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Capitolo 4.
Contraddizione e controllo.
Il fine della narrazione in Moll Flanders non è come in Robinson Crusoe, la creazione di un mito, ma la
rappresentazione della realtà, perciò da questo non è nato alcun mito, nonostante la posizione che il
romanzo ha assunto nella cultura dell’epoca e in quella successiva.
Roxana, l’equivoca eroina che Defoe colloca sullo sfondo della corte appena restaurata è certamente meno
pericolosa dell’umile Moll: la rovina morale ed economica della prima assomiglia ad una punizione che
ristabilisce l’ordine sconvolto, mentre la seconda vince e si introduce tra la gente per bene come un nemico
nascosto. Moll non vince con l’arma della bellezza, ma con quella dell’intelligenza e dell’abilità
professionale: anche se solo come ladra, Moll acquista una qualifica professionale.
Nel momento in cui la critica mette in discussione Moll Flanders scopre una notevole dose di ambiguità,
tanto che per Watt Robinson Crusoe diventa un personaggio, una persona dello stesso Defoe, ma Moll
Flanders rimane un romanzo.
Se sottoposto all’analisi il romanzo appare disordinato e privo di una struttura unitaria: la narratrice cade in
continue contraddizioni con se stessa, lascia parte della narrazione in sospeso, e soprattutto non ci fa capire
in modo soddisfacente i suoi stati d’animo. La conclusione è che Defoe si, è un grande narratore, ma nel
singolo episodio, di fronte però a una materia complessa non sa mantenere saldo il controllo artistico ed
espressivo. Questa incapacità di connettere episodi e personaggi in un disegno unitario e significativo fa
nascere nel critico il sospetto di una maggiore inadeguatezza. A Defoe mancherebbe quella controlling
moral intention senza la quale non si può comporre un romanzo. Questo dubbio non è stato mosso solo da
Watt, ma sembra essere un topos della critica, specialmente quella di intonazione marxista. La critica
moderna sembra ereditare la disposizione moralistica di cui si fece portavoce Charles Gildon all’epoca del
primo romanzo: l’autore di Robinson Crusoe è un bugiardo che prende in giro il lettore e un cinico.
Dorothy Van Ghent indica nella structural function of irony e nel complex system of ironies or
counterstresses la struttura portante dell’opera, il motivo della sua coerenza e della sua unità. Le ironies
sarebbero le contraddizioni riscontrabili tra le azioni del personaggio e la sua morale, e la mentalità della
società.
Il criterio del giudizio si rivela soggettivistico, nel senso che il punto di partenza per ogni valutazione rimane
il conetto di soggetto come unità inviolabile ed autosufficiente; viene detto che la vita soggettiva di Moll è
caduta quasi a zero. Per vita soggettiva si intende la capacità, che Moll non avrebbe, di sopravvivere come
soggetto umano in un monto solo mosso dall’impulso acquisitivo. Moll tante volte ha corso il rischio di
essere travolta e cancellata da quelle forze che alla fine riesce a tenere a bada. Moll ha adoperato i metodi
che la società era pronta ad usare contro di lei e li ha usati per assicurarsi un tetto sulla testa. Una delle
conclusioni che si possono trarre dalla sua storia è l’impossibilità di contenere la spinta acquisitiva entro
limiti modesti: una volta rotta la stasi iniziale, e la condizione di partenza da cui Moll non vedeva via
d’uscita, si mette in moto un meccanismo che ha in se le leggi del proprio funzionamento.
Nel saggio della Van Ghent il riconoscimento della coerenza strutturale del romanzo avviene attraverso
l’identificazione del concetto di controllo artistico con una specie di cinica consapevolezza dello scrittore,
che attraverso il gioco delle ironie, comunica direttamente al lettore e dietro le spalle del personaggio, le
contraddizione tra la storia e quello che si si aspetta in realtà in alcune circostanze.
Fare una storia della fortuna critica di Moll Flanders è molto complesso, va sottolineato che l’attacco mosso
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urgente: il rapporto tra la vita privata, delle relazioni personali, e il mondo organizzato secondo la legge del
mercato.
Dopo Robinson Crusoe e Captain Singleton, la ricerca prosegue con un personaggio femminile,
tradizionalmente rappresentato in termini di interiorità tanto da risultare più credibile nel momento in cui
viene privato d’identità economica e fatto esistere come puro nucleo di tensioni emotive.
La maggior intuizione del romanzo è la rappresentazione della caduta in termini di crollo e di caduta
economica, dopo di che il personaggio diventa terreno ideale di studio per la ricostruzione di un’identità
economico-affettiva.
La solitudine si presenta a Moll Flanders non tanto come fatto fisico, che nonostante tutto sola non è quasi
mai, ma come progressiva scoperta della mancanza di sicurezza e protezione all’interno dei ruoli familiari e
domestici stabiliti dalle istituzioni.
Come Robinson ripercorre la storia della civilizzazione occidentale dal punto di vista della produzione dei
beni per trovarsi alla fine circondato da presenze inanimate, Moll di può dire che ripercorra la stessa storia
dal punto di vista delle relazioni umane. Diversamente da Robinson, Moll non arriva a una totale
riconferma del mondo com’è, il suo pentimento non convince, è una soluzione di comodo, uno degli
studiosi a non essere convinto è Watt, che sostiene che Defoe non sia riuscito a collocare il commento
didattico in maniera convincente.
Ci si chiede attraverso quale itinerario mentale Defoe sia arrivato, dopo Captain Singleton ad una
rappresentazione così audace, fuori dal comune e perché poi abbi abbandonato questa strada: Moll
Flanders resta un caso isolato nella sua produzione, un momento di equilibrio perfetto tra forze soggettive
e oggettive, di fiducia nella vittoria dell’io sul mondo e nella fusione tra io e mondo.
Se in Captain Singleton il ritorno in Inghilterra era reso possibile dalla conclusione del ciclo d’esperienza, in
Moll Flanders il percorso è quasi l’opposto, l’esperienza si compie in patria. Quando, dopo la sentenza di
deportazione Moll parte per la Virginia, il ciclo si è concluso.
Il carattere necessariamente frammentario e contraddittorio della vita nella grande città è messo in
evidenza per mezzo del personaggio femminile che, solitamente debole e non protetto, non ha in questo
caso particolare nemmeno quella prima naturale protezione che è costituita dalle mura domestiche: le
scene importanti della vita di Moll sono quasi tutte girate in esterni.
La città si presenta come un luogo enorme, non uniforme, diviso in settori diversi, non comunicanti.
Sradicata in partenza, dato che non accetta la condizione cui l’ordine la assegna, il servizio domestico, Moll
si trova a non avere residenza stabile in nessuno dei due settori e la sua vita è un continuo muoversi, un
vagare da una parte all’altra della città. Moll arriva a Londra per tappe, c’è un avvicinamento graduale dalla
comunità piccola alla metropoli.
A differenza dei romanzieri che lo seguiranno Defoe non stacca l’esperienza privata dal contesto, non ne fa
un mondo a se stante, e in nessun romanzo questo è così evidente come in Moll Flanders, storia di una
donna e delle sue esperienze private.
Moll anticipa la sorte di Clarissa, amando un giovane e cadendo nella trappola; anticipa anche la scelta di
Pamela e sposa il secondo padrone.
Nella sua vita Moll utilizza a suo favore la bellezza fisica, essa però non è affascinata, come sarà Roxana,
dalla sua immagine riflessa, anzi, è esente da ogni narcisismo: il lettore non sa quasi nulla delle sembianze
della narratrice, che si definisce genericamente ‘’bella’’, l’unico particolare che le sfugge è il suo
travestimento in panni maschili.
Nel racconto dell’episodio iniziale della seduzione ella mette più volte in rilevo la qualità passiva della
propria parte, come il suo fare consista in un lasciar fare, ad esempio ella accetta la violenza del fratello
maggiore.
Miracolosamente Moll riesce a trasformare una debolezza in un punto di forza, riutilizzando la propria
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passività come attività, usandola come strumento per la conquista di una posizione migliore.
C’è sempre qualcosa di incredibile, di miracoloso e inaspettato nei casi di Moll, coincidenze, riconoscimenti,
incontri danno sembrare il romanzo come una serie di episodi staccati.
Il modo di raccontare di Moll può apparire discontinuo, incoerente, cosa normale dato che ella vive gli
avvenimenti singolarmente ed episodicamente, tuttavia il suo creatore le attribuisce la capacità di fare
sempre la scelta giusta. Da raccolta di episodi isolati e indipendenti, il racconto si trasforma in un romanzo
con un disegno riconoscibile e un intreccio che punta verso una conclusione.
La prima fondamentale contraddizione del narratore è l’apparente continuità dell’io attraverso una serie di
avvenimenti slegati sui quali la coscienza non può che imporre l’ordine della meravigliosa provvidenza. I
gesti, le scelte sono stati compiuti prima, si direbbe quasi solo dal corpo come da un meccanismo
comandato, Moll è compresa nella contraddizione tra essere e dover essere. Che le riflessioni morali del
singolo episodio non si risolvano in giudizio su tutta l’esperienza? Del resto la cultura borghese e
tecnologica non produrrà mai una nuova morale, un'altra visione del mondo, ma userà sempre quella
vecchia cristiana.
Il mondo che abbiamo perso ci ha lasciato in eredità i vecchi valori, amore, fedeltà, impegno, che
continuano a prestare servizio sotto nuove spoglie.
Come conciliare la disposizione puritana a interpretare il senso dell’io come unità autosufficiente, centro
d’azione e d’intervento sul mondo, principio inesauribile di modificazioni, con la disposizione ad esporsi al
mondo concepito come una serie di casi imprevedibili e provvidenziali da accettare con umiltà e spirito
costruttivo? Il contrasto è già presente nell’epica borghese di Milton che si apre con la premessa di una
spiegazione e si chiude con un atto di abbandono, l’uscita per un cammino solitario.
Essere sopraffatti dagli avvenimenti, agire senza conoscere i motivi che ci spingono è condizione abituale di
tutti i personaggi di Defoe, che pure, per altri versi, appaiono modelli di autodecisione consapevole, sono
infatti capaci di realizzare quel mutamento massimo che è il passaggio alla classe superiore.
Moll non riesce facilmente a lasciarsi andare a confessioni di importanza quanto Roxana, sebbene qualche
volta anche lei lo faccia. La tranquillità con cui si capacita del ritrovamento della madre o del matrimonio
del fratello è già un’implicita ammissione di impotenza.
Dopo la nascita nel carcere di Londra, dopo la parentesi con gli zingari, Moll rimane a Colchester e qui
consuma le prime esperienze: scuola, lavoro, amore, matrimonio. Da qui intraprende una specie di
itinerario all’indietro che la porta a sperimentare, via via liberandosene, tutto l’apparato istituzionale in cui
per tradizione si svolge la vita privata, per ritrovarsi alla fine sola con se stessa.
Moll si trova gradualmente ricondotta a se stessa, alle origini della propria vita, la prima vera fase della sua
esperienza culmina con il ritrovamento della madre in Virginia; la madre è il primo e il più importante
doppio di Moll: le vicende del passato che ella narra, Londra, le cattive compagnie, Newgate, la
deportazione, la rinascita economica e morale, sono una prefigurazione di quello che lei vivrà.
Moll sa che la cura materna di un bambino è una relazione umana che può essere trasferita dall’individuo
alla società. Questa consapevolezza colora il rapporto che Moll stabilisce col figlio ritrovato. Nel mondo di
Moll l’incesto non è un tabù e non crea ostacolo all’accumulazione della proprietà.
Quello che Moll ha imparato al termine del primo piaggio è a non riconoscere altri legami con se stessa, è
come se tutto un mondo di esperienze e di affetti privati fosse stato ricondotto alla sua prima radice,
rivelato oltre lo schermo imposto dal costume e dalle istituzioni. La famiglia può fare solo da riparo alla
consumazione individuale della vita.
Anche per un altro verso il primo soggiorno nel nuovo mondo è decisivo: nelle parole della madre Moll ha,
per la prima e ultima volta, la rivelazione esplicita della vera natura della società organizzata; questo è un
commento indiretto alla gerarchia sociale fondata sul merito. Il nuovo mondo, copia fresca e ancora
incompleta del vecchio, diventa spia della vera natura delle istituzioni civili.
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consapevolezza acuta della struttura di tutto il contesto sociale: subito la città le si rivela come una
formazione storica stratificata, un microcosmo di tutta la società, in cui sono presenti gruppi di persone
diverse e separate, mondi divisi, con regole proprie: nei diversi settori si ruba con le tecniche e i
travestimenti appropriati. La ladra attraversa tutte le categorie e gli ambienti.
Nella seconda parte del romanzo la scena non è più posta negli interi riparati delle case, ma nella strada ce
diventa il posto di lavoro, l’officina: è giusto che la realtà dei rapporti sociali venga esplorata nel luogo in
cui essi si producono e si determinano. La città è presente con l’elemento che meglio la caratterizza: la
grande folla, la massa anonima che riassume l’apparenza dell’elemento caotico: la città come giungla,
trappola, ma anche riserva inesauribile di ricchezza, è un’immagine letteraria che ha trovato in Defoe uno
dei suoi primi e più geniali interpreti.
In questo ambiente che si presenta come la negazione dell’uomo e di tutto ciò che è umano Moll strige una
relazione duratura e autentica con la vecchia nurse. Se la città distrugge il vecchio ordine, quello nuovo
annulla i legami ereditari e rende possibili forme di collaborazione diverse, solidarietà nuove nate da una
comune difesa, laddove quelle vecchie avevano la forza di presentarsi come vincoli naturali, di sangue.
Quando Moll raggiunge la condizione di liberta consentita dalla rottura di tutti i legami familiari ed è
esposta sena protezione su tutti i lati, si riforma un’unità minima di solidarietà economica ed affettiva tra i
due mondi: il nuovo legame nasce nella sfera del pubblico, è scelto, non imposto. Moll trova un punto
proprio di collocamento nella società che fino ad allora l’aveva respinta ai margini. La conversione sarà solo
un piccolo cambiamento di segno che stabilirà senza incertezze la posizione di Moll dall’altra parte del
confine. Attraverso la conversione avviene la socializzazione della ricchezza acquisita, la sua immissione nel
processo generale della circolazione e della produzione dei beni.
Moll vive della folla cittadina, come il viaggiatore nella giungla trova il terreno disseminato di trappole. La
parola stessa è trabocchetto, un punto di ambiguità linguistica.
Dal momento in cui le parole della madre le hanno aperto gli occhi sulla doppia faccia delle istituzioni civili,
ella sembra muoversi a proprio agio in un universo sociale la cui cellula originaria è duplice, divisa
all’interno di se stessa; in quel gioco delle parti che è l’episodio dell’arresto per sbaglio, quando ella è
scambiata per l’autrice del furto che aveva intenzione di commettere, nessun ruolo è fissato: la vera ladra
riesce a fuggire, il merciaio derubati è trascinato davanti al giudice. La sola certa e unica fine è che ognuno è
riuscito a scaricare una parte della responsabilità su chi lo segue nella gerarchia del censo, e i più
danneggiati sono il journey man e Moll.
La probabilità che il furto le serva di lezione, il valore della collana, l’importanza dei soldi rubati, la visione
dell’ipocrisia della compostezza borghese che l’incontro col gentleman della fiera le offre, sono tutti motivi
che non possono non entrare contraddittoriamente in una visione del mondo che rimane individuale. Moll
ladra impara ad usare e a sviluppare attraverso un’attività illecita, quelle doti di destrezza, di coraggio, di
autocontrollo, che renderanno possibile la trasformazione in un onesta cittadina del nuovo mondo.
In nessun altro luogo se non nella città, sede per eccellenza di esperienze frammentarie, Moll avrebbe
potuto acquistare questa conoscenza. La città da sfondo paesaggistico diventa protagonista, elemento che
plasma l’individuale.
Moll Flanders, il cui sistema di vita si fonda sulla trovata della disguise, finirebbe col perdere lei stessa il
senso della propria identità se non utilizzasse anche i questo proprio quel mestiere che le ha imposto la
disguise. Nel miscuglio di finzione e verità in cui ella si muove sapientemente sfruttando con cinismo anche
le occasioni sfavorevoli, la qualità più essenziale è il controllo di se, anche delle minime reazioni; per questo
è essenziale che ci siano dei momenti in cui ella si veda specchiata in altri. Come sempre ella si salva perché
nessuno la conosce per nome. Ella è orgogliosa della propria bravura, della fantasia e dell’inventiva con cui
sa essere artista e sa che queste doti la distinguono dai ladri volgari.
L’arresto vero arriva inaspettato nel momento in cui l’esercizio di questa destrezza sembra aver raggiunto
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un livello più alto e professionale, si presenta come un incidente necessario per affrettare la conclusione.
Anche a Newgate ella riuscirà a conservare energie, risorse fisiche e spirituali che le salveranno. La sua
intelligenza del reale le consente di individuare i confini entro i quali sa di poter esercitare il controllo su
una realtà insicura.
Moll sa che non può far sentire al giudice la propria voce, non può fare commenti sulla sentenza.
Moll appartiene alla classe che sta sorgendo, ma vuole inserirsi in un ordine sociale già esistente, che si
presenta come somma perfezione e civiltà dello spirito. Per molto tempo ancora il potere politico in
Inghilterra sarà nelle mani dell’aristocrazia. Per la nuova classe la ricchezza è un simbolo oltre che un bene
reale, qualcosa che significa e che rimanda ad altro, non qualcosa da godere immediatamente. Di qui la
rinuncia ad elaborare un codice di comportamento che non nasca come volgarizzazione e riduzione di
quello aristocratico.
Moll giunta quasi alla conclusione del racconto, sul punto di narrare l’evento cruciale della conversazione,
fa un affermazione sconcertante per il lettore che l’ha seguita fin li ‘’non sono padrona delle parole’’. Ella
sembra che sia diventata incapace di esprimersi.