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Catino Absidale di S. Vitale, Ravenna.

ARTE PALEOCRISTIANA
Con il termine arte paleocristiana si designa la produzione artistica dei primi secoli dell’era
cristiana, compresa entro limiti di tempo e di spazio convenzionali: dagli inizi fino alla fine del
V sec. circa, nei territori sotto il dominio romano.

Le testimonianze più significative risalgono in genere al III-IV secolo, poi si inizia a parlare anche di arte dei
singoli centri artistici: arte bizantina, arte ravennate, ecc.

La produzione artistica dei primi secoli del Cristianesimo si situa dunque nell'orbita della Roma
Imperiale, tanto che l'ideale cristiano assunse, ai suoi inizi, le stesse forme offerte dall'arte della
tarda antichità.
Le immagini acquistano un valore religioso e la diffusione del Cristianesimo, che usa immagini
simboliche, viene agevolata proprio da questa abitudine, ormai radicata nella cultura, a
considerare l’immagine come portatrice di significati che vanno oltre ciò che rappresentano.
Gli artisti e gli artigiani che lavoravano per i cristiani, inoltre erano gli stessi che lavoravano per i
pagani.
Per questo motivo arte cristiana ed arte romana condividono gli stessi temi decorativi
La simbologia cristiana Spesso il pavone e
prende in considerazione la fenice venivano
un altro aspetto di questo confuse poiché
animale: il gallo è entrambe gli
l’animale che annuncia il animali erano molto
nuovo giorno con il suo belli e
caratteristico verso. simboleggiavano lo
Viene quindi associato al stesso significato:
simbolo dell’attesa del immortalità e
giorno nuovo in cui il incorruttibilità
Cristo ritornerà. Inoltre il dell’anima.
gallo viene usato per Infatti la carne di
ricordare l’episodio del pavone riesce a
rinnegamento di San mantenersi molto a
Pietro.
lungo .
Cartina dell’impero romano
313 Editto di Milano: viene decretata la libertà di culto al Cristianesimo

325 Concilio di Nicea, primo concilio ecumenico il cui scopo è stabilire un dogma (dottrina) e contrastare
l’arianesimo.

330 Fondazione di Costantinopoli

337 Morte di Costantino: periodo di anarchia; invasioni dei barbari nei territori imperiali.

380 editto di Tessalonica: Il Cristianesimo viene proclamata religione ufficiale di Stato

402 la capitale dell’Impero d’Occidente viene spostata da Milano a Ravenna (porto di Classe e paludi);

410 Roma subisce il saccheggio da parte dei Visigoti di Alarico.

455 I Vandali provenienti dall’Africa saccheggiano Roma.

476 l’imperatore Romolo Augustolo viene deposto dal re barbaro Odoacre che invia le insegne imperiali
a Costantinopoli, ponendo fine all’Impero Romano d’Occidente.
Il cristianesimo varcò i confini della Palestina, terra della predicazione di Gesù, e trovò ampia diffusione
nelle regioni dell’Impero romano.
Il cristianesimo, dapprima riconosciuto come setta ebraica nell'ambito dell'impero romano, e le autorità
politiche, incontrò ben presto l'ostilità degli imperatori. Si verificarono così periodi di persecuzione e
numerosi cristiani dovettero affrontare la morte pur di non rinnegare le loro convinzioni.
Il tentativo di sradicare il cristianesimo, portò di fatto alla sua maggiore diffusione. Si arrivò così
all'accettazione della nuova fede da parte delle autorità e alla promulgazione dell‘ editto di
Costantino.
Intorno all’ora meridiana, quando il giorno comincia a declinare, riferì di aver visto con i propri occhi in
mezzo al cielo un trofeo luminoso a forma di croce che sovrastava il sole, e accanto ad esso una scritta
che diceva: “Vincerai con questo!”
Così, una prodigiosa apparizione indicò all’imperatore Costantino la via della vittoria. Il 28 ottobre del
312, infatti, dopo aver fatto contrassegnare gli scudi con il simbolo di Cristo, egli travolse il rivale
Massenzio, poco a Nord di Roma, nonostante la netta inferiorità numerica.
Il miracoloso messaggio fu anche la premessa vincente alla conversione dell’imperatore e al celebre
editto di Milano del 313 che, proclamando la libertà di culto, pose fine alle persecuzioni.
Roma iniziò quindi la sua lenta trasformazione da capitale pagana a città cristiana.

Raffigurazione di san Costantino nella basilica di Santa Sofia a Istanbul. L'imperatore, che la Chiesa ortodossa ha
definito «Simile agli Apostoli», proclamandolo santo, è raffigurato nell'atto di dedicare la basilica.
Le prime riunioni
degli adepti cristiani
antecedenti all’editto
di Costantino,
avvenivano in
semplici abitazioni
adeguate allo scopo.
A Roma si sono
rinvenuti circa
venticinque tituli
(abitazioni di culto),
sopra i quali erano
poi sorte chiese in
epoca successiva.
Con il numero crescente dei fedeli venne resa necessaria la creazione di spazi idonei alla celebrazione
del culto. Si adottò un edificio già presente nell’edilizia romana, che rispondeva appieno alle nuove
esigenze : la Basilica.

Basilica
Ulpia,112
d.C., Roma
Foro di
Traiano
ricostruzione

Santa
Maria
Maggiore,
Roma IV
secolo.
Basilica di Massenzio o di Costantino o Basilica Nova.

Si tratta di un’enorme costruzione rettangolare di cui oggi resta solo il lato nord. Al centro c’era una grande navata, su cui si aprivano,
al posto delle navate laterali tradizionali, tre locali perpendicolari da ogni lato, coperti da volte a botte con lacunari ottogonali ancora
ben visibili. Queste stanze laterali erano collegate da aperture ad arco. La navata centrale era coperta da tre enormi volte a crociera
(ottenute con l’incrocio di due volte a botte), che si appoggiavano sui muri laterali trasversali e su colonne. Un’abside si apriva in
fondo alla navata centrale. Di fronte, all’altra estremità della navata, l’ingresso. Nell’abside c’era un’enorme statua che riproduceva
prima Massenzio, poi fu rielaborata con i tratti di Costantino.

Edificio civile che serviva da tribunale e da luogo di incontro per gli uomini d’affari.
L’edificio misurava 100 m. x 65. La base della navata centrale era 80 m. x 25. Le volte a crociera erano alte 35m,, le colonne 14,5m.

Basilica di Massenzio interni (disegni acquerellati)


Basilica di Massenzio

Basilca di Massenzio,
pianta e ricostruzioni .
La pianta delle basiliche
presenta alcune
caratteristiche costanti.

L’edificio sacro, orientato secondo l’asse


ovest-est (la zona presbiteriale e
l’altare dovevano essere nella direzione
del sole nascente), è preceduto da un
atrio o quadriportico: il portico
addossato alla facciata (nartece) era
riservato ai catecumeni e ai penitenti,
che non potevano entrare nella chiesa.
All’interno, l’aula è suddivisa in tre o
cinque navate, delle quali quella
centrale è di larghezza notevolmente
maggiore di quella delle laterali (spesso
doppia). Lo sviluppo longitudinale
termina nel transetto, trasversale alle
navate: al centro di esso, davanti
all’abside sulla parete di fondo, si trova
l’altare.
Eretta dall’imperatore Costantino tra il
318 e il 330 sul luogo del martirio di san
Pietro nel circo di Nerone, all'inizio del
XVI fu distrutta per volere di papa Giulio
II per far posto all’odierna cattedrale, in
cui lavorarono artisti rinascimentali quali
Bramante, Michelangelo e Raffaello.
Nei disegni si può osservare che un
cortile precedeva la chiesa, elemento
frequente nelle prime basiliche: è il
quadriportico, dove sostavano i fedeli
non ancora battezzati, i catecumeni. Al
centro era collocata una vasca per il
battesimo
Dall’atrio, attraverso il nartece, si
passava alla navata centrale
fiancheggiata da due navate laterali. Al
di là si trovava il presbiterio e l’abside
semicircolare.
La basilica era composta da
cinque navate e un transetto
preceduti da un atrio quadrato
circondato da portici. Sul fianco
destro si trovava l'obelisco che
ornava la spina del circo di
Caligola e di Nerone. Il circo era
stato sepolto già verso la fine del II
secolo, ma l'obelisco rimase al suo
posto fino al 1586, quando fu
trasferito nell'attuale posizione per
ordine di Sisto V. Scavi alla base
dell'obelisco hanno mostrato che il
circo era già stato invaso da tombe
pagane nella seconda metà del II
secolo.
La prima basilica, di dimensioni modeste, fu costruita dall'imperatore Costantino lungo la via
Ostiense, al di sopra di una necropoli pagana nella quale era stato sepolto l'apostolo Paolo. Di
queste sepolture e della basilica si conoscono solo pochissime tracce, viste durante lavori
condotti nell'Ottocento. Per volere degli imperatori Valentiniano II, Teodosio e Arcadio, l'edificio fu
ricostruito completamente a partire dal 384 o ,386.
• La seconda basilica si ispirava quella di San
Pietro sia per le dimensioni, sia per la struttura
(cinque navate con transetto e atrio porticato
antistante).
Questa forma architettonica non era più stata
utilizzata per nessun'altra basilica nei circa
settant'anni che separano le due chiese.
• La ricostruzione si deve alla modestia del
primo edificio, che non sembrava degno
dell'importanza che veniva attribuita
all'apostolo Paolo, la cui figura era sentita
come complementare a quella di Pietro e di
pari importanza.
• La basilica paleocristiana si conservò con
poche modifiche importanti fino al disastroso
incendio del 1823.
• L'attuale ricostruzione riproduce
sostanzialmente le forme antiche,
documentate da rilievi e vedute anteriori alla
distruzione.
Fu voluta da Papa Liberio a cui apparve in sogno la madonna. La
mattina del 5 Agosto nevicò, andando ad indicare il perimetro
della futura basilica. Fu fatta erigere da papa Sisto III,nel V
secolo, che la dedico al culto della Madonna riconosciuta dal
concilio di Efeso del 431, come madre di Gesù Cristo persona e
divinità.
Quando fu eretta da papà Sisto III nel 432, presentava una pianta
longitudinale con tre navate divise da ventuno colonne. La navata
centrale,illuminata da ventuno finestre per lato,venne decorata, sempre
in età sistina, da splendidi mosaici entro pannelli collocati sotto le
finestre.
Alla fine della navata centrale è presente un presbiterio, separato da quest'ultima da
un arco trionfale; sul soffitto è presente un catino absidale formato da anfore di
terracotta che permettevano un ottima acustica.
Il 9 Novembre del 324 d.C. (o 318 d.C.) avvenne
la consacrazione della Basilica di San Giovanni in
Laterano ad opera di papa Silvestro I, che dichiarò la
chiesa e l’annesso Palazzo del Laterano Domus
Dei (“casa di Dio”).

La tradizione cristiana riporta la memoria secondo la


quale lo stesso Costantino avrebbe donato, in segno di
gratitudine a Cristo, proprio a seguito della vittoria di
Ponte Milvio, gli antichi terreni e la residenza dei Laterani
al vescovo di Roma, in una data incerta, ma associabile
al papato di Milziade (310-314 d.C.).

Sul luogo degli antichi edifici gia presenti venne edificata


dunque la primitiva basilica, consacrata al Redentore,
all’indomani dell’editto di Milano dell’anno 313 d.C. che
concedeva a tutti i cittadini dell’impero la libertà di culto.
Si trattava di una chiesa di grandi dimensioni
(con cinque navate orientate est-ovest),
raramente dopo vengono realizzate a cinque,
di solito sono sono a tre navate.
La chiesa dimostra quei caratteri che abbiamo
menzionato, la grandiosità d’impianto e le
decorazioni interne (che conosciamo solo dal
Libro dei pontefici); la chiesa, guardandola in
pianta, ci dimostra come la navata centrale è
quasi 1:2 quelle laterali, manca il portico
d’ingresso;
le navate sono suddivise da quindici sostegni
diversificati, nelle navate laterali i sostegni
sono ventidue colonne, collegate da basse
arcate e sollevate su alti plinti;
nella navata principale troviamo un’architrave
orizzontale che corre continuo sino all’imbocco
del presbiterio senza interruzione,
concludendosi ad ovest in una grandiosa
abside semicircolare.
Nel 258, mentre si abbatteva sulla comunità cristiana
di Roma la dura persecuzione voluta da Valeriano, i
fedeli nascosero i resti di San Pietro e San Paolo
presso la località ad catacumbas lungo la via Appia,
dove già da alcuni anni erano state scavate gallerie
cimiteriali riservate ai cristiani.
Intorno al 320 le reliquie tornarono nei loro luoghi di
origine (dove Costantino stava edificando le Basiliche
di San Pietro in Vaticano e di San Paolo) ma a ricordo
della permanenza dei resti dei santi sulla via Appia fu
qui costruita, sempre per volere dell’imperatore, una
basilica “circiforme” (o più correttamente “a
deambulatorio continuo”) che – come le altre della
stessa tipologia – aveva una peculiare funzione
sepolcrale. La Memoria Apostolorum (come era
inizialmente conosciuto l’edificio), poi dedicata a San
Sebastiano che pure fu deposto nello stesso punto, fu
danneggiata nel medioevo e riedificata nel IX secolo e
nuovamente nel 1608-1613 per volontà del cardinale
Scipione Borghese
La forma basilicale non era l’unica
struttura adibita a luogo di culto
cristiano. Ad essa si affiancò la
pianta centrale che fu
prevalentemente utilizzata per i
mausolei (tombe monumentali) e
i battisteri, più raramente per i
martyria e gli oratori.

Il mausoleo di S. Costanza è uno dei caposaldi dell'architettura tardoantica. Fra i primi esempi conservati (insieme al Battistero Lateranense)
di edificio cristiano a pianta centrale con ambulacro. Fu eretto agli inizi del IV secolo da Costantina (o Costanza), figlia di Costantino, a ridosso
della grande basilica cimiteriale da lei fatta realizzare presso il cimitero sotterraneo ove era sepolta la martire Agnese, di cui Costantina stessa
era una devota, anche a causa di una guarigione attribuita alla santa. L'interno è costituito da una rotonda circolare (2) coperta a cupola,
circondata da un deambulatorio (3), e da esso separata da 12 coppie di colonne di granito, tutte di spoglio, cioè ricavate da un precedente
edificio di epoca romana. I capitelli delle colonne sono legati fra loro due a due da tronchi di architrave (pulvini) disposti in senso radiale, così da
creare moti centrifughi e centripeti che accompagnano dalla penombra dell'ambulacro al luminoso spazio centrale.
Gli edifici a pianta centrale
Inizialmente il battistero era un ambiente all’interno della
basilica, ma divenne poi un edificio autonomo, a pianta
circolare o ottagonale.
La forma ottagonale alludeva alla resurrezione di Cristo, che
avvenne all’alba dell’ottavo giorno dalla sua morte, ed è il
simbolo della salvezza del battezzando.
L’ambiente dove avveniva la cerimonia era coperto da una
cupola spesso ornata da ricchi mosaici.

Nell'angolo destro di Piazza San Giovanni in Laterano è il Battistero, eretto da Costantino dove, secondo una tradizione consolidata ma non
storicamente attendibile, egli sarebbe stato battezzato da San Silvestro. Si tratta di un edificio in laterizio a pianta ottagonale, con otto
colonne che sostengono la trabeazione ed altre otto di marmo che sorreggono la cupola.
Catacomba
S. Agnese

I cristiani non apprezzavano la tradizione pagana di


cremare i corpi dei defunti e, pertanto, per risolvere
il problema della mancanza di spazio e l’alto costo della
terra, decisero di creare questi vasti cimiteri
sotterranei.
Le catacombe disponevano di numerosissime gallerie
sotterranee, che formano autentici labirinti, lunghi vari
chilometri, con varie file di nicchie rettangolari.
I cadaveri, avvolti nelle lenzuola, venivano adagiati nelle
Il termine antico per designare questi monumenti
loro nicchie, che successivamente si chiudevano con
è coemeterium, che deriva dal greco e significa
lapidi di marmo o, più spesso, con l'argilla.
"dormitorio", sottolineando con ciò il fatto che per i
Sulla lastra si incideva il nome del defunto,
cristiani la sepoltura non è altro che un momento
accompagnato da un simbolo cristiano.
provvisorio, in attesa della resurrezione finale. Il
La legge romana dell’epoca proibiva la sepoltura in città
termine catacomba, esteso a tutti i cimiteri cristiani,
e perciò tutte le catacombe erano costruite al di fuori
definiva, in antico, soltanto il complesso di S.
della Urbe. Questi luoghi isolati e nascosti divennero il
Sebastiano sulla Via Appia (ad catacumbas: presso
rifugio perfetto in cui i cristiani potevano seppellire i loro
l’avvallamento).
cari, utilizzando liberamente i propri simboli religiosi.
Le catacombe erano costituite da numerose gallerie sotterranee
oggi definite ambulacri, e anticamente chiamate criptae
(nascoste) dagli operai che eseguivano gli scavi. Nelle pareti
degli ambulacri sono scavate le tombe, dette loculi che avevano
un'altezza di 40–60 cm ed una lunghezza variabile dai 120 ai
150 cm; questi ultimi erano vere e proprie camere di pietra che
accoglievano i corpi avvolti in lenzuoli di lino oppure posti
in sarcofagi di pietra. Gli ambulacri potevano essere intervallati,
oltre che con i loculi più comuni, anche con i cubicoli, piccoli
ambienti destinati ad ospitare le tombe di una famiglia o
associazione, e con le cripte, contenenti solitamente la tomba
di un martire; inoltre si possono trovare anche tombe
sormontate da un arco, dette arcosoli e destinate ai nobili,
ai martiri e ai Papi.
Le catacombe erano spesso ornate da pitture e
stucchi. Fin dal III secolo i soggetti vengono
generalmente raffigurati su uno sfondo chiaro e
con una tecnica basata soprattutto sulla rapidità
e freschezza legate al naturalismo classico. L’arte
pittorica nelle catacombe non assume carattere
narrativo, ma puramente simbolico e decorativo,
e segue di pari passo gli sviluppi della pittura
contemporanea romana.
Si può con certezza affermare che la pittura nelle
catacombe ha un’iconografia di gran lunga più
ricca ed articolata di quella dei sarcofagi, con un
caratteristico linguaggio figurativo che segue
quello romano, riflettendone tutte le sfumature
stilistiche.
Le catacombe
scoperte a
Roma sono oggi
60, divise in
sette regioni,
tutte collocate
fuori dalla cinta
muraria della
città, che
presero il nome
del proprietario
del terreno o del
martire sepolto.
I primi cristiani non erano abituati ad
usare le immagini figurative per
decorare i luoghi di culto.
Consideravano un atto molto grave
rappresentare Dio in forme umane, fare
ciò significava diventare idolatri come i
pagani.

Per questo motivo, nelle catacombe e nei primi luoghi di preghiera i cristiani
iniziarono a dipingere immagini simboliche, che non avevano lo scopo di
raffigurare il volto di Dio ma piuttosto di rimandare ai concetti più
importanti della fede cristiana.
Il PESCE, che vive nell’acqua, ricorda ai
cristiani il Battesimo, quando con l’acqua
hanno ricevuto la salvezza. Inoltre in
greco la parola “pesce”, ossia ΙΧΘΥΣ
(che si pronuncia Iczus), è l’acrostico di
“Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore.

La COLOMBA è utilizzata come simbolo


dello Spirito Santo.
Se invece ha un ramoscello di ulivo nel
becco, la colomba simboleggia la pace.
L’AGNELLO, simboleggia Cristo sacrificato per la salvezza di tutti gli uomini.
Nell’arte cristiana l’agnello è utilizzato come simbolo dell’Eucaristia, o come simbolo del
sacrificio di Gesù.

Secondo un’antica leggenda, la carne del PAVONE aveva il


dono di non marcire mai. Proprio per questo motivo, i primi
cristiani raffiguravano il pavone per simboleggiare il mistero
della resurrezione dei corpi.
Il TETRAMORFO, che significa
letteralmente “quattro
forme”, si riferisce ai quattro
evangelisti: Matteo (l’angelo),
Marco (il leone), Luca (il
vitello), Giovanni (l’aquila).
L’ALFA e l’OMEGA (α e ω, oppure in maiuscolo A e
Ω) sono la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco.
Vengono rappresentate nelle chiese per indicare che
Gesù è il principio e la fine di tutto.

Il MONOGRAMMA è formato dall’unione di due lettere dell’alfabeto greco, la Χ e la ρ,


che sono le prime due lettere della parola Χριστός, Cristo.
Il PASTORE che porta sulle sue spalle una
pecorella simboleggia Gesù, il gregge i fedeli.

I primi cristiani
amavano rappresentare
un ALBERO carico di
frutti per ricordare il
Paradiso. Nel Medioevo
l’albero della vita venne
collegato alla croce di
Cristo.
A causa della loro deperibilità, rari sono gli Battistero
paleocristi
esempi rimasti di affreschi paleocristiani. Quelli ano di
Dura
con scene battesimali del santuario Europos
paleocristiano di Dura-Europos (250 ca.), un
remoto avamposto romano in Siria, sono
pervenuti in buono stato di conservazione.

catacombe
di San
Callisto
Tra i primi affreschi eseguiti dai cristiani finora
ritrovati, i più antichi sono quelli
delle Catacombe di S. Callisto, dell’inizio del III
secolo, delle Catacombe di Priscilla, dell’Ipogeo
degli Aurelii e quelle che si trovano nella serie
di catacombe allineate sulla via Latina.
Gli affreschi che decorano le catacombe sono organizzati in
modo ordinato sulle pareti e sulle volte. Le superfici sono
suddivise in riquadri geometrici, tracciati con linee colorate,
secondo l’uso della pittura ellenistico-romana. All'interno di
ogni riquadro sono rappresentati episodi della Bibbia e
della vita di Cristo, o simboli religiosi, riprendendo i modelli
del culto pagano: ciò che cambia non è lo stile, ma il
significato delle immagini. Queste figurazioni si distinguono
da quelle pagani soltanto perché si trovano in un luogo
cristiano e viene attribuito loro un significato diverso.

Catacombe di Domitilla, Roma


Negli affreschi più antichi (III secolo)
anche nello stile, la volumetria, il
chiaroscuro e il realismo delle immagini
è lo stesso della pittura tardo-romana,
in quanto anche gli artisti solitamente
sono gli stessi che realizzano anche gli
affreschi “pagani”.

Nel corso del tempo lo stile tende ad


irrigidirsi i personaggi raffigurati
irrigidirsi,
perdono realismo e somiglianza,
somiglianza
assumono tratti di fissità, sproporzioni
anatomiche (occhi grandi e contornati),
gestualità convenzionale,
convenzionale come ad
esempio nella figura dell’Orante.

A seconda della classe sociale, le pitture


delle tombe possono ricorrere a
uno stile più raffinato, specie nella
seconda fase di sviluppo, o a modelli
di tradizione popolare, nel caso dei ceti
più umili,
umili più diffusi nella prima fase.
La scultura paleocristiana è documentata
da una grande quantità di opere
comprendenti sarcofagi in marmo, ritrovati
soprattutto a Roma e gruppi statuari di
piccole dimensioni. Fanno parte della
produzione scultorea paleocristiana un
numero consistente di capolavori, realizzati
nello stile aulico della tradizione imperiale.

Tra questi si possono ricordare,


nella prima categoria, il Buon
Pastore dei Musei Vaticani,
Sarcofago di Giona dei Musei
Vaticani il Sarcofago con il Mito
Vaticani,
di Prometeo del Museo
Archeologico di Napoli,
Napoli e
il Sarcofago di Giunio Basso del
Museo del Tesoro del Vaticano.
Museo Pio Cristiano, Musei Vaticani

Il famoso sarcofago (300 ca.), ridotto nel Settecento alla sola fronte, fu rinvenuto nel cantiere del nuovo S. Pietro alla fine del XVI
sec. Vi si può ammirare il più bell’esempio figurato del ciclo che i primi artisti cristiani dedicarono alla storia di Giona: a sinistra è la
scena dei marinai che gettano il profeta dalla nave, in pasto al “grosso pesce”, divenuto qui un mostro marino. Il mostro rigetta
poi, specularmente, il profeta su una roccia abitata da animali, sulla quale infine, più in alto, egli riposa disteso sotto la «gran
pianta di ricino» che Dio fa crescere per ristorarlo. Altre scene sono riconoscibili nel vasto campo iconografico: Noè nell’arca; la
risurrezione di Lazzaro; le due scene apocrife di Pietro che battezza i carcerieri e di Pietro arrestato; e, infine, le figure simboliche di
alcuni pescatori e di un pastore con il gregge.
Il grande sarcofago (fine IV sec.), proviene dall’area delle catacombe di Pretestato e si caratterizza per l’elevata qualità della decorazione
scultorea. Il fatto che la cassa risulti scolpita su quattro lati lascia immaginare una collocazione in posizione centrale all’interno di un mausoleo.
La fronte è scandita da tre figure di pastori “criofori” (con ovini sulle spalle), ritti su piedistalli, ai cui fianchi numerosi amorini sono intenti
alla vendemmia, tra i tralci di una fitta vigna. Le scene agresti continuano a bassorilievo sui lati del sarcofago.

L’importanza di questo sarcofago (300 ca.) è accresciuta


dall’eccezionale conservazione della policromia e
dell’estesa doratura. Sul coperchio, ai lati
della tabula centrale anepigrafe, si trovano una scena di
caccia e il busto-ritratto del defunto (incompiuto). La
cassa è decorata da scene d’ispirazione bucolica, allusive
all’Aldilà come distacco dagli affanni della vita, nel
contesto di un’amena ambientazione agreste secondo
l’ideale aristocratico del tempo. La presenza ai lati della
fronte di due figure di proporzioni maggiorate – un
pastore “crioforo” (recante un ariete) e una donna
“orante” (con le mani levate in preghiera) – ha portato
ad attribuire il sepolcro a una committenza cristiana.
In marmo pentelico, (m. 2,43 x m. 1,41), fu
rinvenuto intorno al 1595-97.
La fronte del sarcofago presenta uno
schema architettonico equilibrato, seppur
con una elaborata ornamentazione
compositiva, pesante nella parte superiore
architravata, leggiadra, invece, in quella
inferiore.

La fronte è divisa in due registri orizzontali,


scanditi in cinque riquadri per mezzo di
colonne, con basi ornate e ricchi capitelli
compositi, sorreggenti nel registro superiore
un architrave continuo, modanato, con
cornici finemente lavorate ed in quello
inferiore, alternativamente, un arco a valva
di conchiglia o un frontoncino dentellato.
I fusti delle colonne sono spiraliformi,
eccetto quelli delle colonne centrali dei due
registri che hanno il fusto avvolto da tralci
di vite, entro cui giocano amorini, alcuni
dei quali intenti a vendemmiare.

Lo schema ternario caratterizza gli episodi figurati delle singole nicchie, tra cui quella che domina l’idea di ciascun registro occupa il riquadro
centrale. La successione delle scene trae spunto dal concetto cristiano del sacrificio, interpretato come il trionfo dello spirito sulla morte.
Il registro superiore è dedicato a scene di "Passione". Cominciando da sinistra abbiamo: "Sacrificio di Abramo; Cristo in trono tra i principi degli
Apostoli; Cattura di Gesù; Giudizio di Pilato". Le scene del registro inferiore sono tratte quasi tutte dal Vecchio Testamento. Partendo da
sinistra sono rappresentati: "Giobbe e la moglie; Adamo ed Eva; Ingresso di Gesù in Gerusalemme; Daniele nella fossa dei leoni; Martirio di San
Paolo". Le figure (sculture ad alto rilievo e talune anche a tutto tondo) nel loro complesso rivelano una notevole varietà di atteggiamenti e
di fisionomie, che contribuiscono a conferire alla composizione scultorea di ciascuna nicchia vivacità, robustezza ed efficacia.
Sarcofagi in porfido di Elena e Costanza (IV secolo, Musei Vaticani), rispettivamente
la madre e la figlia di Costantino.
l monumentale sarcofago in porfido rosso fu
realizzato per accogliere le spoglie di Elena,
madre di Costantino, morta intorno al 335 d.C. e
sepolta nel mausoleo imperiale a Tor Pignattara
Sulla cassa compaiono scene di carattere militare,
in cui cavalieri romani sottomettono prigionieri
barbari; sul coperchio figure di eroti e di vittorie
alate reggono ghirlande, mentre due leoni -uno
dormiente, l'altro accucciato- occupano gli
spioventi. Il soggetto militare, poco adatto a una
sepoltura femminile, fa supporre che il sarcofago
fosse previsto per un componente maschile della
famiglia imperiale, come Costanzo Cloro o
Costantino stesso.

Il monumentale sarcofago in porfido rosso fu


realizzato per accogliere le spoglie di una delle
figlie dell'imperatore Costantino, probabilmente
Costanza, morta nel 354 d.C. e sepolta nel
mausoleo sulla via Nomentana accanto alla
Basilica di S. Agnese. La cassa è decorata sui
quattro lati da rigogliosi girali e tralci di vite,
all'interno dei quali compaiono eroti intenti nella
vendemmia. Al di sotto sono visibili due pavoni,
un ariete e un erote con ghirlanda; il coperchio è
decorato da festoni vegetali legati a maschere.
Le statue paleocristiane conosciute sono poche; i due Quella del pastore “crioforo”,
recante sulle spalle un ariete o un
unici marmi pervenuti sono Il Buon Pastore (IV agnello, è un’iconografia che
secolo, Musei Vaticani, Roma) e Giona (seconda metà affonda le radici nell’arte classica,
del III secolo, Cleveland Museum of Art, Ohio), nel come rappresentazione di un
quale Giona viene rigettato dalla bocca di un mostro fedele offerente e, più tardi,
marino. allegoria della “filantropia”;
l’immagine fu acquisita all’arte
funeraria, tra i protagonisti delle
scene bucoliche allusive alla
beatitudine oltremondana e,
infine, fu ereditata dai cristiani, in
rapporto alla figura di Cristo
“Buon Pastore” (Gv 10,11) e alla
parabola della pecorella smarrita
(Mt 18,12-14; Lc 15,4-7): la
statuetta del Museo Pio Cristiano,
con lo splendido volto “apollineo”
caratteristico della più antica
iconografia di Cristo, è senza
dubbio una testimonianza di
quest’ultima evoluzione
semantica.
Grande caccia, particolare: Personificazione della Mauretania, mosaico
pavimentale, Piazza Armerina

Nel periodo del trapasso dal tardo antico al paleocristiano,


il mosaico si diffonde moltissimo. Esso viene
comunemente impiegato a pavimento per poi passare, negli
edifici cristiani soprattutto, a mirabili raffigurazioni parietali.
Predominano ancora ad inizio secolo le scene mitologiche
che lasciano poi il campo a raffigurazioni più statiche,
sovente di personaggi in atteggiamento frontale.
Stilizzate appaiono anche le raffigurazioni di paesaggi ed
alberi.
Mosaico del catino absidale di Santa Pudenziana. 410-417
I famosi mosaici di Piazza Armerina hanno alcuni “brani”
da attribuire a questo periodo fra il III e il IV secolo.

Ma all'età paleocristiana risalgono i primi grandi mosaici


parietali e a volta. Le tecniche che qui bisognava impiegare
dovevano essere differenti sia per ragioni pratiche sia
espressive. Il fondo di impasto non era omogeneo come
quello a pavimento ma più scabro e diseguale, scabra era
anche la superficie delle tessere che acquistavano una
diversa caratteristica determinata dalla rifrazione della luce
sulle irregolarità delle pietre.
Nel IV e nel V secolo d.C. la tecnica del mosaico (o tecnica musiva) diventa
quella più diffusa per decorare pavimenti e pareti, sostituendo addirittura la
pittura. E' in questi secoli che il mosaico raggiunge il massimo delle sue
potenzialità espressive, prevale comunque il mosaico policromo.

Roma, Basilica di Santa Maria Maggiore, 432-440. Mosaico della navata Basilica San Vitale, Ravenna
centrale
http://tamoravenna.info/scheda/1c1-tecnica/

Il termine mosaico viene dal latino medioevale musàicus a sua volta derivante da Musa. Le
Muse, infatti, venivano onorate in grotte artificiali (costruite nei giardini romani) che erano
decorate, per l'appunto, con motivi ornamentali costituiti da piccole pietre variamente
accostate.
I mosaicisti romani impiegavano soprattutto pietre dure, terra cotta (anche colorata) e ciottoli di
forma parallelepipeda detti tessere. A cominciare dalla seconda metà del I secolo a.C. si diffuse
anche l'uso di tessere di vetro. Esse divennero preponderanti rispetto agli altri materiali dal III
secolo d.C. in poi, imponendosi in special modo all'interno delle prime basiliche cristiane.
I colori a disposizione aumentarono con l'uso del mosaico a pasta vitrea, perché era sufficiente
aggiungere al vetro un pigmento colorante in qualità variabili per ottenere intensità diverse di una
stessa tinta. Soprattutto l'impiego di tessere a fondo dorato, ottenute con l'interclusione di una
sottilissima lamina d'oro fra due colate di vetro, dette luogo a profonde innovazioni nell'effetto
totale della decorazione musiva.
Le tessere si immergevano nell'intonaco fresco che veniva via via applicato al di sopra di un
sottofondo sul quale il soggetto da rappresentare era stato precedentemente disegnato o inciso.
Poiché spesso i mosaici erano situati in posizioni alquanto distanti dall'occhio dell'osservatore,
l'artista poteva sfruttare la posa in opera non uniformemente liscia delle tessere, al fine di ottenere
particolari effetti di luce con riflessi variamente colorati e ombre. Al risultato finale partecipava
anche il piccolo vuoto che, a volte, veniva lasciato intenzionalmente fra una tessera e l'altra.
Spesso il mosaico si sovrapponeva a un dipinto vero e proprio. In quel caso le tessere d'oro
erano collocate su un fondo rosso, colore che diveniva visibile negli interstizi fra una tessera e
l'altra rafforzando ed esaltando l'effetto della doratura stessa.
Dopo aver disegnato con piccole tessere i contorni delle figure,
si riempivano gli spazi fra l'una e l'altra secondo filari pressoché
orizzontali, ma, per ottenere effetti speciali, in alcune zone la
disposizione delle tessere poteva anche seguire altre regole.
Successivamente si iniziava a lavorare all'interno delle figure
stesse. Le tessere impiegate non erano tutte delle stesse
dimensioni. Ad esempio quelle destinate agli incarnati erano
molto più piccole delle altre. Ciò consentiva di impiegarne un
numero maggiore potendo contare, così, anche su una gamma
superiore di colori e di sfumature. Anche i dettagli, in tal modo,
potevano esser più curati.
La forma delle tessere era di norma quadrangolare, ma talvolta
si usavano tessere di forma circolare o ovale per rendere per
esempio le pupille o dettagli di gioielli, come le perle.

https://www.youtube.com/watch?v=7XRom7w
zUvk&ab_channel=RaffaellaArpiani-
Arteessenziale Ecclesia romana, frammento dei mosaici dell'antica basilica di San
Pietro a Roma.
San Clemente-Trionfo della Croce-XII secolo

Un particolare tesoro artistico di Roma è rappresentato dai mosaici absidali


presenti nelle più antiche chiese cittadine. L'uso dei mosaici nell'abside si è
diffuso soprattutto nelle basiliche proprio in quanto considerate il luogo
privilegiato della rappresentazione del divino. La tecnica del mosaico ha
permesso di “materializzarne” un attributo in particolare: la luce. Questa
colpisce la superficie di tessere colorate, lapidee o in pasta vitrea, ricoperte di
foglia d’oro o d’argento, rifrangendo e moltiplicando la luce naturale. In tal
modo il soggetto della conca absidale costituisce subito l’elemento di massima Santo Stefano Rotondo-Ss. Primo e Feliciano-VII secolo
visibilità all’interno dello spazio basilicale e concentra immediatamente
l’attenzione del fedele mentre percorre la navata. Il binomio abside-mosaico
divenne così inscindibile nella Roma medievale da diventare una produzione
pressoché ininterrotta di decorazioni absidali dall’epoca tardo antica fino al XIII
secolo.

Santa Prassede-Il ritorno di Cristo alla fine dei tempi-IX secolo San Teodoro al Palatino-Cristo con Apostoli e Martiri-VI secolo

San Marco Evangelista-Cristo, Santi e papa Gregorio IV-IX secolo


Questo mosaico risale al
390 ed è quindi il più
antico mosaico absidale di
Roma. Vi è rappresentato
Cristo in trono circondato
dagli apostoli e da due
donne che gli porgono una
corona ciascuna: secondo
alcuni sarebbero le sante
Pudenziana e Prassede,
figlie di Pudente, secondo
altri rappresenterebbero
la "Chiesa" e la
"Sinagoga", cioè i templi
dei cristiani e degli ebrei.
Solo la figura del Cristo ha
l'aureola e gli apostoli
raffigurati sono solo dieci
perché gli altri sono andati
distrutti nel corso delle
ristrutturazioni
cinquecentesche.

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