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ARMANDO PETRUCCI
ASPETTI SIMBOLICI
La rinascenza carolingia non consistette solo in una meccanica imitazione delle capitali monumentali
antiche da una parte e delle rustiche dallaltra, ma anche in una rinascita della onciale e della
semionciale, nella ricostruzione di una gerarchia dei tipi scrittori e infine nella creazione di un nuovo
manoscritto di lusso, miniato o anche solamente ornato.
Nellonciale carolingia, al di la di una generica imitazione di modelli tardo-antichi del VI secolo, comune
praticamente a tutti gli esemplari, si possono distinguere almeno tre diversi filoni:
- La scuola di corte (lunica a rivelare una diretta dipendenza dallonciale romana del VI-VIII secolo);
- Il gruppo dellEvangelario dellincoronazione di Vienna (prodotto da una scuola sempre
dellambiente di corte, ma ispirato direttamente allonciale dellItalia settentrionale);
- La scuola di Tours (che presenta caratteristiche proprie)
Parallelamente e contemporaneamente allonciale, compare la capitale monumentale, anchessa in modi
non omogenei:
- Negli esemplari pi antichi di corte, in particolare lEvangelario di Godescalco, del 781-783, in forme
abbastanza vicine a quelle dellepitaffio di Adriano I (alcune lettere pi alte, la M e la N con codina
ornamentale, tratteggio pesante, larghezza non uniforme, ingrossature triangolari alle estremit
delle aste).
- Nei manoscritti di S. Martino di Tours, attribuibili al periodo prealcuiniano, in forme che non hanno
nulla a che vedere con la capitale monumentale della scuola di corte (inserimento di squadrata, A
con doppia barra orizzontale).
Nella prima epoca carolingia sembra vi fosse insomma un notevole divario stilistico e tecnico tra il prodotto
librario turonese e quelli della Scuola di corte. A Tours il modello del libro di lusso tardoantico si impone
tardi e mai completamente, la capitale rustica usata pi che altrove, a scapito dellonciale di imitazione
italiana e della capitale monumentale regolarizzata, che vi arrivano tardi.
Molti dei caratteri stilistici di questa prima e ancora incerta capitale monumentale (di corte) e della
contemporanea onciale di derivazione romana rimandano allantica tradizione grafica filocaliana, ma nella
sua ultima e pi diffusa versione, cio quella rivissuta e modificata dalla produzione libraria italiana dei
secoli V e VI. Ed in essa, in particolare in alcuni codici di lusso, e non gi dunque nellepigrafia di et
classica o nei tituli Damasiani, che vanno rinvenuti i modelli diretti della capitale monumentale
protocarolingia. Non a caso Bernhard Bischoff e Carl Nordenfalk accostavano nel 1965 il Virgilio cosiddetto
Augusteo ed il manoscritto Corpus Agrimensorum detto Arceriano ai prodotti librari carolingi di pi alto
livello: nellArcerianus A, del secolo VI, che ci dato di scoprire analogie ancor pi dirette con gli esempi
carolingi: ivi la capitale compare solo nei titoli o in funzione di lettera iniziale, in quanto il testo, di evidente
stilizzazione romana in onciale; ebbene la capitale si presenta pesante nel tratteggio, ricca di lettere pi
alte delle altre, con evidenti forcellature al termine della aste orizzontali e le codine ornamentali.
La capitale normalizzata, dopo essere comparsa, gi perfetta, nellEvangelario dellIncoronazione, fin per
essere adottata nella scuola di corte, sia pure in concorrenza con laltra e pi ricca stilizzazione, prima di
conoscere pi ampie fortune e pi larga diffusione nei diversi centri operanti per le corti carolingie nel
corso del secolo IX.
Ma da dove derivano i modelli dispirazione? In qual modo e per quali ragioni era nata in una scuola libraria
strettamente legata al mondo artistico greco-bizantino?
assai probabile che lo scriptor regius Bertcaudus di cui parla Lupo di Ferrires in una sua lettera
dell836 diretta ad Aginardo, abbia elaborato un modello della capitale monumentale normalizzata; ma
resta leterno problema dei modelli cui egli o altri prima di lui si sarebbero ispirati. Sembra chiaro che
debba essere scartata come unica o prevalente lipotesi epigrafica; invece probabile che la mensura sia
stata ricavata da una rielaborazione in senso normalizzatore eseguita con lausilio di strumenti geometrici
(riga e compasso) di modelli librarii tardo antichi, diversi da quelli offerti della tradizione che abbiamo
definito filocaliana, ricca di irregolarit e di elementi ornamentali.
molto probabile che tali modelli appartenessero al filone artificiale e limitato , ma pur sempre esistito ed
imponente per dignit, dei codici in capitale monumentale elegante o quadrata, di cui rimangono due
notissimi esempi, il Virgilio Augusteo e il Virgilio Sangallese. Questultimo presenta innegabili punti di
contatto con quella normalizzata della scuola di corte carolingia (tratteggiamento non fortemente
chiaroscurato, circolarit assoluta delle lettere rotonde, trattini diritti di complemento sulle aste orizzontali
e verticali al posto delle forcellature filocaliane).
Altri elementi confortano lipotesi di modelli tardo-antichi di natura libraria allorigine delle diverse
stilizzazioni della capitale monumentale della corte di Carlo Magno: sono quelli che si ricavano dallo studio
del libro di lusso carolingio nel suo complesso, dalle sue caratteristiche particolari e dal tipo di funzione che
esso svolse. Il libro di lusso caratterizzato da:
- Il ricorso a scritture di apparato di antica tradizione;
- La ricostruzione di una rigida gerarchia delle forme grafiche;
- Dalluso frequente di pergamena colorata, anche parzialmente, di porpora;
- Dalluso di scritture in oro o argento e da una ricca ornamentazione;
- Dal tipo di committenza , generalmente regia e imperiale;
- Dal tipo di testo, scritturale o liturgico;
Ci non toglie che nella novit che il libro di lusso carolingio indubbiamente rappresent nel mondo della
cultura europea del suo tempo potrebbe essere visto il riflesso di una volont politica: in particolare luso
della pergamena color porpora, che ricompare dopo due secoli, potrebbe far pensare a un fenomeno
parallelo a quello che alcuni hanno voluto individuare nella rinascita della capitale monumentale, e cio una
precisa simbologia del potere imperiale, cui a Bisanzio la porpora era di diritto riservata per stoffe e
inchiostro.
Tuttavia, pare che anche in questo caso la spiegazione sia costituita dalla imitazione di un uso tardoantico,
provocata dalla generale spinta allantico e dal diffuso gusto antiquario ed archeologico che erano propri
del mondo culturale protocarolingio. Tra i codici italiani e greci dei secoli V e VI che gli artisti carolingi
saccheggiarono per ricavarvi le composizioni grafiche e quelle figurate da inserire nei loro rinnovati
manufatti, alcuni, se non molti, dovevano essere vergati in oro e in argento su pergamene colorate di
porpora.
Dunque il libro di lusso protocarolingio non recava nel suo linguaggio simbolico fatto di scrittura-coloriimmagini-manufatto artistico un messaggio di maest imperiale, di imponenza augustea: esso ripeteva, sia
pure in un contesto profondamente diverso, il modello cristiano del libro-oggetto, non pi strumento, ma
simbolo di cultura, che sin dal IV-V secolo aveva rappresentato nel mondo tardoantico lespressione pi
diretta della sacralit del testo biblico e di quelli liturgici.
Tutto risolto nelle vicende di un processo meccanico e riflesso di reperimento, scelta e imitazione di
modelli, di adattamento inconsapevole di messaggi e di significati? Forse no. E potremo averne la prova
spingendo lindagine oltre lepoca di Carlo Magno in quella dei suoi immediati e non immediati successori.
In episodi come le guarigioni miracolose a Saint Denis lotto ottobre 827 , operate dal testo dello PseudoDionigi donato a Ludovico il Pio da Michele II di Bisanzio (riferito dal vescovo Ilduino), si possono leggere le
tracce di un consapevole culto del libro venerato come reliquia sacra: e c da notale che laspetto esterno
del volume era relativamente modesto e non recava alcun elemento che esplicasse visivamente un
messaggio sacrale.
Un altro codice del medesimo periodo, spagnolo di origine, ma strettamente legato ad esperienze artistiche
carolingie, mostra come fosse ormai possibile creare, al di l dei modelli tardo-antichi, un pi ricco modulo
espressivo che coinvolgesse in una sintesi nuova polimorfismo grafico, policromia dello sfondo e della
scrittura, ornamentazione, e che si prestasse anche come strumento di nuovi messaggi simbolici. Si tratta
dellenigmatica Bibbia di Cava dei Tirreni, attribuita alla met del IX secolo (pagine rosse e turchine,
crisografia, impaginazione della scrittura a croce, ricorso a onciale e semionciale).
Nei decenni che intercorsero tra il regno di Carlo Magno o quello di Carlo il Calvo, la restaurazione della
capitale monumentale normalizzata fu compiuta definitivamente; a Tours con labate Fridugiso e quindi con
Adalardo si hanno splendidi esempi di capitale perfettamente regolare nel disegno, nelle proporzioni e nel
tratteggio.
Ma soprattutto nei grandi codici commissionati da Carlo il Calvo che le due tradizioni stilistiche della
capitale monumentale carolingia finiscono per fondersi in un alternarsi di forme grafiche assai suggestivo:
nella Bibbia di S. Paolo a Roma, opera di Ingoberto, compare sia una capitale normalizzata purissima, sia
una capitale pesante fiorita, ricca di elementi ornamentali, mentre in altre pagine una capitale sottile di
tratteggio impreziosita di eleganti forcellature.
In questo come in altri codici (come lanalogo Codex aureus di Monaco) non soltanto la capitale a
rappresentare la sintesi della tradizione stilistica precedente; si tratta di riassumere tutti gli elementi
costitutivi del libro di lusso (grafia, policromia, illustrazioni, formato) in un discorso figurale che tende a
raggiungere una funzione di visibilit globale nella quale il testo perde ogni rilevanza analitico-discorsiva,
per divenire un fatto puramente figurativo.
Una tale modificazione di linguaggio stilistico e di messaggio ideologico potrebbe trovare la sua spiegazione
nella politica di restaurazione di Carlo il Calvo: politica il cui contenuto ideologico non poteva e non doveva
raggiungere solo i dotto ecclesiastici della corte o della cura, ma anche il vasto ceto della classe dirigente
laica, ancora prevalentemente estranea al libro, e, sia pure in forma indiretta, anche ai pi vasti strati della
popolazione urbana in qualche modo ammessi alla visitazione e al contatto con i manufatti e le forme che
di quel contenuto ideologico si facevano tramiti espressivi.
In una siffatta prospettiva il preciso riferimento alla simbologia del libro inserito da Beringario e Liutardo
nel carme celebrativo di Carlo il Calvo che nel Codex aureus di Monaco circonda limmagine del sovrano in
trono: Istius imperio hic codex resplendet et auro sembra acquisti tutto il suo pi profondo significato.