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1: LE PROPRIETÁ TRASCENDENTALI DELL’ESISTENTE cammino, mangio, ma niente di tutto questo per me sarebbe
(cap. 6°) possibile se non fossi IO, nella mia profonda unità sul piano
Facciamo il punto della situazione: abbiamo chiarito la duplice dell’essere
polarità di atto d’essere ed essenza; poi abbiamo dovuto dar ragione D’altro canto però ci accorgiamo di come il pensiero ed il
dell’esperienza della molteplicità e del divenire (livello basso). linguaggio tenda, senza che ce ne accorgiamo, ad unificare ciò che
Adesso diciamo qualcosa sull’ente in quanto tale, il livello alto in verità è diverso (pensiamo o parliamo di UN mare, UN bosco,
quando propriamente non esiste un mare ma esistono miliardi di
PREMESSA TERMINOLOGICA gocce d’acqua)
Si hanno 2 coppie fondamentali di termini: Altro dato di evidenza comune è che ogni ente è irripetibile, dotato
☼ Trascendenti: cioè di carattere propri che lo rendono diverso da qualsiasi altro
a. In senso stretto: la realtà infinita di Dio L’ultima premessa riguarda l’interrogativo sul primato dell’ente o
b. In senso ampio: lo spirito, l’uomo, la grazia… dell’uno. Da una parte, tutto ciò che ci circonda rientra nell’ambito
☼ Trascendentali: dell’esistente cui non può essere addizionata alcuna perfezione
a. In senso kantiano: le categorie a priori del entitativa. Dall’altro quando si dice che una cosa è “una” è chiaro
soggetto conoscente, condizioni soggettive, che ci si riferisce a qualcosa che non si riduce alla somma delle sue
pure, di possibilità del conoscere parti. Sembra che l’unità possa essere una proprietà che, dando
b. In senso scolastico: l’essere in quanto tale ed i all’essere carattere di unità e coesione, si possa fare produttrice di
suoi attributi fondamentali autentica novità entitativa
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7.1 LE LEGGI TRASCENDENTALI DELL’ESSERE (cap. 7°) Le critiche in difesa del divenire e della dialettica sono
Principi dichiarativi ed esplicativi insufficienti. Secondo Hegel infatti è necessario negare
Non vi è dicotomia tra i principi primi (piano ontologico) e le leggi l’identità e la non-contraddizione. Egli teorizza la
dell’essere (piano gnoseologico). contraddizione come principio costitutivo della realtà: una tesi
Dopo aver individuato i “modi d’essere essenziali” attraverso i quali è tale, è se stessa, solo in rapporto alla sua antitesi. La nascita
l’essere in quanto tale si esprime (sono i trascendentali), ci chiediamo spirituale (sintesi) si produce solo a partire dalla lacerazione
ora: come funzionano i trascendentali? Con quale logica interna dell’essere. Se anche così fosse, ogni istante del mutamento
funzionano? Rispondiamo trattando le leggi trascendentali. sarebbe, nella sua istantaneità, identico a sé e diverso da tutti gli
Alla domanda: “cos’è l’essere?” (che cosa è?) rispondiamo con la altri;
trattazione dei “principi dichiarativi dell’essere” (identità, non L’arbitrarismo divino contraddice la stessa realtà dell’Assoluto
contraddizione, terzo escluso). Alla domanda: “perché (piena identità con se stesso e esclusione di ogni negatività e
l’essere?”(perché è cosa?) rispondiamo con i “principi esplicativi” contraddizione). Se Dio per assurdo potesse comandare il
(Ragion d’essere e di conseguenza i principi di causalità, finalità, contraddittorio non sarebbe più Lui, si smentirebbe, essendo
esemplarità) pura semplicità e identità assoluta per definizione;
I PRINCIPI DICHIARATIVI (come irraggiamento dell’unum) 7.2 I PRINCIPI ESPLICATIVI nella formulazione della ragion
ESSERE → principio d’identità: ogni esistente è se stesso (a=a) d’essere (come irraggiamento del verum)
CONOSCERE → principio di non contraddizione: è impossibile
essere e non essere “allo stesso tempo” e “sotto lo stesso rapporto” La nostra tesi si propone di argomentare che la legge non si riduce
ESPERIENZA → principio del terzo escluso: tra l’essere e il non ad un conoscere umano e soggettivo, ma si presenta (alla coscienza
essere non si dà nulla in mezzo; del soggetto singolo, certo), come un’autentica legge trascendentale
con una plausibilità oggettiva. L’insopprimibile domanda
CRITICHE E OBIEZIONI CONTRO TALI PRINCIPI protocritica : “Perché una cosa è?” se la pone il bimbo senza aver
Il principio d’identità viene accusato di essere monista (che ancora compreso l’importanza di dare un senso alle cose, perchè è
nega la molteplicità e la complessità del reale), fissista (che nega parte di lui.
il divenire), tautologico (che non dice nulla di nuovo);
Il principio di non contraddizione viene accusato di essere Dati storici riguardanti il principio di ragion sufficiente
divenierista dando un primato al divenire sull’essere come in - Platone lo applica spontaneamente nella sua
Eraclito. Per Cartesio non è un principio assoluto ma dipende dottrina delle idee, ed Aristotele in quella delle
dalla volontà di Dio. Per la visione empirista è frutto di una sostanze, senza formularlo esplicitamente.
generalizzazione delle osservazioni. Per Kant è limitato da due - S. Tommaso lo formula in termini di causalità;
prerequisiti vincolanti: “allo stesso tempo” e “sotto lo stesso - Cartesio parla di “causa sui” come causa
rapporto” che non permettono – secondo Kant – di ritenere il efficiente di Dio;
principio onnicomprensivo ed universalmente valido. - Leibniz è il primo a formularlo in modo rigoroso
come pilastro della sua logica;
Il principio del terzo escluso è indebito perché reifica il - Schopenhauer invece lo critica direttamente;
nulla. Tra essere e non essere sarebbe così escluso non solo il
terzo ma anche il secondo (il non-essere) che non essendo nulla Valore ontologico del principio di “ragion d’essere”
di positivo, non può costituire un’autentica alternativa all’essere.. Non è possibile negarlo senza affermarlo implicitamente.
La sua validità assume gradi proporzionali all’atto d’essere; infatti
VALIDITÀ ONTOLOGICA Dio non ha ragion d’essere ma è ragion d’essere
☺ Il principio di identità esplicita la necessità dell’autoidentità, La ragion d’essere si specifica in tre principi:
ossia di dire piena coerenza con se stesso, vale a dire di essere - principio di causalità
pienamente ciò che è. - principio di finalità
☺ La critica di Kant non è fondata: le due espressioni infatti non - principio di esemplarità
esclude ambiti di tempo, ma li include tutti, trascendendo il
tempo. La legge vale cioè in ogni istante, in ogni momento, 7.3 SPECIFICAZIONE INTERNA AL PRINCIPIO DI
quindi si dilata e non è per nulla limitata a delle condizioni RAGION SUFFICIENTE (causalità)
vincolanti (prescinde dall’anteriorità e dalla posteriorità). Significato
☺ Ogni dimostrazione li presuppone e li usa. Sono da mostrare, non I coprincipi di atto e potenza spiegano il “poter mutare”, ma non
da dimostrare, perché tanto evidenti da non chiedere l’effettivo mutamento. Resta irrisolta la questione del perché
dimostrazione; l’essere finito e contingente di fatto simpliciter sia e divenga.
☺ La loro portata ontologica è attestata dall’intuizione dell’EOF. Questa questione prende tradizionalmente il nome di “principio di
Nell’atto stesso in cui il cogito si coglie come esistente, prende causalità efficiente”
subito atto con evidenza assoluta che: Formulazione
- l’esistente nella misura in cui è, è: ossia esiste classica: il senso comune immediatamente avverte e
secondo i modi d’essere che gli competono e che semplicemente afferma che ogni effetto esige una causa.
lo fanno essere quel determinato ente, e non un Aristotele, che da buon greco non conosce il concetto di
altro; contingenza, afferma semplicemente che “tutto ciò che si
- è impossibile che l’esistente in quanto tale posa muove è mosso da altro”. In questo modo spiega il
nel medesimo istante “essere sì” ed “essere no”, passaggio dalla potenza all’atto di un esistente che già è,
essere quel determinato ente e non essere quel non il venire all’esistenza dell’esistente stesso.
determinato ente; S. Tommaso aggiunge tre nuove formulazioni:
- tra l’“essere qualcosa” e l’“essere non- - “ogni essere composto necessita di una causa”, che dia
qualcosa” non si dà via di mezzo; ragione del fatto che le parti stiano insieme e perché;
- “ogni ente per partecipazione presuppone un essere
La portata delle critiche è insufficiente : impartecipato”
La critica del fissismo e del monismo perché la piena identità - “ogni essere contingente esige una causa”
non è da vedersi in modo univoco e statico ma analogo e moderna:
dinamico; secondo Hume, la legge va formulata in questi
termini: “tutto ciò che incomincia ad esistere
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esige una causa”. Duplice lo sbandamento di formalmente distinto da quello per cui è in potenza alla novità
Hume: egli vorrebbe fondarsi su quel “tutto”, ma d’essere.
nessuno può avere l’esperienza del tutto in
partenza. Dire “ogni cosa” è radicalmente diverso, Il principio di causalità si pone così come universalmente valido e
perché implica un arrestarsi laddove arriva la mia necessario per ogni “id quod est” che partecipi del’“esse”.
esperienza; delineo in questo modo un orizzonte Questo comporta alcune critiche storiche:
sempre ulteriormente estendibile, che però parte In Aristotele, mancando il concetto di creazione,
dalla singola cosa. viene indagato solo il divenire e non la contingenza;
L’“incomincia” invece impoverisce l’esperienza: da un lato non L’empirismo humiano non comprende il nesso
dà ragione di ciò chè è contingente e composto, dall’altro di ciò causale che è inferenza metaempirica;
che già sussiste senza avere avuto un cominciamento (es.: Con il razionalismo di Spinosa si ha il primato della
angeli). ratio sull’essere: si diffonde così l’idea che tanto più
Spinoza considera Dio “causa sui”, ossia causa di sé, una cosa è conosciuta, tanto meglio esiste. Dio è
anziché incausato. Pericolose qui le derive verso il perciò “causa sui”e non causa incausata;
determinismo ed il razionalismo, dove il piano Solo con Agostino ed il concetto di “creatio ex nihilo
ontologico e quello gnoseologico sono confusi. sui et subiecti” si ristabilisce il primato dell’essere;
Valore ontologico, universale del principio di finalità 7.5 IL PRINCIPIO DI ESEMPLARITA’ (o idealità)
Distinguiamo (metafora del guantaio): L’esperienza ci mostra l’esistenza di somiglianze in gradazioni
- “finis operationis”: il progetto complessivo a cui diverse ma innegabili e di perfezioni non equiparabili in modo
sono destinate tutte le azioni; univoco; a livello operativo si hanno le tendenze ad agire secondo
- “finis operis”: le finalità specifiche per cui un natura per modelli determinati. La riflessione ci ha mostrato
oggetto è statoprodotto; l’analogia nonostante una certa eterogeneità, una gerarchia
- “finis operantis”: le motivazioni che dirigono nonostante un apparente caos e quindi anche una esemplarità oltre la
l’operazione; difformità (non imitazione pedissequa, non eccentricità). Perchè
Due sono le possibili formulazioni: dunque è così evidente la somiglianza dei viventi? Cosa chiede
- “ogni agente agisce per un fine”: ha il pregio ancora l’ente per essere capito in questa prospettiva? Risposta: un
dell’estensione universale ad ogni ente; principio di esemplarità
- “ogni essere ha un fine”: ha il rischio di limitare
il discorso ad un solo dei tre fini sopradistinti Posizioni storiche
- Platone: il demiurgo del Timeo ha le idee come
Precisazioni esempi cui ispirarsi;
o a livello fisico ci si limita a definire - Plotino: tutto è modellato a partire dal “nous”,
“effetto” l’evento antecedente che è l’Uno da cui fluiscono per emanazione tutti gli
prodotto dalla causa efficiente, e “fine” esistenti.
la meta concreta cui approda l’attività - Agostino e lo Pseudo-Dionigi: le idee esemplari
dell’agente; sono situate nel logos ed immesse lì da Dio (le
a livello metafisico la relazione causa- rationes seminales);
fine non si limita a rilevare la - S. Bonaventura e S. Tommaso: definiscono gli
successione spazio- temporale, ma si esemplari in termini di cause formative;
chiede il perché; In ogni caso, la maggior parte degli scolastici riconduce
o è sufficiente un’intenzione inconscia, un l’esemplarità al principio di causalità.
tendere-in (es.: l’istinto animale);
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Ogni agente produce per sé effetti comportanti effettiva somiglianza. intrinseco mentre per la causa esemplare agisce su altro. È
La causa efficiente partecipa le proprie perfezioni “remotamente” sul diversa anche da quella finale, che consiste nell’essere
fondamento dell’actus essendi ma “prossimamente” attraverso la desiderato, mentre qui nell’essere imitato.
forma che gli è propria. È la forma infatti che possiede la pregnanza
quidditativa dell’ente. Per dare completezza al discorso:
L’agente non comunica però la sua forma né trasmette le sue finalità IL PRINCIPIO DI RESPONSABILITA’
attraverso il transito di determinazioni quidditative, ma fa emergere Esso trova giustificazione come irraggiamento dal “relationale” , che
nuovi aspetti formali conseguenti finalità attualizzandole. come gli altri tre trascendentali non è statico, ma in dinamismo.
La ragione della somiglianza intercorrente tra causa e causato sta nel Ne scaturisce, di conseguenza, che volenti o nolenti, ognuno di noi è
fatto che l’agente, pur non comunicando direttamente i propri modi di immerso in questa logica di relazionalità, cui non si può sottrarre
essere plasma gli effetti in consonanza con la sua forma. Assume cioè lavandosene le mani (ecco perché responsabilità). Di più: la
il proprio principio formale a modello, norma, archetipo, relatività cosmologica ci insegna che neanche il livello più basso
esemplare del proprio agire degli enti (i non-viventi) sono estranei a questa dinamica. L’
elettromagnetismo, il chinismo, confermano che non c’è nulla che
Considerazioni finali esista senza legame con altro, e che tutto è cifrato di comunionalità
1) L’esemplare è dunque principio autenticamente causativo, “responsabile”, che chiede il rispetto di leggi estrinseche a sé.
in quanto influisce positivamente sull’operato della causa Applicata la debita analogia di proporzione si può scoprire
efficiente e di quella finale l’affascinante mondo dei vincoli delle relazioni interpersonali,
2) È diversa dalla causa formale, che non è principio di straordinariamente più complesse e originali nelle loro
specificazione. È diversa da quella formale, dove l’agire è
manifestazioni.