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Judith von Halle

IL PENSIERO DEL NATALE


NEL MITO DI ISIDE E HORUS

La comprensione monoteista originaria


dei Misteri egizi

CambiaMenti
2018 EDITRICE CAMBIAMENTI
I EDIZIONE

ISBN 978-88-96029-02-2

Judith von Halle, Der Weihnachtsgedanke der Isis-Horus-Mythe.


Vom monotheistichen Urverständnis der ägyptischen Mysterien

© 2009 Verlag für Antroposophie


CH 4143 Dornach (Schweiz)
ISBN 978-3-03769-016-1

EDITRICE CAMBIAMENTI sas


40068 S. Lazzaro di Savena (BO) – Via Kennedy 55
www.cambiamenti.com
cambiamenti@cambiamenti.com

Traduzione di Alberto Avezzù


Revisione di Giordana Rossetti

Copertina ed editing
Giuseppina Pistillo

i disegni nel testo sono di Judith von Halle

L’Editore è a disposizione degli aventi diritto


con i quali non è stato possibile comunicare,
nonché per eventuali inesattezze od omissioni
nella citazione delle fonti
Judith von Halle

INDICE

Prefazione pag. 9

Introduzione pag. 11

La “Città del cielo” e l’evoluzione storica delle divinità egizie pag. 15

La trinità di Eliopoli pag. 19

Le conseguenze della decadenza di On pag. 29

Il nucleo centrale del mito di Iside, Osiride e Horus pag. 33

Il sole di Horus nascosto negli Inferi: l’immagine


profetica della perdita della chiaroveggenza intuitiva pag. 35
I figli di Horus e le quattro parti costitutive dell’entità umana pag. 39

La nascita del Logos nel cosmo e la nascita di Gesù sulla Terra pag. 47

L’evoluzione del dio Ra e le finalità originarie del dio Amon pag. 55

Il salvataggio occulto di Mosè e del monoteismo


grazie a Hatshepsut pag. 61

Il significato del nome misterico di Hatshepsut pag. 69

Il viaggio iniziatico di Hatshepsut nel paese di Shamballa e il


segreto del tema dei tre Magi disegnati da Rudolf Steiner pag. 77

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Judith von Halle

PREFAZIONE
La presente pubblicazione è costituita dalla versione redatta
di una conferenza di Natale tenuta a Berlino, il 22 dicembre
2008.
Uno sguardo alla terza epoca di civilizzazione postatlantica
e agli antichi Misteri egizi deve poter attirare l’attenzione
sull’importanza di questa sacra notte originaria che, pur
attuandosi nella Natività della svolta dei tempi, era già
conosciuta dai primi iniziati dell’Egitto che riconoscevano in
essa l’avverarsi della missione del Dio-Figlio inviato dal Dio-
Padre. È quanto poi portò alla costruzione dell’antico oracolo
solare di Eliopoli.
Era mia intenzione mostrare che la varietà multiforme degli
Dèi dell’Egitto risale effettivamente alla conoscenza che si ebbe
un tempo di una divinità primordiale e delle sue emanazioni -
ad esempio, sotto forma di una trinità iniziale - e indicare nello
stesso tempo la continua trasformazione ed evoluzione delle
entità emanate dall’essere divino primordiale.
Immergendosi nel pensiero della presente investigazione -
tenendo conto anche di certe significative dichiarazioni fatte
da Rudolf Steiner in colloqui privati, che Ludwig Polzer-Hodiz
e Ehrenfried Pfeiffer riportarono come ricordi illuminanti e
preziosi riferibili a questo contesto - si potrà scoprire il legame
straordinariamente profondo tra i Misteri originari d’Egitto e il
movimento spirituale dell’Antroposofia odierno.
Da quanto fu insegnato nel centro dei Misteri di Eliopoli,
intorno al 2500 avanti Cristo, sulla divinità primordiale “Ra” o
“Re” e le sue emanazioni, si può seguire una corrente spirituale
che giunge fino all’epoca dell’anima cosciente attuandosi nella
realizzazione della “vera Rosacroce”, come Rudolf Steiner
chiamò un giorno l’Antroposofia.

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Le tappe indicate da questo itinerario sono qui, tra le altre,
l’iniziazione di Platone e la sua posizione rispetto all’antico
centro d’iniziazione di Eliopoli, e ancora, lo sviluppo della sua
cosmologia basata su questa iniziazione. È questa cosmologia,
con le sue idee d’emanazione di Entità spirituali a partire da
una Unità divina primordiale, che conoscerà una metamorfosi
e una rinascita nella Scuola di Chartres grazie ai Neoplatonici,
per avere poi un culmine nell’epoca attuale, manifestandosi
nel movimento antroposofico come visione compresa nello
stesso senso dagli Aristotelici, per un lavoro comune al servizio
dell’impulso cristico.
La conoscenza del significato della santa Madre di Dio, Iside-
Sophia, costituisce il cuore di questo studio, qui soprattutto
nella forma precristiana di Iside Madre solare dell’Egitto e
in rapporto al compito ricevuto da Dio-Padre d’affrancare
il Logos-Horus dalle altezze celesti del cosmo spirituale, per
consentigli d’intraprendere il suo cammino verso la Terra e
l’incarnazione.
Questo contributo natalizio volto alla decifrazione dei Misteri
egizi non rappresenta dunque una sintesi della vasta mitologia
egizia, ma si focalizza al contrario su di un aspetto particolare
della concezione egizia di Dio: quella di una concezione
monoteista e contemporaneamente trinitaria del divino. Per
questa ragione tralasceremo le ricerche già realizzate da altri
autori su questi Misteri. Possa questo contributo trovar posto
a fianco di quei risultati complessi, non come una sintesi, ma
come un complemento a sé stante, formulato a partire da una
nuova prospettiva.

Dornach, 31 ottobre 2009

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Judith von Halle

INTRODUZIONE
Se c’immergiamo nei Misteri della Natività ed evochiamo nella
nostra anima l’avvenimento della nascita del bambino Gesù,
tanto da risentirlo come la promessa della discesa ardentemente
attesa del Logos sulla Terra fisica, non avremmo affatto l’idea
di collegare queste idee primigenie del Cristianesimo ai Misteri
dell’antico Egitto.
I Misteri egizi ci sembrano nella loro tipicità più estranei
e, propriamente parlando, più lontani nella loro essenza
dall’evento del Cristo che non, ad esempio, gli antichi Misteri
del Popolo ebraico. Gli iniziati e i sacerdoti ebraici avevano
fatta propria l’idea che il loro popolo avesse ricevuto dai mondi
spirituali l’alto compito di predisporre la corporeità di un
discendente della casa di Davide, condizione preliminare alla
manifestazione fra noi del Messia in carne e sangue.
La prospettiva dell’arrivo del Messia era l’idea centrale
dell’antico Popolo ebraico, e si cercava di coltivarla nella
maniera più degna possibile nell’adorazione del Dio unico
d’Israele, affinché la promessa dei Profeti potesse diventare
realtà, tanto che non si aveva, presso il Popolo “eletto” alcun
tipo di politeismo. Dai rituali e dalle feste ebraiche sono
nate più tardi quelle del Cristianesimo perché Cristo Gesù,
manifestandosi sulla Terra, ha dato alle festività ebraiche
tradizionali una connotazione diversa: quella della nuova
Alleanza. Perciò, sicuramente, a colui che coltiva oggi i Misteri
cristiani quelli dell’ebraismo antico appariranno più famigliari,
specie se confrontati ad altre confessioni religiose precristiane.
L’antico Popolo ebraico, questo popolo monoteista, era
attorniato da popoli che veneravano e adoravano numerosi
idoli e simulacri: uno di questi era il Popolo egizio. Tuttavia i
Misteri della Natività che segnano il passaggio dall’Antica alla

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Nuova Alleanza, il cui simbolo è la madre di Dio con il suo
bambino, ci dà accesso agli antichi Misteri egizi: basta andare
sufficientemente a ritroso nella storia della religiosità egizia per
ritrovare traccia di una comprensione monoteista originaria
che a loro apparteneva.
Tuttavia tanto la confessione religiosa quanto la concezione
monoteista sia dell’antico Popolo egizio che di quello ebraico
antico sono da considerare in modo differente. La Genesi,
ad esempio, comincia con un termine che designa “Dio”
al plurale: Elohim. Tale denominazione indica un’epoca in
cui gli iniziati ebrei non contemplavano solamente l’unico
Elohà, il dio lunare Yahweh, ma anche tutta la schiera dei suoi
“congiunti”, la cui dimora era il sole e che partecipavano alla
creazione dell’universo, come si narra nella Genesi. L’antico
Popolo ebraico venerava le gerarchie degli angeli che oggi ci
sono famigliari.
È difficile immaginare oggi la mitologia egizia – che fino
alla sua scomparsa, attorno alla svolta dei tempi, contava
da cinquanta a sessanta tra divinità e idoli – fondata su una
concezione delle Gerarchie dello stesso genere di quelle degli
adepti dell’Ebraismo antico e del Cristianesimo, o ancora su
un’idea del mondo trinitario o monoteista.
Si può tuttavia percepire – tanto con i mezzi della Scienza
dello spirito, la ricerca esoterica, quanto, ma solo in parte,
attraverso la ricerca exoterica – che il nucleo della storia dei
Misteri egizi risale alla visione spirituale dei grandi iniziati
che contemplarono l’avvicinarsi del Logos sotto l’aspetto di
un’entità salvatrice inviata da Dio-Padre e grazie alle Gerarchie
degli angeli che lo servono.
L’enigma che ruota attorno alla nascita del politeismo egizio
può risolversi solo imparando a vedere nella storia dei Misteri
egizi quella dell’evoluzione spirituale dei suoi iniziati e sacerdoti.

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Judith von Halle

Essa è infatti un fedele riflesso di quanto quegli iniziati hanno


percepito e compreso dell’evoluzione cosmica nell’arco di
secoli e millenni, secondo forme che non hanno mai cessato di
modificarsi. Chi considera i Misteri egizi in questo modo saprà
descriverli come una “Scienza dell’occulto”, nata da quelle
forze spirituali che precedettero il Cristianesimo.

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Judith von Halle

La “Città del cielo”


e l’evoluzione storica
delle divinità egizie
La mitologia primordiale dell’Egitto proviene da un
santuario antico posto al confine tra Alto e Basso Egitto e
situato nell’immediata prossimità del Cairo attuale. Il suo
nome era “On”. Ciò che una piccola cerchia d’iniziati portò
per così dire sulla Terra a On, località all’epoca ancora
insignificante e pressoché nascosta tra le distese del deserto,
costituirà più tardi la base dell’Oracolo solare di Eliopoli,
la “Città del cielo” che fu eretta nello stesso luogo, come
cittadella sacerdotale. Eliopoli era dedicata ai Misteri
solari e costituiva il centro della vita spirituale e degli
insegnamenti occulti del cosiddetto Impero antico, come
lo si definisce nella storia degli Egizi. Ciò che si trasmise
da Eliopoli, questa capitale dell’occultismo dell’Antico
Egitto, può essere ritrovato nei Misteri cristiani sottoforma
di una saggezza misterica, annunciata fin dai tempi di On, e
riguardante l’entità del Logos.
È a Eliopoli, l’antica On, che cominciò a svilupparsi
quella che oggi chiamiamo mitologia egizia. In un lontano
passato in questa cittadella dei Misteri si venerava una
divinità originaria, una sorta di Dio-Padre, il cui nome
era “Ra” o “Re”. I discepoli dei Misteri di Eliopoli non
erano solamente iniziati all’entità di Ra, ma anche alla
dottrina dell’emanazione di questa divinità primordiale.
Apprendevano che Ra emanava sé stesso attraverso nove
spiriti divini differenti. A Eliopoli si coltivava e studiava
l’idea del tre volte tre delle Gerarchie divine esattamente
come fecero i grandi iniziati di tutte le civiltà delle epoche
precristiane, prima di essere corrotte o entrare in decadenza.

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Ra

I molti altri Dèi che l’Egitto “generò” a poco a poco


non furono altro che le trasformazioni, condizionate
dall’evoluzione, delle nove o meglio dieci divinità originarie
percepite dai chiaroveggenti egizi. Il mondo spirituale divino
si trova anch’esso in evoluzione: un Angelo accede ad esempio,
in un dato momento, al rango d’Arcangelo; e gli iniziati egizi
dei periodi successivi sentivano che un determinato dio, cui

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Judith von Halle

i loro avi avevano fino a quel momento dato un certo nome,


espressione dello spirito e dell’essenza di quel dio, non poteva
più essere designato con esso perché non corrispondeva
più alla sua essenza, modificatasi nel corso dei secoli. Il dio
riceveva allora un nuovo nome, perché non era più quel che
era stato per i sacerdoti dei tempi passati. S’esteriorizzava in
un’altra maniera, in un altro luogo del firmamento, svolgendo
un ruolo nuovo e differente nella sua azione sul mondo fisico,
e diventando in tal modo più potente o più debole.
Ben presto, però, la conoscenza della genesi di questo
“nuovo” dio sbiadiva: non si sapeva più che il secondo dio
era l’aspetto metamorfosato del primo, e il terzo l’aspetto
metamorfosato del secondo. Dunque del primo già modificato
due volte, e così di seguito.
I sacerdoti dell’antico Egitto continuarono senz’altro a
percepire questa metamorfosi delle divinità primordiali,
ma non erano i sacerdoti del Popolo “eletto”. Non avevano
la grandezza e la forza spirituale – e neppure la missione –
d’imporre al Popolo egizio il Dio unico in evoluzione e le sue
legioni celesti, ma consegnavano al popolo gli “antichi” Dèi,
anche quando questi erano da tempo già conosciuti sotto
una nuova forma e avevano ricevuto altri nomi. In effetti la
classe sacerdotale e i Faraoni stessi smarrirono con il tempo la
conoscenza della genesi dei loro Dèi. Ci si allontanava sempre
di più dalla facoltà che avevano avuto gli antichi iniziati d’On
ed Eliopoli di contemplare i mondi spirituali.
Con il tempo, il mondo degli Dèi egizi si popolò sempre
più di queste creature che i sacerdoti e il popolo traevano da
ogni sorta d’entità a misura della loro immaginazione: spiriti
della terra e dell’acqua, spiriti protettori o spiriti vendicatori.
L’Egitto non seppe più fare distinzione tra veri esseri divini e
idoli di dubbia entità.

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Si può dunque dire che le varie stratificazioni di questo
pantheon egizio si basassero sulla visione spirituale – propria
ai grandi iniziati – di Esseri divini in costante metamorfosi ed
evoluzione; d’altra parte, tuttavia, occorre anche tener conto
del fatto che le varie divinità dell’Egitto erano la manifestazione
del livello evolutivo (nel tempo sfociato in degenerazione) della
spiritualità dei sacerdoti. Il pantheon dell’Egitto è lo specchio
della storia spirituale del Popolo egizio e dei suoi iniziati.
Per liberare dall’intrico degli Dèi egizi gli Esseri divini
che non hanno subito la corruzione spirituale dei sacerdoti,
e seguire la loro evoluzione attraverso la storia spirituale
dell’Egitto, converrebbe orientare le proprie investigazioni
verso quei tempi ancestrali in cui si coltivavano i Misteri solari
nel santuario di Eliopoli, e in cui si aveva ancora la conoscenza
delle emanazioni della Divinità primordiale. È in questo luogo e
in questo periodo che cominciò anche a svilupparsi l’originario
mito di Iside: che non solo è un esempio specifico delle
trasformazioni delle divinità egizie risultanti dall’emanazione
della Divinità primordiale, ma ci rivela anche il legame diretto
degli iniziati dell’antico Egitto con l’avvenimento – e la relativa
preparazione – che prende il nome di “Mistero originario della
notte del Natale” nel linguaggio ebraico-cristiano.

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Judith von Halle

La trinità di Eliopoli
A On, l’antica Eliopoli della fine della quarta e dell’inizio
della quinta dinastia, il culto di Iside comportava
l’adorazione di una trinità. Questa trinità era costituita dalla
dea Iside, dal dio Osiride e dal figlio di Iside e Osiride.
In quell’epoca antica, tuttavia, al figlio dei due Dèi non si
attribuì il nome che gli viene dato a priori quando si pensa
a Iside e a Osiride, e cioè Horus, ma quello di “Harsiesis”:
nome poco conosciuto oggi.
Nel bambino divino “Harsiesis”, gli iniziati dell’oracolo
solare di On contemplavano il Logos. Vedevano in Harsiesis
il Logos in quello stadio della sua evoluzione in cui era
precisamente sul punto di lasciare il trono solare, per
dirigersi dalla sfera di Dio-Padre verso quella della Terra.
Quando gli iniziati di On contemplavano le profondità del
cosmo spirituale percepivano il Logos nel momento in cui
era ancora lontano dalla Terra.
Nell’osservare Harsiesis approssimarsi lentamente alla
Terra fisica, non fu che più tardi – con il trascorre delle
epoche che seguirono – che si vide il Bambino divino
raggiungere progressivamente la maturità di quel fanciullo
che ricevette, solo più tardi, il nome di “Horus”. Harsiesis
era il Logos che diveniva lentamente “il giovane Horus”.
Per questa ragione si rappresentava Harsiesis come un
bambino con la testa di falco. Il falcone – che divenne più
tardi la rappresentazione di Horus – era il simbolo di un
essere divino che si avvicinava alla Terra, per così dire,
“in picchiata”. Vero è che questo bambino divino con le
sembianze di falco aveva un volto inusuale. I suoi occhi
erano differenti l’uno dall’altro: uno rappresentava il Sole
e l’altro la Luna.

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Questa immagine di Harsiesis descrive lo stato del Logos
nel momento in cui, allontanatosi dal trono solare, si trovò
già a “metà cammino”, nella sfera lunare.
Il nome di “Harsiesis” significa, secondo la nostra
concezione, “il dio ancora lontano”. Questo dio che
si avvicina “volando”, con questa testa di falco molto
particolare, ha tuttavia un corpo di bambino. Esprime così
in modo molto preciso il risultato della visione che avevano
gli iniziati dell’antico Egitto di un essere divino “ancora
lontano” e non ancora cresciuto. Per loro questo Logos non
poteva che essere un “bambino”. Per lo sguardo spirituale
dei sacerdoti, il Logos, questo “dio ancora lontano”,
dapprima “piccolo”, appariva con le fattezze di un bambino
perché ancora troppo prossimo al Sole e non abbastanza
vicino alla Terra.

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Judith von Halle

In alto (da sinistra a destra) : Osiride - Iside inizialmente con il geroglifico


del trono - Horus
In basso : Harsiesis con la treccia infantile - Horus nelle sembianze del
falco

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Nell’epoca in cui gli iniziati di Eliopoli insegnavano ai
loro discepoli i segreti del bambino Harsiesis, il mito di
Iside aveva in realtà già subìto considerevoli trasformazioni.
All’epoca della fondazione dell’Oracolo solare di On e
durante i periodi che seguirono, diciamo tra la prima
e la quarta dinastia, la madre solare Isis era percepibile
dall’oracolo sotto altra forma.
In quei tempi lontani, la si venerava inizialmente come
la dea “Hathor”. Le raffigurazioni caratteristiche della
dea Hathor la mostrano con grandi corna di vacca con al
centro un disco solare dorato.
La forma delle corna di Hathor è quella di una sorta di
vaso che contiene la sfera solare. Un vaso con un contenuto
sacro, che posa sulla testa di Hathor.
Il Sole, solennemente portato da Hathor, simboleggia
il Logos, ciò che poi sarà Harsiesis e ancora più tardi il
fanciullo Horus.
Il Logos si situa così, in un primo tempo, al di sopra di
Iside. Per gli antichi iniziati egizi era una presenza che
aleggiava sulla divinità che un giorno sarebbe stata sua
madre.
Le corna di Hathor con il globo solare rappresentavano
la promessa di una fecondazione celeste attraverso la forza
solare divina che un giorno si sarebbe infusa nella madre.
Se ne trova replica nel segno zodiacale del momento in cui,
nella lontana epoca di On, il Sole sorgeva alto: quello del
Toro.
L’immagine di Hathor conserva allo stesso tempo il segno
della situazione spirituale degli Dèi di allora, in cui il Logos
si situava ancora “al di sopra” della sfera lunare ed era
ancora sovrano della sfera solare; questo perché le corna
di vacca di Hathor simboleggiano anche la falce lunare.

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Judith von Halle

Invece il bambino solare Harsiesis – la rivelazione della


manifestazione del Logos nella quarta e quinta dinastia –
porta già il Sole e la Luna “in ugual rango” sul suo volto,
in particolare nei suoi occhi. Egli si colloca già tra la sfera
del Sole e quella della Luna. Ha già iniziato il volo verso
la Terra. Ad ogni modo Harsiesis è rappresentato come
una divinità a sé e non solo come un simbolo astratto di un
corpo celeste, cioè del disco solare.
Hathor era considerata dai sacerdoti di On
contemporaneamente figlia e consorte di Ra, l’essere
originario identico per natura al Dio-Padre, che generò
attraverso emanazioni nuovi esseri divini all’inizio
dell’evoluzione cosmica. La venerazione di Hathor, come
accadeva a On, fu di molto antecedente quella della dea
Iside. Perché Hathor è a tutti gli effetti Iside ancora
lontana dal nesso con il bambino Horus. Hathor s’appresta
a ricevere il Sole che domina ancora nell’alto dei cieli. Solo
intorno all’epoca della quarta dinastia l’Oracolo solare poté
osservare che il concepimento aveva portato frutti. È allora
che si battezza il Sole avvicinatosi alla Terra con il nome di
“Harsiesis” – come incarnazione di un processo occulto –
e Hathor, ormai pronta per accedere al rango di madre del
divino bambino solare, prende il nome di “Iside”.
Hathor è anche stata venerata come dea delle arie celesti.
Anche questa definizione ci svela l’idea che gli antichi
iniziati egizi delle origini avevano della Madre degli Dèi.
La vedevano ancora molto lontana dai luoghi terrestri. La
percepivano come Entità divina anch’essa in avvicinamento
progressivo alla Terra, capace di avvolgerne il globo e tale
da agire così tra la Terra e le forze divine del Padre e del
Figlio: pronta a ricevere un giorno in lei queste forze, per
trasmetterle alla Terra.

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Hathor

In generale gli Egittologi moderni partono dal presupposto


che Iside fosse inizialmente una sacerdotessa di Hathor, perché
con metodi di ricerca exoterica si è scoperto che Iside non fu
venerata come divinità che attorno alla quinta dinastia, punto
culminante e finale dello splendore di Eliopoli. Questa ipotesi
è, a dire il vero, la prova di una mancanza di comprensione dei
fenomeni cosmici che gli antichi iniziati percepirono al di là

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Judith von Halle

della soglia del mondo dei sensi. La scienza exoterica esclude


a priori l’idea di una possibile evoluzione di un essere divino
e non ammette neppure le visioni che gli antichi sacerdoti
potevano avere di tale evoluzione degli Dèi, e dunque di come
quest’ultimi apparissero agli uomini sotto forme diverse come
appaiono nelle varie raffigurazioni egizie. In verità Hathor
deve essere compresa come la prefigurazione di Iside, vale a
dire come una forma di manifestazione diversa della medesima
Entità.
Una volta appreso che la dea Hathor ha subito un’evoluzione
durata più secoli – quella che l’ha condotta da Hathor a Iside
– si è portati a pensare anche a un’evoluzione del padre degli
Dèi, Ra. Nel momento in cui Ra prende la decisione di emanare
nuovi spiriti divini a partire dal proprio essere, quell’essere si
trova già in evoluzione, almeno nella misura e nella maniera
specifica in cui riversa i suoi impulsi nelle differenti emanazioni
di sé.
Sappiamo che il mito di Iside narra che il bambino Horus
sia disceso dal dio Osiride. Da dove viene Osiride? La storia
dei misteri egizi racconta che Osiride è figlio del dio “Geb”
e della dea “Nut”. Nut è la cosiddetta dea del Cielo e Geb il
dio della Terra. Il Dio-Padre Ra ha dunque creato il proprio
discendente nella forma del dio Osiride, facendolo nascere
dalle sue emanazioni dello Spirito del cielo e di quello della
Terra. Prima che Osiride cominciasse la sua missione, quella di
avvicinare alla Terra le forze celesti del Logos, Ra creò la dea
del Cielo e il dio della Terra, dai quali nacque Osiride; ed è da
allora che questi provvede a mettere insieme concretamente
g’impulsi celesti e quelli terrestri. È di questa evoluzione che
gli iniziati dell’Oracolo solare egizio riferivano attraverso le
immagini dei loro Dèi, ed è di questi stessi avvenimenti che gli
iniziati degli antichi misteri ebraici testimoniavano, certamente

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