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VI.

LA CHIESA PRIMO SOGGETTO DELLA FEDE

Manuel José Jiménez Rodríguez

Risuona nella Chiesa, con forza e maggiore urgenza, la chiamata a una nuova evangelizzazione.
È significativo che il tema della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi non
fosse solo “La nuova evangelizzazione”, ma “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della
fede cristiana”, sottolineando così le profonde trasformazioni sociali, culturali e religiose in cui oggi
si devono realizzare l’annuncio del Vangelo e la trasmissione della fede, missione propria della
Chiesa1. Il panorama religioso ed ecclesiale odierno fa sì che sorgano domande innovative sulla
fede e sulla sua trasmissione. Si dice che sono innovative, dato che la fede, a differenza di altri
contesti, ha cessato di essere qualcosa di evidente, così come la conversione a Cristo e perfino la
Chiesa stessa. Si deve trasmettere la fede e fare catechesi sotto una duplice convinzione: “cristiani
non si nasce, si diventa»” e “non si nasce nella Chiesa, la si sceglie”2.
Il Magistero ha accompagnato questi cambiamenti e ha invitato a discernere i segni dei nostri
tempi3. Con la celebrazione dell’Anno della Fede e con l’enciclica di Papa Francesco sulla fede,
siamo invitati a fare un serio esame della situazione della fede e dell’educazione ad essa, che

1
In questo contesto è frequente parlare di crisi in vari sensi, tutti complementari: crisi di trasmissione della fede,
crisi di fede, crisi di Dio, crisi nei modi di educare alla fede. Con la parola “crisi” si pone l’accento sul cambiamento,
non sulla negazione o sull’impossibilità di annunciare il Vangelo, così come indicano studi recenti sulla fede e
l’evangelizzazione: «Non è che Dio o la fede siano in crisi, ma perché stanno cambiando sostanzialmente i fondamenti
sui quali la fede in Dio è stata accettata e proclamata. La fede non cambia nel suo contenuto essenziale, ma cambiano le
persone credenti e l’ambito in cui questa fede dev’essere nuovamente confessata e compresa». Cf. A. CORDOVILLA,
Crisis de Dios y crisis de fe. Volver a lo esencial, Sal Terrae, Santander 2012; si veda anche A. CADAVID DUQUE,
Fundamentos teóricos y pastorales de la nueva evangelización, in Medellín 151 (luglio – settembre 2012), pp. 335-355.
2
Domande fondamentali odierne sono, tra le altre: Cos’è la fede? è necessaria una mediazione o un’azione della
Chiesa per poter credere? la fede ha solo un carattere individuale e personale? cos’è credere cristianamente? perché
trasmettere la fede? cosa significa trasmettere la fede? perché evangelizzare? cos’è evangelizzare? come evangelizzare?
perché sono cristiano? cosa significa essere cristiano?
3
In alcuni documenti di vari episcopati è presente la consapevolezza che il contesto per proporre la fede è cambiato
radicalmente. Alla loro maniera e nella particolarità di ogni situazione, tutti mostrano che il cosiddetto contesto di
cristianità o è già scomparso o sta per scomparire. Questo condiziona profondamente i processi di trasmissione della
fede e la catechesi. Con ciò si spiega l’attuale invito a costruire un nuovo paradigma della catechesi. Alcuni documenti
di queste Conferenze, come quella francese, quella tedesca e del Quebec, sono stati raccolti da D. MARTINEZ - P.
GONZALES - J. L. SABORIDO, Proponer la fe hoy. De lo heredado a lo propuesto, Sal Terrae, Santander 2005. Si vedano
anche CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali
dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, LDC, Torino 2001; LES EVEQUES DE BELGIQUE, Devenir
adulte dans la foi. La catéchèse dans la vie de l’Eglise, Licap, Bruxelles 2006.
1
permetta di affrontare uno dei tanti problemi della catechesi oggi: “credere senza appartenere”, che
può anche essere espresso come “credere ma non in modo ecclesiale”. Con questo è entrata in crisi
la confessione classica del “credo ciò che crede la Chiesa”4, minando, in questo modo, la fede e la
catechesi, dimenticandone o rifiutandone la natura ecclesiale. Questo problema non è solo una
conseguenza del contesto, come si suole pensare. Ci sono anche molte pratiche educative nella
Chiesa di oggi che non educano all’ecclesialità della fede e a credere in modo ecclesiale. Sono
pratiche pastorali o di evangelizzazione che possono alimentare una certa religiosità e diversi modi
di credere in Dio, ma che non necessariamente educano a credere in Dio nella Chiesa 5. Se la fede è
necessariamente personale, ecclesiale e dinamica, la Chiesa stessa deve consentire che, sin dalla sua
pastorale, essa cresca e si esprima in modo adeguato6.
Chiaramente questo non è l’unico problema che deve affrontare oggi la catechesi, ma è uno dei
più profondi, in quanto si riferisce alla relazione col suo concetto e poi alla natura e ai compiti che
le sono propri, come azione ecclesiale al servizio dell’iniziazione cristiana. Essendo atto di
“iniziazione ecclesiale nella fede”, la catechesi è essenzialmente un atto di tradizione, visto che la
Chiesa inizia il catecumeno alla sua “dottrina, vita e culto” e gli trasmette tutto ciò che essa crede e
tutto ciò che essa è7. È propria della catechesi la missione di porre le fondamenta al senso ecclesiale
della fede del catecumeno. Essendo «la fede cristiana una fede ecclesiale», «la Chiesa […] adegua
alla catechesi il suo oggetto, vale a dire, il Mistero di Cristo così come si crede e si professa da parte
del popolo di Dio, suo contesto vitale, cioè le comunità cristiane che, vincolate nella comunione, la
costituiscono, e il suo obiettivo, che consiste nel fare del catecumeno un membro attivo della vita e
della missione della Chiesa» (CC 60). «Funzione principale della catechesi è questo servizio
all’unità della confessione di fede» (CC 71). Ebbene, noi «crediamo che questo è un punto chiave
per il vero rinnovamento della catechesi […] e dobbiamo riconoscere con sincerità che il sensus
Ecclesiae tra noi sembra essere molto debole, come debilitato» (CC 138). Ciò richiede di
4
A. MEJIA GÓEZ, Fe y credibilidad de la Iglesia. Ensayo de un diagnóstico y una propuesta desde la teología
latinoamericana, in Medellín 151 (luglio – settembre 2012), pp. 391-415.
5
R. CALVO PEREZ, No todas las prácticas pastorales llevan a la fe, in Misión Joven 432-433 (gennaio – febbraio
2013), pp. 51-59.
6
Molte pratiche pastorali offrono immagini inadeguate o deformate di Dio, con cui si alimentano l’egocentrismo e
l’infantilismo religioso, la superstizione e una certa concezione di Dio come tappabuchi. Altre incrementano forme di
fede individualiste, soggettiviste e poco ecclesiali. Paradossalmente sono proprio la catechesi e alcune forme attuali di
iniziazione cristiana che favoriscono questo tipo inadeguato di fede, alimentata, tra l’altro, da una comprensione
individualistica dei Sacramenti, della santificazione e della salvezza. Non pensiamo più a come molti oggi accolgono il
Battesimo e l’Eucarestia, che, nella loro concezione e celebrazione, si rendono di fatto ‘privati’. Il parrocchialismo e il
clericalismo, o la pastorale nel suo insieme, non favoriscono la comprensione della Chiesa locale come soggetto
comunitario di evangelizzazione. Non mancano poi pratiche che generano e alimentano una fede impersonale: sono
pratiche che danno per scontata la conversione come adesione alla persona di Gesù o che si organizzano attorno ad una
comprensione disincarnata della fede o che danno una formazione moralizzante più che morale. E, infine, un grande
limite: la fragilità o la debolezza delle comunità cristiane nel destare, iniziare e accompagnare in modo permanente la
fede e la conversione.
7
CONFERENCIA EPISCOPAL ESPAÑOLA-COMISIÓN EPISCOPAL DE ENSEÑANZA Y CATEQUESIS, La catequesis de la
comunidad. Orientaciones pastorales para la catequesis en España, hoy, Madrid 1983. D’ora in poi, nel testo, CC.
2
approfondire il senso della Chiesa come primo soggetto della fede. Utilizzando di nuovo le parole
del documento spagnolo, «è impossibile un vero rinnovamento della catechesi senza un senso
ecclesiale sano, così come è molto difficile recuperare l’autentico senso della Chiesa senza la
catechesi» (CC 138).

Fede e cambio di mentalità

Mosso dalla gioiosa celebrazione di alcuni eventi ecclesiali molto significativi (50 anni dal
Concilio, 20 anni dalla pubblicazione del Catechismo, il Sinodo sulla nuova evangelizzazione e la
trasmissione della fede), ma anche come segno della nuova evangelizzazione in corso, Papa
Benedetto XVI ha chiamato tutta la Chiesa alla celebrazione dell’Anno della Fede. Con il proposito
di «intensificare la riflessione sulla fede, per aiutare tutti i credenti in Cristo a rendere più
consapevole e a rinvigorire la loro adesione al Vangelo, soprattutto in un momento di profondo
cambiamento come quello che l’umanità sta vivendo»8, poiché «la fede […] si trova ad essere
sottoposta più che nel passato a una serie di interrogativi che provengono da una mutata mentalità
che, particolarmente oggi, riduce l’ambito delle certezze razionali a quello delle conquiste
scientifiche e tecnologiche» (PF 12).
Tappa significativa dell’Anno della Fede e segno di dialogo con le domande che i cambiamenti
culturali attuali pongono alla fede, è la Lumen fidei, prima enciclica di Papa Francesco, per il quale
è necessario dimostrare che «la fede non è solo un’opzione individuale che avviene nell’interiorità
del credente […]», che «non è rapporto isolato tra l’“io” del fedele e il “Tu” divino, tra il soggetto
autonomo e Dio», che «non può essere una mera confessione che nasce dal singolo»9. Il Papa
individua così una delle grandi trasformazioni della società contemporanea nell’ambito religioso,
che lo studioso Ulrich Beck chiama «il Dio personale» 10 e che altri chiamano «psicologizzazione
dell’ambito religioso, caratteristica inoltre delle attuali “società terapeutiche”». Con questo si spiega
la crisi di affiliazione religiosa o l’attuale deistituzionalizzazione del campo religioso11.
La fede cristiana «non è un fatto privato, una concezione individualistica, un’opinione
soggettiva» (LF 22). Così mal compresa, «resta una bella fiaba, la proiezione dei nostri desideri di
felicità, qualcosa che ci accontenta solo nella misura in cui vogliamo illuderci. Oppure si riduce a
8
BENEDETTO XVI, Lettera apostolica Porta Fidei (2013), 8. D’ora in poi, nel testo PF.
9
FRANCESCO, Lettera Enciclica Lumen fidei (2013), 39. D’ora in poi, nel testo LF.
10
U. BECK, El Dios personal. La individualización de la religión y el espíritu del cosmopolitismo , Paidos,
Barcellona, 2008.
11
A detta degli esperti «la religione terapeutica e intimista si caratterizza per una forte avversione agli apparati
istituzionali ecclesiastici. Per questo il momento attuale può essere qualificato come sufficiente o come molto religioso,
ma come molto poco o per nulla ecclesiastico». Cf L. DUCH, La crisis de la transmisión de la fe, PCC, Madrid 2009.
3
un bel sentimento, che consola e riscalda, ma resta soggetto al mutarsi del nostro animo, alla
variabilità dei tempi, incapace di sorreggere un cammino costante nella vita» (LF 24). Presentata
come mera esperienza interiore, emozione, sentimenti e semplici convinzioni esclusivamente
personali, la fede perde il suo carattere teologale, poiché non si intende come risposta a Dio che si
rivela nella persona di suo Figlio Gesù, ma si basa sulla semplice affermazione del soggetto. Questo
porta anche a circoscrivere la fede nell’ambito privato e nell’intimità di ciascuno, come qualcosa di
non comunicabile12.
Papa Benedetto, nelle sue catechesi, ha richiamato l’attenzione su altri gravi pericoli in relazione
alla fede, al suo vissuto e alla sua educazione: «Il cristiano spesso non conosce neppure il nucleo
centrale della propria fede cattolica, del Credo, così da lasciare spazio ad un certo sincretismo e
relativismo religioso, senza chiarezza sulle verità da credere e sulla singolarità salvifica del
cristianesimo. Non è così lontano oggi il rischio di costruire, per così dire, una religione “fai-da-
te”»13. Tutta questa serie di situazioni permette di spiegare la presenza di diverse logiche nei
confronti della fede oggi, logiche diffuse anche tra i credenti e che si esprimono tramite formule
brevi come “Cristo sì, Chiesa no”, “Dio sì, religione no”, “religione sì, Dio no”, “sono cattolico, ma
non praticante”, “credere senza appartenere”14.
Consapevole di tutti questi cambiamenti nei modi di intendere e di vivere la fede oggi, Salvador
Pié-Ninot, nel prologo della sua ecclesiologia, afferma: «L’esperienza recente riguardante la Chiesa
si può rappresentare a grandi tratti […] come quella transizione che va da una Chiesa che poggia su
una società cristiana omogenea e quasi identica ad essa (una Chiesa delle masse), ad una Chiesa
personale, chiara e solida». Detto ciò, continua: «La più grande difficoltà del nostro tempo è riuscire
a raggiungere con profitto i tre ambiti propri della vita cristiana: la fede personale, la proclamazione
ecclesiale e la cultura quotidiana» 15. La sfida che si presenta alla teologia e alla catechesi è di
proporre in modo nuovo la Chiesa come primo soggetto della fede, un’ecclesiologia cioè che parta

12
C. IZQUIERDO, Creo, creemos ¿qué es la fe?, Rialp, Madrid 2008, p. 34.
13
BENEDETTO XVI, Udienza Generale, 17 ottobre 2012.
14
Alcuni studi, raccogliendo l’appello di Papa Benedetto a «intensificare la riflessione sulla fede per aiutare tutti i
credenti in Cristo a rendere più consapevole ed a rinvigorire la loro adesione al Vangelo, soprattutto in un momento di
profondo cambiamento come quello che l’umanità sta vivendo» (PF 8), offrono un’analisi degli aspetti da superare. Per
esempio, il teologo Álvaro Cadavid osa suggerire: «superare un’immagine statica, essenzialista, dualista, determinista.
[…] Non si può continuare a concepire la fede in un modo privato, pietista, individualista e statico, come se essa fosse
una sovrastruttura al margine o parallela alla vita e all’azione umana, o come se fosse una mera confessione verbale che
non ha nulla a che vedere con l’evoluzione della storia». Lo stesso autore contempla una nuova comprensione e un
vissuto dell’esperienza della fede a partire da una purificazione dell’immagine di Dio affinché essa corrisponda
pienamente a quella rivelata da Gesù. «È impossibile pretendere un cambiamento pastorale se prima non esaminiamo il
modo in cui stiamo pensando e interpretando la fede in questioni tanto importanti come l’immagine di Dio, la
comprensione della sua Parola, il concetto di rivelazione, la persona di Gesù, il senso della storia dove questo Dio si
rivela e la comprensione del mondo dove realizziamo il cammino della fede. Inevitabilmente l’interpretazione che
facciamo di questa realtà si riflette nelle nostre azioni pastorali». Cf. A. CADAVID DUQUE, cit., pp. 335-355.
15
S. PIÉ-NINOT, Eclesiología. La sacramentalidad de la comunidad cristiana, Edizioni Sígueme, Salamanca 2007
[tr. italiana: ID., Ecclesiologia. La sacramentalità della comunità cristiana, Queriniana, Brescia 2008].
4
«dalla convinzione che il tema della Chiesa necessita di un decentramento, per poterla concepire
non tanto come fine e oggetto della fede, ma come il modo e l’ambito comunitario-sacramentale da
dove si professa, si celebra e si testimonia la fede cristiana, e da questo assetto poter recuperare il
poter “credere nella Chiesa come un credere ecclesialmente”»16.

La fede della Chiesa

Nella Costituzione Dei Verbum (2-5) e nel Catechismo della Chiesa Cattolica (50-175) si parla
della fede come dono di Dio, atto personale e atto ecclesiale. Si dice che la fede «ha i suoi confini
specifici» in tre realtà: in Dio stesso, al quale e nel quale si crede; nel proprio atto umano di credere
e nel senso di libertà e razionalità; e nella Chiesa, nella quale si riceve, si vive e si celebra la fede 17.
Tra loro esiste una mutua relazione costitutiva: non vanno confuse poiché sono realtà diverse, ma
d’altra parte non sono compartimenti stagni. Infatti, la fede ha allo stesso tempo un carattere
teologale, antropologico-razionale ed ecclesiale. Ciò rende impossibile che una cosa si comprenda
indipendentemente dalle altre o che si riduca ad una sola di esse. La fede cristiana è essenzialmente
teologale, in quanto umana ed ecclesiale; umana, in quanto teologale ed ecclesiale; ed ecclesiale, in
quanto teologale ed umana18.
La fede è un dono, poiché è Dio che prende l’iniziativa e ci viene incontro; e così la fede è la
risposta con cui noi la accogliamo come base stabile della vita. È un dono che trasforma l’esistenza
perché permette di entrare nella stessa visione di Gesù, che agisce nell’uomo e lo apre all’amore
verso Dio e verso gli altri. Tutto ciò conduce a un cambiamento fondamentale del modo di
relazionarsi alla realtà perché si vede tutto in una nuova luce: si tratta pertanto di una vera
conversione. La fede è accogliere questo messaggio che trasforma la nostra vita, è accogliere la
rivelazione di Dio, che ci fa conoscere chi Egli sia, come agisca, quali siano i suoi progetti per noi 19.
La fede come dono di Dio deve essere adeguatamente intesa. Si afferma che essa è dono perché si
riconosce che è Dio che prende l’iniziativa, che viene incontro all’essere umano e lo cerca. Ed è un
dono destinato a tutti. In caso contrario saremmo davanti a un Dio capriccioso che predestina alcuni
alla fede e altri alla non credenza. La fede è dono non nel senso che ad alcuni è data e ad altri è

16
Ibidem.
17
C. IZQUIERDO, cit., p. 12.
18
Ibidem: «rendere indipendente, ad esempio, la dimensione ecclesiale della fede dalle altre due porterebbe ad una
fede che non sarebbe più che un’imposizione di un’istanza umana. Lo stesso potrebbe esser detto della dimensione
teologale: senza riferimento ecclesiale e antropologico potrebbe solo significare uno schiacciamento dell’essere umano.
Se, infine, si isolasse l’elemento antropologico, la fede non lascerebbe di essere semplice proiezione della soggettività».
19
Cf. BENEDETTO XVI, Udienza Generale (17 ottobre 2012).
5
negata, ma nel senso che essa si fonda sulla gratuità di Dio che vuole rivelarsi20.
La fede è anche un dono, perché pone l’essere umano nell’ambito di ciò che è offerto, di ciò che
è rivelato da Dio. La fede è ascolto di una Parola e incontro con essa. Così si capisce meglio perché
la fede è luce: è la luce che Dio dona affinché noi possiamo vedere con i suoi occhi. Caratteristica
della luce della fede è infatti la capacità di illuminare tutta l’esistenza umana. La fede è un dono
«perché una luce […] così potente non può procedere da noi stessi, deve venire da una fonte più
originaria, deve venire, in definitiva, da Dio» (LF 4).
La fede è un dono, ma anche un compito, cioè “risposta dell’essere umano” a Dio che si rivela.
Distintivo della fede è anche il fatto che sia un atto umano, un atto non contrario alla libertà o
all’intelligenza umana. Infatti, nella fede, l’intelligenza e la volontà umane cooperano con la grazia
divina. Credere è un atto umano, personale, consapevole e libero, che corrisponde alla dignità
umana. La fede cristiana è, prima di tutto, conversione a Gesù Cristo, adesione piena e sincera alla
sua persona e decisione di camminare al suo seguito. La fede è un incontro personale con Gesù
Cristo, è farsi suoi discepoli. «Questo “sì” a Gesù Cristo, pienezza della Rivelazione del Padre,
racchiude in sé una doppia dimensione: il fiducioso abbandono in Dio e l’amorevole assenso a tutto
ciò che Egli ci ha rivelato»21.
La fede cristiana può essere considerata sotto un duplice aspetto: è atto (la fede con cui si crede)
e contenuto (la fede che è creduta). Prima di tutto, come adesione a Dio che si rivela, data sotto
l’influsso della grazia; in questo caso, la fede consiste nell’affidarsi alla Parola di Dio e
nell’abbandonarsi a essa (fides qua). E poi, come contenuto della Rivelazione e del messaggio
evangelico: la fede, in tal senso, si esprime nell’impegno di conoscere sempre meglio il senso
profondo di quella Parola (fides quae). Questi due aspetti non possono, per la loro stessa natura,
essere separati, ma la maturazione e la crescita della fede esigono il loro organico e coerente
sviluppo. Esiste quindi un’unità profonda tra l’atto con cui si crede e i contenuti a cui si presta il
proprio assenso22.
«La fede è [anche] un dono destinato a crescere […] L’adesione a Gesù Cristo […] avvia un
processo di conversione permanente, che dura tutta la vita» (DGC 56). La conversione permanente
è propria di ogni credente e di tutta la comunità. L’evangelizzazione, come processo ricco,
completo, dinamico e graduale, è al servizio di questo processo di conversione permanente,
20
L. GONZALEZ CARVAJAL - F. ELIZONDO - J. A. ESTRADA - A. TORRES QUIERUGA, Fe cristiana y opción personal,
PPC, Madrid 2000.
21
CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio generale per la catechesi (1997), 54. D’ora in poi, nel testo: DGC.
22
Il soggettivo e l’oggettivo nella fede non possono darsi pienamente per separati. Ambedue devono essere presenti
e sono inseparabili. Se la fede fosse intesa solo come un atto del credente, essa sarebbe semplicemente un atto di
autodisposizione del soggetto, risultato della propria spontaneità, e non risposta a Dio che si rivela. Deve restare chiaro
che la risposta di fede non è vuota, ma va unità a ciò che si crede, non è autodeterminata nella sua forma come se fosse
solo un’iniziativa dell’essere umano. La fede è risposta autentica, perché l’atto umano di credere è mediato dalla verità
della Rivelazione. (cf. C. IZQUIERDO, cit., pp. 45-48).
6
personale e comunitario (cf DGC 46-49).

Dimensione ecclesiale della fede

La fede è dono di Dio e risposta libera, ma non è un atto isolato. Così come nessuno può vivere
da solo, nessuno può credere da solo. Allo stesso modo nessuno ha dato la fede a se stesso. Sebbene
la fede sia un atto personale, ciascuna persona è un “recettore” e non un “artefice”, che necessita di
una tradizione viva. Il credente riceve la fede da un altro, dalla Chiesa, e a sua volta, come membro
della Chiesa, deve trasmetterla ad altri. Ciascun credente è un anello nella grande catena dei
credenti. Non si può credere senza essere sostenuti della fede degli altri. La fede è un atto ecclesiale.
La Chiesa è la prima che crede. La Chiesa è la prima che, da tutte le parti, si affida al Signore, e
insieme con essa e in essa siamo spinti e portati ad affidarci anche noi: credo, crediamo. La
professione di fede è un atto personale e comunitario, ma in realtà il primo soggetto è la Chiesa, in
modo che il nostro “credo” si inscrive originariamente nel “crediamo” ecclesiale.
Essere cristiano è inserirsi, in modo libero e personale, nella fede del popolo di Dio che si
trasmette di generazione in generazione. Siamo chiamati, pertanto, a professare la fede non soltanto
in un senso personale, individuale, ma oltre a questo in un senso ecclesiale. Essendo la fede
cristiana, una fede ecclesiale, si sostiene anche che la fede ci è data. Infatti, nessuno ha dato la fede
a se stesso. Il credente riceve la fede da un altro. Noi riceviamo la fede dalla Chiesa. Essendo la
Chiesa la prima che crede, la fede della Chiesa precede la fede di ciascuno dei credenti. «La fede
nasce nella Chiesa, conduce ad essa e vive in essa» 23. «La fede della Chiesa precede, genera,
sostiene e nutre la fede personale» (CCC 181). La Chiesa non costituisce il centro della fede, né è il
suo fine, ma essa è il luogo e il contesto proprio della fede, essendo comunità sacramentale. Così la
Chiesa manifesta il proprio essere comunitario come caratteristica necessaria della professione di
fede cristiana, come espressione del credere in Dio ecclesialmente. La Chiesa manifesta anche il
proprio essere comunità convocata e chiamata e, insieme, comunità che convoca e chiama, che
ascolta e proclama, secondo quanto è presentato nella DV.
È la Chiesa che ci consegna la fede cui dobbiamo credere. Il cristiano riceve la fede da Dio nella
Chiesa. La fede non è un’invenzione di ciascuno, perché è proprio della fede cristiana essere
ricevuta e vissuta nella Chiesa. L’aspetto ecclesiale della fede non dipende dal soggetto chiamato a
credere nella Chiesa, ma dalla rivelazione divina. Di fronte alla rivelazione, la missione della
Chiesa è di custodire e di trasmettere fedelmente la fede. La Chiesa implica la rivelazione e la

23
BENEDETTO XVI, Udienza Generale (31 ottobre 2012).
7
rivelazione implica la Chiesa. L’esistenza della Chiesa dipende completamente dall’azione
rivelatrice di Dio. Ciò che abbiamo detto in precedenza porta ad affermare che «per ricevere la
rivelazione cristiana è necessario avere fede nella Chiesa, e questo in un duplice senso: come
ambito o luogo della rivelazione, e in quanto la Chiesa fa parte dell’oggetto della fede». Aver fede
nella Chiesa è incontrare Gesù Cristo in essa e riconoscere che la Chiesa è il luogo della fede,
perché anch’essa è credente. Per questo si è credenti nella misura in cui si partecipa alla fede della
Chiesa. Avere fede nella Chiesa non è una fede al livello della fede in Dio, ma una fede in relazione
e dipendenza da Dio. La fede nella Chiesa è fede nell’azione” di Dio nella Chiesa. Avere fede nella
Chiesa significa riconoscere la sua relazione essenziale con la rivelazione e la volontà di Dio di
comunicarsi24.
Non diciamo di credere nella Chiesa come diciamo di credere in Dio, poiché si crede solo in Dio,
però crediamo che la Chiesa esista per volontà di Dio. Essa ha origine nel mistero di Dio, uno e
trino, nel suo progetto di salvare l’umanità, chiamandola alla comunione di vita con Lui, per mezzo
di suo Figlio nello Spirito Santo. La Chiesa non è principalmente oggetto, fine o contenuto della
fede, bensì una dimensione intrinseca del credere. La Chiesa non fa parte della fede come un
oggetto qualsiasi, bensì come principio e organo del discernimento di ciò che deve essere creduto.
L’oggetto della fede è Dio rivelato che incontriamo nella Chiesa, tramite la fede della Chiesa.
L’importanza della Chiesa risiede nel fatto che essa partecipa alla mediazione di Cristo e di
conseguenza, essa è il cammino tramite il quale arriviamo a Dio. Tutto ciò fa riferimento al
carattere della Chiesa come mezzo e contesto comunitario della fede25.
La fede della Chiesa Madre precede, genera, sostiene e nutre la nostra fede. Essa allo stesso
tempo riceve la rivelazione e la trasmette. La Chiesa, in un certo senso, può essere chiamata “il
grande credente”, in cui i singoli credenti sono uniti in un’unica fede, che è quella della Chiesa.
Dalla Chiesa ogni credente riceve il contenuto e il modo di credere. Facendo propria la fede della
Chiesa, ogni credente si converte alla Chiesa; la costruisce e contribuisce alla nascita di nuovi
credenti. Trasmettendo la rivelazione, la Chiesa invita gli esseri umani a fare propria la sua fede
comune, “per mezzo di essa”, ma anche “in essa e con essa”. In tutti questi sensi la Chiesa è
soggetto della fede. Il Credo della fede dell’individuo è il Credo della fede della Chiesa. La fede
della Chiesa si esprime ed esiste nell’atto della fede di chi vive la fede in comunione con essa. Il
credente è soggetto della fede nella misura in cui fa parte della comunione dei fedeli, e mai separato
o in modo autonomo da essa. Ciò non contraddice la necessaria personalizzazione della fede, perché
solo in comunione con la Chiesa la personalizzazione della fede è autentica e matura; al contrario

24
C. IZQUIERDO, cit., pp. 193-200.
25
ELOY BUENO DE LA FUENTE, Eclesiología, BAC, Madrid 1998; C. GARCIA EXTREMEÑO, Eclesiología: comunión
de vida y misión en el mundo, Edibesa. Madrid 1999.
8
sarebbe soggettivazione, non personalizzazione della fede.

Relazione tra personalizzazione della fede e dimensione ecclesiale della stessa

Si è cristiani come conseguenza di un’esperienza, che è l’incontro personale con Gesù Cristo:
«all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con
un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione
decisiva»26. L’incontro con Gesù è quello che garantisce una fede personale e personalizzata, che
non è la stessa cosa di soggettiva o autonoma. La personalizzazione della fede, come appropriazione
libera e personale della fede della Chiesa, è più urgente oggi in un contesto plurale come quello
attuale, in cui il fenomeno religioso sempre più viene inteso come una faccenda personale. La fede
personalizzata è una delle grandi sfide della nuova evangelizzazione. Con questo termine si esprime
il richiamo a superare quella che si chiama “fede sociologica”. Essendo il catecumenato sociale,
familiare e liturgico di massa sparito o in fase di superamento, la modalità della “fede sociologica”
non è sufficiente per essere significativa e credibile nel contesto attuale 27. «Non è ammesso vivere
l’esperienza di Dio in una cultura secolare senza una fede altamente personalizzata» 28. Ciò chiede
alla Chiesa di recuperare quelle istituzioni che favoriscono l’essere discepoli di Gesù tramite la
conversione. La più riconosciuta e richiesta oggigiorno è il catecumenato e i veri processi di
iniziazione cristiana (LF 42), a cui si somma l’importanza che viene sempre più riconosciuta al
primo annuncio.
Si rende oggi necessario sottolineare, tanto nella comprensione della fede quanto nella sua
educazione, il suo senso personale ed ecclesiale, specialmente a motivo della forte tendenza
all’individualismo, alla privatizzazione della fede, a renderla un’esperienza terapeutica e intimista,
in cui la chiave di comprensione della fede si può riassumere con la frase “io e Dio e nessun altro”.
Ciò contraddice la dinamica stessa della fede: «è impossibile credere da soli. La fede non è solo
un’opzione individuale che avviene nell’interiorità del credente, non è rapporto isolato tra l’“io” del
fedele e il “Tu” divino, tra il soggetto autonomo e Dio. Essa si apre, per sua natura, al “noi”,
avviene sempre all’interno della comunione della Chiesa» (LF 39). «La nostra fede è veramente
personale, solo se è anche comunitaria: può essere la mia fede, solo se vive e si muove nel “noi”
della Chiesa, solo se è la nostra fede, la comune fede dell’unica Chiesa»29.
26
BENEDETTO XVI, Enciclica Deus Caritas est (25 dicembre 2005), 1.
27
V. PEDROZA ARIAS, Personalización de la fe, in V. PEDROZA - J. SASTRE - R. BERBOZA, Diccionario de pastoral
y evangelización, Editorial Monte Carmelo, Burgos 2000, pp. 901-906.
28
J. GARRIDO, Evangelización y espiritualidad. El modelo de personalización, Sal Terrae, Santander 2009.
29
BENEDETTO XVI, Udienza Generale (31 ottobre 2012).
9
Rendendo soggettiva la fede, il rischio è di ridurre la fede cristiana a una saggezza o ad un
insieme di norme morali. Articolando il personale e il comunitario o ecclesiale della fede, questa è
vista come un incontro reale, una relazione con Gesù Cristo, incontro che avviene nella Chiesa. In
altre parole, l’incontro con Gesù chiede l’incontro con la Chiesa. Perciò, per la Chiesa «trasmettere
la fede significa creare in ogni luogo e in ogni tempo le condizioni perché questo incontro tra gli
uomini e Gesù Cristo avvenga. L’obiettivo di ogni evangelizzazione è la realizzazione di questo
incontro, allo stesso tempo intimo e personale, pubblico e comunitario» 30. «Trasmettere la fede
significa creare in ogni luogo e in ogni tempo le condizioni perché questo incontro tra gli uomini e
Gesù Cristo avvenga», diranno a loro volta i Lineamenta dello stesso Sinodo31.
Quello che è ecclesiale della fede, nei suoi aspetti di comunione e di comunità, è ugualmente
importante oggi, così come la scelta personale per Gesù. L’una e l’altra cosa si alimentano e si
necessitano a vicenda. La fede, come si è detto, è una decisione personale, insostituibile per ciascun
individuo. Questa decisione sarebbe impossibile se non esistesse una comunità di fede. Ognuno
concepisce in modo personale la fede che la Chiesa trasmette. La comunità di fede è il luogo,
l’ambito, dove la fede si personalizza. Il contesto ecclesiale è determinante per la fede personale.
Vale la pena ricordare a questo proposito le parole di papa Francesco: «È possibile rispondere in
prima persona, “credo”, solo perché si appartiene a una comunione grande, solo perché si dice
anche “crediamo”» (LF 19).
La personalizzazione della fede è indispensabile, ma ha bisogno di essere radicata in
un’esperienza di memoria, di comunità, di tradizione viva. La fede non è qualcosa di inventato per
ciascuno, è una chiamata nella comunità e alla comunità. La fede cristiana si incontra grazie alla
relazione con la Chiesa. La fede nasce e cresce dalla memoria della Chiesa e non è una corsa in
solitaria. Afferma Pié-Ninot: la Chiesa «risparmia ai credenti la necessità di doversi procurare in
modo permanentemente individuale quanto la Chiesa offre (parole, convinzioni, sacramenti,
ministeri). In questo modo, si supera l’immediatismo della propria esperienza attraverso
l’articolazione di un lungo percorso che rappresenta la connessione con la tradizione religiosa
ecclesiale generale istituzionalizzata. In questo senso, si inserisce così storicamente in una lunga
catena di testimoni – la storia della Chiesa – che rende più facile il non attribuire valore assoluto
alla propria esperienza individuale»32.
Di fronte all’individualismo comunitario, che oggigiorno contraddistingue anche l'esperienza di
fede, è necessario che si facciano richieste comunitarie che favoriscano la crescita personale ed
ecclesiale della fede. «La fede necessita non solo di una disposizione interna, ma di una scelta di

30
SINODO DEI VESCOVI, XIII Assemblea Ordinaria, Instrumentum Laboris, 18.
31
SINODO DEI VESCOVI, XIII Assemblea Ordinaria, Lineamenta, 11.
32
S. PIÉ-NINOT, Eclesiología. cit, pp. 252-253.
10
agire in modo differente. E dato che la fede è più che una scelta individuale, questo stile di vita
differente coinvolge la comunità dei credenti»33.

Trasmissione della fede, tradizione e catechesi

Per il proprio dinamismo, la fede deve essere trasmessa (LF 37-49). Infatti, caratteristica della
fede, conseguenza della sua personalizzazione e della sua ecclesialità, è il fatto che la fede è
confessata, condivisa con altri e ad altri e non potrebbe essere diversamente. Se la fede è questa
esperienza di trasformazione personale profonda, risultato dell’incontro con Gesù nella Chiesa, non
è un’esperienza individuale da guardare, ma da testimoniare, condividere, confessare.
All’interno dei processi di trasmissione della fede o nella missione di evangelizzazione della
Chiesa, la catechesi occupa un ruolo essenziale e fondamentale. Infatti, nella Chiesa la catechesi in
particolare è un servizio ecclesiale, indispensabile per la sua crescita. Essa «ha un carattere proprio,
che deriva dalla specificità dell’azione catechistica entro il processo di evangelizzazione» (DGC
219) e otterrà tutti i suoi frutti solamente nella misura in cui resterà fedele al proprio carattere e si
adeguerà alla specificità del proprio compito. Questo concetto della catechesi si ispira al
catecumenato battesimale e si fonda sulla concezione di rivelazione, tradizione, evangelizzazione e
fede che la Chiesa ha. Alla luce di questi fondamenti, la catechesi deve essere compresa
essenzialmente come un atto di tradizione. Essi sono molto importanti, perché fondano la natura
ecclesiale della catechesi. Nella catechesi, infatti, la Chiesa, primo soggetto di fede, è allo stesso
tempo madre e maestra della fede.
Il processo catechistico deve essere inteso e realizzato come un vero atto ecclesiale che parte
dalla fede della Chiesa, trasmette questa fede ai catecumeni e conduce alla fede della Chiesa. Ciò
rende la Chiesa soggetto della catechesi, poiché essa è fonte, luogo e meta della catechesi. Lo
afferma anche il DGC: «La comunità cristiana è l’origine, il luogo e la meta della catechesi. È
sempre dalla comunità cristiana che nasce l’annunzio del Vangelo, che invita gli uomini e le donne
a convertirsi e a seguire Cristo. Ed è la stessa comunità che accoglie coloro che desiderano
conoscere il Signore e impegnarsi in una vita nuova. Essa accompagna i catecumeni e catechizzandi
nel loro itinerario catechistico e, con materna sollecitudine, li rende partecipi della propria
esperienza di fede e li incorpora nel suo seno» (DGC 254).
Nell’iniziazione cristiana, nella sua forma catecumenale e nella catechesi che la accompagna, la
33
M. P. GALLAGHER, Mapas de la fe. Diez grandes creyentes desde Newman hasta Ratzinger, Sal Terrae, Santander
2012, p. 206 [originale inglese: ID., Faith Maps. Ten religious explorers from Newman to Joseph Ratzinger, Paulist
Press, London 2010; tr. italiana: ID., Mappe della fede. Dieci grandi esploratori cristiani, Vita & Pensiero, Milano
2012].
11
Chiesa mostra e compie la sua funzione materna ed educatrice. «La Chiesa, nel trasmettere la fede e
la vita nuova − attraverso l’iniziazione cristiana −, agisce come madre degli uomini che genera figli
concepiti per opera dello Spirito Santo e nati da Dio (cf. LG 64). Precisamente, “essendo nostra
madre, la Chiesa è anche l’educatrice della nostra fede” (CCC 169); è madre e maestra, nel
medesimo tempo» (DGC 79). In questo modo il catecumenato battesimale per gli uni, o la
catechesi di ispirazione catecumenale per altri, possono essere concepite come il ventre materno
della Chiesa che genera figli per Dio e per la Chiesa e testimoni del Risorto per il mondo 34. Il
catecumenato è il punto di incontro e di avanzamento comune delle persone che entrano nello
spazio del Vangelo e della Chiesa e delle persone che, già cristiane, accolgono e accompagnano i
nuovi arrivati per aiutarli ad identificarsi come discepoli e testimoni di Gesù35.
Sotto questa ispirazione catecumenale, la catechesi è intesa come un atto della tradizione viva
della Chiesa, per mezzo della quale la Chiesa, tradizione vivente, inizia in tutte le dimensioni della
fede e in tutte le dimensioni della sua vita: Parole, celebrazione, sacramenti, preghiera, vita,
comunione e servizio. «La catechesi autentica è sempre iniziazione ordinata e sistematica alla
rivelazione che Dio ha fatto di se stesso all’uomo in Cristo Gesù, rivelazione custodita nella
memoria profonda della Chiesa e nelle Sacre Scritture, e costantemente comunicata, mediante una
traditio vivente ed attiva, da una generazione all’altra» (DGC 66). Per questo la Chiesa trasmette al
catecumeno tutto ciò in cui essa crede, tutto ciò che essa celebra, tutto ciò che essa è: la traditio
Evangelii in symbolo (consegna del Vangelo nel simbolo) e la traditio orationis dominicae
(consegna del Padre Nostro). Essa si fa dispensatrice del comandamento dell’amore e delle
beatitudini, come orientamenti di vita del discepolo di Gesù.
L’espressione «la catechesi ha origine nella confessione di fede e conduce alla confessione di
fede» contiene in modo essenziale il significato più profondo di un processo catecumenale: la
trasmissione della fede ecclesiale. Per questo la catechesi, per mantenersi fedele al proprio carattere
all’interno del processo globale dell’evangelizzazione, deve essere un servizio all’unità della
confessione di fede: «La confessione di fede è completa solo se in riferimento alla Chiesa. Ogni
battezzato proclama singolarmente il Credo, poiché nessuna azione è più personale di questa, ma lo
recita nella Chiesa e attraverso essa, poiché lo fa come suo membro. Il “credo” e il “crediamo” si
implicano mutuamente (cf. CCC 166-167; CCC 196). Unendo la propria confessione a quella della

34
Sul catecumenato si vedano: A. LAURENTIN-M. DUJARIER, El catecumenado. Fuentes neotestamentarias y
patrísticas. La reforma del Vaticano II, Grafite edizioni, Bilbao 2002 [tr. italiana: ID., Il catecumenato. Fonti
neotestamentarie e patristiche. La riforma del Vaticano II, EDB, Roma 1995]; D. BOROBIO, Catecumenado e iniciación
cristiana, Centro di Pastorale Liturgica, Barcellona 2007; H. BOURGEOIS, Teología catecumenal, Centro di Pastorale
Liturgica, Barcellona 2007 [originale francesce: ID., Théologie catéchuménale. À propos de la nouvelle évangélisation,
Cerf, Paris 1991; tr. italiana: ID.: Teologia catecumenale, Queriniana, Brescia 1993]; J. SASTRE GARCIA, El
catecumenado de adultos. Catequesis para una fe adulta, PPC, Madrid, 2011.
35
Cf. H. BOURGEOIS, Cit.
12
Chiesa, il cristiano è incorporato alla sua missione: essere “sacramento universale di salvezza” per
la vita del mondo» (DGC 83).
Quanto detto finora sulla catechesi come «iniziazione ecclesiale nella fede ecclesiale» mostra la
necessità che la catechesi introduca il credente nel linguaggio proprio della fede, cosa già richiesto
dal Sinodo del 1977, quando si parla della catechesi come memoria36. Il compito della catechesi
consiste nel far parlare oggi il linguaggio di una tradizione, in un contesto che tende o a negarla
come qualcosa di antiquato, o ad adottarla e farla propria in modo diverso.

Conclusione

In questo studio, si è trattato della Chiesa come primo soggetto della fede; poi, della Chiesa
come spazio e ambiente vitale della fede e, infine, della fede della Chiesa come cammino formativo
e meta della catechesi. Si è voluto sottolineare che non esiste una fede autentica, né una catechesi
cristiana autentica, ai margini della comunione di fede con la Chiesa. Nella pedagogia catechistica
ciò che è ecclesiale e ciò che è comunitario sono temi di prim’ordine perché questa arrivi a essere
feconda ed efficace, come riconosce in modo dettagliato il DGC: «La pedagogia catechistica riesce
efficace nella misura in cui la comunità cristiana diventa riferimento concreto ed esemplare per il
cammino di fede dei singoli. Ciò avviene se la comunità si propone come fonte, luogo e meta della
catechesi. Concretamente, allora, la comunità diventa luogo visibile di testimonianza credente,
provvede alla formazione dei suoi membri, li accoglie quale famiglia di Dio, costituendosi ambiente
vitale e permanente di crescita della fede» (DGC 158).
La comunione e la comunità nella Chiesa, espressione dell’ecclesialità della fede, non sono un
semplice assunto organizzativo e strategico per ottenere maggiore efficacia. È soprattutto una
questione teologica, ma è anche un assunto pedagogico. La sfida, che veniva già segnalata da
Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte, è fare della spiritualità di comunione e
partecipazione il principio educativo in tutti i luoghi in cui si forma l’essere umano e cristiano 37.
Tutta la pedagogia della fede in generale, ma in particolare quella della catechesi, deve accettare tra
i suoi principali criteri di azione la dimensione comunitaria ed ecclesiale della fede e di tutta la vita
cristiana. Senza di essa, afferma papa Francesco, «la fede perde la sua “misura”, non trova più il suo
equilibrio, lo spazio necessario per sorreggersi» (LF 22). Solo nella Chiesa, primo soggetto della
fede, ciascun credente in particolare arriva a essere soggetto della fede. «È possibile – sostiene
ancora Papa Francesco – rispondere in prima persona, “credo”, solo perché si appartiene a una
36
Cf IV SINODO DEI VESCOVI, Messaggio al popolo di Dio (30 ottobre 1977).
37
Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte (6 gennaio 2001), 43.
13
comunione grande, solo perché si dice anche “crediamo”» (LF 39). Tutto questo invita la Chiesa a
continuare ad approfondire la pedagogia catecumenale, come la modalità più adeguata di
iniziazione cristiana e di catechesi38.

38
J. P. SINWELL, Le catéchuménat baptismal. Pour un renouveau de l´éducation religiouse, in Lumen vitae 3 (2006),
pp. 245-252.
14

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