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SCRITTORI D'ITALIA
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LE PIACEVOLI NOTTI
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PIACEVOLI NOTTI
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TfPO GRAFl-EDITORl · LlBRAl
PROPRIETÀ LETTERARIA
PRO I
Cas · ndrino, fa sis imo ladro ed a mico del pretor.:: dt Peru .1, lt fura
il letto ed un suo ca atl leard o; indi, a ppresentatoli pre' e erino
in un accone le ato, diventa uom da hene e di r n maneggio.
. 1 parti.
Pre' carpacifico, da tre malandrini una ol olta gabbato, tre fiat gabha
loro; e finalmente ittorìo o con la ua ina lietamente rimane.
(CATER ZZA:)
- Il fin
della fa ola da Alterìa precedentem nte raccontata
m1 da materia di dovere racc ntarne una, la quale i fia non
men piacevole eh grata; ma sara differente in uno: che in
quella pre' e erino fu da Ca andrino gabbato, ma in questa
pre' Scarpacifico piu olte gabbò oloro che lui gabbare cre-
de ano, i come nel di or della mia fa ola a pieno inten-
der te.
A re l mola, citta \ endiche ole ed a' tempi nostri dall e
arti qua i ridotta all'ultimo terminio, trovasi una illa, chi a-
mata Postema, nella cui chi a ufficia a nei tem pi pa sati un
prete , nominato pre' ar pacifico, uomo n l ero ricco, ma oltre
modo mi ero ed avaro. ostui per suo go erno tene a una
f mina caltrita ed a ai agace Nina chiamata· ed era si ave-
duta, che uomo non si tro a a, che ella non ardis di dirli
ciò che bisognava. E perché el la era fedele e prudentemente
go ernava le co e ue la teneva molto cara. Il buon prete,
mentre fu giovane, fu uno di quelli gagliardi uomini che nel
territorio imole e i trova se· ma giunto all'estrema ecchiezza,
non pote a piu apportare la fatica el camminar a piedi.
Laonde la b uona femin piu e piu volte lo persuase che un
c vallo comperar do e se, acci · che nell'andar tanto a piedi
la vita ua innanzi ora non terminasse.
Pre' carpacifico into dalle preghiere e dalle per uasion i
della sua fante, e ne andò un giorno a l mercato; e adocchiato
un muletto che alle bisoo-ne sue parevali convene ole per ette
FA OLA TERU. 33
(E RITREA:]
(A !ANNA:)
•
l'A OLA PRI 1A
Fil e nio Sisterna, colare, in Bologna v ien da tre belle donne beffato , e<i
egli con una fi nta festa di ciasched una i vendica.
[ANTONIO MoLINo:]
arlo d' nmmo am. Te d ia, ed Ila non ma lui, p rciò che ave a a
io la · r "nita pr m cr d ndo i arlo con violenza abbrac-
ciarla, in vece di lei abbraccia pentole, caldaie, chidoni e covigli;
e tutt di ner tinto, da' propi ervi iene fieramente battuto.
[ LIONO :]
ri imo mpare dall ' a ello? ·on apet voi quanti tri onfi
a biamo fatti in ieme? - eh compare , - di e aJlora me ser
parino -che fate v i qua dentro a tormentare il corpo
di ue to mi r duca? - l non ·e 'l o !io ire - r i po,e
il em nio ; - andate via , e pi u non mi m le tate , percì che
mai io n on stetti me li di qu Il h' io mi trovo ad ora. -
Allora me r asparino tanto l ongiur , che di n
fu costrett il emonio a raccontarli minutamente la au a per
la qual era partito alla mo lie d entrat n l orpo del duca .
i e m r a parino:- caro mio compar , n n volete
armi un grand iacere ? - "' he? - di se il demonio . -
ire di que to corpo,- di e me er asparino,- e no n
d rli piu n ia. - Deh, compare - di il demonio , - voi mi
a rete un g ran pazzo a diman armi cotal co a; perciò he tant
r frigeri tro o qua dentro , che meglio imao-inar non mi po-
tr i. - Di e m ser a parino: - Per la fede di compare che
è tra n i, vi pr go eh mi v bliat compiacere per questa fiata;
perci eh e quinci non vi partite , io rimarrò di vita privo. e
vo i della mia morte sar te ca ione. - Rispose il d m nio: -
n è oggidi n el mond la 1 iu tri la c lerata f de quanto
quella d l mpare e voi ne morirete, il danno fia vo tr
n n m io. h e de i der io altro che ve d r i nel fondo de Il ' i n-
fe rnal abi s ? D evate oi es er piu prudente e sa,·i e ten re la
lingua tra' nti, perci che un buon ta ere non fu mai critto. -
Ditemi almeno, ompare, - di e messer asparino,- chi fu
c lui che in tanto trava lio vi pu se? - Abbiate pazienza, -
rispo e il monio, - perciò eh non po né ve lo voglio
ire . Or partit vi di qua , e non a ttate altra rispo ta da
m e. ua i mezz deo-nato , la ciò il duca più morto
che v1
endo do alquanto pazio il duca rivenuto , di m s er
asparino:- i nor duca state di b on animo , eh tosto en-
tirete la o tra liberazi ne. lo non oo-lio altro er ra da · i ,
·e non che fate che domattina s'appre entino al palazzo tutti
1 musici e onat ri e che sonino tutte le campane della terra
iano tratte tutte le artigliarie della citta, che un itam nte
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on passorono molti giorni, che 'l poverello duca nel suo pri-
stino stato rivenne e .ricuperò le smarrite forze. E non volendo
esser d'ingratitudine accusato, chiamò messer Gasparino , e
d un bellissimo castello signore lo fece, dandoli molta quan-
tità di danari e serventi che lo servisseno; ed al dispetto de
gli in idiosi il buon messer Gasparino con felice e prospere-
vale stato lungamente visse. E madonna ilvia, vedute le sue
vestimenta e gioie e anella in cenere e fumo converse, tra pochi
giorni disperata miseramente mori.-
F L V.
[VICENZA:)
egar non si può, ezzo e donne, che amore per sua na-
tura gentil non ia: ma rade volte ci concede glorio o e felice
fine. i come avenne a messer implicio de' Ro i innamorato ;
il quale, redendo i god re la per ona da lui cotanto amata,
i parti da lei carico di tante bu e, quant mai uomo pote se
portare. Il che ara vi apertamente noto, e alla mia favo la,
che ora raccontarvi intendo, benigna a udienza , come è di
tume vo tro , pre tarete.
Ila' illa di santa Eufemia , p ta sotto ampo an Pietro ,
terr itorio della celebr e famo a citta di Padova , gia gran tem po
fa , abitava Ghiretto canferla, uomo per ontadino a ai ricco
e otente, ma edizio o e partigia no ; d aveva per moglie una
g iovane, Giliola per nom chiamata la quale , per femina di
villa, ra da tutti belli ima riputata. Di co tei caldamente
'innamorò implicio de' Ro si, cittadino padoano. E perché
egli a e a la ua ca a i in a a quella di Ghiretto , con sua
moglie, che era gentile, acco tumata e bella, per diporto in con-
tado s ente se n'andava. E quantunque la moglie ave se molte
condizioni che Ja face ano grande, nondimeno egli poco di lei
si curava. tanto era dell 'amore di Giliola acce o, che n · di
giorno né di notte non ape a che fu se riposo alcuno. Questi
tene a l'amor suo nascosto nel suo cuore , né o ava in maniera
alcuna scoprirlo , si per temenza del marito e per la buona vita
di Giliola , i ancora per n n dar andalo alla prudente mogli e.
F. YOLA QUL . T..\ 97
pon a fra tanti i ori e corte . iani? Que to non farò gia io. -
isse allora il giovene burlando: - ieni meco ed io ti da rò
na ve te; e chi a che il fanciullo non p i e er tuo? -
• ndato ene a unque Pietro a ca a del giovene, li fu data una
v ste; la quale pre a e di quella estitosi, se n 'andò in com-
agnia del giovene al palazzo: ed a ce o u per le scale , si
puo e ietro un u cio del palazzo, che appena da alcuno po-
te a e ser veduto .
s endosi adunque tutti appre entati al re , e dopo me si i
a sedere, il re mandò eh 'l bimbo in sala fu se portato,
pen and che, i ri ritrovandosi il padre, le viscere 1 aterne si
c mmo rebbono. La balia prese il fanciullo in brac io ed in
ala lo portò: dov .tutti lo accarezzavano , dandogli chi un
frutt chi un fiore e chi l'una e chi l 'altra osa ; ma il bam-
bino tutti con mano li ricu a a. La balia h' or quinci or quindi
pas eggiava per la ala, una volta erso l'u io del palazzo
tr scor e· e subito il fanciull ridendo con la testa e on tutta
la persona si fieramente i piegò, che qua i u ci fuori delle
braccia della balia. Ma ella non av dendo i di osa alcuna,
scorreva p r tutto. Ritornata la balia da capo all'u cio, il fan-
ciullo face a la mao-gior festa, in quel luogo, d l mondo
sempre ridendo e di m o trando l' u cio col dito. Il r e, che gia i
accorgeva de li atti che face a il fanciullo, chiamò la balia ed
addimandolla, chi era dietro l'u cio. La balia che altro non
pen a a, ri pose es ervi un mendico. nde fattolo chiamare e
venir alla sua pr senza, conobbe il r che gli era Pi tro
pazzo . Il fanciullo che gli era icino aperte le braccia e
o-li a entò al collo e strettamente lo a bracci . Il he vedendo
il re , doglia sopra doglia li cr bbe, e data buona licenza a
tutta la bri ata, deliberò he Pietro on la figliuola con il
bambino, a l tutto mori se. Ma la reina, che prudenti sima ra
molto iamente c nsiderò che, e o t ro n l cospetto del
re fo er decapitati ed ar i, li arebbe non picciolo vitu erio
e corno. E per p r ua e al re che ordina e una botte , la
m ggior che far i potesse, e tutta tre den ro rinchiusi , la botte
nel mare gitta se la ciandogli enza che loro tanto affanno
II ·oTTE 1 F.RZ
( RJA 'A:]
FAVOL\ E o~·oA
[LA RETT :]
Fortunio per una ricevuta ingjuria dal padre e dalla madre putativi i
parte; e vagabondo capita in un bo co, dove trova tre animali da'
quali per ua entenza è guidardonato; indi, entrato in Polonia, gio-
_stra, ed in premlo Doralice figliuola del re in moglie ottiene.
(ALTERIA:j
utta tre oncordi voi ero che ' l giovane non i parti e , se
prima da eia cun di }or non era p r lo ri ce ·uto serv igio o tt i-
mamente guidardonat . Il lupo adunque in ricono cimento del
p at o-iudi io i e: - •ratello, io ti do que ta virtu , che
i volta il tuo de iderio ani di divenire lupo e dirai : fu 10
I otta, m lie di Lucaferro de' lbani da Ber omo, credendo con • tuzi~
abbare Tra aalino, vaccaro d'Emiliano uo fratello, per farlo parer
bugiardo p rde il poder del marito, e torna a casa con la testa di un
t r d 11 corna dorate tutta Yer o n ata.
[ERITREA:]
\.' ram nte fedele e leale né per quanto egli aveva cara la vi a
ua avrebbe detta una bugia; e con tanta diligenza eu todi\·a
l'armento e l man ra ua, che non aveYa pare. Tene ·a
Tra a lino nella mandra delle •acche molti tori : tra' quai \·e
n'era uno molto vago a vedere; ed era tanto gra o ad Emi-
liano, che d'oro fini imo gli a re a fatto dorare le corna, n·
mai Tra aglino andava a Bergamo che Emiliano non ~"di
addirnandass del suo toro d· Ile corna d'oro. Ora avenne che
tro ando i Emiliano a ragionamento con Lucaferro uo fratello
e on alcuni uoi domesti i, sopragiun e Travaglino, il qual
fece cenno ad Emiliano di voler con e o lui favellare. Ed
egli, levato i dal fratello e dagli amici, andos ene la dove era
Travaglino, e lungamente ragion con es o lui . E perciò che
Emiliano iu fiate aveva fatto questo atto di las iare gli amici
e par nti uoi e girsene a ragionare con un mandriale, Lu a-
f rro non pote a in maniera alcuna questa co a patire. Laonde
un giorno, acceso d'ira e di degno, disse ad Emiliano: -Emi-
liano, io mi maraviglio molto di t , che tu facci maggior conto
d'uno ace o e d'uno furfante che d'uno tuo fratello e di
tanti tuoi cordiali amici. Impercioché non pur una volta, ma
mille, se tante 1 pu dire, tu ne hai la cia ti nelle piazz e
ne ' o-iuochi come bestie che vanno al macello, e tu ti sei ac-
ca tat a quel ro s ed in en ato Travaglino tu famiglia
per ra ionar con e o lui, che ' l p che tu abbi a fare le
ma gi r fa end del mondo: e nondimeno non agliano una
brulla. - Rispo e Emiliano:- Lu a-f rro, fratello mio non biso-
gna eh i fi ramen e tu ti ac r ci mec , rimproverando Tra,
vaglino con di one te parole; perciò che gli è giovane da bene,
d emmi m lt car , si per la sofficienza ua, i anche er
la l alta eh' gli u a r o di me: i ancora perché in lui è
una eia! e in lar irtu, eh p r tutto l'aver del mondo
ei n n direbbe una parola che bugiarda fu e. Ed oltre iò
li ha m lte altr c ndizion i, per le quali io lo tengo caro;
e p rò non ti maravigliare e io lo accareccio ed hallo grato . -
dite que te parol , a Lucaferro crebbe mag ior sdegno; e
ominci l'uno e 1 altro moltiplicare in parole quasi •enir
F. OL. Q lNTA
Erminione G!au cio ateniense prende Filenia enturione per moglie; e di-
venu o dì lei t:lo. o, J'accu • in giudicio: e per mezzo d' Ippolito suo
i nn morato 'ien libera ta, ed Erminione condannato.
[ I ENZA :]
(LODOVIC. :]
c n e lui. L madre del re, udend tai paro le, tro \'Ò i n
ma gior travaglio che pnma, dubitan o forte che scoperta non
u . e. cosi d gli ed affannata, mand · per la comare, e
li ele: -Io mi crede o, com re mia, che i fanciulli oggimai
fu ro penti e che di loro non si senti e novella alcuna;
m ei ·ivon , e noi ci tiam in pericolo di morte. Pron~
l adunque ai i no tri, altrimenti noi tutte p rirem . -
i po e la c mar ': - , lta madama, tate di u n animo e n n
·i pertur ate, p rch' i far :i che di me voi vi lodarete e di
l ro n velia alcuna ~ iù non s ntirete. - E tutta indignata e
di furor piena, i parti, e anùo~. ene alla { n iulla; e datole
il buon giorn , l'addimandò e 'l p m he canta avuto aveva.
ui rispo e la fanciulla he si. , llora l'a tuta e sagace o-
m 'ire disse: - Pen. a, fì liu la mi,, di n n a •er c a veruna, e
n hai an he una o a vie piu b Ila e iu l g iadra che le due
prime . - h è cote tac sa, madre mia, co i le o-iadra e bella,
che oi mi ite?- di e l giovane. cui l v cchia ri p e:
- L'ugel bel v rd , fìgliu la mia; il quale di e nott ragi na, e
dice co e maraviglio e tu l ave li in ua balia, f !ice e
e. t ti potre ti chiamare. - E dette queste parol , si parti .
on fur n i t t i fratelli a casa venuti che er na li
affr nt , regolli che un a ol razi non le nega m . ~cl
addi mandatala che gr zia ra quella he ella vo leva, ri p
- L ugel bel erd . - Fluvio, il quale era tato al contra t
della veleno a fiera e c h e di tal peri l si ricor ava, a pieno
le ricu ava di vol r andare. Ma Acquirino, quan unque piu
oltc ancora egli ricusat li • ·e e, 1 ur finalm nte mo o
alla fraternev le pieta e dalle abondevoli e cal le lagrim eh
r na parge a, unitamente deliber r no di c nt ntarl ; e
ntati a cavallo, iu giorn ate avalcor no, fìnalm nte giun-
ero ad un fi rito e erdeo-o-iante prato: i1 mezzo del quale era
un'alti ima e ben fronzut arbore, eire nd ata da arie figure
marmoree che vi pareYano: ed ÌYÌ appr scorr ·a un
ru eelletto che tutto il prato ri a. sopra i que to albero
l 'ugel bel erde saltando di ram in r, m 1 trastullava, pro-
g-io ·ani de gli loro palafreni, e la ciatili .l suo IJel grado p,t-
. cer i nel prato, accostarono alle fi ure di marmu; le quali
ubito h i giovani toccarono, tatue di marmo ancora tlli
di\·ennero.
A erena, che molti me i a ·e ·a con desiderio aspett<'l.ti
Fluvio ed cquirino suoi diletti fratelli, parve di averh amai
perduti, non n s r p i u peranza di ri v d ergli. n de stando
ella in tale ramari amento, e l'infelice morte de· fratelli pian-
gendo, determin · tra sé ste sa di pro\ are sua ventura; ed ascesa
apra un gagliardo avallo, in viaggio i pose: e tanto cavalcò,
che a<Ygiun e al luo o dove l' ugel bel verde sopra un ramo
d'un fronzuto alb ro dolcemente parlando dimora\·a. Ed entrata
n el verde prato, subito conobb i palafreni delli fratelli che
di erbuzz i pascevano; girando gli occhi or quinci or quindi,
ide li fratelli con ·er i in du statue che la lor effigie tent:-
vano: di h tutta tupefatta rima e. E sce a giu d l cavaìlo
ed a ici n tasi a l' al ber o, ste la mano, ed a l' u el bel verde
puose le mani ado so. Il quale, poi che di liberta 1 ri o si
vide, di grazia le dimand eh lo la cias e andare e non te-
nerlo, eh· a tempo e luogo di lei si ricordarebbe. A cui ·e-
rena rispose non volerle in mod alcuno compiacere, se prima
gli suoi fratelli al su prim e er r stituiti non er no. Allora
di se lo ugello:- Guatami otto l'ala sinistra, e troverai una
penna ssai p i u d 11 'al tr v rde, con cer i e ni gialli per
dentro; prendila, e vattene alle statue, e c n la p nna t6cca\'l
gli occhi, che tanto to eh tocchi gli arrai, nel primo stato
ch' erano i fratelli ritorneranno ivi.- La gio ane, alzatagli
l ala ini tra, tro ·ò la penna come l'ucc 11 detto le aveva; e
andata en alle figure di marmo, qu lle ad una acl una con
la penna toccò, e subito di tatue uomini divenn ro. \ eduti
adunque nella 1 ristina forma i fratelli ritornati, con omma
alle0 rezza gli abbracciò e ba ci . endo allora erena avuto
lo d siderato in tento suo, da capo l' u el bel verde pregò la
donna di grazia che lo la ciasse in liberta, prom tt ndole he
e tal dono li eone d va, di io 'arle molto, se in al un tempo
i trov sse av r bi ogno del suo occorso. erena, non contenta
FAVl:LA TERZA
(I ABELLA:]
[LI ORA:)
I L F I E DE LA QUARTA OTTE.
O T Q I TA
cavalli. ITji ordinò che tanto face . e quanto a Guerrinn gli tìa
comandato . Andato i il mae tro alla ua tanza Guerrino seco
,e n'aml , t:! gli ordinò nel modo anted tto i quattro ferri da
cavallo. Il he intendendo, il maestro non gli voi e fare, ma,
prezzatolo. tratlollo da pazzo, p rciò che gli pareva una cosa
ntio,·a e non più udita. Guerrino, vedendo he il mae tro lo
deleggiava e non rli \'Oleva ubidire, e ne andò al re, e la-
mento i del mae tro che ervir non l 'aveva \Oiuto. Laonde
il re, fattolo chia:nare, strettamente gli ordinò, con pena della
disgTazia sua, o che face e ciò che gli era sta imposto , o che
egli andasse a far la impresa che uerrino far doveva. Il mae-
-;tro, edcndo che ' l comandamento del re tringe a, fece i
f rri e messegli al cavallo. secondo che gli era 'ta' divisato.
F rrato adunque il ca\ allo e ben gu rnit di ciò che fa me-
ti eri. di ~ il giovane a uerrino: - Monta sopra que. to mio
ca ·allo. e \'attene in pace; e quando udirai il nitrire del ai-
Yatico ca ·allo . cendi giu d l tuo, e traeli la ella e la briglia.
!ascialo in liherta: e tu pra d ' un emin nte Ibero a cen-
derai. a pettando di quella impre a il fine. - Guerrino, ben
ammae trato dal suo di lett compagno eli ci che far doveva
tolta licenza, lieta m n te si parti.
Era gia par a per rutta la citta d'Irlanda la gloriosa fama
he un l ggi<'dro e vago giovanetto aveva tolta l' impre a di
prendere il alvatico cavallo e appresentarlo al re. Il perch é
u mini e donne corr eYano alle finestr per vederlo pa sare:
e vedend< lo i bello, si gio anetto si riguardevol , si mo-
\evano a pieta, e dic ano: - h po ·er Ilo come volontaria-
mente alla morte corre! certo gli è un grav peccato che
· stui si miseramente muoia; - e p r compas ione dalle lagrim
n n si pote ano co ntenere. Ma Guerrino, intrepido virile .
allegram nte e n'andava; giunto al luo<YO do e il alvatico
ca allo li mora\ a, e . enti t l nitrir , ces giu del uo; e spo-
gliatoio di ella di briglia e !asciatolo in liberta , ali sopra
d'una forte querc , ed aspettò l 'a pra e sanguinolent battaglia .
. ppena ·he Guerrino era asce o opra l'albero, he g iunse il
~alvatico cavallo, ed affrontò lo fatato destrier : d ambedu
l
comi nciar n il piu crudo duello che mai fus e \'eduto al mondo.
Impercioché parevano duo scatenati leoni, e per la bocca get-
tavano la ·chiuma a gui a di seto i cinghiali da rahiosi cani
cacciati; e dopo che ebbero valore amente combattuto. final-
mente il fatat de triere tirò un paio di calci al s,d ·aticu ca-
vallo. e iunselo in una mascella, e quella dal luogo gli mosst.
Il perché perdé la crima di poter piu guerreggiare né più
difendersi. Il che vedendo, Guerrino tutto allegro rimase; e
sce o giu della querce, prese un cape tro che seco recato a eva.
e legoll , ed alla citta cosi sma cellato il condu, se, e con
g-randi sima allegrezza di tutto il popolo, st come promesso
;n e ·a, al re l presentò.
11 re con tutta la citta fece gran f ta e tri nfo. \la a' duo
t:rventi crebl>e doglia maggiore, perciò che non era adempito
il malvagio prop nimento uo. La nde d'ira e di sdegno a<'-
cesi, da capo fecero intendere a Zifroi re com Guerrino con
agevolezza ucciderebbe anche la ca\ a!Ja, quando gli fusse <l
grado. Il che inteso dal re, egli fece quello istesso che del ca-
' allo fatto aveva. E perciò che Guerrino ricu ava di far tale im-
pr sa, che \ eramente pesaYa, il re minacciò di farlo su pendere
con un piede in su, come rubello della ua corona. E ritor-
nato Guerrino ali' ostello, raccontò il rutto al suo compagno;
il quale sorridendo disse:- Fratello . non ti paventare, ma Ya,
e trova il maestro da cavalli, ed ordinali quattr altri ferri
altrettanto maggiori de' primi, che siano ben ramponati e pun-
genti e farai quel mede imo che del cavallo fatto hai. e con
maggior onore del primo adìetro tornerai. - Ordinati adunque
i pungenti ferri, e ferrato il forte fatato destriere, all'onorata
impresa se ne gi. Giunt > he fu Guerrino nl luogo doYe era
la cavalla, e sentitala nitrire, fece tanto quanto per l'adietr
fatto a eva; c lasciato il fatato ca,·all in lìberta, la cavalla
se gli fe' all'incontro, e lo sali d'un terribile e paYentoso morso:
e fu di tal maniera, che il fatato ca allo appena si poté difen-
dere. f\1a pur si igorosamente si portò, che la ca 'alla final-
ment da un calcio percossa, della gamba destra zoppa rima e.
E Guerrino, di ces dell'alta arbore,(3) presela e trettam nte
FA ' L\ PRl lA 217
( LTERIA:)
que t mèz for pas rèf la car tia. - Bertaz e anti, fradèi
m nòr, ch ' ' no i era manco <2 ) altrid i e tri ti de Zambò a'
i lis a Zam bò o fradèl: - Zambò, fradèl nos ·ar . te n' hé
al t ixi a l' impro ista (2 9>, talmentre (3o) h no sa ém che
r ponder-t ; ma da-ne temp per tUta sta nog' ch'a' gh pen-
ar ' m ù, e omatina a' te r p nder'm . - I fradèi, Bertaz
e anti a' i era nasùt in ù ortat, e i a ' i e confeva pii.\
dol çer el in ema lòr do, che n i f a n Zambò. E .
Zambò iera cel rat de vintidò arat, Bertaz e anti a' i era
de inti e ; eh · m p rma , dm e m nca la natura , upli
l' inz gn la malizia in ema. egni:tda che fo (3r) la matina
dol di s gu n t B rtaz, d ord n co mis iò d an ti , fradèJ ,
anda a tr a Zamb , i g he c menza a di: - Zambò , fradèl
m car, nu avém bé p nsat mèg (3 2 ) o n id rat i asi (33) noster,
co n end che te si om l' · ira , l mazzòr frad ·l, che
t d bi anda prima rcand d l mond e eh nu , h sém
pizègn, at nd ·m a a a o rna n pader; e s in t mèz
t trovaré qualche hòna ventura per ti per nu, te ne river
qua, e p nu t vegnerém dré a trO\ a. - Zambò , che ere-
d a o lla ertaz .e anti , inti a la ri po ta , a' la no-g a ·i
lù trop bona; e zamb tand fra i m dém, ol di :-Ma o t6r
a' i è lòr più tristi e malizi eh a no o mi; - que t clisi' a
p r che l' avia pensat de manda 1 fradèi a paz , a-zò eh per
la car stia a' i mori da fam , e lù re tas parò dol tug', per
che I pader l'era più de l che de qua (34), nè podi a anda
trop de long. a la g h and ' a Zambò altram't(35) de quel che
1 a via pen a t.
F.\VOLA TERZA
ven tanta colera. eh· a 'l gita ,.a fu6g e fiama da tu ti C9; ) li bandi:
no podenù. oporta tal coren e credend 'erament ch'a 'l
fos quel che l'aviva za porta noi Tever. e ch'a 'l fos qual he
mal . pirit ch'a 'l tornas indré. ol t ghe mi clré con la m.t-
noela ch'ol aviva in ma. a' i ghe tini inturen la testa a c;Lr
Zambò, digand : - Ah poltrò, manig6ld, che credi-t che tu;..:.·
ancuo te voia sta a porta noi Tever?- e tuta fia (9b1 t'ol ma-
ne. tra va de i fara manera, che 'I pover de ser Zambò a col p i
d bòni ba ton adi anche l ti e n' anda a parla a Pilat. E t lt
in su li spali ol corp, che no l'era qua i bé mort, ol gitta noi
Tever; e ixi Zambò. Bertaz e anti malament fini la vita ova.
E madona Felicèta, intenduda la no la , a' la fo grandem nt
alegra e contenta, ch'a' l'era uscida de tanti travai e retornada
ne la ò liberta com a' l'era per inanz.-
FA L I\·.
I, I - (r) doppo, ed. 155 : - (2) riuscise, ed. 1550; riu cisse, '5 ; - (3) il
mio padre, '58;- (4) portandolo, edd. rsso, 'sr;- (s) luogo, 's ; -
(6) vendicherebbe, '5 ; - (7) fia, 'sr;- ( ) la, '58;- (9) presentita, '5 •
I, 2 - (r) minacie, 'so e 51; - (2) rovina, 's ; - (3) inganno, '5 ; - (4) Pa-
drezzollo, 'so e '51.
I, 3 - (r) avrebbeno, 's ; - (2) derisi, '5 ; - (3) grege, ' so e 'sr.
l, 4 - (1) orecchie, '5 ; - (2) callò, 'so e 'sr;- (3) calzi, '5 ; - (4) spetta-
colo, '5 j - (5) e licenziata, 's8.
I, 5 - (r) di aguaglianza, '5 ; - (2) arrostisono, 'so e 'sr; arrostissono, '5 .
II, 2 - il Molino so tituisce Fiordiana, a cui qui petterebbe di novellare.
- (r) imforosia, 'so e 'sr; Sinforo a, '5 ; - (2) [pag. 76, l. 3: nappo]
bicchiere, 5 ; - (3) [pag. 76, l. 24: giovenezza] giovanezza, ' 5 ; -
(4) de nosetto, '5 .
II, 4 - il Trivigiano sostituisce Lodovica, «da dolor di capo aggravata ».
III, I - (I) [pag. II2, l. 29: sapiale] sappiate, '5 .
III, 2 - (r) a nzacchi, '5
I V, I - (r) pro incia, '5
IV, 3 - (r) si, 'so e '51.
IV, 5 - (r) guisa, '5 .
', 1 - (1) for tuni, '5 ; - (2) io non . on mai p r rendertelo, 's ' ; - (3) de
l alto albore, '5 ; - (4) drezze, 'so e '51.
, 3 - la novella, in luogo di Lauretta, è raccontata dal Molino in dia-
letto bergamasco, per invito della si nora Lucrezia. Un breve glos-
ario per que ta novella trovasi a pp. xxvm-xxx dell'edizione
di Bologna, 1908, vol. II. Diamo qui le varianti principali delle
antiche stampe: (I) madonni:- (2) plu; - (3) impre a; - (4) pacen-
zia; - (5) mei; - (6) contet;; - (7) co i ma pleni; - ( ) osela; (9)- Be
che;- (ro) me;- (r r) donca;- (r2) territorio,- (13) tr ; - (14) so
meiava; - (IS) l'oter; - (r6) possibel, possibil·- (17) cognoscer; -
(r ) co saref;- (19) avia, a iva;- (2o) amò;- (21) pre entit;-
(22) ab be ... de propria;- (23) fameia; - (24) vend ; - (2S) da pò; -
(26) do l mondo; - (27) scansemen; - (2 ) manc; - (29) saltat, ... im-
provis;- (30) talmenter; - (31) fu·- (32) mei;- (33) ca ; - (34) de
VARIA~-TT
za; - 35) altrament; - (36) mal ter; - (37) beretti , - (J ') lung,
(39) allezafosina;- (40 andand; - (41) pista va - (42) nettezza : --
(43) fiada; - (44) tol tre bei fig ; - (4 · ) galdi; - (46) Che d e bi :
(47) un d e quei; - (4 ) talmet; - (49) delibera; - (so) fazanù:
(5 1) mior; - (52) mercadant; - (53) compra, - (54) officiet. -
(55) calze· -(56) far d e le; -(57) s rancli ; - ( -h) pratica; -(59) IJoni
co n . ei; - (6o) moier ; (61) parti t ; (62) sentu ; - (63) n 'a' i; -
(64) calze; - (6 -) la dis; - (66) repezade; - (67) da : - (6 ) povereta .
- \69) la ghe la; -(70) desd egna; (71) la noi, - 72 quru; -(73) m'ld;
- (74) toccava; - (75) so gna mi ; - (76) \'arda; - (77) recivi ;
(7 ) Dite te paròi, - (79) maraveiando- ; (8o) se bisognava; -
( r ) re po. , - ( 2) zanzetti;- ( 3) preghieri ; - ( 4) zon na ; - (85) la
i fé; - ( 6) nella; - ( 7) al bio ; - ( ) té ora de l; - ( 9) ol se. -
(go) a i ; -- (9r) negli ; - (g:2 ) picegamort, pizigamort;- (93) s 'a: -
(94 pagaref , - (95) buta; - (96) e l'è chilò; - (97) tute; - (9.) ti ada .
V, 4 - la no ella, in luogo di Arianna, è raccontata da Benedetto Tri-
vrgrano nella con dinesca lingua,. della marca di Trevi o. n che
per que ta no \'ella si danno l varianti principali delle antiche
tampe, e i rimanda a l glo sario appo ito contenuto nell'edizione di
Bologna, rgo , vol. II, pp. x XIII-xx VI. - (1) giuhu meni, gi-
huomeni ; - (2) co disé, co dise , - (3) viegi; - (4} vogia muzzar; -
(5) mas imamen;- (6) tutia, astutia; - (7) se m ascoltari ; - ( ) Pieve;
-(g) i velò; - (ro) gagiarda; -(n} containa ; (t :2) 'i nam oré, -
(13) on l'anasea; - (r4) anelo ; - (15) delibera; - (r6) no sai ; - (17) se
vu me vossé; - (r.) vu me di i ; - (19) vogi; - (20) m'al ; - (21 ) consa ;
- (:22) de ia; - (23) facci; - (24) tanta carestia si granda e angarie; -
(:25) vu me voré; - (26) Jaudando; (27) che ' l ven era, - (2 ) qu <1si;
- (29) né, - (30) An-eder e;- (Jr) sqlu ' ; - (32) da pò;- (33) ma-
tino; - (34) nlegro. - (35) astuta : - (36) ghiaci; - (3 7) colegare; -
(3 ) chiarar; - (39) zonse; - (40) sobio;- (4 1) cr zu; - (42) heg-
2i.e; - (43) v ' hoggio; - (44) erore; - (45) orazion ; - (46) cao ; -
(47) torzi:- (4 ) fusse 'l;- (49) so pire an; - (so) paghé;- (s r) ven-
derghene; - (5:2) ulio , - (53) nient 'altro; - (54) viu ; - (55) quartaruol;
-(56) pari ; - (57) torna .
V , 5 - la i nora Lucrezia ostituisce Cateruzza, cedendo agli insistenti
inviti di tutta la brigata. - (r) ritorneno, 'so e 'sr;- (2) pi tole e, 'so.
IN ICE
p. ..,
P REFAZI . 'E .
PROEMI
F·wola pri na IT
alardo, figliuol di Rainaldo caalia, . i parte da enova, Ya
a 1onferrato, dove fa ontra tre c 1andamenti del padre lasciatili
per te tamento, e condannato a morte vien liberato ed alla propia
patria ritorna.
Favola ec nda . p. 24
C :;andrin , famosis imo ladro ed arnie del pretore di Perugia,
li fura il Jett ed un suo cavallo leardo; indi, appresenlatoli pre'
eve-
rino in uno saccone legato, diventa uomo da bene e di gran maneggio.
Fa ola t rza . p. 32
Prt' carpa ific , d tre malandrini una ol \'Olta aabb~to, tre fiale
ab!Ja loro: e fin !mente vittori o on la ua Nina lietamente rimane.
F avola uarta p. 40
Tebaldo, prencipe di aterno, vuole Doralice, unica sua figliuola,
per mo lie; la quale, perseguitata dal padr , capita in Inrrhilterra, e
Gene la piglia per moglie, e con lei ha doi figliuoli, che da Tebald
furon uccisi: c 11e Genese re si vendicò.
Favola quinta p. so
Dimitrio bazzari tto, imp to i nome Gramoti ·e o, copre Poli -
sena sua moglie con un prete, ed a' fratelli i lei la manda; da' quai
essend ella uc i. a, Dimitrio h fante prend per moglie.
- OTrE ECO -nA p. 61
Favola prima 63
Galeotto, re d' Anglia, ha un figliuolo nato porco, il quale tre volte
manta; e posta giu la pelle porcina e diventato un belli simo gio-
vane, fu chiamato re porco.
Fav la seconda . p. 70
Filenio S1 terna, scolare, in Bologna vien da tre belle donn e bef-
fato, ed egli con una finta festa di ciascheduna si vendica.
Favola terza . p. Sr
Carlo d' Arimino ama Teodosia, ed ella non ama lui, perciò che
aveva a Dio la verginita promes a; e credendosi Carlo con violenza
abbracciarla, in vece di lei abbraccia pentole, caldaie, schidoni e sco-
vigli: e tutto di nero tinto, da' propi servi viene fieramente battuto.
Favola quarta p. 87
n demonio, sentendo i mantl che si lamentano delle loro mogli,
prende Silvia Ballastro per moglie e Gasparino Boncio per compare
dell'anello: e non potendo con la moglie vivere, si parte ed ntra nel
corpo del Duca di Melfi, e Gasparino suo compare fuori lo scaccia .
Favola quinta
Messer Simplicio de' Ro si s'innamora in Giliola, moglie di Ghi-
rotto Scanferla contadino: e trovato dal marito in casa, vien scon-
ciamente battuto e pisto, ed a casa se ne torna .
Fa ola quart p. I3
Fortunio per una r ice\'llta ingiuria dal padre e dalla madre puta-
tivi i parte; e agabondo capi ta in un bosco, dove trova tre animali
cla' quali per u~ sentenza t: guid donnto; indi, entrato in Polonia,
·o tra, d in premio Doralice figliuola del re in moglie ottiene.
avola quinta p. I49
T o ta, moglie di Lucaferro de' Albani da Ber orno, credendo con
astuzia gabbare Tra vaglino, vaccaro d'Emiliano suo fratel o, per farlo
parer bu.,..iardo perde il poder del marito, e torna a casa con la testa
di un toro dalle corna dora t tutta \'er ogn. ta.
VARI A TI . p . 253