne in consegna il tocco forte
e tenero, allora si innesca una trasmissione che non finirà più di
assumere per sé il limite e la debolezza altrui per donare in cam-

4
« Quando si tratta di Dio, il testimone è uno designato da chi lo invia, ma è
anche un mentitore: egli sa bene che, pur senza poter parlare diversamente da come
fa, nondimeno tradisce colui di cui parla »: così M. de Certeau, Mai senza l’altro.
Viaggio nella differenza, a cura di E. Bianchi, Qiqajon, Magnano 1993, 20.
Gioirono al vedere il Signore: mistica ed evangelizzazione 231

bio Cristo Gesù. L’evangelizzazione che scaturisce dall’esperienza


mistica ha questa fascinosa efficacia.
È emblematico, a tal proposito, ciò che annotava nel 1929 Ro-
mano Guardini in una pagina del suo Reise nach Sizilien, raccon-
tando non a caso l’esperienza fatta nei giorni del triduo pasquale
proprio nel duomo di Monreale, partecipando ai riti liturgici di
quei giorni. Ciò che colpì maggiormente Guardini fu lo sguar-
do orante della gente riunita dentro il duomo. Guardini, stando
in mezzo al popolo che partecipava a quelle liturgie, ammirava
in quelle persone semplici e popolane « la capacità di vivere-nel-
lo-sguardo, di stare nella visione; di distillare la santa presenza dal
rito e dall’evento liturgico, contemplando », com’egli scrisse ri-
cordando quell’esperienza e così concludendo: « Me ne stavo per
andare, quando improvvisamente scorsi tutti quegli occhi rivolti a
me. Quasi spaventato distolsi lo sguardo, come se provassi pudore
a scrutare in quegli occhi ch’erano già stati dischiusi sull’altare ».5
Alle lebten im Blick, tutti vivevano nello sguardo, tutti stava-
no in visione, Anschauung. Questa visione non è un’esperienza
soltanto soggettiva, ma anche oggettiva. Ed è oggettiva sotto più

5
R. Guardini, « Reise nach Sizilien », in Id., In Spiegel und Gleichnis. Bilder
und Gedanken, Grünewald-Schöningh, Mainz-Paderbon 1990, 158-161: la tradu-
zione qui proposta è mia e ha sfumature differenti rispetto alla versione proposta in
R. Guardini, Diario. Viaggio verso la Sicilia, in Id., Nello specchio dell’anima, tr. di G.
Colombi, Morcelliana, Brescia 2010, 122-123 e 131-134. La stessa esperienza Guar-
dini ricorda di nuovo, ormai negli anni della sua vecchiaia – e precisamente in una
sua lettera del 1964 –, confondendo però Monreale con Palermo: « L’atto liturgico
si realizza nel guardare [o contemplare]. Ciò non vale solo per chi guarda l’altare, o
per chi legge nel libro, ma per tutti e in ogni momento della celebrazione. Questo io
stesso l’ho sperimentato, una volta, quando a Palermo percepii l’attenzione con la
quale l’assemblea nel duomo gremitissimo seguiva la celebrazione del sabato santo,
rimanendo lì per tante ore, senza leggere alcun libro e senza udire alcuna monizione.
Esteriormente questo atteggiamento era solo uno “stare a guardare”; in sostanza
però era qualcosa di più. Lo stare-a-guardare della gente era già un agire; in esso
la gente partecipava di fatto al sacro evento » (Der Kultakt und die gegenwärtige
Aufgabe der Liturgischen Bildung. Ein Brief, in R. Guardini, Liturgie und liturgische
Bildung, Grünewald-Schöningh, Mainz-Paderbon 1992, 12).
232 Massimo Naro

di un riguardo. È oggettiva, lo ribadisco, perché è fatta da tan-


ti: dall’assemblea orante, dalla comunità raccolta nell’ascolto,
dal popolo tutto quanto. Balthasar ha spiegato che è proprio la
portata comunitaria – misterica, sacramentale – dell’esperienza
mistica a certificarne l’oggettività, giacché ciò che uno sperimenta
riceve conferma in ciò che pure gli altri sperimentano assieme a
lui.6 Così, tutti insieme fissano lo sguardo sull’unico e medesimo
Cristo, benché qualcuno possa vederlo sotto un profilo e qualcun
altro sotto un ulteriore profilo.
D’altra parte, la mistica è un’esperienza oggettiva non a dispet-
to ma proprio in quanto è pure soggettiva. Essa equivale ad assu-
mere in personale responsabilità la verità impersonata dal Cristo.
Potremmo a tal proposito parlare di una oggettività soggettuale,
intendendola alla maniera in cui Balthasar spiegava quella ch’egli
chiamava la « verità personale »: « Verità personale significa qui,
all’incontrario di verità non assimilate, solo casualmente espresse,
anonime, irresponsabili, quella verità che, acquisita in decisione
personale, viene portata e trasmessa alla pari in responsabilità
personale. A questa verità aderiscono il sangue e il cuore spiritua-
le di una persona, [che] per essa ha sopportato fatica e dolore ».7
Questa disponibilità « passiologica » – come l’ha definita Balthasar
in Verbum caro – connota l’esperienza dei santi, la cui vicenda può
essere compresa solo se si coglie la loro mistica partecipazione alla vi-
cenda del Cristo. I santi, secondo il teologo elvetico, tornano insisten-
temente « a spingersi nell’attualità dell’evento della Rivelazione »:
« Vogliono essere presenti, quando e dove esso si svolge. Siedono
con Maria [di Betania] ai piedi di Gesù. Pendono dalle labbra del

6
Cfr. il saggio introduttivo di H.U. von Balthasar in A. von Speyr, Mistica og-
gettiva, a cura di B. Albrecht, Jaca Book, Milano 19892, 11-68. Cfr. inoltre P. Seque-
ri, « La “mistica oggettiva” di Adrienne von Speyr. Elaborazione dell’oggettività te-
ologica di un carisma ecclesiale », in Rivista Teologica di Lugano 6 (1/2001) 91-103.
7
H.U. von Balthasar, TeoLogica. I: Verità del mondo, Jaca Book, Milano 1989,
188-189.
Gioirono al vedere il Signore: mistica ed evangelizzazione 233

Signore ».8 E così riverberano il Vangelo di Cristo, ne diventano


copie viventi, come insegna LG 50. Balthasar, partendo da questa
intuizione, ha sviluppato una coraggiosa teologia della Parola, il
cui timbro è evidentemente mistico: « Dio pronuncia la sua parola
nell’uomo. […] Dio ne fa il suo alfabeto, il suo organismo di riso-
nanza e di significato. […] Allora l’uomo, pure nella Rivelazione,
trova Dio centralmente nell’uomo ». « Dio […] fa dell’uomo inte-
ro [una] parola di Dio »9.
Davvero questa è una teologia ad alta densità mistica. Dio,
rivelandosi, non dice semplicemente qualcosa su di Sé, ma dice
Sé medesimo. Di un messaggio su Dio può essere destinatario
chiunque, ma quando il messaggio di Dio è Dio stesso, non ci
può essere altro destinatario che Dio (cfr. Gv 1,18). Intervenire
– come responsabile uditore – in questo discorso di Dio-a-Dio
è, per l’uomo, come ha spiegato Peter Knauer, l’unica possibilità
di comunicare con Dio10. In forza dell’incarnazione del Verbo di
Dio, l’essere umano viene introdotto nel discorso di Dio-a-Dio,
che da sempre si svolge non come un silenzioso soliloquio metafi-
sico, bensì come l’eterno Dialogo-Spirituale del Padre col Figlio.
Anche Divo Barsotti lo ha intuito ed espresso con grande lucidità:
« Allora soltanto l’uomo, di fatto, diviene parola a Dio, quando di-
viene in qualche modo il Figlio stesso Unigenito, quando diviene
uno col Figlio. Quando cioè […] può donare Dio a Dio, quando
il suo dono a Dio non è più il dono soltanto di sé, ma l’anima vive
e partecipa dell’ineffabile colloquio del Padre col Figlio. In fondo
ogni parola tende ad essere la Parola […]. Quella Parola »11.

8
Id., Teologia e santità, in H.U. von Balthasar, Verbum caro, Morcelliana,
Brescia 1968, 200-229, qui 219 e 225.
9
Id., Dio parla come uomo, in H.U. von Balthasar, Verbum caro, cit., 96-97
e 100.
10
Cfr. P. Knauer, Der Glaube kommt vom Hören. Ökumenische Fundamental-
theologie, Herder, Freiburg-Basel-Wien 19916, 114-139.
11
D. Barsotti, La parola e lo spirito. Saggi sull’esegesi spirituale, O.R., Milano
1971, 111-112.
234 Massimo Naro

L’essere umano, dunque, è costitutivamente parola che ha la


grazia e il compito di riecheggiare la Parola. Sulla scorta di questa
ontologia creaturale, Placido Rivilli, nei primi anni cinquanta del
secolo scorso, ha fondato a Palermo un istituto secolare femmini-
le e un movimento laicale che ha significativamente denominato
Presenza del Vangelo, analogo per molti versi al coevo movimento
dei focolari fondato a Trento da Chiara Lubich. Rivilli, che fu
frate minore, interpretò l’evangelizzazione – a cui si sentì cari-
smaticamente chiamato – sia come impegno pastorale sia come
modo autentico di stare in intimo rapporto con Dio. In uno scrit-
to pubblicato postumo all’inizio del 2000, dopo pochi giorni dalla
sua morte, Rivilli ribadì questa convinzione che stava alla base del
movimento da lui fondato: « Siamo chiamati – scriveva ai sodali
del movimento – ad essere la sua Parola per fare di questa Parola
la forza creatrice di un mondo nuovo più umano, più cristiano ».12
Non è un caso che Rivilli abbia intitolato uno dei libri da lui cu-
rato – che raccoglie le conferenze tenute ai convegni annuali del
movimento da autori, tra gli altri, come Giorgio La Pira, Enrico
Medi, Igino Giordani, Eugenio Zolli, Carlo Carretto, Gabriele
Allegra (suo maestro negli anni dello studio teologico), l’abbé
Pierre, Divo Barsotti, Carlo Maria Martini – con questa significa-
tiva espressione: Parole della Parola. Essere parola della Parola, si-
gnifica innanzitutto riconoscere il valore dell’essere umano, a cui
è destinato l’annuncio evangelico. Con l’incarnazione, il Verbo
eterno « si inserisce nella vita dell’uomo, parla il suo linguaggio,
ne accetta le sofferenze e le fatiche, muore per la sua salvezza e
lo rende partecipe della gloria della resurrezione ».13 Annunciare
questo, evangelizzare cioè, significa rendere testimonianza al va-
lore che l’essere umano acquista allorché lo si considera secondo
lo sguardo di Dio.

P. Rivilli, In lotta per Cristo, in « Presenza del Vangelo » 53 (1/2000) 2-3.


12

Id., Cristo: testimonianza alla verità, in Parole della Parola, a cura di P. Rivilli,
13

Ed. « Crociata del Vangelo », Palermo 1987, 146.


Gioirono al vedere il Signore: mistica ed evangelizzazione 235

3. Annunciare l’essenziale

D’altronde, la visione cui prima facevo cenno è un’esperienza


oggettiva anche perché si tratta di vedere come il Cristo vede. Solo
con lo stesso sguardo del Cristo il credente riesce a vedere la real-
tà per quello che è, bisognosa del Risorto e misteriosamente ane-
lante all’incontro con lui. Guardini ha spiegato quest’altra dimen-
sione dell’oggettività della visione parlando di Weltanschauung.
Egli considerava la Weltanschauung appunto come un esercizio
cristico: in tanto ci può essere una visione cristiana della società
in quanto è realizzata a partire dal punto di vista di Cristo Gesù,14
vale a dire dal di dentro della storia, come poi avrebbe ribadito
il concilio in LG 31, dove si accenna in particolare all’indole se-
colare della testimonianza credente dei Christifideles laici. Non,
dunque, dall’esterno, ideologicamente, ma ab intra, dal di dentro,
storicamente. Il di dentro della storia è il contesto in cui s’inoltra
lo sguardo del Cristo, che è sguardo di compassione: « Li vide e
ne ebbe compassione », si legge tante volte nei Vangeli a propo-
sito dell’atteggiamento di Gesù nei confronti delle persone che
incontrava lungo le strade dell’evangelizzazione. Possiamo deri-
varne che il compatire, il condividere il disagio altrui, le altrui sof-
ferenze, non è un sentimento erratico, ma si sperimenta mentre si
annuncia il Vangelo del Regno di Dio. E non si riduce a una mera
postura emozionale, ma induce a una presa di posizione sociale:
spinge alla commozione interiore, ma anche provoca alla mozione
esteriore.
L’evangelizzazione è così coniugata con la promozione umana.
Ma quest’ultima non è mero attivismo pastorale o al limite sociale.
La promozione umana ispirata dall’evangelizzazione non è altro
che una forma radicale di esperienza mistica, come dimostra la vi-
cenda di personalità spirituali come Giorgio La Pira: una mistica

14
Cfr. R. Guardini, La visione cattolica del mondo, a cura di S. Zucal, Morcel-
liana, Brescia 20052, 34.
236 Massimo Naro

con gli occhi aperti, potremmo dire con Johann Baptist Metz.15
Infatti, il di dentro del mondo è anche il rovescio della storia:
Guardini avvertiva che vedere il mondo come lo ha visto Gesù
significa vederlo all’incontrario, capovolto in una « inversione dei
valori » analoga – potremmo dire – a quella cantata da Maria di
Nazaret nel Magnificat, un « capovolgimento » che dovrebbe im-
porre ai credenti l’interrogativo formulato dallo stesso Guardini:
« Che cosa avverrà allora del mondo? »16.
Questa domanda ci aiuta a capire che la Weltanschauung è un
atto performativo oltre che ermeneutico: guardando il mondo
con gli occhi del Cristo e dal suo punto di vista, lo si interpreta in
una ben precisa maniera (evangelicamente), ma l’interpretazione
deve evolversi in trasformazione, poiché il mondo ha da essere
pure trasformato e cambiato, oltre che contemplato e compreso.
Mi permetto di approdare a questo tipo di riflessione perché oggi,
anche in Europa e in Occidente, riacquisire una peculiare postura
ecclesiale in ambito sociale implica lo sforzo di smarcarsi dalla
mera parenesi, mediante l’elaborazione e l’argomentazione di una
chiaroveggente ermeneutica degli accadimenti storici, si tratti del-
la pandemia o della guerra o della crisi ecologica o della depres-
sione economico-finanziaria. Il Vaticano II ha suggerito, special-
mente in GS 46, il metodo per una tale ermeneutica: concentrare
seriamente l’attenzione sui problemi più urgenti, considerandoli
« alla luce del Vangelo e dell’esperienza umana ». Se non fa ricorso
alla logica evangelica, come chiave di interpretazione del reale,
e se non si fa carico del vissuto concreto della gente, la Chiesa
non asseconda la sua vocazione di presenza testimoniale e persino
martiriale nella storia e nel mondo.
Papa Francesco, in questa prospettiva, ha parlato in EG 87
di « “mistica” del vivere insieme », vale a dire del sostenersi a vi-

15
Cfr. J.B. Metz, Mistica degli occhi aperti. Per una spiritualità concreta e re-
sponsabile, a cura di J. Reikerstorfer, Queriniana, Brescia 2013.
16
Cfr. R. Guardini, La visione cattolica del mondo, cit., 35.
Gioirono al vedere il Signore: mistica ed evangelizzazione 237

cenda, del sorreggersi in braccio gli uni con gli altri, del cammi-
nare abbracciati. Questa mistica permette di attingere l’essenzia-
le, come lo ha chiamato lo stesso Francesco parlando a Firenze
nel novembre 2015: si tratta dell’essenziale costituito proprio dal
kḗrygma, dall’annuncio evangelico offerto al mondo da parte di
« tutto il popolo di Dio », « popolo e pastori » insieme precisa-
va il papa. È la testimonianza oggettiva – in quanto comunitaria,
verificata nel crogiuolo della reciprocità, garantita dalla vigilanza
degli uni sugli altri – dell’amore che i cristiani devono offrire nel
mondo, in particolare dell’« amore del prossimo », che rappresen-
ta – come leggiamo in EG 161 – « il più essenziale »17.

17
Mi permetto di rimandare a M. Naro, Protagonista è l’abbraccio. Temi teolo-
gici nel magistero di Francesco, Marcianum Press, Venezia 2021.
Indice

Presentazione di Maria Rosaria Del Genio. . . . . . . . . . . . 3


Identità della vita mistica: approccio storico-teologico
Luigi Borriello, ocd . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
Gli inizi. I – V secolo. Momenti e figure salienti
Roberto Ferrari, osb. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
Alto e basso medioevo. Momenti e figure salienti
Raffaele Di Muro ofm conv. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
Epoca moderna. Momenti e figure salienti
Giovanni Grosso, o.Carm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89
La mistica nell’età contemporanea. Momenti e figure salienti
Alfonso V. Amarante, cssr. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
La mistica nella prima metà del ’900. Momenti e figure
salienti
Anna Maria Rossi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131
Una mistica rahneriana? La mistica secondo Karl Rahner
Ignazio Sanna. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145
La mistica secondo H. U. von Balthasar
Mario Imperatori, S.I.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177
Dove va la mistica oggi?
Angela Ales Bello. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193
Elementi di mistica nell’enciclica Fratelli tutti
Francesco Neri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213
296 Indice

Gioirono al vedere il signore: mistica ed evangelizzazione


Massimo Naro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223
Laicità e mistica. Culture del Novecento incontrano la mistica
Giulia Paola di Nicola – Attilio Danese. . . . . . . . . . . . . 239
La mistica tra teologia e pastorale. Interrogativi e prospettive
Domenico Sorrentino. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 263
Conclusioni
Ernesto Preziosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 287
L’EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI MISTICA CRISTIANA
Tracce di passato, presente e futuro
Atti del VI Convegno Internazionale di Mistica Cristiana

«Nel Documento di Aparecida si descrivono le ricchezze che lo Spirito


Santo dispiega nella pietà popolare con la sua iniziativa gratuita.
L’EVOLUZIONE DEL CONCETTO

L’EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI MISTICA CRISTIANA


In quell’amato continente, dove tanti cristiani esprimono la loro fede at-
traverso la pietà popolare, i Vescovi la chiamano anche “spiritualità po- DI MISTICA CRISTIANA
polare” o “mistica popolare”. Si tratta di una vera “spiritualità incarnata
nella cultura dei semplici”. Non è vuota di contenuti, bensì li scopre e li Tracce di passato, presente e futuro
esprime più mediante la via simbolica che con l’uso della ragione stru-
mentale, e nell’atto di fede accentua maggiormente il credere in Deum A cura di
che il credere Deum. È “un modo legittimo di vivere la fede, un modo
di sentirsi parte della Chiesa, e di essere missionari”; porta con sé la Luigi Borriello Annalisa Capuzzi Maria Rosaria Del Genio
grazia della missionarietà, dell’uscire da sé stessi e dell’essere pelle-
grini: “Il camminare insieme verso i santuari e il partecipare ad altre
manifestazioni della pietà popolare, portando con sé anche i figli o in-
vitando altre persone, è in sé stesso un atto di evangelizzazione”. Non
coartiamo né pretendiamo di controllare questa forza missionaria!».
(Papa Francesco, Evangelii gaudium, 124)

Questo volume si inserisce nella serie di nuovi studi mistici che la Li-
breria Editrice Vaticana ha pubblicato a cominciare dal gennaio 1995
con il primo volume della Collana “Mistica”, Introduzione alla mistica.
Fonti e documenti di Walther Tritsch. La pubblicazione è andata avanti
con i teologi che, sulla scia di K. Rahner, hanno parlato di una mistica
nel quotidiano che coinvolge tutti i cristiani e non solo. Ora ad anni di
distanza dalla prima pubblicazione, questo volume vuole fare il punto
sulla situazione di questi studi richiamando lo sviluppo storico circa le
figure e i movimenti e proiettando il discorso in un futuro non lontano
perché non si sa dove lo Spirito Santo guiderà il popolo santo di Dio.
(Dalla Presentazione di M.R. Del Genio)

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