CambiaMenti
2018 EDITRICE CAMBIAMENTI
I EDIZIONE
ISBN 978-88-96029-02-2
Copertina ed editing
Giuseppina Pistillo
INDICE
Prefazione pag. 9
Introduzione pag. 11
La nascita del Logos nel cosmo e la nascita di Gesù sulla Terra pag. 47
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Judith von Halle
PREFAZIONE
La presente pubblicazione è costituita dalla versione redatta
di una conferenza di Natale tenuta a Berlino, il 22 dicembre
2008.
Uno sguardo alla terza epoca di civilizzazione postatlantica
e agli antichi Misteri egizi deve poter attirare l’attenzione
sull’importanza di questa sacra notte originaria che, pur
attuandosi nella Natività della svolta dei tempi, era già
conosciuta dai primi iniziati dell’Egitto che riconoscevano in
essa l’avverarsi della missione del Dio-Figlio inviato dal Dio-
Padre. È quanto poi portò alla costruzione dell’antico oracolo
solare di Eliopoli.
Era mia intenzione mostrare che la varietà multiforme degli
Dèi dell’Egitto risale effettivamente alla conoscenza che si ebbe
un tempo di una divinità primordiale e delle sue emanazioni -
ad esempio, sotto forma di una trinità iniziale - e indicare nello
stesso tempo la continua trasformazione ed evoluzione delle
entità emanate dall’essere divino primordiale.
Immergendosi nel pensiero della presente investigazione -
tenendo conto anche di certe significative dichiarazioni fatte
da Rudolf Steiner in colloqui privati, che Ludwig Polzer-Hodiz
e Ehrenfried Pfeiffer riportarono come ricordi illuminanti e
preziosi riferibili a questo contesto - si potrà scoprire il legame
straordinariamente profondo tra i Misteri originari d’Egitto e il
movimento spirituale dell’Antroposofia odierno.
Da quanto fu insegnato nel centro dei Misteri di Eliopoli,
intorno al 2500 avanti Cristo, sulla divinità primordiale “Ra” o
“Re” e le sue emanazioni, si può seguire una corrente spirituale
che giunge fino all’epoca dell’anima cosciente attuandosi nella
realizzazione della “vera Rosacroce”, come Rudolf Steiner
chiamò un giorno l’Antroposofia.
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Le tappe indicate da questo itinerario sono qui, tra le altre,
l’iniziazione di Platone e la sua posizione rispetto all’antico
centro d’iniziazione di Eliopoli, e ancora, lo sviluppo della sua
cosmologia basata su questa iniziazione. È questa cosmologia,
con le sue idee d’emanazione di Entità spirituali a partire da
una Unità divina primordiale, che conoscerà una metamorfosi
e una rinascita nella Scuola di Chartres grazie ai Neoplatonici,
per avere poi un culmine nell’epoca attuale, manifestandosi
nel movimento antroposofico come visione compresa nello
stesso senso dagli Aristotelici, per un lavoro comune al servizio
dell’impulso cristico.
La conoscenza del significato della santa Madre di Dio, Iside-
Sophia, costituisce il cuore di questo studio, qui soprattutto
nella forma precristiana di Iside Madre solare dell’Egitto e
in rapporto al compito ricevuto da Dio-Padre d’affrancare
il Logos-Horus dalle altezze celesti del cosmo spirituale, per
consentigli d’intraprendere il suo cammino verso la Terra e
l’incarnazione.
Questo contributo natalizio volto alla decifrazione dei Misteri
egizi non rappresenta dunque una sintesi della vasta mitologia
egizia, ma si focalizza al contrario su di un aspetto particolare
della concezione egizia di Dio: quella di una concezione
monoteista e contemporaneamente trinitaria del divino. Per
questa ragione tralasceremo le ricerche già realizzate da altri
autori su questi Misteri. Possa questo contributo trovar posto
a fianco di quei risultati complessi, non come una sintesi, ma
come un complemento a sé stante, formulato a partire da una
nuova prospettiva.
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INTRODUZIONE
Se c’immergiamo nei Misteri della Natività ed evochiamo nella
nostra anima l’avvenimento della nascita del bambino Gesù,
tanto da risentirlo come la promessa della discesa ardentemente
attesa del Logos sulla Terra fisica, non avremmo affatto l’idea
di collegare queste idee primigenie del Cristianesimo ai Misteri
dell’antico Egitto.
I Misteri egizi ci sembrano nella loro tipicità più estranei
e, propriamente parlando, più lontani nella loro essenza
dall’evento del Cristo che non, ad esempio, gli antichi Misteri
del Popolo ebraico. Gli iniziati e i sacerdoti ebraici avevano
fatta propria l’idea che il loro popolo avesse ricevuto dai mondi
spirituali l’alto compito di predisporre la corporeità di un
discendente della casa di Davide, condizione preliminare alla
manifestazione fra noi del Messia in carne e sangue.
La prospettiva dell’arrivo del Messia era l’idea centrale
dell’antico Popolo ebraico, e si cercava di coltivarla nella
maniera più degna possibile nell’adorazione del Dio unico
d’Israele, affinché la promessa dei Profeti potesse diventare
realtà, tanto che non si aveva, presso il Popolo “eletto” alcun
tipo di politeismo. Dai rituali e dalle feste ebraiche sono
nate più tardi quelle del Cristianesimo perché Cristo Gesù,
manifestandosi sulla Terra, ha dato alle festività ebraiche
tradizionali una connotazione diversa: quella della nuova
Alleanza. Perciò, sicuramente, a colui che coltiva oggi i Misteri
cristiani quelli dell’ebraismo antico appariranno più famigliari,
specie se confrontati ad altre confessioni religiose precristiane.
L’antico Popolo ebraico, questo popolo monoteista, era
attorniato da popoli che veneravano e adoravano numerosi
idoli e simulacri: uno di questi era il Popolo egizio. Tuttavia i
Misteri della Natività che segnano il passaggio dall’Antica alla
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Nuova Alleanza, il cui simbolo è la madre di Dio con il suo
bambino, ci dà accesso agli antichi Misteri egizi: basta andare
sufficientemente a ritroso nella storia della religiosità egizia per
ritrovare traccia di una comprensione monoteista originaria
che a loro apparteneva.
Tuttavia tanto la confessione religiosa quanto la concezione
monoteista sia dell’antico Popolo egizio che di quello ebraico
antico sono da considerare in modo differente. La Genesi,
ad esempio, comincia con un termine che designa “Dio”
al plurale: Elohim. Tale denominazione indica un’epoca in
cui gli iniziati ebrei non contemplavano solamente l’unico
Elohà, il dio lunare Yahweh, ma anche tutta la schiera dei suoi
“congiunti”, la cui dimora era il sole e che partecipavano alla
creazione dell’universo, come si narra nella Genesi. L’antico
Popolo ebraico venerava le gerarchie degli angeli che oggi ci
sono famigliari.
È difficile immaginare oggi la mitologia egizia – che fino
alla sua scomparsa, attorno alla svolta dei tempi, contava
da cinquanta a sessanta tra divinità e idoli – fondata su una
concezione delle Gerarchie dello stesso genere di quelle degli
adepti dell’Ebraismo antico e del Cristianesimo, o ancora su
un’idea del mondo trinitario o monoteista.
Si può tuttavia percepire – tanto con i mezzi della Scienza
dello spirito, la ricerca esoterica, quanto, ma solo in parte,
attraverso la ricerca exoterica – che il nucleo della storia dei
Misteri egizi risale alla visione spirituale dei grandi iniziati
che contemplarono l’avvicinarsi del Logos sotto l’aspetto di
un’entità salvatrice inviata da Dio-Padre e grazie alle Gerarchie
degli angeli che lo servono.
L’enigma che ruota attorno alla nascita del politeismo egizio
può risolversi solo imparando a vedere nella storia dei Misteri
egizi quella dell’evoluzione spirituale dei suoi iniziati e sacerdoti.
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Ra
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Si può dunque dire che le varie stratificazioni di questo
pantheon egizio si basassero sulla visione spirituale – propria
ai grandi iniziati – di Esseri divini in costante metamorfosi ed
evoluzione; d’altra parte, tuttavia, occorre anche tener conto
del fatto che le varie divinità dell’Egitto erano la manifestazione
del livello evolutivo (nel tempo sfociato in degenerazione) della
spiritualità dei sacerdoti. Il pantheon dell’Egitto è lo specchio
della storia spirituale del Popolo egizio e dei suoi iniziati.
Per liberare dall’intrico degli Dèi egizi gli Esseri divini
che non hanno subito la corruzione spirituale dei sacerdoti,
e seguire la loro evoluzione attraverso la storia spirituale
dell’Egitto, converrebbe orientare le proprie investigazioni
verso quei tempi ancestrali in cui si coltivavano i Misteri solari
nel santuario di Eliopoli, e in cui si aveva ancora la conoscenza
delle emanazioni della Divinità primordiale. È in questo luogo e
in questo periodo che cominciò anche a svilupparsi l’originario
mito di Iside: che non solo è un esempio specifico delle
trasformazioni delle divinità egizie risultanti dall’emanazione
della Divinità primordiale, ma ci rivela anche il legame diretto
degli iniziati dell’antico Egitto con l’avvenimento – e la relativa
preparazione – che prende il nome di “Mistero originario della
notte del Natale” nel linguaggio ebraico-cristiano.
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La trinità di Eliopoli
A On, l’antica Eliopoli della fine della quarta e dell’inizio
della quinta dinastia, il culto di Iside comportava
l’adorazione di una trinità. Questa trinità era costituita dalla
dea Iside, dal dio Osiride e dal figlio di Iside e Osiride.
In quell’epoca antica, tuttavia, al figlio dei due Dèi non si
attribuì il nome che gli viene dato a priori quando si pensa
a Iside e a Osiride, e cioè Horus, ma quello di “Harsiesis”:
nome poco conosciuto oggi.
Nel bambino divino “Harsiesis”, gli iniziati dell’oracolo
solare di On contemplavano il Logos. Vedevano in Harsiesis
il Logos in quello stadio della sua evoluzione in cui era
precisamente sul punto di lasciare il trono solare, per
dirigersi dalla sfera di Dio-Padre verso quella della Terra.
Quando gli iniziati di On contemplavano le profondità del
cosmo spirituale percepivano il Logos nel momento in cui
era ancora lontano dalla Terra.
Nell’osservare Harsiesis approssimarsi lentamente alla
Terra fisica, non fu che più tardi – con il trascorre delle
epoche che seguirono – che si vide il Bambino divino
raggiungere progressivamente la maturità di quel fanciullo
che ricevette, solo più tardi, il nome di “Horus”. Harsiesis
era il Logos che diveniva lentamente “il giovane Horus”.
Per questa ragione si rappresentava Harsiesis come un
bambino con la testa di falco. Il falcone – che divenne più
tardi la rappresentazione di Horus – era il simbolo di un
essere divino che si avvicinava alla Terra, per così dire,
“in picchiata”. Vero è che questo bambino divino con le
sembianze di falco aveva un volto inusuale. I suoi occhi
erano differenti l’uno dall’altro: uno rappresentava il Sole
e l’altro la Luna.
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Questa immagine di Harsiesis descrive lo stato del Logos
nel momento in cui, allontanatosi dal trono solare, si trovò
già a “metà cammino”, nella sfera lunare.
Il nome di “Harsiesis” significa, secondo la nostra
concezione, “il dio ancora lontano”. Questo dio che
si avvicina “volando”, con questa testa di falco molto
particolare, ha tuttavia un corpo di bambino. Esprime così
in modo molto preciso il risultato della visione che avevano
gli iniziati dell’antico Egitto di un essere divino “ancora
lontano” e non ancora cresciuto. Per loro questo Logos non
poteva che essere un “bambino”. Per lo sguardo spirituale
dei sacerdoti, il Logos, questo “dio ancora lontano”,
dapprima “piccolo”, appariva con le fattezze di un bambino
perché ancora troppo prossimo al Sole e non abbastanza
vicino alla Terra.
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Nell’epoca in cui gli iniziati di Eliopoli insegnavano ai
loro discepoli i segreti del bambino Harsiesis, il mito di
Iside aveva in realtà già subìto considerevoli trasformazioni.
All’epoca della fondazione dell’Oracolo solare di On e
durante i periodi che seguirono, diciamo tra la prima
e la quarta dinastia, la madre solare Isis era percepibile
dall’oracolo sotto altra forma.
In quei tempi lontani, la si venerava inizialmente come
la dea “Hathor”. Le raffigurazioni caratteristiche della
dea Hathor la mostrano con grandi corna di vacca con al
centro un disco solare dorato.
La forma delle corna di Hathor è quella di una sorta di
vaso che contiene la sfera solare. Un vaso con un contenuto
sacro, che posa sulla testa di Hathor.
Il Sole, solennemente portato da Hathor, simboleggia
il Logos, ciò che poi sarà Harsiesis e ancora più tardi il
fanciullo Horus.
Il Logos si situa così, in un primo tempo, al di sopra di
Iside. Per gli antichi iniziati egizi era una presenza che
aleggiava sulla divinità che un giorno sarebbe stata sua
madre.
Le corna di Hathor con il globo solare rappresentavano
la promessa di una fecondazione celeste attraverso la forza
solare divina che un giorno si sarebbe infusa nella madre.
Se ne trova replica nel segno zodiacale del momento in cui,
nella lontana epoca di On, il Sole sorgeva alto: quello del
Toro.
L’immagine di Hathor conserva allo stesso tempo il segno
della situazione spirituale degli Dèi di allora, in cui il Logos
si situava ancora “al di sopra” della sfera lunare ed era
ancora sovrano della sfera solare; questo perché le corna
di vacca di Hathor simboleggiano anche la falce lunare.
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Hathor
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