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DON PILONE
I V
DON PILONE
OVVERO

IL BACCHETTONE
FALSO
CO MMEDIA
Tratta nuovamente dal Frange
DA GIROLAMO GIGLI
E DE D1C AT A
All’ llltiftrijjìma Signora Contessa

F L a: V I A
TEODOLIJÒLOGNETTI.
r -, . _

• I Nicolò Battaglini

In Lucca,Pel Marciandoli. M.DCCXV.


Con Licenza de’ Superiori.
graziofo, e ponente per tutti quei perico¬
li che potettero fovraftarmi ; ed a tale ef¬
fètto degnatevi, che publicamente potta
difendermi col carattere, con cui tutto
riverenza mi fòfcrivo, e di cui con tutta
mia gloria fopra ad ogni altra cofa mi
pregio: cioè d’effere

Di V.S.IUuftrilfima.

Romano. Genajo 17x1.

Umiliffimo, Devotiffimo Servitore


Girolamo Gigli,
A CHI LEGGE.
I L Soggetto di queft'Opera è tirato dal cè¬
lebre T art ufo del Molier ; ma egli è Co¬
sì mutato nel paffaggio y che ha fatto da
un idioma all'altro y che il Don Pilone è og¬
gidì un altra cofa y che non è il Tartufo .
Il dialogamo è tutto variato y l'idiotiftmo y la
fenterica y il fale . Molte fcene ci fono ag¬
giunte del tutto y molti epìfodj y e tutti gl'
intermedi y i quali fono una continuata fa-
tira cantra la falfa pietà , efprejji per via
d'adone muta , all'ufo de* Mimi antichi.
In fomma leggi il Tart tifo o nel teatro del
Molier y o nella traduzione Italiana fotta VU
fteffo nome y e leggi il Don Pilone , che ne
apprenderai la diverfità. Avemmo però fo-
migliante la forte il Molier y ed io . Que¬
gli fu perfeguitato a morte dagl1 Ipocriti di
Parigi y io altresì da falfi Bacchettoni d'I¬
talia ; effendo quefta rapprefentanione ( a
detta di un gran perfonaggio Eccleftaftico )
ma vera Mijfione contro quefta diabolica
Setta y la quale a dì noftri ancora y al co¬
perto di falfa manfuetudine e divozione , fa
tanta rovina di roba , e di Onore nelle Ca*
fey e nelle Corti, e nelle Città y e ne’ Re¬
gni . Siccome più a lungo prenderò a moftra-
re nell Apologia di quefta operetta, che fa-
rà indirizzata ad un buon Religiofo Tof<ca¬
po amico mio.
Se mai nel rapprefentarfi quefi' Anione
,
foteffe riufcir lunga poffono tenga troppo
guastarla ,lafciarfi tutte quelle Scene del
tergo atto , ,
che fi fanno nel Giardino ag¬
giunte in quefta traduzione [opra il mal co-
fiume di forgare le zittelle a veftir l'abito
religiofo centra loro voglia.
*
E fé fi riconofcefje in bocca de Peffo¬
rmaggi ridicoli di quefi'Opera talora non ofi
fervata la buona Grammatica Italiana o ,
,
nell'ufo degli Articoli y o de' Pronomi o al¬
,
trimenti fi doni ciò allo fieffo idiotifmo ple¬
beo di Tofana y il quale riefce così quanto
,
più proprio tanto più gragiofo: Pome per ca¬
,
mion di efempìo quando Dorina dice ; lui
non vuol, che baci il Canino&c. inve¬
ce di dire; egli non vuole.

PER-
PERSONAGGI.
Monsù Buonafede vecchio.
Madama Elmirafua moglie delle feconde nozze ;
Madama Pernella decrepita madre di Buonafede .
Monsìi Sapino figliuolo di Buonafede delle pri¬
me nozze.
Madama Mariana figlia di Buonafede delle pri-
gae nozze.
Monsu Valerio amante di Mariana.
Monsù Cleante Cognato di Buonafede*
Don Pilone Bacchettone falfo.
Dorina zitella ferva di Buonafede *
Il Caperai Benigno famiglio.
Secondo Caporale.

,
La Scena fi rappreferita in ima Città o
,
Terra della Francia che non im¬
porta qual Jia .
Mutazioni diScene .
CITTA’.

APPARTAMIKU

G I A R D I N O.

A T.
ATTO PRIMO A
SCENA PRIMA.
CITTA'.

,, ,
Mariana Dorina MonsùSapi¬
%,
Madama Pemetta uscendo dì caft Elmìra ,
no e Cleante.
L Diavolo(ho avuto a dire,
il Cielo mel perdoni) via,
via non ci ftarei neppure
un’ora dipinta.
Elm. Signora Madre , ella cammina così
affretta, che non le polliamo dietro,
per niente.
Pern. Nuora mia, non vi fcomodate nò;fa~
pete, che non fon donna di cerimonie.
Elm.Sce Ila è donna, che non vuol ceri¬
monie , io fon donna, che non voglio
commetter male creanze. Ma molta
fretta Sig. Madre?
Pern. O che volete, che io me ne vada ada¬
gio da unacafa, dove io ricevo tanti
fgarbi ? Sì bene, che me ne voglio an¬
dare? e me ne vò tutta fcandalezza-
ta, tutta vedete. Oimè, oimè,feio
dico una cofa, ogni uno me l’intende
» contrario; qui non c’è nè termine,nè
A rif-
1 ATT O
rifpetto.Chi la tira di quà,chi la frap¬
pa di là, ognuno alza la voci ; e final¬
mente mi pare la cafa del Diavolo.
Tor. Ma fe-
Berti. Ma fe voi chiacchierafie manco, ma¬
donna Cutta fcodata, non farebbe
fenon bene. Voi liete una Servicciuo-
ìa sfacciata, che volete metter la boc-
china dove non vi toccha.
Sap.Ed io Sig. Nonna-
Pern. Ei voi Sig. Nipote liete un capetto
fventato, un zucchino fenza fale, ed
uno fciaguratello, abbiate pazienza,
fon voftra Nonna, ve lò pollò dire. A
voftro Padre glie l’hò predicato ; che
voi pigliate tutta tutta ( pianelle a
Dio, ch’io folli bugiarda ) tutta la
firada delle forche !
Mar. E Mariana?
Perii. Mariana non monda r.efpole veh,
fiete forella di quello ribaldoncello, e
tanto balla ; dice il proverbio, guar¬
dati da queft’acque chete !
Ehi. Io non laprei Sig. Madre-
Berti. Io non faprei Sig. Nuora : fe vi frot¬
ta, perdonatemi,ve la vòdire; i vo¬
la i coltura': non manderebbero mai
a genio ; voi^ doverefte dar loro buon
efempio, e fate peggio, che elfi non
fanno. Non famigliate già la prima
mo-
PRIMO. $
inoglie di mio figliuolo , che era la
mamma di quelli ragazzi. Poverina !
andava tanto modella, e pura, che fa¬
ceva fino il puntare alle gineftre per
affibbiarli. Che viene a dire, figliuo¬
la mia ? liete una povera Gentildon¬
na, e volete sfoggiare, come una Prin-
cipelfa! Beltia ammajata, vuole an¬
dare alla fèda per mutar padrone.
, Clean. Ricordatevi, che io fon fuo fratello.
Pern. Sig. Fratello della mia Nuora , vi
llimo, vivo bene, e vi bacio le ma¬
niglia sfio folli marito della mia Nuo¬
ra , vi^terrei un poco quattro dita fuo¬
ri dell’ufcio di cafa, Voi avete certe
malfimacce, che non fono da galan¬
tuomini , fapete. Che ne dite ? Parlo
troppo chiaro ne ? Ma io fon fatta al¬
l’antica : quel che ho nel cuore , hi)
nella lingua Monsù Cleante .
Sap. Con voi,Sig.Nona,non ha miglior for¬
tuna , che Don Pilone. Don Pilone —
Pern. D. Pilone, è un’ Uomo dabbene, e
buon per voi, fe facefte quelle cofe ,
che vi predica . Ma fapete quel che vi
dico, fe vi fento piu dir quelle parole ,
che dicelte poco fa di Don Pilone,
pazzerello, vecchia, vecchia come
mi fono - - - -
Sap. Come farebbe a dire? Pdvjem'npi
A £ fo;?-
4 ATTO
fopportare, che un Baron riveftito
venga a comandare a bacchetta in ca-
fa nollra, e che non polliamo mai
prendere un divertimento, fe none
con buona grazia di collui ? ^
Dor. Da che entrò in cafa quello Bacchet-
ton falfo, ogni cofa fi fa male, d'ogni
cofa borbotta---
Pern. Se borbotta è ben borbottato, Mez¬
zina. Lo fa perchè fiate tutti buon i, e
perchè non ufciate dalle buone llra-
de. Bada, mio Figliuolo è padrone,
e lo rifpettaeflo, efubbidifce, eco-
sì dovete rifpettarlo, ed ubbidirlo an¬
cora voi, frafchette fcandalofe.
Sap. Mio Padre mi comandi altro , che
l’ubbidire a D. Pilone. Anzi voi fen-
tirete qualche cofa di bello avanti che
giuoco finifca.
Dor.Barone! quando egli entrò in cala
non aveva tanto cencio addolfo che lo
coprifle, emoftrava il Bellico giufto
come il vifo, e ora - -
Pern. Ah linguaccia da fpazzare un forno?
Dor. Balla, voi lo credete un fantocchio ,
Madama Pernella, ediofapete, per
brutta ch'io mi fia, non mi fidarei di
lui, nè del fuoCherico, nè manco fe
mi defie tanti mallevadori, quanti li
danno un Camarlengato.
PRIMO. 5
Pmz.Del Cherico non faprei dir nulla,
Dorina, ma di lui tene potrefti fida¬
re. Del reito, figliuoli miei, fapete
perchè voi volete tanto ma;e a D. Pi¬
lone ? perchè vi dille le cofe chiare a
tante di lettere evi toccha qualche
volta fui vivo. Poveretto ! In quanto
a lui farebbe una palla di mele egli,
mai voftripeccatacci fon quelli , che
lo fanno fcandalezzare. Balta cipen-
fi Tanima voftra.
Dor. Sentite, o fono i noftri peccati, o fo¬
no le fue tentazioni.
Pern. Come dire?
Dor. Da un tempo iniqua è fatto faltidio-^
fo, che è una cola da non dire. Lui
ila con la Padrona quando tien vifite ;
lui vuol fapere con chi ha parlato
quando torna a cafa; lui vuol fapere
chi le ha fcritto quando legge qual¬
che lettera, lui non vuol, che baci il
canino; e per fine Jquandofelepofa
qualche mofcanel vifò, vuol che la
Signora gli dica, fe è mofca mafchia,
omofca femmina. E così, Madama
Per nella mia cara, quella fua rabbia
non è altroché gelofia;ge!ofia,sì bene.
P€rn- Sentite le gran cofe, che gli appon¬
gono! Maliziofaccia. Ti vo far io aprir
la bovca 3 e lafciare andare * Io non Co
A 3 aèdi
6 A T T O
nè di canino, nè di mofche; fobene
di certi cani groifi, e mofconi: che
ronzaho qui d’intorno, che danno
molto da dire al vicinato . E fai come
dice il proverbio ? che certa forte d’a¬
nimali non s’aggirano, che dove la
carne fi vende.
Clea. Madama Pernella, non fi poflono te¬
nere lem ale lingue, che non ciarlino.
Troppo farebbe, fe yoleifimo regola¬
re tutte le noilre azioni ancora fecon¬
do la critica più indifereta de’male¬
voli . Tutta la prudenza più cauta, e
più fagace non fa coprir fi abbaftanza
dagli ftrali della maledicenza, e del¬
l’invidia. Sig.Sorella, lafciateabba¬
iar chi vuole centra le -noftre opera¬
zioni; batta, che non fentiamo contro
di noi medefimi i rimorfi del noftro
interno.
X)or. Quelle, che ciarlati tanto di noi altre
povere giovani, non fono altro, che
certe Pinzochere fgangherate, che fe
la pigliano con la carne frefea, perchè
leva io fpaccio al macello degli otti, e
della carne vieta. Quand’ era tempo
loro, facevan peggio di noi, e finche
han potuto, hanno impaniato *! mof¬
coni col lifcio,e colla biacca : poi quan¬
do la biacca è di ventata liquida, e che;
i mot
PRIMO. 7
i mofconi non vi reffano più, elle,
giacché non gli poffono prendere,van¬
no lor dietro per ifcombujarli.In fom-
ma, quando non poffòno piìf fpaccia-
re affètti , vogliono fpacciare confi¬
gli ,, ed efortazioni ; e fanno come le
pere, e le forbe, che fono buone, ma
quando fono mezze.
Sap.Dorina, racconta un poco alla Sig.
Nonna ciò,che c’intervenne l'altra fe¬
ra con quelle Pinzochere nella mez¬
z'ora di notte, che tornavamo dalla*
fefta ,
Dor. Oh, oh è bella! Erano la Sig. Gu¬
glielma , e la Sig. Andromaca-
Pern. Cotefte fono due buonanime .
Dor. Buone , perchè non fono più buone a
niente. Oh fentite : era di notte, che^
fe ne tornavano fole fole,e sperano faf-
ciateal folitofinoal mento, come due
mummie d’egitto. Ora nello sbocca¬
re ad una cantonata, il vento feoprì il
velettuccio della Sig. Guglielma,che,
come fapcte, è trentanni, che reffò
Vedova, e trentuno era ftata a mari¬
to. Ora cominciò adire, Sig. Andro¬
maca, copritemi il feno, che quella
carnaccia non dia qualche tentazione.
Pern. Certo, che’l Diavolo fa quante può *
Dor.yiz la pii* bella fu della SiS- Andro-
À 4 ina-
-3 ATTO
raaca, che andando con gli occhi balli
a quel modo airofcuro, diede il vifo
in urttimone da carrozza, e cominciò
a gridare : ajuto vicini, ajuto, che fo¬
no Hata baciata, ma pure per la par¬
te mia non ci è flato confenfo, nè ci
ho avuta dilettazione.
Elm. Sei pur graziofa Dorina !
Pern. Oggi per me è crefciuta tanto la ma¬
lizia di quello Mondacelo, che fio per
dire, che quel timone dacarozzafia
un’infolente ancor elio. Bafla voi qui
mi sbeffate tutte, e mettete in canzo¬
ne tutte le buone genti, e tutte le cofe
buone. Addio, addio canagliaceiai
di là ce n’avvedremo.
Elm. Vex voi abbiamo un fommorifpetto.
Pern. Addio, addio.
Sap. Dico di nò.
Elm. Madama Pernella .'
Pern. Di là ce n’avvedremo .
Dar. Non fe ne vada.
,
Pern. Di là di là .
Elm. Serviamola fino a caia, Monsìi Sapì-
no.
Dor.E’dovere, che qualche timone non
baci ancora lei.

SCE-
P R 1 M O. 9
SCENA SECONDA.
Cleante, e Dorina .

Clea. TO, per me, vò lanciarla nelk


JL buon'ora, fon troppo attediato
da' fuoi rimbrotti.
Dor. Che ne dite ? Ancora ella è imbarca¬
ta bene nel noftro D. Pilone .
Clea. Me ne fono accorto.
Dor. Ma in ogni modo il noftro Padrone è
imbarcato peggio di lei.
Clea. Veramente, Monsu Buonafede mio
Cognato è un femplice di prima riga !
Dor. Ma femplice bene, vedete.Egli crede
tanto alle fue bacchettonerie,che l'al-
tro giorno mentre grandinava, cavò
fuora un capellaccio vecchio di D. Pi¬
lone , perchè ceftaftè la borafea : E tre
fettimanefono, che Madama Ponzò
flette due giorni fopra parto, mandò
a cafa di lei la fua pianella mancina,
perchèpartoriftè felicemente.
Clea. Non avrei penfato,che la credulità di
mio Cognato arriyaflè a quello fegno.
Dor. Poi, fe vi diceftì il grand'affètto ; che
gli porta, e le grandi fmorfie, che fa
per lui, allora vi ftupirefte, Certo,che
quelli Cicisbei fpafimati non ne fa¬
rebbero tante per la loro Signorina ì
quan-
IO ATT O
quante ne fa Buonafede per D. Pilo¬
ne . Lo bacia , ['abbraccia, gli fealda
il letto, gli gratta i piedi > lo fpulcia, e
perchè il noftroFabbro vicino gli gua¬
dava il fanno, quando dormiva , gli
ha mandato fino un precetto, che fo¬
deri i martelli, e Fincudine di feltro.
Cìea. Mi muovo infìeme a rifo,ed a collera.
Dor. Quante ce ne vede la volita povera
Sorella, e tutti noi altri di cafaiNe vo¬
lete di piùjSig.Clea nte?6Perohè io Fal-
tra fera, quando ilSig. D. Pilone tirò
un rutto, non gli dilli, Dio v ajati; mi
pofe la pena in un tefìone di falario .
Cìea. Penfate,fe Paffuto Bacchettones’ap-
profitta del buon’incontro.
Dor. Il porcene mangia due, e tre volte il
giorno, e fpeifo fpelfo gli ho da allar¬
garci calzoni.
Clea. Come s’accorda ciò con la fna finta
penitenza ?
Dor. Dice, cheitsgrafià percagion delPa-
ria; ma Faria di vero! Dice quella
canzone, che Faria gonfia i palloni, e
nò ’l ventre de’ Bacchettoni.
SCENA TERZA.
MonsùBuonafede , Dorina , e Cleante»
Elm. A Vere tatto pur bene a non venir
X JL con noi ; poco meno che non ci
ha
P R 1 M O. II
ha {lorditi quella Vecchia.
j Mar. Ci voleva poi tenere un’altra mezz*
ora fu la fua porta, per farci quivi il
redo della predica .
j Sap. Ecco qua il Signor Padre, che è tor¬
nato dalla Campagna.
Elm. Orsù, con licenza, voglio falirmene
inCafa, prima, che m’offèrvi.
Clea. E io voglio folamente afpettarlo, per
dargli il buon giorno.
Sap. Di grazia date qualche tocco amia
Padre del parentado di mia Sorella .
Clea. A che fine ?
Sap. Ho cominciato a fofpettare,che D.Pi¬
lone non lo voglia intorbidare; e non
vorrei per ver un conto ; poic hè quan¬
do mia Sorella refli maritata a Monsù
Valerio,ho fperanza io di fpofat mi tra
qualche tempo con la forella di lui.
Dot .Andate in cafa; eccolo il voftro Padre.
SCENA Q^U A R T A .
Monsù Buonafede, Dorina, e Cleante.
Buon. Y3Uon giorno, Signor Cognato.
Clea. XJ Ben trovato Monsù. Ho avuta
intenzione di falutarvi, del redo non
voglio più trattenermi qui, che vi
fuppongo un poco fianco.
Dor. Ed io, per farvi una buona cena, vado
a pelarvi predo quel cefpo cTinfalata »
Buon.
12 ATTO
Buon. Sig. Cleante, Dorina, non yen’ancU*
te, di grazia ; datemi quattro nuove
di vuoi altri. Da due giorni in qua,
ch’io manco di Cafa, è accaduto nien¬
te di nuovo, date tutti bene ?
Dor. Madama, jer l’altro flette a Ietto fi¬
no alla fera con una febbre gagliarda,
che ci fece penfare a male ; e quel ch’è
peggio con un fieriffimo dolor di capo.
Buon. E Don Pilone ?
Dor. Crepa di fanità, ed ha proprio una
cera da Predicatore.
Buon. Sia benedetto poverino !
Dor. La fera poi Madama, per la grande
fmania; che aveva, non potè aleg¬
giare un boccone.
Buon. E Don Pilone?
Dor. Don Pilone, oltre a due Pernici, che
s’era fatto comprare,fi finì ancora una
Poi altra, e certi Beccafichi, che s’eran
cotti per la Padrona. E ben vero, che
mangiò ogni cofa con divozione.
Buon. Sia benedetto poverino !
Dor. La notte poi non potè mai mai ferra¬
re un’occhio dal caldo, dalla fete, e
dall’inquietudine , e bifognò che la
vegliaffimo fino all’Alba.
Buon. E Don Pilone ?
Dor. Don Pilone s’addormentò a tavola , e
coicatofi poi a letto caldo non fi fece
aprir
P R 1 M O. ij
aprir le fìneftre, che fino a mezzo
giorno.
Buon. Sia benedetto poverino !
Dor. Finalmente tanto pregammo Mada¬
ma, che riducemmo ad aprirli un
poco la vena, ed’allora in quàfel’è
paflata Tempre meglio.
Buon.E Don Pilone?
Dor. Don Pilone, che era prefente, fece
animo a Madama, e per tenerla più in
forze ; fi bebbe egli a digiuno un buon
fiafco di vino, che fi teneva in ordine
per far la zuppa all’ammalata .
Buon. Sia benedetto poverino !
Dor. Baila, adeffo danno bene tutti due,
ed io intanto voglio avviarmi a dire a
Madama il gran batticuore, che ave¬
te avuto per la fua malattia.
SCENA (QUINTA.
Buonafede, e Cleante.
Clea. Tl Jl Onsù Buonafede ?
Buon. IVA Monsù.
Clea. E non v’accorgete, che Dorina vi fa
le rifate dietro ?
Buon. E perchè ride Dorina ?
Clea. Perchè n’ha molto ben ragione. Co¬
gnato mio, contentatevi, ch’io ve la
dica liberamente ; è polfibile, che un
pezzo
14 ATTO
pezzo di baroncione , come quello ,
che avete in caia-
Buon. Badate bene a quel che dite, Signor
Cleante; voi non avete tutta la co¬
gnizione , che dovrefte avere di quel
galantuomo.
Cha, Io veramente non Io conofco, ma
Buon. Ma fe voi lo conofceft e, v'affi curo ,
che reftarefte rapito dal fuo umaniffi-
mo tratco.Egli è un'Uomo,che - - - che
in verità - » - - Signor sì-un Uomo
tutto — ah poffare il Mondo , egli è
un Uom, che ma' da' miei giorni-
non ve '1 faprei dire-Se voi lo co-
nofcefte , certo voi refterefte incanfa-
tato. Io non ho avuto altro, che una
dozzina delle fue lezioni difpirito, e
v'afficuro, ch'io riguardo ornai tutte
quelle cole mondane con una indiffe¬
renza mirabile; e m’hanno fiaccato
tanto quelle fue maffime da tutti gli
affètti terreni;che vi giuro Signor Co»
gnato, potrefte morir voi , imiei Fi¬
gliuoli , mia Madre , e la mia Moglie
tutti in un medefimo giorno, fenza %
ch'io ne fentiffi una minima altera¬
zione; ema'ngerei coll'ifteflò appeti¬
to , e raffegnazione, colla quale man¬
gia D. Pilone medefimo in ogni forte
d'accidente di fua fortuna.
Olea*
P R 1 M O. 15
Clea. Coterta farebbe una raflègnazione
più caritatevole pel voftro ftomaco,
che pe i voftri Parenti.
Buon. Credetemi, che fé vi fòrte abbattuto
ancor voi in D. Pilone la prima volta ,
che, per la Dio grazia l’imparai a co-
nofeere, gli avrelle porto forfè mag¬
gior affèttp di me. Eravamo infieme
al tempio una mattina, e come Dio
volle, fìpofèarimpettodi me ginoc-
chione, baciando replicatamente la
terra, e fofpirando, come io fuppon-
go, per le voftre, e mie feeleratezze ,
giacché egli è tanto innocente quanto
ufcì di corpo a fua Madre. Ah* fe forte
viva quella buona Donna !
Clea. Se forte viva, vivrebbe ancor ella al¬
la voftra tavola, per riftorarrt di qual¬
che patimento foftèrto nel parto di
Don Pilone.
Buon. Sarebbe la ben venuta Madama la
Madre di Don Pilone. Ma torniamo
al propofito. Standofene a quel modo
in ginocchione, mi chiefe Don Pilone
relemofina con un tal garbo, e mode-
ftia, che io tornai, per pochi giorni, a
trovarlo, raddoppiandogli femprela
moneta: egli però non accettavafe-
non il fuo bifogno,facendo forza di re-
ftituirmi lavando,dajidplpi»prefen-
x6 ATTO
za mìa agli altri poveri a lui vicini.
Clea. Artifizio da fuo pari.
Buon. Finalmente il Cielo,contra ogni mio
merito mi fece la grazia dì farmelo
tornare in cafa, e d’allora in poi nit¬
rii miei interefiì fono andati di bene
in meglio.
Cica. Sappiate tener conto di cotefla buo-
na fortuna.
Buoni Poi non vi faprei io ridire il pernie¬
rò, che fi piglia di tutte le cofe mie do-
meftiche. Vi badi di faper quello par¬
ticolare : egli tiene gli occhi addoflo a
mia moglie molto più che non fo io;
avvertendomi chi palfa per la firada,
chi fi volta in dietro alla fineftra , chi
fi fpurga fotto la fua Camera, chi fis¬
chia, e chi le fa dei cenni ; e finalmen¬
te giurerelte, che ne foffe gelofo ce n-
to voi te più di me.
Cica. Non fapeva io quelli particolari. Ve¬
ramente io pure fono Obbligato alSig.
D.Pilone,per l’attenzione,che mollra
di mia Sorella, e fon di penfiero di far¬
gli ancor io qualche buona limofina.
Buon. Quello non occorre, perchè egli fla
ben proveduto di tutto;ma balla folo,
che avvertiate voflra Sorella a gradi¬
re un poco più il fuo affètto,perchè el¬
la gli fa più tolto poco buona cera. E
PRIMO. 17
' s’io vi diceffi una cofa in quello propoli-
fito, Monsù Cleante, io vi farei ftupire.
Clea. Poco più ftupire voi mi farefte in que-
fto propofito.
Buon. Voifapete, che mia Moglie patifee
di frequenti indi/pofizioni, e che ha bi-
fogno alle volte di qualche affiftenza la
notte: e pure una volta,che Don Pilone
avendo compaffione a me, volea man¬
darmi a dormire, e vegliarla egli folo,
ella fu tanto feortefe, che fe levò d’in¬
torno, tacciandolo in fine con qualche
cattiva parola; e pure il galantuomo
fopportò tutto con umiltà, e volle fino
accollarli a lei ( quefto lo vidi io medeli-
mo, Monsù Cleante ) volle accollarli a
lei per baciarle la mano.
C&tf.Lafciate fare a me;parlerò io a mia So¬
rella^ le infegnerò come ha da trattare
un* altra volta col fuo notturno Infer¬
miere .
Buon. Ed affioratela pure, che egli ha un
gran dominio fopra tutte le fuepa filo¬
ni ; e non folamente fopra la concupifci-
bile, ma fopra Tirafeibile ancora. Una
fera, ch’io ftava ad afcoltarlo prelfo fa¬
lcio di fua Camera , fentj, che ftava in¬
ginocchiato piangendo, ed accufandoli
de’mancamenti commeffi il giorno, e
particolarmente d'avere ammazzata
B una
i8 ATTO
una pulce con troppa collera.
Clea. Monsù Buonafede ?
Buon. Che dite Monsù Cleante ?
Clea.Che voi fieteTUonio più fciocco di
quello Mondo ! Io ho paura, che voi
non crediate privo di fenno ancora me,
Buon. Sapete quel che credo voi ? un poco
buon Crifiiano, Cognato mio. Ballalo
più volte ve Tho predicato;con queffan-
tipatie, che voi avete con tutte le perfo-
ne buone, voi vi date a conofcere per un
Àteifta;e farete male al fine i voftri fatti,
Clea. O queft’è bella ! efier Ateifia, per non
efièr minchione, come voi! Due fole
parole brevemente, e nienf altro. Fra i
devoti accade il medefimo,che fra i Sol¬
dati : Fra i Soldati quelli fono i più pau-
rofi, che fanno più millanterie; frai
divoti quelli fono più finti, e più feia-
gurati, che vogliono fpacciare più di¬
vozione . Imparate di grazia a conofce¬
re il vifaggio dalla mafehera, Tapparen-
za dalla verità . Nel cuor degli Uomini
vi fono tante firade coperte-
Buon. Signor Dottore delle firade coperte,
già fo, che tutto il Mondo viene a bat¬
tere al veltro ufeio per de i configli, e
che voi potrefte fervire per Pedante a
Senocrate, e per Maeftro di cafa a Cato¬
ne ; ma pure io, per volta, fono
PRIMO. 19
ufcitoda i Pupilli, e voglio fare i fiuti
miei lenza il confenfo dei Pedanti, e
de’Tutori.
Cka. Nè io pretendo di fare autorità co>
miei configli, nè di far da Tutore a ve¬
runo , Io fon femplice, e di groflimo in¬
tendimento, più d’ogn’altro; ma fono di
villa più fina di voi per conofcer fotto
certe pelli agnelline qualche anima di
Lupo, e di Caprone affamato della vo¬
lli'a roba , e del voftfo onore . Cogna¬
to, i veri Uomini dabbene deono rifpet-
tarfi, ajutarfi , e venerarli da tutti, lo
pure per loro fervizio fpenderei tutta la
mia Cafa, tutto il mio fangue. Ma certi
falli Bacchettoni, certi Ciarlatani di di¬
vozione, che fanno mercanzia d’un ba¬
ciatela , e d’una limofina offentata per
trafficar credito , e dignità^ echecuo-
prono fotto il manto del zelo il defide-
rio di una vendetta, e l’ambizione d’u-
na carica, e gli ardori per un belvifo;
certi Ermafroditi dipolitica, e di zelo
di pietà, e d’intereffe : certe Arpie col
vifo di divozione, e con tutto il reffa
fcelleraggine, vorrei efiliarle dalle Cit¬
tà , dalle Provincie, e dalla natura me-
defima. Buonafede, non mi fate più di¬
re , ed intendiamoci in poche parole ; fe
Don Pilone fi fente fpirato di fer vire a’
B z pò-
ao ATTO
poveri ammalati, mandatelo allo Spe¬
dale, che tutti quei letti fono pieni, del
redo, quando mia Sorella fi fente male,
o fatela fervir da Dorina , o mandatele
qualche migliore aliate per la fua cura.
Buon. Avete finito di dire,Signor Cognato?
dea.Ho finito.
Buon. Buondì a V. S. Vuole andarfene.
dea. Sentite un’altra parola.
Buon. Buondì a V. S.
dea. Una fola.
Buon. Buondì a V. S.
dea. Non a quello propofito nò: ditemi:
non avete impegnata voftra Figliuola
a Valerio?
Buon. Sicuro.
dea. Avevate ffabilite le nozze .
Buon. Sicuriffìmo.
dea. Perchè ora differirle ?
Buon. Non fo.
dea. Avete in capo qualche penfiero ?
Buon. Eh, chi fa .
dea. Ma volete adeffo mancare di parola ?
Buon. Chi dice quello ?
dea. Non mi pare, che li poffano elfere
impedimenti.
Buon. Secondo.
Clea. E ci va tanto adeffo a cavarvi una pa¬
rola di bocca? Valerio mi fa palfare
queff’uficio con voi.
Buon. Sì
PRIMO. zi
Buon. Sì bene.
Clea. Che gli ho da rifpondere ?
Buon. Quelche volete.
Clea. Bì fogna, che mi fpieghiate il volito
penfiero, in tutto quelche volete fare.
Buon. Quelche piacerà al Cielo.
Clea. Venghiamo alle ftrette: Valerio ha
la voftra parola , non è vero ?
Buon. O fe v'ho detto di sì.
Clea. Peniate di rnantenerglierla sì, o nò !
Buon. Buondì a V. S.
Clea. Ricordatevi, che Valerio è Uomo di
flocco.
Buon. Buondì a V. S.
Clea. Ha danari, parentele > protezioni ; e
la ragion dalla fua.
Buon. Buondì a V. S. parte.
SCENA SESTA.
Cleante folo.

EO Buon anno, e ’1 malanno, che vi colga.


povero cervello di Buonafede,
dove fei andato! Povera mia Sorella !
Poveri figli ! Ma quella è una pazzìa,ed
una miferia infieme delle più grandi,
che io abbia vedute : e pazzìa, e mife¬
ria fenza rimedio ! Penfo alle volte s'io
fono, o s’io fon fuori di me ! Scandalez-
zarfi con la moglie > perchè non vuole
B 3 fta*
M ATTO
flar fola in camera col Bacchettone ! E
pure converrà, che io ci metta le mani.
SCENA SETTIMA.
C A MERA.

Mariana.
OHqueft’altra!
povera me ! Mi mancava adeffo
Jer l’altro Don Pilone mi
ruppe Io fpecchio fui tavolino, dicendo,
che le fanciulle vi veggon dentro una
brutta figura con le corna : ed ora fta
con le forbice tagliandomi loftrafcico
di due gonelle con pretefìodi rivenire
una povera Vergognofa, E quando mai
verrà fora, che io parta di quella Cafa
per togliermi dalla foggezione di quell’
Ipocrita faltidiofo ? Se la Sig. Madrigna
mi fa la parte in tavola, D. Pilone vuol,
ch’io mi mortifichi,e levandola dal mio
piatto, crefce la porzione al fuo Cheri-
cq. Se Dorina mi porta da bere, Don
Pilone m’afiàggia il vino - - - Ecco il Si¬
gnor Padre.
SCENA OTTAVA.
Buonafede, Mariana.

Buon. yCAriana ?
Mar. ivi. Signor Padre ,
Buon.
PRIMO. 21
Buon. Senti un poco, ch’io ti voglio dire
due parole a quattr’occhi : ma afpetta,
mi voglio bene afficurare, che alcuno
non ci afcolti.
Mar. Che vorrà dirmi coftui !
Buon. Orsù a noi: Mariana, figliuola mia,io
t’ho conofciuta Tempre d’una inclina¬
zione affai docile, e per quello io t’ho
voluto, come tu fai, tutto il mio bene.
Mario ben fempre mi fono accorta del Tuo
amore, e le ne refto molto obbligata ;
promettendole di fecondare in qualun¬
que occafione il fuo genio, con una vera>
ubbidienza a i Tuoi comandi.
Buon. Così va detto, figliuola mia.
Mar. E così và fatto, Signor Padre.
Buon. Oh cara la mia Mariana ! Or dimmi
un poco, che dici tu veramente del no-
ftro Ofpite Don Pilone ?
Mar. Chi ? io ?
Buon. Tu sì, che ne dici? Guarda bene, co¬
me rifpondi, 'figliuola mia.
Mar. Mi trovo addio intrigata ! Ne dirò
tutto quelche vuole , Signor Padre.
Buon. Tu parli da Penelopina : dimmi dun¬
que così, fe tu brami di darmi gufto: Si¬
gnor Padre, che Uomo dabbene , che
Uomo giudiziofb, che Uomo difinvol-
to,che Uomo gentile è quel noftro Don
Pilone; Di grazia, Signor Padre, da-
B 4 te-
24 , ATTO
temeloj fe vi piace, per marito.
Mar. Eh ?
Buon.Choc è Mariana?
Mar. Che ha detto Signor Padre ?
Buon. Ho detto - —
Mar. Me io dica un’altra volta, che temo
d’aver frantefo.
Buon. Un’altra volta ?
Mar. Sì un’altra volta, che io non ho intefo
il nome di quell’Uomo dabbene, giudi-
ziofo , e difinvolto, ch’io l’ho da volere
in tutti modi per Marito, e ch’io l’ho
da chiedere a V. S.
Buon. Don Pilone.
Mar. Mi perdoni, Signor Padre, non vo¬
glio dire una bugìa.
Buon. Mi perdoni, Signora Figliuola, io vo¬
glio, che quella fia una verità; e per dir¬
tela com’ell’è , queft’appuntoè quelch7
io ho rifoluto.
Mar. Quello Marito mi vuol dare?
Buon. Quello Marito. Ho ftabilito di far
queiVonore a la mia cafa, e dare nell’if-
téllò tempo un direttore ali’antma tua,
iperandò,che quella fanta elezione
SCENA NONA.
Dorina , e detti.
Segue Buonafede /"^He fate colla Madon-
vedendQ Burina* m Dorina? oh quella
curiofi-
PRIMO. 25
curiofitàdi fentìre i fatti degli altri mi
pare un poco impertinente !
Dor. Io flava a fentire,ehe fo, che V. S. non
difcorre con la Signora Mariana di cofe
importanti , ma le dà la burla al fuo fo-
lito per pigliarli gullo di lei.
Buon. Che burla, e non burla ? che non è
forfè affai proprio, e verifimile quelche
ho propello a mia figliuola ?
Dor. Uh mirate Signora Mariana, come fa
la faccia tolta,non par,che dica davvero?
Buon. Dico davvero, e troverò il modo di
farvelo credere .
i Dor. Ma fiete burlone eh Signor Padrone !
elefapete infilare in una certa manie¬
ra, che par, che abbiano a fuccedere
perTappunto.
Buon. E per Tappunto fuccederanno.
Dor. Ve, ve Signora Mariana, non può
tener le rifa il Signor Padre !
Buon. Mariana , non ifcherzo, e non rido
da Uomo d’onore, fapete.
Dor. Via, via, che Mariana è trilla, e non
le può credere tanto fpropofitate.
Buon. Torno a dirvi-
Dor. Non ci s’affatichi nò, che non la paf-
feremo mai. Oh fe le corre la buggia fu
pel nafo, Signor Padrone /
Buon Poffare il Mondo, mi fa re Ile - - - -
Por. Crediamola, via crediamola. Peggio
per
a6 ATTO
per voi. E vi par cofa da venire in capo
ad un’Uomo di cervello,come voi liete.
Buon.Senti Madonna Dorina: tu hai co¬
minciato tanto ad affratellarti con effò
me , che io ci ho poco guido, fai la mia
Ragazza.
Dor. Non entri in collera nò,Signor Padro¬
ne; fa pure, che il Signor Don Pilone
vuole, che V. S. parli fenza rifcaldarfi.
Se grida più, lo chiamo ve. O fenta per
amor del Cielo . Ma burla, o dice dav¬
vero , d’aver fatto quello Parentado?
O non farebbe meglio gittar Madama
Mariana nel pozzo, che darla a quel
Baron pidocchio?.
Buon. Che sì, che ti do un moftacione sfac¬
ciateli
Dor. Lo chiamo ve, fe fi fcandalezza.
Buon. Se egli è povero,e per quello io voglio
follevarlo, e lo merita ; perchè è di ven¬
tato povero per poco badare a quelle
cofe temporali ; So io, e lo so dalla fua
bocca;fai, che al fuo Paefe ha impegna¬
to un Feudo per far limofine ; e che ha
venduto un titolo di un fuo Marche-fato
per mettere al Mondo due Zittelle,que¬
lle co fa me l’ha dette egli medefimo..
Dor. Se ha dati via i Feudi, gli fono reftati i
Sudditi nel terraiuolo. O fe Don Pilone
fi vanta di qtiefte cofe, ora fi, che gli
credo
PRIMO. *7
credo meno, che mai. E le buone per-
fone non hanno tanta vanagloria, fape-
te ? Ma lafciamo dare adeflò i Feudi, e
i Marchesati : venghiamo un pò a lui,
a lui. Chivolete , che mai abbia genio
con quel piollo fificofo, fciatto , puzzo¬
lente ? Eh che burlate, Signor Patrone?
Buon. Figliuola > fo , che tu Tei fa via , e che
non baderai alle ciarle di quella fci-
munita. Puoi credere , che io penfo al
tuo bene (lare, e perciò pii fon pentito
d’accafarti con Monsù Valerio. Egli è
nn garbato giovine , ma per dirtela,
giuoca volentieri, e non è perfona d’a¬
nima , fai Egli (la inginocchiato con un
ginocchiofolo, e mi ha modrato certi
legni di poca pietà, che m’hanno dato
nel nafo affai.
Dor. I fuoi giuochi, po’poi, fono Ran¬
dellacelo , Nomagrè, Sembolino, e li¬
mili giuochi innocenti.
Buon. Chi parla con te, Dottorina ? Final¬
mente l’effèr Uomo dabbene, Maria¬
na mia, è ’l maggior capitale del Mon¬
do , eiosò, che benedirai mille volte
la mia elezione . Voi darete infieme,
come due Tortorelle.
Dor. Mariana^ farà la Tortorella, ma Don
Pilone farà il Nibbio.
Buon. Nè manco ti vuoi chetarePti dico,che
, non
4S A T T O
non mi rompi il filo del ragionamento;e
che non metti il nafo dove non ti tocca *
Dor. Lo dicea per Fafiètto, che vi porto io*
Buon. Che ne fai un poco troppo ! quietati,
hai intefo.
Dor. Se io non vi voleffi bene
Buon. Non mi curo del tuo bene.
Dor. Ed io ve ne voglio volere , a voflro
difpetto, ora.
Buon. O buono.
Dor. Mi preme la voftra riputazione, e non
vorrei che facefte dire di voi.
Buon. Falla lunga.
Dor. Mi par di metterci di confcienza a
non vel dire .
Buon. La vuoi far finita Raccanellacia ma¬
ledetta, che’lDiavol ti porti via — -
Dor. Uh, che cofa dite, una perfona buo¬
na come voi !
B uon.Ma tu farefii frappar la rabbia a Don
Pilone medefimo. Or fa, che tu non
apra più bocca, fe no mi fentirai.
Dor. O via non parlerò più; madelreflo
non poffo far dimeno di non ci penfare
Buon. Penfaci quanto vuoi, purché tu non
ci metti la lingua-E così, figliuola
'mia, io, come perfona di cervello-
Dor. Di cervello ! eh arrabbio pure di non
poter più parlare.
Buon. Confiderando, che Don Pilone, bea*.
che
P R 1 M O . z9
che (ad ogni pocofi volta a veder fe Dorina
parla. ) avanzato d’età, è un /oggetto --
Dor. Bel /oggetto !
Buon. In cui concorrono tante eccellenti
qualità — -
Dor. Se l’aveffia pigliar per fòrza, io glie
la vorrei far vedere il primo giorno.
Buon. E pur me le voi cavar di mano a mio
difpetto !
Dor. Con chi l’avete?non parlo già con voi.
Buon. Oh che facevi adeffo ade/ìo ?
Dor.Parlava con me.
Buon. O bene, o bene ; orsù guarda Dorina,
io ( Si mette in pofitura di darle un mojia-
cione, e Dorina fia cauta di non parlare
quando lo vede ) t£ lo mifuro ; alla prima
parola quello è tuo. Tu dunque,figliuo¬
la mia, piglialo /opra di me lenza farli
più parole - -- - perchè finalmente tu fei
mio /àngue - - - - e premendomi la tua
foddisfazione---- Dorina non parlar
con te.
Dor. Non mi dico più niente.
Buon. Una parolina fola lòia, ba/la.
Dor. Non dubitate nò .
Buon. Che ti voglio buttar giù due denti.
Dor. Sarò matta, fe credete.
Buon. Concludiamola in fine Mariana mia,
ubbidifci atuo Padre fenza replica, e
ubbidifci volentieri.
Dor.
5o yv ^ A T T 0
Dor. Tant*è;è un Baroncione,non Io piglia¬
te; sì bene, è un Baroncione * fuggendo .
Buon. Una barona, e un infoiente lei tu;
Ma ti dice buono , che io fono (tracco, e
non fono in flato di correre : però te la
ferbo; te la ferbo da Uomo d'onore.
Mariana, voglio levarmi dalfoccafione
proflìma di fcandalezzarmi; vado a sfu¬
mare un poco la collera: ci riparleremo.
SC EM A DECIMA.
Dorma torna, e Mariana .
Dor. A che avete la bocca cucita, Si-
JLVA gnora Padroncina, che non a-
vete fatta una mezza parola ! Oh cam¬
pita ogni cofa io, e voi tempre zitta ? Fi¬
nalmente fi taglia fui voftro panno, e fe
nient'è, vi avete da ftar voi, e non io.
Mar. Che volevi tu, che io replicaffi a mio
Padre.
Dor. I voftri fatti, Signorina.
Mar. E come ?
Dor. E come ? gli avrei detto ,* che quanto
al Marito lo volete a voftro modo,e non
a fuo ; perchè fe Don Pilone gli par bel¬
lo , e buono, fe lo pigli per fe : che voi
glie lo lafciate tutto fenza invidia, e
che andrete ancora alle fue nozze.
Mar. Ho tanta foggezioae del Signor Pa¬
dre,
P R I M 0. 31
dre, che non mi darebbe l’animo di dir¬
gli una cofa di coterta forte.
Dor. Signora, ditemela guitta ; Valerio, voi
fapete in quali trattati flava con Mon-
sù Buonafede, voi veramente gli vole¬
te bene sì, o nò ?
Mar. Mi fai torto a dimandarmene, Dori¬
na , tu fai bene quali confidenze ti ho
fatte de’ noftri affètti.
Dor. Che so io, fevoi dicevate di volergli
bene davvero.
Mar. E maggior torto mi fai a dubitarne >
Dor. Dunque glie ne volete ?
Mar. Affai, affai.
Dor. E per quanto fi vede, Monsu Valerio
vicorrifponde.
Mar. Mei perfuado.
Dor. E vi piglierefte per ifpofi ?
Mar. Più pretto oggi, che dimani.
Dor. Ma in ogni cafo, che vottro Padre vo-
leflè forzarvi a pigliar colui, qualpen-
fiero farebbe il vottro ?
Mar. Di darmi prima la morte.
Dor. Bella cofa! crepare per ufcird’intri¬
ghi ! Scioccatila; aver animo di mori¬
re , e non averlo di dir due parole a fuo
tempo.
Mar. Che ci faretti, s’io fon timida ?
Por. Ma rinaamorate non hanno da aver
paura.
Ma*.
3X ATTO
Mar.Ma più arditi debbono effer gli aman¬
ti. Tocca a Valerio a far lefue parti,
ed a farli vivo col mio Genitore .
Dor. E che ci ha da fare il povero Valerio ,
fe quei Chi anco del Signor Padre gli
manca ora di parola, per volerli far
genero Don Pilone?
Mar. E che ha da far la povera Mariana, fe
mio Padre ricufa adelfo le nozze di
ValerioPMoftrarfi fpafimata di lui con
qualche sfacciata dimoftrazione, che
ripugni alla convenienza di Dama, e
di Fanciulla?
Dor. Dunque non vi darò a dir altro : veg¬
go , che liete inclinata a maritarvi con
Don Pilone : ci metterei di cofcienza ,
s’io cercaffi difiorvene, perchè a confi-
derarla ben bene, è pofato ; e quando
filaccia la barba, e fi levi un poco la
prima pelle, non farà tanto brutto,
nè tanto ruvido, quanto pare adelfo .
Mar. Oh Dio /
Dor. Bella cola farà quando voi andrete
per le firade, e tutta la gente vi dirà ;
Madama Mariana , raccomandateci
alle orazioni di veltro Marito.
Mar. Non mi far di grazia quelli difeorfi.
Dorina,io mi rimetto nelle tue braccia,
e fon difpofta a far quanto mi configli.
Aiutami,ti prego,perchè Valer io fia mio.
Dor.Non
PRIMO. ^ 33
Dor. Non è dovere, ch’io faccia, nè che cer¬
chi di levare una Figliuola dall’ubbia
dienza di fuo Padre. Ancorché egli
volelfe darvi per Marito uno Scim¬
miotto, ripugnerebbe alla convenien¬
za di Dama , e di fanciulla , fe voi gli
ftete a replicare. Anzi per dirvela , io
non mi lafcerei frappale quella buo¬
na occafione. Confiderate un poco al
parentado, che voi fiete per fare, e a
quel l^el Feudo, che il Signor Marche-
fe Don Pilone rifcuoterà con la voltra
dote. Che bella feda vi farannoi vo-
ftri Sudditi la prima fera , che arriva-
rete a’ vortri cartelli! Quanti Pedini di
ballo, quanteGiodre, quante Com¬
medie, dove che il povero Valerio ap¬
pena potrebbe farvi una feda di Bura-
tini.
Mar. Mi fono tante ponture all’anima co-
tedi tuoi detti. Deh penfa, dico, a
foccorrermi.
Dot. Eh la mia abilità, non vai nulla, Si*
gnora Marchefa Mariana.
Mar. Deh non ini burlar di vantaggio .
Dor. Io burlare? Mi maraviglio. Signora
Marchefa Mariana /
Mar. Ah ingrata Dorina così mi tratti eh ?
Dcr. L’avete voluto ; tenete velo ,
Mar. Placati cara Dorina f
C Dor
ATTO
Dor. Oibò.
Mar. Fa , che Valerio-
Dot. Don Pilone, Don Pilone farà vedrò ;
e ve ne leccherere le dita ancora.
Mar. Orsù, giacché Dorina miniegafoc-
corfo,lo chiederò ben io alla mia difpe-
razione. Ho più pronto, che non pen-
fi, il rimedio a i miei mali, ed ho in
mio potere adòluto il ricovero delle
mie difgrazie. Vuol partire.
Dor. Ferma, ferma, SignoraPadroncina;
non ho più (lizza via, venite pur qua,
che mi fono intenerita di voi, e voglio
fervirviin tutto quello, che vi piace.
Mar. Vedi Dorina, o tu fcampami da que¬
lle nozze abhorrite, o tu mi vedrai da¬
re in qualche eccedo.
Dor. O via lafciate fare a me,e non penfató
ad altro.Ecco appunto Monsù Valerio*
SCENA XI.
Valerio, e detti.
Valerrhfà Adama, fi dice una nuova per
IVA Piazza, che me giunta impro-
vifa, ma che veramente è bella affai.
Mar. E che 11 dice ?
Valer. Che voi date fatta Spofa di Don Pi¬
lone .
Mar. Certo, che mio Padre ha quello pen¬
derò.
Valer.
PRIMO. 35
Valer. Voftro Padre dunque
Mar. Si è mutato di propofito, e mi ha prò-
pedo quefto accada mento.
Valer. Parlate da fenno ?
Mar. Del maggior fenno che io abbia : egli
fe nè dichiarato apertamente con me.
Valer. E voi, che penfate di fare ?
Mar. Io non faprei.
Valer.Wavete chiarito!voi non faprefte eh?
Mar. Nò.
Valer. No ?
Mar. Pure, a che mi configlierefte ?
Valer. A fpofar Don Pilone.
Mar. Mi ci configliate veramente ?
Valer. Certo.
Mar. Da vero ?
Valer. Senza dubbio : non potrefte fare una
* ' migliore elezione.
Mar.Bene: dunque abbraccio il voftro con¬
figlio.
Valer. É, per quanto mi pare , Pabbrac-
ciate con poca difficoltà .
Mar. E con meno difficoltà voimeldefte.
Valer. love Tho dato a quefto modo, per
piacervi.
Mar. E, per piacervi, io voglio feguirlo .
Dor. Stiamo un poco a vedere dove Tande-
rà a battere.
Valer. Mariana , e così dunque mi amate ?
ah ; ora mi accorgo, che voi m mgan-
C i jaa-
56 ATTO
nafte, quando per tanto tempo---*
Mar. Non parliamo, di grazia piùdique*
fto. Voi m’avete detto alla libera , che
io accetti quel Marito, che mio Padre
mi propone , ed io mi dichiaro di vo¬
lerlo fare, perchè voi da buon ami¬
co mi configliate.
Valer. Non vi fervite di cotefta coperta nò.
Voi andate più dietro al voftro genio ,
che a miei configli ; e vi fervite adeffo
di cotefto colore per porre una tal qua¬
le apparenza di ragione in faccia al ve¬
ltro mancamento.
Mar. Ammiro i voftri concètti !
Valer. Ed io i voftri penfieri.
Mar. I miei penfieri fono flati Tempre co¬
llanti .
Valer. Non già per me.
Mar. Quello appunto, che dovrebbe dir
Mariana .
Valer. Sì, sì quell’appunto, che dovrebbe
dir Mariana! Ma lamia fede tradita
troverà, come fpero, altrove e della
compadrone, e dell’affètto. Voi avete
chi videlidera per dimane, ed io chi
mi cerca per oggi.
Mar. Di quello ne fon ficura, perchè il vo¬
ftro gran merito----
Valer. Lafciamo il merito da parte, perchè
io ne fono molto mal proveduto, co-
PRIMO. 37
me voi già vi fiete accorta : ma io fpe-
. ro, chela pietà d’an" altra bella ripa¬
rerà ben prefto il danno cagionatemi
dalla vodra perdita ..
Mar. Poco danno vi cagionerà la mia per¬
dita; e penfo, che predo affai vene
potrete coniblare.
Valer. Farò il poffibile, crediatemelo ; e mi
farà molto facile lofcordarmi, in po¬
che ore, di chi s’è fcordata in un mo¬
mento di me . Sì lo farò fenz’altro ; e
farebbe una gran viltà del mio cuore
il ferbar tenerezza per chi modra per
lui tanti dìfprezzi.
Mar. Il vodro amore haftudiato m adirne
di Cavalleria !
Valer. Così fa vede ftudiate il vodro, che
non fa mantener la data fede .
Mar. Che più fede pollo avere in voi, che
fidarmi del vodro parere ? Dio fa, che
la vodra vicina Spofavi fia tanto ob¬
bediente, e voglia credervi alla pri¬
ma , come ho fatto io .
Valer. L’ho tutta a mia difpofizionefenz*
altro.
Mar. Sarei curiofa vederne Tefperienza.
Valer. Non volet’altro ?
Mar. Nò.
Valer. Quedoè un troppo beffarmi ! Mada¬
ma, orsù vado a rendervi contenta*
C 3 Mar.
i
38 ATTO
Mar. Sollecitatevi.
Valer. Dovete però ricordarvi, che voluta-
vete (va per partire, e torna indietro)
follecitato a far quello palio.
Mar. Sì.
Valer. E che quello, che averò fatto, farà
fc!o ad (fempre va per partire , e torna)
efempio voftro.
Mar. A mio efempio fia.
Valer. E quello ri (ponderò a chi mi tacciaf-
fe di mancatore.
Mar. Quello rifpondete.
Valer. Bada, io vò a fervirvi fenz’altro.
Mar. Quanto fiate ?
Valer. Avvertite Mariana, poi non ci farà
più tempo.
Mar. M’avete infaflidita.
Valer. Addio. Valerio fene vd> e nella fce*
na fi ferma.
Mar. Buon viaggio.
Valer. Mi chiamafle, Mariana ? torna.
Mar. Io! Sbagliate Valerio.
Valer. Non occorr'altro, feguirò il viaggio.
Addio Mariana.
Mar. Addio Valerio. vuolpartire. ^
Dor. Ghe fiete matti ch'io fono Hata quieta
fin'ora per vedere dove banda va a fi¬
nire . Monsù Valerio, via burlone,paf-
fate qua. piglia Valerio, ed egli finge
refijìen^a.
Valer.
PRIMO. 39
Valer. Che vuoi Dorina ?
Dor. Che venghiate qua !
Valer. Nò, chela collera m’ha prefo trop-
po. Lafcia , ch'io vada dove mi man¬
da la tua Padrona.
JDor. Dico di nò , venite qua. lo tiene.
Valer. Puoi far di meno, ora fon rifolutif-
fimo così.
Dor. Fatela lunga .
Mar. Dorina, egli ha foggezione della mia
prefènza, farà meglio, ch’io mi levi
qui. Mariana, vuol partire > e Dorina*
tiene lei.
Dor. Tenete quefValtra ora ! Mariana fer¬
matevi .
Mar. Lafciami.
Dor. Qua, qua.
Mar. Non occorre, che tu ci penfì.
Valer. Vedo, che ha confufione di darmi
avanti, voglio lafciarla in libertà.
Dor. Oh mefchina, dov’andate Diavolo!
pallate quà tur ti due . corre a Valerio,
egli tiene tutti due.
Valer. Non occorre,che t’affatichi, Dorina.
Mar. Tu ti ftrachi lènza propofito.
Valer. Che penfate fare ?
Mar. Cheti darebbe l’animo di conclude¬
re?
Dor. Mettervi infieme, perchè facciate la
pace ; e che Cete pazzi eh ?
C 4 Valer.
4o ATTO
Valer, Tu hai fenato , cometa parlato.’
Mar. Tu hai veduto, come rlf ha trattata *
Dor. Poco giudi rio tutti du;è . Signor Vale¬
rio, io fo di certo, che Mariana non
vuol’efler d’altri, che voltra . Signora
Mariana, afiicuratevi, che il Signor
Valerio prima, che pigliare un'altra
Moglie, morrebbe come le zucche.
Mar. Ma perchè darmi un configlio di
quella forte.
Valer. Ma perchè dimandarmelo ?
Dor.Oh buono, oh ora ci date. Datemi
la mano tutti due, prefio, a noi.
Valer. Eccotek, che ne voi fare ? gliela dà,
Dor. E voi datemi la voltra dico.
Alar. Prendila , ma a che ferve ? glie la dà*
Dor. Via accollatevi, fatevi pregare. Eh
furbarello . Son più pazza io, e voi ca-
fcate morti firn delfaltro, e vi volete
far tirare le calze.
Valer. Ma non mcftrate dunque tanta re¬
nitenza , ( Mariana lo guarda forriden-
do.) o Mariana, e non mi guardate
con occhio sì adirato.
Dor. Ah trilli. „
Valer. Ma veramente5Madama,vi pare an¬
cora d'aver ragione, prendervi fpalfo
in quella guifa di tormentare le mie
fperanze .
Mar. Ma veramente, o Valerio, volete am
cora
j'RIMO. 41
cora follenere il vollro detto ?
Dor. Ohferbiamo un poco quelle cerimo¬
nie a un’ altra volta, e penfiamo fc-
riamente a difturbare quello Matri¬
monio col Bacchettone.
Mar. Che s'ha dunque da fare ?
Dor. Vedete ; veltro Padre fe Pè ora incap¬
pata , e non bifogna pigliarlo dipetto.
Fingete d'acconfentire alle fuerifolu-
zioni, ma pigliate più tolto un poco di
tempo , fotto qualche pretefto ; al che
meglio penfaremo.
| Mar. Quelt'è quel, che farà difficile.
Dor. In cafo di difperazione, ci va poco a
metterli a letto ammalata; o pure di-
mattina quando vi levate, finger d'a¬
ver fatto un fognaccio brutto; per e-
fempio d'aver veduto impiccato il Si¬
gnor Don Pilone;d'aver fentito fgnau-
larei gatti vicino all'ufcio di camera
vollra, per differir le vollre nozze ad
un giorno, in cui non abbiate cattivi
augurj *
Valer. Non mancheranno invenzioni.
Dor. Signor Valerio, voi non perdete tem¬
po, andate a trovare i mezzani, che vi
avean data la parola per parte diMon-
sù Buonafede, e fate vive le vollre ra¬
gioni, perchè vi fia mantenuta. Noi in
j» tanto vedremo d aver dal noltro par¬
tito

.
4% ATTO PRIMO,
tito la Madrigna > e Monsù Sapino^
ed in qualche modo imbroglieremo le
cofe; andate.
Valer. Tenterò tutti i mezzi, tutti gli sfor¬
zi immaginabili : ma pure la maggior
mia fiducia è nella voftra cofianza , o
Mariana .
Mar. Della mia volontà potete prometter¬
vi lenza dubbio , così ci promettefimo
della volontà di mio Padre !
Valer. Purché voi vogliate efier mia > di vo¬
lito Padre mi prendo poca foggezione.
Dor. O andate, e finitela, che non vi ftac-
chereftepiudiquì.
Mar. Di mìo Padre pur troppa foggezione-
Dor. E voi chetatevi, elafciatelo andare.
gli fiegue verfo la Scena .
Valer. Che in fine non può violentare - - - -
Dor. Dico, chela facciate finita.
Mar. Ma il rifpetto di figlia-
Dor. Ma il malanno, che vi pilucchi.
Valer. Ma firn pegno di fu a parola-.
Dor. Ma il canchero, che vi mangi. Voi ti¬
ratevi in là > e voi andate a fare i fatti
voflri * Gli fpìnge dentro a forza fiaccai
doli.

Fine dellAfto Primo •


4?
ATTO SECONDO
SCENA PRIMA.
APPARTA MENTI.

Mornù Sapino , e Dorina.


Ffe del Mondo , ch’io farò de¬
gli fpropofiti lenza aver ri¬
guardo o a perdere il rifpetto
a mio Padre, o a giucarmi la
Cafa, ed il Paefe. Alla fine, fe mio Pa¬
dre non ha fpirito, faprò inoltrarlo ben*
io : e così giovane, come io mi fono , tu
falche foglio levarmi le mofche dal na-
fo, Vecchio rimbambito fpropofitato !
Dor. Bel bello, Monsn Sapino ; non vi la-
fciate in quella guifa trafportar dalla
collera, nè vi lafciate ufcire limili pa¬
role di bocca.
S^p.Saranno parole,e fatti;e faranno pretto.
Dor. Flemma, flemma Signorino : final¬
mente voftro Padre non ha fatt’altro,
che difcorrerne un poco a Mariana, e
tutto quello, che fi dice , non fi fa.
Sap. Per quel Bacchettone mio Padre fa¬
rebbe quello, e peggio ; ma io gli dirò
due paroline alforecchie, che mi farò
ben intendere.
Dor. Sovvengavi, che liete fuo figliuolo; nè
• al-
4$4 ATTO
alcuno giammai vi loderà, che gli per¬
diate il rifpetto. Fate a mio modo, la-
fciate fare alla voftra Madrigna, la
quale, come voi fapete, ha grande au¬
torità fopra il genio di Don Pilone ; e
fe folle vero > come io ho fofpettato ,
che egli nella alquanto innamorato,
ella farà il cafo per tenerlo divertita
dagli affètti di Mariana. Credetemi,
chevuoreffèr bella.
ISap. Non mi difpiace il tuo penderò.
Dor. Ed appunto il fuo Compagno nfh3>
detto, che egli fta facendo orazione, e
che tra poco calerà a baffo per tratte¬
nerli , cred'io, al fuo folito, con Ma¬
dama . Voi fcanfatevi un poco, eia-
fciatelo afpettare a me.
Sap. Ci voglio efler predente ancor io.
Dor. O quello nò , bifogna lafciargli st
quattr'occhi.
Sap. Gii ialcerò parlare tra di loro.
Dor. Dico,che bifogna andarfene ,Dotto¬
rino , perchè ne fare (le qualcheduna
delle voftre, e dareffe nelle folite leva¬
te. Andate di grazia a fare i fatti voftri.
Sap. Nò : voglio afcoltare per curiofità,
dietro a quella portiera, e ti promet¬
to di non far delle mie.
jpor. Siete importuno in verità ! finitela ,
che Don Pilone fcende adelfo ; naf*
COIl'
SECONDO. 45
condetevi. Sapìno fi naficonde dietro aL
la portiera.

SCENA SECONDA.
Don Pilone e\ce parlando verfio la Scena >
e Dorina.

D.Pii. Talloncino, lava ben bene quel


Jl mio cilizio infanguinato , e
metti due altre punte di chiodo alla
difciplina. Se la Serva entraffè a fpaz-
j zare la Camera, fovvengati di tenere
gli occhi baffi, e nafconditi inginoc¬
chiato dietro al letto.In cafo,che qual¬
che buona perfona veniffè per vifitar-
mi, dille che fono andato alle Stinche
a portar certe limofine a quei poveret¬
ti , e di poi vado a cafa di quella ver¬
gognerà a portarle due giunte per la
ina gonella.
Dor. Che affettazione! - - -- SignorDon
Pilone la riverifeo : preghi il Cielo per
me, che mi faccia buona.
D. Pii Ah figliuola !
Dor. Che vuol dire, che vi voltate in là ?
mi puzza il fiato forfè ?
D.P/7. Pur troppo fa di cattivo odore la tua
sfacciataggine. Accodati, che io ti
copra cotefta ignuda profpettiva di la-
feivia col mio fazzoletto. vuoi co¬
prire
46 ATTO
prìre il feno a Dorina col fazzoletto.
Dot. Nò io, nò io, fa di quegl’intigoli > che
portate alle vergognofe. Ma a che fi¬
ne mi volete coprire?
D. Pii Per afficurarmi dalla tentazione .
Dor. In quelle tentazioni voi ci flètè più
tenero di me ; perchè io, fe vi vedefli
nudo da capo a piedi, certo mi farefie
meno appetito affai di quello, che me
ne facefiè un bel cofciodi prefduto.
D. Pii Più modella ne voltò difcorfi Do¬
rina , o io me ne vado pel fatto mio.
Dor. Quello poi nò; più tofto me n'andrò
io, fevi fcandalezzo. Yi voleva dire
una cofa fidamente, ed è, che la mia
Padrona avrebbe bifogno di parlarvi -
D. Pii. Volentieri.
Dor. Come se rallegrato tutto eh / Ci giu¬
rerei , che n'è innamorato. Mi difpia-
cc, che ella terrà a fcommodo un po¬
co quei poveri prigioni, e quelle pove¬
re vergognofe.
D. Pii Tutta è carità, figliuola mia. Ma
verrà prefio Madama?
Dor. Si copriva il feno, e veniva.
D. Pii. Madama mi edifica i n tutti i modi.
Sarà forfè meglio, ch'io vada in Ca¬
mera a trovarla, perchè non s'inco¬
modi tanto.
Dar. Nò, nò, Madama è convalefcente,
ha
SECONDO. 47
ha gufto dffifcire un poco per fare del-
. rderdzio.
D. Pii. Ma è già mezz’ora, chel’afpetto.
Dor. Madama,fi cuopre, e fi sbrighi; le ver-
gognofe sbadigliano , e i prigioni be-
ftemmiano : Ma eccola , che viene.
D. Pii. Dorina, può etìfer , che Madama
aobia da trattar meco di qualche fcru-
polo, fopra le cofe, che accadono fra
i Maritati. Voi fiete fanciulla , non è
bene, che Aiate a fentire .
\Dor. Puòefière, che fia qualche fcrupolo
fopra un certo Matrimonio . Ora me
ne vado.

SCENA TERZA.
Don Pilone , Eìmira.

£), Pii. Ti fi A dama, io prego il Cielo , che


IVI per faa fomma bontà vi dia
la fallite del corpo, e delfanima, e
che benedica i volt-ri giorni a quel fe-
gno, che lo può defiderare q netto po-
vero peccatore .
Elm. Obbligata alle grazie , che mi fa il Si¬
gnor Don Pilone. Ma farà meglio,
che prendiamo una Sedia per ciafcu-
no, affinchè ci parliamo con più como¬
dità . figgono.
D. Pii Lo farò per ubbidirvi; e voi dovete
far-
4$ ATTO
farlo ^ perchè Cete con valefcente ; che
del refto non è troppo bene il dar tanti
comodi a quello noitro corpaccio. Or
ditemi, Signora ; come? vi fiete rimeffa
bene in fallite ?
Elm. Affai bene, piacendo al Cielo.e quella
febbre non fu altrimente, che efimera.
D. Pii. Le mie fredde orazioni non hanno
quel merito, ch'io vorrei ; ma per al¬
tro, io v’afficuro, ch'io mi fono ricor¬
dato principalmente di voi; e quella
notte, che ftefe tanto incomodata ( il
Cielo non l’abbia amales'io Iodico)
mi levai due volte a difciplinarmi per
voftra cagione.
Elm. Troppa pena vi fiete prefa, o Signore ,
della mia malattia.
D. Pii Afficuratevi , che per toglierla a
voi, l’avrei prefa volentieri per me,
cara mia Signora.
Elm. Cotefto è un’amor del proffimo trop¬
po eccedente !
D. Pii Giammai potrei far per voi quanto
meritate.
Elm. Io ho voluto parlarvi in quello luogo
d’un certo affare , ed ho molto ben
caro, chefiamo reflati qui foli.
D. Pii E quello è quello, che voleva io, o
Madama, e per avere una limile occa-
fione con voi, mi fon raccomandato al
SECONDO. 49
Cielo più d’una volta , e Tho fatto raC*
r comandare ancora alle orazioni del
mio compagno .
Elm. Quel che defidero da Voi è, che mi
parliate con libertà, e che non mi ce-
j liate alcun fegreto del vottrocuore.
D. Pii. Piacele al Cielo, che voi me lo ve¬
dette , oSignora, e conofcerette , per
qual motivo io non poteva fòpportare,
che voi ricevette tante vifite famiglia-
ri, e che legafte tanta gente con le vo-
flregentili attrattive. Vi giuro , che
nonio faceva per volervi male, anzi
era più torto un zelo, ed un finceriflì-
mo affètto - - - -
Elm. E per tale io l’ho fempre creduto, e
credo, chel’intererte della mia fallite
v’abbia , cagionato verio di me tanta
attenzione al mio operare.
D. Pii Sì Madama, ed ho tal paflone , che
fiate buona . la piglia per le dita.
Elm. Ma voi mi rtringete troppo le dita .
D. Pii E impecetto di zelo, o figliuola, del
retto non ho avuto penfiero di farvi
male, ma più torto — - - le mette la ma*
no (opra un ginocchio.
Elm. Le mani a voi, Don Pilone *
D. Pii Mi pare pur benfatto queftodrap*
po! TattavaLabito, fapete .
Elm. Nò , non fate , che io foglio curar
D
50 ATTO
troppo il folettico. Sì ritira conia Se¬
dia , e Pilone vafeguendola.
D. Pii Ma quelli fioretti così minuti fiati¬
no in una difpofizione maravigliola !
in fomma in quefte drapperie il me-
fliere è arrivato aireccellenza !
Elm. Nella pezza fi vedono meglio, Signor
Don Pilone; ma torniamo alnofiro
propofito_-
X?.P. E ben male, che il lufiò umano, o
Signora, arrivi aqueftofegno, e che
fi tengono oziofi tanti tefori, co’ cjuali
potrebbe mantenerli gran quantità di
poveretti / (le mette la mano al feno , )
Per e Tempio, col valore di quella
Giardiniera-
Elm. Non la toccate, che non è troppo be¬
ne appuntata.
D. Pii' Ma voi liete obbligata in cofcienza
a tenerne conto, o Signora, però ap¬
puntiamola bene.
Elm. Fermatevi : balla non toccarla, per¬
chè ftia falda . Torniamo a noi. Dico¬
no , che mio Marito abbia impegnata
la parola per maritare adefib Mariana
con voi, di ciò ne fapete niente ?
D. Pii Quella mattina,dopo la conferenza
fpirituale, egli me ne ha dette due pa¬
role . Ma per dirvela, non è Mariana
1 oggetto dello mie brame ; ed io tro-
SECONDO. 5r
vo altrove delle attrattive molto piìt
amabili, che hanno incatenato il mio
genio. - '
Elm. Tanto mi fupponeva ancor io, perchè
il voftro genio non è per cofe terrene.
D. Pii. Non è per cofe terrene allatto adat¬
to ; ma pure io non ho un core di pie¬
tra nel feno.
Elm. Lo credo tutto tenero per le colè ce-
lelti, e che verun’oggetto di quaggiù
pofla meritare uno de’ voftri fofpiri.
D. Pii. L’è pur la mala cola, o Madama,
che voi non abbiate ftudiato ! L’amo¬
re , che fi accende in noi per le bellez¬
ze immortali, può tener vivo ancora
qualche picciol fuoco per alcuna bel¬
lezza delle terrene; tanto piu,che que¬
lle fon fatte a fimilitudine di quelle, e
prendiamo occafione di lodarne il Cie¬
lo,che ne fu l’artefice.Ne i voftri occhi
vedo io più che altrove brillare delle
fcintille di lafsù per le quali bifogna
reftare neceflariamente abbagliato.
.Elm. Dove vuole andare a battere cotefto
voftro ragionamento ?
D. Pii- Sentite ora il fentimento morale.
Mirando voi innalzo i miei penderi al-
l’autor della natura, e mi lènto Ve¬
gliare per lui un ardentilfima fiamma,
accefa nelle voftre medefinae fembian.
D » a».
5* ATTO
zecche fono tratti tanto limili delle fue.
Blw. Io dubito Signor Don Pilone-
JD. Pi/.Ne dubitai ancor io da 'fuo princi¬
pio , che ciò non foffè inganno del
Demonio, il quale dietro a certe otti¬
me rifleflioni fuol condurre le anime
noftre in qualche errore, e di lì balzar¬
le al precipizio. Perciò feci rifoluzione
di non guardarvi mai piu, {limando
(fciocco che io era) che le voftrebel¬
lezze poteffèro fervirmi d’impacio
nella via della faìute. Ma finalmente
è piaciuto al Cielo di farmi conofcere,
chei miei affètti fono del tutto inno¬
centi, e che poffò fomentarli, fenza
pericolo di ofcurare la purità di cin¬
quantanni di buona cofcienza. Su
quello motivo,e col parere di vatj Au¬
tori,che trattano di quella oneltiffima
paffione, io ho voluto fcoprirvi tutto
il mio cuore,facendovene una umiliffi-
ma offèrta, e pregandovi a tenerlo tut¬
to per voi. Madama, voi liete là mia
fperanza, il mio bene ; voi potete far¬
mi pienamente mifero, o pienamente
felice. Dalla voftra dolciffimabocca
afpetto la fentenza della mia vita, o
la fentenza della mia morte.
' ’Elrfh II difcorfo è flato affai chiaro, e con¬
cludente: benché, per diverla, me
- ginn-
SECONDO. 53
giunto un poco ittafpettàto ! Un' Uo¬
mo del voftro credito, do verebbe tener
piùaffreno gli fmoderati appettiti , e
fare altro concetto delle Matrone mie
pari v Mi maraviglio di voi ! Una per¬
fetta, che attende allofpirito, come
voi fatte-- —
Jp.Pi/. Un, che attende allofpirito, non
può Madama mia, non edere ancor di
carne ; ed un povero cuore, che redi
I! prefo dalla fòrza delle voftre attrati-
ve, non ha più tempo di falvarfi nel
franco della ragione. Della mia pre¬
funzione incolpatene la voftra bellez¬
za fovraumana . Per ogni altra fem-
hianza ho meflo in fuga tutte le tenta-
r zioni al primo colpo di difciplina; ho
mortificato la ribellione del fenfo col
primo pane, ed acqua ; ma per quanto
mi fia sferzato per voftra cagione due
volte il giorno, per quante attinenze di
più abbia taffete al mio corpo peniten¬
te, tanto non ho potuto foggettare la
mia umiltà al configlio, i miei affètti
al filenzio . Voleva io veramente tace¬
re; ma voi non intendefte giammai i
mieifofpiri, fofte Tempre dìftratta a*
miei fguardi. Doveva dunque morire?
Sono a tempo a farlo,fe voi volete. Ma
gettate uno de? voftri fguardi clcmen-
I>3 ti
54 ATT O
ti verfolamia tribulazioneamorofa,
ed inchinate lamaeflàdel voltro bello
divino a degnare la balfezza di quello
niente. Che le voi avelie riguardo agli
fcapitidel vollro onore, crediatemi»
che folamente con me voi potete ellèr
prodiga di grazie lènza fallimento di
reputazione. Guardatevi bensì di dii;
penl'arne alla vanità di certi Amanti
infedeli, che tolgono Tali a queU’amo-
re, che gli conditile a i contenti, per
impennarne la fama di pubblicargli.
Elfi non credono^ abbaltanza onorata
la loro corrifpondenza, fe non pongo¬
no i favori della Dama alla berlina: ed
in fine non par loro di elfer ben cer¬
ti delle loro conquilteamorofe finché
non le vedono defcritte fu le gazzette.
Noi altri divoti fogliam nafcondere
un fuoco, che non faccia fumo, e le
noltre palfioni camminan fempre col-
Torme all’indietro , per deludere la
traccia della critica, e della curiofità.
Madama non potete amare, che Don
Pilone,fe volete amar fenza fcandalo.
Elm. Tutto quello difcorfo mi ha moli ra¬
to , che voi liete un'Uomo più elegan¬
te , che prudente / Ditemi, chi v’alfi-
cura, ch’io non vada or ora a riferire a
mio Marito tutte quelle voltreefpref
fio-
SECONDO. 5| ’
lìoni ? tutti quelli voftri fpiritolì argo¬
menti ? Son certa, che fé egli ciò rifa-
pelfe, vi sbandirebbe fenza replica da
quella cala,e che dimane in cambio di
cercar pietade a’ vollri fofpiri, farelle
venir compaffione a’ vollri sbadigli.
D. Pii. M’affido veramente lopra la voltra
benignità, fperando, che mi perdone¬
rete l’arroganza , ed attribuirete ad
umana debolezza l’inconfiderazione
di quelli trafporti. Madama non dico
altro ; voi liete bella, ed io finalmen-,
te fono di carne.
Elm. Un’altra Donna prenderebbe in que¬
llo cafo degli altri opportuni efpedien-
ti ; ma io per quella volta voglio pra¬
ticar con voi della difcrezione, e della
prudenza. In quanto a mio Marito
fate pur certo, che non faprà nulla di
quello ; con patto però, che a me pro¬
mettiate una cola.
D. Pii. Che non dovrò fare, o Signora , per
vollro fervizio ? Degnatevi pure di co¬
mandarmi .
Elm. Dovete operare con ogni vollro sfor¬
zo polfibile , che Mariana relti fpofata
a Monsìi Valerio, rinunziando voi
medelimo efficacemente a quelle noz¬
ze a voi propelle, in modo che - - r *

d4 sce-
$6 ATTO
SCENA Q_U A R T A.
Monsu Supino , e detti.
Sap- Ti MI maraviglio di voi Madama ! il
irA- negozio s’ha da rifaperè tutto da
capo a piedi. E quando voi non voglia¬
te ridire a mio Padre PimpertinentL
dichiarazioni, che ve ha fatte Don Pi¬
lone, le faprà fenz’altro dalla mia boc¬
ca. Io me nc flava ( come la buona for¬
te ha voluto) qua dietro a quella por¬
tiera, e di tutto quel difcorfo io non ho
perduta una parola. Finalmentemb
balzata la palla; a propofito, per fare
una bella caccia, e vendicarmi di que¬
llo Ippocritone, di quello fcellerato.
Sì, sì fha da faper tutte mio Padre le
fue furfantane, e fha da fapere adelio
.. addio,
Élm. Nò, MonsuSapino, balla, che egli
diventi più cauto per favvenire , co¬
me egli m’ha promelfo ; e nfimpegno*
che io farà.
Sap. Dico, che mio Padre fha da fapere
$ ■.. addio addio,
Elm. Ed io vi dico, che fono in parola così
con lui, e che non voglio entrare in
quelle chiacchiere tanto in cafa, quan¬
to nel visirato, Mwjd Sapino > non f*
S E C O N D 0.
riportano mai (infili cole a i Mariti .
Sap. Voi avete le voftre ragioni, per non dir
niente a vodro Marito,ed io ho le mie,
per dire ogni coda a mio Padre. O que¬
lla non bifogna perdonargliela delira¬
mente. Ha menato troppo tempo pel
nafoilmio povero genitore, e troppi
ftrapazzi ha fatti a tutta la nodra Ca¬
da lo feiaguratore . Avrei pagata una
fimile occafione qualche libra ancora
delmiofangue : o vedete, feadelfo,
che m'è capitata sì favorevole,io la vo¬
glio trafeurare. Sì, sì Tha da fapere il
Signor Padre , la Signora Nonna,
Monsù Cleante, Dorina , e tutto il vi¬
pnato . Lo voglio dir per le botteghe y
per le piazze, e voglio, che diventi la
canzone del Paefe \ Volpone, Mar-
I riolo. Bada coprire il fenoa Dorina,
rammentare al Compagno, che tenga
gli occhi baffi, proibire al povero Sapi-
no, che non cavi dalle dalle la Caval¬
la (torneila quando è venuta in caldo ,
a fine di non far fare atti d'incontinen¬
za a i Polledroni della Città,con ifean-
dalo della gioventù ben aducata !
I Ehn. Monsìi Sapino dico-
Sap. Signora Madrigna, voi buttate cotedo
fiato.Se io non lo diceffi,mi mortifiche¬
rei molto più, che non fi mortificava
Don
58 ATTO,.
Don Pilone, quando fi difciplinava , e
digiunava per le tentazioni, che gli ca¬
gionava la voilra bellezza.Mi par mill*
anni,che mio Padre venga. Ci ho trop¬
po il gra gufto a raccontargelatutta;ed
eccolo appunto, fia benedetto il Cielo.

SCENA QUINTA.
Buonafede, e detti.

Sap. CIgnor Padre,fiete venuto pur a tem-


O po; quella volta ve ne dirò una,che
non ve la farefle mai immaginata.Sap-
piate, che il votlro divotilfimo D. Pi¬
lone ha voluto poco fa contraccambia¬
re con buona moneta tutte le carezze,
e tutto il bene, che gli avete fatto.Egli
non fi è vergognato di machinare de*
tradimenti al vollroonore, ed io con
quelle orecchie medefime ho fentite,
le sfacciate dichiarazioni, che ha fatte
alla Signora Madre in quello luogo;ed
è fiata forte, che io mi ci fia ritrovato,
perchè in quanto a Madama , che è
tutta fa via , e difcreta, era dngià in de¬
terminazione di tacervi l’attentato.
Così flà Signor Padre, ve l’ho voluto
dirio, per fodisfare all’obbligodella
cofcienza , e della reputazione.
Eìm. Certo che dalla mia bocca non fave-
re-
SteCONDV. 59
N tette rifaputo; perchè io, per tue,tengo
quefta maftima,che non fi debbano in¬
quietare i Mariti co’ rapporti di quefta
forte: e purché la Donna ftia ben mu¬
nita di coftanza per guardar la fede
maritale, poco importa il render con¬
to d’ogni piccolo affatto, d’ogni leg¬
giero tentativo . Quello è il mio fenti-
roento; efe il voftro figliuolo avelie
fatto a mio modo, non farebbe ufcito
con voi a quelli difcorfi .
SCENA SESTA.
Buonafede, Supino, Don Pilone.
Buon. /"XUefta sì,che non me l’afpettava!
V^Tvla l’ho da creder veramente.
Signor Don Pilone?
V. Pii. Certo fratei mio: Crediate pure, e
quello è peggio. Io fono un’Uomo cat¬
tivo, un’indegno, un peccatoraccio
pieno d’iniquità. Io lono il più fcelle-
rato,che lia giammai ftato al Mondo ;
e le voi ricercherete tutta la mia vita,
troverete, che fin dal primo punto del
mio nafcere ho commeflo un lenoci-
nio ad ogni paflò, un facrilegio ad ogn’
iftante. Tante ne ho fatte, che la giu-
ftizia del Cielo dovea una volta cafti-
garmi; c fià pur mille volt* benedetto,
che
€ò ATT 0
che a quello conto ha voluto adetfb
mandarmi quella calunnia; dalla qua¬
le neppur voglio fcaricarmi, da che la
vedo fcendere dalla mano divina in
benefizio dell’anima mia. E così, caro
Monsù Buonafede , crediate pure al
voftro Signor Figliuolo tutto quel,che
v’ha detto : ve ló confeffo, fono un tra¬
ditore, un’empio, una fentina di tutte
le lordure, una tana di tutte le frodi.
Cacciatemi pure adefib di Cafa voftra^
ingiuriatemi, trattatemi peggio che
potete, che per quanto v’accordiate
tutti a maltrattarmi, farete femore, a
Fratei mio benedetto, affai meno di
quel che io merito *
Buon. Ah figliuolo furfante, figliuolo fcìa-
gurato / quelle falfità eh , per ifcredi-
re una per fona dabbene ?
Sap. Come farebbe a dite ? e con quelle pa¬
roline melate----
Buon. Quietati lì boccacia d’inferno.
D. Pii Lafciateìo dire il poveretto, Iafcia-
telo dire, egli ha pur troppo ragione. A
lui voi dovete credere, e non a me. Vi
par , ch’io fia perfona degna di creden¬
za ? Eh Signor Buonafede non vi fida¬
te glà di quella falfa apparenza , efap-
piate, che le aimofirazioni citeriori *
che in me avete eonQfgiute3non corrili
pon-
SE COND O . 6r
pendono al mio interno. Sono una vol¬
pe maliziofa, come egli m'ha detto
poco fa: fono un Ipocrita bugiardo , e
merito ornai, che tutta la mia malizia
fa fcoperta in faccia agli occhi di tutto
il mondo. Avete ragione Monsù Sapi¬
do mio caro: dite pure il fatto, volito
liberamente, e trattatemi co5 peggiori
termini , che fapete. Ditemi, prefci-
to , ladro , adultero, afiàfiìno, infame,
indegno divivere, ed'efierfoftenuto
dalla terra : non dubitate , che io vi re¬
plichi una parola, perchè tutto mi (la
bene, beniffìmo, e ve ne bacerò le ma¬
ni per ringraziamento , e m'inchinerò
ancora fino a terra a baciarvene le
piante. D. Pilone s’inginocchia.
.Buon, Non farà mai vero Signor Don Pilo¬
ne onorato, e dabbene ; e tu lo lafci
inginocchiare eh ?
Sap. Come, e voi ve lo lafciate ficcare eh ?
1 Buon. Quietati lì, dico. Ah Signor Don Pi¬
lone fiate fu di grazia, anima buona !
Ah briconaccio, vigliacco - ---
Sap. Dunque — -
Buon. Ancora eh ?
Sap. La rabbia mi divora.
Buon. Se ti fento più, ti vo romper le brac-
eia, furfantone.
Z), Pii Fratel mio Buonafede, non vi la¬
fciate
6x ATTQ
fciate trafportar dalla collera con vo-
ftro figliuolo ; sfogatevi più tolto con
me, che lo lopporrarò volentieri. Pri¬
ma a me cento colpi di baftonate, che
torciate un capello a quel giovanetto
dabbene.
Buon. Ingrato, lo fenti ?
D.Pil. Non lo maltrattate di grazia:Signo-
re vi fupplico con le ginocchia a terra-
Pìnginocchìa.
Buon. Eh ftia sù, che fia benedetta Impara
briccone,impara dalle perfone buone.
Sap. Ma - —
Buon. Se ti fento .
Sap. E pure-
Buon. Se ti fento, dico. Lo fo, che motivo
hai avuto furfantone d’inventarti
quella bella matafla. Sietein quella
cafa tatti d’accordo a perfeguitarlo,
Moglie, Cognato, Figliuoli, Serve,
Servitori, come tanti diavoli Scatenati
contro di lui poveretto! Ma vi verrà la
rabbia canagìiaccia fcomunicata; non
ve n’avete da vantare, no. Ci ha da
Ilare quello galantuomo,a voflro mar¬
cio difpetto ; ce lo voglio : Padron fon
io .Più che glie ne fate,più lo voglio fo¬
llenere . Adelfo adefiòjin queflopunto
vò,che tocchi le mano a Mariana; per¬
chè vi fchizzàao gli occhi a quati liete.
Sflp. La
Secondo. 6*
Sap. La mano a Mariana ?
Buon. A Mariana- Non fon giàfcilinguato.
A Mariana, per far vela vedere. E tu
infame, prima d'ogn'altra cofa, fa,che
tutidifdica adeflò di quel ch'hai det¬
to . Inginocchiati, e chiedigli perdo¬
no , che egli è perfona tanto dabbene,
che ti perdonerà.
Sap. Inginocchiarmi a quello fcellerato ,
che con le fue finzioni diaboliche
Scuoterti il capo ancora ; emaltrat*
tarlo di parole eh ? Un battone, D ori¬
na yun baftone . ( Don Pilone s’affatica
per tenerlo) Signor D. Pilone non mi
tenga per amor di Dio; a noi fuor di
cafaadefiò, briccone, adeflò.
Sap. Chi ?
Buon.Tu, annoi adeffò, e fa, che non ci
capiti più.
Sap. Io non me ne vado ficuro .
Buon. Adeflo /barone vattene ; ti deferedo,
ti disfigliuolo, ti dislegittimo, e ti dò
la mia maledizione. lo fcaccia.
SCENA SETTIMA*
Buonafede, Don Pilone .
Buon. rN quella maniera eh trattare gli
.JL Uomini dabbene /
D, Pii. Cielo, perdonagli tu, che dal mio
canto

i
\4 ATTO
canto io gli ho perdonato.Monsu Buo¬
nafede , vorrei, che mi vede ile in que¬
llo punto il cuore, e conofeerefte qua¬
li fentimenti io m'abbia con quel gio¬
vanetto . Solamente mi Tento toccare
al vivo, quando mi odo tacciare verfo
di voi d'ingratitudine, e di mancanza
di rifpetto alla riputazione della vo¬
lita Cafa.
Buon.Quato ci è di buono,che io vi conofco.
Pii- Il Telo penTare, che qiied'accidente
v'abbia arreccata qualche inquietudi¬
ne , mi cagiona un travaglio di tal for¬
te , che Te il Cielo non m'ajutaffe, da-
. rei la volta al cervello. Dio glielo per¬
doni a Monsù Sapino ; a rammentarlo
fedamente quel buon figliuolo,mi Ten¬
to ferrare il cuore , e m'è venutogli
due volte,dalla violenza della paffione
interna qualche principio di deliquio,
non fenza un poco di fudor di freddo *
Buon. Sudor freddo eh?poverino!fcow verfy
la porta. ) Ah infame traditore, ora sì,
che mi pento di non averti fiaccato un
battone addofiò, ma t'arriverò t'arri¬
verò; efenon t'arriverò io, t'arrive¬
ranno bene le mie Maledizioni. Sudor
freddo, e deliquio eh Signor Don Pilo¬
ne? Vuole entrare un poco nel letto
caldo, vuole un poco di balfamo ?
D. Pii.
I
SECONDO. 65
9).Pii. No, no, farà quel che vuole il Cielo,
Or fentite , caro fratei mio : penfiamo
più torto a levar di mezzo gli fcandaii.
10 per me credo farà efpediente, che
mi permettiate Tufcir di cafa voftra .
Buon. Che avete detto ! Non vi vengono
già quelli penfieri, nè davvero, nè da
burla ; prima voglio mandar via tutti
loro, canagliaccia.
D. Pii. Così io non darò loro tanto faftidio.
Buon. Faftidio eh? Che fiate benedetto!
D. Pii E così elfi non cercheranno di met¬
termi in voftra difgrazia con modi
1 tanto indiretti.
Buon. Lafciategli dire; vi pare, che io ci
dia fede ?
D. Pii. Tanto mi perfeguitaranno, che ot¬
terranno una volta Tintentoloro.
Buon. Come farebbe a dire ?
D. Pii. Troveranno modo di farvi credere
quelle medefime chiacchiare , che
Monsù Sapino v’ha rapportate.
Buon. O di quello non dubitate di vero.Co-
nofco la naturacela di tutti quanti fo¬
no, e me gli leverò fu biro davanti,
quando mi voleftèro entrare in limili
talli .
D. Pii. Ah Tratei mio ! Voi volete bene a
Madama Elmira, come lo merita : ed
11 caldo delle lenzuola fa fare degli
E fpro-
66 ATT O
fpropofiti a mariti affèzzionatì , e
di buona mente, come liete voi.
Buon. Sicuro : ci è un bel pericolo ; fono di
quelli forfè da farmi menare pel nafo.
D. Pii. No : abbiate pazienza, caro amico
mio, leviamone foccafione di mezzo.
Tanto io fuori di cafa voltra vi farò il
medefimo buon'amico,e mi ricorderò
lèmpre di tuttala voltra famiglia in
tutte le mie orazioni; lafciatemian¬
dare.
Buon. Signor Don Pilone , lafciamo quelli
difcorfi,perchè mi fardle un gran tor¬
to, efarelle cagióne, che io farei di
brutti fpropofiti : Oh via, pofate il
ferrajuolo, e torniamo in camera.
D. Pii. Filoncino , metti un poco inlieme
quelle mie robbicciuole, e particolar¬
mente quei libriccini divoti accomo¬
dale nel Baullo, portale abbalfo, e
fpedifciti.
Buon. Filoncino, lafciati dire, non portar
giù niente, che il Signor Don Pilone
fi burla. Dorina, ferra la camera, che
Filoncino non efca . Filippa , J acoma,
andate a ferar la porta a catenaccio, e
a chiave, e non la lei a te ufeire il noftro
Signor Don Pilone; ehefe ufcilfedi
cafa quella perfona dabbene, guai a
noi,e a tutta la noftra famiglia. Ah Si¬
gnor
SECONDO. 67
gnor Don Pilone abbiate mi feri car¬
dia di noi, e non guardate per quella
volta,nè alle ragazzate di mio figliuo¬
lo , nè della mia moglie.
D. Pii Orsù, perchè vediate quanto vi vo¬
glio bene; per quella volta io mi vo¬
glio mortificare , e rimanere in cala
voltra, come defiderate,.
Buon. Che Dio vel rimeriti.
D. Pii Per tanto non fi parli più di quella
facenda.
Buon. Quel che è fiato, è fiato.
jj£>. Pii Ed io dal mi o canto fa prò come ri¬
parare agFinconvenienti delfavveni-
re. Voi fapete, che fonare è una ma¬
teria delicatifiima , e l’amicizia, che
tengo con voi m’obbliga a rendervelo
conlervato, ed intatto ancora dalle
macchie apparenti. Fuggirò l’occa-
fione di trovarmi infieme con lavo-
ftra Signora Conforte.
Buon. Oibò, oibò . Voi avete a ftar fempre
con lei ; voi avete ad andar di dì, e di
notte in camera fua, quando più vi
piace, a difpetto di qui becchi cornu¬
ti , che non vogliono.
D. Pii Ma il Mondo-
Buon II Mondo arrabbia quello è quel,che
ho caro io* Ma di più ; perchè voi ab¬
biate più ardire in Cala mia, e con lei,
E 2 ccon
68 A T T O
e con chi bi fogna, io vi voglio dichia^
rare erede di tutto il mio, per via di
donazione irrevocabile ; e così avere-
te la mia roba, la mia figliuola^ e
tutto quello,che io ho in quello Mon- ^
do. Ora liete contento ?
D. Pilori. (Qui Don Pilone ah^a gli occhi al
Ciclo, e poi risponde. ) Sia fatta la vo¬
lontà del Cielo.
Buon. Che anima rimeffa eh ! O andiamo
a tirare un pò di fchizzo di fcrittura
bell’è ora , per far arrabbiare tutti
que’bricconacci. Sì bene , sì bene.;
Genero, e erede; Genero, e erede.

SCENA OTTAVA;
CITTA*.

Valerio, e Sapino,
■ Sap. HpX diferedo , ti dislegittimo, e ti
JL dò lamia maledizione!
Val. Monsù Sapino abbiate flemma.
Sap. Che flemma Signor Valerio? Porto
rifpetto a mio Padre, perchè così vo¬
gliono le leggi della natura ; ma a
qaeirinfolente, a quel temerario, gli
voglio romper la teda quando rincon¬
tro, egli voglio infognare----
Val. E poi chè farete?^
Sap. Me n’andrò in un’altro Stato , ed il
. - Cielo
S E € 0 N D O. 69
Cielo m’ajuterà da per tutto . Ordi¬
temi Monsù Valerio, vi pajon cofe
forfè da paflàrfi con fimulazioneeh ?
La Madrigna tentata d’oneilà ! il fi¬
gliuolo per difenderla cacciato dica-
fa ! e che s’ha da afpettare ?
j Val. Che il tempo vi porti qualche confi¬
glio . Già Fonore di Madama Ita bene
in falvo, e voi troverete qualche rifu¬
gio al voftro domefiico efiglio. Chi
fa , potrebbe il Cielo, più predo, che
non credete , levar la benda a voftro
Padre , perchè conofcefiè-
; §ap. Mio Padre ha davanti agli occhi altro
che una benda , ci ha de’ tra vani ben
groffi , ed ho paura, che ce gli abbia
murati . Orsù ognunoTintenda a fuo
modo?ioper me fo quel,che ho da fare.
VakrScntkewoftvo Padre vi fuppone uni¬
ti tutti contro Don Pilone, e femai
voi facefte qualche bel colpo, teme¬
rebbe del configli© degli altri, e rovi-
nerefte Tintereffe di tutti. Potrebbe
ancora fupporfi (attefa la ftrettezza,
che palla tra noi ) che io medefìmo v*
avelfi infinuato un tal fatto,per levar¬
mi dagli occhi il mio rivale : ed allora
farebbero fpedite per sépre le mie fpe-
ranze.Di grazia facrificate,o caro ami¬
co* quefta voftra paffione àcora aJ miei
70 ./A* T T ©
vantaggi ; e quando non fia bartatìte il
mio merito per ottener da voi quella
grazia,fatemela in riguardo di Mada¬
ma Ortensia mia Sorella, che, come
v’ho detto, tra poco debb’effer voftra.
Sap. Sia maledetto quando mi fono incon¬
trato con voi.
Valer. A fangue freddo benedirete i mici
configli.
Sap. E s’ha da vedere con tanto mio fcor-
no, che io me ne dia fuori di Cafa ? E
credete, che tutto il dì non troverò
delle occafioni per far degli fpropofi-
ti? Dite a Madama Grtenzia, che
mi perdoni.
Valer. Facciamo così : ditemi ; come liete
proveduto di danari ?
Sap. Sprovedutiflìmo.
Valer. Credo trovarmi addoflo circa tren-*
taLuigi doro: prendeteli.
Sap, E poi ?
Valer. Montate ora fu le porte, e date, per
voftro divertimento, una fcorfa fino a
Parigi.Colà fi troverà modo di [occor¬
rervi con più moneta, perchè vi ci fèr*
miate quattro, o fiei mefi, fino a che in
Cafa vortra fi mutino gli affetti delle
cofe.In tanto il Cielo troverà rimedio
a quello difòrdine, e il (angue farà
con vortro Padre i fuoi affètti.
Sap. Vo*
SECONDO. 71
l Sap. Voglio feguire il voftro penfiero : per
ora accetto il favore, che mi fatte; ma
pel reftante del fovveni mento> che
mi promettete, penfo forfè di fce-
marvi Tincommodo.
Valer. E come ? yA
I Sap. Ho veduta la mia Nonna alla fine-
ftra. Ella ha qualche volta poco genia
con me, a cagione del poco genio, che
ho moftrato io con Don Pilone: ma
pure non ha altri Nipoti, ed ha pra¬
ticate meco in altri tempi delle tene¬
rezze. Voglio chiedere a lei qualche
fcccorfo.
Valer. Ma tacete rincontro con D. Pilone.
Sap-. Così farò.
Valer. E fe ve ne parlaffe, non lo biasima¬
te in verun conto.
Sap. Mi sforzerò.
Valer. Anzi più tofto approvate la fua di¬
vozione.
Sap. Sarà difficile .
Valer. E farà anco difficile, che le caviate
di mano ciò che vorrete. %
Sap. Orsù andrò.
Valer. E io v'attenderò fu queflo Cantone.
Monsù Sapino, diffimulate.
Sap. Non occorre,che troppo v'allontania¬
te. Ella, per timore, chefe le tolga
qualche cofa, non vuole, come vedre¬
fi 4 te.
fi ATTO
te, introdurre alcuno in cafa; madlt
udienza nella porta ; onde a vero caro,
che vi troviate vicino per udire i trat¬
tamenti , che mi farà ; tanto più, che
avendo perduta ormai la villa, non
potrà fenz'altro oflèrvarvi. j
Valer. Sarò qui dunque per fervìrvi.Monsù
Sapino diffimulate $ asconde Valerio
a parte dove però pojj'a jentire .
SCENA NONA.
Madama Pemetta allafineftra, e detti.
Sap. Di cafa , Signora Nona.
Per. O che miracoli Signor Nipote fè
avete Infogno di qualche cofa eh ?
Sap. Dì vedervi, e falutarvi.
Per. M'avete veduta quella mattina .
Sap. Ma adellò vengo a vedervi, forfepes
l'ultima volta.
Per. Come dire figliuol mio? Afpettate¬
mi , ch'io vengo a bafio,
Valer, La Vecchia è aliai accorta .
Sap. Ma per altro è poi tenera .
Valer. Diffimulate.
Per. O come dire, per Tultima volta? fuori,
Sap. Signora Nonna, oggi l'aria è affai cru¬
da, farò a fervida fu in Camera .
Per. No,no: non ho neppure rifattoci letto,
ed ho tutte le .mie ciarpe in difordine*
Sap. St^
5 E C O N D O. %
Sap. Staremmo in Sala .
Per. Nè meno ; flava appunto facendo ap¬
picciare il fuoco, ed a cagione del Ca-^
minoftrettoè ogni cofa piena di fumo*
Sap. Entriamo almeno fui ridotto .
Per. Nel ridotto ci è adefloMenica, che
fpazza; e ci s’accieca dalla polvere : or
dite un poco, Nipote mio, ocome a
dire, per rultima volta .
Sap. Mi fono accorto , benché tardi, cffer
alquanto indietro negli ftudj, onde
prima di avanzarmi da vantaggio nel¬
l’età, penfo diportarmi per qualche
tempo fbllecitamente a Parigi. Così
ho ricevuto da mio Padre Topportu¬
no confenfo, e mireflava fole d’ab¬
bracciare la mia cara Signora Nonna,
e baciarle per Tultima volta le mani.
Ella è già inoltrata negli anni , ed io
penfo trattenermi colà qualche tem¬
po per {Indiare la Filofofia,le Leggi,le
Mattematiche, con qualche princi¬
pio di Nautica.
Per. O che voglia t’è venut’ora d’addotto-
rarti nelle natiche? Ah figliuolmio,
mi vuoi lafciar fola eh ? ah, ah , ah. Io
non ho in quefto mondo altri che te ,
e quando ti vedeva, mi pareva appun¬
to di vedere la buon anima di Monsù
§apè tUQ Nquq, e mio Marito , del
quale
74 ATTO
quale tu porti il nome. Diceva bene
Don Pilone-
Sap. E che diceva colui ?
Valer. ( a parte) Monsu Sapino diffimulatc,
Sap. Potere , diavolo.
Per.Che non m'attaccafli mai a neffuna
cofa di quello mondo .
Sap. Se mi amate , Signóra, permettermi
volentieri quello viaggio, da cui fon
per ritrarne tanto profitto.
Per.Che occorre (lare a viaggiarePHai Toc-
cafione in cafa, e non te ne fai fervire!
Sap. Come ?
Per. O Don Pilone non te Tinfegnerebbe
tutte quelle cofe, che voi imparare?
Sap. Don Pilone m'infegnerebbe-
Valer. Diflìmulate.
Sap. ( Potere. ) Don Pilone m’infegnereb-
be piùtoflo delle cofe appartenenti al¬
lo fpirito: che di quelle materie non
ha (t udiato giammai.
Per. Se non Yha lludiato Don Pilone, bifo-
gna , che nonfia cofeda fiudiare..
Sap. Ha acconfentito ancor effo , che io
me n?efca di cafa.
Per. Com'è flato d'accordo effo, vattene
figliuol mio, che farai bene.
Sap. Anzi, perchè io non fapeva fiaccarmi
da mio Padre, egli m'ha fattoufeire
dì cafa per forza.
Per. O
S E C ONDO. 75
Per. O vatene dunque, e non indugiare.
Sap. Sta pronta la carrozza, c le camerate ,
e folo mi retta il ricever da voi la be¬
nedizione,con qualcheduno dea voftri
abbracciamenti, e de7 volta ricordi.
Per. Ah Sapino mio, tu mi faretti piange¬
re ; Il Cielo ti benedica, e ti accompa¬
gni , e fé mai non ci ri vedettimo, tò ,
eccoti un bacio; tientelo per amor
mio : e fai, dal mio Marito in qua,
tu fei il primo , che io abbia baciato .
Sap. Neppur io pollò tener le lacrime ; e Te
non era per commettere un termine
d'inciviltà, certo che mi farei partito
fenza vedervi, per non provare il do-
lorediquefladuriflimadivifione; da¬
temi dunque qualche ricordo.
Per. Che tu fia buono, e che tenga conto
de7 tuoi danari .
Sap. Quanto al primo, guarderò Tempre,
che le mie azioni corrifpondano Tem¬
pre alla mia nafcita ; quanto al fecon¬
do, i danari mi daranno poca folleci-
tudiné, perchè il Signor Padre me
n'ha dati con troppa parfimonia.
Per, Moftra un poco ; quanti te n'ha dati ?
Veramente bifogna compatirlo; cote*
fte di voi altri figliuoli fono fpefèfu-
perflue, ed£ meglio, cheglifpenda
in benefizio delianima, in quelle co¬
tte, che
75 A T T O
fcy che dice Don Pilone.
Valer. Monsù Sapino diiTimuIate.
Sap. Potere.
Per. Moftra un poco di grazia ,
Sap. Eccoveli Signora: fono Luigi nuovi
di ztecca ; e quefti vorrei più tolto fer-
barìi per un bifogno.
fjVr. Sicuro , figlino! mio, quefti non vo¬
glio,che (gli prende ) tu gli fpenda,e te
ne terrò conto io per quando tu torni,
perchè per grazia del Cielo, fon fana e
lefta , e fpero divertì a rivedere, fai*
Sap.Diceva per un mio bifogno, quando
farò a Parigi.
Per. No, no ; non voglio, che tu gli {pen¬
da farebbe un peccato.
Sap. Ma fe non ho altro Signora .
Per. Manderò a dire a mio figliuolo, che
più torto ti dia tanta moneta fpezza-
ta. Non ti dubitare. Del.reftoperchè
tu vada , quanto t'ho voluto bene, ti
voglio accompagnare^ con un mio do¬
no, che ricompenferà il valore de*
trenta Luigi.
Sap. Sarà per voftra grazia, Signora Non¬
na , ma quel danaro ancora - —
Per.l danari vanno, e vengono, afpetta,
afpetta. torna in Cafa .
Valer. Siete pure imprudente ! Non vede¬
te,eh: la buona Vecchia intenerita vi
vuoi
S E C O N D O 77
vuol dare alcuna delle fue gioje, e
forfè quel preziofo diamante di quel¬
l’anello.
Sap. Fin’ora mi pare, che m’abbia tolti i
danari.
Valer.Che venga l’anello, e non peniate
ad altro.
Per. Sapete , è una cofa, che tien poco luo«
go, dallafineftra .
Sap. Tanto più mi farà accetta,
Valer. E’Fanello fenz’altro.
Sap. Ve lo diceva Monsù Valerio, che raì
amava teneramente ?
Valer. Ve lo diceva, che voi diffimulafle .
Per. E’ una gioja, che l’avete a portar fem-
- pre (dalla fineftra) addoflò', e non bi¬
sogna cavarfela! mai.
Sap. Così farò. fE’il diamante. }
Valer. Avete fatto il buon colpo: fapete
voi, che vai dugento franchi ?
S<$p. Manco male, tutto debbo alvoftro
configlio.
Valer. Mal per voi, fe non fapevate difll-
miliare.
Per. Per una malattia ; per qualfivoglia bi-
fogno, ( dalla fineftra) ed ad altri, che
a voi non l’averei mai data a neffuno.
Sap. Tanto più m’obbligate. Ma di grazia
ricordatevi* oSignora, chelacaroz-
za ftà in ordine.
Valer. Eh
jt ATTO
Valer. Eh abbiate flemma.
Per. vìen fuora tenendo roba Jotto ilgrembo *

PL'ho qui flotto il grembiale,e non Tho


ortata quali mai per non la Iograre.
)ite un poco, indovinate che cos'è?
Sap. Venendomi dalle voftri mani non può
elièr altro , che un donoprezioflo.
Per. E preziolb di certo. O flo, che adeflo
non penflate più a'trenta Luigi, non
è vero ?
Sap.Quando così vi piaccia, potretefer-
barmi quelli alando ritorno.
Per. Staranno laflsù lempre per voi. Orsù 9
Nipote mio , fappiatene tener conto ,
e mettetevela alia prima Olleria dove
andrete Ila Aera.
Sap. Anzi voglio mettermela adeflo, le
mi Ita bene.
Per. Vi flarà un poco lunga. Quella è la ca¬
micia , che li cavò Don Pilone la pri¬
ma volta, che albergò in Gala volirà ,
e l'aveva portata tre anni, lenza ca-
varflela mai mai. Figliuolo, fle ne ter¬
rete conto , andrete accompagnato
con una gran divozione .
Sap. Ah Vecchia barbogia, Vecchia inte-
relìata, Vecchia pinzochera falla , an¬
cora voi!MonsuValerio,nfè frappata.
Valer. Sarebbe flcappata ancora a me. vìa .
Per. Ah meflchino a voi 1 Avete certamen¬
te
SECONDO. 79

te qualche Demonio adottò, che nel


toccare le cofe buone s'è rifentito.
Sap. Un demonio addotto l’avete voi, che
è l’intereflè maledetto, e l’Ipocrifià :
e non so chi mi tenga-
PmAjuto, ajuto! Monsìi Sapino è fpiri¬
tato. Ah Nipote mio fatevi feongiu¬
rare prima d'andar via ; e non vi met¬
tete a viaggiare in quello (tato.
Sap. Facciamola finita , rendetemi quelle
monete.
Per. O quello poi nò, che le getterefle via ,
voi, che liete fpiritato, perchè da un^
parte ci è la Croce. Addio, addio, via.
Sap. ]\ladama Fernetta ? Monsìi Valerio
Perduti i quattrini ! perduro l'amico !
Or vadane finalmente la vita, e quan¬
to ne può andare.
I •

Fine dell Aito Secondo.


*o

ATTO TERZO*
SCENA PRIMA.
APPARTAMENTI.

Cleante, e Don Pilone.


Clea. &jSE§S Rediatemi> fe ne parla per le
jEi|8S piazze, e per le botteghe -, e la
pillili cofa non riefee affatto affatto
di voftra riputazione. Io per
dirvelaho ftimato bene di avvifarve-
lo, e dirvi ancora il mio fentimento
chiaro in due parole.
D. Pii Dica pure , Signor Cleante,
Clea. Io non voglio credere,che fia vero ciò
che diffe Monsù Supino, come per al¬
tro tutta la gente lo crede; anzi voglio
fupporre, che egli v’abbia calunniato
con tutto ’l torto del Mondo, accufan-
dovi in quella maniera a Monsù Buo¬
nafede mio Cognato . Ditemi, chi fa
profeffione di buon Criftiano, come
voi fate, non dee rimettere Fingiurie
al fuo profilino, e rendere il bene per
male? O come dunque fopportate voi,
che fia un figliuolo fcacciato di cafa di
fuo Padre , e che il poveretto nonab-
bia adeffò dove ricoverarli ? Signor D,
Pilone afficuratcvi, che dal grande fi-
TERZO. 8t
no al piedino fé ne fcandalezzano tut¬
ti . Fate a mio modo , rimettete la pa¬
ce in cala, efacrificate al Cielo qua¬
lunque difgufto , che polliate avere
con Monsù Sapino. Rimettetelo nelle
braccia del Padre; e credetemi, che
in quella guifa edificherete tutto il
Paefe, fate a mio modo .
D. Pii. Piaceflè al Cielo, che la cofa fi po-
telfe fare come voi dite ; e vorrei, che
mi vedefle l’interno. Io ho già perdo¬
nato a Moneù Sapino , nèhofeeove-
runaamarezza. Tutto ’l Mondo può
clfermi tellimonio, come io parlai del
fatto fuo, e buon per lui, fé potelfe
venirgli tutto il bene, che gli voglio
io. Ma crcdiatemi, che non è fervtzio
del Cielo, che egli ritorni in quell» ca-
fa, di dove converrebbe, che piti to¬
lto io men’andalfi. Voi fapete la poca
diicrezione, e carità, che egli ha avu¬
ta per me; onde farebbe il noltro com¬
mercio una continua Temenza di ziza-
nia, e di fcandali. Dio fa quelche il
Mondo allora ne dicefle: l’attribuireb¬
bero tutti a mia politica, e credereb¬
bero, che ritrovandomi io con la co-
feienza macchiata, cercali! di acca¬
rezzare il mio acculàtore per farlo ta¬
cere 3 o disdirli.
F m Gka.
■W t
n ATTO
Clea. Mi par, che quelle ragioni riefeono
un poco troppo {tirate. Quanto a quel-
che tocca al Servìzio del Cielo, non vi
pigliate la cura voi delfuointereUe j
elio ha i fuoi giudizi da per fc per ca¬
ligare i malfattori , e non vuole che
altri fi pigli la parte delle fue vendet¬
te. Vuol bene, che fi perdoni lenza
tanti riguardia chi ci ha fatto del ma¬
le : e quello dovete fare alla cieca . Del
iefto circa quello, che poflòno dire gli
Uomini, non ve ne pigliate tanta bri¬
ga; E come un rifpetto umano vi trat¬
terrà dal fare un'azione, che tanto al
Cielo è gradita ?
D. Pii. Io gli perdono ; e due : ed ecco fatto
quello, che '1 Cielo ci comanda ; che
del redo quanto al vivere ed abitare
con elio lui dopo uno fcandalo di quef-
ta*forte,ii Cielo non lo comanda; ed io
per ora non mi fento ifpirato di farlo *
Clea. Ma il Cielo non vi comandava nep¬
pure di accettale la donazione , che
Monsù Buonafede vi ha fatta; anzi
più tolto vi obbligava a non accettar
niente da una perfona, con cui non
avete attenenza.
D.Pil. Lode al Cielo, ch'io fonconofciu-
to, e che tutti fanno quanto io abbia
in abominazionelmterefie,e qualun¬
que
T E R Z O. ir
que forte di beni caduchi. Lo fplendo¬
rè lufinghiero delle ricchezze non ha.
abbagliato giammai la mira de'miei
*dedderj. Che fe io ho accettata la do¬
nazione di queirUomó dabbene, vi
giuro ( ed il Cielo mi vede il core ) che
Tho fatto folamente per lo meglio, e
perchè quelle fodanze non vadano in
mano a chi fe ne ferva male, e le fpen-
da con offèfa del Cielo: giacché in que¬
lla maniera anderanno tutte in fervi¬
do de^poverelli, ed in folievo univer¬
sale del proffimo.
Cica. Il profilino più legittimo, che aveffe
Buonafede era la fu a famiglia , e non
voi ; e farebbe cofa più giuda, che
Monsù Sapino mandaffe male la ro¬
ba del Padre nelle fue bifche, che D.
Pilone glie la confumaffe nelle fue
vergognofe. Io redo veramente mara¬
vigliato, che voi abbiate avuta tanta
faccia d’afcoltarne pure la propofizio-
ne, non che di dabilirne il contratto.E
quedo è cjuellojche io fento quanto al¬
la donazione, che voi mi depponete
per puro zelo avere accettata. Quan¬
to poi allo fcrupolo, che voi modrate
di convivere con Monsù Sapinoaca-
gione delle zizanie, vi fuggerirò con
facilità il rimedio. Ufcite di cafa voi,
F i e farà
«V ATTO
e farà tolta ogni occaiione di litigio»
D. Pii. Zitto, zitto : ha fentite Tore, Si¬
gnor Cleante ?
Clea. E bene ?
D. Pii. Quello è ’1 fegno, che ini chiama 9
fare una lezione fpirituale al mio com¬
pagno : {bufatemi, fe vi lafcio qui. via.
dea. Balla averla fatta a Monsù Buonafe¬
de la lezione «
SCENA SECONDA;
Elmira, Mariana, Dorina, e Cleante.
Elm. A H caro Signor Fratello interpo-
JLX. netevi di grazia un poco, perchè
non fegua quello difgraziato matri¬
monio . Voi vedete, come s’è diltruc-
ta in lagrime la povera Mariana !
Dor. Prima voglio, che la gettiamo a’ car
ni ; povera Figliuola J
Clea. Che maritaggio ?
Dor. Egli è già concililo,e debbe effèttuar-
fi quella fera medelima. Ma eccolo
appunto Monsù Buonaféde . Affati¬
chiamoci tutti ; o con le buone, o con
le cattive bifogna impedirlo.
SCENA TERZA.
Buonafede, e detti.
Buon. "DUondì Signori, mi rallegro di ve-
■O dervi qui tutti infieme. Maria-
¥ E R Z O.
«a la vedi quella carta? Qui ci è ro¬
ba per te, e farà roba di tuo gufto ;
oh fo, che tu vuoi faltare tant’alta
dall’allegrezza.
Amatiflimo Signor Padre, deh per
amor del Cielo, che già comincia a ri-
fguardare con occhio benigno l’angu-
flie dell’anima mia, e per tutte quelle'
cole, che a voi fono più facrofante, c
care, fcioglietemi, vi prego dal giogo
di così dura ubbidienza, e rinunzi ate
al diritto delle voftre ragioni, alle ra¬
gioni della mia pace. La mia vita fu
voftrodono; non mel fate odiofo con
farmi voi diventare infelice. Se non-
volete Iafciar volare i miei affètti alla
loro sfera, non legate almeno le mie
antipatie al loro infèrno. Infomina
non vi fervite del voftro potere per
mettere in arme contro di me la mi*
difperazione.
f%n. (dafe) Buonafede ftiam faldi al po¬
llo ; che non facciamo qualche viltà.
Don Pilone mi raccomando a te, per¬
chè l’amor paterno tiene in gran ten¬
tazione la mia fragilità umana.
Qiar. Abbiate pur voi tutta la tenerezza,
che vi piace per quell’Uomo dabbene,
moftrate per lui tutte le diftinzionì
voftr9 affètto, arricchitelo^ fe no»
f 3 iafta
t6 ATTO
bafia avergli donato tutto il voftro li¬
bero patrimonio , facciamogli ora una
giunta della mia legittima , e delle
mie porzioni dotali; che io di buona
voglia ci acconfento, con tutto il cuo-
reci rinunzio, purchèamereftirar-
bitrio di me ffeffa.
Buon Per pigliar Valerio non è vero?
Mar. Nò Signor Padre; io non vi chiedo la
libertà , che per difpogliarmene affat¬
to: ne bramo fiaccarmi dallo fpofo,
che mi deftinate, che per abbraccia¬
re una Religione.
Buon. Oh la mia Monachina dabbene ! Tu
la vorrefii fare all’ufo delle ragazze
d’oggi giorno, che quando non poflò-
no lanate le piaghe del cuore, fi van¬
no a fafeiare il capo. Ma dimmi un
poco, ridarebbe Tanimo di batter la
ftrada della mortificazione ?
Mar. Colà mi chiama il mio genio.
Buon. Oh feti vuoi mortificare la mia ra¬
gazza , mortificati un poco a modo
mìo, e piglia Don Pilone, e non mi
fiate a romper più la tefta.
Dor. Ma dunque-
Buon. Va a filare tu; efàche non fiatan¬
to ardita di metter più la bocca in
quello negozio.
Cìea. Ma fe voi volete aver la bontà di fen-
c - tire
TERZO. tj
tire il mio parere- *
Buon. Signor Cognato, ivoffri pareri fon
belli, e buoni, e voi liete il più favio
Uomo di quello mondo; ma quella
volta ho gufto di fare a modo d’un
matto. Perdonatemi.
Elm. Marito mio ; ma che avete perduto il
fenno affatto? E tal cafo fate voi degli
affronti, che Don Pilone, un ora fa,
machinava alla voftra riputazione.
Buon. Signora Conforte, mia cara mutiani
difcorfo: ch’io fon più diritto di quello
v’immaginate. Voi volete bene a quel
furfante di voffrofigliallro, ed avete
fecondata la fua calunnia,perchè noli
rimaneffè bugiardo in quell’impegno:
Io già non ho creduto niente ; ma dai
canto voffro avete diffamato quel po-
ver Uomo ; e non fo, come ve la iri¬
diate in cofcienza, voi che fiere una
Donna dabbene. Di lui, che èpre-
fcito non me ne maraviglio.
Elrn.Vi dico cheMonsù Sapiao vi difle il
vero-- - -
Buon. Ed io vi dico, che non me Pavere a
ficcare : che fe fofìe fiato vero, v’avrei
troyata più rifentita : e fe Don Pilone
foffècafcato in qualche leggerezza >
farefte fiata Donna da voltarvigli co’
graffi, e co’ morfi.
E 4 Elm. Go^
n A T T 0
Elm. Cotefta fuol elfer la difefa de’ cani, e
de’ gatti. Le Donne fagge han de’ ri¬
medi meno flrepitofi alle batterie del-
l’oneilà ; ed un fopraciglio fevero rif-
pinge indietro tutte le fue macchine
più ardite d’un amorofo attentato *
Con quella pace fa combattere una
ben munita virtù, e riportare dal con¬
tralto un volto non troppo fcolorito
dal timore, nè troppo accefo dalla col¬
lera . Dio mi guardi da una pudici¬
zia indiavolata-
Buon. Orsù Madama della pudicizia man-
fueta, della virtù ben munita, e che
non fi difende come i gatti, e come i
cani, iofo il negoziocom’èpallàto*.
e non m’avete a dare ad intendere luc¬
ciole per lanterne »
Ehi. Mi fcandalezzo della voltra femplici-
tà altrettanta più che della malizia
di Don Pilone.
;Buon. E io mi fcandalezzo, che non la vo¬
gliate finire, perchè ogni giuoco è bel¬
lo un poco ; e torno a dirvi, che bifo-
gna disdirli in buona cofcienza , e fal¬
larli con quell’Uomo dabbene : altri¬
menti il Cielo vi caùigherà. Via, via
andate a trovarlo in camera a fola a
iblo-
Dot, A foto poinbi
TERZO. |9
Buon. A folo a folo poi sì ; c la padrona, e
tu, e Mariana, e tutte le Padrone, 6
tutte le Padroncine, e tutte le Serve ,
quante bifognano; fe vorranno, che il
Cielo perdoni loro, doverannodar fo-
disfazione al Signor Don Pilone, fe
avranno mormorato de’fatti fuoi.
Elm. Orsù io fon pronta a far quello , che^
voi volete-- —
Buon. Ah ah la cofcienza vi rimorde eh ?
andate, andate, e non vi colcate con
quello peccato.
Elm. Ma fentite ; fon pronta a farlo in ca-
fo, che io non vi faccia toccar con ma¬
xio adelìo, adelfo quel medelimo, che
vollro Figliuolo vi dille .
0)on. Eh via andate a vergognarvi Mada¬
ma Elmira. Orsù ila notte dormire¬
te un poco da voi, perchè non può ef-
fèr di manco, che il t)iavolo non vi
porti in carne, e in olfa.
Elm. Non occorre altro, Marito mio, in
quello luogo iltelfo, in quellopunto
voglio dilìngannarvi, fe ve ne con¬
tentate . _
Buon. Di grazia, Signor Cognato , fe vi
preme la voltra reputazione, e che
non li dica, che ’l Diavolo v’abbia
portata via la forella, leviamola da
quello peccato.
Elfu. Se
9° , ATTO
Clea. Se mia Sorella ha fomentata queda
impoftura, voglio io per le piazze di¬
chiararla per un’infame. Ma fé, per lo
contrario ella vi facede ad occhi veg¬
genti conofcere quanto vi fuppone ,
che direde allora del vodroDirettore.
Elm. Sì, che direde Monsu Buonafede ?
Buon. Direi in quel cafo-Io non direi
niente, perchè non può edere.
Elm.Vodinazione è quali impertinente.
Marito mio, fenza partirvi di qui, voi
farete buon tedimonio di quello, che
non può edere. Voi altri allontanate¬
vi: e tu Dorina avvifa da mia parte
Don Pilone, chefcenda abbado .
Buon. Digli, che feenda pure. Ma non può
edere.
Clea.Signor Cognato,con buona grazia.^
Mar. Signor Padre, con licenza . vìa .
Buon. Andate dove vi piace, che non può
edere.
SCENA Q_U ART A .
Elmra , e Buonafede.
Elm> A Ccodiamo quella tavola da què-
II da parte, voi nafeondetevi di
fotto al coperto di quedo tappeto.
Buon- Mi volete fare (direnare a fpropofi-
to> perchè non può edere.
Elm. So
T E R Z 0. 9r
Elm.So io quel che voglio fare Marito mio.
Entrate pur fotto, e guardate di non
elfer veduto, nè lentito. Via fpedi-
tevi, che Don Pilone non può (lare.
Buon. Moglie mia facciamo unacofa : non
ne parliamo più ; e fe popoi non vi vo-
^ lete disdire ,■ tal fia di voi. Io non fa-
prei, ma del refto non vi mettete a
quello cimento, che non può eflere,
non riufcirà mai , e non può eflere.
Eìm. Entrate pur giù, ecrediatemi, che
tra poco avrete meno parole fatte, fe
io non nfinganno. Sopra tutto non
vifcandalezzate dime, femifentite
avanzare i miei ragionamenti di là da*
limiti della convenienza. La materia,
io me n'avvedo, è non poco troppo de¬
licata , ed ancor toccata per ifcher-
zo, potrebbe lafciar nelfanimo veltro
qualche imprelfione centra la mia fe¬
deltà . Ma pure, me ne protetto anti¬
cipatamente , e me ne dichiaro, che il
mio cuore verrà in mafehera, per le¬
var la mafehera a quell'ipocrita tra¬
ditore . Del refto ricordatevi poi, ch'io
fon qui fola, e quando fentirete le cofe
• inoltrarfi ad un certo fegno, fia voftra
cura di rifparmiare la mia oneftà a
qualche temerario attentato di Don
Pilone. In fomma il negozio andrà
avan-
p A T T O
avanti fino a quel fegno, che vorrete
voi, che mi ftarete ad afcoltare. Se
niente accadere, non refiate coftì a
dormire. Si tratta della voftra riputa¬
zione . Io ne lafcio la cura a voi, e di'
nuovo mi protetto - - - - Ma Tento, che
fcende ora , copritevi Buonafede.
J|pori. Cuopriamoci quanto volete, faccia¬
mo quelche volete ; ma mi difpiace,.
che refterete brutta bene, perchè la
cofa non può eflere.
Buonafede fiafconde [otto il tapeto.

SCENA QUINTA.
Don Pilone , e detti
D. Pii. ]k4T è fiato fatto intendere, che
IVA volete comodarmi no lo che ?
Elm. Sì, ho qualche cofa da aprirvi in con¬
fidenza; ma prima chiudete ben quel¬
la porta, edolfervate da per tutto,
che fiam ficuri dalie fpie.
Z> Pii. Volentieri. va a chiudere, e torna.
Elm.Da che Monsù Sapino ci fece quelfin-
civiliffima forprefa, io fio con un fof-
petto più che grande, e temo fin delle
muraglie, che parlino. Balta,voi avre¬
te ofiervato, che cercai al pofiibiledi
farlo tacere,e fe il turbamento non m*
avelfs alquanto alterata» forfè aveva
pea-
TER?, a; . 93
penfiero di ripigliar per voi, perchè
reflaffe bugiardo . Ma per grazia ddi
Cielo è flato meglio così; e la ceda è
paffata felicemente fenz’altro . Mio
Marito, voi lo conofcete, è tanto H
buon uomo, che fi è confermato pii»
che mai nel concetto della voftra bon*
tà, e mi ha fin comandato di tenervi
a folo a folo frequentemente in difeor»
fi di ftrettiflìma confidenza. E quella
è la cagione,perchè io poflo adeffo con
tutta la libertà chiudermi in quello
luogo con elfo voi, e dilcoprirvi fenza
veruna fiiggezione quella fiamma (oh
Dio ! Doverei contenermi un poco
più; ) quella fiamma, che mi crucia
a tutte l’ore.
jD.Pii. Mi fate maravigliare, o Signora?
afpettate ! non fo, fe la porta fia chiù-
fa bene. _ torna alla porta.
Buon. Lo fentite, che fe ne maraviglia Pah
sfacciata, ve lo diceva, che non puh
effe re, fa capolino difatto al tavolino.
Elm.Tacete, e copritevi.
Buon. Cuopriamoci ; ma non può effere.
D.Pil.(torna)Mi fate maravigliare,o Signo¬
ra , di parlarmi adeffo con linguaggio
troppo differente da quello di poco fa.
Ehi. Amico, fe voi dianzi rimarteli e nien¬
te inalprito da quelle ruvidezze de!
mio
94 ' ATTO
mio rifpondere, perdonatemi, fe io
vel dico, vi limerei poco pratico ne*
cimenti arnoroff, e poco intendente
delia natura de7 noftri cuori. Torna in
poòa riputazione d’una. piazza com¬
battuta, che fi renda al primo tentati¬
vo, e Tiffeffò vincitore non la poffìede
poi con tutta la pace, quando arriva a
dubitare,che ogni altro fe ne polla im-
padronire con altrettanta facilità,
quanta ne trovò egli nel farne acqui¬
no * Il roffbre, che fi tinge le guance in
feccia alle richiede di qualche aman¬
te, è il belletto più potente per amma¬
liare tutto il fuo genio. La nodra pri¬
ma refidenza, a chi ben la guarda in
vifo, ha più aria di capitolazione, che
di nimicizia. E chi bene efamina allo¬
ra il fentimento delle noftre pupille,ci
ritrova un partito differente da quello
della nodra lingua. Forfè voi abbaf-
fede troppo predo i vodri begli occhia
. terra, che non li vojefte tenere, come
io voleva affacciati ùn poco a i balconi
deilanima mia . Ditemi caro Don Pi¬
lone ; ( aime , che il mio amore non ha
feputa avere tutta la politica,ed i miei
affètti fono Lappati con un falco dalle
muffe loro, prima del tempo ! ) Dite¬
mi, vi prego, fe io non vi avefli amato,
avrei
T E R Z O. 95
avrei così pazientemente accoltatele
voftre dichiarazioni; mi farei così ar¬
rabbiatamente oppofta a' fentimenti
di Monsù Sapino? E finalmente, fe
10 non aveffi bramato, che^ voi refta-
fte tutto mio, che altro al fine poteva
avere nel pervadervi. il rifiuto di Ma¬
riana? Don Pilone perdonatemi, do¬
vevate capirla alla prima .
D. Pii. Gentilifiìma Elmira , non hanno Y
afletate mie brame alfa potato giam¬
mai una dolcezza fimile a quella, che
, voi avete loro fatta guidare in quello
voftro foavilfimo ragionamentoPio
11 cuore intinto dentro il mele di tutte
le felicità, e mi veggo fpalancatoil
Cielo di tintele contentezze adegui
clementi (fimo rifiefìo de’ vofiri fgù ar¬
di.Ma ficcarne tanto bene eccede ogni
mio merito, ed ogni mia credenza , vi
piaccia, Idolo mio adorato, che io fiia
alquanto indubbio di quella mia irn-
provifa beatitudine, per efierdi qui a
poco beato con piu mia Acutezza. E
chi mi alficura, (dice un mio fcrupolo)
che tuttequefte voftre efpreftìoni non
fieno artifiziate dalla voftra lingua
lenza il confenfo del voftro cuore ; e
che fieno lavorate più allo ftìoglimen¬
to del mio maritaggio con Mariana,
$9 ATTO
' che all’unione del mio cuore col voi-
tro? Ah Signora, qualche altra cof»
piti palpabile, che parole, potrebbe
fervirc all’anima mia per caparra di
quell’affètto, che voi con tanta bontà
mi dimoftrate.
Ehn. (fi[purga perchè il Vecchio finta. ) Co¬
me? Eh voi avete troppa prcfcia di vo-
niralle ftrette/ dovrebbe badarvi pel
fecondo abboccamento, che io abbia
vinta la verecondia di Donna nobile,
per dichiararmi fchiava delle voftre
attrattive. Appagatevi per oggi di que¬
llo , e Iafciate per fodisfazione al mio
decoro maritale, che il noftro fuoco
faccia falire il fuo caldo, ma a grado,
a grado.
D Pii. Madama, voi volete mifurarmi le
voftre grazie col Termometro, e far
correre una ftagione di mezzo fra uri
favore, e l’altro / Io fon contento, che
facciate maturare alle mie fperanze il
fuo frutto con quel tempo, che più vi
piace. Ma in tanto, perchè quelle non
languifcano di fame nell’afpettarlo,
foftenetele in vita con qualche faggio
di quelle dolcezze, oh Dip ! Lafciamo
l’allegorie : non vorrei appoggiare la
mia fède tutta fopra an’aereo ragio¬
namento di corrifpondenza amorofa.
Vor*
T E R Z O. 99
Vorrei aiutar la mia credenza con la
riprova di qualche voftro favore più
diftinto; perchè altrimenti la cogni¬
zione del mio balfiffimo mèrito mi fa¬
rà efter fempre incredulo alle voftre
generofe pronieffe (Elmlra piu fpejjofi
[purga perchè II Vecchio efca .) Madama
convincete, vi prego, foftinazipne di
quello mio dubbio con qualche argo¬
mento più llretto di quella benevo¬
lenza , che mi fupponete.
Elm. Oh Dio / Che il voftro amore la co¬
mincia a fare da tiranno, imponendo
quella legge , che più gli pare alla mia
volontà : e pigliandoli quei diritti, che
più gli tornano fopra ’i mio cuore . I
voftri argomenti mi circondano,le vo¬
ftre maniere mi legano . Voi negate il
quartiere alle mie ragioni, togliete il
refpìro alle mie rifpofte, ed in fomma
voi berfagliate con troppa violenza , e
con troppo rigore nel più debole , che
hanno per voi le povere anime inna¬
morate.
D. Pii BelJiffima Elmira, come poffibile,
che iofia giunto a portar le leggi nel
voftro cuore, quando non fono arriva¬
to a farvi paftare le mie fuppliche?
Deh , fe egli è vero, che me facciate
padrone, come dicette, lafciatemi in
G liber-
98 ATTO
libertà di prendere quel pofTefTo , che
più mi piace. vuole accoflarfi.
Elm. Fermate - - - ( E Buonafede fe ne fla
ancora con tutta la paceffottoi! tavo¬
lino! )Mi cagiona non poca appren-
ftone roff efa del Cielo : e pure voi,
che fiete Uomo di tanta divozione do¬
vrete penfarci più di me.
D. Pii- Come non avete altra difficoltà ?
quella la vinceremo facilmente.
Elm. (Sentite, che empio! ) Ma ho Tem¬
pre intefo dire, che al Cielo ùmili co- '
fe difpiacciono aliai, e che bifogna Ila¬
re con gran paura de’ fuoi caflighi.
D. Pii Io vi diffiperò dalla mente fombre
di sì vili paure. Madama,il Cielo è più
difcreto di quello, che alcuni non fe
lo fanno : ed a voi, che avete fpirito ,
potrei portare il lume di qualche pel¬
legrina opinione, che accomoda fa¬
cilmente alcune umane foddisfazioni
con le leggi di lafsù. Ma mi riferbo il
parlarvene più lungamente ad altra
congiuntura:e per ora mi llringerò fò»
lo a dirvi, che effendo voftro Marito
già col capo fu la folla v potete con fi-
cura cofcienza cominciare a lavorare
qualche nido, e covare qualche na-
fcente affetto pe’ fecondi fponfali. Co¬
sì, quando 19 folli quegli desinato daU
T E R Z O. 99
la previdenza de’ Fati immortali > che
dovetti rafeiugare le lagrime della vo¬
lt r a vedovanza ,potrelle fenza veruno
fcrupolo, compartirmi qualche grazia
amorofa,e di ciò ripofarvene con tutta
la pace fopra la mia coicienza. (Elmi-
ra tojjifce perché il Vecchio efea.) Ma voi
tottìte molto, Madama figliuola mia !
Elm. CrediatemijChe provo pena di morte.
D. Pii. Vi piacerebbe un poco di decotta*
di regolizio.
Elm. E un catarro oftinatiffimo, che non
vuol finir così ora, per quanto io abbia
qui in camera apprettò di me la quint*
ettènfa di tuttii femplicidèi Mondo.
Z). Pi/. Veramente provate un fallidio
grande, per quanto lo vedo .
Elm. Più che non vi date ad intendere.
D. Pii. Così, per pattare dal voftro catarro
al voilro ferii polo, iq torno a dirvi;che
potete quietarvi fopra la mia cofcien-
za, e di piu atticurate vi fopra la mia
eterna fegretezza. Vedete Signora:
non è male dove non è (bandaio. Ed
in ogni cafo, il Cielo chiude volentieri
gli occhi a noftri diffètti, quando non
fon fatti avanti gli occhi del Mondo;
e quando per mancanza di tellimonj
non polla compire perfettamente il
procedo contro di noi.
G 2 Elm. In
TOO A T T O
Elm. In, fine, o Don Pilone, conofco, che
farà forza, ornai raccordarvi quanto
mi domandate ; e giacché chi dovreb¬
be avermi intefo, ancora fa del fordo %
e mollra non effer pienamente foddif-
fatto di quanto fi è detto fin qui, le¬
viamolo pure d’ogni dubbio immagi¬
nabile, contentiamolo pienamente. A
certuni, che non voglion fidarli alla
prima,Ita poi bene, che fi pentano del¬
la loro curiofità, e che refiino fcottati
per troppo defi derio di toccar le cofe
con mano. Io, per me ; non era di tal
propofito: e converrà che io mi riduca
a quelli termini pur pura violenza.Le-
ghiamo Y Agnella dove vuole il Pafto-
re.Del refto io mi dichiaro non ci aver
colpa : chi ci ha da penfare, ci penfi .
D. Pii. Sì anima mia carifiima , fidatevi
pure del fecondo voftromaritino.
vuole accoftarfi.
Elm. Affettate : vedete di grazia, fe mio
Marito fòlle per avventura nella ftan-
za contingua alla Galleria ; datemi in
ultimo quella foddisfazione.
D. Pii Sia pure dove vuole, voi mi fate ri¬
dere . Egli è un’Uomo da menarli pel
nafo, come vorremo, e da non pren-
derfene mai veruna fuggezione . Io
non pollo fargli maggior fervizio, che
di
T E R Z O. ioi¬
di trattenermi qui a folo a folo con
voi:e fe mai s’incontraffe a vedere una
cofa più che un’altra,crederebbe d’in-
gannarfi, perchè già s’è mcffo in tetta,
che tal cofa non polla accadere.
Elm. Non importa, non importa : compia¬
cetemi ve ne prego : oflervate fe Buo¬
nafede è nella Galleria.
D. Pii Come volete mio bene. parte.
SCENA SESTA.
Buonafede ejce dal tavolino, e Elmira.
£100. che gran briccone , Moglie
Vy mia ! oh che gran briccone.
Elm. Nò, nò, è troppo pretto, Marito mio,
ftate pur giù un’altro poco, che ne
vedrete la fine, e vi foddisferete di
tutto in buona cofcienza .
Buon. Oh che gran furfante ! oh che gran
manigoldo!
Elm. Dico, che torniate fotto il tappeto ad
ottèrvare il Tettante un poco meglio,
perchè in materie così gravi non bifo-
gna fidarfi delle fole conghietture, e
correre con tanta facilità a credere
quelche non può edere .
Buon. Non può effere di vero ! oh che gran
fmiteratone .
Elm. Voglio aflòlutamente,che lotocchia*
G 3 te
$02 ATTO
te con mano, e che non facciate de*
giudizj temerari. Venitequà. lopone
dietro a sè y parandolo colla perfona.

SCENA SETTIMA.
Don Pilone, e detti.

D.Pil 'KJOn fi può dare congiuntura


43f più a propofito. Ho fcorfa la
galleria, lo ftudiolo , e tutto Tappar^
tamento , e non folo non vi è quel
buon Uomo di Buonafede;ma neppu¬
re vi ho trovato un’anima. Dunque
cariflimo Idolo mio-va per abbrac¬
ciarla^ effafi fcanjay e refia a faccia Don
Pilone con Buonafede.
Buon. Pian piano , Signor Don Pilone, co-
tefla carità è un poco in caldo più del
dovere. Ah’Imio Uomo dabbene, la
parola con la figliaftra, e i fatti con la
Madrigna! Canchero li pignoli, che
rifaceva mettere fu le vivande n’han¬
no potuto più delle difcipline.
Elm. Io vi ho fatto^veramente,quefi:otiro
di mio contragenio. Ma riflettete, o
Don Pilone, che m’avete porta voi in
neceflìtà-
D. Pii Come farebbe a dire,o Buonafede--
Bt'cn. Via, via non alziam le voci; fuori di
cafg aderto > e non fàcciam cerimonie.
D. Pii II
TERZO. 103
D. Pii. Il mio difegno-—
Buon. Il tuo difegno lo volevi metterlo in
cornici. Orsù facciamola finita , le
non vuoi ufcir dalla porta, ti farò fal-
tar le finedre. A noi, dico.
D. Pii. Se neffuno ha da ufcir di cafa, pen-
fo toccherà prima a voi.
Buon. A me ?
D. Pii. A voi sì, perchè la cafa s’appartie¬
ne a me , e quando vogliate mendica¬
re certi mezzi termini così ingiudi,
per disfarvi del mio fervizio , e per ca¬
ricare la mia innocenza, vi farò conof-
cere, che ho tanto fpirito da fa pere ac¬
compagnare la pietà col rifentimento,
e da far penti r predo predo chi ha pre-
tefo fcacciarmi da quedo luogo, via.
SCENA OTTAVA.
Elmira, e Buonafede.
Elm. /^He modo di parlare è quedo ?
vj Che ha voluto mai dircodui?
Buon Ah, ah Moglie mia non la fapete
tutta.
Elm. Come dire ?
Buon. Niente niente ; ah , ah !
Elm. Lo diceva io, che avrede fatte meno
parole. Da un canto me ne rido di
vedervi così confido.
Buon. Ma non me ne rido già io .
G 4 Buon. Ma
104 ATTO
Elm. Ma pure, che v'afffigge ?
Buon. Checred’io, che andremo tra poco
a dormire airOfteria.
Elm. Non fo, che vogliate inferirvi.
Buon. Ah maledetta donazione !
Elm. Che donazione ?
Buon. Pazienza : non ci è più rimedio ; ma
ci è ancor di peggio.
Elm. Dite, fpiegatevi, che male ci è ?
Buon. Vi dirò ogni cofe Moglie mia. Ma
afpettate un poco, voglio riconofce-
re, fe in Camera fua vi è una certa
calfettina, che sò io.
Elm. Che volete rabbia rubata ? eh non
può e fiere.
Buon. Ah fciagurato traditore !
Elm. Non può efiere :, voi parlate in quefta
guìfa degli Uomini dabbene ? conver¬
rà disdirfi.

SCENA NONA.
GIARDINO.

Dorina, Mariana.
Dar. , cercafin quello maledetto
Giardinojnon ci fi trova un maz¬
zo d'ortica per meterlo fta fera tra le
lenfuola di D. Pilone; a quel modo di¬
mattina lo vedremmo grattare a più
potere, e fi direbbe a Monsù Buonafcs
TERZO. 105 ^
de,che bifogna differir le nozze,finché
il Sig. Spofo faccia un poco di medica¬
mento, e che fia guarito dalla rogna .
Mar. Cerca più torto qualche pianta di ci¬
cuta mortifera,per tenermi prò veduta
di rimedio-Ma hai fentito Dorina/
Dor. E" gente oltre di qua.
Mar. Chi può eifere ?
Dor. Sarà Piloncino, che inaffia ifedanti
per mantenere il calor naturale al Si¬
gnor Don Pilone.
Mar. Dorina , non è gente di cafa, nafcon-
diamoci.
Dor. Io per me fon da vedere, e da mofira-
re ; nafcondetevi voi, fe vi par d'ef-
fer brutta.
Mar. Sovvengati, che fei fanciulla, e che
fiam qui fole .
Dor. Io non ho tanta paura. Andate, an¬
date . Ma fapete chi è ? E" Monsù Va¬
lerio, via predo nafcondetevi.
Mar. Monsù Valerio ?
Dor. Sì.
Mar. Ma perchè ritirarmi, fe fono in cala
mia.
Dor. Sovvengavi , che fiete fanciulla , e
che fiam qui fole.
Mar. Farò come tu vuoi, ma forfè m’avrà
veduta.
Dor.Se voi non ve n andate, vi vedrà ficuro.
Mar. Mi
io5 ATTO
Mar. Mi ritiro tra quelli lauri : ma fe Va¬
lerio voledè parlarmi, di grazia chia¬
mami fubito. vìa.
Dor. Così farò ; ma fapete, non iltà bene
che mi rispondiate alla prima, nè che
venghiate fubito, quando vi dico, che
Valerio vi vuole. Che fe dovete farvi
Monaca , bifogna cominciare un poco
a dare fu la fu a; e guai a voi, fe la Ma¬
dre Priora lo fapelfe. ( Mariana va a
nasconderfi. ) Eccolo Valerio, come
mai è entrato nel Giardino? Sicura-
mete che Monsù Sapino gli ha data la
chiave di quelPufcetto di dove ufciva
la notte per andare a fragnuolo.
SCENA DECIMA.
Valerio y e dette.
Val. TAOrina , dov e Mariana?
Dor.JLJ l/ho nelle talché diauelfaltra
gonnella: e che ne volete fare ?
Val. Chiamala di grazia, che non ci è tem¬
po da perdere,
Dor. Adagio : voi non la fapete tutta . Ma¬
riana li vuol far Monaca.
Val Cleante m’ha informato a baldanza,
ed io redo veramente obbligato alla
fua fedeltà , perchè elfendo fuo Padre
odinato in non voler, che da mia, ella
Sii
T E R Z O. 107
gli ha rifpofto in quella guifa, per non
eflèr di vqrun altro. Chiamala, dico.
jDor. Vedete, non ci è pericolo, che venga -
Val. Non penfate ad altro,
Dor. Ci voglio penfare io, e non iftà bene ,
che una giovane.
Val Dico , che ogni momento è preziofo.
Dor. E io dico, che non verrà.
Val. Spedifcila.
Dor. Fino a due, o tre volte, mi ci poflò
provare, Eh Signora
SCENA XI.
Mariana , e detti.
Mar.'T^Ccorm Corina ,che vuole Mon-
JL-j su Valerio?
Dor. Oh che fapete, che io chiaroaffi voi,
e che vi chiamaffi da parte fua? Cappi-
ta ! fé vi fate Monica, farete una buo; '
naPortinaja, perchè indovinerete chi
è in Parlatorio, e chi ha da venire alle
grate, fenza che vi dieno il nome.
Val Mariana, io fo, che m’avete amato
fopra ogn’altm cofa di quefto Mondo,
e che mi amate ancora adeffo.
Mar. Non vel niego .
Val. E fo, che credete d’effere corriffpo-
ftada me con un’affètto non punto
alvoffro inferiore.
Mar. Lo
io» ATTO
Mar. Lo credo .
Val. Per quello non dovete aver difficoltà
a fidarvi di me in un’affare, che è il
più importante per voi.
Mar. Certo.
Val. Venite dunque fenz’altra replica con
me, evenga Dorina.
Mar. Come ? dove? Adagio:
Val. Alla porta del Giardino fta una caroz-
za, dove è Madama Leonora mia ma¬
dre , e Monsù Sapino voffro fratello ,
che vi afpettano, per condurvi di con¬
certo in un luogo di voftro genio.Mosù
Sapino farebbe venuto egli fteffo per
farvi la fcorta,ma temendo io,che non
potefle incontrare DonPilone,o Mon¬
sù Buonafede, ed in tal cafo fùcceder
qualchcdifordine,ho ftimato bene,che
fi trattenga colà fenza impegnarli.
Mar. Eh Signor Valerio,è vero,che v’amo,
ma dentro i termini convenienti. E
con qual fine ufcir di cafa di fuo Pa¬
dre una fanciulla mia pari, fotto la
condotta di due giovani, quali fiete
voi ? Non ci penfate.
SCENA XII. .
Sapino , e detti.
Sap.'finiamola, Mariana; voi rovinate
-F le voftre fortune.
Mar. Il
T E R Z 0. 109
Mar. Il mio dicoro non lo comporta ; e
che direbbe la gente ? *
Sap. In propolito diche? Siete in compa¬
gnia di Madama Eleonora, che è la
più favia Matrona del Paefe, e liete
in compagnia di voftro fratello. Via
rifolvetevi : così refterete fuori d’im¬
pegno di Ipofare queiripocrita fcelle-
rato, e foddisfarete alla voflra elezio¬
ne fenza contratti.
Mar. Oh Cielo !
Sap.Ma il Cielo è quello, che vi manda
quelli ajuti.
Val. Ancora ci penfate ?
Dor. Se vien Mariana po poi vero ancor
io.
Sap. Fate torto, all’amore di Monsù Vale¬
rio , e al penfiero, che egli li è prelò
di liberarvi dalla tirannia di voftro
Padre, conducendovi al termine de’
voftri defiderj.
Mar. E)orina che te ne pare ?
Dor. Già fi vede , che Monsù Valerio v»
vuol condurre in cafa fua,avendo con-
chiufo i voftri fponfali coll’approva¬
zione di voftro fratello, e di tutti i vo¬
ftri parenti, che finalmente hanno più
giudizio di voftro Padre.

Mar. Che
IIO ATT 0
Mar. Che diranno i noftri parenti, Mon-
su Sapi no?
Sap. Che avete avuto un gran felino : anzi
veltroPadre medefimo,a fangue fred¬
do, v'approverà la voftra rifioluzione .
Mar. Madama Eleonora ci è veramente ?
Val Y'afpetta con impazienza.
Dor.Sìy sì: è una Suocera poi di garbo.
Via, via. Oh fon tante, che fcappa-
nodi notte, efenza tantiteflimonj.
iMar. E voi farete fempre con me caro fra¬
tello?
Sap.Così vi giuro.
Mar. Tant'è, io ci fento una fomma ripu¬
gnanza .
Sap. Ed io mi fentirei una gran tentazione
di iltafcinarvi a forza .
Val. Piano Monsù Sapino.
Sap. Si tratta di liberarvi dalle brance del
più infame, del più maliziofo Moftro,
che ha fopra la terra, e di render la li¬
bertà a voftri affètti; fi tratta-Or¬
sù fate a veltro modo; refiate quìa
dìfpofizione d’un Marito fcellerato:
Ma v'aflìcuro, chefe non averò potu¬
to fiaccarvi viva dalle fue braccie, fra
poco vi ftrafeinerò forfè morta con
quelle medefime mani.
Val. Non v'alterate di grazia ; non ha Ma¬
riana altro ritegno, che la modeftia,
Dor. Via
TERZO. ni
Dor. Via Signora Padroncina , lo fanno
per lo voftro meglio.
Mar. Fratello,amico,voglio fidarmi di voi,
a voftro conto vada tutto quello, che
potranno detrarmi le cattive lingue.
Dor. Oh penfava di nò.
Sap. Dunque non più indugi.
Val. Date braccio voi a Madama, Monsìt
Sapino.
Dor.O voi perchè nò?
Val. Non voglio, che quella mano rifvegli
tra le reiigiofe fiamme di Mariana
qualcheduno di quegli antichi ardori-
Mar. Reiigiofe fiamme ! Monsù Sapino
dove andiamo?
Dor. A cafa di Monsù Valerio?
Mar. A cafa di Madama Eleonora ?
Val. Nò, neppure dovete toccare‘la foglia
della mia porta. Compatitemi, ailor
sì , che il Mondo potrebbe formare
de’finiftri concetti della vofirapudi¬
cizia , e della mia lealtà.
Dor. Uh le gran cole !
Mar. Piano un poco fratei mio, dove fi va?
Sap. Vi fidate di Monsù Valerio, e di me ?
Mar. Io me ne fido, ma più torto mi pa¬
re , che non vi fidiate voi di Mariana,
tenendole nafeofto con tanto miftero
il voftro difegno.
Val Madama^nan è egli vero,che ellegefte
ulti-
ni ATTO
ultimamente di chiudervi in un Chio-
ftro più tolto, che fpofar Don Pilone ?
Mar. Vendimo.
Val. Cioè a dire , che non potendo avere
Monsù Valerio, non volete altr’uo-
mo del Mondo ?
Mar. Così appunto.
Val. Or io, che non potrei vedervi ftretta
in altre braccia, che nelle .mie, fenza
morirmi dalla diffrazione, ho tanto
gradita quella finezza del voftro amo¬
re, che ho procurato con la maggior
preftezza poflibile di farvi confeguire
il voftro intento, per ottener nei me-
defimo tempo quella confolazione a
me fteflò, cioè che altri giammai non
polla efter polfeflore di quelle bellez¬
ze , fopra le quali io aveva per grazia
voftra tante antiche ragioni.
Mar. E che avete fatto di bello ?
Val. Avendo io due Zie, e qaattro Cugine
nel ricchilfimo Convento di Porta fio¬
rita , ho fatto prefto pretto radunare il
Capitolo per accettarvi, e credo,che al
predente fieno tutte leSuorealla porta
per ricevervi con quella fella, che me¬
rita un tanto acquifto.
Mar. Le Suore di Porta fiorita hanno avu¬
ta troppo gentil confiderazione per la
mia perdona, e Monsù Valerio mi ha
favo-
TERZO. iij
favorita eoa troppa follecitudine > del
redo io per ora — - -
Sap. Che non volete più monacarvi ?
Mar. Sì> sì, ma-
Sap. Che ma? oh queda farebbe bella !
Dot. Averanno accettata me ancora?
Val. Lo faranno ogni volta.
Dor. Di grazia vorrei , che V. S. mi racco-
mandale alle fue Sig. Cugine, come
anderò io adelfo a fare con quelfaltre^
perchè mi diano il voto nero. via .
SCENA XIII.
Sapino, Valerio, Mariana.
Sap. Toltemi, che novità è quella ?
Mar.aLJ Io fono deiridefiòfentimento.
Ma finalmente ad una giovane, che
dee chiuderli per tutto il tempo di fua
vita, è folito il darli qualche foddisfa-
zione per quattro,o fei meli avanti, co-
ducedola a vedetelecuriofitàdel leco-
lo, e a godere di replicati trattenimeti.
Val. Ma fe amate me fepra ogni cofa di
quello Mondo, di grazia lacrificate,
per amor mio, a quello veltro defide-
ri'.Oh Dio! ma làrebbe di troppo lun¬
ga pena lo dare fei meli nel dubbie,
che voi potrede edere fpofa d’un’al-
tro, giacché Buonafede nozx vuole af-
II foluu
H4 ATTO
fatatamente, che fiate mia. Madama,
non mi negate quello favore ; entrate
avanti fera in Moniflero, fevolete,
che quella notte io dorma contento.
Màr. E perchè dormiate voi contento una
notte, ho dà vivere io malcontenta
tutti i truci giorni.
Sap. Ma non proponelle voi di far quello
palio?
Mar. Di far un paflfo, ma non un fiilto :
cioè a dire, di farlo contempo, pen-
fando alla religione, al convento, e
a moltr’altre colè.
Sap. La religione non è molto Eretta.
Val. Ed il convento è ricchilfimo .
Sap. Tra falere co fe, le Monache non ven¬
gono mai obbligate al digiuno.
Val.Tra fatare cofe le Monache hanno per
ciafcuna di loro la libera entrata di
due poderi .
Sap. E di più, efeono due volte il mefe a
divertirli.
Val. E di più , fon donati dal Monaftero
due abiti fanno a ciafcuna.
Mar. Tutto il contrario del mio genio.
Sap. E perchè ?
Val. E quafè la cagione ?
Mar. Perchè io mi fo religiofa per mortifi¬
carmi , ad amo la Grettezza, e la po¬
vertà.
Sap. Qui-
TERZO. ii5
'ap. Quivi potrete eleggere quel tenore di
vita, che più vi piacerà.
ral Certo, che la miaZiaècosìolfervan-
te, eritirata, che non efce dalla fua
cella, e già fon quattr'anni.
Mar. Vedete di che male fiere ftatd cagio¬
ne, fe oggi fave te fatta feendere a Ca¬
pitelo per mio conto.
ìap. Riloluzione, Signora Sorella v
Mar. In quanto a me fon rifolutiflima : e
per far conofcere a Monsù Valerio
quanto mi preme il dargli quello con¬
tento , e mantenerlo in quello impe¬
gno , rinunzio a' fei meli de foliti di¬
vertimenti , e vicino al mio contrag¬
genio, che a vrei alla regola così larga,
e al Monaftero così facoltofo.
7al. Andiamo dunque.
Mar. Sì;ma come andare al Monaltero fen-
za che fia depofitata la dotePSarei fog-
getta a troppi rimbrotti delle Religio-
1 e , fe fi trattenelfe il mio veltiario
per mancanza di danaro, di cui, co¬
me fapete, il Signor Padre noftro li
trova fproveditiiTimo.
ìap. L'amore di Monsù Valerio ha penla-
to bene a tutto.
Mar. L'amore di Monsù Valerio mi perse¬
guita co' fuoi favori ; che mai ha fat-
tp di più ?
; H 2 Val Per
116 ATT O
Val. Per comprare a me quella pace , che
mi porterà laficurezza, che voi non
fiate d’altri, ho promeffo donare la
mia unica poflèffione al Convento,
chefèrvirà per voftra dote.
Mar. Quella farebbe una dimoftrazione
eccedente ogni voflro obbligo, e ogni
mio merito: ma fapete qual confide-
razione mi sforza a non accettarla ?
Val Quale, Madama ?
Mar. che per dar troppa dote a me reme¬
rebbe poi indotata Madama Ortenfìa
voftra forella. Penfate pure a lei, che
a me penferà mio Padre, ed i miei Pa¬
renti . E voi Monsù Sapino, fe volete
Ortenfìa per ifpofa, non dovete per¬
metter e, che Monsù Valerio le fcia-
lacqui tutti gli affegnamenti pel fuo
maritaggio. vìa.
SCENA XIV.
Sapino 3 e Valerio.

Sap. /^He ne dite,MonsùValerio,del buo


proponimento di mia Sorella !
Val Dico, chela vedo più accomodata a
Ilare con un cattivo Marito, che ad
entrare in un buon Convento .
Sap. Crepo dalla rabbia .
Val Smanio dalla deaerazione.
Sap. An-
TERZO. ^ tir
%ap. Andiamo , che vodra Madre non idia
più a incomodo.
Val. Andiamo, che leSuorenonidianoa.
maggior tedio.

SCENA XV.
CAMERA.

Buonafede, e Dorina.
"Buon. T^|Orina avredi veduta quella caf-
JlJ fetta?
Dor. Signor Padrone avrebbe veduto il Si¬
gnor Don Pilone ?
Buon. Ha mangiato tanto, che Fho man¬
dato a fare un po d’efercizio.
Dor.Sia benedetto poverino!
Buon. Era una caflèttina di noce con certe
* piccole ladre di ferro bollettata d’ot¬
tone.
JDor. Come Don Pilone torna da fera, vo¬
glio , che gli facciamo una buona ce¬
na, perchè avrà appetito.
Buon. Certo, certo fi merita la cena, eT
pranfo.
Dor. Sia benedetto poverino !
Buon.Se non trovo quella caffettina fon tri¬
bolato .
Dor. Se non trovo predo il Signor Don Pi¬
lone fon difperata.
§uon. Fa un poca di diligenza Dorina, fe
li s queda
ti 8 ATTO
quella caffetta fi trova .
,
Dor. Mirate un pò alle fineftre le Don
Pilone fi vede .
,
Buon. Non mi par dovere che me rabbia
portata via.
Dor. Non mi par dovere, che abbia a llar
tanto.
Buon. Eh Signor sì, che è briccone d’aver¬
la fatta.
Dor. Eh Signor sì, che farà ancora a far
del bene.
Buon. Sia maledetto mia difgrazia !
Dor. Sia benedetto poverino;fia benedetto.
Buon. Sia benedetto ! Chi ?
Dor. Don Pilone.
Buon. Tò, tò , tò . la "batte.
Dor.Ahi, ahi, ahi!
Buon. E un’altra volta fa, che tu non fia
più ard ita di benedir nefluno in Cafa
mia, fenza mia licenza.

SCENA XVI.
Pernettai e detti.
Per. /'""•He ci è di nuovo, che ci è ? Que-
V-J ftaCafa è piena di Diavoli più,
che mai !
,Dor. Madama Pernella, voftro Figliuolo
m’ha percoli a per conto di 'Don Pilo¬
ne , balla, balla . via.
Per. A
TERZO. ii9
Per. A dire ? che per conto di quello be-
nedett’uomo - - - -
Buon. Mia Madre, fate una cofa, andate z
benedir la gente ancora voi a cafa vofixa.
Per. Pure, che ci è di nuovo ?
Buon. Ci è, che dopo aver riverito quel
malfcalzone ^ ingraffatolo bene , pro¬
mettagli la mia Figliuola, e datogli
tutto il mio, m’ha pagato poi di que¬
lla bella moneta .
Per. Come farebbe a dire ?
Buon. M'ha porraro via la roba, tentato
l’onore, e di più promeffo di tacciar¬
mi di Cafa.
Per. Figliuol mio,fapete che cos’è? La vec¬
chiaia, da un tempo in quà vi dà ad¬
dotto ; e mi pare, che cominciate à
rimbambire.
Buon. Di grazia non m’affliggete isiu. Som
cofe, che fi fon toccate con mano;
con mano sì bene.
Per. Son cofe inventate da’ malevoli, che
non poffono patire le perfone buone.
Sapete, che quando eravate piccinino
ve le diceva tutte.
Buon. Malevolenza sì, malevolenza. L’ho
fentite co’ miei occhi, l’ho vedute co’
miei occhi.
Per. Voi fapetequant’è odiato poveretto,
per dire la verità.
H 4 Buon. Nè

i
120 A T T a
Buon. Nè meno l’intendete .
Per. ,Lo perfeguitano, e ve io vorrebbero
mettere in difgrazia.
Buon. Oh buono !
Per. Il cielo ne guardi da quefte cattive lin¬
gue, quando la cominciano a tagliare;
Buon. Mìa Madre, me la farerte frappare.
L'ho vedute, e frinite io medenmo :
si bene, io, io.
Per. Te ne ricorderai , che tela feci vede¬
re io in un libro antico, quando co¬
minciarti a leggere. L’invidia è dipin¬
ta con certi ferpacci neri neri.
Buon. Oh che pazienza !
Per. Vnoi dire, che è del peggior veleno ,
che fi trovi.
Buon. Come ci entra l’inyidia , e la lattu¬
ga ? fiere forda, o io fate ? vi dico , che
io , io -, io Tho fentite con quelle orec¬
chie , e Tho vedute con queft’occhi.
P^r.Figliuol mio , non è la prima volta ,
che la paffione ci fa travedere, e fen-
tire una cofa per un’altra.
Buon. La rabbia mi mangia.
Per. La noftra malizia fempre penfa al
peggio, e pure bifognerebbe fèmpre
interpretare il bene per il male.
Buon. Che interpretazione doveva fare,
quando voleva abbracciare la mia
Donna ?
Per. Finab
TERZO. ut
Per. Finalmente per condannare le perfo
ne, bifogna ^Ificurarfi ben bene deb
le cofe, ed afpettare.
Buon. Diavolo doveva afpettare - - - - Mia
Madre , direi degli fpropofiti.
PmQuefte cofe non le crederò mai vedete
Figli uolo , qualche Demonio di quel¬
li che ha aderto Monsu Sapino, avrà
forfè prefa la figura di Don Pilone.
Buon■ Levatemi davanti, che farete me¬
glio ; e fe voi non forte mia Madre - - -
SCENA XVII.
Cleante , e detti.
Clea. /^Ognato, il Cielo vi cartiga aderto
v.j nel modo,che meritate. Voi non
volerte mai credere agli altrui avver¬
timenti, ed ora permettete, che non
fia creduto alle voftre querele.
Buon. Ci mancava adeffo cortili.
Clea. Ma qui le cofe reftano in uno flato da
potervi cagionare qualche apprenfio-
ne, fupporta la verità,che voi gli ab¬
biate donato tutto il voftro, come di-
celle . Bifogna temere da i cattivi il
peggio, che fi può, e prepararli antici¬
patamente alle opportune dirtele di
quegfinfulti, che potrà farvi quello
traditore.
Buon. Ah
122 , ATTO
Buon. Ah Monsù Cleante, voi dite il vero^
mi dà faftidio la donazione, e di più
certe fcritture, che io ho chiufe in
una certa calfettina, che gli avea fi¬
data in mano.
Cica. Qual caffettina ?
Buon. Vi ricordate di Monsù Argante, il
più caro amico mio, fuggito ultima¬
mente dal Paefe, come sbandito di
pena capitale?
Clea. Me ne fovviene : e fi dice che alla
Corte era flato accufato di corrifpon-
denzaco* nemici delnoflroRè.
'Buon. Ora il poveretto fe ne fuggì sù la
mezza notte, e non potendoci carica¬
re di gran bagaglio , mi lafciò in con¬
fidenza una caffèttina piena di Iette¬
rete feri mire, dicendomi, che la teneflì
ben cuftodita,e fegreta,per quanto (li¬
mava la fua riputazione, e la fua vita.
C/e^.Bene,e perchè dunque la fidafte a lui?
Buon.Egli ebbe curiofità di leggere un non
sòche, e poi mi dille, che gliela la-
fciaflì in mano, perchè in cafo, che
folli dato efaminato fopra di quello,
avrei potuto giurare di non aver cofa
alcuna di Argante.
Clea. Piaccia al Cielo, che ciò non fiala
rovina della vollra Cafa.
Buon. Che s’ha da fare Cognato mio ?
Cle. Sa-
TE R Z O. 123
dea• Sapete che ? Accordatevi in qualche
maniera con Don Pilone, e cercare
, di chiamarlo con le buone a qualche
partito,
Per. Chiamalo ficuro. Ma lo maltrattate
tanto fra tutti due, che Dio fa, feci
vorrà venire.
Buon. E pure dunque bifognerà far partito
del fuo eh, Monsù Cleante?
dea. Non bifognava fpogliarfene fciocca-
mente, come voi avete fatto,

SCENA XV III.
,
Elmira e detti.
Eìm. T> Uonafede, è non fo chi, che è ve-
JD nuto per parte di E>on Pilone,
che vuol parlarvi.
Buon. Parlarmi eh ! Sicur, ficuro, che vuol
far trattare raccordo. Se è vero, Don
Pilone po' poi non fi porta male.
Per. Buonafede figliuol mio, fa una cofa ,
rimettila in lui, che è un'Uomo da
non volere un quattrino del tuo.
Buon. Orsù fatelo paflàre : non tante ciarle.
Elm. In cafo, che Don Pilone volelfe ri¬
tornare in cafa , di grazia ripigliatelo
per mio infermi ero, perchè avendo¬
mi fatto fpurgare, comefapete, per
un quarto d ora, m'ha liberata dal ca¬
tarro per un'anno almeno.
SC E-
124 ATT O
SCENA XIX.
Caperai Benigno , e detti.
Benig. CAnità , e allegrezza a Monsù
u Buonafede, e alla camerata.
Buo. Sanità,e allegrezza! vuol dire,che por¬
ta buone nuove, e che D. Pilone vuol
far’accordo fenz’altro. Buondì a V. S.
Benìg.lo fono flato fervitore di tutta la fua
Cafa, e ho conofciuto Monsù Sapè
fuo Padre, Monsù Giulianofuofra¬
tello, ed ho a memoria mille favori t
che nf hanno fatti.
Buon. Tanto più, Monsù Cleante, il mez¬
zano degli aggiuflamenti è tutto di
cafa noflra. Mi favorifea del fuo no¬
me , che può effere ; che io lo ritrovi
tra miei ricordi.
Buon. Benigno ! proprio è nome da amici
tra"miei ricordi.
Bentg. Il mio nome è Benigno.
Buon. Benigno! proprio è nome da amici di
Don Pilone . Non Fho mai veduta in
quella Città Signor Benigno.
Benig. Mi trattengo veramente in campa¬
gna dove - ---
Bnon. Dove averà delle poflèffioni V• S. ?
Benig. No : vi ho bensì delle cariche ; per¬
chè per Tantica buona fervitù di mio
padre, nonno, e bifnonno, benché
molti
T E R Z O. 125
molti invidiofi Faceffero una volta de
cativi uffizj ----
Per. Ah invidia maledetta !
Bemg.Sono.quarantanni già, che perula
Dio grazia, efercito con mio grand’o¬
nore Tuffizio di Caperai de5 Famigli.
SCENA XX.
Sapino, e detti.
Sap. CIgnor Caporal Benigno, che eferci-
O ta per merito del filo padre , non¬
no, e bifnonno,a difpetto deU’invidia,
da quarantanni in quà,cotefto onora¬
to uffizio, che pretende V. S. da que¬
lla cafa?
Cka. Monsù Sapino avertite, bifogna trat¬
tar gli Efecutori con riFpetto.
Per. E tanto più, quando trattano accordi.
Benig. Io pretendo di Far a lor Signori un
gran Fervizio.
Clea. Dite Caporale.
Benig. Quello veramente è un precetto del
Magiftrato del Governo, dove Fi co¬
manda a Monsù BuonaFede, che laici
libera la Fua caFa con tutti i mobili al
Signor Don Pilone, e per lui me Ca¬
porale predetto, Fenza eccezione, e
lenza intermiffione di tempo, in virtù
di certo contratto di donazione, che
gli ha Fatto di tutti i Fuoi beni.
Sap. Si-
126 A T T O
Sap. Caperai Benigno, andate a fare i fat¬
ti vodri.
Benig. Parlo col Signor Padre.
Buon. Parla con me, impertinente I la ca¬
la a Don Pilone ?
Benig. A Don Pilone. Ma io, che fono an¬
tico fervi toro, come le ho detto, di
tutta la fua cafa-
B//o#.Ora viene alfaccordo.
Benig. E che finalmente fono amico de ga¬
lantuomini , a difpetto degli ordini
predanti,ch’io tengo, e delle pene, nel¬
le quali incorrerei per ogni tralgrelfio-
ne di quello madato; voglio,che Tedia¬
te contento della mia condotta, e che
abbiate occafione di ricordarvi di me l
Per. Oh che galantuomo ! Codui è il Don
Pilone de’ Famigli.
Buon. Il Cielo vi benedica. Che volete fa¬
re Caperai Benigno ?
Bìnig-Spero però, che nfuferetequalche
cor teli a.
Clea, Sarà mia cura, che fiate corrilpofto.
Benig. Non Voglio io già fcacciarvi di cafa*
iVè votarvela adedòdi tutte le mafie-
rizie, ma darvi tempo ancora un mez¬
zo quarto, acciocché polliate in tanto
ordinarvi qualche ricovero alla più
comoda Oderia di quedo Paefe.
Sap. Prima che tu ci mandi ad alloggiare
all*
TERZO. 127
all’Ofieria, io ti manderò eoi baftone
a mendicare allo Spedale.
tlea. Moderazione , Monsù Sapino. Ap¬
profittiamoci del tempo , al meglio
che fi può. Caporale ritiratevi, fevi
piace , tanto che fi trovi luogo a i com-
penfi fenza voftro fcapito.
Benig- Orsù lafcerò alla porta lamia pat¬
tuglia , ed in quello mentre mi porte¬
rò in un’altro lervizio. A rivederci Si¬
gnori, fiate allegramente tanto che
torni. via .
Buon. Che poffa rompere il collo tu, echi
ti ci ha mandato.
SCENA XXI.
Refiano i fopradetti.

Buon./^He ne dite mia Madre del vofiro


Don PilonePSono le cattive lin¬
gue della gente, o i fuoi cattivi fatti ?
Per.Ho fentito qualche cofa veramete. Ma
voi non volete dar luogo agli accordi.
Clea. Io fon pur confufo !
Elm. Sapinq, Cleante, e non avremo tanto
fpiritoC-.-tutti di farli fentireal Magi-
ftrato,<?d a iCommiliari d^fua Maefià?
Sap. Andù£a&), Signora Madre . O ci farà
fatta k giufiizia, ome la farò io da
jme Hello.
SC E.
:iU ATTO
SCENA XXII.
Valerio, Dorina > e detti.
Dor. CIgnor Padrone, è Monsu Valerio,
Buon. Oche nuova porta Monsù Valerio?
Val. Cattive, cattividìme.
buon. Peggiori del Caporal Benigno.
Val. Mi difpiace d’effervene rapportato-
re, ma godo per una parte di potervi
fcampare da un gran pericolo.
Buon. DiavoI farà !
Val E5 rilavata una rigorofa cattura per-
fonale contro di voi , come perfona
fofpettadi corrifpondenza co5 nemici
della Corona.
Sap. E che vuol dir quello ?
Val In una certa cadétta di fcritture efibi-
ta da Don Pilone al Governo, come
ritrovata in voftra cafa, fifonocono-
fciute delle lettere di trattato per un
tradimento d’una piazza d’arme, e lo
dello Don Pilone ha prefa la commif-
fione di confegnarvi alla Corte.
Clea. Quello è ilfofpetto, per cuimpro-
celiàto Monsù Argante^ per cui fi
foggi.
Buon.] Ah mefehinoa me ! Lo^ce va, che
mi fapeva peggio della cadetta, che
della donazione.
Cka. Ah
TER Z O. 129
Cica. Ah fcellerato Don Pilone! Vedete
di quali armi fi ferve, per mettere al
coperto le fue frodi !
Buon. Ora , che ne dite mia Madre ?
Per. Dirò di sì veramente ; ma bifognereb*
be fentir lui.
Val Ogni indugio vi può collare la morte .
Io tengo pronta una barca nel fiume 3
per condurvi copertamente al mare,
e farvi paffare in Italia.
Dor. Dove fuppongo,che a quell’ora Mon-
sìi Buonafede farà accettato ancor ef-
fo in qualche Convento per opera di
Monsù Valerio.
Val. Io vi fervirò di fcorta fino che fiate in
falvo , e vi lafcerò in mano alcune
gioje per ogni voftro bifogno.
Buon. E come farò mai a compenfarvi tan¬
te grazie, che mi fate?
Clea. Lafciamo i complimenti ; andate Si¬
gnor Cognato.
Sap* Signor Padre non perdiam tempo.

SCENA XXIII.
,
Don Pilone Secondo Caporale con
,
famigli e detti ,

JD. Pii. T)Ian, piano fratello, non abbiate


Jl tanta fretta, che non dovete
andar troppo difeofto. E3 piaciuto al
1 Cielo,
130 ATTO
Cielo, ed al noltro Rè,che voi reftiate
confegnato all’umana Giuftizia, per
fodisfaria di quanto le liete debitore.
'Buon. Ah traditori!
Sap Ah indegno! Tu ferbavi in ultimo
quello colpo da maellro,per fare la più.
inaspettata prova della tua perfidia.
SCENA ULTIMA.
Mariana, e detti.
Mar. T L Signor Padre va in prigione l Ah
X sfortunata me! E che ha fatto il
Signor Padre, che è tanto il buon
Uomo ?
Clea. Veramente è non poco delitto l’aver
creduto per tanto tempo a quello feel-
lei ato.
D. Pii. Vi ccmpatifco quanti liete,e vi per¬
dono tutte cotefte ingiurie, che volen¬
tieri fopporto per amor dei Cielo .
Valha moderazione di quella buon’ani¬
ma è maravigliofa /
Buon. Ma non vi ricordate di tanto bene,
che v’ho fatto, Signor Don Pitone ?
D. Pii.Me ne ricordo, fratello, ma l’in-
terelfe del Principe lega per ora le
mani alla mia gratitudine; e la Giu¬
ftizia è un’Idolo, a cui debbonfi fagri-
fteare amici, parenti, e bisognandq
alfe
terzo. 131
ancora la propria perfona.
Elm. Che infame calunniatore ?
Clea. Se il voftro zelo tanto efemplare può
forzarvi, per la caufa della ginflizia >
ad elTere attore ancora contro voi flef-
fo, dovevate prima denunciare al Tri¬
bunale quante violenze avevate fat¬
te alfonore di mia Sorella„
O. Pii. Olà Efecutori di Giuflizia liberate¬
mi da quelle impofture, e non ritarda¬
te di vantaggio gli ordini fiipremi.
$>.Cap. Sonprontilfimo ad eleguirgli. Ve¬
nite dunque voi Signor Don Pilone, e
non più Buonafede in un fondo di tor¬
re, chefièflabilitoperoraper voltra
ftanza, finché vengano lepiùdiltin-
te determinazioni di Parigi.
t?. Pii Io prigione , fratello Efecutore !
E perchè ?
a. CaP.Voi prigione: e del perchè non ne
fono a voi debitore. Signori, diamo lo¬
de al Cielo, che fiamo nati in un tem¬
po, ed ìq un Regno dove la malizia
non può tener lungamente la mafche-
ra, e non può lungamente andare fen-
za la fua pena. Ed in tantofappiate,
come a tutti i Governatori dellaFran-
cia , e degli Stati confinanti è flato
mandato fegreramente il ritratto di
Quello fcellerato vegabondo, co’ fuoi
I z piu
% A T T O
più certi contraffègni, affine di arre¬
carlo fubito, ancora dentro qualfifia
immunità , e mandarlo bene accorra
pagliato a Parigi. Jeri appunto capitò
alla Corte quello difpaccio, ed oggi
venendo a fare le fue idanze al gover¬
no, è (lato dal LSignor Commiffario
ben conofciuto, e diftinto per quel fa-
molo Reo, chef cerca, benché eoa
la barba , e col vefftito avefle alquanto
alterate le fue folite lembianze . Quie¬
to , non è altrimenti Don Pilone ,
Jevanim Ebreo , paffato fintamente
dalla fu a religione alla noftra, affine
di approfittarli in quella di maggiori
comodità pe? fuoi fini malvaggi. Egli
ha fpofate due mogli in Portogallo, e
tre altre nella Catalogna; e nelfO-
ìanda ha falfificata più volte la mone¬
ta doro. Nella Borgogna ha violate
quattro claufure col rapimento di più
Zitelle, una delle quali, come è fcrit-
to nelfiftruzione di Parigi, fi crede
certamente, che fia quel ino Compa¬
gno Filoncino, fotto abiti di mafehio,
e con qualche fegno di barba mentita.
E per abbreviarla, che io non mi ram¬
mento d’ogni cofa, è fiato proceflato,
non fo dove, periffregone, e brucia¬
ta folennemente la fua Statua in Co¬
lonia,
TER Z 0. in
Ionia , come fi crede, che farà fatto di
lui medefimo nella Metropoli di que¬
lla Monarchia.il Signor Commiifaric?
avendolo ben ravvifato, e volendo un
poco mortificare la troppa femplicità
di Monsù Buonafede, ho voluto ac¬
cordare a Coditi tanto il precetto per
lo fgombero, quanto quedo Mandato
efecutivo perdonale contraTinnocen-
za di quedo buon Vecchio col motivo
di confonderlo poi, per mio mezzo *
inprefenzadi loro, che fono dati te-
flimonj della fua falda pietà, e delle
fue vere fcelleratezze.
V>uon. Oh che fia lodato il Cielo ! Quedo
sì, cheèun’Offiziale più benigno del
Caporal Benigno!
Cap. Così dunque non fi frammetta più
tempo all"efecuzione. conducono le¬
gato Don Pilone,
Buon. Di grazia non vi fcappi, galantuo¬
mini . Legatelo bene. Dorina piglia
le funi dal Pozzo.
Sap.Va pure, infamiffìmo Uomo. Voglio
feguirti a filo tempo fino a Parigi,
per portare io medefimo lefafcineal
tuo palco.
Per. Se lo bruceranno , figliuol mio , lo
bruceranno ancora colla ghirlanda.
Clea. Sorella^ quale improvifo cangiameli*
I 3 to
m ATTO
to hanno fatto le taiferie di voftra
cafa /
Eìm.Conforte amato, la voftra troppo
oftìnata credulità meritava il caftigo
d’un più lunao travaglio : lodate adef-
fo la celefte rrovidénza, e dopo aver
accolto il voftro legittimo figliuolo,
rimeritatela fedeltà di Monsù Vale¬
rio con quella ricompenfa, che pote¬
te credere, che fia più grata.
Buon. Figliuol mio fcufatemi, fai ; ti ribe¬
nedico , ti riabbraccio, e ti rinfigliuo-
lo. Monsù Valerio, piglieremo aderto
aderto la medefima fcritturadiDon
Pilone con Mariana , cafleremo il no¬
medi quel furfantonè, e ci mettere¬
mo il voftro . Siete contento Mon¬
sù Valerio? Sei contenta la mi Zit¬
ta?
Val Dopo Tallegrezza di vedervi faivo da
tanti pericoli, non portò poi provare
la maggiore, che di vedermi unito
alla voftra belliftìma Figliuola.
Eìm. Mariana, chenedite?
Mar. Vorrei aflìcurarmi, che Monsù Va¬
lerio nfamafte davvero, e che l’ulti¬
mo ftratagemma dì chiudermi in un
Chioftro non forte ordinato dalla bra¬
ma di fpofare , corrfio dubito, un’
altra Donna, poiché egli forte ftato
fciol-
TERZO. 13$
iciolto dalfimpegno , che àvea con
me .
Valer. Ve ne dò per mallevadore Monsìt
Sapino »
Sap. Sì ~y Mariana > potete crederlo a
me *
Mar. Nò: voglio Crederlo più torto a Va¬
lerio fteflò con dargli della mia fede
quella caparra * che comanda il Si¬
gnor Padre, con tanta inclinazione
del mio genio >
Dor. Ah poveraccia me ! Io fola reiterò
fenza Marito ; che aveva fatto un cer¬
to alfegnamento con Piloncino , e
fento, che none più mafchio *
Elm. Signora Madre fafpettiamo alle noz¬
ze >
Rem. Volete, che ve la dica ? Quarte noz¬
ze non le farei tanto a fretta : per¬
chè fe Don Pilone ufciiie innocente *
come me la fento nel cuore ? Maria¬
na finalmente infognerebbe darla a
lui > che glie favete promelfa.
Buon. Oh fe ha cinque Mogli fenza Pi-
loneina, che glie ne vorrefte dare fi¬
no a fei ? Orsù andiamo a ringraziare
il Signor Commifiàrio della carità, e
della buona giuftizia > che ci ha fat¬
ta . E fe è vero , che Don Pilone,
cioè Jevanim Ebreo5 s’abbia da brìi-
I 4 dare
136 ATTO T E R Z O. ***■
ciare , pregheremo fua Sigoria 'Illii-
ftriffima, che ce ne conceda la metà
per bruciare Ila fera nelle felle dello
Sppfalizio.

Fine dell'Atto iTerzo»

. r- .

Inter-
*37
Intermedj della preferite Comme¬
dia, allufivoalla falfa Bacchet¬
toneria con balli , e gefti ■> all’
ufo de’ Mimi antichi, e canti
nel modo feguente.
DOPO IL PRIMO ATTO.

I veggono quattro piccoli Amorini addor¬


mentati nella profipettiva, e dalle parti la¬
terali efeono a ballare quattro Donne in
fembian'ga d'età grave > ma bene abbiglia¬
te , ed imbellettate , come quelle, cbevoglion co¬
prire la loro vecchiezza adornando fi, e lifidando-
fiy tome le gìovanette. jQuefle cercano gli dimori
fuggiti da1 loro y e dopo yarf paleggi, egefìi fatti
in quefla ricerca , finalmente vedutigli doemire gli
vanno arifcuot ere , ed a fargli rifornire . pentiti
gli .Amori » e vedute le Donne attempate y fuggono
da quelle > ed e fio vanno loro dietro, cercando ad-
defearglieon ciambellette, ed altri puerili denati¬
vi , mafempre in vano ; finché quejìi trafilali andòft
tra loro vengon fiorprefi, e tenuti dalle Donne, le
quali cercano d'accarezzargli, e perfuadcrgli a filar
con effe : nel mentre di che gli „Amorini per far co-
noficere a quelle , che non è per loro più tempo
d'amare, cavano loro dalle trecce de* capelli canuti »
e fi tìngono le dita nella biacca} e ne* Ufici, che
I 5 han-
hanno nel vifo : Ed in ultimo tenendo le Donne gk
Jpecchi pendenti , gli Amorini gli prefentano loro,
facendo loro guardare, e con fiderare la propria de¬
formità. E qui prendono tempo di fuggire , lu¬
ciamole in abbandono, Fuggiti che fono , e reflate
quefle dolenti e confufe, fopravviene un'Amore¬
tti Mufico a cantar così :
No , no, non vi fiancate
Dietro a’ teneri Amori
Belle Donne invecchiate:
Già le gomme , e i colori
Per le folle del volto
Corron liquidi , e flrutti,
Onde ogni vifchio è fciolto ,
Che {enea l’ale a’ fuggitivi affetti :
Già del bacio i diletti
La bava puzzolente appella e uccide.
E fe la bocca ride.
Pare una grotta ofcura in apparenza,
Ove un fol dente , o due fatti romiti,
Predican l’aflinenza
Agli antichi appetiti.
Vecchie rie,
Su partite ora da me>
E perchè
Con malìe
Non CÌ guadiate fi rapjirefeptb
Ilbambin fecol nafcente,
Vi fequeftro eternamente Zf7m*ZZ
Nella buca delle Fate. uhsten*.
Si partono le Vècchie mordendo fi le dita.
Voi partite e mordete
Per difpetto le ditta! Io me ne rido.
E che mai far potete
Al grand’Arcier di Gnido?
Amor fi prende a gioco
L’ire di vecchia età 5
Quell’occhio riformato,'
Del ruolo innamorato
D’ufar l’armi di fuoco
Non ha più facoltà
Amor &c.
Or che di Vecchie Amanti
E’ fgombro il Regno mio, quella mia face
Splenderà fol per voi lieta e fincera
Giovanette mie belle ,
Che per cagion d’Eurillo , o pur di Nifo
Fotte mattina, e fera
Sempre in fitte con quelle.
Per leggiardi
Giovanetti fenza pelo,'
Non vò più gara d’amore ;
Tra le Figlit, e tra le Madri >
Tra le Suocere , c le Nuore,
Non più vecchie , non più Nonne?
Putte fole , e frefche Donne
Si tradii!fin col mio telo.
Tra le Figlie, e tra le Madri?
Tra le Suocere , e le Nuore
Non yò più

i
14®
Per leggiadri
Giovanetti lenza pelo.
Laffo, che miro: aimèl
Qua rivolgono il piè
Le Vecchie dilpettofe ,
Che depolte le belle
Prime ipoglie amorofe,
E tolto 1 minio a*lividi fembianti>
Sotto divoti ’nlìeme e medi amanti.
Fanno l’efequie a fua beltade eftinta:
Benché lotto dipinta
Falla piètade , e fallò ardor celefte
Più che mai vive e delie
Tengon Cantiche fiamme, e bade, e fcurel
Codoro ecco ioti quelle
Che di Colombe pure
Fingon gli fguardi,e d’Afpe ha cuore,e dente.
Per uccider in falce
Ogni Affetto innocente.
Che per loro non nafce. $
Belle Dee, che m’afcoltate
Richiamate
Si parlavano alla
Gli Amoretti,
DameSanefi nemiche
Timidetti ; della fai fa Bacchet-
E da quelle tonarla.
Ombre nere ,
Larve infede
Fattucchiere
Nel bel feno gli uardate,
Belle
Qui
i$i
{hi tornano le Donne attempate vcfìite da Tinxp-
thère y cioè in abito nero , gonndlette corte > e cap¬
pellini , e fanno un ballo in un tuono fu-eflo, finché
tornano gli Amoretti y e fanno loro varj fchertj >
ed impertinente con gli archi. Ma in ultimo le Don¬
ne gli pigliano y e togliendo loro gii archi di mano;
fciogliendone la corda , riducendogli ad ufo di sfer¬
re y gli battono > e finifce il ballo.
PEL SECONDO INTERMEDIO.

*Introducono quattro Innamorati a ballare con quat-


Li irò Amorini y a* quali ejji fanno carette, e danno
delle borf e d'oro. Intanto gli Amorini fi mettono a.
giuocare , efpreccando in varjgiuochi i quattrini,
tornano replicar amente dagl Innamorati per altro Juf-
fidio ; il che loro vim dato or con anelli, tabacchie¬
re , ed altri doni, finché votino loro vìfiibilmenxe le
tifiche moflrando non aver altro, che dar loro» Gli
Amori vanno poi per da mangiare, e vengono tripu¬
diando a fpcfe digli Amanti. Alfine dopo aver man¬
giato chieggono agli cimanti altro favvenimento per
comprar da bere t onde quefli non avendo altro > fi ta¬
gliano col coltello qualche ornamento d'oro, o d'ar¬
gento , che hcyano nelle vefìi, fomminifirandolo agli
importuni *Amoretti ; i quali fene tornano con buo¬
ni fiaf chi y [aitando, e [prezzando gli cimanti ri-
mafii così fpogliati, e brutti per loro cagione. Tar-
tono dopo quello gli Amoretti, e rimanendo i quattro
•Amanti in abbandono, così loro dice un'altro Amo+
reno, che Viene a cantare,
Fidi Amanti
Fare a me ,*
Che voi fiate sbigottiti,
Che voi fiate malcontenti t
10 m’immagino il perchè 5
I contanti
Son finiti,
E di più gli affegnamenti .
Fidi Amanti &«:•
Qual Fior fenz’onda, o quale
Arida fenza Sole,
Nocchiero fenza venti Ritolge 1 fenz’ale )
Tale appunto efier fuole
Amor, qiiand’è fenz’oro, o fenza doni »
L’oro è psen d’attrative.
L’oro è pien di ragione,
Di forza , e di magìa
Per trafcinar dietro ad un ricco Amante
Ogni beltà re (Ha.
£* l’Oro un gran Mago
Nel regno d’Amore,
11 brutto fa vago,
Fa il rozzo cortefe,
Fa il Cuoco Marchefej,
Fa il vecchio regazzo,
Fa faggio chi è pazzo.
Fa l*afin dottore.
E’ l’Oro un gran mago
Nel regno d’Amore.
Dunque convieo, che Yoi
14 3
Andiate a far monete,
E ritornar potrete ad amar poi#
Il meftier della guerra
Pretto puote arricchir
Col bottin d’una Terra ,
D’un Bafsà , o d’un Vifir*
fi provati a tempo di ballo a tirar fioccate > e far SJM0
chi di mofcbttto, ed infine tremano dalla paura
Per prova trattate
Lo fchioppo cd il.bando?
Ma no, che tremate
Ancora provando!
$>rsù fare così
Attendete più totto alla dottrina.
E vi darà grand’ero in pochi dì
O Legge , o Medicina .
Fanno giefìi di /indiare, e in fine gira loro
la tefia, e s'appoggiano,
Gli Autori feorrete
Di quella, e di quella .
Ma debole avete
Pe* libri la tetta!
Sentite, or l’ho trovata
Senza tanto trattar libri, o lorica,
Un’arte, che da tutti c più (limata,
Ed è di men fatica ?
Arte, che vi darà
E ricchezza, ed onore,
Amici-, e dignità,
E può farvi felice anco in amore;
Che è l’arte in conclufionè
Del Fallo Bacchettone*
Mofirano gli innamorati d’approvare , t partono *
Mi par, che ’1 medierò
Vi piaccia sì sì,
Seguite, il penderò*
E fate così.
Oggi sù quelle leene,
Vò, che li mollri il Vizio
Mafcherato a Pietade in ogni fello?
Onde l’empio artifizio
D’un’ Uom malvagio a gran virtù veftito^
Dal ballo volgo illeso
Sia feoperto, e fchernito.
Quando fei pura , e fincerst
O iantilììma Pietà,
Alia tua fiamma divina
La fua face Amore inchina
31 fuo ftral fervo ti fà . '
Ma fe un’ alma menzognera
Si rieuopre del tuo manto.
Per vedir d’un velo fanto
Brame ingiufte , a balli affetti
Deh permetti ,
Ch’io gliel laceri fui dodo,
E ch’io pugna quanto pollo-
Quella perfida Chimera :
Così '1 .Mondo imparerà
Oliando fei pura , e lineerà >
O famif&rna- Pietà *
’’ EfC0:
1[cono gli Amanti vefliti a 'Bacchettoni > e dan-
Sbando a pafìo lento 5 e malinconico con capo baffo ,
fi prefentanoverfo i palchetti delle Dame, yoltan-
doyerfo di effe i Lanternini, che tengono aggua¬
tati f otto il mantello , etoflo che le veggono, mo-
flnzwo fc and al te^arfi > t ritirar gli fguardi dalle
* medefime. Indi ftguono a dannare componendo fi l’un
l’altro le veftimeata addo fio , e torcendo l’uno all’
altro il collo y in atto di fai fa devozione* In queflo
mentre tornano gli *.Amorini a beffargli, e [eh emèr¬
gi i in varj modi, ora fmorgando loro i Lanternini >
ora paff andò loro fra le gambe y ed altro; finché i
Bacchettoni ad un buon tempo gli prendono, e tol¬
to loro gli archi gli algano a cavallo , ingroppati-
dofcgli dietro alle tpalle, e frugandogli reciproca¬
mente y con che fi dà termine ài fecondo Intermedio.
TER 20 INTERMEDIO.

E ,
scono le quattro Virygochere ed i quattro Bacchet¬
toni predetti sformando un ballo intrecciato di ya-
*j paffi y atteggiamenti, e inchini affettati, dopo
che vengono i foli ti ^Amorini, ed appena conofciuta
cpiefla brigata a loro nemica > fe ne figgono yerfo le
fcene d’onde poi ritornano coperti con lenitoli, etagj-
gein mano ad ufo dì vergognofe tkmofinantì, editi
quefla maniera fe ne girano intorno a’ devoti, cercan¬
do da loro y e ritraendo limo fina; e finalmente in-
trecciandvfi con ìffi loro al ballo , nel quale gli ^imo-
retti a poco a poco vanno accodando fi alle Vìngoche-
rey e Bacchettoni, e cavando dì fatto a lenguclì la
I4<£
nafcofl a face amorofa , cominciano a rifcattar gli, 1
fai fi Devoti alla prima sfuggono il caldo della face ,
ma poi volentieri vi fi fcattatio , fino adinfiam-
marfene ultimamente, edace negli amoro fi ecceffi -
Qui gli cAmorini fi feueprono da' lenitoli, e fanno
una lieta danTg con la buona geni e : al fine di que-
fia danT^i fi apre un Vrofcenio, con un lauto appa¬
recchio , dove gl* Ipocriti vanno a pofarfi unitamen¬
te , ed a que{ìa menfa fervono in darfga gli Amorini
portando varj cibi calorofi a* Commenfaliy come Cioc¬
colate y S diari y Vi fiacchi con buoni vini &c. tan¬
toché nel buono della loro allegria compari fez hte
Carro la Gittfii Tfia Cdefie, che così canta :
Scellerata Ipocrifia ,
Piu (offrirti il Ciel non sà :
Del bel manto di Giuftizia.
Si difpogli la malizia >
Si riveda la Pietà.
Scellerata &c.
Perfidi nò, non bafta un facro vello
Per coprir empie voglie, ed empi ardori
Al giudizio del Cielo,
Che veglia (òpra voi col dardo eterno :
Lupi immondi rapaci ufeite fuori
Dalle fpoglie d’Agaello ,
E feguendo a latrar dentro l'Inferno -
Gli fulmina, e cadendo effi con la menfa, ed aprendo fi
il terreno y che gl*inghiotte y fuggono [paventati
gli Cruori , e fi chiude il Vrofcenio y
feguendo la Glufti^ja così t
Can-
Cangia al fine
Le tue rifa, o Volgo , in pianti.
Quanto mal , quante ruine
Nel Tuo giro il Mondo vede.
Tutto avvien per troppa fede, .
Ch'altri preda all'apparente :
E ogni mal nei mondo entrò.
Perchè fede Èva predò
All'invidia d'un Serpente,
Che di Zel prefc i fembianti.
Cangia &c.

% o

FINE.

Si vendono in Roma a Pafquino


ed a poveri fi danno per carità.

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