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KAROL WOJTYLA PERSONA E ATTO

PROF. JAROSLAW MERECKI

LINCONTRO CON GIOVANNI DELLA CROCE

1. Il ruolo di Jan Tyranowski che K. Wojtyla incontr nel febbraio 1940 a Cracovia. Come dice
lui stesso ad A. Frossard, questo incontro fu per lui una svolta. Chi era Tyranowski? Il
semplice sarto, ma come dice Wojtyla nellarticolo L apostolo di Dio si pu non soltanto
parlare, ma di Dio si pu vivere (il tema dellesperienza; la fede dogmatica e la fede vissuta.
Qualche appunto critico nellarticolo di W.: Tyranowski non vedeva sufficientemente
limportanza di certe realt secolari (matrimonio, attivit professionale, cultura). Interessante
Gaudium et spes, di cui W. sar uno dei principali collaboratori.

2. W. Si laureato (col prof. (I. Rozynski) scrivendo la tesi Il concetto di mezzo di unione
dellanima con Dio in Giovanni della Croce e poi allAngelicum ha scritto la sua
dissertazione Doctrina de fide apud S. Ioannem de Cruce (1948, R. Garrigou-Lagrange).

3. Perch Giovanni della Croce?


a) motivo psicologico cammino verso la forma pi grande del coraggio dellessere (P.
Tillich) che viene dalla comunione con il fondamento dellessere (ma questo vale per
ogni uomo); inoltre era solo nella Cracovia occupata dai tedeschi.
b) la crisi della civilt cristiana in Europa (Mission de France). C bisogno di un nuovo
tipo di cultura cristiana (nuova evangelizzazione; nuova cristianit J. Maritain). La
situazione di san Giovanni della Croce era un po simile; crisi che lui supera attraverso
una proposta costruttivo-positiva.
c) la situazione in Polonia la difesa della sovranit nazionale e della fede richiede un
rafforzamento delluomo interiore.

4. Due domande guidano la lettura di san Giovanni della Croce:


a) chi luomo? logos
b) che cosa pu e deve essere luomo? ethos
Il punto di partenza lesperienza. Nellarticolo L umanesimo di san Giovanni della Croce
(Znak 1951/1) W. Dice che la forza degli scritti di s. Giovanni viene dallesperienza. Ma di
quale esperienza si tratta? W., nellarticolo citato, distingue tra:
- esperienza esteriore che concerne laspetto biologico e non conduce verso ci che
essenzialmente umano (scienze empiriche)
- esperienza interiore che concerne la dimensione psichica dellessere umano (tutto ci
che si da nellintrospezione).
Ma c di pi. Lesperienza mistica non ha luogo al livello psichico. Essa avviene nel vuoto
emozionale (notte oscura della fede). Antitesi di Scheler qui si va al di l delle emozioni
verso il nocciolo irriducibile della persona. Liniziativa di Dio rende in un certo senso oggetto
di esperienza questo nocciolo.

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Tesi paradossale: per capire luomo bisogna partire dallesperienza mistica: qui noi
percepiamo in modo pi limpido il rapporto alla verit come costitutivo della stessa
esperienza soggettiva.

5. Fenomenologia dellesperienza mistica: come la fede si soggettivizza. Discussione con


Garrigou-Lagrange (interpretazione tomistica); al posto dellespressione forma divina
recepita in modo intenzionale, il professore vuole fargli usare oggetto divino. Ma per W. L
intelletto riconosce la non-oggettivabilit del proprio oggetto. Questo avviene non perch
luomo comprende Dio (o lo afferra come nelle mistiche eterodosse), ma perch lo accoglie in
s ed accolto da Lui (lincontro personale), perci non pu essere considerato oggetto.
W. scrive: giustificato legare s. Giovanni col tomismo. Ma lui possiede il suo insieme di
concetti che vengono piuttosto dallesperienza, che non da un astratto sistema di pensiero.
Il metodo di W.:
- Fenomenologia (ma essa non basta)
- Transfenomenologia o metafisica (strutture ontologiche)
- Interpretazione teologica (W. Scrive: c nellesperienza una sfera che richiede
uninterpretazione teologica, quella dellincontro tra il finito e linfinito)

6. Il legame con Dio: il dono e la fatica della partecipazione


a) luomo incontra Dio nel suo interno (non tanto nel cosmo); in interiore homine habitat
veritas; la soggettivit delluomo non minacciata: lincontro personale. E. Fromm:
religione umanista (non autoritaria)
b) due modi:
- unin essencial o substancial oggettiva, viene dalla creazione (Dio come sorgente
dellessere)
- unin de semejanza soggettiva, nellordine sovrannaturale, in forza della grazia
studiare gli esempi paradigmatici (Bergson)
c) come? La notte del desiderio e non-conoscenza; dono di Dio che si pu accettare o
rigettare. Se accettiamo, scopriamo che la nostra natura non il mezzo proporzionato
dellunione con Dio. Ma questa unione si d. Come? Attraverso la fede; trascendenza di
s della creatura verso Dio. W. La analizza non solo in chiave funzionale (come alcuni),
ma anche come lessere, la realt. Di quale tipo?
Possiamo dire che la fede una luce che illumina lintelletto. La sorgente di questa luce
Dio stesso. Ma c anche la partecipazione delluomo che si apre a questa luce. Nella
notte della fede lintelletto impegnato, perch riconosce la non-oggettivit di Dio, che
pura persona. La fede ha una dimensione conoscitiva. Luomo diventa Dios por
participacion perch partecipa alla conoscenza di Dio stesso (nessuna mescolanza o
identit sostanziale).
d) nellunione mistica luomo va al di l dei concetti (che vengono sempre dal mondo). La
fede soggettivizzata diventa cos una relazione dialogica con Dio
e) la fede come virt cooperazione fra uomo e Dio (non come in Lutero). W. Parla della
fatica della partecipazione: la transformacin delluomo avviene con la partecipazione
delluomo. La fatica consiste nel mantenere latteggiamento dellapertura, distacco dal
mondo; qui c posto per latto della persona religione umanistica (umanesimo di san
Giovanni della Croce)

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7. Lumanesimo integrale.
a) la visione delluomo: tre livelli (ma non cos W.):
- materiale
- psichico
- spirituale
b) luomo non un essere monadico, non basta a se stesso, ha bisogno dellincontro
interpersonale
c) luomo non un essere che si pu accontentare con la finitezza
Questo umanesimo si contraddistingue dalle varie forme dellumanesimo mancato:
- umanesimo antropocentrico luomo autosufficiente e si realizza attraverso la lotta
con gli altri (da Hobbes a Sartre) sguardo dellaltro
- umanesimo collettivistico dove luomo deve dissolversi nel collettivo e non gli
rimane nessun residuo che sarebbe suo. Ma questo umanesimo sfocia nella violenza,
perch luomo non pu rinunciare alla sua individualit (allora si prova a costringerlo)
- umanesimo integrale di W. cerca di unire ambedue i lati in un equilibrio.

8. La semejanza: Genesi luomo immagine di Dio Dio: comunione delle persone


9. Cosa manca: lanalisi dellatto delluomo e del mondo
10. Riassunto:
- i fondamenti dellumanesimo integrale sono gi presenti
- dimensione personalistica.

LINCONTRO CON IL TOMISMO

1. Qualche mese dopo lincontro con san Giovanni della Croce, quindi quasi
contemporaneamente.
- colloquio con A. Frossard: quasi una svolta copernicana nel cielo dei concetti.
- K. Wais, Ontologia ossia metafisica, - Wojtyla parla della sua fatica
- lincontro con Garrigou-Lagrange
- lincontro con la scuola di Lublino M. Krapiec, S. Kaminski, tomismo esistenziale,
consapevolezza metodologica, storicismo
Swiezanwski e la lettera di J. Maritain ruolo dellesperienza intuitiva:
La sfortuna dellinsegnamento scolastico ordinario e soprattutto dei manuali, stata di
trascurare praticamente questo elemento intuitivo essenziale e di sostituirlo fin dallinizio
con una pseudo-dialettica di concetti e di formule. Non c niente da fare finch
lintelletto non ha visto, finch il filosofo o lallievo filosofo non ha avuto lintuizione
intellettuale dellessere (Lettera sulla filosofia nellora del Concilio).
Definizione del filosofo di W.: filosofo qualcuno che sperimenta quello che e cerca di
capire fino in fondo quello che sperimenta

2. Filosofia dellessere o filosofia classica.


Ci sono degli elementi che non sono attuali, per esempio la filosofia della natura; o con cui W.
discute, per esempio letica; ma il tronco attuale (non dipende dalla fisica).

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3. Latteggiamento metafisico
- come tale W. lo condivide
- novum di san Tommaso rispetto ad Aristotele esse come prima perfezione;
lintuizione della realt lincontro col tomismo gli permise di ribadire le sue
intuizioni circa la realt (con Frossard). Allora: nella sua biografia questa metafisica
viene dal di dentro
- il compito della filosofia di vedere, contemplare e spiegare la realt; per W. la
filosofia prima la filosofia dellessere; egli si oppone a tutti coloro per cui la
filosofia prima
- fil. della conoscenza (Kant, postkantismo)
- fil. della coscienza (da Cartesio a Husserl)
- fil. delluomo (esistenzialismo)
- etica (Lvinas)
- fil. del linguaggio (fil. analitica)
Allora possiamo riassumere cos: si pu partire dalluomo, ma la risposta al. problema
delluomo si trova solo nel pi vasto quadro della filosofia dellessere
Latteggiamento di W. ( il tomismo) :
- antisoggettivistico (ma si badi bene non antisoggettivo)
- realistico si tratta degli esseri concreti, uomini concreti (non dellio trascendentale),
di capire luomo nella sua concretezza
Categorie che W. prende dal tomismo: sostanza, atto-potenza, actus humanus, suppositum,
persona; ma le arricchisce tramite la transfenomenologia

4. Latteggiamento epistemologico:
- fiducia nei confronti di esperienza e ragione
- valorizzazione dellesperienza prefilosofica (common sense) e prescientifica; si tratta
di preservare la pienezza di questa esperienza. Una delle maggiori difficolt, infatti,
che incontra la comprensione del pensiero di Tommaso sta nella torsione di significato
che ha subito nellepoca moderna la parola esperienza dopo il diffondersi dei metodi
di osservazione scientifica. Lesperienza, cos come la concepisce la scienza, infatti
gi il prodotto dellastrazione che ha oggettivato il dato dellesperienza, spogliandolo
dellaffettivit che gli immanente. La parola esperienza diventa cos quasi sinonimo
di sensazione, cio viene a coincidere con il dato oggettivabile dellesperienza il lato
soggettivo viene perduto
- realismo epistemologico: chi conosce lindividuo uomo. Latto della conoscenza non
consiste nella costituzione delloggetto, ma nella penetrazione delloggetto stesso in
cui cooperano i sensi e la ragione
- razionalismo (ma non quello del XVII sec.); ritroviamo ribadita questa fiducia nella
ragione in Fides et ratio coraggio della verit
- lo scopo della conoscenza la verit (luomo fatto per la verit e non pu esistere
senza di essa);
- verit come manifestatio
- verit come adequatio
- la verit come valore supremo, primo (perch tutti gli altri devono essere veri). Nella
struttura della libert inscritta questa dipendenza dalla verit

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5. Fra parentesi: la dottrina tomista dei trascendentali contiene impliciti riferimenti alla persona
(al soggetto): bonum, verum, pulchrum.

6. Latteggiamento metodologico:
- valorizzazione della tradizione (Lublino)
- il primato del pensare filosofico sul sistema (FR) (integrare i semi della verit; et et)
- lapertura (critica) verso la modernit; oggi non si pu fare filosofia come se si vivesse
nel medioevo, pur stimandolo. Natura del sapere filosofico non si pu
semplicemente ripetere; ci vuole lintuizione personale dellessere (Maritain, Szestov,
Platone)
- larmonia (cooperazione) tra la fede e la ragione (circolo ermeneutico Vaticano I)

7. Visione delluomo:
- il tomismo parte dalle categorie metafisiche (parte dallessere); W. parte dalluomo
dalloriginariet della sua esperienza; ma senza opposizione tra tomismo ed
agostinismo
- la nozione di persona comune ma il modo di procedimento diverso
- chi la persona secondo questa definizione tomista?
- W. distingue tra s. ontica luomo non si riduce alla coscienza di s; e s. vissuta
(personale). Novum di W. rispetto al tomismo: analisi del vissuto attraverso latto
della persona
- tomismo: luomo come unit psicofisica, lanima come forma sostanziale delluomo;
W. mostra questa unit come unit esistenziale
- il problema dellintersoggettivit:
- tomismo: animal sociale
- W.: aspetto della persona
- luomo come soggetto dellesperienza morale: W. mostra come luomo si compie, si
realizza attraverso la moralit servendosi delle categorie tomiste di potenza e atto, di
habitus
- infine: riferimento alla trascendenza: con Frossard: il mondo visto nelle categorie
della filosofia dellessere apre davanti alla ragione una prospettiva di incontro
intellettuale con Dio e questa apertura fondamentale per la conoscenza razionale di
Dio (FR atto di esistenza)

8. Riassunto:
- nellordine dellesistenza: il primato dellontologia
- nellordine della conoscenza: etica e metafisica si costituiscono uno actu (vedere la
persona vederla come lessere e il valore)
- fiducia nellesperienza e nella ragione contro i maestri del sospetto
- armonia tra fede e ragione, filosofia e teologia
- il concetto di persona persona est quod est perfectissimum in tota natura

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LINCONTRO CON LA FENOMENOLOGIA: MAX SCHELER

1. Il ruolo dellesperienza nel teatro rapsodico di Mieczyslaw Kotlarczyk teatro dove la trama,
nel senso usuale, molto ridotta e in primo piano sono posti gli eventi della coscienza la
prima indiretta introduzione alla fenomenologia.

2. Lanalisi dellesperienza mistica in Giovanni della Croce ha mostrato la sensibilit


fenomenologica di Wojtyla.

3. Il carattere dellincontro in quanto con S. Giovanni e con S. Tommaso Wojtyla era


sostanzialmente daccordo, intanto con Max Scheler Wojtyla soprattutto discute, ma allo
stesso tempo afferma il metodo fenomenologico, cercando di adoperarlo in modo ancora pi
coerente (la tesi postdottorale di Wojtyla: Valutazione della possibilit di costruire unetica
cristiana sulle basi del sistema di Max Scheler).

4. Perch Scheler?
a) il tomismo che dominava in Polonia aveva unimpostazione soprattutto speculativa,
sistematica, distaccato dalla concreta esperienza etica (etica eudemonistica, legalistica).
In Occidente rinnovamento di J. Maritain, E. Stein, D. Von Hilderand.
b) Nellincontro con S. Giovanni della Croce il legame con Dio come fondamento
dellumanesimo integrale. Mancava ancora il legame con gli altri e con il mondo dei
valori. Anche come pastore Wojtyla vedeva limportanza della filosofia, che getta luce
sullaspetto soggettivo dellesperienza etica (letica non pu essere solo un sistema di
norme, ma deve mostrare come le norme scaturiscono dallesperienza della persona.
Cera anche bisogno dellinterpretazione personalistica della legge naturale).
c) La presenza di Roman Ingarden a Cracovia introduceva la fenomenologia nella cultura
polacca (bench lui negli anni 50 fosse perseguitato dai marxisti, p.e. non poteva
insegnare alluniversit). Il suo libretto Sulla responsabilit - per quanto riguarda il
metodo affine a Persona ed atto di K. Wojtyla.
d) Wojtyla vedeva la necessit della fenomenologia dellesperienza cristiana letica
cristiana unelaborazione scientifica dellesperienza cristiana. Ma daltro canto
lesperienza cristiana allo stesso tempo unesperienza umana ci svela le possibilit
dellumano.

5. Che cos la fenomenologia?


E. Husserl zurck zu Sachen selbst, fainomenon ci che ci si presenta, riduzione per
quanto riguarda il sapere storico, tutto ci che accidentale, anche lesistenza.
Husserl la pura forma del fenomeno (funzione eidetico-cognoscitiva del metodo
fenomenologico)
Scheler lanalisi del valore implicato nella percezione del fenomeno (in funzione etica).

6. Punti di contatto tra Scheler e Wojtyla:


a) Scheler nella discussione con Kant costruisce unetica materiale dei valori basata
sullesperienza il concetto di intenzionalit che viene da Brentano (Der Formalismus in
der Ethik und die materiale Wertethik).

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b) Scheler descrive la funzione della sequela nel processo di apprendimento dei valori
(Vorbilde und Fhrer).
c) Il luogo dellesperienza dei valori la persona (anche la possibilit della conoscenza
dellaltro come altro e non come un elemento del mio mondo Wesen und Formen der
Sympathie, E. Stein, Zum Problem der Einfhlung).

7. Critica dellaffermazione del metodo fenomenologico


a) Scheler non ha esaurito tutte le possibilit del metodo fenomenologico, tralasciando gli
aspetti dellesperienza etica che sono accessibili alla descrizione fenomenologica (e ci
dovuto ai suoi presupposti epistemologici e antropologici). Perch?
b) Il pericolo del soggettivismo Scheler condivide la concezione della ragione presente
nellempirismo e in Kant (con cui discute) la ragione cieca nei confronti dei valori.
Allora come essi vengono percepiti? I valori e la loro gerarchia ci sono dati
nellesperienza emozionale (amore e odio). Ci che manca lelemento del giudizio
razionale. Ma possiamo dire che il valore che percepisco nel modo pi intenso anche il
valore che devo seguire? Ma proprio la questione del dovere non presente nel sistema di
Scheler. Nella polemica con Kant lui si spinto fino ad escludere la dimensione
normativa dalletica (daltro canto in Kant la normativit totalmente separata
dallesperienza empirica). Ma quando tutto ridotto al vissuto c il pericolo del
soggettivismo non si distingue tra il contenuto dellatto intenzionale e il suo oggetto.
c) Per Scheler il valore morale si realizza alle spalle di altri valori. Non pu essere oggetto
dellintenzione, perch ci significherebbe una sorta di fariseismo. Allora luomo non
pu essere interessato nella sua bont morale (la bont morale non un mezzo per il
conseguimento della felicit). Il giudizio morale si riferisce solo ad un singolo atto ma
non alla persona come tale. Quando un atto moralmente buono? Quando si preferisce un
valore (extramorale) pi alto al valore pi basso. Ma sempre cos? (p.e. la cura per la
salute moralmente buona indipendentemente dalla posizione della salute nella gerarchia
dei valori). E non pu un valore morale essere la fine della nostra azione? Sembra che in
Scheler manchi un adeguato criterio della moralit. Gli manca perch gli manca
unadeguata concezione della persona.
d) In Wojtyla nellesperienza etica Iuomo ci dato come causa, autore dellatto
attraverso il suo atto che diventa buono o cattivo. Ci non presente in Scheler. Perch?
In Scheler la persona non una sostanza, ma un Aktzentrum (concezione attualistica della
persona). La persona manca di consistenza ontologica e perci essa non pu diventare
buona o cattiva. Per Wojtyla come per S. Tommaso la persona una sostanza ed una
sostanza dove il primato spetta alla dimensione razionale.
Per Scheler luomo soprattutto res amans e solo in modo derivato ens cogitans ed ens
volens emozionalismo di Scheler. Un po come in Hume la ragione schiava delle
emozioni.
e) Personalismo la persona come il valore pi alto in Scheler e in Wojtyla (ma anche in
una delle interpretazioni di Kant). Ma in Scheler manca ci che Wojtyla ha scoperto nella
sua elaborazione della teologia mistica di S. Giovanni (che anche presente in Kant il
suo lhomo noumenon, ma in Kant manca la disponibilit al farsi presente del valore, che
invece presente in Scheler). Allora, si tratta di unire questi aspetti che sono stati separati
senza una giustificazione nellesperienza).

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f) In Scheler e in Wojtyla i valori si svelano nella persona. Ci che manca in Scheler la
concezione metafisica di potenza ed atto (e questo leredit di Kant). Perci lazione
buona non ha effetto sulla persona, non la modifica.
In Wojtyla - la persona pone in atto i valori morali e si compie attraverso di essi (la
dimensione transitiva ed intransitiva dellazione).
g) E vero che la persona non pu volere il suo bene morale? Wojtyla distingue tra: io
voglio essere buono e io voglio sperimentarmi come buono (F. Mauriac, La farisea).
In questo senso io sono il primo oggetto della mia responsabilit morale.
h) Il nocciolo della polemica di Wojtyla con Scheler intorno allatto morale: secondo Wojtyla
latto morale un atto volitivo che impegna tutta la persona; in Scheler latto morale un
atto emozionale che trascina la volont (in Scheler non c posto per la causalit della
persona, la persona rimane solo linsieme dei suoi atti). Wojtyla scrive: Scheler non ha
notato la cosa pi elementare e pi fondamentale, non ha notato che pu essere chiamato
valore etico solo quel valore la cui causa efficiente la persona stessa che agisce.
i) In Scheler non c posto per la coscienza morale, perch la funzione della coscienza
morale normativa (la coscienza giudica e prescrive) e Scheler cerca di svalutare questa
dimensione. Ci non confermato dallanalisi fenomenologica, che mostra la coscienza
come la norma soggettiva dellazione (ogni azione deve essere in armonia con la mia
convinzione). Se la percezione emozionale ci che stimola la persona, questa deve
essere sottoposta ad un giudizio che ne riconosca e ne chiarifichi la verit prima che il
valore, il quale nellesperienza emozionale si affaccia, possa essere accolto come
autentico. Allora, i presupposti emozionalistici di Scheler gli impediscono - conclude
Wojtyla di cogliere lessenza del fenomeno di coscienza, bench esso si manifesti ad
una analisi fenomenologica.
j) Scheler cerca di sottovalutare lesperienza del dovere morale (la polemica con Kant). Il
dovere superfluo per chi percepisce il valore, vi un elemento di necessit, obbedendo
al dovere (interno oppure esterno) vivo nel modo cieco, non personale. Ma davvero
cos? Nel conflitto dei valori io percepisco il dovere di realizzare il valore vero. Ci non
mina la mia libert, perch il dovere nasce nel mio interno. Di pi: lessenza della
moralit si mostra in modo pi cospicuo nellesperienza del dovere morale (qui Wojtyla
daccordo con Kant). Ne Luomo e la responsabilit Wojtyla scrive: Il momento proprio
della moralit contenuto nellesperienza del dovere (p. 252). Anche il dovere (obbligo)
che viene da fuori non deve minare la soggettivit quando si riconosce che la autorit
degna della nostra fiducia e che vede il valore che io non vedo. Ma sempre resta il
primato del dovere interno.
k) Lamore in Scheler unapertura emozionale, spontanea, e perci non pu essere un
contenuto del precetto (il precetto dellamore contraddittoriet) : lamore svela, mostra il
valore. Per Wojtyla: ci vuole la connessione fra lesperienza dellamore e lesperienza del
dovere (Amore e responsabilit). Il valore della persona richiede affermazione anche
quando esso non si da nellesperienza emozionale. Ci possibile perch lamore anche
un atto della volont che lo realizza.
l) La sequela in Scheler ambigua, perch manca lelemento di giudizio (Il maestro esterno
deve condurre al maestro interno).
m) La relazione con il sacro: per Scheler latto etico e latto religioso sono due fenomeni
diversi. La moralit non pu essere considerata come un mezzo per raggiungere la santit,
perch questo significherebbe la sua strumentalizzazione latto morale non ha niente a

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che fare con la punizione o con la ricompensa, esso stesso contiene gi punizione e
ricompensa: protendendosi verso i valori pi alti luomo prova una intensificazione ed un
arricchimento della propria vita; mentre lopposto avviene quando esso si lascia sedurre
dai valori pi bassi.
Per Wojtyla: etica e religione sono strettamente connessi. Latto religioso unespressione
della cultura morale, perch si riferisce alla persona. Daltro canto la ricompensa non il
primo (se mai) motivo dellatto religioso. Secondo Wojtyla, Scheler non vede il carattere
morale dellatto religioso, perch ha escluso la causalit della persona (la fatica della
partecipazione). La felicit invece sempre dono e grazia (forse alcuni manuali tomistici
non prendevano in atto questa relazione, perci laccusa delleudemonisno nei loro
confronti pu essere fondata ci lo ammette anche J. Maritain, La philosophie morale).

8. Riassunto
a) ha conosciuto ed adoperato il metodo fenomenologico
b) ha visto la necessit della unione: fenomenologia metafisica (S. Tommaso, Scheler
e nelletica Kant)
c) il ruolo della causalit efficiente della persona
d) luomo come essere responsabile
e) due tesi di Wojtyla
il sistema etico di Scheler come tale non si adatta per linterpretazione scientifica
delletica cristiana;
il metodo fenomenologico facilita lanalisi dei fatti etici sul piano sperimentale.

METODOLOGIA: IL CONCETTO DI ESPERIENZA

1. K. Wojtyla e il Concilio: come conciliare i diritti della verit con i diritti della libert. Wojtyla
lo mostra analizzando come la libert si compie nella scelta della verit e come la verit
acquista la dimensione personale solo se scelta attraverso latto della libert (come la verit
si soggettivizza). Il tema della relazione fra libert e verit poi fondamentale in Veritatis
splendor (per capirla bene vale la pena conoscere lanalisi di Wojtyla in Persona e atto).

2. Persona e atto realizza il postulato di Husserl andare alle cose stesse. Non un libro di un
erudita, ma di un pensatore colui che parte non tanto dagli altri libri, ma dallesperienza, che
vuole dar voce allesperienza.

3. Cosa si intende qui con la parola esperienza? Wojtyla distingue tra la sua concezione
fenomenalistica e fenomenologica. La concezione fenomenalistica (empiristica) vede
nellesperienza soltanto un insieme di impressioni o di emozioni, ordinate a sua volta
dallintelletto (p. 35) (Locke, Hume). Non c posto qui per lesperienza etica (dichiarata
solo soggettiva) o lesperienza delluomo come soggetto ontico (per Hume luomo solo un
insieme di impressioni, senza nessun principio unitivo). Lesperienza si limita ai sensi (non
c posto per lintuizione intellettuale) cit. p. 47.

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4. Fenomenologia lesperienza tutto ci che ci si da in modo originario (leibhaft,
selbstgegeben). Lesperienza sensuale ne costituisce solo un modo, ma c anche lesperienza
religiosa, etica, estetica anchesse sono i fenomeni da analizzare. Wojtyla si allea con lala
realistica della fenomenologia (M. Scheler, R. Ingarden, E. Stein, D. von Hildebrand) che per
la quale i fenomeni esistono indipendentemente dallatto della loro conoscenza (Husserl in
ultima analisi racchiude tutto nella coscienza, dalla polemica con questa concezione nasce il
primo capitolo della parte prima di Persona e atto dove Wojtyla mostra che la coscienza per
la sua natura stessa non in grado di costituire i propri contenuti cit. p. 103).

5. Che cosa lesperienza per Wojtyla?


a) lesperienza qualcosa che vissuto dal soggetto (lato soggettivo). Wojtyla recupera cos
la scoperta moderna del soggetto e al tempo stesso si allaccia al filone agostiniano della
tradizione. Lantropologia va costruita sulla base dellesperienza delluomo, non solo
come una parte del pi vasto sistema metafisico (senza escludere la sua necessit, come
vedremo). Si tratta di spaccare latomo dellio (T. Styczen), osservarlo nella sua essenza
pi intima.
b) Daltro canto, lesperienza ha il suo lato oggettivo tocca la realt che esiste
indipendentemente da noi (e ci il suo tratto costitutivo anche quando io sono oggetto
dellesperienza). Qui si vede come la filosofia dellessere sia un necessario fondamento
per la filosofia della coscienza. Si vede come questi due lati sono complementari. Ha
ragione Buttiglione quando scrive: Questo approccio parte infatti dalla totalit
dellesperienza senza privilegiarne n il lato soggettivo n il lato oggettivo. Filosofia della
coscienza e filosofia dellessere (almeno nelle sue forme usuali a cui spetterebbe piuttosto
il nome di filosofia dellente) privilegiano lesperienza esterna (la realt extramentale e il
mondo delle cose) o lesperienza interna (latto della coscienza), senza riuscire ad
integrare fra loro i due aspetti. Essi invece possono essere compresi adeguatamente solo
nella mutua relazione perch lesperienza fondamentalmente unitaria e, mentre la
conoscenza della realt esterna avviene nelluomo, il soggetto stesso, daltro canto, si
conosce situandosi nel mondo e comprendendo se stesso come uomo, cio come quella
parte particolare dellessere del mondo che luomo. Aver dimenticato questo ha
impedito alla filosofia post-cartesiana di conoscere veramente luomo cos come dato
nella totalit della sua esperienza che implica il suo essere nel mondo. Anche la filosofia
dellessere per, almeno nella misura in cui ha dimenticato che lessere prima di tutto
latto di essere e che questo culmina nellazione della persona, si resa unilaterale,
divenuta una mera filosofia dellente (p. 152).G. Reale parla delle tre forme di metafisica
classica: henologia, cio la metafisica delluno (Platone lUno-Bene al di sopra
dellessere), ontologia, cio scienza dellessere in quanto lessere (Aristotele) e la
metafisica della persona in quanto la persona ci che c di pi perfetto in tutta la
natura (p. 18-19). Perci Wojtyla parla della meraviglia nei confronti delluomo.
c) Lesperienza una relazione conoscitiva abbiamo a che fare qui con la trascendenza
delluomo: luomo tocca qualcosa che esiste fuori di lui e lo oggettivizza (K. Twardowski
distingueva: atto, contenuto e oggetto della conoscenza).
d) Lesperienza non solo un atto unico, individuale, ma un processo che ci consente il
contatto pieno e diretto con la realt vissuta. Nonostante la sua complessit, prevale la sua
sostanziale semplicit. Ci avviene perch dellesperienza fa sempre parte lintelletto.
Lesperienza non un semplice rispecchiamento delloggetto. Sperimentando un oggetto

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noi allo stesso tempo lo comprendiamo. Allora c qui la differenza fra i sensi e
lintelletto, ma anche la loro cooperazione. Ma non come nellermeneutica dove la
precomprensione determina lesperienza. Al contrario: lesperienza la condizione
della comprensione, loggetto stesso che guida la nostra comprensione. Naturalmente,
non ci si pu fermare presso lesperienza e la comprensione presente in essa. Lesperienza
chiede una ulteriore comprensione e in ultima analisi chiede una comprensione ultimativa.
Allora dalla descrizione di ci che dato si passa alla sua spiegazione dalla
fenomenologia allontologia e alla metafisica (si tratta di una sorta di
transfenomenologia).

6. La particolarit dellesperienza delluomo. Come scrive Wojtyla: la pi ricca delle


esperienze di cui luomo dispone e forse la pi complessa (p. 35). Perch? Da un lato questa
esperienza accompagna ogni altra esperienza: luomo non sperimenta mai qualcosa al di
fuori di s senza in qualche modo sperimentare se stesso (ibid.). Dallaltro lato, luomo e
solo luomo al tempo stesso soggetto e oggetto dellesperienza: colui che esperisce un
uomo e colui che il soggetto della conoscenza esperisce anchegli un uomo. Luomo come
soggetto e oggetto insieme (Perch luomo, p. 61).
Sono quattro i modi di questa esperienza: sperimento la mia interiorit, la mia esteriorit,
lesteriorit dellaltro e linteriorit dellaltro. Tutti sono indispensabili per la completa
visione delluomo e tutti confluiscono in ci che chiamiamo lesperienza delluomo. Perci
lesperienza delluomo profondamente unitaria (Wojtyla parla dellidentit qualitativa).
Essenzialmente abbiamo due lati dellesperienza delluomo: esteriore e interiore (perch
linteriorit dellaltro ci data in modo esteriore, pu essere comunicata attraverso il
linguaggio, anche intuita, ma non vissuta dal dentro). Lesperienza interiore forse pi
importante, perch qui abbiamo un diretto contatto con linteriorit delluomo (che sono io).
Non si tratta naturalmente di fare una sorta di egologia (perci sono importanti anche gli altri
modi). Ma avendo questo contatto immediato, non possiamo perdere lopportunit di
osservare luomo di dentro. T. Styczen dice che Wojtyla si rivela soprattutto come lanalitico
dellinteriorit delluomo.

7. Naturalmente, Wojtyla non esclude la possibilit dellesperienza dellaltro (p. 37). Questa
esperienza per altra, incommensurabile, perch lesperienza vissuta mi data solo nel mio
caso (lirriducibile). Ma resta salva la loro identit qualitativa. Senza questa identit, saremmo
limitati alla egologia (D. Hume we never pass one step beyond ourselves).
Ci non significa che gli altri ci sono dati anche come lessere dotati dallinteriorit. Non c
qui bisogno della deduzione, come ha mostrato E. Stein. La filosofia del dialogo (M. Buber,
F. Ebner, F. Rosenzweig, E. Lvinas) sostiene a volte che io divento persona solo nel dialogo
con gli altri ma questa non la posizione di Wojtyla.
Se prendiamo in considerazione la nostra esperienza dellaltro, vediamo che ci che importa
non tutto lorganismo biologico, ma limmagine esterna del corpo, dove alcune parti
giocano il ruolo speciale: si tratta del volto e degli occhi. Lincontro con il volto dellaltro ci
dice che non abbiamo a che fare con un semplice oggetto, ma con il soggetto dotato
dellinteriorit (vedi: lanalisi del pudore in Amore e responsabilit, anche lanalisi di Sartre
in Lessere e il nulla). Come vediamo, gi nellimmagine esteriore del corpo si esprime la
trascendenza delluomo.

11
8. Antropologia e etica. Lesperienza morale accompagna sempre lesperienza delluomo: ma
queste realt non esistono allo stesso livello (la moralit una propriet delluomo, non
viceversa). Letica = lantropologia normativa, vedere lalterit delluomo significa vedere
la sua superiorit (R. Spaemann Ethik und Metaphysik werden uno actu konstituiert).
Ma in Persona e atto Wojtyla mette la moralit fuori parentesi (p. 59). Perch? Per vedere
meglio il nesso persona-atto. La moralit sar analizzata in Luomo e responsabilit, dove
invece lanalisi della persona verr messa fuori parentesi. Ma daltro canto, mai c qui totale
astrazione (come p.e. avviene nella filosofia analitica).

9. Lesperienza delluomo molto complessa. Da dove partire? Ogni antropologia ha la sua


lesperienza fondamentale p.e. Jaspers: situazioni-limite, Heidegger cura, Marcel
speranza, Buber incontro, Marx lavoro.
Wojtyla latto (p. 51). Perch?
Fattori soggettivi Wojtyla come luomo dellazione (anche lavoratore), polemica con il
marxismo.
Fattori oggettivi dobbiamo notare che lalterit e la superiorit delluomo non si
manifestano sempre nello stesso modo. Dove la sua interiorit si svela nel modo pi
cospicuo? Quando luomo agisce, cio nella sua operavit. Latto come finestra verso
linteriorit mia e degli altri. Latto ci svela che cosa vuol dire realizzare la potenza (atto-
potenza, atctus humanus, actus personae la distinzione fra: latto cosciente e la coscienza
dellatto). Perch luomo vive se stesso come causa efficiente del suo atto, questo il luogo
privilegiato per osservarlo in ci che pi intimamente umano.
Nellatto luomo sperimenta la moralit grazie allatto diventa buono o cattivo.
Nellatto partecipa luomo intero la sua spiritualit, emotivit e dimensione somatica.
Latto diventa pubblico, un fatto, perci c qui posto per il controllo intersoggettivo.
Loggettivazione di cui parla Wojtyla consiste nel porre fuori del contesto soggettivo che
sempre proprio dellesperienza. Si tratta di costruire unantropologia come scienza che
universalmente comunicabile e controllabile.

10. Il ruolo del maestro maestro esterno, qualcuno che ha molto riflettuto sulluomo ci pu
aiutare a comprendere la nostra esperienza delluomo (sulla base della identit qualitativa
dellesperienza delluomo; possiamo qui anche parlale della comune natura umana come ha
parlato la filosofia tomista).

11. Riassunto
valorizzazione dellesperienza (nella filosofia cristiana e contro i maestri del sospetto)
Wojtyla mostra non tanto che luomo persona, ma come luomo persona (ci che
mancava nella filosofia tomista)
Mostra lunit dellesperienza delluomo (che la base del sapere universale contro
diversi correnti della filosofia moderna dove lunico universale resta la libert)
Non si ferma presso lesperienza (fenomenologia), ma va al di la di essa per cogliere
le ragioni che la spiegano (transfenomenologia).
IL METODO DI PERSONA E ATTO

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1. Luomo qualcuno nel senso ontico e diviene qualcuno (qualcosa) nel senso etico attraverso i
suoi atti perci lui stesso il primo soggetto della sua responsabilit. Ci vuol dire che
Wojtyla si interessa delluomo nel suo aspetto dinamico la sua la filosofia del dramma
della persona umana (K. Schmitz, At the Center of the Human Drama).

2. Le radici del suo interesse per luomo (tranne ci che gi abbiamo detto a proposito dei suoi
studi):
a) La vocazione sacerdotale lo avvicina alla definizione di Socrate del filosofo: filosofo
come levatrice. Non si tratta solo del scire per ipsum scire, ma del sapere che possa
essere un fondamento della praxis, del divenire delluomo. C qui una stretta relazione
tra antropologia ed etica, perch luomo si realizza come uomo attraverso la moralit.
b) Lesperienza del Concilio: Persona e atto pu essere letto come esplicazione
dellantropologia presente nei documenti del Concilio (vedi il suo motto). Buttiglione dice
che tutto Persona e atto una riflessione sul riconoscimento conciliare della libert di
coscienza, fondata sulla dignit eminente della persona e sul rispetto dellitinerario che le
proprio, nel suo cammino verso la verit (riconciliazione dei diritti di libert con i diritti
della libert).
c) Questa problematica possiede anche unimportanza centrale per la teologia (dato che la
svolta antropologica nella teologia non ha portato sempre buoni frutti, anzi nella teologia
morale ha provocato una profonda crisi vedi Veritatis Splendor, dove si parla della
rottura del nesso tra libert e verit che ha toccato anche la teologia morale).
d) Il metodo fenomenologico si tratta si esplorare lesperienza delluomo, soprattutto
lesperienza dellatto dove luomo sperimenta la sua soggettivit ontica nel modo pi
profondo. Siamo qui nella situazione privilegiata, perch noi siamo uomini, cio abbiamo
laccesso privilegiato alloggetto della nostra indagine. Naturalmente, non si tratta si fare
egologia, ma antropologia.
Il metodo di Wojtyla: successivi avvicinamenti alla realt delluomo (vedi: approches
concrtes di G. Marcel). Wojtyla si esprime con molta cautela, evita enunciazioni
definitive, ritorna alla stessa cosa, mostrando i suoi diversi aspetti, cercando il linguaggio
pi adeguato. Si vede il progresso del suo pensiero.
Wojtyla parla dellinduzione e della riduzione come modi di procedimento.
Linduzione non quella di Mill, che un modo di ragionamento, ma quella di
Aristotele, che un modo di afferrare il concetto universale (greco: epagog; nel
linguaggio fenomenologico: ideazione, riduzione eidetica, visione della essenza
Wesenschau). (PeA, p. 61). Linduzione permette di afferrare lunit di significato
delle diverse esperienze e di costruirle come un progressivo disvelarsi del
significato delloggetto intelligibile. Nella filosofia tomista si parlava
dellastrazione. Wojtyla dice: pi che di astrazione si tratta, infatti, di penetrare
nella realt effettivamente esistente (p. 67) vi qui una forte accentuazione sul
fatto che lastrazione, attraverso la quale si costruisce un concetto universale, non
comporta un oblio della ricchezza e della molteplicit dellesperienza particolare
ma ne costituisce piuttosto la giusta articolazione. Perci allinduzione va
affiancata la riduzione.
La riduzione riportare alle ragioni e ai fondamenti appropriati (p. 68). Non si
tratta della riduzione nel senso fenomenologico (r. trascendentale, qui abbiamo
piuttosto la sua opposizione) o riduzione come errore (reductio ad aliud genus). Si

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tratta di trovare la corretta comprensione delloggetto, lasciandosi guidare da esso
stesso.
Linterpretazione la conoscenza delloggetto non basta, ci vuole la sua
interpretazione (p. 69). Si tratta qui dellantropologia filosofica (teoria della
persona), allora cerchiamo le ragioni reali che sono le ragioni necessarie di ci che
ci dato. Il punto di partenza: adeguata descrizione di fatti; il punto di arrivo: le
asserzioni che le rendono comprensibili nel modo ultimativo. Si tratta di esplorare
lesperienza per arrivare ai fondamenti ci che abbiamo chiamato
transfenomenologia.

5. Due tradizioni:
filosofia dellessere, filosofia realistica, oggettivistica, filosofia classica, atteggiamento
metafisico, cosmologico, sistemico;
filosofia moderna, filosofia della coscienza, filosofia del soggetto, filosofia postcartesiana,
fenomenologia, atteggiamento socratico o agostiniano.
Wojtyla convinto della loro complementariet, si tratta di unire gli aspetti (a volte
assolutizzati). Filosofia di Wojtyla metafisica personalista (J. Seifert, G. Reale).

6. Antropologia filosofica e antropologia teologica


Antropocentrismo di Giovanni Paolo II (RH) luomo non pu essere compreso sino alla
fine senza Cristo, ma in Cristo Dio stesso antropocentrico.
Wojtyla metodologicamente separa filosofia e teologia ma convinto della loro
complemetariet (vedi Uomo e donna lo cre dove il procedimento in un certo senso
opposto a quello di Persona e atto si parte dalla Rivelazione e si cerca ci che la conferma
nellesperienza). Vedi anche FR.
Il metodo teologico di Wojtyla analogo al suo metodo filosofico Cristo considerato
come latto di Dio verso luomo Persona e Atto, che in questo caso in unione
sostanziale con la Persona. Attraverso questo Atto noi possiamo avere anche una visione di
Dio come nel caso delluomo, latto ci permette di entrare (relativamente) nella interiorit
della persona. Qui LAtto di Dio ci rivela la vita interiore di Dio.

COSCIENZA

1. Il tema della coscienza centrale per il problema della soggettivit personale. Qui c anche il
novum dellantropologia di Wojtyla.
Oggi luomo concepito spesso o solo come oggetto (la coscienza viene considerata come
epifenomeno della materia), o solo come soggetto (lo si identifica con la libert e la
dimensione oggettiva del suo essere viene meno).
Wojtyla vuole salvaguardare ambedue le dimensioni mostrare come luomo si vive come
soggetto attraverso la coscienza ma allo stesso tempo come dato a se stesso come il soggetto
che possiede la struttura oggettiva.

2. La moderna filosofia della coscienza

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Da Cartesio a Husserl la filosofia moderna, estrapolando la coscienza, va verso la sua
assolutazzione. La conseguenza: epistemologizzazione dellontologia, cio il modo di
presentarsi delloggetto viene identificato con il suo modo di esistere. Tutto il processo
conoscitivo viene racchiuso nella coscienza partendo da cogito sum cartesiano la
filosofia moderna incappa progressivamente nella trappola della riflessione. Non esiste per
essa il ponte tra la coscienza e la realt, questultima costituita dalla coscienza (idealismo
che ha il suo culmine nellidealismo tedesco). Anche Husserl , nonostante i suoi tentativi, non
sfugge a questa trappola per lui in ultima analisi la coscienza (io trascendentale) che
costituisce il senso degli oggetti.
Allora, si tratta di liberarsi dalla trappola della riflessione.

3. Il metodo: per la fenomenologia la coscienza una sfera originaria, indubitabile. Invece per i
maestri del sospetto (Marx, Nietzsche, Freud) la coscienza ci inganna, c qualcosa di pi
fondamentale di cui la coscienza solo epifenomeno (M. Foucault domandava: Chi pensa
quando penso io?).
Wojtyla abbiamo unesperienza immediata della nostra coscienza (la sua esistenza, qualit e
contenuto), ma per comprenderla sono necessarie due vie: da dentro (il vissuto) e dallesterno
(nellatto di autoconoscenza). Comporta ci la cosificazione della coscienza come
pensavano gli esistenzialisti (per essi lesistenza sempre precede lessenza)? Come vedremo,
Wojtyla mostra come luomo nellatto della conoscenza di s si dato come oggetto che
soggetto. Questa struttura delluomo si svela nel modo particolarmente chiaro nellesperienza
dellio agisco (atto).

4. Essenza della coscienza. Che cosa nega Wojtyla?


Nella coscienza il mondo e noi stessi ci sono dati, ma la coscienza non il soggetto
autonomo (p. 105). La coscienza un attributo di un essere reale che luomo.
La coscienza non possiede carattere intenzionale. Non cos per la fenomenologia dove la
funzione della coscienza consiste nel rivolgersi verso loggetto (p. 99). Per Wojtyla la
coscienza possiede carattere conoscitivo, ma non intenzionale non la coscienza che ci
svela loggetto. Questa tesi ha una grande importanza per il problema del realismo
epistemologico. Nellidealismo il processo conoscitivo era racchiuso nel soggetto, avendo
luogo nella coscienza. Ma se come mostra Wojtyla la coscienza non intenzionale,
essa non in grado di fornirsi i propri contenuti. Loggetto si costituisce nella coscienza
ma non ad opera della coscienza. il ruolo della facolt diversa, cio delle facolt
cognitive (anche autoconoscenza p. 101).

5. Quale allora la funzione della coscienza? Per Wojtyla questa funzione duplice:
rispecchiamento e interiorizzazione.
La coscienza riflette tutto ci che luomo viene a conoscere (la funzione riflettiva): riflette
lessere e lazione delluomo, latto delluomo e anche ci che avviene nelluomo (bench
non tutto il dinamismo del corpo venga rispecchiato nella coscienza). Ma la coscienza non
semplicemente uno specchio essa possiede la possibilit di permeare e illuminare tutto
ci che rispecchia (la metafora della luce nota alla filosofia medievale). Le propria
quella luce intellettuale che una propriet dellessere spirituale. Cos il contenuto della
conoscenza non qualcosa che ci sfugge, che solo momentaneo, ma resta in noi come
contenuto della nostra coscienza.

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La coscienza e la conoscenza si condizionano vicendevolmente. Senza la conoscenza la
coscienza non avrebbe niente, che potrebbe rispecchiare e illuminare (p. 107). Ma anche
la conoscenza che ci nota dallesperienza senza la coscienza non sarebbe possibile
sarebbe al di pi un riflesso, una reazione (ci non significa che gli animali non
conoscono, ma in loro la conoscenza rimane al livello sensibile, non acquista la
dimensione personale di illuminazione e comprensione di ci che gli dato).
Una particolare forma di conoscenza lautoconoscenza. Qui luomo si rivolge
cognitivamente verso di s la mia persona mi data come oggetto della mia conoscenza.
Allo stesso tempo la coscienza rispecchia il contenuto dellautoconoscenza
lautoconoscenza qui si rivela come fondamento dellautocoscienza. Loggetto
dellautoconoscenza anche la coscienza, per non qualcosa dastratto ma come concreto
io (p. 117-119). Cos lautoconoscenza ha come oggetto non solo la persona e gli atti,
ma anche la coscienza degli atti e quella della persona (p. 113). La connessione fra
ambedue deve essere considerata fattore di equilibrio nella vita interiore della persona (p.
111). Grazie allautoconoscenza diventa anche possibile il sapere oggettivo sulla persona.
Ma qui incontriamo una difficolt: possiamo oggettivizzare la persona? Quando la
facciamo oggetto della nostra conoscenza, non perdiamo qualcosa che le essenziale? La
filosofia esistenzialista diceva di no. Wojtyla invece risponde di si. Una oggettivazione del
genere possibile grazie alla seconda funzione della coscienza che fa s che loggetto
dellautoconoscenza ci si dia allo stesso tempo come soggetto. Questa la funzione
riflessiva della coscienza.
La funzione riflessiva grazie a questa funzione della coscienza luomo non soltanto un
soggetto nel senso metafisico, ma si vive anche come soggetto. La coscienza interiorizza,
soggettivizza grazie ad essa abbiamo a che fare con la soggettivazione di tutto ci che ci
dato (personalizzazione del sapere) (p. 125, 127). La coscienza in questa funzione fa s
che luomo vive tutto come mio senza rivolgersi esplicitamente verso il proprio io
(che sarebbe latto dellautoconoscenza). Qui abbiamo il naturale volgersi verso il
soggetto, senza un specifico atto. Grazie a questa funzione noi siamo tre pour soi
(Sartre), Sein fr sich und bei sich (Hegel). Cos viviamo la nostra individualit,
irripetibilit.
Allora possiamo distinguere tre dimensioni della soggettivit: a) essere del soggetto, b)
essere conosciuto (oggettivato) come soggetto, c) vivere interiormente se stesso come
soggetto. Queste distinzioni hanno una grande importanza per la filosofia della persona
che oggi spesso identifica lessere della persona con lessere cosciente della propria
soggettivit. La coscienza essenziale per sperimentarsi come persona, ma non
costituisce il suo essere (lessere una struttura ontologica che esiste indipendentemente
dalla sua coscienza).
Grazie alla coscienza noi viviamo quel suppositum ontico che siamo come proprio io.
Il suppositum nel senso metafisico il soggetto dellesistenza e dellazione. Ma luomo si
vive dallinterno come tale soggetto, perci si costituisce come io (p. 131-133). Cio, la
coscienza essenziale per viversi come soggetto, come unico e irrepetibile io.

6. Il luogo della coscienza nella struttura della persona.


Il primato dellessere sulla coscienza dal punto di vista metafisico (interpretazione tomistica);
ma daltro canto la conoscenza dellessere si da sempre nella coscienza. Lautentico realismo
richiede di tenere conto di ambedue le cose: dellaspetto oggettivo e soggettivo. Daltronde,

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questo aspetto soggettivo era presente nella concezione di actus humanus e anche nella
definizione delluomo come animale razionale solo che non stato sviluppato.
La coscienza non ci presenta tutto lessere delluomo. Possiamo individuare nelluomo tre
dinamismi che hanno rispettivamente laltra relazione alla coscienza: dinamismo somatico,
emotivo e spirituale. Luomo (la persona umana) una sintesi di tutti i tre.
Grazie alla coscienza luomo vive la sua soggettivit ontica, no solo un animale razionale,
ma la persona: luomo soggetto: anzi lo in un certo senso pienamente in actu solo
quando si sperimenta come soggetto (Perch luomo?, p. 70).
Cos possiamo cercare di rappresentare la struttura dellessere umano attraverso i cerchi
concentrici: nel centro c lio, poi la coscienza, le facolt: la ragione e la volont,
lemotivit, il corpo.
Attraverso lanalisi del fenomeno dellemozionalizzazione della coscienza in ambedue le sue
funzioni Wojtyla mostra il ruolo della coscienza nel divenire umano. Quando la coscienza
viene emozionalizzata, noi perdiamo la possibilit della giusta oggettivazione delle emozioni,
non li giudichiamo razionalmente, ma soltanto li viviamo (p. 151-153).
Cos la coscienza ci appare come qualcosa di essenziale per luomo come soggetto, ma non
come soggetto dellazione. Appunto lanalisi dellatto ci da una visione del tutto particolare
ed adeguata della persona.

7. La coscienza e latto
Possiamo distinguere due situazioni: latto cosciente (analizzato dal tomismo vedi lanalisi
del voluntarium) e la coscienza dellatto. Agire nel modo specificamente umano agire nel
modo cosciente. Latto delluomo viene rispecchiato nella coscienza (lo posso oggettivare p.
115), ma allo stesso tempo lo vivo come il mio atto (funzione riflessiva della coscienza). Non
solo so che sono lautore del mio atto ma lo vivo come mio. Allo stesso tempo vivo la sua
qualit morale.
Riassumendo possiamo dire la persona immanente e trascendente rispetto al suo atto.

LIBERT (1)

1. In che cosa consiste la soggettivit personale delluomo? Nellessere lautore dei suoi atti.
Allora, si tratta di svelare la struttura personale di autodeterminazione attraverso
linterpretazione dellatto. Wojtyla descrive lesperienza vissuta di autodeterminazione e
indica le strutture ontiche che la rendono possibile.

2. Lidea della libert nella storia.


lidea fondamentale nellOccidente, (quasi) sempre un valore, cos che ogni altro valore
viene a volte identificato con la libert (L. Kolakowski). Nella filosofia greca la libert era
concepita soprattutto nel senso sociale (stoicismo ogni luomo libero, ma solo nella
dimensione interiore).
Cristianesimo approfondisce la comprensione della libert interiore (libert dal peccato),
porta lidea della volont di cui propriet la libert.

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San Tommaso la concezione intellettualistica della libert: la libert viene dalla non-
evidenza del bene.
Duns Scotus la concezione volontaristica della libert: la volont ci che pi perfetto
nelluomo, non determinata neppure verso la felicit (nella discussione con San Tommaso
Duns Scotus parla delle due naturali affectiones della volont: affectio commodi e affectio
iustitiae).
Cartesio sulla scia di Duns Scotus, avanza una teoria volontaristica del giudizio: la ragione
soltanto presenta, il giudizio spetta alla volont. La differenza tra libert umana e libert
divina consiste solo nel grado di potere: finito nel caso delluomo, infinito nel caso di Dio.
Kant la libert come il postulato della ragione pratica, ma infine luomo si identifica con la
libert, p.e. disponendo delle categorie a priori, luomo in ultima analisi sceglie il suo mondo.
Cos si profila la rottura del nesso tra libert e verit che culmina in Fichte (lio crea il mondo
nel senso ontologico), Sartre (lio crea il mondo nel senso assiologico) e nel postmodernismo
(M. Foucault dice: la verit vi far schiavi).
Questa rottura possiede il suo riflesso nella teologia morale contemporanea (in una delle sue
correnti), che in qualche modo ha fatto sua la concezione delluomo come libert (vedi
Veritatis Splendor). Da ci viene la crisi della teoria della legge naturale, perch essa significa
una legge data e non creata dalla libert. Da ci: limportanza della giusta comprensione
dellessenza della libert.

3. I nodi cruciali della contemporanea filosofia della libert.


Il XX secolo ha mostrato il lato negativo della libert. La fuga dalla libert (E. Fromm) ha
condotto a due forme di dipendenza: esterna e interna. La libert da spesso non diventata
libert per.
La concezione di libert vera (Veritatis splendor) incontra spesso lincomprensione.
Domande: qual la relazione fra libert verit? luomo la libert o la libert un attributo
della natura umana?
Il nostro secolo vacilla fra determinismo (suggerito dalla scienza) e indeterminismo (come
postulato dellautocomprensione delluomo).
La libert trattata come valore, ma anche come principio di conflitto (Sartre: luomo
condannato alla libert, la libert diventa il principio della lotta, vedi lanalisi dello sguardo in
Sartre). Domanda: la libert assoluta o limitata, un valore supremo o la condizione per la
realizzazione di altri valori? P.e. E. Lvinas descrive come lincontro con lo sguardo dellaltro
diventa principio di limitazione della libert, perch il viso dellaltro dice: Tu non puoi
uccidermi. Cos la volont di potere che tende a dominare tutta lalterit trasformata da
dentro attraverso la esperienza dellincontro.
La relazione tra libert e volont non molto analizzata nella filosofia e psicologia
contemporanee (la psicologia parla piuttosto di motivazione). Tra i pensatori che hanno
analizzato la volont possiamo menzionare i nomi di A. Pfaender (Phaenomenologie des
Wollens Motive und Motivation), R. May (Lamore e la volont), P. Ricoeur (Philosophie de
la volont) e N. Ach (Ueber den Willensakt und das Temperament, 1910) cui Wojtyla si
riferisce direttamente.

4. La formazione della concezione di autodeterminazione


S. Giovanni della Croce la scoperta del nocciolo personale delluomo
M. Scheler il metodo dellanalisi dellesperienza vissuta

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I. Kant personalismo etico attraverso la riformulazione della seconda forma
dellimperativo categorico norma personalistica come la prima norma dellordine etico.
Secondo Wojtyla sia Scheler che Kant hanno scisso latto etico dallesperienza etica. Cos
non erano in grado di analizzare il fatto delloperativit umana. Ci dovuto al fatto che
hanno respinto la teoria di potenza ed atto, che secondo Wojtyla una interpretazione
quasi perfetta del dinamismo umano.
Ma qui c una certa ambiguit perch lactus aristotelico realizzazione di qualunque
potenzialit insita nelluomo, mentre in Wojtyla latto una specifica forma di
attualizzazione, cio non ogni actus aristotelico latto nel senso wojtyliano.

5. Lesperienza ci dice che ci sono nelluomo due strutture oggettivamente diverse: luomo
agisce e qualcosa accade nelluomo (nel senso metafisico ambedue realizzano la
potenzialit delluomo, luomo soggetto di ambedue e realizzazioni). A queste due forme
del dinamismo delluomo corrispondono le categorie della metafisica aristotelica: agere e
pati.
La massima classica ci dice: operari sequitur esse: ci vale nel senso esistenziale (loperari
presupporre esistenza) e anche nel senso essenziale (presupporre una essenza specifica).
Allora dalloperari specifico di un ente possiamo progredire verso la sua essenza. Cerchiamo
di vedere cosa ci rivela la differenza sopra menzionata riguardo allessenza delluomo.
In che cosa si differenziano le strutture luomo agisce e qualcosa accade nelluomo? (si
pu distinguere ancora qualcosa accade con luomo, ma qui luomo subisce soltanto
dallesterno).
Attivit (luomo come soggetto attivo) passivit (luomo come soggetto attivo).
La connessione con lio personale: pi stretta nel caso di luomo agisce, latto pi
mio, sta in relazione pi stretta con il centro personale.
Il momento delloperativit presente solo nel caso di luomo agisce io mi vivo come
lautore del mio atto, lo pongo in esistenza; abbiamo qui lesperienza vissuta della
causalit efficiente.
Il momento della responsabilit io mi vivo responsabile per il mio atto.
Il momento della moralit solo latto possiede il valore morale.
Il momento della creativit luomo non solo agente, ma anche creatore della sua
azione. Attraverso il valore morale dellatto luomo crea se stesso: perci Wojtyla dice che
luomo stesso costituisce la materia prima della sua creativit.
Tutto ci corrisponde alla distinzione tradizionale tra: actus hominis e actus humanus (che era
piuttosto verbale).
Lesperienza ci mostra che luomo allo stesso tempo immanente nella azione e trascendente
rispetto ad essa ( sempre la mia azione, io non mi esaurisco nella azione, sono qualcosa di
pi). Questa esperienza ci dice qualcosa della struttura della persona umana. Cerchiamo di
approfondirlo.

6. Luomo come suppositum.


Dal punto di vista fenomenologico esiste la differenza tra la soggettivit e loperativit
delluomo (p. 193). Queste strutture possono essere analizzate in modo autonomo ma devono
poi essere ricomposte. In un certo senso una fenomenologia che eviti la deviazione
emozionalista di Scheler in grado di sviluppare ambedue queste strutture. Agendo in tal
modo rischia per di fornirci una rappresentazione scissa e contraddittoria delluomo. da

19
questa scissione, propria non solo della fenomenologia ma anche pi in generale della
filosofia moderna (vedi: Descartes), che derivano le opposte unilaterit di Kant e Scheler.
Scheler risolve il dualismo optando per la soggettivit e sottovalutando lesperienza
delloperativit. Kant invece ha seguito la via opposta e non ha riconosciuto come proprio
delluomo laspetto della passivit che lo fa oggetto di attivazioni che non dipendono dalla
ragione pratica.
Il problema pu essere risolto solo da unanalisi che vada al nucleo ontico della persona,
scoprendo in esso lorigine di ambedue i dinamismi. Ci vuole cio la riduzione metafisica che
ci mostra luomo come suppositum (sub-ponere) dellesistenza e del suo dinamismo proprio.
Luomo per un suppositum del tutto particolare ( qualcuno, non qualcosa). Luomo
persona e in quanto persona un suppositum. Ci significa che luomo qualcosa di pi della
natura individualizzata. Luomo come persona possiede la sua natura umana e ci significa
non solo individualit, ma piuttosto unicit e irripetibilit. Ma siccome luomo un
suppositum, egli contemporaneamente agente e soggetto e vive interiormente se stesso
come agente e soggetto (p. 201).
Vediamo come ci vuole qui una sintesi fra fenomenologia e metafisica.

7. Persona e natura.
Il pensiero moderno ha contrapposto persona e natura (anche una certa teologia morale, vedi
p.e. K. Rahner).
Dal punto di vista fenomenologico esiste una certa giustificazione di questa contrapposizione:
natura significa ci che dato, unattivit data al soggetto quasi in anticipo (p. 209). La
natura ci data (nascor) ed responsabile per la soggettivit delluomo, mentre luomo come
persona si manifesta nelloperativit. Allora, le attivazioni della natura (dove non c
lesperienza delloperativit) sono impersonali?
Ma noi ci viviamo come unit unit di persona e natura. Allora c la necessit della loro
integrazione. Esiste un solo suppositum umano. Come dice Wojtyla, la natura umana esiste
nella persona. Lessere la persona umana significa possedere la natura umana (la natura
umana esiste solo cos, altrimenti un astratto) (p. 219). Daltro canto, la natura umana
dotata di propriet che permettono alluomo concreto di essere persona (le esamineremo pi
tardi).
Possiamo dire cos: dal punto di vista metafisico la natura equivale allessenza di un essere (p.
215). In senso metafisico la parola natura si adopera per indicare non i dinamismi propri di un
ente per il solo fatto di esistere ma lessenza propria di quellente. In questo senso la natura
la base di ogni attivazione e di ogni attivit dellente. Queste due considerazioni della natura
mostrano tutta la loro differenza quando si viene a considerare luomo. I dinamismi propri
delluomo in quanto oggetto nel mondo non costituiscono affatto n la totalit n il lato pi
importante dellagire delluomo. Appartiene infatti alla natura delluomo, correttamente intesa
in senso metafisico, lessere posseduta dalla persona. Nelluomo la natura integrata nella
persona ed ha esistenza reale solo nella persona. Perci lindividuo umano non un semplice
esemplare della specie, una concretizzazione dellessenza universale uomo, ma una esistenza
pienamente personale, cio unica e irrepetibile, non determinato dalla natura nel senso qui
analizzato (come principio di attivazioni).
Ci spiega perch non sufficiente che luomo realizzi il bene proprio della specie
rispondendo alle attivazioni naturali dategli a questo fine ma si chiede da lui che realizzi
questo bene in modo personale (perci gli istinti sono per luomo solo ragione prima facie,

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non determinano il suo agire; indicano i beni per luomo ma il modo di proseguire questi beni
deve essere personale).
Infatti, luomo non determinato nel suo agire latto dipende dalla persona, cio
nelloperativit delluomo scopriamo qui il momento della libert (non presente nel qualcosa
avviene nelluomo). Questo momento si esprime della frase: posso ma non sono costretto.
Da parte della potenzialit delluomo a questo contenuto della coscienza corrisponde la
facolt che chiamiamo volont. Chiamiamo nelluomo volont ci che permette alluomo di
volere (p.259). La dinamizzazione propria della persona, cio latto, contiene sempre il
momento della libert.
Questo momento sta anche alla base del divenire umano nel senso personale. Luomo crea se
stesso sulla base del primo dono dellessere attraverso i suoi atti, pi esattamente attraverso il
valore morale dei suoi atti essere moralmente buono significa essere buono come luomo.
Ma ci possibile solo perch luomo libero. Allora conviene analizzare nel modo pi
puntuale cosa la libert secondo K. Wojtyla.

LIBERT (2)

1. La libert ci si rivela nellesperienza: Posso ma non sono costretto nella quale subentra il
momento che esprimiamo con la parola: voglio (ci che differente dal mi viene voglia).
Wojtyla cerca le condizioni di possibilit di questa esperienza, per le cerca non come Kant
nella coscienza della persona ma nella struttura ontica della medesima.
Allesperienza io voglio corrisponde la facolt della volont come una potenzialit reale
del soggetto luomo. Grazie alla volont luomo in grado di volere il suo atto. Ma
nellesperienza la libert si rivela non tanto come propriet intrinseca allatto compiuto dalla
persona, quanto come capacit della persona di compiere atti (p. 263). Cos la volont ci
data soprattutto come propriet della persona e solo in secondo luogo come facolt. Allora
da un lato la volont una propriet della persona, ma da un altro la persona si manifesta
proprio attraverso la volont, la persona una realt che riguardo al suo dinamismo
costituita dalla volont. Questa relazione viene chiamata autodeterminazione. Il fieri
propriamente personale si realizza attraverso lautodeterminazione. Cerchiamo di
approfondire la struttura personale di autodeterminazione.
Nellesperienza dellautodeterminazione la libert ci si presenta non tanto come
indipendenza, quanto come dipendenza, cio come dipendenza dal proprio io. Sono libero,
posso ma non sono costretto, perch dipendo da me stesso (altrimenti non sarei libero). Nel
linguaggio di Wojtyla questa dipendenza da s si chiama trascendenza verticale.
Nellesperienza posso scegliere laccento si sposta su posso. Sembra che qui si nasconda
il mistero della libert. Posso costituisce una sfera pi profonda di ci che mio. Se si fosse
realizzata una situazione, in cui non posso rimpiazzasse del tutto posso, avrei cessato di
sperimentarmi come soggetto, sarei divenuto una cosa che del tutto sottoposta alle forze
esterne o interne.
La libert posta qui sul piano ontologico. Non solo una delle propriet dellessere umano,
ma in qualche modo costituisce la realt della persona. La libert non qualcosa di
accidentale nelluomo, ma appartiene alla dimensione sostanziale dellessere umano la

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libert della persona e non solo la libert della volont nella persona. Wojtyla scrive:
Lesistenza della persona si identifica con lesistenza del centro concreto della libert (p.
323). Vediamo cos che Wojtyla accoglie qui la grande istanza della filosofia moderna che ha
identificato luomo con la libert la accoglie ma allo stesso tempo la corregge in ci che non
in armonia con la nostra esperienza della libert come autodeterminazione (come vedremo
qui si nasconde una duplice dipendenza: dal proprio io e dalla verit che viene conosciuta e
riconosciuta dallio).
Grazie allautodeterminazione luomo si vive come soggetto, persona. Lesperienza
dellautodeterminazione non costituisce la personalit delluomo, perch luomo persona
gi nel momento della concezione, ma si manifesta a se stesso come soggetto soprattutto
nellesperienza di autodeterminazione. luomo si realizza come persona solo attraverso
lautodeterminazione (vedi Dante dove gli ignavi non sono neppure degni di essere
condannati, perch non hanno mai compiuto un atto autenticamente umano).
La libert quindi un valore valore positivo (non come in Sartre, dove noi siamo
condannati alla libert). un valore che ci dato ma allo stesso tempo deve essere anche
conquistato (la dialettica schiavo-padrone si riferisce non solo alla libert esterna ma anche
alla libert interna io posso essere padrone ma posso essere anche schiavo di me stesso).
Allora la libert una dipendenza (dipendenza da s) ma anche una indipendenza.
Indipendenza da che?
Libert da fattori esterni: la arbitrariet degli altri, fattori interni istinti, emozioni,
nel senso teologico dal peccato.
Lindipendenza di cui parliamo qui lindipendenza dalloggetto del volere nellatto
intenzionale. Che cosa significa ci? Nellatto intenzionale luomo varca il limite della
propria soggettivit e si dirige verso loggetto (Latto intenzionale consiste
nellindirizzamento vissuto dalluomo nel volgersi alloggetto, p. 309). Nel linguaggio di
Wojtyla abbiamo a che fare qui con la trascendenza orizzontale (la trascendenza della
persona consiste quindi in trascendenza verticale e trascendenza orizzontale). Nellatto
conoscitivo e nellatto di volere si realizza lapertura della persona verso il mondo, verso
la realt oggettiva.
Ma loggetto del volere non determina il volere (come p.e. nel caso del cane che vede un
pezzo di carne). In questo senso nellatto del volere luomo indipendente dalloggetto.
Loggetto (il valore) costituisce il motivo del volere (e poi della scelta) ma non lo
determina. Naturalmente, esiste una tensione naturale della volont verso il bene (volont
come appetitus). Questa tensione qualcosa di pi primario del decidere ma essa non
determina la scelta personale (la persona libera non soltanto grazie alla sua mancata
visione del bene come potrebbe risultare da alcune analisi tomiste, vedi p.e. E. Gilson). Il
motivo ci muove, ci attrae ma la decisione spetta alla persona.
La libert per gli oggetti, per i valori. Come dice Wojtyla: il volere tendenza e come
tale racchiude in s una certa forma di dipendenza dagli oggetti, la quale tuttavia non
distrugge affatto n annienta lindipendenza, di cui troviamo espressione in ogni semplice
voglio (p. 325).
Nel linguaggio fenomenologico abbiamo qui a che fare con una Wertantwort (risposta
al valore che ci si presenta) ma la risposta non una semplice reazione, latto della
persona.
C nelluomo ancora unaltra tensione, perch latto della libert non si realizza nella
sola sfera spirituale, perch propriet delluomo concreto. Esiste cio nelluomo una

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tensione fra la volont e la potenzialit del corpo: la sua impulsivit ed emotivit. Questa
tensione in linea di principio non cancella la libert, ma compito della persona di vivere
in modo giusto questa tensione Wojtyla parla di integrazione della persona nellatto (p.e.
che le emozioni non ostacolino ma aiutino la decisione della persona).
Allora: n determinismo, n indeterminismo, ma autodeterminismo (che consiste insieme
in ambedue, ma propriamente intesi, cio come dipendenza da s e indipendenza dagli
oggetti). Cos possiamo dire che il modo proprio di dinamizzarsi della persona la libert,
mentre il dinamismo istintivo proprio della natura.
Che cosa nelluomo fa possibile lesperienza di autodeterminazione? Questa esperienza
svela due strutture personali, che sono la loro base ontica, cio autopossesso e
autodominio. Ci si rivela qui la complessit propria dellessere umano. Per poter decidere
di me, io devo possedere me stesso. Che possiede luomo, e chi posseduto luomo.
Luomo una realt che non pu essere posseduta se non da se stessa ( sui iuris, tre en
soi, fr-mich-sein di Hegel, ma in Hegel questo si realizza solo nella coscienza).
Allautopossesso segue lautodominio: persona da un parte chi domina su se stesso,
dallaltra invece chi domina essa stessa. Lautopossesso la condizione dellautodominio
domina se stesso solo chi possiede se stesso (domina - nei limiti propri per ogni struttura
- la sua struttura somatica, emotiva e spirituale). Tutto ci ci dato nella coscienza
(riflessiva) attraverso lesperienza dellautodeterminazione. E come scrive Wojtyla
proprio in questo realizzarsi della struttura di autopossesso e di autodominio si
costituisce quel concreto io umano che la persona (Perch luomo?, p. 75).
Siamo qui alle radici sperimentali del concetto della persona. Essere persona significa
essere in relazione dei confronti della propria natura, possederla (anche nel caso di Dio
una natura divina posseduta da tre persone) essere la persona umana significa
possedere la natura umana nel senso esposto sopra. Perci luomo si vive come io. Ci
non presente nel concetto di suppositum. Luomo un suppositum particolare, perch si
vive come tale, prendendo coscienza delle strutture di autopossesso e autodominio.
Luomo fa esperienza di s come soggetto personale se si rende conto che possiede se
stesso e domina se stesso (ibid., p. 76).
Analisi dellautodeterminazione. Operativit e autodeterminazione: in questultima c
qualcosa di pi, cio luomo non soltanto creatore della sua azione, ma in qualche modo
creatore di se stesso luomo determina se stesso. Loperativit che propria della
persona allo stesso tempo lautodeterminazione, il principio del divenire personale.
Perci possiamo dire che il primo oggetto dellagire umano il soggetto stesso, io.
Wojtyla parla qui delloggettivazione dellio nellatto. Questa oggettivazione non avviene
cos che luomo ponga il proprio io come oggetto della sua azione, ma nel rivolgerci verso
altri oggetti nellatto intenzionale noi modifichiamo la nostra persona (essa diviene
sempre oggetto del nostro agire). Quando voglio una cosa qualsiasi, allora decido nello
stesso tempo di me (p. 273). La nostra esperienza non esperienza del puro volere, che
rivolto alloggetto esterno; lesperienza dellio voglio, cio esperienza personale.
Latto della volont sempre unactus personae, che impegna le strutture
dellautopossesso e autodominio. Come dice Wojtyla, non si tratta qui solo della persona
in actu (come veniva a volte presentato lactus humanus), ma dellactus personae.
Alloggettivazione si associa la soggettivazione grazie alla coscienza (alla sua funzione
riflessiva) luomo vive latto come suo senza la necessit della riflessione esplicita. Cos
vive anche la sua oggettivazione nellatto. In questo mode luomo si vive e si scopre

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continuamente come soggetto dotato della struttura oggettiva. Cos nellesperienza
dellatto abbiamo una sintesi tra oggettivit e soggettivit della persona.
Ogni atto di autodeterminazione costituisce una certa esteriorizzazione della persona.
Anche latto solamente interno esprime la persona, la modifica. Tutto ci ha naturalmente
grande importanza per la morale vediamo qui le fondamenta antropologiche della
morale.
Loperativit della persona si riferisce in primo luogo a essa stessa. La struttura dellatto
umano , in particolare dimensione, autoteleogica (Perch luomo?, p. 74). Non cos che
io mi interesso sempre in primo luogo di me, ma in questo senso che sono sempre il primo
oggetto del mio atto e il primo oggetto della mia responsabilit. Se luomo come persona
chi possiede se stesso e domina se stesso, ci dovuto anche al fatto che risponde per
s, come pure risponde davanti a s (p. 411). Possiamo dire: io sono stato affidato a me
stesso. Di che sono responsabile? Soprattutto del mio valore morale, perch la persona si
realizza attraverso la moralit. Vediamo anche qui come la moralit non si riduca a
qualcosa che esterno alluomo (il mondo delle norme che non hanno niente a che fare
con lesperienza personale), ma sorge dal di dentro della persona, pur rimanendo una
realt oggettiva.
Possiamo a questo punto distinguere fra lessere persona nel senso ontologico e lessere
persona nel senso fenomenologico e assiologico. Nel primo senso luomo sempre
persona, nel secondo luomo si costituisce come persona, come io concreto: il
costituirsi reale di questo io sul fondamento del suppositum umano dovuto
fondamentalmente agli atti di autodeterminazione (Perch luomo?, p. 75).
Possiamo anche distinguere fra valore ontologico e valore morale dellatto (p.e. Sartre fa
coincidere questi due valori, forse anche un filone della teologia morale contemporanea
vicino alla loro equiparazione). Non ogni atto della persona costituisce il suo compimento
solo latto che moralmente buono, e la moralit dellatto non dipende dalla persona,
ma dalla norma oggettiva. Dal punto di vista ontologico ogni atto realizzazione della
persona, ogni atto ne realizza una potenzialit. Ma non cos dal punto di vista morale.
La possibilit di compimento (o non-compimento) della persona fa fede della sua
contingenza: solo un essere contingente aperto a questa possibilit.
Sono libero perch dipendo da me e non dipendo dagli oggetti. Nellatto del volere
sperimento tutto ci. Ma quando al mio volere si presentano diversi oggetti secondo
quale modalit faccio la scelta? Solo in forza dellio voglio cos, perch non sono
costretto a nessuna scelta particolare, o forse c qualcosa di pi nella nostra esperienza
della libert. In altre parole: lespressione della nostra libert solo posso, non sono
costretto o forse gi in questa stessa esperienza c qualcosa di pi? Per poter rispondere
dobbiamo affiancare allanalisi del volere unanalisi della decisione.

LIBERT (3)

1. Dallanalisi del volere intenzionale passiamo allanalisi della decisione. In primo luogo
bisogna osservare che nella decisione ci si svela in modo molto chiaro il carattere

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dellindirizzar-si verso loggetto (il volere personale non solo un indirizzamento, perch
coinvolge ci che irriducibile nella persona, il suo centro personale). I valori esercitano il
loro fascino sulla persona (il mondo attrattivo per la persona secondo i suoi istinti pi
fondamentali: cio listinto di autoconservazione e listinto sessuale). Ma possiamo dire nel
caso della persona che listinto il principale punto di riferimento nella decisione della
persona?

2. Prendiamo un esempio: immaginiamoci che abbiamo ricevuto una lettera nella quale ci si dice
che qualcuno che abbiamo considerato nostro amico ci ha tradito in modo molto cattivo. La
nostra prima reazione lindignazione, lira, forse pensiamo come potremmo vendicarci. Ma
dopo un momento di riflessione ci accorgiamo che alcuni particolari contenuti nella lettera
sono in contraddizione con certi fatti che noi conosciamo come senza dubbio veri. Vediamo
che il contenuto della lettera non vero, che il nostro amico non ci ha tradito. Allora la nostra
reazione emozionale quasi di colpo sparisce, noi non vogliamo pi vendicarci. Che cosa
avvenuto? La nostra reazione emozionale e il nostro volere non hanno passato il test della
verit e perci non possono costituire un fondamento della nostra azione. Vediamo qui una
naturale, spontanea relazione fra verit e volont (libert). Luomo non vuole agire sulla base
di un qualsiasi valore che gli si presentato, ma vuole agire sulla base di un valore vero.
Questa relazione tra libert e verit ci si presenta come parte della nostra esperienza, non
come qualcosa impostoci dallesterno.

3. I grandi pensatori medievali hanno indicato questa relazione fra libert e verit definendo la
volont come appetitus rationalis, cio la volont una tendenza verso il bene, ma nel caso
della persona questa tendenza possiede un carattere razionale. Ma il bene della ragione la
verit. Ci significa che il modo umano di tendere verso il bene il tendere secondo ci che
vero, ci che la ragione ha riconosciuto come il vero bene.

4. Woltyla riprende questa tradizionale definizione della volont e cerca di approfondirla


attraverso lanalisi dellesperienza, lanalisi dellatto umano. Nel suo linguaggio lui esprime
questa relazione fra libert e verit parlando della verit sul bene come base della decisione
e della trascendenza della persona nellatto. Cerchiamo di approfondire questa espressione.

5. Abbiamo veduto come luomo dipende da s e non dipende dagli oggetti. Qui si cela
lessenza della libert. Luomo pu scegliere fra i vari motivi (valori), perch non dipende da
alcuno di essi lui dipende solo da se stesso. Ma la sua scelta non un semplice indirizzarsi
verso un valore tralasciando gli altri dicendo io voglio cos. Nella sua scelta come
abbiamo visto entra il momento della verit, lo specifico riferimento alla verit, che entra
nellintenzionalit del volere e crea quasi il suo principio intrinseco (p. 333). Perci
possiamo dire che luomo cerca la verit sul bene e questa ricerca costituisce il principio
intrinseco del suo volere, determina lessenza della decisione. Allora possiamo dire che la
trascendenza della persona nellatto una trascendenza verso la verit, o forse ancora meglio
trascendenza nella verit. Perch nella verit? Perch questo riferimento alla verit che
intrinseco alla volont spiega perch la volont possa essere indipendente dagli oggetti.
Luomo considera ogni oggetto (valore) dal punto di vista della sua verit oggettiva e perci
la sua decisione non viene determinata nel modo immediato da nessuno degli oggetti che gli
si presentano. Citiamo Wojtyla: Luomo non solo uno specchio passivo che riflette gli

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oggetti, ma mantiene rispetto ad essi una specifica preeminenza per mezza della verit; si
tratta della superiorit nella verit che implica una certa distanza dagli oggetti e che insita
nella natura spirituale della persona (p. 381). Cio il riferimento alla verit rende possibile
la libert (vedi anche J. Maritain, che parlava del primo atto della libert proprio nel momento
in cui uno sceglie qualcosa in virt del suo valore intrinseco, bonum honestum). Cos vediamo
che fra la libert e la verit non esiste nessuna opposizione, anzi che la verit (la possibilit di
conoscere la verit) la condizione che rende possibile la libert. Gli esseri che non
possiedono questa possibilit non sono liberi.

6. Adesso possiamo definire la libert come: lindipendenza dagli oggetti e la duplice


dipendenza: la dipendenza da s e la dipendenza dalla verit (verit sul bene). In ci consiste
il senso pieno della trascendenza della persona che come dice Wojtyla il suo altro nome.

7. Ma possiamo in questo momento porre unobiezione: nella nostra esperienza non sempre
cos che noi scegliamo secondo la verit che ci nota. Avviene, purtroppo assai spesso, che
pur conoscendo la verit scegliamo ci che non vero, non per errore, ma per debolezza o per
malvagit. Nel linguaggio religioso un atto che non obbedisce alla regola della dipendenza
dalla verit si chiama peccato, nel linguaggio etico parliamo dellatto moralmente cattivo. Ma
come dice Wojtyla appunto la realt della colpa, del peccato, del male morale, tanto pi
pienamente rivela il fatto che nella volont umana insito il riferimento alla verit e
lintrinseca dipendenza da essa (p. 339). Naturalmente, noi non sempre prendiamo le nostre
decisioni secondo la regola della verit. Il nostro riferimento alla verit una capacit
ontologica, che non sempre viene realizzata nella scelta concreta. Ma proprio qui incontriamo
il momento pi originale della nostra esperienza della moralit, e pi concretamente del
dovere morale. Il concetto di dovere ci noto dalla discussione di Wojtyla con Kant, per il
quale il dovere il pi fondamentale concetto etico, ma questo dovere era il dovere concepito
nel modo solamente formale (per Kant luomo deve sottoporsi alla pura forma
dellimperativo categorico, che gli dice tu devi). Questo concetto non era invece presente in
Scheler, che lo considerava estraneo alla vera moralit, che per Scheler ha a che fare con i
valori materiali che vengono percepiti nella esperienza emotiva. Ora Wojtyla cerca di ritenere
tutto ci che vero in ambedue le concezioni, evitando le loro unilateralit. Perci lui parla
dellesperienza conoscitiva vissuta dei valori come condizione della decisione e della scelta.
Questa esperienza la condizione necessaria, ma non sufficiente perch latto sia moralmente
buono. I valori costituiscono la motivazione dellatto, essi conducono la volont fuori dallo
stato dellindeterminazione iniziale, ma la motivazione non si identifica con la
determinazione. Allesperienza dei valori si associa unaltro elemento, cio il giudizio sui
valori. Proprio questo elemento di giudizio razionale non era presente in Scheler, perci la
correttezza della scelta rischiava di essere confusa con la sua autenticit (cio il valore che
sento nel modo pi intenso sarebbe anche il valore che devo seguire nella mia azione. Ci
poi molto chiaro nel pensiero di Sartre che eleva lautenticit al posto dellunico criterio
dellagire morale. In questo senso un marito che resta con sua moglie anche quando vive un
forte affetto per unaltra donna non agirebbe moralmente bene; lo farebbe quelluomo che
seguisse il suo autentico sentimento). In Wojtyla invece il giudizio razionale sui valori
concerne la loro verit, e esattamente in forza della sua verit il valore diventa oggetto della
mia autodeterminazione. Wojtyla dice: Nellesperienza vissuta dei valori contenuta la
conoscenza della verit sugli oggetti, cui si volge la volont in virt della sua specifica

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intenzionalit. intenzionalit del volere, volere che proprio in conseguenza dellesperienza
vissuta dei valori ossia attraverso il momento della verit sul bene, che i rispettivi oggetti
costituiscono assume forma di decisione o di scelta (p. 347). Ci vuol dire che la persona
che si determina e essa si determina nella verit. Dov qui il posto del dovere? Qui siamo al
nocciolo del pensiero etico di Wojtyla. Per Wojtyla e qui vediamo la sua differenza rispetto
a Kant il dovere morale sorge proprio dallesperienza vissuta della verit. Ecco la
definizione del dovere morale che riassume tutto ci che abbiamo detto finora: Il dovere
la forma sperimentale della dipendenza dalla verit, cui soggetta la libert della persona
(p. 373). In Kant questo riferimento alla verit mancava, e ci comprensibile, perch per
Kant luomo non in grado di venire alla conoscenza della verit (realt) oggettiva. Invece,
come abbiamo cercato di mostrare, in Wojtyla la trascendenza orizzontale della persona
consiste proprio nelloltrepassare la soglia della propria soggettivit verso la verit oggettiva.
Oltrepassandosi cos luomo spontaneamente si identifica con la verit che viene a conoscere.
Del resto, solo cos, solo nello spirito della persona la verit si manifesta come verit.
Possiamo dire la persona diventa testimone della verit. Perci per essere fedele a me stesso
come persona devo essere fedele alla verit che io stesso sono venuto a conoscere e
riconoscere. Il dovere che mi obbliga verso me stesso e il dovere che mi obbliga verso la
verit cui sono diventato testimone. Queste due cose nellatto concreto della persona sono
indissolubili. Vediamo adesso come e perch dipendere da me stesso (autodipendenza) e
dipendere dalla verit sono due lati della stessa realt. Perci il dovere morale non laltra
cosa che la forza normativa della verit che si fa presente nellesperienza vissuta della
persona. Cerchiamo di approfondire questa definizione di dovere morale.

8. Abbiamo detto che la nostra esperienza di libert si esprime nella frase: posso, ma non sono
costretto. Questo vero, ma non completo. Perch? Perch la piena esperienza della nostra
libert si esprime nella frase: posso, non sono costretto, voglio, devo. Il dovere non una
costrizione fisica o emotiva che venga dal di fuori e neghi la libert. vero, il dovere ci
vincola, ma esso ci vincola rispettando il movimento interno della libert, la sua legge interna
che la fa dipendente dalla verit. Citiamo ancora una volta Wojtyla: La trascendenza della
persona non soltanto dipendenza da s, dipendenza dallio. Contemporaneamente entra in
essa il momento della dipendenza dalla verit, e questo momento in ultima analisi forma la
libert. Essa infatti non si realizza subordinando a s la verit, ma subordinandosi alla verit
(p. 371). Allora, questo subordinarsi non qualcosa che sarebbe imposto alla libert da, ad
esempio, unautorit esterna; ma esso avviene grazie alla forza normativa della verit che si
rivela connaturale con la libert, cio non la intacca, ma la realizza come facolt di un essere
razionale. un vincolo morale che allo stesso tempo ci permette di sperimentarci come liberi.
Perci per Wojtyla il dovere la esperienza pi originaria della moralit (vedi Luomo e la
responsabilit in Perch luomo).
Come si realizza concretamente questo potere normativo della verit? Facciamo un esempio.
Per molti uomini che durante lo stato marziale in Polonia sono stati messi in prigione stata
fatta una proposta: sottoscrivi una dichiarazione di lealt al regime e sarai libero. Ma molti di
essi dissero: no. Sottoscrivendo non riacquisterei la mia libert, anzi la perderei. Allora,
abbiamo una situazione paradossale: uno per salvare la sua libert resta in prigione. Perch?
Perch essere fedele alla verit e essere libero sono per lui la stessa cosa. Una situazione
analoga il martire cristiano, che preferisce perdere la sua vita per non tradire la sua
convinzione pi profonda. Unaltro esempio, che divenuto paradigmatico nella storia

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occidentale, la vicenda di Socrate, che resta in prigione, bench i suoi amici gli facciano la
proposta di scappare.
Sono queste situazioni eccezionali, o forse proprio esse ci rivelano in modo particolarmente
chiaro lethos umano come tale? Credo che valga questultimo. Non a caso tutta la tradizione
ha mantenuto il divieto assoluto della menzogna. Lo ha fatto perch era convinta che per
mantenere la sua identit come soggetto razionale luomo deve essere fedele alla verit. Si
badi bene, noi non parliamo qui delle verit molto importanti, ma di ogni verit. Anche la
verit pi banale in determinate circostanze pu rivelare la sua dimensione normativa.
Quando a san Pietro viene chiesto: conosci questuomo?, allora lapparentemente banale
verit di conoscere un determinato uomo rivela la sua forza normativa. In questo senso, non ci
sono delle verit che siano moralmente neutrali. Lethos delluomo consiste nellessere
testimone della verit, di ogni verit. E questa la radice di moralit.
Il prof. T. Styczen parla in questo contesto della trappola della verit. Conoscendo la verit
io mi faccio suo testimone e non posso pi scusarmi di questa responsabilit.

9. Abbiamo detto che il dovere morale la forma sperimentale della dipendenza dalla verit.
Adesso possiamo chiederci: dove si manifesta questa dipendenza? Il luogo della
manifestazione del potere normativo della verit si chiama la coscienza morale. La tradizione
ha definito la coscienza morale come il giudizio che riguarda il bene da fare. Ma perch la
coscienza morale il giudizio essa si riferisce come ogni giudizio a ci che vero, in
questo caso alla verit sul bene.
La funzione della coscienza morale non soltanto conoscitiva, essa non ci dice soltanto
questo vero bene, ma anche normativa, essa ci dice questo bene un bene da fare.
Allora proprio la coscienza morale fa dipendere latto dalla verit conosciuta. In filosofia
noto il problema del passaggio dallessere al dover-essere. il cosiddetto problema della
fallacia naturalistica, che per la prima volta stato formulato da D. Hume. Lui dice: non si
pu passare nel modo logicamente corretto dalle sentenze che sono descrittive (che ci dicono
come la realt) alle sentenza prescrittive (che ci dicono come deve essere la nostra azione),
perch nella conclusione non ci possono essere dei termini che non sono stati presenti nelle
premesse. Questa obiezione poi stata fatta alla concezione tradizionale della legge naturale.
Qual la risposta di Wojtyla a questa obiezione? Lui ci mostra come proprio nella coscienza
morale avviene questo passaggio dall is all ought, dalla verit conosciuta alla verit che
va fatta. Possiamo dire che la coscienza morale ci svela laspetto normativo che presente
nella verit fin da principio. Citiamo Wojtyla: La persona umana in ogni suo atto testimone
oculare del passaggio dall al deve: da x veramente buono al devo compiere x (p.
389). Come gi abbiamo detto, tutto ci non era presente in Scheler, che ha sottovalutato la
dimensione normativa della moralit e perci anche la realt della coscienza morale.

10. Recentemente si parla anche in teologia morale della creativit della coscienza morale;
cio la coscienza non sarebbe solo un organo che applica le norme oggettive della legge
naturale, ma sarebbe creativa nel senso che creerebbe le norme personali (ad esempio, la
norma della Humane vitae vale solo per quelli che la riconoscono come espressione della loro
autocomprensione). La risposta di Wojtyla che la coscienza morale creativa nellambito
della verit delle norme, cio la coscienza d alle norme quellunica e irripetibile forma che
esse hanno proprio nella persona, nella sua esperienza vissuta e nella sua realizzazione (p.
395). La coscienza formula la norma per questo concreto caso, ma non crea la verit della

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norma, perch la verit qualcosa che non dipende dalla mia decisione, qualcosa che io
percepisco, non creo. Possiamo dire cos: il giudizio la vera creazione della coscienza, ma la
verit del giudizio non la sua creazione, qualcosa che non dipende da me, anzi io dipendo
dalla verit. Cio: alla base del potere normativo della coscienza morale sta lunione tra il
vero e il dovere che si realizza proprio in essa. Questo fatto costituisce anche la base della
inviolabilit della coscienza rispettare luomo in ci che pi umano significa rispettare la
sua relazione con la verit, la sua trascendenza nella verit, e ci vuol dire rispettare la sua
coscienza morale. Per questa stessa ragione la coscienza morale costituisce lultima norma
soggettiva della mia condotta morale; essa non costituisce invece come vorrebbe una certa
filosofia e teologia morale lultima norma oggettiva, proprio a causa della sua relazione con
la verit, perch pur essendo soggettivamente convinto di aver colto la verit nel mio
giudizio, posso sbagliare (perci anche lautorit sta al servizio della coscienza morale,
quando garantito, che essa insegna la verit).

11. Tutto ci ci mostra naturalmente che fra i diversi valori che la persona incontra nella sua
esperienza il valore fondamentale il valore della persona stessa. Ci a sua volta ci conduce
verso il personalismo etico di K. Wojtyla di cui ci occuperemo la prossima volta.

ETICA

1. In Persona e atto la problematica etica come tale messa fuori parentesi ma abbiamo visto
che nella nostra analisi della persona che si manifesta nellatto questa problematica era
presente. E non poteva non essere presente, dato che la moralit costituisce secondo Wojtyla
la propriet intrinseca degli atti e del realizzarsi della persona. Adesso vogliamo mettere
direttamente a fuoco la dimensione etica dellagire umano che Wojtyla ha analizzato nei
diversi saggi e in modo pi esteso nel saggio Luomo e la responsabilit. Cos vogliamo
presentare i pi importanti tratti delletica personalistica che stata sviluppata da Wojtyla e
dai suoi allievi a Lublino.

2. Di cosa tratta letica noi pi o meno lo sappiamo (e ad esempio non tutti sanno bene di che
cosa tratta la trigonometria). Questo sappiamo ci dice gi qualcosa delletica essa tratta
delle cose che sono importanti per noi. Essere moralmente buono significa essere buono come
uomo, cio realizzarsi come uomo, in ci che pi umano nelluomo. Se vogliamo chiamare
questa realizzazione felicit, allora possiamo dire che la bont morale conduce alla felicit.
In Persona e atto Wojtyla dice: Il realizzarsi e lessere felice costituiscono quasi unidentit.
Realizzarsi attuare quel bene mediante il quale luomo come persona diviene buono o
cattivo (p. 413). Allora cos quel bene di cui parla Wojtyla? questa la fondamentale
domanda delletica.

3. La seconda intuizione che presente nella nostra convinzione che riguarda limportanza della
problematica etica: la mia realizzazione (felicit) dipende da me. frutto del mio atto e cos
oggetto della mia responsabilit in certo qual modo io sono il primo oggetto della mia
responsabilit, dato che solo io posso essere lautore del mio bene morale. Citiamo Wojtyla:

29
La responsabilit per il valore che proprio delloggetto dellazione si lega intimamente alla
responsabilit per il soggetto, cio per quel valore che ha origine nel soggetto stesso, nellio
concreto insieme con lazione e ancora La responsabilit per loggetto intenzionale
dellazione soprattutto la responsabilit per il suo soggetto e autore mostra lo stretto
rapporto con la realizzazione di s, con lautorealizzazione dellio personale in ogni atto
(p. 407).

4. Ma daltro canto: essere moralmente buono significa essere buono per qualcuno. Chi si
interessa solamente di s - anche del proprio valore morale, della propria felicit non in un
certo senso al livello della moralit vera e propria. Nella nostra esperienza morale c un
elemento di gratuit, dellatteggiamento disinteressato che una propriet intrinseca della
moralit. Possiamo dire: divento buono grazie al mio atteggiamento disinteressato verso
laltro, ma si badi bene anche verso di me (verso la persona che sono io).

5. Letica si occupa dellatto umano. In che cosa allora consiste la differenza rispetto a ci che
abbiamo fatto fino ad ora? Latto come lo abbiamo analizzato costituisce loggetto
materiale delletica. Ma letica possiede il suo oggetto formale, diverso da quello
dellantropologia. Loggetto formale delletica: il dovere, la ragione per cui latto dovuto. Se
cos, dobbiamo affrontare la questione del criterio, nella relazione con il quale latto diventa
dovuto. Questo criterio lo possiamo chiamare la norma della moralit (a differenza delle
norme morali che riguardano diversi ambiti dellattivit umana).

6. Cos letica si differenzia da ci che possiamo chiamare etologia, cio una disciplina che si
occupa della moralit solo nel modo descrittivo (come p.es. la sociologia). Poi: letica una
disciplina razionale e in ci differisce dalla teologia morale. Letica indipendente dalla
teologia morale, perch lesperienza morale lesperienza originale, non dipendente dalla
rivelazione, connessa con luomo come tale. letica forse anche indipendente dalla
filosofia? Lo sosteneva un noto filosofo polacco T. Kotarbinski. Letica per lui si basa
sullevidenza dellesperienza e qui non c bisogno del sistema filosofico (per esempio: per
sapere che non lecito rubare io non ho bisogno della conoscenza filosofica). Kotarbinski ha
ragione, ma solo fino ad un certo punto. Noi possiamo dire: luomo ha anche bisogno di
sapere perch deve fare ci che gli si presenta con levidenza dellesperienza, e qui c posto
per la filosofia (poi ci sono dei casi non chiari, dove lintuizione immediata non basta,
pensiamo p.es. al vasto campo della bioetica).

7. La norma della moralit sappiamo gi quale funzione ha. Ma in che cosa consiste questa
norma? Credo che nella storia della filosofia possiamo individuare tre fondamentali risposte a
questa domanda (naturalmente con diverse sfumature). Queste risposte le possiamo chiamare:
eudemonismo, deontonomismo e personalismo. Cerchiamo di analizzarle.

8. Eudemonismo: le sue basi le vediamo p. es. nellEtica nicomachea di Aristotele, ma esso


presente in tutta letica greca. Si dice: ogni uomo tende alla felicit, questo il suo desiderio
naturale. Ma non chiaro in che cosa consista la felicit. Il compito delletica proprio
individuare la felicit vera. Le risposte dei filosofi erano diverse: Aristippo il piacere
(edonismo); i cinici dicevano: la negazione del piacere, lindipendenza; Epicuro un certo

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equilibrio; Aristotele la perfezione di ci che pi alto nelluomo, cio del suo intelletto.
Anche la modernit prosegue questo indirizzo vedi p.es. lutilitarismo di Bentham e Mill.
I pro di questa posizione: rispetta la razionalit (agire teleologico) e la libert delluomo
(convinzione interna), sottolinea il legame tra il fine cui luomo tende e il suo realizzarsi.
I contro: a seconda della versione per esempio nel caso delledonismo si pu mostrare che
la felicit delluomo non consiste nel piacere (vedi lesempio costruito da R. Hare). Ma pi
generalmente: ci che colpisce delleudemonismo la non-presenza degli altri, o il fatto che
la loro presenza subordinata a me (vedi La farisea di F. Mauriac). Si pu dire che gli altri
sono per me solo il mezzo che conduce alla mia perfezione, realizzazione (sembra che ci
venga sostenuto ad esempio da E. Gilson nella sua analisi dellamicizia). E poi: lo stesso
varrebbe nei confronti di Dio. Ma possiamo dire che Dio loggetto che mi pu rendere felice
e perci io lo devo prendere come mio fine ultimo? Sul piano fenomenologico questa la
nostra motivazione nella scelta di Dio?
Sembra che nelleudemonismo manchino due tratti che sono presenti nella nostra esperienza
del dovere morale: la gratuit (il carattere disinteressato) dellazione ed il carattere categorico
del dovere morale. Ci lo ha veduto Kant sostenendo che c una differenza fra voglio e
devo. Perci ha distinto fra limperativo ipotetico e limperativo categorico (lesempio di
Kant di un verduraio che vende la roba buona perch vuole guadagnare di pi, godendo di
buona fama, e un altro che vende la frutta buona perch ci il dovere dellonest). Nel
primo manca il carattere categorico che lega la nostra libert, che ci impone di fare ci che
moralmente buono. Perci Kant ha proposto una diversa teoria della norma della moralit.
Questa teoria noi la vogliamo chiamare deontonomismo.

9. Questa teoria non era del tutto nuova. Gi nel medioevo i filosofi e teologi volontaristi hanno
sostenuto che tutto ci che buono lo perch Dio ha voluto cos. Ma Dio poich
assolutamente libero avrebbe potuto volere altrimenti, p.es. che la menzogna fosse buona.
Infatti il problema stato posto gi da Platone nel suo dialogo Eutifrone: ci che buono lo
perch gli dei lo vogliono o gli dei lo vogliono perch buono? Allora la risposta dei
volontaristi : la bont dellazione viene dal comando di Dio (deontonomistmo teonomico) o
dal comando di qualche altra autorit (vedi il caso del nazismo; anche lesempio del
maneggiatore del faro ne Il piccolo principe di A. de Saint-Exupery, anche il caso di Abramo
e Isacco nel Vecchio Testamento)?
I meriti di questa posizione: essa salvaguarda il carattere categorico e disinteressato del
dovere morale, sottolinea il valore della fedelt, lobbedienza allobbligo che incombe
sulluomo.
Ma ci pu essere una versione del deontonomismo dove il posto dellautorit esterna prende
quello dellautorit interna, cio il proprio io (deontomismo autonomo). Questo forse il caso
di Kant e certamente il caso di Sartre. Perch qualcosa buono? Perch cos voglio io. la
mia volont, la mia decisione autonoma che conferisce allatto il carattere di bont morale. In
questa versione il proprio io acquista la posizione di autorit che comanda. Allora il
deontonomismo dice: latto buono perch stato comandato (dallautorit esterna oppure
interna).
I demeriti di questa posizione: salvaguardando il carattere disinteressato e categorico del
dovere morale essa intacca due tratti di questo dovere, che abbiamo individuato nella nostra
discussione come eudemonismo, cio la razionalit e il carattere interno del dovere morale.
Luomo come essere razionale vuole sapere la ragione del precetto; anche quando

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obbediente la sua obbedienza non cieca. Cos il deontonomismo mina la stessa soggettivit
della persona umana, anche, paradossalmente, nella sua versione di deontonomismo
autonomo perch anche qui la razionalit delluomo non rispettata, il dovere morale
espressione del volere che non ancorato nella verit delle cose (come dicevano i medievali:
sit pro ratione voluntas).
Tra parentesi: esiste, e assai spesso, il pericolo del deontonomismo pratico, descritto ad
esempio da E. Fromm nel suo libro Fuga dalla libert. Anche il culto degli esperti che
sostituiscono il proprio giudizio morale.

10. Allora: le due posizioni che abbiamo descritto ci hanno permesso di scoprire diversi tratti del
dovere morale, ma non sono state in grado di unirle. La nostra analisi si riferiva sempre
allesperienza alla moralit che ci data in modo immediato, senza bisogno di nessuna
teoria. In questo senso letica una scienza autonoma, essa non viene dedotta da altre scienze
(naturali, filosofiche o teologiche) ma possiede il suo proprio punto di partenza, la sua
esperienza originale. Questa esperienza necessaria, non si pu fare etica senza riferirsi ad
essa. Ma poi si tratta di descrivere nel modo adeguato questa esperienza e trovare la teoria che
la spieghi.
Allora, il primo passo fenomenologico, si tratta di vedere; questo era il metodo di Socrate,
ma anche del profeta Natan nei confronti di Davide. Ma possiamo prendere anche gli esempi
dalla nostra vita quotidiana. Il caso della controversia morale particolarmente eloquente.
Quando due uomini davanti allospedale discutono se devono dire o no la verit al loro amico
che ammalato di una malattia non guaribile, allora le loro posizioni possono essere diverse,
ma esiste qualcosa che rende possibile la loro controversia. Che cos? la convinzione che
si deve agire per il bene della persona, che solo il suo vero bene che deve guidare la nostra
azione. Senza questa convinzione comune la loro discussione non comprensibile. Da dove
viene questa convinzione? Dallesperienza immediata della persona che ci si d come il
valore che deve essere rispettato, che non pu essere usato come altre cose. Questo valore si
chiama dignit della persona. Il riconoscimento di questo valore presente nei diversi
sistemi filosofici (p.es. Socrate, stoici, san Tommaso, Kant, le diverse forme di umanesimo) e
ci anche fa fede del suo carattere originario, non dedotto da un sistema. Levidenza di questo
valore pre-sistemica ma naturalmente richiede unulteriore interpretazione sistemica.
La teoria etica per cui la norma della moralit la dignit della persona si chiama
personalismo etico. Esso unisce in s tutti i tratti del dovere morale che abbiamo individuato
sopra, cio razionalit, interiorit, il carattere disinteressato e categorico del dovere morale.
Questa la posizione di Wojtyla. Nella sua formulazione lui si riferisce al famoso imperativo
categorico di Kant (Agisci i modo tale da non trattare la persona altrui semplicemente come
un mezzo ma sempre anche come un fine della tua azione). Luomo ha il diritto di usare
degli oggetti che sono al mondo. Ma non ha il diritto di semplicemente usare laltra persona.
Perci Wojtyla dice: Nessuno ha diritto di servirsi della persona, di usarne come di un
mezzo, neppure Dio suo Creatore. Nel caso di Dio questo , daltra parte, assolutamente
impossibile, perch dotando la persona di natura ragionevole e libera, Egli le ha conferito il
potere di assegnarsi da sola i fini della sua azione... (Amore e responsabilit, p. 19). E poi
Wojtyla formula in questi termini la norma personalistica, che costituisce il fondamentale
punto di riferimento di tutto il suo pensiero etico: Ogni volta che nella tua condotta una
persona oggetto della tua azione, non dimenticare che non devi trattarla soltanto come un

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mezzo, uno strumento, ma tieni conto del fatto che anchessa ha, o perlomeno dovrebbe
avere, il proprio fine (ibidem, p. 20).

11. Lessenza del dovere morale lamore nel senso etico, cio laffermazione della persona per
se stessa, a ragione del suo valore intrinseco. Il termine affermazione preso dalla logica
proprio perch si tratta di affermare la verit delloggetto del nostro agire (in questa caso:
affermare la verit della persona attraverso latto. Si badi bene: lamore in questo senso allo
stesso tempo autonomo (rispetta la libert) e eteronomo (vuole essere guidato dalla verit
delloggetto).

12. Possiamo distinguere tra la dignit della persona (personale) e la dignit della personalit. La
prima non mutabile, uguale in tutti gli uomini; la seconda pu crescere o diminuire a
seconda del modo di agire del soggetto (in questo senso la personalit di un santo ha pi
dignit della personalit di un assassino, ma la loro dignit personale (dignit della persona)
pur sempre uguale.

13. Personalismo e umanesimo: non sono la stessa cosa, perch ci sono delle persone che non
sono persone umane.

14. Questa visione antropologica e etica della persona umana che abbiamo cercato di presentare
sta alla base della filosofia sociale di Wojyla, che stata sviluppata soprattutto nellultimo
capitolo di Persona e atto e poi nel saggio La persona: soggetto e comunit.

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