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Giovanni
ser Giovanni di Simone Guidi, è stato il primo pittore 1417 si trasferisce a Firenze
1425 lavora con Masolino (come
italiano che possiamo ritenere autenticamente
discepolo o collaboratore)
rinascimentale. Con lui la grande pittura italiana iniziò a 1428 muore a Roma
confrontarsi con la prospettiva, creando nel giro di pochi
anni le fondamenta di quella grande rivoluzione stilistica che
noi oggi definiamo appunto arte rinascimentale. Per la sua
portata innovativa, la carriera artistica, sia pur brevissima, di
Masaccio segna un definitivo spartiacque tra fasi
storiche, allontanandosi definitivamente da ogni residuo
tardo gotico, con il ricollegarsi al grande modello di Giotto
e applicando per primo in pittura i principi della
prospettiva di Brunelleschi.
https://www.youtube.com/watch?v=IWBO__HVI4Q&ab_channel=Unmondoacol
ori
https://www.youtube.com/watch?v=oatWe-RktBE&ab_channel=Artesplorando
Masaccio,
Trittico di
San
Giovenale,
tempera e
ora su
tavola,
1422,
Pieve di
S.Pietro a
Cascia di
Regello,
Firenze
Il Trittico di san Giovenale è un'opera giovanile di Masaccio, non firmata e datata da una iscrizione ad aprile 1422.
E' eseguita a tempera su tavola lignea, conservata a Cascia, presso Reggello, nellaChiesa di San Pietro.
Si rintracciano tutte le componenti culturali su cui si fonda la pittura di Masaccio : lo sviluppo plastico (derivato dalla
conoscenza delle opere di Giotto come gli affreschi di santa Croce) e la prospettiva.
Si notino:
- Le assi del pavimento verde che convergono in prospettiva verso il centro.
- Il trono di pietra serena su cui siede la Madonna e che vediamo incurvarsi in profondità e proiettarsi in avanti sulle ante
laterali, occupando uno spazio reale.
- I comparti laterali sui quali spicca la naturalezza prospettica dei pastorali e dei libri, sorretti da mani che altrettanto
naturalmente tengono, afferrano, stringono.
- I panneggi dei mantelli che si drappeggiano con risalto chiaroscurale senza decorativismi superflui.
Gentile da Fabriano. Polittico Quaratesi - Madonna con il bambino e angeli. 1422
Gentile da Fabriano Masaccio
ricco, decorativo,
vivace e aulico,
Sostanzialità
alto decorativismo,
fierezza popolare e
finezza dei particolari profondo senso di
curati, responsabilità
La presenza e l'opera di Masaccio a Firenze è documentata anche attraverso la sua collaborazione con Masolino
da Panicale, un pittore più anziano e già affermato a Firenze e forse anche lui valdarnese. Anche se non si è mai
chiarito del tutto come funzionasse, i due costituirono una società, probabilmente nell'autunno del 1424.
Lo stile di Masolino è un naturalismo caratterizzato da una plasticità morbida e dolce, dove le forme tendono a
fondersi con l'ambiente. Inoltre la sua formazione è ghibertiana e tardo-gotica. Lo stile di Masaccio è più
brunelleschiano e all'avanguardia, ma i due riescono comunque a dividersi bene il lavoro e ad organizzarsi gli spazi di
intervento in modo equilibrato.
Masaccio e Masolino, Sant’Anna con Madonna e Bambino, detta anche "Sant'Anna Metterza“, 1424,
tempera e oro su tavola, 175x103 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi
I valori di plasticità e solidità sono resi da Massaccio non solo in virtù del disegno e della
geometria prospettica, ma anche dall'uso della luce. Viene infatti individuata una
precisa sorgente luminosa, che dall'alto a sinistra investe le figure e crea forti contrasti
luce/ombra sul trono e sui corpi, aumentandone l'effetto di solidità e concretezza. La
luce di Masaccio è usata anche per ottenere particolari effetti cromatici. Il getto intenso
porta a trascoloramenti: come nel velo della Madonna, che da celeste diventa di un
bianco abbagliante e nella veste verde dell'angelo, che sotto questa "luce divina" è
cangiante in rosso.
Il fondo d'oro, invece, residuo della tradizione gotica, chiude lo spazio, come impedisce
uno sviluppo in profondità il tendaggio piatto sostenuto dagli angeli dietro al trono. Lo
spazio, anzichè arretrare sembra sfondare in avanti con il gruppo masaccesco sul resto
dipinto da Masolino.
Masaccio, Polittico di Il Polittico di Pisa è un'opera di Masaccio, già
Pisa, 1426, dipinta per la chiesa del Carmine di Pisa ed
Schema ricostruttivo
oggi smembrata in più musei e parzialmente
dispersa. Documentata dal 1426, è una tempera
su tavola a fondo oro. Originariamente doveva
essere composta da almeno cinque scomparti,
organizzati su doppio registro, per dieci pannelli
principali, dei quali se ne conoscono solo quattro.
Altri quattro piccoli pannelli laterali e tre della
predella (due dei quali con doppia scena) sono noti
e oggi conservati agli Staatliche Museen di Berlino.
L'Adorazione dei Magi, faceva parte della predella nello scomparto centrale, sotto la Maestà oggi alla National
Gallery di Londra. La scena dell'Adorazione dei Magi è presentata come di consueto di profilo (solo Sandro
Botticelli rinnoverà questa iconografia), e sembra dipinta per contrastare la celebre Adorazione di Gentile da
Fabriano, che nel 1423 aveva incantato i fiorentini.
A sinistra si vede la capanna, dove il bue e l'asinello stanno di spalle, accanto a una cavalcatura per il dorso dell'asino. Subito dopo si vede la Sacra
Famiglia, con le aureole scorciate in prospettiva. Maria è seduta in un seggio dorato con protomi e zampe leonine (il faldistorio con le teste leonine
imperiali), e tiene in braccio il Bambino che benedice il primo dei Magi, il quale è già inginocchiato e tolto la corona deponendola in terra; il suo dono è già
nelle mani di san Giuseppe. Dietro di lui sta un altro Magio con tunica rosa, la cui fisionomia assomiglia molto a un personaggio nell'affresco del San Pietro
risana gli infermi con la sua ombra nella Cappella Brancacci; esso si è intanto inginocchiato e la sua corona è nelle mani di un servitore. Il terzo Magio è
appena arrivato, è in piedi e un servo gli sta togliendo la corona, mentre un altro ne porta il dono. Dietro i re si trovano due personaggi emblematici,
non presi dall'iconografia tradizionale, vestiti di cappelli alla moda dell'epoca e da lunghi mantelli grigi, che lasciano scoperte le gambe coperte da
calzamaglie. Si tratta probabilmente delle figure dei committenti: il notaio ser Giuliano di Collino, più alto in secondo piano, e suo nipote, più basso e in
primo piano, posto sopra una montagnola del terreno.
La cappella Brancacci è sita nella chiesa del Carmine
a Firenze. Fu fatta realizzata da Pietro Brancacci,
esponente di una delle famiglie più potenti della Firenze
di allora, a partire dal 1386. Un discendente di Pietro, nel
1423, per ricordare il suo avo, diede incarico a
Masaccio e a Masolino da Panicale di affrescare
questa cappella con storie tratte dalla vita di san
Pietro. I lavori furono condotti in collaborazione dai due
maestri fino al 1425, anno in cui Masolino partì per
l’Ungheria. Masaccio ha lavorato a questi affreschi,
senza completarli, fino alla sua morte. I lavori furono
poi completati, circa cinquant’anni dopo, da
Filippino Lippi.
Tra tutti gli affreschi presenti nella cappella, "notabilissimo" –come dice il Vasari- è "Il tributo" di Masaccio che narra l’episodio
tratto dal vangelo di Matteo (17, 24-27). Per descrivere quanto narrato dall’evangelista, che prima della vocazione era stato anch’egli
esattore delle tasse, Masaccio usa una "historia figurata". Infatti l’affresco che è apparentemente composto da una scena sola, si
può suddividere in tre tempi: al centro Cristo con i suoi apostoli e il gabelliere; a sinistra si vede Pietroulle rive del mare di Galilea,
intento ad estrarre dalla bocca del pesce la moneta; a destra è raffigurato Pietro che paga la tassa al gabelliere.
L’area occupata da Cristo e dagli apostoli è pari a metà dell’intero affresco.
In questa scena viene rappresentato quel miracolo noto come «Il tributo». Gesù e i suoi
apostoli, per attraversare un ponte, dovevano pagare un pedaggio. Non avendo soldi,
Gesù disse a san Pietro di pescare un pesce dal fiume. San Pietro così fece, e nella
bocca del pesce trovò la moneta necessaria a pagare il tributo per poter attraversare il
ponte. Anche qui ci ritroviamo nel caso di un’immagine sincrona. San Pietro, ad
esempio, viene rappresentato ben tre volte: nel gruppo degli apostoli, a sinistra che
pesca il pesce dal fiume, a destra che dà al doganiere la moneta pescata. Anche il
doganiere viene rappresentato due volte: una prima che ferma il gruppo degli apostoli
per chiedere il pagamento del dazio, la seconda quando riceve da san Pietro la moneta.
Masaccio, Il Tributo della moneta (part. Cappella Brancacci), affresco, 1424-27, chiesa di Santa Maria del Carmine, Firenze
La scena si svolge all’aperto, in uno spazio naturale e non
architettonico. In situazioni del genere è più complesso
controllare la prospettiva, in quanto mancano quelle linee
geometriche che possono materializzare i punti di fuga.
L’unica architettura che compare nella scena è l’edificio posto
sulla destra, e che contribuisce con la sua prospettiva a dare il
senso di profondità all’immagine. Ma qui Masaccio riesce a
costruire la prospettiva utilizzando le persone stesse.
https://www.youtube.com/watch?v=vFFsD2FdbGQ&ab_channe
l=HUBScuola
Masaccio e Masolino, Resurrezione di Tabita e Guarigione dello storpio(part. Cappella Brancacci), affresco, 1424-27, chiesa di Santa Maria del Carmine, Firenze
La scena rappresenta contemporaneamente due episodi, secondo la tendenza sincronica trecentesca. Sul lato
sinistro è rappresentata la «guarigione dello zoppo», sul lato destro «la resurrezione di Tabita», pertanto san Pietro vi
appare rappresentato contemporaneamente due volte.
La scena viene immaginata in uno spazio urbano che
ha l’aspetto delle città toscane del tempo, e questo
spazio è costruito secondo le regole precise della
prospettiva centrale. Infatti, nonostante guardiamo
due episodi diversi, la scena ci appare fortemente
unitaria soprattutto per la correttezza con la quale è
costruito lo spazio di rappresentazione. È facile
immaginare che la costruzione di questa prospettiva
sia da attribuire a Masaccio.
Quella di Masaccio è più violenta: c'è una resa drammatica e concreta dell'episodio biblico.
Ma è anche più moderna, perchè vengono introdotti nuovi elementi stilistici. Ancora più vivo
è il contrasto luce-ombra da cui nascono le forme dei corpi, i loro movimenti, la tragica
espressione dei volti con tratti appena accennati, ma in cui si fissa una maschera di dolore.
La concretezza e verità delle figure di Masaccio è dovuta sia alla mancanza di
idealizzazione, sia a una conoscenza molto più precisa dell'anatomia, basata, probabilmente
da studi dal vero e dall'osservazione di situazioni reali. Adamo ha il petto gonfio in fase
inspiratoria e il ventre contratto come in un singhiozzo e si copre il viso con le mani, in preda al
pianto. Anche Eva ha il viso stravolto dal pianto, la testa rovesciata all'indietro e la bocca
urlante.
Non mancano i riferimenti all'antichità: l'Adamo di Masaccio sembra riferibile agli esempi
tardo-ellenistici del Marsia o del Laocoonte.
Eva è più vicina a modelli classici, sul tipo della Venere pudica greco-romana, desunta
probabilmente attraverso la conoscenza dell'allegoria dellaTemperanza, realizzata
da Giovanni Pisano nel suo Pulpito del Duomo di Pisa.
Masaccio, La Trinità, 1425-1426, affresco, 667 x 317 cm. Firenze, Basilica di Santa Maria Novella
In pratica chi
guarda questo
affresco ha
l’illusione che il
muro sia sfondato
da un vano,
coperto con una
volta a cassettoni,
nel quale sono
collocati il
crocefisso, con la
Madonna e san
Giovanni alla base
e con Dio posto su
un rialzo superiore
a sostenere il
braccio orizzontale
della croce.
Lo schema della composizione è piramidale e culmina con la figura di Dio Padre. Tutti i personaggi si inseriscono in
questo schema geometrico con monumentalità e compostezza e sono piene di riferimenti umani, molto veri. Si
inseriscono armonicamente nell'architettura e seguono proporzioni perfette. Nonostante si dispongono
secondo un ordine gerarchico, i personaggi sacri non sono più grandi, ma hanno le stesse dimensioni di quelli
umani, rappresentati dai committenti, ritratti con grande fedeltà da Masaccio.
La prospettiva degli elementi architettonici sembra sia stata disegnata dallo stesso Brunelleschi, l'opera comunque
segna il culmine della collaborazione tra Masaccio e il grande architetto.
In quest'opera l'interrelazione tra architettura umanistica e figura umana è completa, le figure sono in prospettiva
come le architetture, seguono le stesse regole.
Composizione piramidale dei personaggi Schema prospettico della scena
Composizione piramidale dei personaggi
Masaccio, la Trinità, affresco, schema prospettico, chiesa di Santa Maria Novella, Firenze
Il punto di fuga coincide con la base della croce, quindi con l’altezza
reale dell’osservatore. Questo espediente prospettico permette di
percepire una continuità tra spazio fisico e spazio dipinto
coinvolgendo maggiormente chi guarda l’affresco. Le figure
assumono così un aspetto monumentale pur non essendo tutte
sottoposte a scorcio prospettico.
Al suo interno Cristo è
sulla croce. Dio Padre, al
di sopra, sostiene il corpo.
Tra di loro si libera lo
Spirito Santo sotto forma
di colomba bianca.
l contenuto simbolico ed educativo de La Trinità di Masaccio spiega ai cristiani come arrivare alla vita eterna. La narrazione parte dal
basso, dallo scheletro appoggiato sul sarcofago. Questo scheletro che rappresenta la morte dalla quale ci si può salvare elevandosi
verso Dio Padre. Infatti è attraverso la preghiera simboleggiata dai committenti che si ottiene la fede necessaria per conquistare la vita
eterna. Maria indica con la mano il Figlio cioè colui che ha tracciato la via da seguire. Attraverso l’esempio di Cristo e lo Spirito Santo si
giunge così a Dio padre che concede la salvezza.
In basso, a sinistra Maria indica il Figlio crocifisso. A destra invece San Giovanni guarda Gesù con un’espressione sofferente. In
basso all’esterno del vano, di fronte alle paraste sono raffigurati i due committenti. Sono inginocchiati ed in preghiera a sinistra il
marito e a destra la moglie interamente coperta da un velo blu. Gli storici segnalano che si tratta della prima volta nella quale i
committenti sono raffigurati in modo realistico nella scena. L’uomo e la donna hanno caratteristiche reali, umane infatti non
possiedono l’aureola. Inoltre sono stati dipinti con le stesse dimensioni dei personaggi sacri e ne condividono realisticamente lo
spazio. Le caratteristiche fisionomiche poi sono fedeli ai due personaggi.
Particolare della Vergine (sinistra) di san Giovanni (destra) Particolare dei committenti
Alla base dell’affresco sopra lo scheletro dipinto, deposto sul finto sarcofago, compare una scritta.
L’iscrizione latina invita l’osservatore a meditare sull’ineluttabilità della morte e si definisce un “memento
mori” (ricordati che devi morire).
La scritta recita: IO FU’ GIÀ QUEL CHE VOI SETE, E QUEL CH’I’ SON VOI ANCO SARETE.
L’architettura che incornicia la scena è composta da un arco classico sostenuto da due colonne con capitello
ionico. Esternamente ai lati delle colonne inoltre sono raffigurate due paraste con capitello corinzio. Infine
all’interno del vano dove è rappresentata La Trinità è presente una volta a botte con lacunari. Sono tutti elementi
tratti dall’architettura classica.