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Benito Pérez Galdós e Luís Buñuel

Tristana: tra realismo e surrealismo

Benito Pérez Galdós è stato uno scrittore che per tutto il corso della sua vita
artistica ha osservato e analizzato la realtà storica, sociale e psicologica della
Spagna contemporanea portando il frutto delle sue osservazioni nelle sue opere.
Agli inizi del xix secolo la produzione romanzesca spagnola non era delle
migliori; ciò che manca ai romanzi di questo periodo è quel tratto caratteristico
che costituisce l’opera di Galdós e che riporta in vetta la narrativa spagnola, il
realismo. Egli accusava i suoi contemporanei di non essere capaci di descrivere la
vita del loro tempo poiché, invece di trattare idee e temi ricavabili dalla classe
media, dalla società in cui vivevano, si accontentavano di riproporre argomenti e
generi già ampiamente analizzati come le autobiografie, le imitazioni
chisciottesche e i tentativi di risuscitare il romanzo picaresco. Il mondo
galdosiano abbraccia l’intera società sotto tutti gli aspetti: storico, religioso,
sociale, economico, morale, della vita nella Spagna del xix secolo.
Molte furono le influenze letterarie che lo ispirarono: i classici spagnoli, il
naturalismo, il costumbrismo, gli autori stranieri come Zola, Flaubert; tutto ciò
che leggeva gli serviva per la sua formazione artistica.1
Episodios nacionales è una raccolta di romanzi storici che raccontano la storia
della Spagna dalla Guerra di Indipendenza spagnola alla Restaurazione
Borbonica, scritti tra il 1872 e il 1912.
In Novelas españolas contemporáneas Galdós propone due cicli di romanzi
pubblicati tra il 1881 e il 1905:
-il ciclo della materia, la cui prima opera è La desheredada (1881), con la quale
inaugura un nuovo modo di romanzare, amplia il realismo attraverso la ricerca di
elementi fondamentali come il monologo interiore e il subconscio dei personaggi;
-il ciclo spiritualista, a partire dal 1890 e al quale appartiene Tristana che è qui
oggetto d’analisi. Questi romanzi raccontano la vita e la società madrileña della
seconda metà del XIX secolo. Una particolare caratteristica dei romanzi in
questione è la frequente riapparizione di determinati personaggi in vari racconti. 2
Lo scrittore ha voluto dare al lettore l’impressione che, nello sfogliare le pagine di
un suo romanzo, egli penetri non in una realtà fittizia ma in un mondo narrativo
più ampio. In Tristana non viene applicata questa strategia, ad eccezione del
dottore Augusto Miquis, il quale è un personaggio secondario de La desheredada,
appare in Torquemada y San Pedro, in Lo prohibido e ne El doctor Centeno.

1
Benito Pérez Galdós, Tristana, Madrid, Cátedra, 2014, pp. 14
2
Ibid., p. 17.
“Tristana” fu pubblicato nel 1892, inizialmente non fu considerato uno dei
migliori romanzi di Galdós e per questo messo nel dimenticatoio. Una delle varie
cause del poco interesse per l’opera, potrebbe essere stato il debutto della sua
prima opera teatrale Realidad, romanzo che fa parte delle Novelas españolas
contemporáneas. La pubblicazione di Tristana diede luogo ad opinioni contrarie
sostenute da due personaggi importanti come Emilia Pardo Bazán e Leopoldo
Alas “Clarín”. La prima sostiene che la questione dell’emancipazione di Tristana
presente nei primi capitoli, con l’apparizione di Horacio, sfumi fino a sparire del
tutto nel corso del romanzo sostituita dalla semplice trama amorosa, critica
l’autore di non aver supportato la causa femminista ma di averla interrotta
inserendo nella storia l’amputazione della gamba di Tristana. Nel romanzo
galdosiano Emilia Pardo Bazán si è interessata maggiormente alla questione del
femminismo, si è sempre prodigata per i diritti delle donne, ha sempre lottato per
ottenere la parità educativa tra uomini e donne. Nonostante le critiche della
contessa, l’intento di Galdós in realtà, era quello di proporre un’analisi degli
aspetti negativi che affliggono la società della sua epoca e soprattutto per quel che
riguarda la situazione della donna e l’educazione che riceve, introducendo proprio
il tema dell’emancipazione femminile, tema presente in altre opere che sono
intitolate con nomi o soprannomi femminili. In contrapposizione alla visione della
contessa Pardo Bazán, Leopoldo Alas vide nel romanzo galdosiano, la
rappresentazione di un’anima tormentata, nobile e bella ma debole e considerava
il finale degno di lode e che più si avvicina alla realtà. Tristana è l’eroina
femminile e il suo sviluppo personale occupa un posto centrale; i protagonisti
maschili, Don Lope e Horacio, contribuiscono a questo sviluppo. Gli altri
personaggi non hanno molto rilievo, servono per situare socialmente e
familiarmente i protagonisti.
I personaggi di Galdós

Tristana
All’inizio è fragile e sottomessa, viene descritta come una dama giapponese, come
una bambola, è proprietà di don Lope.

... era joven, bonitilla, esbelta, de una blancura casi inverosímil de puro alabastrina
[...] y cuando se acicalaba y se ponía su bata morada con rosetones blancos, el moño
arribita, trapasado con horquillas de dorada cabeza, resultaba una fiel imagen de
dama japonesa de alto capete. [...] y Tristana, en opinión del vulgo circunvecino, no
era hija, ni sobrina, ni esposa ni nada del gran don Lope; no era nada y lo era todo,
pues le pertenecía como una petaca, un mueble o una prenda de ropa, sin que nadie
se la pudiera disputar; ¡ay ella parecía tan resignada a ser petaca, y siempre
petaca...!3

Tristana subisce diverse mutazioni nel corso dell’opera narrativa.

La prima metamorfosi si ha quando don Lope la trasforma da figlioccia in amante,


plagiandola con le sue idee, quindi la possiede sia carnalmente che
psicologicamente.

La seconda metamorfosi avviene dopo circa otto mesi di sottomissione e passività,


si sveglia qualcosa in lei che la fa ribellare e le fa desiderare di essere libera e
indipendente.

La terza metamorfosi la causa il suo amore per Horacio che fa nascere in lei un
conflitto interiore tra amore e libertà: dedicarsi al suo amato, sognare una vita con
lui, senza però rinunciare alla sua libertà.

Quarta metamorfosi: Horacio è un pittore e quindi, sia per ammirazione sia per
stargli vicino, Tristana decide di diventare pittrice, ciò rappresenta una
consolazione per lei visto che la società raccontatale da Saturna riduce a tre i tipi
di libertà concessi alla donna: matrimonio, arte e prostituzione.

Quinta metamorfosi: Tristana senza rendersene conto realizza un altro suo


desiderio, quello di diventare scrittrice, dote che emerge nelle lettere che scrive ad
Horacio. Ogni giorno sempre di più però, accade che Tristana si allontana dal vero
Horacio, inizia a idealizzarlo e a immaginarselo a suo piacimento. Tutto ciò
porterà ad una delusione che proverà quando lo incontrerà di nuovo dopo la sua
operazione.

La protagonista pensa di avere la competenza di poter svolgere qualsiasi ruolo e


non sbaglia. Tristana persegue il suo obiettivo: liberarsi dalla sua schiavitù
attraverso attività che reputa alla sua portata.

3
Ibid., pp. 122-123.
Sesta metamorfosi: dopo l’amputazione resta sprovvista di tutte le sue idee, ed è
qui che si mette in dubbio se l’avvicinamento alla chiesa sia dovuto alla fede o
alla volontà di passare delle ore lontana da una casa che non le dà conforto.
Qui la protagonista sperimenta una nuova passione, la musica, dopo aver
abbandonato la pittura. Ma l’idea non è stata sua, bensì di don Lope.

Settima metamorfosi: accettazione di ciò che ha sempre rifiutato (don Lope) come
negazione della libertà, condizione quest’ultima che ha sempre desiderato e che
l’aveva incoraggiata per tanto tempo. Non è rassegnata ma è indifferente e
apatica. Tristana alla fine si sposa con don Lope e si adatta alla vita domestica e
alla monotonia. Scopre l’interesse per la cucina e si diletta a preparare dolci che il
suo ormai marito, don Lope, mangia con gusto. L’interesse alla pasticceria ha una
connotazione ironica: don Lope ormai vecchio e incapace di godere dei doveri
coniugali, gode delle delizie culinarie preparate da sua moglie.

Don Lope
È caratterizzato da due personalità contraddittorie e complementari: da un lato, un
dongiovanni, un seduttore, che ha la passione per le donne, ostenta conquiste ma
ha anche il timore di perdere il fascino che da sempre lo contraddistingue e lo
rende un uomo fiero e sicuro di sé. Tuttavia il narratore lo descrive caduco e
vecchiotto, ridicolizzandolo nella sua versione donjuanesca.

Dall’altro lato, nonostante abbia tratti che lo avvicinano alla figura del don Juan,
don Lope manca del satanismo di questo personaggio anzi possiede tratti che lo
avvicinano a don Quijote, come l’altruismo, la bontà, la voglia di salvare le
apparenze e di difendere l’onore, è leale e fedele amico, caratteristiche che lo
porteranno a una difficile condizione economica.

La caballerosidad de don Lope, como fenómeno externo, bien a la vista estaba de


todo el mundo: jamás tomó nada que no fuera suyo, y en cuestiones de intereses
llevaba su delicadeza a extremos quijotescos.
Un amigo de la infancia, a quien amaba entrañablemente, de nombre don Antonio
Reluz, compinche de caballerías más o menos correctas, puso a prueba el furor
altruista, que no otra cosa era, del buen don Lope. [...] Pero Garrido no se hizo
esperar, y al punto salió con el supremo recurso de la camisa. – Por salvar tu honra
soy yo capaz de darla ... En fin, ya sabes que es obligación, no favor, pues somos
amigos de veras, y lo que yo hago por ti, lo harás tú por mí. [...] pero también dejaba
ver en ocasiones arideces horribles de astro apagado y muerto. Era que al sentido
moral del buen caballero le faltaba una pieza importante, cual órgano que ha sufrido
una mutilación y sólo funciona con limitaciones o paradas deplorables. Era que don
Lope, por añejo dogma de su caballeria sedentaria, no admitía crimen ni falta ni
responsabilidad en cuestiones de faldas. Fuera del caso de cortejar a la dama, esposa
o manceba de un amigo íntimo, en amor todo lo tenía por lícito.4

Horacio

4
Ibid., pp. 124-125, 127-128, 133.
In passato a causa della tirannia del nonno è stato vittima di vessazioni simili a
quelle subite da Tristana: negazione della libertà, impossibilità di vivere e
decidere della propria vita e del proprio futuro.

Al perder sus padres fue recogido por su abuelo paterno, bajo cuyo poder tiránico
padeció y gimió los años que median entre la adolescencia y la edad viril.
¡Juventud!, casi no sabía él lo que esto significaba. [...] no ha existido fiera que a su
abuelo pudiese compararse, ni cárcel más horrenda que aquella pestífera y sucia
droguería en que encerrado le tuvo como unos quince años, contrariando con
torquedad indocta su innata afición a la pintura, poniéndole los grillos odiosos del
cálculo aritmético [...] a todo trance anhelaba despertar en su nietecillo la aficón al
comercio, pues todo aquello de la pintura y el arte y los pinceles, no eran más, a su
juicio, que una manera muy tonta de morirse de hambre.5

Questi tre personaggi si evolvono nel corso del romanzo.


Don Lope, all’inizio del romanzo, occupa un posto privilegiato: è il padrone, il
signore di una cosa chiamata Tristana. In materia di religione è scettico e non si
piega alle convenzioni sociali. Alla fine la situazione si capovolge, il forte diventa
debole, il tiranno cede alla volontà della sua vittima. La società lo obbliga a
cedere: il nemico del matrimonio alla fine si sposa e lo scettico frequenta la
Chiesa e loda Dio.

Y el tiempo que la señora pasaba en la iglesia rezando, él, un tanto desilusionado ya


de su afición religiosa, empleábalo en cuidar las seis gallinas y el arrogante gallo que
en el patinillo tenía. ¡Qué deliciosos instantes! ¡Qué grata emoción... ver si ponían
huevo, si este era grande, y, por fin, preparar la echadura para sacar pollitos, que al
fin salieron, ¡ay!, graciosos, atrevidos y con ánimos para vivir mucho! D. Lope no
cabía en sí de contento, y Tristana participaba de su alborozo. Por aquellos días,
entrole a la cojita una nueva afición: el arte culinario en su rama importante de
repostería. Una maestra muy hábil enseñole dos o tres tipos de pasteles, y los hacía
tan bien, tan bien, que D. Lope, después de catarlos, se chupaba los dedos, y no
cesaba de alabar a Dios.6

Tristana passa da una condizione di passività al desiderio di indipendenza dove


cerca in tutti i modi di raggiungere la sua tanto desiderata libertà, per poi ritornare
in una condizione di rassegnazione finale, diversa da quella iniziale ma
apparentemente e indifferentemente tranquilla.

Horacio appare solo nel mezzo del romanzo. Il suo cambiamento si realizza
durante il viaggio a Villajoyosa: abbandona l’arte e la pittura, nasce in lui
l’interesse per la vita naturale. Quando torna dal suo viaggio fa visita alla giovane,
ma poi pian piano, anche a seguito del disinteresse di Tristana per la pittura, si
allontana da lei. Dopo un po’ di tempo don Lope dà a Tristana la notizia che
Horacio si sposa.

5
Ibid., pp. 155-156.
6
Ibid., p. 272.
Lo más triste de todo cuanto allí ocurría era que Horacio dejó de ser asiduo en sus
visitas. La retirada fue tan lenta y gradual que apenas se notaba. Empezó por faltar
un día, excusándose con ocupaciones imprescindibles; a la siguiente semana hizo
novillos dos veces; luego tres, cinco... y por fin, ya no se contaron los días que
faltaba, sino los que iba.
Una mañana de Noviembre entró D. Lope con cara grave en el cuarto de la joven, y
sin expresar alegría ni pena, como quien dice la cosa más natural del mundo, le soltó
la noticia con este frío laconismo: «¿No sabes?... Nuestro D. Horacio se casa».7

Ci sono personaggi secondari, rappresentati dalle cugine di don Lope, che avranno
un ruolo importante per la conclusione del romanzo, saranno coloro che faranno
cedere don Lope al matrimonio. Poi c’è Saturna, la confidente di Tristana, tra le
due si crea un rapporto di complicità. Saturna con i suoi racconti di vita e del
mondo là fuori, tira su il morale della ragazza triste e malinconica, ed è proprio
sulla base di tali racconti che Tristana tesse le sue fantasie.

Dal romanzo al film


Le principali differenze

Luis Buñuel è considerato uno dei maggiori registi del XX secolo ed uno dei più
celebri esponenti del movimento surrealista. Il surrealismo degli anni 20 sviluppò
una creatività intellettuale piena di immagini visive che abbattevano quelle
tradizionali; questa forza visiva provocava ansia nello spettatore, sovvertendo la
realtà.
Nel 1970 fu Luís Buñuel a portare Tristana sullo schermo, versione che dista
molto dal romanzo. Egli stesso disse che si trattava solo di un’ispirazione. Infatti
nel film ci sono modificazioni di diverso tipo: personaggi, caratteristiche
temporali e spaziali.
Come nasce l’idea di questo film? L’interesse di Buñuel per Galdós inizia a
manifestarsi poco prima della guerra civile, quando gli viene proposto di
realizzare film commerciali, quindi si ritrova ad adattare per il cinema alcune
opere proprio di Galdós. In seguito a questo e, dopo aver vissuto una gioventù
antigaldosiana, sia lui che molti altri compagni della sua generazione, rileggendo
l’autore spagnolo, dovettero ricredersi, diventando ferventi difensori delle sue
opere. Buñuel si avvicinò al realismo per una questione di estetica, ma non smise
mai di essere surrealista poiché il surrealismo rappresentava qualcosa che andava
oltre l’estetica, era un movimento poetico, rivoluzionario e morale.
Il primo tentativo di portare Tristana sullo schermo fu in Messico nel 1952, ma a
causa di diversi motivi, i quali aumentarono con il passare del tempo, il progetto

7
Ibid., pp. 264,267.
fu impossibile, fino a quando dopo quasi 20 anni, nel 1970, grazie alla
perseveranza del cineasta, Tristana divenne un film.
Il regista mette in evidenza 4 aspetti del film:
il personaggio di don Lope (per Buñuel più importante di Tristana);
il triangolo amoroso tra il vecchio, la ragazza e il giovane;
l’amputazione della gamba di Tristana;
la descrizione della Spagna contemporanea.
Questi quattro aspetti mostrano le principali differenze tra romanzo e film.

Il personaggio di don Lope

L’interesse per questo personaggio è strettamente personale, poiché Buñuel


sentiva una forte identificazione con lui. Lo definisce il suo alter ego, in quanto
liberale e anticlericale.8
Introduce due modifiche nel personaggio galdosiano: gli concede un
protagonismo di prim’ordine, al contrario del romanzo dove don Lope era
all’ombra di Tristana. In secondo luogo, ne riformula il discorso ideologico in
termini surrealisti, eliminando l’ambivalenza del don Lope galdosiano, a volte
umano e comprensivo (alla don chiscotte) e a volte cinico e crudele ( alla don
Juan). Per Buñuel esisteva solo quest’ultimo registro rivendicandone una morale
alternativa alla tradizionale, una morale surrealista.

Il triangolo amoroso
La Tristana di Galdós presenta una delle principali ossessioni di Buñuel, cioè la
triplice relazione che mette a confronto le due generazioni successive. Entrambi
realizzeranno narrazioni significativamente diverse. Il primo in termini di morale
cristiana e amore romantico e il secondo in senso liberale e rivendicando l’amore
folle. Ancora una volta la lettura buñueliana era implicita in Galdós. Era il
romanziere che ci parlava di un amore esaltato e dell’abuso di un vecchio su una
ragazza, per poi partire da lì per criticare le passioni dei suoi personaggi. Anche
Buñuel lancerà una critica, però contro la morale sociale che ipocritamente
reprime queste passioni non preoccupandosi della frustrazione e perversione che
ciò infligge alle sue vittime.

L’amputazione di Tristana

L’amputazione della gamba della protagonista porta a conseguenze totalmente


diverse.
L’amputazione rappresenta per Buñuel un simbolo di castrazione come
frustrazione del desiderio. In questo caso l’amputazione rappresenta la perdita
della bontà e dell’innocenza di Tristana che Buñuel rappresenterà in tutte le sue
miserie e perversioni. Nel romanzo invece ciò rappresenta la rassegnazione di
Tristana alla sua triste sorte, uno scambio dalla vocazione artistica a quella

8
Feliciana Mª J. Palacios Martínez, Tristana. Galdós y Buñuel, del feminismo a la violencia. Pag. 394
religiosa, esprime una postura più conformista, più docile nei confronti della
morale.

La descrizione della Spagna contemporanea

Un altro aspetto in comune ma diverso riguarda la società spagnola


contemporanea. Il regista trasferisce l’azione da Madrid a Toledo e dalla fine del
xix secolo agli anni ‘30 del xx secolo. Come egli stesso affermò, tendeva ad
ubicare i suoi racconti in epoche e luoghi che aveva conosciuto. Toledo aveva un
significato molto importante per lui.
Il periodo della seconda Repubblica gli faceva ricordare le sue spedizioni a
Toledo e gli ricordava la Spagna non franchista. Ma questo cambiamento spazio
temporale non impedisce che sia nel romanzo che nel film si presenti un tipo di
società molto simile. In pratica, entrambi rifiutano le rispettive società
denunciandone abusi e ingiustizie. Le linee ideologiche del romanzo e del film
continuano ad essere divergenti, ma entrambe stanno dalla stessa parte e cioè a
favore dei protagonisti e contro l’ambiente che li circonda. Probabilmente questa è
l’affinità fondamentale tra Galdós e Buñuel, entrambi propongono un’alternativa
ed entrambi utilizzano l’estetica realista per descrivere le ingiustizie di questa
realtà imposta.

Le modifiche, per quanto riguarda l’argomento, sono numerose anche se due sono
quelle che vengono messe in evidenza.
La prima consiste nell’eliminazione dei capitoli dove si racconta della convivenza
di Tristana con don Lope, della morte dei genitori di Tristana, dell’aiuto
soprattutto economico da parte dell’amico di famiglia che si occupa della vedova
del defunto amico, delle manie della moglie di quest’ultimo.
Con l’eliminazione di questi capitoli, Buñuel elimina le giustificazioni galdosiane
basate su quell’ambivalenza morale che avvicina don Lope a volte al chisciotte e a
volte al don Juan, conservandone solo la sfaccettatura donjuanesca, come quando
difende un ladro indicando la strada sbagliata alla polizia che lo sta inseguendo o
quando disprezza con arroganza il denaro.
Sia in senso morale che politico, quindi, il film sovverte la postura del romanzo.
Inoltre nel film vengono eliminati anche i dialoghi con Horacio, il suo viaggio a
Villajoyosa e le lettere tra i due amanti, eliminando quindi anche tutto il discorso
femminista e romantico di Galdós.
Il film presenta una trama molto diversa: la fuga di Tristana con Horacio che non
si realizza nel romanzo, il tentativo di una vita insieme che viene ostacolata dalla
malattia di Tristana, il ritorno da don Lope, l’amputazione della gamba.
Il fatto che Tristana dopo la fuga, e cioè dopo aver assaporato la libertà, deve
ritornare alla condizione precedente, rappresenta una seconda castrazione.
Dopo l’amputazione sia la Tristana del romanzo che quella del film, cambiano
completamente. La prima si estranea dal mondo prima attraverso l’arte e poi
attraverso la religione.
La seconda è cinica, né artista né tantomeno beata, ma moralmente corrotta, che
esibisce le sue nudità dal balcone davanti allo sguardo di Saturno, (il figlio di
Saturna che il regista rende sordomuto a differenza del romanzo), che guardando
Tristana si nasconde poi tra le foglie delle piante del giardino. Qui Tristana supera
i limiti; è significativo il fatto che in una delle sue precedenti passeggiate con
Saturna, regala una mela al figlio di quest’ultima anticipando il peccato e la
perdita dell’innocenza. Nel romanzo invece Tristana gli regala delle arance. Il
regista si unisce alla tradizione secolare che la donna è la fonte di ogni male.
Un’altra modifica nel film è rappresentata dall’eliminazione della storia di
Horacio. Buñuel banalizza nuovamente la relazione amorosa idealizzata da
Galdós, insistendo per un tipo di amore carnale che terminerà con l’abbandono
della ragazza dopo la sua amputazione. Anche l’incontro con don Lope è
presentato in maniera diversa, mentre nel romanzo hanno un incontro pacifico e
sentono perfino una certa ammirazione l’un per l’altro, nel film si assiste ad uno
scontro fra i due. Buñuel carica la trama con una violenza che non è presente nel
romanzo.
Ancora un’altra differenza riguarda il cambiamento della situazione economica di
don Lope. Nel romanzo l’eredità è frutto di una doppia cessione da parte delle sue
cugine e di suo nipote, eredità che verrà concessa se decide di sposare Tristana;
nel film eredita la fortuna della sorella defunta, entrambi non si sopportavano,
quando si incontravano si insultavano, ma la legge prevedeva che in caso di morte
di fratelli, essi ereditavano la fortuna dell’altro.

Un’ulteriore modifica riguarda il finale.


Nel romanzo di Galdós, Tristana e don Lope alla fine si sposano e vivono in un
ambiente pacifico e relativamente felice.
Il film termina con don Lope che chiama Tristana, la quale si sveglia dal suo
incubo ricorrente e premonitore, in cui sogna una campana il cui batacchio è
rappresentato dalla testa di don Lope, chiedendole aiuto in seguito ad un malore.
Tristana finge di chiamare il dottore rassicurando poi don Lope dicendo che questi
arriverà presto.
Buñuel trasforma Tristana nel carnefice di don Lope quando Galdós l’aveva resa
sua vittima.9

9
Ibid., p. 397
Bibliografia

Benito Pérez Galdós, Tristana, Madrid, Cátedra, 4ª edición, 2014


Andrés Lema-Hincapié y Conxita Domènech, Letras hispánicas en la gran
pantalla, De la literatura al cine, Oxon, Routledge, 2017, 1ª edizione.

Sitografia

 Cvc.cervantes.es, Tristana, Galdós y Buñuel, del feminismo a la


violencia

 www.academia.edu/17255637/_Tristana_entre_Galdós_y_Buñuel._Un
_análisis_textual_de_la_adaptación_cinematográfica

 https://cvc.cervantes.es/ensenanza/biblioteca_ele/aepe/pdf/congreso_48
/congreso_48_36.pdf: Tristana. Galdós y Buñuel, Del feminismo a la
violencia. Feliciana Mª J. Palacios Martínez, Catedrática de Instituto,
Valencia.

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