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PONTIFICIO ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II

SEDE CENTRALE

AREA INTERNAZIONALE DI RICERCA IN TEOLOGIA SACRAMENTARIA


IV COLLOQUIO DI TEOLOGIA SACRAMENTARIA
VINCOLO CONIUGALE E CARATTERE SACRAMENTALE: UNA NUOVA CORPOREIT
ROMA, 28 APRILE 2017

JOS GRANADOS
PONTIFICIO ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II

VINCOLO CONIUGALE E CARATTERE SACRAMENTALE:


UN MODO NUOVO DI ESISTERE NEL CORPO

*Testo provvisorio non pubblicabile

La recente scomparsa di Zygmunt Bauman pu fungere da contraltare nella comprensione del


vincolo matrimoniale, elemento chiave nella visione occidentale del matrimonio. Il termine
vincolo, infatti, significa anche catena, ossia, un tipo di unione resistente al cambiamento, agli
antipodi dell'amore liquido descritto dal sociologo polacco. Questa difficolt culturale pu, in parte,
spiegare le recenti critiche mosse contro la teologia del vincolo: continua ad essere valida per
presentare l'amore al giorno d'oggi? Non forse vero che si concentra sull'obbligo che pesa sugli
sposi, asfissiando la loro libert, insistendo su un punto di vista eccessivamente giuridico? Non si
oppone forse alla narrativit dell'amore, al suo bisogno di procedere a tentoni lungo il cammino di
una storia, con tutto ci che implica in termini di cadute, di retrocessioni e di nuovi inizi?1
Ebbene, Bauman, nell'elencare le caratteristiche della societ postmoderna, ha sottolineato
anche la perdita dello spazio abitabile. Mentre le antiche utopie si immaginavano sempre associate
ad un luogo o topos, ideale o sconosciuto, oggi l'utopia consiste nel fuggire da ogni luogo2 .
Tuttavia, se la mancanza di vincoli pu dare un'idea di libert, la perdita del territorio provoca oggi
una considerevole angoscia, simile a quella provocata dalla crisi ecologica3 . Da questo punto di
vista, la dottrina del vincolo non si oppone tanto alle aspirazioni dell'uomo moderno poich il
vincolo, come vedremo, equivale al "una sola carne" della Genesi (Gen 2,24), ovvero, a quel

1 Per queste critiche alla dottrina del vincolo, cf. E. SCHOCKENHOFF, Chancen zur Vershnung. Die Kirche und
die wiederverheirateten Geschieden (Herder, Freiburg 2011).
2 Cf. Z. BAUMAN, Utopia with no Topos in ID., Society Under Siege (Blackwell, Oxford 2002) 222-241.
3 A tal proposito, rilevante la distinzione in inglese tra place e space: E.S. CASEY, Getting Back Into

Place: Toward a Renewed Understanding of the Place-World (Indiana University Press, Bloomington 2009).
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territorio originario al quale l'uomo e la donna appartengono insieme e in cui si genera lo spazio
vitale.
In questa disamina ci proponiamo di mostrare come il vincolo matrimoniale possa essere
descritto non gi come un legame costrittivo, ma piuttosto come uno spazio abitabile. Questo
consentir, tra le altre cose, di gettare una nuova luce su molti dei paradossi che lo riguardano, tipici
di un vincolo che ci rende liberi e che , inoltre, condizione di ogni crescita. Ritengo, di fatto, che la
possibilit di guardare al vincolo, come chiede il magistero di Papa Francesco, come chiave di tutta
la pastorale prematrimoniale e matrimoniale (Amoris Laetitia 211) nonch della spiritualit
familiare (Amoris Laetitia 315), dipende dalla capacit di immaginarlo, non come una catena rigida
che impedisce il movimento, ma piuttosto come uno spazio abitabile nel quale poter mettere radici,
crescere e dare frutti.

1. Il vincolo coniugale, alla luce del carattere sacramentale

Poich la teologia del vincolo ha origine in Sant'Agostino, inizieremo proprio dai suoi scritti:
vedremo che il Vescovo di Ippona confronta il vincolo con il carattere battesimale (1.1);
successivamente osserveremo le caratteristiche principali di quest'ultimo (1.2 e 1.3).

1.1. Apporto agostiniano

Nella sua esposizione sul matrimonio, Sant'Agostino consapevole della differenza tra l'uso
civile, che ammetteva il divorzio, e le leggi della Chiesa. Su queste basi, egli intuisce la
caratteristica distintiva del matrimonio tra credenti oppure, secondo la sua espressione, nel Monte
Santo di Dio: in tali nozze contenuto un sacramentum, ovvero, un riferimento ad una realt sacra
che fa s che questo matrimonio duri fino alla morte, anche nel caso in cui cessi la volont dei
coniugi di mantenerlo4 . Pertanto, l'indissolubilit non risiede soltanto nel comandamento assoluto di
non separarsi, da cui, in taluni casi, si potrebbe dispensare. L'impossibilit di far s che gli sposi
cessino di esserlo non soltanto morale, ma ontologica: c' una realt comune che li vincola, al di l
delle loro volont, tanto che, quand'anche decidessero di abbandonarsi reciprocamente,
continuerebbero ad essere coniugi. Agostino descrive questo nesso come quiddam coniugale, o
conjugale vinculum, la cui esistenza diviene visibile proprio quando il matrimonio sembra essere
naufragato5.
In cosa consiste il "vincolo coniugale"? Per rispondere a questa domanda ci viene in aiuto il
confronto che lo stesso Agostino stabilisce con un altro sacramento: il battesimo. La similitudine si
basa sul fatto che entrambi, matrimonio e battesimo, sono sacramenta: ci significa che creano un

4 Cf. AGOSTINO, De bono con. VII 7 (CSEL 41,197): quod tamen si non licet, sicut diuina regula praescribere

uidetur, quem non faciat intentum, quid sibi uelit tanta firmitas uinculi coniugalis? quod nequaquam puto tantum ualere
potuisse, nisi alicuius rei maioris ex hac infirma mortalitate hominum quoddam sacramentum adhiberetur, quod
deserentibus hominibus atque id dissoluere cupientibus inconcussum illis maneret ad poenam, siquidem interueniente
diuortio non aboletur illa confoederatio nuptialis, ita ut sibi coniuges sint etiam separati, cum illis autem adulterium
committant, quibus fuerint etiam post suum repudium copulati, uel illa uiro uel ille mulieri. nec tamen nisi in ciuitate
dei nostri, in monte sancto eius talis est causa cum uxore.
5 Cf. AGOSTINO, De nuptiis I 10,11 (CSEL 42,223); De conj. adult. II 5,4 (CSEL 41,386).

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legame stabile con Cristo6 . Per questa ragione, cos come il cristiano apostata continua a portare in
s il sigillo di Cristo, allo stesso modo colui che abbandona il proprio coniuge continua a rimanere
unito ad esso coniugalmente, in quanto entrambi gli sposi si sono uniti in Cristo. Ecco perch tale
vincolo corrisponde al carattere battesimale. Di fatto, quando parla del battesimo, Agostino ricorre
frequentemente al termine sacramentum per riferirsi al carattere; allo stesso modo, nel matrimonio,
sacramentum, denota per lui l'indissolubilit. Di conseguenza, la dottrina del vincolo nasce unita,
non gi ad una riflessione meramente canonica, ma piuttosto ad un dato basilare della fede: la
metamorfosi radicale che il battesimo compie nel fedele, grazie alla quale egli risulta
definitivamente suggellato. Se il vincolo matrimoniale dura fino alla morte, perch qui che
avviene l'irruzione escatologica di Ges Cristo come "Amen" definitivo di Dio (1 Cor 1,20)7.
La spiegazione di cosa sia il vincolo coniugale pu essere completata a partire da un altro
sacramento: l'ordine sacerdotale8. LIpponate spiega che il matrimonio non pu essere sciolto
neanche quando mancano i figli, poich tra cristiani vale pi la santit del sacramento (sanctitas
sacramenti) che la fecondit del ventre9. Egli fa un confronto tra questo caso e quello del sacerdote
ordinato a cui non viene affidato nessun gregge, ma che continua ad essere sacerdote pur in assenza
di tale ufficio. Ancora una volta, sacramentum indica una realt stabile che riguarda l'essere stesso
del cristiano e che non si pu ridurre all'esercizio di un ministero. Neanche il vincolo matrimoniale
si limita alla necessit di generare ed educare i figli, ma qualcosa che struttura l'essere stesso dei
coniugi, assimilandoli a Cristo. Possiamo osservare che, in altri contesti, Agostino applica
l'espressione sanctitas sacramenti al carattere battesimale in quanto si imprime anche in assenza sia
della rettitudine del ministro, sia della fede e bont del soggetto10.
Cogliamo l'occasione per aggiungere che questa prima menzione del vincolo appare per
mettere in guardia contro la rottura del matrimonio quando le cose non vanno bene nei casi di
abbandono o di infertilit. Questo fatto spiega, forse, la cattiva fama del vincolo del quale si parla
solo in presenza di problemi. Ci non significa, tuttavia, che il vincolo non sia un effetto di grazia,
tanto per la vocazione, come per la conversione. Di fatto, avviene qualcosa di simile con il carattere
battesimale, che stato definito partendo da casi di scisma o eresia, per sostenere che il battesimo
non va mai perduto. Sar il Medioevo a sviluppare in positivo la dottrina del carattere, come
configurazione del fedele con Cristo al fine di agire come Lui. Sempre in quel periodo, sebbene pi

6 Sullorigine della parola sacramentum e il suo significato di vincolo sacro gi in epoca romana: C.
MOHRMANN, Sacramentum chez les plus anciens textes chrtiens: Harvard Theological Review 47 (1954) 141-152.
7 Cf. AGOSTINO, De conj. adult. II 5,4 (CSEL 41,386): sicut enim manente in se sacramento regenerationis

excommunicatur cuiusquam reus criminis nec illo sacramento caret, etiamsi numquam reconcilietur deo, ita manente in
se uinculo foederis coniugalis uxor dimittitur ob causam fornicationis nec carebit illo uinculo, etiamsi numquam
reconcilietur uiro; carebit autem, si mortuus fuerit uir eius. reus uero excommunicatus ideo numquam carebit
regenerationis sacramento etiam non reconciliatus, quoniam numquam moritur deus. Nel Medioevo si leggeranno
queste frasi di Agostino per interpretare nuzialmente il battesimo: cf. PASCASIO RADBERTO, In Matt. IX (CCCM 56B,
ln.449): At uero reus excommunicatus qualibet ex causa ideo numquam carebit regenerationis sacramento etiam non
reconciliatus quoniam numquam moritur Deus cui fuerat anima uirginalis sociata dote sponsalitatis et iure spiritalis
coniugii. Quod sacramentum magnum et euidens est in Christo et in ecclesia.
8 Cf. AGOSTINO, De bono con. XXIV 32 (CSEL 41,227).
9 Cf. AGOSTINO, De bono con. XVIII 21 (CSEL 41,215): in nostrarum quippe nuptiis plus valet sanctitas

sacramenti quam fecunditas uteri.


10 Cf. AGOSTINO, Contra epist. Parm. II 13,31 (CSEL 51,83); De baptismo III 14,19 (CSEL 51,210); De

baptismo IV 13,19 (CSEL 51,245).


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timidamente, inizia uno studio diretto del vincolo coniugale, come congiunzione (conjunctio) dei
due sposi in virt della quale entrambi sono ordinati ad un medesimo fine.
Possiamo dunque osservare che la dottrina del vincolo non nasce a partire da una
idealizzazione del matrimonio, poich appare precisamente dinanzi a casi che smentivano
lidealismo coniugale. In altri termini, non si pensato al vincolo partendo da una teoria molto
elevata delle nozze, ma piuttosto a partire dalla constatazione della sua fragilit. Parlare del vincolo
consentiva di garantire che, anche nel fallimento pi radicale dell'abbandono, non tutto era perduto.
Il vincolo era, per cos dire, ci che rimane quando non rimane pi nulla. Appare come una
testimonianza di speranza, una fiammella tra le ceneri, che ricorda allo sposo infedele che la
conversione possibile e che lo incoraggia ad intraprendere il cammino di ritorno.
Seguendo l'indicazione di Agostino, inizieremo il nostro percorso partendo dal rapporto tra
carattere e vincolo, per illuminare l'essere di quest'ultimo e spiegarne l'importanza nell'identit e
nell'operare dei coniugi11 .

1.2. Il carattere nella tradizione teologica

Visto il precario stato della riflessione sul carattere, partire da questo per definire il vincolo
apparirebbe come un caso flagrante di obscura per obscuriora interpretari. L'essenza del carattere
si definisce soltanto nel Medioevo, durante il Duecento, ricorrendo a categorie aristoteliche12 . qui
che si cerca di spiegarne le diverse caratteristiche: il carattere ci configura a Cristo e ci consente di
aggiudicarci un posto nella Chiesa, distinguendoci da altri e disponendoci a ricevere la grazia. San
Tommaso intende il carattere come una potenza dell'anima che, associandoci al sacerdozio di Ges,
ci permette di prendere parte alla dinamica divina del dono, ricevendo e distribuendo i doni di Dio.
Questa bella sintesi fu per rifiutata da Lutero, che vedeva nel carattere un desiderio di
appropriazione della grazia da parte dell'uomo. Trento si limiter a confermarne l'esistenza, come
segnale indelebile impresso nell'anima, per il quale non si possono ripetere i sacramenti che lo
donano (DH 1609). Questo punto risulta essenziale per stabilire la visione sacramentale cattolica: il
sacramento non si riduce ad un evento puntuale di grazia, ma trasforma il fedele e si espande in
tutta la sua vita, dando forma sacramentale alla Chiesa.
Le sintesi medievali che si ripetono dopo Trento inciampano davanti allantropologia
moderna, imperniata sul soggetto autonomo, sul quale non si applicano sigilli impressi dal di fuori.
Tra gli approcci teologici pi recenti, possiamo evidenziarne due di grande impatto, che cercano di
approfondire la teologia del carattere partendo da una visione integrale della persona, al fine di
rispondere al riduzionismo moderno.

11 Anche san Tommaso confronta, sulla scia di Agostino, il vincolo con il carattere, poich il vincolo consente
di donare la vita di Dio, ma si tratta della vita materiale e, pertanto, non possiede la permanenza specifica del carattere,
in cui si riceve e dona la vita dello Spirito: cf. In IV Sent., d.31, q.1, a.3, ad 5 (Parma 956): Ad quintum dicendum,
quod in sacramentis in quibus imprimitur character, traditur potestas ad actus spirituales; sed in matrimonio ad actus
corporales; unde matrimonium ratione potestatis quam in se invicem conjuges accipiunt, convenit cum sacramentis in
quibus charcater imprimitur, et ex hoc habet inseparabilitatem, ut in littera dicitur; sed differt ab eis, inquantum potestas
illa est ad actus corporales; et propter hoc non imprimimt characterem spiritualem.
12 E classico lo studio di : J. GALOT, La nature du caractre sacramentel: tude de thologie mdivale

(Descle de Brouwer, Paris 1956).


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M. J. Scheeben si concentra sul nesso tra il carattere e Cristo, sulla scia di Tommaso
d'Aquino, insistendo per sul fatto che il carattere non soltanto una potenza dell'anima, ma una
trasformazione che consacra tutta la persona13. In effetti, dato che grazie al carattere siamo resi figli
di Dio, si pu affermare che il carattere ci configura a suo Figlio incarnato, rendendoci partecipi di
quel sigillo -l'unione ipostatica- che consacra l'umanit di Cristo. Cos come il segreto pi profondo
di Ges era questa unit tra la persona divina e la sua natura umana (unit unica in Lui) allo stesso
modo il cristiano porta nel pi profondo di s l'identit di figlio di Dio, specifica di coloro che sono
nati in Cristo. E cos come in Ges si distingue l'unione ipostatica dalla grazia santificante, nel
cristiano si distinguono carattere e grazia. Inoltre, associandoci a Cristo, il carattere ci attribuisce un
posto concreto nella Chiesa, come membra del suo Corpo, affinch raggiungiamo la vita divina.
Karl Rahner, dal canto suo, propone di definire il carattere a partire dalla partecipazione del
cristiano alla Chiesa, la quale si appropria del battezzato14 . Cos facendo, Rahner intende radicare il
carattere nell'esperienza concreta dei fedeli e sottolinearne la dimensione comunitaria. Ecco dunque
che riesce a giustificare, data la visibilit del nostro inserimento nella Chiesa, il fatto che il carattere
sia un segno, come lo definisce Trento. Tuttavia, la prospettiva di Rahner lascia scoperto un fianco:
il carattere innanzitutto legame con Cristo, da cui, successivamente, scaturisce l'incorporazione
alla Chiesa. E per questo che la Chiesa non dispone di alcuna autorit sul carattere per poterlo
cancellare: tale carattere, infatti, lungi dall'essere opera sua, il luogo nel quale la Chiesa Tempio
di pietre vive si forma a partire da Cristo.
Tanto Scheeben, con la sua enfasi sullIncarnazione, quanto Karl Rahner, che insiste sulla
situazione visibile nella Chiesa, ci invitano a collegare il carattere con il corpo dell'uomo,
riallacciandosi cos, come vedremo, alla teologia primitiva ed offrendo contemporaneamente una
prospettiva adeguata ai nostri tempi, nella quale rivissuta la riflessione sulla condizione incarnata
della persona.

1.3. Il carattere come nuova corporalit

Questo nesso tra il carattere e la carne, si osserva sia nella Scrittura che nei Padri. I primi
scritti cristiani, infatti, collocano l'effetto permanente del battesimo in una nuova corporalit che
l'uomo riceve, mediante il contatto con la vita di Ges nella carne. Al corpo si riferisce, ad esempio,
l'immagine della nascita (Gv 3,5), come anche quella delle nuove membra che abbiamo ottenuto per
la giustizia, in opposizione alle nostre vecchie membra che servivano il peccato (cf. Rom 6, 13.19).
Tutto appare come se il cristiano ricevesse nel battesimo un nuovo modo di esistere nel corpo, che
lo assimila al corpo morto e risorto di Cristo. I Padri si muoveranno in questa stessa linea,
affermando il rinnovamento della nostra carne per opera del Figlio incarnato. Una voce per tutti

13 Sul carattere in M. J. Scheeben: S. PANCHERI, Il carattere sacramentale in una nuova prospettiva (M.-J.
Scheeben): StPat 4 (1957) 459-472; B. FRAIGNEU-JULIEN, Lglise et le caractre sacrementel selon M.-J. Scheeben
(Descle, Bruxelles 1958).
14 Cf. K. RAHNER, Kirche und sakramente, in ID., Smtliche Werke. 18: Leiblichkeit der Gnade (Herder,

Freiburg 2003) 54-55.


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quella di San Leone Magno che afferma che, nel battesimo, il corpo del rigenerato diventa carne del
Crocefisso15.
L'antropologia che serve da sfondo per comprendere queste affermazioni proviene dall'Antico
Testamento. L'uomo essere di carne in quanto sempre collocato nel mondo ed aperto
relazionalmente alla famiglia umana. La carne , in primo luogo, ricordo della nascita e, di
conseguenza, spazio di appartenenza ai nostri genitori e fratelli. Essa ci rivela che procediamo da
altri, dai quali abbiamo ricevuto la vita. Accettare la nostra condizione incarnata significa dunque
riconoscere che la nostra identit pi profonda passa attraverso l'inclusione in una famiglia. Nella
carne vi sono vincoli originari e resistenti al tempo, che ci accompagnano per tutta la vita, unendo
tra loro le generazioni. A sua volta, mentre eredita dai propri genitori il modo nel quale hanno
plasmato il suo mondo relazionale, l'uomo pu continuare ad edificarlo e a trasmetterlo ai suoi figli.
L'uomo non vive in solitudine, ma in legami di appartenenza che sono generativi.
in questo orizzonte che i discepoli inquadrano il mistero di Cristo. Ges ha assunto una
carne come la nostra (cf. Gv 1,14), la stessa carne del peccato di Adamo (cf. Rom 8,3), per vivere in
essa, in maniera nuova, le relazioni con Dio e con gli uomini. Ecco perch Sant'Ilario di Poitiers
descrive l'Incarnazione come una concorporazione, e ci insegna che il Figlio di Dio si
coincarnato16. In questo modo, Ges ha inaugurato una nuova misura del linguaggio del corpo,
pienamente atto a ricevere l'amore di Dio, che il suo Spirito. Ecco perch lo Spirito presente in
ogni momento del suo cammino: esso dilata la capacit relazionale della sua carne e raggiunge il
culmine nella passione (cf. Eb 9,14) e resurrezione (cf. Rom 4,1). Si inaugura, a partire dal corpo di
Cristo, un nuovo modo di vivere la carne, dilatato ormai per accogliere la pienezza dell'amore di
Dio.
Abbiamo detto che tutti i genitori, a partire da Adamo ed Eva, trasmettono ai loro figli una
collocazione originaria nella carne, un tessuto gi esistente di relazioni che costituisce la ricettivit
o passivit originaria su cui edificheranno la loro vita. Analogamente, Cristo, nuovo e definitivo
Adamo, trasmette ai cristiani il tessuto relazionale che Egli ha composto nella carne nei giorni della
sua vita mortale. Credere che il Verbo si fatto carne significa confessare che ha trasformato la
carne che ha assunto e che, cos facendo, ha trasformato anche la carne del cristiano.
Questa visione del mistero di Cristo, incentrato nella carne assunta per salvarci, e sulla quale
insiste il Nuovo Testamento (cf. Gv 1,14; Rom 8,3; Eb 2,14...), radicata nelle parole stesse del
Maestro. Fu Lui, infatti, che nell'Eucaristia, dopo aver reso grazie al Padre, diede a noi il suo corpo.
proprio questa la chiave di lettura da adottare per comprendere la nuova vita dei cristiani, che
partecipano a questa carne e questo sangue mediante i sacramenti.
La nascita al corpo di Ges avviene nel battesimo, sempre letto in chiave eucaristica, come
inserimento nel corpo di Cristo. qui che riceviamo una situazione relazionale nuova, che struttura
la nostra identit in maniera inedita, analogamente al modo in cui riceviamo, quando nasciamo, la
rete di relazioni costitutiva del nostro nome e della nostra vocazione. In questa nuova nascita siamo
strettamente legati a Cristo e alla sua Chiesa, come avviene con il figlio che, quando nasce,

15 Cf. LEONE MAGNO, Sermo LXIII (CCL 138A, ln.114): quaedam species mortis et quaedam similitudo

resurrectionis interuenit, ut susceptus a christo christumque suscipiens non idem sit post lauacrum qui ante baptismum
fuit, sed corpus regenerati fiat caro Crucifixi.
16 Cf. ILARIO DI POITIERS, In Matth. VI 1 (SCh 254,170); De Trin. 43,6 (CCL 62, lin.1).

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strettamente legato al padre, alla madre e ai fratelli. Nel battesimo avviene una trasformazione
radicale del corpo del neofito, grazie al tocco concreto di Cristo nella carne. Questa nuova
corporalit, questo nuovo punto zero della nostra collocazione nel mondo, cos incancellabile come
incancellabile la nostra appartenenza ad una determinata famiglia, il carattere. Esso pu dunque
essere definito come un nuovo spazio originario di radicamento nel mondo e tra gli uomini, nonch
di dipendenza da Dio, che lo stesso spazio aperto da Cristo nella sua vita, morte e resurrezione.
Partendo dallo stesso modello relativo alla nascita in una famiglia che abbiamo utilizzato,
possiamo osservare che il carattere ci dona una nuova trama narrativa per la storia. Lo spazio
relazionale del nostro corpo , di fatto, uno spazio edificabile, aperto ad una rete o trama di
relazioni che contiene e promette sempre pi. Cos come la filiazione ci affida una memoria e
un'eredit affinch viviamo in conformit ad essa, allo stesso modo il carattere stabilisce le linee
guida del cammino cristiano, la cui origine e fine stanno in Cristo. Ma c di pi: cos come la
filiazione costituir sempre un elemento chiave irrinunciabile della nostra identit, allo stesso modo
anche il carattere incancellabile, soprattutto data la radicalit con cui Cristo, "Amen" definitivo di
Dio, tocca l'uomo e lo associa a s.
Nel carattere abbiamo, quindi, un nuovo modo di esistere nella carne e un nuovo modo di
ritmare il nostro tempo secondo la misura della carne e del tempo di Ges. Sinteticamente,
possiamo definire il carattere come uno spazio dinamico di relazioni, radicato nella carne. Con il
carattere, Dio dilata per noi lo spazio inaugurato dal Figlio.
Indubbiamente, pu sembrare strano trovarci a definire il carattere non gi come un segno
spirituale e indelebile impresso nell'anima (secondo la formula usata da Trento: DH 1609) ma
piuttosto come una nuova configurazione della nostra corporalit. Seppur con un vocabolario
differente, si afferma comunque una identica verit: il carattere determina il fulcro dell'identit della
persona, giacch la corporalit non un elemento accessorio del nostro nome, ma l'ordito
fondamentale nel quale ci collochiamo nel mondo per poter narrare la nostra storia e consumare il
nostro destino.
A completamento di questa prospettiva, occorre osservare che questa novit della carne di
Cristo non avviene a margine della nostra collocazione originaria nel corpo, data fin dalla nascita. Il
figlio di Dio, infatti, ha assunto una carne come la nostra, la stessa carne di Adamo che si
trasmessa per generazioni. Lo spazio corporale di relazioni che egli inaugura non dunque estraneo
alla nostra situazione concreta nel mondo e nella societ, ma si edifica su di essa poich la assume,
la purifica, la dilata. Nascita e battesimo si implicano e si illuminano reciprocamente.
Ebbene, se il carattere si intende a partire dalla collocazione originaria nella carne che
riceviamo nella famiglia, al cuore di questa collocazione si trova l'alleanza coniugale tra marito e
moglie che trasmettono la vita. Il carattere come spazio corporale di relazioni ci rimanda, proprio a
partire da s, all'esperienza del matrimonio, in cui si forgia lo spazio familiare originario nel quale
Ges entrato per abitare in mezzo a noi e trasformarci. Lo studio di questa base creaturale della
nostra collocazione corporea ci avviciner, pertanto, alla comprensione del vincolo coniugale,
aiutandoci altres ad approfondire l'essenza del carattere.

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2. Una sola carne: il carattere creaturale e il vincolo

Gi Sant'Agostino aveva collegato il vincolo sacramentale con il matrimonio creaturale, in


virt della storia dell'Antico Testamento, interamente proiettato verso Ges. LIpponate poteva
parlare del "sacramento dei tempi antichi" in quanto vi identificava un riferimento al Messia:
l'unione tra uomo e donna preparava, in virt della generazione della carne, lo spazio corporale che
Cristo avrebbe assunto, facendosi carne per noi per trasformare la nostra carne17 . A partire
dallAntico Testamento, non era difficile risalire agli albori del mondo con Adamo ed Eva.
Certamente per compiere questo passo non mancava una base biblica, poich Ges stesso disse che
il Creatore aveva unito l'uomo e la donna (Mt 19,6) mentre l'Apostolo, a sua volta, fece riferimento
alla una sola carne di Adamo ed Eva a Cristo e la sua Chiesa (Ef 5,31-32). In primo luogo,
osserveremo come si intende il matrimonio creaturale nella tradizione, poi proporremo una sintesi.

2.1. Lo spazio del vincolo, nella tradizione occidentale

I dottori medievali, alla luce dei passi biblici citati, arriveranno a parlare del matrimonio come
del pi antico tra i sacramenti, istituito prima del peccato, in quanto contiene la missione di
procreare ed segno dell'unione nuziale tra Dio e l'uomo18 . Sulla scia di Agostino, l'unione marito-
moglie si intende aperta verso l'unit piena del divino e dell'umano che avverr nell'Incarnazione.
Lo stesso Bonaventura, ad esempio, contempla luna sola carne della Genesi come uno spazio nel
quale l'uomo esce dal proprio isolamento per aprirsi radicalmente al Creatore19.
San Tommaso, dal canto suo, mentre descrive questa "unit nella carne" mette in luce
l'appartenenza del matrimonio alla natura, senza poggiare sul riferimento a Cristo. Ai suoi occhi,
Dio ha unito marito e moglie, non con un intervento singolare nell'amore umano, ma in quanto
stabilisce l'ordine naturale a cui appartengono. Il matrimonio si definisce come una conjunctio dei
due, che nasce quando entrambi si uniscono secondo quanto istituito dal Creatore: ci equivale al
vincolo coniugale20. Questa conjunctio una relazione reale, che modifica tanto il marito quanto la
moglie, al di l dell'obbligo giuridico che li unisce. Il consenso causa la conjunctio ma non la
mantiene nell'essere, poich essa stessa possiede la sua stabilit. Cos, San Tommaso rifiuta la
visione del vincolo come causa efficiente che lega i due (vincolo come catena): lo definisce causa
formale, poich contiene la nuova forma di vita di entrambi (vincolo come spazio) che cercano una
medesima cosa21. Questo tipo di unione indissolubile poich orienta verso beni permanenti: i figli,
che vanno educati e che devono continuare la vita dei genitori nella societ; l'amicizia sponsale, che
amicizia all'ennesima potenza poich condivide l'intera vita domestica.

17 Cf. AGOSTINO, De bono XVII 19 (CSEL 41,212-213): in istis enim carnale est ipsum desiderium filiorum;

in illis autem spiritale erat, quia sacramento illius temporis congruebat.


18 Cf. UGO DI SAN VITTORE, De sacr. christ. fidei I 8,13 (PL 176, c.314, lin. 41): Sacramentum conjugii solum

ex omnibus sacramentis quae ad remedium hominis instituta sunt, ante peccatum hominis legitur institutum; non tamen
propter peccatum, sed ad sacramentum solum et ad officium.
19 Per uno sviluppo pi ampio della questione: J. GRANADOS, Bonaventure and Aquinas on Marriage: between

Creation and Redemption: Anthropotes 28 (2012) 339-359.


20 Cf. TOMMASO DAQUINO, In IV Sent. d.27, q.1, a.1, qncula. 1, corpus.
21 Cf. TOMMASO DAQUINO, In IV Sent. d.27, q.1, a.1, qncula. 1, resp. ad arg. 1: matrimonium est vinculum

quo ligantur formaliter, non effective.


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La visione medievale, per, si andata affievolendo nella Modernit. Si imposto uno
sguardo sull'uomo come soggetto autonomo che ha reso incomprensibile qualsiasi vincolo che non
possa essere ricondotto al volere dell'individuo. In una lettura kantiana, l'unione matrimoniale si
intende come unione contrattuale che, in definitiva, dipende dall'impegno di entrambi, in quanto
ognuno cede all'altro il dominio della propria persona. Ecco che torna ad essere ammissibile ci
che, in s, sarebbe un abuso: oggettivare il corpo dell'altro22.
Una visione alternativa quella che scopriamo in Hegel secondo cui le nozze sono un
momento costitutivo del soggetto stesso23 . Il matrimonio rappresenta un passo nella costituzione del
"io" nel quale questo cessa di essere astratto per collocarsi concretamente nel cosmo e nella societ.
Colui che si sposa rinuncia alla sua individualit isolata per condividere la vita con un altro,
assumendo altres la sua missione in seno alla comunit. Ecco perch, agli occhi di Hegel, la
celebrazione pubblica ha un valore decisivo nel matrimonio. La sua dottrina riesce a presentare il
vincolo come inerente all'identit personale, mostrando cos la novit del matrimonio. Il suo punto
di partenza il soggetto, ma in quanto si costituisce dialetticamente al di l dell'isolamento.
Questo approccio, che considera il vincolo come spazio di pienezza del soggetto, presenta
per una grande debolezza. Visto che il punto di partenza l'io individuale, l'apertura all'altro arriva
solo in un secondo momento. In questo modo, il vincolo matrimoniale fa parte degli strati superiori
della vita e non delle sue fondamenta. Di fatto, Hegel lo tratta quasi alla fine della "Filosofia del
diritto " senza neanche concedergli una posizione originaria nell'esperienza. Relativamente a questa
prospettiva, occorre comunque osservare lo sforzo di Hegel volto a prendere le distanze dall'amore
romantico e a ridurre il peso dell'affettivit, trovandosi dunque costretto a partire da un io solitario.
Tutto questo fa s che il vincolo possa essere percepito come realt estranea e prescindibile. Ed
accaduto proprio questo: nello stabilire uno stretto legame tra matrimonio e vita pubblica, il vincolo
hegeliano crollato con la societ borghese che egli stesso rappresentava. I "maestri del sospetto"
avrebbero guardato all'unit coniugale come ad una sovrastruttura che giustificava lo status quo e
che, quindi, andava combattuta.
Il cammino alternativo aperto dalla filosofia del Novecento continuava lo studio dell'esistenza
concreta e collocata dell'uomo. possibile, pertanto, comprendere in modo nuovo l'importanza del
vincolo? La rivalorizzazione della carne e degli affetti operata dalla filosofia contemporanea ci
invita ad offrire una sintesi in grado di accogliere, partendo dai presupposti moderni, il dato biblico
e quello tradizionale.

2.2. Il vincolo, spazio comune dei coniugi

Il punto di partenza sar la condizione incarnata dell'uomo nel mondo, collocato


affettivamente tra le cose e le persone. L'affetto, come ha mostrato Paul Ricoeur, permette di
concepire un modo di conoscere e di volere che non situa il mondo come un oggetto di fronte al
soggetto spettatore, ma che presuppone la compenetrazione originaria di entrambi24 . Nell'affetto, il

22 Cf. L. PAPADAKI, Kantian Marriage and Beyond: Why is it Worth Thinking About Kant on Marriage:
Hypatia 25 (2010) 276-294.
23 Cf. P. J. STEINBERGER, Hegel on Marriage and Politics: Political Studies 34 (1986) 575-591.
24 Cf. P. RICOEUR, L'homme faillible: Philosophie de la volont II (Aubier, Paris 1949).

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mondo si svela a me cos come si svela la mia interiorit, di modo che lio appaia sempre
collegato al suo ambiente. L'affetto apre lo spazio di incontro primordiale con le cose e le persone,
che permette all'uomo di abitarle e di essere abitato da esse.
Il sostrato radicale dell'esperienza affettiva la condizione incarnata della persona, la sua
corporeit, grazie alla quale la persona ha un mondo e, a sua volta, appartiene ad esso. Ebbene, la
corporalit non ci viene data come spazio informe, ma possiede, come qualsiasi dimora, un ordine
architettonico che consente di abitarla. La relazione fondante che ordina questo spazio la
filiazione, che stabilisce un rapporto tra il figlio e i genitori. proprio questo il vincolo originario di
appartenenza e la collocazione nel mondo dove la relazione con gli altri e la scoperta di se stessi
accade primariamente25 .
Tale vincolo paterno-filiale va sempre di pari passo con l'affetto: offre all'affetto uno spazio
essenziale e, nel contempo, ha bisogno dell'affetto per essere abitato e percorso. Il fatto che
l'affetto che si stabilisce con i genitori fa percepire il vincolo paterno-filiale come buono e consente
di accoglierlo volentieri al centro della propria identit. Il vincolo persisterebbe anche quando
l'affetto andasse perduto o fosse deformato; ma, in questo caso, sarebbe un vincolo percepito come
in conflitto con la propria identit, un vincolo del quale la persona cercherebbe di liberarsi senza
tuttavia riuscirvi. L'unit della persona possibile soltanto riuscendo a riconciliarsi affettivamente
con questo vincolo filiale; colui che cercasse di collocarsi al di fuori di questo spazio non potrebbe
mai narrare la propria storia in maniera coerente.
Occorre altres aggiungere che la struttura stabile di questo spazio paterno-filiale va associata
anche al pronunciamento di una determinata parola: il nome. Il nome, mediante il quale i genitori
assumono su di s il destino del figlio (insieme al cognome, grazie al quale il figlio continua a
portare avanti nella storia l'avvenire dei genitori) rende intelligibile la relazione paterno-filiale e la
dinamizza26. Di fatto, il nome ncora il racconto del figlio ad una memoria generativa, illuminando
la sua missione e garantendo la sua identit personale nel tempo.
Ecco dunque che il vincolo paterno-filiale ci viene svelato non gi come una catena che
imprigiona, ma come uno spazio nel quale la persona si pu collocare: uno spazio aperto per
edificare una storia, partendo proprio da qui. Questo vincolo originario, che associa genitori e figli
(nonch, sebbene con unincidenza diversa sull'identit, i fratelli) pu esistere anche tra uomo e
donna nel matrimonio? Vedremo che l'unione coniugale segue una disposizione parallela a quella
dell'unione paterno-filiale, poich possiede, anch'essa, un sostrato corporale-affettivo che richiede il
pronunciamento di una parola.
Questo parallelismo era prevedibile, dato che lunione tra uomo e donna proprio il luogo nel
quale si genera il vincolo paterno-filiale. L'apertura del figlio alla sua origine attraversa l'unione tra
il padre e la madre. Quest'ultima, poich contiene la differenza sessuale dell'uomo e della donna,
garantisce che il vincolo del figlio con la sua origine non dipenda totalmente dalla volont dell'altro
e che possa aprirsi al mistero di Dio27 . Inoltre, l'unica carne del padre e della madre (il fatto che

25 Sul rapporto tra affetto e vincolo, cf. C. VIGNA - F. BOTTURI, Affetti e legami (Vita e Pensiero, Milano 2004).
26 Cf. L. KASS A. KASS, Whats Your Name?: First Things 6 (1995) 14-25; E. SARAJLIC, The Ethics and
Politics of Child Naming: Journal of Applied Philosophy 33 (2016) 1-18.
27 Si chiarisce cos il problema messo in luce da M. GAUCHET, Il figlio del desiderio. Una rivoluzione

antropologica (Vita e Pensiero, Milano 2010).


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condividano una stessa collocazione nel mondo) garantisce l'unit di origine del figlio, permettendo
cos di integrare i diversi aspetti della sua identit. soltanto perch la relazione coniugale appare
ai figli come uno spazio stabile nel tempo e aperto al mistero, che accettabile ricevere da essa un
nome. Gi da qui necessario che l'amore che mi ha generato e al quale la mia identit legata per
il trascorrere della vita, si mantenga salda lungo tutto il mio cammino.
A questo punto, possiamo cercare di capire come sia lo spazio della "una sola carne" non solo
a partire dalla relazione tra i figli e il padre, ma anche dall'esperienza tra uomo e donna. Tale spazio
si percepisce innanzitutto come unione affettiva, da cui possibile inaugurare un modo comune di
guardare al mondo28. Ci che distingue questa unione affettiva dalle altre che include la differenza
sessuale e che orientata all'unione dei corpi. In altri termini, questa unione affettiva, cos come
quella che lega i genitori ai figli, ha come base un'unit corporea. In questo caso, lo spazio che
l'uomo e la donna condividono implica tutta la persona sessuata, nella sua profondit pi intima. Di
fatto, gli amanti si uniscono in quel luogo in cui ogni esistenza umana si apre al mistero della
propria origine e che il Cantico descrive come il luogo: dove tua madre ti ha partorito (Ct 8,5).
Si tratta dunque di unirsi nel corpo come spazio originario, il quale simbolizza tutto ci che
abbiamo ricevuto nella vita. L'unit dei coniugi ridimensiona la collocazione di entrambi nel corpo,
approfondendo le radici di questa. La "una sola carne" che nasce nel matrimonio diventa originaria
come la propria carne, e anche di pi, perch raggiunge il mistero della propria origine nell'amore
che ha generato gli stessi coniugi. Lo spazio comune che si creato, poich in grado di risalire
alla memoria pi antica, possiede un potere ricreativo della persona stessa e della persona dell'altro.
La prova pi tangibile (ma non l'unica) di questo prolungamento verso il futuro, la fecondit. In
questo modo, l'intreccio corporale di tale unione offre, di per s, una base sufficiente per uno spazio
sul quale si possa edificare tutta la vita, nonch quella della generazione a venire.

2.3. Vincolo e promessa: la generazione dello spazio sponsale

Una volta descritta la logica di questo spazio, occorre aggiungere una sua caratteristica
essenziale: affinch lo si possa vivere secondo la totalit alla quale, di per s, tende, necessario
che si pronunci su questo spazio una parola che corrisponda a questa totalit. come lo spazio
paterno-filiale che, per poter essere vissuto in tutta la sua estensione, esige che si pronunci un nome.
Certamente, va subito evidenziata una differenza fondamentale: la costituzione della "una sola
carne" comporta la scelta dell'altra persona, cosa non possibile rispetto ai genitori e ai fratelli, dove
la libert accoglie ci che gi dato. Ecco perch la parola che ordina lo spazio coniugale non
l'imposizione e l'accettazione del nome, ma piuttosto la promessa sponsale.
Per descrivere la promessa sono state rilevate due caratteristiche appartenenti al prefisso
pro: pu significare "dinanzi" all'altro, nel senso che non promettiamo mai da soli, poich la
promessa un atto sociale compiuto sempre dinanzi ad un testimone. Ma "pro" pu indicare anche
"anticipatamente" poich trae al presente un futuro29 .

28 Cf. A. BADIOU, Eloge de lamour (Flammarion, Pars 2011).


29 Cf. P. GILBERT, Je te promets: NRT 136 (2014) 374-389.
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Possiamo osservare che queste due qualit sono strettamente collegate. Se pronunciata davanti
a se stesso, la promessa sarebbe un progetto dell'individuo che, in fondo, ripeterebbe il presente, ci
che c' gi, poich proverrebbe soltanto dal proprio essere. Solo con l'apertura all'altro nella sua
differenza possibile anticipare un futuro veramente tale, ossia, nella sua novit rispetto a ci che
potrebbe contenere l'ora. Pi profonda ed ampia la presenza di colui dinanzi al quale promettiamo,
pi possibile che la promessa raggiunga il futuro30.
Questo altro dinanzi al quale si promette non pu essere estraneo alla propria identit, come
se si trattasse di uno spettatore che, a sua volta, fosse contemplato dal di fuori. In questo caso,
infatti, il futuro che la promessa anticipa non avrebbe nulla a che vedere con noi. Si tratterebbe di
un futuro irriconoscibile, distante tanto quanto distante da me l'altra persona; un futuro che non
potremmo anticipare. Solo a partire dal legame con l'altro, che ununione affettiva rende possibile, il
futuro al quale mi consegno mi viene, in un certo qual modo, gi svelato, facendo s che il mio
donarmi scaturisca dal di dentro e non mi sia imposto. Ci significa che la promessa possibile
soltanto a partire dalla carne, in quanto la carne costituisce la nostra apertura originaria al mondo e
rende possibile l'unione affettiva con colui dinanzi al quale si promette. Di conseguenza, la
promessa, non solo promette dinanzi all'altro, ma promette grazie al vincolo che ci lega all'altro, e
promette, pertanto, con l'altro.
Se tutto questo vero, se la promessa richiede sempre un vincolo corporale e affettivo, allora
la promessa non pu essere descritta soltanto con le parole "io realizzer qualcosa" ma occorre
aggiungere la formula: "io sar con te", "io continuer ad essere legato a te".
Di fatto, solo partire dal legame con l'altro sar possibile l'opera nuova a cui la promessa
anela, che sar sempre un'opera comune. Se questo vincolo non esistesse, o se fosse ingannevole, la
promessa non avrebbe fondamento, come un assegno scoperto. Questa apertura all'altro, inoltre,
apertura agli altri, poich colui al quale promettiamo non mai un individuo isolato. Ci che
garantisce la promessa non semplicemente un vincolo interpersonale, ma una rete o uno spazio di
vincoli, e questo le permette di avere un'estensione ancor pi grande nel tempo.
Appare dunque evidente che la promessa non elimina la narrativit della vita, n rinchiude
colui che la pronuncia nella sua rigidit. Al contrario, chi promette confessa di essere disposto ad
adattarsi fin d'ora all'altro e al vincolo che li unisce31 . Ci che si promette la disposizione continua
a cambiare con lo stesso ritmo con il quale cambia lo spazio relazionale in cui la promessa ci
introduce. In altri termini, in questa fattispecie, la promessa, non si intende come coerenza con se
stessi e con la propria parola, ma come coerenza di se stessi con il vincolo interpersonale che la
promessa suggella, vincolo che si apre a sua volta ad uno spazio relazionale pi ampio.
Abbiamo osservato, che la promessa in grado di anticipare il futuro poich nell'incontro con
l'altro si dilata il tempo personale verso l'avvenire, al di l dell'attenzione sul presente e del progetto

30 Per approfondire il rapporto tra tempo e alterit, cf. E. LVINAS, Le temps et l'autre (Presses Universitaires

de France, Paris 1983).


31 Cf. R. SPAEMANN, Personen: Versuche ber den Unterschied zwischen'etwas und jemand (Klett-Cotta,

Stuttgart 1996) 242-245: Das Eheversprechen ist das Versprechen, die Entwicklung der eigenen Persnlichkeit also
dereigenen personalen Individualitt nicht mehr als unabhngige Variable zu verstehen [...] Es ist [...] mglich, die
Kompatibilitt der eigenen Entwicklung mit der eines anderen Menschen in Freiheit zu einer Vorgabe zu machen,
innerhalb derer die eigene Entwicklung sich hlt. Jeder Schritt dieser Entwicklung geschieht dann im Bewusstsein der
Bedeutung, die er fr den anderen und fr dessen Entwicklung hat.
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controllato. Questa dilatazione del tempo deve essere capace anche di rivolgersi al passato,
mantenendo vivo il ricordo della promessa. La promessa , come insegnava Nietzsche, la memoria
della volont, poich colui che non ricorda non pu promettere32. Questo ricordo, inoltre, non arriva
solo fino al momento in cui compiamo la promessa ma, poich associato al vincolo che ci lega
all'altro e giacch tale vincolo scaturisce dalla nostra collocazione corporale nel mondo, ci parla di
una ricettivit originaria, conferendo maggior profondit al passato della promessa. La promessa, in
quanto fedelt ad un vincolo, abbraccia tanto il passato quanto il futuro e costituisce la base per
poter collegare i diversi tempi della vita. Ne deduciamo che solo attraverso la promessa si pu dare
coerenza al proprio racconto, superando la breve portata dell'individuo.
Da questo punto di vista si potrebbe intendere il nome che i genitori danno ai loro figli come
un tipo di promessa corrispondente al vincolo filiale che li unisce al figlio che hanno generato. Il
nome , per il figlio, una promessa, poich assicurandogli la permanenza di una origine buona, getta
le fondamenta per la sua capacit di risposta al dono della vita nell'intento di realizzare la propria
vocazione. proprio su questo che dimora la verit dell'antico adagio: nomen, omen. D'altro
canto, se i genitori possono imporre il nome -se possono pronunciare questa promessa- perch
nella loro unione costituiscono quel luogo in cui la persona generata e possono essere testimoni
della memoria primigenia, l'unica vedetta da cui possibile intravedere il destino di una persona.
Possiamo, infine, interrogarci sul tipo di promessa possibile a partire dall'unit sponsale,
associando gli ultimi due paragrafi (2.1 e 2.2). Come abbiamo gi potuto osservare, in questa
fattispecie vi un tipo di unit nella carne che risale all'origine dell'uomo e della donna, e che apre
loro un futuro tanto ampio quanto quello del figlio che potrebbe essere generato nell'unione. La
una sola carne coniugale (cf. Gen 2,24) presuppone una collocazione comune nel mondo (una
corporeit condivisa) che si espande nel tempo fino ad abbracciare tutta l'esistenza personale,
inquadrandola nel ritmo delle generazioni. La promessa tra marito e moglie capace di abbracciare
la vita intera, poich il vincolo corporale dal quale si promette si estende a tutta l'esistenza.

2.4. Vincolo, fragilit, perdono: lapertura continua dello spazio coniugale

Secondo quanto abbiamo visto, lo spazio stabilito dal vincolo ed attraversato dalla promessa
uno spazio dinamico. Di conseguenza, per comprenderlo, non basta determinarne la struttura ma
occorre esaminare anche la sua costruzione. Non sufficiente stabilire il vincolo: bisogna averne
cura affinch giunga a maturazione.
Ci significa, in primo luogo, che lo spazio della "una sola carne" uno spazio generativo, in
quanto promozione reciproca degli sposi e apertura allaccoglienza del figlio. La generativit dello
spazio deriva, come abbiamo osservato, dal suo radicamento in uno spazio pi ampio, che precede
gli sposi e a partire dal quale essi si uniscono. Si tratta dello spazio originario dei loro corpi, in virt
del quale appartengono ad una famiglia e si inseriscono nella societ che curer e sosterr il loro
matrimonio; si tratta di uno spazio dotato del linguaggio della differenza sessuale, che essi non

32 Cf. F. NIETZSCHE, Werke VI / 2: Jenseits von Gut und Bse. Zur Genealogie der Moral (Walter de Gruyter,
Berlin New York 1968) 308.
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hanno creato, e che permette loro di unirsi e di generare. Questo spazio, inoltre, si apre al mistero
ultimo dell'amore e della vita, che suggella la loro unione.
Ma c' di pi: tale spazio possiede la virt non solo generativa, ma anche rigenerativa,
necessaria dinanzi alla fragilit che i coniugi sperimentano e che accompagna la loro relazione,
soprattutto in questi tempi di modernit liquida. Qual la stabilit dello spazio aperto dalla
promessa? Esistono eventi nella vita che ci costringono ad abbandonarlo? capace di resistere a
tutte le vicissitudini? La promessa, di per s, tende a creare un luogo stabile. Colui che si allontana
dal luogo aperto dalla promessa pu ritornarvi mediante il perdono. Perdono e promessa vanno di
pari passo: quanto pi profonde saranno le radici della promessa, tanto pi alto sar il perdono.
Perdonare non altro che riconoscere e applicare la profondit della promessa.
La promessa coniugale raggiunge gli strati pi profondi della persona, l dove fu generata e
dove essa accede alla sua origine nel Creatore. Ci significa che questa promessa la si pu associare
ad un perdono malgrado tutto, even to the edge of doom, come affermava Shakespeare. Sar
sempre possibile dire al coniuge: per quanto sia pesante l'offesa e la ferita che provoca, la promessa
che ci siamo scambiati ha forgiato la nostra unit ad un livello pi profondo; questo che ci
consente di tornare sempre ad essa per ricostruire l'edificio. Questo "malgrado tutto" include anche
(e soprattutto) la fragilit propria e quella del coniuge, proprio perch la promessa stata compiuta
a profondit pi grandi del semplice amare comune dei due, modellando la carne in un modo
inedito33.
Il perdono, quindi, sempre possibile ma, anche sempre necessario? Possono i coniugi
abbandonare lo spazio aperto della promessa, senza dimenticare con esso la propria vocazione? La
rottura di una promessa coinvolge il racconto unitario della vita, infliggendogli una spaccatura.
Poich la promessa mantiene uniti i tempi, aiutandoci a fuggire dal presente effimero, abituarsi ad
infrangere le promesse significa abituarsi a spezzare la propria storia. Come gi osservato, il
perdono pu recuperare lunit perduta restituendoci alla vita, secondo la promessa. possibile,
inoltre, che molte promesse, non raggiungendo gli strati pi profondi della persona, possano essere
dimenticate senza che questo influisca sullintegrit del racconto completo.
E la promessa coniugale? Proprio in virt del fatto che questa influisce sullambito originario
di presenza nel mondo e stabilisce un collegamento con il passato pi lontano e con un futuro che
va molto al di l del nostro orizzonte, non possibile eliminarla senza cancellare, nel contempo,
lunit narrativa del proprio racconto. Grazie alla profondit delle sue fondamenta, lo spazio
coniugale permane come riferimento ultimo per la persona, fino alla morte che lo infranger. Ci
significa che non si possono costruire ambiti alternativi che intendano eliminare il riferimento a
questo spazio e che seducono con lillusione della seconda possibilit.

33 P. RICOEUR, Soi-mme comme un autre (Seuil, Paris 1990) 12-13; 137-198, ha posto il problema della
continuit del racconto vitale a partire da due poli. C' il polo del carattere stabile della persona (chiamato idem) e il
polo della promessa (chiamato ipse) che Ricoeur cerca di riconciliare. Secondo la visione proposta, il polo stabile del
idem dato non gi dal carattere della persona isolata, ma piuttosto dall'unione affettiva che la colloca in una rete di
vincoli e che pu maturare nel tempo. Idem , in questo caso, la stabilit affettiva di una relazione che, in ultima analisi,
si radica nella corporalit. In questo modo, lipse della promessa ("io star con te") ha bisogno del idem di uno spazio
corporale condiviso al quale, a sua volta, conferisce una forma. Nel caso del matrimonio, la promessa si pronuncia sulla
"una sola carne" degli sposi, nella differenza sessuale, e la "una sola carne" chiede, per essere abitabile, che si pronunci
su di essa la promessa.

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Certamente possibile che lo spazio coniugale diventi inospitale, giacch leffetto che
permette di assaporare la bont della relazione potrebbe fossilizzarsi e rendere impossibile la
convivenza. Di conseguenza, se si fosse in presenza di gravi motivi, si potrebbe giustificare una
separazione ma, anche in tal caso, lo spazio comune forgiato dalla promessa non scopare, cos come
il figlio continua ad essere figlio del padre, anche se abbandona la casa paterna. In altri termini, lo
spazio coniugale, anche se nella distanza, continua ad essere il punto fisso di riferimento che apre
alla speranza; non uno spazio di solitudine, ma colmo di volti concreti: i volti dei figli, della
societ, quello di Dio, quello della verit ultima propria e del coniuge. Tale fermezza dello spazio
comune quella che consente di poggiare totalmente su di esso la costruzione della vita. Soltanto
nella convinzione del fatto che questo spazio rimarr, sar possibile amare, poich colui che non si
decide ad amare per sempre, difficile che possa amare sinceramente un solo giorno (cf. AL 319).
L'illusione della possibilit di distruggere questo spazio scaturisce dalla fragilit dell'amore,
quando la promessa originaria cade nell'oblio, o quando si prova l'ebbrezza della novit che
dispensa dalla pazienza del tempo. Si tratta di un'illusione poich una nuova unione non potr mai
sostituire la prima: impossibile pretendere che duri per "tutta la vita" una cosa che si costruisce
sulle rovine di un precedente "per tutta la vita". Di conseguenza, al di fuori di questo vincolo, non
c' una "seconda possibilit" di "ricostruire la vita". Quello che, tutt'al pi, potr essere ricostruito,
sono soltanto i frammenti di una vita, la cui presenza impedisce di scambiarsi l'unica promessa che
abbraccia la vita intera.
In conclusione, possiamo definire il vincolo coniugale come una corporeit comune, un modo
condiviso di collocarsi nel mondo, che conserva un'analogia con il nesso paterno-filiale. Nel
vincolo emerge uno spazio nuovo di presenza personale tra le cose, che lo spazio condiviso della
"una sola carne". Questo spazio attraversato da una parola, che lo sostiene e lo rende dinamico,
permettendo una storia unitaria e generativa, che la parola della promessa. Infine, tale spazio si
allarga e si ramifica verso un altro pi ampio, che quello della societ, intessuto di generazioni.
Cerchiamo ora di comprendere cosa accade quando questa tela di fondo, dalla quale si
pronuncia la promessa, appare trasformata dalla venuta nella carne del Figlio di Dio.

3. Dal vincolo creaturale al vincolo sacramentale

Ricapitoliamo brevemente il nostro percorso. Abbiamo descritto il vincolo a partire dalla


collocazione corporale della persona nel mondo, che le deriva dal fatto di appartenere ad una
famiglia. Si crea cos il vincolo paterno-filiale, sfondo ultimo della nostra condizione incarnata.
Nella promessa sponsale, due persone si scelgono reciprocamente per, insieme, dare una nuova
forma allo spazio corporale ricevuto dalle rispettive famiglie. Ecco dunque che nasce lo spazio di
comunione della "una sola carne", caratterizzato dalla differenza sessuale, indissolubile ed aperto
alla vita. Questo spazio accompagna la vita dei coniugi come nuovo contesto corporale originario di
tutte le relazioni che stabiliranno e di tutti i racconti che comporranno la loro storia.
D'altro canto, nel nostro primo paragrafo, abbiamo descritto il carattere battesimale come
appartenenza al corpo di Cristo che assume e trasforma proprio questo radicamento originario
nell'esistenza che riceviamo nel nascere in una famiglia. Tutto si basa, come abbiamo osservato, sul
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fatto che Ges entrato nel corso delle generazioni e che ha vissuto un'esistenza corporale come la
nostra, figlio dell'uomo e fratello degli uomini. In questo modo, con la sua vita, morte e
risurrezione, ha ridimensionato le coordinate della nostra collocazione nel mondo e ci ha
comunicato quelle nuove nel sacramento del battesimo. Il carattere la nuova corporalit mediante
la quale il fedele appartiene alla vita di Ges.
A questo punto, possiamo chiederci: questa nuova configurazione della corporalit, ricevuta
nel battesimo, ha il potere di influenzare la promessa sponsale tra marito e moglie? Dato che
quest'ultima si basa sulla collocazione corporale della persona nel mondo, logico che acquisisca
una serie di qualit specifiche nei battezzati. Costoro, in virt del carattere, si collocano
nell'esistenza in modo nuovo, secondo la novit della carne di Ges. Sar diverso anche il modo in
cui si uniranno tra di loro in una sola carne nonch il vigore che raggiunger la loro unit.
questo il ragionamento che soggiace al testo chiave sul matrimonio della lettera agli Efesini
(Ef 5,21-33) nella quale si riafferma, tra le altre cose, che la nuova unit che porta Cristo assume e
conduce a pienezza quella unit antica dell'uomo e della donna narrata nella Genesi (cf. Ef 5,31-32).
Ebbene, questo si applica ai battezzati in modo singolare, perch sono membra del corpo di Cristo
(Ef 5,30); in altri termini, sono stati inseriti nelle coordinate della sua azione redentrice. Ecco
perch sono chiamati ad amarsi secondo l'amore di Cristo e della sua Chiesa (Ef 5,21-33).
Questo nesso tra il carattere battesimale e la "una sola carne" avviene perch il carattere non
ci assegna una carne estranea a quella in cui viviamo fin dalla creazione, ma assume e trasforma la
nostra collocazione originaria nel mondo. Di conseguenza, proprio questa relazione tra l'uomo e la
donna su cui si basano tutti gli altri legami personali, non pu rimanere al di fuori del carattere
battesimale. Avendo ricevuto una nuova carne, nuova sar la "una sola carne" che associa gli sposi
cristiani, che potr essere misurata secondo il tipo di relazioni instaurate da Ges (Ef 5,21-33).
Qual , dunque, la novit introdotta rispetto allo spazio della "una sola carne" appartenente
alla creazione, che abbiamo osservato sopra?
Da un lato, si mantiene la struttura della promessa coniugale, che possiamo ricordare
brevemente. Con la promessa, entrambi legano la loro identit allo spazio che hanno costruito
insieme, affinch possano edificare su di esso un'esistenza piena. Questo spazio capace di
percorrere l'intero racconto della vita; infatti, poich contiene l'unione coniugale, risale fino
all'origine ultima degli sposi e si proietta verso un futuro che supera, grazie alla sua capacit
generativa, la morte di entrambi. Questo spazio, inoltre, non quello della coppia isolata, ma si apre
al resto della societ e alla presenza del Creatore. Ecco perch, si pu dire che "Dio li ha uniti" (cf.
Mt 19,6). Non c' terremoto che possa rendere inutilizzabili queste fondamenta.
La novit consiste in una trasformazione di questo spazio che non nega la sua logica
originaria. Quando l'uomo e la donna appartengono, mediante il battesimo, al corpo di Cristo, si
vincolano al mondo secondo l'ordine di relazioni stabilito da Ges e che Lui ci ha comunicato34 . La
promessa che si scambiano nel matrimonio viene ora pronunciata basandosi su un'appartenenza pi
ricca alla realt e agli altri. Quando inaugurano lo spazio comune della "una sola carne", essi lo
fanno a partire da una rete di vincoli suggellata dall'amore di Ges e abitata dalla presenza della

34 proprio questa la prospettiva di San Tommaso, per il quale Cristo ha istituito il sacramento sulla croce,
associando la sua carne alla carne dei coniugi: Cf. SAN TOMMASO, In IV Sent., d.26, q.2, a.3, ad 1 (ed. Parma, p.922).
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Chiesa. Ecco perch la base solida su cui gli sposi costruiscono il vincolo la stessa che sostiene il
corpo di Cristo. La carne nella quale si uniscono carne capace di un linguaggio nuovo, che
permette, quindi, una promessa nuova.
Da tutto ci deriva la maggior apertura narrativa che il vincolo dona agli sposi. Quando si
uniscono nella carne, infatti, non stanno raggiungendo soltanto la loro origine nel Creatore, ma
piuttosto il loro fondamento eterno nel Padre di nostro Signore Ges Cristo che ha mandato suo
Figlio per renderci figli. Il futuro al quale si apre il loro vincolo, non soltanto quello della catena
delle generazioni, ma quello della nascita definitiva dell'uomo per Dio in Cristo risorto. Questo
vincolo, sebbene si dissolva con la morte poich legato alla carne mortale, possiede gi delle
caratteristiche escatologiche: permette la fedelt dinanzi a qualsiasi offesa e abbandono e rimane in
piedi anche dinanzi allinfertilit dei coniugi.
Occorre aggiungere che gli sposi, non solo godono della solidit dell'unione tra Cristo e la
Chiesa, ma contribuiscono ad edificare, a partire dal vincolo che vivono, la solidit della Chiesa
come pietre vive di un grande tempio. Il matrimonio, infatti, non semplicemente una realt
creaturale vissuta cristianamente (come potrebbe esserlo il lavoro o anche l'ozio), ma un
sacramento dell'economia di grazia di Ges Cristo. Per questa ragione, il matrimonio il luogo in
cui si genera la Chiesa e, quando rato e consumato, essa non lo pu sciogliere, poich sarebbe
come se sciogliesse se stessa. La promozione del vincolo , pertanto, promozione della dimora
familiare della Chiesa e di tutte le dimore familiari che vivono nella Chiesa. Ecco perch ogni
famiglia soggetto di vita e ministero ecclesiale, una sorta di Chiesa domestica (LG 11) in cui si
edifica la grande famiglia dellintera Chiesa. Questo significa anche che la protezione dello spazio
comune originato dal vincolo non riguarda soltanto gli sposi, poich questo spazio quello di tutta
la Chiesa e di ogni casa cristiana. Anche se entrambi volessero sradicare da questo spazio la loro
vita, la Chiesa non pu cessare di ricordare loro queste fondamenta n smettere di tentare di
ricondurli ad esse. Fare altrimenti sarebbe indebolire le fondamenta di tutte le famiglie e della stessa
casa comune che la Chiesa.

Abbiamo iniziato osservando come, nell'epoca dei rapporti liquidi che dipendono soltanto dal
soggetto autonomo, parlare di vincolo suona come una limitazione della libert. Un'immagine pi
gradevole dunque necessaria: quella del vincolo come apertura di uno spazio abitabile. Gi il
racconto biblico della creazione di Gen 1 presenta l'uomo collocato in uno spazio. Occorre
osservare il parallelismo tra i primi tre giorni, nei quali si costituisce l'ambito abitabile, e i tre
successivi, nei quali questo ambito si ordina nel tempo e si popola di animali, che culminano
nell'uomo. Si spiega cos come il terzo giorno sia quello della creazione del mondo vegetale. Le
piante non appaiono come primo anello della catena biologica, ma piuttosto come ultimo tocco per
costituire lo spazio: si tratta dunque di uno spazio dinamico, pieno di semi e frutti, fino al punto di
diventare alimento.
possibile tracciare un parallelismo, quindi, tra lo spazio del giardino (terzo giorno) e quello
della "una sola carne" tra marito e moglie (sesto giorno). L'immagine del giardino serve, di fatto,
nel Cantico dei Cantici, per evocare l'unione degli amanti (cf. Ct 4,16) e riappare nel Salmo 128 per
descrivere la famiglia, dove la donna vite feconda e i figli son virgulti dulivo. L'unit nella carne
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dell'uomo e la donna terreno originario in cui la vita umana mette radici e d frutto. In questo
spazio, dopo generazioni e generazioni, venuto ad abitare il Figlio di Dio, che lo ha plasmato in
modo nuovo e ci ha inseriti in esso mediante il battesimo. Il carattere battesimale, grazie al quale
apparteniamo a questo nuovo spazio, permette agli sposi di radicarsi luno nellaltro a partire dalla
fedelt feconda di Ges e della sua Chiesa. In questo modo si preparano ad abitare, quando la loro
dimora terrena croller, in quell'altra dimora imperitura, non fatta da mani umane, che il corpo
glorioso di Cristo (cf. 2 Cor 5,1), fondamento della nuova Gerusalemme. In essa risuoner
nuovamente, sebbene in un registro diverso, il canto al quale lo spazio del vincolo funge gi da
perfetta cassa di risonanza: le grida di gioia e la voce dell'allegria, la voce dello sposo e della
sposa (cf. Ger 7,34).

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