Analisi di un’esperienza
Relatore: Candidato:
Prof.ssa G. De Simone Angelo Nocilla
Matr.: SAFAT20.0065
1
A. TAGLIAPIETRA, Esperienza. Filosofia e storia di un’idea, Cortina, Milano 2017, 74. Sono tratte da questo
testo le indicazioni etimologiche del termine in questione.
2
Ib., 78.
di “passare” sino al limite di sé, sino a toccare il fondo della stessa esistenza. In questa doppia
dimensione, che non è certo una dicotomia, l’uomo impara a conoscersi “essere per” nelle
trame che l’esperienza stessa crea in un dare e in un ricevere, in un continuo divenire. Per
questo dell’esperienza possiamo dire che è il darsi di qualcosa, che colpisce, che sorprende,
ma anche ciò che di quella cosa si può conoscere per mezzo di un percorso, un cammino in
cui si può ricostruire l’itinerario: questo è il significato. Il conoscere, ma anche il riconoscere
e il riconoscersi è superamento del limite posto dall’esperienza, che essendo inattraversabile,
sposta il suo confine in un continuo andare avanti, in un’estenuante lotta dell’esistenza. Il
“mettersi alla prova” è un vero e proprio provarsi, ma anche essere provocati uscendo dal
ripiegamento su sé stessi.
3
G. FERRACUTI (ed) «X. Zubiri: Sulla nascita, la morte e l’enigma della vita», in www.ilbolerodiravel.org,
Aprile 1998.
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Ib
5
Ib.
6
Ib.
7
X. ZUBIRI, L’uomo e Dio, a cura di A. SAVIGNANO, Marietti, Milano 20031, 262.
questo “di suo” della cosa non è frutto di un’interpretazione dell’uomo, ma della cosiddetta
apprensione intellettiva¸ cioè da quella conoscenza della realtà dovuta dal sentire. L’appren-
sione intellettiva e l’apprensione sensibile non sono due modi distinti con cui l’uomo cono-
sce, come se esistesse una doppia modalità di conoscenza, una dicotomia. Zubiri parla invece
di «intellezione senziente […], un sentire intellettivo»8.
Cosa conosce della realtà l’uomo? Di ogni cosa l’uomo conosce le sue proprietà,
dunque, che il nostro filosofo chiama note e che si differenziano tra di loro sebbene siano
un’unità inscindibile: ogni cosa è un sistema di note. Si va dalle note più superficiali delle
cose sino a giungere alle note, proprietà, più profonde che determinano l’essenza della cosa
stessa. In questo insieme di note l’uomo ne è intrinsecamente unito: l’uomo è unito alle note
delle altre cose, alla realtà che domina su tutto ciò che esiste. È il cosiddetto potere della
realtà al quale l’uomo è relegato, ossia, legato profondamente.
«Este carácter fundante hace que el hombre en sus actos no sea solo una realidad
actuante en una u otra forma, sino una realidad religada a la ultimidad. Es el fenómeno
de la religación. La religación no es sino el carácter personal absoluto de la realidad
humana actualizado en los actos que ejecuta. El hombre está religado a la ultimidad
porque en su propia índole es realidad absoluta en el sentido de ser algo “suyo”»9
L’uomo e le cose vivono il loro sé e per sé, e il sé e per l’altro nella rispettività,
concetto zubiriano con il quale indica la relazione tra le cose e l’uomo: «è il fatto che ogni
cosa reale è costitutivamente una parte dell'universo ed è fatta come parte, per essere parte.
La rispettività di tutte le cose è dunque il mondo, l'unica realtà veramente sostantiva»10.
Queste cose sono il veicolo che indicano la possibilità, l'ultimità e l'impellenza di qualcosa
che è reale e l’uomo si realizza vivendo questa interazione nella rispettività con le cose.
L’uomo vive la realtà, è nella realtà non come relazione tra cose poste una di fronte all’altra
che provano a comunicare tra loro, ma come parte dell’insieme fatti per essere e vivere quella
relazione: un darsi come l’una cosa nell’altra perché fatti già l’una per l’altra. E ancora:
8
G. FERRACUTI (ed) «X. Zubiri: Sulla nascita, la morte e l’enigma della vita»
9
X. ZUBIRI, Naturaleza, Historia, Dios, Alianza, Madrid 199410, 411 citato in P. PONZIO, «Re-legazione e
volontà di verità: lo spazio della libertà di fronte al “Potere del Reale” nel pensiero di X. Zubiri», in Pensa-
miento, 75 (2019) 286, 1169-1187 «Questo carattere fondante significa che l'uomo nei suoi atti non è solo una
realtà che agisce in un modo o nell'altro, ma una realtà ricollegata all'ultimo. È il fenomeno della religazione
[religione]. La religazione non è altro che il carattere personale assoluto della realtà umana che si attualizza
negli atti che essa compie. L'uomo è relegato all'ultimo perché nella sua stessa natura è realtà assoluta nel senso
di essere qualcosa di "suo"».
10
G. FERRACUTI (ed) «X. Zubiri: Sulla nascita, la morte e l’enigma della vita»
l’uomo «non solo non è niente senza cose e senza far qualcosa con esse, ma per sé solo non
possiede la forza di farsi»11.
11
Ib, 17.
12
X. ZUBIRI, L’uomo e Dio, 253.
13
Ib, 254.
14
Ib, 259.
15
Ib, 255.
16
È un concetto che si riferisce alla differenza interna all’individualità umana. Per Zubiri «la diversità umana
si configura non solo nella diversità, ma anche nella personeidad (personeità) e nella personalidad (persona-
lità) […] la personeidad è il carattere strutturale della persona, e quest’ultimo è il presupposto di tutto il si-
stema. La personalidad invece è il punto di arrivo della persona umana. Questo è ciò che la persona diventa in
un lungo cammino fino alla morte. Solo all’ultimo istante si potrà dunque capire quale sia la nostra personali-
dad. La differenza essenziale dunque è che la prima è presente dalla fecondazione alla morte, la seconda è
presente in potenza, ma solo alla fine della vita sarà in atto» in F. Puliga, L’unità della persona in Zubiri, in
www.pensierofilosofico.it/articolo/Lunita-della-persona-in-Zubiri/65/ [Ultimo accesso: 23.01.2022].
17
X. ZUBIRI, L’uomo e Dio, 260.
Ma in che cosa consiste questa verità? In ultima analisi la verità di Dio consiste in Gesù
Cristo che è la verità di Dio in persona. Gesù Cristo è «Verbum caro factum est. Caro, carne [è]
la forma di esperienza nella persona della verità reale di Dio. […] Il factum est [è] il farsi appunto
esperienza: lo stesso Cristo va facendo sé stesso in un certo modo umano e più che umanamente,
sebbene non come Verbo», tutto ciò è il darsi di Dio nell’incarnazione.
Detto questo: come l’uomo può fare esperienza di Dio nell’esperienza dell’ascolto della
Parola, liturgicamente data, in un luogo/spazio dedicato, direi anche artistico? Se la Parola pro-
clamata è quel Cristo, il Verbo incarnato, la Verità di Dio, Verità in persona il suo ascolto non è
altro che un incontro con il divino e questo è arricchito dallo spazio in cui questo avviene. In
termini zubiriani la realtà tutta è coinvolta in questo “dramma” del suo fondamento che si dona,
che si rivela assolutamente assoluto. È l’Inattraversabile di cui l’uomo non può disporre, ma a
cui si trova legato, re-legato: l’uomo è l’esperienza di Dio vissuta nell’esperienza religiosa che
supera la stessa religione e quindi che coinvolge l’essere stesso dell’uomo.
Lo spazio di questo incontro, l’ambone, qui, diventa luogo privilegiato in quanto ampli-
fica, attraverso questo riconoscimento emozionale, emotivo, attraverso questo sentire intellettivo
dell’opera d’arte, l’esperienza dell’ascolto. Ma questo rimarrebbe solo un luogo come un altro
se non vi fosse l’uomo e il libro: «esso per sé solo attesta la trascendenza, l’origine alta della
Parola. La attesta nel libro, che è più del semplice testo, è un corpus visibile e oggettivo. La
attesta attraverso la frontalità, che segnala la singolarità della testimonianza, la quale dà anche
ordine allo spazio e genera il luogo. La attesta nel tono, nella vocalità singolare di un atto di
parola»18. L’ambone, nel suo essere estensione dello spazio celebrante, è estensione di quella
Parola, di quella voce, di quell’evento «atto di comunicazione che spicca come elemento di con-
centrazione, [che genera] appunto per necessità un luogo pronunciato, […] alto, distinto, attorno
al quale e in direzione del quale vengono sollecitate le forme dell’adesione e del responso»19.
Inoltre con la sua profonda simbologia l’ambone comunica, trasmette, il fatto che l’origine di
ciò che si ascolta, la Parola, è altro e alto, assolutamente assoluto che si dona nella forma del
reale ed essendo l’uomo relegato a questo potere del reale è aperto intrinsecamente ad accogliere,
in questo luogo e attraverso questo luogo, il Verbo che si dà. L’esperienza artistica è funzionale
all’esperienza religiosa che nell’essere relegato e, quindi, partecipante di quel Verbo, si fa espe-
rienza spirituale.
18
C. DECHESNEAU, Parole du Seigneur. Guide pour la liturgie de la parole, Paris 1981citato in G. ZANCHI,
L’Ambone nella drammaturgia liturgica: elementi di teologia e criteri di estetica, a cura di G. BOSELLI, Atti
del III Convegno liturgico internazionale, Qiqaion, Bose 2005, 206.
19
Ib.
Piccola Bibliografia
DECHESNEAU C., Parole du Seigneur. Guide pour la liturgie de la parole, Paris 1981citato
in G. ZANCHI, L’Ambone nella drammaturgia liturgica: elementi di teologia e criteri di este-
tica, a cura di G. BOSELLI, Atti del III Convegno liturgico internazionale, Qiqaion, Bose
2005, 206
FERRACUTI G. (ed) «X. Zubiri: Sulla nascita, la morte e l’enigma della vita», in www.ilbo-
lerodiravel.org, Aprile 1998.
PONZIO P., «Re-legazione e volontà di verità: lo spazio della libertà di fronte al “Potere del
Reale” nel pensiero di X. Zubiri», in Pensamiento, 75 (2019) 286, 1169-1187.