Novecento
I primi decenni del Novecento, in alternativa alla complessità e all’articolazione del
romanzo modernista, spesso percorso da venature speculativo-saggistiche, vengono
coltivando un’idea ampia e accogliente di brevità letteraria come nel caso della oritura
del poème en prose, sulla scorta di Baudelaire. E d’altro canto una tensione tutta
novecentesca sarà individuabile nella reazione a un fenomeno osservabile su scala
mondiale: la rappresentazione della totalità incarnata del romanzo ottocentesco. È in
questa tendenza che si inscrive la fortuna di tutti quei generi (novella, racconto short
story) che si vogliono parziali, si assegnano limiti e rinunciano ad ambizioni
rappresentative perché si pongono piuttosto problemi si rappresentazione. Rifuggendo
dalla tentazione di comporre un grande quadro descrittivo e ambendo dunque a far
ri ettere su quanto racchiude nel suo minuto involucro a de nire la forma breve come
luogo di incontro, di sintesi e mutua ibridazione tra i generi, occasione per una loro
ricostituzione.
Calvino e Celati si possono leggere insieme, in quanto Calvino maestro di Celati. Per
entrambi è fondamentale questa forma breve narrativa: questa formula, componimento
narrativo generalmente in prosa il cui contenuto è breve e concentrato. Abbiamo un altro
tempo, per cui dobbiamo adattarci a questa nuova contemporaneità fatta di frantumi e di
immagini che si sovrappongono. Siamo immersi nella molteplicità, ma in questa
ricostruzione dobbiamo essere fedeli a questa nuova condizione umana. La continuità del
tempo la ritroviamo solo nei romanzi di quell’epoca.
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Al con ne non solo tra diverse forme, ma anche fra diversi modi e generi letterari, di cui
Città invisibili di Italo Calvino rappresentano uno dei più a ascinanti esemplari di cimento
con le forme brevi da parte della letteratura mondiale del Novecento. Colpisce la brevità
delle 55 narrazioni di città come pure quella delle cornici, nelle quali si estrinseca una
continua e parallela narrazione. La cornice appare “luogo della trama”, lo spazio testuale
nel quale si addensano la narrazione e insieme la ri essione metanarrativa. Quindi
mettendola più diretta relazione col romanzo, siamo di fronte a un primo dato indicativo
della singolarità del contenitore in esame, che davvero sembra risentire della deregulation,
della libera ricombinazione di forme, codici e stili che l’a ermazione del postmodernismo
in letteratura. Le forme narrative brevi di cui si compone il libro racchiudono sì storie, ma
non veri e propri spunti di intreccio, quanto piuttosto ritratti, biogra e e ra gurazioni
allegoriche di città. L’interesse di chi legge è captato dalla forma urbana, dal quadro che
ogni singola descrizione, autonomamente, viene esprimendo. Un libro di percorsi paralleli,
Le città invisibili, dove i titoli, le insegne sotto le quali si apre ogni breve descrizione
raccordano la narrazione x a una serie o rubrica preordinata, secondo un modello
combinatorio progressivo, ben solubile all’indice.
Il legame tra la singola unità e la serie cui si raccorda non sempre è manifesto; spesso
s da il lettore, lo esorta a ricostruire un senso latente, misterioso. Dinnanzi a questa
proliferazione di immagini, forme o possibili sviluppi urbani svanisce la possibilità di
classi care con certezza il libro entro i generi canonici: come testo alla con uenza di più
forme e modi. Da un lato si può ravvedere nella descriptio urbis medievale, nella forma
dell’atlante e nel racconto utopico di età moderna, una serie di modelli formali per le città
calviniste, dall’altro lato proprio la concezione delle Città invisibili come libro di piccole
utopie ci permette di leggerle alla con uenza sì di più modi, ma sopratutto nel segno del
abesco meraviglioso.
Calvino e Ariosto
Ariosto ha un andamento a zig zag, che dà movimento e linee spezzate, mentre Calvino
ha una struttura policentrica e sincronica, dove le vicende si diramano in ogni direzione e
si biforcano. E’ con questo zig zag tracciato dai cavalli al galoppo e dalle intermittenze del
cuore umano che veniamo introdotti nello spirito del poema: il piacere della RAPIDITA’
dell’azione si mescola subito a un senso di larghezza nella disponibilità dello spazio e del
tempo’. È il movimento errante della poesia di Ariosto.
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Levi, Il sistema periodico
In questo contesto, è a dato il compito di tracciare una linea di continuità tra il recente
della paci cazione e l’esperienza dell’internamento. Il Levi narratore e il Levi testimone,
nel racconto, convivono; i diversi piani temporali dell’esperienza vengono fatti vacillare e
messi in diretta comunicazione tra loro. Un libro che fa perno sull’autonomia, sulla
concisione e sulla compiutezza dei singoli racconti per mostrarne, come nella tavola
periodica degli elementi, la signi catività se considerati in sé stessi, come pure la
capacità di reagire, di articolare richiami, combinazioni, concatenazioni a distanza. Di qui
la focalizzazione sulla varietà, sulla costitutiva diversità dei materiali che lo compongono.
Narratori delle pianure propone a chi legge un dato uni cante: la riscoperta della novella
come forma plurivalente e allo stesso tempo immediata, sede di un narrare naturale,
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direbbe Celati, sgombra da nalità preordinate, non mediata da categorie e l’edizione del
multiforme novelliere a contenitore ideale per racchiudere, in storie brevi e parte in più
direzioni, una partecipe, interpretazione dell’esistenza contemporanea.
Roland Barthes si occupa dei racconti del ‘700 francesi, il racconto comincia con la
stessa storia dell’umanità. Non c’è mai stato nessun popolo da nessuna parte senza
racconto. Calvino nel ’56 lavora su un’altra molteplicità che sono le abe, a cui si lega sin
dall’inizio riscrivendole in italiano contemporaneo. Si lega all’Orlando furioso per le ottave.
C’è una linearità creativa dell’autore che vuole adattarsi alle diverse società che si
susseguono nel tempo. Anche il racconto di Ariosto procede a zig zag e Celati rivede i
racconti di Calvino.
Calvino parla del tempo nella sua lezione sulla rapidità. Il narrare per Celati è una
percezione, bisogna far percepire a chi legge la temporaneità. Mentre si legge bisogna
percepire il tempo del racconto. Non è importante sapere e conoscere la ne dei bambini
ma far percepire l’angoscia e la malinconia della ne della loro infanzia. Tutte le nostre
frasi e gesti dipendono dal variare dei momenti, anche noi variamo, siamo continuamente
varietà cambiando il nostro modo di essere. Vuole smuovere le coscienze e l’impossibilità
di ssare tutto in un modo de nitivo, ma in una uidità continua. Descrive in maniera
particolare la sua visione, scrive per immagine la sua realtà. La nebbia che diventa una
trappola, in una metafora della loro vita che hanno cercato di evitare ma che evitandola ci
sono caduti ancora di più.
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