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PONTIFICIO ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II

PER STUDI SU MATRIMONIO E FAMIGLIA

CORSO FONDAMENTALE
70297

PROF. JUAN JOSE’ PEREZ-SOBA DIEZ DEL CORRAL

TEOLOGIA PASTORALE
DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA

TRADUZIONE NON RIVISTA DAL PROFESSORE

ROMA 2007
1º LA PASTORALE COME SCIENZA:
DALLA SCIENZA DEI PASTORI ALL'AZIONE PASTORALE

È necessario fare un percorso storico della scienza pastorale per comprendere le trasformazioni della
pastorale familiare dovute alle distinte concezioni di pastorale.

I pastori ed il popolo di Dio.

La pastorale come scienza nasce solo nel secolo XVI ma dall'inizio la Chiesa ha vissuto la sua vita
alla luce della figura del "Buon Pastore" (Gv 10).
Questa figura ha grandi radici bibliche, infatti furono pastori: Abramo, Mosé e Davide. Essere
guidati ed alimentati dalle attenzioni dei pastori configura questi ultimi come eletti ed inviati da Dio con il
fine di pascere.
Ezechiele critica fortemente i cattivi pastori ed annuncia l'unico pastore che come nuovo Davide
riunirà il gregge in modo definitivo.
Tutti questi significati, riuniti nell'immagine del pastore, sono ripresi da Gesù Cristo, il quale dà loro
un valore sacrificale: il "Buon Pastore" che dà la vita per le "pecore." Per questo motivo qualifica con un
valore esistenziale e non puramente funzionale la figura del pastore.
Nella Chiesa primitiva le persone consacrate poste a capo delle comunità prendono la denominazione
di "pastori", (1 Pt) Il prototipo di ciò è Pietro al quale Cristo da il compito di: "pascolare le pecore" (Gv
22)).
Così si manifesta la perenne presenza di Cristo come guida della sua Chiesa .
Il paragone della porta, che in S. Giovanni segue l’affermazione di essere il Buon Pastore, ci mostra come la
qualifica di pastore non è esterna a un’identificazione in Cristo. Infatti solo chi passa per la porta di Cristo
può essere riconosciuto come pastore dal suo gregge.
L'elezione di Cristo è prioritaria su qualunque altra considerazione.

La scienza dei pastori. Regola Pastorale.

In questa prospettiva il primo significato del concetto di "pastorale" è la regola che deve vivere il
pastore per compiere la sua missione come tale.
È tutta una letteratura che comincia con quelle che vengono chiamate "regole pastorali" che i sacri
vescovi insegnano ai loro presbiteri affinché siano formatori del gregge. Un modello precedente delle regole
pastorali sono le raccomandazioni che San Paolo fa a Tito e Timoteo e che sono denominate "lettere
pastorali."
Le più conosciute sono quelle di San Basilio e San Gregorio Magno ed il libro De Oficiis
ministrorum di San Ambrogio, a questo potremmo aggiungere molti sermoni sul tema del Buon Pastore tra i
quali emerge quello di S. Agostino (ser. 46).
Non sono solo indicazioni di modi di agire; in primo luogo si riferiscono sempre allo stesso modo di
condotta del pastore ed ai mezzi per la sua santificazione: la conoscenza della Scrittura, della fede e la
pratica delle virtù. Si capisce che senza questa santità del pastore tutta la sua opera è paralizzata. In questo
momento si supera l'idea di un sacerdozio puramente funzionale come succede in altre religioni.
Tutta questa letteratura patristica avrà la sua continuità nel Medioevo dove si scompagina in una
moltitudine di vademecum con le istruzioni precise per servire adeguatamente il gregge di Dio affidato al
presbitero.

Conc. di Trento: l'azione dei pastori - Pastorale attiva e passiva.

Il Concilio di Trento è profondamente rinnovatore come risposta alla riforma della Chiesa che si
chiedeva insistentemente durante i due secoli anteriori. Si parlava di una riforma in fede ed abitudini e che
doveva cominciare dalla testa, cioè i pastori.
Per questo motivo le riforme che vengono proposte hanno come primo obiettivo una vera
rivitalizzazione del clero come sostegno fondamentale per il totale rinnovamento della Chiesa. Si insiste

2
sull'esigenza della residenza da parte dei vescovi e l'istituzione dei seminari per la formazione del clero, con
un sistema di studi.
Secondo questa prospettiva, la scienza pastorale è quella che ha come oggetto l'applicazione, nella
realtà contingente, dei principi ecclesiologici e morali che si sono studiati. Si tratta di una scienza pratica che
si differenzia da quella teorica, considerata la scienza speculativa. In questo modo si ha la differenza tra
colui che si dedica allo studio: teologo, e colui che si occupa dell'azione diretta con le persone: pastorale.
Anteriormente non si dubitava che il compito di investigazione teologica era un'occupazione pastorale. Ora
si distinguono per il suo fine uno teorico ed un altro pratico.
Il modo di applicazione di questa pastorale è compito solo dei pastori per questo la stessa Chiesa si
distingue nella pastorale tra una parte attiva ed una parte passiva.
È una frattura ecclesiale che ha gravi conseguenze. Evidentemente il matrimonio rimane nella parte passiva
della pastorale che consisterebbe nell'obbedienza alle direttive dei pastori per quanto riguarda gli obblighi
matrimoniali e nel dare figli alla Chiesa.

Tutta la Chiesa è missionaria: gli operatori di pastorale.

Col secolo XX si è avuto il prodursi di un profondo rinnovamento del concetto di pastorale. Si inizia
ad applicare al concetto di prassi ecclesiale che è la dinamica della vita della Chiesa in quanto tale. Il libro
centrale per tutta questa epoca è il Manuale di Teologia morale di Karl Rahner, (5 vol. 1964 ss.).
Secondo questo principio ogni membro della Chiesa è attivo in questa costruzione ed include anche il
matrimonio e la famiglia. Era una conseguenza della rivitalizzazione dell'idea del Corpo Mistico iniziata agli
inizi del secolo XX e che ebbe il suo centro nella Mystici Corporis di Pio XII.
Il concetto di prassi si prende dalla teologia politica del momento che sorge dietro la II a Guerra
Mondiale e che si recepisce come l'azione che cambia il mondo nella Chiesa che ha ricevuto la sua missione
da Cristo.
In questo modo si capisce che fondamentalmente l'azione della Chiesa è diretta alla sua missione: la
salvezza del mondo. Tutti i membri sono attivi perché tutti condividono la missione della Chiesa.
Si parla allora della corresponsabilità (un termine chiave del momento) dei laici con i pastori come
espressione di un modo specifico di essere Chiesa. Ma si tratta innanzitutto dai laici in rapporto con i pastori.
Sono quelli che vengono chiamati: agenti di pastorale. Sono persone specializzate, preparate per determinate
azioni concrete.
Il ragionamento che si segue in questo tipo di teologia pastorale è "creativo", diretto a produrre
azioni determinate a partire dalle circostanze variabili del momento. Per mezzo dell'applicazione del
metodo: vedere, giudicare ed agire che è centrato nel giudizio e nello sguardo offerto dalle scienze umane,
specialmente la sociologia.
Perfino si pensa che è in realtà portatore di una modalità specifica della verità: la verità pastorale e
che questa è capace di presentare le eccezioni alla norma morale della legge naturale. Questo poté vedersi
specialmente nel modo di recezione delle conferenze episcopali alla Humanae vitae, che accettarono la
norma proposta come verità teorica preoccupandosi di presentare un'applicazione pastorale che la disdiceva
nella sua realizzazione1.
La specializzazione pastorale, che conduce questa concezione della Teologia pastorale, ha avuto due
effetti fondamentali nella pastorale familiare.
1º Centrare la pastorale nel matrimonio più che nella famiglia.
2º Considerare questa pastorale come settoriale, cioè, come un'attività determinata dentro l'insieme
delle attività della Chiesa.

Vocazione, missione e pastorale.

Il superamento di questa concezione è in corso e ci sono alcuni segni di ciò che si sta realizzando 2. Il
cambiamento fondamentale sta nella comprensione dell'azione della Chiesa non tanto diretta ad atti esterni
bensì la sua crescita come tale.

1
Cfr. AA.VV., Humanae vitae e magistero episcopale, EDB, Bologna 1969.
2
Cfr. las notas propias de la pastoral familiar que señala: CONF. EPISC. ESPAÑOLA, La familia, santuario de la vida y esperanza de
la sociedad, nn. 165-178.
3
Allora la pastorale familiare non consiste in quello che si fa con i matrimoni, ed il suo soggetto non
sono gli agenti specializzati, bensì la stessa vita del matrimonio perché gli sposi sono i soggetti primi della
pastorale.
Da questa concezione parte così un nuovo concetto di azione che non è estrinseco alla persona, ma il
suo effetto essenziale che è l'autorealizzazione del cristiano. Si tratta qui di un'autorealizzazione della
persona dentro la Chiesa.
La realtà essenziale della pastorale familiare è la vita ecclesiale del matrimonio e la famiglia.
Con questa prospettiva si rivaluta come valore fondante della pastorale l'aspetto vocazionale, quindi
tutta l'azione della Chiesa deve condurre a far sì che ogni persona risponda alla vocazione di Dio.
Allora il filo conduttore di questa pastorale sarà la vocazione all'amore.
Ormai non si incentra tutto nel momento in cui si contrae matrimoni, ma la massima importanza
l'acquisisce la famiglia come continuità nella crescita della vita ed alveo della vocazione all'amore.
Così la pastorale familiare smetterà di essere settoriale per esprimersi come una dimensione propria
dell'azione della Chiesa. Si potrà recuperare allora la stessa dimensione familiare della Chiesa come la
grande Famiglia dei figli di Dio.

2º MATRIMONIO ED ECCLESIOLOGIA

Come conseguenza di tutto quello che abbiamo visto nel breve sviluppo storico della pastorale
familiare, possiamo giungere ad una conclusione: per capire il matrimonio e la famiglia nella pastorale della
Chiesa è necessario scoprire il suo valore ecclesiologico.
Cioè la comprensione della pastorale matrimoniale dipende dalla precomprensione che si ha della
Chiesa. I distinti modelli di ecclesiología hanno avuto influenza sulla realizzazione pratica dell'azione della
Chiesa nel matrimonio e nella famiglia. Dobbiamo rivederli brevemente per ottenerne la comprensione
globale. Sono modelli ecclesiologici che hanno una grande ripercussione in molti aspetti dell'azione ed
organizzazione ecclesiale e non solo sul piano familiare.

1º La Chiesa come società perfetta.

Nel s. XVI con la Riforma il motivo ultimo di discussione è la concezione della Chiesa nella sua
realtà visibile. Per questo motivo la teologia a partire dal s. XVII comincerà a trattare sistematicamente della
Chiesa che, fino ad allora era stato un tema ripartito tra il trattato di Gesù Cristo e quello dei sacramenti.
La novità della sistematizzazione del trattato sulla Chiesa coincise col momento della manualística e
la divisione dei trattati teologici da un progetto razionalista apologetico.
Questo condusse a far sì che la prima presentazione della Chiesa si incentrasse sulle note contenute
nel Credo: "una, santa, cattolica ed apostolica" come mezzi per riconoscere la vera Chiesa di Cristo
presente e reale nel mondo.
L'uso apologetico delle note è il fondamento della concezione della Chiesa come "società perfetta"
che ha influenzato in maniera radicale sul modo di comprendere il Diritto canonico che darà luogo al CIC di
19173. Questo segna profondamente tutta la comprensione della Chiesa e della sua attività.
Il carattere apostolico della Chiesa si capisce in primo luogo come la sua gerarchia che assicura la
continuità apostolica e che si esprime magisterialmente. Questa autorità chiara e depositaria dell'autorità di
Cristo dà la sicurezza di stare nella vera Chiesa e di non cadere nell'errore.
La struttura gerarchica della Chiesa, monarchica e con un'autorità indiscutibile perché procede dello
stesso Cristo, permetterebbe che la Chiesa si costituisca come società perfetta dove ogni parte può trovare
perfettamente il suo proprio posto.
A partire da una distinzione, prima e radicale, tra i semplici fedeli ed i pastori, tutta la Chiesa
consiste in questa determinazione della propria struttura.
Questa concezione ha come momento massimo il Concilio Vaticano I° dove oltre alla dichiarazione
dell'infallibilità del Papa, si preparò un documento sulla Chiesa che, a motivo dell'invasione di Roma che
provocò la fine del Concilio, non poté approvarsi.

3
Cfr. A.Mª ROUCO VARELA, “Le statut ontologique et épistémologique du droit canonique. Notes pour une théologie du droit
canonique”, en Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques 57 (1973) 203-227.
4
In questa visione della Chiesa il matrimonio è molto marginale, appartiene alla Chiesa che riceve
tutto dei pastori. Soprattutto è il soggetto di obblighi che sono determinati ed insegnati dai pastori.
La santità della Chiesa si riferisce all'esistenza di santi riconosciuti nel suo interno, così la vocazione
alla santità si presenta come propria di alcuni persone elette. In conseguenza, il matrimonio non si capisce
come una vocazione alla santità bensì come uno stato dentro la Chiesa coi suoi obblighi determinati, il primo
dei quali è l'avere dei figli.
La pastorale si incentra sul matrimonio e non sulla famiglia e si basa sul diritto canonico e la sua
realtà giuridica.
La soluzione canonica dell'unità tra il sacramento ed il contratto, che è il principio fermo che serve per i
conflitti matrimoniali con gli Stati che durano durante tutto il s. XIX, è la maniera che mostra la sua essenza
ed il modo di conservarlo.

2º La Chiesa come Corpo di Cristo.

Agli inizi del s. XX si rinnova l'ecclesiología centrandola nell'immagine del Corpo di Cristo. L'idea
della società perfetta si mantiene ma articolandola con l'unità nell'appartenenza al corpo e la dinamica di una
crescita che si realizza per mezzo della grazia.
Il principio di questa ecclesiología si realizza con Mersch e la sua teologia del corpo mistico4 e con la
Mystici Corporis con Pio XII.
In questa teologia ecclesiale il fondamento è essere unito al corpo, cioè essere vivo, unito per la
grazia. Ogni membro della Chiesa è attivo per il semplice fatto di essere battezzato ed essere fedele al
dinamismo della grazia. Lo è con la sua propria identità che non è diversa dall'essere della Chiesa, ma
contribuisce alla sua crescita. Una crescita che ha come orizzonte la santità motivata nella carità.
Si distacca il valore sacramentale dalla differenza come espressione dell'integrità della Chiesa con un
chiaro riferimento all'aspetto liturgico dentro il rinnovamento che si va realizzando avendo come centro
l'Eucaristia.
E’in questo ambito che si sviluppa l'Azione Cattolica come modo di partecipazione dei laici nella
pastorale della Chiesa. Questo sviluppo avviene con la differenza di sessi e come conseguenza non si dà
ancora il matrimonio o la famiglia come unità pastorale.
Tutto resta centrato nella stessa Chiesa, ma non si mette in evidenza l'autonomia delle realtà terrene,
un aspetto fondamentale per la comprensione reale del matrimonio. Come pure il tema della sponsalità di
Cristo non viene ancora sviluppato e continua ad essere un aspetto marginale della pastorale ecclesiale.

3º La Chiesa come Popolo di Dio.

La prospettiva precedente ha la carenza fondamentale di non incorporare la missione della Chiesa ed


espone un'idea di crescita solo centripeta, centrata cioè nella stessa Chiesa. Manca allora la dimensione
ecumenica dei gradi di partecipazione alla vita ecclesiale e di missione al mondo nella carità.
Questi aspetti insieme a quelli dell'apertura al mondo sono centrali nello sviluppo del Concilio che ha
come tema fondamentale la Chiesa trattato nel più importante dei suoi documenti, la Costituzione
Dogmatica Lumen Gentium. In essa si riprende il valore di mistero col quale bisogna comprendere la Chiesa,
mettendo insieme il valore di unione con Dio con quella dell'unità degli uomini tra sé, (LG n. 1).
Le caratteristiche della Chiesa vengono ad essere i fondamenti della sua propria azione: tutta la
Chiesa è apostolica, (apostolicam actuositatem), e chiamata alla santità, (LG n.5).
Per questo motivo non si privilegia nessuna delle immagini della Chiesa, ma spinge la comunione
delle stessa in una cornice trinitaria che conserva il mistero. Per questo motivo parla di Popolo di Dio,
Corpo di Cristo e Tempio dello Spirito.
In alcuni ambiti, tra essi quelli della pastorale, si privilegiò la figura di Popolo di Dio 5, che diventa
anche un principio di rinnovamento del Diritto Canonico, che a sua volta avrà influenza sulla redazione del
nuovo Codice del 1983.

4
Cfr. AA.VV., Humanae vitae e magistero episcopale, EDB, Bologna 1969.
5
Cfr. J. RATZINGER, El nuevo Pueblo de Dios. Esquemas para una eclesiología, Herder, Barcelona 1972.
5
La chiave interpretativa che si da è l'uguaglianza fondamentale di tutti i membri della Chiesa per il
battesimo. Questo include anche l'apostolato, nel quale si partecipa per il proprio battesimo e non per il
mandato o il permesso della gerarchia.
In questa concezione viene sottolineata allora l'idea della corresponsabilità di laici e pastori nell'unica Chiesa
di Cristo.
L'incorporazione al Popolo privilegia l'idea della vocazione che apre al senso dell'ecumenismo e
l'annuncio con i non cristiani. L'azione della Chiesa ha anche il senso di produrre frutti di carità per la vita
del mondo.
La crescita della Chiesa è nella storia ed unita nella solidarietà con lo sviluppo del mondo,
partecipando alle sue gioie e ai suoi dolori. Questo la vincola alla prospettiva teologica di presentare la fede
come il mistero di salvezza che si realizza nella storia e che ha come inizio l'Alleanza di Dio col suo Popolo.
Tutto questo ha una gran conseguenza sul matrimonio che è commentato largamente nella Gaudium
et Spes. Viene tirato fuori definitivamente da una cornice solamente giuridica e si descrive come alleanza di
vita e di "amore" in una cornice realmente personalista e centrata nella vocazione alla santità per la carità
coniugale.
La famiglia viene descritta come "chiesa domestica" per sottolineare l'aspetto familiare di tutta la Chiesa.
In questi momenti sorgono un gran numero di movimenti matrimoniali che sviluppano una propria
spiritualità coniugale.
L'immagine di Popolo privilegia certamente il senso sociale delle azioni della Chiesa,
l'incorporazione alla stessa e la sua dimensione di missione. Per questo motivo si poté osservare una certa
dicotomia tra l'ambito sociale ed il privato nel quale alcuni rinchiudono il matrimonio. La pastorale che
prevale è quella matrimoniale ma come una tra le altre pastorali, per questo la si considera settoriale.

4º La Chiesa come mistero di comunione.

Per il versante politico che acquistò l'immagine del Popolo di Dio, specialmente in quella che fu
denominata teologia della liberazione ed il poco sviluppo che acquisiva sia l’aspetto pneumatológico della
Chiesa di fronte all’aspetto sociologico e della "immagine" della Chiesa davanti al mondo, si
incominciarono a riformulare nuovi principi di rinnovamento ecclesiologico che hanno condotto a quella che
viene denominata "ecclesiologia di comunione"
Con la parola comunione si indica contemporaneamente il mistero di Dio e la sua realizzazione nella
storia degli uomini. La comunione ecclesiale si basa in un primo dono divino che è precisamente il principio
dell' unione tra gli uomini.
Si mostra che tale comunione si fa reale per mezzo delle comunioni tra gli uomini. L'origine della
comunione ecclesiale sta nella Comunione di Persone che è la Trinità e si realizza nell'uomo chiamato a
essere immagine divina nella misura in cui è chiamato, per la vocazione originaria all'amore, a realizzare
nella sua vita un'autentica comunione di persone.
Si mostra così il suo carattere dinamico ed aperto ad una migliore manifestazione delle caratteristiche
della Chiesa6.
Il mistero di comunione che è la Chiesa si apre al mistero nuziale che vive con Cristo riassumendo il
tema del Corpo di Cristo e Tempio dello Spirito di un modo nuovo. Per questo motivo è aperto più
radicalmente al valore sacramentale del matrimonio dentro la Chiesa e della famiglia nella sua apertura al
mondo.
Per questo la storia dell'uomo nella sua realizzazione delle comunioni umane è un punto centrale in
tutto questo progetto. In questo modo, la stessa attività umana diretta a consolidare l'unione degli uomini tra
sé: come è la famiglia, il lavoro, l'attività culturale, sociale e politica, sono veri contributi alla pastorale della
Chiesa, perché rivelano la fecondità del suo mistero.
La vita in comunione per la grazia è così un elemento chiave della pastorale che nasce dalla stessa
vita della Chiesa e deve vivere in una spiritualità di comunione come è quella proposta da Giovanni Paolo II
nella Novo millennio ineunte.

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Cfr. S. DIANICH, La Chiesa mistero di comunione, Marietti, Torino 71990.
6
3º LA PASTORALE FAMILIARE: I MODELLI.

Dall'analisi precedente si ricavano i modelli che sono stati proposti per la pastorale familiare durante
questi anni. Dobbiamo considerarli con i loro apporti e le loro deficienze, per poter analizzare il modo in cui
ne emerge una certa idiosincrasia a partire da essi.

1º elenco degli obblighi

A questo modello pastorale corrisponde la preparazione che ricevevano i sacerdoti nella teologia
morale, nella quale si riassumevano le risorse pastorali di allora. In quanto alla cosiddetta "morale
sacramentale", che era una parte importante della materia, il contenuto della stessa si incentrava nella
conoscenza degli obblighi che determinava il Diritto Canonico per la celebrazione valida e lecita dei
sacramenti e le esigenze di conoscenza della fede cristiana che indicava.
Nel caso del matrimonio, questo tema aveva una speciale complessità, data l'estensione e diversità
delle distinte normative canoniche sul matrimonio che colpivano soprattutto gli impedimenti e le censure
che implicavano tutta una serie di ingiunzioni anteriori alla celebrazione per constare la libertà degli sposi.
Dietro il Concilio di Trento fino al s. XIX il gran lotta pastorale che si intraprende è la sparizione dei
"matrimoni segreti" che si erano estesi come una piaga negli anni anteriori a Trento. Questo si cercava di
realizzare sempre di più per mezzo di una legislazione pignola che ostacolasse qualunque tentativo di
segreto.
L'istruzione che doveva riceversi prima del matrimonio si limitava ad un esame del catechismo ed un
ricordo degli obblighi del matrimonio di fedeltà, di procreazione e di educazione dei figli.
Questo modo pastorale poteva funzionare nella misura in cui si realizzava in un ambiente sociale che
censurava fortemente qualunque mancanza nell'ambito familiare. È più in tutto quello che si denominò
"ancienne régime" la famiglia e la stirpe era il fondamento per una società molto stratificata, come un'unità
economica in un mondo ancora molto dipendente della produzione agraria.
La difficoltà poggiava sempre di più sull'adattamento di una legislazione canonica complessa alla
variazione di volta in volta maggiore della società contemporanea. Ogni determinazione di obblighi che
voglia essere esatta impone una serie di codici che risultano difficili da cambiare e risultano presto
inadeguati.
In tutta questa pastorale la famiglia è assente, viene contempla solo come unità di residenza. Ma in
molti casi è viva ed è lo strumento principale per la trasmissione della fede. A volte gli manca un'istruzione
basilare per quello che è molto dipendente del sacerdote in tutte le sue funzioni.
Questa trasmissione e la stessa condizione familiare cambia con la rivoluzione industriale che è il
fenomeno dello sradicamento, le condizioni di vita infime e l'influsso dei sindacati hanno influenza sulla
struttura familiare, il marxismo considera il matrimonio come una sovrastruttura borghese, ed ancora più in
un'estensione di una posizione anticlericale e di critica alla fede.
L'estensione liberale dell'individualismo contiene una critica forte allo stesso matrimonio come tale,
le leggi del divorzio si accettano più come un diritto.
Questa la considerazione globale del modello pastorale che subisce gli influssi che provengono dal
"mondo" che è sempre un pericolo di fronte all'integrità cattolica.
La pastorale sociale sembrerà allora come qualcosa più urgente e necessario della pastorale
matrimoniale.

2º La pastorale settoriale di "esperti"

La difficoltà di trasmissione della fede e l'estensione di un individualismo sociale rende più difficile
la trasmissione della fede e la considerazione della famiglia come unità pastorale. Per questo motivo, si
moltiplicano formule associative dirette soprattutto ad offrire formazione religiosa ai propri membri, per
evitare l'influsso negativo che abbiamo visto, che si estendeva per l'influenza marxista e liberale nel campo
sociale.
Il mondo non viene considerato come un pericolo, bensì un obiettivo di evangelizzazione. Si scopre
l'importanza della presenza ecclesiale nei distinti ambienti e la necessità di una preparazione specifica per
potere portare in essi il Vangelo.

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Queste associazioni hanno, come in molti casi, una direzione portata a capo dai laici che assumono le
proprie responsabilità come membri attivi della Chiesa. Si realizza in corresponsabilità con i pastori, con la
loro alta direzione, ma dove tuttavia i laici prendono proprie decisioni, nelle quali sono più preparati dei
sacerdoti.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale sorgono una gran quantità da associazioni che trovano la propria
cornice in una nuova realtà ecclesiale che viene denominata: "Istituti secolari", nei quali si indica la
preoccupazione della presenza cristiana nel mondo secolare.
Cominciano con la Provvido Mater Ecclesia di 1949.
- La pastorale indica il coordinamento strutturato dei distinti ambiti di pastorale, le distinte azioni
della Chiesa, quelle che vengono chiamate strutture pastorali.
In questo contesto si discute sulla preminenza e l'ordine delle azioni della Chiesa. Specialmente nel contesto
della predicazione e dei sacramenti.
Si parla così di una pastorale sacramentale, sacerdotale e rituale che si fonda sulla sfida
dell'accoglienza dei sacramenti come un obbligo cristiano ed una pastorale missionaria, profetica ed
evangelizzatrice che avrebbe la priorità dell'annuncio del Vangelo.
Con ciò si vuole sottolineare la necessità attuale di una preparazione adeguata per l'accoglienza
fruttuosa dei sacramenti, ma dietro ciò, c'è a volte, una comprensione parziale del concetto di "prassi" che
trova il suo contenuto nell'effettività e non si basa in quello che è l'azione di Dio.
Allora nella pastorale può darsi una priorità delle strutture sulle persone e della previsione
sociologica sulla vita spirituale.
Le azioni della Chiesa non possono misurarsi per la sua effettività esterna e per la sua corrispondenza
ad un ordine prestabilito, devono misurarsi come fedeltà a Cristo e risposta ai suoi doni.
- Un altro problema di questa formula sta nel fatto che la determinazione degli ambiti di pastorale si
realizza a partire dalla specificazione delle azioni che si avvengono in ognuno di essi. Per questo motivo si
capiscono di un modo separato con persone distinte per ognuno di essi. Questo mette l'accento sulla
"pastorale degli specializzati" diretti specificamente a persone in una situazione speciale.
L'applicazione sistematica di questo nuovo modello pastorale si realizza con quello che si denominò
"Azione Cattolica Specializzata" che si adattava soprattutto alla condizione di lavoro delle persone alle quali
si dirigeva: appaiono la JOC, HOAC, etc.
Con questo modello si conformano di conseguenza le distinte organizzazioni pastorali della diocesi,
per rispondere ai distinti campi di pastorale che continuano ad emergere. I suoi tre centri sono: catechesi,
gioventù ed azione sociale.
Tutto rimane centrato nell'azione programmata con un obiettivo determinato di evangelizzazione.
- La sua applicazione al matrimonio si manifesta con l'apparizione dei gruppi di matrimoni che si
uniscono per raggiungere una formazione e spiritualità propriamente matrimoniali e l'aiuto tra matrimoni per
maturare nella fede.
L'azione programmata è la preparazione al matrimonio che si organizza negli anni 60 come corsi
prematrimoniali, cioè, come una preparazione più completa sistematica ed adattata alle questioni del
momento. È un'attività nella quale l'intervento nei matrimoni è molto importante perché devono dare
tetimonianza della loro vita matrimoniale.
Vicino a questa azione si prepara l'attenzione ai problemi che sorgono dentro il matrimonio ed appare
quello che si denominerà "COF" (Centro di Orientamento Familiare). Vi si applicano le scienze umane:
medicina, psicologia, diritto, sociologia che tanto influsso hanno nel matrimonio e la famiglia.
Questo modello guida a considerare fondamentalmente la pastorale familiare come matrimoniale,
centrata nell'accoglienza del sacramento del matrimonio e nella soluzione dei problemi che possono sorgere
nella vita matrimoniale.
Nell'organigramma completo delle azioni pastorali, l’ambito matrimoniale, non è più che un settore
specifico, che alla fine è marginale rispetto alle azioni più sviluppate e complete.
Questa marginalità non è cercata dal modello, ma si impone considerandola come un pastorale
"settoriale", riducendola ad alcuni momenti molto concreti che non hanno continuità e sono difficili da
controllare per un conseguimento, dato il cambiamento e la mobilità dei matrimoni nei primi anni dello
stessi.

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Inoltre, a causa dei conflitti sorti intorno alla Humanae vitae, molti pastori percepirono questo
pastorale come fonte di possibili conflitti e rifiuti e contribuirono alla sua marginalità dentro le azioni
pastorali della Chiesa.

3º La pastorale familiare come una dimensione della Chiesa

Quello che potremmo considerare "nuovo" modello pastorale, non si basa direttamente su un
concetto di "prassi" che si applica alle azioni della Chiesa, ma cerca di conoscere le dimensioni dinamiche
della Chiesa in quanto tale, come luogo della vita cristiana e fermento della stessa.
Le azioni non si misurano per i loro risultati ne per la priorità delle urgenze, ma si parte dal valore
sacramentale della stessa Chiesa, "sacramento di salvezza" affinché nel suo significato sacramentale realizzi
in questo mondo quella missione di trasformazione del mondo in Dio che è quella che le ha assegnato Gesù
Cristo.
La globalità dell'azione ecclesiale non proviene dalle strutture pastorali, ma queste devono adattarsi il
più possibile alla realtà della Chiesa. Non si considerano come separate ed unite per un vincolo esterno di
direzione.
Così si capisce meglio il rapporto tra l'annuncio e la celebrazione per non perdere il contenuto
teologico di entrambe. Il concetto di prassi ecclesiale è teologico, viene prima di quello sociologico, cioè,
procede dalla comprensione e dalla sinergia che si realizza tra l'azione di Dio e l'azione dell'uomo in
relazione al mistero stesso della Chiesa dove si realizza questa unione.
Il contributo principale di questo modello è che la pastorale è una dimensione della vita della Chiesa
e non la struttura delle sue azioni affinché siano più efficaci. Allora le azioni pastorali sono secondarie ed il
criterio principale non è la sua efficacia esterna, bensì la vita cristiana.
È un modello integrativo di tutte le iniziative che sorgono dentro la comunità cristiana e non pone il
primato in un organigramma, bensì in assecondare le iniziative che procedono dalla vita, in modo che si
sviluppino in un ambito di autentica comunione ecclesiale.
Per questo motivo, questo modello è importante per la pastorale familiare. Perché in questo modo si
prende la vita familiare in sé stessa e non solo momenti specifici separati di lei o adattamenti ad una serie di
strutture non familiari.
Se il filo conduttore di questa pastorale è la vita, non può concepirsi come settoriale, bensì come una
dimensione ecclesiale che impregna tutte le sue attività.
In questo modo la pastorale matrimoniale non è l’attività che si impadronisce dei matrimoni, ma la
vita stessa delle famiglie cristiane.
Occorre aiutare questa vita che deve crescere e svilupparsi è le iniziative che sorgeranno e che
avranno bisogno di un coordinamento ed una struttura, ma che si dovranno sempre adattare alla realtà della
quale si nutrono.
L'asse di questa pastorale non sarà centrato nelle urgenze sociologiche di ogni momento, bensì nella
trasmissione e realizzazione concreta del piano di Dio sul matrimonio e la famiglia che ha come principali
protagonisti gli stessi matrimoni.
Questa direzione principale è quella che ordinerà tutti i piani pastorali in modo che siano il più
sufficientemente flessibili per non perdere la sua finalità che è la vita cristiana.
La formazione degli operatori è fondamentale ma non si dirige in primo luogo a prepararli per alcune
azioni determinate, bensì affinché siano in realtà testimoni ed annunciatori di questo piano di Dio agli altri
matrimoni. La pastorale non consiste nelle azioni degli operatori bensì nella vita che trasmettono.

4º CARATTERISTICHE DELLA PASTORALE FAMILIARE.

Una volta determinato il modello reale per una pastorale familiare, dobbiamo vedere attentamente le
sue caratteristiche per analizzare come si distinguono dalla stessa vita familiare. Partiamo della seguente
definizione di pastorale familiare:
"l'azione evangelizzatrice che realizza la Chiesa, orientata dai suoi pastori, nella famiglia e con
la famiglia insieme, accompagnandola in tutte le tappe e situazioni del suo cammino." 7
7
La familia: santuario de la vida y esperanza de la sociedad. Materiales de Trabajo, p. 226.
9
È una pastorale specifica perché le sue caratteristiche si prendono dalla stessa vita familiare. Non si
può perdere l'insieme delle stesse caratteristiche per rispondere alla sua missione di far crescere la vita.

1º Realismo

Per questo motivo la prima caratteristica che bisogna menzionare è quella del realismo. La famiglia è
soggetta a grandi variazioni, non si adatta facilmente ad una struttura diversa dalla propria.
Non si deve confondere il realismo con la sociologia del matrimonio e la famiglia. Occorre supporre
una comprensione reale del piano di Dio sulla famiglia affinché si realizzi nelle condizioni concrete della
vita.
Per questo motivo, la pastorale familiare non concorda con un'idea preconcetta della famiglia, ma
serve per vivificare i germi di vita che ci sono in essa.
Va supposto un insegnamento su come la comunione di persone, che costituisce la famiglia, è quella
che guida internamente il modo di costruire una famiglia e dirigere i suoi atti. Questo suppone una
conoscenza dell'azione dell'uomo da una prospettiva di comunione che richiede un'analisi adeguata della
relazione esistente tra amore, verità, libertà e comunione.
In questo modo, precisamente per il principio della realtà presa teologicamente, si può dire che la
pastorale familiare ha una radice teologica, ed è la luce della fede quella che la dirige ed orienta i suoi fini e
le sue azioni.
Così pure si evita di entrare in quelli che si sono denominati "modelli familiari" e nelle
determinazione sociologiche alla quale devono rispondere matrimoni e famiglie nelle circostanze attuali.
Dietro quella terminologia si trova la proposta della teoria del genere che vuole imporre "modelli
familiari" alternativi.
Al contrario l'autentico realismo della pastorale familiare consiste nello incentrarsi negli elementi
stessi della vita familiare che devono essere gli assi portanti di ogni attività pastorale. Così dice l'istruzione:
"La pastorale familiare non consiste in una serie di attività altrui a quello che è la vita normale della
famiglia, ma si dirige fondamentalmente a che questa acquisisca coscienza del suo proprio essere
missionaria, ed operi in conseguenza.", n. 166).

- La difficoltà più grave per l'evangelizzazione della famiglia è la separazione tra la fede e la vita che
colpisce attualmente una gran quantità dei fedeli cristiani8.
Questa separazione colpisce in modo peculiare il tema della famiglia. Questo avviene perché in
generale il contenuto del matrimonio si è visto come qualcosa di umano senza un riferimento diretto con la
fede che la rende una fraternità matrimoniale è come qualcosa di "aggiunto" per santificarlo e non una realtà
sacra per sé stessa.
L'accettazione di questa separazione conduce ad esporre una pastorale di "adattamento" ad
un'idiosincrasia secolare per dopo aggiungere il "bonus" della fede. È un modo inadeguato di pastorale
perché l'annuncio cristiano deve essere proposto senza paura, solo dalla fede si offre una comprensione
completa del matrimonio e di conseguenza della famiglia, altrimenti si perde la categoria di mistero che è
parte integrante della sua realtà.
Ugualmente una fede umana è necessaria per avvicinarsi alla realtà del matrimonio e la famiglia, perché solo
se si tiene fede nell'amore è possibile intraprendere l'avventura reale della consegna nella quale consiste il
matrimonio. Partire da questa fede per trovare in lei quello che apporta la presenza di Cristo è il modo
adeguato di un autentico realismo che germoglia dallo sguardo di fede di Cristo.

2º Non settoriale

Lo sguardo di fede sul matrimonio e la famiglia scopre il piano di Dio circa quelle realtà. È un piano
che si integra nella vocazione originaria all'amore ed in essa si dà in pienezza.
La pastorale familiare deve rispondere alla dimensione propria di questo piano di Dio; per questo
motivo, ridurla ad alcuni momenti privilegiati conduce solo a perdere di vista l'orizzonte proprio della
morale. In conseguenza, la pastorale devia dal suo obiettivo e si incentra nei problemi specifici di ogni
momento. La prima riduzione che abbiamo visto è la deframmentazione della famiglia per concentrarsi sul
8
Cfr. GS, n. 43; VS, 88; La familia: santuario de la vida y esperanza de la sociedad, n. 14.
10
matrimonio per il vantaggio che ha di sapere quando incomincia ed il trattamento dei suoi problemi
specifici.
Superare il trattamento settoriale della pastorale familiare esige sempre un cambiamento di
coordinate, tanto di concezione come di strutture, che è impossibile senza un'idea nuova di tutta l'azione
pastorale.
Richiede una nuova comprensione della Chiesa e il suo manifestarsi viva e vivificante nel mondo.
Esige un coordinamento delle distinte azioni pastorali da un'istanza che abbia presente il piano di Dio
e vuole fomentarlo dove sorge la vita. Occorre superare la figura del pastoralista che organizza una serie di
attività con gruppi per passare alla comprensione degli aiuti necessari durante i distinti momenti per i quali
passa una famiglia. Consiste in curare gli elementi familiari che sono presenti in tutti i settori pastorali
affinché la famiglia arrivi ad essere cosciente della sua propria identità cristiana e la sua missione.
Deve essere una convinzione fondamentale che "il lavoro pastorale con la famiglia non è in alcuno
modo una "pastorale settoriale", bensì una dimensione essenziale di ogni evangelizzazione." , n. 165).
Questo la Chiesa vuole che si esprima e si manifesti nella vita delle famiglie come il modo reale di
essere l'autentica luce del mondo. E sia cosciente di questa dimensione familiare che la costituisce
internamente.
Per questo motivo la pastorale familiare non è una mera opzione pastorale che bisogna mettere tra
altre,ma è una realtà che qualifica al pastorale come tale. Quando manca ciò la pastorale non è integra né
risponde a tutto l'essere della Chiesa. La situazione marginale della pastorale familiare in molti casi non è
altro che una conseguenza inevitabile di una pastorale settoriale.

3. Integrale

La pastorale familiare deve abbracciare allora tutti i momenti dello sviluppo familiare e da una
prospettiva familiare, cioè, non afferma altri fini se non quello della maturità della persona ed il compimento
della sua vocazione.
La categoria di vocazione è l'asse di comprensione della pastorale familiare e esige sempre di non
perdere di vista l'unità specifica di questa pastorale. Questo richiede sempre una rinnovazione della
concezione di vocazione per restituire il senso più unito all'amore umano che è come si scopre nel
matrimonio come vocazione divina alla santità.
Nella pastorale settoriale si cerca la specializzazione delle attività come risposta ai problemi concreti
che si scoprono. Invece, la vita familiare non è in assoluto specializzata, il suo valore proprio è precisamente
quello di ordinarsi alla vita come tale per il fatto che la famiglia espone sempre la vita come un tutto.
Sapere costruire una famiglia che è in fin dei conti il fine di ogni pastorale familiare esige in primo
luogo sapere consegnare la vita come un tutto nel matrimonio e non ridurlo in una serie di funzioni o in un
patto di un progetto comune. L'integrità del dono di sé è essenziale per la realtà dello stesso matrimonio.
In questo modo la vita familiare esige sempre di tenere in conto l'insieme della vita della famiglia
composta da una moltitudine di dettagli che non possono essere determinati a priori e che volerli
determinare in modo esaustivo la condanna al fallimento.
Questa integrità che si vive nella famiglia è di un'importanza decisiva per la trasmissione della fede.
Solo in questo ambito o uno simile i contenuti della fede si concatenano nelle esperienze fondamentali che
sono unite alla vita. In questo modo l'unione di fede e vita trova nella famiglia il suo posto primo. È quello
che si denomina "il risveglio religioso."
L'integrità del pastorale non si realizza per una moltitudine di attività bensì per avere come fine la
risposta delle persone alla sua propria vocazione. Non deve capirsi come per vocazione quello che è
un'attrazione ad un tipo di vita, bensì la direzione di questa vita risposta ad un piano esplicito di Dio.
L'unità specifica della vocazione non ubbidisce ad un piano determinato ma si basa nell'originalità
personale di ogni vocazione.

4. Progressiva

È la conseguenza di tutte le caratteristiche anteriori. Se la pastorale deve seguire la vita delle


famiglie, non può incentrarsi solo in alcuni momenti determinati e deve considerare sempre la vita delle
famiglie come la risposta ad una vocazione personale, è necessaria che si adatti alle tappe distinte nelle quali

11
si delinea una famiglia. FC, 65: "L'azione pastorale della Chiesa deve essere progressiva, perfino nel senso
che deve seguire alla famiglia, accompagnandola passo a passo nelle diverse tappe della sua formazione e
del suo sviluppo."
Questo accompagnamento significa contemporaneamente osservare la crescita di ogni persona in
ognuna delle sue tappe è denominata la legge della gradualità (Familiaris Consortio) 34,: "Per ciò la
chiamata "legge di gradualità" o strada graduale non può identificarsi con la "gradualità" della legge, come
se ci fossero vari gradi o forme di precetto nella legge divina per i diversi uomini e situazioni. Tutti i mariti,
secondo il piano di Dio, sono chiamati alla santità nel matrimonio, e questa eccelsa vocazione si realizza
nella misura in cui la persona umana si trova in condizioni di rispondere al comandamento divino con
coraggio sereno, fidandosi della grazia divina e nella propria volontà."
Si parla di un itinerario il cui l’unità sta nella vocazione ed i cui passi non sono solo quelli di una
crescita umana, ma anche della risposta necessariamente progressiva al piano di Dio. Questo piano non si
percepisce in modo crescente bensì richiede conoscenza della manifestazione della volontà amorosa di Dio
agli uomini che ha come posto centrale l'amore tra un uomo ed una donna.
Per questo motivo la pastorale familiare che progredisce nell’intensità, non può essere mai una
pastorale minimalista, di ricerca dei semplici requisiti per ricevere un sacramento e per una convivenza sana,
bensì di autentica "santità." Solo in questa prospettiva i matrimoni e le famiglie sono coscienti della sua
propria identità e missione.
Qualunque altro progetto non arriverà vivificare completamente ai matrimoni e le famiglie.
Per comprendere di modo completo questo aspetto dobbiamo vedere le tappe di questo pastorale
nella sua logica e relazione interna.

5º I TEMPI DELLA PASTORALE FAMILIARE

La pastorale familiare si divide secondo i momenti propri della famiglia nella misura in cui concordano con
quelli dello sviluppo personale.
Tutti sono d’accordo nell’accettare e proporre la divisione della pastorale familiare che appare nella
Familiaris consortio. Preparazione, (n. 66), celebrazione, (nn. 67-68), 7 post matrimoniale, (n. 69). In questo
modo si percepisce la centralità del matrimonio in tutto il progetto familiare. Ma è importante non perdere di
vista la relazione interna dei tre "tempi."
Si parla di "tempi" -seguendo la terminologia proposta per la Familiaris consortio - e non solo di
"momenti" perché si capiscono nella loro continuità e nella loro stessa dinamica di crescita che ha anche le
sue proprie trasformazioni e non solo alcuni momenti nei quali si richieda un'attuazione.
La valutazione del "tempo" pastorale specifica il modo proprio di dirigersi ad una pastorale familiare
che richiede di stare al passo con i tempi per potere dare un frutto perché la maturazione interna parte dalla
stessa famiglia.
Col "tempo" si vuole fare anche riferimento all'idea dell'azione di Dio nel "tempo opportuno" che è
quello della salvezza. Sono "tempi" di grazia nei quali l'azione divina si realizza in e per mezzo delle azioni
degli uomini.
In questo modo può comprendersi che non sono "momenti di intervento" come una strategia di
attuazione altrui nella vita familiare, bensì i suoi propri tempi di crescita che devono essere fortificati ed
aiutati.
Non può perdersi allora specialmente la relazione interna dei tre "tempi" del più dimenticato di essi
che è la pastorale post matrimoniale, senza questo "tempo" non si può parlare in realtà di "pastorale
familiare": "Ma la vera pastorale familiare comincia una volta che la famiglia si è costituita." 9 Altrimenti si
perde la specificità familiare e la si diminuisce ad un piano umano realizzato per i mariti. La realtà della
famiglia come "Chiesa domestica" deve essere un asse della pastorale nella misura in cui diventi effettivo e
vitalizzante.
Accettare questo tempo familiare è l'unico modo di non ridurre la preparazione al matrimonio ai corsi
prematrimoniali, bensì capire che è una preparazione remota unita alla missione della famiglia affinché
ognuno dei suoi membri trovi e realizzi in pienezza la sua vocazione. Allora la continuità della pastorale
familiare e la sua integrità saranno assicurate.
9
La familia, santuario de la vida y esperanza de la sociedad, n. 173.
12
Ugualmente, solo l'assunzione completa della famiglia come realtà comunitaria permette di
comprenderla in tutta la sua funzione sociale e rispondere a tutte le necessità che sorgono in questo ambito
tanto ampio. È il modo come l'orizzonte della pastorale familiare possa raggiungere tutti gli ambiti e persone
nei quali si realizza il piano di Dio che sono molto ampi ed include molte realtà professionali: politica,
economia, educazione, lavoro, medicina, etc.
È molto importante superare così la concezione della pastorale familiare come separata della
pastorale sociale. Il matrimonio e la famiglia non sono realtà private bensì sociali per essenza.

Significato dei tempi

Se il filo conduttore di ogni pastorale familiare è la vocazione all'amore, la comprensione interna dei
tempi di tale pastorale deve incentrarsi sui punti chiave nei quali si manifesta tale vocazione.
Da questa prospettiva possiamo segnalare la correlazione tra i tre "tempi" della pastorale ed i tre
elementi di identità che risaltano nella vocazione all'amore. Ci riferiamo all’ essere figlio, per essere marito
ed arrivare ad essere padre.
In questo modo la centralità del matrimonio non è funzionale o compiuta, bensì una specificità
vocazionale in stretta unione con tutto un processo anteriore. L’"essere figlio" è il primo momento della
vocazione all'amore, perché in esso si vive l'accoglienza dell'amore originario che ci identifica e costituisce
come uomini e per il quale troviamo un percorso di identificazione progressiva in un ambito familiare.
È nell'assunzione del significato di "essere figlio" che si sperimenta con forza la realtà di un amore fedele
necessario per la maturità personale e la disposizione che genera il dominio di sé per un impegno. "La
relazione di paternità e filiazione è la prima relazione indistruttibile che l'uomo sperimenta e che deve
sapere integrare nella sua vita." 10
In questo modo non si stacca la realtà vocazionale del matrimonio con tutto il processo anteriore, che
ha in sé il suo proprio valore e conduce alla maturità necessaria della persona per il "dono di sé" che
costituisce il matrimonio.
Ugualmente il fatto di "essere padre" non si vede come qualcosa di puramente elettivo dal fatto di
"essere marito", ma sono tutte dimensioni di una stessa vocazione. L'asse della pastorale familiare non
riguarda allora i problemi familiari, bensì l'aiuto per la risposta alla propria vocazione.
In questo modo si evita una considerazione puramente funzionale delle relazioni familiari per
integrarle in una visione vocazionale fondamentale.

1. Preparazione al matrimonio

Questo tempo, per la sua propria specificità ha una struttura interna che risponde anche ad una
triplice divisione dei tempi che hanno una gran importanza pastorale.
Così l'espone la Familiaris Consortio: n. 66: "la preparazione al matrimonio deve essere vista e
messa in atto come un processo graduale e continuo. In effetti, comporta tre momenti principali: una
preparazione remota, una prossima ed un'altra immediata."
Per quanto riguarda i fondamenti della propria vocazione matrimoniale si può comprender
l'importanza decisiva di questa tappa che è particolarmente urgente. Non si deve comprendere questa
urgenza come qualcosa di puramente temporaneo, ma piuttosto è la necessità urgente di dare una formazione
adeguata a persone molto lontane dalla vita della Chiesa perché possano vivere cristianamente il
matrimonio.
Accedere al matrimonio senza un'adeguata formazione affettivo-sessuale, senza un'assunzione reale
del valore sacramentale del matrimonio, senza un rinvigorimento del soggetto morale mediante l'educazione
nelle virtù, provoca una debolezza profonda di grandi dimensioni che colpisce internamente il matrimonio e
la vita familiare.
Questa preparazione non deve realizzarsi sul modello della catechesi. Non si tratta infatti
direttamente di chiacchierate su dei temi, bensì di un accompagnamento nel momento di formazione della
persona nella famiglia e l'aiuto di cui hanno bisogno i genitori e gli educatori in questo compito.
Il ridursi di questa preparazione ai soli corsi prematrimoniale, ha come conseguenza una sensazione
di insufficienza ed un aumento dei problemi e delle lacune.
10
La familia, santuario de la vida y esperanza de la sociedad, n. 76.
13
Questi corsi raggiungono solo la dimensione pastorale autentica nella misura in cui si incorniciano
nell'insieme di tutta la pastorale di preparazione. Non sono una soluzione di emergenza, bensì un modo
concreto di un'intenzione pastorale che deve dirigere tutte le attuazioni.
Il filo conduttore di questa pastorale è la vocazione e deve unirsi alla vocazione battesimale che è il
fondamento di ogni vocazione cristiana.

- Preparazione remota

Comincia dallo stesso momento del battesimo come l'assunzione della storia propria di amore
iniziato come una risposta ad un amore offerto. Questo amore paterno primo è essenziale in tutto il processo
ed è il fondamento di ogni aiuto pastorale.
In questo periodo si produce il "risveglio" all'amore che deve fare attenzione, nel suo doppio aspetto,
all'amore a Dio e all'amore sessuale. Questi due amori, che sorgono in momenti e situazioni differenti,
devono essere adeguatamente apprezzati, affinché a poco a poco possano unificarsi nel senso vocazionale
della vocazione all'amore.
Così i distinti momenti della maturità della persona umana hanno valore catechetico, quindi la
preadolescenza, l'adolescenza ed il passaggio alla gioventù, devono essere accompagnati da un'educazione
all'amore che includa una formazione affettivo-sessuale adeguata all'età e alla condizione delle persone e
con la collaborazione delle famiglie.

- Preparazione prossima

Il centro di questa preparazione è il fidanzamento.


È un "tempo forte" all’interno di quello che va verso la preparazione al matrimonio. In una prospettiva
pastorale è importante che questo processo di fidanzamento si viva alla luce della fede come un
discernimento vocazionale.
È importante evitare i paralleli coi discernimenti delle vocazioni religiose o sacerdotali che sono
processi radicalmente distinti.
In questo momento il coordinamento con le istanze della pastorale giovanile è assolutamente
necessario, perché la dimensione dell'amore sponsale è fondamentale in tutto il processo e caratterizza il fine
fondamentale di tutto la pastorale di gioventù.

- Preparazione immediata

È ogni preparazione che si porta a termine in vista della celebrazione del matrimonio. Parte allora da
un primo mutuo impegno di matrimonio cristiano. Deve supporre una prima fede iniziale, in gradi molto
diversi, che risulta importante per mostrare in tutti i casi la presenza di Cristo nelle loro vite.
I corsi prematrimoniali devono considerarsi come preparazione immediata.

2. Celebrazione del matrimonio

Come pastorale propriamente matrimoniale si intende tutta l'attenzione dovuta alla stessa
celebrazione coi requisiti giuridici e pastorali che vi si richiedono affinché sia vissuta dai fidanzati come una
grazia.
L'importanza di questo momento dipende molto dalla relazione che esiste con gli altri due tempi
della pastorale familiare. Non c'è niente di più dannoso che il matrimonio resti isolato davanti ai problemi
che lo affliggono e non si sappia almeno a chi ricorrere.
È il momento finale di trasmissione della fede del sacramento del matrimonio e l'insegnamento
diretto a saperlo vivere in pienezza.

14
3. Pastorale postmatrimoniale

Essa deve guidare tutta la realtà familiare nel suo inserimento sociale. Non può centrarsi solo
nell'attenzione dei casi patologici, ma deve inserirsi in un'autentica "pastorale di santità". Solo così gli sposi
saranno gli autentici protagonisti della pastorale, nella misura in cui è data loro la possibilità di essere
coscienti della grandezza della loro vocazione, rendendo accessibili a loro i mezzi per portarla a termine.
In questo "tempo" la pastorale deve diversificarsi nelle realtà che colpiscono più direttamente la
famiglia affinché le permettano di "essere" quello che “è” (FC.17).
I campi della politica, l'educazione, il diritto, la medicina, la psicologia, i mezzi di comunicazione, sono
fondamentali per la loro immediata ripercussione nella famiglia.
La collaborazione di persone "esperte" in quelle realtà sarà fondamentale per il realismo della
pastorale familiare. Non è tanto una questione di programmazione di azioni quanto di conoscenza del
mezzo.
La vicinanza della Chiesa, per mezzo dei fedeli a tutte le famiglie è di una decisiva importanza per
poterle aiutare. Da questo fatto dipende innanzitutto l'autentica speranza dalla società.

6º ELEMENTI DELLA PASTORALE FAMILIARE

In questo paragrafo ci riferiamo ai "mezzi" propri della pastorale familiare che devono adattarsi all'oggetto
che trattano e che avranno la loro propria specificità rispetto ad altri campi pastorali.
Occorre il coordinamento di tutti i mezzi perché, se restano isolati, perdono facilmente il proprio
orizzonte ed allora non raggiungono tutto il proprio valore.
Invece, la congiunzione di tutti loro nel momento opportuno crea l'ambiente adeguato per la pastorale
integrale della famiglia.
Si può fare una loro lista segnalandone il valore specifico. Non si tratta di un riconoscimento degli
strumenti che si usano, bensì una provvista di esperienze sulla quale bisogna contare per ogni progetto
pastorale.
Ognuno di essi sta in relazione con uno dei "tempi" della pastorale familiare che deve essere il suo
obiettivo principale. Questo si deve soprattutto al modo diverso di come si accosta la persona. Nella
pastorale prematrimoniale “preparazione remota” deve incidere sulle persone che trattano il bambino o
adolescente: la famiglia e la scuola. La pastorale matrimoniale, deve guidare molto più la persona
accompagnandola nel processo di scoperta della propria vocazione. La pastorale familiare, di nuovo, deve
riguardare soprattutto i genitori, soprattutto nella loro capacità di affrontare i problemi che presenta loro la
vita stessa. La varietà degli "elementi" nel numero e nella diversità, ci mostra l'orizzonte proprio che deve
sviluppare tutta la pastorale familiare in tutta la sua ricchezza. Anche se in realtà una determinata pastorale
familiare non abbia tutta quella ricchezza di realtà pastorali, non può perdere l'integralità che le apre la
congiunzione degli elementi.
Il modo distinto di portare pastoralmente a termine questi elementi deve essere considerato
soprattutto dagli agenti di pastorale familiare che devono saper rispettare il carattere proprio di ognuno di
questi elementi stessi. In generale è necessario superare la mentalità di semplice chiacchierata, catechesi,
azione puntuale che accompagna qualunque azione pastorale e che, invece, come vedremo, offre una
cornice inadeguata per la pastorale familiare.
La breve presentazione degli elementi di pastorale familiare la facciamo precisamente a partire dalla
relazione che prima abbiamo indicato tra essi ed i "tempi" della pastorale familiare.

1 Preparazione al matrimonio

Gli elementi più specifici, cioè, quello che bisogna curare nella loro specialità sono quelli della
preparazione remota. La preparazione prossima e quella immediata sono sempre più simili a quella dei
processi propri della preparazione agli altri sacramenti, per questo motivo sono più facili da comprendere e
da concretizzare per persone abituate a ciò.

-Preparazione remota

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Tra i mezzi propri di questo tempo pastorale bisogna sottolinearne alcuni:

a) Scuola di genitori
Il nome indica innanzitutto l'aiuto che bisogna prestare ai genitori negli elementi dell'educazione dei
figli che sono specifici della famiglia. È uno degli aiuti più richiesti da coloro che si sentono molte volte
superati a causa delle difficoltà inerenti all'educazione molto aumentate in questi ultimi anni.
Si tratta allora di una serie di riunioni sullo stile di un corso formativo che trattino i temi principali
dell'educazione. Deve seguire una pedagogia attiva nella quale i genitori comunichino nella realtà e non
come semplici recettori di un'informazione, ma possano assimilare la soluzione dei distinti problemi che
vengono presentati loro.
Si possono dividere a partire dalle età dei figli presentando problemi e soluzioni distinte. La
conoscenza di ognuna di queste tappe è fondamentale per lo sviluppo e il successo di una scuola di genitori
Queste "scuole di genitori" non si devono ridurre all'ambito scolare, benché sia un momento molto
propizio per portarli a termine. Ugualmente possono avere efficacia nelle realtà dove la famiglia trova un
ambito di riferimento, come possono essere la parrocchia o il posto del lavoro, soprattutto se questo offre
asilo.
Come elemento caratteristico di "pastorale familiare" non consiste solo in un corso o
un'informazione, bensì un aiuto per assumere con responsabilità una delle missioni essenziali del
matrimonio.
È un tema che attrae gli sposi perché risponde ad uno dei loro interessi fondamentali e non sempre
sanno a chi ricorrere. Sembra che non basti a loro una semplice risoluzione di un problema puntuale, ma
vogliono comprendere meglio la situazione in modo condiviso.

b) Catechesi familiare
È un elemento legato alla realizzazione della catechesi. Si tenta di fare in modo che la catechesi la facciano
gli stessi genitori ai figli ed ad un piccolo gruppo di amici. In questo caso il catechista trasmetterebbe la
catechesi ai genitori affinché questi la trasmettano ai propri figli. E’ questo un ricordare il modo come si è
trasmesso sempre i contenuti essenziali del cristianesimo ai figli in un ambiente familiare. Ha il gran
vantaggio che i contenuti della catechesi vengono trasmessi con l'insieme delle realtà familiari che gli
daranno un significato profondo ed affettuoso.
È una pratica essenziale in quello che si denomina "risveglio religioso". L
L'illuminazione naturale delle prime esperienze religiose del bambino, il discorso, la gratitudine, l'offerta
delle sue cose, il silenzio, etc. Saranno realtà che si abitua a stimare ed a vivere con intensità.
Se la catechesi deve tendere a dare nella stessa casa quello che ordinariamente si delega alla
parrocchia, non possono mancare elementi celebrativi realizzati in parrocchia, affinché questo appaia come
un punto di riferimento maggiore per la famiglia che così non risulta separata dalla comunità ecclesiale. In
questo modo trasmette anche un'idea più familiare della Chiesa.
È importante che colui che dirige tutta la catechesi familiare faccia speciale attenzione a fomentare
l'aspetto familiare della stessa che, salvaguardando l'integrità della catechesi, non perda la spontaneità della
sua trasmissione legata alle realtà quotidiane che si rivelano piene di significato.

c) Celebrazioni familiari
Con questo intendiamo dare un contenuto religioso esplicito con un senso cristiano di festa agli avvenimenti
familiari più distaccati. Si tratta tanto di diversi anniversari più significativi: nozze d’oro, nozze d’argento,
come di avvenimenti più determinati come sono la malattia, la morte, un momento gioioso.
È un modo molto efficace di trasmettere la presenza di Dio nella vita familiare che deve essere
riconoscente e grata. Si stima così questa vita come un tesoro e si evita una concezione individualista ed
intimista della religiosità.
Evidentemente queste celebrazioni non dipendono da una "pianificazione pastorale", né si portano a
termine attraverso "agenti specializzati". La loro determinazione ed iniziativa dipendono fondamentalmente
dalla stessa famiglia. Devono trovare accoglienza e perfino motivazione nella parrocchia, nella misura in cui
sia aperta a questo tipo di celebrazioni e le realizzi con un orizzonte pastorale come un modo di stabilire un
vincolo reale ed affettivo tra la famiglia e la parrocchia.

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Il fatto di rendere pubbliche queste celebrazioni in una cornice più ampia della famiglia, è un modo
molto buono per estenderlo perché possa essere conosciuto. È una base importante affinché gli stessi
sacramenti si ricevano in una maniera familiare e si capisca la sua unione intrinseca con la vita della
famiglia.

d) Corsi di formazione affettivo-sessuale


Questo è un elemento pastorale che incide direttamente sul punto della maturazione affettivo-sessuale della
persona. La sua importanza attuale si deve alla constatazione della difficoltà oggettiva di raggiungere questa
maturazione e della scoperta del valore personalistico della sessualità.
Per questo motivo, deve trattarsi di veri corsi, e non solo di semplici chiacchierate. È un modo di
insistere su questi elementi di pastorale familiare che non possono essere mai di mera informazione. Devono
invece consistere in un autentico piano di formazione di persone. Per questo motivo richiedono un tempo
prolungato affinché si possa portare a termine un insegnamento.
Non vanno separati due presupposti fondamentali per ogni pastorale familiare: il contare sulla
famiglia, specialmente i genitori, come l'ambito insostituibile di personalizzazione, ed il coordinamento con
un processo maggiore di formazione.
Il momento più adeguato è quello della preadolescenza, perché in esso ricevono una tale quantità di
informazioni sessuali che è necessario insegnare loro ad assimilarle. Deve tuttavia essere preceduta da una
formazione familiare nell'infanzia e continuata in gruppo durante l'adolescenza.

- Preparazione Prossima

Itinerari di fede per fidanzati :


Oltre agli elementi comuni come sono le catechesi e l’associazionismo giovanile nei quali devono essere
presenti, come contenuti, la vocazione all'amore ed il modo umano di scoprirlo, il più proprio è quello degli
itinerari di fede rivolti specificamente per il fidanzamento.
Il nome indica che non si tratta solo più di un gruppo, ma obbedisce ad una necessità interiore ad
imparare a discernere nell'incipiente relazione di coppia, la presenza di Dio nelle loro vite e che possono
vivere così il fidanzamento come un autentico tempo di grazia.
sottolineando che sono di “fede” serve per indicare che non possono ridursi ad essere alcuni corsi di
comunicazione affettiva o di risorse psicologiche per la conoscenza propria e dell'altro, ma devono essere
un autentico approfondimento di quello che significa la fede nella loro vita.
La realizzazione in un gruppo a modo di itinerario significa che richiede un tempo affinché si porti a
termine la maturazione della fede dentro il processo che si segue.
Il fine che si persegue è il vissuto maturo del matrimonio come una vocazione nella quale viene
coinvolta tutta la persona.

- Preparazione Immediata

Corsi prematrimoniali.

2. Pastorale postmatrimoniale

Passiamo direttamente a vedere gli elementi postmatrimoniali perché la celebrazione stessa del
sacramento non stabilisce più elementi rispetto agli altri sacramenti per quanto riguarda l'accoglienza, la
catechesi e la responsabilità nell'accesso ai sacramenti.

Giornate familiari
Lo scopo è di configurarla come una celebrazione familiare a livello di parrocchia e diocesi. Deve servire
non solo per ricordare l'importanza del matrimonio e la famiglia nella Chiesa, ma anche per aprire la
coscienza che la famiglia per sé stessa è apostolica e deve vivere con intensità questa dimensione. All'
aspetto celebrativo che deve predominare in tutta la giornata, deve unirsi quello della convivenza tra gli

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sposi e le famiglie, affinché imparino a conoscersi e stimino la ricchezza che contiene questo scambio
reciproco.
Si tratta per questo motivo di un tipo di eventi comunitari e periodici.
A questi si devono aggiungere propriamente persone competenti per risolvere problemi familiari nei loro
distinti aspetti.

Centri di Orientamento Familiare (COF)


Hanno lo scopo di offrire un servizio di aiuto alla famiglia nella risoluzione dei problemi che sorgono nei
più distinti ambiti: psicologico, pedagogico, medico, legale, economico, morale. È un tipo di azione che
viene realizzata da professionisti.
La cosa importante di questo elemento pastorale che si caratterizza per accedere alla famiglia in
occasione di un fatto concreto, è la sua unione col resto degli altri elementi di pastorale familiare. L'incontro
con la famiglia deve condurre non solo alla risoluzione di un problema determinato, ma anche all'apertura di
un orizzonte. Non può rimanere soltanto un'azione professionalizzata, deve essere contemporaneamente
anche un momento di annuncio.
Inoltre le persone si accosteranno a questo servizio in modo naturale, nella misura in cui sia
specialmente in connessione col resto della pastorale familiare, con le parrocchie che sono in contatto con un
numero maggiore di persone.

Ambulatori familiari, terapia familiare


Sono elementi in tutto simili al precedente, ma che si specializzano in un tema in concreto e per quel motivo
possono estendersi dipendendo dalle necessità ed essere molto flessibili nella loro organizzazione.
Come succede con i COF, non si deve perdere mai il senso integrale della pastorale familiare. Il fine
della pastorale non è la famiglia strutturata e sana, ma la santità della famiglia.

Centri di accoglienza.
Si tratta di uno dei suggerimenti contenuti nell'Evangelium vitae, n. 88, dove li considera insieme agli
ambulatori familiari. Questo indica che benché si tratti di una realtà molto differente e di una complessa
organizzazione, è necessario che si trovi in relazione con i COF e gli ambulatori familiari, per potere offrire
alle donne in una difficile situazione, un posto dove accogliere loro e i figli che nascono.

Vicino a questi elementi che sono fondamentalmente operativi, ci sono altri che sono invece più
diretti alla conoscenza. La formazione degli operatori in tutte le attività della pastorale familiare è uno dei
punti principali per la sua efficacia. Si deve superare l'idea che basta solo la buona volontà o una semplice
testimonianza di vita, senza dare risposte ai grandi problemi culturali.

Centri di insegnamento dei metodi di conoscenza della fertilità


In questo caso si evidenzia che si tratta di un insegnamento, non di una mera informazione tecnica, pertanto
non si può separare da un'antropologia adeguata. D'altra parte, si afferma anche che ha lo scopo di potere
conoscere la fertilità, non tanto regolare. Per questo possono essere chiamati naturali, perché danno la
possibilità di leggere nella natura i segni della fecondità. È molto importante che questo elemento non sia
qualcosa di separato degli altri, specialmente dai corsi prematrimoniali nei quali vanno proposti senza paura
come pure nei COF, cosi che deve esistere una stretta relazione.

Scuole di operatori di pastorale


Si tratta di dare a tutti gli operatori di pastorale familiare la formazione adeguata per poter portare a termine
il loro lavoro. Non basta un mero adattamento delle scuole di catechisti per lo specifico proprio della
pastorale familiare.

Centri di Studi sul matrimonio e la famiglia


È il complemento necessario al precedente. Deve servire soprattutto per formare coloro che dopo dovranno a
loro volta formare gli altri nelle scuole di operatori di pastorale e nei movimenti matrimoniali. Al di sopra

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delle conoscenze tecniche che possono dare, si deve badare soprattutto a proporre l'integrità del matrimonio
a partire dal piano di Dio sul matrimonio e la famiglia.

Infine stanno gli elementi che seguono la dinamica di gruppo. Sono importanti nella pastorale
familiare, ma non possono esaurire tutta la pastorale familiare. Non sempre le condizioni familiari
favoriscono il fatto di poter seguire questa dinamica. È necessario che le persone abbiano un riferimento
concreto e vicino alla Chiesa per fortificare la loro fede e poter avere alcuni mezzi di formazione
permanente. Questi mezzi sono specialmente indicati per questo scopo.

Movimenti familiari
È stato fino ad ora il maggiore elemento della pastorale familiare che ha permesso di sostenere gli altri. Da
essi sono uscite le persone più disposte e preparate per portare a termine le distinte azioni necessarie nella
pastorale familiare. È importante che centrati nel matrimonio come cuore della famiglia non distolgano
l'attenzione dalla famiglia come unità pastorale.
La formazione è sempre uno degli elementi propri di questi movimenti familiari. È importante che si
badi a quella formazione che condurrà poi alla formazione di altri.
Bisogna curare molto il coordinamento tra i distinti movimenti familiari affinché si evidenzi la loro
missione ecclesiale.

Riunioni familiari
È la modalità usata affinché le famiglie si incontrino, incominciando già con gli sposi, sia per una
convivenza come per tematiche di attualità o di formazione. È importante sapere coordinare entrambi i
campi perché sono quelli che conformano la vita familiare e si evita l'impressione di riunirsi per riunirsi.

Gruppi di sposi
È il fine al quale deve condurre la pastorale familiare parrocchiale, perché è il modo più adeguato dentro la
parrocchia. Dal gruppo di sposi come realtà basilare posso scaturire poi una gran quantità di attività. La cosa
importante è trovare la specificità della vita familiare nella programmazione di questi gruppi.

7º SOGGETTO DELLA PASTORALE E OPERTORI DI PASTORALE

In questo contesto ci riferiamo alla relazione che deve esistere tra il "soggetto principale" della pastorale
familiare che è la stessa famiglia, incominciando dagli sposi, e gli "operatori di pastorale" che sono persone
specializzate per realizzare azioni concrete. Solo nella misura in cui si assicuri la relazione tra entrambi, si
può considerare che si sta realizzando una pastorale familiare adeguata.

1. Soggetto della pastorale familiare

La prima cosa che dobbiamo chiarire è il senso proprio dell'espressione "soggetto di pastorale" che è
distinto del termine più usato di "operatore" La differenza tra uno e l’altro consiste nella cornice di
comprensione della realtà pastorale.
Quando la pastorale si capisce come la pianificazione di determinate azioni si ha bisogno solo di
operatori che vengono preparati in modo particolare per portare a termine l'azione specifica.
Invece il termine "soggetto" si riferisce alla formazione della persona per mezzo delle sue azioni. È
una terminologia che è sorta dal progetto di una ecclesiologia di comunione, nella quale le realtà umane non
sono mere operazioni, ma la sua realtà indica in modo diretto la costruzione di un soggetto personale che è
alle spalle.
Per questo motivo la costruzione di un soggetto deve avere un riferimento molto diretto con quello
che significa per la vita personale: l'esistenza di una "comunione di persone". Una comunione non è il
risultato di alcune azioni programmate, bensì l’impegno delle persone come individui morali.
La differenza tra una ed un'altra terminologia proviene dal modo di comprendere la relazione
esistente tra la persona e la sua azione, che è un chiarimento principale per il nostro tema. Nella
considerazione dell’"operatore di pastorale" il risultato della sua azione rimane diverso da se stesso e

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dipende dalla pianificazione alla quale deve obbedire nell'azione programmata. L’operatore dipende in
ultima istanza dall'azione e dalla programmazione, perché è giudicato dal valore della stessa azione.
Invece parlando di "soggetto" non ci riferiamo in modo diretto al fatto che la persona stessa è quella che è
resa tale dall'azione che realizza, ma che lei stessa è l'effetto principale dell'azione.
Qui “soggetto” non lo è per la sua idoneità o preparazione per determinate azioni, bensì per il destino della
persona che è implicato nelle sue azioni di modo necessario.
Parlare di "soggetto di pastorale" ci permette quindi di ampliare il senso dell'azione a qualcosa di
maggiore che determinati effetti, anche se sono ecclesiali.
Si apre allora al tema della vocazione e della missione propria di ogni persona dentro la Chiesa.
La determinazione del "soggetto pastorale" è il primo elemento per comprendere la strutturazione
interna della pastorale.

Il soggetto della pastorale familiare è in primo luogo il matrimonio

Questa affermazione fondamentale per ogni pastorale familiare è, d'altra parte il modo concreto con
cui la pastorale familiare si unisce intrinsecamente con la pastorale matrimoniale. Il matrimonio è non solo il
fondamento della famiglia, bensì il responsabile primo del suo sviluppo affinché risponda al piano di Dio su
lei.
La pastorale intesa come lo sviluppo della propria vocazione all'interno della Chiesa, porta a
considerare il matrimonio nella sua vocazione familiare di base, che è quella che gli conferisce l'orizzonte
proprio della pastorale familiare.
La famiglia smette di essere così una semplice realtà, per comprendersi invece come un compito
vocazionale e di senso. La pastorale non consiste solo nel ricordare un piano di Dio sulla famiglia, bensì il
coltivarlo in ogni famiglia, insegnando che quella è la sua responsabilità fondamentale davanti a Dio.
La famiglia non è qualcosa di esterno da adattare ai bisogni della propria vita, bensì la verità della
vita che bisogna portare a pienezza. Non consiste solo in un ordine, ma nel realizzarsi delle persone nella
vita familiare.

2. Il modo di essere "soggetto familiare” nel matrimonio

Il problema maggiore che ha il matrimonio per essere capito come "soggetto" della pastorale
familiare è la considerazione individualista e privata che normalmente si dà a tale termine. È una concezione
propria della modernità che sottolinea il valore della libertà individuale di fronte alla costruzione della
comunione tra le persone e che intende la relazione familiare come una specie di accordo privato.
Questo ha una maggiore rilevanza nell'ambito della legislazione. La stessa dichiarazione dei diritti
umani si è realizzata tenendo solo in conto la persona individuale come fonte di diritti e non le distinte
comunità proprie della vita delle persone "soggetto di diritto." Per questo motivo, la Santa Sede ha
proclamato la dichiarazione dei diritti della famiglia, per mettere in evidenza che la famiglia come tale è il
soggetto di diritti e quanto sia importante che questi siano riconosciuti per il funzionamento della società.
Il considerare il matrimonio e la famiglia come "soggetto sociale" indica la realtà fondamentale di
essere ambiti privilegiati di "personalizzazione" con un'importanza decisiva nella maturazione delle persone
come individui responsabili.
Per questo motivo possiamo dire che l'uomo è un "soggetto familiare" nella misura in cui la relazione
familiare è costitutiva di sé. Questa è, la relazione paterna- filiale, il fatto di avere ricevuto la vita da un altro
fa parte del suo stesso essere.
Le relazioni personali nei primi anni della vita sono decisive per lo sviluppo successivo della personalità.
Queste relazioni sono durevoli e conferiscono all’esperienza della persona un elemento di irrevocabilità.
Inoltre, il matrimonio e la famiglia sono "soggetti" nella misura in cui sono principio di
comportamento. Esistono specificamente azioni matrimoniali e familiari, con ciò ci riferiamo a quelle che
hanno come finalità la costruzione della famiglia.
La pastorale familiare deve sostenersi attraverso il riconoscimento da parte degli sposi e le famiglie
del ruolo come soggetti attivi del loro proprio sviluppo.
Come in ogni educazione è necessaria la collaborazione dell'educando che è il primo soggetto del
processo educativo, così nella pastorale familiare il primo soggetto della stessa è la famiglia come tale.

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Dentro la famiglia il ruolo centrale è degli sposi. La Chiesa riconosce che la famiglia è basata nel
matrimonio legittimo per indicare quel ruolo insostituibile che devono realizzare i coniugi nella costruzione
della loro chiesa domestica.
Benché l'atto coniugale abbia un valore proprio ed intrinseco nella relazione matrimoniale e serve
specificamente da prototipo di ogni atto matrimoniale, non è l'unica azione che può dichiararsi matrimoniale.
L'educazione dei figli è per eccellenza il compito matrimoniale ed il figlio è una persona che obbliga ad una
speciale comunione tra i genitori che provvedono a lui.
Questa educazione ha come scopo lo sviluppo integrale del figlio in tutte le sue dimensioni. Si può
capire attraverso la categoria di "vocazione", il ruolo dei genitori per i figli e come, in primo luogo, questi
scoprano la loro vocazione e la seguano con fedeltà.
Avendo gli sposi la responsabilità prima nella costruzione della famiglia, devono essere considerati
come "soggetti primi" della pastorale familiare. Con ciò, non si ignora le carenze che possono presentare in
questo compito, semplicemente si mette in evidenza a chi bisogna rivolgersi affinché la risposta a Dio che
chiama sia ordinata.
Non si tenta di caricare con una responsabilità massima i genitori, è invece, mostrare che questo
compito fondamentale li costituisce come signori e servitori della propria famiglia. Nell'esercizio di tale
compito trovano la propria missione e il proprio posto in questo mondo.
Per questo motivo, se esiste una priorità degli sposi nella famiglia in quanto soggetto pastorale, non
lo è in quanto oggetto della pastorale che logicamente deve incidere più direttamente nella famiglia. La
complementarietà della visione del soggetto e dell'oggetto della pastorale sarà uno degli elementi primari per
l’organizzazione di tale pastorale.
Anche la famiglia è soggetto della pastorale perché deve essere cosciente del suo valore come
"chiesa domestica" cioè come elemento chiave di evangelizzazione che opera da sé stessa.

3. Il soggetto pastorale secondario: gli "operatori di pastorale"

Benché abbiamo segnalato le differenze, si possono chiamare anche soggetti di pastorale, anche se in
modo derivato a quello primario degli sposi. Sono "soggetti di pastorale" nella misura in cui partecipano non
solo ad alcune azioni, ma anche alla crescita degli sposi e della vita familiare nella Chiesa.
L'azione nella pastorale della famiglia deve essere, come abbiamo visto, un insieme legato alla
visione completa della famiglia dentro la Chiesa e dipendente da essa per farla crescere. Per questo motivo
gli operatori di pastorale non devono essere in primo luogo esperti in determinate compiti, piuttosto compete
loro il trasmettere agli sposi quell'orizzonte proprio del piano di Dio che restituisca loro la dimensione di
responsabilità nella propria famiglia.
Per questo l'azione degli operatori di pastorale deve essere sempre subordinata al modo come le
stesse famiglie portano a termine la loro crescita. È un modo di applicazione del principio di sussidiarietà nel
quale la famiglia è un campo di applicazione diretto. La famiglia è insostituibile nel suo lavoro di
personalizzazione, per questo motivo ogni azione destinata a favorirla deve attivare gli elementi interni e
non sostituirli.
Da tutto questo si deduce che un numero considerevole di "operatori di pastorale" devono essere
sposati, perché risulta un modo molto diretto di trasmettere questo piano di Dio che si realizza in ogni
matrimonio.
È certo che non si può neanche ridursi solo agli sposi, perché in ogni azione pastorale è molto
importante offrire un'immagine adeguata della stessa Chiesa. Per questo è molto importante la presenza del
sacerdote in modo che si formi un autentica "squadra pastorale" come lo fu quella che si costituì con Paolo e
gli sposi Aquila e Priscilla (Atti 18,2).

8º PROGRAMMAZIONE PASTORALE.

Tutto ciò che abbiamo detto sulla pastorale deve avere una ripercussione sul modo di dirigere determinate
azioni nel campo della pastorale familiare. Abbiamo parlato già della necessaria specificità delle azioni della
pastorale familiare, ora dobbiamo vedere che cosa si deve coordinare con criterio per la migliore estensione
ed effettività di questa pastorale.

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Elementi necessari per una programmazione "adeguata"
Una programmazione pastorale deve contare sugli elementi che la rendano realistica ed i cui effetti
possano essere misurabili.
- La cornice
La cornice globale non è questione di programmazione. Il contenuto reale della pastorale familiare
non dipende dai programmi, ma deve essere conosciuto dagli operatori nella formazione come il fine ultimo
delle azioni pastorali e non l'azione stessa. Per questo motivo è molto importante che si consideri con
attenzione la sua conoscenza e la sua integrità.
L'oggetto della programmazione sono le attività da realizzare per promuovere un’autentica pastorale
familiare che consiste nella vita delle famiglie.
Senza la cornice ultima della pastorale familiare le programmazioni possono rimanere o in una
velleità estranea alla realtà delle cose, o un mero attivismo centrato in fini concreti, ma incapaci di generare
la vita cristiana nelle famiglie.
Tutto quello che si è detto precedentemente sui "tempi" della pastorale familiare, i suoi elementi ed i
suoi operatori, offre il materiale necessario per portare a termine la programmazione. Pertanto, devono
essere elementi conosciuti e stimati per potere essere compresi in tale programma.
- La determinazione
La programmazione pastorale si realizza per un tempo determinato, per questo motivo si distinguono
delle direttive e dei progetti generici di pastorale familiare. Si tratta della concretizzazione dei principi
generali nelle azioni reali e possibili dell'agire familiare.
La determinazione del tempo deve essere concorde col resto della pastorale per un'adeguata
coordinazione. Deve essere compreso tra un minimo di 3 ed un massimo di 6 anni, perché deve contare sul
tempo sufficiente per lo sviluppo delle attuazioni. Tuttavia non può smettere di cercare effetti in un termine
che permetta la sua autentica valutazione, benché stia nella programmazione la datazione delle distinte
attività affinché si realizzino e si stimino in momenti determinati.
Quando esiste un'urgenza pastorale è conveniente fare un piano più concreto di alcuni primi elementi
che siano i potenziatori del resto delle attività, per poi passare a tempi più lunghi in attività a mezzo termine.
Deve essere realizzato per una squadra, non per una persona, per confrontare distinti punti di vista e
non perdere mai il contatto con la realtà. Per realtà non bisogna solo considerare l'ambito di esercizio
dell'attività pastorale, ma anche le risorse umane che si raccolgono per portarla a termine. Per una maggiore
implicazione di queste persone è necessario il loro intervento nell'elaborazione del programma.
Deve essere quindi un gruppo piccolo, perché altrimenti non riesce ad essere operativo, ma
rappresentativo di tutte le forze che lavorano in questa pastorale.
- I suoi elementi

Come ogni programma deve determinare il fine, i mezzi e la valutazione dei risultati.

- Le finalità vanno a marcare l'orizzonte delle attuazioni e la diversità degli stessi. Gli ambiti di
attività distinti devono essere contenuti in finalità distinte, non si tratta pertanto dei finalità ultime della
pastorale familiare, bensì di oggetti concreti che si cercano e che possano misurarsi.
Per questo motivo è conveniente che in ogni programmazione di pastorale familiare si segnino
obiettivi nei distinti tempi, e perfino in ognuno degli ambiti più specifici degli elementi pastorali.
È imprescindibile determinare alcuni obiettivi nella pastorale prematrimoniale, nella matrimoniale e
in quella strettamente familiare.

- I mezzi: Si tratta, in primo luogo, delle azioni preposte per portare a termine e raggiungere gli
obiettivi, le persone a cui sono dirette e quelle che le portano a termine ed i mezzi materiali : siano essi
luoghi o strumenti come quelli economici.
Si deve evitare la comprensione puramente strumentale del mezzo come qualcosa che si usa per quel
fine. Il mezzo pastorale è un modo di continuare a raggiungere l'obiettivo e ha in sé stesso un valore. Il suo

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valore come mezzo deve essere visto nella programmazione affinché si analizzi sempre il suo adeguamento,
per perseguire una necessaria flessibilità nella proposta dei mezzi concreti.
Per quel motivo, il concetto di mezzo che qui si usa si riferisce di modo prioritario alle azioni e, unito
a lei alle persone che lo portano a termine.
Allora, la caratterizzazione delle persone implicate nell'azione è direttamente un'esigenza pastorale e
consisterà in uno degli elementi basilari di ogni programmazione.
Può presentarsi così lo schema di ogni azione programmata:
 Obiettivo che si pretende.
 Descrizione dell'azione: in che cosa consiste, a che persone va diretta.
 Persone che la portano a termine.
 Formazione delle persone.
 Mezzi materiali ed economici necessari.
 Valutazione dell'azione: quando e per chi, con che cosa misuriamo.
Il punto centrale, si può vedere, è quello della descrizione dell'azione, con ciò si vuole dire che non si
tratta di un fatto puntuale, è piuttosto un avvenimento che si inserisce in una prospettiva più ampia nella
quale acquisisce un significato.

- La valutazione: È il modo di misurare non solo l'efficacia, ma anche di stimare la realtà pastorale
che si è vista dalle attuazioni e la capacità di attuazione a partire dal momento.
Per questo motivo deve essere qualcosa di più che il semplice misurare in che modo si sono capiti gli
obiettivi, benché debba includere necessariamente quell'aspetto. Deve valorizzare prima tutti gli elementi
annotati nella presentazione dell'azione per vedere l'evoluzione della stessa e in che modo apre nuove
possibilità di attuazione. Deve valorizzare anche le persone e la loroo abilitazione e la possibile necessità di
più mezzi.
Per questo, mantenendo l'esigenza di una valutazione finale può essere conveniente l'inclusione di
valutazioni intermedie che permettano un migliore adattamento dell'azione ai suoi obiettivi. Il principio di
realismo è quello che conduce la valutazione, per questo motivo non deve esprimere solo un giudizio
generale dall'azione, ma permettere di vedere l'adeguamento tra la cosa programmata con la realtà e la
conoscenza adeguata delle proprie capacità.
La valutazione si deve fare, da un lato per tutti gli operatori e dall’altro per la l’equipe
programmatrice. L'opinione e la conoscenza degli obiettivi da parte degli operatori e la sua trasmissione
della realizzazione dell'azione programmata è fondamentale in tutto il processo. È anche conveniente,
specialmente nel caso di attività formative o di trasmissione della fede, contare sull'opinione dell’eventuale
realizzazione, mediante inchiesta anonima di coloro che hanno ricevuto quella formazione.
Modi di programmazione
Ci riferiamo ai criteri di cui deve tener conto l’equipe programmatrice per realizzare un'adeguata
programmazione. Non basta per ciò sapere quello che si deve fare, per rispondere ai problemi è preferibile
portare a termine una programmazione completa che abbia come esempio l'ordine visto negli atti. Non tutte
le azioni hanno la stessa importanza, per questo ogni programmazione include in sé alcune priorità che sono
molto importanti in tutto il suo sviluppo.
Il modo di programmare dipende dall'ambito di programmazione che è distinto se si riferisce alla
delegazione diocesana di pastorale familiare o alla programmazione di un'associazione o di una parrocchia.
Il modo deve adattarsi alla responsabilità che si assume e dipende allora da una strategia pastorale
che esce dalla programmazione stessa. Ci riferiamo con ciò ad ogni programmazione che deve essere
cosciente di elementi distinti da incanalare in azioni, ma quegli elementi trascendono la programmazione e
la sua ponderazione effettiva, per arrivare alla programmazione è necessario l’equipe di programmazione
chiarifichi gli intenti .
I distinti punti di vista che bisogna sapere coniugare sono:
 Urgenza dei problemi.
 Incidenza dell'azione, personale e sociale.
 Orizzonte di risoluzione delle azioni in un pastorale globale.
 Abilitazione delle persone.

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 Coordinamento delle azioni.

Dalla valutazione distinta di questi elementi dipendendo le differenti programmazioni.


Esistono programmazioni di urgenza che tendono alla risoluzione di problemi immediati. Devono
essere per un tempo minore ed includere sempre una prospettiva maggiore che la pura risoluzione del
problema, affinché facciano strada ad altre questioni.
Esistono programmazioni che si misurano per l'incidenza perché tendono ad aprire campi nuovi di
azione pastorale e devono stimare la permeabilità di determinati ambienti alla pastorale familiare.
Esistono programmazioni che incidono sull'aspetto di comunione ecclesiale che dovranno
coordinarsi con altre azioni pastorali con la formazione specifica degli operatori.
In ogni caso, cominciando una programmazione, devono essere chiari i criteri che la riguardano,
affinché possano corrispondere ad essa, dando la possibilità di misurare le conseguenze di tale preferenza.

9º DIRETTORIO DI PASTORALE FAMILIARE.

1º Concetto di Direttorio.

Il Direttorio è un documento di carattere pastorale che si riferisce a un suo ambito specifico.


Il suo fine è dirigere l'azione pastorale segnalando i suoi obiettivi, i suoi mezzi, i suoi operatori e la sua
valutazione. Per essere considerato direttorio deve essere riconosciuto tale dall’autorità competente.
Si consulta soprattutto nelle azioni pastorali complesse che richiedono un'unità di azione e di criterio
per la sua effettività.
Si differenzia allora dai documenti di governo come sono i decreti dottrinali, come sono le istruzioni.
Partecipando ad ambedue gli ambiti deve comunque avere un senso pratico e deve includere i fondamenti
dottrinali che lo riguardano.
La necessaria autorità con la quale viene presentato, lo differenzia dai regolamenti interni o dalle
disposizioni "ad experimentum". Per questo motivo, il suo valore non è puramente pratico, bensì di autentica
"comunione" ecclesiale.
È importante averlo presente per la sua realizzazione ed estensione.
L'autorità di un direttorio dipende dall'autorità di chi lo propone, avendo chiaro che si tenta di offrire
alcune direttrici pastorali e non il mandato di alcune azioni concrete. La sua accoglienza richiede, per questo
motivo, un'applicazione che dipende dalle persone alle quali va diretto.
Con queste caratteristiche le direttive possono essere diocesane, nazionali o generali, dipendendo
dall'ambito della sua applicazione e dall'autorità da cui procede.
In quanto ai contenuti, possono variare moltissimo sia per il tema come per la sua estensione.
Sono conosciuti le direttive generali delle Catechesi e del "Ministero e la vita dei presbiteri".

2º Direttorio della famiglia

Nel caso della famiglia le direttive cominciarono ad essere considerate a partire dagli anni 70. Sono i
momenti nei quali si estende la pastorale di organizzazione delle attività che richiede necessariamente delle
direttive.
In questa stessa epoca il Cardinale Karol Wojtyla realizza una pastorale familiare molto sviluppata.
Nel Sinodo di Cracovia vengono proposte una serie di disposizioni pastorali che, benché si riferiscano
direttamente alla paternità responsabile, non rimangono solo al livello dei principi dottrinali, ma danno
disposizioni pastorali come un autentico direttorio.
Con questa fondamentale base e da una prospettiva pastorale già abbastanza sviluppata e ragionata,
la Familiaris Consortio al n.66, sollecita la realizzazione di direttori da parte delle Conferenze Episcopali.
Segnalando contemporaneamente alcuni orientamenti su i suoi contenuti minimi:
"È desiderabile che le Conferenze episcopali, siano interessate da opportune iniziative per aiutare i
futuri sposi a che siano più coscienti della serietà della loro elezione e così pure i pastori di anime che
accertino le convenienti disposizioni, procurino che si pubblichi un direttorio per la pastorale della
famiglia. In esso si dovranno stabilire, innanzitutto gli elementi minimi di contenuto, di durata e di metodo

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dei "corsi di preparazione", equilibrando tra essi i diversi aspetti-dottrinali, pedagogici, legali e medici -
che interessano il matrimonio, e strutturandoli in modo che quanti si preparano ad esso, oltre ad un
approfondimento intellettuale, si sentono animati ad inserirsi in modo vitale nella comunità ecclesiale".
In questa dichiarazione può vedersi un interesse potenziare per la pastorale familiare nella misura in
qui si apprezza una mancanza di organizzazione nelle azioni. Per questo, le linee della sua proposta più
diretta è di alcuni "minimi" e riferiti solo alla preparazione "immediata" dei denominati "corsi
prematrimoniali."
Invece, la sua proposta reale degli orizzonti di un pastorale che costituisce tutta la sua quarta parte e
nei quali tratta dei suoi "tempi, strutture, agenti e situazioni", nn. 65-85, si pongono le basi di un autentico
direttorio di pastorale matrimoniale. Le direttive che realizzano sono ancora tanto generali che realmente
non possono considerarsi in realtà un direttorio, ma che l'esigono come una continuità logica.
Per questo motivo, si deve considerare che il modello di direttorio che si stacca dalla Familiaris
Consortio è di una pastorale globalizzata, che non rimane nella realizzazione di alcune azioni, ma che
contempla il matrimonio e la famiglia nella sua totalità e che procura una formazione idonea degli operatori
di pastorale familiare.
La raccomandazione della Familiaris Consortio risponde ad una doppia realtà.
1. Il direttorio deve essere familiare, non solo matrimoniale.
2. Deve concretizzarsi nella situazione propria di ogni Conferenza Episcopale.
In primo luogo, segnala la prospettiva pastorale globale che deve guidare ogni direttorio nel quale la vita
familiare deve essere il filo conduttore della sua struttura interna.
Secondariamente risponde alla necessità di realismo che deve caratterizzare ogni direttorio. Per questo non
sembrava raccomandabile un "direttorio generale" a somiglianza di quello di Catechesi o dei presbiteri. Ma
l'ambito nazionale nel quale si raccomanda come aiuto a situare un'autentica pastorale di comunione. La
necessità di alcuni accordi maggiori ed alcuni studi più approfonditi in ogni documento che esce dalla
Conferenza Episcopale è un modo per assicurare un livello di direttorio più adeguato di quello che può
venire solo della cornice di una diocesi nella quale i problemi concreti possono pesare troppo.

3º Il direttorio di Pastorale familiare in Spagna

Nel documento della Conferenza Episcopale sulla famiglia del 1979, si annunciava una Direttorio
che sarebbe uscito "in pochi mesi". Nel 1986 di nuovo si legge che è urgente la proclamazione di un
Direttorio di Pastorale familiare.
Il lavoro della Sottocommissione di Famiglia e Vita è stata molto complesso per la difficoltà di
conciliare posizioni molto diverse, che rendevano praticamente impossibile l'andare avanti in questi progetti.
L'ultimo annuncio è quello del direttorio nell'Istruzione "La famiglia, santuario della vita e
speranza della società": "l'applicazione concreta di questi principi alla pastorale familiare sarà sviluppata
più attentamente nel prossimo Direttorio di Pastorale Familiare e della Vita della Chiesa in Spagna, col
quale vogliamo rispondere alla richiesta avanzata nell'esortazione Familiaris consortio, n. 66, e che
speriamo potrà servire da orientamento ed impulso per l'attenzione alla famiglia in ogni diocesi". (n. 177).
È stato fatto con un progetto determinato che, dietro una nuova redazione che l'adattava al linguaggio ed ai
contenuti dell'Istruzione, sembrava che progredisse.
È un direttorio che prende come modello quello della Conferenza Episcopale Italiana dell'anno 1993,
realizzato dietro una lunga serie di documenti sul matrimonio e la famiglia. Da esso prende la struttura
basilare, ma con una prospettiva propria e con una serie di determinazioni pastorali distinte, che risponde
alle grandi differenze tra i due paesi nelle loro strutture pastorali. Specialmente in quello che si riferisce alla
struttura parrocchiale ed arcipretura che è molto più organizzata in Italia.

4) Struttura generale del direttorio

La struttura del direttorio Italiano è:


C. 1 il Vangelo del matrimonio e della famiglia.
C. 2 chiamati all'amore.

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C. 3 il fidanzamento tempo di grazia.
C. 4 la celebrazione del matrimonio.
C. 5 una pastorale per la crescita della coppia e della famiglia.
C. 6 la missione della famiglia nella Chiesa e nella Società.
C. 7 la pastorale delle famiglie in situazioni difficili ed irregolari.
C. 8 le strutture e gli operatori di Pastorale familiare.

Quello del direttorio Spagnolo nella sua bozza:

I. Al servizio del matrimonio e della famiglia


II. Il piano di Dio sul matrimonio e la famiglia
1. Il matrimonio e la famiglia nel piano di Dio
2. La vocazione all'amore: Chiamati all'amore. Chiamati all'amore sponsale. Il matrimonio e la
verginità, vocazioni complementari.
3. Il matrimonio, vocazione cristiana: Istituzione del matrimonio. Presenza di Cristo: matrimonio
sacro. Vita del matrimonio nella Chiesa. Matrimonio e vita sacramentale.
4. La famiglia: Chiesa domestica: Posto della trasmissione della fede. L'educazione all'amore

III. La preparazione al matrimonio


1. Tappe.
· Remota: L'ambiente familiare. Educazione sessuale ed affettiva
· Prossima: Finalità. Il fidanzamento. Modi. Strade o "itinerari di fede"
· Immediata: Corsi prematrimoniali. Catechesi sulla liturgia della celebrazione. I dialoghi con i
fidanzati
2. Responsabili della pastorale prematrimoniale e strutture pastorali: La famiglia. La comunità
ecclesiale. La parrocchia. La Delegazione Diocesana di Past.Familiar. Altre.

IV. La celebrazione del Matrimonio


1. Il matrimonio, realtà ecclesiale
2. La liturgia della celebrazione: La celebrazione dentro la Messa. Luogo.
3. Il matrimonio dei battezzati non credenti
4. I matrimoni misti

V. La pastorale del matrimonio e la famiglia


1. L'esistenza matrimoniale e parte della crescita della vita cristiana
2. L'importanza dei primi anni: L'aiuto di altre famiglie. Altre strutture
3. Il servizio alla vita: Il dono della vita. La paternità responsabile. Metodi di conoscenza della
fertilità. Le famiglie numerose.
4. La dimensione educativa della famiglia: I genitori, primi educatori dei figli. La casa
nell'educazione. I genitori e la loro relazione con le altre agenzie educative
5. Situazioni particolari: La sterilità. Figli handicappati o con malattie. Anziani e matrimoni di età
avanzata. Orfani e privati di famiglia. Famiglie di emigranti. La situazione di vedovanza.

VI. La pastorale delle famiglie in situazioni difficili ed irregolari


1. Criteri ed azioni fondamentali: Evangelizzazione integrale e progressiva della verità. Promozione
della fedeltà matrimoniale. Aiuto nei momenti di crisi
2. Situazioni particolari: Separati non sposati di nuovo. Divorziati civilmente e non sposati di nuovo.
Divorziati civilmente e sposati di nuovo. Cattolici uniti con matrimonio puramente civile. Le così dette
"unioni di fatto"

VII. La famiglia, la chiesa e la società


1. La famiglia e la società: Scuola di socialità. Diritti della famiglia e le politiche familiari.
associazionismo familiare. Mezzi di comunicazione e la società

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2. La famiglia e la Chiesa: Comunità credente ed evangelizzatrice. Comunità in dialogo e comunione con
Dio. Comunità al servizio dell'uomo

VIII. Strutture responsabili della pastorale matrimoniale e familiare


1. Strutture della pastorale familiare: La diocesi. La parrocchia.· I movimenti familiari. I servizi della CEE.
Altri servizi: COF. Centri di metodi naturali di conoscenza della fertilità. Centri di accoglienza, aiuta e
difesa della vita. Centri di studi sul matrimonio e la famiglia.
2. Responsabili della pastorale familiare: I Vescovi. I presbiteri. I matrimoni e le famiglie. I religiosi e
religiose. I laici.

IX. Conclusione

4º Applicazione del direttorio.


Deve disporsi intorno ad alcuni punti principali di attuazione che si possano portare
progressivamente a termine. La cosa importante è non perdere la globalità del piano rispettando il suo
orizzonte.
Ha un'importanza speciale il coordinamento della pastorale tra le distinte istanze: la CEE, le province
ecclesiastiche, la diocesi ed i movimenti e le parrocchie.

10º PROGETTO DI PASTORALE DIOCESANO.

Ci riferiamo, in questa parte, agli elementi che si devono considerare dentro l'organizzazione globale di
pastorale familiare, che devono portare nell'ambito diocesano e che costituiscono il riferimento essenziale di
tutta la pastorale. Come è naturale, il progetto dipende molto dalla natura umana e religiosa della diocesi che
sarà molto diversa e che deve essere considerata nel progetto. Deve consistere di un elemento concreto che
tenga in conto la globalità delle possibilità, degli obiettivi pastorali e delle persone disponibili nella pastorale
di una diocesi.

Relazione del progetto con il direttorio e la programmazione

Il progetto diocesano si può concepire come la concretizzazione del direttorio, poiché è la sua estensione. Un
progetto deve rispondere per questo motivo e strutturarsi, a partire dal modo come il direttorio traccia le
linee della pastorale e fare riferimento ai distinti elementi pastorali che sono contenuti in tale direttorio. Non
tenerlo in conto sarebbe ragione sufficiente per respingere qualunque progetto, perché non servirebbe per
una pastorale di comunione col resto dalle diocesi che è un elemento molto importante per l'efficacia della
pastorale familiare.
Un progetto diverge da una direttiva diocesana non appena non offre solo una cornice di direzione
delle attuazioni, include anche una programmazione generica delle stesse e tiene in conto non solo le
possibilità, ma anche le realtà con l'intenzione di portarle a termine. Le iniziative del direttorio che appaiono
nel progetto devono sentirsi raccolte e programmate nella misura in cui si considerano possibili.
Il progetto aggiunge alla programmazione la chiarificazione del fine della pastorale familiare
nell'insieme della pastorale diocesana. Nel momento della progettazione deve tenere in conto la relazione
della pastorale familiare con quelle che sono le linee e le priorità pastorali che si sono fissate nella diocesi.
Da un progetto precedente si dovrà fare una programmazione determinata per la diocesi con l’aiuto anche di
altri tipi di programmazioni dei gruppi apostolici o di parrocchie che dovranno riferirsi alla cornice indicata
dal progetto diocesano.
Ogni progetto ha un senso globale, non si tratta solo di progettare una singola un'azione, ma ha il
carattere di riunire tutto quello che porta a termine a beneficio della famiglia nella diocesi. Per questo
motivo il progetto non è una semplice programmazione, perché deve includere la considerazione delle azioni
che si sviluppano nell'ambito diocesano, anche se non sono realizzate da detto ambito. Questo significa
tenere in conto tutte le istanze, anche le non diocesane, e perfino non necessariamente ecclesiali che si
tengono in conto nella diocesi. Il coordinamento di tutte questi iniziative è, precisamente, il gran apporto alla
pastorale da parte del progetto.

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Modo di redigere, presentare e responsabilizzarsi di un progetto

Il fine della redazione di un progetto è il suo studio e la successiva approvazione nel Consiglio
Pastorale della diocesi. La sua accettazione significa che la diocesi lo fa suo e l'appoggia. Si capisce la
trascendenza di questo fatto: solo così determinati principi pastorali possono considerarsi assunti da parte
della diocesi e presentati come tale su tutti i fronti. Questo fatto è specialmente importante per quel che
riguarda il coordinamento della pastorale familiare con le altre pastorali, perché questo è il punto dove si
giocano fondamentalmente le priorità pastorali che sono definitive nel momento della realizzazione. La
chiarezza nei progetti pastorali è di grande efficacia se si è realizzato in termini connessi alla realtà e si
portare a conoscenza adeguatamente alle persone che devono collaborare in essi.
Il progetto deve essere redatto dall’equipe di pastorale familiare. La ragione è chiara: è l’equipe che
rappresenta la pastorale familiare davanti al Consiglio Pastorale diocesano, per questo quelli che lo
presentano e lo difendono come qualcosa di proprio devono tenere in conto le possibili correzioni che
vengono suggerite o presentate. Ugualmente sarà il responsabile davanti al Consiglio a presentare il
conseguimento sulla valutazione dei risultati e del modo in cui viene portato a termine.
In riferimento al momento in cui deve essere presentato il progetto ci sono diversi momenti. In primo
luogo, bisogna far emergere che è necessario farlo quando si vuole dare un cambiamento, o un nuovo
impulso a questa pastorale. In questa pastorale non bastano solo una serie di buone idee. Per potere essere
accolto a livello diocesano, deve portare a termine lo sforzo di presentare i criteri, le esigenze, le possibilità
ed i mezzi che ci vogliono per realizzare la pastorale familiare nella diocesi. Inoltre, si trasformerà in un
punto di riferimento che permetta di spiegare a tutti in cosa consiste e come deve mettersi in pratica una
pastorale familiare in una determinata diocesi.
Un altro tema è quello della durata del progetto presentato. Quando è un progetto nuovo conviene
che alcune delle sue chiavi siano proposte in tempo determinato, affinché dopo si possa stimare la validità
del progetto che potrebbe rimanere indebolito. Invece, se si parte da una realtà già stabilita, sarebbe buona
cosa esprimere alcuni termini più ampi perché solo in essi si potranno raggiungere obiettivi più ambiziosi.
Benché sia realizzato e presentato dall’equipe di pastorale è bene che sia fondato in una serie di
consultazioni e di contatti con le persone rappresentative della pastorale familiare. La redazione di un
progetto è un momento buono per portare a termine una consapevolezza globale di quello che significa la
pastorale familiare ed il modo di poterla realizzare nelle circostanze particolari della diocesi.
A volte, se non esistono sufficienti punti di accordo tra i rappresentanti degli agenti di pastorale
familiare per portare a termine un progetto articolato, sarebbe necessaria una riflessione condivisa dei
principi di tale pastorale che si propone nel direttorio.

Elementi di un progetto di pastorale familiare

Finalità: non si tratta qui solo di obiettivi concreti e verificabili comeera con la programmazione, qui
si tenta di prendere le direttrici generali della pastorale familiare per vedere come diventano presenti nella
pastorale della diocesi. Si tenta di concretizzare la cornice propria della diocesi nel momento attuale.
Cornice globale. Si tratta di una cornice concreta che specifica il momento e la portata che si
considera possibile dentro la pastorale familiare di quella diocesi. Gli esempi sono chiari: esiste una
pastorale familiare iniziale, un'altra di estensione, un'altra di influenza. Si tratta qui specialmente delle
priorità che si ricavano dalla cornice generale.
Coordinamento: è un campo speciale del progetto e si preoccupa della comunicazione di tutti gli
elementi nei quali è implicata un’altra pastorale. Senza questo punto la pastorale familiare a livello
diocesano non potrà smettere di essere una pastorale settoriale.
Struttura: tempo-elementi. Come tali dipendono dalla stessa concezione della pastorale familiare che
deve adeguarsi a quelli che segnala il direttorio, ambedue sono dati e non eletti. Qui, nel compito di
presentare un progetto, si tenta di vedere il modo come si concretizza e come si scelgono gli elementi più
adeguati in relazione alla cornice generale che si è presentato. Nel progetto non è necessario descrivere le
azioni in modo concreto, ma di segnalare i modi concreti come si profilano dagli elementi pastorali che
propongono.
Operatori: Generali, specializzati, chierici.

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Ogni progetto deve contemplare un profilo degli operatori capaci di portarlo a termine, che parta
dalla realtà e dalle risorse umane della diocesi e non solo, anche dal desiderio e dalla necessità.
Nella misura delle distinte esigenze che implica la pastorale familiare si devono considerare, nella
redazione di un progetto, tre tipi distinti di operatori che richiedono un'attenzione diversificata e che è
necessario includere per considerare la necessità di ognuno e la relazione tra i tre.
Esistono operatori che si possono considerare "generali" nella misura in cui non sono i responsabili
nella realizzazione degli elementi della pastorale familiare specializzati. Questo non implica in nessun modo
la carenza di una formazione "specifica" in pastorale familiare perché sarà molto conveniente, quasi
imprescindibile, l'avere ricevuto una formazione di questo tipo. Segnalandoli come "non-specializzati" si
vuole dire che non sono qualificati per alcuni compiti peculiari che richiedono un'abilitazione professionale.
Per questo motivo si differenziano dagli operatori "specializzati". Con essi si vuole indicare che per
la loro professione e la loro formazione nell'ambito della pastorale familiare, sono capaci di alcuni compiti
che solo loro, come "specialisti", possono portare a termine. Ogni progetto di pastorale familiare, che
esponga la pastorale in modo aperto, deve rispondere alla domanda di alcune azioni specializzate in
determinati campi, che richiedono la consulenza di persone esperte in questi settori: giuridico, medico,
psicologico, pedagogico, mezzi di comunicazione, economico.
Un punto che non può mancare in qualunque progetto è specificare il modo di collaborare dei
sacerdoti nella pastorale familiare. Senza essi la pastorale familiare non può raggiungere la diocesanità
adeguata e rimarrà ridotta ad un lavoro meritorio ma molte volte marginale nell'insieme dei compiti
pastorali. L'implicazione dei sacerdoti è essenziale per il buon funzionamento della pastorale familiare.
Attualmente la pastorale familiare si deteriora dell'abbandono da parte dei sacerdoti.
Il modo di coordinare i distinti operatori e l'esistenza di distinti ambiti diocesani di incontro naturale
tra gli stessi è molto importante nel momento di esporre un progetto. Non può rimanere alla mercé di una
spontaneità che gioca contro la pastorale.

Formazione: È uno degli elementi realmente determinanti della pastorale familiare. Deve essere
presente in qualunque progetto perché la carenza di una formazione specifica farà invalidare il progetto
perché non riuscirà a partire dalla realtà.
Deve essere una formazione adattata ad ognuno dei tipi di operatori propri della pastorale familiare.
È molto conveniente la considerazione di una formazione globale e non meramente interna dei movimenti o
associazioni. Esporre una formazione più ampia e connessa ad un'esperienza di comunione nella Chiesa.
I sacerdoti, almeno nel momento della loro formazione nel seminario, dovrebbero ricevere tutte le
nozioni basilari di pastorale familiare per usufruirne nel futuro.

Programmazione: Dal progetto globale possono sorgere ambiti distinti di programmazione che
devono adattarsi alla cornice proposta per il progetto. Lo stesso progetto può includere per questo motivo già
la realizzazione della programmazione sia generale, come di alcune attività specifiche.

Risorse: Un progetto che deve fondarsi necessariamente sulla realtà non può non avere un gamma di
risorse da presentare, affinché sia possibile la sua realizzazione. Le risorse sono: umani e materiali.
Le risorse umane sono specialmente le persone che hanno una consacrazione fondamentale nel
campo della pastorale familiare, qualche sacerdote deve essere liberato da altri incarichi affinché sia capace
di lavorare nella direzione di questo compito. Parte della "liberazione" della quale si è parlato deve
impiegarsi nella formazione specifica.
Bisogna segnalare alcune risorse economiche ed il modo di ottenerle per la pastorale familiare,
l'accettazione del progetto deve capirsi come l'assunzione della responsabilità di offrire queste risorse da
parte della diocesi. Il valore degli stessi dipenderà molto dall'estensione di detta pastorale nella diocesi.

Elementi di coordinamento

Delegazioni e campi pastorali nei quali si deve stabilire un coordinamento affinché un progetto sia
completo sono i seguenti.

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Catechesi: con l'offerta di alcuni materiali specifici adattati alle distinte tappe del processo catechetico e alla
preparazione di persone che possano spiegare ai catechisti lo specifico della pastorale familiare. Si deve
studiare egualmente lo sviluppo ordinato della catechesi familiare.
Educazione - religiosi. Deve centrare, nell'introduzione nelle scuole, dei corsi di educazione affettivo-
sessuale. È importante che la supervisione di contenuti e di metodi sia a carico della delegazione di famiglia.
Gioventù: Qui la relazione deve essere stretta alla preparazione di materiali e l'organizzazione di temi di
pensiero relativo al matrimonio e degli "itinerari di fede" propri dei fidanzati.
Sanitaria: qui deve badare molto alla formazione dei professionisti sanitari affinché si rispettino gli aspetti
morali che riguardano la famiglia.
Mezzi di comunicazione: è un punto importante della pastorale familiare, che un progetto mediamente
ambizioso deve contemplare. Bisogna stimare le possibilità di accesso ai mezzi e le notizie che devono
offrire negli stessi. Deve avere una funzione più di prevenzione che di negazione.
Il clero: deve tentare il modo di portare ai sacerdoti i temi nuovi che trattino del matrimonio e la famiglia.
Sarebbe un modo di rivitalizzare la formazione permanente e di mostrare l'unione che si dà in questo campo
tra fede e vita. A volte, data l'età o disposizione dei sacerdoti, sarà più conveniente incominciare con la
formazione dei seminaristi.
Come si vede che il coordinamento di tutte queste attività deve essere chiaro a livello di pastorale
generale e deve essere raccolto nel progetto.

11º COORDINAMENTO DELLA PASTORALE.

È un elemento essenziale per il funzionamento della pastorale e deve essere, come abbiamo visto, un
contenuto principale di ogni progetto pastorale

12º PASTORALE PARROCCHIALE.

La parrocchia è la cellula di ogni pastorale della Chiesa. È il primo riferimento pastorale che può
denominarsi in realtà "comunità cristiana", dunque conta su tutti gli elementi, per questo è struttura
gerarchica, popolo fedele. Il centro di ogni parrocchia è la celebrazione dell'Eucaristia che riunisce i fedeli.
La decisione di essere delimitata in un territorio procede da un modello che proviene dalle "chiese
titolari" a modo di "piccola diocesi." Ma a somiglianza di questa non è definita per il territorio, bensì per la
"porzione del popolo cristiano" che la forma. Per questo il Diritto Canonico ha segnalato che
necessariamente il parroco deve essere un presbitero perché solo lui può presiedere eucarísticamente la
comunità cristiana ed è un elemento necessario per la configurazione di una parrocchia.
A seguito dello sviluppo delle "comunità di base" e la proposta di un'ecclesiología alternativa che
procederebbe dalla "base" con l'assunzione di modelli democratici ed una libertà di opinioni, il magistero ha
rinforzato l'importanza della parrocchia come un elemento pastorale insostituibile e necessario per la
trasmissione di un autentico concetto dell'ecclesiología di comunione nella quale il dono Divino ha un
primato rispetto alla comunità. Uno dei punti chiave della discussione è quello che i pastori non siano scelti
dalla propria comunità e meno che da dentro la comunità, perché non è un rappresentante della stessa.
L'estensione universale di questa istituzione ha permesso che sia enormemente efficace in tutto
quello che significa una regolazione di determinate situazioni pastorali. Per questo si è applicato nella
celebrazione del matrimonio come l'unico mezzo efficace per la soppressione dei "matrimoni segreti."
Queste disposizioni conformano pertanto un strada, affinché ogni persona che desidera sposarsi abbia
un contatto con la parrocchia. Questo fatto, unito al decreto "tametsi" del Concilio di Trento, ha permesso
che esista nella mentalità delle persone un legame tra il matrimonio e la parrocchia.
Questo legame si è capito in un modo eccessivamente giuridico come una serie di requisiti per
"assicurare il minimo", cioè, una realtà che procede da un pastorale di "regole" come è quella che sorse dal
Concilio di Trento.
La comprensione succesiva della parrocchia come "comunità cristiana" che è quella che si è estesa
dalla pastorale della "prassi ecclesiale", si è incentrata molte volte a partire dalle "azioni pastorali" con una
divisione parrocchiale nei tre assi: di annuncio del Vangelo, catechesi fondamentalmente, l'attività liturgica
(celebrazione dei sacramenti) e le opere di carità, centrate nella cáritas. In questa divisione la famiglia non

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appare in nessuna di esse ed il matrimonio come un elemento secondario unito alla sua celebrazione con
un'esigenza di catechesi che sfugge quasi interamente dalla capacità della parrocchia.
L'aggiunta dei movimenti alle realtà parrocchiali, con l'arricchimento delle stesse, all’interno delle
difficoltà che ha comportato, ha condotto, come applicazione di un'ecclesiología di comunione, alla
considerazione della parrocchia come "comunità di comunità." Ma questo non ha aiutato direttamente la
pastorale familiare. I movimenti sorti negli anni 60 sono stati più matrimoniali che familiari e si sono mossi
non in un ambito direttamente parrocchiale.
Questo ha condotto in Spagna all'esistenza dei movimenti familiari e la realtà parrocchiale come due
mondi paralleli che non si trovano e che a volte si cosiderano con molti reciproci sospetti.
Una dimensione pastorale che non abbia connessione con la parrocchia, non sarà mai qualcosa che
tocchi la Chiesa particolare come tale. La pastorale familiare o conta su alcuni modi di introduzione
parrocchiale o sarà marginale o elitaria. La debolezza della pastorale familiare in Spagna si deve all'assenza
generalizzata di un vera pastorale familiare nella struttura parrocchiale fondamentale.
In Italia la situazione è stata distinta perché la parrocchia conta su un'organizzazione interna più
strutturata, nella quale puoi avere sempre una certa pastorale familiare con un insegnamento vicino al
processo di fede prematrimoniale.
Un passo intermedio ma efficiente in questo aspetto è quello dell'arcipretura, non si può sostituire
pastoralmente alla parrocchia, ma serve da ponte di appoggio per l'organizzazione parrocchiale.
Ogni Delegazione diocesana di Famiglia deve avere un contatto con le arcipreture per potere offrire
operativamente alle parrocchie le distinte possibilità di organizzazione di una pastorale familiare. Un
obiettivo importante di ogni Delegazione diocesana di Famiglia è che in ogni arcipretura si possano
organizzarsi alcuni corsi prematrimoniali. Ciò non si può lasciare all'iniziativa spontanea, ma deve spiegare
le condizioni necessarie affinché un corso si consideri tale e la preparazione delle persone che vi venga
implicata.
È un'attività che permetterà di stabilire contatti con molte persone che si sposano, alcune delle quali
possono essere interessate ad una formazione posteriore più profonda. Il gruppo matrimoniale che organizza
il corso sarà da fermento di questa pastorale nelle loro rispettive parrocchie.
Questo deve includere necessariamente un'informazione ed insegnamento basilare sui servizi che
offre la diocesi in materia di pastorale familiare: COF, assistenza familiare, corsi di formazione, materiali. Si
tenta di avvicinare questi servizi alla conoscenza della parrocchia affinché sappia che esistono e possa
vedere l'utilità e l’efficacia di essi. Non basta per ciò ricevere una corrispondenza, è necessario che i
sacerdoti vedano e capiscano quello che è offerto loro.
Ugualmente è molto necessario l'offerta dei mezzi per la formazione degli operatori specifici di
pastorale familiare. A volte è difficile comprendere la necessità di una formazione specifica in questo campo
e l'arricchimento grande che suppone.

Organizzazione della pastorale familiare parrocchiale

Il grande ostacolo per organizzare un pastorale familiare parrocchiale è il considerarla impossibile da


portare avanti. Poter realizzare una pastorale familiare parrocchiale suppone un'organizzazione interna
basilare che bisogna ottenere gradualmente. È molto importante per accedere ai passi successivi, assicurare
una base sufficientemente stabilita.
Per questo motivo possono distinguersi tre livelli dentro la pastorale familiare parrocchiale in un
piano evolutivo:
1º Iniziazione: è il momento di mettere le basi della pastorale familiare. L'obiettivo che si deve
perseguire è l'organizzazione di un gruppo parrocchiale di famiglie.
2º Consolidamento: si tratta dell'operatività di questo gruppo per dare alla parrocchia la capacità di
un'autenticazione pastorale familiare.
3º Estensione: consiste nell'organizzazione di distinti campi di promozione ed attenzione pastorale
specializzata.
In tutto questo processo sarebbe conveniente contare sull'appoggio della Delegazione diocesana della
pastorale per la famiglia.

Iniziazione: consiste fondamentalmente nel partire da zero in merito all’organizzazione.

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Se le famiglie si spaccano e ricorrono alla parrocchia e evidente l’interesse di voler vivere
pienamente il proprio matrimonio. Per ciò è necessario un avvicinamento per la conoscenza delle famiglie
ed un aiuto per fargli conoscere le proprie capacità.
Alcune attività che aiutano questo tipo di avvicinamento sono: la celebrazione di giornate familiari,
le scuole per i genitori, evidentemente la preparazione al matrimonio, un itinerario di fede per i fidanzati che
possa realizzarsi possibilmente con un gruppo di giovani e una preparazione più specifica con alcuni
fidanzati che siano sensibili al loro stato di vita.
Da qui si possono tirare fuori un gruppo di famiglie che si conoscano tra di loro e si riuniscono
periodicamente, almeno una volta al mese. È importante la convivenza tra essi, perché aiuta a rompere la
mentalità individualista che si accontenta all'inizio del matrimonio di "vivere per se stessi". Nella
convivenza deve partecipare tutta la famiglia. Si elimina così la mentalità di impossibilità di ciò per dare
spazio ad un vivere con pienezza la famiglia.
Può aiutare l’appartenenza ad un movimento matrimoniale o familiare, purché sia sempre a
disposizione e in legame con la parrocchia. Normalmente questo è già dato nella misura in cui essi sorgono
dalla e nella parrocchia.
In tutto questo deve esistere anche un'apertura ad una formazione specifica che è essenziale per
aprire gli orizzonti della pastorale familiare.

- Consolidamento: consiste nel vedere, e riconoscere, la capacità pastorale di questo gruppo come
testimonianza cristiana dentro la comunità parrocchiale.
Qui è essenziale la crescita matrimoniale e familiare in un piano di formazione integrale: dottrinale,
spirituale, umano e pastorale. Se si affronta adeguatamente è un grande incentivo per gli sposi nella loro vita
familiare.
È conveniente che sia relazionato con alcune organizzazioni di attività parrocchiale che permettano il
contatto con altre famiglie: accoglienza di fidanzati, di genitori per il battesimo, risveglio religioso, inizi di
catechesi familiare.
Quando sia possibile, è auspicabile il potere organizzare un corso prematrimoniale che richiede una
preparazione specifica.
I passi devono darsi dentro una programmazione delle attività nelle quali si badi alla sua revisione
per imparare da esso.

- Estensione: si tratta della realizzazione di alcune attività specifiche che già ci sono dentro la parrocchia.
Per esempio, possono essere alcune serie di conferenze sul matrimonio o la famiglia, la realizzazione
di corsi di educazione affettivo-sessuale o di conoscenza della fertilità, alcuni servizi speciali di attenzione a
problemi familiari, ect.
Per fare questo è necessario poter contare su persone specializzate e la loro capacità organizzativa
affinché abbiano una certa efficacia.

13º ALTRI ELEMENTI PASTORALI: PASTORALE SPECIALIZZATA.

Uno dei punti che non può tralasciare la pastorale familiare è la necessità di persone specializzate per
il suo buon funzionamento. La problematica del matrimonio e la famiglia è attualmente complessa: abbiamo
una realtà colpita da relazioni di convivenza, esiste una struttura sociale i cui elementi sono poco familiari
causando facilmente gravi difficoltà per la configurazione adeguata della famiglia.
La pastorale ha come esigenza basilare l'affrontare le sfide che procedono dell'attualità nella misura
in cui hanno alcune ripercussioni importanti nella vita degli uomini.
Lo specifico dei temi che riguardano la famiglia, non consiste solo nella difficoltà di trovare persone
che possano affrontare con rigore questi problemi, ma è un'evidenza che una eccessiva specializzazione in
generale ha ostacolato un adeguato trattamento dei temi.
Cioè, la frammentazione del sapere che ha condotto ad una tecnica della stessa ed ad un
impoverimento del suo contenuto di umanità.
Il progetto proprio di un pastorale familiare specializzata conduce ad una doppia direzione:

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I. La preparazione di persone che siano capaci di portare a termine questo compito. Con quello
che implica il pensare a mezzi adeguati per la formazione integrale di queste persone.
II. Il coordinamento del loro lavoro, affinché non si tratti di esperienze scoordinate, ma il
prodursi un scambio di esperienze, una messa a fuoco completa dei problemi.

In quanto al primo punto è il ruolo specifico dei centri di studi sul matrimonio e la famiglia. Il suo obiettivo
è suscitare luoghi dove possa studiarsi specificamente le questioni che colpiscono il matrimonio e la
famiglia in modo che non si perda la specificità della famiglia, conservando l'aspetto scientifico della
conoscenza.
Esiste una gran varietà di questi centri nella misura in cui si incentrano in alcune delle caratteristiche
specifiche della famiglia. In generale questi centri sono sorti da un'attività pastorale che si porta a termine
con le famiglie, che implica la partecipazione di specialisti che richiedono alcune conoscenze specifiche che
si sono acquisiti nella stessa pratica di trattamento con le famiglie.
Se l'intervento degli specialisti ha come punto di riferimento pastorale il COF, è di questi e dei
trattamenti che seguono che sono sorte le iniziative per insegnare le conoscenze che si ricavano da questa
esperienza vissuta con le famiglie. Per questo motivo può comprendersi che c’è un interesse speciale per i
temi di terapia familiare a livello psicologico e psichiatrico o di risoluzione di casi a livello di ambulatori
familiari.
L'apporto dell'Istituto Giovanni Paolo II come centro di studi è l'interdisciplinarietà che esiste per
offrire una visione sintetica sul matrimonio e la famiglia che parta dai fondamenti teologici di antropologia e
di morale e le ripercussioni filosofiche di un pensiero che metta nel centro delle sue conoscenze il
matrimonio e la famiglia. È una responsabilità dell'Istituto portare a termine un'investigazione sistematica al
più alto livello accademico e di conoscenza scientifica per aprire chiavi nuove di comprensione sul
matrimonio e la famiglia.
Fa parte di ogni pastorale familiare prevedere il modo come facilitare l'accesso delle persone
interessate a questa possibilità di formazione. Per ciò bisogna rompere con due pregiudizi acquisiti:
1. L'idea che per entrare nell'organizzazione della pastorale familiare basta la buona volontà. Dovuta
alla confusione ambientale su questi temi e all'incisività delle domande che svegliano, richiede una
formazione solida e non solo sociologica o catecumenale.
2. La pratica dell'endogamia di formazione dei movimenti o gruppi. Dietro le diffidenze sorte per il
rifiuto della Humanae vitae si è sviluppato una mentalità di assicurare la formazione che ricevono le persone
fermandosi su ciò che gli offre il proprio movimento o associazione.
È importante uscire da questa mentalità chiusa perché così vince solo la riduzione di una formazione
che tenda a fortificare le convinzioni delle persone, ma che ha paura di uscire dal suo gruppo.
Dentro il coordinamento generale dei movimenti nelle loro attività ed iniziative da parte della
delegazione della famiglia, si deve fare una proposta di formazione comune per le persone che si dedicano
più di vicino a questo lavoro.
La messa a fuoco più adeguata è quella di formare in primo luogo quelli che sono i formatori degli
altri. Per ciò hanno bisogno non solo di contenuti da ripetere ad altri, bensì convinzioni profonde che
sappiano dare ragione con profondità alle questioni fondamentali.
Questo piano deve includere il tema della formazione del clero affinché possa avere una portata
completamente ecclesiale. Deve stare in contatto con la profonda rinnovazione degli studi teologici che si è
andato realizzando in questi ultimi anni sui temi fondamentali, antropologia, morale, che riguardano il
matrimonio e la famiglia.
Da queste attività si può ricavare una presenza sociale che sia rilevante e che abbia risonanza per
manifestare che si tratta di una proposta seria che deve arrivare a tutte le persone.
I modi specifici di questa presenza devono essere anche oggetto di studio. In quanto al coordinamento del
loro lavoro, deve avere un doppio orizzonte:
1. L'aiuto mutuo che devono prestare quelli che lavorano in un stesso campo, per una migliore
attenzione dei casi, è questione di tattica di azione.
2. La preparazione, dentro il progetto pastorale, di una strategia adeguata che permetta il coordinamento
delle distinte attività, affinché rispondano in realtà ai problemi esistenti.

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La prima cosa si realizza nella misura in cui esiste un'adeguata valutazione dei lavori e si favorisce
un contatto tra le persone che lavorano in un stesso campo, affinché scambino le esperienze e sappiano far
sorgere proposte di rinnovamento.
Questo deve realizzarsi specialmente a livello dei COF e deve trattare anche del coordinamento di
aiuti sociali e della sua migliore presenza a livello sociale.
Di qui devono venir fuori temi di investigazione specializzata da proporre ai centri di studi coi quali
non si deve perdere il contatto.
In merito al secondo punto è un compito proprio del dipartimento incaricato della Conferenza
Episcopale poter realizzare in modo competente una previsione della strategia di attuazione per un minimo
di cinque anni.
Tale strategia deve essere da un lato il prodotto di un studio dettagliato delle esigenze e sfide che
presenta la pastorale familiare in un periodo determinato di tempo, per un altro della possibilità di iniziative
rilevanti a livello sociale che permettano una maggiore introduzione della pastorale familiare.
Il coordinamento generale di questa strategia ha come primo punto la preparazione di un'autentica
politica familiare che possa essere proposta ai più alti livelli, governo, comunità autonome, municipi.
Affinché sia efficace deve sapere presentarsi professionalmente e questo è il frutto di persone specializzate
nei diversi campi.
Un primo modello di questa politica familiare è quello che propone nei suoi ultimi numeri,
l'istruzione pastorale: Famiglia, santuario della vita e speranza della società.
Uno dei grandi apporti della formulazione di questa strategia è il fatto che, in correlazione con la
stessa, non sfugge dai problemi che emergono. La maggioranza dei problemi e delle difficoltà sono
prevedibili e si può studiare in precedenza il migliore modo di rispondere perchè non sia puramente negativo
nell’esprimere il disaccordo, ma si approfitti dell’occasione come un'opportunità per fare una proposta vera.
Questo ha un'applicazione immediata nei campi medici, (p.ej. apparizione di farmaci, o di tecniche di
sperimentazione, di educazione, campagne giovanili, di mezzi di informazione, i temi di omosessualità, di
maltrattamenti, etc., legislativi, adozione di omosessuali, etc.).
Si vede qui l'importanza del coordinamento con i centri di studi e con la pratica pastorale perché
possono offrire dati di investigazione molto preziosi per tutte le proposte precedenti, affinché siano al passo
di determinate presentazioni tendenziose o direttamente false.
Deve sapere coniugare l'incisività delle proposte in campi rilevanti della costruzione sociale:
specialmente l'abitazione, l'educazione, il lavoro, negli impatti che ha per la famiglia. Come nel
coordinamento interno, di queste iniziative affinché possa comprendersi che procede da una visione unitaria
e profonda della realtà del matrimonio e della famiglia.
Tutto questo lavoro devono portarlo a termine professionisti esperti con una buona formazione
dottrinale e pastorale sul matrimonio e la famiglia. Benché esista un coordinamento ultimo da parte della
Conferenza Episcopale, la presentazione delle proposte e la critica degli errori devono presentarsi soprattutto
a livello laicale.
Per la stessa presentazione dei documenti e note dei vescovi è molto positivo il consiglio di persone
che conoscano i mezzi di comunicazione e che diano criteri per la redazione e presentazione di questi testi.

14º ATTENZIONE PASTORALE IN CIRCOSTANZE IRREGOLARI.

È un tema che non può essere dimenticato dalla pastorale familiare, se vuole essere realistica.
L'estensione ed incidenza di questi casi colpisce in modo diretto la comunità cristiana ed il trattamento degli
stessi è una prova chiara delle convinzioni dalle quali proviene.
Deve saper trasmettere che la vicinanza della Chiesa è segno di attenzione ai problemi e non di
rifiuto di persone. Ma questo suppone necessariamente l'accettazione profonda del significato della frase:
"La verità vi farà liberi" (Gn. 8), come si vede in modo lampante nel caso della samaritana.
La prima cosa che si deve considerare è che cosa significa "irregolarità." Si è andata affermando una
sensazione di irregolare in riferimento a tutto ciò che sta fuori dalla norma, dal "fare normale" cioè ciò che
non lo è nel suo contenuto. Non possono essere dati mai per normali elementi nella società che di per sé
sono irregolari.

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Determinate irregolarità non si devono vedere come casi a cui applicare una stessa ricetta, bensì
vedere il perché degli stessi in modo personale per vedere in che modo possono proporsi alcune strade di
avvicinamento alla Chiesa.
È un momento di avvicinamento alla persona nella sua situazione concreta nella quale deve
applicarsi la "legge" della gradualità affinché continui a porre passi positivi nella prossimità alla Chiesa.
Questo non suppone mai l’adattare la legge di Dio al desiderio soggettivo della persona (gradualità della
legge), bensì introdurre ognuno in un cammino dove, a poco a poco, sia capace di vivere la verità completa
che deve essere annunciata nella sua integrità11.
Come nel caso di qualunque malattia, la prima azione è quella della prevenzione, in questo caso, è
quello della promozione della fedeltà coniugale. Questo fatto non è un mero elemento discusso, ma è un
fenomeno culturale: si deve promuovere un'autentica cultura della fedeltà, dentro un modo di considerare la
vita frammentata senza capacità di compromesso.
La prevenzione deve saper arrivare all'inizio di qualunque difficoltà, è lì dove può evitarsi molti
processi che altrimenti, col confronto progressivo di interessi che si dà nei mezzi di separazione, diventano
insuperabili.
È molto importante creare i mezzi affinché le famiglie sappiano ricorrere nei primi momenti,
proponendo il coordinare gli elementi di aiuto che può offrire la pastorale familiare. Specialmente qui si
deve dare un buon coordinamento tra le parrocchie, dove possono arrivare i casi ed i COF.

Tipi di situazioni che possono denominarsi irregolari.

Quelli che raccoglie la Familiaris Consortio e che vengono raccolti nel direttorio sono:

·Separati non sposati di nuovo


Il matrimonio come comunione di persone esige per sé stesso una forza di giustizia nella vita in comune.
"Esistono, tuttavia, situazioni in cui la convivenza matrimoniale diventa praticamente impossibile per
ragioni molto diverse. In tali casi, la Chiesa ammette la separazione fisica dei coniugi auspicando la
coabitazione. I coniugi non cessano di essere marito e moglie davanti a Dio, né sono liberi di contrarre una
nuova unione. In questa situazione difficile, la migliore soluzione sarebbe, se è possibile, la riconciliazione
mediante la rivitalizzazione dell'amore condiviso ed ora ferito. La comunità cristiana è chiamata ad aiutare
queste persone a vivere cristianamente la sua situazione nella fedeltà al vincolo del suo matrimonio che
rimane indissolubile." 12
In questo caso, specialmente se si tratta del coniuge che non è il causante della separazione, "la
comunità ecclesiale deve sostenerlo in modo particolare, procurandogli stima, solidarietà, comprensione ed
aiuto concreto, in modo che gli sia possibile conservare la fedeltà, perfino nella difficile situazione in cui si
trova." 13 Bisogna curare specialmente di "aiutarlo a coltivare l'esigenza del perdono, proprio dell'amore
cristiano e la disponibilità a riannodare eventualmente la vita coniugale precedente." 14
Sono degni di stima e meritano la gratitudine e l'appoggio della comunità ecclesiale quelli che,
avendo sofferto la separazione, si mantengono fedeli all'indissolubilità del vincolo matrimoniale e,
respingendo la possibilità di una nuova unione, si impegnano nel compimento dei loro doveri familiari.
Questa disposizione richiede l'accompagnamento e comprensione della comunità ecclesiale, ed è
eccessivamente importante che non si sentono soli nella loro decisione. Contemporaneamente è chiaro che
gli ostacoli alla loro partecipazione nella vita della Chiesa e nell'ammissione ai sacramenti, 15 e l'Eucaristia
sarà per loro fonte eccelsa di fedeltà.

Divorziati civilmente e non sposati di nuovo


"Se il divorzio civile rappresenta l'unica maniera possibile di assicurare certi diritti legittimi,
l'attenzione dei figli o la difesa del matrimonio, può essere tollerato senza costituire mancanza morale." 16
11
Cfr. FC, n. 34.
12
CCE, n. 1649; cfr. FC, n. 83; CIC, cn. 1151-1155.
13
FC, n. 83.
14
FC, n. 83.
15
Cfr. FC, n. 83; CCE, n. 1648.
16
CCE, n. 2383.
35
Anzitutto, si deve accedere ad esso solamente per motivi molto gravi, evitando lo scandalo e con la ferma
convinzione che equivale ad una separazione. Non è in modo alcuno la rottura del vincolo matrimoniale.
La valutazione ed attenzione adeguata della situazione dei cattolici che sono accorsi al divorzio civile
esige distinguere tra quelli che hanno accesso ad un nuovo matrimonio civile e quelli che non l'hanno fatto.
È anche necessario notare la differenza che si dà nel coniuge che ha provocato e quello che soffre la
situazione17.
Con ciò si è visto obbligato, senza colpa dalla sua parte, a sopportare le conseguenze del divorzio
civile. La cura pastorale seguirà una strada simile a quella che deve avere coi separati sposati di nuovo. La
comunità cristiana deve sostenerli ed aiutarli nell'esempio di fedeltà e coerenza cristiane che, nel loro caso,
hanno un valore particolare di attestazione di fronte al mondo ed alla Chiesa. Non esiste, per questo motivo,
ostacolo alcuno affinché possano essere ricevuti ai sacramenti18.
Anche per il coniuge causante il divorzio va proposta la stessa cosa che deve fare colui che è
responsabile della separazione cercando di trattarlo con la maggiore comprensione. Ma per accostarsi ai
sacramenti, deve dare segni di vero pentimento. Questo implica riparare, per quanto possibile, la situazione
irregolare che ha provocato. Deve essere cosciente che, nonostante ha ottenuto il divorzio civile, il suo
matrimonio continua a essere valido e che, di conseguenza, solamente la situazione di separazione in cui si
trova è moralmente lecita, se esistono motivi che rendono impossibile la ripresa della convivenza coniugale.
E, verso quell'obiettivo – sempre con la massima prudenza e rispetto – dovrà orientarsi preferibilmente
l'azione pastorale.

Divorziati civilmente e sposati di nuovo


Dolorosamente, si estende la mentalità che dietro un fallimento nella vita matrimoniale ci si può
rifare una vita con un nuovo matrimonio benché sia solo civile. Si estende perfino il numero delle persone
che tornano a contrarre matrimonio dopo aver chiesto il divorzio civile, alcune di esse pretendono
posteriormente l'accesso ai sacramenti. Oggi come i primi cristiani che vissero in un mondo che ammetteva
il divorzio, dobbiamo ricordare le parole di Gesù Cristo: "quello che ripudia sua moglie e si sposa con
un'altra, è adultero contro la prima, e se la donna ripudia il marito e si sposa con un altro, commette
adulterio" (Mc 10, 11-12). La Chiesa, fedele a queste parole, non può riconoscere come valida questa nuova
unione se era valido il primo matrimonio. 19 Per questo è rigorosamente proibito "effettuare cerimonie di
qualunque tipo per i divorziati che chiedono di sposarsi”20.
"In conseguenza, per un battezzato, pretendere di rompere il matrimonio sacramentale e contrarre
un altro vincolo mediante il matrimonio civile è, in sé stesso, negare l'alleanza cristiana, l'amore sponsale
di Cristo che si concreta nello stato di vita matrimoniale. Esiste un'incompatibilità dello stato di divorziato
e sposato di nuovo con la piena comunione ecclesiale. Per ciò, accedendo al matrimonio civile, loro stessi
ostacolano la possibilità di essere ammessi alla comunione eucaristica." 21
Neanche saranno ammessi al sacramento della Riconciliazione a meno che diano segni di vero
pentimento. "La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere concessa se non a
quelli che si pentano di avere violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo e che si impegnino a
vivere in totale continenza." 22
Affinché i divorziati civilmente e sposati di nuovo possano accorrere ai sacramenti sono requisiti
necessari: a) abbracciare una forma di vita coerente con l'indissolubilità del loro vero matrimonio; b) la
promessa sincera di vivere in continenza totale nel caso di essere moralmente necessaria la convivenza; c)
l'impossibilità di compiere l'obbligo di separarsi; d) che l'accoglienza del sacramento non causi scandalo
negli altri che potessero conoscere la sua situazione.
Esiste infine, la dolorosa situazione della quale non si sentono capaci di vivere prima secondo le
condizioni espresse. Trattandosi di qualcosa che colpisce lo "stato di vita" non basta esplicitamente un
compromesso temporale per l'ammissione ai sacramenti dovuto ad un evento particolare. In tutto ciò si deve
17
Cfr. FC, n. 84; CCE, n. 2386.
18
Cfr. FC, n. 83.
19
CCE, n. 1650.
20
CCE, n. 1650.
21
FSV, n. 94; cfr. FC, n. 84; Congregación para la Doctrina de la Fe, Carta a los obispos sobre la recepción de la Comunión
Eucarística por parte de los fieles divorciados y casados de nuevo, 14.IX.1994; Pont. Cons. para la Intepretación de Textos
Legislativos, Declaración, 6.VII.2000.
22
Cfr. CCE, n. 1650.
36
cercare la sincerità dei motivi e la rettitudine di intenzione. È importante che sia chiaro che la Chiesa non
respinge i divorziati che si sono sposati di nuovo. Sono loro stessi, con la loro situazione che ostacolano la
loro ammissione ai sacramenti23.
La carità pastorale esige dalla comunità cristiana e, specialmente, dai pastori che non si abbandonino
questi fedeli, perché un allontanamento totale della vita cristiana li pregiudicherebbe ancora più nella loro
situazione. "Agendo in questo modo, la Chiesa professa la propria fedeltà a Cristo e la sua verità;
contemporaneamente si comporta con spirito materno verso questi figli, specialmente verso coloro che
senza colpa dalla loro parte sono stati abbandonati dal loro coniuge legittimo. 24"
Per questo bisogna differenziarli dagli altri "i quali sinceramente si sono sforzati di salvare il primo
matrimonio e sono stati abbandonati ingiustamente"; "quelli che hanno distrutto canonicamente un
matrimonio per colpa grave"25; "quelli che hanno contratto una seconda unione in vista all'educazione dei
propri figli"; e "quelli che sono soggettivamente sicuri in coscienza che il precedente matrimonio,
irreparabilmente distrutto, non era stato mai valido." Tra altre differenze sta il modo di capire la propria
vicinanza alla Chiesa e l'importanza dei valori familiari che questa difende.
A partire dalla situazione di fede di ognuno ed il suo desiderio sincero di condividere la vita
ecclesiale bisognerà accompagnarli affinché apprezzino il valore dell'assistenza "al sacrificio di Cristo nella
Messa, della comunione spirituale, del discorso, della meditazione della parola di Dio, delle opere di carità
e di giustizia. 26"
Un'attenzione particolare si dedicherà "ai cristiani che vivono in questa situazione e che
frequentemente conservano la fede e desiderano educare cristianamente i propri figli." 27 Frequentemente si
contattino i genitori nelle catechesi in occasione del Battesimo, la Comunione, la Confermazione dei figli,
che è la strada per la regolarizzazione della situazione matrimoniale di prima. Questa pastorale è
specialmente compito dei sacerdoti nella loro attenzione nei processi catechetici.

Cattolici uniti con matrimonio puramente civile

L'estensione di una mentalità secolarizzata della relazione matrimoniale tra l'uomo e la donna ed il
menefreghismo religioso porta non pochi battezzati a porre la propria unione a livello civile, liberi da ogni
celebrazione religiosa. È una situazione che suppone l'accettazione di una stabilità nella loro relazione, per
questo che non può equipararsi più a coloro che convivono senza vincolo alcuno." 28 Benché a volte proceda
dalla volontà di lasciare aperta la possibilità ad un futuro divorzio29.
È evidente il rifiuto della presenza di Cristo nella loro unione, il rifiuto della loro vocazione
battesimale, per questo finché persistono in questa situazione non possono essere ammessi all'accoglienza
dei sacramenti30. Data l'incoerenza con la fede che vivono non potranno neanche partecipare ad attività il cui
esercizio richieda la piena comunione con la fede della Chiesa.
L'adeguata azione pastorale comincerà con l’identificare i motivi che hanno portato loro a sposarsi
solo civilmente. Se si è prodotto un primo avvicinamento può essere segno di una fede incipiente che
bisogna fomentare. Questo primo passo condurrà ad una maggiore conoscenza e approfondimento della vita
cristiana, per far loro scoprire la necessità della celebrazione del matrimonio canonico. Per ciò è di una gran
efficacia la loro integrazione nella vita delle rispettive comunità31.
Nel caso in cui gli uniti solo col matrimonio civile si separassero e sollecitassero sposarsi
canonicamente con una terza persona è necessario procedere con cautela. Bisogna servire gli obblighi
acquisiti con quanti si trovano implicati nella situazione, l'altra parte, i figli avuti nel matrimonio, etc., e
constatare le disposizioni ed attitudini per le quali sollecitano il matrimonio canonico. Si deve evitare in ogni
punto qualunque apparenza di essere una specie di "matrimonio a prova."

23
Cfr. CCE, n. 1650.
24
FC, n. 84.
25
Cfr. FC, n. 84.
26
RECDiv, n. 6; cfr. FC, n. 84.
27
CCE, n. 1651.
28
FC, n. 82.
29
Cfr. FC, n. 82.
30
Cfr. FC, n. 82.
31
Cfr. FC, n. 82.
37
In questo caso la disciplina della Chiesa stabilisce che fino a che non esista una sentenza di divorzio
del precedente matrimonio civile, l'Ordinario del posto non può concedere l'autorizzazione di altri
matrimoni. Solo in caso di necessità potrebbe non aspettare di ottenere la sentenza di divorzio prima della
celebrazione del matrimonio canonico32. Da parte sua, prima di dirigersi all'Ordinario, il parroco dovrà
provare che colui che ha ottenuto lo scioglimento del matrimonio è disposto a compiere gli obblighi contratti
come conseguenza del precedente matrimonio puramente civile33.

Uniti con le cosiddette "unioni di fatto"

Il fenomeno della privatizzazione del matrimonio, cioè, il considerarlo come una convivenza che
riguarda solo due persone e nella quale la società non si deve immischiare, è causato in realtà dalla
proliferazione delle denominate "unioni" senza nessun vincolo, né civile né religioso. È una sfida a livello
sociale, non solo perché lo si considera un modo lecito di convivere, ma anche perché si reclama la sua
equiparazione al matrimonio34.
Oltre all'attenzione dei casi particolari, è molto importante promuovere da ogni tipo di istanze civili
ed ecclesiali mezzi per il riconoscimento del diritto del matrimonio ad una protezione efficace ed un status
diverso di un altro tipo di convivenze35.
Per una pastorale efficace con coloro che vivono in questo modo è necessario discernere bene le
situazioni. L'espressione designa situazioni molto diverse, come il concubinato, le unioni come frutto del
rifiuto del matrimonio in quanto tale o perché non ci si vuole assumere compromessi a lungo termine, etc..
Invece, è necessario non considerare una coppia di fatto come le forme di convivenza di carattere
omosessuale. Esiste una pressione mediatica molto importante per equipararli al matrimonio per mezzo del
riconoscimento di tali "unioni." È importante estendere con i mezzi di comunicazione portandola alle sfere
politiche, l'affermazione esplicita che si tratta di un altro tipo di unione, per evitare la gran confusione che si
estende su questo tema. È un modo di proteggere la famiglia.
Sono anche molto diversi i motivi che hanno portato a prendere questa decisione: la mancanza di
formazione, la mancanza di fede, rottura con la famiglia, la sfiducia nel futuro, strettezze economiche, una
libertà che respinge ogni vincolo giuridico, etc. In ogni caso si tratta di una situazione irregolare che non
permette il suo accesso ai sacramenti mentre non esiste una volontà di cambiare vita 36, perché mancano le
disposizioni necessarie per ricevere la grazia del Signore.
Dato il fatto instabile di tale situazione gli stessi avvenimenti della vita possono far loro riconsiderare
la loro posizione, soprattutto quando appaiono i figli. Se esiste una briciola di fede è un buon momento per
proporre la buona notizia del matrimonio cristiano ed aiutarli a regolarizzare la loro situazione.

32
Cfr. CIC, cn. 1071.
33
Cfr. CIC, cn. 1071.
34
Para todo este tema cfr. PONTIFICIO CONSEJO PARA LA FAMILIA, Familia, matrimonio y ‘uniones de hecho’, 11.XI.2000.
35
Cfr. FSV, n. 142.
36
PH, n. 7.
38

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