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MIMESIS
MIMESIS / ASKESIS / STUDI DI FILOSOFIA ANTICA
N. 11
Comitato sCientifiCo
Michele Abbate (Università di Salerno)
Enrico Berti (Professore Emerito, Università di Padova)
Elisabetta Cattanei (Università di Cagliari)
Fulvia De Luise (Università di Trento)
Maurizio Migliori (Università di Macerata)
Thomas A. Szlezák (Professore Emerito, Università di Tübingen)
La pubblicazione di questo volume è stata finanziata medianti i fondi assegnati
dal Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università di Udine al PRID 2015 dal
titolo Immagini della luce. Percorsi filosofici e letterari.
Collana: Askesis, n. 11
Isbn: 9788857561370
Premessa
LuCe Come immaginaLità
di Salvatore Lavecchia 7
autori 251
gaetano Lettieri
FIAT VERBUM, FIAT LUX
Il Prologo giovanneo come ritrattazione protologica
del battesimo di Gesù e presentazione
dell’incarnazione al Giordano
del Figlio al Giordano, che risulta però al tempo stesso ritrattato ontolo-
gicamente, tramite una riflessione retroproiettiva della luce escatologica
nella luce protologica, nella quale quella pare come essere riassorbita o
sommersa. In effetti, il Prologo articola un “doppio gioco”, un avvento
speculare, nel quale eventuale e ontologico si riflettono l’uno nell’altro:
a) rivela l’ἀρχή divina, l’eterna teogonia di Luce del preesistente Figlio
creatore, ma b) rivela, nella maniera più solenne, anche lo sfolgorante mo-
mento del manifestarsi del Logos/Luce al Giordano, descritto in diretta
come ἀρχή storico-narrativa del vangelo4. L’Ecce apocalittico5-teofanico si
sdoppia… Unicamente grazie alla katabasis storica dell’Unigenito il cielo
si apre, dischiudendo la visione della preesistente venuta intradivina del
Figlio, unico rivelatore e interprete del Padre: infatti, soltanto l’avvento del
Figlio Verbum/Lux al Giordano consente di riconoscerlo come primordiale
Fiat di Dio, da sempre avveniente dal Padre. Il raddoppiamento specula-
tivo, che consente l’innalzamento del Messia crocifisso all’intimità pre-
esistente con Dio, funziona unicamente se si rivela attiva la scaturigine
eventuale che governa lo speculare esemplarismo inverso tra Figlio storico
e Figlio eterno.
Il Prologo, pertanto, sostituisce o ritratta gli inizi dei vangeli sinottici
o delle tradizioni da questi presupposte, che iniziavano con il battesimo
carismatico di Gesù (Marco) o con la sua traslazione nel concepimento
soprannaturale del Figlio nel seno di Maria (Matteo, Luca). Nel IV vangelo
il rito battesimale risulta cancellato, ma al suo posto è mantenuto, ed esalta-
to riflettendolo nella preesistenza, l’evento escatologico-apocalittico della
teofania al Giordano. Presso il fiume dove la tradizione profetica collocava
una storica “porta del cielo”, l’avvento della luce messianica profetizza-
ta da Isaia è interpretato come discendere dell’Unigenito in Gesù, quindi
come Fiat Verbum caro factum, in cui ri-avviene il Fiat Lux creativo, detto
da Dio nell’eterna generazione del Figlio ἐν ἀρχῇ, quando nella Genesi lo
Spirito aleggiava sulle acque primordiali. Il Prologo, allora, annunciando
la nuova Genesi ri-creativa del Fiat Verbum/Lux, rivelerebbe l’«ἡμέρα μία/
dies unus» (Gen 1,5), «il primo giorno» della missione storica del Figlio
divenuto uomo/carne6, pure attestando una retractatio mistico-sapienziale
del racconto tradizionale del battesimo messianico di Gesù (cf. Mc 1,9-11)
o di quello della sua “vocazione” elettiva successiva al battesimo (cf. Lc
3,21-22), al punto che la scaturigine storica dell’evento pare risultare quasi
cancellata.
Eppure, un decisivo, lampante indicatore dell’evento del Giordano ri-
mane: nel Prologo, è chiamata in causa per ben due volte la figura storica
di Giovanni Battista, il genius loci del Giordano, che, in tutte le tradizioni
cristiane primitive, “provocava” e mediava con il rito battesimale la gene-
razione/manifestazione del Figlio prediletto. Insomma, togliendo in sé i
“principi” narrativi dei vangeli sinottici, il Prologo proclama il principio
ontologico del Logos dio preesistente, traslato dal seno di Maria al seno
6 «Le Prologue pourrait à juste titre être appelé ‘Genèse de Jésus-Christ’ L’Évangile
de Matthieu commence lui aussi par ces mots: “Livre de la Genèse de Jésus Christ
(Βίβλος γενέσεως Ἰησοῦ Χριστοῦ)” [1,1]» (R. Meynet, Analyse rhétorique du
Prologue de Jean, in “Revue bibliqueˮ 96/4, 1989, 481-510, in part. 507). Discor-
so analogo, come vedremo, si potrebbe fare per l’incipit di Marco, per il quale «il
principio del vangelo di Gesù Cristo (ἀρχὴ τοῦ εὐαγγελίου Ἰησοῦ Χριστοῦ)» (1,1)
coincide proprio con l’attività battista di Giovanni.
126 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
10 Cf. la conclusione di uno studioso per altro assai moderato quale R.E. Brown,
An Introduction to the Gospel of John, Doubleday, New York 2003, tr. it. Intro-
duzione al Vangelo di Giovanni, Queriniana, Brescia 2007: «In gran parte del
materiale narrativo di Giovanni e dei sinottici, credo che le prove non favoriscano
la dipendenza giovannea dai sinottici o dalle loro fonti. Giovanni attinse da una
tradizione indipendente, simile alle tradizioni che soggiacciono ai sinottici» (119).
Eppure, Brown aggiunge: «Nonostante non sia convinto di questo, specialisti seri
ritengono che nella redazione finale di Giovanni un piccolo numero di dettagli sia
stato preso a prestito direttamente da Marco» (120). Sostanzialmente scettico sul-
la dipendenza letteraria di Giovanni dai sinottici è R. Schnackenburg, Il vangelo
di Giovanni…, I,29-52; sulla tesi della dipendenza non letteraria di Gv (nella sua
duplice redazione) da tradizioni marciane e sui suoi rapporti con le altre tradizioni
sinottiche, cf. P.N. Anderson, Interfluential, Formative, and Dialectical – A Theo-
ry of John’s Relation to the Synoptics, in P.L. Hofrichter (ed.), Für und wider die
Priorität des Johannesevangeliums, Olms, Hildesheim 2002, 19-58; in part., cf. la
sua convincente conclusione: «The Johannine tradition engaged the pre-Markan
tradition in the oral stages of their developments and sought to augment and com-
plement the Markan written Gospel… John’s relation to the Synoptic Gospels
was independent but not isolated, connected but not derivative, individuated but
not truncated. In relation to the other Gospels John’s was an engaged autonomy,
and an overall theory of Johannine-Synoptic relations must include factors that
were interfluential, formative, and dialectical» (57-58). Ancora interessante, in
proposito, risulta il bilancio di D. Moody Smith, John and the Synotipcs: Some
Dimensions of the Problem, in «New Testament Studies» 26, 1980, 425-444. E.
Norelli, La nascita del cristianesimo, Il Mulino, Bologna 2014, 106-109, pur pro-
pendendo, invero con molta prudenza, per la tesi della non conoscenza dei sinot-
tici da parte del IV vangelo e sottolineando la notevole differenza di prospettiva
cristologica ed economica tra Gv e Mc, comunque evidenzia l’analogia strutturale
tra i due vangeli: «Insomma, le due costruzioni di una storia del ministero di Gesù
realizzate da Marco e Giovanni differiscono notevolmente, ma convergono nel
mostrare l’esigenza di organizzare per iscritto la tradizione su Gesù sotto forma
di coerente vicenda storica per poter rendere conto del senso di un presente che
comincia a prolungarsi al di là delle generazioni dei discepoli» (109).
11 Cf. H. Windisch, Johannes und die Synoptiker. Wollte der vierte Evangelist die
älteren Evangelien ergänzen oder ersetzen?, Hinrichs, Leipzig 1926: nel testo, la
risposta a questa domanda è nettamente affermativa!
130 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
da non essere entrato in contatto, alla fine del I secolo, con uno o più di
uno dei vangeli sinottici12. Se pare dimostrata la non dipendenza lettera-
ria di Giovanni dai sinottici, considero poco convincente l’ipotesi della
dipendenza parallela e indipendente sia dei sinottici che di Giovanni
da ampie formule kerigmatiche, alcune delle quali organizzate in una
struttura narrativa, che, partendo dal battesimo al Giordano, passando
per la descrizione della predicazione di Gesù in Galilea e a Gerusalem-
me, si concludessero con le vicende della passione, della morte, quindi
dell’annuncio della resurrezione o della visione del Risorto. La non di-
13 Per M. Vinzent, Marcion and the Dating of the Gospels, Peeters, Leuven 2014,
Marcione sarebbe l’autore del primo vangelo, dal quale dipenderebbero tutti i
vangeli canonici: «Marcion, who created the new literary genre of the ‘Gospel’
and also gave the work this title, had no historical precedent in the combination of
Christ’s sayings and narratives» (277). Piuttosto, sulla dipendenza di Marcione da
un vangelo “presinottico”, anteriore allo stesso Marco, oltre che al Luca canonico,
cf. M. Klinghardt, Das älteste Evangelium und die Entstehung der kanonischen
Evangelien, I-II, Francke Verlag, Tübingen 2015; tutti i vangeli canonici, Giovan-
ni compreso, dipenderebbero, pertanto, da questo vangelo “presinottico”, sicché
verrebbe a cadere la stessa ipotesi di Q, quale fonte, insieme con Marco, di Mat-
teo e di Luca. G. Gramaglia, Marcione e il Vangelo (di Luca). Un confronto con
Matthias Klinghardt, Accademia University Press, Torino 2017, ha radicalmente
contestato le tesi dello studioso tedesco, distinguendo comunque a) una prima re-
dazione di Luca, databile agli anni 80/90, dipendente da Marco e da Q, recepita e
utilizzata senza alterazioni da Marcione, da b) una seconda redazione dello stesso
Luca, redatta ad alcuni decenni di distanza, divenuta “canonica” all’inizio del II
secolo, ma ignota a Marcione. Da segnalare il recente, rilevante volume a cura di
C. Gianotto e A. Nicolotti (edd.), Il vangelo di Marcione, Einaudi, Torino 2019.
14 Cf. R. Bauckham, John for Readers of Mark, in R. Bauckham (ed.), The Gospels
for All Christians. Rethinking the Gospel Audiences, Eerdmans, Grand Rapids-
Cambridge 1998, 147-172: pur non condividendo la tesi di fondo di Bauckham,
che interpreta il IV vangelo come scritto per “tutti i cristiani” e non per la ristretta
comunità giovannea, ritengo il saggio significativo per l’ipotesi della conoscenza
di Mc 1,14 attestata da Gv 3,24 e 11,2. Per una contestazione dell’attendibili-
tà dell’interpretazione di Bauckham, cf. comunque W.E. Sproston North, John
for Readers of Mark? A Response to Richard Bauckham’s Proposal, in «Journal
for the Study of the New Testament» 25/4, 2003, 449-468. Per un generico ri-
conoscimento della dipendenza di Giovanni da “materiale sinottico”, cf. J. van
der Watt, An Introduction to the Johannine Gospel and Letters, T&T Clark,
London 2007: «John was written independently, but with some form of contact
with synoptic material» (90). Per recenti tentativi di dimostrare la conoscenza di
Marco da parte di Giovanni, cf. I.D. Mackay, John’s Relationship with Mark. An
Analysis of John 6 in the Light of Mark 6-8, Mohr Siebeck, Tübingen 2004, in
part. 9-54; M. Jennings, The Fourth Gospel’s Reversal of Mark in John 13,31-
14,3, in «Biblica» 94/2, 2013, 210-236. Sulla conoscenza dei sinottici da parte di
Giovanni, cf. il convincente saggio di U. Schnelle, Johannes und die Synoptiker,
in F. van Segbroek et alii (edd.), The Four Gospels. Festschrift F. Neirynck, Leu-
ven University Press, Leuven 1992, 1799-1814. Cf., infine, il prudente bilancio
132 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
18 «La stretta relazione interna tra il pensiero teologico paolino e quello giovanneo
rappresenta il problema più affascinante della teologia neotestamentaria» (M.
Hengel, La questione giovannea…, 141); cf. 140-141; 175; 179; 273; 288-296;
318. Cf. P. Borgen, The Gospel of John: More Light from Philo, Paul and Archae-
ology. The Scriptures, Tradition, Exposition, Settings, Meaning, Brill, Leiden-
Boston 2014, in part. il cap.«Gospel Traditions in Paul and John; Methods and
Structures. John and Synoptics», 67-78. Considero deludente R. Schnackenburg,
Das Johannesevangelium, IV, Herder, Freiburg 1984, tr. it. Il vangelo di Giovanni,
IV, Paideia, Brescia 1985, il cap. «Cristologia paolina e cristologia giovannea»,
125-145.
19 Cf. R. Bultmann, Die Bedeutung der neuerschlossenen mandäischen und mani-
chäischen Quellen fūr das Verständnis des Johannesevengeliums, in “Zeitschrift
für die Neutestamentlischeˮ Wissenschaft, 24, 1925, 100-146, quindi in R. Bult-
mann, Exegetica. Aufsätze zur Erforschung des Neuen Testaments, Mohr Siebeck,
Tūbingen 1967, 55-104; e, ovviamente, R. Bultmann, Das Evangelium des Johan-
nes, Vandenhoek & Ruprecht, Göttingen 1941, 1-56. Giudico, comunque, troppo
netta l’antibultmanniana affermazione di K. Barrett, The Prologue of St John’s
Gospel, Athlone Press, London 1971: «The Prologue is not a jigsaw puzzle but
one piece of solid theological writing. The evangelist wrote it all» (27). Assu-
mo, pertanto, la pragmatica prospettiva di R.A. Culpepper, The Pivot of John’s
Prologue…:«Even if the prologue contains an earlier hymn, attention needs to be
paid to the structure of the present text apart from source analyses» (2). Come non
segnalare il monito di J. Ashton, Studying John: Approaches to the Fourth Gospel,
Clarendon Press, Oxford 1996: «Any exegesis that depends upon a precisely ac-
curate reconstruction of the Vorlage is open to suspicion. This is not because such
a reconstruction would be unhelpful, but because it is virtually unattainable» (6);
coerentemente, Ashton aggiunge una singolare, ma rivelativa affermazione: «I do
not assume that the hymn was composed before the body of the Gospel. Rather I
134 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
think it likely that it was written at a time when the composition of the Gospel was
well under way» (6).
20 Dopo i lavori pionieristici di Lund e le complesse analisi di Boismard, Lamarche,
Feuillet, il saggio più significativo rimane quello di R.A. Culpepper, The Pivot
of John’s Prologue…, che identifica Gv 1,12 come centro di gravitazione della
struttura a chiasma del Prologo. Tornerò, comunque, su quest’ipotesi.
21 Cf. M. Theobald, Die Fleischwerdung des Logos. Studien zum Verhältnis des Jo-
hannesprologs zum Corpus des Evangeliums und zu 1 Joh, Aschendorff, Münster
1988, in part. I capp. 1, “Der Johannesprolog im 19. Jahrhundertˮ, e 2, “Der Jo-
hannesprolog im 20. Jahrhundertˮ, 3-161. Per un più recente bilancio e un aggior-
namento di prospettive sull’interpretazione del Prologo, cf. G. van der Watt, R.A.
Culpepper, U. Schnelle (edd.), The Prologue of the Gospel of John. Its Literary,
Theological, and Philosophical Contexts. Papers read at the Colloquium Ioan-
neum 2013, Mohr Siebeck, Tübingen 2016. Cf., inoltre, L. Miller, Salvation-Hi-
story in the Prologue of John. The Significance of John 1:3/4, Brill, Leiden-New
York- København-Köln 1989, 1-16; A. Dettwiler, Le Prologue Johannique….
22 Cf. E. Harris, Prologue and Gospel. The Theology of the Fourth Evangelist, Shef-
fied Academic Press, Sheffield 1994, T&T Clark, London-New York 20042, in
part. 9-25.
23 Per un’introduzione alla questione, cf. J. Staley, The Structure of John’s Prolo-
gue: Its Implications for the Gospel’s Narrative Structure, in “Catholic Biblical
Quarterlyˮ 48/2, 1986, pp. 241-264; e, soprattutto, il notevole saggio di R.A. Cul-
pepper, The Prologue as Theological Prolegomenon to the Gospel of John, in J.G.
van der Watt, R.A. Culpepper, U. Schnelle (edd.), The Prologue of the Gospel
of John…, 3-26. S. R. Valentine, The Johannine Prologus – a Microcosm of the
Gospel, in “The Evangelical Quarterlyˮ 68/3, 1996, 291-304, definisce Gv 1,1-18
come “a trailerˮ (303) del IV vangelo. Rimando, infine, a J. Painter, The Prologue
as an Hermeneutical Key to Reading the Fourth Gospel, in J. Verheyden, G. Van
Oyen, M. Labahn, R. Beringier (edd.), Studies in the Gospel of John and its Chri-
stology; Festschrift Gilberte Van Belle, Peeters, Leuven 2014, 37-60.
24 In proposito, condivido pienamente la prospettiva di Theobald: «Eine unvorein-
genommene Betrachtung der Eröffnung des vierten Evs zeigt, daß diese nicht mit
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 135
1,18, sondern mit 1,51 endet… Gegen seine Isolierung in der formgeschichtlichen
Exegese hat der Prolog demnach als erster Teil der Texteröffnung Joh 1 zu gelten»
(M. Theobald, Das Evangelium nach Johannes. Kapitel 1-12, Friedrich Pustet,
Regensburg 2009, 489-490).
25 «In its present form, if not in its origin, the gospel must be approached as a unity,
a literary whole» (R.A. Culpepper, Anatomy of the Fourth Gospel. A Study in Li-
terary Design, Fortress Press, Philadelphia 1983, p. 49); «Esistono serie conside-
razioni ermeneutiche, teologiche e letterarie che hanno riportato gli interpreti ad
una “lettura” del testo così come ci appare…Ci sono crescenti indicazioni che mo-
strano come la narrazione del quarto Vangelo abbia senso nel suo ordine presente»
(R.E. Brown, Introduzione al Vangelo di Giovanni…, 77-78); «Pur supponendo
che l’inno al Logos sia esistito prima che il vangelo fosse redatto, la sua precisa
formulazione è andata perduta per sempre. Ne consegue che l’unica base perti-
nente del lavoro di interpretazione è il prologo tale quale è formulato in 1,1-18»
(J. Zumstein, Il vangelo di Giovanni…, I,70). Assumo, pertanto, la prospettiva di
J.A.T. Robinson, The Relation of the Prologue to the Gospel of St John…, 120: «I
accept the view that the whole is the work of a single hand, including the Prologue
and the Epilogue. The attempt to isolate sources on literary grounds cannot be said
to have succeeded».
26 Mi limito a rinviare a J.L. Martyn, History and Theology in the Fourth Gospel,
Harper and Row, New York 1968, Westminster John Knox Press, Louisville-Lon-
don 20033, 145-167; a R.E. Brown, La comunità del discepolo prediletto…, 47-
53; e ad A. Destro e M. Pesce, Come nasce una religione. Antropologia e esegesi
del Vangelo di Giovanni, Laterza, Bari-Roma 1995, 20084.
27 Cf. M. Hengel, La questione giovannea…, 239-243; i redattori di Gv 21 sarebbero
discepoli del presbitero; dopo la morte del maestro, essi avrebbero aggiunto un
secondo epilogo al corpo del vangelo. Cf. H.-J. Klauck, Der erste Johannesbrief.
Der zweite und dritte Johannesbrief, Neukirchener Verlag, Neukirchen-Vluyn
136 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
Sia o meno fondata l’ipotesi sopra avanzata che l’ultimo redattore del IV
vangelo conoscesse almeno uno dei vangeli sinottici, in particolare Marco,
comunque emerge una questione chiave: è possibile misconoscere il ruolo
strategico dell’incipit del vangelo, inteso come biografia di Gesù Figlio di
Dio? L’incipit, infatti, è elemento narrativamente, quindi teologicamente
del tutto fondante28, in quanto chiamato a dichiarare l’origine di Gesù, la
sua nascita quale Figlio di Dio, quindi l’identità profonda di colui che è
annunciato come Messia, “fonte” e fine della buona novella salvifica. La
“natura” dell’eroe dipende dalla sua origine. L’inizio della biografia mes-
sianica, per di più relativa a un Figlio di Dio contestato e violentemente
soppresso, è chiamato a spiegare da dove Gesù derivasse il suo singola-
rissimo e di fatto eversivo carisma, quindi come e dove egli fosse nato, a
che titolo egli potesse vantare un rapporto intimo con il Padre, a partire dal
quale aveva preteso di ridefinire l’identità religiosa ebraica, proiettandola
verso l’imminente e destabilizzante irruzione di un Regno, che egli connet-
teva alla sua stessa persona e alla sua attività apocalittica. Allora, è un caso
che sia Marco che Giovanni inizino con il termine ἀρχή e che entrambi
presentino una connessione intima tra ἀρχή (storica o precosmica) di Gesù
e opera/testimonianza del Battista29? Non è, allora, l’incipit giovanneo –
«In principio era il Logos (Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος)» (Gv 1,1) –, che colloca
in una dimensione premondana l’origine e la divina identità sapienziale di
1991-1992, tr. it. Lettere di Giovanni, Paideia 2013, 65: «Secondo i risultati cui si
è fin qui giunti, 1Gv è posteriore all’opera dello stesso evangelista. Con l’ipotetica
componente redazionale non mancano affinità ma anche differenze… All’interno
dell’orizzonte comune della scuola giovannea possono aver avuto luogo processi
più complessi che oggi non si è più in grado di ricostruire con sufficiente preci-
sione. Un dato è certo: la difficile situazione della comunità di cui parla 1Gv si
riflette anche nello strato redazionale del vangelo. L’autore della lettera [1Gv] non
conosceva probabilmente il capitolo aggiuntivo del vangelo, Gv 21»; cf. 59-65.
Per un’ipotesi di ricostruzioni delle diverse fasi della scuola giovannea, cf. G.
Strecker, Die Johannesbriefe, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 1989, 19-28.
28 Cf. M.D. Hooker, Beginnings and endings, in M. Bockmuehl e D.A. Hagner (edd.),
The Written Gospel, Cambridge University Press, Cambridge 2005, 184-202, in
part. 189-190, su Mc e le diverse identificazioni della lunghezza del suo “prologo”.
29 «Non dovrebbe esservi dubbio che per Marco l’ἀρχὴ τοῦ εὐαγγελίου Ἰησοῦ
Χριστοῦ (1,1) sia precisamente la comparsa di Giovanni» (E. Lupieri, Giovanni
Battista nelle tradizioni sinottiche…, 26). Segnalo come Lc 3,32 utilizzi il verbo
ἄρχω per segnalare l’avvio della missione di Gesù, subito dopo il battesimo e la
visione di Gesù; così, il verbo ἄρχω ricorre in Atti 1,22, per designare l’inizio della
missione di Gesù, avviata dal battesimo e conclusasi con l’ascensione.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 137
camente, cioè dove inizia Marco. Matteo e Luca, scritti dopo Marco, identificano
cristologicamente Gesù al momento del concepimento, mentre Giovanni, che non
descrive il concepimento o la nascita, lo identifica cristologicamente (come la
Parola) in una preesistenza con Dio prima della creazione» (977).
34 Pur se fortemente condizionato da un apriori dogmatico (quello dell’ortodossia
trinitaria e cristologica, retroproiettata sul Prologo), condivido l’assunto fonda-
mentale di S. de Ausejo, ¿Es un himno a Cristo el prólogo de San Juan?...: «El
punto mental de partida para San Juan no es el Logos como Verbo de Dios sin la
carne…, sino el Logos-Cristo, el Cristo histórico… El tema central del Prólogo es
Jesús» (388).
35 Cf. R. Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni…, I,275-279; e R.E. Brown, Gio-
vanni…, 59-60: “Il Vangelo propriamente detto comincia con la testimonianza di
Giovanni Battista resa in tre giorni (1,29 e 35), giorni che hanno un significato
simbolico più che strettamente cronologico… Questa triplice progressione non
fa che esplicitare lo schema fissato in precedenza in 1,6-8”. Questo significa che,
per Brown, il Prologo è fuori dalla narrazione storica del vangelo e che «il primo
giorno» della settimana inaugurale della rivelazione comincia con Gv 1,29.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 139
41 «Filippo incontrò Natanaele e gli disse: “Abbiamo trovato colui del quale hanno
scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret (Ἰησοῦν
υἱὸν τοῦ Ἰωσὴφ τὸν ἀπὸ αζαρέτ)”» (Gv 1,45).
42 «E dicevano: “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe (Οὐχ οὗτός ἐστιν
Ἰησοῦς ὁ υἱὸς Ἰωσήφ)? Di lui conosciamo il padre e la madre (οὗ ἡμεῖς οἴδαμεν
τὸν πατέρα καὶ τὴν μητέρα). Come può dunque dire: «Sono disceso dal cielo (Ἐκ
τοῦ οὐρανοῦ καταβέβηκα)»?”» (Gv 6,42).
43 «The Gospel makes clear the public perception that Jesus is the son of Joseph
from Galilee (1:45; 6,42; 7,41-42; 7,50-52) and contains no inarguable indication
that the author was aware of the conception Christology of Matthew and Luke»
(P.E. Kinlaw, The Christ is Jesus…, 129). Cf. Ch.H. Talbert, “And the Word Be-
came Flesh”: When?, in A.J. Malherbe e W.A. Meeks (edd.), The Future of Chri-
stology. Essays in Honour of Leander E. Keck, Fortress, Minneapolis 1984, 43-52,
quindi in The Development of Christology during the First Hundred Years and
other essays on early Christian Christology, Brill, Leiden-Boston 2001, 131-141,
in part. 135.
44 In ebraico, Spirito è il sostantivo femminile ( רוחRūaḥ); al battesimo, pertanto,
lo Spirito avviene al Giordano, divenendo la madre carismatica di Gesù, sicché
è attestata, quale variante marciana nel Codex Bezae di Cambridge, l’inserzione
della citazione del Salmo 2,7: «Tu sei mio Figlio. Oggi ti ho generato». La varian-
te torna nelle citazioni battesimali riportate da Epifanio di Salamina, Panarion
I, tomo II, eresia XXX, Contro gli ebioniti 13,7-8; quindi in Giustino, Dialogo
con Trifone 88,3 e 8; tornerò, più avanti, su entrambe. Cf. inoltre, Origene, Com-
mento al vangelo di Giovanni, II,87, che cita un «passo del Vangelo secondo gli
Ebrei, dove il Salvatore pronuncia queste parole: “Poco fa mi prese mia madre, lo
Spirito Santo, per uno dei miei capelli e mi trasportò sul gran monte Tabor”»; cf.
Origene, Omelie su Geremia, 15,4. Ritengo che anche il “rinnegamento” di Maria
e dei propri fratelli carnali, operato da Gesù in Mc 3,31-35, possa presupporre un
riferimento alla nuova identità carismatica di Gesù, divenuto figlio elettivo dello
Spirito/Madre.
142 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
il redattore finale pare approdare a una fusione dialettica tra una cristologia
adozionistica di tipo marciano o “ebionita” (Gesù è figlio di Giuseppe e
Maria)45 e un’“altissima” cristologia sapienziale, che lo rivela come Logos
Unigenito, dio presso il Dio Padre. Ma se Giovanni non conosce o taglia via
qualsiasi riferimento all’incarnazione dell’Unigenito in Maria, occorre spo-
starsi al Giordano46, ove è collocabile l’unica ipotesi logicamente alternativa
del farsi uomo del principio divino preesistente, non senza avere evocato la
sfuggente e ambigua figura di Cerinto, nel quale paiono convivere, a detta
degli eresiologi, ebionismo (Gesù è figlio di Giuseppe e Maria) e una va-
riante docetistica (Cristo/Spirito discenderebbe su Gesù al Giordano, per
separarsi da lui prima della passione), che ricorrerà frequentemente in testi
gnostici. Certo, la polemica violentissima che divise la comunità giovannea
parallelamente alla definizione progressiva del corpus, in particolare in ri-
ferimento alla figura dominante del presbitero, presenta un contesto all’in-
terno del quale pare emergere l’oscillante profilo di questo giudeo-cristiano
docetista47. D’altra parte, se il motivo del conflitto teologico tra fazione
giovannea del presbitero e fazione giovannea secessionista fosse stata non
tanto la docetistica negazione della realtà storica e carnale di Cristo48, né la
protognostica dottrina cerintiana del ritrarsi dello Spirito divino dall’uomo
Gesù al momento della passione e della morte49, ma piuttosto la negazione
John’s Christology Adoptionist?, in L.D. Hurst e N.T. Wright (edd.), The Glory of
Christ in the New Testament: Studies in Christology, Clarendon, Oxford 1987, 113-
124: «The union of the Logos or Son of God with Jesus of Nazareth took place in
the descent of the Spirit at his Baptism» (114); ne deriva la restituzione cerintiana,
appunto adozionista della cristologia di Giovanni, che pure sarebbe attestata da
diversi testi gnostici, dalla Testimonianza veritiera al Secondo trattato del grande
Seth. Segnalo, infine, il rilevante volume di un’allieva di Talbert, P. E. Kinlaw,
The Christ is Jesus: Metamorphosis, Possession, and Johannine Christology, Brill,
Leiden 2005. Cf. T. Engberg-Pedersen, Logos and Pneuma in the Fourth Gospel,
in D.E. Aune e F.E. Brenk (edd.), Greco-Roman Culture and the New Testament:
Studies Commemorating the Centennial of the Pontifical Biblical Institute, Brill,
Leiden 2012, 27-48: anche qui Gv 1,32-34 è interpretato come descrizione del
battesimo di Gesù al Giordano (cf. 27; 34; 37-38). Anche per J.F. McGrath, Pro-
logue as Legitimation…, 114 e 117-118, l’incarnazione di Gesù è avvenuta al suo
battesimo. A differenza di Watson, Talbert, Kinlaw, non ritengo, comunque, identi-
ficabile la prospettiva incarnazionistica di Giovanni con quella carismatico-elettiva
o “adozionistica” di Marco, per il quale lo Spirito è una potenza impersonale di
Dio, più che una vera e propria ipostasi distinta e mediatrice. Nella prospettiva
di Marco, non avrebbe senso affermare: «Prima che Abramo fosse, io sono» (Gv
8,58), con l’identificazione personale di Gesù con il preesistente, ontologicamente
ipostatizzato Nome di Dio di Esodo 3,14.
47 Cf. R.E. Brown, La comunità del discepolo prediletto…, 178-180; e soprattutto
The Epistles of John, Doubleday, New York 1982, tr. it. Le lettere di Giovanni,
Cittadella Editrice, Assisi 1986, 20172, Appendice II, «Cerinto», 1033-1040, che
spinge Cerinto in direzione docetistica e protognostica, piuttosto che in direzione
propriamente giudeo-cristiana.
48 È questa la convincente prospettiva di R.E. Brown, La comunità del discepolo
prediletto…, 135-139; R.E. Brown, Le lettere di Giovanni…, 116-136.
49 Secondo P.E. Kinlaw, The Christ is Jesus…, i giovannisti secessionisti sarebbero
effettivamente cerintiani, avrebbero cioè prospettato una cristologia della posses-
144 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
tere di Giovanni; esso, infatti, nella sua intima relazione con 1,29-34 e in
Prologautor auf der Einheit der Person Jesu als des Heilbringers» (492); 4) per
affermare la piena identità personale tra Gesù e il Figlio dell’Uomo/Logos/Cristo/
Spirito celeste, inevitabilmente Theobald è costretto a postulare (seppure non riu-
scendo a trovare nel IV vangelo e neanche in 1-2Gv alcun testo in proposito!) un’i-
dentità originaria tra Logos e carne sin dalla nascita di Gesù, sicché viene postulata
una «incarnation par naissance» (Le Prologue johannique…, 208): «Jesu Person
wurde nicht erst durch irgendeine Begabung bei der Taufe zum Logos-Träger,
sondern ist von ihrer Geburt an mit diesem identisch… Jesus ist keine zufällige,
kontingente “Äußerung” Gottes, sondern sein wesentliches, einziges Wort, in dem
er sich von Ewigkeit her in seiner ganzen Wahrheit geäußert und entäußert hat, sein
Selbst-Ausdruck» (Die Fleischwerdung des Logos…, 492). La novità dell’autore
del Prologo e del redattore finale del vangelo sarebbe, pertanto, proclamare l’in-
separabilità dell’unione tra Spirito/Logos/Figlio dell’Uomo e uomo Gesù, perdu-
rante sino alla morte e resurrezione. 5) Per Theobald, comunque, l’affermazione
dell’unità della persona di Cristo, proclamata in Gv 1,14 con l’identificazione della
carne del Gesù storico con il Logos stesso, ubbidirebbe a un’esigenza di custodia
della tradizionale memoria della realtà del Gesù storico, messa in questione dalla
cristologia dualistica “cerintiana”: «Damit schließt 1,14 gegen die Spekulation der
Taufchristologie an den Geist der ersten Jesus-Tradition an, für die die Einheit der
Person Jesu selbstverständliche Voraussetzung war. Diese Einheit Jesu im Rahmen
der rezipierten und neudefinierten Logoschristologie nun ihrerseits wieder zum
Gegenstand der Spekulation zu erheben, lag dem Autor des Prologs, der seinen
Text zur Bewältigung einer christologischen Krise geschaffen hatte, völlig fern.
Er hat mit 1,14 nur die Grenze markiert, die seiner Überzeugung nach unbedingt
zu respektieren ist, nämlich das Bekenntnis zur Identität Jesu als des Offenbarers
Gottes, das die Option für die Wertschätzung des Geschöpflich-Sarkischen (vgl.
1,3.10.11.14) miteinschließt» (492-493). Trovo le tesi di Theobald non convincenti
e fortemente condizionate da un presupposto confessionale. Seguendo Brown –
che opportunamente sottolinea la difficoltà di ricostruire l’identità storica di Ce-
rinto a partire da testimonianze eresiologiche divergenti (da Ireneo e dall’autore
dell’Elenchos, a Eusebio ed Epifanio, sino a Dionisio Bar Salibi) –, ritengo che:
a) i secessionisti combattuti dal presbitero in 1-2Gv non siano identificabili con
Cerinto, che pare aver radicalizzato le loro posizioni in direzione gnostica; b) che
il Prologo e l’intero Gv possano essere interpretati come patrimonio comune delle
due fazioni giovannee in conflitto, sicché, contro l’interpretazione di Theobald, mi
pare che il Prologo non sia interpretabile come testo anticerintiano; c) in partico-
lare, condivido la prospettiva di R.A. Brown, Le lettere di Giovanni…, 170, che
esclude chiaramente che Gv 1,14 possa essere interpretato come versetto antiseces-
sionista, in quanto gli stessi secessionisti non avrebbero negato il rapporto del Lo-
gos con la carne, ma si sarebbero limitati a non identificare nella morte della carne
l’evento salvifico, che piuttosto identificavano con la stessa teofania della Luce/
Gloria al Giordano; d) a mio parere, entrambi i fronti giovannei condividevano la
convinzione che l’incarnazione del Logos fosse avvenuta al Giordano, ma diver-
gevano sull’interpretazione dell’evento soterico: già perfettamente manifestatosi
con la discesa del Logos/Spirito al Giordano per i secessionisti, successivamente
espulsi, quindi evolutisi verso prospettive gnostiche; compiutosi soltanto con la
146 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
particolare con la katabasis dello Spirito di 32-24, non attesta una prospet-
tiva anti“docetistica”, piuttosto una prospettiva ancora ambigua52, ove l’e-
saltazione della teofania del Logos di Vita, Luce e Gloria prevale rispetto
alla stessa proclamazione della realtà salvifica dell’incarnazione. Il Pro-
logo, pertanto, è anteriore allo scindersi tra 1) la radicalizzazione “cerin-
tiana”, quindi protognostica, di un’incarnazione “dualistica”, provvisoria,
che afferma l’unione dello Spirito con l’uomo Gesù al Giordano, quindi la
dimensione non salvifica della morte dell’uomo Gesù; e 2) la polemica an-
tidocetistica del presbitero, attestata dalla Lettere di Giovanni, che insiste
non soltanto sul carattere definitivo dell’unione tra Spirito e Gesù avvenuta
al Giordano (cf. già l’ἔμεινεν ἐπ' αὐτόν di Gv 1,32), ma anche sulla dipen-
denza della salvezza dal reale sacrificio espiatorio della carne di Cristo (tesi
influenzata da Paolo?), quindi dal dono del suo sangue sulla croce, sicché,
come proclama 1Gv 5,5-8, la salvezza non viene soltanto dallo Spirito e
dall’acqua (quindi dalla manifestazione salvifica dello Spirito dell’Unige-
nito al Giordano), ma anche dal sangue di Gesù morto in croce.
Il Prologo, infatti, afferma una prospettiva condivisibile da parte di en-
trambi i fronti che verranno a confliggere nel seno stesso della comunità
giovannea: a) l’incarnazione del Logos nella carne di Gesù al Giordano,
cioè al cospetto del Battista (come confermato da 1,32-34), è manifesta-
zione della Luce principale e della sua gloria: l’affermazione dell’incar-
nazione di 1,14 non è comunque affatto approfondita in senso “realista”,
come ad esempio lo sarà nel Prologo di 1Gv 1,1-3. Come ha chiarito Ernst
Käsemann, che ha riconosciuto attivo nel Prologo un docetismo ingenuo,
l’aspetto della manifestazione apocalittica della gloria divina in Cristo pre-
vale nettamente rispetto a quello dell’incarnazione reale e kenotica del Lo-
gos nell’uomo Gesù, sicché il Prologo culminerebbe in 1,14b, piuttosto che
in 1,14a, come sostenuto da Bultmann53. b) L’evento battesimale al Gior-
ciò fu quando lo Spirito discese (1,32) – niente fu più necessario dal punto di vista
salvifico. Una tale concezione può essere collegata alla posteriore tesi mandea:
“Quando venni, io l’inviato dalla Luce… venni con il segno (di olio?) su di me e
con il battesimo” (Diritto Ginza 2.62.10-14; Lidzbarski, pp. 57-78). L’autore [il
presbitero] sta negando la tesi che la venuta di Gesù nel battesimo fosse sufficien-
te ed egli sta insistendo che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, venne completamente
come Salvatore del mondo (1Gv 4,14) solo tramite la sua morte quando servì da
riparazione per tutto il mondo (2,2). Non è chiaro che cosa l’autore della lettera
voglia dire affermativamente riguardo alla venuta nel battesimo, ma sicuramente
egli non si preoccupa di metterla in risalto» (R.E. Brown, Le Lettere di Giovanni…,
786-787). Comunque, Brown continua a presentare la dottrina dell’incarnazione
del Logos al Giordano/battesimo come tesi soltanto plausibile, non escludendo
esplicitamente quella tradizionale dell’incarnazione in Maria.
53 «È impossibile non scorgere il pericolo che minaccia la sua cristologia della glo-
ria; è il rischio del “docetismo”, che si presente in una forma ingenua e non è an-
cora riconosciuto come pericolo… Giovanni non ha saputo esprimersi altrimenti
148 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
che nella forma di un docetismo ingenuo» (E. Käsemann, L’enigma del Quarto
Vangelo…, 37). Infatti: «Nel quarto vangelo la gloria di Gesù domina fin da prin-
cipio l’intera presentazione, tanto che l’inserimento della storia della passione
costituisce inevitabilmente un problema. Eccettuati i pochi accenni che la antici-
pano, la passione di Gesù compare solo alla fine del Vangelo. Si potrebbe quasi
dire che la passione costituisca un’aggiunta, perché, se da una parte Giovanni non
la poteva tralasciare, dall’altra non la poteva neppure inserire in modo organico
nel suo vangelo con la forma che essa aveva ricevuto dalla tradizione» (20). «La
dichiarazione che la Parola è stata fatta carne vuol veramente dire qualcosa di più
del fatto che egli è disceso nel mondo degli uomini, che è venuto a contatto con
ciò che è terreno e che quindi è stato possibile un incontro diretto con lui? Tutto
questo non è forse subordinato all’altra dichiarazione: “Abbiamo contemplato la
sua gloria”, da cui soltanto riceve il suo contenuto» (22). Conseguentemente, la
morte [di Gesù] è la manifestazione dell’amore divino che si dà e il ritorno vit-
torioso dal mondo straniero al Padre che lo ha mandato» (23), sicchè «Giovanni
comprende l’incarnazione come proiezione della gloria della preesistenza e la
passione come ritorno in essa» (31). In questa prospettiva, che condivido, cf. le
limpide pagine di R.E. Brown, La comunità dei discepolo prediletto…, 136-139;
in part.: «Il Gesù giovanneo non ha l’aspetto di una vittima durante la passione…
L’idea del sacrificio ha ceduto il passo a quella della rivelazione, come esprime
chiaramente T. Forestell, The Word of the Cross: Salvation as Revelation in the
Fourth Gospel, Istituto Biblico, Roma 1974, 191: “La croce di Cristo in Gv viene
valutata precisamente in termini di rivelazione in armonia con la teologia di tutto
il Vangelo, invece che in termini di sacrificio vicario ed espiatorio per i peccati”…
La morte fisica di Gesù non ha alcuna particolare importanza se non come mani-
festazione della doxa» (137-139); cf. R.E. Brown, Giovanni…, 914-918. Al con-
trario, per il prevalere nel Prologo di una prospettiva antidocetistica, centrata su
1,14, oltre ai lavori sopra citati di Theobald, cf. W. Loader, Jesus in John’s Gospel.
Structure and Issues in Johannine Christology, Eerdmans, Grand Rapids 2017,
373-392. Per una valutazione sistematica della questione docetistica, a partire
dalla polemica attestata in 1Gv, cf. W. v. Heyden, Doketismus und Inkarnation.
Die Entstehung zweier gegensätzlicher Modelle von Christologie, Narr Francke
Attempto Verlag, Tübingen 2014, 3-216.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 149
54 Per una convincente analisi del rapporto di Gv 3,31-36 come ipertesto dell’ipote-
sto Gv 3,1-21, cf. J. Zumstein, Il vangelo secondo Giovanni…, I, 169-181.
55 Sull’opposizione relativa tra Gesù celeste e Giovanni terreno, che riconosce colui
che viene dall’alto e a lui rinvia sottomettendoglisi, quindi senza opporglisi asso-
lutamente, cf. R.E. Brown, Giovanni…, 212-215.
56 Cf. R.E. Brown, Giovanni…, 77-84.
57 «Questi [il Figlio di Dio] è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo;
non con acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che rende
testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che rendono
testimonianza: lo Spirito, l’acqua e il sangue e questi tre sono concordi… E la
testimonianza è questa: Dio ci ha dato la vita eterna e questa vita è nel suo Fi-
glio» (1Gv 5,6-8 e 11). Probabilmente, il testo è da leggere in connessione con Gv
19,34; cf. R.E. Brown, Le lettere di Giovanni…, 780-789; e 124-128.
150 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
con Luca l’omissione della descrizione del battesimo di Gesù per mano del
Battista, d’altra parte, a differenza di Luca, arriva addirittura a censurare la
notizia di un battesimo di Gesù. Questa censura è, effettivamente, eclatante
e il tentativo, frequente presso i critici, di cercare di recuperare l’evento del
battesimo di Gesù a partire dalle oblique affermazioni di Gv 1,32-34 è non
soltanto arbitrario, ma persino fuorviante, in quanto finisce per rimuovere
del tutto la questione davvero massima, anzi capitale del perché il IV van-
gelo abbia introdotto una così rilevante messa tra parentesi di una notizia
storica unanimemente attestata61.
Infatti, secondo «il criterio di imbarazzo», prova della storicità dell’e-
vento del battesimo di Gesù è la stessa aspra difficoltà teologica che la sua
subordinazione al potere purificatorio del Battista comporta62, una volta
identificato Gesù con l’escatologico e salvifico Figlio di Dio, fosse egli
restituito come Vero Profeta, nuovo/ultimo Adamo, Messia/Cristo, Figlio
di Dio prediletto, Figlio dell’uomo, Sapienza, Potenza di Dio, Nome, “Io
Sono”, Logos/Luce/Vita, Unigenito, etc…. Se Gesù è l’uomo perfetto, l’e-
non interviene nel suo ruolo tradizionale di “battezzatore”, ma nella sua funzione
giovannea di testimone. Teologicamente questo vuol dire che la dignità del Gesù
giovanneo non è stabilita dal battesimo che Giovanni gli avrebbe dispensato, ma
che al contrario l’effusione dello Spirito, indipendente da qualsiasi azione del
Battista, è il segno di una dignità di origine trascendente» (J. Zumstein, Il Vange-
lo secondo Giovanni…, I,104 e 109). È metodologicamente opportuno ricordare
questa rigorosa precisazione di R.E. Brown, La nascita del Messia…: «Con le
normali regole delle testimonianze bibliche si può ritenere che Gesù fu di fatto
battezzato da Giovanni Battista, ma non possiamo sapere quanto venne rivelato
in quella circostanza riguardo a che cosa e a chi, neppure realmente se i cieli si
aprirono, se una voce si fece udire dall’alto e una colomba discese» (978). La
restituzione narrativa del battesimo di Gesù è creazione di ciascuno degli evange-
listi, che ovviamente retroproiettano sul battesimo le loro diverse interpretazioni
cristologiche.
61 «Si on ne connaissait l’événement grâce à une autre tradition (synoptique), la
vision johannique ne laisserait deviner à personne que Jésus s’est fait baptiser par
Jean» (M. Theobald, Le Prologue et ses lecteurs implicites…, 214). «Auch daß
die Taufe Jesu durch Johannes verschwiegen wird, ist ein deutliches Zeichen für
solche Polemik [quella relativa all’interpretazione del battesimo all’interno della
comunità giovannea]» (M. Theobald, Die Fleischwerdung des Logos…, 280). Ri-
tengo che la “rimozione” del battesimo dipenda comunque non da una polemica
intragiovannea (come ritiene Theobald), ma soprattutto da una polemica della
comunità gesuana contro quella del Battista.
62 Cf. Cf. J.P. Meier, A Marginal Jew. Rethinking the Historical Jesus. Vol 2: Mentor,
Messages, and Miracles, Doubleday, New York 1994, tr. it. Un ebreo marginale.
Ripensare il Gesù storico. 2: Mentore, messaggio e miracoli, Queriniana, Brescia
2002, 20032, 167-168.
152 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
63 «Egli [Giovanni Battista] ebbe alcune idee tremende: inventò il battesimo che
toglie i peccati (e la pericolosità rivoluzionaria di tale pratica, in quanto alterna-
tiva al sacrificio espiatorio, non dovrebbe essere sfuggita ai più intelligenti fra i
Giudei suoi contemporanei) nell’attesa della fine del mondo. Per questa fine egli
ritenne forse che sarebbe arrivato Qualcuno, la cui fisionomia ora ci sfugge, il
quale avrebbe operato in un momento escatologico quella rivoluzione che lui, il
Battista, stava operando nella storia. Costui non avrebbe, infatti, asperso il suo
popolo con uno Spirito effuso dall’alto, come avveniva con l’acqua di purifica-
zione e come era previsto dai profeti del passato, ma avrebbe immerso Israele,
battezzandolo nello Spirito di salvezza, come suggerisce Marco, o, più proba-
bilmente, nel fuoco (ovvero in uno Spirito che è fuoco), come indica Luca» (E.
Lupieri, Giovanni Battista nelle tradizioni sinottiche, Paideia, Brescia 1988, 118).
Ma come differenziare aspersione con lo Spirito e immersione nello Spirito?
64 «It is quite probable that it was John the Baptist who finally linked the eschatolo-
gical outpouring of the Spirit to the Messiah and who first spoke of the Messiah’s
bestowal of the Holy Spirit under the powerful figure, drawn from the rite which
was his own hallmark, of a baptism in Spirit-and-fire» (J.S.G. Dunn, Spirit-and-
Fire Baptism, in «Novum Testamentum» 14/2, 1972, 81-92, in part. 92).
65 Cf. J.P. Meier, Un ebreo marginale... 2: Mentore, messaggio e miracoli…, 99-107.
66 Sul rapporto tra il Battista ed Elia, cf. R.E. Brown, Giovanni…, 84-86.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 153
67 Per una ricostruzione delle diverse fasi attraverso le quali il polimorfo gruppo
giovannista gesuano, che pure è in debito strutturale nei confronti di discepoli di
Giovanni Battista, è approdato a un atteggiamento critico, infine a un distacco nei
confronti della purificazione battista, cf. l’eccellente ricostruzione di M. Pesce,
Da Gesù al cristianesimo, Morcelliana, Brescia 2011, in part. 181-184: al bat-
tesimo giovanneo il IV vangelo finisce per contrapporre la «rinascita dall’alto»,
cioè un nascere direttamente da Dio mediante lo Spirito, che è quello che è donato
dal Logos, la Parola creatrice che abita nella carne di Gesù. Ma come la pretesa
giovannista gesuana di questa superiore recezione carismatica si conciliava con il
mantenimento di pratiche battiste?
68 Cf. Mc 1,10; Mt 3,16; Lc 3,21-22; i passi sono da leggere in connessione con
Ezechiele 1,1: «Il cinque del quarto mese dell’anno trentesimo, mentre mi trovavo
fra i deportati sulle rive del canale Chebàr, i cieli si aprirono ed ebbi visioni divine
(sec. LXX: ἠνοίχθησαν οἱ οὐρανοί, καὶ εἶδον ὁράσεις θεοῦ)».
69 Cf. J.P. Meier, Un ebreo marginale... 2: Mentore, messaggio e miracoli…,
136-155.
154 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
70 «In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi bat-
tezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: “Io ho bisogno di
essere battezzato da te e tu vieni da me?”. Ma Gesù gli disse: “Lascia fare per ora,
poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia”. Allora Giovanni acconsentì.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide
lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce
dal cielo che disse: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compia-
ciuto”» (Mt 3,13-17).
71 «[Erode] fece rinchiudere Giovanni in prigione. Avvenne che, quando tutto il po-
polo fu battezzato (Ἐγένετο δὲ ἐν τῷ βαπτισθῆναι ἅπαντα τὸν λαὸν) e mentre
Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera (Ἰησοῦ βαπτισθέντος
καὶ προσευχομένου), il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza
corporea, come di colomba (ἀνεῳχθῆναι τὸν οὐρανὸν καὶ καταβῆναι τὸ πνεῦμα
τὸ ἅγιον σωματικῷ εἴδει ὡς περιστερὰν ἐπ' αὐτόν), e vi fu una voce dal cielo
(καὶ φωνὴν ἐξ οὐρανοῦ γενέσθαι): “Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono
compiaciuto (Σὺ εἶ ὁ υἱός μου ὁ ἀγαπητός, ἐν σοὶ εὐδόκησα)”» (Lc 3,19-22).
72 Cf. J.P. Meier, Un ebreo marginale... 2: Mentore, messaggio e miracoli…, 102-
103; 111-112.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 155
73 «Desta una certa meraviglia il fatto che nel quarto Vangelo si trovi una gran quan-
tità di dichiarazioni in forma negativa nei confronti di Giovanni Battista… Nessu-
no dei Vangeli sinottici assume un atteggiamento di riserva altrettanto spinto nei
confronti di Giovanni Battista, né può vantare una serie così ampia di dichiarazio-
ni negative» (R.E. Brown, La comunità del discepolo prediletto…, 79-80). «Gio-
vanni ha eliminato dal suo racconto dell’episodio [del battesimo di Gesù] tutti
gli aspetti del battesimo di cui i seguaci del Battista si sarebbero potuti gloriare»
(R.E. Brown, Giovanni…, 86). Direi, piuttosto: ha eliminato il battesimo stesso.
74 «Giovanni è l’unico dei quattro Vangeli a non descrivere il battesimo di Gesù»
(R.E. Brown, La comunità del discepolo prediletto…, 136); «Il vangelo di Gio-
vanni non descrive mai il battesimo di Gesù e non dice mai che Giovanni il Bat-
tista lo battezzò (al massimo, ciò è implicito in 1,31-32)» (R.E. Brown, Le lettere
di Giovanni…, 786). Rivelative le oscillazioni di molti studiosi; pur sottolineando
come manchi in Giovanni «la scène même du Baptême qu’il [il Battista] confère à
Jésus (Mc 1,10-11)», Boismard parla di «théophanie du baptême», concludendo,
piuttosto contraddittoriamente: «on a l’impression que, pour lui [l’evangelista],
l’activité baptismale de Jean n’avait d’autre but que de permettre le baptême de
Jésus et la théophanie qui l’a accompagné» (M.-É. Boismard, Du Baptême à Cana
(Jean, I,19-2,11), Cerf, Paris 1956, 64); cf. 66: la messianicità di Gesù sarebbe
manifestata in occasione del battesimo impartitogli dal Battista. Boismard, infatti,
forza la prospettiva giovannea a convergere con quella dei sinottici, restituendo
comunque un bilancio del tutto approssimativo: «Mt et Lc ne diffèrent pas de Jo:
au jour du baptême, Jésus est manifesté aux foules comme étant le Messie» (66).
«Giovanni si presenta come un testimone oculare: “Io ho veduto”, dice. Ciò che
egli ha veduto richiama immediatamente al lettore l’episodio del battesimo di
Gesù. D’accordo con i sinottici, l’evangelista suppone indubbiamente che Gesù è
stato battezzato da Giovanni, ma egli si colloca al termine di un’evoluzione della
tradizione relativa a quest’avvenimento… Nel quarto vangelo non è conservato
più nulla del rito applicato a Gesù: si può soltanto dedurre il fatto dal testo… Il
testo allude al battesimo, senza dubbio; ma dell’evento è rimasto soltanto l’essen-
ziale, la discesa dello Spirito» (X. Leon-Dufour, Lecture de l’Évangile selon Jean.
Tome I, Seuil, Paris 1988, tr. it. Lettura del vangelo secondo Giovanni (capitoli
1-4), Paoline, Cinisello Balsamo 1990, 249-250). Oltre alle deludenti pagine di R.
Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni…, I,420-423, segnalo queste affermazioni
a mio avviso infondate di R.T. Fortna, The Fourth Gospel and Its Predecessor,
Fortress, Philadelphia 1988, T&T Clark, London-New York 20042: «John will
baptize only Jesus, and alone will describe [in Gv 1,32-34] for us that event» (19);
«It is of course for baptism that Jesus comes to John» (20); cf. 32-34. Anziché
evidenziare le anomalie del IV vangelo, Fortna ne colma le lacune tramite inte-
grazioni attinte dai sinottici. Piuttosto, riferendosi a Gv 1,33, pur interpretando
il passo, a mio avviso infondatamente, come attestazione del battesimo di Gesù,
scrive E. Lupieri, Giovanni e Gesù. Storia di un antagonismo…: «Questa frase è
156 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
“fuori gioco” del battesimo di Gesù a) non ricorra soltanto nel Prologo,
ove il Battista proclama la sua testimonianza alla Luce, riconoscendo la
superiore, divina provenienza del Messia che vede venire, ma mai connet-
tendola al rito battesimale; ma b) sia replicata in Gv 1,32-34, ove il Battista
proclama di avere visto lo Spirito discendere su Gesù, ma di nuovo senza
fare riferimento alcuno al suo battesimo. Eppure, Giovanni amplifica enor-
memente il ruolo di testimone diretto del Battista, sicché la celeberrima
espressione giovannea, «Egli deve crescere e io invece diminuire (ἐκεῖνον
δεῖ αὐξάνειν, ἐμὲ δὲ ἐλαττοῦσθαι)» (Gv 3,30), risulta essere il rovescia-
mento dell’originario dato storico (l’iniziale dipendenza carismatica di
Gesù da Giovanni), che essa stessa evidentemente presuppone.
Dopo gli studi di Bultmann, Culmann, Boismard, Brown75, è ormai ac-
quisita la tesi dell’esistenza di una componente di discepoli del Battista,
poi credenti in Gesù e confluiti molto precocemente (cf. Gv 1,35-44) all’in-
terno della comunità giovannea gesuana, che, nella sua prima fase, condi-
videva una prospettiva cristologica «relativamente bassa»76. La I fase della
storia della comunità giovannea gesuana, proposta da Brown, è quindi ca-
ratterizzata da una componente giudaica, nella quale confluiscono anche
ex-discepoli del Battista, di cui il cosiddetto «discepolo prediletto» (forse
anche l’unico accenno del quarto Vangelo al battesimo ricevuto da Gesù, accenno
tanto indiretto che, se non conoscessimo i sinottici, saremmo autorizzati a dubita-
re dell’esistenza di una tradizione protocristiana relativa a tale momento della vita
di Gesù. La discesa dello Spirito sul Cristo giovanneo, svincolata il più possibile
dal contesto battesimale, non è né una proclamazione ufficiale della figliolanza
di Gesù né un momento di una sua presa di coscienza né un’unzione profetica:
queste sono tutte cose di cui il Verbo di Dio non ha bisogno» (49). Anche Mar-
cione, che pure si sofferma sul Battista, cancella la notizia tradizionale del batte-
simo da lui somministrato a Gesù: cf. A. Camplani, John the Baptist According
to Marcion’s Gospel and Early Syriac Texts, in J.H. Ellens, I.W. Oliver, J. Von
Ehrenkrook, J. Waddell, J.M. Zurawsci (edd.), Wisdom Poured Out Like Water:
Studies on Jewish and Christian Antiquity in Honor of Gabriele Boccaccini, De
Gruyter, Berlin-Boston 2018, 556–574, in part. 564, ove si mette in rilievo come
questa lacuna si spieghi con la volontà di tenere dualisticamente del tutto distinte
le due economie di salvezza, quella ancora demiurgica contrapposta a quella del
tutto estranea al mondo di Gesù.
75 Per un’ardita interpretazione stratigrafica del IV vangelo, dipendente dall’evo-
luzione storica della comunità giovannea, mi limito a segnalare il capolavoro di
M.-E. Boismard e A. Lamouille, Synopse des Quatre Evangiles en français, III:
L’Evangile de Jean, Cerf, Paris 1977; per una sintetica, ma profonda analisi delle
più rilevanti teorie sull’evoluzione della comunità giovannea, della sua teologia
e della scrittura e della riscrittura del vangelo, cf. R.E. Brown, La comunità del
discepolo prediletto…, 203-216.
76 Cf. R.E. Brown, La comunità del discepolo prediletto…, 24.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 157
83 Cf. Gv 3,5: «“In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito,
non può entrare nel regno di Dio”»; evidentemente il dono dello Spirito è attingi-
bile unicamente all’interno della comunità carismatica, cui soltanto il battesimo
nel nome di Gesù introduce: «Birth by the Spirit, however inexplicable and my-
sterious, is not a matter simply of the individual heart. It is tied up with “water”,
which means entrance into the community through baptism» (Ch. H. Cosgrove,
The Place where Jesus is: Allusions to Baptism and the Eucharist in the Fourth
Gospel, in «New Testament Studies» 35/4, 1989, 522-539, in part. 531). Cf. Gv
3,22, ove si dichiara che Gesù stesso battezzava, insieme con i suoi discepoli (cf.
R.E. Brown, Giovanni…, 204-205: si tratterebbe di testimonianza storicamente
assai attendibile); in 4,2, invece, si specifica come in Samaria non Gesù, ma solo
i suoi discepoli battezzassero. Lo stesso miracolo di Cana in 2,6-11, con le sei
giare di pietra che per ordine di Gesù vengono nuovamente riempite di acqua, poi
trasformata miracolosamente in vino, presuppone probabilmente un riferimento
160 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
Il giorno dopo (Τῇ ἐπαύριον), Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui
(βλέπει τὸν Ἰησοῦν ἐρχόμενον πρὸς αὐτόν) disse: “Ecco l’agnello di Dio,
ecco colui che toglie il peccato del mondo (Ἴδε ὁ ἀμνὸς τοῦ θεοῦ ὁ αἴρων τὴν
ἁμαρτίαν τοῦ κόσμου)! Ecco colui del quale io dissi (οὗτός ἐστιν ὑπὲρ οὗ ἐγὼ
εἶπον): Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima
di me (Ὀπίσω μου ἔρχεται ἀνὴρ ὃς ἔμπροσθέν μου γέγονεν, ὅτι πρῶτός μου
ἦν). Io non lo conoscevo (κἀγὼ οὐκ ᾔδειν αὐτόν), ma sono venuto a battezzare
con acqua perché egli fosse fatto conoscere ad Israele (ἀλλ' ἵνα φανερωθῇ τῷ
Ἰσραὴλ διὰ τοῦτο ἦλθον ἐγὼ ἐν ὕδατι βαπτίζων)”. Giovanni rese testimonianza
(ἐμαρτύρησεν) dicendo: “Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal
cielo (Τεθέαμαι τὸ πνεῦμα καταβαῖνον ὡς περιστερὰν ἐξ οὐρανοῦ) e rima-
nere su di lui (καὶ ἔμεινεν ἐπ' αὐτόν). Io non lo conoscevo (κἀγὼ οὐκ ᾔδειν
αὐτόν), ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: “L’uomo
sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito
Santo (Ἐφ’ ὃν ἂν ἴδῃς τὸ πνεῦμα καταβαῖνον καὶ μένον ἐπ’αὐτόν, οὗτός ἐστιν
ὁ βαπτίζων ἐν πνεύματι ἁγίῳ)”. E io ho visto (κἀγὼ ἑώρακα) e ho testimoniato
(καὶ μεμαρτύρηκα) che questi è il Figlio di Dio (ὅτι οὗτός ἐστιν ὁ υἱὸς τοῦ
θεοῦ)” (Gv 1,29-34).
Mi pare evidente che in questo secondo giorno il Battista non stia affatto
descrivendo in diretta la discesa dello Spirito su Gesù86, ma soltanto ricor-
33). Dunque il fatto a cui egli si riferisce nella successiva attestazione (vv. 32ss.)
è già avvenuto» (R. Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni…, I,391). Eppure
Schnackenburg non trae la conclusione di queste sue rilevanti osservazioni: se in
Gv 1,31-34 il Battista dice di aver conosciuto Gesù come il Figlio di Dio soltanto
quando lo Spirito su di lui è disceso ed è rimasto, evidentemente la teofania al
Giordano (corrispondente con il tradizionale battesimo di Gesù) è già avvenuta.
Ma come mai il IV vangelo non la descrive in diretta? In realtà essa è narrata nel
Prologo!
86 Cf. Ch.H. Talbert, “And the Word Became Flesh”: When?..., 135-139: l’incar-
nazione del Logos di Gv 1,14 farebbe riferimento all’evento battesimale di Gv
1,32-34; e P.E. Kinlaw, The Christ is Jesus…: «To begin the process of fully
understanding the terms of the prologue, and to continue the shaping of the terms
by which the audience hears the remainder of the Gospel, the baptism of Jesus is
162 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
decisive. The existential and spatial overlap introduced in the prologue, in fact,
can only be placed on a narrative level, and hence, of assistance to the reader,
when laid out in the event of the baptism. Also, only the baptism can introduce
the foundation by which the mutual indwelling of the Father and Jesus Christ
as well as the mutual indwelling of the Father, Jesus Christ and the believer can
be achieved. John the Baptist recalls the event:… These verses [=Gv 1,32-34]
describe how the Word becoming flesh actually occurred. There are four issues to
discuss in this passage: (1) the baptism as the point of incarnation; (2) the Spirit
as possessor; (3) the importance of μένω and (4) the witness to the Son of God»
(127); cf. 132-135.
87 «v. 29 Il giorno dopo. A quanto pare (dal v. 32) l’episodio giovanneo ha luogo
dopo il battesimo di Gesù, di cui Giovanni non parla… v. 32 Ho visto. Il tempo
perfetto indica che l’azione [della discesa e del rimanere dello Spirito su Gesù],
che ebbe luogo presumibilmente al momento del battesimo di Gesù, ha ancora il
suo effetto e, cioè, lo Spirito è ancora con Gesù» (R.E. Brown, Giovanni…, 72 e
74). Brown considera presumibile, ma non certo, che la teofania testimoniata dal
Battista fosse immediatamente conseguente al battesimo di Gesù, di cui, appunto,
il IV vangelo non parla! Anche C.K. Barrett, The Gospel according to St. John,
The Westminster Press, Philadelphia 1955, 19782, 175, interpreta le parole del
Battista non come descrizione in diretta dell’evento, ma come sua rammemo-
razione. Cf. in tal senso P.E. Kinlaw, The Christ Is Jesus…: «Having already
witnessed to Jesus, that is, having claimed to know that this person is present,
he then recounts [in Gv 1,32-34] the proof of all he has claimed about this man:
his recollection of what happened during the man’s baptism… having John recall
the event for the audience» (126). Netto e lucido R. Schnackenburg, Il vangelo
di Giovanni…, 395-396: «Al battesimo di Gesù viene fatto solo un accenno. Che
ciò sia avvenuto proprio ora e che il Battista abbia proclamato Gesù come l’eletto
mentre questi si avvicinava per il battesimo non è pensabile; infatti, secondo le
sue stesse parole (vv. 31-33), prima della rivelazione di Dio egli non lo conosceva
ancora (come Messia). Anche i tempi dei verbi ai vv. 32 e 34 indicano piuttosto
un fatto passato, di cui ora il Battista dà solo l’annuncio ad Israele».
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 163
che è secondo rispetto a ciò che avviene prima, Gesù viene (οἱονεὶ γὰρ ἐν ἑξῆς
φωτισμῷ καὶ δευτέρᾳ ἡμέρᾳ παρὰ τὰ πρότερον ὁ Ἰησοῦς ἔρχεται), in quanto non
soltanto è conosciuto come presente in mezzo a coloro che non lo conoscono,
ma ormai è anche visto sensibilmente nell’atto di recarsi da colui che prima l’ha
indicato» (Origene, CmGv II,257). Si noti come, per descrivere il battesimo di
Gesù in II,153-251, Origene sia costretto a trattarne in riferimento a Gv 1,19-28,
cioè nel giorno antecedente a quello descritto in Gv 1,29-34, malgrado in esso non
esista alcun riferimento al battesimo di Gesù.
91 «Giovanni ha eliminato dal suo racconto dell’episodio tutti gli aspetti del batte-
simo di cui i seguaci del Battista si sarebbero potuti gloriare… Il fatto che Gio-
vanni accenni al battesimo di Gesù solo indirettamente come il momento in cui
lo Spirito discese su di lui può anche riflettere il desiderio dell’evangelista di non
favorire la causa dei suoi [del Battista] seguaci» (R.E. Brown, Giovanni…, 86).
Il riferimento, pertanto, è indiretto, in quanto l’evento del battesimo è, per motivi
“polemici”, distratto nel passato; non si descrive il battesimo di Gesù ad opera
del Battista, ma l’evento della discesa dello Spirito, che pure, per Brown, il IV
vangelo continua a presupporre avvenuta al momento del battesimo. «The earliest
form of the signs source may well have included some account of Jesus’ baptism,
omitted by John to avoid any suggestion that Jesus might be the Baptist’s inferior.
But in what remains of the source all we have is John’s testimony that he saw
the Spirit descending upon Jesus, along with his conclusion: “This is the Chosen
One of God”. This is unquestionably a reference to one of Second Isaiah’s Songs:
“Behold my servant (LXX, ὁ παῖς μου) whom I uphold, my chosen one (LXX, ὁ
ἐκλεκτός μου) in whom my soul delights: I have put my Spirit upon him, he will
bring forth justice to the nations (Isa. 42:1). All three Synoptists allude to this
verse in their account of Jesus’ baptism (Matt. 3: 17//), though παῖς becomes υἱός
and ἐκλεκτός becomes ἀγαπητός, literally “beloved”» (J. Ashton, Undestanding
the Fourth Gospel…, 161). Ma né Brown, né Ashton, che pure restituiscono Gv
1,32-34 come rammemorazione di un evento passato, pensato analogamente alle
scene battesimali sinottiche, sono in grado di rintracciare in Giovanni la colloca-
zione della teofania battesimale.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 165
92 Cf. M.-E. Boismard, Du baptême à Cana: (Jn 1,19-2,11), Cerf, Paris 1956, in
part. 14-15, che propone una scansione settenaria che colloca il primo giorno in
Gv 1,19-28 (cf. 25-39) e il settimo giorno, quello delle nozze di Cana, in 2,1-11
(cf. 133-159). Lo stesso Boismard riconosce il carattere «en partie artificielle»
(15), insomma congetturale dell’eptapartizione; eppure, ribadisce la connessione
evidente tra la creazione del mondo in sette giorni narrata nella Genesi e l’epta-
merone della prima missione di Gesù, che si conclude a Cana (cf. 15). Cf., dello
stesso M.-E. Boismard, Le Prologue de Saint Jean, Cerf, Paris 1953, 136-142. Più
in generale, cf. T. Barosse, The Seven Days of the New Creation in St. John’s Go-
spel, in «Catholic Biblical Quarterly» 21, 1959, 507-516; M. Girard, La structure
heptapartite du quatrième évangile, «Studies in Religion/Sciences Religieuses»
5/4, 1975-1976, 350-359, in part. 354; M. Girard, Analyse structurelle de Jn 1,1-
18: l’unité des deux Testaments dans la structure bipolaire du prologue de Jean,
in «Science et Esprit» 35/1, 1983, 5-31, soprattutto 7-16; L.P. Trudinger, The Se-
ven Days of the New Creation in St. John’s Gospel: Some Further Reflections, in
«The Evangelical Quarterly», 44/3, 1972, 154-158, in part. 156: il “primo giorno”
è quello indicato in Gv 1,19-28, ma con esplicita connessione con la teofania e
la testimonianza proclamata nel Prologo; R. Riesner, Bethany beyond the Jordan
(John 1:28). Topography, Theology and History in the Fourth Gospel, in «Tyn-
dale Bulletin» 38, 1987, 29-63, in part. 45-47. Singolare l’interpretazione di J.
Zumstein, Il Vangelo secondo Giovanni…, I,94-102, che pur rimanendo scettico
sulle interpretazioni simboliche proposte della scansione settenaria della prima
sezione del vangelo giovanneo, scandisce il suo commento adottando la divisione
in giorni: «Il primo giorno» sarebbe descritto in Gv 1,19-28 (cf.); «il secondo
giorno» in 1,29-34 (cf. 103-114); «il terzo giorno» in Gv 1,35-39 (cf. 115-118);
166 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
nologica, ritengo sia del tutto incongruo pensare che il redattore finale
di Giovanni potesse fissare l’incarnazione teofanica del Logos in Gesù
non «in principio», cioè nel primo giorno, ma in un giorno inserito in
una serie, in particolare nel secondo dei sei giorni descritti in Gv 1,19-
2,12. Ebbene, se la prima settimana della missione di Gesù, evidente-
mente strutturata in analogia con l’eptamerone genesiaco per eviden-
ziare l’inizio della nuova creazione nello Spirito, iniziasse con Gv 1,19,
il suo primo giorno risulterebbe privo della descrizione del fondativo
evento teofanico, che risulterebbe piuttosto collocato nel secondo gior-
no, descritto in Gv 1,32-24. Ritengo, piuttosto, che il primo giorno della
creazione, che avvia la scansione settenaria che si conclude con Gv
2,11, sia già quello “descritto” nel Prologo, non a caso aperto dall’«in
principio», in analogia al «dies unus» della creazione della Genesi93. È,
«il quarto giorno» in Gv 1,43-44 (cf. 118-123); seguono gli altri tre giorni che si
concludono in quello del miracolo di Cana (cf. 125-134). Sulla scansione in sette
giorni di Gv 1,19-2,11, in analogia con Gen 1,1-2,4a, simbolicamente finalizzata a
interpretare l’incarnazione redentiva del Logos in Gesù come nuova creazione, cf.
J. Frey, Die johannische Eschatologie. Ihre Probleme im Spiegel der Forschung
seit Reimarus, I, Mohr Siebeck, Tübingen 1997, 196. Quest’interpretazione era
già stata prospettata da E.-B. Allo, L’Évangile spirituel de saint Jean, Cerf, Paris
1944, 75, per il quale comunque l’eptapartizione di Gv 1,1-2,11 «veut souligner
le parallélisme théologique qui existe entre la première création du monde en
sept jours, effectuée par le Verbe de Dieu (cf. Jean 1,1-5) et l’oeuvre du salut
messianique considérée comme une création nouvelle dans le Christ (cf. Jean 1,3,
17). Comme Moïse avait représenté étendue sur sept jours la création de l’univers
matériel, ainsi Jean a tenu, très consciemment à notre avis, à présenter aussi en
une semaine l’introduction dans le monde de la “nouvelle création” prêchée par
saint Paul». Segnalo, in tal senso, l’interessante saggio di J.K. Brown, Creation’s
Renewal in the Gospel of John, in «The Catholic Biblical Quarterly» 72, 2019,
275-290.
93 Sull’inserimento del Prologo stesso nel primo giorno dell’attività di Gesù, cf. l’a-
cuto saggio di H. Saxby, The Time-Scheme in the Gospel of John, in «Expository
Times» 104/1, 1992-1993, 9-13. Sul profondo significato della serie dei giorni,
quindi sul riferimento trasparente ai giorni della creazione della Genesi, cf. Th.L.
Brodie, The Gospel According to John. A Literary and Theological Commentary,
Oxford University Press, New York-Oxford 1993, i parr. «Reflecting Creation…»
e «And Evoking the Resurrection», 130-132; Brodie conclude: «The essential
point is that, beginning with the prologue, the various chronological references in
1:1-2:22 help to weave the entire text into a unity, a unity which in various ways,
including the evoking of the resurrection, both reflects and surpasses the harmo-
nious seven-day unity of the first account of creation» (132). Già F. Quiévreux,
La structure symbolique de l’Évangile de Saint Jean, in «Revue d’Histoire et de
Philosophie Religieuses» 33, 1953, 123-165: «Nous noterons que le premier jour
va du verset 1 au verset 28 et qu’il a comme thème la lumière, ainsi que le récit
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 167
du premier jour dans la Genèse. Les mots “le lendemain”, qui se trouvent répétés
aux versets 29, 35 et 43, marquent le début de chacun des “jours” suivants. On
arrive ainsi au quatrième jour. Le récit des noces de Cana est ensuite situé dans
le temps de la manière suivante: “et, le troisième jour, il se fit des noces à Cana
de Galilée” (2, 1). L’expression “le troisième jour”, dans la manière de compter
le temps chez les Grecs, est équivalente à l’expression “trois jours après”. Si l’on
additionne ces trois jours avec les quatre jours précédents, on retrouve bien les
sept jours de la nouvelle création. Le nombre 7, dans l’évangile de Jean, tire sa
signification symbolique du récit de la Genèse. Le sens qui lui est attaché est celui
de la perfection divine. Dieu, ayant achevé au septième jour son œuvre, a béni le
septième jour et l’a sanctifié (Gn 2, 3)» (130-131).
94 «Io sono la luce del mondo (ἐγώ εἰμι τὸ φῶς τοῦ κόσμου); chi segue me, non
camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (τὸ φῶς τῆς ζωῆς)» (Gv
8,12); «Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo (φῶς εἰμι τοῦ κόσμου)»
(9,5); «Io come luce sono venuto nel mondo (ἐγὼ φῶς εἰς τὸν κόσμον ἐλήλυθα)»
(12,46). Cf. R. Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni…, I,304-309; R.A. Cul-
pepper, The Prologue as Theological Prolegomenon…, 6-9.
95 «La folla gli rispose: “Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in
eterno (ὁ Χριστὸς μένει εἰς τὸν αἰῶνα); come dunque tu dici che il Figlio dell’Uo-
mo deve essere elevato (πῶς σὺ λέγεις ὅτι δεῖ ὑψωθῆναι τὸν υἱὸν τοῦ ἀνθρώπου;)?
Chi è questo Figlio dell’Uomo? (τίς ἐστιν οὗτος ὁ υἱὸς τοῦ ἀνθρώπου;)”. Gesù, al-
lora disse loro: “Ancora per poco tempo la luce è con voi (τὸ φῶς ἐν ὑμῖν ἐστι)”…
Mentre avete la luce (ὡς τὸ φῶς ἔχετε) credete nella luce, per diventare figli della
168 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
identificato con colui che è disceso dal cielo96, quando la Luce che è
vita97 è discesa dal cielo nell’uomo Gesù, quindi nel mondo, nel quale
Cristo la porta e la rivela? Come non ricordare alcune affermazioni del
Prologo? «In lui [nel Logos] era la vita e la vita era la luce degli uomi-
ni (ἡ ζωὴ ἦν τὸ φῶς τῶν ἀνθρώπων). La luce splende nelle tenebre…
Veniva nel mondo la luce vera (τὸ φῶς τὸ ἀληθινόν… ἐρχόμενον εἰς
τὸν κόσμον)» (1,4 e 9). È ormai evidente che è al Prologo che occorre
tornare.
luce (ἵνα υἱοὶ φωτὸς γένησθε)» (Gv 12,34-36). Cf. 3,19: «La luce è venuta nel
mondo (τὸ φῶς ἐλήλυθεν εἰς τὸν κόσμον)»; l’affermazione segue di pochi versetti
quella relativa al Figlio dell’Uomo disceso dal cielo, citata nella nota qui sotto.
96 «Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’Uomo che è disceso
dal cielo (ὁ ἐκ τοῦ οὐρανοῦ καταβάς, ὁ υἱὸς τοῦ ἀνθρώπου)» (Gv 3,13). Cf. 6,62:
«E se vedeste il Figlio dell’Uomo salire là dov’era prima? (ἐὰν οὖν θεωρῆτε τὸν
υἱὸν τοῦ ἀνθρώπου ἀναβαίνοντα ὅπου ἦν τὸ πρότερον;) È lo Spirito che dà la vita
(τὸ πνεῦμά ἐστιν τὸ ζῳοποιοῦν), la carne non giova a nulla; le parole che vi ho
dette sono Spirito e vita (τὰ ῥήματα ἃ ἐγὼ λελάληκα ὑμῖν πνεῦμά ἐστιν καὶ ζωή
ἐστιν)»; e 1,51: «Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul
Figlio dell’Uomo».
97 «Così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’Uomo (ὑψωθῆναι δεῖ τὸν υἱὸν τοῦ
ἀνθρώπου), perché chiunque creda in lui abbia la vita eterna (ἵνα πᾶς ὁ πιστεύων
ἐν αὐτῷ ἔχῃ ζωὴν αἰώνιον)» (Gv 3,14-15). «Chi crede nel Figlio ha la vita eterna»
(3,36). «Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la
vita in se stesso (καὶ τῷ υἱῷ ἔδωκεν ζωὴν ἔχειν ἐν ἑαυτῷ)» (5,26). «Il pane di Dio
è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo (ὁ καταβαίνων ἐκ τοῦ οὐρανοῦ
καὶ ζωὴν διδοὺς τῷ κόσμῳ)… Questa è la volontà del Padre mio, che chiunque
vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna (ζωὴν αἰώνιον)… Io sono il pane
disceso dal cielo (ἐγώ εἰμι ὁ ἄρτος ὁ καταβὰς ἐκ τοῦ οὐρανοῦ)» (6,33 e 40-41).
«Io sono la via, la verità e la vita (ἐγώ εἰμι ἡ ὁδὸς καὶ ἡ ἀλήθεια καὶ ἡ ζωή)»
(14,6); cf. 17,2-3.
98 S. Brown, John the Baptist: Witness and Embodiment of the Prologue in the
Gospel of John, in Ch.W. Skinner (ed.), Characters and Characterization in the
Gospel of John, T&T Clark, London 2013, 147-164, in part. 163.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 169
99 «The Prologue is concerned with the entry of Wisdom – the Logos – into the
world of men» (J. Ashton, Undestanding the Fourth Gospel…, 536).
100 Cf. R. Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni…, I,275-279; e M. Hooker, John
the Baptist and the Johannine Prologue…: «They [le inserzioni e le testimonianze
del Battista nel Prologo] refer to the historical “event” of Jesus Christ, that is, to
the appearance of the Logos among men… Within the Prologue, the references
to John the Baptist serve to link the subsequent historical statements with the
metaphysical truths there outlines: they make clear that it is Jesus who is the true
light which gives light to men, and who is the full revelation of God» (357-358).
Cf. J. Zumstein, Il vangelo secondo Giovanni…, I,81.
101 «It is probable that the Gospel did not originally include the Prologue. It probably
began with a briefer way of introducing Jesus in connection with the witness of
the Baptist, like the beginning of Mark; traces of this original opening survive
in 1,6-8, 1,15» (B. Lindars, The Gospel of John, Eerdmans-Marshall, Morgan
& Scott, Grand Rapids-London 1972, 76). Cf. M.-E. Boismard, Le Prologue de
St. Jean, Cerf, Paris 1953, 39-41; J.A.T. Robinson, The Relation of the Prologue
to the Gospel of St John…; R.E. Brown, Giovanni…, 39; J. Ashton, Undestan-
ding the Fourth Gospel…, 156-157; J.F. McGrath, Prologue as Legitimation…,
100-101.
170 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
102 Cf. G. Lettieri, L’ultimo nel primo. L’uomo ad immagine e somiglianza nella tra-
dizione cristiana primitiva e patristica, in A. Melloni e R. Saccenti (edd.), In
the Image of God. Foundations and Objections within the Discourse on Human
Dignity. Proceedings of the Colloquium at Bologna and Rossena (July 2009) in
Honour of Pier Cesare Bori, Berlin 2010, 127-215, in part. 128-133: Gesù è ti-
pologicamente restituito, in Mc 1,9-12, come nuovo Adamo, nuovo Mosè, nuovo
Elia.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 171
103 Cf. D. Boyarin, The Gospel of the Memra: Jewish Binitarianism and the Prolo-
gue to John, in «HTR» 94/3, 2001, 243-284, in part. 267-279: il Prologo sareb-
be un «targumic midrash» di Gen 1-5, sicché Gv 1,1-5 ritratterebbe «a common
“Jewish” theologoumenon» (271) di natura sapienziale, che Gv 1,6-18 adattereb-
be alla figura storica di Gesù in Gv 6-18 (cf. in part. 272). Cf. anche D. Boyarin,
Borderlines. The Partition of Judaeo-Christianity, University of Pennsylvania
Press, Philadelphia 2004, cap. 4, «The Intertextual Birth of the Logos: The Prolo-
gue to John as a Jewish Midrash», 89-111: La «gradation, “In the beginning was
the Word, and the Word was God”, can easily be accounted for as an expansion of
the formal rhetorical pattern found in the first verse of Genesis; “In the beginning
God created the heaven and the earth, and the earth was without form and void”»
(96); cf. 102-105. Segnalo, inoltre, J. Painter, Rereading Genesis in the Prologue
of John?, in D.E. Aune, T. Seland, J.H. Ulrichsen (edd.), Neotestamentica et Phi-
lonica: Studies in Honor of Peder Borgen, Brill, Leiden 2003, 179-201, in part. il
par. «The Targumic Character of the Prologue», 180-183. «This poet, in crafting
the Prologue, had one eye fixed on the Genesis account of creation… and the other
eye fixed on the stories about Jesus» (P.S. Minear, Christians and the New Crea-
tion…, 83). Cf. J.K. Brown, Creation’s Renewal in the Gospel of John…: «His use
of λόγος evokes the recurring Genesis language of “God said” in the creative acti-
vity (εἶπεν ὁ θεός [Gen 1:6, 9, 14, 20, 24, 26, 28 LXX])» (277). «Every assertion
regarding the ensarkos logos in the Prologue’s final five verses, with the exception
of the incarnation itself, is true of the targumic memra» (C.A. Evans, Word and
Glory. On the Exegetical and Theological Background of John’s Prologue, JSOT
Press/Sheffield Academic Press, Sheffield 1993, 121); cf. 121-129.
104 Cf. il fondamentale studio di A. Orbe, A propósito de Gen. 1,3 (fiat lux) en la
exegesis de Taciano, in «Gregorianum» 42/3, 1961, 401-443, in part. 430-440;
inoltre, J.C.M. Winden, In the Beginning: Some Observations on the Patristic
Interpretations of Genesis 1,1, in «Vigiliae Christianae» 17, 1963, 105-121, quin-
di in J.C.M. Winden, Arché. A Collection of Patristic Studies, Brill, Leiden-New
York-Köln 1997, 61-77; J.C.M. Winden, In the Beginning: Early Christian Exe-
gesis of the Term arché in Genesis 1:1, Leiden 1967, quindi in Archè…, 78-93; il
notevole volume collettaneo In principio. Interprétations des premiers versets de
la Genèse, Institut des Études Augustiniennes, Paris 1973, in part. il saggio di P.
Nautin, Genèse 1,1-2 de Justin à Origène, 61-93; M. Coloe, The Structure of the
Johannine Prologue and Genesis 1…, 40-55.
105 «The evangelist cites the first words of Genesis 1 from the LXX, Ἐν ἀρχῇ (“in
the beginning”), and by so doing evokes the story of creation as the starting place
for his Gospel about Jesus. Not only does John introduce the themes of life and
172 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
Dio disse: “Sia la luce”. E la luce fu (καὶ εἶπεν ὁ θεός: “Γενηθήτω φῶς”. Kαὶ
ἐγένετο φῶς: sec. LXX) (Gen 1,3)106.
light (ζωὴ and φῶς [1:4-5]), which are clearly derived from Genesis 1 (vv. 3, 14,
20, 24 LXX), but his use of λόγος evokes the recurring Genesis language of “God
said” in the creative activity (εἶπεν ὁ θεός [Gen 1:6, 9, 14, 20, 24, 26, 28 LXX]).
Certainly, the language of all things coming into existence via the λόγος (John
1:3) directly connects John’s introduction to the creation account of Genesis 1»
(J.K. Brown, Creation’s Renewal in the Gospel of John, in «The Catholic Biblical
Quarterly» 72, 2019, 275-290, in part. 277). «Gen 1,3 forms the background for
the term [Logos]… Gen 1,3 presents the most probable foundation for the term
Logos in the Prologue of John» (P. Borgen, Logos was the True Light…, p. 119 e
120); cf. p. 129.
106 «Gen 1,3 forms the background… and the most probable foundation for the term
Logos in the Prologue of John» (P. Borgen, Logos was the True Light. Contribu-
tions to the Intepretation of the Prologue of John, in «Novum Testamentum» 14,
1972, pp. 115-130, in part. pp. 118-119, in part. 119 e 120); cf. p. 129; P. Borgen,
Observations on the Targumic Character of the Prologue of John, in «New Te-
stament Studies» 16, 1970, pp. 288-295; e; infine P. Borgen, “John the Witness”
and the Prologue: John 1:1-34(37), in The Gospel of John: More Light from Phi-
lo, Paul and Archaeology, Brill, Leiden-Boston 2014, pp. 219-238. Ma cf. già
R.E. Brown, Giovanni…, p. 4: «Nella Bibbia ebraica il primo libro (Genesi) è
chiamato, dalle parole con cui si apre, “In principio”; perciò il parallelo tra il
Prologo e la Genesi era facilmente riconoscibile. Il parallelo continua nei versetti
seguenti, dove i temi di creazione e di luce e tenebre sono ripresi dalla Genesi».
Segnalo come P. Borgen, Logos was the True Light…, p. 120, rimandi a Filo-
ne, De somniis I,75. Ebbene, De somniis I,72-76 è davvero testo di straordinario
interesse, in quanto connette l’uomo ad immagine con il logos divino e la luce
primordiale di Dio, con esplicito riferimento al Fiat lux di Gen 1,3: «Dio è luce
(ὁ θεὸς φῶς ἐστι)… e non solo luce, ma archetipo di ogni altra luce (καὶ οὐ μόνον
φῶς, ἀλλὰ καὶ παντὸς ἑτέρου φωτὸς ἀρχέτυπον) o, meglio ancora, più antico e
più eccelso di ogni archetipo, perché Egli ha la ragione dell’archetipo (μᾶλλον
δὲ παντὸς ἀρχετύπου πρεσβύτερον καὶ ἀνώτερον, λόγον ἔχον παραδείγματος).
Modello infatti è la sua Parola pienamente compiuta (τὸ μὲν γὰρ παράδειγμα ὁ
πληρέστατος ἦν αὐτοῦ λόγος), che è luce (φῶς); si legge, infatti, nel testo sacro:
«Dio disse: “Sia fatta la luce”» (Gen 1,3); mentre Egli non è simile a nessuna cosa
creata (”εἶπε” γάρ φησιν “ὁ θεός· γενέσθω φῶς” (Gen 1, 3) –, αὐτὸς δὲ οὐδενὶ τῶν
γεγονότων ὅμοιος)» (I,75). Sul rapporto tra il prologo e speculazioni giudaico-
ellenistiche, quindi per una rilevante analisi dei paralleli con Filone, cf. T. Tobin,
The Prologue of John and Hellenistic Jewish Speculations, in «CBQ» 52, 1990,
252-269.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 173
rispetto alla quale si separa (cf. Gen 1,3), distinguendosi dalle acque pri-
mordiali, sulle quali originariamente lo Spirito aleggia (cf. Gen 1,2) e che
la luce trascende. Ebbene, proprio la connessione tra “parola” della «luce»
e «tenebre» “riappare” in Gv 1,5: «La luce splende nelle tenebre (τὸ φῶς
ἐν τῇ σκοτίᾳ φαίνει)». La ritrattazione della Genesi è del tutto lampante107.
Si potrebbe obiettare: mentre Gen 1,3 afferma la creazione della luce da
parte di Dio, il Prologo identifica la Luce con il Logos divino, cioè con il
Figlio che è dio presso il Dio (Gv 1,1-2); d’altra parte, già in Proverbi 8 la
Sapienza era definita creata da Dio, pur essendole attribuito il ruolo divino
di “architetto” della creazione, quindi di vivificatrice del mondo:
pienza, così l’Unigenito che è il Logos vede il volto di Dio e per questo
può rivelarlo109. Non è possibile, pertanto, prescindere dal rapporto con
Proverbi 8 nella valutazione del Prologo giovanneo, tanto più che, in Prov
9,1-5, non soltanto si legge che «la Sapienza si è costruita la casa (sec.
LXX: ἡ σοφία ᾠκοδόμησεν ἑαυτῇ οἶκον), ha intagliato le sue sette colonne
[dunque la sua casa è presso Israele]» (1), ma anche che in essa offre il suo
pane e il suo vino:
che non ad alcunché di puramente ellenistico. Nel pensiero del teologo del Pro-
logo la parola creativa di Dio, la parola del Signore che era rivolta ai profeti, è
divenuta personale in Gesù, che è l’incarnazione della rivelazione divina» (1470).
Per un’approfondita analisi dei testi sapienziali – Gb 28; Prv 1-9; Bar 3,9-4,4; Sir
1; 4,11-19; 6,18-31; 14,20-15,10; 24; Sap 6-10 –, a partire dai quali interpretare
il Prologo e la teologia giovannei, cf. ancora R.E. Brown, Giovanni…, CXLVIII-
CLIII; sottolineo come Brown consideri una lettura sapienziale di Cristo rivela-
tore già presente nei sinottici, in part. in Mt 11,25-27; Lc 10,21-22: cf., in part.,
CLII-CLIII.
109 «Dio nessuno l’ha mai visto (θεὸν οὐδεὶς ἑώρακεν πώποτε): proprio il Figlio uni-
genito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato (μονογενὴς θεὸς ὁ ὢν εἰς τὸν
κόλπον τοῦ πατρὸς ἐκεῖνος ἐξηγήσατο)» (Gv 1,18).
110 Cf. Filone, Quis rerum divinarum heres sit, 79: «Israele alza gli occhi verso l’etere
e le rivoluzioni del cielo; egli ha imparato a guardare verso la manna, che è il
Logos divino, cibo celeste ed incorruttibile dell’anima amante della contempla-
zione (εἰς τὸ μάννα ἀφορᾶν, τὸν θεῖον λόγον, τὴν οὐράνιον ψυχῆς φιλοθεάμονος
ἄφθαρτον τροφήν)».
111 Mi limito a citare due soli brani: «[La sapienza] è un’emanazione della poten-
za di Dio (ἀτμὶς γάρ ἐστιν τῆς τοῦ θεοῦ δυνάμεως), un effluvio genuino della
gloria dell’onnipotente (ἀπόρροια τῆς τοῦ παντοκράτορος δόξης εἰλικρινής)…
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 175
È un riflesso della luce perenne (ἀπαύγασμα γάρ ἐστιν φωτὸς ἀιδίου), uno spec-
chio senza macchia dell’attività di Dio e un’immagine della sua bontà (εἰκὼν τῆς
ἀγαθότητος αὐτοῦ)» (Sap 7,25-26); «Dio dei padri e Signore dei misericordia, che
tutto hai creato con la tua parola (ἐν λόγῳ σου) e che con la tua sapienza (καὶ τῇ
σοφίᾳ) hai formato l’uomo» (9,1-2).
112 Cf. J. R. Harris, The Origin of the Prologue to St. John’s Gospel…, 25-26.
113 «Lungo i secoli la Sapienza aveva eclissato la Parola di JHWH. Nel suo Prologo
Gv fa riapparire il “dabár”, posto in ombra nella sistematizzazione biblica più
recente… Tra il Prologo e la tradizione sapienziale non c’è quindi soltanto con-
tinuità in quanto intuizione della venuta “concreta” di Dio, per salvare il mondo
degli uomini; c’è anche una discontinuità, ma una discontinuità feconda di senso:
il Logos non poteva essere identificato con una legge che in lui avrebbe preso
figura, con un progetto, fosse pure divino, o con una scrittura, per quanto ispirata.
Il Logos dice ciò che la Legge intendeva essere fin dalle sue origini, cioè una
rivelazione vivente e personale di Dio con gli uomini» (X. Leon-Dufour, Lettura
del Vangelo secondo Giovanni…, 100-101).
114 Qui mi limito a riportare un brano davvero straordinario di Filone, che ricapitola
tutti i principali nomi o le più significative figure di mediazione, che, comunque,
non riescono ad aggregarsi ipostaticamente nell’ipostasi del Figlio come secon-
do dio, tant’è che il Logos stesso viene qui indicato come Arcangelo: «Coloro
che hanno conoscenza dell’Uno sono a giusta ragione chiamati “figli di Dio”…
E se anche ci fosse qualcuno che non è ancora degno di essere chiamato “fi-
glio di Dio”, si affretti a mettersi in sintonia con il suo primogenito, il Logos
(κατὰ τὸν πρωτόγονον αὐτοῦ λόγον), il più venerabile degli angeli (τὸν ἀγγέλων
176 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
116 Cf. C.K. Barrett, The Gospel According to St. John. An Introduction with Com-
mentary and Notes on the Greek Text, The Westminster Press, Philadelphia 1955,
19782, 153: «Memra is a blind alley in the study of the biblical background of
John’s logos doctrine… [Memra] was not truly a hypostasis but a means of spe-
aking about God without using his name, and thus a means of avoiding the nu-
merous anthropomorphisms of the Old Testament». Cf., in questa prospettiva, J.
Bowman, The Immanence of God: The Shekinah and the Memra, in J. Bowman,
The Fourth Gospel and the Jews. A Study in R. Akiba, Esther and the Gospel of
John, Pikwick Publications, Eugene 1975, 45-99; e R.E. Brown, Giovanni…: «La
Memra del Signore nei Targumin… è un surrogato per indicare Dio stesso….
Non si tratta di una personificazione, ma l’uso di Memra serve, per così dire, da
paraurti per la trascendenza divina» (1470).
117 Sulla restituzione del Logos giovanneo come “traduzione” di memra, cf. il cap.
«Logos of the Fourth Gospel and Memra of the Palestinian Targum (Exod 12:42)»,
in M. McNamara, Targum and New Testament. Collected Essays, Mohr Siebeck,
Tübingen 2001, 439-443; e soprattutto il volume di J. Ronning, The Jewish Tar-
gums and John’s Logos Title, Hendricksen, Grand Rapids 2010. Cf., inoltre, C.C.
Sullivan, Introducing the Incarnate Christ: How John’s Logos Theology Sets the
Stage for the Narrative Development of Jesus’s Identity, in «Canadian Theological
Review» 2/2, 2013, 33-44; J.F. McGrath, Prologue as Legitimation…, 105-106.
Sulla nozione di memra e di altre figure di mediazione, cf. il pionieristico saggio
di G.F. Moore, Intermediaries in Jewish Theology: Memra, Shekinah, Metatron,
in «The Harvard Theological Review» 15/1, 1922, 41-85.
178 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
118 «La teologia dei Vangeli, ben lungi dal costituire un’innovazione radicale nel
contesto della tradizione religiosa israelitica, è un ritorno alquanto conservato-
re ai momenti più antichi della tradizione, nel frattempo soppressi in gran parte
[dall’affermazione di un rigoroso monoteismo], ma non del tutto» (D. Boyarin, Il
vangelo ebraico…, 57); «Tutte le idee riguardanti Gesù sono antiche: la novità è
Gesù. Non vi è nulla di nuovo, nella dottrina del Cristo, salvo la proclamazione di
quest’uomo quale Figlio dell’Uomo… Le idee della Trinità e dell’incarnazione, o
almeno gli embrioni di tali idee, erano già presenti tra i seguaci del credo ebraico
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 179
molto prima che Gesù arrivasse sulla scena per incarnare tali nozioni teologiche e
rispondere alla chiamata messianica» (96-97).
119 «Vengono fatte [in Gv 1,1-3] affermazioni personali sulla “parola”: essa sempli-
cemente “era”, come esiste una persona nella sua autonomia; essa “era presso
Dio”, come sono le persone che stanno insieme; essa “era Dio”, come si descrive
l’essere delle persone. Con l’affermazione di questo carattere personale del Lo-
gos è nettamente tracciata una linea di separazione dalla speculazione sapienziale
giudeo-ellenistica, dalla dottrina sul Logos di Filone, nonché dalle idee gnostiche
di potenze creatrici, che procedono ed emanano l’una dopo l’altra da Dio» (R.
Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni…, 294).
120 «Questa incarnazione in un unico uomo è molto di più delle reiterate incorpo-
razioni della sapienza in molti sapienti. Nel Nuovo Testamento si verificò una
rimitizzazione della sapienza» (G. Theissen, Erleben und Verhalten der ersten
Christen. Eine Psychologie des ersten Christentums, Gütersloher Verlaghaus,
Gütersloh 2007, tr. it. Vissuti e comportamenti dei primi cristiani. Una psicologia
del cristianesimo delle origini, Queriniana, Brescia 2010, 286).
121 «Secondo Paolo, la morte di Gesù contiene in sé in maniera inoppugnabile quel
conflitto che caratterizza essenzialmente la sua teologia, attraverso il contrasto
inconciliabile tra legge e vangelo. Il medesimo stato di fatto è presente in Hebr
13,12ss., ove si parla del morire fuori del campo della comunità del patto. Se
tentiamo di tradurre quest’affermazione in un’immagine moderna, al motivo della
morte di un delinquente si aggiunge quello di colui che muore senza Dio… Se la
croce, la quale oggi è considerata da noi come simbolo della religiosità, veniva
eretta nell’ambiente della lontananza da Dio, la venerazione di colui che vi era ap-
peso era in partenza lo scandalo estremo» (E. Käsemann, Prospettive paoline…,
61-62).
180 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
126 Elemento sapienziale ed elemento apocalittico non possono, certo, essere opposti
astrattamente, tanto più se la storicamente approssimativa categoria di “apocalit-
tica” comporta in sé comunque una pretesa sapienziale di visione e conoscenza
dell’intimo segreto di Dio, spesso identificabile con il destino ultimo del mondo
e della storia. Si assume, piuttosto, qui l’elemento sapienziale come quello chia-
mato a riconoscere l’ordine del mondo fissato dalla creazione o dalla rivelazione
divina, all’interno del quale inserirsi tramite conoscenza e azione; e l’elemento
apocalittico come quello chiamato a prospettare un’ulteriore rivelazione divina,
che corregge o ritratta l’ordine del mondo o ne disvela un segreto ulteriore, un
nuovo ordine/regno-a-venire, donato agli eletti chiamati a un’intimità singolare
con Dio. Chiaramente, la Legge mosaica può essere interpretata sia come elemen-
to apocalittico, che come elemento sapienziale, in quanto assumibile sia come
pura autorivelazione donativa di Dio, sia come ordine fissato dal suo rivelarsi, di-
venuto disponibile al desiderio di assicurazione dell’uomo. Il grado estremo della
ritrattazione apocalittica è chiaramente quello protocristiano, in quanto, proprio
per lo scandaloso presupposto della crocifissione del preteso messia, interpreta la
nuova rivelazione dell’unico Dio come crisi radicale dell’antica economia, della
quale diviene insieme paradossale compimento e superamento polemico.
127 Cf. G. Neyrand, Le sens de “logos” dans le prologue de Jean…, che, insistendo
sull’ispirazione apocalittica del IV vangelo, interpreta il λόγος come “vangelo”,
rivelazione salvifica, quindi in senso totalmente storico ed eventuale, e niente af-
fatto ontologico o protologico. Sin dal primo versetto, pertanto, il testo sarebbe
riferito a Gesù Cristo quale parola rivelatrice: «Le terme logos veut présenter
Jésus-Crist en tant que Parole révélatrice. Il s’agit dès le premier verset de Jésus
incarné. Il n’est pas question d’un Logos éternel» (60), né si farebbe mai rife-
rimento al Logos quale creatore. Il «principio» nel quale opera il Logos sareb-
be, quindi, il principio della predicazione di Gesù e della storia della chiesa (cf.
62-66). In tal senso, Gv 1,14 non affermerebbe una dottrina dell’incarnazione
dell’Unigenito divino preesistente, ma la verità salvifica: «La Révélation, c’est
l’homme Jésus» (70). Quest’interpretazione, che definirei neo-sociniana, non
risulta convincente a) per la sostanziale negazione del riferimento a Gen 1,1-3,
quindi della preesistenza del Logos; b) per non impegnarsi a verificare le sue
tesi con un’interpretazione degli eventi del Giordano, malgrado l’ingombrante
presenza del Battista nel Prologo.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 185
128 «[Il Gesù giovanneo] non trasmette, a differenza del redentore gnostico, misteri
cosmologici e soteriologici…. È quindi evidente che le espressioni mitologiche
hanno perso il loro senso mitologico. Gesù non è presentato davvero come un
essere divino preesistente, venuto sulla terra in figura d’uomo per rivelare misteri
inauditi; la terminologia mitologica ha la funzione di evidenziare il significato as-
soluto e decisivo della sua parola; la rappresentazione mitologica della preesisten-
za è posta al servizio dell’idea di rivelazione… La parola di Gesù è assolutamente
inaccessibile a qualsiasi controllo umano, è parola autoritativa, che pone l’uditore
di fronte alla decisione tra vita e morte… L’incontro con la sua persona chiama
alla decisione l’uomo nella totalità della sua situazione umana» (R. Bultmann,
Theologie des Neues Testaments, Siebeck, Tübingen 1953, 19777, tr. it. Teologia
del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1985, 19922, 394); cf. 337-348 e 372-
381; cf. R. Bultmann, Das Evangelium des Johannes…, 38-39, dedicate all’in-
terpretazione esistenziale giovannea del mito gnostico della rivelazione mondana
del redentore celeste, in riferimento a Gv 1,14; e J. Zumstein, Il Vangelo secondo
Giovanni…, I,82-86. Proprio perché governata dalla logica apocalittica della crisi
radicale della tradizionale rivelazione ebraica avvenuta tramite la singolarità sto-
rica della figura di Gesù, approfondirei la seguente affermazione di G. Theissen,
Vissuti e comportamenti dei primi cristiani…, 286: «Un’immagine divenne un
mito: il Logos si fece carne… Nel Nuovo Testamento si verificò una rimitizzazio-
ne della sapienza [veterotestamentaria]»; specificherei bultmannianamente: per
esaltare la decisione storica per il vangelo di grazia, singolarmente “incarnato” in
Gesù.
129 Gv 10,30 e 38; cf. ovviamente 17,11; 17,20-23.
186 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
Dio nessuno l’ha mai visto (θεὸν οὐδεὶς ἑώρακεν πώποτε): proprio il Figlio/
dio unigenito, che è nel seno del Padre (μονογενὴς υἱός/θεὸς ὁ ὢν εἰς τὸν
κόλπον τοῦ πατρὸς), lui lo ha rivelato/dimostrato (ἐκεῖνος ἐξηγήσατο) (Gv
1,18).
130 Cf. L. Devillers, Exégèse et théologie de Jean I,18, in «Revue Thomistique» 89,
1989, 181-217; L. Devillers, Le sein du Père. La finale du prologue de Jean, in
«Revue biblique» 112/1, 2005, 63-79.
131 «Il verbo ἐξηγέομαι significa “raccontare, esporre, comunicare, far conoscere”. Il
suo impiego indica che “con il suo parlare e il suo agire Gesù è l’interpretazione
di Dio nel mondo. Con il suo volto si rivela chi è Dio. È l’interpretazione riuscita
di Dio, la traduzione di Dio nell’ambito dell’umano” (Josef Blank)» (J. Zumstein,
Il Vangelo secondo Giovanni…, I,91).
132 «Voi non conoscete né me né il Padre (Οὔτε ἐμὲ οἴδατε οὔτε τὸν πατέρα μου); se
conosceste me, conoscereste anche il Padre mio (εἰ ἐμὲ ᾔδειτε, καὶ τὸν πατέρα μου
ἂν ᾔδειτε)… Come mi ha insegnato il Padre, così io parlo (καθὼς ἐδίδαξέν με ὁ
πατὴρ ταῦτα λαλῶ)» (Gv 8,19 e 8,28). La conoscenza di Cristo: «Questa è la vita
eterna (αὕτη δέ ἐστιν ἡ αἰώνιος ζωή): che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui
che hai mandato Gesù Cristo (ἵνα γινώσκωσιν σὲ τὸν μόνον ἀληθινὸν θεὸν καὶ
ὃν ἀπέστειλας Ἰησοῦν Χριστόν)… La tua parola è verità (ὁ λόγος ὁ σὸς ἀλήθειά
ἐστιν)» (17,3 e 17,17). Se il Padre è l’unico Dio, questi è conoscibile unicamente
tramite la sua rivelazione nel Figlio, che è il Logos che è verità.
133 Cf. Gv 5,39-40; 5,45-47, con il riferimento a Mosè e alla Scrittura come prova
della divinità e della rivelazione escatologica del Figlio.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 187
134 Cf. Gv 12,46 e 48: «Io come Luce sono venuto nel mondo (ἐγὼ φῶς εἰς τὸν
κόσμον ἐλήλυθα), perché chiunque creda in me non rimanga nelle tenebre (ἵνα
πᾶς ὁ πιστεύων εἰς ἐμὲ ἐν τῇ σκοτίᾳ μὴ μείνῃ )… Chi mi respinge e non accoglie
le mie parole (ὁ ἀθετῶν ἐμὲ καὶ μὴ λαμβάνων τὰ ῥήματά μου ἔχει), ha chi lo con-
danna (τὸν κρίνοντα αὐτόν): la parola che ho annunziato lo condannerà l’ultimo
giorno (ὁ λόγος ὃν ἐλάλησα ἐκεῖνος κρινεῖ αὐτὸν ἐν τῇ ἐσχάτῃ ἡμέρᾳ)» (Gv 12,46
e 12,48). Se Cristo annuncia il vangelo, quindi le sue parole che sono il suo logos
annunziato, e se il vangelo/logos si risolve in Gv nell’annuncio di Cristo stesso, il
logos/Logos sarà il giudice escatologico.
135 Malgrado Gv non utilizzi mai il termine εἰκών, il Figlio Luce e “interprete” del
Padre richiama il paolino Cristo Gloria e Immagine illuminante (cf. 2Cor 2,18 e
4,4), nella quale sono incorporati e trasfigurati i credenti, fruendo dello Spirito
escatologico. Cf., in proposito, S. Kim, The Origin of Paul’s Gospel, Mohr Sie-
beck, Tübingen 1981, 19842, 140-144. Tornerò più avanti sul parallelo tra Gv e 2
Cor 3-4.
188 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
della rivelazione del Logos nella Legge o nella “natura” umana creata ad
immagine138. Insomma, sin da “il prologo del Prologo” in cielo di 1,1-3139,
il Prologo gravita tutto intorno all’incarnazione del Logos, quindi alla sua
storica venuta nascosta nel mondo nella persona di Gesù, misconosciu-
ta dagli ebrei («i suoi (οἱ ἴδιοι)»), identificati con le tenebre del mondo,
ma che Giovanni ha, per dono di Dio, riconosciuta, vista e testimoniata.
La stessa irruzione della «vita [che] era la luce degli uomini» (1,4) è, in
realtà, riferita al Logos, quindi al vivificante venire storico della Luce di
1,5, con il suo redentivo risplendere (escatologico e non ontologico) tra gli
uomini140. L’irruzione del presente141, che interrompe la serie degli imper-
310); comunque, nella sua proposta di tripartizione del Prologo, Gv 1,5 viene
assegnato alla sua prima sezione (1-5), quella che tratterebbe de «l’essere pree-
sistente del Logos» (283); seppure non escluda che «l’evangelista», rielaborando
un inno preesistente, abbia voluto «richiamare fin da principio l’attenzione sul
όγος ἔνσαρκος, perché nel suo vangelo tutto l’interesse è rivolto all’accetta-
zione o al rifiuto del Figlio di Dio fatto uomo, alla fede o all’incredulità in Gesù
Cristo» (285). Analoga l’interpretazione di J. Ashton, Understanding the Fourth
Gospel…: «The present tense in v. 5 (φαίνει), ‘shines’, which has puzzled many
commentators, does not indicate the bright start of a new age, but a continuous
illumination that finally flames out in the incarnation of the Logos» (389). Altret-
tanto ambigua risulta l’interpretazione di X. Leon-Dufour, Lettura del vangelo
secondo Giovanni (capitoli 1-4)…, 132-136: «“La luce brilla nelle tenebre”. Il
testo allude certamente alle infedeltà che tanto spesso i profeti avevano rimpro-
verato a Israele e sulle quali Dio trionfava sempre nuovamente; anticipa inoltre
eventi accaduti durante la vita di Gesù e la vittoria di Dio che risuscita il suo
Figlio: infine tiene viva nella mente del lettore l’esperienza dei cristiani che co-
statavano l’accecamento di un gran numero di persone di fronte a Gesù, mentre la
loro comunità fraterna continuava a irradiare attorno a sé la fede e l’amore (1Gv
2,8). La tenebra rimane sempre presente, ma non ha arrestato la luce, non più di
quanto l’arresti ancor oggi» (135). Nettamente più orientato a interpretare Gv 1,5
in riferimento all’incarnazione del Logos, malgrado sottolinei l’ambiguità inten-
zionale dell’espressione, è D.A. Carson, The Gospel According to John, Apollo/
Eerdmans, Leicester/Grand Rapids 1991, 119-120.
142 Il consenso è, in proposito, autorevolissimo: cf. R. Bultmann, Das Evangelium
des Johannes…, 25-27 e 32-33; in part.: «Von der gegenwärtigen Offenbarung ist
die Rede…», sicché la resistenza delle tenebre al rivelarsi della Luce è interpre-
tato «als Ablehnung des fleischgewordenen Offenbarers» (25); «Was 1,14 durch
die Identifikation des Logos mit dem Menschen Jesus behauptet wird, wird also
schon hier deutlich: in Jesus ist nicht ein anderes Licht erschienen als das, welches
in der Schöpfung immer schon leuchtete… Daß in diese Welt der Finsternis das
Licht der Heilsoffenbarung scheine, sagt 1,5a» (27-28). «Es gibt schlechterdings
kein durchschlagendes Argument dafür, daß [vv.] 5-13 jemals auf etwas ande-
res als die geschichtliche Epiphanie des Offenbarers bezogen worden sein» (E.
Käsemann, Aufbau und Anliegen des johanneischen Prologs, in W. Matthias e E.
Wolf (edd.), Libertas Christiana, Kaiser, München 1957, 75-99, quindi in Exege-
tische Versuche und Besinnungen, II, Vandenhoek & Ruprecht, Göttingen 1964,
155-180, in part. 166). Opportunamente Haenchen connette l’interpretazione di
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 191
146 Rovescio, pertanto, l’argomentazione di R.E. Brown, Giovanni…, 37: «Colui che
ha curato l’edizione del Prologo ha inserito un riferimento a Giovanni il Battista
dopo il v. 5 e difficilmente si può immaginare che egli avrebbe introdotto Gio-
vanni il Battista dopo aver descritto il ministero di Gesù e i suoi effetti. Evidente-
mente il redattore pensava che gli accenni alla venuta di Gesù cominciassero nel
v. 10; egli mise la venuta di Giovanni Battista nei vv. 6-8 prima della venuta di
Gesù e si servì del v. 9 per collegare Giovanni il Battista col momento di quella
venuta… Questa obiezione vale anche contro la teoria di Käsemann, che vede un
riferimento alla venuta di Gesù non nel v. 4, ma in 5, che egli unisce a 10, e contro
la teoria di Bultmann, che fa cominciare l’opera del rivelatore nella storia col v.
5, che egli unisce a 9». Brown, però, trascura un fatto a mio parere probante: il
Battista è presentato da Gv soltanto come testimone, niente affatto come profeta o
precursore, ed esplicitamente, in Gv 1,34, la testimonianza viene fatta dipendere
dall’avere prima visto lo Spirito/Luce discendere su Gesù».
147 «He is not the “forerunner” (as depicted in the Synoptics), but merely a witness
(1:6-8,15; 1:19ff; 3:22ff). The phrase ἀπεσταλμένος παρὰ θεοῦ confirms his au-
thorisation as a witness… Neither the Baptist nor his baptism has any independent
significance; they exist in order to bear witness to Christ, who alone takes away
sin and also confers the Spirit» (D.G. van der Merwe, The historical and theolo-
gical significance of John the Baptist as he is portrayed in John 1, in «Neotesta-
mentica» 33/2, 1999, 267-292, in part. 271 e 285).
194 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
prosecuzione dei versetti 1,9-14 torna a trattare dell’epifania del Logos, che
annuncia come incarnato, ormai identificatosi con la carne/l’uomo Gesù148.
D’altra parte, tale è la radicalità con la quale il messia “disputato” è
retroproiettato ed esaltato nella protologica intimità con il Padre, da provo-
care un effetto di ritrattazione nel protologico del dispositivo escatologico-
messianico. Questo comporterà una rapidissima lettura prevalentemente
ontologica del Prologo, come testimonieranno gli gnostici (sui quali tor-
nerò più avanti), Origene, i teologici trinitari del IV secolo, Agostino stes-
so. Ciononostante, la drammatica scaturigine storica del Figlio dell’Uomo
continuerà a segnare in profondità la stessa ontologia binitaria, quindi tri-
nitaria, governandone la rivoluzionaria interpretazione estatica ed escato-
logica, che altera Dio nella sua stessa intimità, rivelandolo in sé soltanto
con l’altro e per l’altro.
149 Giovanni, «d’accordo con i sinottici, inizia il racconto su Gesù di Nazaret con
l’attività di Giovanni Battista, ma trasforma profondamente la tradizione comu-
ne. Secondo questa tradizione, la vita pubblica di Gesù viene introdotta da un
trittico: la predicazione di Giovanni, il battesimo di Gesù e la tentazione di Gesù.
In Giovanni il predicatore diventa un testimone, il battesimo di Gesù viene indi-
rettamente evocato attraverso l’esperienza del Battista, la scena della tentazione
è del tutto scomparsa. Il trittico tradizionale è sostituito da tre quadri [descritti in
Gv 1,19-2,12] che, nella loro successione, formano una unità letteraria» (X. Leon-
Dufour, Lettura del Vangelo secondo Giovanni…, 215).
150 Comunque, per G. Richter, Zu den Tauferzählungen Mk 1,9-11 und Joh 1,19-34…,
la discesa dello Spirito dal cielo senza il risuonare della voce attesterebbe una tradi-
zione anteriore alla definizione sinottica della scena battesimale: cf. 319-321; 326.
196 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
him”) would sound like variant expressions of the same event. For converts who
had come out of a Hellenistic Judaism that used Wisdom, Word, Son, and Holy
Spirit interchangeably, “the Word became flesh” would equal “the Spirit descen-
ded and remained on Jesus”. If so, then in Johannine Christianity the incarnation
must have been assumed to have taken place in connection with the water of
John’s baptism» (Ch.H. Talbert, “And the Word Became Flesh”: When?..., 135).
Stranamente Talbert non fa qui riferimento al termine Luce (φῶς), né al termine
Uomo (ἄνθρωπος, φώς), come termini teologicamente interscambiabili con Lo-
gos, Sophia, Spirito Santo, etc…
154 «Paul himself was accustomed to speak of the spirit as “life-giving” (1Cor 15.45;
2Cor 3.6), and that was not a peculiarity of his. It was a belief shared by other
New Testament writers (Jn 6.63; 1Pt 3.18), by Philo (Op. mundi 30; Quaest in Gen
1.4; 2.8; 4.5), and by the writer of the Wisdom of Salomon (15.11). They inherited
from the Septuagint the idea of a πνεῦμα ζωῆς (Gen 6.17; 7.15; Ezek 1.21; 10.17;
37.5 (as v.1 in 10); Jdt 10.13-=”living person”). This association of “spirit” and
“life” is all too intelligible: as πνεῦμα in the sense of “breath” marked the presen-
ce of life, it is a very natural image» (A.J.M. Wedderburn, Baptism and Resurrec-
tion. Studies in Pauline Theology against Its Graeco-Roman Background, Mohr
Siebeck, Tübingen 1987, 275; cf. 294-295).
198 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
155 «È lecito pensare che lo Spirito e la potenza venuta da Dio altro non siano che
il Logos (τὸ πνεῦμα οὖν καὶ τὴν δύναμιν τὴν παρὰ τοῦ θεοῦ οὐδὲν ἄλλο νοῆσαι
θέμις ἢ τὸν λόγον), che è anche il primogenito di Dio (ὃς καὶ πρωτότοκος τῷ θεῷ
ἐστι)» (Giustino, I Apologia 33, 6). «Jesus originated as the Logos (1:1ff.), he
returns as the Spirit (14:18; etc.), and therefore Logos and Spirit are virtually two
ways of expressing a similar thought» (G.M. Burge, The Anointed Community:
the Holy Spirit in the Johannine Tradition, Eerdmans, Grand Rapids 1987, 113).
Descrivendo la katabasis cristologica giovannea, M. Theobald, Die Fleischwer-
dung des Logos…, ha utilizzato la felice formula di «Doppelgängerschaft von
Logos (1,1f.14) und Pneuma (1,32f)» (50).
156 Corrispondente alla descrizione giovannea del discendere e del rimanere dello
Spirito di Gesù è la rilevantissima notizia geronimiana sul vangelo giudeocri-
stiano dei “Nazarei”: «Nel vangelo scritto in ebraico che leggono i Nazarei…
troviamo scritto: «Ora, quando il Signore fu uscito dall’acqua, discese l’intera
sorgente dello Spirito Santo, si riposò su di lui e gli disse: “Figlio mio, io ti attesi
in tutti i profeti, perché tu venissi ed io mi potessi riposare su di te. Tu difatti sei la
mia requie. Tu, il Figlio mio primogenito, che regni in eterno” (Porro in evangelio,
cuius supra fecimus mentionem, haec scripta reperimus: “Factum est autem cum
ascendisset dominus de aqua, descendit fons omnis Spiritus Sancti, et requievit
super eum, et dixit illi: Fili mi, in omnibus prophetis exspectabam te, ut venires,
et requiescerem in te. Tu es enim requies mea, tu es filius meus primogenitus,
qui regnas in sempiternum”» (Vangelo dei “Nazarei”, frammento in Girolamo,
Commento ad Isaia, IV,11,1-2).
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 199
3) Il contenuto della voce celeste, che nei sinottici proclama Gesù come «il
mio Figlio prediletto (ὁ υἱός μου ὁ ἀγαπητός)» (Mc 1,11), viene “messo
in bocca” al Battista che, indicandolo come colui che «era prima di me»
(Gv 1,15)157, lo ritratta nella formula più radicale di «Figlio Unigenito
(μονογενής) che è nel seno del Padre» (Gv 1,14 e 18). Segnalo come, in
Gv 13,23, si descriva «reclinato sul petto di Gesù il discepolo che Gesù
amava (ἀνακείμενος… ἐν τῷ κόλπῳ τοῦ Ἰησοῦ, ὃν ἠγάπα ὁ Ἰησοῦς)»,
ove l’essere nel κόλπος è utilizzato appunto come metafora per indicare
colui che è «amato (ἀγαπητός)» più di ogni altro. Dire che il Figlio è
nel seno del Padre significa allora dire che egli è l’ἀγαπητός, il nome
disceso dal cielo, con il quale i sinottici salutano la manifestazione del
messia al Giordano. Il Figlio prescelto come Messia salvifico diviene
eternamente “eletto” come Figlio preesistente del Padre, che Giovanni
Battista proclama come Logos, Luce divina e Gloria incarnata158. Lo
stare del Padre nel Figlio e del Figlio nel Padre viene identificato, in
1Gv 4,7-21, con il soprannaturale «amore (ἀγάπη)», cioè con lo Spirito
Santo, dono del Padre e del Figlio, dal quale sono vivificati i «carissimi
(ἀγαπητοί)» fratelli dell’anziano. L’amore del Padre si manifesta sol-
tanto nel Figlio che, tramite il suo Spirito, lo comunica ai “suoi” fedeli:
caratteristica dell’amore è il rimanere nell’altro, è il fruire dello Spirito
con il quale Padre e Figlio si amano159. Sarebbe qui necessario rilegge-
157 «Mentre nei sinottici è la “voce divina” a indicare in Gesù il “Figlio amato”, nel
quarto vangelo questa funzione rivelatrice è assunta da Giovanni… [In questa]
riscrittura giovannea del battesimo di Gesù, quest’ultimo è dichiarato Figlio di
Dio proprio nella misura in cui è presentato come il portatore dello Spirito di Dio,
che a sua volta, tramite il battesimo “nello Spirito”, egli dispensa e trasmette a
ogni credente» (J. Zumstein, Il Vangelo secondo Giovanni…, I,110).
158 «Nella scenografia sinottica, era al momento del battesimo che Gesù veniva ri-
velato come il Figlio di Dio e ciò era simboleggiato con la discesa dello Spirito
Santo su di lui (si veda la connessione di Spirito e Filiazione divina in Rm 1,4).
Giovanni è venuto incontro alla necessità di fare questa rivelazione ricorrendo
al Prologo che ci parla di Gesù come del “Figlio unigenito che è nel seno del
Padre” (1,18). Ciò nonostante, Gv 1,33 conserva indirettamente il ricordo di Gesù
che viene battezzato con lo Spirito Santo mettendo in bocca a Giovanni Battista
una frase che combina questa idea con quella della preesistenza (1,30). Il battesi-
mo diventa ora semplicemente un momento dell’invio della Parola preesistente»
(R.E. Brown, La comunità del discepolo prediletto…, 60-61). Rispetto a Brown,
ribadisco l’assenza di un vero e proprio riferimento al battesimo in Gv 1,33 e
interpreto la teofania del Prologo come sostituto storico-narrativo (l’incarnazione
del Logos/Luce al Giordano) e non soltanto concettuale (ricapitolato nell’attribu-
zione a Gesù del termine Unigenito) del battesimo sinottico.
159 «Amati, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri (ἀγαπητοί,
εἰ οὕτως ὁ θεὸς ἠγάπησεν ἡμᾶς, καὶ ἡμεῖς ὀφείλομεν ἀλλήλους ἀγαπᾶν). Nessuno
200 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
ha mai visto Dio (θεὸν οὐδεὶς πώποτε τεθέαται); se ci amiamo gli uni gli altri
(ἐὰν ἀγαπῶμεν ἀλλήλους), Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi (ὁ
θεὸς ἐν ἡμῖν μένει καὶ ἡ ἀγάπη αὐτοῦ τετελειωμένη ἐν ἡμῖν ἐστιν). Da questo si
riconosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi (Ἐν τούτῳ γινώσκομεν ὅτι ἐν
αὐτῷ μένομεν καὶ αὐτὸς ἐν ἡμῖν); egli ci ha fatto dono del suo Spirito (ὅτι ἐκ τοῦ
πνεύματος αὐτοῦ δέδωκεν ἡμῖν). E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il
Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo (καὶ ἡμεῖς τεθεάμεθα
καὶ μαρτυροῦμεν ὅτι ὁ πατὴρ ἀπέσταλκεν τὸν υἱὸν σωτῆρα τοῦ κόσμου). Chiun-
que riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio (ὁ
θεὸς ἐν αὐτῷ μένει καὶ αὐτὸς ἐν τῷ θεῷ). Noi abbiamo riconosciuto e creduto
all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore (ὁ θεὸς ἀγάπη ἐστίν); chi sta nell’amore
dimora in Dio e Dio dimora in lui (ὁ μένων ἐν τῇ ἀγάπῃ ἐν τῷ θεῷ μένει καὶ ὁ θεὸς
ἐν αὐτῷ μένει)» (1Gv 4,11-16).
160 Cf. R.E. Brown, Giovanni…, 1305-1310.
161 Mi limito a citare Gv 17,22-24 e 26: «E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a
loro (κἀγὼ τὴν δόξαν ἣν δέδωκάς μοι δέδωκα αὐτοῖς), perché siano come noi una
cosa sola (ἵνα ὦσιν ἓν καθὼς ἡμεῖς ἕν). Io in loro e tu in me, perché siano perfetti
nell’unità (ἐγὼ ἐν αὐτοῖς καὶ σὺ ἐν ἐμοί, ἵνα ὦσιν τετελειωμένοι εἰς ἕν) e il mondo
sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me (ἠγάπησας αὐτοὺς
καθὼς ἐμὲ ἠγάπησας). Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con
me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché
tu mi hai amato prima della creazione del mondo… E io ho fatto conoscere loro
il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in
essi e io in loro (ἵνα ἡ ἀγάπη ἣν ἠγάπησάς με ἐν αὐτοῖς ᾖ κἀγὼ ἐν αὐτοῖς)». Cf.
J. Zumstein, Il vangelo di Giovanni…, II,813 e 817-818: «Il dono che il Padre
fa al Figlio, questi lo ha trasmesso ai credenti. Tale dono è quello della “gloria”,
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 201
vale a dire della pienezza della realtà divina rivelata dal Cristo incarnato in seno
al mondo… Ai discepoli che hanno visto nella fede la gloria del Cristo incarnato
(1,14; 2,11) è promessa la visione faccia a faccia della gloria del preesistente…
La preesistenza del Figlio è presentata in termini di amore: è l’espressione di
un tale amore.., la preghiera conduce alla presenza faccia a faccia, espressione
dell’amore divino (cf. 1Cor 13,11-13)». Rimanderei soprattutto a 2Cor 3-4: vi
tornerò tra poco. Cf., infine, U. Wilckens, Il vangelo secondo Giovanni…, 336-
340, che insiste sulla connessione tra gloria, amore preesistente del Padre e del
Figlio, ruolo-chiave dello Spirito nella preghiera escatologica di Gv 17; si avanza
l’ipotesi che questa presupponga una liturgia eucaristica.
162 «In noi sarà infuso uno Spirito dall’alto; (ἕως ἂν ἐπέλθῃ ἐφ’ ὑμᾶς πνεῦμα ἀφ’
ὑψηλοῦ); allora il deserto diventerà un giardino/il Carmelo (καὶ ἔσται ἔρημος ὁ
Χερμελ)» (Isaia 32,15). Frequente è l’identificazione del monte Carmelo, luogo
elettivo di Elia, con il giardino edenico.
163 «Fin dalle prime parole dell’inno c’è stato un intenzionale parallelo con i capitoli
iniziali della Genesi. Ciò è continuato nel v. 3 con l’uso di egeneto; e ora conti-
nua in vv. 4-5 con l’accenno alla luce e alle tenebre, perché la luce fu la prima
creazione di Dio (Gn 1,3). Anche “vita” è un tema del racconto della creazione…
Alla vita eterna si accenna anche nei primi capitoli della Genesi, perché 2,9 e
3,22 parlano dell’albero della vita il cui frutto, se mangiato, avrebbe fatto vivere
l’uomo per sempre. L’uomo fu escluso da questa vita a causa del suo peccato;
ma come vediamo in Ap 22,2, la vita eterna del giardino dell’Eden prefigurava
la vita che Gesù avrebbe dato agli uomini. In Gv 6, Gesù parlerà del pane di vita
che un uomo può mangiare e vivere per sempre: un pane, quindi, che ha le stesse
qualità del frutto dell’albero della vita nel paradiso… Noi pensiamo che nel v.
4 il Prologo parli ancora nel contesto del racconto della creazione della Genesi.
Ciò che aveva specialmente avuto origine nella Parola creativa di Dio era il dono
della vita eterna. Questa vita era la luce degli uomini, perché l’albero della vita
era strettamente associato all’albero della conoscenza del bene e del male» (R.E.
Brown, Giovanni…, 37-38). Su Gesù come nuovo Adamo in Giovanni, cf. J.K.
Brown, Creation’s Renewal in the Gospel of John…, 281-283.
202 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
164 Cf. R.E. Brown, Giovanni…, 46-49. «Molte ragioni raccomandano l’ipotesi che
14c.d sia un’eco della trasfigurazione» (48).
165 Cf. Esodo 25,8-9; Zaccaria 2,14; Ezech 43,7. Sull’incarnazione del Logos
come “attendarsi” (σκηνόω) della Gloria di Dio ( αὶ ὁ λόγος σὰρξ ἐγένετο καὶ
ἐσκήνωσεν ἐν ἡμῖν: Gv 1,14), che non trova più il suo luogo nel Tempio di Geru-
salemme, ma in Gesù stesso (cf. Gv 2,13-22), cf. R.E. Brown, Giovanni…, 42-49.
166 Sul rapporto tra battesimo di Gesù, rapimento “violento” da parte dello Spirito,
invio nel deserto, collocazione su un alto monte, quindi tentazione di Gesù e sua
trasfigurazione tra Mosè ed Elia, penso che le testimonianze sinottiche debbano
essere lette in relazione al sopra citato passo del Vangelo sopra gli Ebrei, riporta-
toci da Origene. Gesù nuovo Adamo attraversa il deserto ed è collocato sul nuovo
Eden, ove, dopo aver vinto le tentazioni del Maligno, diviene teofanica Gloria di
Dio. Ricordo che secondo Epifanio di Salamina, Panarion II, tomo I, eresia LI,
Contro coloro che non accettano il vangelo di Giovanni e la sua apocalisse [gli
Alogi] 21,7, il Tabor sarebbe stato il monte della tentazione di Gesù (cf. Mt 4,8).
Cf. G. Lettieri, L’ultimo nel primo…, 130-133.
167 «E uscì una voce dalla nube: “Questi è il mio Figlio diletto, ascoltatelo (καὶ ἐγένετο
φωνὴ ἐκ τῆς νεφέλης, Οὗτός ἐστιν ὁ υἱός μου ὁ ἀγαπητός, ἀκούετε αὐτοῦ)» (Mc 9,7).
168 Cf. U. Wilckens, Il vangelo secondo Giovanni…, 51.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 203
169 «Il dono dello Spirito a Gesù che mediante la visione fa di lui il Figlio di Dio ha
senza dubbio valore soltanto a partire dal battesimo… Al dono dello Spirito nel
battesimo risale anche la svolta fondamentale nella storia dei credenti. Da questo
momento essa è caratterizzata da un’esperienza dello Spirito particolarmente pro-
fonda e intensa» (H.-J. Klauck, Lettere di Giovanni…, 58); «Il dono dello Spirito
che Gesù riceve nel battesimo è in definitiva il modello soteriologico anche per i
credenti» (333). Significativamente, queste prospettive, attribuite da Klauck agli
avversari del presbitero, sono di fatto riscontrabili nella prospettiva complessiva
dello stesso IV vangelo; cf. 266-267; 332-335.
204 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
creativo di Dio, che con lo Spirito è venuto in principio (sia prima della
creazione del mondo, che all’inizio del vangelo salvifico di Gesù) quale
Luce che dona escatologicamente la fruizione della vita eterna170. Torne-
remo più avanti sulla ritrattazione nel Prologo della tentazione sinottica
di Gesù dopo il battesimo. Non prima, però, di esserci dedicati a un ex-
cursus paolino.
170 Si legga 1Gv 2,7: «Amati, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un co-
mandamento antico, che avete ricevuto sin dal principio (ἐντολὴν παλαιὰν ἣν
εἴχετε ἀπ’ ἀρχῆς). Il comandamento antico è la parola che avete udito (ἐντολὴ ἡ
παλαιά ἐστιν ὁ λόγος ὃν ἠκούσατε). E tuttavia è un comandamento nuovo quello
di cui vi scrivo, il che è vero in lui e in voi, poiché le tenebre stanno diradandosi
e la vera luce già risplende (ὅτι ἡ σκοτία παράγεται καὶ τὸ φῶς τὸ ἀληθινὸν ἤδη
φαίνει)» (1Gv 2,7-8). Il riferimento all’«in principio» connette l’insegnamento
iniziatico nella comunità giovannea alla proclamazione del Logos «in principio»,
Luce salvifica che risplende nelle tenebre. Infatti, all’inizio della lettera, il Logos
incarnato è appunto proclamato come colui che era «in principio»: «Ciò che era
fin da principio (ὃ ἦν ἀπ’ ἀρχῆς), ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo
veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e che le nostre mani
hanno toccato, ossia il Logos della vita (περὶ τοῦ λόγου τῆς ζωῆς) – poiché la
vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi
annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi –, quello
che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi (ὃ ἑωράκαμεν καὶ
ἀκηκόαμεν ἀπαγγέλλομεν καὶ ὑμῖν)» (1,1-3). L’insegnamento ricevuto «in prin-
cipio» non può non riecheggiare la scaturigine del mistero soteriologico, quindi
non può non vertere sull’incarnazione del Logos «in principio»; ebbene, questo
include un richiamo al battesimo come compimento del processo di conversione,
quindi come illuminazione spirituale: «Quando l’autore [di 1Gv] parla de “il prin-
cipio”, egli intende il principio della rivelazione di Gesù ai suoi seguaci durante
il ministero, ma per i suoi lettori questo significa il principio del loro contatto
con la tradizione che avvenne con la conversione/iniziazione/battesimo. Mentre
l’annuncio teologico giovanneo aveva le sue peculiarità, aveva in comune molte
caratteristiche con gli altri annunci battesimali cristiani; da qui i paralleli appena
discussi. Pure i secessionisti avevano udito l’annuncio giovanneo di conversione/
iniziazione/battesimo; ma, a giudizio dell’autore, la loro successiva posizione lo
aveva deformato. Essi avevano mostrato che, nonostante il loro battesimo, erano
figli del diavolo e non figli di Dio» (R.E. Brown, Le lettere di Giovanni…, 597);
in 226-230, Brown discute largamente l’interpretazione del termine «principio»
nell’epistolario giovanneo e nello stesso NT. In riferimento a 1Gv 1,24, scrive
H.-J. Klauck, Lettere di Giovanni…, 193-194: «“Avete udito” definisce in modo
chiaro l’estensione di ἀπ’ ἀρχῆς: ai destinatari si ricordano gli inizi della loro vita
cristiana, la predicazione dell’annuncio e la professione di fede che ne è derivata
e che è stata conferita nel battesimo; ἀπ’ ἀρχῆς è direttamente connesso alla con-
fessione di Gesù Cristo e figlio di Dio a cui alludono implicitamente i vv. 22-23…
Al rimanere in noi della parola del principio e al nostro rimanere nel Figlio e nel
Padre è rivolta la promessa di vita eterna… La vita eterna consiste nel credere, nel
conoscere, nel dono della parola; è quindi pensata al presente».
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 205
171 Cf., in tal senso, le rapide indicazioni di M.D. Hooker, Beyond the Things that
Are Written? St Paul’s Use of Scripture, in «New Testament Studies» 27/3, 1981,
295-309, in part. 302; e R.P. Martin, 2 Corinthians, Word Books, Waco Texas, 73.
206 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
(ὅς ἐστιν εἰκὼν τοῦ θεοῦ)… E Dio che disse (ὅτι ὁ θεὸς ὁ εἰπών): “Rifulga la
luce dalle tenebre (Ἐκ σκότους φῶς λάμψει)” (Gen 1,3), rifulse nei nostri cuori
(ὃς ἔλαμψεν ἐν ταῖς καρδίαις ἡμῶν), per far risplendere la conoscenza della
gloria divina che rifulge sul volto di Cristo (πρὸς φωτισμὸν τῆς γνώσεως τῆς
δόξης τοῦ θεοῦ ἐν προσώπῳ Χριστοῦ)» (2Cor 3,18-4,4 e 6).
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. E la luce splende nelle
tenebre (καὶ τὸ φῶς ἐν τῇ σκοτίᾳ φαίνει), ma le tenebre non l’hanno accolta
(καὶ ἡ σκοτία αὐτὸ οὐ κατέλαβεν)… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare
in mezzo a noi ( αὶ ὁ λόγος σὰρξ ἐγένετο καὶ ἐσκήνωσεν ἐν ἡμῖν); e noi
vedemmo la sua gloria, gloria come di Unigenito del Padre (ἐθεασάμεθα τὴν
δόξαν αὐτοῦ, δόξαν ὡς μονογενοῦς παρὰ πατρός), pieno di grazia e di verità
(πλήρης χάριτος καὶ ἀληθείας) (Gv 1,5 e 14).
Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto (ὅτι ἐκ τοῦ πληρώματος αὐτοῦ
ἡμεῖς πάντες ἐλάβομεν) e grazia su grazia (καὶ χάριν ἀντὶ χάριτος). Perché
la legge fu data per mezzo di Mosè (ὅτι ὁ νόμος διὰ ωϋσέως ἐδόθη), la
grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo (ἡ χάρις καὶ ἡ ἀλήθεια διὰ
Ἰησοῦ Χριστοῦ ἐγένετο). Dio nessuno l’ha mai visto (θεὸν οὐδεὶς ἑώρακεν
πώποτε·); proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, egli l’ha
rivelato (μονογενὴς θεὸς ὁ ὢν εἰς τὸν κόλπον τοῦ πατρὸς ἐκεῖνος ἐξηγήσατο
(Gv 1,16-18).
Il Padre, che nessuno può vedere, è rivelato unicamente dal suo “esege-
ta”, da colui che è nel suo seno: il tema messianico-apocalittico che domina
2Cor 3-4 – quello della rivelazione di gloria di Dio, irradiante dal volto di
Cristo risorto – pare anticipare questi versetti del Prologo, che pure sdop-
piano e retroproiettano l’apocalisse escatologica del Figlio nella preesi-
stente relazione di intimità “binitaria”. Per Paolo, rispetto alla rivelazione
di Mosè, Cristo è manifestazione in pienezza di gloria, di grazia, di luce,
non più nascosta, ma manifesta, perché il dono della verità riluce diretta-
mente sul volto di Cristo rivelatore, capace di vivificare «noi che non fis-
siamo lo sguardo sulle cose visibili (μὴ σκοπούντων ἡμῶν τὰ βλεπόμενα)»
(4,18). Come si diceva, il ricorso al primo giorno di Gen 1 scandisce l’op-
posizione tra l’apocalisse della Luce in principio e la resistenza accecata
delle tenebre173, incapaci di scorgere l’eccedenza/trascendenza della gloria
della nuova alleanza (rispetto alla stessa antica alleanza di Mosè)174 e di ri-
conoscere la sovrabbondanza della grazia, rivelata dal Figlio che è lo Spiri-
to vivificante che dona la partecipazione all’Immagine teomorfa. Pertanto,
l’Unigenito “esegeta” giovanneo – capace di vedere Dio e contrapposto a
Mosè che, come ogni uomo, non ha visto Dio – è il paolino Volto di Glo-
ria175, il Cristo nel quale tutti i credenti sono trasformati, moltiplicando la
173 Cf. Gv 3,19: «La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le te-
nebre alla luce, perché le loro opere erano malvage». Questo versetto, che segue
l’affermazione che «il Figlio dell’Uomo è disceso dal cielo», dichiarando il suo
imminente innalzamento salvifico sulla croce, è perfettamente corrispondente a
Gv 1,9-11, provando, a mio avviso, che questi versetti del Prologo non si riferi-
scono, come affermano tra gli altri Pagels o Boyarin, alla rivelazione della Legge
precedente l’incarnazione del Logos, ma a questa stessa incarnazione e al suo non
essere riconosciuta da gran parte delle “tenebre” (la maggior parte dei discepoli di
Giovanni) al suo apparire.
174 «L’inno [cioè il Prologo] termina con la trionfante proclamazione di una nuova al-
leanza in sostituzione dell’alleanza del Sinai» (R.E. Brown, Giovanni…, 48-49).
175 «Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto (οὔτε εἶδος
αὐτοῦ ἑωράκατε) e non avete la sua parola che dimora in voi (καὶ τὸν λόγον αὐτοῦ
οὐκ ἔχετε ἐν ὑμῖν μένοντα), perché non credete a colui che egli ha mandato» (Gv
208 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
5,37-38); «Non che alcuno abbia visto il Padre (οὐχ ὅτι τὸν πατέρα ἑώρακέν τις),
ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre (εἰ μὴ ὁ ὢν παρὰ τοῦ θεοῦ, οὗτος
ἑώρακεν τὸν πατέρα)» (6,46). «Naturalmente, è il fatto che Mosè non ha veduto
Dio che l’autore vuole mettere in contrasto con l’intimo contatto tra il Figlio e il
Padre. In Es 33,18, Mosè chiede di vedere la gloria di Dio, ma il Signore dice:
“Tu non puoi vedere il mio volto e restare vivo”. Isaia (6,5) esclama con terrore:
“Ohimè! Io sono perduto, perché… i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli
eserciti”, dove non si parla nemmeno di vedere il volto di Dio. Contro questo
sfondo veterotestamentario, che nemmeno i più grandi rappresentanti di Israele
hanno visto Dio, Giovanni innalza l’esempio del Figlio unico, che non solo ha
veduto il Padre, ma che è sempre accanto a lui. Possiamo, certo, sospettare che
questo tema facesse parte della polemica giovannea contro la sinagoga, poiché
esso è ripetuto in 5,37 e 6,46» (49). E se Giovanni attingesse anche da 2Cor 3-4
per sostenere la sua polemica contro la sinagoga?
176 «Pienezza, Plērōma, che ricorre solo qui [in Gv 1,16] negli scritti giovannei, è un
importante termine teologico paolino» (R.E. Brown, Giovanni…, 22). Ricordo
che R. Bultmann, Das Evangelium des Johannes…, 53, fa dipendere l’opposi-
zione tra legge e grazia/verità del v. 17 da un evidente influsso paolino, rispetto
al quale la prospettiva complessiva del IV vangelo sarebbe comunque estranea;
donde il carattere per Bultmann tardivo e interpolato del versetto in questione.
Ma cf. anche la deuteropaolina Epistola ai Colossesi 1,20: «Piacque a Dio di fare
abitare in lui ogni pienezza (ἐν αὐτῷ εὐδόκησεν πᾶν τὸ πλήρωμα κατοικῆσαι)».
Considerando che in Col 1,15 Cristo viene definito «Immagine del Dio invisibi-
le primogenito di tutta la creazione (εἰκὼν τοῦ θεοῦ τοῦ ἀοράτου, πρωτότοκος
πάσης κτίσεως)» e in 1,18 «il principio, il primogenito di coloro che resuscita-
no dai morti (ἀρχή, πρωτότοκος ἐκ τῶν νεκρῶν)», con un potente incrocio tra
preesistenza celeste e salvifica missione terrena, è legittimo chiedersi: Giovanni
conosce Colossesi, ne è influenzato?
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 209
177 Cf. L.L. Belleville, Reflections of Glory. Paul’s Polemical Use of the Moses-Doxa
Tradition in 2 Corinthians 3.1-18, Sheffield Academic Press, Sheffield 1991:
«Ἀπὸ δόξης εἰς δόξαν in this context [2Cor 3] denotes increase. It is set in con-
trast to καταργέω in vv. 7,11, and 14: Moses’ glory as minister of the old covenant
was a fading glory; by contrast, the glory of the new covenant minister is one that
steadily grows» (289).
210 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
identification. Paul’s quotation might then indicate that it was specifically during
baptism that the identification between the image of the savior and the believer
was made» (61-62). Cf. J. Jervell, Imago Dei. Gen. 1,26f. im Spätjudentum, in
die Gnosis und in den paulinischen Briefen, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttin-
gen 1960, 196-198; 209; e U. Schnelle, Paulus. Leben und Denken, de Gruyter,
Berlin-Boston 20142, tr. it. Paolo. Vita e pensiero, Paideia, Brescia 2018: «È stato
Dio col battesimo a unire a Gesù Cristo sia i corinti sia l’apostolo e a rendere pos-
sibile in tal modo l’esistenza di chi crede nella forza dello Spirito (2Cor 1,21ss.).
La comunità e l’apostolo sanno che le promesse di Dio hanno trovato in Gesù
Cristo il loro adempimento (2Cor 1,19ss.), poiché in lui si è rivelato il potere di
Dio (2Cor 4,6) ed egli è l’immagine di Dio (2Cor 4,4)… In 2Cor 4,6, l’uomo che
giunge alla fede compie per Paolo un’azione creatrice (cf. Gen 1,3). Questo atto
conduce alla conoscenza della gloria di Dio al cospetto di Cristo crocifisso» (259).
Comunque, per una restituzione autobiografica di 2Cor 4,6, cf. 90-91.
181 Cf. Atti 9,8-18, anche se qui la recezione del battesimo segue immediatamente
l’imposizione delle mani da parte di Anania, quindi la trasmissione dello Spirito.
212 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
la vita eterna (ὁ πιστεύων εἰς τὸν υἱὸν ἔχει ζωὴν αἰώνιον); chi non obbedisce al
Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio incombe su di lui» (Gv 3,31 e 34-36)182.
Il Figlio è colui che viene dal cielo e dona senza misura lo Spirito, con
chiaro riferimento alla precedente, teofanica affermazione di Giovanni in
1,32-34, ove si identificava «colui che battezza in Spirito Santo (ὁ βαπτίζων
ἐν πνεύματι ἁγίῳ)» (1,33) con colui sul quale lo Spirito era disceso e ri-
masto. Ora, ricevere, a partire dal battesimo, lo Spirito dal Figlio/Spirito
significa ricevere la vita, in quanto il Figlio dà lo Spirito vivificante (cf. Gv
6,63).
Ebbene, si impone a questo punto un altro parallelo paolino. In Prima
lettera ai Corinzi, 15,44-53, Paolo propone la sua ricapitolazione antiteti-
ca dell’uomo vecchio/naturale e dell’uomo nuovo/spirituale nel primo e
nell’ultimo Adamo che è Cristo, nel quale tutti quelli che in Adamo sono
morti riceveranno la vita (cf. 15,22), grazie all’incorporazione a Cristo
operata tramite il battesimo (cf. 15,29), che è recezione del suo Spirito di
resurrezione.
182 Non mi soffermo sulla dibattuta questione dell’originaria collocazione del passo:
cf. R.E. Brown, Giovanni…, 211-212; U. Wilckens, Il vangelo secondo Giovan-
ni…, 101-103.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 213
183 «Poiché l’amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi
tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano
più per se stessi, ma per colui che è morto e resuscitato per loro. Cosicché ormai
non conosciamo più nessuno secondo la carne (ἀπὸ τοῦ νῦν οὐδένα οἴδαμεν κατὰ
σάρκα); e anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo cono-
sciamo più così. Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova (ὥστε εἴ τις ἐν
Χριστῷ, καινὴ κτίσις): le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove
(τὰ ἀρχαῖα παρῆλθεν, ἰδοὺ γέγονεν καινά)» (2Cor 5,14-17). Del tutto evidente è il
riferimento allo Spirito del Risorto, che è l’atto vivificante della ricreazione, quin-
di la teofania cristica «della sovraeminente gloria (τῆς ὑπερβαλλούσης δόξης)»
(3,10) «della nuova alleanza (καινῆς διαθήκης)» (3,6).
184 Il brano sopra citato dipende, non a caso, da 1Cor 15,12-29, ove è esplicita la
connessione tra la resurrezione di Cristo e l’essere incorporati nella sua morte/
resurrezione attraverso il battesimo, impartito persino ai morti.
214 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
185 «Di nuovo Gesù parlò loro: “Io sono la luce del mondo (Ἐγώ εἰμι τὸ φῶς τοῦ
κόσμου ); chi segue me, non camminerà nelle tenebre (ὁ ἀκολουθῶν ἐμοὶ οὐ μὴ
περιπατήσῃ ἐν τῇ σκοτίᾳ), ma avrà la luce della vita (ἀλλ’ ἕξει τὸ φῶς τῆς ζωῆς)”»
(Gv 8,12).
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 215
diavolo (ὑμεῖς ἐκ τοῦ πατρὸς τοῦ διαβόλου ἐστὲ)… omicida fin da princi-
pio (ἐκεῖνος ἀνθρωποκτόνος ἦν ἀπ' ἀρχῆς)» (8,44).
Ebbene, il diavolo, il principe delle tenebre, è forse evocato nelle tene-
bre di Gv 1,5, nelle quali ha fatto irruzione la Luce assoluta del Figlio, che
«in principio» è Parola di Luce presso il Dio Padre? Emergerebbe, in tal
caso, uno strettissimo rapporto tra diavolo, tenebre e «i suoi (οἱ ἴδιοι)», cioè
i giudei (ovviamente non in senso razziale, ma in senso apocalittico: i giu-
dei che non credono), presso i quali comunque l’Unigenito si è manifestato
come presso il suo popolo eletto. Così, in Gv 12,30-50, Gesù tiene un lungo
discorso, all’interno del quale al Figlio/Luce è contrapposta la violenza
omicida de «le tenebre (σκοτία)» (12,35 e 46), assoggettate a «il principe di
questo mondo (ὁ ἄρχων τοῦ κόσμου τούτου)» (12,31), da cui Cristo libere-
rà i credenti, chiamandoli ad essere «figli della luce (υἱοὶ φωτὸς)» (12,36),
tramite il suo essere innalzato/crocifisso:
Io sono come luce venuto nel mondo (ἐγὼ φῶς εἰς τὸν κόσμον ἐλήλυθα),
perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre (ἐν τῇ σκοτίᾳ μὴ
μείνῃ)… Chi mi respinge e non accoglie le mie parole (ὁ ἀθετῶν ἐμὲ καὶ μὴ
λαμβάνων τὰ ῥήματά μου ἔχει), ha chi lo condanna (τὸν κρίνοντα αὐτόν): la
parola che ho annunziato lo condannerà l’ultimo giorno (ὁ λόγος ὃν ἐλάλησα
ἐκεῖνος κρινεῖ αὐτὸν ἐν τῇ ἐσχάτῃ ἡμέρᾳ) (Gv 12,46 e 12,48).
Come prova Gv 12,42-43, il passo è rivolto contro i capi del popolo giu-
daico, molti dei quali credono in Cristo, ma non lo riconoscono per timore
dei farisei e per amore della gloria degli uomini, piuttosto che della gloria
di Dio, rivelata dal suo logos/Logos. Mentre, in 14,24, Gesù sottolinea che
«la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato
(ὁ λόγος ὃν ἀκούετε οὐκ ἔστιν ἐμὸς ἀλλὰ τοῦ πέμψαντός με πατρός)»,
in 14,30 il suo parlare è contrapposto all’imminente venuta del «principe
di questo mondo (ὁ τοῦ κόσμου ἄρχων)», strumento violento e malvagio,
attraverso il quale comunque si realizza l’ultima obbedienza del Figlio alla
volontà del Padre. Così, in Gv 16, la “profezia” della cacciata dalle sinago-
ghe (16,2; cf. 9,22; 12,42) è connessa con il conflitto tra il Figlio Luce e il
«mondo», dominato ancora per breve tempo dal «principe di questo mondo
(ὁ ἄρχων τοῦ κόσμου τούτου)» (16,11), perché Gesù afferma: «Io ho vinto
il mondo (ἐγὼ νενίκηκα τὸν κόσμον)» (16,33).
Insomma, il redattore finale del IV vangelo, componendo il Prologo (sia
esso o meno derivato da un inno preesistente), non poteva, descrivendo
l’irruzione folgorante della Luce nel mondo, quindi la resistenza delle tene-
bre alla teofania, non evocare la resistenza maligna del principe di questo
216 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
186 Per l’interpretazione demoniaca delle tenebre nelle quali brilla la luce del Logos,
cf. Origene, CmGv II,167: «Questa luce… brilla nelle tenebre delle nostre anime
(“φαίνει ἐν τῇ σκοτίᾳ” τῶν ψυχῶν ἡμῶν) ed è venuta là dove erano i principi
del mondo di queste tenebre (ἐπιδεδήμηκεν ὅπου οἱ κοσμοκράτορες τοῦ σκότους
τούτου), i quali lottando contro il genere umano si sforzano di sottomettere alle
tenebre (οἵτινες διὰ τοῦ παλαίειν τῷ τῶν ἀνθρώπων γένει τῷ σκότῳ ὑπάγειν
ἀγωνίζονται) tutti coloro che non si adoperano per essere illuminati ed essere così
chiamati “figli della luce”. Brilla, dunque, nelle tenebre questa luce e dalle tenebre
è perseguitata, ma non afferrata (φαῖνον ἐν τῇ σκοτίᾳ τοῦτο τὸ φῶς διώκεται μὲν
ὑπ’αὐτῆς, οὐ καταλαμβάνεται δέ)».
187 «Io sono la Luce del mondo (Ἐγώ εἰμι τὸ φῶς τοῦ κόσμου); chi segue me, non
camminerà nelle tenebre (οὐ μὴ περιπατήσῃ ἐν τῇ σκοτίᾳ), ma avrà la luce della
vita (ἀλλ’ ἕξει τὸ φῶς τῆς ζωῆς)» (Gv 8,12). «Come il Padre resuscita i morti e
dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole (οὕτως καὶ ὁ υἱὸς οὓς θέλει
ζῳοποιεῖ)… In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola (τὸν λόγον μου)
e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna (ἔχει ζωὴν αἰώνιον) e non va
incontro al giudizio (εἰς κρίσιν οὐκ ἔρχεται)… Come infatti il Padre ha la vita in
se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso (καὶ τῷ υἱῷ ἔδωκεν
ζωὴν ἔχειν ἐν ἑαυτῷ)» (Gv 5,21; 24; 26). Se, quindi, in Gv 1,4 era la vita ad
essere ricapitolata nel Logos, qui il Logos è prospettato come eventuale parola di
salvezza, riassorbita nella stessa vita eterna che è il Figlio. Comunque, τὸ πνεῦμα
ζῳοποιεῖ è tolto nel Figlio stesso, che è Parola-di-Vita.
188 «Il giudizio è questo (αὕτη δέ ἐστιν ἡ κρίσις), che la luce è venuta nel mondo
(ὅτι τὸ φῶς ἐλήλυθεν εἰς τὸν κόσμον), ma gli uomini hanno preferito le tenebre
alla Luce (καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς), perché le loro
opere erano malvage (ἦν γὰρ αὐτῶν πονηρὰ τὰ ἔργα)» (Gv 3,19).
189 Cf. Mc 1,12; Mt 4,1-11; Lc 4,1-13.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 217
190 W.A. Meeks, The Man from Heaven in Johannine Sectarianism, in «Journal of
Biblical Literature» 91/1, 1972, 44-72, mette in rilievo l’insistenza giovannea
sulla rottura che il vangelo dello Spirito produce rispetto alle tradizioni religiose
giudaiche, restituendo (così come ad esempio Martyn, Ashton, McGrath) la sto-
rica espulsione degli ebrei giovannei dalle sinagoghe: «Though the Jews are “his
own”, when he comes to them they reject him, thus revealing themselves as not
his own after all but his enemies; not from God, but from the devil, from “below”,
from “this world”. The story describes the progressive alienation of Jesus from the
Jews. But something else is happening, for there are some few who do respond
to Jesus’ signs and words, and these, while they also frequently “misunderstand”,
are progressively enlightened and drawn into intense intimacy with Jesus, until
they, like him, are not “of this world”. Now their becoming detached from the
world is, in the Gospel, identical with their being detached from Judaism. Those
figures who want to “believe” in Jesus but to remain within the Jewish community
and the Jewish piety are damned with the most devastatingly dualistic epithets…
Coming to faith in Jesus is for the Johannine group a change in social location.
Mere belief without joining the Johannine community, without making the decisi-
ve break with “The world”, particularly the world of Judaism, is a diabolic “lie”»
(69). Cf. J. Ashton, Really as Prologue?, in J.G. van der Watt, R.A. Culpepper e
U. Schnelle (edd.), The Prologue of the Gospel of John…, 27-44, in part. 42-44,
ove si mette in rilievo come Gv 1,17 esalti la grazia di Cristo contro la grazia
di Mosè, attribuendo al dono della vita e della verità rivelato da Gesù ciò che
la tradizione giudaica attribuiva alla Legge. In questa prospettiva, seppure più
prudente, cf. J.F. McGrath, Prologue as Legitimation…, 111-112: malgrado egli
sottolinei la differenza tra la prospettiva giovannea e quella paolina (il IV vangelo
non avrebbe mai affermato che la Legge uccide!), riconosce quanto esse siano di
fatto abbastanza vicine; cf., alla n. 66, la citazione di 2Cor 3,6-18.
191 Cf. L.L. Belleville, Reflections of Glory…, 238-242.
218 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
dio di questo mondo (ὁ θεὸς τοῦ αἰῶνος τούτου) [che] ha accecato la mente
incredula (ἐτύφλωσεν τὰ νοήματα τῶν ἀπίστων), perché non vedano lo
splendore del glorioso vangelo di Cristo (εἰς τὸ μὴ αὐγάσαι τὸν φωτισμὸν τοῦ
εὐαγγελίου τῆς δόξης τοῦ Χριστοῦ), che è Immagine di Dio (ὅς ἐστιν εἰκὼν
τοῦ θεοῦ) (2Cor 4,4).
192 Cf. B.R. Matlock, Unveiling the Apocalyptic Paul: Paul’s Interpreters and the
Rhetoric of Criticism, Sheffield Academic Press, Sheffield 1996; e D.A. Campbell,
The Deliverance of God. An Apocalyptic Rereading of Justification in Paul, Eer-
dmans, Grand Rapids-Cambridge 2009.
193 Cf. G.E. Sterling, “Wisdom among the Perfect”: Creation Traditions in Alexan-
drian Judaism and Corinthian Christianity, in «Novum Testamentum» 37, 1995,
353-384.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 219
11,2: «Su di lui si poserà lo Spirito del Signore (sec. LXX: ἀναπαύσεται ἐπ'
αὐτὸν πνεῦμα τοῦ θεοῦ)»; a Isaia 42,1: «Ecco il mio servo che io sostengo,
il mio eletto di cui mi compiaccio (sec. LXX: ὁ ἐκλεκτός μου, προσεδέξατο
αὐτὸν ἡ ψυχή μου). Ho posto il mio Spirito su di lui (ἔδωκα τὸ πνεῦμά μου
ἐπ'αὐτόν)»; e a Isaia 61,1 (citato in Lc 4,18-19): «Lo Spirito del Signore è
su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato
a portare il lieto annunzio ai miseri» (sec. LXX: Πνεῦμα κυρίου ἐπ' ἐμέ,
οὗ εἵνεκεν ἔχρισέν με· εὐαγγελίσασθαι πτωχοῖς ἀπέσταλκέν με)». Ebbene,
essi devono essere connessi alla profezia messianica di Isaia 9,1 e 5, che
tra l’altro segue immediatamente un riferimento al Giordano in Isaia 8,23:
Una voce di chi grida nel deserto (sec. LXX: φωνὴ βοῶντος ἐν τῇ ἐρήμῳ):
“Preparate la via al Signore (Ἑτοιμάσατε τὴν ὁδὸν κυρίου), appianate nella
steppa la strada per il nostro Dio… Allora si rivelerà la gloria del Signore (καὶ
ὀφθήσεται ἡ δόξα κυρίου) e ogni carne vedrà la salvezza di Dio (καὶ ὄψεται
πᾶσα σὰρξ τὸ σωτήριον τοῦ θεοῦ), poiché il Signore ha parlato (ὅτι κύριος
ἐλάλησεν)”… La parola di Dio dura sempre (τὸ δὲ ῥῆμα τοῦ θεοῦ ἡμῶν μένει
εἰς τὸν αἰῶνα)… Alza la voce, non temere; annunzia alla città di Giuda: “Ecco
195 Lc 2,9, invece, pare riecheggiare Isaia 9,1, quando, alla nascita di Gesù, l’angelo
porta la notizia ai pastori e «la gloria del Signore li avvolse di luce (δόξα κυρίου
περιέλαμψεν αὐτούς)».
196 «Verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge (ἐπισκέψεται ἡμᾶς ἀνατολὴ ἐξ
ὕψους), per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte
(ἐπιφᾶναι τοῖς ἐν σκότει καὶ σκιᾷ θανάτου καθημένοις) e dirigerà i nostri passi
sulla via della pace (τοῦ κατευθῦναι τοὺς πόδας ἡμῶν εἰς ὁδὸν εἰρήνης)» (Lc
1,78-79).
197 «Gli dissero [sacerdoti e leviti inviati dai Giudei a interrogare il Battista]: “Chi
sei?”… Rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto; preparate la via al
Signore”» (Gv 1,22-23). Il brano è citato anche in Mc 1,2-3; Mt 3,3; Lc 3,4-6.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 223
il vostro Dio (Ἰδοὺ ὁ θεὸς ὑμῶν)! Ecco, il Signore viene con potenza (ἰδοὺ
κύριος μετὰ ἰσχύος ἔρχεται), con il braccio egli detiene il dominio” (Isaia 40,3;
5; 8-10).
198 Cf. C. Ginzburg, Occhiacci di legno, Feltrinelli, Milano 1998, il cap. “Ecce. Sulle
radici scritturali dell’immagine di culto cristiana”, 100-117, in part. 108-109.
199 Cf., ovviamente, anche Gv 19,5: «Ἰδοὺ ὁ ἄνθρωπος (Ecce homo!)»; e 19,14: «Ἴδε
ὁ βασιλεὺς ὑμῶν (Ecce rex vester!)».
200 «In passato umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà
gloriosa la via del mare, oltre il Giordano e la curva di Goim» (Isaia 8,23); diversa
è la traduzione dei Settanta, che comunque mantiene il riferimento al Giordano,
introducendo un più esplicito riferimento alla Galilea dei gentili: «Τοῦτο πρῶτον
ποίει, ταχὺ ποίει, χώρα Ζαβουλων, ἡ γῆ εφθαλιμ ὁδὸν θαλάσσης καὶ οἱ λοιποὶ
οἱ τὴν παραλίαν κατοικοῦντες καὶ πέραν τοῦ ορδάνου, Γαλιλαία τῶν ἐθνῶν, τὰ
μέρη τῆς ουδαίας». Sottolineo come Mt citi proprio Isaia 8,23-9,1, specificando
che, «avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella
Galilea e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territo-
rio di Zàbulon e di Nèftali, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo
del profeta Isaia: “Il paese di Zàbulon, e il paese di Nèftali, sulla via del mare, al
di là del Giordano, Galilea delle genti; il popolo immerso nelle tenebre ha visto
una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte, una luce si è
levata» (Mt 4,12-16).
224 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
saluta l’avvento del «veniente» (Gv 1,15; ma cf. 1,9). Gesù è il Figlio
«eletto» (Isaia 42,1) di Dio, sul quale questi ha fatto discendere lo Spirito
(Isaia 11,2 e 42,1), rivelandolo come manifestazione della «Gloria» di
Dio (Isaia 40,5), della sua «Parola» (Isaia 40,8), della sua escatologica
«Luce» salvifica (Isaia 9,1), che, rivelandosi come «il Dio/il Signore che
viene» (Isaia 40,9-10), rifulge nella tenebra mortale, portando vita e sal-
vezza. Conseguentemente, Gv 8,12 ricapitola in termini più facilmente
riconoscibili la testimonianza del Battista nel Prologo, ora divenuta auto-
proclamazione di Gesù, che si presenta, a partire da Isaia, quale l’atteso
Figlio/Principio/Parola/Vita/Luce nella tenebra, manifestato dalla disce-
sa dello Spirito:
Di nuovo Gesù parlò loro: “Io sono la luce del mondo (Ἐγώ εἰμι τὸ φῶς
τοῦ κόσμου); chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della
vita (ὁ ἀκολουθῶν ἐμοὶ οὐ μὴ περιπατήσῃ ἐν τῇ σκοτίᾳ, ἀλλ› ἕξει τὸ φῶς τῆς
ζωῆς)” (Gv 8,12).
Ebbene, ritengo che nel caso lucano (cf. 1,78-79), così come nel caso
giovanneo, sia evidente la necessità di traslare su Gesù precedenti attese
profetico-messianiche proiettate sul Battista. Entrambi i testi sono, più
o meno esplicitamente, “polemici”, in quanto affermano che Gesù e non
il Battista è la luce “messianica”. Excusatio non petita… Evidentemen-
te, esisteva una rivendicazione fotologica rivale, incentrata su Giovan-
ni, maestro di Gesù. Pertanto, l’innalzamento del Prologo, che identifica
Gesù con la Luce primordiale, è quasi certamente una ritrattazione proto-
logica, intradivina di una preesistente “cristologia” profetico-messianica
battista, che appunto vedeva in Giovanni il vero (ultimo?) profeta, colui
sul quale si sarebbe posato al Giordano lo Spirito di Elia/Eliseo, l’ἀρχή
di Dio, la Luce escatologico-apocalittica. Molto probabilmente la stes-
sa profezia di Isaia viveva della traslazione escatologica del racconto
genesiaco della creazione, che diveniva figura del Figlio/Messia atteso,
che avrebbe finalmente illuminato Israele decaduto nelle tenebre, prima
dell’avvento del Regno. La reinterpretazione “battista” rilanciava la pro-
fezia isaiana in prospettiva apocalittica, collegandola all’avvento escato-
logico del Regno di Dio, probabilmente alla venuta del Figlio dell’Uomo,
quindi alla possibilità ultima di essere salvati grazie alla conversione/
penitenza e alla purificazione in extremis del Battista, prima del (quasi
universale) giudizio di condanna.
Il Prologo, si diceva, compie un salto in alto radicale: fa ri-avvenire il
Principio, rivelato grazie all’apocalittica apertura del cielo, innalzando
la precedente fotofania escatologico-messianica “battista” a rivelazio-
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 225
201 Sull’identificazione tra Luce e Logos divino, connessi proprio tramite un riferi-
mento a Gen 1,3, notevolissimo è un passo filoniano: «Dio è luce (ὁ θεὸς φῶς
ἐστι)… e non solo luce, ma archetipo di ogni altra luce (καὶ οὐ μόνον φῶς, ἀλλὰ
καὶ παντὸς ἑτέρου φωτὸς ἀρχέτυπον) o, meglio ancora, più antico e più eccelso di
ogni archetipo, perché Egli è il modello in assoluto. Modello è infatti il suo Logos,
pienamente compiuto (τὸ μὲν γὰρ παράδειγμα ὁ πληρέστατος ἦν αὐτοῦ λόγος),
che è luce (φῶς) – si legge infatti nel testo sacro: “Dio disse: “Sia fatta la luce”
(”εἶπε ὁ θεός· γενέσθω φῶς”)” (Gen 1,3) –, mentre egli non è simile ad alcuna
cosa creata» (Filone, De somniis I,75).
202 Cf. G. Quispel, Ezekiel 1:26 in Jewish Mysticism and Gnosis…, 6: «this con-
cept [quello dell’Anthropos gnostico] presupposes a pun on ho phōs, the man,
and to phōs, the light, and therefore must have originated in the Greek diaspora»
(6)». Cf., inoltre, J.E. Fossum, The Image of the Invisible God. Col. 1.15-18a,
Jewish Mysticism and Gnosticism, in The Image of the Invisible God. Essays on
the Influence of Jewish Mysticism on Early Christology, Vandenhoek & Ruprecht,
Göttingen 1995, pp. 13-39, in part. p. 17: «The light which enclosed the heavenly
Man is the light which was created on the first day according to Gen 1.3: “And
God said: ‘Let there be light!’. And there was light”. The word for “light” in
the LXX is φως, which significantly also means «man» (τὸ φῶς, “light”; ὁ φώς,
“man”».
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 227
Alcuni di loro dicono persino che il Cristo fosse Adamo (Ἀδὰμ τὸν Χριστὸν
εἶναι λέγουσιν), il primo uomo creato e reso animato dal soffio di Dio (τὸν
πρῶτόν τε πλασθέντα καὶ ἐμφυσηθέντα ἀπὸ τῆς τοῦ θεοῦ ἐπιπνοίας). Altri
invece tra loro predicano che Egli viene dall’alto, ma è stato creato prima di
tutte le cose. È Spirito, è superiore agli angeli e di tutto è Signore. È chiamato
Cristo e ha avuto in sorte il mondo di lassù. Scende però quaggiù quando vuole,
venne anche nella persona di Adamo e apparve ai patriarchi rivestito di corpo.
È sempre lui che, già venuto presso Abramo e Isacco e Giacobbe, tornò alla
fine dei giorni, si rivestì dello stesso corpo di Adamo e fu visto nel mondo, fu
crocifisso, risorse e risalì. Ma poi viceversa quando loro garba ci dicono: “No,
è lo Spirito e cioè il Cristo, che è sceso in Lui e si è rivestito dell’uomo Gesù
(οὐχί, ἀλλὰ εἰς αὐτὸν ἦλθε τὸ πνεῦμα ὅπερ ἐστὶν ὁ Χριστὸς καὶ ἐνεδύσατο
αὐτὸν τὸν Ἰησοῦν καλούμενον)”.203.
203 Epifanio di Salamina, Panarion I, tomo II, eresia XXX, Contro gli ebioniti 3,3-6;
cf. 3,1-3. Utilizzo l’edizione e la traduzione a cura di G. Pini, Epifanio di Salami-
na, Panarion, Libro Primo, Morcelliana, Brescia 2010.
228 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
del Logos e non alla passione e morte di Cristo), combattuta dal presbitero
di 1-2Gv. In proposito, è del massimo interesse la notizia fornitaci da Epi-
fanio poco più avanti: dopo aver piuttosto confusamente percorso il frasta-
gliato gruppo di cerintiani/merintiani, nazorei, ebioniti, pur sottolineando
come egli stesso faccia difficoltà a distinguerne le dottrine204, prima afferma
che anche gli ebioniti si riconoscevano nel vangelo ebraico di Matteo o
«secondo gli Ebrei»205 (su cui tornerò poco più sotto), quindi aggiunge che
alcuni di essi facevano riferimento anche a un vangelo di Giovanni, pure dal
greco tradotto in ebraico, custodito nella tesoreria dei Giudei, in particolare
in quella di Tiberiade e vi si conserva in segreto; così ci hanno confidato
dettagliatamente alcuni venuti alla fede dal Giudaismo.206
Qualora volessimo assumere come storicamente fondata questa proble-
matica testimonianza di Epifanio, riportata subito dopo la descrizione della
cristologia divisiva che ho appena riportata, avremmo una prova dell’esi-
Cerinto nacque e visse a lungo in Asia e qui dette inizio alla sua
predicazione… Diceva poi che dall’alto, dal Dio supremo, dopo che Gesù si
fece adulto, il Gesù generato dal seme di Giuseppe e da Maria, discese su di lui
il Cristo, cioè lo Spirito Santo in forma di colomba nel Giordano e rivelò a lui
e per mezzo di lui ai suoi seguaci il Padre inconoscibile. Per questo, dopo che
fu discesa su di lui la potenza celeste, egli compì opere prodigiose; e dopo che
subì la passione lo Spirito che era venuto dall’alto volò via da Gesù di nuovo
in alto. Dunque Gesù subì la passione e di nuovo risorse, mentre Cristo, quello
che era venuto in lui dall’alto, vale a dire era disceso in forma di colomba, volò
via indenne. Insomma Gesù non era Cristo (οὐ τὸν Ἰησοῦν εἶναι Χριστόν).207
207 Epifanio di Salamina, Panarion I, tomo II, eresia XXVIII, Contro i cerintiani o
merintiani 1,4-7.
208 Epifanio di Salamina, Panarion I, tomo II, eresia XXX, Contro gli ebioniti 13,2.
209 Epifanio di Salamina, Panarion I, tomo II, eresia XXX, Contro gli ebioniti 13,7-8.
230 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
210 «Giovanni rese testimonianza dicendo: “Ho visto lo Spirito scendere come una
colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato
a battezzare con acqua, mi aveva detto: L’uomo sul quale vedrai scendere e ri-
manere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso
testimonianza che questi è il Figlio di Dio» (Gv 1,32-33).
211 «E quando Gesù si recò sul fiume Giordano, dove Giovanni battezzava, ed entrò
nell’acqua, un fuoco divampò nel Giordano (πῦρ ἀνήφθη ἐν τῷ Ἰορδάνῃ) e quan-
do risalì dall’acqua lo Spirito Santo volteggiò sopra di lui in forma di colomba,
come hanno scritto gli apostoli del nostro Cristo… Nel contempo venne dai cieli
una voce che già era riecheggiata per mezzo di Davide, che, come impersonando-
lo, pronuncia le parole che gli sarebbero state rivolte dal Padre: “Tu sei mio Figlio,
io oggi ti ho generato (Υἱός μου εἶ σύ, ἐγὼ σήμερον γεγέννηκά σε)” (Salmo 2,7)»
(Giustino, Dialogo con Trifone 88,3 e 8).
212 Sull’apparizione del fuoco e/o della luce al Giordano, in occasione del battesimo
di Gesù, cf. A. Orbe, Cristología gnóstica. Introducción a la soteriología de los
siglos II y III, Biblioteca de Autores Cristianos, Madrid 1976, I, 518-532.
213 «Cum illo die multi baptizarentur, Spiritus super unum descendit et quievit… qui
descendit in similitudine columbae… Lumen super aquam exortum et vox de ca-
elo delapsa… “Hic est Filius meus dilectus”» (Taziano, Diatessaron, in Th. Zahn
(ed.), Forschungen zur Geschichte des neutestamentlichen Kanons I-X, Deichert,
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 231
Erlangen 1881, Leipzig 19292, in part. I,124); cf. A. Orbe, La unción del Verbo.
Estudios Valentinianos III, Libreria Editrice dell’Università Gregoriana, Roma
1961, il cap. «El resplandor», 281-287.
214 «Et cum baptizaretur, lumen ingens circumfulsit de aqua; ita ut timerent omnes
qui advenerant. Et baptizato Jesu, confesti ascendit de aqua, et ecce aperti sunt ei
caeli: et vidit Spiritum Dei descendentem de Caelo sicut columbam venientem in
ipsum» (Codex Vercellensis Evangeliorum, Mt 3,16, in A. Gasquet (ed.), Collecta-
nea biblica latina, Libreria Editrice Vaticana, Roma 1914, vol. III); l’integrazione
matteana ricorre anche nel Codez Sangermanensis: «Et cum baptizaretur Jesus,
lumen magnum fulgebat de aqua, ita ut timerent omnes qui congregati erant»; cf.
il notevolissimo saggio, che amplia la documentazione a testi siriaci e armeni, di
G. Winkler, The Appareance of the Light at the Baptism of Jesus and the Origins
of the Feast of Epiphany, in M.E. Johnson (ed.), Between Memory and Hope:
Readings on the Liturgical Year, Liturgical Press, Collegeville 2000, 291-348.
232 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
del volto del Signore si rallegreranno di lui. I cieli si apriranno e dal tempio
della gloria verrà su di lui la santità, con voce paterna (ἐκ τοῦ ναοῦ τῆς δόξης
ἥξει ἐπ’ αὐτὸν ἁγίασμα μετὰ φωνῆς πατρικῆς) come da Abramo a Isacco. La
gloria dell’Altissimo sarà pronunciata sopra di lui (δόξα ὑψίστου ἐπ’ αὐτὸν
ῥηθήσεται) e lo Spirito di intelligenza e di santità riposerà su di lui sull’acqua
(καὶ πνεῦμα συνέσεως καὶ ἁγιασμοῦ καταπαύσει ἐπ› αὐτὸν ἐν τῷ ὕδατι ) (Tes-
tamento di Levi, XVIII,2-7).215
215 Testamenti dei dodici patriarchi, in P. Sacchi (ed.), Apocrifi dell’Antico Testamen-
to, Utet, Torino 1981, I,768-948, in part. Testamento di Levi I,789-808, brano cit.
806-807, tr. di P. Sacchi.
216 Utilizzo qui la traduzione del testo siriaco di M. Erbetta, in Gli Apocrifi del Nuovo
Testamento, I/1: Vangeli. Testi giudeo-cristiani e gnostici, Marietti, Casale Mon-
ferrato 1975, verificata e talvolta ritoccata a partire dalla traduzione di M.-J. Pier-
re, Les Odes de Salomon, Brepols, Tunrhout 1995.
217 L’identificazione di Cristo con l’«Uomo di luce» è presupposta nel logion 24 del
Vangelo di Tommaso (=NHC II,38,10-12): «Dissero i suoi discepoli: “Mostraci il
luogo dove tu sei, perché ci è necessario cercarlo”. Disse loro: “Chi ha orecchi,
intenda! Vi è luce in un uomo di luce, e illumina il mondo intero. Se non risplende,
è la tenebra”» (tr. it. di A. Annese lievemente ritoccata, Il Vangelo di Tommaso.
Introduzione storico-critica. Con una nuova traduzione italiana del testo greco e
copto, Carocci, Roma 2019). Si fa qui riferimento alla partecipazione degli eletti
a Cristo, che nel logion 77 dice di sé: «Io sono la Luce che è sopra tutte le cose».
L’eletto partecipa della rivelazione dell’Immagine di Luce, la quale rende ogni
uomo spirituale luce per il mondo. Pertanto, gli eletti stessi partecipano del movi-
mento dialettico della rivelazione della Luce, il suo procedere illuminante e il suo
ritornare/permanere nel Padre. Cf. logion 50=NHC II,41,30-42,7: «Disse Gesù:
“Se vi dicono: “Da dove siete venuti all’esistenza?”, rispondete loro: “Siamo ve-
nuti dalla luce, dal luogo dove la luce è venuta all’esistenza da se stessa, si è levata
e si è manifestata nella loro immagine”. Se vi dicono: “Siete voi?”, dite: “Noi
siamo i suoi figli e noi siamo gli eletti del Padre vivente”. Se vi chiedono: “Qual
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 233
è il segno del Padre vostro in voi?”, dite loro: “È movimento e riposo”». Per una
restituzione del Vangelo di Tommaso come “mistico”, piuttosto che “gnostico”,
cf., A.D. De Conick, Seek To See Him. Ascent and Vision Mysticism in the Gospel
of Thomas, Brill, Leiden-New York-Köln 1996, 3-39.
218 «Il Signore guidò la mia bocca con la sua parola/ ed ha aperto il mio cuore con la
sua luce./ La sua vita immortale ha stabilito in me/ e m’ha concesso di raccontare
il frutto della sua pace» (Odi di Salomone 10,1-2). «Il Signore mi ha fatto nuovo
con il suo vestito e mi ha recuperato con la sua luce. Mi ha ridato la vita con la sua
incorruttibilità» (11,11-12). «Una lampada mi ponesti alla destra e alla sinistra,
perché nulla in me fosse senza Luce. Fui rivestito con la veste del tuo Spirito e mi
levai gli abiti di pelle» (25,7-8); ove è evidente il contesto battesimale. Cf. 12,1-3.
219 «La luce rifulse dal Verbo,/ da tempo in essa presente» (Odi di Salomone 41,14);
«Salì sulla Luce della Verità come su carro e la Verità mi condusse e mi trasportò»
(38,1).
220 «Come il sole è gioia per quelli che desiderano il suo giorno,/ così il Signore è la
mia gioia./ Lui è il mio sole;/ i suoi raggi mi hanno levato;/ la sua luce ha tolto
ogni tenebra dal mio volto» (Odi di Salomone 15,1-2). Mi pare evidente il riferi-
mento a Isaia 9,1. Cf. 41,3-4 e 6: «Noi viviamo nel Signore per il suo favore e per
il suo Unto vita riceviamo. Il grande giorno difatti per noi rifulse… Nella sua luce
i nostri volti rifulgano».
221 «Mi sono tolta l’oscurità e ho rivestito la luce… Mi levai nella luce e passai di
fronte al suo volto» (Odi di Salomone 21,3 e 5). Cf. 13,1-4.
234 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
Spirito sul capo di Gesù e nel canto/voce rivelativi della sua trascendente
filialità – di fatto non descrive il battesimo di Cristo:
La colomba volò sul Messia,/ perché egli era suo capo./ Cantò sopra di lui/
e fu udita la sua voce./ Gli abitanti ebbero paura/ e tremarono i residenti!... Gli
abissi si aprirono e si richiusero,/ cercavano il Signore come partorienti./ Ma
egli non fu dato ad essi in pasto,/ ché egli ad essi non apparteneva./ Gli abissi
però furono inondati con l’inondazione del Signore e perirono con quella trama
in cui dai primordi esistevano.222
222 Odi di Salomone 24,1-3; 5-7. Cf. 17,1-16, ove l’essere coronato con la corona
viva di Cristo Dio, quasi certamente identificabile con la recezione del battesimo,
di fatto “indïa” il credente, che diviene uno con l’uomo Gesù nel quale si mani-
festa il Logos/Luce, che rompe la prigione del mondo. Cf. 23,1-22, ove «grazia»
e «conoscenza perfetta» del Signore, identificati con il suo Logos, discendono
«come lettera… dall’alto» (23,5), nella quale si rivela «il capo… il Figlio vero
procedente dal Padre altissimo» (18); il riferimento alla lettera, che ricorda l’Inno
alla perla degli Atti di Tommaso 110,40-111,68 (ove la lettera celeste è portata da
un’aquila e ha il potere di essere luce e via), è ancora una volta battesimale. Cf.
l’eccellente saggio di D.M. Burns, “The Garment poured its entire self over me”:
Christian Baptismal Traditions and the Origins of the Hymn of the Pearl, in K.
Corrigan e T. Rasimus (edd.), Gnosticism, Platonism and the Late Ancient World.
Essays in Honour of John D. Turner, Brille, Leiden-Boston 2013, 262-273.
223 «Come ali di colombe sui loro pulcini e il becco di questi verso il becco di quelle,
così sono pure le ali dello Spirito sul mio cuore… Vita immortale mi ha abbrac-
ciato e mi ha baciato. Da essa proviene lo Spirito in me; questi non può morire,
perché è Vita» (Odi di Salomone 28,1 e 6-7).
224 Cf. Odi di Salomone 30,1-7.
225 «Tutte le prove in nostro possesso stanno a indicare che il quarto Vangelo riscos-
se un’ampia accoglienza prima tra i cristiani eterodossi che tra quelli ortodossi»
(R.E. Brown, La comunità del discepolo prediletto…, 172).
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 235
non possano essere spiegate senza individuare una loro dipendenza struttu-
rale nei confronti sia della cristologia giovannea, sia della paolina econo-
mia escatologica dello Spirito, appunto influenti su di esse e non dipenden-
ti da esse226, come invece è stato sostenuto, a partire dalle indagini
pionieristiche della scuola storico-religiosa di Göttingen, poi da Bultmann
e dai suoi epigoni, infine da una successiva, imponente tradizione di studi
che ha cercato di rintracciare in ambito giudaico-ellenistico l’origine della
gnosi, quindi il prototipo della stessa cristologia giovannea. Le due princi-
pali tradizioni gnostiche, l’una certamente influente sull’altra, articolano
infatti una teologia dualistica che ontologizza “spazialmente” e “protologi-
camente” l’escatologico scarto paolino tra nuova e vecchia economia nella
contrapposizione tra l’assoluta trascendenza spirituale del pleroma e il
mondo cosmologico, creato dall’Arconte/Demiurgo come immagine in-
consapevole e degradata del mistico cielo pleromatico. Inoltre, a partire dal
Prologo giovanneo, di cui i valentiniani furono i primi profondi esegeti, il
pleroma è pensato come intimità relazionale che (secondo una struttura
proto-trinitaria) rivela Dio come processo amoroso di un Padre che, trami-
te lo Spirito/Madre, genera eternamente il suo Figlio quale Dio-Uomo,
quindi come eterna incarnazione del Logos nella carne mistica di Sophia.
Questa è la protologica “Eva”/Madre dei viventi, tratta dal corpo dell’Uo-
mo, quindi peccatrice, infine redenta, prefigurazione della chiesa eletta, la
divinizzata “casta meretrix”.
226 «La figura di Cristo sembra sia stata il catalizzatore che ha fatto sì che atteggia-
menti ed elementi proto-gnostici si organizzassero in corpi ben definiti di pensiero
gnostico» (R.E. Brown, Giovanni…, LXII-LXIII). Cf. G. Lettieri, Deus patiens.
L’essenza cristologica dello gnosticismo, edizione a cura di Gaetano Lettieri,
Roma 1996.
236 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
227 Faccio riferimento alla versione lunga dell’Apocrifo di Giovanni, NHC II,1,1-
32,10, che corrisponde sostanzialmente a quella riportata in NHC IV,1,1-49,28.
Utilizzo la traduzione italiana del testo copto di F. Berno, in L’Apocrifo di Gio-
vanni. Introduzione storico-critica. Con una nuova traduzione italiana del testo
copto, Carocci, Roma 2019, confrontata con la tradizione inglese a cura di J.M.
Robinson, in The Nag Hammadi Library in English, Brill, Leiden-New York-
Köln 19964, 105-123. Eccezion fatta per l’Elenchos attribuito a Ippolito, i testi
gnostici trasmessi dagli eresiologi protocattolici saranno citati nell’edizione e
nella traduzione a cura di M. Simonetti, Testi gnostici in lingua greca e latina,
Lorenzo Valla – Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1993.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 237
228 Per un’analisi del teologumeno gnostico della teofania sulle acque e per un’in-
terpretazione che ne identifica la scaturigine nella retroproiezione antropogoni-
ca della teofania del battesimo di Gesù al Giordano, cf. G. Lettieri, La teofania
sulle acque: il fondamento cristologico del mito gnostico, in «Cassiodorus» 1,
1995, 151-165; cf. le intelligenti osservazioni di F. Berno, L’Apocrifo di Giovan-
ni…, Introduzione, par. 7.2: «La genesi del battesimo ed il battesimo che diviene
Genesi».
229 «E l’intero eone del primo arconte tremò e le fondazioni dell’abisso si mossero.
E dalle acque che erano sotto la materia, la superficie si illuminò dell’apparenza
della sua immagine, che era stata rivelata. E quando tutte le potestà e il primo
arconte guardarono, videro l’intera regione di sotto illuminarsi e, attraverso la
luce, videro nell’acqua la forma dell’immagine» (15,24-34).
238 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
Il Figlio Cristo, il Terzo Uomo che è Figlio dell’Uomo (il Primo) e del
Figlio dell’Uomo (il Secondo), è, quindi, definito «Lumen incorruptibile»!
Ritroviamo il mito gnostico della caduta della Secunda Foemina, Sophia
Prunicos, causa della generazione defettiva di Ialdabaoth, cui consegue la
penitenza e la rivelazione binitaria di Sophia, quindi la creazione dell’uo-
mo ad immagine, la persecuzione demiurgica di Adamo ed Eva; infine,
la notizia ireneana si concentra sul mistero della redenzione. Al Giordano
discende Cristo «Lumen incorruptibile» e con lui l’«universa humectatio
luminis» (AdvHaer I,30,12), che si uniscono con l’uomo Gesù, seppure
concepito miracolosamente dalla vergine Maria, quindi non nato natural-
mente da Giuseppe e Maria. La Luce redentiva del Figlio è quindi identifi-
cata con lo stesso Spirito vivificante, dono del Figlio del quale partecipano
gli spirituali eletti. Anche in questo caso, il mito teologico gnostico pare
dichiarare quello che in Giovanni era in parte implicito: l’incarnazione al
Giordano è la katabasis nell’uomo Gesù della Luce primordiale, quindi
dello stesso Spirito di grazia, con il quale si identifica il seme eletto.
Ma passiamo ai testi gnostici di tradizione valentiniana. Anche i tolome-
ani identificano con «la Luce» Cristo a tutti i suoi livelli rivelativi, quale
a) il Figlio Unigenito/Logos della prima ogdoade231, b) il Cristo redentore
della Sophia infrapleromatica, c) il Salvatore/Frutto comune del pleroma,
generato per essere inviato al di fuori del pleroma quale redentore della
Sophia extrapleromatica, chiamata Achamoth, proprio in quanto abban-
donata nelle tenebre del kenoma dalla Luce cristica che aveva redento la
231 «Dicono che la loro Madre, essendo passata per tutta la passione ed essendone
uscita fuori a stento (Διοδεύσασαν οὖν πᾶν πάθος τὴν ητέρα αὐτῶν, καὶ μόγις
ὑπερκύψασαν), si volse a supplicare la luce che l’aveva abbandonata, cioè Cristo
(ἐπὶ ἱκεσίαν τραπῆναι τοῦ καταλιπόντος αὐτὴν φωτὸς, τουτέστι τοῦ Χριστοῦ,
λέγουσιν)» (Grande notizia tolomeana in Ireneo, AdvHaer I,4,5).
240 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
236 Cf. Grande notizia tolomeana in Ireneo, AdvHaer I,4,5, ove il seme spirituale è
generato dalla Sophia extrapleromatica dopo la visione della Luce del Salvatore/
Frutto comune del pleroma e dai suoi angeli: «Quanto ad Achamoth, [i valenti-
niani] insegnano che, liberata dalla passione (ἐκτὸς πάθους γενομένην), ebbe la
visione con la gioia che le veniva dalle luci che erano con lui (συλλαβοῦσαν τῇ
χαρᾷ τῶν ἐν αὐτῷ φώτων τὴν θεωρίαν), cioè degli angeli che erano con lui, e,
diventata incinta da parte loro, partorì frutti ad immagine (κεκυηκέναι καρποὺς
κατὰ τὴν εἰκόνα), un prodotto spirituale nato a somiglianza degli accompagnatori
del Salvatore (κύημα πνευματικὸν καθ’ ὁμοίωσιν γεγονότως τῶν δορυφόρων τοῦ
Σωτῆρος)»; ricordo che gli angeli di luce saranno i compagni escatologici di sizi-
gia degli intelletti gnostici, generati alla loro vista da Sophia. Cf. I,5,6.
237 In Grande notizia tolomeana in Ireneo, AdvHaer I,5,6, il seme spirituale emesso
da Sophia e introdotto nell’Adamo ilico-psichico dal Demiurgo nascostamente
manovrato dalla Madre, è la chiesa stessa, immagine della Chiesa superiore,
ultimo eone dell’ogdoade primordiale: «Sfuggì al Demiurgo l’uomo spirituale,
seminato insieme col suo soffio da Sophia con misteriosa potenza e provvidenza.
Infatti come egli [il Demiurgo] ignorava la Madre, così anche il suo seme; e di-
cono che questo è la Chiesa, immagine della Chiesa superiore». Sull’evoluzione
dell’antropologia spirituale da Paolo agli gnostici, sino a Origene e Agostino, cf.
G. Lettieri, L’ultimo nel primo….
242 Immagini della luce. Dimensioni di una metafora assoluta
redentiva della Luce avviene presso il Giordano241. Che per Basilide l’incar-
nazione storica si dia al Giordano e non nel seno di Maria è confermato dalla
moltiplicazione della fotofania redentiva, che è rivelazione del Figlio/Logos
pleromatico (la «seconda filialità» pleromatica, il Cristo/Salvatore, distinto
dalla «prima filialità», che è l’intelletto del Padre), che invia la sua luce quale
«vangelo», interpretato come illuminazione di gnosi, che raggiunge prima il
primo Arconte, quindi il secondo Arconte, entrambi ammaestrati dai loro “Fi-
gli”, figure “psichiche” del Cristo pleromatico242. Infatti, la rivelazione della
Luce determina timore, penitenza e confessione del peccato243, in analogia
non soltanto con la connessione canonica tra penitenza e battesimo/teofania
al Giordano, ma anche con quanto, nella “battesimale” teofania sulle acque,
avveniva nell’Apocrifo di Giovanni, seppure riferito a Sophia e non al primo e
al secondo Arconte. Il rapporto tra fotofania e penitenza è, quindi, chiaramen-
te allusivo della teofania al Giordano dopo la predicazione di conversione del
Battista, seppure è del tutto cancellato il riferimento al battesimo.
Assumendo una collocazione singolare tra gli scritti di Nag Hammadi,
La testimonianza veritiera244 è caratterizzata da un rigoroso ascetismo, quin-
di dal rifiuto della sessualità e dalla polemica contro il battesimo d’acqua,
considerato materiale, contaminante e contrapposto al battesimo spirituale,
interpretato come rigorosa rinuncia al mondo245. Ebbene, l’opposizione tra la
gnosi di luce e la concupiscenza tenebrosa è sceneggiata al Giordano, tramite
In un suo notevole saggio, Gilles Quispel, che pure non si dedica all’a-
nalisi del IV vangelo, fa dipendere dal testo di Ezechiele sia (deutero-)
Isaia 40, 5, sia un decisivo passo dal Libro delle parabole dell’etiopico
Enoc 46,1-5249: nel primo è annunciato l’avvento messianico de «la gloria
del Signore»; nel secondo, accanto a Dio, appare un essere «con le sem-
bianze di uomo», che viene identificato con «il Figlio dell’Uomo», giudice
escatologico. Ebbene, se nel Prologo il Logos incarnatosi nell’uomo Gesù
è ripetutamente identificato con Gloria e Luce, in Gv 1,49-51 il messianico
Figlio di Dio è esplicitamente chiamato «il Figlio dell’Uomo», che ritratta
in sé Giacobbe/Israele, sul quale salgono e scendono gli angeli del cielo,
rivelando finalmente dischiusa «la porta del cielo» (cf. Gen 28,10-17).
La peculiarità del Prologo giovanneo starebbe, allora, nella ricapitola-
zione nell’Unigenito preesistente di molteplici figure di mediazione della
tradizione teologica ebraica, in particolare apocalittica, comunque a partire
dalla singolarissima retroproiezione del trauma “dualistico” di Gesù mes-
sia crocifisso nell’intima natura di Dio.
249 Cf. G. Quispel, Ezekiel 1:26 in Jewish Mysticism and Gnosis, in «Vigiliae Chri-
stianae» 34, 1980, 1-13, in part. 2-3: «These Jews theologians identify the Power
issuing from God with the Glory and with the Anthropos; it is clear that they have
the vision of Ezekiel in mind... This Glory of God was called the “creator in the
beginning” or “the body of the Shekhinah”… And the kabod was identified with
the beloved of the Song of Songs». Quispel, inoltre, fa risalire a queste eterodosse
speculazioni “mitico-sapienziali” ebraiche precristiane non soltanto la nozione
filoniana di Logos, ma anche quella gnostica di Anthropos, prefiloniana e precri-
stiana. Infatti, da questa tradizione Quispel fa dipendere la stessa identificazione
paolina tra Cristo e l’Uomo Immagine, Potenza e Sapienza di Dio, Spirito vivifi-
cante: cf. 7-13.
G. Lettieri - Fiat Verbum, Fiat Lux 247
Conclusione
riattualizzava il Fiat lux genesiaco nel Fiat Verbum al Giordano, torna retro-
proiettata nella preesistenza, rivelando l’intima natura di Dio come relazio-
nale: Gesù apocalittico, il messia discepolo del Battista crocifisso e creduto
risorto, è divenuto, nel IV vangelo, l’eterna apocalisse del Padre. Squarciatisi
i cieli presso il Giordano per la katabasis dello Spirito messianico sul Figlio
prediletto, il Veniente risale, malgrado e attraverso l’ostinazione violenta del-
la tenebra, sino al Padre amorosamente estatico, di cui si è rivelato unico
eterno interprete, decisivo e per questo divisivo. Il veggente Giovanni, testi-
mone della discesa dal cielo del Logos di Luce che s’incarna in Gesù, vede il
messia apocalittico quale Figlio Unigenito che da sempre viene dal Padre e
da sempre torna nel suo seno, per scrutarne e rivelarne il mistero.