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ATENEO PONTIFICIO REGINA APOSTOLORUM


ISTITUTO SCIENZE RELIGIOSE

L’ACCOMPAGNAMENTO
SPIRITUALE

Professore: Angela Tagliafico


Studente: Maria de la Salud Nieto Garcia
Numero di matricola: 0012314
Elaboratum di Baccalaureato
Roma, settembre 2018
2

Alle mie consorelle


3

INTRODUZIONE
Di solito i cambiamenti sono graduali. Spiritualmente siamo come un
bambino che nasce, cresce piano, lasciando a un lato le abitudini egocentriche e
imparando ad amare Dio e al prossimo. Ma bisogna cercare di vivere secondo lo
Spirito di Dio.

In questo lavoro sin dall’inizio mi sono proposta di dare una risposta


all’importanza di avere una guida spirituale nel mio cammino e che non importa la
parte umana della persona che mi guidi, l’importante è capire che non è lui o lei a
guidarmi ma Dio stesso che mi parla per mezzo di lui (lei).

Stiamo in un mondo strano e pazzo nel quale si corre e non c’è tempo per
riflettere su se stessi e che dire di dare tempo all’ascolto; con questa piccola
ricerca voglio ribadire che è necessario per la vita l’avere una guida spirituale e
anche psicologica, che ci guidi nel cammino verso la santità alla luce dello Spirito
Santo.

Questo lavoro è diviso in tre parti: la prima parte è la storica, nella quale
troviamo che già dall’antichità si guidava le anime verso un bene, ma solo con il
monachesimo sa da un vero inizio alla guida spirituale, una guida da un credente
maturo a un altro credente che desidera crescere nella sequela di Cristo. I monaci
sono cercati per cristiani che chiedono di essere educati nella lotta spirituale e
nella lotta contra i demoni. Gli studiosi riconoscono nel periodo tridentino la
nascita dell’istituzione della direzione spirituale nel senso vero come modello di
guida delle anime.

Nella seconda parte vediamo come si può essere guidati e anche come
poter guidare anime bisognose, non solo in un cammino di formazione al
sacerdozio o alla vita consacrata. Bisogna proporre degli obiettivi concreti a chi
vuole essere accompagnato perché la sua lotta sia positiva, proporre un ideale, con
degli obiettivi che insistano non solo in togliere i difetti ma anche in acquisire
delle virtù e chiamare ogni cosa con il suo nome. Così avranno il coraggio di
seguire una ascensione verso una relazione più vicina con Dio. Anche vedremmo
4

che prima di cercare una guida bisogna pregare perché sia la persona giusta che
possa aiutarci a camminare verso Dio, anche il come dev’essere una guida
spirituale, che sia preparata soprattutto spiritualmente.

Nella terza parte vedremmo che non solo è importante l’accompagnamento


spirituale ma anche l’aiuto psicologico soprattutto per le persone che decidono
seguire il Signore nella vita sacerdotale o religiosa. La stessa psicologia è una
disciplina scientifica in continuo divenire, dal momento che studia la persona nel
suo continuo cambiamento in una società complessa, che può portare l’uomo a
sincronizzarsi alla complessità del nuovo, aprendosi alle sue sfide. Quando un
terapeuta lavora con pazienti consacrati deve curare molto la sua formazione
umana e spirituale, in quanto viene richiesto una competenza che va al di sopra
della tecnicità. Sia la parte spirituale che psicologica vanno della mano perché la
vocazione dell’uomo a dialogare con Dio e amare i valori evangelici non può
attuarsi senza la sua responsabilità e la sua capacità di decisione, dio agisce ma ci
lascia la libertà di scegliere ma ci aiuta ad utilizzarla al meglio e rivolgersi a Lui.
E come vedremmo infatti che con l’aiuto della psicologia si può aiutare la persona
a raggiungere quella libertà concreta e una migliore disponibilità a seguire Cristo.

Per l’approfondimento sono stati particolarmente utili delle fonti dei


documenti del Concilio Vaticano Secondo: Lumen Gentium; Gaudium et Spes e
anche una Lettera Pastorale del 2/X/2011 di Mons. Javier Echeverria trattando
qualche aspetto della formazione per la vita spirituale. Anche come sussidio il
dizionario teologico della Vita Consacrata. Inoltre diversi studi sia in lingua
italiana che spagnola e uno più recente quaderno di studio scritto per diversi
professori del Ateneo Regina Apostolorum.
5

I STORIA DELLA DIREZIONE SPIRITUALE


La LG 5 asserisce che ogni cristiano, per il fatto di esserlo, è chiamato alla
pienezza della vita cristiana. La carità deve crescere in lui come il buon seme e
dare frutto (LG 42) L’assistenza e la guida spirituale erano già praticate dai
filosofi greci. Socrate era considerato una guida delle anime, un “maestro della
vita interiore”. Nei filosofi greci troviamo però un’assistenza morale, piuttosto che
spirituale.
Nel primo monachesimo l’assistenza spirituale era molto diffusa, era un
dovere di ogni giovane monaco di avere un padre spirituale, al quale era tenuto a
rivelare i propri pensieri e sentimenti e al quale doveva obbedienza assoluta.1
Nella biografia di Sant’Antonio scritta da Atanasio, si legge:
“le Scritture bastano all’insegnamento; noi d’altra parte riteniamo che sia un bene
esortarci reciprocamente nella fede e ungere l’animo con discorsi. Voi come figli
portatemi, come a un padre, le cose che sapete e ditemele. Da parte mia, essendo più
anziano di voi, io vi metterò a parte di quello che so e che ho sperimentato” 2

Il padre spirituale è qualcosa di più di un educatore, di un rabbino e di un


maestro della legge ebraica. Il padre spirituale deve imitare Cristo nostro Padre.
Secondo Evagrio Pontico, il padre spirituale ha il compito di “chiamare le anime
dalla malvagità alla virtù, dall’ignoranza alla conoscenza di Cristo” (lettera 49).
Evagrio non chiama però Cristo soltanto Padre, bensì anche madre: “L’unico e il
medesimo Cristo può, a seconda del contesto logico, essere designato tanto come
“padre” quanto come “madre”: come padre di coloro che possiedono lo “spirito
della figliolanza”, come madre invece di coloro che hanno bisogno ancora di latte
e non di cibo solido.
Perciò nel monachesimo non esistono soltanto padri spirituali, bensì anche
madri spirituali le cosiddette “amma”. Esse sono ritenute altrettanto capaci di
accompagnare gli esseri umani nel loro cammino verso Dio e naturalmente le
donne in particolare, delle quali comprendono meglio la psiche.

1
A.GRUN, L’accompagnamento spirituale nei padri del deserto 4ª edizione 2012
2
Dizionario Teologico della vita consacrata “Direzione Spirituale” pag. 560
6

Gli scritti dei Padri monaci esigono dal padre spirituale che sia
“pneumatikos”, ricolmo di Spirito Santo. Secondo Ireneo, è spirituale l’uomo nel
quale lo Spirito Santo ha collegato e permeato anima e corpo. Il padre spirituale
deve anche avere due prerogative: una è conoscere i misteri divini e l’altra aver
indagato il cuore umano. “Cardiognosi” così i greci chiamavano il dono della
conoscenza del cuore.
I monaci mettono in guardia dalla tentazione di voler essere padri
spirituali e guidare altri prima di aver vinto la battaglia contro le passioni e i vizi.
Il frutto di tale battaglia è la conoscenza di sé. Il monaco impara a osservare i
propri atteggiamenti sbagliati e a lavorare su sé stesso, per non essere più
condizionato da potenze demoniache, bensì dallo Spirito Santo. Il padre spirituale
aiuta chi si rivolge a lui a osservare i propri pensieri, ad analizzare e sconfiggere
le proprie passioni, finché non è libero da tutti i pensieri e sentimenti che lo
turbano e quindi è aperto a Dio. Moltissimi detti dei Padri sono risposte a
domande spesso estremamente generiche: “Cosa devo fare?”, “Dimmi una
parola!”. Le risposte possono essere molto diverse, a seconda delle condizioni del
postulante. Gli antichi Padri intuiscono evidentemente ciò di cui il postulante ha
bisogno per progredire verso la verità per incontrare Dio e consegnarsi a Lui. Il
monaco deve osservare un unico esercizio o due o tre aspetti della vita. Se li vive
con coerenza, progredirà internamente su questa strada, capirà chi è Dio e quale è
il senso della sua vita.3 L’abate è il padre dei monaci e non in senso
metaforico, in quanto partecipa della paternità di Dio. I fondatori mendicanti
furono considerati come veri padri, maestri di vita e guide spirituali. Nel secolo
XVI, Sant’Ignazio, nella Compagnia di Gesù, raccomanderà al rettore che “si
osservino le costituzioni, vegliando sopra tutti, con molta cura”; a tutti ordina che
a questo rettore “aprano la coscienza propria in tempi determinati o quando se ne
offra motivo”. Insieme al rettore stabilirà maestri di spirito, che collaborino con
lui in questo cammino di crescita nello spirito. 4

3
A.GRUN, L’accompagnamento spirituale nei padri del deserto 4ª edizione 2012 pagina 38
4
Dizionario Teologico della vita consacrata “Direzione Spirituale” pag. 561. Edizione italiana. Ed.
Ancora Milano
7

È sorprendente quanto sia semplice per i monaci la strada verso Dio. Non
hanno sviluppato alcun metodo complicato ma confidano che sia la semplicità ad
aprirsi.
Il padre spirituale è proprio colui che incoraggia i fratelli. Ciò si ritrova in
molti detti dei Padri: “in nessun caso il fratello deve andarsene rattristato, perché
così non piace a Dio”; La cella rimette in sesto il monaco stanco e vacillante e lo
unisce a Dio. L’assistenza spirituale deve creare prima uno spazio di fiducia nel
quale l’altro sia sempre più in grado di affrontare la propria verità. Perciò il padre
spirituale deve intuire ciò che va bene per l’altro. Il dono di saper distinguere
esige che ci si immedesimi nell’altro, che lo si comprenda, che si tenga conto del
suo anelito e delle sue condizioni, della sua storia e delle sue ferite e che gli si
consigli ciò che può aiutarlo a progredire nella sua situazione. Un’altra maniera di
incoraggiare e rinfrancare chi cerca consiglio è quella di mostrargli con esempi e
confronti qual è la sua situazione e come può progredire.
Tra i primi monaci l’assistenza spirituale non è soltanto una cosa di uomini,
bensì in ugual misura anche da donne. Non si fa differenza né per la capacità né
per i contenuti che uomini e donne comunicano. Talvolta le stesse risposte sono
attribuite indifferentemente a uomini o donne. Contrariamente ai filosofi greci che
negano alle donne la capacità di filosofare, i Padri della chiesa e i primi monaci
esaltano le donne per il fatto di avere la stessa forza ascetica, anzi le considerano
talvolta superiori agli uomini per “virilità”. Nei detti attribuiti alle donne troviamo
spesso immagini e paragoni femminili. La madre Sincletica, per esempio,
paragona la “stabilitas” al comportamento di una madre uccello:
“Se ti trovi un cenobio, non cambiare luogo: ne riceveresti gran danno: come
l’aquila che si allontana dalle uova le rende improduttive e sterili, così si
raffredda e muore la fede di un monaco o di una vergine, se errano di luogo in
luogo” (Detti 6, 194,II). 5

Così madre Sincletica consiglia: “Imita la mitezza di Mosè per convertire il


tuo cuore di pietra in fonti di acqua” (Detti 11,197,II). Lo scopo dell’ascesi

5
A. GRUN L’accompagnamento spirituale nei padri del deserto 4ª edizione 2012. Cfr. pag.
84,85
8

secondo Sincletica non è la disciplina, né la durezza e la rinuncia, bensì la


mitezza. Teodora scorge in esso tra anima e corpo, i retroscena psicosomatici
della malattia. E ci dà il consiglio di reagire attivamente ai sintomi della malattia.
Secondo l’esperienza dei monaci, l’uomo è ferito soprattutto dalle passioni che lo
opprimono e gli impediscono continuamente di scoprire il proprio io e di trovare
in Dio sostegno e pace. Si tratta di scoprire il proprio peccato originale e
procedere poi sistematicamente contro di esso. Tutto il resto sarebbero soltanto
schermaglie fittizie. Occorre capire verso dove scorre la propria energia, cosa lega
e blocca la persona. Là dove risiede il proprio peggiore pericolo, là sta anche la
propria maggiore opportunità. Attraverso la passione che più opprime, si può
avanzare verso il proprio talento. Allora la propria passione si trasformerà e lo
Spirito di Dio potrà dare i suoi frutti. Non si tratta di scacciare i sentimenti
negativi con la forza, come se ci si potesse manipolare artificialmente. E’
necessario piuttosto introdurre la parola delle Scritture tra i sentimenti negativi per
liberarli della fissazione. Così, pur nell’umore triste, si potrà improvvisamente
scoprire altri aspetti della propria anima. Secondo C. G. Jung, nell’uomo ci sono
sempre entrambi i poli: paura e fiducia, tristezza e gioia, odio e amore. Attraverso
la Parola l’uomo entra in contatto con il polo positivo che è in sé. Non si tratta
però di recitare di tanto in tanto un passo delle Scritture contro i pensieri negativi,
bensì di meditarlo continuamente. Nella Parola, Dio può agire all’interno
dell’anima e metterla in contatto con le forze positive che le sono state donate.
L’assistenza spirituale nel monachesimo primitivo aveva lo scopo di
introdurre alla contemplazione. Il cammino verso l’unione con Dio conduce però
attraverso il deserto, cioè l’osservazione di sé, la lotta con le passioni, la
liberazione da ogni dipendenza, e in particolare da pensieri e passioni che turbano.
Sulla via dell’assistenza, i monaci si sono occupati di tutti i moti dell’anima, di
tutte le passioni. Hanno sviluppato metodi psicologici per osservare sé stessi e
affrontare le passioni e l’inconscio che sono ancora validi per la moderna
psicologia. 6

6
A. GRUN L’accompagnamento spiritual. nei padri del deserto 4ª edizione 2012. Cfr.
pagg.121,122
9

San Giovanni della Croce si rivolge ai direttori spirituali per illuminarli


sulla loro forma di guidare le anime alla perfezione. Questi non sono né più né
meno che testimoni di un’opera che è solo di Dio, e strumento della sua azione.
Nell’età moderna nel secolo XVII san Francesco di Sales fa avanzare la dottrina e
la tecnica della direzione spirituale. Nella sua introduzione nella vita devota si
rivolge non già alla vita dei religiosi, ma a coloro che vivono nel mondo. Tuttavia
esiste sulla convenienza di contare su una buona guida, cui si possa aprire con
tutta sincerità il cuore.
Nel secolo scorso bisogna ricordare san Giovanni Bosco e sant’Antonio
Maria Claret. Quest’ultimo, in particolare oltre a raccomandare la direzione
spirituale nelle sue opere e a spiegare in esse, con il suo senso pratico, “di quali
cose si debba rendere conto al direttore” esercitò questa funzione con varie
fondatrici di congregazioni religiose.
Da Leone XIII, il magistero ecclesiastico ha approvato e animato la pratica
della direzione spirituale. Anche il Concilio Vaticano II riconosce il valore della
direzione spirituale nei seminari e per religiosi in formazione. Portando a livelli
più alto le esigenze della formazione, per la complessità della situazione attuale,
chiede ai superiori di provvedere “alla scelta accurata e alla solida preparazione
dei direttori, dei maestri spirituali e dei professori” (PC.18, cf. Ot 8).7
E ricordando il discorso della montagna descrive un comportamento che
risponde all’esperienza della redenzione in Gesù Cristo. Un buon criterio relativo
a questa esperienza è l’aver compreso la misericordia di Dio in Gesù Cristo. Non
possiamo raggiungere Dio attraverso la virtù e l’ascesi, ma soltanto riconoscendo
la nostra impotenza. In queste condizioni acquisiamo una sensibilità per ciò che è
la Grazia. La potenza di Dio si manifesta più fortemente in noi, quanto minore è la
nostra forza.
Per i primi monaci la via che conduceva a Dio passava attraverso
l’incontro con la propria realtà: l’incontro con Dio presuppone l’incontro con sé
stessi. Il giovane deve prima venire a contatto con sé stesso e la sua realtà, se vuol
raggiungere Dio. Altrimenti farà il supervolo di Icaro, ma precipiterà
repentinamente, avendo le ali di cera. Noi abbiamo bisogno di poggiare bene per

7
⁷ Dizionario Teologico della vita consacrata “Direzione Spirituale” pag. 562ss
10

terra per poter riuscire nel rimbalzo verso Dio. Quindi la via che porta a Dio è un
discendere nella propria realtà. Il buttarsi nel proprio profondo avviene partendo
dal peccato. È proprio il peccato che mi costringe ad abbandonare gli ideali
spirituali da me costruiti per “buttarmi giù” nel sotterraneo della mia anima. Ivi
incontrerò il mio cuore insieme a Dio; ivi troverò la scala per salire a Dio.
Se noi leggiamo alla luce dell’immagine – simbolo della scala di
Giacobbe, i dodici gradini dell’umiltà in Benedetto ci porteranno ogni volta in un
vicolo cieco in cui Dio si farà conoscere, svelandosi dopo, una strettoia. Allora
essi saranno quelle pietre di inciampo da funzionalizzare in sante pietre d’altare a
testimonianza della presenza di Dio. I dodici gradini descrivono la graduale
trasformazione dell’uomo: della sua volontà (gradini 1-4), dei suoi pensieri e
sentimenti (gradini 5-8) e del suo corpo (gradini 9-12). Ciò che ci interessa è il
gradino 5 che avviene attraverso il colloquio. Manifestando al padre spirituale da
quale pensieri e sentimenti siamo mossi, chiariamo a noi stessi il nostro modo di
pensare e di sentire. La trasformazione dei propri sentimenti non avviene
rimuovendoli e reprimendoli, ma parlandone con un confratello esperto. Se li
manifesto non mi distolgono da Dio, ma rivelano le mie nostalgie più profonde.
Nel confronto con la propria realtà, non si elude la propria debolezza e impotenza,
ma ci si riconcilio con la propria mancanza di voglia e il mio vuoto. I gradini nono
e decimo si riferiscono al nostro parlare e alla nostra voce. La nostra voce
manifesta se siamo in sintonia con Dio, se siamo permeabili a Dio, oppure se
diamo voce a noi stessi. Il nostro ridere di cui Benedetto parla al undicesimo
gradino fa riferimento al ridere dei rendenti, alla letizia per la propria liberazione
8
.
La direzione spirituale nell’Opus Dei cerca espressamente l’orientamento
della vita interiore e l’esercizio delle virtù cristiane, perché ciascuno sappia
realizzare con spirito cristiano tutti i suoi compiti come servizio a Dio e alle
anime. La direzione spirituale personale è una pratica molto antica e comune nella
vita della chiesa, complementare ad altre attività catechetiche, formative e
dottrinali di carattere più collettivo. In un senso più ampio e generico si può

8
Anselm Grün Meinrad Dufner “Spiritualità dal basso” Editrice Queriniana Brescia
2005. 2011 pag. 41-43
11

risalire allo stesso Gesù Cristo e all’epoca apostolica; Con la direzione spirituale
si è cercato sempre di dare un sostegno soprannaturale e umano nel cammino
personale di santità di ciascun cristiano, d’accordo con la propria vocazione
divina, e con la corrispondente proiezioni apostolica. Il suo fine è stato sempre ed
è esclusivamente spirituale, e sono individuali i suoi grandi frutti nella vita di
tante anime di tutti i tempi. 9

II METODO DELLA DIREZIONE SPIRITUALE

Il cristianesimo maturo che come singoli e, conseguentemente, come


comunità ecclesiale siamo chiamati a incarnare, richiede una guida spirituale, per
una crescita nella comunione intima con il Dio Trino e Unico e gli uomini
all’interno della chiesa. 10
Nelle comunità cristiane e religiose corre la fondata lamentela di una
preoccupante mancanza di direttori spirituali. Coloro che affermavano la non
necessità della direzione spirituale, sostenevano che i battezzati che andavano a
messa la domenica non c’era bisogno di guida spirituale. Con la chiamata
universale alla santità, questo argomento cadde da sé. A partire degli anni 70 i
laici, donne e uomini, hanno incominciato a esercitare questo ministero in forma
sempre più ampia. Ora un’ampia maggioranza di apprendiste a guide spirituale
sono donne. Questo fatto va in parallelo con un’altra realtà equivalente nel campo
civile: la maggioranza degli “operatori di aiuto in campo psicologico” sono ormai
donne e la loro presenza è assolutamente maggioritaria fra gli studenti in facoltà di
psicologia. La direzione spirituale invece era pervenuta, fino al Concilio, come un
compito quasi unicamente sacerdotale. La chiamata universale alla santità la rende
più urgente che mai. L’espressione “vocazione alla santità nella chiesa” significa
che “tutti i fedeli di ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per
la propria via, a quella perfezione di santità di cui è perfetto il Padre celeste” (LG

9
Dalla Carta Pastorale del 2/X/2011 nella quale Mons. Javier Echeverria tratta qualche
aspetto della formazione per la vita spirituale e la nuova evangelizzazione. (tradotto dallo
spagnolo all’italiano) Carta pastoral Mons. Javier Echevarría Prelado del Opus Dei Roma.
10
Quaderni di studi “Cristo è la pienezza” la formazione cristiana tra
accompagnamento spirituale e relazione terapeutica. A cura di Laura Salvo e
Angela Tagliafico. Roma: Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, 2017
12

11: EV 1/315). La santità viene offerta a ogni credente come possibilità concreta e
non semplicemente come un ideale vago e indeciso. 11 Dio non ci parla soltanto
della Bibbia e per mezzo della Chiesa ma anche attraverso noi stessi, attraverso i
nostri pensieri e sentimenti, attraverso il nostro corpo, i nostri sogni e anche
attraverso le nostre piaghe spirituali e le nostre debolezze.
I monaci antichi iniziavano proprie passioni della conoscenza di se stessi
per conoscere e incontrare il vero Dio. Grün fa delle domande nella spiritualità
dall’alto: come dev’essere un cristiano? Cosa deve fare? Quali atteggiamenti deve
incarnare?. Questa spiritualità deriva dal grande desiderio umano di migliorare
sempre di più, di salire sempre più in alto. La spiritualità dal basso è la via
dell’umiltà. Il riconciliarsi con la nostra umanità, con il peso della nostra
materialità, con il nostro mondo istintuale e le nostre ombre. L’umiltà è il
coraggio della propria verità. Per poter crescere l’uomo ha bisogno di modelli: un
personaggio cresce all’ombra di un altro personaggio. Quindi la spiritualità
dall’alto è tendere a un ideale e che i santi possono anche aiutarci nel cammino
alla santità12: forse la loro vita non è stata sempre perfetta, però anche in mezzo a
imperfezioni e cadute hanno continuato ad andare avanti e sono piaciuti al
Signore. 13

Il direttore spirituale, partecipante della missione di Cristo nella chiesa,


come strumento e sotto la guida dello Spirito Santo, dev’essere collaboratore in
questa cura di coloro che sono malati. Il primo passo deve essere indicare i
sintomi, portarli alla preghiera e chiedere la luce perché capisca la sua malattia e
desideri la guarigione avendo fiducia. Dopo bisogna applicargli la medicina
necessaria e nel momento opportuno. Ci sono delle malattie nell’uomo che sono
relazionate con la vita spirituale e possono essere: formalmente di vita spirituale,

11
Luce e guida nel cammino. Manuale di direzione spirituale. Benito Goya. EDB Bologna 2008
inserire pagina

12
Anselm Grün Meinrad Dufner “Spiritualità dal basso” Editrice Queriniana Brescia 2005.
2011
pag. 7-14
13
“Gaudete et Exsultate” esortazione apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo
contemporaneo. Papa Francesco 2018 editrice Vaticana). No. 3
13

(tiepidezza e mediocrità); spirituali di base fisiologica; spirituali di base


psicologica endogena ed esogena in grado benigno; speciale di isteria.
Basta il più piccolo pretesto per sopprimere la preghiera; Dio e le sue cose
stanno al secondo posto e ci si incontra con Lui quando non c’è niente altro da
fare. Nella preghiera, quando la si realizza, e manca di preparazione, si nota
irriverenza, con noia e distrazioni. Una dissipazione continua, leggerezza di cuore
e di sensi, paura ad entrare dentro di se stessi. Lo spirito cattivo favorisce questo
stato permettendo che si provi soddisfazione nel modo di vivere e perché, gonfi e
superbi, si creda di capire tutto della sensatezza della virtù e si arrivi a convincersi
che sta andando bene e non si ha bisogno più di sforzarsi cresce il fastidio per le
cose spirituali e per tutti i mezzi per progredire spiritualmente: si cade così fino in
fondo senza rendersi conto .14 La Direzione Spirituale è un cammino verso la
terra. Nella Scrittura ci sono alcune immagini Eli e Samuele, l’Arcangelo
Raffaele e Tobia, il Battista che indica Gesù che passa ai discepoli, quella di Mosè
che guida il popolo verso la terra promessa. Alla terra si giunge dopo un cammino
duro e difficile, che mette alla prova; ma è nel deserto arido che Israele impara a
conoscere Dio e diventa un popolo. Poi bisogna passare il Giordano e prendere
una decisione <<Il Dio che mi ha liberato sarà il mio Dio>>, proclama Giosuè a
Sichem. Man mano che il cammino procede il direttore spirituale parlerà sempre
meno e ascolterà sempre di più, perché quanto più l’uomo cresce in libertà, tanto
più avvertirà il soffio dello Spirito che lo guiderà dove egli non vorrebbe andare,
gli cingerà i fianchi (cfr. Gv.21,18) e rivestendolo dell’armatura di Cristo (cfr.
Ef.6,11), lo sosterrà nella sua bella testimonianza (1Tm.6,13). Qui il compito del
direttore spirituale sarà di aiutare nel discernimento e poi nel dare la conferma
della Chiesa15.
Quello della direzione spirituale è un tema delicato, riguarda infatti un
servizio con il quale si può offrire un aiuto importante alle persone, ma
l’inesperienza o l’imprudenza possono fare disastri. È necessario aver sviluppato
sufficientemente la virtù dell’abnegazione e un sano distacco delle cose, almeno

14
Direzione spirituale spagnolo. Luis M. mendisàba “Direccion Espiritual teoria y
practica” Biblioteca de Autores Cristianos. Madrid - MMVII pag. 273-275
15
Giuseppe Forlai “La Compagnia dello Spirito”. Breve introduzione alla Direzione
Spirituale. Gruppo Editoriale Città Nuova Febbraio 2017 pag. 13,14
14

un poco la famigliarità con una visione spirituale delle cose e della vita e avere
acquisito l’attitudine al discernimento con la più grande docilità allo Spirito.

Il direttore spirituale non si propone ma è scelto. La vita spirituale è tutta


la vita vissuta nell’ascolto docile dello Spirito santo. La “vita spirituale” è la vita
del cristiano alimentata con una vigilanza che viene data dalla liturgia, dai
sacramenti, nella preghiera personale. Al di là delle persone, resta che l’unico vero
direttore spirituale è infatti lo Spirito Santo, che guida l’animo docile con i mezzi
necessari al momento giusto. Il padre spirituale della vita è il riassunto di ciò che
si è, al punto che solo il suo ricordo costringe all’onestà.

Nella direzione spirituale non si danno mai giudizi morali. Il <<buono –


cattivo>>, <<giusto – sbagliato>>, non esistono in una direzione spirituale, la
quale serve piuttosto a far crescere. L’incontro di direzione spirituale è buono se
ne esce in un duplice stato: un po’ malmenati, un po' consolati. Se invece se ne
esce consolati, non va bene; se sempre bastonati, neppure. Il padre spirituale
<<giusto>> è quello che insegna a fare una lettura spirituale della propria vita e
dove il soggetto non arriva, gli viene proposta un’interpretazione alla luce del
Mistero pasquale, in modo che esso la percepisca <<vera>>, anche se non lì sul
momento, almeno dopo l’incontro, tornandoci con la preghiera e la riflessione.

Il direttore spirituale non giudica il vissuto, ma cerca di porlo alla luce


della Pasqua. Il suo compito è aiutare a discernere il “vero”, che talvolta può
essere confuso tra considerazioni di sapienza solamente <<umana>> o appesantito
da attese non ancora purificate.

Affinché una direzione sia giusta, si devono verificare delle condizioni: la


confidenza e l’apertura del cuore occorre trovare le condizioni giuste, così da
consegnare il racconto della vita senza reticenze. l’ardore di domandare: la
direzione spirituale è porgere le domande che nascono del lavoro personale di
osservazione della vita dello Spirito in sé.

Ci sono inoltre dei doni dello Spirito Santo che sono necessari per una
valorizzazione di una direzione spirituale: il primo è il dono dell’Intelletto, ossia
quell’habitus attraverso il quale comprendiamo la causa delle cose. Risalire alla
15

causa delle cose. Questo dono porta alla conoscenza di sé nella verità, cioè davanti
a Dio. Il secondo dono è quello della Scienza. Esso fa comprendere come quello
che succede dentro e fuori di noi può aiutarci a crescere nella vita in Dio. Il dono
della Scienza è l’arte di comprendere le cose, i fatti le esperienze; la Scienza è una
“porta” verso il mistero. Poi c’è il dono della Sapienza, con il quale, per grazia
dello Spirito, possiamo giudicare noi stessi, gli altri, la storia, come la giudica
Dio. Il sapiente sa che contro ogni evidenza la storia è in mano a Dio, non agli
uomini. In conclusione: per vivere bene la direzione spirituale bisogna coltivare
l’Intelletto, la Scienza e la Sapienza. Questi tre doni fanno si che si arrivi al dono
del Consiglio, per mezzo del quale sappiamo cosa scegliere. Il padre spirituale
non deve mai essere messo nella condizione di dire che cosa fare. 16

La direzione spirituale nelle diverse tappe della vita, con i mezzi di cui
dispone: il colloquio, il piano di vita…, non è se non uno strumento al servizio
della crescita spirituale; il suo esercizio è espressione dell’azione dello Spirito,
che né riposa né lascia riposare chi si lascia guidare da lui. 17

Da uno studio realizzato dalla dottoressa Angela Tagliafico ho voluto


prendere il suo punto di vista sulla Direzione Spirituale detto, come abbiamo
visto, anche Accompagnamento Spirituale. Lei definisce il ministero
nell’accompagnamento spirituale come un aiuto offerto da un battezzato/ta, che
vive l’unione progressiva di tutto se stesso con Dio e che beneficia di un
particolare carisma dello Spirito, ad un altro battezzato/ta, al fine di condurlo
gradualmente a vivere in pienezza, l’esperienza della fede, della speranza e della
carità cristiana. Quest’ultimo nell’attuazione dell’opportuno discernimento da
compiere, cerca la personale risposta da dare alla volontà di amore di Dio che
interpella tramite la Sua Parola che chiama alla sempre più intima unione con lui,
sorgente della santità cristiana, della chiesa. A partire del Concilio Vaticano II tale
ministero ecclesiale non è più considerato esclusivamente clericale; ogni
battezzato, uomo e donna, indipendentemente della sua vocazione specifica, può
16
Giuseppe Forlai “La Compagnia dello Spirito” Breve introduzione alla Direzione Spirituale.
Gruppo Editoriale Città Nuova Febbraio 2017 pag. 16,17,19,26,28,29
17
Dizionario Teologico della Vita Consacrata Edizioni Ancora Milano (Titolo originale
“Diccionario Teologico de la Vida Consagrada” publicaciones Claretianas 1992.
Madrid )
16

prestare questo servizio. Esso viene compiuto in uno spirito evangelico e


costituisce un aiuto nella maturazione umana spirituale cristiana.
L’accompagnamento spirituale costituisce una vera e propria pedagogia alla/della
libertà, intendendo la libertà dei figli di Dio.

Nella relazione di accompagnamento spirituale vi è un passaggio che


possiamo definire “dalla direttività alla graduale non direttività”.

Infatti, prendendo come base la suddivisione della triplice via nel


progresso della vita spirituale cristiana e personale: purificativa, illuminativa e
unitiva, avremmo diversi atteggiamenti fondamentali da parte della guida. Essa
assumerà, dapprima un ruolo paterno/materno, quindi un ruolo maggiormente
direttivo e infine, un ruolo d’accompagnamento, all’interno dell’esercizio di
questo servizio ecclesiale. Successivamente, nella fase intermedia della vita
spirituale coloro che avanzano nella vita spirituale e giungono alla cosiddetta fase
illuminativa, la guida diverrà maggiormente direttiva, al fine di indicare
adeguatamente e fermamente, i criteri per il necessario discernimento degli spiriti
e superamento degli ostacoli che in questa fase divengono sottili, dato che “il
nemico si traveste da angelo di luce” (2Cor. 11,14).

Infine, con coloro che camminano ormai verso la fase unitiva della vita
spirituale, la guida diverrà sempre più discreta ed essenziale nelle sue indicazioni,
svolgendo una funzione di semplice accompagnamento che esprime bene la sua
presenza accanto al cristiano che ormai vive in una relazione di pienezza di fede.
L’aiuto spirituale è una vera e propria esperienza spirituale e più precisamente, è
un’educazione al discernimento spirituale e alla docilità sempre maggiore del
cristiano allo Spirito Santo. L’accompagnamento spirituale costituisce quindi una
mediazione, affinché il cristiano, seguendo le orme di Gesù, il Figlio amato,
scopra l’amore infinito del Padre, si apra progressivamente alla sua azione
provvidente e risponda con fede, speranza e carità sempre maggiore, al suo
progetto salvifico su di lui. Egli compie un’opera che parte da lui, quale sua
sorgente e che nel suo obiettivo finale incammina ogni persona all’unione con lui.
Lungo la sua esistenza Gesù si è lasciato guidare dallo Spirito nel compimento
della sua vocazione e missione. Giovanni della Croce ricorda che: “Lo Spirito
17

Santo è l’agente e la guida spirituale delle anime, delle quali non tralascia mai di
prendersi cura; le guide invece, non sono agenti ma solo strumenti per guidare,
per mezzo della fede e della legge di Dio, secondo lo Spirito dato a ciascuno dal
Signore”18.

Al primo principio di un accompagnamento spirituale fedele al progetto


trinitario, si aggiunge il secondo principio della fedeltà a Gesù, quale modello di
un agire perfetto nei suoi incontri di aiuto e quindi principale ispiratore del
comportamento della guida spirituale nei suoi dialoghi individuali. Alla guida
spirituale è richiesto di contemplarlo assiduamente, al fine di poter diventare
veramente e pienamente umana e spiritualmente come lui. Ilterzo principio che
rappresenta la seconda protagonista dell’accompagnamento spirituale, poiché alla
chiamata particolare che riceve da Dio Padre, essa liberamente, è invitata a
rispondere, sia con la riconoscenza del dono ricevuto. L’adesione piena alla
volontà di Dio, l’accompagnamento è chiamato a vivere. La fedeltà
all’accompagnato/ta esige dunque, da parte dell’accompagnatore, prima di tutto la
preoccupazione di capire la sua situazione unica e irrepetibile e le circostanze
storiche nelle quali si sta compiendo la sua risposta all’invito alla comunione con
Dio.

La guida spirituale è chiamata ad adattarsi alla situazione storica e


culturale dell’accompagnamento, secondo il principio della stessa pedagogia
divina. L’accompagnamento spirituale aiuta a valutare oggettivamente le proprie
disposizioni e necessità personali, facendo vedere le situazioni da un altro punto di
vista, più distaccato e disinteressato e rendendo così, la persona sempre più libera.
L’accompagnamento spirituale costituisce certamente uno dei mezzi più efficaci
per sostenere le persone in tale cammino. Rifiutare tale ausilio quando esso è
accessibile, equivale respingere un mezzo di aiuto abituale offerto da Dio ai suoi
figli, nel loro itinerario verso la santità. La guida dovrebbe suscitare
nell’accompagnato il desiderio dell’incontro sempre più intimo con Dio e aiutare
nel contempo, a porre le condizioni basilari affinché esso si possa realizzare, nella
libertà della persona. L’accompagnatore spirituale inoltre, guida la persona a

18
(Giovanni della Croce, “Fiamma viva d’amore”, B. 3,46 in opere complete, Edizioni ocd. Roma
1982, pag. 800).
18

motivare il dono della fede che essa ha ricevuto e la conduce gradualmente, a


vivere il passaggio da un cristianesimo fatto di mere abitudini e tradizioni, più o
meno rispettate, a un cristianesimo realmente interiorizzato e vissuto. Il compito
di questo ministero ecclesiale, consiste principalmente nel aiutare il battezzato/ta a
riconoscere e sperimentare l’immenso amore di Dio per ciascuno dei suoi figlie
raggiungere un vissuto sempre maggiormente crescente di quest’amore per potervi
corrispondere con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze, previa una
liberazione costante e adeguata da tutti gli ostacoli che lo rallentano e/o lo
impediscono e un’attiva partecipazione alla vita comunitaria ecclesiale.

Quanto detto è richiesto soprattutto, dalla vocazione alla chiamata


universale alla santità nella chiesa ovvero dal fatto che tutti i fedeli battezzati, a
qualsiasi stato e condizione appartengono, sono chiamati da Dio, ognuno per la
sua via, a giungere a quella perfezione di santità di cui è perfetto il Padre celeste.
19

È indispensabile che la persona umana superi pure una visione troppo


stretta della direzione spirituale come di un qualcosa proprio del periodo ella
formazione iniziale o della stagione giovanile e da cui bisogna liberarsi, come da
un peso ingombrante, una volta che si è fatta la professione perpetua o si è
ricevuta l’ordinazione sacerdotale. Gli adulti hanno, invece, la stupenda
opportunità di trovare in essa una direzione libera, spontanea, una strategia
adeguata per essere accompagnati nella sequela perseverante del Signore e nel
superamento degli ostacoli del cammino. Tutti i tentennamenti e le perplessità
hanno contribuito a far emergere, ai giorni nostri, chiari sintomi di ripresa della
direzione spirituale. La direzione spirituale, nei due termini che la compongono, si
prestava di malintesi. A volte diventava troppo direttiva e costituiva un dirigismo
esterno, un essere guidato da un altro. Oppure diventava, allo stesso tempo, troppo
spirituale e cioè troppo restrittiva, ridotta a una spiritualità di salvezza individuale
dell’anima e non della persona integrale. La direzione spirituale è al tempo stesso
una scienza e un’arte; È una scienza perché fondata sui principi teorici, dottrinali,

19
Quaderni di studi “Cristo è la pienezza” la formazione cristiana tra accompagnamento
spirituale e relazione terapeutica. A cura di Laura Salvo e Angela Tagliafico Roma:
Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, 2017. pag. 30-33
19

teologici e psicologici relativi alla natura della perfezione e ai condizionamenti


individuali. In quanto arte, invece, essa indica l’abilità del direttore nel adempiere
la sua missione. La difficoltà della direzione spirituale, considerata come arte, si
trova precisamente nella diagnosi della situazione unica dei credenti.20

III AIUTO PSICOLOGICO

Ci sono degli aspetti psicologici che secondo alcuni studiosi sono


importanti per un cammino di accompagnamento psicologico e formazione
umana. Alcuni di essi sono: C. G- Jung ci fa presente più volte che la via della
maturazione umana passa attraverso la discesa nel mondo sotterraneo, cioè
nell’inconscio. Per lui l’umiltà è anche un presupposto per poter sviluppare la
fiducia in altre persone. La superbia invece ci isola e ci esclude dalla comunione
umana. Posso vivere la comunione con altre persone solo se sono disposto ad
accettarli coi miei difetti e debolezze. Fino a quando mi sento spinto a tener
nascosti i miei difetti, posso prendere soltanto contatti superficiali con l’atro; il
mio cuore in realtà non si apre all’altro. Cerchi quindi di abbassarsi e d’imparare
la modestia, e non sarà mai solo! Medard Boss, un altro psicologo svizzero
conferma che il cammino verso Dio è un cammino che scende nel proprio
profondo. Roberto Assagioli, fondatore della psicosintesi, dice che lo schema
discesa – ascesa è caratteristico anche per il divenire del Sé. Egli vede questo
schema rappresentato magistralmente già nella Divina Commedia di Dante.
L’itinerario a Dio passa attraverso la discesa nell’inferno. Ivi l’uomo incontra
spesso spetti minacciosi del suo inconscio, immagini che possono avere a che fare
con le figure dei genitori. Per lo psicoanalista Albert Görres la spiritualità dal
basso prende sul serio il fatto che, essendo uomini e non angeli, siamo nati nella
carne, e che Dio stesso si è fatto carne in Gesù Cristo. Proprio la carne in quanto è
in balia delle nostre inclinazioni e passioni, è il cardine della salvezza. 21

20
Luce e guida nel cammino. Manuale di direzione spirituale. Benito Goya. EDB Bologna
2008 Cap. 2 caratteristiche della direzione spirituale inserire pag.30-33
21
Anselm Grün Meinrad Dufner “Spiritualità dal basso” Editrice Queriniana Brescia 2005.
2011 pag. 46-51
20

La scelta del proprio stato è un problema d’importanza capitale che


condiziona. Perciò l’animatore vocazionale usa particolare cura e sostenere il
candidato nel cammino di fede e nel incoraggiarlo nella crescita umana, cristiana e
vocazionale. Responsabilità principale della realizzazione personale rimane
sempre quella del chiamato è più vero che l’animatore spirituale. Egli dovrà
quindi,

ascoltare il soggetto conoscerlo nelle sue vicende concrete e orientarlo


verso una maturazione integrale delle sue potenzialità.

La realtà ambientale del giovane attuale in occidente, ha delle serie


conseguenze sul loro comportamento religioso essi crescono all’interno di una
società urbano-postindustriale, in un clima famigliare molto fragile. La
disponibilità economica accresce la loro permissività e soddisfacimento
immediato dei bisogni transitori, di “ciò che mi va”, di “tutto e subito”, dell’<<usa
e getta>>, della “cultura dell’immediato”, che pone resistenza alla progettazione e
alle scelte decisive. La secolarizzazione è la moda dell’umanesimo profano lo
inducono alla diminuzione della stima del fatto religioso e auna coscienza morale
autonoma indipendente dallo stesso creatore.

Il giovane può vivere perciò una situazione di conflitto con la propria


coscienza, con i genitori, con ogni tipo di autorità. In un ambiente che sollecita
alla libertà assoluta a possedere e a godere senza limiti egli può sperimentare il
“vuoto esistenziale” e il contrasto ideologico con il mondo circostante. Verso i
diciotto o diciannove anni, segna la ricerca di una definitiva stabilizzazione e di
un equilibrio dinamico. Le caratteristiche psicologiche basilari di tale fase,
sembrano le seguenti: i processi di selezione e di interiorizzazione dei valori
aiutano i giovani della formazione di un organico progetto di se. È
scientificamente dimostrato che esiste una costante nella costruzione della
personalità: la ricerca dell’assoluto, basica dell’unificazione dell’io, dato che
gerarchizza le varie esigenze, la molteplicità dei bisogni eppure il concetto di sé.
Esiste in ogni caso una ricerca del senso dell’esistenza. L’esigenza di rapporti
interpersonali autentici, il bisogno del gruppo, che a volte sostituisci la famiglia, il
dialogare, il comunicarsi è sentito dai giovani come una delle urgenze dominanti.
21

Essi sperimentano il bisogno di una relazione interpersonale come incontro di


persone nel rispetto e nell’accettazione vicendevole.

I giovani sentono la religione innanzitutto come un problema di vita. La


fede è valorizzata in rapporto alla capacità di rispondere alle loro profonde
ispirazioni psicologiche, sociali ed esistenziali. Il loro spirito critico, le loro
obiezioni religiose, la loro diffidenza sistematica verso le istituzioni tradizionali o
troppo officiali, li dirigono verso il piacere incontro con la “chiesa domestica”.
Nello sforzo generale d’orientamento umano e cristiano l’accompagnatore può
suscitare interesse e favorire il sorgere e il consolidarsi delle vocazioni speciali.
Lo sviluppo del loro cammino di fede, del desiderio di una vita piena in Cristo,
della sete di salvezza e di fratellanza spirituale, creeranno un clima idoneo per una
risposta generosa e decisa. Questa forma di vita dovrà essere presentata in tutta la
sua bellezza in tutta la sua capacità di portare alla pienezza personale in Cristo.

Conviene cogliere a tale scopo certi momenti di grazia e ascolto come le


conviene, i diritti spirituali e mezzi simili. L’esame della vocazione è progressivo
e graduale come la vita stessa e si compie secondo i criteri generali di
discernimento, specialmente quelli che si riferiscono al suo miglioramento umano
e alla sua crescita cristiana. Siccome questi segni non sono statici e immutabili,
ben si dinamici e variabili, nei primi tempi saranno sufficienti l’indizi minimi per
una sicurezza di partenza. La decisione finale suppone ormai la certezza morale
della chiamata e della capacità di risposta, sia da parte dei responsabili sia da parte
del candidato. Se la guida spirituale fosse certa del caso contrario, si adopererà on
tutta la sua autorità per indurlo ad abbandonarla. La terza funzione
dell’accompagnatore è quella di promuovere lo sviluppo integrale, umana e
cristiana, come fondamento della grazia di speciale consacrazione. Essa
s’inserisce nella personalità umana e segue i suoi riti di crescita.

Il discernimento vocazionale ha come compito primordiale quello


d’incitare a verificare il fatto certo di una chiamata spirituale. La vocazione, da
parte di Dio, consiste in un’ispirazione interiore e in una mozione dello Spirto
Santo che spinge il fedele verso nuove avventure della sequela di Cristo e che
l’abilitano con delle grazie particolari per il raggiungimento del suo scopo. Il
22

motivo più indicativo per operare una scelta si fonda sul fatto dell’essere stati
chiamati o scelti gratuitamente per compiere tale forma di vita. Esso susciterà, il
desiderio di corrispondere a tale dono gratuito di amore personale con una risposta
degna e altrettanto benevola e gratuita. I segni della scelta divina, si manifestano
nel contesto di un’intenza vita spirituale, nutrita di orazione, di spirito di servizio
di ansia per identificarsi pienamente con Cristo e di far conoscere la sua
liberazione. Questi segni costituiscono il requisito di base del discernimento
spirituale; da soli, pero, non bastano: devono essere completati dai criteri
psicologici di discernimento vocazionale. Negli ambienti vicini alla psicologia, si
tiene conto unicamente di questo che consiste nell’osservare le capacità nella
persona per una risposta sufficiente e i suoi possibili condizionamenti
motivazionali. Dev’essere infatti, una risposta integrale, dinamizzante e unificante
dell’intera esistenza. Il soggetto prende coscienza dell’elezione di cui stato
oggetto. L’accoglie come un segno dell’amore divino e realizza la propria
vocazione e missione specifica in costante ascolto delle nuove chiamate e in
continua fedeltà nelle varie circostanze e situazioni, nell’amare con tutta la mente,
con tutto il cuore e tutte le forze. 22

In una formazione anche psicologica è importante scendere nei sotterranei


della propria realtà che Anselm Grun chiama Spiritualità dal basso e Spiritualità
dall’alto. La spiritualità dall’alto spesso vuole arrivare a Dio senza passare per il
corpo. Invece il nostro percorso verso Dio passa attraverso la carne caro cardo
salutis. Dialogare con le proprie malattie, la malattia come una sconfitta, un sano
stile di vita è sicuramente un buon metodo per gestire se stessi e i propri bisogni.
Dovremmo entrare in dialogo con la malattia la quale forze ci avvisa che non
abbiamo un giusto rapporto con noi stessi, che viviamo in contrasto con la nostra
vocazione, con l’immagine di Dio in noi. Bisogna mettere da parte ogni ricerca di
cause e ogni sentimento di colpa, abbandonandoci semplicemente nelle mani di
Dio; il quale ci conduce spesso per vie impensabili. Dobbiamo semplicemente
consegnarci al vero Dio che scompiglia tutti i ostri piani e idee e ci “squarcia” per
aprirci totalmente a Lui. Alcuni si difendono dai traumi della propria infanzia,
22
“Psicologia e Vita Consacrata” Benito Goya. Edizione San Paolo Milano 1996 (Psicologia e
accompagnamento spirituale) pag. 35ss
23

diventando interiormente rattrappiti. Il che spesso è addirittura necessario per


sopravvivere; pero impedisce nello stesso tempo di vivere normalmente. Altri
ancora si lasciano paralizzare dalle loro ferite: ci ritornano su continuamente e
rinunciano ad avventurarsi nella vita per paura di subire nuove ferite. La
spiritualità dal basso ci vuol svelare che proprio nelle nostre ferite possiamo
scoprire il tesoro che giace nascosto nel fondo della nostra mente.

Nell’accompagnamento terapeutico e spirituale la donna si rende conto che la


sua schiena rigida si piega come una forma di difesa istintiva contro tutti i colpi
infertole ripetutamente dalla vita. Soltanto quando, sia nel colloquio sia anche nel
massaggio, viene in contatto con la sua ferita, riesce a rilasciare il suo crampo. Il
dialogo con di schiena e la comprensione delle sue ferite di vita hanno fatto
rifiorire in lei nuova vita. Essa può riconciliarsi con il suo passato che ora riesce a
contemplare realisticamente, con le sue ferite, ma anche con le sue esperienze
positive. Alcuni reagiscono a tale delusione rassegnandosi, si adagiano alla vita
così come è. Ma nel loro cuore si spegne ogni vivacità e ogni speranza; i sogni
della vita vengono sepolti. Anche la delusione mi potrebbe indirizzare al tesoro.
Forze mi vuol liberare dalle illusioni che mi sono fatto sul mio conto e sul mio
futuro. Si può interpretare il peccato come fallimento e reagire con
autorimproveri; e che mi butterebbe giù interiormente spingendomi alla
rassegnazione. Posso anche minimizzare il peccato, allora la mia vita spirituale
s’imborghesirebbe. Posso inoltre rimuovere il peccato, in tal caso vivrei da
fariseo. Ma dipendiamo in tutto e per tutto dalla grazia di Dio. La spiritualità dal
basso invita a vedere nel peccato un’opportunità per affidarsi totalmente a Dio.
Dobbiamo quindi lottare affinché Dio ci trasformi. Possiamo così presentarci nudi
23
e indigenti davanti al vero Dio e lasciarci rialzare dal suo amore.

La psicologia è anche cosciente del fatto che non esiste un profilo


psicologico, per discernere l’autenticità di una risposta vocazione vera né per
pronosticarne con certezza il successo o l’insuccesso. Si danno, pero, certi segni o
criteri: la retta intenzione e l’idoneità che presuppongono naturalmente l’assenza
di controindicazione. Il criterio di fondo per il discernimento psicologico è

23
Anselm Grün Meinrad Dufner “Spiritualità dal basso” Editrice Queriniana Brescia 2005. 2011
pag.52,54
24

composto da questi due fattori: retta intenzione e piena libertà. Poi c’ una
motivazione valida che equivale essenzialmente alla “retta intenzione”. È stata
descritta come il desiderio di una decisione piena alla gloria di Dio o come “la
volontà chiara e decisa di consacrarsi interamente al servizio del Signore”.

Ci sono diversi segni per scoprire se il candidato è mosso da valori


autentici, se manifesta abitualmente una rassicurante pace interiore e possiede la
capacità di gustare le gioie spirituali; se è anche capace di superare i dubbi, le
perplessità e le frustrazioni normali in ogni stato e di diventare sempre più aperto
e sensibile ai bisogni dei confratelli e del mondo. Le motivazioni insufficienti
sono proprie di vocazioni immature che ancora non possiedono né la piena libertà
interiore né la retta intenzione dominante. Tali motivazioni, a volte, sono parziali
e si riducono al desiderio di dedicarsi alle opere sociali o all’apostolato, altre volte
si caratterizzano per la direzione egocentrica, non solo di tipo materiale ma anche
di tipo sociale. Quando le motivazioni sono inconsce assumono generalmente due
forme basiche: la gratificazione vicaria, altre volte si tratta di una fuga difensiva,
di fronte alla paura del sesso, un altro tipo di motivazione, per sé buono, risultano
inadeguate per abbracciare la vita consacrata; l’espiazione dei propri peccati o per
la conversione di un famigliare o di una persona cara. Il criterio più rivelatore di
tali atteggiamenti s’incontra nell’origine indiretta della loro vocazione: essa quasi
sempre nasce non dall’urgenza di seguire più da vicino il Signore, ma dalla fuga
difensiva e dall’evasione da situazioni insoddisfacenti. Questo tipo di motivazioni
insufficienti in nessun modo costituisce una controindicazione, dato che esse
possono diventare sufficienti con il trascorrere del tempo e con gli aiuti opportuni.

Adesso preoccupa di più la mancanza di libertà interna prodotta da impulsi


desideri inconsci o da aspettative in palese contradizione con la vocazione. In
fondo, la carenza di libertà proviene dalle motivazioni insufficienti e inadeguate
che, all’insaputa del candidato, restringono le sue possibilità d’impegnarsi con
generosità nella realizzazione dei valori vocazionali; tali motivazioni prendono
generalmente un orientamento egocentrico: ricerca di affetto, di sicurezza, di
serenità, di una libertà immaginaria, di realizzazione personale e sociale e di
ansiosa urgenza di dominare gli altri. Gli atteggiamenti non liberi si fanno
manifesti osservando i meccanismi di difesa inconsci i quali evidenziano un
25

bisogno soggettivo di mascherare la debolezza o l’incoerenza intima con


autogiustificazione, proiezione dei sentimenti, trasferimenti dell’aggressività, per
poter salvare, in tal modo, la stima di sé e della propria dignità di fronte agli altri.
La necessità inconfessabile di tenerezza, la mancanza di controllo degl’impulsi
sessuali, i sentimenti d’inferiorità o di frustrazione. I sintomi della mancanza di
libertà sono: il ripiegamento su se stesso, la rigidità nelle presse di posizione, la
scarsa sensibilità per le necessità e per le urgenze del prossimo e del mondo,
l’indecisione verso i nuovi impegni e verso l’avvenire e uno stato generale
d’insoddisfazione o di aggressività per la carenza di gratificazione delle
aspirazioni genuine.

Le principali abilità e doti richieste, che in fondo equivalgono a una


maturità iniziale sono: maturità psichica; è costituita da quelle attitudini
intellettuali indispensabili per compiere gli studi adeguati al proprio stato e poi
assumerne l’impegni. Maturità affettiva; essa si manifesta, innanzitutto, nella
potenzialità di controllo degl’impulsi e dell’emozioni e genera una certa stabilità o
equilibrio affettivo e sentimentale. Maturità sociale; la crescita di questa
dimensione si rivela in una concreta armonizzazione tra le esigenze affettive
personali e quelle comunitarie. Maturità morale; si rivela nella capacità
d’integrare i valori della fede con quelle umane e nella facoltà di prendere delle
decisioni ponderate in base ai propri ideali e valori. 24

Da uno studio approfondito più recente della professoressa Laura Salvo ha


denotato questo accompagnamento psicologico anche come una relazione da
terapeuta a paziente ma in un cammino di fede, spirituale e ho considerato
importanti questa parte del suo lavoro: In una relazione terapeutica c’è una
collaborazione e l’alleanza che si crea tra terapeuta e paziente rende questa
relazione da informarle a formarle professionale, la ricerca da parte del paziente di
una persona che la può aiutare a comprendere la natura delle sue problematiche,
ad attenuare i suoi sintomi. Per tanto è necessario che il terapeuta oltre alla
formazione classica, abbia un cammino personale di fede, ed inoltre che abbia

24
“Psicologia e Vita Consacrata” Benito Goya. Edizione San Paolo Milano 1996 (Psicologia e
accompagnamento spirituale) pag. 40-53ss
26

fatto qualche corso di Teologia della vita consacrata, perché la fede, la preghiera e
successivamente le abilità sociali riempiono tutta la loro vita. Senza la fede
personale, un psicoterapeuta è solo un tecnico competente, serio, professionale,
aggiornato che sa lavorare i suoi disturbi, ma è opportuno, ad esempio, conoscere
il dinamismo del discernimento spirituale, altrimenti non si possono comprendere
i meccanismi di difesa che si attivano durante questo percorso e le insicurezze che
possono emergere, quando si va incontro a una professione perpetua u ordinazione
sacerdotale. Questi incontri sono sempre molto delicati, in quanto né terapeuta e
né il direttore può tradire il segreto del paziente ma entrambi possono dare una
valutazione del percorso senza mai entrare nel foro interno. La persona è un
sistema olistico su quattro dimensioni: mente, cuore, comportamento, spiritualità,
che devono stare in armonia, altrimenti si rischia che la persona agisca in modo
disfunzionale.
Se da un lato la consapevolezza favorisce scelte consce, cioè l’essere
presente a se stessi in ogni cosa che si fa, per un cristiano essere consapevoli
significa aver affrontato consapevolmente alcuni passaggi esistenziali, quali: aver
chiaro che non abbiamo in noi le ragioni ultime della vita; accettare l’irriducibile
solitudine che accompagna ogni scelta valoriale autentica; accogliere il proprio
essere limitato o, se vogliamo, la propria creaturalità. Cioè nella consapevolezza
che siamo limitati, che da soli non possiamo essere efficaci, e che non sempre è
possibile dare le risposte.
La stessa psicologia è una disciplina scientifica in continuo divenire, dal
momento che studia la persona nel suo continuo cambiamento in una società
complessa, che può portare l’uomo a “sincronizzarsi alla complessità del nuovo,
aprendosi alle sue sfide “. Quando un terapeuta lavora con pazienti consacrati
deve curare molto la sua formazione umana e spirituale, in quanto viene richiesto
una competenza che va al di sopra della tecnicità. Il terapeuta deve conoscere
bene la vita che fa il paziente, il modello carismatico, e le esigenze della
congregazione o della diocesi di qui fa parte. Fin dal primo colloquio, o
psicoterapeuta dev’essere empatico, accogliente per creare il clima che favorisca il
paziente e li permetta aprirsi e parlare del suo problema di cosa l’ha spinto a
chiede aiuto, deve esercitare un ascolto attivo, e un’osservazione attenta per
27

comprendere le fatiche della persona che, malgrado la relazione istaurata, sta


aprendo ad uno estraneo. Il terapeuta deve individuare la problematica e
descrivere il percorso terapeutico che dovranno intraprendere, la durata del
percorso, la frequenza delle sedute. Il linguaggio e le modalità di aggancio al
paziente variano seconda dell’età del paziente e del tipo di disturbo di qui esso
soffre. Altre due caratteristiche che il terapeuta deve possedere sono: la versatilità
data dalla conoscenza della psicopatia e dei protocolli d’intervento di applicare in
base alla problematica che vive il paziente e la capacità di avere un linguaggio
immediato, semplice, esplicito che consenta di avere una comunicazione chiara e
autentica.
La prima seduta è importante quanto per il paziente tanto per il terapeuta,
perché è l’incontro tra due universi sconosciuti che si osservano vicendevolmente
e decidono di percorrere insieme un tratto di galassia, in quanto al paziente gli
verrà data la lente per scoprire i suoi punti neri, ma anche le risorse da mettere in
campo e acquisire un maggiore controllo su se stesso. La motivazione che spinge
la persona a chiedere aiuto è spesso una sensazione di malessere pervasivo, di qui
non sempre riconosce la causa, che non li consente di vivere in armonia
intrapersonale ed interpersonale e svolgere efficacemente il suo servizio/lavoro.
Questa pressa di coscienza non è né immediata né indolore, infatti, la persona
prima di chiedere aiuto deve sentirsi incapace di risolvere da solo le sue difficoltà.
Una definizione di “saggio psicologico è la pressa di consapevolezza di un
problema di natura emotiva che si manifesta con profonda tensione,
preoccupazione e che genera un grado di insoddisfazione del vivere. La persona
nel suo vivere quotidiano deve esperimentare una condizione di disadattamento,
deve l’Io da flessibile diviene rigido e quindi inadeguato nel saper fronteggiare le
“diverse situazioni che li si presentano, perdendo il senso della propria unicità e
continuità. La persona si rende conto di stare male se durante lo svolgere del suo
impegno quotidiano, diviene confusa, perde il contatto con la realtà, quando non
riesce più ad assimilare nuove informazioni/processi e adattargli alla sua persona
in modo armonico. Spesso invece accade che la persona che sta male non è
consapevole del suo grado di malessere, ma è chi vive con la persona in
comunità/famiglia, o il suo superiore, o il direttore spirituale che si accorge ed
28

aiuta la persona a comprendere di non stare bene inviandolo ad un psicoterapeuta


di fede. Ma vi sono casi in qui è la formatrice o anche la superiora o una sua
consorella o confratello a rendersi conto che nella persona c’è qualcosa che non
va, mentre l’interessata/o non si rende conto.
Per il paziente è motivante ciò che sceglie lui, perché anche nel caso in qui
il terapeuta è consigliato, viene vissuto sempre come una forzatura e purtroppo
questa visione iniziale condiziona tutto il percorso, soprattutto nel creare
l’alleanza terapeutica.
Il terapeuta attraverso un ascolto attivi/empatico deve comprendere la
problematica del paziente e presentarle il protocollo che sarà necessario attivare
durante il percorso con la possibile durata, per apporre una soluzione di benessere
al suo malessere. Dal secondo colloquio inizia l’assessment dove si fa una
rilevazione dei dati psico-sociali della vita del paziente ed in base a ciò che
emerge si decide se utilizzare dei test psicodiagnostici. Dopo la somministrazione
e la lettura della relazione scaturita dall’analisi delle risposte ai quesiti, si fa la
restituzione al paziente. La chiusura di un percorso ha una duplice valenza: il
paziente ha acquisito la consapevolezza che adesso sta bene e può camminare da
solo, questo da un lato è liberante ma dall’altro ha paura di ricadere e vuole avere
la certezza che il terapeuta ci sarà sempre per aiutarlo; il paziente ha costruito con
il terapeuta un legame affettivo vero, che li mancherà quando non sarà più
presente nella sua vita e dev’essere accompagnato per non soffrire di questo
distacco. Un elemento che il terapeuta deve sempre tenere presente sono le sue
risorse emotive-affettive-relazionali-razionali e spirituali che ha in quel momento
storico della sua vita e quante ne può mettere in campo, altrimenti si rischia il
burn-out, allontanandosi da se stesso. Il terapeuta è una persona che non deve mai
distogliere lo sguardo da se stesso, perché dal suo benessere ne deriva quello dei
suoi pazienti e quindi è necessario che abbia un supervisore sui casi, uno su stesso
ed un direttore spirituale che lo aiuti a riconoscere i semi di Dio nella sua vita e a
crescere nella fede. L’equilibrio dev’essere armonico e stabile, il comportamento
coerente e pragmatico perché come indica il Vangelo “amerai tuo prossimo come
te stesso”, non si può amare Dio se non si amano i fratelli e non si ama se no si
mette in pratica ciò che ci dice, quindi fare psicoterapia con persone
29

consacrate/religiose è coinvolgente perché ti aiuta a crescere nella fede e nella tua


responsabilità di laico credente che si mette al servizio della chiesa per contribuire
alla sua crescita sana ed equilibrata, in tutto questo avendo sempre la
consapevolezza che i primi ad essere in cammino siamo noi!.

Nella sua conclusione dice che il terapeuta deve sempre tenere presente
che dal momento che nella relazione fin dall’inizio vi è una maggiore vicinanza
emotiva, non deve mai perdere la sua obiettività, né dare mai nulla per scontato,
dev’essere sempre attento e rigoroso nel rispettare il setting terapeutico, che è
costituito dalla “domanda del paziente, il ruolo del terapeuta, la simmetria della
relazione l’ambiente di riferimento, la durata della terapia, la modalità d’incontro,
il compenso”. Il terapeuta che lavora in ambito spirituale è molto più esposto,
primo per il suo rapporto con Dio che comunque la sua parte più intima della vita
e secondo perché può cambiare il contesto di riferimento delle sedute.
Per concludere i punti di forza di istaurare una relazione terapeutica in
ambito spirituale fiducia che sono: la facilita la velocità dell’alleanza terapeutica;
la stabilità di un legame che si costruisce rimane nel tempo; la capacità che il
paziente consacrato o sacerdotale ha nel fare introspezione e quindi accelerare il
risanamento delle ferite ed il percorso di psicoterapia; la crescita nella fede, lo
sperimentare la grazia ed il poter influire sul miglioramento di tante altre vite che
vivono al contatto con lui. Il terapeuta, lo aiuta a crescere sempre di più nelle
proprie competenze, conoscenze e capacità, ma a lo stesso tempo a mantenersi
umile per continuare a camminare con i piedi impastati di fango ma con lo
sguardo sempre puntato verso il cielo. 25
Nella conclusione di questo lavoro sia la proff. Tagliafico che la proff.
Salvo hanno realizzato, quindi riporto parte di questa conclusione; Il tema
dell’accompagnamento spirituale e della relazione terapeutica, possiamo
affermare che la psicologia, nei vari modelli con qui viene applicata, offre alla
fede cristiana un punto di appoggio che richiama da vicino gli intenti originali a
cui quest’ultima s’ispira. Infatti, entrambe hanno a che fare con una stessa persona

25
Quaderni di studi “Cristo è la pienezza” la formazione cristiana tra accompagnamento spirituale
e relazione terapeutica. A cura di Laura Salvo e Angela Tagliafico. Roma: Ateneo
Pontificio Regina Apostolorum, 2017 pag 52,53.
30

che crede, spera e ama. È l’essere umano con tutte le sue facoltà di ordine
intellettuale spirituale e psichico, ma anche con tutti i suoi limiti, colui che si
mette alla sequela di Cristo, egli è il soggetto principale sia dello studio teologico,
sia dello studio psicologico. La vocazione dell’uomo a dialogare con Dio e ad
amare i valori evangelici, non può attuarsi senza la sua responsabilità e la sua
capacità di decisione. Dio infatti, agisce rispettando la libertà degli uomini,
aiutandolo a utilizzarla meglio e a rivolgersi a Lui con sempre maggior impegno.
Con l’aiuto della psicologia si può aiutare la persona a raggiungere una maggior
libertà concreta e una migliore disponibilità a seguire Cristo, la fede cristiana non
può che trarne vantaggio.
Dal punto di vista teologico, la critica positiva alla psicologia consiste nel
riconoscere l’apporto rilevante che tale scienza può fornire alla crescita spirituale
del credente e nel farla propria, in quanto rappresenta un progresso autentico delle
nostre conoscenze (Gaudium et Spes. 36).

Per questo è necessario che i valori di fondo della psicologia siano


compatibili con la fede cristiana, al fine di aiutare la crescita spirituale della
persona.
Il senso ultimo del cristianesimo nel formare uomini e donne che siano per
Dio e per gli altri, nell’imitare Gesù il Figlio di Dio, Colui che è l’uomo per gli
altri, per eccellenza. La relazione con Dio dipende dalla santa e buona relazione
che l’uomo vive con se stesso, e dell’equilibrio che riesce a mantenere nella vita
sociale. La persona con difficoltà psicologica, non riesce a mantenere la
concentrazione durante la preghiera si distrae facilmente e fatica a mantenere il
silenzio per spazi lunghi, quasi impossibile fare introspezione, per tanto è
necessario ristabilire comprendere, cosa disturba la persona, per ripristinare un
sano contatto con se stesso, con Dio e con gli altri. La grazia divina non agisce
indipendentemente, ma “nella” ed “attraverso” la realtà umana, ivi inclusa la
realtà psichica dell’uomo, in tutta la sua complessità. Bisogna quindi, pensare che
la relazione tra psicologia e teologia, non consista in un “aut aut”, ma in un “sia
sia”.
31

Quanto più si tengano presenti le proprietà specifiche dei due ambiti, la


psiche dell’uomo e il suo rapporto con Dio, tanto più è possibile ottenere un
fecondo e ricco vantaggio reciproco. La psicologia tenta di vedere se i singoli
eventi scaturiti dall’azione divina sono compatibili con la natura della persona e
soprattutto la sostiene per farla conciliare con quanto il Signore le chiede.
Possiamo e dobbiamo affermare che dal punto di vista differenziato la teologia e
la psicologia possono completarsi, e solo in quest’ultima accezione esse potranno
portare avanti quel dialogo che promette, allo stato attuale, un arricchimento
fecondo e reciproco al servizio di tutti coloro che desiderano compiere un
autentico cammino di crescita umano e spirituale. 26

26
Quaderni di studi “Cristo è la pienezza” la formazione cristiana tra accompagnamento spirituale
e relazione terapeutica. A cura di Laura Salvo e Angela Tagliafico. Roma: Ateneo
Pontificio Regina Apostolorum, 2017 pag. 173-176
32

CONCLUSIONE

Al termine di questo breve elaborato, ho trovato l’importanza di seguire


nella vita di ogni cristiano un cammino spirituale ed essere accompagnato da una
buona guida.

Il nostro cammino è indirizzato verso la santità e ho trovato diversi santi


uomini e donne che hanno guidato spiritualmente anime bisognose. Nell’ambito
della storia non solo era per gli uomini l’avere la grazia di poter guidare
spiritualmente ma anche l’importanza della donna e questo anche è molto
importante per i bisogni della nostra società e anche nel cammino di formazione
per la vita sacerdotale e religiosa. Ed è importante essere guidato come guidare
ogni persona che si ci avvicina a portarla ed essere portati verso l’unico cammino
appunto verso la santità nella sequela di Cristo.

Il mondo, la nostra società ci sta portando a un tipo di vita della materialità,


dei mass media e molto lontani dal guardarci in fondo. Penso che i giovani d’oggi
abbiano bisogno di sentire, di sperimentare queste proposte di parlare, di sentirsi
anche accolti e ascoltati e che possano anche conoscere un cammino spirituale e
che sicuramente sarà molto importante per la loro vita e il loro futuro.

E non è tutto una guida spirituale c’è bisogno anche nella parte psicologica e
questo lavoro mi ha aperto gli occhi a pensare così perché sia la guida spirituale
che la guida psicologica soprattutto nel tempo di formazione per la vita consacrata
e sacerdotale vanno della mano, e che mi hanno aiutato ad essere più coerente
nella scelta e nel vivere la vita quotidiana in relazione con me stessa, con gli altri e
con Dio. E considero che anche tutti i cristiani potrebbero anche vivere la stessa
33

esperienza che anch’io ho vissuto e che le aiuterà ad essere persone migliori e


poter cambiare la nostra società.

È difficile certamente trovare un direttore o una direttrice spirituale e per


quello c’è bisogno di pregare chiedere la grazia di trovare la persona giusta che ci
possa guidare verso Dio. E certamente bisogna anche pregare per tutte le persone
che guidano sia spiritualmente che psicologicamente perché siano mezzi giusti per
il cammino verso la santità.
34

BIBLIOGRAFIA

FONTI

Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla chiesa Lumen


Gentium del 21 novembre 1964
Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo 7 dicembre 1965.
Gaudium et Spes. 36

Dalla Lettera Pastorale del 2/X/2011 nella quale Mons. Javier Echeverria tratta
qualche aspetto della formazione per la vita spirituale e la nuova
evangelizzazione. (tradotto dallo spagnolo all’italiano) Carta pastoral Mons.
Javier Echevarría Prelado del Opus Dei Roma, 2-X-2011

SUSSIDI

Dizionario Teologico della Vita Consacrata Edizioni Ancora Milano (Titolo


originale “Diccionario Teologico de la Vida Consagrada” publicaciones
Claretianas 1992. Madrid )

STUDI

Anselm Grun., L’accompagnamento Spirituale nei padri del deserto Edizioni


Paoline Torino 2005.

Luce e guida nel cammino. Manuale di direzione spirituale Benito Goya. EDB
Bologna 2008 Cap. 2 caratteristiche della direzione spirituale.
Giuseppe Forlai “La Compagnia dello Spirito”. Breve introduzione alla
Direzione Spirituale. Gruppo Editoriale Città Nuova Febbraio 2017

Luis M. mendisàba (Direzione spirituale spagnolo) “Direccion Espiritual teoria y


practica” Biblioteca de Autores Cristianos. Madrid - MMVII
Quaderni di studi “Cristo è la pienezza” la formazione cristiana tra
accompagnamento spirituale e relazione terapeutica. A cura di Laura Salvo e
Angela Tagliafico. Roma: Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, 2017
35

INDICE
INTRODUZIONE 3

I. STORIA DELLA DIREZIONE SPIRITUALE 5

II. METODO DELLA DIREZIONE SPIRITUALE 11

III ACCOMPAGNAMENTO PSICOLOGICO 16

CONCLUSIONE 30

BIBLIOGRAFIA 34

INDICE
35

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