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ARMANDO PETRUCCI

ASPETTI SIMBOLICI

DELLE TESTIMONIANZE SCRITTE

in Simboli e simbologie nellAlto Medioevo, CISAM, Spoleto 1994, pp. 813-844.


Mi pare interessante indagare se, e soprattutto come, sia possibile individuare:
1- I casi in cui la potenzialit simbolico-figurativa insita nello strumento scrittura-libro sia stata
consapevolmente trasformata in funzione esplicita;
2- Le finalit che gli elaboratori si proponevano di raggiungere;
3- Il pubblico cui essi intendevano rivolgere il messaggio figurale: se trattavasi cio del medesimo
pubblico colto, o leggente, cui era rivolto il messaggio analitico-discorsivo insito nel testo, ovvero di
un pubblico analfabeta e semianalfabeta;
4- Il modo in cui gli elaboratori stessi risolvevano di volta in volta il rapporto con gli eventuali modelli
cui facevano riferimento.
Si scelto, come caso esemplare, quello costituito da alcuni aspetti grafici dellepigrafia e del libro di lusso
carolingi da Carlo Magno a Carlo il Calvo. Si tratta di testimonianze cui Bernhard Bischoff ha arrecato
contributi interpretativi di valore definitivo e su cui ha recentemente richiamato lattenzione unopera
postuma dello storico inglese Stanley Morison
Secondo Morison, in alcune innovazioni grafiche della corte carolingia va individuato leffetto di una precisa
volont politica e di una conseguente consapevole scelta di mezzi espressivi, capaci di renderla esplicita. In
particolare ci sarebbe avvenuto sia per luso della capitale epigrafica di tipo classico nellepitaffio di
Adriano I che Alcuino avrebbe confezionato nel 796, sia per lintroduzione della medesima capitale nei titoli
e nelle pagine iniziali di quelli che chiama royal books di Carlo Magno.
Ci sarebbe avvenuto per una deliberata volont di rottura con la tradizione grafica precedente, le cui
capitali miste con onciali avrebbero rappresentato una ormai inammissibile dipendenza stilistica da
Bisanzio: Alcuino realizz le pi avanzate conseguenze della renovatio.
Il concetto di una diretta filiazione della capitale carolingia di tipo monumentale da modelli epigrafici
classici, magari di et augustea, ha una lunga tradizione, tuttavia, lesame delle diverse testimonianze
epigrafiche e soprattutto librarie, poste a confronto tra loro, suggeriscono che la realt in cui i prodotti
grafico-librari carolingi va collocata molto pi complessa e molto pi ricca di quanto non possa apparire a
prima vista.
Il primo esempio da tenere presente la famosa iscrizione funeraria per Adriano I fatta eseguire su marmo
nero da Carlo Magno in Francia e oggi infissa nella parete del portico della basilica di S. Pietro.
Il disegno delle lettere e lesecuzione dellincisione a solco triangolare rende lesecuzione abbastanza
simile a quello delle capitali adoperate nelle iscrizioni del I e del II secolo d.C.
Tuttavia alcuni elementi relativi alla forma delle singole lettere sembrano suggerire altre fonti: i
frequentissimi nessi, le T pi alte delle altre lettere, le M con accenno di codina ornamentale rivolta a
sinistra, la X con il secondo e terzo tratto ricurvi, tutti elementi che non compaiono nellepigrafia romana
classica; i primi compaiono invece nellepigrafia damasiana (366-384), da cui Furio Dionisio Filocalo disegn
la nota capitale monumentale elegante. Lassenza per di riccioli ornamentali al termine delle aste verticali
e del forte contrasto die tratti (due elementi essenziali dellepigrafia damasiana) lasciano supporre che non
sia la capitale di Filocalo il modello di riferimento dellordinator e del lapicida francesi, bens che esistesse
un modello intermedio, da ricercare, forse, nel mondo del libro manoscritto pi che nellepigrafia.
Ma per individuare questo modello necessario unanalisi del complesso fenomeno che pu essere ben
definito rinascenza grafica carolingia.

La rinascenza carolingia non consistette solo in una meccanica imitazione delle capitali monumentali
antiche da una parte e delle rustiche dallaltra, ma anche in una rinascita della onciale e della
semionciale, nella ricostruzione di una gerarchia dei tipi scrittori e infine nella creazione di un nuovo
manoscritto di lusso, miniato o anche solamente ornato.
Nellonciale carolingia, al di la di una generica imitazione di modelli tardo-antichi del VI secolo, comune
praticamente a tutti gli esemplari, si possono distinguere almeno tre diversi filoni:
- La scuola di corte (lunica a rivelare una diretta dipendenza dallonciale romana del VI-VIII secolo);
- Il gruppo dellEvangelario dellincoronazione di Vienna (prodotto da una scuola sempre
dellambiente di corte, ma ispirato direttamente allonciale dellItalia settentrionale);
- La scuola di Tours (che presenta caratteristiche proprie)
Parallelamente e contemporaneamente allonciale, compare la capitale monumentale, anchessa in modi
non omogenei:
- Negli esemplari pi antichi di corte, in particolare lEvangelario di Godescalco, del 781-783, in forme
abbastanza vicine a quelle dellepitaffio di Adriano I (alcune lettere pi alte, la M e la N con codina
ornamentale, tratteggio pesante, larghezza non uniforme, ingrossature triangolari alle estremit
delle aste).
- Nei manoscritti di S. Martino di Tours, attribuibili al periodo prealcuiniano, in forme che non hanno
nulla a che vedere con la capitale monumentale della scuola di corte (inserimento di squadrata, A
con doppia barra orizzontale).
Nella prima epoca carolingia sembra vi fosse insomma un notevole divario stilistico e tecnico tra il prodotto
librario turonese e quelli della Scuola di corte. A Tours il modello del libro di lusso tardoantico si impone
tardi e mai completamente, la capitale rustica usata pi che altrove, a scapito dellonciale di imitazione
italiana e della capitale monumentale regolarizzata, che vi arrivano tardi.
Molti dei caratteri stilistici di questa prima e ancora incerta capitale monumentale (di corte) e della
contemporanea onciale di derivazione romana rimandano allantica tradizione grafica filocaliana, ma nella
sua ultima e pi diffusa versione, cio quella rivissuta e modificata dalla produzione libraria italiana dei
secoli V e VI. Ed in essa, in particolare in alcuni codici di lusso, e non gi dunque nellepigrafia di et
classica o nei tituli Damasiani, che vanno rinvenuti i modelli diretti della capitale monumentale
protocarolingia. Non a caso Bernhard Bischoff e Carl Nordenfalk accostavano nel 1965 il Virgilio cosiddetto
Augusteo ed il manoscritto Corpus Agrimensorum detto Arceriano ai prodotti librari carolingi di pi alto
livello: nellArcerianus A, del secolo VI, che ci dato di scoprire analogie ancor pi dirette con gli esempi
carolingi: ivi la capitale compare solo nei titoli o in funzione di lettera iniziale, in quanto il testo, di evidente
stilizzazione romana in onciale; ebbene la capitale si presenta pesante nel tratteggio, ricca di lettere pi
alte delle altre, con evidenti forcellature al termine della aste orizzontali e le codine ornamentali.
La capitale normalizzata, dopo essere comparsa, gi perfetta, nellEvangelario dellIncoronazione, fin per
essere adottata nella scuola di corte, sia pure in concorrenza con laltra e pi ricca stilizzazione, prima di
conoscere pi ampie fortune e pi larga diffusione nei diversi centri operanti per le corti carolingie nel
corso del secolo IX.
Ma da dove derivano i modelli dispirazione? In qual modo e per quali ragioni era nata in una scuola libraria
strettamente legata al mondo artistico greco-bizantino?
assai probabile che lo scriptor regius Bertcaudus di cui parla Lupo di Ferrires in una sua lettera
dell836 diretta ad Aginardo, abbia elaborato un modello della capitale monumentale normalizzata; ma

resta leterno problema dei modelli cui egli o altri prima di lui si sarebbero ispirati. Sembra chiaro che
debba essere scartata come unica o prevalente lipotesi epigrafica; invece probabile che la mensura sia
stata ricavata da una rielaborazione in senso normalizzatore eseguita con lausilio di strumenti geometrici
(riga e compasso) di modelli librarii tardo antichi, diversi da quelli offerti della tradizione che abbiamo
definito filocaliana, ricca di irregolarit e di elementi ornamentali.
molto probabile che tali modelli appartenessero al filone artificiale e limitato , ma pur sempre esistito ed
imponente per dignit, dei codici in capitale monumentale elegante o quadrata, di cui rimangono due
notissimi esempi, il Virgilio Augusteo e il Virgilio Sangallese. Questultimo presenta innegabili punti di
contatto con quella normalizzata della scuola di corte carolingia (tratteggiamento non fortemente
chiaroscurato, circolarit assoluta delle lettere rotonde, trattini diritti di complemento sulle aste orizzontali
e verticali al posto delle forcellature filocaliane).
Altri elementi confortano lipotesi di modelli tardo-antichi di natura libraria allorigine delle diverse
stilizzazioni della capitale monumentale della corte di Carlo Magno: sono quelli che si ricavano dallo studio
del libro di lusso carolingio nel suo complesso, dalle sue caratteristiche particolari e dal tipo di funzione che
esso svolse. Il libro di lusso caratterizzato da:
- Il ricorso a scritture di apparato di antica tradizione;
- La ricostruzione di una rigida gerarchia delle forme grafiche;
- Dalluso frequente di pergamena colorata, anche parzialmente, di porpora;
- Dalluso di scritture in oro o argento e da una ricca ornamentazione;
- Dal tipo di committenza , generalmente regia e imperiale;
- Dal tipo di testo, scritturale o liturgico;
Ci non toglie che nella novit che il libro di lusso carolingio indubbiamente rappresent nel mondo della
cultura europea del suo tempo potrebbe essere visto il riflesso di una volont politica: in particolare luso
della pergamena color porpora, che ricompare dopo due secoli, potrebbe far pensare a un fenomeno
parallelo a quello che alcuni hanno voluto individuare nella rinascita della capitale monumentale, e cio una
precisa simbologia del potere imperiale, cui a Bisanzio la porpora era di diritto riservata per stoffe e
inchiostro.
Tuttavia, pare che anche in questo caso la spiegazione sia costituita dalla imitazione di un uso tardoantico,
provocata dalla generale spinta allantico e dal diffuso gusto antiquario ed archeologico che erano propri
del mondo culturale protocarolingio. Tra i codici italiani e greci dei secoli V e VI che gli artisti carolingi
saccheggiarono per ricavarvi le composizioni grafiche e quelle figurate da inserire nei loro rinnovati
manufatti, alcuni, se non molti, dovevano essere vergati in oro e in argento su pergamene colorate di
porpora.
Dunque il libro di lusso protocarolingio non recava nel suo linguaggio simbolico fatto di scrittura-coloriimmagini-manufatto artistico un messaggio di maest imperiale, di imponenza augustea: esso ripeteva, sia
pure in un contesto profondamente diverso, il modello cristiano del libro-oggetto, non pi strumento, ma
simbolo di cultura, che sin dal IV-V secolo aveva rappresentato nel mondo tardoantico lespressione pi
diretta della sacralit del testo biblico e di quelli liturgici.
Tutto risolto nelle vicende di un processo meccanico e riflesso di reperimento, scelta e imitazione di
modelli, di adattamento inconsapevole di messaggi e di significati? Forse no. E potremo averne la prova
spingendo lindagine oltre lepoca di Carlo Magno in quella dei suoi immediati e non immediati successori.
In episodi come le guarigioni miracolose a Saint Denis lotto ottobre 827 , operate dal testo dello PseudoDionigi donato a Ludovico il Pio da Michele II di Bisanzio (riferito dal vescovo Ilduino), si possono leggere le
tracce di un consapevole culto del libro venerato come reliquia sacra: e c da notale che laspetto esterno

del volume era relativamente modesto e non recava alcun elemento che esplicasse visivamente un
messaggio sacrale.
Un altro codice del medesimo periodo, spagnolo di origine, ma strettamente legato ad esperienze artistiche
carolingie, mostra come fosse ormai possibile creare, al di l dei modelli tardo-antichi, un pi ricco modulo
espressivo che coinvolgesse in una sintesi nuova polimorfismo grafico, policromia dello sfondo e della
scrittura, ornamentazione, e che si prestasse anche come strumento di nuovi messaggi simbolici. Si tratta
dellenigmatica Bibbia di Cava dei Tirreni, attribuita alla met del IX secolo (pagine rosse e turchine,
crisografia, impaginazione della scrittura a croce, ricorso a onciale e semionciale).
Nei decenni che intercorsero tra il regno di Carlo Magno o quello di Carlo il Calvo, la restaurazione della
capitale monumentale normalizzata fu compiuta definitivamente; a Tours con labate Fridugiso e quindi con
Adalardo si hanno splendidi esempi di capitale perfettamente regolare nel disegno, nelle proporzioni e nel
tratteggio.
Ma soprattutto nei grandi codici commissionati da Carlo il Calvo che le due tradizioni stilistiche della
capitale monumentale carolingia finiscono per fondersi in un alternarsi di forme grafiche assai suggestivo:
nella Bibbia di S. Paolo a Roma, opera di Ingoberto, compare sia una capitale normalizzata purissima, sia
una capitale pesante fiorita, ricca di elementi ornamentali, mentre in altre pagine una capitale sottile di
tratteggio impreziosita di eleganti forcellature.
In questo come in altri codici (come lanalogo Codex aureus di Monaco) non soltanto la capitale a
rappresentare la sintesi della tradizione stilistica precedente; si tratta di riassumere tutti gli elementi
costitutivi del libro di lusso (grafia, policromia, illustrazioni, formato) in un discorso figurale che tende a
raggiungere una funzione di visibilit globale nella quale il testo perde ogni rilevanza analitico-discorsiva,
per divenire un fatto puramente figurativo.
Una tale modificazione di linguaggio stilistico e di messaggio ideologico potrebbe trovare la sua spiegazione
nella politica di restaurazione di Carlo il Calvo: politica il cui contenuto ideologico non poteva e non doveva
raggiungere solo i dotto ecclesiastici della corte o della cura, ma anche il vasto ceto della classe dirigente
laica, ancora prevalentemente estranea al libro, e, sia pure in forma indiretta, anche ai pi vasti strati della
popolazione urbana in qualche modo ammessi alla visitazione e al contatto con i manufatti e le forme che
di quel contenuto ideologico si facevano tramiti espressivi.
In una siffatta prospettiva il preciso riferimento alla simbologia del libro inserito da Beringario e Liutardo
nel carme celebrativo di Carlo il Calvo che nel Codex aureus di Monaco circonda limmagine del sovrano in
trono: Istius imperio hic codex resplendet et auro sembra acquisti tutto il suo pi profondo significato.

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