È ben noto che uno degli elementi più caratteristici che la teologia bibli-
ca contemporanea ha offerto al rinnovamento della teologia dogmatica è
quello di una più decisa ripresa della questione — già presente nella rifles-
sione dei Padri della Chiesa — della creazione in Cristo, che si è mostrata ca-
pace di ridare alla dottrina della creazione la sua collocazione originaria-
mente teologica.1
Nel contesto del dialogo tra le culture e le religioni a cui siamo chiamati
in un modo speciale nell’odierna situazione, il cristianesimo si sente certa-
mente portatore di una pretesa universale di verità, nella misura in cui affer-
ma che solo in Cristo si trova la salvezza dell’uomo e del mondo, perché solo
Lui è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,10). Questo implica senza dubbio che la
relazione di Cristo con la creazione non è affatto estrinseca, bensì che, come
affermano le diverse tradizioni neotestamentarie, tutto è stato fatto in Lui, per
mezzo di Lui, in vista di Lui (cfr. Col 1,15-18; Gv 1,3; 1 Cor 8,6; Eb 1,2; Ef 1,10).
Il cristiano, forte della grazia dello Spirito Santo, non esita ad annunciare agli
uomini che «la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana»2 si trova in
507
Santiago Sanz Sánchez
Gesù di Nazaret, il Figlio eterno del Padre che è venuto nella nostra carne.
Non ci sono quindi un’uomo o un mondo alieni, indipendenti dalla loro
chiamata ad essere figli di Dio in Cristo. Alla fine di un noto saggio sul cristo-
centrismo, il Cardinale Giacomo Biffi — citando il teologo Inos Biffi — ha
spiegato questa idea in un modo forte e pressante: «Non c’è dimensione o
aspetto dell’essere concreto che sia estraneo, quasi “indenne”, rispetto a Gesù
Cristo o indipendente dalla sua relazione con lui. Non esiste un ordine “natu-
rale” “di fronte” ad un ordine “soprannaturale”. Tutto — di fatto — è “nella
grazia”. Tutto è stato chiamato a esistere perché Dio anzitutto ha chiamato
all’esistenza l’umanità del suo Figlio, “Primogenito di ogni creazione” (Col
1,15-17): questo comunicarsi estremo di Dio — il Figlio fatto uomo — questa
“grazia”, spiega ogni “natura”, che si trova a esistere “per grazia” e “in grazia”
(cfr. 1Cor 8,6)».3
Nel contesto del dialogo del cristianesimo ad extra, in cui ci siamo collo-
cati fin dall’inizio, questa netta affermazione potrebbe apparire ad alcuni al-
meno fideistica. Infatti, se si dichiara che solo in Cristo trovano senso la real-
tà e l’esistenza umana, sembrerebbe chiudersi la possibilità di affermare valori
e principi fondamentali da parte di chi non condivide la nostra fede nel Si-
gnore. Questa è la preoccupazione che porta il Cardinal Cottier a denun-
ciare — nel rispondere a una domanda sulle confusioni che si possono rin-
tracciare nell’odierna teologia cattolica — l’inadeguatezza di un pensiero
teologico che denomina “pancristismo”, e che descrive in questo modo: «Un
sistema teologico che assorbe tutta la realtà in Cristo finisce per fare di Cristo
una sorta di postulato metafisico dell’affermazione di valori umani. E ci
rende incapaci di fare dialogo serio, anche a livello dei diritti dell’uomo. E
poi, dire che tutti sono già di Cristo, lo sappiano o no, può rendere inutile la
missione […] Se tutto è grazia, non c’è più grazia».4
all’uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione;
né è dato in terra un altro Nome agli uomini, mediante il quale possono essere salvati.
Essa crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta
la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà
immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri,
oggi e nei secoli. Così nella luce di Cristo, immagine del Dio invisibile, primogenito di
tutte le creature il Concilio intende rivolgersi a tutti per illustrare il mistero dell’uomo e
per cooperare nella ricerca di una soluzione ai principali problemi del nostro tempo».
3. I. Biffi, Progettati in Cristo, Milano 1993, 14; citato da G. Biffi, Approccio al cristocentris-
mo, Milano 1994, 94.
4. G. Cottier, Se tutto è grazia, non c’è più grazia, intervista di Gianni Valente, «30 Gior-
ni», 22/3 (2004) 24-32; qui, 31, dove si legge anche quanto segue: «La rinuncia a distin-
guere ciò che è distinto porta alla confusione e nega quello che magari in principio si vo-
508
La creazione in Cristo nella teologia dogmatica contemporanea: una proposta di sintesi
«In lui (ἐν αὐτῷ) sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle
sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili […]. Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui (δι᾽ αὐτοῦ) e in vista di lui (εἰς αὐτόν). Egli è prima di tutte
le cose e tutte sussistono in lui (ἐν αὐτῷ)» (Col 1, 16-17). Prenderò come pun-
to di partenza questi noti versetti, appartenenti all’inno cristologico della Let-
tera ai Colossesi5 perché solo qui troviamo insieme le tre preposizioni con le
leva difendere. Se tutto è grazia, non c’è più grazia […]. Ci sono valori umani religiosi
molto rispettabili, ma non vuol dire che sono salvifici. Sono di un ordine diverso rispetto
alla grazia di Cristo che salva. Forse a volte la distinzione tra grazia e natura è stata pre-
sentata male, come se fosse sovrapposizione della grazia sulla natura. Che non è mai il
pensiero di Tommaso. La grazia opera dal di dentro della natura. Ma la natura ha la sua
consistenza propria».
5. L’inno di Col 1,15-20 è stato oggetto di numerosi commentari nelle ultime decadi. Cfr. P.T.
O’Brien, Colossians. Philemon (WBC 44), Waco, TX 1982, 31-63, con ampia bibliografia
(31-32), ovviamente fino a quel momento. Qui seguiamo il commento più recente di J.-N.
Aletti, Lettera ai Colossesi. Introduzione, versione e commento, Bologna 1994, 83-107, che
509
Santiago Sanz Sánchez
si orienta verso il carattere innico, anziché di confessione di fede, del testo (cfr. 84ss.); in-
oltre, questo autore ha studiato in dettaglio il brano in questione, con riferimento alla te-
matica sapienziale, in Idem, Colossiens 1-15-20. Genre et exégèse du texte. Fonction de la te-
matique sapientelle, Roma 1981.
6. Per una visione d’insieme e commento teologico dei principali testi del NT su Cristo e la
creazione, cfr. F. Mussner, Creazione in Cristo, in Mysterium Salutis. Manuale di Teologia
come Storia della Salvezza, IV, Brescia 1970, 77-88; si può vedere anche L. Scheffczyk,
Schöpfung und Vorsehung, Freiburg im Breisgau 1963, 13-23.
7. Cfr. Aletti, Lettera, 93-94, che cita J. Huby: «in lui tutte le cose sono state create come
nel centro supremo di unità, di armonia, di coesione, che dà al mondo il suo senso, il suo
valore e perciò la sua realtà» (J. Huby, Saint Paul. Les épîtres de la captivité, Beauchesne,
Paris 19472, 40; citato in Aletti, Lettera, 94).
8. Su questo tema, cfr. i miei studi citati a nota 1.
510
La creazione in Cristo nella teologia dogmatica contemporanea: una proposta di sintesi
511
Santiago Sanz Sánchez
14. Si veda soprattutto C. Westermann, Creazione, Brescia 1974; e anche Idem, Teologia
dell’Antico Testamento, Brescia 1983.
15. Cfr. Sanz, La relación, 31-38, 205-259.
16. J. Auer, Piccola dogmatica cattolica 3: Il mondo come creazione, Assisi 1977, 663-667.
17. G. Colombo, La teologia della creazione nel XX secolo, in R. Van Der Gucht – H. Vor-
glimler (cur.), Bilancio della Teologia del XX secolo, III, Roma 1972, 44-66.
18. Auer, Il mondo, 666.
19. Ibidem.
512
La creazione in Cristo nella teologia dogmatica contemporanea: una proposta di sintesi
513
Santiago Sanz Sánchez
514
La creazione in Cristo nella teologia dogmatica contemporanea: una proposta di sintesi
che l’ἐν iniziale non comporta strumentalità, ma solo che l’azione creatrice è
impregnata dalla presenza del Figlio, presenza di cui le altre preposizioni
spiegano le modalità attive. Ritengo importante questo dato, perché non di
rado, nelle diverse interpretazioni teologiche, l’ἐν ha preso il sopravvento
sulle altre preposizioni — che in realtà sono più presenti negli altri testi del
NT — le quali sono state messe (forse troppo velocemente) in un secondo
piano.26
La prospettiva dell’«in Cristo» viene così sviluppata: tutte le cose sussi-
stono in Cristo perché sono state fatte in lui in quanto Verbo eterno, per mez-
zo del quale il Padre crea. I testi neotestamentari ci portano dunque a un cri-
stocentrismo trinitario, cioè ad affermare che la sussistenza in Cristo di tutte
le cose si deve in’ultima analisi alla sua appartenenza primaria alla realtà tri-
nitaria. La prospettiva storico-salvifica dell’«in Cristo» porta di conseguenza
alla prospettiva trinitaria, secondo il classico schema caro ai Padri del rappor-
to fra economia e teologia.27 Così è stato anche nello sviluppo della contem-
poranea teologia della creazione, che, insieme e dopo la ripresa della dimen-
sione cristologica della creazione, è andata oltre, recuperando il cosiddetto
principio trinitario della creazione, già presente nella migliore tradizione teo-
logica patristica e medievale, che mette in rapporto il ruolo del Figlio e dello
Spirito nell’atto creatore.28 In questo senso giova ricordare, fra le altre,
l’espressione di Sant’Agostino, secondo la quale unus mundus factus est a
Patre per Filium in Spiritu Sancto,29 e quella medioevale di San Tommaso —
ampliamento di alcuni punti presenti in Sant’Alberto Magno e San Bonaven-
tura — che dice: processiones personarum aeternae sunt causa et ratio totius
productionis creaturarum.30 Qui viene spiegata la mediazione creatrice del
26. Così sembra ad esempio in G. Barbaglio, Creazione. Messaggio biblico, “Nuovo Diziona-
rio di Teologia”, Cinisello Balsamo 1977, 210-211.
27. Su questo punto, cfr. G. Maspero, L’uso del termine θεολογία nella patristica e la sua di-
mensione storico-salvifica, «Annales theologici» 19 (2005) 323-361.
28. Per uno status quaestionis, si veda del Cura Elena, Creación “ex nihilo”, 55-130. Anche se
esula dal nostro compito, bisogna almeno rilevare che la dimensione pneumatologica del-
la creazione è stata messa in risalto negli insegnamenti di Giovanni Paolo II (cfr. F. de
Domingo, Dimensión pneumatológica de la creación en la enseñanza de Juan Pablo II,
Tesi di dottorato, Pontificia Università della Santa Croce, Roma 2006); in ambito prote-
stante, Pannenberg ha sviluppato questo punto in dialogo con le scienze, avanzando pro-
poste che hanno suscitato il dibattito: cfr. V. Maraldi, Lo Spirito Creatore e la novità del
cosmo, Milano 2002, 109-148; 202ss.
29. Sant’Agostino, In Evangelium Ioannis 20,9 (PL 35,1561); cfr. De Trinitate 1,6,12 (PL
42,827).
30. Super Sent., lib. 1, d. 14, q. 1, a. 1, co.
515
Santiago Sanz Sánchez
Verbo in analogia con la sua processione all’interno della Trinità per modum
intellectus, e quindi viene appopriata a Lui, sempre in sintonia con la preposi-
zione διά (per), la causalità esemplare.31 Così si supera ogni rischio di inter-
pretazione strumentale del διά, e si afferma un particolare rapporto delle cose
create al λόγος, che è la ratio factiva — per utilizzare l’espressione dell’Aqui-
nate — delle cose che Dio fa.32 Viene ulteriormente chiarito il senso dell’ ἐν
αὐτῷ, che, se da una parte ha di sicuro come referente il Cristo, dall’altra ri-
manda immediatamente alla Sua divinità, in quanto è proprio ed esclusivo di
Dio creare e conservare nell’essere le creature.33
b) L’ultima delle preposizioni che dobbiamo prendere in considerazione
indica la finalizzazione a Cristo di tutta la realtà creata: «tutte le cose sono
state create per mezzo di lui e in vista di lui (εἰς αὐτόν)» (Col 1,16). Non è irri-
levante riportare il fatto che, mentre la Vulgata traduceva in modo impreciso
in ipso, la Neovulgata ha tradotto invece in ipsum, il che è più fedele all’origi-
nale greco, dove si impiega l’accusativo, e quindi rispetta il senso dinamico, di
finalità, dell’espressione.34 Secondo Aletti, quest’ultima preposizione indica
un andare oltre lo sfondo sapienziale (mai viene detto che tutto fu creato εἰς
σοφίαν), e ammette un’interpretazione sia nel senso di una finalizzazione cri-
stologica della creazione, sia semplicemente nel senso di sostenere che tutto
fu creato per essere sottomesso al Figlio.35
In realtà, queste interpretazioni non si oppongono fra di loro, ma si capi-
scono anche alla luce di altri brani del NT. Infatti, qui ci viene data la ragione
ultima del progetto divino iniziatosi con la creazione, cioè l’incarnazione re-
dentrice del Verbo; con essa si rivela il disegno di Dio di «ricapitolare in Cri-
sto tutte le cose» (Ef 1,10), che averrà alla fine dei tempi, nell’escatologia,
31. Per una esposizione dettagliata del principio trinitario della creazione nel Dottore Ange-
lico, cfr. gli studi di G. Marengo, Trinità e Creazione. Indagine sulla teologia di Tommaso
d’Aquino, Roma 1990; e G. Emery, La Trinité Créatrice. Trinité et création dans les com-
mentaires aux Sentences de Thomas d’Aquin et des ses précurseurs Albert le Grand et Bona-
venture, Paris 1995. Più brevemente, si veda il mio articolo Fe y razón ante el misterio de la
Trinidad creadora según Santo Tomás, «Scripta Theologica» 36 (2004) 911-929.
32. Cfr. Summa Theologiae, I, q. 34, a. 3. Cfr. anche F. Ocáriz – A. Blanco, Rivelazione, fede
e credibilità. Corso di Teologia Fondamentale, Roma 2001, 55.
33. Cfr. ibidem, 56.
34. Cfr. ibidem.
35. Cfr. Aletti, Lettera, 96, dove si rileva anche il fatto che gli homologoumena paolini usa-
vano εἰς αὐτόν solo per il Padre, ma che questa progressione cristologica (analoga a quel-
la già vista per altri testi) non è fatta in detrimento del Padre, poiché l’inno non ragiona
in termini di concorrenza, ma pone piuttosto la questione del mediatore.
516
La creazione in Cristo nella teologia dogmatica contemporanea: una proposta di sintesi
517
Santiago Sanz Sánchez
solo due noti esempi, è il rischio del cosiddetto cristomonismo di Karl Barth,
e anche, in campo cattolico, del pensiero evolutivo (tra l’altro così ricco di
suggerimenti) di Teilhard de Chardin, tendente a presentare la storia della
salvezza in chiave di un processo quasi-necessario. Come sostiene Cottier, un
certo influsso dell’idealismo non è stato estraneo alla teologia cattolica in
questo punto. Se si arrivasse a parlare di Cristo, ad esempio, come principio
metafisico della realtà, sarebbe molto difficile in questa prospettiva conti-
nuare a trovare uno spazio per la distinzione di ambiti, tra natura e grazia, tra
fede e ragione, che faccia vedere anche la novità dell’evento Cristo nella storia
della salvezza. Per non parlare della problematicità della prospettiva di an-
dare oltre e affermare un carattere creatore anche all’umanità di Cristo.
Invece, a me pare che l’odierna situazione ci suggerisca un’altra sensibili-
tà, quella del dialogo. Se partiamo subito dall’affermazione che solo in Cristo
c’è il fondamento di tutto, la strada per il dialogo sui valori permanenti sem-
bra chiusa per tante persone che non condividono la nostra fede. Tante volte
occorre invece ragionare e poggiare gli argomenti sulla natura dell’uomo e
delle cose. E questo perché, in ultima analisi, la nuova creazione in Cristo
non distrugge la prima, che è stata fatta anche in Lui, λόγος eterno del Padre,
ma la eleva e porta a compimento. L’emergere con forza del recente dibattito
sulla legge naturale, nonché gli interventi di Benedetto XVI volti a sottoli-
neare il legame fra fede e ragione, sembrano confermare questa linea.39
La mia proposta è dunque sviluppare una dimensione del cristocentris-
mo per così dire complementare: quella che vede il cristocentrismo come
fondante sia dell’autonomia della realtà creata sia anche del cammino che
dalla nostra ragione porta a Dio. L’itinerario dalle creature al Creatore (già
presente in Sap 13,1-9 e anche segnalato da Paolo in Rm 1,18-20) non viene
annullato da Cristo: il libro della natura continua ad essere aperto a tutti co-
loro che vorrano leggerlo, anche se sarà pienamente compreso solo alla luce
del libro della Scrittura (e addirittura, del libro della croce).40
Insomma, la comprensione più profonda della realtà ci viene dal cristo-
centrismo della Rivelazione; ma questo non annulla il fatto che, appunto per-
ché Cristo è il λόγος eterno del Padre e principio dell’intelligibilità del reale,
39. Cfr. Benedetto XVI, Fede, ragione e università (Discorso a Ratisbona), 12-IX-2007; Di-
scorso ai partecipanti al IV Convegno Nazionale della Chiesa Italiana, Verona, 19-X-2006;
Angelus, 28-I-2007; ecc.
40. Cfr. Giovanni Paolo II, Enc. Fides et ratio, 14-IX-1998, n. 19. Sulla metafora dei libri, cfr.
G. Tanzella-Nitti, The Two Books Prior to the Scientific Revolution, «Annales Theologi-
ci» 18 (2004) 51-83.
518
La creazione in Cristo nella teologia dogmatica contemporanea: una proposta di sintesi
questo vuol dire che ci sono dimensioni di λόγος riconoscibili anche da chi
non accetta Cristo o non ha la fede in lui, perché sono presenti nella crea-
zione fatta appunto nel λόγος e per mezzo del λόγος. In altre parole, il «rap-
porto delle creature al Verbo, il λόγος divino, è alla radice stessa della logica
del mondo: della sua verità, della sua intelligibilità e, quindi, del suo essere
punto di partenza della conoscenza naturale di Dio da parte dell’uomo».41
Noi cristiani viviamo tutto questo non separando due aspetti (da un lato
la nostra fede e dall’altro la nostra ragione), ma in quella che è stata chiamata
«unità di vita».42 Questo però non toglie niente al fatto evidente che, anche in
vista del dialogo, possiamo e dobbiamo distinguere dimensioni e valori fon-
damentali della realtà che, avendo il loro ultimo significato in Cristo Reden-
tore, hanno anche aspetti di intelligibilità che poggiano sulla loro creazione
nel λόγος.43
In definitiva, l’interpretazione teologica del dato neotestamentario della
creazione in Cristo, per mezzo di Lui e in vista di Lui, deve evitare, a mio
modo di vedere, gli estremi dell’intrinsecismo e dell’estrinsecismo. O meglio,
detto in un modo positivo: deve unire senza confondere, e distinguere senza
separare: non è questa in fondo la forma cristiana di pensiero, la forma di
pensiero dei Padri di Calcedonia nel formulare, certamente nei limiti delle
nostre povere parole, il mistero del Cristo?
41. Ocáriz – Blanco, Rivelazione, 55, che fa riferimento a J. Ratzinger, Creazione e pecca-
to, Paoline, Roma 1986, 18-20; è infatti questo, la Ragione creatrice, un tema molto caro
all’attuale Pontefice: cfr. i testi citati sopra (nota 39).
42. Si tratta di un’espressione molto cara a San Josemaría Escrivá. Per una riflessione teologi-
ca ad essa ispirata, cfr. A. Aranda, La lógica de la unidad de vida. Identidad cristiana en
una sociedad pluralista, Pamplona 2000, specialmente 121ss.; si veda anche G. Tanzella-
Nitti, Perfectus Deus, perfectus homo. Riflessioni sull’esemplarità del mistero dell’Incarna-
zione del Verbo negli insegnamenti del Beato Josemaría Escrivá, «Romana» 25 (1997)
360-381.
43. Nel contesto dell’odierno recupero in teologia dell’armonia fra la prospettiva metafisica e
quella biblica, e per quanto riguarda le diverse proposte di elaborare una ontologia trini-
taria, sono interessanti le osservazioni suggerite da M. Levering, Scripture and Metaphy-
sics. Aquinas and the Renewal of Trinitarian Theology, Oxford 2004.
519