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STORIA MODERNA (LEZIONE 3)

Dalle teorie di Lutero sui problemi legati alla salvezza divina (Dio è onnipotente e davanti a ciò possiamo
osservare l’assoluta inconsistenza dell'uomo e l’impossibilità, attraverso le sue azioni e le sue opere, di
cambiare la decisione di Dio), parte il tentativo di capovolgimento dei paradigmi perché, uscendo fuori da
una visione strettamente remunerativa del rapporto tra peccato e perdono e, in generale, del rapporto tra
essere umano e soprannaturale, ci si trova in una situazione nella quale, invece, il comportamento umano
non è più causa o presupposto di quella che è la decisione di Dio, ma era la conseguenza. La domanda che
dovremmo porci è: se è Dio che decide se tutti quanti, in qualche misura, siamo dei predestinati e abbiamo
una strada tracciata verso il bene (salvezza) o verso il male (dannazione), perché mai nella nostra vita,
secondo Lutero, dovremmo compiere delle buone azioni? Questa è una domanda che per Lutero non ha
senso perché le nostre opere sono la conseguenza di ciò che Dio ha già deciso per noi, quindi se Dio ci ha
destinati al bene noi per naturale inclinazione faremo delle cose buone: non commetteremo dei crimini,
non saremo cattivi, non andremo a rompere degli schemi consolidati. Se invece Dio ci ha riservato qualcosa
di cattivo, cioè ci ha riservati alla dannazione, nella nostra vita metteremo in pratica quello che lui ha già
deciso.
Ciò che la predestinazione ti toglie quello che Erasmo da Rotterdam definiva libero arbitrio: non abbiamo
la possibilità di decidere il nostro destino soprannaturale; l’arbitrio è servo, quindi significa che Dio ha già
deciso e quello che potremmo fare sta soltanto nel mettere in pratica ciò che Dio ha già deciso per noi.
Questo messaggio luterano, anche per la natura prorompente e dirompente della contestazione portata
avanti nei confronti della chiesa Cattolica, attecchì in profondità nel mondo tedesco; era un messaggio che
metteva in discussione la mediazione tra l'umano e il soprannaturale, metteva in discussione l'esistenza
stessa del clero e della Chiesa, metteva in discussione una delle pratiche più radicata della chiesa romana,
che era quella della vendita delle indulgenze, la quale fu additata da Lutero come pratica scandalosa. Tutta
questa corruzione emerse e trovò nel messaggio di Lutero una spiegazione, come se dicesse: guardate,
stando sotto l'obbedienza della chiesa di Roma non potremo mai essere salvi, per cui dobbiamo uscire fuori
da queste logiche per capire effettivamente ciò che Dio ci ha riservato. Era un messaggio profondamente
destabilizzante, però non era certamente l’unico. Nei decenni e nei secoli precedenti, sono stati tantissimi i
teologi e profeti che avevano predicato messaggi e avevano raccomandato posizioni lontane da quelle
della chiesa di Roma, ciononostante non avevano avuto la stessa fortuna e lo stesso seguito di Lutero,
dovremmo chiederci, quindi, il perché di questa unicità del successo del messaggio luterano. Una delle
ragioni la troviamo proprio nel cambiamento dell'ecosistema mediatico e nell'introduzione di nuove
tecnologie all'interno dell'ecosistema mediatico, ad esempio la stampa. Lutero, grazie a questo mezzo,
poté contare su un amplificatore che i suoi predecessori non avevano, poté contare su una riproducibilità
del suo messaggio in forma stampata e sul ruolo di xilografie (tecnica d'incisione in rilievo in cui si
asportano dalla parte superiore di una tavoletta di legno le parti non costituenti il disegno. Le matrici
vengono inchiostrate e utilizzate per la realizzazione di più esemplari dello stesso soggetto, mediante la
stampa con il torchio) che traducevano in immagini le sue idee.
Quando pensiamo alla complessità di questo messaggio ideologico, la domanda che ci dovremmo porre è:
ma una persona illetterata, che non ha accesso al testo scritto, può comprendere messaggi così complessi
come quelli di Lutero, come il concetto di sola gratia/fede? È molto difficile che lo comprenda, allora, a quel
punto, il ruolo della stampa diventa fondamentale; altrettanto fondamentale diventa il ruolo degli stessi
predicatori che si affiancano a Lutero in maniera massiccia, proprio come se fosse un esercito che, a un
certo punto, convinto dal messaggio luterano, va a diffondere il messaggio stesso nel mondo tedesco,
facendolo con un mezzo che i predicatori delle altre epoche non potevano avere. La stampa legittima
fortemente quello che si afferma, ancora di più se ha può delle immagini che rendono visibile quello di cui
si sta parlando. Questo messaggio fu profondamente denigratorio nei confronti del clero romano e
dell’obbedienza papale; basti pensare che le immagini erano talmente esplicite e violente da descrivere i
membri del clero come animali, lupi affamati e talvolta come porci e, quindi, come imbroglioni disposti a
tutto pur di saccheggiare le tasche dei fedeli. È un messaggio di grande impatto anche nella sua
volgarizzazione.
Lutero poi fece un’altra operazione, che è quella di tradurre il volgare in lingua tedesca e, proprio per
questa ragione, Lutero è considerato anche uno dei padri della lingua tedesca perché, attraverso la
lettura/predicazione della Bibbia in volgare, il messaggio arrivò non soltanto a quelli che sapevano già
leggere, ma anche a quelli che semplicemente ascoltavano e che avevano una dimestichezza limitata col
testo scritto; così impararono a leggere la Bibbia parlando una lingua unica, ovvero un moderno tedesco
unico. Era come se la Bibbia fosse il baricentro intorno al quale cominciava a gravitare una nuova lingua
tedesca e il baricentro intorno al quale cominciava a gravitare un idioma comune, che era la cosa più
importante per la Germania, cioè il mondo del Sacro Romano Impero, dove Carlo V esercitava il suo
potere, che era un mondo geograficamente, culturalmente, politicamente e linguisticamente frammentato
come l'Italia. Quindi, è molto importante per uno stato creare un testo sacro tradotto in lingua volgare in
modo che tutta la popolazione abbia un argomento comune di cui parlare, in questo caso in lingua tedesca.
La lingua italiana andò incontro a una prima importante fase di canonizzazione, o meglio si fece uno sforzo
per individuare un canone della lingua italiana, grazie al lavoro di Pietro Bembo, nella sua opera “prose
della volgar lingua”. Egli individuò tre modelli fondamentali attorno ai quali la lingua italiana doveva
gravitare: Dante, Petrarca e Boccaccio. Tra questi tre modelli ad avere più fortuna furono Petrarca e
Boccaccio per ragioni abbastanza complesse; i filologi definiscono il linguaggio, nell’opera di Petrarca, il
“Canzoniere” (il titolo originario era “Rerum vulgarium fragmenta”, ovvero “frammenti di cose in
volgare”), trascendentalmente alto, ovvero che aveva pochi contatti con la realtà concreta e quindi un
idioma abbastanza neutro, nel quale potevano riconoscersi persone provenienti dai diversi stati italiani. Il
problema è che la lingua è sempre profondamente frammentata quando parla di cose appartenenti alla
vita quotidiana e alla sfera materiale (cibo, acqua). Basti pensare a un ambito nel quale la lingua italiana è
più particolaristica, ovvero il cibo: ad esempio in Campania “gnocco” indica una tipologia di pasta, invece a
Bologna è una specie di calzone fritto. Queste diverse definizioni non esistono solo tra regioni, ma anche
tra i vari paesini vicini, come ad esempio gli gnocchi a Benevento vengono chiamati strangolapreti perché
hanno una tendenza a rimanere attaccati in gola e possono anche fermare la deglutizione.
Quindi, è importante capire come la lingua, in un contesto politicamente frammentato come quello
italiano, sia fortemente particolaristica, cioè una lingua che possiede una buona parte del suo vocabolario
comprensibile soltanto in una regione, in una zona: a Bologna “buttare il rusco” vuol dire “buttare
l’immondizia”. È una lingua talmente frammentata che storicamente ha avuto un momento di svolta
soltanto dopo la codificazione di Bembo, ovvero nel XIX secolo quando Alessandro Manzoni decise di
superare questo particolarismo linguistico dicendo che la lingua degli italiani poteva essere il fiorentino
parlato del suo tempo e non quello letterario. Ancora oggi abbiamo una lingua fortemente particolaristica
e frammentata, ancora di più per quel che riguarda aspetti concreti della vita, quali ad esempio il cibo. Ciò
per il mondo tedesco non vale: l'operazione di Lutero ebbe l’aiuto della stampa e di questo esercito di
predicatori, per rendere fruibile anche a degli illetterati delle idee fondamentali che screditavano
fortemente il clero di obbedienza romana. Ebbe quindi una serie di disposizioni e di condizioni politiche
favorevoli che prima di allora non si sarebbero mai potuti avere, perché se da un lato Carlo V teneva
moltissimo al mantenimento di un’unità religiosa e politica, dall'altro lato tutti queste unità territoriali che
gli avevano anche consentito di diventare imperatore, attraverso i voti della dieta Imperiale, spingevano
per una forte autonomia e Lutero offriva l'opportunità di attuarla; offriva l'opportunità di affrancare queste
aree dal controllo delle gerarchie ecclesiastiche che obbedivano direttamente a Roma, al Papa, ai vescovi,
ai membri di ordini religiosi. Lutero è come se offrisse l'opportunità di azzerare la riforma, che da un lato
era sicuramente spirituale e religiosa (le fondamenta erano quelle), ma che poi acquisiva dei risvolti politici
importanti.
Molto spesso, quando parliamo di luteranesimo, parliamo anche della cosiddetta riforma radicale, cioè la
riforma di Lutero interpretata in una maniera particolare, in territori circoscritti del mondo tedesco che
arrivano non soltanto ad acquisire il messaggio luterano ma anche ad andare anche oltre il messaggio
stesso. Un gruppo che, ad esempio, interpretò in maniera particolarmente radicale il messaggio di Lutero è
quello degli anabattisti, coloro che oltre a rifiutare tutti i sacramenti che non sono stati istituiti
direttamente da Cristo, quindi il battesimo e l’eucaristia, dicono anche che il battesimo non si può fare da
piccoli bensì in età adulta, in maniera consapevole. Il problema è che gli anabattisti cercano poi di tradurre
il messaggio di Lutero, nato come riforma religiosa e spirituale, anche in riforma politica e sociale. Lutero
fu costretto a voltargli le spalle perché, con queste forme di forte radicalità, mettono in discussione il
principale appoggio su cui Lutero poteva fondarsi, che era quello dei principi del mondo tedesco, gli stessi
principi che avevano sostenuto da un lato l'elezione Imperiale di Carlo V e che arrivano a sfruttare l'onda
creata da Lutero per potersi sostentare e prosperare su degli spazi di autonomia che prima non avevano
mai avuto a disposizione. Quegli stessi principi proteggono Lutero contro il tentativo di repressione e di
aggressione di Carlo V, il quale in questo momento ha tanti nemici, ma il suo nemico principale è quello che
minaccia internamente di spaccare religiosamente il suo popolo. Inoltre i principi non gli concedono la
morte di Lutero.
Ad interpretare il messaggio di Lutero, in maniera profondamente radicale, fu proprio un profeta
predicatore tedesco Thomas Müntzer. Nel 1525, in particolare, quindi a 8 anni circa di distanza dalla
cosiddetta pubblicazione delle tesi, fece in modo che il messaggio di Lutero attecchisse all'interno del
mondo contadino e che, quindi, intorno al messaggio di Lutero si sviluppasse una rivolta di contadini
(ovvero del ceto dei contadini: è importante parlare di ceto e non di classe perché le classi sociali sono un
prodotto del capitalismo, invece, in età moderna si deve parlare di ceti. L’appartenenza ad una classe si
decide per ciò che si ha economicamente, l’appartenenza ad un ceto si decide alla nascita): non usiamo il
termine rivoluzione perché effettivamente non sono la stessa cosa; probabilmente la differenza sta nel
cambiamento a cui queste due forme di proteste vanno incontro. Nello specifico, la rivolta è meno radicale
della rivoluzione, pertanto non prevede alcuna forma di sovversione dell'ordine costituito, cioè la rivolta in
buona sostanza non mette in discussione la legittimità di chi comanda; la rivoluzione, al contrario, mette
radicalmente in discussione l'ordine costituito, cioè se io faccio una rivoluzione significa che il re non ha più
il diritto di essere re. Quindi, i contadini del 1525 non si sarebbero mai sognati di dire che il principe o le
autorità non hanno più alcun tipo di diritto, per cui loro si ribellano per delle ragioni meno radicali, anzi
guardano, anziché al futuro, al passato. Questa è un'altra caratteristica che distingue la rivolta dalla
rivoluzione. La rivoluzione è un processo violento di sovversione che mira ad aprire una nuova epoca, la
rivolta invece mira a ripristinare qualcosa che c'era prima e che si ritiene non ci sia più. Quindi per
semplificare: la rivoluzione guarda al futuro, mentre la rivolta guarda al passato (ricordiamo la rivoluzione
francese con Luigi XVI e Maria Antonietta e la rivoluzione inglese, quando il potere era di Carlo I Stuart).
Questi contadini ritenevano di avere dei privilegi, delle particolari risorse su cui poter contare ma che, ad
un certo punto, vengono a mancare e quindi chiedono il ripristino. Questi contadini vengono aizzati da
Müntzer, nella convinzione che il messaggio di Lutero sia traducibile sul piano sociale e che quindi possa
migliorare la loro condizione di vita. Tuttavia, la risposta di Lutero è profondamente deludente perché
invita i principi del mondo tedesco a reprimere le rivolte nel sangue, quindi con violenza perché, in quel
momento particolare, essendo protetto dagli stessi principi contro l’ira di Carlo V, Lutero non può
rinunciare all'unico scudo che ha a disposizione. Se questi contadini avessero quello che chiedono in queste
rivolte sarebbe una tragedia, perché a perderci sarebbero solo tutti i principi territoriali su cui Lutero fa
forte affidamento. Dunque, c'è un conflitto di interessi tra qualcuno che vorrebbe una riforma religiosa, da
tradursi anche in una riforma sociale, e qualcun altro invece che è interessato alla conservazione delle
gerarchie esistenti, nello specifico i poteri territoriali e Lutero li accontenta. Lutero scrive anche dei testi,
uno dei quali, pubblicato nel 1525, che si intitola “Contro le empie e scellerate bande dei contadini”, in cui
invita le autorità a reprimere con violenza la ribellione, ribadendo l'estraneità del suo messaggio di fede alla
pretesa di cambiamento sociale. Quindi niente di più netto per dire che prendeva le distanze da ciò che
stava accadendo. Questo fenomeno del ceto dei contadini in rivolta guidati da Thomas Muntzer è stato
descritto bene da un romanzo, Q di Luther Blissett: collettivo di scrittori, ex studenti di storia bolognesi
degli anni 80, oggi attivi come Wu Ming. Descrive un fenomeno che nei libri di storia viene sempre
rappresentato in maniera caricaturale, fallace. Thomas Muntzer non era, come ci viene descritto, un
teologo, un erudito, un uomo con la testa sempre fra i libri. In realtà Thomas Muntzer era un profeta, un
carismatico, che colpisce più l’irrazionalità che la razionalità. In questo romanzo si coglie il furore profetico
che davvero c’era al tempo, profetico, non teorico. Talvolta infatti la letteratura riesce a comunicare ancora
più verità della storia e dei manuali. Chi è Luther Blissett? Un calciatore. Negli anni ‘80 le più importanti
squadre di calcio acquistavano calciatori stranieri pagandoli moltissimo per la loro enorme fama. Tuttavia
molto presto, dopo poche settimane, si rivelavano delle truffe: uno lo comprò il Milan e si chiamava Luther
Blissett, il quale arrivò carico di promesse per poi rivelarsi un fallimento. Questo fenomeno è molto diffuso
al tempo, tanto da ispirare anche un film molto famoso, “l’allenatore nel pallone”, che ricostruisce la storia
di una squadra che arriva in serie A, vanno in Brasile per comprare un calciatore importantissimo, Socrates,
invece comprano Aristoteles. Una narrazione finzionale che ricostruisce un andamento reale. Luther
Blissett è l’emblema del credere nelle cose che non sono vere, una costruzione di leggende metropolitane
che si rivelano bufale clamorose. Perché il collettivo bolognese ha scelto quel nome? Perché un’enorme
leggenda metropolitana piena di speranze che poi si rivela falsa è il tema del libro. Luther Blissett è una
costruzione mediatica, come ce ne sono tante anche al giorno d’oggi, costruzioni mediatiche che vengono
vendute come verità e rivelazioni. In questo modo possiamo capire meglio cosa accade nel 1525. I manuali
ci chiedono sempre di memorizzare la riforma luterana nelle città e la differenza con quella che viene
effettivamente diffusa nelle campagne. Pensare in questo modo però ci dà l’impressione che il messaggio
sia stato studiato nella sua ricezione, in realtà non è così. Uno stesso messaggio ha due effetti totalmente
diversi in base al ceto che incontra. Immaginiamo una reazione chimica: una stessa sostanza ha una
reazione diversa con ciascun reagente con il quale viene in contro.
Un'altra forma di radicalizzazione della Riforma Protestante è quella di Ulderico Zwingli (1484-1531). In
questo caso, l'oggetto della contesa tra Lutero e Zwingli era un altro Sacramento imprescindibile di quelli
che si ritenevano istituiti da Cristo, vale a dire l'Eucarestia. Zwingli, al contrario di Lutero, negava che
nell'ostia consacrata ci fosse la presenza di Cristo. Potremmo pensare che queste questioni siano soltanto
dei pretesti per poter far emergere altre battaglie e gli altri controversie, però il punto è che le crisi
spirituali, in questo momento della storia d'Europa, sono inscindibili dalle crisi religiose e vanno ad essere
profondamente intrecciate l'una all'altra. Un'altra questione sulla quale Zwingli era molto radicale era
quella sulla distruzione delle immagini sacre, cioè lui invitava a distruggere le immagini sacre, che per lui
erano un oggetto di idolatria assolutamente imperdonabile, invece un luteranesimo “più moderato”
riteneva che le immagini sacre potessero esistere, ma a patto che non fossero venerate come se fossero
degli esseri viventi. Quindi un conto è l'immagine idolatrata e venerata, altro punto era l'immagine in
quanto semplice riproduzione di qualcosa che è esistito.
L’altra declinazione che assumerà il luteranesimo di importanza storica è quella del CALVINISMO: fa
riferimento al pensiero di Giovanni Calvino, nato in Francia, e in seguito, grazie alle sue esplorazioni e ai
suoi viaggi europei, si stabilì in Svizzera, in particolar modo a Ginevra, dove tenta di fondare una comunità
di Santi, una manifestazione visibile della volontà di Dio in terra. Qui si fa riferimento a un qualcosa che
effettivamente ci rimanda proprio all'universo sensoriale che però stride con quello che diceva Lutero: per
quest’ultimo la mediazione ecclesiastica e il clero non hanno ragione di esistere, Calvino afferma il
contrario. Calvino vuole rendere la chiesa visibile perché ritiene che, mettendo insieme una comunità di
persone che fanno di volere di Dio (perché Dio ha già deciso per loro quello che devono fare), si possa
trasformare in una comunità di santi, e quindi che Ginevra rappresenti, nello specifico, questa comunità di
santi. Il tema della predestinazione diventa una delle questioni fondamentali di divergenza tra Calvino e
Lutero. C’è un’importanza storica della differente posizione dottrinale di Calvino rispetto a quella di Lutero.
Quali sono i punti principali su cui il piano dottrinale di Calvino e Lutero differiscono? Uno di questi è proprio
la predestinazione, oltre quello della chiesa visibile. Lutero affermava che Dio fosse onnipotente, grande e
intangibile dall'uomo, per cui non può fare niente per cambiare la decisione di Dio né può fare niente per
conoscere la decisione di Dio. Calvino, invece, su questa predestinazione dice qualcosa di diverso che si
rivela essere decisivo: afferma che è vero che Dio decide che siamo tutti predestinati e che non possiamo
fare assolutamente niente per cambiare il nostro destino, tuttavia nella nostra vita abbiamo una particolare
vocazione, delle inclinazioni, dei talenti che ci vengono dati. Se ci mettiamo in gioco, in uno di questi campi,
fermo restando che queste inclinazioni ci vengono date sempre da Dio, possiamo, attraverso la nostra vita
concreta e materiale, cogliere prima della morte degli indizi di ciò che Dio ha già deciso per noi.
Dire che Calvino riabilita le opere è sbagliatissimo, perché non è quello che realmente fa. Il fatto che una
persona faccia teatro, canto, ballo non è un'opera buona o una cosa che fa cambiare idea a Dio e questo è
affermato sia da Lutero sia da Calvino; secondo quest’ultimo Dio al massimo ti dà un’inclinazione,
dopodiché sei abbandonato al suo destino. Calvino, però, sostiene che, attraverso le nostre azioni,
possiamo capire, e non fargli cambiare idea, il nostro destino.
La differenza sostanziale tra Lutero e Calvino non è la riabilitazione delle opere, ma è la possibilità, in vita,
di cogliere un indizio di quello che Dio ha già deciso per noi attraverso l’iniziativa, che è il seguire del talento
che mi ha dato. Queste particolari declinazioni della riforma religiosa avrebbero avuto conseguenze enormi
anche sulle strutture economiche e politiche del nostro mondo, non soltanto Lutero compie un gesto che
ha delle conseguenze politiche enormi perché spacca al suo interno l'impero di Carlo V e fornisce ai principi
territoriali tedeschi la possibilità di avere un margine di autonomia che prima non avrebbero potuto avere
che si può aggrappare anche alla religione, ma bisogna aggiungere anche il fatto che secondo alcuni, il
calvinismo avrebbe favorito lo sviluppo economico del nostro mondo in una certa direzione che chiamiamo
capitalismo.
A farlo, nello specifico, è stato Max Weber in un’opera intitolata “l'etica protestante e lo spirito del
capitalismo”, pubblicata nel 1905. Weber era un sociologo, che mette in connessione, agli inizi del ‘900,
l’etica calvinista e lo spirito capitalista. Il capitalismo è il sistema economico (sul quale viviamo ancora
oggi) per il quale il guadagno produce guadagno, la proprietà privata e l’iniziativa sono al centro di tutto,
quest’ultima capace di moltiplicare i guadagni nelle mani di chi già di guadagni e di beni ne ha tanti. Si tratta
di un'iniziativa che ti permette anche di poter organizzare e spostare il lavoro degli altri per produrre questi
guadagni. È fondata però anche su altri elementi. Max Weber sostiene che se si aveva un’inclinazione, ad
esempio, per fare il commerciante ed si era calvinisti, nella vita avremmo provato varie strade e fatto vari
tentativi per vedere dove ci avrebbero portato, accettando il rischio: se ci portano verso degli esiti buoni
significa che probabilmente Dio già lo aveva scelto, invece verso esiti cattivi significa che probabilmente
non eravamo prescelti. La sostanza è: che se sia una o che sia l'altra la strada destinata, cosa si ha da
perdere? Assolutamente niente, perché alla fine Dio ha già scelto. Il rischio è una delle caratteristiche
fondamentali del capitalista, ovvero uno che, pur di guadagnare altri soldi, è disposto ad accettare il rischio
di perderne alcuni, perché è disposto a spenderli in un certo modo non sapendo necessariamente come gli
andrà, cioè fa un investimento accettando il rischio (ad esempio i concorrenti che partecipano allo show
televisivo “affari tuoi” quando devono scegliere i pacchi da aprire). Secondo Weber, il calvinismo avrebbe
avuto delle conseguenze fondamentali per decidere e stimolare la formazione di quello che è
economicamente il nostro mondo. Weber aveva anche una conferma di quello che diceva nella struttura
economica che alcuni stati dell’antico regime avevano acquisito tra ‘500 e ‘600, e nella corrispondenza che
c'era tra la presenza di un gran numero di calvinisti all'interno di un territorio e la ricchezza di questo stesso
territorio. Per esempio: c’erano tanti calvinisti in Olanda, che era un territorio particolarmente ricco in
antico regime, stessa cosa in Inghilterra. Quindi Weber diede anche quest’altra grande corrispondenza,
data dalla numerosità dei calvinisti e di attività economica. La cosa più interessante di tutte è capire che
Weber, in questa visione dell’economia e del mondo, metteva la religione al primo posto, come stimolo
fondamentale e come colonna portante di tutta l’attività economica, sovvertiva, quindi, la visione del
mondo di un altro pensatore (che era venuto qualche anno prima, in particolare a metà dell'800) che si
chiamava Karl Marx, che affermava, in una delle sue opere più importanti, “Il Capitale”, che la religione è
importante, ma ciò che conta è l’economia. Questa è la struttura su cui si fonda tutto, mentre la religione è
una forma altra che poggia sulla base che è, appunto, l’economia. Immaginiamo Marx e Weber come due
che tentano di dare una spiegazione alla crescita del capitale, partendo da due motivazioni completamente
diverse:
 Per Marx viene prima l'economia e poi la religione (l’economia che stimola la religione: quest’ultima
per Marx era “l’occhio dei popoli”, una specie di droga che viene data per cercare di giustificare i
rapporti materiali tra le persone. Si dice anche che la cultura marxiana sia in realtà fortemente
materialista, per certi versi, perché quello che conta è principalmente il bene materiale; esiste in
Sud America un orientamento teologico che si chiama “Teologia della Liberazione” che mostra la
prossimità forte tra il cattolicesimo e il marxismo).
 Per Weber viene prima la religione e poi l’economia (la religione che stimola l’economia).

L’importanza del calvinismo è anche e soprattutto fondata sull’interrelazione fortissima evidente che c’è
con il mondo economico.
Robinson Crusoe ci fa vedere chi sono i borghesi, chi sono i capitalisti, quanto effettivamente ha un peso il
calvinismo. La parte iniziale del libro è piena di avventure poi cambia la trama. Robinson arriva sull’isola e
deve organizzare la sua nuova vita. Tutti i colpi di scena dell’inizio poi svaniscono, i ritmi diventano lenti,
Robinson diventa un contabile: organizza i suoi beni, i suoi possedimenti, calcola i rischi che può correre
come un buon borghese, razionale amministratore dei suoi beni. Intravista poi l’occasione di fuggire via
ritornano i colpi di scena, il ritmo veloce. Concentriamoci su questa parte. Qual è la cosa più strana che
avviene? Sull’isola ha fatto tutto ciò che Dio gli chiedeva, la cosa più incredibile è che la più grande ricchezza
deriva da un terreno che lui possedeva e che non ha mai visto, per il quale non ha mai mosso un dito:
l’investimento perfetto, la chiara espressione del calvinismo: non c’è meritocrazia, è fortuna, è Dio. Franco
Moretti ha studiato a fondo questa correlazione fra Calvinismo e Capitalismo, ha scritto un saggio su
Crusoe: la borghesia fra storia e letteratura. Qual è il ruolo dell’opera Robinson Crusoe? Robinson Crusoe
ha un ruolo chiave in tutta l'età moderna: la fortuna di Robinson arriva altrove, cioè arriva in un luogo dove
lui non ha mai messo piede e non ha mai effettivamente mosso un dito per crearlo, e avrà un punto di vista
sul mondo profondamente protestante. Robinson ha quell’atteggiamento nel quale si segue la propria
inclinazione, i propri talenti; in ambito di obbedienza diventerà più propriamente cattolico. La salvezza si
ottiene perché si è fatto qualcosa o magari ci si è pentiti del proprio errore per il cattolicesimo
cinquecentesco. Il problema dove sorge? Sorge nel fatto che in questo contesto la salvezza, l’onnipotenza di
Dio e la predestinazione vengono prima di tutto. Tutto ciò sfocia, secondo alcuni, nelle scelte economiche
delle persone, sulla capacità di mettersi in una certa direzione, di essere predisposti al rischio.
DINASTIA DEI TUDORS
Come arriva la riforma protestante in Inghilterra? Il protagonista indiscusso della Riforma Protestante in
Inghilterra è Enrico VIII: inizialmente sposato con Caterina D’Aragona, che gli aveva ereditato un solo figlio
maschio, Enrico di Cornovaglia, vissuto soltanto per 52 giorni, e una successiva figlia femmina, la cosiddetta
“Bloody Mary” o Maria la Sanguinaria” (che più avanti vorrà ricostituire il cattolicesimo in Inghilterra,
assassinando coloro che si rifiutavano di convertirsi). Decide di voler divorziare dalla prima moglie, proprio
in virtù del fatto che non concepì un erede maschio. A questo proposito chiese alla Chiesa di Roma il
divorzio nuziale, il quale gli viene negato e decide allora di dare avvio allo Scisma Anglicano.
Caterina d'Aragona godeva della protezione di Carlo V, essendo la figlia dei re cattolici spagnoli Fernando
D’Aragona e Isabella di Castiglia. Questo matrimonio che, come tutti i matrimoni dell’antico regime era un
matrimonio combinato, rappresenta anche un'alleanza tra dinastie e mette l’Inghilterra in orbita spagnola.
La Spagna possiede questo enorme potere e, dato che siamo di fronte a una situazione nella quale Carlo V
arriva ad avere la corona Iberica e imperiale, così come domini spagnoli in Italia e nel nuovo mondo, da un
lato significa stare in una situazione ben orientata e conveniente, dall’altro si tratta di un matrimonio che
non dà vita a una discendenza maschile, limite importante per una dinastia dell'Antico regime, infatti una
delle ragioni fondamentali delle forze delle dinastie è quella di avere degli eredi maschi perché senza la
dinastia si indebolisce e le altre dinastie europee pensano eventualmente di conquistare quell’impero.
Quindi, Enrico VIII, che è una persona fortemente autoritaria e soggetta agli istinti, non si cura della fedeltà
che doveva portare alla moglie e si innamora di Anna Bolena. Avere un’amante nell’antico regime non era
una cosa nuova, però nessuno ha pensato mai di divorziare dalla propria moglie, fino ad Enrico VIII. Ciò che
emerge è un incrocio vertiginoso tra le motivazioni di carattere personale, quindi di un matrimonio
all’interno del quale si sente costretto e vuole scioglierlo per l’amore che nutre per un’altra persona, e le
motivazioni di carattere imperiale, da un lato si sente oppresso dal Papa e dall’altro dall’influenza spagnola
che gradirebbe molto una forma di autonomia e di affermazione come stato, capace di avere un suo ruolo
nel panorama geopolitico internazionale. Anche la situazione interna inglese è abbastanza pesante: il clero
subisce molto le influenze dalle gerarchie pontificie e quindi è costretto sempre ad ubbidire, suo malgrado,
ma sostanzialmente anche dietro quest’atteggiamento del clero si nasconde una certa irrequietezza,
disobbedienza. Enrico, quindi, decidendo di divorziare da Caterina d'Aragona chiede al Papa
un’ufficializzazione dello scioglimento nuziale, ma che gli viene negato. Allora decide di distaccarsi
totalmente dall'autorità e di istituire, in maniera autonoma, una nuova chiesa: la chiesa anglicana, di cui lui
è il capo supremo (da capo politico diventa anche capo religioso). Tutto il clero anglicano si affranca dalla
sua dipendenza al pontefice e acquisisce un margine di autonomia che prima non aveva. Sotto il sovrano,
alla guida della chiesa anglicana, c’era l'arcivescovo di Canterbury. La nascita della chiesa anglicana è
l’incrocio di due elementi: le inclinazioni personali e le follie identitarie di Enrico VIII e la questione di
carattere politico. È come se la questione personale di Enrico VIII si sovrapponesse a una considerazione
che era di carattere geopolitico, oltre che politico-religioso. Alla fine riesce a divorziare e condanna a morte
tutte le sue mogli poiché l'auspicato e desideratissimo erede maschio non arriva mai.
Tornando al matrimonio tra Enrico e Anna Bolena: nasce Elisabetta I Tudor, conosciuta come la “Virgin
Queen”, una delle più importanti sovrane dell'Europa della seconda metà del ‘500. All'interno delle
numerazioni reali, appartenendo ad una famiglia diversa (perché l'attuale famiglia al trono è quella dei
Windsor) precede Elisabetta II, la regina attualmente regnante. Arriverà poi, dal matrimonio con Jane
Seymour un erede maschio, Edoardo VI, che purtroppo non sopravvive (a causa di una malattia) e che
muore all’età di 15 anni.
La parabola di Carlo V si chiude alla metà del ‘500 con delle Paci, la più importante delle quali è la pace di
Augusta, anche se poi anche la pace di Cateau-Cambrésis ha la sua importanza. Si chiude dopo tentativi
reiterati, da parte di Carlo V, di spingere il Papa a convocare un concilio per tentare di risanare questa
frattura che si è creata all'interno del mondo Cristiano, causata da Lutero. Il concilio viene effettivamente
convocato a metà degli anni ‘40, ma quando la Chiesa di Roma si rende conto della gravità e dell’instabilità
che sta avvenendo nel mondo tedesco, è ormai troppo tardi. Ormai le divisioni sono diventate troppo
ampie ed esasperanti per potersi tradurre in qualcosa di reale e in una conciliazione vera. Ci sono dei
tentativi che vengono fatti e uno dei personaggi più in vista, che tenta la conciliazione da parte della chiesa
cattolica, è il teologo Gasparo Contarini. Purtroppo nei momenti in cui prova ad incontrare vari esponenti
del mondo protestante luterano, le distanze ormai sono incolmabili. Dunque Carlo V, da un lato deve
rinunciare al concilio, alla sua volontà di potenza e persino all'unità del suo dominio, e quindi decide di
spaccarlo in due: da un lato si va a formare il ramo Imperiale degli Asburgo, in cui sale al potere suo fratello
Ferdinando, dall'altro lato si fa a formare il ramo iberico degli Asburgo, in cui sale al potere suo figlio
Filippo II.
Quindi, partendo dal 1492 (data della conquista dell'America), fino alla metà del Cinquecento (fino alle
paci di Augusta e di Cateau-Cambrésis), ciò che caratterizza questi anni è l’età di Carlo V, il luteranesimo e
il calvinismo. Nella seconda metà del Cinquecento, invece, andiamo a guardare le grandi macro-figure che
caratterizzano la storia Europea: Filippo II (erede di Carlo V) ed Elisabetta I (erede di Enrico VIII), i quali
tenevano in gioco un tentativo di matrimonio, con la speranza di unire le due corone, che però non si
realizzerà mai.
Quello che però conta più di ogni altra cosa è la sistemazione politico-religiosa del mondo tedesco dopo
Carlo V perché, all'interno del mondo tedesco, si afferma un principio di coesistenza di diverse confessioni,
ma non si tratta di tolleranza religiosa (nello stesso posto possono coesistere con le stesse condizioni di vita
e con le stesse regole diverse religioni), bensì si attuta il principio del Cuius Regio Eius Religio, cioè esistono,
all'interno del mondo tedesco, vari nuclei territoriali, ciascuno col proprio principe di riferimento, il quale
afferma che i sudditi del suo territorio dovranno professare la sua stessa religione. Ovviamente non si
tratta tolleranza religiosa. Di questo principio avvertiamo ancora oggi le conseguenze, basti pensare, per
esempio, a dove, nell'attuale Germania, è praticato il protestantesimo e dove è praticato invece il
cattolicesimo (Baviera, tant’è vero che qualche anno fa ci è andato anche Papa Ratzinger). Quindi il nucleo
fondamentale del quadro politico, religioso, culturale europeo, dopo la caduta di Carlo V, è questo:
abbiamo un nuovo scenario, dove il sogno universalistico di Carlo V, ovvero quello di creare un unico
Impero, con unico imperatore, un’unica religione e un’unica fede, è crollato, pertanto abbiamo la
coesistenza di diverse fedi che ormai hanno spaccato il cristianesimo, che ha aggiunto alla vecchia frattura
medievale, la nuova frattura tra chiesa ortodossa e chiesa romana. Sappiamo che la chiesa protestante più
diffusa al mondo, in particolare in America, è la chiesa Battista (battismo: costituito da un gruppo di
denominazioni cristiane riformate, nate nell'alveo del protestantesimo anglosassone, che affondano le
proprie radici storiche nel puritanesimo inglese del XVII secolo; così chiamato per la pratica
del battesimo dei credenti che l'assimilava al precedente movimento anabattista), che presenta una
spaccatura al suo interno, ovvero si divide in altre chiese: chiesa metodista; chiesa di Gesù Cristo dei Santi
degli ultimi giorni, ovvero i cosiddetti mormoni, sviluppata nello Utah]. Nelle divisioni tra tutti questi
protestantesimi, ci sono conseguenze letterarie enormi, ricordiamo soprattutto la letteratura legata al
puritanesimo, alle varie declinazioni che ha acquisito il calvinismo in Inghilterra.
Una domanda che prima di ogni altra ci dobbiamo porre è: che fine fa la Chiesa di Roma? Una volta
rinunciato radicalmente alla conciliazione, una volta resasi conto di aver sottovalutato il pericolo della
spaccatura luterana e aver pensato che Lutero non sarebbe arrivato così lontano come quelli che lo
avevano preceduto, la Chiesa di Roma convoca questo concilio, che era stato più volte invocato da Carlo V,
il cosiddetto Concilio di Trento, trasformandolo in uno “sconcilio”, nel senso che un evento che era stato
organizzato per trovare un punto di coesione con quel mondo e quindi di cucire una frattura, viene invece
trasformato in un evento che allarga la frattura e la fa diventare insanabile, tant’è vero che è una frattura
che sopravvive ancora nei giorni nostri. Il problema del Concilio è però un problema non di poco conto,
perché il primo nodo inizia ad essere quello logistico: dove farlo questo Concilio? Vi è anche la paura di
concedere troppo all’avversario o di mettersi troppo al centro del dialogo, non a caso se si fosse svolto a
Roma si sarebbe pensato che la decisione del Papa intendeva sopravanzare quella del popolo tedesco; alla
stessa maniera se il Concilio si fosse svolto nei confini del Sacro Romano Impero sarebbe stata una
concezione troppo grande. Dunque decidono di farlo a metà strada, a Trento. Il concilio all’inizio parte con
le migliori intenzioni, appunto con intenzioni di conciliazioni, ma inizia pian piano ad avere tratti sempre più
romani, e dunque il mondo tedesco lo diserta sempre di più. Il concilio, che parte a metà degli anni ‘40 e
finisce verso l’inizio degli anni ‘60, arriva ad essere una sorta di risposta romana a quello che è avvenuto nel
mondo tedesco, ovvero deve dare una risposta dottrinale a Lutero, affermando delle cose precise: prima di
tutto Lutero aveva messo in discussione il ruolo delle opere per la salvezza, la Chiesa, invece, sostiene che
per salvarsi servono le opere buone, che sono assolutamente imprescindibili ed indispensabili, ciò significa
che è anche fondamentale la figura che deve giudicarle sulla terra, cioè il clero, che Lutero ha recriminato
poiché ognuno dev’essere sacerdote di sé stesso. La chiesa riafferma con forza il ruolo dei sacramenti, gli
stessi che Lutero aveva eliminato, dando spazio al battesimo e all'eucarestia, gli unici sacramenti istituiti da
Cristo. Quello che conta è ripristinare tutto l'apparato che Lutero ha fatto cadere, però, tra tutti i
sacramenti ce n'è uno più importante degli altri ai fini della rivalutazione del ruolo delle opere, ovvero la
confessione. Il confessore è il tramite tra l’uomo e Dio, quindi alla fine della confessione è chiamato ad
assolverlo dai peccati, ma può decidere anche di non assolverlo se il pentimento non sia sincero. La
confessione è particolarmente importante ed ha un risvolto abbastanza cruciale, cioè la confessione dà
accesso a un altro sacramento, che è quello dell’Eucarestia, la comunione. Secondo la norma, un buon
cristiano deve fare la comunione almeno una volta l’anno, e nello specifico nel giorno di Pasqua. In antico
regime, all’intero di una parrocchia, questa regola è presa molto sul serio: se la tua comunità, la quale tiene
molto a queste cose, non ti vede prendere la comunione a Pasqua penserà sicuramente che non sei un
buon cristiano e che hai fatto qualcosa di cui vergognarti e per il quale non ti sei meritato la sospirata
assoluzione. Gli storici parlano di rete dei sacramenti, cioè un sacramento ti dà l’accesso ad un altro. Nel
Concilio di Trento si stabilisce anche che il clero debba avere una nuova disciplina. Tra le tante norme
stabilite, troviamo l'obbligo di residenza nelle loro diocesi e nelle loro parrocchie di vescovi e sacerdoti.
Ciò succedeva spessissimo ed era stato uno dei motivi fondamentali di denuncia nei confronti della chiesa
di Roma perché tantissimi prelati consideravano le loro cariche soltanto come fonti di beneficio. Tra l'altro
ci sono tantissimi personaggi letterari di antico regime che sono dei sacerdoti, che vivono in modo
totalmente diverso da come si dovrebbe vivere una carica. L'obbligo di residenza porta con sé la
conseguenza immediata, ovvero l'obbligo di occuparsi della cura delle anime. Inoltre, il Concilio di Trento
afferma che non devono più essere attaccabili dal mondo protestante, quindi l’unico modo per non farsi
dichiarare dei corruttori di anime è quello di affermare una nuova disciplina: secondo alcuni storici, tutto
questo contesto si potrebbe chiamare Riforma Cattolica, secondo altri semplicemente Controriforma,
perché si legge come pura reazione a ciò che è avvenuto attorno a Lutero.

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