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LA VIA DELLO ZEN


di Alan W. Watts

PRIMA PARTE

Capitolo primo

La filosofia del Tao

Il buddismo zen una pratica e una visione della vita che non appartengono a
nessuna categoria formale del moderno pensiero occidentale. Non religione o
filosofia; non una psicologia o un tipo di scienza. un esempio di ci che
noto in India e in Cina come una via di liberazione, ed analogo sotto
questo riguardo al taoismo, al vedanta e allo yoga.

Lo zen pu considerarsi come il compimento di lunghe tradizioni di cultura


indiane e cinesi, sebbene sia in realt molto pi cinese che indiano e, dal
dodicesimo secolo, si sia profondamente radicato nella cultura del Giappone. Lo
zen uno dei pi preziosi doni dellAsia al mondo. Le origini dello zen sono sia
taoiste sia buddiste e, poich il suo profumo tipicamente cinese, forse meglio
iniziare indagando sui suoi antecedenti cinesi, e illustrando al tempo stesso
mediante lesempio del taoismo ci che si intende per via di liberazione.

La ragione per cui il taoismo e lo zen rappresentano un tale enigma per la mente
occidentale sta nel fatto che noi abbiamo una visione ristretta del sapere umano.
Per noi quasi tutto il sapere consiste in ci che per un taoista chiamerebbe
conoscenza convenzionale, poich noi non sentiamo veramente qualcosa se
non possiamo rappresentarcelo con parole, o con qualche sistema di segni
convenzionali come le notazioni della matematica e della musica. Tale
conoscenza detta convenzionale perch un fatto di convenzione sociale n pi
n meno che i codici del linguaggio.

Quanto sia arbitraria tale convenzione lo si pu vedere dalla domanda: Che cosa
avviene del mio pugno (nome-oggetto) quando apro la mano? Loggetto
svanisce come per miracolo, poich unazione (pugno-chiuso) era mascherata da
un nome generalmente assegnato a una cosa. In Occidente le differenze fra cose
e azioni sono distinte in modo netto, seppure non sempre logico, ma un gran
numero di parole cinesi ha funzione sia di nome che di verbo, cos che una
persona che pensi in cinese non incontra serie difficolt a rendersi conto che gli
oggetti sono anche eventi, che il nostro mondo una raccolta di processi
piuttosto che di entit.
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facile rendersi conto del carattere convenzionale dei ruoli o condizioni. Un
uomo che sia padre, infatti, pu essere anche medico e artista, allo stesso modo
che impiegato e fratello. Ed ovvio che pure la somma totale di questi ruoli-
etichetta sar lontana dal fornire una descrizione adeguata della personalit
delluomo, anche se pu collocarlo nellambito di una certa classificazione
generale. Ma le convenzioni che dominano lidentit umana sono pi sottili e
molto meno ovvie di queste.

Noi impariamo perfettamente, seppure molto meno esplicitamente, a


identificare noi stessi con una veduta del pari convenzionale della nostra
personalit: l io, o la persona, convenzionale composto in misura
prevalente di una storia che consiste di memorie selezionate, a partire dal
momento della nascita.

Secondo la convenzione, io non sono semplicemente quello che sto facendo ora:
sono anche ci che ho fatto; e la mia versione convenzionale del mio passato
fatta in maniera da sembrare quasi pi il reale me stesso di ci che io sono in
questo momento.

Quel che io sono infatti appare cos fuggevole e intangibile, mentre quel che
io sono stato fisso e definitivo. la solida base per le previsioni di quel che sar
in futuro, e ne consegue che sono pi strettamente identificato con ci che non
esiste pi che con ci che realmente!

di grande importanza riconoscere che le memorie e gli eventi passati, che


costituiscono lidentit storica di un uomo, altro non sono che una selezione.
Dalla concreta infinit di eventi e di esperienze, taluni sono stati scelti cio
astratti come significativi, e questa significanza stata naturalmente
determinata da modelli convenzionali.

Infatti la conoscenza convenzionale un sistema di astrazioni; consistenti di


segni e di simboli nei quali cose ed eventi sono ridotti ai loro contorni generali,
come il carattere cinese jen sta per uomo, essendo lestrema semplificazione e
generalizzazione della forma umana. Lastrazione in tal modo una necessit per
comunicare, giacch ci rende capaci di rappresentare le nostre esperienze con
semplici e rapide prese mentali.

Le astrazioni e i segni convenzionali riducono le esperienze a unit abbastanza


semplici da poter essere comprese una per volta.

Cos, la comunicazione mediante segni convenzionali di questo genere ci d una


traduzione astratta, una cosa per volta, di un universo in cui le cose accadono
tutte in una volta; di un universo la cui realt concreta sfugge sempre, in questi
termini astratti, a una perfetta descrizione.
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Il carattere lineare, una cosa per volta del discorso e del pensiero di
particolare evidenza in tutte le lingue che usano alfabeti, rappresentanti
esperienze in lunghe sequele di lettere.

Ora, la generale tendenza della mentalit occidentale di ritenere che noi siamo
in grado di capire veramente solo ci che possiamo rappresentare, ci che
possiamo comunicare per mezzo di segni lineari per mezzo del pensiero. Per
qualche ragione, non ci fidiamo e non facciamo pieno uso della visione
periferica della nostra mente.

Non vogliamo dire che gli occidentali non si servono addirittura della mente
periferica. Come esseri umani la si usa di continuo; e ogni artista, ogni
lavoratore, ogni atleta chiama in gioco un determinato sviluppo delle sue facolt.
Ma ci non degno di considerazione da un punto di vista accademico e
filosofico.

Noi abbiamo appena cominciato a renderci conto delle possibilit della mente
periferica, e di rado per non dire mai ci sovviene che uno dei suoi usi pi
significativi riguarda quella conoscenza della realt che ci ingegniamo a
ottenere con incomodi calcoli di teologia, metafisica, e deduzione logica.

Nella societ cinese vi sono due tradizioni filosofiche che svolgono ruoli
complementari: il confucianesimo e il taoismo. Il primo si interessa alle
convenzioni linguistiche, etiche, giuridiche e rituali, che provvedono la societ
del suo sistema di comunicazione. Il confucianesimo, in altre parole, si occupa
della conoscenza convenzionale; e sotto i suoi auspici i fanciulli vengono
allevati Lindividuo definisce se stesso e il suo posto nella societ nei termini
delle formule confuciane.

Il taoismo, daltro lato, in genere una meta di uomini pi anziani che stanno
per ritirarsi dalla vita attiva della comunit. Il loro ritiro una specie di simbolo
estrinseco di una intrinseca liberazione dai legami dei modelli convenzionali di
pensiero e di condotta. Il taoismo infatti si interessa alla conoscenza non
convenzionale, con una comprensione diretta della vita, invece che mediante
gli astratti e lineari termini del pensiero rappresentativo.

La funzione del taoismo di rimediare allinevitabile danno prodotto dal


confucianesimo (convenzioni, regole e leggi sociali), e non solo di restaurare ma
anche di sviluppare la spontaneit originale, che definita tzu-jan o identit
con se stessi

Ma il taoismo non va inteso come rivolta contro la convenzione, esso una via di
liberazione che non si attua mai con mezzi di rivolta. Essere liberi dalla
convenzione non significa respingerla, ma non farsi da essa fuorviare: saperne
usare come strumento anzich essere usati.
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LOccidente non ha niente di simile poich la nostra tradizione spirituale
ebraico-cristiana identifica lAssoluto-Dio con lordine logico e morale della
convenzione. Questo potrebbe quasi definirsi una formidabile catastrofe
culturale, perch grava sullordine sociale con autorit eccessiva provocando
proprio quelle rivolte contro la religione e la tradizione che hanno cos
fortemente caratterizzato la storia occidentale.

Una cosa sentirsi in conflitto con le convenzioni socialmente sanzionate, ma


tuttaltra cosa sentirsi in discordia con le radici stesse e il terreno della vita, con
lAssoluto medesimo. Questultimo sentimento nutre un senso di colpa cos
ingiusto che non pu che sfociare o nella rinnegazione della propria natura o nel
rifiuto di Dio. Poich la prima alternativa impossibile, la seconda diventa
inevitabile.

Cos, per cominciare a capire di che si occupi il taoismo, dobbiamo almeno


essere preparati ad ammettere la possibilit di una visione del mondo che non
sia convenzionale, di una conoscenza che non sia contenuta nella nostra
superficiale coscienza, la quale pu apprendere la realt soltanto nella forma di
una sola astrazione (o pensiero, il cinese nien) alla volta.

Basta ammettere di sapere come muovere le mani, come prendere una


decisione, o come respirare, anche se riusciamo a stento a spiegarlo con parole.
Sappiamo come fare tutto ci semplicemente perch lo facciamo!

Il taoismo una estensione di questo genere di conoscenza, unestensione che ci


d una visione di noi stessi molto differente da quella che siamo per convenzione
abituati, una visione che libera la mente umana dalla sua costrittiva
identificazione con lego astratto.

Secondo la tradizione, il fondatore del taoismo, Lao-tzu, fu un pi anziano


contemporaneo di Kung-Fu-tzu (Confucio) che mor nel 479 a.C. Si dice che
Lao-tzu sia stato lautore del Tao Te Ching, un libretto di aforismi, che espone i
principi del Tao e il suo potere o virt (Te). Ma la filosofia cinese tradizionale
ascrive sia il taoismo sia il confucianesimo a fonti pi remote, ad unopera che
appartiene alle fondamenta stesse del pensiero e della coltura cinesi, databili
fra il 3000 e il 1200 a.C.: lo I Ching o Libro delle Mutazioni.

Lo I Ching chiaramente un libro di divinazione. Consiste in oracoli basati su 64


figure astratte, ognuna delle quali composta di sei linee. Le linee sono di due
tipi: divise (negative) e indivise (positive); e le figure di sei linee, o esagrammi, si
crede siano state fondate sui vari modi nei quali un guscio di tartaruga si
screpola quando viene riscaldato.

Ma un esperto di I Ching non ha la necessit di servirsi di gusci di tartarughe o di


gambi di millefoglio. Pu vedere un esagramma in qualsiasi cosa: dalla
disposizione di un mazzo di fiori in un vaso, in oggetti sparsi su di una tavola, nei
segni naturali di un ciottolo.
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La netta maggioranza delle nostre decisioni importanti dipende da una


impressione: in altre parole, dalla visione periferica della mente. In tal
modo, lopportunit delle nostre decisioni si fonda, in ultima analisi, sulla nostra
abilit a sentire la situazione, sul grado di sviluppo di questa visione
periferica.

Ogni interprete dello I Ching consapevole di questo fatto. Sa che il libro stesso
non contiene una scienza esatta, ma piuttosto un utile strumento che lavorer
per lui qualora egli possieda un buon intuito, ovvero se si trova nel Tao.

Sembrerebbe allora che le origini del taoismo, se devono cercarsi nello I Ching,
non si trovino tanto nel testo quanto nel suo modo di usarlo e nei suoi
presupposti. Infatti, lesperienza delle nostre decisioni intuitive potrebbe
chiaramente dimostrare che tale aspetto periferico della mente agisce meglio
quando non si cerca di interferire, quando si confida che esso operi da s tzu-
jan, ossia spontaneamente.

Cos cominciano a svelarsi i principi fondamentali del taoismo.


V, anzitutto, il Tao:

il Tao: lindefinibile concreto processo del mondo,

la Via della vita. La parola cinese originariamente significa via o strada, e


talvolta parlare; in modo che il primo verso del Tao Te Ching contiene un gioco
di parole sui due significati:

Il Tao di cui si pu parlare non leterno Tao;1


il nome che pu essere nominato non l'eterno nome.
Non-essere il nome che diamo all'origine del cielo e della terra,
essere il nome che diamo alla madre di tutte le creature.
Quindi:
Di ci che sempre non
ora vedremo i portenti,
di ci che sempre
ora vedremo i confini.

Pur avendo nomi differenti, i due hanno origine comune.


Ci che hanno in comune, lo chiamo "oscuro",
oscuro e ancora pi oscuro, la porta di tutti i portenti.

Ma nel tentare almeno di suggerirne il significato, Lao-tzu dice:

Vi qualche cosa di indefinibile


nata prima del cielo e della terra
tanto silenziosa e senza forma

1Secondo Duyvendak, si pu tradurre con: La Via che pu veramente considerarsi come la Via tuttaltro che
una via permanente.
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assoluta e immutabile
gira e non fa danni
pu essere la madre del cielo e della terra
non so il suo nome ma sforzandomi lo chiamo Tao.

E ancora:

La natura del Tao


elusiva e impalpabile
e tuttavia contiene qualche immagine
impalpabile ed elusiva
e tuttavia contiene qualche cosa
come profonda ed oscura
e tuttavia contiene qualche essenza
lessenza molto reale
in essa c sincerit.

Potere mentale ching, una parola che compendia le idee di essenziale,


sottile, psichico o spirituale e abile.

Come la testa non nulla per gli occhi eppure la fonte della intelligenza, cos

lindistinto, in apparenza vuoto, indefinibile Tao lintelligenza che d forma al


mondo con unabilit che eccede la nostra comprensione.

La differenza importante fra il Tao e labituale idea di Dio che, mentre Dio
manifesta il mondo col farlo (wei), il Tao lo manifesta senza farlo (wu-wei), il che
approssimativamente corrisponde a ci che noi intendiamo con la parola
crescita.

Poich luniverso naturale opera prevalentemente secondo i principi della


crescita, parrebbe stranissimo alla mente cinese chiedersi come esso composto.

Ma un universo che si sviluppa esclude totalmente la possibilit di conoscere il


modo della sua evoluzione nei termini imperfetti di pensiero e linguaggio; in
modo che nessun taoista si sognerebbe di domandare se il Tao sia consapevole di
come esso produce luniverso.

Difatti il Tao opera spontaneamente, non seguendo un piano prestabilito. Lao-


tzu dice:

Il principio del Tao la spontaneit.

Infatti, il Tao ignaro di come manifesta luniverso allo stesso preciso modo
che noi ignoriamo come costruiamo i nostri giudizi. Come dice il grande
successore di Lao-tzu, Chuang-tzu:

Le cose sono prodotte intorno a noi, ma nessuno ne conosce la provenienza.


Nascono, ma nessuno vede da dove. Gli uomini, dal primo allultimo, valutano
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quella porzione del sapere che nota. Non sanno in che modo valersi
dellIgnoto al fine di raggiungere la conoscenza. Non questo un errore?

Il rapporto convenzionale fra il conoscente e il conosciuto spesso quello che


esiste fra il controllore e il controllato, o fra padrone e servitore. In tal modo,
mentre Dio il signore delluniverso, giacch Egli sa tutto di esso! Egli sa! Egli
sa! il rapporto fra il Tao e ci che da lui rivelato completamente diverso.

Il grande Tao si spande


a sinistra e a destra
le cose derivano da lui la vita
per egli non parla
merito compiuto senza pretese
nutre gli esseri senza impadronirsene.

Nellusuale concezione dOccidente, Dio conosce anche se stesso trasparente


da cima a fondo alla propria comprensione, limmagine di ci che luomo
amerebbe di essere: il rettore e il controllore cosciente, il dittatore assoluto del
proprio spirito e del proprio corpo. Ma, in perfetto contrasto,

il Tao da cima a fondo misterioso ed oscuro (hsan).

Hsan naturalmente unoscurit metaforica non loscurit della notte, del


nero in contrasto col bianco, ma pura inconcepibilit che si presenta alla
mente quandessa cerca di ricordare il tempo anteriore alla nascita o di
penetrare le sue stesse profondit.

E, di fronte alle ironie occidentali su tali nebulose visioni della divinit,


deridendole come fumose e mistiche, dice Lao-tzu:

Quando il regnante superiore sente dire del Tao


lo pratica con diligenza
quando il regnante medio sente dire del Tao
gli sembra esistente e non-esistente
quando il regnante inferiore sente dire del Tao
grandemente se ne ride
se non ne ridesse non sarebbe il Tao.

Non fare
infatti realmente impossibile apprezzare il significato del Tao senza divenire
in senso alquanto speciale stupidi; Fintanto che lintelletto cosciente si
sforzer freneticamente di imprigionare il mondo nella sua rete di astrazioni e
insister nel voler incatenare la vita e adattarla alle proprie rigide categorie, lo
spirito del taoismo rimarr incomprensibile; e lintelletto si logorer.
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Il Tao accessibile soltanto alla mente in grado di praticare la semplice e sottile
arte del wu-wei (non-fare detto anche non-forzare), che, dopo il Tao, il
secondo importante principio del taoismo.

La mente cinese pratica la scelta spontanea delle decisioni che sono valide nella
misura in cui si riesce ad abbandonare la propria mente, lasciandola lavorare da
sola. Questo wu-wei, giacch wu significa no o non e wei significa azione,

La mente periferica un tipo speciale di stupidit cui Lao-tzu e Chuang-tzu cos


spesso fanno riferimento. Non si tratta di semplice calma mentale, ma di
mancanza di avidit della mente. Come dice Chuang-tzu: Luomo perfetto usa
la propria mente come uno specchio, che non simpadronisce di nulla, che non
rifiuta nulla: riceve ma non trattiene. Lao-tzu dice:

Rigettate ogni scienza e sarete senza preoccupazioni


Tutti gli uomini sono raggianti
come quando tripudiano nei giorni di grandi feste
come quando salgono la torre in primavera
io solo sono calmo e senza inizi di desideri
come il neonato che non ha sorrisi
tanto randagio che non abbia casa
tutti gli uomini abbondano (di desideri)
io solo ne sono mancante
io solo ho il cuore dello stolto
quanto sono ignorante
i volgari sono illuminati
io solo sono oscuro
i volgari scrutano le cose
io solo sono indifferente
sono tranquillo come il mare
sono come lalto vento che sale senza confini
tutti gli uomini agiscono
io solo sono incapace
io solo differisco dal volgare
ma so bene seguire la madre.

Cos Chuang-tzu scrive:

Luomo di carattere (te) vive in agio senza esercitare la mente e compie le sue
azioni senza arrovellarsi. Le nozioni di giusto ed ingiusto e la lode e il biasimo
altrui non lo turbano. Quando fra i quattro mari ognuno si diverte, questa
per lui felicit Mesto nel contegno, egli pare un bimbo che ha perduto la
mamma; stupido in apparenza, egli va intorno come chi ha perduto la sua
strada. Ha grandi somme di denaro da spendere, ma ignora donde provenga.
Beve e mangia a sufficienza, e ignora donde il cibo provenga.

Lao-tzu ancora pi energico nella sua condanna dellintelligenza


convenzionale:

Rigettate la saggezza e la scaltrezza


il vantaggio del popolo sar centuplicato
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rigettate lumanit e la giustizia
il popolo ritorner alla piet filiale e paterna
rigettate larte e labilit
briganti e ladri scompariranno
Ecco quello che dovete seguire
essere semplici restare neutrali
avere pochi interessi e pochi desideri.

Lidea quella di far entrare in gioco lintelligenza innata e spontanea, usando la


mente senza forzarla.

fondamentale per il pensiero sia taoista sia confuciano che si debba confidare
nelluomo naturale. Sarebbe impossibile, secondo il loro modo di vedere, credere
in una malvagit innata nelluomo senza screditare la credenza stessa, dacch
tutte le nozioni di una mente perversa sarebbero nozioni perverse.

Per quanto religiosamente emancipata, la mente tecnologica mostra di aver


ereditato la medesima discriminazione ai danni di se stessa quando tenta di
assoggettare lintero ordine umano al controllo della ragione cosciente. Essa
dimentica che non si pu confidare nella ragione se non si pu confidare nel
cervello, giacch la facolt della ragione dipende dagli organi che furono
sviluppati dalla intelligenza inconscia.

Lincoscienza di Lao-tzu, Chuang-tzu e Lieh-tzu (wu-hsin = non-mente), vale a


dire incoscienza di s, uno stato di interezza in cui la mente funziona
liberamente e agevolmente senza limpressione di una seconda mente, o ego,
che la sovrasti con un randello.

Non-coscienza significa un impiego totale della mente pari al nostro uso degli
occhi, quando li posiamo su vari oggetti ma senza sforzarci di afferrarne qualche
particolare. Secondo Chuang-tzu:

Il bambino guarda le cose tutto il giorno senza battere ciglio; questo perch i
suoi occhi non si concentrano su qualche oggetto particolare. Egli cammina
senza sapere dove va, e si ferma senza sapere ci che fa. Simmerge nelle cose
che lo attorniano e procede insieme a esse. Questi sono i principi delligiene
mentale.

E ancora:

Se regolate il vostro corpo e unificate la vostra attenzione, larmonia del cielo


scender su di voi. Se integrate la vostra consapevolezza, e unificate i vostri
pensieri, lo spirito in voi stabilir la sua dimora. Il te (virt) vi riparer e il Tao
vi protegger. I vostri occhi diverranno simili a quelli di un vitello appena
nato, che non cerca il perch delle cose.
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Il termine hsin viene usualmente tradotto con mente o cuore, ma n luna
n laltra parola soddisfano. Quando un cinese parla dello hsin suole indicare il
centro del suo petto, lievemente pi basso del cuore. La difficolt della
traduzione dovuta al fatto che mente troppo intellettuale e cuore troppo
emotivo e sentimentale. Talvolta usato a indicare un ostacolo da rimuovere,
come in wu-hsin, non mente; ma talvolta usato come sinonimo del Tao.

Lapparente contraddizione risolta dal principio che la vera mente non


mente; il che significa che hsin reale, agisce bene, quando agisce come se
non esistesse. Tutto considerato, parrebbe che hsin significhi la totalit delle
nostre funzioni psichiche e, pi specificatamente, il centro di tali funzioni. Con
hsin (in giapponese kokoro) non intendiamo esclusivamente la mente
intellettuale o pensante, e neanche la superficie della coscienza. Secondo il
taoismo e lo zen, il centro dellattivit mentale non risiede nel processo del
pensiero cosciente, non risiede nellego.

Quando un uomo ha imparato ad abbandonare la sua mente, cos che essa


funzioni in modo integrale e spontaneo che ad essa connaturale, egli comincia
a mostrare lo speciale tipo di virt o facolt chiamata te. Questa non virt
nel senso corrente di rettitudine morale, ma nel senso pi antico di efficacia,
come quando si parla delle virt curative di una pianta. Inoltre il te virt non-
affettata o spontanea, che non si pu coltivare o imitare con un metodo
deliberato.

Lao-tzu dice:

La virt superiore non (si considera) virt


perci virtuosa
la virt inferiore pretende alla virt
perci non virtuosa
la virt superiore non agisce e riesce in tutto
la virt inferiore agisce e non riesce in tutto.

La virt superiore non cosciente di s come virt e cos realmente virt.

In definitiva, quindi, il te limpensabile ingegnosit e facolt creativa della


funzione spontanea e naturale delluomo: facolt che sinceppa quando ci si
sforza di dominarla in base a metodi e tecniche formali.

Una reverenza profonda verso il te alla base di tutta la cultura pi elevata


dellEstremo Oriente, a segno che se n fatto il principio fondamentale di ogni
tipo di arte e di professione. Se vero che tali arti impiegano discipline tecniche
che sono di estrema complessit, sempre stato ammesso che esse sono di
indole strumentale e secondaria, e che lattivit superiore ha un carattere
accidentale.
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Il significato del te giace a un livello assai pi profondo e genuino: la cultura
del taoismo e dello zen, infatti, offre a un individuo la possibilit di
diventare lorigine inconsapevole di meravigliosi accidenti.

Il taoismo , quindi, loriginale via di liberazione cinese che combinandosi col


buddismo mahayana indiano produsse lo zen. una liberazione dalle
convenzioni e della facolt creativa del te.

La via vuota ma, usandola, non si riempie. Profonda come un abisso, sembra
l'antenata di tutte le creature. Limpida e profonda, sembra continuare per
sempre. Non so chi l'abbia generata, sembra anteriore alla creazione del
mondo.(4)

C'era qualcosa di caotico e perfetto prima che il cielo e la terra nascessero.


Silenziosa, vuota, sta da sola e non cambia. Gira intorno instancabile. Si pu
considerare la madre dell'universo. Io non conosco il suo nome, ma la chiamo
Tao.(25)

Senza uscire dalla porta conoscere il mondo.


Senza spiare dalla finestra vedere la via del cielo.
Pi lontano si va, meno si sa.
Perch il saggio non viaggia, eppure sa;
non guarda, eppure comprende;
non fa, eppure compie. (47)

Quando troverete la via altri vi troveranno.


Passando lungo la strada
saranno attratti dalla vostra porta.
La strada che non pu essere udita
risuoner come un eco nella vostra mente.
La strada che non pu essere vista
sar riflessa nei vostri occhi.

Segui con diligenza la Via nel tuo cuore,


ma non farne mostra al mondo.
Tieniti indietro, e verrai spinto avanti;
tieniti fuori, e verrai mantenuto dentro.
Colui che umilia se stesso verr preservato integro.
Colui che si piega verr mantenuto diritto.
Colui che vuoto verr colmato.
Colui che escluso verr richiamato.
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Capitolo secondo

Le origini del buddismo

Linduismo

Fondamentale per la vita e il pensiero dellIndia dai tempi pi remoti il grande


tema mitologico di atma-yajna, latto dellautosacrificio con il quale Dio fa
nascere il mondo, e col quale gli uomini, seguendo lesempio divino, si
reintegrano con Dio. Latto per il quale creato il mondo il medesimo per il
quale esso distrutto la cessazione della vita individuale come se lintero
processo delluniverso fosse quel gioco in cui si deve passare la palla non appena
si ricevuta.

Cos, il mito fondamentale dellinduismo che il mondo Dio che gioca a


rimpiattino con se stesso. Il Signore crea il mondo sotto vari nomi con un atto di
autosmembramento o di oblio di s, per il quale lUno diviene Molteplice, e il
singolo Attore sostiene innumerevoli parti. Infine, egli torna a se stesso per
ricominciare da capo il gioco: lUno morendo nel Molteplice, e il Molteplice
morendo nellUno.

Il Signore onnipotente,
Colui che sa tutto,
L'inizio e la fine di tutto -
Quel S dimora in ogni cuore umano.

Colui che conosce da cima a fondo ogni individuo Dio stesso, lo Atman (Dio
personale) o Io del mondo. Ogni vita una parte o ruolo in cui la mente di Dio
assorbita Con latto di auto-abbandono Dio diviene tutti gli esseri, ma nel
tempo stesso non cessa dessere Dio. Poich Dio diviso solo in apparenza, ma
nella realt rimane indiviso.. Cos che, quando la rappresentazione finisce, la
coscienza individualizzata si desta per trovarsi divina.

In ogni parte Quello ha mani e piedi;


In ogni parte occhi, teste, e volti.
In ogni parte del mondo esso ode;
Tutte le cose esso abbraccia.

In verit questo Atman (Io) viaggia su questa terra da un corpo ad un altro.


(Mundaka Upanishad)

Lintimo Io di santi e di saggi appartiene alla divinit velata nella stessa misura
che lintimo Io del depravato, del vile, del pazzo, e degli stessi demoni. Gli
opposti (dvandva) di luce e tenebre, di bene e male, di piacere e pena, sono gli
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elementi essenziali del gioco, poich sebbene la divinit si identifichi con
lEssere (Sat), lintelligenza (chit) e la Beatitudine (ananda) il lato oscuro della
vita parte integrante del gioco.

Per il pensiero ind non esiste il problema del Male. Il mondo convenzionale,
relativo, necessariamente un mondo di opposti. La luce inconcepibile se la si
separa dal buio; lordine privo di significato senza il disordine; e cos il su senza
il gi, il suono senza il silenzio, il piacere senza la pena. Ananda Coomaraswamy
dice:

Per chiunque sostenga che Dio ha creato il mondo, il problema del perch egli
vi permise lesistenza del male, o di quellUnico Male in cui ogni male
personificato, totalmente privo di senso; allora ci si potrebbe chiedere perch
Dio non ha creato un mondo senza dimensioni o un mondo senza successione
temporale.

Secondo il mito, la rappresentazione divina procede per cicli infiniti di tempo,


attraverso periodi di manifestazioni e di eclissi dei mondi, misurati in unit di
kalpa, ognuno della durata di 4.320.000.000 anni

Questo mito non lespressione di una filosofia formale, ma di unesperienza o


stato di coscienza chiamato moksha o liberazione. In definitiva pi sicuro
affermare che la filosofia indiana in primo luogo questesperienza; e solo in via
del tutto secondaria un sistema di idee che tenta di tradurre lesperienza in
linguaggio convenzionale.

Alla radice, dunque, la filosofia diviene intelligibile solo se si condivide


lesperienza, consistente nello stesso tipo di conoscenza non convenzionale
trovata nel taoismo. Essa anche definita atma-jnana (conoscenza dellIo) o
atma-bodha (risveglio dellIo), giacch la si pu considerare come scoperta di
chi o di che cosa io sono, quando non sono pi identificato in alcun ruolo o
definizione convenzionale della persona.

Brahman non responsabile delluniverso in modo personale. Egli non


conosce e opera come una persona, giacch non conosce luniverso in termini di
fatti convenzionali, n agisce su di esso tramite deliberazione, sforzo, e volont.
Pu essere significativo che la parola Brahman proviene dalla radice brih,
crescere, dato che la sua attivit creativa, come quella del Tao, ha carattere di
spontaneit, proprio della crescita, distinto dalla deliberazione, propria del
creare. Inoltre, bench si dica che Brahman conosce se stesso, questo
conoscersi non frutto di informazione, non la conoscenza che si pu avere di
oggetti distinti da un soggetto.
Come dice Shankara: Poich egli il Conoscente, e il Conoscente pu conoscere
altre cose, ma non pu farsi oggetto della propria conoscenza; allo stesso modo
che il fuoco pu bruciare altre cose, ma non pu bruciare se stesso.
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Per la mente occidentale lenigma della filosofia indiana risiede nel fatto che
essa ha tanto da dire su ci che lesperienza moksha non , e poco o nulla da dire
su ci che . Questo naturalmente disorienta, poich lesperienza realmente
senza contenuto, o se ne ha cos povera in rapporto alle cose che noi
consideriamo importanti, come si spiega limmenso valore che essa riveste nello
schema di vita indiano?

Anche al livello convenzionale certo facile notare che sapere ci che non
molto spesso ha uguale importanza del sapere ci che .

Si deve meditare su di Me come su Colui che sa tutto, l'Essere pi antico da cui


tutto creato, Colui che controlla l'universo, che sostegno e guida
dell'umanit, il pi piccolo del pi piccolo, Colui che trascende la materia e che,
luminoso come il Sole, oltrepassa le tenebre. (canto VIII, verso 9)

questa la ragione per cui la filosofia indiana si concentra sulla negazione, sulla
liberazione della mente dal concetto di Verit. Essa non propone idee o
descrizioni di ci che deve riempire il vuoto della mente, poich lidea
escluderebbe il fatto un po come un dipinto del sole, posto sul vetro di una
finestra, non lascerebbe passare la luce dellautentico sole.

Mentre gli ebrei non ammettono unimmagine di Dio di legno o di pietra, gli
ind non ne ammettono unimmagine di pensiero a meno che non sia cos
palesemente mitologica da restare distinta dalla realt. Perci la disciplina
pratica (sadhana) della via di liberazione un progressivo distacco del proprio Io
(atman) da ogni identificazione.

Si deve capire che io non sono questo corpo, queste sensazioni, questi
sentimenti, questi pensieri, questa coscienza. La realt fondamentale della mia
vita non alcun oggetto concepibile. In definitiva, non la si pu nemmeno
identificare con qualche idea, come Dio o atman. Come dice la Munkakya
Upanishad:

() Quello che non conscio n del soggettivo n delloggettivo n di entrambi;


che non n semplice coscienza, n percezione indifferenziata, n pura
oscurit. invisibile, senza relazioni, incomprensibile, indesumibile
lessenza della coscienza dellIo, la conclusione di maya (v).

L non ci raggiunge l'occhio, n la parola, nemmeno la nostra mente. Siccome


non sappiamo quale o in quale maniera sia il Brahman non abbiamo nessun
modo per insegnare sul Brahman, il quale trascende quello che conosciamo e
anche quello che non conosciamo, al di l del noto e dell'ignoto.(Kata
Upanisad)

Latman , per la nostra coscienza totale,


ci che il capo per il senso della vista:
15
n luce n buio, n pieno n vuoto, solo un inconcepibile al di l. Nel momento
in cui ogni estrema identificazione dellIO con qualche oggetto o concetto
finita, nello stato chiamato nirvikalpa o senza concezione, allora lampeggia
improvviso dalle sue ignote profondit lo stato di coscienza chiamato divino, la
conoscenza di Brahman.

Io sono senza mani (eppure abbraccio) e senza piedi (eppure cammino); il mio
potere al di sopra di ogni immaginazione, quindi sono inconcepibile. Io vedo
senza occhi, io odo senza orecchie, io conosco tutto (ma nessuno conosce me);
ed io differisco da tutti. Nessuno pu conoscermi. Io sono l'Intelligenza pura.
Kaivalya Upanisad, I, 21)

La conoscenza di Brahman identificata nella scoperta che questo mondo che


sembrava Molteplice in realt Uno, che tutto Brahman e che ogni dualismo
frutto di erronea immaginazione. Queste parole pur essendo prive di
significato e di contenuto informativo, appaiono come la migliore espressione
semantica dellesperienza medesima.

Moksha anche inteso come liberazione da maya, una delle pi importanti


parole della filosofia indiana, sia ind che buddista. Infatti, il mondo multiforme
dei fatti e degli eventi viene chiamato maya, comunemente inteso come
unillusione che vela la realt sottostante di Brahman. Questo d limpressione
che moksha sia uno stato di coscienza in cui lintero e vario mondo della natura
scompare dalla vista, immerso in un oceano sconfinato e tremolante di spazio
luminoso.

In questo non vi dualismo poich maya non in contrapposizione di Brahman.


Brahman, infatti, non lUno come opposto al molteplice, non il semplice
come opposto al complesso. Brahman senza duplicit (advaita), vale a dire
senza opposti giacch Brahman non appartiene ad alcuna classe e non si trova,
perci, al di fuori di nessuna classe.

Tutte le cose nascono in Me, tutte le cose riposano in Me, e tutte le cose si
dissolvono in Me. Io sono Brahman (l'Assoluto), l'Uno senza secondo. (Kaivalya
Upanisad 19)

Ogni atto di classificare precisamente maya. Dire, perci, che il mondo dei fatti
e degli eventi maya equivale a dire che i fatti e gli eventi sono termini di
misurazione piuttosto che realt naturali.

Cos, sar facile rendersi conto che fatti ed eventi sono astratti come le linee di
latitudine o come piedi e pollici. Consideriamo per un momento che
impossibile isolare un singolo fatto. I fatti avvengono perlomeno a coppie,
giacch un singolo corpo inconcepibile indipendentemente dallo spazio nel
quale esso posto. Definizione, limitazione, delineazione: questi sono sempre
atti di divisione e perci di dualit, poich non appena una linea di confine
tracciata, sorgono due lati.
16

Infatti il mondo non unillusione della mente nel senso che non ci sia nulla da
vedere per gli occhi di un uomo liberato (jivan-mukta), allinfuori di un vuoto
senza traccia. Egli vede il mondo che noi vediamo; ma non lo delimita, non lo
misura, non lo divide alla nostra maniera. Non lo considera come realmente o
concretamente suddiviso in cose ed eventi separati. Egli si rende conto che la
pelle pu essere considerata sia come ci che ci unisce al nostro ambiente, sia
come ci che ce ne separa. Inoltre, si rende conto che la pelle verr considerata
come la cosa che congiunge, solo se prima la si considerata come la cosa che
divide, o viceversa.

Nella Mia condizione di Non-manifestato, Io penetro l'universo; tutti gli esseri


sono in Me ma Io non sono in loro. Sebbene tutto riposi nella Mia energia
inimmaginabile, niente di ci che creato in Me. Io sono al di l di tutto; pur
essendo presente ovunque, rimango la sorgente stessa di tutta la creazione.
Come il vento soffia ovunque e non esce mai dallo spazio, allo stesso modo,
sappi, gli esseri rimangono in Me. (Git, canto IX, versi 4-6)

Per questa ragione, sia gli ind che i buddisti preferiscono parlare della realt
come non-duplice piuttosto che come una, dato che il concetto di uno deve
essere sempre in relazione col concetto di molti. La dottrina del maya perci
una dottrina di relativit. Essa afferma che cose, fatti ed eventi sono definiti non
dalla natura, ma dalla descrizione umana, e che il modo in cui li descriviamo (o
dividiamo) relativo ai nostri cangianti punti di vista.

Certo, il mondo della natura abbonda di superfici e di linee, di aree di densit e


di vacuit, che noi usiamo per segnare i confini di eventi e cose. Ma anche qui la
dottrina maya asserisce che tali forme (rupa) non hanno essenza propria o
natura autonoma (svabhava): non esistono per diritto proprio, ma solo in
relazione reciproca, come un solido non pu essere distinto se non in relazione a
uno spazio. In questo senso, il solido e lo spazio, il suono e il silenzio, lesistente
e il non-esistente, la figura e lo sfondo sono inseparabili, interdipendenti, o
scambievolmente generati, ed solo per maya o per divisione convenzionale
che possono essere considerati separati luno dallaltro.

Sono l'oceano senza limiti.


Qua e l, il vento soffia dove vuole
spingendo la nave del mondo.
Ma io non sono scosso.

Sono la profondit sconfinata


in cui le onde di tutti i mondi
salgono e scendono, naturalmente.
Ma io non salgo e non scendo.

Sono la profondit infinita


17
da cui tutti i mondi
Emergono.
Oltre ogni forma
per sempre immobile.
Cos io sono.
(Ashtavakra Gita)

La forma maya quando la mente cerca di comprenderla e controllarla


nellambito delle categorie fisse del pensiero, vale a dire per mezzo di nomi
(nama) e parole. Poich sono precisamente gli stessi sostantivi e verbi mediante i
quali vengono designate le categorie astratte e concettuali delle cose e degli
eventi.

Nella misura in cui luomo identifica se stesso e la propria vita con queste forme
di definizione rigide e vuote, egli si condanna alla frustrazione perpetua di chi
cerca di raccogliere acqua con un setaccio.

La mutevolezza del mondo indice della sua divinit

Maya quindi lequivalente di nama-rupa ovvero nome-forma, il tentativo


della mente di impigliare le forme fluide della natura nella sua maglia di classi
fisse. Ma quando si capito che la forma in ultima analisi vuota (nel senso
speciale di inafferrabile e incommensurabile), il mondo delle forme
immediatamente visto come Brahman piuttosto che come maya. Il mondo
formale diviene mondo reale nel momento in cui non pi trattenuto,
nellistante in cui si cessa di resistere alla sua mutevole fluidit. Di qui la vera
transitoriet del mondo, che indizio della sua divinit, della sua reale identit
con linvisibile e incommensurabile infinit di Brahman.

Linsistenza indiana sullinstabilit del mondo non la dottrina pessimista e


nichilista che gli occidentali suppongono. La transitoriet oppressiva solo per
la mente che insiste nello sforzo di ghermire. Ma per la mente che si lascia
andare e si muove col flusso dei mutamenti, il senso della transitoriet e del
vuoto si tramuta in una sorta di estasi. forse questo il motivo per cui, tanto in
Occidente quanto in Oriente, la transitoriet cos spesso il tema della poesia
pi profonda e ispirata.

La dottrina maya mette quindi in evidenza limpossibilit di imprigionare il


mondo reale nella rete mentale delle parole e concetti e, in secondo luogo, il
carattere fluido di quelle stesse forme che il pensiero tenta di definire.

Induismo e Buddismo

V perfino qualcosa di fallace nellidea di Brahman come realt eterna che


sottende il fluttuare, e nellidea dellatman come base divina della coscienza
18
umana; poich, nella misura in cui queste idee sono dei concetti, non sono
idonee, al pari di ogni altro concetto, ad afferrare il reale.

Alle radici del buddismo sta precisamente la chiara comprensione della totale
elusivit del mondo. Questa lenfasi speciale che distingue maggiormente la
dottrina del Budda dallinsegnamento delle Upanishad; ed la ragion dessere
dello sviluppo del buddismo come movimento distinto nella vita e nel pensiero
indiani.

Il Budda (risvegliato) nasce e muore induista. Egli agiva in pieno accordo con la
tradizione dei Veda e delle Upanishad, quando egli divenne un rishi (saggio della
foresta) che aveva abbandonato la vita del capo di casa e la propria casta per
seguire la via di liberazione.

La rinuncia alla casta il segno estrinseco e manifesto della comprensione che la


propria vera condizione inclassificata, che il proprio ruolo o persona
puramente convenzionale, e che la propria vera natura nulla e nessuno.

Questa comprensione fu il punto cruciale dellesperienza del risveglio (bodhi) del


Budda che scese su di lui una notte mentre sedeva sotto il famoso albero Bo a
Gaija, dopo sette anni di meditazione nelle foreste. In questa esperienza il
contenuto essenziale del buddismo, e la dottrina verbale del tutto secondaria
alla trasmissione senza parole dellesperienza stessa da una generazione allaltra.

Leterno atman, il vero Io risultava introvabile. Per quanto la sua mente si


concentrasse per trovarne la radice e la base, egli trov soltanto il proprio sforzo
di concentrarsi. La sera innanzi il suo risveglio, Gotama semplicemente
rinunci a cercare2.

Questa la suprema, perfetta illuminazione, liberazione da maja e dalla ruota


incessante di nascita-e-morte (samsara), che gira senza sosta sin tanto che
luomo cerca, con qualunque mezzo di tenersi aggrappato alla propria vita.

Nondimeno il contenuto reale di questa esperienza non fu mai e non potr mai
essere messo in parole; poich le parole sono le forme di maja, le maglie della
sua rete, e lesperienza lacqua che vi scivola attraverso.

Io non ottenni alcunch dalla suprema, perfetta illuminazione, e proprio per


questa ragione essa detta suprema, perfetta, illuminazione. (Budda)

Cos, dal punto di vista dello zen, il Budda non disse mai una parola. Infatti, il
suo vero messaggio rimase sempre inespresso; ed era tale che quando le parole
tentarono di esprimerlo, lo fecero apparire un immenso nulla. Il canone Pali,
tuttavia, riferisce che dopo il suo risveglio il Budda and a Benares, ed espose la
sua dottrina, esprimendola sotto forma delle Quattro Nobili Verit. Che
forniscono un sommario cos esauriente del buddismo.

2 Non poteva trovare il S, leterno Atman, poich non possibile osservare se stessi!!!
19

Le Quattro Nobili Verit

1) La prima verit riguarda la problematica parola duhkha (dolore), che designa


il gran male del mondo, di cui il metodo del Budda (dharma) la cura. Questo
non significa che la vita dolore. La questione piuttosto che la vita come noi la
viviamo di solito dolore o, pi esattamente, martoriata dalla particolare
frustrazione che proviene dal tentare limpossibile. Forse, allora, frustrazione
la migliore traduzione di duhkha. Pi si cerca di afferrare il mondo, pi esso
cambia3. La realt in s non stabile n instabile: non pu essere classificata.
Ma, quando si cerca di impadronirsene, dovunque appaiono mutamenti.

Allo stesso modo la dottrina dellanatman non solo la monotona asserzione


che non esiste un vero Io (atman) alla base della nostra coscienza4. Il fatto
piuttosto che non esiste un Io, o realt fondamentale, che si possa afferrare, n
per esperienza diretta n per mezzo di concetti. Il vero Io non-Io dato che ogni
tentativo di concepire lIo, di credere nellIo, di ricercare lIo, immediatamente lo
fa dileguare.

fondamentale per ogni scuola di buddismo che non esista alcun ego, alcuna
durevole entit che sia il soggetto costante delle nostre mutevoli esperienze.
Poich lego esiste solo in senso astratto, essendo unastrazione della memoria,
qualcosa come lillusorio cerchio di fuoco che si ottiene roteando una torcia. Il
passato, da cui viene astratto il nostro ego, interamente scomparso. In tal
modo, ogni tentativo di aggrapparsi allego o di farne uneffettiva sorgente di
azione, condannato al fallimento.

2) La seconda verit si riferisce alla causa della frustrazione, detta trishna, cio,
sete o brama di vivere, basata su avidya5, che ignoranza e incoscienza.
Lavidya lo stato della mente quando, ipnotizzata o affascinata da maya, essa
confonde il mondo astratto delle cose e degli eventi con il mondo concreto della
realt. A un livello pi profondo, avidya mancanza di auto-coscienza, difetto di
comprensione che ogni tentativo di afferrare altro non se non il vano sforzo di
afferrare se stessi. Infatti, per chi abbia conoscenza di s non esiste dualismo fra
la sua personalit e il mondo esterno.

In tal modo, il desiderio di mantenere un perfetto controllo sulle cose che ci


circondano e su noi stessi basato su di una sfiducia profonda del controllore.
Avidya lincapacit di vedere la basilare auto-contraddizione di questa
posizione, donde sorge un futile afferrare o controllare la vita che pura e
semplice auto-frustrazione; e lo schema di vita che ne consegue il circolo

3 Anitya = instabilit
4 Le tre caratteristiche dellessere: duhkha (dolore, oppure divenire); anitra (instabilit) e anatman (assenza
dellIo).
5 Avidya lopposto formale del risveglio.
20
vizioso chiamato samsara6
(la ruota di nascita-e-morte). Karma cos il
destino di chiunque cerchi di essere Dio. Costui tende una trappola per il
mondo, nella quale egli stesso rimane prigioniero.7

3) La Terza Nobile Verit riguarda la fine dellauto-frustrazione,


dellattaccamento, e dellintero circolo vizioso del karma che genera la Ruota. La
fine chiamata Nirvana8. Se nirvana espirazione, essa latto di chi ha
capito linutilit del cercare di trattenere il respiro o la vita (prajna)
indefinitamente, perch trattenere il respiro significa perderlo. Allora, nirvana
lequivalente di moksha, (sollievo o liberazione).

Da un lato essa appare come disperazione il riconoscimento che la vita elude i


nostri sforzi di dominio. Dallaltro prorompe in gioia e potere creativo, in base al
principio che perdere la vita significa trovarla trovare la libert dazione
emancipata dallauto-frustrazione e dallansiet insite nel tentativo di salvare e
controllare lIo. Se si pone il nirvana in rapporto alla cessazione dei modi o
funzioni della mente, il termine sinonimo di yoga9 (unione = il cessare dei
modi della mente). Questi modi sono i giri (i pensieri) mediante i quali la mente
si affanna ad afferrare il mondo e se stessa.

Il nirvana quindi lo stato che si consegue dopo che sia cessato lo sforzo di
afferrare la vita. Nellaccezione pi popolare e letterale, il nirvana la scomparsa
dellessere dalla Ruota delle incarnazioni, non per passare in uno stato di
annullamento, ma solo in uno stato che sfugge a ogni definizione, ed in tal
modo incommensurabile e infinito.

Conseguire il nirvana equivale a conseguire la Buddit, il risveglio. Ma questo


non un conseguimento o acquisizione e nessuna motivazione ne la causa.
impossibile desiderare il nirvana, o avere lintenzione di raggiungerlo, poich
ogni cosa desiderabile e concepibile come oggetto di azione non , per
definizione, nirvana. Il nirvana pu sorgere soltanto in modo non intenzionale,
spontaneo; quando sia stata completamente percepita limpossibilit di afferrare
lIo.

4) La quarta Nobile Verit riguarda lottuplice sentiero del Dharma del Budda,
vale a dire il metodo con cui si raggiunge la fine dellauto-frustrazione. Le prime

6 Il principio attivo della Ruota noto come karma (azione condizionata) ossia azione che scaturisce da un
motivo e persegue un risultato, il tipo di azione che richiede sempre la necessit di ulteriori azioni.
7 Molti buddisti intendono la Ruota come processo di reincarnazione, nel quale il karma che forma lindividuo

opera iteratamente, vita dopo vita, sin quando attraverso il risveglio portato ad arrestarsi. Ma nello zen
inteso in senso pi figurato: il processo di rinascita avviene di momento in momento, cos che si rinasce di
continuo identificandoci con un ego continuativo che si reincarna nuovamente ad ogni attimo. In tal modo, la
validit e linteresse della dottrina non richiedono laccettazione di una speciale teoria di sopravvivenza.
8 Nirvana: parola difficilmente traducibile che pu essere intesa come: lo spegnersi di una fiamma, o

semplicemente il soffio (espirazione), opure il cessare delle onde e dei giri, cio dei modi della mente.
9 Lo yoga la pratica che cerca di arrestare i pensieri col pensarvi, finch lestrema vanit del processo non

sentita cos intensamente che il processo semplicemente dilegua, e la mente si rivela nel suo stato limpido e
naturale.
21
due sezioni hanno a che fare col pensiero; le quattro seguenti con lazione; e le
due finali con la contemplazione o la vigilanza.

1. Samyag-drishti, o retta cognizione.


2. Samyak-samkalpa, o retta intenzione.
3. Samyag-vak, o retta (veritiera) parola.
4. Samyak-karmanta, o retta vita.
5. Samyagajiva, o retto sforzo.
6. Samyag-vyayama, o retta azione.
7. Samyak-smriti, o retta concentrazione.
8. Samyak-samadhi, o retta contemplazione.

La prima sezione (retta cognizione) contiene tutte le altre, giacch il metodo del
buddismo soprattutto la pratica della chiara coscienza, del vedere il mondo
qual . Tale coscienza consiste in una viva attenzione alla propria diretta
esperienza, al mondo immediatamente sentito, cos da non essere sviati da nomi
ed etichette. Lultima sezione (retta contemplazione) il perfezionamento della
prima, significando pura esperienza, pura consapevolezza, in cui non esiste pi il
dualismo del conoscente e del contenuto.

Non esiste una legge morale

Il buddismo non condivide la credenza occidentale che esista una legge morale
imposta da Dio o dalla natura, alla quale dovere delluomo ubbidire. Le regole
di condotta del Budda sono regole di convenienza volontariamente assunte, il cui
proposito di rimuovere gli ostacoli che impediscono una chiara
consapevolezza. La mancata osservazione dei precetti produce cattivo karma,
perch tutte le azioni motivate e intenzionali, convenzionalmente buone o
cattive, sono karma nella misura in cui sono dirette ad afferrare la vita.
Cos, retta azione significa in ultima analisi azione libera, non predisposta, o
spontanea, esattamente nello stesso senso del termine taoista wu-wei.

Retta concentrazione

Smriti, concentrazione, e samadhi, contemplazione, costituiscono la sezione che


tratta della vita meditativa, linteriore pratica mentale della Via del Budda.

La retta concentrazione una costante vigilanza o osservazione delle proprie


sensazioni, dei propri sentimenti e pensieri, senza scopo o commento. una
limpidezza e presenza totale della mente, attivamente passiva, in cui gli eventi
vengono e vanno, al pare di immagini in uno specchio: nulla riflesso allinfuori
di quello che .
22
Mediante questa consapevolezza si vede che la separazione del pensante dal
pensiero, del conoscente dal conosciuto, del soggetto dalloggetto, puramente
astratta. Non esiste la mente da una parte e le sue esperienze dallaltra: non
esiste che un processo di esperienza in cui non v nulla da afferrare come
oggetto; e non v nessuno, come soggetto, che lo afferri. Considerato cos il
processo dellesperienza cessa di aggrapparsi a se stesso. Il pensiero segue al
pensiero senza interruzione, cio senza bisogno alcuno di separarsi da se
medesimo cos da diventare il proprio oggetto.

Dove esiste un oggetto, sorge un pensiero. Il pensiero allora una cosa e


loggetto unaltra? No: ci che loggetto, proprio questo il pensiero. Se
loggetto fosse una cosa e il pensiero unaltra, allora vi sarebbe un doppio stato di
pensiero. Cos loggetto stesso proprio pensiero. Pu allora il pensiero
esaminare il pensiero? No, il pensiero non pu esaminare il pensiero come la
lama di una spada non pu tagliare se stessa, come la punta del dito non pu
toccare se stessa, cos un pensiero non pu vedere se stesso.

Il samadhi

Questa singolarit della mente in virt della quale essa non pi divisa contro di
s, samadhi, ed essendo finita la infruttuosa insistenza della mente ad
afferrare se stessa, samadhi uno stato di pace profonda. Non si tratta della
calma di una totale inattivit, perch, una volta che la mente sia tornata al suo
stato naturale, samadhi perdura in ogni circostanza, camminando, stando
fermi, sedendo, e giacendo.

Nel camminare, nello stare in piedi, sedendo o giacendo, egli consapevole di


comportarsi cos, in maniera che, in qualunque modo il suo corpo sia atteggiato,
egli se ne rende esattamente conto. Nelluscire o nel ritornare, nel guardarsi
avanti o attorno, piegando o stendendo il braccio egli agisce con limpida
consapevolezza.

Dhyana (meditazione)

Questa parola dhyana la forma sanscrita originale del cinese chan e del
giapponese zen, e perci il suo significato di capitale importanza per una
comprensione del buddismo zen. Meditazione nel senso comune di riflettere
sulle cose o concentrarsi una traduzione che porta molto fuori strada. La
soluzione migliore quella di lasciare la parola dhyana non tradotta e di
aggiungerla alla propria lingua.

Come lo si usa nel buddismo, il termine dhyana comprende sia la


concentrazione (smriti) sia il samadhi (stato di pace profonda) e pu essere
descritto come lo stato di consapevolezza unificata (o mono-diretta).
23
Da un lato mono-diretta nel senso che concentrata sul presente, dato che
per la chiara consapevolezza non esiste n passato n futuro ma solo
questultimo momento (ekaksana) che i mistici occidentali hanno chiamato
lEterno Presente.

Dallaltro, essa mono-diretta nel senso che uno stato di consapevolezza senza
differenziazione di conoscente, conoscenza e conosciuto.

La sofferenza sola esiste, nessuno che soffra;


Esistono le imprese, ma nessuno che le compia;
C il Nirvana, ma nessuno che lo cerchi;
V il sentiero, ma nessuno che lo percorra.
24

Capitolo terzo

Il buddismo mahayana

Come via di liberazione, linsegnamento del Budda non ebbe altro oggetto che
lesperienza del nirvana. Egli non tent nemmeno di esporre un coerente
sistema filosofico, cercando di soddisfare quella curiosit intellettuale sulle cose
ultime che si attende risposte in parole.

Si spesso detto che lo sviluppo pi tardo del buddismo fu dovuto allincapacit


della mente indiana di accontentarsi di quel silenzio, cos che alfine essa dovette
indulgere al suo irresistibile bisogno di astratte speculazioni metafisiche sulla
natura della realt. Tuttavia, il vasto corpo della dottrina mahayana sorse non
tanto per soddisfare la curiosit intellettuale quanto per trattare i problemi
psicologici pratici incontrati nel seguire il metodo del Budda. La mira costante
di conseguire lesperienza della liberazione, non di costruire un sistema
filosofico.

La metafisica del mahayana, nellincoerenza dei suoi sistemi, mostra con


sufficiente chiarezza linteresse secondario che le si attribuiva da parte dei
monaci, il cui principale interesse era concentrato sul raggiungimento della
liberazione; il mahayana non meno del hinayana, riguarda in modo vitale questo
fine pratico, e la sua filosofia ha valore solo in quanto aiuta gli uomini a
conseguire il loro fine. (Sir Arthur Berriedale)

Indubbiamente, il buddismo mahayana una concessione tanto alla curiosit


intellettuale quanto al desiderio popolare di avvicinarsi rapidamente alla meta.
Ma, alle sue radici, esso il lavoro di spiriti altamente sensitivi e percettivi che
studiano i loro processi interiori.

Si riceve limpressione che mentre il canone pali vorrebbe aprire la porta al


nirvana col solo sforzo, il mahayana cerca di smuovere la chiave per farla girare
pi facilmente. Perci il grande intento del mahayana di provvedere mezzi
idonei (upaya) a rendere il nirvana accessibile a ogni tipo di mentalit.

Il mahayana si distingueva dal buddismo del canone pali definendo questultimo


il Piccolo (hina) Veicolo, e se stesso il Grande (maha) Veicolo: grande perch
comprende una grande ricchezza di upaya, o metodi per la realizzazione del
nirvana.10

10 Questi metodi vanno dalla sofisticata dialettica di Nagarjuna, il cui oggetto la liberazione della mente da tutte
le idee fisse, al Sukhavati o dottrina della liberazione della Terra Pura, mediante la fede nel potere di Amitabha (il
Budda della Luce Infinita). Essi comprendono anche il buddismo tantrico dellIndia medievale, nel quale si pu
realizzare la liberazione mediante la ripetizione di parole o formule sacre (dharani) e attraverso tipi determinati
di yoga implicanti la relazione sessuale con una shakti o moglie spirituale.
25
Uno studio preliminare del canone pali dar certamente limpressione che il
nirvana possa realizzarsi solo mediante un rigido sforzo. I mahayanisti sono
forse nel giusto assumendo che il Budda intendesse questo sforzo come un
upaya, un mezzo efficace per rendere idonei a capire, concretamente e
intensamente, lassurdo circolo vizioso del desiderio di non desiderare o del
tentativo di liberarsi da soli dellegocentrismo. Ogni volta che il mahayana indica
come via di liberazione lo sforzo personale, lo fa come espediente per portare
lindividuo a una viva consapevolezza della sua inutilit.

Il bodhisattva

Varie indicazioni fanno supporre che una delle pi antiche dottrine del
mahayana fosse la concezione del Bodhisattva come una persona che,
rinunciando al nirvana, apparteneva a un livello spirituale pi alto di chi, avendo
raggiunto il nirvana, si fosse cos ritirato dal mondo di nascita-e-morte. Il
Bodhisattva una persona che si rende conto della profonda contraddizione
insita in un nirvana raggiunto da s e per s. Dal punto di vista popolare, il
Bodhisattva divenne un focus di devozione (bhakti), un redentore del mondo che
aveva fatto voto di non entrare nel nirvana finale, finch anche tutti gli altri
esseri senzienti non lo avessero conseguito. Per amor loro, egli acconsentiva a
rinascere di continuo nella Ruota di samsara, finch, nel corso di innumerevoli
ere, anche lerba e la polvere non avessero conseguito la Buddit.

Ma da un punto di vista pi profondo, risulta evidente che lidea del Bodhisattva


implicita nella logica del buddismo, che essa fluisce naturalmente dal principio
del non afferrare e dalla dottrina dellirrealt dellego. Infatti, se il nirvana lo
stato in cui lo sforzo di afferrare la realt interamente cessato, sar quindi
assurdo pensare al nirvana stesso come a qualcosa da afferrare o da conseguire.
Se poi lego una mera convenzione, insensato pensare che il nirvana sia una
condizione da raggiungersi individualmente.

Tutti gli eroi del Bodhisattva dovrebbero educare la loro mente a pensare: tutti
gli esseri senzienti di qualunque classe sono indotti da me a raggiungere la
liberazione illimitata del Nirvana. Pure, quando un numero vastissimo,
incalcolabile di esseri sia stato liberato, in verit non uno solo sar stato liberato!
Perch cos, Sobhuti? Perch nessun Bodhisattva che sia veramente tale
sostiene lidea di un ego, di una personalit, di un essere, o di un individuo
separato.
(dal Vajracchedika)

Siamo gi nel Nirvana


Se non v un Nirvana che si possa raggiungere e se non ci sono, in realt, realt
individuali, ne consegue che la nostra prigionia nella Ruota solo apparente, e
26
che di fatto noi siamo gi nel Nirvana, di modo che cercare il Nirvana la follia
di cercare ci che non si mai perduto.

Coloro che, impauriti dalle sofferenze causate dalla discriminazione di vita-e-


morte (samsara), cercano il Nirvana, ignorano che vita-e-morte e Nirvana non
devono essere separati fra loro; e vedendo che tutte le cose soggette a
discriminazione non hanno realt, (essi) immaginano che il Nirvana consista nel
futuro annullamento dei sensi e delle loro sfere. (dal Lankavatara Sutra 11.18)

In altre parole, cercare di non afferrare lo stesso che afferrare, poich la


motivazione la medesima: il mio urgente desiderio di salvarmi da una
difficolt. Non posso sbarazzarmi di questo desiderio, dato che lo stesso
identico desiderio del desiderio di sbarazzarmene!

Questo lusuale problema del doppio nodo psicologico, di creare un problema


col cercare di risolverlo, di preoccuparsi perch ci si preoccupa, o di temere di
aver paura.

La filosofia mahayana propone una risposta drastica ma efficace11. La risposta


che ogni tentativo di afferrare, sia pure il Nirvana, inutile, poich non v nulla
da afferrare12. La dialettica con la quale Nagarjuna demolisce ogni concezione
della realt solo uno stratagemma per rompere il circolo vizioso
dellattaccamento, e il fine supremo della sua filosofia non labietta
disperazione del nichilismo, ma la naturale e spontanea beatitudine (ananda)
della liberazione.

Sunya (vuoto)

Non pu chiamarsi vuoto o non vuoto,


o entrambe le cose o nessuna;
ma per poterlo indicare,
lo si chiama il Vuoto.

Il metodo di Nagarjuna consiste semplicemente nel dimostrare che tutte le cose


sono prive di natura propria (svabhava) o realt indipendente, dato che
esistono solo in relazione alle altre. Nulla nelluniverso pu sussistere di per s
nessun oggetto, nessun fatto, nessun essere, nessun evento e per questa
ragione assurdo eleggere una cosa come ideale da raggiungere.

11 Costituisce il tema dellopera: Prajna-paramita (sapienza per passare allaltra sponda). Unopera associata alla
dottrina di Nagarjuna (200 d.C.) che considerato con Shankara, una delle menti pi elette dellIndia.
12 Questo il celebre Sunyavada di Nagarjuna, la sua Dottrina del Vuoto, altrimenti nota come il Madhyamika,

la via di mezzo.
27
Tutto in dipendenza reciproca
Ci che scelto infatti esiste solo in relazione al suo opposto, dal momento
che ci che esiste viene definito da ci che non : il piacere definito dalla pena,
la vita definita dalla morte. La medesima relativit esiste fra nirvana e
samsara, bodhi (risveglio) e klesa (contaminazione). La questione del risveglio
presuppone uno stato di impurit e di frustrazione.

In altri termini: non appena il nirvana reso oggetto del desiderio, diviene un
elemento del samsara. Il reale nirvana non pu essere desiderato perch non
pu essere concepito13.

Ma lequazione Nirvana = samsara vera anche in un altro senso, ossia:


quanto ci appare come samsara in realt nirvana, e quello che appare come il
mondo della forma (rupa) in realt il vuoto (sunya). Di qui la massima famosa:

La forma non differisce dal vuoto; il vuoto non differisce dalla forma. Forma
precisamente vuoto; vuoto precisamente forma.

Questo non significa che il risveglio causer la totale scomparsa del mondo della
forma ma nellassistere al processo del risveglio. Poich il risveglio non si
verificher se si andr cercando di fuggire o di trasformare il mondo quotidiano
della forma, o di allontanarsi dalla particolare esperienza in cui ci si trovi in un
dato momento. Ogni tentativo del genere una manifestazione dellafferrare.

Non v nulla da afferrare


Tutto questo potrebbe far pensare che il Bodhisattva possa essere un tipo
accomodante, che passa il tempo come pi gli aggrada, dato che samsara
comunque nirvana. Cos non facile rilevare la differenza, dire cosa luomo
comune fa o non fa per essere diverso da un Bodhisattva, o viceversa. Tutto il
mistero dello zen celato in questo problema. In pratica impossibile decidere,
intenzionalmente, di cessare la ricerca del nirvana e di condurre una vita
comune, poich non appena la propria vita comune diventa intenzionale, non
pi naturale.

Si deve sapere, fin nel midollo delle ossa


che non v nulla da afferrare.

Risulta chiaro che tutti i propri atti intenzionali desideri, ideali, stratagemmi
sono vani. In tutto luniverso, dentro e fuori, non c nulla di cui prendere
possesso, e nessuno che prenda possesso di qualche cosa.

13 Il Lankvatara Sutra dice: Luce e ombra, lungo e breve, nero e bianco, sono termini relativi e non indipendenti
luno dallaltro; come Nirvana e Samsara; non esiste Samsara se non dove c Nirvana; poich la condizione
dellesistenza non di carattere vicendevolmente esclusivo. Perci si dice che tutte le cose sono non-duali come
Nirvana e Samsara.
28
Questo stato scoperto mediante la limpida consapevolezza. La situazione
umana vista per quello che : un dissetarsi con acqua salata, un perseguire
mete che esigono semplicemente il perseguimento di altre mete, un aggrapparsi
ad oggetti che il veloce corso del tempo rende evanescenti come nebbia. Proprio
colui che cerca, che vede e sa e desidera, proprio il soggetto interiore, esiste
soltanto in relazione agli oggetti effimeri da lui desiderati.

Egli vede che il suo gesto di afferrare il mondo una stretta soffocante attorno al
proprio collo, stretta che lo priver proprio di quella vita cui tanto anela. E non
esiste via duscita, non c salvezza che egli possa ottenere con uno sforzo, con
una decisione volontaria Ma da cosa desidera salvarsi?

Vivere spontaneamente
Ma quando si prende coscienza di questo, si raggiunge il punto di rottura. Tale
coscienza matura e dimprovviso avviene un ritorno ai pi profondi stati di
coscienza. Ora possibile vivere spontaneamente senza sforzarsi dessere
spontanei. Infatti, non esiste alternativa, giacch ora si vede come non vi fu mai
un io che potesse portare lio sotto il proprio controllo.

Quiddit = esperienza non verbale


Il mahayana ha un altro termine per realt che forse ancora pi indicativo di
sunya (vuoto). la parola tathata, che noi possiamo tradurre con quiddit14.

La quiddit una esperienza non verbale, la realt come la percepiamo


direttamente. Tathata perci indica il mondo proprio com non sceverato e non
diviso dai simboli e dalle definizioni del pensiero. Il termine si rivolge al
concreto e al reale distinguendolo dallastratto e dal concettuale. Un Budda un
Tathagata o colui che ha camminato cos, perch si risvegliato a questo
mondo primitivo, non concettuale, che nessuna parola pu comunicare, e non lo
confonde con idee come essere o non essere, buono o cattivo, passato o futuro,
qui o l.

Tutti gli esseri sono dei Budda

Poich il Tathata il vero stato del Budda15 e di tutti gli esseri in genere, esso
pure si riferisce alla nostra natura vera e originale, e perci alla nostra natura
Budda. Tutti gli esseri sono dotati della natura del Budda e quindi hanno la
possibilit di diventare dei Budda. In questo senso, il termine Budda
frequentemente usato per indicare la realt stessa e non soltanto luomo
14 Esperienza non verbale che si consegue in uno stato di non-mente.
15 uno stato di non-mente.
29
risvegliato. Ne deriva che nel mahayana un Budda spesso considerato una
personificazione della realt.

Il ruggito del leone (Il canto di Hakunin)

Sin dal principio tutti gli esseri sono dei Buddha.


E come lacqua, e il ghiaccio:
senza acqua non c ghiaccio,
al di fuori degli esseri viventi, non ci sono Buddha.

Non sapendo che vicino, lo si cerca lontano.


Che peccato!
E come essere nellacqua e lamentarsi per la sete:
come il bambino di una casa ricca
che si perso tra i poveri.

La causa del nostro vagabondare attraverso i sei mondi


che viviamo nelloscuro sentiero dellignoranza.
Di oscuro sentiero in oscuro sentiero,
quando sfuggiremo al binomio nascita-morte?

La meditazione Zen del Mahayana


Va oltre ogni nostra lode.
Il dare, la moralit e le altre perfezioni
Ricevere liniziazione, il pentimento, la disciplina
E le molte altre azioni giuste,
tutto riporta alla pratica della meditazione.

Grazie a una sola seduta


Si distruggono innumerevoli peccati in lui accumulati.
Come potrebbero esserci sentieri sbagliati per costui?

Scuola della Terra Pura

Qui si trova la base del buddismo di fede Sukhavati o scuola della Terra Pura16,
in cui si ritiene che tutti gli sforzi per diventare Budda siano puramente il falso
orgoglio dellego. La rinascita nella Terra Pura virtualmente equivale a divenire
Budda. Anche Nagarjuna ebbe in simpatia questa dottrina, poich essa sa
spiegare in un modo pi popolare che, siccome la propria vera natura di gi la
natura di Budda, non si deve far nulla perch essa divenga reale. In breve, per
diventare Budda solo necessario aver fede che si di gi Buddha.

Il paradiso della Terra Pura chiaramente uno sviluppo della dottrina del
Bodhisattva, secondo la quale il compito delluomo liberato la liberazione di
tutti gli altri esseri per mezzo di upaya (abili espedienti).

Per entrare nel paradiso della Terra Pura occorre solo ripetere la formula Il Nome di Amithaba o Salve,
16

Amithaba nella fede che questo solo sia bastevole a provocare la propria rinascita nella Terra Pura.
30
Il Paradiso della Terra Pura non lontano.
Quando si ascolta questa verit,
anche una sola volta con venerazione.
colui che lapprezza e con gioia laccoglie
ha meriti infiniti.

Quanto pi colui che si rivolge allinterno


e conferma direttamente la propria natura,
che la sua natura non-natura
tanto pi ha trasceso le parole vane.

La soglia si schiude, la causa e leffetto sono ununica cosa;


dritta corre la strada non due, non tre.
Prendendo come forma la forma della non-forma,
che vada o che ritorni, egli sempre a casa.
Prendendo come pensiero il pensiero del non-pensiero,
che canti o che danzi, tutto la voce della verit.

Ampio il cielo dello sconfinato Samadhi,


raggiante la luna piena della saggezza con i suoi quattro pilastri.
Cosa resta da vedere?
Il Nirvana chiaro dentro di lui,
proprio questo luogo il Paradiso del Loto,
proprio questo corpo il Buddha.

Il velo di Indra

La percezione che ogni singola forma, esattamente com, il vuoto, e inoltre


lunicit di ciascuna forma sorge dal fatto che essa esiste in relazione a ogni altra
forma, costituisce la base della dottrina del Dharmadhatu (regno del Darma).
Essa ha come immagine centrale una vasta rete di gemme o cristalli, simile a una
ragnatela nellaurora, in cui ciascuna gemma riflette tutte le altre. Questa rete di
gemme il Dharmadhatu, luniverso, il regno degli innumerevoli dharma o
cose-eventi.

Approssimativamente, la dottrina del Dharmadhatu afferma che la giusta


armonia delluniverso si realizza quando ogni cosa-evento abbia la possibilit
di essere liberamente e spontaneamente se stessa, senza interferenze. Lasciate
che ogni cosa sia libera di essere esattamente com. Non separate voi stessi dal
mondo e non cercate di ordinarlo.

Un Budda si rende esattamente conto che lintero universo il suo corpo, una
meravigliosa armonia organizzata proprio dallinterno piuttosto che da esterne
interferenze.

La filosofia mahayana pensa al corpo del Budda come triplice: (il triplo corpo)

1 Corpo di Trasformazione (Nirmanakaya): sia come moltitudine di cose-


eventi sia il corpo fisico; esso include per principio lintero universo della forma.
31

2 Corpo di Godimento (Sambhogakaya): comprende la saggezza (prajna) e la


compassione (karuna); la seconda guarda in basso al mondo della forma e la
prima che guarda in alto al regno del vuoto. Il Budda si rende conto di essere un
Budda proprio in questo corpo.

3 Corpo di Dharma (Dharmakaya): che il vuoto, il sunya stesso.

Il mondo fisico una proiezione della mente

Il mondo della forma solo mente (cittamatra), solo rappresentazione. Il


mondo esterno e materiale considerato una proiezione della mente. La parola
citta non equivale con esattezza alla nostra mente e non contrapposta alla
materia. Nella filosofia buddista, citta non si contrappone alla materia. Il mondo
non mai stato considerato nei termini di una sostanza primaria modellata in
varie forme dallazione della mente o spirito. Nel pensiero buddista non mai
sorto il problema di come la mente impalpabile possa influenzare una materia
solida. Quando si parla del mondo materiale o fisico, il buddismo usa il termine
rupa che non tanto il nostro materia quanto forma. Non vi alcuna
sostanza materiale che sottenda il rupa, a meno che non sia il citta stesso. E le
forme sono forme della mente.

Dal punto di vista logico la proposizione ogni cosa mente non afferma altro
che ogni cosa ogni cosa. Non vi nulla che non sia mente.

Il mondo non verbale, concreto, non contiene classi o simboli che rappresentino
o significhino altro da se stessi. Di conseguenza, questo mondo non contiene
dualismo. Il dualismo sorge infatti quando classifichiamo, quando distribuiamo
le nostre esperienze in caselle mentali, poich una casella non mai una casella
senza una parte interna e una esterna.

Cos, il mondo che noi conosciamo, quando sia inteso come mondo classificato,
un prodotto della mente; e come il suono acqua non realmente lacqua, il
mondo classificato non il mondo reale.

Il problema cosa la mente pu considerarsi ora come il problema stesso di


cosa sia il mondo reale. Non si pu risolverlo, perch ogni cosa una classe,
e non possiamo classificare ci che classifica.

La mente al di l di tutte le visioni filosofiche, aliena da discriminazioni, non


raggiungibile, non neppure mai nata; io affermo non esservi altro che la
Mente. Non unesistenza, e non una non-esistenza Dalla Menta
scaturiscono innumerevoli cose, condizionate dalla discriminazione
(classificazione) e dalla forza dellabitudine; tali cose la gente le accetta come un
mondo esterno Ci che appare esterno in realt non esiste: la Mente vista
32
come molteplicit; il corpo, la propriet, e la dimora: tutto questo, io dico, non
altro che Mente. (da Yogacara)

La creazione

Il mondo sorge dalla Mente spontaneamente e giocosamente. Lillusione del


mondo materiale (maya) scaturisce dal Gran Vuoto senza motivo, senza scopo:
proprio per il fatto che non esiste necessit alcuna al suo avverarsi. Lattivit del
Vuoto giocosa perch non motivata.

Lo Yoga buddista perci consiste nella reversione del processo, nel sedare
lattivit discriminatoria della mente, lasciando che le categorie di maya cadano
di nuovo nella potenzialit, di modo che il mondo possa essere visto nella sua
inclassificata quiddit. Qui il karuna si desta, e il Bodhisattva lascia che la
proiezione risorga, essendo ormai coscientemente identificata con il carattere
gioioso e senza scopo del Vuoto.
33

Capitolo quarto

Lorigine e lo sviluppo dello zen

Il nome zen (chan) significa dhyana (meditazione). Come le altre scuole di


buddismo, lo zen esalta la meditazione e insiste nel dire che la verit non pu
essere tradotta in parole. Ma quello che meglio lo caratterizza una certa
immediatezza. Nello zen, per, si ha la costante sensazione che il risveglio sia
qualcosa di perfettamente naturale, qualcosa di scontato in partenza, che pu
verificarsi da un momento allaltro. Se nasconde una difficolt, proprio per il
fatto che troppo semplice.

Limmediato o istantaneo risveglio senza passare attraverso stadi preparatori si


trova gi in India. Il Lankavatara Sutra afferma che esistono sia graduali sia
istantanee vie di risveglio. Questultima avviene per mezzo di un istantaneo
sommovimento nel profondo della coscienza, per cui le visioni dualistiche
vengono respinte. Esso paragonato a uno specchio che riflette
immediatamente qualsiasi forma o immagine gli appaia davanti. Se il nirvana
realmente qui e ora, tanto che cercarlo significa perderlo, una realizzazione
attraverso stadi progressivi non gli si addice. Si dovrebbe discernerlo allistante
con immediatezza.

Anche nel buddismo tantrico esiste una tradizione del genere, come in unopera
tantrica di Saraha del decimo secolo:

Se essa (la Verit) gi manifesta a che serve la meditazione?


E se nascosta, non si misura che il buio.
Mantras e tantras, meditazione e concentrazione,
Sono tutte cause di auto-illusione.
Non contaminate con pensieri contemplativi ci che puro per sua natura,
Ma abitate nella beatitudine di voi stessi e cessate questi tormenti.
Qualunque cosa vediate, quello,
Davanti, dietro e in tutte le dieci direzioni.
Anche oggi lasciate che il vostro maestro ponga fine alla delusione!
La natura del cielo in origine chiara,
Ma continuando a fissare, la vista si ottenebra.

Una dottrina che si avvicini allenfasi dello zen si trova nei Sei precetti di
Tilopa:

Nessun pensiero, nessuna riflessione, nessuna analisi,


Nessuna preparazione, nessuna intenzione;
Lasciate che si stabilisca da s.
34
Tutto ci suggerisce la presenza di una fonte originale nel buddismo indiano di
questo concetto. La tradizione zen sostiene invero che limmediato risveglio non
comunicato dai sutra, ma trasmesso direttamente dal maestro al discepolo.

Anche gli ind insistono sul fatto che la saggezza non deve essere appresa dalle
scritture ma solo da un insegnante (guru). Essi intendono dire che i testi reali
(come gli Yoga-sutra) contengono solo i capisaldi della dottrina, il cui studio
completo richiede qualcuno che sia a conoscenza della tradizione orale.

Ma, giacch la tradizione in primo luogo unesperienza, le parole possono


comunicarla in misura n maggiore n minore di ogni altra esperienza.

Per lo zen, il perfetto risveglio compatibile con le occupazioni della vita


quotidiana, e che invero la pi alta conquista entrare nel risveglio senza
eliminare le contaminazioni. Tuttavia non eliminare le passioni non significa
lasciarle lussureggiare. Significa non imbrigliarle piuttosto che combatterle: non
reprimere la passione n indulgere ad essa. Infatti il taoista non mai violento,
dato che egli raggiunge i suoi fini con la non-interferenza (wu-wei), che una
specie di judo psicologico.

Creazione istantanea

Tra i precetti taoisti che hanno avuto importanza per lulteriore sviluppo dello
zen: la sua visione del tempo e del mutamento. Nel libro di Seng-chao cos
sorprendentemente analogo alla parte sul tempo del primo volume dello
Shobogenzo di Dogen, che improbabile che il celebre filosofo giapponese non
ne abbia avuto intima conoscenza.

Le cose passate sono nel passato e non provengono dal presente, e le cose
presenti sono nel presente, e non provengono dal passato I fiumi che fanno a
gara per inondare la Terra non scorrono. Laria vagante che soffia intorno
immobile. Il sole e la luna, ruotando nelle loro orbite, non girano intorno.

Allo stesso modo Dogen afferm che la legna da ardere non diventa cenere, che
la vita non diviene morte, proprio come linverno non diventa primavera. Ogni
attimo di tempo contenuto in s ed immoto.

Seng-chao tratt anche il paradosso apparente che prajna sia una forma di
ignoranza. Poich la realt ultima non ha qualit e non una cosa, non pu
divenire oggetto di conoscenza. Perci prajna, intuizione diretta, conosce la
verit col non conoscerla.

La saggezza non conosce, eppure illumina la profondit pi occulta. Lo spirito


non calcola, tuttavia risponde alle necessit del momento. Poich non calcola,
35
lo spirito riluce di gloria solitaria in ci che al di l del mondo. Poich non
conosce, la Saggezza illumina il Mistero (hsan).

Le massime dei primi maestri zen, come Hui-neng, Shen-hui e Huang-po, sono
colme di queste idee che il vero conoscere non conoscere, che la mente
risvegliata risponde con immediatezza, senza calcoli, e che non v
incompatibilit fra la Buddit e la vita ordinaria nel mondo. Il nirvana si deve
realizzare con un lampo unico di intuizione, che tun-wu (in giapponese satori),
lusuale termine per indicare il risveglio istantaneo.

Questa poesia la prima chiara, e comprensiva, affermazione dello zen. Il suo


tono taoista manifesto nei versi di apertura.

Il Tao perfetto privo di difficolt,


Salvo che evita di raccogliere e di scegliere.

E ancora:

Segui la tua natura, e accordati col Tao;


Girovaga e cessa il tormento
Se i tuoi pensieri sono legati, tu guasti ci che genuino
Non opporti al mondo dei sensi,
Poich quando non ti opponi,
Esso torna ad essere uguale al perfetto Risveglio.
La persona saggia non si sforza (wu-wei);
Lignorante si tiene legato
Se tu operi con la mente sulla mente,
Come puoi sfuggire a unimmensa confusione?

Unaltra poesia che rivela il suo carattere zen la seguente, scritta dal patriarca
Shen-hsiu:

Non vi fu mai un albero del Bodhi,


Ne mai uno specchio lucente.
In realt nessuna cosa esiste;
Dove dovr cadere la polvere?

Sul medesimo tono Hsan-chen inizia la sua famosa poesia, il Canto della
Realizzazione del Tao (Cheng-Tao Ke):

Non vedere quel tranquillo Uomo del Tao, che ha abbandonato


Lo studio e non lotta (wu-wei)?
Egli non evita i pensieri falsi, n cerca i veri,
Poich lignoranza in realt la natura di Budda,
E questo illusorio, mutevole, vacuo corpo il corpo del Dharma.
36
PARTE SECONDA

Capitolo primo

Linizio della pi antica poesia Zen dice che

La perfetta via priva di difficolt,


Salvo che evita di preferire e di scegliere.
Solo quando siete liberi da odio e da amore
Essa si svela in tutta la sua chiarezza.
Una distinzione sottile come un capello
E cielo e terra sono separati!
Se volete raggiungere la perfetta verit,
Non preoccupatevi del giusto e dellingiusto.
Il dissidio fra giusto ed ingiusto,
E la malattia della mente.

Il problema non di sforzarsi di ridurre al silenzio i sentimenti e di coltivare una


serena indifferenza. di vedere al di l delluniversale illusione che ci che
piacevole e buono pu essere strappato da ci che penoso o male.

Al mondo tutti sanno il bello che bello


e per contrapposto il brutto
tutti sanno il bene che bene
e per contrapposto il male
perci essere e non essere si producono (a vicenda)
il difficile e il facile si completano (a vicenda)
il lungo e il corto si caratterizzano (a vicenda)
Lalto e il basso si accordano (a vicenda).

Percepire questo e equivale a percepire che il bene senza il male come il sopra
senza il sotto. Questa logica stravolge la pi appassionata illusione della mente
umana: che nel corso del tempo ogni cosa possa migliorare. Questo rivela come
la mente sia saldamente vincolata a un criterio dualistico, e come sia arduo
pensare in altri termini che non siano buono o cattivo, o una confusa mescolanza
dei due.

Nondimeno lo zen una liberazione da questo modello, e il suo apparente


malinconico punto di partenza di capire la vanit della scelta, lassurdit della
sensazione che la vita possa essere migliorata da una costante selezione del bene.
Ma il punto di vista non fatalistico. La sottomissione al fato implica qualcuno
che si sottometta, qualcuno che sia limpotente marionetta delle circostanze, e
per lo zen una tale persona non esiste. La dualit di soggetto e oggetto, del
conoscente e del contenuto, vista cos relativa, cos reciproca, cos inscindibile
come ogni altra cosa.
37
Il fenomeno luna-nellacqua reso congeniale allesperienza umana. Lacqua
il soggetto, e la luna loggetto. Quando non vi acqua non vi luna-nellacqua, e
lo stesso quando non v luna. Ma quando sorge la luna, lacqua non l in attesa
di ricevere la sua immagine, e la luna non aspetta a proiettare il suo riflesso che
ci sia una goccia dacqua. Poich la luna non ha intenzione di proiettare il suo
riflesso, e lacqua non accoglie la sua immagine di proposito. Levento causato
tanto dallacqua quanto dalla luna, e come lacqua manifesta lo splendore della
luna la luna rivela la chiarit dellacqua.

Gli alberi mostrano la forma corporea del vento;


Le onde danno vitale energia alla luna.

Lesperienza umana determinata tanto dalla natura della mente e dalla


struttura dei sensi quanto dagli oggetti esterni che la mente rivela. Gli uomini si
sentono vittime o marionette della loro esperienza per il fatto che essi separano
se stessi dalla loro mente, ritenendo che la natura della mente-corpo sia
qualcosa di involontariamente sovrapposto a loro.

Di qui si dimostra che lintero senso disolamento soggettivo, di essere uno a cui
fu data una mente e a cui succedono delle esperienze, unillusione di cattiva
semantica, la suggestione ipnotica di un ripetuto errore di pensiero. Poich non
esiste un me stesso separatamente dalla mente-corpo che conferisce una
struttura alla mia esperienza.

E altrettanto ridicolo parlare di questa mente-corpo come qualcosa che accolse


passivamente e involontariamente una certa struttura. Essa quella struttura, e
prima che sorgesse la struttura non esisteva mente-corpo.

Il nostro problema che il potere del pensiero ci pone in grado di costruire


simboli indipendentemente dalle cose stesse. Questo implica lattitudine di
creare un simbolo, unidea di noi stessi prescindendo da noi stessi. Di qui la
soggettiva sensazione di un s che ha una mente, di un soggetto
intimamente isolato cui le esperienze capitano involontariamente.

Quando non siamo pi identificati con lidea di noi stessi, lintero rapporto fra
soggetto e oggetto, conoscente e conosciuto, subisce un cambiamento
improvviso e rivoluzionario. Diviene un rapporto reale, una mutualit in cui il
soggetto crea loggetto proprio nella stessa misura che loggetto crea il soggetto.
Il conoscente non si sente pi indipendente dal conosciuto; lo sperimentatore
non si sente pi appartato dallesperienza.

Di conseguenza lintera nozione dellottenere qualcosa dalla vita, del ricercare


qualcosa dalla esperienza diviene assurda. Diventa di una chiarezza lampante
che nel fatto concreto io non possiedo altro me stesso che la totalit delle cose
di cui sono cosciente.17

17Questa la dottrina Hua-yen (Kegon) della rete tempestata di gioielli, dove ogni gemma contiene il riflesso di
tutti gli altri.
38

Ogni evento creato da me!

Noi siamo liberi di decidere perch la decisione avviene. Decidiamo proprio


senza avere la pi pallida intelligenza di come decidiamo. Di fatto, il decidere
non n volontario n involontario. Ottenere il senso di questa relativit
significa trovare unaltra strana trasformazione della nostra totale esperienza,
che pu essere descritta in due modi:

io sento che sto decidendo ogni cosa che accade, ovvero sento che tutto ci che
presuppone la mia decisione sta accadendo spontaneamente.

Poich una decisione - la pi libera delle mie azioni si attua come un singulto
dentro di me o come un uccello che canta al di fuori di me.

Un giorno cancellai tutte le nozioni dalla mia mente. Rinunciai ad ogni


desiderio. Scartai tutte le parole con le quali pensavo e me ne rimasi in pace.
Mi sentivo quasi mancare, come se fossi trasportato entro qualcosa. O come se
stessi toccando un potere a me ignoto Entrai. Persi la linea di confine del mio
corpo fisico. Conservavo la pelle, sintende, ma sentivo di essere al centro del
cosmo. Parlavo, ma le mie parole avevano perso il loro significato. Vedevo
gente venire verso di me, ma tutti erano lo stesso uomo. Tutti erano me stesso!
Non avevo mai conosciuto questo mondo. Avevo creduto di essere stato creato,
ma ora dovevo cambiare opinione: non ero mai stato creato; io ero il cosmo;
nessun individuo sig. Sasaki esisteva.18

Lindividuo, da un lato, e il mondo, dallaltro, sono semplicemente i limiti astratti


o i termini di una concreta realt che fra loro, come la concreta moneta
fra le astratte superfici euclidee delle sue due facce. Analogamente, la realt di
tutti gli inseparabili opposti (vita e morte, bene e male, piacere e pena,
guadagno e perdita) quel fra per il quale non abbiamo parole.

Questo lo strano senso di momenti senza tempo che sorge quando non si cerca
pi di resistere al flusso degli eventi, la peculiare calma e auto-sufficienza degli
istanti che si succedono quando la mente sta, per cos dire, procedendo con loro
e non tenta di arrestarli.

Il buddismo ha frequentemente paragonato il corso del tempo al moto apparente


di unonda, in cui soltanto lacqua si muove su e gi, creando lillusione dun
pezzo dacqua in movimento sulla superficie del mare. analoga illusione che
vi sia un io costante che si muove attraverso esperienze successive, costituendo
un nesso fra di loro in modo tale che il giovane diviene luomo che diviene
lanziano che diviene il cadavere.19

18 Un moderno maestro zen, il defunto Sokei-an Sasaki.


19 Dottrina della creazione istantanea.
39
Connessa, allora, con la ricerca del bene la ricerca del futuro, la illusione per
la quale noi siamo incapaci di essere felici senza un futuro lusinghiero per il
simbolico io. Il progresso verso il bene perci misurato sulla lunghezza della
vita umana, dimenticando che nulla pi relativo del nostro senso della
lunghezza del tempo.

La gloria del mattino che risplende per unora


Non differisce in sostanza dal pino gigante,
Che vive mille anni.

La misurazione del merito e del successo in termini di tempo e linsistente


ricerca di promesse per lavvenire rendono impossibile vivere liberamente tanto
nel presente come nel lusinghiero futuro, quando esso arriva.

Poich nulla esiste se non il presente, e se non ci si pu vivere, non si pu


vivere in nessun luogo.

Questa la filosofia del non rendere il luogo dove si va cos pi importante del
luogo dove si , che non vi sia alcun punto nellandare come meta. Le mete in
realt non esistono il buono senza il cattivo, la gratificazione di un io che solo
unidea, e il domani che non viene mai.

I fiori muoiono quando ci rattrista perderli;


Le male erbe spuntano quando ci rattrista vederle crescere.

In breve, lo zen inizia al punto dove non c pi nulla da cercare, nulla da


guadagnare. Tutte le idee di auto-miglioramento e di divenire o di conseguire
qualcosa nel futuro si riferiscono solamente alla nostra immagine astratta di noi
stessi. Inseguirle significa dare ulteriore realt a quellimmagine.

Daltro lato, il nostro io vero, non concettuale, gi Budda, e non ha bisogno di


migliorare.

Lunica realt la quiddit del nostro mondo naturale, non verbale. Se la


vediamo proprio com, non vi nulla di buono, nulla di cattivo, nulla di
intrinsecamente lungo o breve, nulla di soggettivo e nulla di oggettivo.20

Quando cerchiamo le cose non v nullaltro che la mente e quando cerchiamo


la mente non v nullaltro che le cose.

Per un momento restiamo paralizzati perch sembra che ci manchi una base per
lazione, un terreno sotto i piedi per spiccare un salto. Eppure nulla cambiato, e
nel momento seguente ci troviamo liberi di agire, di parlare, e di pensare come
non mai, seppure in uno strano e miracoloso mondo nuovo dal quale io e
altro, mente e cose sono scomparsi.

20 Vi un parallelismo tra queste concezioni e il punto di vista della semantica korzybskiana. V il medesimo
rilievo dato allimportanza di evitare confusioni fra parole e segni, da un lato, e il mondo inesprimibile
infinitamente variabile, dallaltro.
40

Soltanto quando non hai nessuna cosa nella mente e non hai mente nelle cose tu
sei sgombro e spirituale, vuoto e meraviglioso. (Te-shan)

Questa la libert dazione che sorge quando il mondo non pi sentito come
una specie di ostacolo che ci si erge contro. la scoperta della libert nei compiti
pi ordinari, poich quando il senso dellisolamento soggettivo sparisce, il
mondo non pi sentito come un oggetto intrattabile.

Il passaggio delle stagioni non pi subito passivamente, ma avviene in modo


cos libero come uno che vaga nei campi, colpendo vecchi tronchi con un
bastone. In un contesto cristiano ci potrebbe interpretarsi come il sentimento
di onnipotenza, dessere come Dio, che dirige ogni avvenimento. Ma si deve
ricordare che nel pensiero taoista e buddista non v concezione di un Dio che
deliberatamente e consapevolmente governi luniverso.

Merito compiuto senza pretese


nutre gli esseri senza impadronirsene.
Leterno Tao non agisce
e riesce in tutto.

Ogni azione, ogni evento viene spontaneamente dal vuoto come dalla superficie
di un limpido lago guizza dimprovviso un pesce. Quando questa immagine
viene attribuita tanto alle azioni previste e abituali, quanto a quelle sorprendenti
e inattese, si pu convenire con il poeta Pang-yun:

Facolt miracolosa e meravigliosa attivit!


Tiro lacqua dal pozzo e spacco la legna!
41

Capitolo secondo

Si deve ricercare la spontaneit e la naturalezza. Infatti un uomo suona come


una campana senza timpano se pensa e agisce con una mente divisa a met, di
cui una parte sta per conto suo per ostacolare, controllare, o ammirare. Ma in
verit la mente, o la vera natura, delluomo non pu dividersi. Secondo una
poesia di Zenrin, essa :

Come una spada che taglia, ma non pu tagliare se stessa;


Come un occhio che vede ma non pu vedere se stesso.

Lillusione della frattura proviene dal tentativo della mente di essere insieme se
stessa e lidea di s, in una fatale confusione di fatto e simbolo. Per far cessare
lillusione, la mente deve rinunciare a sforzarsi di agire su di s, sulle proprie
correnti di esperienza, dallangolo visuale dellidea di s che noi chiamiamo lego.
Questo espresso in unaltra poesia di Zenrin:

Sedendo quietamente, senza far nulla,


Viene la primavera, lerba cresce da s.

Nel suo amore per la naturalezza, lo zen lerede del taoismo, e la sua idea di
azione spontanea come attivit meravigliosa precisamente quello che i taoisti
espressero mediante la parola te, che vuol dire virt con una sfumatura di
potere magico che si concretizza senza rivelare alcun segno di volizione.

Nel camminare, camminate. Sedendo, sedete. Soprattutto non tentennate.


Poich la qualit essenziale della naturalezza la sincerit della mente indivisa
che non oscilla fra alternative.

Non puoi ottenerlo pensandoci;


Non puoi ottenerlo non pensandoci.

Quando gli esseri umani pensano con cura troppo minuziosa a unazione da
intraprendere, non possono decidere di agire tempestivamente. Un difetto di
fiducia nella sua autorit (te) render impossibile lagire, e il sistema rester
paralizzato.

Lidentificazione della mente con la propria immagine perci paralizzante


perch limmagine fissa passata e finita. Ma unimmagine fissa di se stessi
in movimento! Restarle fedele equivale cos a trovarsi in costante contraddizione
e conflitto. In altre parole, la mente non pu agire senza rinunciare
allimpossibile tentativo di controllarsi oltre un certo punto.

Essa deve abbandonarsi, tanto nel senso di confidare nella memoria e


riflessione, quanto nel senso di agire spontaneamente, per proprio conto,
nellignoto. questo il motivo per cui lo zen sembra spesso prendere le parti
dellazione contro la riflessione.
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In altre parole, se uno sta per riflettere, che rifletta, ma non rifletta sul riflettere.
A questo modo lo zen anche una liberazione dal dualismo di pensiero e azione,
dato che esso pensa come agisce, con il medesimo carattere di abbandono e di
confidenza.

Noi dobbiamo agire e pensare, vivere e morire, attingendo da una fonte che sta
al di l di tutta la nostra conoscenza e controllo. Ma questa fonte siamo noi
stessi, e quando ce ne rendiamo conto essa non ci sovrasta pi come un
oggetto minaccioso. Nessuna dose di prudenza o di esitazione, nessuna dose di
introspezione o di indagine dei nostri movimenti, pu modificare il fatto che la
mente Come un occhio che vede ma non pu vedere se stesso.

Lunica alternativa alla paralisi balzare nellazione noncuranti delle


conseguenze. Lazione pu essere giusta o sbagliata rispetto ai modelli
convenzionali. Ma la nostra decisione deve essere sostenuta dalla convinzione
che qualunque cosa si faccia, e qualunque cosa ci accada fondamentalmente
giusta. In altre parole, dobbiamo entrarvi senza doppiezza mentale, senza
rammarico, esitazione, dubbio o auto-recriminazione. Come dice Huang-po:

Gli uomini hanno paura di dimenticare la propria mente, temendo di cadere nel
vuoto con niente a cui potersi aggrappare. Non sanno che il vuoto non in realt
il vuoto ma il vero regno del Dharma Non pu essere cercato o inseguito,
compreso da saggezza o cognizione, spiegato in parole, toccato materialmente
(ossia oggettivamente) o raggiunto da unimpresa meritoria.

Ora questa impossibilit di afferrare la mente con la mente, una volta che la si
realizzata, la non azione (wu-wei), il seder tranquilli senza fare nulla, per cui
viene la primavera e lerba cresce da s. Non vi necessit per la mente di
cercare di abbandonarsi, o di cercare di non cercare. Nondimeno, non c
neppure bisogno di cercare di evitare le artificiosit.

Se prendiamo il secondo pensiero per effettiva realt, noi continuiamo a


procedere intorno alla ruota di nascita-e-morte. Dovresti capire che tale
pensiero solo una temporanea costruzione mentale e non tentare di
trattenerlo o respingerlo. Lascialo solo cos come si presenta e come finisce.
Esso simile a unimmagine riflessa in uno specchio. Lo specchio terso e
riflette qualunque cosa gli capiti innanzi, eppure nessuna immagine rimane
appiccicata. La mente Budda (la mente non-nata) diecimila volte pi limpida
di uno specchio e pi ineffabilmente meravigliosa. Nella sua luce tutti i pensieri
del genere svaniscono senza traccia. Se tu poni la tua fede in questo modo di
comprensione, per quanto veementi quei pensieri possano essere, non faranno
del male. (Bankei)

La scoperta che gli aspetti sia volontari che involontari della mente sono del pari
spontanei, cagiona la fine immediata del dualismo fisso tra la mente e il mondo,
fra il conoscente e il contenuto. Il nuovo mondo in cui mi ritrovo possiede una
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straordinaria trasparenza, o assenza di barriere, cosicch io stesso mi sento
diventato lo spazio vuoto nel quale ogni cosa avviene.

Tutti gli esseri sono nel Nirvana fin dallinizio. Ogni dualismo frutto di erronea
immaginazione.

Come il vuoto cielo esso non ha confini,


Esso anche qui, ovunque profondo e chiaro.
Quando cerchi di conoscerlo, non riesci a vederlo.
Non puoi appropriartene,
Ma non puoi perderlo.
Nel fatto di non poterlo raggiungere, lo raggiungi.
Quando taci, esso parla;
Quando tu parli, tace.
La grande porta spalancata a concedere elemosine,
E nessuna folla ne ostruisce laccesso.
(Cheng-tao Ke)

tanto impossibile opporsi allo spontaneo Tao quanto vivere in altro tempo da
ora o in altro luogo da qui. Si smette di cercare di essere spontanei quando si
vede che questo tentativo non necessario, e solo allora si avvera la spontaneit.

Laffermazione che ogni cosa il Tao coglie quasi il nocciolo del problema, ma
proprio al momento di toccarlo, le parole si dissolvono nellassurdo. Poich noi
ci troviamo a un limite in cui le parole si affievoliscono, implicando in ogni
circostanza un significato che oltrepassa e qui non v un significato ulteriore.

La mente originale (non-nata) opera costantemente miracoli anche nellindividuo


pi comune.

In altre parole, il nostro organismo naturale svolge le attivit pi mirabilmente


complesse senza la minima esitazione o deliberazione. Ora, anche il pensiero
cosciente basato sullintero sistema di funzionamento spontaneo, ragion per
cui non esiste in realt alcuna alternativa alla totale confidenza nella sua attivit.
Lio di ciascuno questa attivit.

Lo zen entra in ogni cosa con generosit e libert senza lobbligo di tenere un
occhio su di s. Non confonde la spiritualit col pensare a Dio mentre si
sbucciano le patate. La spiritualit zen consiste proprio nello sbucciare le
patate21.

21Durante ogni attivit quotidiana possibile uscire dalla mente razionale e tornare nella condizione di essere
Budda.
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Capitolo terzo

Per quanto sia lecito supporre che la pratica dello zen sia un mezzo che ha per
fine il risveglio, le cose non stanno cos. Non si pratica lo zen per diventare
Budda; lo si pratica perch si gi Budda fin dallinizio.

Pu sembrare strano e irrazionale che degli uomini forti e intelligenti debbano


semplicemente sedere, calmi, per ore e ore. Non facile intendere come il
mondo possa migliorare standosene immobili.

Pure dovrebbe essere evidente che lazione senza saggezza, senza una chiara
consapevolezza del mondo qual in realt, non pu migliorare nulla. Inoltre, come lacqua
torbida si chiarifica meglio lasciandola immobile, si potrebbe argomentare che le persone
quietamente sedute senza far nulla stanno arrecando uno dei maggiori giovamenti ad un
mondo in tumulto.

Sperimentare il mondo uscendo dalla mente

Ma pare che non essere capaci di sedere e osservare mentalmente in completo


riposo equivalga a non essere capaci di avere unesperienza completa del mondo
in cui viviamo. Poich non si conosce il mondo semplicemente pensandoci e
occupandosene: si deve anzitutto sperimentarlo direttamente, e prolungare
lesperienza senza balzare alle conclusioni.

Per vedere il mondo qual concretamente, non diviso da categorie e astrazioni,


si deve certamente guardarlo con una mente che non pensi ad esso, che non
formi simboli. Perci lo za-zen non sedere con una mente neutra che escluda
tutte le impressioni dei sensi interni ed esterni. Non concentrazione nel senso
corrente di limitare lattenzione a un singolo oggetto sensibile, come una
macchia di luce o alla punta del proprio naso.

semplicemente una quieta consapevolezza, senza commenti, di qualunque


cosa si verifichi qui e ora. Questa consapevolezza accompagnata dalla pi
intensa sensazione di non-differenza fra se stessi e il mondo esterno, fra la
mente e il suo contenuto: i vari suoni, le varie visioni, e le altre impressioni del
mondo circostante. Naturalmente questa sensazione non sorge dallo sforzo di
provarla; essa viene proprio da s, quando si seduti e si contempla senza uno
scopo nella mente, perfino senza lo scopo di liberarsi dello scopo.

Il carattere proprio dellagire come un Budda posto in rilievo particolare nella


scuola Soto, dove tanto lo za-zen quanto il giro delle attivit quotidiane non sono
visti affatto come mezzi rivolti ad un fine ma come la realizzazione effettiva della
Buddit. Cos afferma Dogen nello Shobogenzo.

Senza guardare innanzi ad ogni momento del domani, tu devi solo pensare a
questo giorno e a questora. Poich il domani difficile e incerto e arduo da
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conoscere, tu devi pensare a seguire la via del buddismo mentre oggi sei vivo.
Tu devi concentrarti sullo zen, praticare lo zen senza perdere tempo, pensando
che vi sia soltanto questo giorno e questora. Dopo di ci, tutto diviene
veramente facile. Devi dimenticarti del bene e del male della tua natura, della
forza o debolezza delle tue facolt.

Nello za-zen non devesserci alcuna preoccupazione di conseguire il satori n di


evitare nascita-e-morte, nessuna lotta per qualcosa di futuro.

Se viene la vita, ecco la vita. Se viene la morte, ecco la morte. Non esiste
ragione alcuna perch siate sotto il loro controllo. Non riponete in loro nessuna
speranza. Questa vita e questa morte sono la vita del Budda. Se cercate di
respingerle rinnegandole, voi perdete la vita del Budda.

I tre mondi di passato, presente e futuro non sono, come di solito si ritiene,
situati a irraggiungibili distanze. Ogni tempo qui in questo corpo, che il corpo
del Budda. Il passato esiste solo nella sua memoria e il futuro nella sua
anticipazione, e luno e laltro esistono ora; poich, quando il mondo scrutato
direttamente e con chiarezza, il tempo passato e il tempo futuro non si possono
trovare in nessun luogo.

Voi siete innanzitutto Budda; non la prima volta che sarete dei Budda. Non
esiste una minima cosa che possa definirsi errore nella vostra mente innata.
Se avete il bench minimo desiderio di essere migliori di quanto siate
realmente, se vi eccitate alla ricerca di qualcosa, voi state gi procedendo
contro il Non-nato. (Bankei)

Risvegliarsi conoscere ci che la realt non . cessare di identificare se stessi


con un oggetto qualsiasi di conoscenza.

Se la tua mente non sar agitata da venti e da onde, vivrai sempre tra
montagne azzurre e verdi alberi. Se la tua vera natura possiede la forza
creativa della Natura stessa, ovunque tu vada, vedrai i pesci guizzare e le oche
svolazzare. (Hung Tzu cheng)

Il respiro

Siccome lo zen non implica un dualismo ultimo tra il controllore e il controllato,


fra la mente e il corpo, lo spirituale e il materiale, esiste sempre nelle sue
tecniche un aspetto fisiologico. Si d grande importanza al modo di
respirare. Il respiro non solo uno dei due ritmi fondamentali del corpo;
anche il processo nel quale controllo e spontaneit, azione volontaria e azione
involontaria trovano la loro identit pi palese. Molto tempo prima delle origini
della scuola zen, sia lo yoga indiano sia il taoismo cinese praticavano la
sorveglianza del respiro, col proposito non di forzarlo, ma di lasciarlo
diventare lento e silenzioso nei limiti del possibile.
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Fisiologicamente e psicologicamente il rapporto tra respiro e intuizione non


ancora del tutto chiaro. Ma se noi consideriamo luomo come processo piuttosto
che come entit, come ritmo piuttosto che struttura, ovvio che respirare
qualcosa che luomo fa e, in tal modo, costantemente. Perci afferrare
laria con i polmoni procede di pari passo con lafferrarsi alla vita.

Il respiro cosiddetto normale irregolare e affannoso. Laria viene sempre


trattenuta e non completamente liberata, poich lindividuo sembra incapace di
lasciarle compiere lintera sua corsa attraverso i polmoni. Lindividuo respira
coercitivamente piuttosto che liberamente. La tecnica perci inizia con
lincoraggiare una piena espirazione, rendendo pi lieve il respiro come se il
corpo venisse svuotato daria da una grande palla di piombo che affondasse
attraverso il petto e laddome e si posasse sul terreno.

Laspirazione pu allora seguire come una semplice azione riflessa. Laria non
viene attivamente aspirata; le si consente di entrare; e poi, quando i polmoni
siano completamente riempiti, le si permette di uscire di nuovo. Questo modo di
respirare lo zen stesso nel suo aspetto fisiologico.

Come per ogni altro aspetto dello zen, il respiro ostacolato da ogni tipo di
sforzo; e per questo motivo i principianti sviluppano sovente quellansia
particolare di chi si sente incapace di respirare senza mantenere un controllo
cosciente.

Ma proprio come non necessario cercare di accordarsi col Tao, cercare di


vedere o di udire, cos va ricordato che il respiro avr sempre cura di s. Non si
tratta di un esercizio di respirazione, quanto di una sorveglianza e liberazione
del respiro; ed sempre un grave errore intraprenderne la pratica nello spirito di
una disciplina coercitiva da praticarsi avendo in mente una meta.

Il momento presente

Lo zen una liberazione dal tempo. Se infatti apriamo i nostri occhi e


distinguiamo nettamente, risulta ovvio che non esiste altro tempo da questo
istante, e che il passato e il futuro sono astrazioni senza una concreta realt.

Finch ci non sia divenuto chiaro, sembra che la nostra vita sia tutta passato e
futuro, e che il presente non sia niente di pi di quel capello infinitesimale che li
divide. Ne consegue la sensazione di non avere tempo di un mondo che
saffretta con tale rapidit che trascorso prima che noi lo abbiamo goduto. Ma
attraverso il risveglio allistante si capisce che tale impressione lopposto
della verit; piuttosto il passato e il futuro che sono illusioni effimere, e il
presente eternamente reale.
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Noi scopriamo che la successione lineare del tempo una convenzione del
nostro pensiero verbale monodiretto, di una coscienza che interpreta il mondo
afferrandone piccoli pezzi e chiamandole cose ed eventi. Ma ognuno di simili atti
della mente esclude il resto del mondo; cos che tale tipo di coscienza riesce a
conseguire una visione approssimativa del tutto solo mediante una serie di atti
di possesso, luno di seguito allaltro.

Nondimeno la superficialit di questa coscienza palese nel fatto che essa non
pu regolare, e non regola, nemmeno lorganismo umano. Poich se la coscienza
dovesse controllare il battito del cuore, il respiro, lazione dei nervi, delle
ghiandole, dei muscoli, e degli organi dei sensi, si aggirerebbe con furia selvaggia
per il corpo interessandosi di una cosa dopo laltra, senza aver tempo per nulla di
diverso.

Fortunatamente non ha questo incarico, e lorganismo regolato dalla mente


originale che sta fuori del tempo, e occupandosi della vita nella sua totalit, pu
fare tante cose in una volta. Tuttavia, non come se la coscienza superficiale
fosse una cosa e la mente originale unaltra, poich la prima unattivit
specializzata della seconda. Cos la coscienza superficiale pu destarsi
alleterno presente solo se cessa di afferrare.

Ma ci non accade se cerca di concentrarsi sul presente, sforzo che riesce solo a
far sembrare il momento ancora pi elusivo e sfuggente, ancora pi difficile da
mettere a fuoco.

La consapevolezza delleterno ora si attua per lo stesso principio della chiarezza


nelludire e nel vedere e della adeguata libert del respiro. La limpida vista non
ha niente da spartire col tentativo di vedere; semplicemente la certezza che gli
occhi coglieranno ogni particolare da soli, poich fintanto che rimangono aperti
difficilmente si pu impedire alla luce di raggiungerli.

Allo stesso modo, non c difficolt ad essere pienamente consapevoli delleterno


presente non appena ci si renda conto che non possibile essere consapevoli di
qualcosaltro che in concreto non vi n un passato n un futuro.

Compiere uno sforzo per concentrarsi sullistante presuppone che esistano altri
momenti. Ma questi non si possono trovare in nessun luogo, e in verit si sta cos
comodi nelleterno presente come gli occhi e le orecchie rispondono alla luce e al
suono. Ora, tale eterno presente altro non se non il fluire senza
tempo inaffrettato del Tao.

Una marea che, movendosi, sembra dormire,


Troppo calma per suono o spuma.

Cercare di accordarvisi equivale a deviare, sebbene di fatto non si possa deviare e


non esiste nessuno che devii. Cos pure non si pu sfuggire alleterno presente
cercando di prestarvi attenzione; e proprio questo fatto dimostra che, separato
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dal presente, non esiste alcun io che lo osservi e lo conosca. e tale il motivo
per cui non possibile trovare la propria mente.

V soltanto questo ora: non proviene da nessuna parte; non procede verso
nessuna parte; non permanente; ma non non-permanente; si muove, eppure
sempre fermo; quando cerchiamo di ghermirlo sembra fuggir via; eppure
sempre qui e non si pu sfuggirgli. E quando ci volgiamo a cercare lio che
conosce questo momento, troviamo che scomparso insieme al passato. Perci il
sesto patriarca dice nel Tan-ching:

In questo momento non v nulla che venga in essere. In questo momento non
v nulla che cessi di essere. Cos non vi nascita-e-morte che debba
concludersi. Lassoluta tranquillit (del nirvana) il momento presente.
Sebbene sia in questo momento, questo momento non ha limiti, e quivi eterno
diletto.
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Sommario
PRIMA PARTE ...................................................................................................... 1
Capitolo primo ................................................................................................... 1
il Tao: lindefinibile concreto processo del mondo, ........................................ 5
Capitolo secondo.............................................................................................. 12
Le origini del buddismo ............................................................................... 12
Induismo e Buddismo ................................................................................... 17
Le Quattro Nobili Verit .............................................................................. 19
Non esiste una legge morale ........................................................................ 21
Retta concentrazione ................................................................................... 21
Il samadhi .................................................................................................... 22
Dhyana (meditazione) .................................................................................. 22
Capitolo terzo................................................................................................... 24
Il buddismo mahayana ................................................................................ 24
Siamo gi nel Nirvana .................................................................................. 25
Sunya (vuoto) ............................................................................................... 26
Tutto in dipendenza reciproca................................................................... 27
Non v nulla da afferrare............................................................................. 27
Vivere spontaneamente................................................................................ 28
Quiddit = esperienza non verbale .............................................................. 28
Tutti gli esseri sono dei Budda ..................................................................... 28
Scuola della Terra Pura ................................................................................ 29
Il velo di Indra .............................................................................................. 30
Il mondo fisico una proiezione della mente .............................................. 31
La creazione ................................................................................................. 32
Capitolo quarto ................................................................................................ 33
Lorigine e lo sviluppo dello zen ................................................................... 33
Creazione istantanea .................................................................................... 34
PARTE SECONDA............................................................................................... 36
Capitolo primo ................................................................................................. 36
Ogni evento creato da me! ......................................................................... 38
Capitolo secondo.............................................................................................. 41
Capitolo terzo................................................................................................... 44
Sperimentare il mondo uscendo dalla mente .............................................. 44
Il respiro ....................................................................................................... 45
Il momento presente .................................................................................... 46

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