Defoe riesce a cogliere nel suo romanzo, come motivo universale, il problema dell'uomo solo,
davanti alla natura e a Dio, nobilitandolo con la ragione che può, secondo i ricordi cristiani o biblici
della creazione, dargli il dominio sulle cose. Defoe spiega in questo libro anche la mentalità inglese
del tempo, quella secondo la quale l'uomo bianco è la figura civilizzata e l'uomo di colore è il
selvaggio. Oltretutto spiega anche il fatto che, all'epoca, l'Inghilterra tendeva a rendere simili a
quello inglese tutti i popoli, "civilizzandoli" con la propria lingua e religione. Ad esempio Robinson
Crusoe decide di costruirsi un tavolo, perché: "senza un tavolo non potevo mettermi né a
mangiare, né a scrivere, né fare varie altre cose con molto piacere: perciò mi misi al lavoro. E qui
devo osservare che poiché la ragione è la sostanza e l'origine della matematica, così squadrando e
calcolando ogni cosa con la ragione e giudicandone nel modo più razionale, ogni uomo può, col
tempo, diventare padrone di ogni arte meccanica". Sulla falsariga di Prospero, le osservazioni di
Crusoe lo portano ad aprire il libro della natura al quale Galileo Galilei prima e i sensisti dopo
attingeranno per scoprire le leggi che reggono l'universo e che quindi lo controllano. Ma
nell'affrontare la natura, che non sempre gli è favorevole, Robinson comincia a porsi i grossi
problemi dell'anima, dell'essere e del non essere, della vanità del mondo e del valore della
meditazione e della solitudine, della salvezza e della provvidenza. È un percorso parallelo a quello
della sopravvivenza fisica, che cambierà radicalmente Robinson.
Il contesto sociale
A questi concetti fa da sfondo il carattere dell'illuminismo inglese e soprattutto il carattere
dell'epoca in cui visse l'autore, legata all'ascesa della borghesia mercantile puritana emergente,
grazie all'espansione della colonizzazione e dei traffici marittimi. I valori borghesi sono esaltati in
questo romanzo: laboriosità, spirito di iniziativa e di sacrificio, intelligenza, intraprendenza. La
fiducia serena nella ragione inserisce l'opera nell'ambito dell'Illuminismo. Il lavoro è il mezzo con
cui l'uomo diventa proprietario legittimo delle cose che crea o che cura. Per quanto concerne poi
l'ambito religioso, si può riconoscere una religiosità legata al puritanesimo nel fatto che per
Robinson esiste un limite all'accumulo dei beni segnato dal loro valore nell'uso, dalla funzione che
svolgono per soddisfare necessità e moderati piaceri, limite rispettato anche attraverso lo scambio
(che Robinson rimpiange di non poter effettuare) con i beni prodotti da altri, dato che il lavoro è
un'attività prevalentemente sociale. La fede sostanzialmente ottimistica nella provvidenza ha
origine nell'educazione puritana di Defoe il quale si trova in una situazione che esalta il suo
individualismo: egli può contare solo sulle proprie forze, sulla propria intelligenza, sul proprio
coraggio. Defoe rispecchia quindi la mentalità individualistica che è alla base della società borghese
e capitalistica che in Inghilterra sta muovendo i primi passi. Quanto al rapporto uomo-natura,
Robinson lotta per piegare la natura alle sue esigenze, e trova la propria dignità nel dominio di un
ambiente selvaggio ed ostile, mai prima toccato dall'uomo occidentale.
Pur senza negare questi lati negativi del personaggio Crusoe, fortemente criticato da James Joyce
che lo lesse come manifesto dell'utilitarismo, è comunque necessario ricordare che (come accade
nelle pseudo-autobiografie) chi dice "io" (Robinson) non è l'autore. L'autore è Defoe, e le sue
simpatie vanno a Venerdì per la sua bontà ma anche intelligenza. Egli, archetipo del buon selvaggio
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fu preso a modello dallo stesso Jean-Jacques Rousseau a cui ispirò in parte le teorie pedagogiche
dell'Emile. Nelle intenzioni dell'autore il personaggio di Venerdì appare in una luce molto positiva,
soprattutto quando è confrontato a Robinson: Robinson entusiasma per le sue avventure e, se il
suo carattere ci appare piatto e un po' calcolatore, è perché manca della spontaneità e delle
emozioni di Venerdì. Che dire della meraviglia di Robinson per le astuzie di Venerdì, che incanta un
orso scagliatosi per aggredirli, facendolo ballare solo per colpirlo al momento giusto? Robinson non
presupponeva tanta astuzia da un "selvaggio", ma Defoe sì.
Il successo
Il libro totalmente inventato ottenne immediatamente un grande successo e divenne il primo best
seller in edizione a basso costoTra aprile e agosto uscirono quattro edizioni e, poco dopo, l'autore
scrisse due seguiti con The Further Adventures of Robinson Crusoe (Ulteriori avventure di
Robinson Crusoe) e Serious Reflections (Riflessioni serie, 1720), accolti con entusiasmo anche
maggiore sebbene giudicati di minor pregio artistico.
Jean-Jacques Rousseau ne fa un caposaldo nel suo ideale di educazione tracciato nell'Émile: «Dal
momento che abbiamo assolutamente bisogno di libri, uno ne esiste che costituisce, a parer mio, il
più felice trattato di educazione naturale. Questo libro sarà il primo che il mio Emilio leggerà; per
lungo tempo formerà da solo tutta la sua biblioteca e sempre vi occuperà un posto di rilievo […]
Qual è dunque questo meraviglioso libro? È Aristotele? È Plinio? È Pitagora? No: è Robinson
Crusoe»[4]; e ancora «Questo romanzo, sbarazzato di ogni parte superflua, racchiuso tra il
naufragio di Robinson presso la sua isola e l'arrivo del vascello liberatore, sarà per Emilio materia
d'istruzione e insieme di svago per tutta l'epoca di cui ci stiamo occupando […] Voglio che impari
nei minuti particolari, e non dai libri ma dalle cose stesse, ciò che bisogna fare in simili circostanze.
Pensi di essere egli stesso Robinson e si veda vestito di pelli, con un gran berretto in testa, uno
sciabolone al fianco e tutto il grottesco equipaggiamento del protagonista, a parte il parasole, di cui
non avrà bisogno»[5].
William Wordsworth e Samuel Taylor Coleridge, iniziatori del movimento romantico inglese lo
commentarono con entusiasmo. Karl Marx profondamente critico delle divisioni di classe e delle
ineguaglianze generate dall'accumulazione del capitale, lo esaminò in chiave sociologica e la sua
lettura influenzò la stesura di Das Kapital (Il Capitale).
Il libro, che può essere considerato un capostipite del moderno romanzo d'avventura, oltre alla
geniale struttura narrativa e alle interessanti tematiche sottintese, deve il suo successo anche al
grande entusiasmo che tutto l'occidente aveva all'epoca per immagini e racconti di ambientazione
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esotica. Non a caso negli anni successivi fu seguito da numerose storie di naufraghi, tanto che già
nell'Ottocento si potevano annoverare tra gli scritti, oltre duecento "Robinson".
Secondo Walter Allen, uno dei maggiori critici inglesi e Mario Praz con lui, per quanto il pubblico e
la critica abbiano fatto giustizia alla grandezza dell'opera, "si nota frequentemente tra coloro che lo
hanno criticato un certo sarcasmo; in essi le lodi sono sempre velate da riserve: in ciò si può
soltanto constatare la presenza di quell'antico disprezzo di classe espresso da Swift quando questi
lo chiamò "quel tipo messo alla gogna, mi dimentico come si chiama" (The English Novel). Un
genere di parvenu, arrivato al successo dalla completa oscurità, un fallito commerciante di stoffe
venuto alla ribalta col giornalismo d'assalto, avverso, come molti whig alla religione anglicana di
stato e ribelle alla corona. Ma è incontestabile che senza lo sviluppo di quelle tecniche
giornalistiche che Defoe apprese dalla vita di strada il moderno romanzo inglese avrebbe
difficilmente visto la luce.
Per Robert Louis Stevenson, che se ne occupò nell'ambito delle sue indagini sul romanzo,
«"Robinson Crusoe" è tanto realistico quanto romantico; entrambe le qualità sono spinte
all'estremo e nessuna delle due ne soffre».
Edgar Allan Poe ne ha invece lodato lo stile realistico sottolineando inoltre come lo stato di perfetto
isolamento del protagonista sia un argomento intrinsecamente interessante.