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UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA

FACOLTÀ DI FILOSOFIA
CENTRO SALESIANO DI STUDIO “PAOLO VI” – NAVE
(BS)

ANNO ACCADEMICO 2007 – 2008

L’Eros: “chiave di lettura” feconda


per la ricerca filosofica

Esercitazione scritta di Seminario di Storia della Filosofia

Relatore Studente
prof. don Elio CESARI SDB Daniele Pietro ERCOLI SDB
1. L’Enciclica Deus caritas est
Il 25 gennaio 2006 Sua Santità Benedetto XVI ha dato alle stampe la
sua prima Enciclica, Deus caritas est 1 , che aveva firmato un mese prima, il
giorno di Natale dell’anno 2005. Si tratta indubbiamente di un’Enciclica
programmatica, nel senso più alto ed impegnativo che si deve attribuire
all’aggettivo programmatico. Ricordando che Dio è amore, il Papa invita tutti
ad andare al centro della fede cristiana: «All’inizio dell’essere cristiano non
c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un
avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò
la direzione decisiva» (DCE 1). 2
Questo incontro genera un cambiamento radicale nella storia di ogni
credente perché interferisce con il centro, con il cuore dell’essenza umana: è
un incontro che influisce sul modo di amare. Questa specificità del
cristianesimo è espressa in modo magistrale dal premio Nobel per la
letteratura polacco Henryk Sienkiewicz nel suo romanzo Quo vadis? . Nel
capitolo 33 o si svolge il dialogo tra un pagano e l’apostolo Pietro, appena
giunto a Roma: «“Mi hanno detto: ‘La Grecia ha creato la bellezza e la
sapienza, Roma la forza; costoro che cosa ci portano?’. Parlate, dunque: che
cosa portate?”. “Portiamo l’amore!” disse Pietro». 3
Logicamente, anche prima dell’arrivo dei cristiani a Roma esisteva
l’amore; il mondo prima di Cristo conosceva certo l’amore, ma con un
significato diverso. Il fatto è che la parola amore è un concetto plurivoco,
polisemantico, con cui sono indicate accezioni anche molto differenti. Per
capire la novità dell’amore cristiano, il Santo Padre cerca dapprima di
illustrare la differenza e l’unità che esiste fra due concetti che incontriamo
nel campo del fenomeno dell’amore già dai tempi della filosofia degli antichi
1
Cfr. SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI, Deus caritas est, Libreria Editrice Vaticana, Città del
Vaticano, 2006. D’ora in poi verrà indicata nel testo con l’abbreviazione DCE seguita dal
numero del paragrafo.
2
Il primo studio scientifico in assoluto compiuto da Joseph Ratzinger è stato proprio
incentrato sull’amore: nel 1946 tradusse in tedesco la Quæstio disputata di san Tommaso
d’Aquino sulla carità. Il primo elaborato da studente di teologia è diventato quindi il tema
della sua prima Enciclica. Cfr. intervista con il prof. Alfred Läpple: GIANNI VALENTE e
PIERLUCA AZZARO, Quel nuovo inizio che fiorì tra le macerie, «30 Giorni» 1/2 (2006), pagg.70-
71.
3
HENRYK SIENKIEWICZ, Quo vadis?, Rizzoli Editore, Milano 1950 (originale polacco del 1895),
pag. 321.
2
Greci, l’ eros e l’agape. L’eros ha la forma del desiderio e nella filosofia
classica ha un carattere esclusivamente acquisitivo e non donativo: esso tende
ad una continua ulteriore a acquisizione e ad un sempre maggiore possesso. 4
L’agape denota nella novità del cristianesimo qualcosa di essenziale: ha la
figura della dedizione disinteressata, dell’oblatività totalmente gratuita.
Una lunga tradizione di pensiero ha inteso i due termini in una
relazione di opposizione, di contrasto. Benedetto XVI vuole invece dimostrare
che i due concetti non si oppongono, ma si armonizzano tra di loro. Viene alla
luce una concezione realista dell’amore umano, un amore che corrisponde alla
totalità – corpo e anima – dell’essere umano. L’agape impedisce all’eros di
abbandonarsi all’istinto, mentre l’eros offre all’agape le fondamentali
relazioni vitali dell’esistere dell’uomo. 5 L’Enciclica non contrappone quindi i
valori soprannaturali a quelli naturali, l’amore divino all’amore umano, l’eros
all’agape, ma ne mostra l’originaria armonia. Il Vangelo è, sì, in concorrenza
con gli ideali umani, ma nel senso letterale: con-corre, cioè, alla loro
realizzazione, li risana, li eleva, li protegge. Non esclude l’eros dalla vita, ma
esclude il veleno dell’egoismo dall’eros. 6
A dire la verità, l’obiettivo dell’Enciclica è del tutto spirituale, non
filosofico o concettuale: non è una trattazione sul tema dell’amore, ma è un
afflato spirituale che, di fronte al rischio di un attivismo sociale e caritativo
senza anima, richiama tutti alla coltivazione delle ragioni e motivazioni
spirituali dell’essere Chiesa e dell’essere cristiani, le quali danno senso e
valore al fare e all’agire. 7 Afferma il Santo Padre in uno dei passi più
suggestivi del documento: «L’amore è divino perché viene da Dio e ci unisce
a Dio e, mediante questo processo unificante, ci trasforma in un Noi che
supera le nostre divisioni e ci fa diventare una cosa sola, fino a che, alla fine,
Dio sia “tutto in tutti” (1Cor 15,28)» (DCE 18).

4
GIOVANNI REALE, Storia della filosofia greca e romana. Volume nono: Assi portanti del
pensiero antico e lessico, Bompiani, Milano 2004, pag. 173.
5
SUA ECCELLENZA MONS. WILLIAM JOSEPH LEVADA, Intervento alla conferenza stampa di
presentazione della prima Enciclica del Santo Padre Benedetto XVI “Deus Caritas est”, 25
gennaio 2006, dal sito http://www.vatican.va
6
PADRE RANIERO CANTALAMESSA OFMCAP , Omelia per la celebrazione della Passione del
Signore, Basilica di San Pietro, Venerdì Santo 14 aprile 2006, dal sito http://www.vatican.va
7
SUA EMINENZA CARD. RENATO RAFFAELE MARTINO, Intervento alla conferenza stampa di
presentazione della prima Enciclica del Santo Padre Benedetto XVI “Deus Caritas est”, 25
gennaio 2006, dal sito http://www.vatican.va
3
2. La vera alternativa proposta da mons. Angelini
Pochi mesi dopo la pubblicazione dell’Enciclica, mons. Giuseppe
Angelini ha dato alle stampe un libro come sostegno teologico alle tesi del
Papa. La tesi di Benedetto XVI risulta abbastanza audace, perché rovescia
molti luoghi comuni, e proprio per questo necessita che siano chiariti alcuni
nodi che si riferiscono all’immagine di Dio e a quella dell’uomo. Il libro Eros
e agape. Oltre l’alternativa 8 si offre come spunto illuminante per alcune
questioni.
Due sono gli spunti di riflessione di cui ci si è serviti nel presente
lavoro. Il primo è quello di ripensare il concetto di libertà come scelta
alternativa tra fede o incredulità. In questo senso la vera alternativa non è tra
eros o agape (che abbiamo visto essere due dimensioni della stessa realtà,
l’amore), ma tra eros e concupiscentia . Vedremo che questo punto è
fortemente contestato da una teologia di stampo protestante, a causa di una
differente concezione della natura della concupiscenza umana. Per i luterani è
il desiderio dell’essere umano che ricerca solo se stesso, e che quindi bisogna
considerare come peccato; per i cattolici si tratta invece di una inclinazione
che proviene dal peccato e spinge verso il peccato, ma non è peccato, perché
il peccato ha un carattere personale e, solo come tale, conduce alla
separazione da Dio.
Eros è qualcosa sempre da riscoprire e da risanare, a causa del peccato
e della fragilità umana, ma non perché abbia qualcosa di negativo in sé,
quanto invece per purificarlo dalle incrostazioni della concupiscenza.
Il secondo spunto è quello di pensare il processo di crescita nella
libertà non nei termini di un progresso senza limiti, ma come un cammino che
conduce all’alternativa e procede capitalizzando le scelte. Un cammino che
consiste nell’ ascesi, nella purificazione dell’eros.

3. L’eros divino
La vera alternativa, dunque, non è tra eros e agape, perché se così
fosse, verrebbe assegnato all’eros una caratterizzazione in un certo senso
“negativa”. Ma l’eros non è una realtà solamente umana: alcuni brani biblici
mostrano con chiarezza che l’amore che Dio nutre verso le sue creature non è
una relazione esclusivamente di tipo agapico, ma anche erotico. Viene così a
8
MONS. GIUSEPPE ANGELINI, Eros e Agape. Oltre l’alternativa, Edizioni Glossa, Milano 2006.
4
costituirsi un amore più pieno e corposo, un amore che comprende tutt’è due
le dimensioni. Se l’eros è uno degli attributi divini, esso deve essere
solamente una cosa buona: bisogna però farlo crescere perché arrivi a
pienezza, a maturazione.
Lo stesso Pontefice, nel Discorso ai partecipanti all’incontro promosso
dal Pontificio Consiglio “Cor Unum” del 23 gennaio 2006, 9 aveva illustrato il
suo pensiero sull’eros di Dio ricorrendo non a tematiche bibliche, ma
facendosi aiutare dalla poesia dantesca. Il viaggio, in cui Dante nella sua
Divina Commedia vuole coinvolgere il lettore, termina davanti alla Luce
perenne che è Dio stesso, termina davanti a quella Luce che viene descritta
allo stesso tempo come «l’ amor che move il sole e l’altre stelle» 1 0 . Luce e
amore sono quindi una sola cosa, sono la primordiale potenza creatrice che
muove l’universo. Se queste parole del Paradiso di Dante possono richiamare
il pensiero di Aristotele, che vedeva nell’eros la potenza che muove il
mondo, 1 1 lo sguardo del Sommo Poeta tuttavia scorge una cosa totalmente
nuova ed inimmaginabile per lo Stagirita. La Luce eterna si presenta in tre
cerchi di tre diversi colori e della medesima dimensione: sono l’immagine
delle tre persone della Trinità, i tre colori rappresentano i loro attributi,
mentre la loro dimensione significa la loro perfetta parità. Dante si rivolge
alla luce con i famosi versi:

O luce etterna che sola in te sidi,


sola t’intendi, e da te intelletta
e intendente te ami ed arridi!

Quella circulazion che sì concetta


pareva in te come lume riflesso,
da li occhi miei alquanto circunspetta,

dentro da sé, del suo colore stesso,


mi parve pinta de la nostra effige:
per che ‘l mio viso in lei tutto era messo. 1 2

9
Quindi due giorni prima della pubblicazione dell’Enciclica. S. S. BENEDETTO XVI, Discorso ai
partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio “Cor Unum” del 23 gennaio 2006,
dal sito http://www.vatican.va
10
DANTE ALIGHIERI, La divina commedia. Il Paradiso, Fratelli Fabbri Editori, Milano 1976,
canto XXXIII, v. 145 (corsivo nostro), pag. 352.
11
«Il concetto di eros viene riferito al Motore Immobile per spiegarne la causalità di tipo
finale. In quanto è l’ottimo (il supremamente bello e buono), Dio è oggetto di amore, cioè
oggetto di desiderio, e appunto come oggetto di desiderio muove i cieli e il cosmo». G.
REALE, Storia della filosofia greca e romana. Volume nono, pag. 173.
12
D. ALIGHIERI, Il Paradiso, XXXIII 124-132, pagg. 350-351.
5
La luce eterna dell’essenza trina ed unica, che tiene in Sé soltanto la
ragione del Suo essere, conosce, è conosciuta ed ama. Ed è in quest’ultimo
verbo la novità sconvolgente del cristianesimo. Dante passa poi a descrivere il
mistero dell’incarnazione, ossia delle due nature in Cristo. Quello dei tre giri
che aveva le sembianze della luce riflessa, il secondo dei tre cerchi (cioè il
Figlio che riceve la luce dal Padre), apparve dipinto, senza alcuna variazione
di colore, con un’effige umana. Ancora più sconvolgente della rivelazione di
Dio come cerchio trinitario di conoscenza e amore è la percezione di un volto
umano, il volto di Gesù Cristo. Dio, Luce infinita, il cui mistero
incommensurabile anche Aristotele aveva intuito, ha in realtà un volto umano
e – aggiunge Benedetto XVI – ha quindi un cuore umano. In questa visione di
Dante si mostra, da una parte, la continuità tra la fede cristiana in Dio e la
ricerca sviluppata dalla ragione; al contempo, però, appare anche la novità
che supera ogni ricerca umana, la novità che solo Dio stesso poteva rivelarci:
la novità di un amore che ha spinto Dio ad assumere un volto umano, anzi ad
assumere carne e sangue, l’intero essere umano. L’eros di Dio non è soltanto
una forza cosmica primordiale; è amore che ha creato l’uomo e si china verso
di lui. 1 3 È il mistero dell’incarnazione, che nel prendere forma sensibile agli
occhi di Dante conserva intatta la sua impenetrabilità, perché nell’atto stesso
di descriverlo il Poeta ha saputo atteggiarlo in modo inconcepibile, qual è
appunto l’idea di una figura dipinta del colore stesso del fondo su cui appare.
La parola “amore” oggi è spesso sciupata, consumata e abusata. Eppure
è una parola primordiale, espressione della realtà primordiale; dobbiamo
riprenderla, purificarla e riportarla al suo splendore originario, perché possa
illuminare la nostra vita e portarla sulla retta via. È stata questa
consapevolezza che ha indotto il Papa a scegliere l’amore come tema della sua
prima Enciclica. Egli stesso afferma che voleva «tentare di esprimere per il
nostro tempo e per la nostra esistenza qualcosa di quello che Dante nella sua
visione ha ricapitolato in modo audace. Egli narra di una “ vista” che
“s’avvalorava ” mentre egli guardava e lo mutava interiormente ( Paradiso,
XXXIII, vv. 112-114). Si tratta proprio di questo: che la fede diventi una
visione-comprensione che ci trasforma. Era mio desiderio di dare risalto alla
centralità della fede in Dio – in quel Dio che ha assunto un volto umano e un
cuore umano. La fede non è una teoria che si può far propria o anche
13
S. S. BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio
“Cor Unum”, 23 gennaio 2006.
6
accantonare. È una cosa molto concreta: è il criterio che decide del nostro
stile di vita». 1 4
Accettata questa visione in positivo dell’eros, come fascinazione,
promessa bramosa di felicità, resta da chiarire come sia possibile la sua
deriva negativa.

4. La concupiscentia frutto del peccato originale


Nel rapporto tra uomo e donna è evidente lo scarto che esiste tra ciò che
questa relazione promette al suo insorgere e ciò che essa diviene nella
distensione temporale. Il libro della Genesi offre un interessante spunto di
riflessione per spiegare ciò che gli uomini vivono. Facendo un’analisi protesa
“al principio” il testo ispirato descrive le relazioni tra i due esseri nel
giardino dell’Eden prima del peccato originale, quindi secondo il progetto che
il Creatore aveva sull’uomo: la donna è per Adamo «un aiuto che gli sia
simile», visto che «non è bene che l’uomo sia solo» (Gn 2,18); Eva viene
condotta a lui da Dio in persona (Gn 2,22) e «i due saranno una sola carne.
Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, ma non ne provavano
vergogna» (Gn 2,24-25).
Tuttavia, è sotto gli occhi di ognuno il fatto che il rapporto tra uomo e
donna sia molto diverso da quello che il Creatore aveva pensato per
l’umanità. La Genesi storicizza la forma ambigua del desiderio che unisce
uomo e donna: dopo il peccato originale Adamo ed Eva «si accorsero di essere
nudi» (Gn 3,7), si accusano a vicenda di fronte al Signore (Gn 3,12), Adamo
definisce la donna colei «che tu mi hai posta accanto» (Gn 3,12), alla donna
viene preannunciato che il suo istinto la spingerà verso suo marito, ma egli la
dominerà (Gn 3,16).
Le differenze che si riscontrano nelle relazioni tra uomo e donna sono
state analizzate in modo approfondito da Giovanni Paolo II nel suo ciclo di
catechesi che ha svolto durante le Udienze generali della primavera e
dell’estate del 1980: nel trattare di questo argomento cederemo
abbondantemente la parola al suo magistero. Non appena Adamo ed Eva
mangiano del frutto proibito si accorgono di essere nudi, e conversando con
Dio Adamo afferma di aver avuto vergogna della sua nudità (Gn 3,10). Nello

14
S. S. BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio
“Cor Unum”, 23 gennaio 2006.
7
stato dell’innocenza originaria, la nudità non esprimeva carenza, ma
rappresentava la piena accettazione del corpo in tutta la sua verità umana e
quindi personale. Adesso «l’uomo perde, in qualche modo, la certezza
originaria dell’”immagine di Dio”, espressa nel suo corpo. Perde anche in
certo modo il senso del suo diritto a partecipare alla percezione del mondo, di
cui godeva nel mistero della creazione». 1 5 Ma la vergogna non è solamente
una situazione individuale: la Genesi descrive «la vergogna della donna “nei
riguardi” dell’uomo, e anche dell’uomo “nei riguardi” della donna: vergogna
reciproca, che li costringe a coprire la propria nudità, a nascondere i propri
corpi, a distogliere dalla vista dell’uomo ciò che costituisce il segno visibile
della femminilità, e dalla vista della donna ciò che costituisce il segno
visibile della mascolinità. In tale direzione, si è orientata la vergogna di
entrambi dopo il peccato originale, quando si accorsero di “essere nudi”,
come attesta Genesi 3,7. Il testo jahvista sembra indicare esplicitamente il
carattere “sessuale” di tale vergogna: “Intrecciarono foglie di fico e se ne
fecero cinture”». 1 6 «Quella vergogna, invadendo la relazione uomo-donna
nella sua totalità, si è manifestata con lo squilibrio dell’originario significato
dell’unità corporea, cioè del corpo quale “substrato” peculiare della
comunione delle persone. Come se il profilo personale della mascolinità e
femminilità, che prima metteva in evidenza il significato del corpo per una
piena comunione delle persone, cedesse il posto soltanto alla sensazione della
“sessualità” rispetto all’altro essere umano. È come se la sessualità diventasse
“ostacolo” nel rapporto personale dell’uomo con la donna. Celandola
reciprocamente, secondo Genesi 3,7, entrambi la esprimono quasi per istinto.
Questa è, ad un tempo, come la “seconda” scoperta del sesso, che nella
narrazione biblica differisce radicalmente dalla prima». 1 7 «Di qui la necessità
di nascondersi davanti all’“altro” col proprio corpo, con ciò che determina la
propria femminilità/mascolinità. Questa necessità dimostra la fondamentale
mancanza di affidamento, il che di per sé indica il crollo dell’originario
rapporto “di comunione”». 1 8
Quando poi il Signore chiama l’uomo e la donna, e li invita a
manifestargli il loro errore, l’armonia che regnava tra di loro fino ad essere
15
SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale del 14 maggio 1980, dal sito
http://www.vatican.va
16
ID., Udienza generale del 28 maggio 1980, dal sito http://www.vatican.va
17
ID., Udienza generale del 4 giugno 1980, dal sito http://www.vatican.va
18
Ibid.
8
una cosa sola è chiaramente rotta. L’uomo accusa la donna e questa scarica a
sua volta la colpa sul serpente: la fiducia reciproca viene tradita, ed essi non
sono più in grado di prendersi le proprie responsabilità. La bellezza non è
elevazione dell’anima, ma diventa strumento di seduzione, diventa un fascino
inaffidabile.
La frattura tra i due sessi è manifestata anche dal modo di appellarsi.
Non appena Dio condusse Eva all’uomo, questi la chiama «carne della mia
carne». Nel dialogo con il Creatore dopo il peccato originale la donna diventa
«colei che mi hai posta accanto»: è un ulteriore segno della frattura e
dell’incrinarsi dell’unione originale che i due costituivano.
Questa frattura genera poi «un’altra forma di disuguaglianza, che la
donna risentirà come mancanza di piena unità appunto nel vasto contesto
dell’unione con l’uomo». 1 9 Essi «non sono più soltanto chiamati all’unione e
unità, ma anche minacciati dall’insaziabilità di quell’unione e unità, che non
cessa di attrarre l’uomo e la donna proprio perché sono persone, chiamate
dall’eternità ad esistere “in comunione”». 2 0 Il regine di concupiscenza in cui
sono inseriti, che causa il dominio sull’altro, «sottrae all’uomo, si potrebbe
dire, la dignità del dono, che viene espressa dal suo corpo mediante la
femminilità e la mascolinità, e in certo senso “depersonalizza” l’uomo
facendolo oggetto “per l’altro”. Invece di essere “insieme con l’altro” –
soggetto nell’unità, anzi nella sacramentale “unità del corpo” – l’uomo
diviene oggetto per l’uomo: la femmina per il maschio e viceversa». 2 1 «In un
certo senso, rende impossibile la libertà interiore del dono. Insieme a ciò,
subisce offuscamento anche la bellezza, che il corpo umano possiede nel suo
aspetto maschile e femminile, come espressione dello spirito. Resta il corpo
come oggetto di concupiscenza e quindi come “terreno di appropriazione”
dell’altro essere umano. La concupiscenza, di per sé, non è capace di
promuovere l’unione come comunione di persone. Da sola, essa non unisce,
ma si appropria. Il rapporto del dono si muta nel rapporto di
appropriazione». 2 2
Il matrimonio sotto il regime del peccato è descritto dal Catechismo
della Chiesa Cattolica in questi termini: « Ogni uomo fa l’esperienza del

19
S. S. GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale del 18 giugno 1980, dal sito www.vatican.va
20
Ibid.
21
ID., Udienza generale del 23 luglio 1980, dal sito http://www.vatican.va
22
Ibid.
9
male, attorno a sé e in se stesso. Questa esperienza si fa sentire anche nelle
relazioni fra l’uomo e la donna. Da sempre la loro unione è stata minacciata
dalla discordia, dallo spirito di dominio, dall’infedeltà, dalla gelosia e da
conflitti che possono arrivare fino all’odio e alla rottura. Questo disordine
può manifestarsi in modo più o meno acuto, e può essere più o meno superato,
secondo le culture, le epoche, gli individui, ma sembra proprio avere un
carattere universale. Secondo la fede, questo disordine che noi constatiamo
con dolore, non deriva dalla natura dell’uomo e della donna, né dalla natura
delle loro relazioni, ma dal peccato. Rottura con Dio, il primo peccato ha
come prima conseguenza la rottura della comunione originale dell’uomo e
della donna. Le loro relazioni sono distorte da accuse reciproche (Gn 3,12); la
loro mutua attrattiva, dono proprio del Creatore (Gn 2,22), si cambia in
rapporti di dominio e di bramosia (Gn 3,16b)». 2 3
La Genesi interpreta la condizione effettiva in cui l’uomo vive,
interpreta la malattia dell’amore come esito di una colpa originaria, come
frutto del peccato originale. Quindi, non può provenire dall’amore stesso.
Solo nel terzo capitolo, quando vengono esposte le conseguenze del peccato
originale, si introduce nella storia dell’umanità la concupiscentia ,
l’inclinazione verso il male che corrode l’uomo a tre livelli: nel rapporto con
gli altri uomini, nel rapporto con il creato e in quello con il Signore.

5. Cos’è la concupiscentia?
La questione sorge quando si riflette se essa sia qualcosa di insito
nell’eros, macchiandolo irreparabilmente di una connotazione negativa, o se
non sia invece qualcosa giustapposta ad esso. Il problema ha ricevuto diverse
risposte durante i secoli e al giorno d’oggi è forse più diffusa una concezione
negativa del desiderio erotico, a cui si dovrebbe contrapporre un amore
completamente oblativo e gratuito, spirituale e non corporeo.
È una soluzione però tipica di una certa teologia di stampo protestante.
Infatti sia i protestanti che i cattolici confessano la stessa dottrina quando
affermano che «l’uomo non è svincolato dal dominio che esercita su di lui il
peccato e che lo stringe nelle sue spire (cfr. Rm 6,12-14), né egli può esimersi
dal combattimento di tutta una vita contro l’opposizione a Dio che proviene

23
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1606-1607.
10
dalla concupiscenza egoistica del vecchio Adamo (cfr. Gal 5,16; Rm
7,7.10)». 2 4 Tuttavia, per i luterani «questa opposizione a Dio è in quanto tale
veramente peccato. Ma, grazie ai meriti di Cristo, il potere assoggettante del
peccato è vinto. Non è più un peccato “che domina” il cristiano, poiché esso è
“dominato” mediante Cristo al quale il giustificato è unito nella fede; così il
cristiano, finché vive sulla terra, può condurre pur in modo discontinuo una
vita nella giustizia. E, nonostante il peccato, il cristiano non è più separato da
Dio, poiché, nato di nuovo mediante il battesimo e lo Spirito Santo,
ritornando quotidianamente al battesimo, egli riceve il perdono del suo
peccato, per cui il suo peccato non lo condanna più e non è più per lui causa
di morte eterna ». 2 5 D’altra parte, invece, « i cattolici considerano che la grazia
di Gesù Cristo conferita nel battesimo, toglie tutto ciò che è “in senso
proprio” peccato, tutto ciò che “merita la condanna” (Rm 8,1), ma che resta
nell’uomo un’inclinazione (concupiscenza) che viene dal peccato e spinge al
peccato. Poiché i cattolici sono convinti che il peccato umano comporti
sempre un elemento personale, essi considerano che l’assenza di tale elemento
non permette più di chiamare peccato nel senso proprio del termine
l’inclinazione ad opporsi a Dio. Con ciò essi non negano che tale inclinazione
non corrisponda al disegno originario di Dio sull’uomo, né che essa,
ponendosi oggettivamente in opposizione a Dio e in contrasto con lui,
costituisca l’oggetto di una lotta che dura tutta la vita ». 2 6
In conclusione la dottrina tridentina e quella riformata concordano
nell’affermare che il peccato originale, come anche la concupiscenza che ne
rimane, sono in opposizione a Dio, e sono oggetto della lotta contro il peccato
che dura tutta una vita. Ma quando affermano che, dopo il battesimo,
nell’uomo giustificato la condizione di concupiscenza non separa più l’uomo
da Dio, il linguaggio che usano è ben diverso: in linguaggio tridentino, essa
non è più “peccato in senso vero e proprio”, mentre in linguaggio luterano, è
“peccatum regnatum ” (peccato dominato).
La concupiscentia della tradizione cattolica è nettamente staccata
dall’eros, è il suo opposto e la sua perversione: se è una inclinazione verso il
male, dev’essere estranea ad un eros che per sua natura è una tensione verso

24
PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI , Dichiarazione
congiunta sulla dottrina della giustificazione, 28, dal sito internet http://www.vatican.va
25
Ibi, 29.
26
Ibi, 30.
11
l’assoluto, verso l’eterno. Da parte luterana, invece, l’eros rimane sempre un
peccato, per quanto dominato e domato. Per utilizzare una metafora
semplificatrice, secondo la dottrina cattolica l’eros è come una mongolfiera, a
cui è può essere impedito di volare in alto dai sacchi di sabbia, dalla zavorra
della concupiscenza; per i luterani la mongolfiera dell’eros è come se fosse
costruita in ferro, è cioè destinata per sua stessa natura a non alzarsi da terra,
a non realizzare ciò che promette, cosa che è però resa possibile, anche se in
modo discontinuo, grazie ai meriti di Cristo. «Si può riconoscere, da una
prospettiva luterana, che il desiderio può diventare il varco attraverso il quale
il peccato assale». 2 7

6. Valenza religiosa dell’eros


Nelle mitologie prebibliche la realtà erotica e quella sessuale erano
trattate sotto forma di mito, anzi, per meglio dire, sotto forma di miti. La
moltiplicazione delle narrazioni è difatti strettamente connessa al politeismo;
la stessa riflessione filosofica segue la mitologia in questa frammentazione
dei volti dell’amore. 2 8 Per i greci, in analogia con altre culture, l’eros è
ebbrezza, sopraffazione della ragione, una sorta di pazzia divina da celebrare,
di potenza divina cui rendere culto, che spinge l’uomo ad impossessarsi di
qualcosa che è di Dio. 2 9 «Nelle religioni questo atteggiamento si è tradotto nei
culti della fertilità, ai quali appartiene la prostituzione “sacra” che fioriva in
molti templi. L’eros venne quindi celebrato come forza divina, come
comunione col Divino».
La sapienza biblica ha combattuto questa concezione dell’eros come
perversione: «Con ciò però non ha per nulla rifiutato l’eros come tale, ma ha
dichiarato guerra al suo stravolgimento distruttore, poiché la falsa
divinizzazione dell’eros, che qui avviene, lo priva della sua dignità, lo
disumanizza. […] Per questo l’eros ebbro ed indisciplinato non è ascesa,

27
PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI , Allegato alla
Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, 2B, dal sito internet
http://www.vatican.va
28
Mons. Angelini porta come esempio tipico il Simposio di Platone, in cui prendono la parola
vari personaggi, ciascuno con un’idea diversa dell’eros. Permane comunque in tutti la netta
separazione tra l’eros indifferente al sesso ed il sesso che presiede alla generazione. Cfr.
MONS. G. ANGELINI, Eros e Agape, pag. 84-85.
29
SUA ECCELLENZA MONS. DOMENICO SIGALINI, Un’Enciclica diversa. Per una lettura globale,
in AA. VV., Attratti dall’amore. Riflessioni sull’Enciclica Deus Caritas Est di Benedetto XVI, a
cura di don Enrico dal Covolo SDB e don Mario Toso SDB, LAS, Roma 2006, pag. 13.
12
“estasi” verso il Divino, ma caduta, degradazione dell’uomo» (DCE 4). La
tradizione biblica prima umanizza il sesso, correggendone l’immagine mitica
o feticista; soltanto poi ne rende esplicita la valenza religiosa. Infatti alla
nuova immagine del Dio biblico corrisponde una nuova immagine dell’uomo
ed una nuova immagine dell’amore. La sconvolgente novità del monoteismo
ha portato con sé anche una nuova concezione dell’uomo, strutturalmente
unificato nelle sue componenti, ed implica anche una concezione unitaria
dell’amore. In conclusione, scoprire in maniera corretta che cosa sia l’eros e
quali siano i suoi rapporti con l’agape, concorre al formarsi di una corretta
immagine di Dio. Eros ed agape esigono di non essere mai separati
completamente l’uno dall’altro: isolati, portano alla disumanizzazione
dell’amore, comportano un’immagine dell’uomo menomata ed irreale, ed
infine ad una sbagliata immagine di Dio, ad una sua caricatura. 3 0

7. Far emergere la positività dell’eros


L’eros, posto nella natura dallo stesso Creatore, ha bisogno quindi di
disciplina, di purificazione, per non decadere a causa della concupiscenza e
per mantenere fissa la meta che si prefigge. Abbiamo già accennato che l’eros
si dà all’uomo sotto forma di promessa, promessa di «infinità, eternità — una
realtà più grande e totalmente altra rispetto alla quotidianità del nostro
esistere» (DCE 5). L’eros nell’uomo è il suo infinito de-siderium: così è stato
chiamato nell’uomo lo slancio dell’essere in attesa di un valore sempre altro,
quasi verso un oggetto che provenga de-sideribus, dalle stelle. 3 1
Il grande poeta e drammaturgo inglese William Shakespeare ha descritto
in un famoso Sonetto quale sia l’oggetto della promessa dell’eros, e come
esso non possa accontentarsi di sottostare ai cambiamenti del tempo, ma per
sua natura chieda l’eternità:

Non sarà mai ch’io ponga impedimento all’unione


Di due anime fedeli. Non è amor l’amore
Che cambia quando si imbatte nel cambiamento,
Che fugge quando qualcosa lo allontana.
Oh no! È un faro sempre fisso
Che domina le tempeste senza mai esserne scosso.
È la stella d’ogni barchetta errante,
30
Cfr. FRANCO DOROFATTI, Giovani chiamati alla verità e all’amore, «Vocazioni» 5 (2006),
pag. 59.
31
Cfr. SABINO PALUMBIERI, Eros e agape, in AA. VV., Attratti dall’amore, pag. 26.
13
Non si conosce il suo valore, sebbene se ne possa calcolare l’altezza.
L’amore non è lo zimbello del tempo, anche se labbra e guance rosa
Passano sotto la sua falce ricurva.
L’amore non cambia in brevi ore o settimane,
Poiché tiene la rotta fino al giorno del Giudizio.
Se qualcuno dimostra che ciò è un errore
Allora è pur vero ch’io non ho mai scritto e nessun uomo amato. 3 2

L’eros è una finestra che si apre sull’eternità, sull’infinito; la sua


purificazione, l’ascesi, non è quindi il suo avvelenamento, ma la sua
guarigione e la sua maturazione, affinché esso non perda la sua dignità
originaria e non degradi a puro sesso. 3 3
«L’“eros”, questo dono dell’amore tra uomo e donna, viene dalla stessa
fonte della bontà del Creatore, come pure la possibilità di un amore che
rinuncia a sé in favore dell’altro. L’“eros” si trasforma in “agape” nella
misura in cui i due si amano realmente e uno non cerca più se stesso, la sua
gioia, il suo piacere, ma cerca soprattutto il bene dell’altro. E così questo, che
è “eros”, si trasforma in carità, in un cammino di purificazione, di
approfondimento. Dalla famiglia propria si spalanca verso la più grande
famiglia della società, verso la famiglia della Chiesa, verso la famiglia del
mondo». 3 4

8. Il matrimonio, palestra dell’eros


All’inizio dell’Enciclica, Benedetto XVI aveva affermato che nella
molteplicità dei significati che la parola amore può assumere, «l’amore tra
uomo e donna, nel quale corpo e anima concorrono inscindibilmente e
all’essere umano si schiude una promessa di felicità che sembra irresistibile,
emerge come archetipo di amore per eccellenza, al cui confronto, a prima
vista, tutti gli altri tipi di amore sbiadiscono». Il motivo di questa
affermazione lo ha fornito durante l’ Udienza ai partecipanti all’incontro
32
«Let me not to the marriage of true minds / Admit impediments, love is not love / Which
alters when it alteration finds, / Or bends with the remover ro remove. / O no, it is an ever-
fixed mark / That looks on tempest and it is never shaken; / It is the star to every wand’ring
bark, / Whose worth ‘s unknown, although his height be taken, / Love ‘s not Time’s fool,
though rosy lips and cheeks / Within his bending sickle’s compass come, / Love alters not
with his brief hours and weeks, / But bears it out even to the edge of doom: / If this be error
and upon me proved, / I never writ, nor no man ever loved». WILLIAM SHAKESPEARE, Sonetti,
Feltrinelli Editore, Milano 1980 (originale inglese del 1609), Sonnet CXVI, pag. 136
(traduzione nostra).
33
Cfr. F. DOROFATTI, Giovani chiamati alla verità e all’amore, «Vocazioni» 5 (2006), pag. 59.
34
S. S. BENEDETTO XVI, Udienza generale del 18 gennaio 2006, dal sito
http://www.vatican.va
14
promosso dal Pontificio Consiglio “Cor Unum” . In tale occasione ha
affermato: «Volevo mostrare l’umanità della fede, di cui fa parte l’ eros – il
“sì” dell’uomo alla sua corporeità creata da Dio, un “sì” che nel matrimonio
indissolubile tra uomo e donna trova la sua forma radicata nella creazione. E
lì avviene anche che l’ eros si trasforma in agape – che l’amore per l’altro non
cerca più se stesso, ma diventa preoccupazione per l’altro, disposizione al
sacrificio per lui e apertura anche al dono di una nuova vita umana». 3 5
Emblematica a tal proposito è la traccia di cammino dall’eros all’agape
che viene proposta nel Cantico dei Cantici: mentre si inneggia all’eros, si
indica anche la necessità della sua ascesi, perché possa maturare secondo la
sua natura. Nel testo biblico « si trovano due parole diverse per indicare l’
“amore”. Dapprima vi è la parola “ dodim” — un plurale che esprime l’amore
ancora insicuro, in una situazione di ricerca indeterminata. Questa parola
viene poi sostituita dalla parola “ ahabà”, che nella traduzione greca
dell’Antico Testamento è resa col termine di simile suono “ agape”. […]
Questo vocabolo esprime l’esperienza dell’amore che diventa ora veramente
scoperta dell’altro, superando il carattere egoistico prima chiaramente
dominante. Adesso l’amore diventa cura dell’altro e per l’altro. Non cerca più
se stesso, l’immersione nell’ebbrezza della felicità; cerca invece il bene
dell’amato: diventa rinuncia, è pronto al sacrificio, anzi lo cerca» (DCE 6).
Nel Nuovo Testamento si parla del rapporto fondamentale tra gli sposi
come riflesso e partecipazione del rapporto tra Cristo e la Chiesa. Nella
Lettera agli Efesini Paolo afferma: «Voi, mariti, amate le vostre mogli, come
Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa,
purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al
fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né
ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il
dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria
moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al
contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo
membra del suo corpo» (Ef 5,25-30). Il grande mistero che sacramentalizza
l’unione coniugale comprende anche l’amore concreto che coinvolge gli sposi,
per cui ogni gesto concreto di coniugalità (che avvenga a livello spirituale,

35
S. S. BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio
“Cor Unum”, 23 gennaio 2006.
15
psicologico-affettivo o fisico) è un gesto che appartiene al mistero del
rapporto tra Cristo e la Chiesa. 3 6
Nel matrimonio la scoperta dell’altro, la cura per l’altro, la ricerca del
bene dell’amato, e non di se stesso, portano l’eros fino alle sua massime
potenzialità, lo elevano fino alla definitività che si esprime in due
dimensioni: nel senso del per sempre e nel senso dell’esclusività. L’amore si
presenta come estasi, intesa come un cammino, come un «esodo permanente
dall’io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio
così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio» (DCE 6).
Ma è un cammino che non è possibile percorrere basandosi sulle sole
forze umane: è la grazia di Dio che permette la completa e matura
realizzazione della loro unione. 37

9. Il processo
Il cammino che abbiamo tracciato richiede però un chiarimento a
riguardo dell’antropologia che gli è sottesa. Mons. Angelini prospetta
l’abbandono dello schema teorico dell’“antropologia delle facoltà”, il quale
vede l’uomo come una natura portatrice di potenze: l’uomo realizzerebbe
pienamente se stesso solamente nell’attuazione di tali potenze. L’antropologia
del professore di Milano propone invece un modello di uomo che riconosce
l’essenziale mediazione della coscienza. L’“antropologia delle facoltà” si
inserisce in un contesto di staticità, in cui all’uomo, dato nella sua totalità,
viene proposta l’alternativa. La coscienza ha invece la forma del dramma, e
all’inizio non c’è la libera iniziativa dell’uomo, ma l’accadere della grazia: la
grazia precede l’uomo e gli offre il senso che egli ricerca.
La mediazione della coscienza si inserisce in quella linea di pensiero
che anche il Papa aveva tracciato all’inizio dell’Enciclica, quando affermava
che «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande
idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita
un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (DCE 1). La stessa ricerca
della propria origine, o di chi sia il proprio creatore, parte da un dato previo:
36
SABINO PALUMBIERI, Eros e agape, in AA. VV., Attratti dall’amore, pagg. 36-38.
37
«Tuttavia, anche se gravemente sconvolto, l’ordine della creazione permane. Per guarire le
ferite del peccato, l’uomo e la donna hanno bisogno dell’aiuto della grazia che Dio, nella sua
infinita misericordia, non ha loro mai rifiutato (cfr. Gn 3,21). Senza questo aiuto l’uomo e la
donna non possono giungere a realizzare l’unione delle loro vite, in vista della quale Dio li ha
creati “all’inizio”». Catechismo della Chiesa Cattolica, 1608.
16
l’esserci del mondo, e in un secondo momento l’esserci del soggetto. Questa
ricerca di senso avviene sotto forma del dramma. Deve esserci quindi un
evento originario che rende possibile l’emergenza del soggetto umano, un
evento originario che qualifichiamo come evento di grazia. È questa grazia a
generare la meraviglia, è questa grazia che mette in moto una ricerca e un
cammino di fede. Il cammino presuppone quindi una fede iniziale, che
procede pian piano capitalizzando i risultati raggiunti: una fede che precede
la comprensione (« Crede ut intelligas! » arriverà a dire sant’Agostino).
Bisogna comprendere l’umano in un orizzonte drammatico,
evenemenziale, per poter comprendere alcune categorie irrinunciabili per
l’antropologia cristiana, come ad esempio libertà, grazia, legge, amore. Mons.
Angelini afferma che la mediazione della coscienza si impone soprattutto dal
punto di vista psicologico, culturale e pratico. 3 8 Psicologico in quanto i
vissuti emotivi, le passioni, sono fondamentali per la nascita e la crescita del
soggetto umano; questo momento “passivo” concorre in maniera progressiva
all’insorgere della coscienza, e non può quindi non essere preso in
considerazione. Così, bisogna tener presente il ruolo della cultura, della
significazione linguistica, che sono essenziali alla nascita dell’individuo; ma
la lingua viene appresa solo all’interno di un codice (ethos) che rende
possibile una pratica sociale di vita, e la raccomanda alla coscienza del
soggetto come bella e buona. L’Enciclica di Benedetto XVI si era aperta con
una citazione della Prima Lettera di Giovanni; nel lessico giovanneo è da
notare la particolare pregnanza del verbo conoscere, che fa riferimento ad una
manifestazione sensibile dell’amore che colpisce l’uomo che ne fa
un’esperienza viva: conoscere è essere immessi all’interno di un evento,
esserne compresi. 3 9 Infine, è importantissimo il ruolo che la coscienza assume
nella formazione del cuore dell’uomo dal punto di vista pratico. Le scelte
personali e libere del singolo sono essenziali per l’appropriazione personale
della cultura, e dunque per significare quell’originale esperienza passiva della
grazia, che presiede alla nascita del soggetto. «In greco» ricorda il filosofo
Salvatore Natoli, «esperienza si dice empeirìa , con la radice péras, che vuol
dire confine. L’esperienza è dunque la modalità attraverso la quale l’uomo,

38
MONS. G. ANGELINI, Eros e Agape, pagg. 65-66.
PIER DAVIDE GUENZI, Credere all’amore di Dio: l’opzione fondamentale della vita cristiana,
39

«Vocazioni» 5 (2006), pag 14.


17
vivendo, traccia confini, comincia ad elaborare una mappa del mondo, ma
anche di sé». 4 0

10. Conclusioni
Nel presente lavoro abbiamo iniziato la nostra riflessione alla luce
dell’enciclica Deus caritas est di Benedetto XVI ed abbiamo raccolto la
provocazione di mons. Angelini. Per mostrare che eros ed agape sono due
dimensioni intrinsecamente collegate dell’amore, e che esso, pur nella
diversità delle sue manifestazioni, in ultima istanza è uno solo, abbiamo
innanzitutto analizzato il significato positivo dell’eros, espressione che non
appartiene esclusivamente al campo semantico umano, ma denota una
caratteristica che appartiene anche agli attributi divini.
Di fronte all’evidente scarto che si presenta tra la promessa di eternità
ed esclusività che l’eros propone e l’esperienza quotidiana di ogni uomo,
abbiamo dimostrato che la sua deriva negativa, cioè la concupiscenza, non è
qualcosa di intrinsecamente a lui legato, come vorrebbe una certa teologia di
stampo protestante, ma qualcosa di giustapposto: qualcosa di eliminabile, ma
che permane sempre come tentazione.
Il cammino di purificazione è necessario non solo dal punti di vista
antropologico. Vivere la vera natura dell’eros e portarlo alle sue massime
aspirazioni ha anche una valenza religiosa, in quanto contribuisce a formare
in noi una giusta comprensione dell’immagine di Dio. In quest’ottica si
comprende meglio anche il sacramento del matrimonio, strumento che Cristo
ha scelto per comunicare la sua grazia, segno sensibile, accessibile alla nostra
attuale umanità, che realizza in modo efficace la grazia che significa: 4 1 è
questo il luogo privilegiato che Dio ha scelto per la purificazione dell’eros.
Il cammino di ascesi implica, come indica la parola stessa, un
movimento, e quindi una forma drammatica. Mons. Angelini ha proposto
l’applicazione di una nuova antropologia che non si limiti a proporre
un’alternativa, ma un cammino che conduca all’unica alternativa, quella tra
fede o incredulità. In questo contesto assume grande importanza la
mediazione della coscienza individuale, che si impone dal punto di vista
psicologico, culturale e pratico: i vissuti emozionali, la significazione
40
SALVATORE NATOLI, Guida alla formazione del carattere, Morcelliana, Brescia 2006, pagg.
36-37.
41
Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1084.
18
linguistica, e l’esperienza ( praxis ) concorrono infatti alla formazione della
coscienza.

19
Bibliografia

Catechismo della Chiesa Cattolica.

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20
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S. E. M A R T I N O C A R D . R E N A T O R AFFAE L E , Intervento alla conferenza stampa


di presentazione della prima Enciclica del Santo Padre Benedetto XVI “Deus
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Riflessioni sull’Enciclica Deus Caritas Est di Benedetto XVI , a cura di dal
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P ONT I FI C I O C O N SI G L I O PE R L A P R OMOZ I ONE DE L L ’U NI T À DE I C R I ST I A N I ,


Allegato alla Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione , dal
sito internet http://www.vatican.va

P ONT I FI C I O C O N SI G L I O PE R L A P R OMOZ I ONE DE L L ’U NI T À DE I C R I ST I A N I ,


Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione , dal sito internet
http://www.vatican.va

R E AL E G I O V A N N I , Storia della filosofia greca e romana. Volume nono: Assi


portanti del pensiero antico e lessico , Bompiani, Milano 2004.

R OMANE L L I M A R G H E R I T A M AR I A , “Amore”: un termine ambiguo nella cultura


e nei linguaggi del nostro tempo , «Vocazioni» 5 (2006), pagg. 5-9.

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S IE NKI E W I C Z H E N R Y K , Quo vadis?, Rizzoli Editore, Milano 1950.

S. E. S I G A L I N I M O N S . D O ME NI C O , Un’Enciclica diversa. Per una lettura


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Mario SD B , LAS, Roma 2006, pagg. 11-21.

V AL E NT E G I A N N I e A ZZ A R O P I E R L UC A , Quel nuovo inizio che fiorì tra le


macerie, «30 Giorni» 1/2 (2006), pagg.70-82.

21
Indice

1. L’Enciclica Deus caritas est …………………………………………….. pag. 2


2. La vera alternativa proposta da mons. Angelini ………………………. pag. 4
3. L’eros divino ………………………………………………………………. pag. 4
4. La concupiscentia frutto del peccato originale ……………………….. pag. 7
5. Cos’è la concupiscentia ? ……………………………………………….. pag. 10
6. Valenza religiosa dell’eros …………………………………………….. pag. 12
7. Far emergere la positività dell’eros …………………………………… pag. 13
8. Il matrimonio, palestra dell’eros ………………………………………. pag. 14
9. Il processo ………………………………………………………………... pag. 16
10. Conclusioni ……………………………………………………………… pag. 18
Bibliografia ………………………………………………………………….. pag. 20
Indice ………………………………………………………………………… pag. 22

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