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Robinson Crusoe: l’individualismo ed il romanzo

Il concetto di individualismo implica una intera società retta principalmente dall’idea dell’intrinseca
indipendenza di ogni individuo dagli altri individui e da quell’insieme di modelli di pensiero e di azione che
si denota con il termine “tradizione”. L’esistenza di una tale società presuppone un’organizzazione
economica e politica basata sull’autonomia dell’individuo, che permetta ai suoi membri un’ampia vasta di
scelte per le loro azioni. C’è una vita altra rispetto a quella vissuta in società e si pone l’accento sulla
specificità e sull’autonomia di ognuno. Dunque si può affermare che la società moderna è estremamente
individualista e, tra le cause storiche della sua nascita, possiamo definirne due in particolare: il sorgere del
moderno capitalismo industriale e la diffusione del protestantesimo, in particolare nelle sue forme
calvinista o puritana.

Il capitalismo produsse un grande incremento della specializzazione economica e questo aumentò la libertà
di scelta dell’individuo. L’entità su cui si basavano i vari arrangiamenti sociali non era più la famiglia, né la
chiesa, ma unicamente l’individuo, responsabile dei suoi ruoli sociali, economici, politici e religiosi. I
fondamenti del nuovo ordine possono essere collocati dopo la Gloriosa Rivoluzione del 1688. È come se da
una parte la società, intesa come sviluppo delle classi medie cittadine, inizi a guardare di buon occhio il
prodotto letterario, e dall’altra parte è il mondo letterario stesso che inizia a guardare con favore il
commercio e l’industria.

Scrittori precedenti come Spenser, Shakespeare, Donne, Ben Jonson e Dryden tendevano ad appoggiare
l’ordine sociale ed economico tradizionale ed avevano attaccato molti dei sintomi dell’emergente
individualismo. Tuttavia, all’inizio del Settecento, Addison, Steele e Defoe offrono una dimostrazione della
connessione tra l’individualismo nelle sue forme ed il sorgere del romanzo. Il nuovo orientamento
individualista era già evidente in campo filosofico. Gli empiristi del Seicento sono individualisti, non solo nel
proprio pensiero etico e politico, ma anche nella loro epistemologia (è la branca della filosofia che studia i
meccanismi della scienza intesa come conoscenza), ad esempio Locke crea un sistema di pensiero politico
basato sull’intoccabilità dei diritti individuali nuovi rispetto a quelli propri della religione e della monarchia.
Il romanzo moderno è legato a:

- Epistemologia individualistica dell’epoca moderna


- Individualismo della struttura sociale moderna

Defoe possedeva una visione filosofica molto vicina a quella degli empiristi inglesi del 17° secolo e tale
connessione si mostra in modo particolarmente chiaro e comprensivo nel suo primo romanzo Robinson
Crusoe.

L’opera simboleggiò il nuovo atteggiamento dell’individualismo dal punto di vista economico e si presenta
come il perfetto esempio di ciò che gli economisti hanno definito come “homo economicus”. Tutti gli eroi di
Defoe (Robinson Crusoe, Moll Flanders, Roxana) sono incarnazione dell’individualismo economico e
rincorrono il denaro, che egli stesso definì come “il denominatore comune del mondo”, seguendo i dettami
del capitalismo economico (ad esempio la tenuta dei libri contabili, ovvero la contabilità dei profitti e delle
perdite). Fanno tutto ciò in modo naturale, non devono apprendere nulla. L’idea di contratto è importante
nell’individualismo politico, vedi l’importanza attribuita da Locke alle relazioni contrattuali e la cui influenza
si può ritrovare nel Robinson che obbliga i personaggi giunti sull’isola a contratti scritti per accettare il suo
dominio assoluto. Il primato del vantaggio economico individuale ha teso a diminuire l’importanza delle
relazioni personali e di gruppo, specialmente quelle basate sul sesso, in quanto quest’ultimo, essendo uno
dei fattori più irrazionali della vita umana, è anche una delle maggiori minacce potenziali al conseguimento
razionale dei fini economici dell’individuo.

La maggior parte dei personaggi di Defoe non hanno famiglia (come Moll Flanders) oppure l’abbandonano
(come Robinson Crusoe). In Robinson, l’eroe ha una casa e una famiglia, ma la lascia per le ragioni (lasciare
casa e migliorare la propria posizione) tipiche dell’homo economicus. Importante è l’apertura del romanzo,
ovvero la discussione con i genitori, tutta di natura economica. Inoltre vi è un senso di peccato originale che
incombe sulla coscienza del protagonista: l’aver superato la ricchezza del padre è come se richiedesse il
pagamento di un pegno.

Ulteriore riprova della centralità del fattore economico in Robinson Crusoe sono le parole del protagonista
ormai anziano, che, parlando del commercio, lo definisce come generatore di profitti grandi e sicuri e in
grado di dare più soddisfazione che il limitarsi a star seduti tranquilli in poltrona, cosa che infatti rese gli
ultimi anni della sua vita più infelici. La tendenza fondamentale dell’individualismo economico impedisce a
Crusoe di dare importanza ai legami della famiglia sia come figlio che come marito. E questo mette in
contraddizione il Defoe scrittore di romanzi e il Defoe teorico perché nei libri egli non attribuisce una
grande importanza ai legami familiari, mentre nei trattati teorici enfatizza l’importanza religiosa e sociale
della famiglia.

Defoe valuta individui e paesi sulla base economica. Ad esempio una delle sue più note affermazioni
patriottiche è relativa all’ammirazione della produttività oraria inglese. Anche Robinson mostra
atteggiamenti xenofobi solo quando vengono a mancare le virtù economiche, invece se sono presenti (ad
esempio nel caso del governatore spagnolo, del prete papista, del fedele fattore portoghese) sono motivo
di elogio. D’altro canto, però, critica molti compatrioti, ovvero quegli inglesi che si sono stabiliti sull’isola
per la loro mancanza di industriosità. A Robinson le persone piacciono, ma solo quelle con cui è possibile
fare affari e infatti, come Moll Flanders, riteneva che “con il denaro in tasca si è a casa in qualunque posto”.

Il Robinson Crusoe non appartiene alla categoria di romanzi di “viaggi e avvenure”, ma si situa a lato di
questa categoria. Crusoe non è un semplice avventuriero e i suoi viaggi, come la sua libertà da legami
sociali, sono casi normali nella società dell’epoca perché, diventando il profitto un motivo primario,
l’individualismo economico ha contribuito alla mobilità dell’individuo. Robinson non è un semplice
avventuriero, egli non fa che riflettere le tendenze del dinamismo capitalistico insite nella società inglese. Il
profitto è la sua unica vocazione.

Non sorprende dunque che l’amore abbia così minima parte nella vita di Crusoe e che perfino le tentazioni
del sesso siano escluse dalla scena dei suoi maggiori trionfi, l’isola. Quando Crusoe si accorge della
mancanza di “società” prega per avere il conforto di una compagnia ma ciò che desidera realmente è uno
schiavo maschio e non di una donna. L’idillio a cui giunge con Venerdì provoca una frattura dalle aspettative
tradizionali provocate dalle isole deserte, a partire dall’Odissea. Crusoe dopo essere tornato alla civiltà e
solo dopo aver consolidato la propria posizione economica, si sposa. Ma l’aspetto matrimoniale viene
liquidato in una frase dove parla quasi in modo incidentale dell’aver preso moglie e aver avuto 3 figli. Infine
parla della morte della moglie, ma non aggiunge altro. La donna nel romanzo ha esclusivamente un ruolo
economico. Significativo è l’episodio dei coloni che tirano a sorte per accaparrarsi 5 donne e il primo a
scegliere prende in sposa la più anziana. Sbeffeggiato dai compagni, sarà quello che avrà compiuto la scelta
più saggia perché la donna si rivelerà un’ottima moglie, adatta per il lavoro (“the best wife of all the
parcel”).

La stessa svalutazione di fattori non economici funziona per Defoe in tute le relazioni personali. Il caso più
evidente è quello di Xury, il giovane moresco che lo aiuta a fuggire la schiavitù e, in un’altra occasione, offre
di provargli la sua devozione sacrificando la propria vita. E Crusoe promette di fare di lui un grande uomo,
ma quando la fortuna li conduce dal capitano portoghese, che offre a Robinson sessanta pezzi da otto (il
doppio del compenso ricevuto da Giuda), quest’ultimo non sa resistere alla tentazione dell’affare e lo vende
come schiavo, eliminando facilmente gli scrupoli. Più tardi, quando giunge sull’isola, sopraggiungono i
rimorsi, ma solo quando le difficoltà della vita lì rendono la manodopera più preziosa del denaro. Anche la
relazione con Venerdì è egocentrica: Crusoe non gli chiede ma il nome, ma gliene impone uno. Perfino nel
linguaggio, lo strumento mediante cui gli esseri umani possono avere relazioni più profonde di quelle tra
animali, gli insegna a dire solo sì e no. Il ruolo che assume è quello di un patronato benevolente ma non per
questo gratuito.

I legami emotivi e le relazioni personali hanno un ruolo minore nel romanzo, tranne quando sono centrati
su faccende economiche, ad esempio: dopo che Crusoe se n’è andato, è solo quando il suo vecchio fedele
intendente di Lisbona gli rivela di essere ormai ricco che si ha una scena piena di emozione.

Il tempo libero è negativo tanto per Crusoe tanto per Defoe. Altra cosa che il protagonista del romanzo
condivide con il suo autore è la cecità per l’esperienza estetica, che, ad esempio, non permette un
godimento estetico di fronte ai paesaggi dell’isola. Il paesaggio viene preso in considerazione solamente nei
termini secondo i quali possa essere sfruttato vantaggiosamente. Solo nelle giornate invernali, Crusoe si
concede qualche piacere (gioca col pappagallo e coi gatti), ma le sue soddisfazioni più profonde
provengono dall’osservare il deposito dei suoi beni.

Il fascino che il romanzo suscitò nei lettori sembra derivare dagli effetti di un altro importante elementi del
capitalismo moderno, ovvero la specializzazione economica. È assai probabile che la mancanza di varietà e
stimoli nei compiti quotidiani come risultato della specializzazione economica sia responsabile dell’elevata
dipendenza dell’individuo nella nostra cultura di esperienze fornite dalla stampa, specialmente sotto forma
di giornali e di romanzi. La divisione del lavoro è importante per lo sviluppo del romanzo. Fornisce una
molteplicità di personaggi possibili da inserire nell’opera. Con la specializzazione del lavoro si ha anche un
aumento del tempo libero e ciò fa sì che aumenti quantitativamente il pubblico di massa. Secondo T. H.
Green, la divisione del lavoro è la causa della perdita di completezza dell’uomo. È come se il romanzo
fungesse da compensazione a ciò che la specializzazione del lavoro toglie all’essere umano in quanto tale.

Robinson Crusoe è un esempio diretto di ciò, perché gran parte del suo fascino dipende dalle “occasioni di
sforzi indipendenti” in campo economico che si offrono all’eroe di Defoe, sforzi che il lettore può
condividere. Ad esempio, quando Crusoe sull’isola fa il pane, la descrizione di Defoe va avanti per sette
pagine, che avrebbero avuto ben poco interesse per persone viventi nella società medioevale quando fare il
pane era una abitudine giornaliera a cui si poteva assistere in ogni casa. Nel primo Settecento invece, la
maggior parte delle donne confaceva il pane perché era compito dei panettieri e cosi Defoe poteva
supporre che ai suoi lettori potesse interessare, collocando il suo protagonista, in questa ed in altre
situazioni, in un ambiente primitivo in cui il lavoro può essere presentato come vario ed attraente. Dunque,
parte della fascinazione che il Robinson gioca sul lettore è dovuta al suo impegno nel riappropriarsi
sull’isola di quel contatto necessario alla sopravvivenza con la natura, gli animali, le materie grezze da
modellare, cosa che nella contemporaneità interessava il lettore nella misura di hobby che facevano
riappropriare gli individui della vita più autentica che si stava perdendo complice la specializzazione del
lavoro. Per parlare indirettamente della panificazione deve necessariamente calarlo in un luogo primitivo
che presenta spunti di fascinazione per il lettore e attraverso questa modalità riesce a dare espressione alla
dignità del lavoro.

Defoe attribuisce un valore alto al lavoro, quasi una religione; è come se la sua padronanza nel piegare la
natura ai propri scopi, abbia in sé qualcosa di divino. Robinson Crusoe è il primo romanzo in cui le attività
quotidiane sono messe al centro della narrazione. È una tradizione che prosegue anche coi romanzieri
successivi a Defoe, ma in modo diverso perché le attività quotidiane sono trattate senza essere calate in
una cornice religiosa.

L’individualismo economico spiega molto del carattere di Crusoe, ma è l’individualismo puritano che
controlla il suo spirito. Vi è un elemento comune a tutte le forme di protestantesimo ed è la sostituzione del
governo della chiesa come mediatrice tra l’uomo e Dio, con una visione religiosa in cui l’individuo stesso
è primariamente responsabile della sua propria direzione spirituale. Nel romanzo (e probabilmente anche
nella vita) una tale penetrazione nell’intima vita spirituale dell’individuo si raggiunge usando come base
formale la memoria autobiografica, che era l’espressione letteraria più immediata e diffusa delle tendenze
introspettive di tutto il puritanesimo. Se Dio ha concesso all’individuo la responsabilità primaria del suo
destino spirituale, egli deve aver reso possibile ciò significandole sue intenzioni all’individuo negli eventi
della sua vita quotidiana. Il puritano tendeva quindi a vedere ogni esperienza personale come
potenzialmente ricca di significato morale e spirituale e l’eroe di Defoe agisce secondo questa tradizione
ogni qual volta cerca di interpretare gli eventi della narrazione come indizi divini che possono aiutarlo a
scoprire il suo posto nello schema eterno di salvazione e dannazione. Spesso Defoe suggerisce che questo o
quel fatto dipenda dalla divina provvidenza ma tali interpretazioni sono raramente confermate dai fatti del
racconto e la discontinuità tra gli aspetti religiosi del libro e le azioni descrittevi da Defoe sottolineano che i
suoi intenti spirituali probabilmente erano sinceri ma avevano la tipica debolezza di ogni religione
esclusivamente “domenicale” che si manifesta tributi sporadici e poco convincenti. Defoe nasce in una
famiglia puritana: il padre era Calvinista e mandò il figlio in una scuola dissidente e probabilmente rimase
tale per tutta la vita, ma non si sa per certo. Anche se le riflessioni religiose di Robinson sono da puritano.
Spesso mostra segni di Bibliolatria: cita 20 versetti della Bibbia, speso cerca consigli aprendo a caso la
Bibbia. Robinson fa seguire ad ogni sua azione una riflessione in cui riesce a collegare l’azione appena
avvenuta al disegno divino.

Con il Robinson si ha per la prima volta nella storia della letteratura l’immagine di un eroe di cui il lettore
condivide totalmente la mentalità. Per i puritani, l’individuo può manifestare le sue doti spirituali molto di
più nella vita quotidiana piuttosto che in situazioni eccezionali. Il romanzo di Defoe è il massimo esempio di
unione tra individualismo puritano e rappresentazione oggettiva della realtà quotidiana. In Defoe c’è il
puritanesimo, ma il suo obiettivo non è quello di presentare la sua visione puritana. I fatti dipendono dalla
Provvidenza, ma non trovano conferma nel racconto. Ad esempio il peccato originale di Robinson, ovvero la
sua disobbedienza al padre non riceve una reale punizione, anzi più volte Crusoe sfida i segni suggeritigli
dalla Provvidenza (ad esempio il suo primo viaggio in mare). Accetta il disegno della Provvidenza quando
questa lo favorisce, quando non sono favorevoli li trascura.

Gli intenti spirituali di Robinson sono sinceri, ma patiscono le debolezze tipiche della religiosità domenicale
fatta di tributi sporadici o poco convincenti. Questo tipo di religiosità è il risultato di un conflitto inconscio di
Defoe, che vive e descrive abilmente tutto ciò che ha a che fare con le relazioni pratiche, ma quando tratta
argomenti che hanno a che fare con la Provvidenza si lascia influenzare da tutte le opere precedenti che
guardano all’esteriorità del fatto religioso. L’impotenza relativa della religione in Defoe suggerisce la
secolarizzazione (lo slegarsi della vita degli individui dai retaggi e dell’influenza preponderante della
religione). Tra le cause della secolarizzazione vi è il progresso economico e sociale che portava, ad esempio,
i Padri Pellegrini nel Nuovo Mondo a dedicarsi ai commerci.

Per riassumere: il romanzo richiede una visione del mondo centrata sulle relazioni sociali tra persone
individuali e ciò implica individualismo e fu attraverso il puritanesimo che Defoe trattò per la prima volta
nel romanzo i meccanismi psicologici dell’individuo, fatto che costituì un enorme progresso. Robinson
Crusoe si colloca nella stessa categoria dei grandi miti della civiltà occidentale, come Faust, Don Juan e Don
Chisciotte. Tutte queste opere hanno come intreccio di base la ricerca esclusiva da parte del protagonista di
soddisfare uno dei desideri caratteristici dell’uomo occidentale (Don Chisciotte ha l’impetuosità tipica
dell’idealismo cavalleresco; Don Juan tormentato da illimitate esperienze con le donne; Faust il grande
sapiente è un dannato perché la sua curiosità resta insoddisfatta. Crusoe per esempio possiede la
caratteristica eccezionale di sapersela cavare benissimo da solo ed allo stesso tempo il suo egocentrismo
senza limiti lo condanna all’isolamento ovunque egli si trovi. Il suo egocentrismo gli viene imposto dalle
avversità dell’isola, ma è anche vero che il suo personaggio sfida sempre il destino ed è solo un caso che sia
l’isola a dargli le maggiori opportunità affinché possa realizzare le tre tendenze dell’individuo in età
moderna, ovvero l’assoluta libertà economica, sociale e intellettuale.

L’isola fornisce da un punto di vista economico un terreno ideale perché l’uomo possa realizzare i propri
scopi in un modo che risulterebbe impossibile in patria, in cui le imposizioni, le condizioni di mercato e le
tasse rendono impraticabile da parte dell’individuo il pieno controllo della produzione economica. Robinson
Crusoe ispirò economisti ed educatori, realizzando le più alte libertà individuali assurge ad eroe della
cultura moderna. Tuttavia, Defoe nel suo romanzo non considerò due fatti importanti nella vita reale:

1. La natura sociale di tutte le economie: la base della prosperità di Crusoe deriva dai rottami di una
nave, che diventa un magazzino. Robinson è lontano dall’essere un proletario, egli è bensì un
capitalista. Ha una proprietà inziale da valorizzare. Egli è il fortunato erede del lavoro di altri.
Tuttavia la sua solitudine è il prezzo da pagare per la fortuna di essere sopravvissuto ad altri e
dell’aver beneficiato della loro eredità. Il naufragio appare come deus ex machina che permette a
Defoe di presentare il lavoro solitario come soluzione ai problemi della realtà economica e sociale.
2. Gli effetti psicologici reali della solitudine: all’epoca di Deofe è riconosciuto il fatto che in assenza di
una società, l’individuo piombi in un primitivismo di pensieri e sentimenti. Gli effetti della solitudine
sono studiati dal dr. Johnson, secondo cui in situazioni di assoluto isolamento la mente umana si
estingue come candela al vento; invece per Defoe la solitudine è il preludio essenziale alla
realizzazione delle nostre potenzialità. Defoe punta a presentare la solitudine come esperienza
individualistica universale.

Il Robinson Crusoe non può essere considerato un romanzo nel vero senso della parola, se per romanzo si
intende un’opera che mette in scena le dinamiche tra personaggi. Tuttavia può essere considerato come
l’iniziatore di un nuovo corso, essendo un’opera che annulla le relazioni dell’ordine sociale tradizionale e
focalizzando l’attenzione sul bisogno di una rete di relazioni personali che si basino su un nuovo modello. Il
Robinson è il momento fondamentale di rottura di quanto c’era prima, su cui potrà nascere il vero e proprio
romanzo moderno.

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