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Dalla storia alla letteratura: Il ritorno del sommerso

nel campo di battaglia del testo letterario

Emanuela Piga

E il mistero ultimo e più resistente a cui


allude il giudizio di valore estetico, quello
di cui solo l’ideale analisi totale potrebbe
render e conto, mi sembra il nodo di
complicità fra le due cose tendenziose: una
materia che per ipotesi non manca di
costituir e un r itorno del r epresso, e il
ritorno del repr esso figurale su tutte le
facce della forma. La potenza di una tale
combinazione l inguistica, in ver ità, non
coincide di solito con un poter e di
modificare pr aticamente il mondo. Ma
questa verità, che va ribadita
energicamente a scans o di illusioni riposte
nell’arte letter aria o di costrizioni
esercitate su di essa, non basta a far da
pretesto per la menzogna dell’arte come
contemplazione disinteressata.
Francesco Orlando 1

1. Premessa

Contro la rovina del tempo, molti autori hanno affrontato il Novecento


cercando di «ricondurre al mondo dei vivi» quelle «figure cristallizzate» che
sopravvivono alla dissoluzione in atto nel fondale della storia, come
«frammenti di pensiero» o «cose preziose e rare» 2. Nel romanzo
contemporaneo questo gesto si è incarnato sia nella forma
dell'immaginazione metastorica, basata sulla rielaborazione del p assato a

1 F.Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, Einaudi, Torino 1987, pp. 72-73.
2 H. Arendt, Walter Benjamin (1968); trad. it. Benjamin: L‟omino gobbo e il pescatore di perle, in Il futuro alle spalle
(1966), il Mulino, Bologna 1995, p. 99.
partire da fonti storiografiche, sia attraverso i percorsi della memoria, di
natura auto/biografica, fulcro e oggetto stesso della rappresentazione.
«Un’arte che presta una voce a tutto ciò che resta soffocato nel mondo e
alle ragioni che non trov ano riconoscimento da parte degli ordini
costituititi», scriveva nel 1973 Francesco Orlando, in un’ epoca in cui i
concetti di repressione e represso erano al centro di discorsi e movimenti.
Se è vero che tali concetti continuano ad essere al centro dell’attualità, è
anche vero che le loro manifestazioni diventano parte del divenire storico e
di quel costante processo di rielaborazione della memoria che lo
accompagna. Questo significa che, nel caso di una letteratura che si misura
con il passato in un a prospettiva contro -egemonica, l’ascolto delle voci
represse si complica con la ricerca delle tracce sommerse nel fondale
stratificato della Storia. Ogni opera lette raria animata da questa istanza
deve per forza confrontarsi con una doppia tradizione, il canone letterario
da una parte e l’eredità storiografica dall’altra.
L’invenzione della tradizione 3, che ha il suo peso nella nascita della
nazione, lo ha anche nella stesura dei documenti che narrano le storie
nazionali e alla base delle storiografie uff iciali. Così come le «tradizioni
inventate », nel senso di insiemi di pratiche 4, si propongono di inculcare
determinati valori e norme di comportamento che sanciscono la continuità
con il passato, così i testi storiografici come le storie nazionali mirano a
tramandare una determinata immagine della nazione o della natura dei suoi
cittadini 5. Nel ricordarci che le tradizioni sono tutte inventate, E.J

3 Cfr. E.J. Hobsbawm, The Invention of Tradition (1983); trad. it. L‟invenzione della tradizione, Einaudi, Torino
1994.
4 Ivi, p. 3.
5 Per una ricostruzione storica del colonialismo italiano, si veda la fondamentale opera di Angelo Del Boca.

Per un’analisi sociologica volta a decostruire «la rassicurante favola della peculiare bontà del colonialismo
italiano», si veda G. Giuliani e C. Lombardi-Diop, Bianco e nero. Storia dell‟identità razziale degli italiani, Le
Monnier, Milano 2013.
2
Hobsbawm sottolinea che «laddove è possibile, [esse] ricorrono alla storia
come legittimazione dell’azione e c emento della coesione di gruppo» 6.
Il passaggio dalla memoria individuale alla memoria culturale implica
l’imporsi di determinate politiche del ricordo e dell’oblio. Come afferma
Reinhart Koselleck, « con il cambiamento generazionale si modifica anche il
punto di vista. Dal presente storico dei sopravvissuti, che hanno vissuto in
prima persona queste esperienze, si arriverà a un passato puro che si è
ormai separato dal vissuto. Con il dileguarsi del ricordo soggettivo la
distanza non sarà solo maggiore, ca mbierà di qualità. Presto parleranno
solo i documenti ufficiali, integrati e arricchiti da foto, filmati e
biografie» 7. In quel passaggio dalla testimonianza orale alla testimonianza
storicizzata si apre lo spazio per le autrici e gli autori di seconda
generazione, posteriori alla storia narrata, ma parte di essa perché figli o
discendenti di coloro che hanno vissuto e sofferto la storia. L’ascolto delle
voci attraverso la forma delle interviste e la decodifica dell’archivio sono
alla base anche di coloro c he intendono, senza nessun coinvolgimento
esperienziale o legame famigliare, rendere attraverso il linguaggio della
letteratura il punto di vista di chi è stato escluso dalla narrazione egemone.
Oltre a svolgere un ruolo cruciale nei processi di scrittura della storia,
il concetto di tradizione, com’è noto, ricopre un significato altrettanto
fondamentale nell’ambito più specificamente letter ario. Per assurgere allo
status di monumenti oltre che di documenti, le riscritture finzionali della
storia devono necessariamente fare i conti con la tradizione letteraria, che
sia il tentativo di penetrare i confini del Canone o il voler essere parte
dell’istituzione di un oltrecanone.
Un pezzo importante della narrativa contemporanea si caratterizza per
la contaminazione dei generi: si distinguono testi di narrativa in cui

6 E.J. Hobsbawm, L‟invenzione della tradizione, cit., p. 15.


7 R. Koselleck, da Nachwort a Charlott Berardt, Das dritte Reich des Traums, cit. in A. Assmann, Erinnerungsräume:
Formen und Wandlungen des kulturellen Gedächtnisses (1999); trad. it. Ricordare. Forme e mutamenti della memoria
culturale, il Mulino, Bologna 2002.
3
l'autobiografia si intreccia con il romanzo storico e il romanzo epistolare,
generando forme ibride di narrazione in cui la memoria e la storia
diventano strumenti duttili che si stemperano l'uno ne ll'altro, dilatando la
forma romanzo fino ad accogliere dentro di sé inserti di tipo saggistico e
storiografico che nel loro darsi dicono fonti e metodi. In un’ottica
comparata e transnazionale, da un punto di vista tematico, la riscrittura in
forma narrativa del passato coloniale è un dato che emerge con forza e che
si accompagna a un’altra caratteristica: l’uso delle interviste come fonti, in
una modalità che avvicina questo tipo di narrativa, nella fase della
documentazione, alle metodologie della storia orale e di diverse altre
correnti storiografiche, come la microstoria (Carlo Ginzburg, Giovanni
Levi), la storia dal basso (Jim Sharpe), la storia delle donne (Joan Scott) e
d'oltremare (Henk Wesseling) 8. I punti di vista che emergono in questo
genere di romanzi incarnano, in diversa misura, co n le parole di Aleida
Assmann, «memorie diverse che rivendicano il di ritto al riconoscimento
sociale». Sono modi di vedere che instaurano una memoria storica contro -
egemonica, non rivolta unicamente al versante euroc entrico, ma anche ad
illuminare il lato in ombra: il lato trascurato dalla narrazione ufficiale e
parte sommersa della memoria culturale dello Stato -nazione.

2. Tra storia, psicoanalisi e finzione: l’archivio, lo scavo, le voci

Nell'ultimo quarto di secolo c'è stato un crescente riconoscimento del


valore della registrazione dei ricordi delle generazioni più anziane e
dell'importanza di queste testimonianze come fonti supplementari per lo
studio della storia. In alcuni casi, si pu ò riscontrare come la narrativa
scaturita dall’incontro con le memorie di famiglia e con la ricerca

8 Per una sempre autorevole rassegna in materia si veda P. Burke, New Perspectives on Historical Writing (1991);
trad. it. La storiografia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2007.
4
d’archivio sia attraversata da istanze contro -egemoniche. In questa
direzione, Giuliana Benvenuti ha messo in luce come il romanzo
neostorico, «contraddisti nto dalla ricerca delle tracce di quei traumi
repressivi di cui il potere costituito dissemina il discorso storico», sia
rivolto all’ «interrogazione di una manque»: le voci dei soggetti sommersi e
sconfitti. Nel constatarne la natura dialogica , la studiosa ha orientato la sua
ricerca a partire dalla domanda “chi parla”, dato che le «vicende del potere
e la “gloria” dei vincitori non sono il perno del racconto » 9.
Nel contesto delle rielaborazioni di genealogie famigliari , l’assunzione
del punto di vista “dal basso”, rafforzato dalle interviste ai testimoni
diretti di eventi storici, ci porta verso una forma peculiare di memoria.
Marianne Hirsch chiama Postmemory la relazione dei bambini con gli eventi
traumatici sperimentati dai genitori:

And yet postmemor y is not a movement, method or idea; I see it, rather as
a structure of inter - and tr ans-gener ational transmission of tr aumatical
knowledge and experience. It is a consequence of a tr aumatic recall but
(unlike post- tr aumatic stress dis order) at a generati onal remove 10.

Si tratta di una relazione che si riverbera in alcuni testi letterari, come


nelle opere di Helena Janeczek 11, da Lezioni di tenebra 12, pervaso dal
lacerante rapporto con la memoria della Shoah trasmessa per via materna 13,
alle Rondini di Montecassino 14, incentrato sull’omonima battaglia e dominato
dalla domanda «Che cosa resta del padre?».

9 G. Benvenuti, Il romanzo neostorico italiano: storia, memoria, narrazione, Carocci, Roma 2012.
10 M. Hirsch, The Generation of Postmemory, in «Poetics Today», 2008, 29, n. 1, p.106.
11 Scrittrice nata a Monaco da genitori ebreo-polacchi e con cittadinanza italiana.
12 Cf. H. Janeczek, Lezioni di tenebra, Guanda, Parma 1997.
13 «Io, già da un pezzo, vorrei sapere un’altra cosa. Vorrei sapere se è possibile trasmettere conoscenze e

esperienze non con il latte materno, ma ancora prima, attraverso le acque della placenta o non so come,
perché il latte di mia madre non l’ho avuto e ho invece una fame atavica, una fame da morti di fame, che lei
non ha più» (ivi, p. 10).
14 Cfr. H. Janeczek, Le rondini di Montecassino, Guanda, Parma 2011. Sul racconto della storia in quest’opera ho

scritto più estensivamente nel contributo Epica, Memoria, Storia. «Le rondini di Montecassino» di Helena Janeczek, in
5
La riscrittura del passato coloniale italiano costituisce un filo rosso
che mette in comunicazione opere diverse 15, caratterizzate a livello
stilistico da una ricerca di espressione che si riflette nella contaminazione
dei generi e rivela la relazione di post -memoria di chi scrive con gli eventi
narrati. Un esempio in tal senso è il romanzo Regina di fiori e di perle 16 di
Gabriella Ghermandi, scrittrice ita liana di origini etiopi, in cui la storia
coloniale italiana in Etiopia si mescola con lo snodarsi delle vicende
famigliari dell’autrice. Di un’aria di famiglia affine è Timira. Romanzo
meticcio 17, scritto a quattro mani da Wu Ming 2, italiano autoctono e
membro del gruppo di scrittori Wu Ming, e Antar Mohamed, somalo, nato
e vissuto a Mogadiscio e attualmente residente in Italia. Nel romanzo, la
memoria individuale di Isabella Marincola, trasfigurata nella forma
romanzesca, restituisce un pezzo di storia de ll’impresa coloniale italiana in
Somalia, seguita dagli eventi violenti della decolonizzazione che esplodono
con la guerra civile del 1991 e portano al rientro in Italia di Isabella,
insieme a tanti altri profughi destinati a un’esistenza precaria. La
commistione di materiale documentario e memoria individuale presente in
Timira deriva da una scelta consapevole, orientata a evitare una narrazione
assoluta e a lasciar trapelare le voci multiple della storia. La memoria
autobiografica, memoria personale e int eriore, si nutre della memoria

C. Boscolo (a cura di), NIE – New Italian Epic, Bollettino „900, I-II, 2012, online,
http://www.boll900.it/numeri/2012-i/Piga.html.
15 All’interno della critica postcoloniale (cfr. S. Albertazzi, A. Oboe, C. Lombardi-Diop e C. Romeo, e, da una

prospettiva vicina alla critica femminista, L. Curti), il racconto del passato coloniale nella letteratura italiana
della migrazione è stato affrontato ampiamente. Tra i numerosi studi, ricordo la produzione critica di A.
Gnisci e F. Sinopoli, C. Barbarulli, G. Benvenuti, F. Pezzarossa, L. Quaquarelli, S. Contarini, R. de Robertis,
G. Proglio, C. Mengozzi. Alcune diramazioni di questa riflessione vanno a intersecare gli studi teorici sulla
scrittura dell’estremo e la rappresentazione del trauma, temi altrettanto presenti nella narrativa
contemporanea italiana (cfr., da prospettive diverse, D. Giglioli, Senza trauma. Scritture dell‟estremo e narrativa del
nuovo millennio, Quodlibet, Macerata 2011, e C. Demaria, Il trauma, l'archivio e il testimone, Bononia University
Press, Bologna 2012).
16 Cfr. G. Ghermandi, Regina di fiori e di perle, postfazione di C. Lombardi-Diop, Roma, Donzelli 2011.
17 Wu Ming 2 e Antar Mohamed, Timira. Romanzo meticcio, Einaudi, Torino 2012. Per un’analisi di Regina di fiori

e di perle e di Timira si veda di G. Benvenuti, Il romanzo neostorico italiano, cit. Sul romanzo di Ghermandi si veda
anche C. Barbarulli, Scrittrici migranti: La lingua, il caos, una stella, ETS, Pisa 2010, e G. Proglio, Memorie oltre
confine: La letteratura postcoloniale in prospettiva storica, prefazione di L. Passerini, Ombre Corte, Verona 2011.
6
storica, poiché, come affermava Maurice Halbwachs, « dopo tutto la storia
della nostra vita fa parte della storia in generale» 18.
A parte Wu Ming 2, la cui estraneità alla storia famigliare e
all’appartenenza nazionale dei suoi co-autori pone questioni dive rse ma
altrettanto complesse – come l’assunzione del punto di vista altrui, o
meglio, per riprendere una bella espressione di Assia Djebar, il come porsi
«vicino a loro » 19 – le autrici e gli autori citati sono di seconda generazione
rispetto agli eventi storici narrati. La loro esperienza, in prima persona o
nella forma della memoria trasmessa, si riflette nella costruzione delle
narrazioni, fatte di storia, immaginazione, esperienza vissuta, ricordi di
famiglia e fonti storiografiche, e dall’ascolto di voci e dalla decifrazione
degli archivi.
Camminando sul confine tra storia e psicoanalisi 20, lo scavo nel tempo
implicito in queste pratiche richiama l’immagine dello scavo a rcheologico
di Sigmund Freud, che compare dal 1890 nei suoi scritti per non essere più
abbandonata, seppur con delle modifiche. Negli Studi sull‟isteria emerge
chiaramente la dimensione temporale dell’inconscio, la scissione dell’io, la

18 M. Halbwachs, La Mémoire collective (1968); trad. it. e cura di P. Jedlowski, La memoria collettiva, postfazione di
L. Passerini, Unicopli, Milano 1987, p. 65. In questo libro, Maurice Halbwachs definisce la memoria
individuale come punto di vista sulla memoria collettiva che cambia a seconda del posto che occupa al suo
interno. La concezione di un soggetto collettivo della memoria capace di esercitare le stesse funzioni di
conservazione, organizzazione e evocazione di quelle attribuite alla memoria individuale è criticato da Paul
Ricoeur (Parcours de la reconnaissance [2004]; trad. it. Percorsi del riconoscimento, Raffaello Cortina Editore, Milano
2005, pp. 55-56), che ritiene opportuno attribuire all’idea di memoria collettiva lo statuto di concetto
operativo, privo di originarietà. Dopo avere individuato le entità collettive (derivate) come «prodotti
dell’oggettivazione degli scambi intersoggettivi», è possibile attribuire a un “noi” tutte le prerogative della
memoria: individualità personale, continuità, polarità passato-futuro. Una volta riconosciuto il transfert
analogico, nulla impedisce di considerare la memoria collettiva come una «raccolta di tracce lasciate dagli
eventi che hanno influenzato il corso della storia dei gruppi interessati» e di «estendere analogicamente
l’individualità personale dei ricordi all’idea di un possesso comune dei nostri ricordi collettivi» (ivi, p. 61).
19 Sulla strategia dell’”accanto” come modalità di posizionamento, si veda C. Barbarulli, Scrittrici migranti: La

lingua, il caos, una stella, cit., p. 19, e l’introduzione di V. Deplano, L. Mari e G. Proglio al volume Subalternità
italiane, Aracne, Roma 2014, p. 15. Tra i diversi studi sul racconto della storia nella produzione di Wu Ming
ricordo G. Benvenuti, Il romanzo neostorico italiano, cit., e di chi scrive, Metahistory, microhistories and mythopoeia in
Wu Ming, in C. Boscolo (a cura di), Overcoming Postmodernism: the Debate on New Italian Epic, in «Journal of
Romance Studies», 2010.
20 Cfr. M. de Certeau, Histoire et psychanalyse entre science et fiction (1987); trad. it. Storia e psicoanalisi: Tra scienza e

finzione, Bollati Boringhieri, Torino 2006.


7
teoria del rimosso, l’idea che il passato sia conservato da qualche parte e
sia recuperabile dal soggetto rimembrante. La rimozione suggerisce un
oblio apparentemente completo, il seppellimento di avvenimenti del
passato in un inconscio che – tornando all’ambito della memori a culturale
e della storia ufficiale – si fa politico 21.
Con l’analogia tra il lavoro dell’analista e lo scavo di un sito
archeologico, Freud ci suggerisce l’idea che il passato esista da qualche
parte, in attesa di essere riportato alla luce dal soggetto r ammemorante. Al
tempo stesso, tale esperienza, inevitabilmente ricostruita attraverso il
linguaggio, oltre a veicolare l’idea della ricostruzione archeologica del
passato implica anche il segno della finzionalità dell’interpretazione
psicoanalitica e di og ni ricostruzione narrativa del tempo perduto. Nel
corso di questo processo, la memoria è raffigurata come un processo di
ritrascrizione innescato da determinate circostanze e che coinvolge il
principio strutturale della Nachträglichkheit (posteriorità) 22, ovvero l’operare
della memoria nel pre sente con la consapevolezza di « ciò che allora non si
conosceva ». La «messa in intreccio » del racconto psicoanalitico fa entrare
in gioco un processo di ricostruzione ulteriore, poiché nel momento in cui
il soggetto ripercorre la sua vita lo fa in una dinamica di anticipazione del
momento retrospettivo 23. La provvisorietà di questa costruzione suggerisce

21 Cfr. F. Jameson, The Political Unconscious: Narrative as a Socially Symbolic Act (1981); trad. it. L‟inconscio politico. Il
testo narrativo come atto socialmente simbolico, Garzanti, Milano 1990.
22 Come spiegato da J. Laplanche e J.B. Pontalis nell’Enciclopedia della psicanalisi (1967), «non è il vissuto in

generale che è rielaborato posteriormente, ma soprattutto ciò che, al momento in cui è stato vissuto, non ha
potuto integrarsi pienamente in un contesto significativo. Il modello di tale vissuto è l’evento traumatizzante»
(Laterza, Roma-Bari 1993, pp. 427-428). Per uno sviluppo del tema nella prospettiva dei Trauma Studies e
focalizzato sul rapporto tra trauma, scrittura e postmemoria a partire da un testo letterario, mi permetto di
segnalare, di chi scrive, Biografie della memoria e cartografie del desiderio: «Fugitive Pièces» di Anne Michaels, in «Studi
Culturali», 2014, XI, 2.
23 In Self as narrative. Subjectivity and Community in contemporary fiction (Clarendon Press, Oxford 1996), Kim

Worthington usa il termine “narrazione” inteso come processo costitutivo attraverso cui gli esseri umani
mettono ordine nel loro concetto del sé e del mondo che li circonda. La costruzione del senso di sé di un
soggetto è intesa come un processo di narrazione creativa realizzato all’interno di una pluralità di protocolli
comunicativi intersoggettivi, giacché le narrazioni sono un’incarnazione primordiale della nostra
comprensione del mondo, dell’esperienza e in ultima analisi di noi stessi .
8
un’apertura a ulteriori ricostruzioni, non nel senso della ricostruzione del
passato tale qual era, ma come continuo pr ocesso di ritraduzione.
Analogamente, le «memorie oltre confine » 24 che riportano alla luce il
passato coloniale da altri punti di vista sembrano corrispondere a memorie
ritrovate, “revisionate” e ricostruite alla luce di conoscenze successive. La
materia storica che accomuna i testi letterari di questo tipo costituisce il
centro più remoto di narrazioni che si svolgono su diversi livelli narrativi e
si diramano fino ad afferrare il presente, tempo principale del racconto e
tempo che determina la narrazione , in quanto intersezione di ricordo e
soggettività. Come ha spiegato Aleida Assmann 25, il ricordo soggettivo si
origina dal presente e comporta una dislocazione, un rinnovamento del
dato ricordato che dipende dalle circostanze temporali in cui esso viene
richiamato alla memoria e influenzato, così come l’oblio, da nuove
decisioni e desideri.

3. Canone, conflitto e transdiscorsività

La memoria, nel senso inteso da Pierre Nora come tradizione culturale nel
suo complesso, è solitamente sostenuta da politiche culturali favorevoli e
riconosciuta dalle istituzioni di riferimento. In questa sua forma, la
memoria è un elemento costituente di una tradizione nazionale che
concorre alla definizione dell’identità collettiva e individuale .
Attraverso i testi canonizzati, la memoria culturale e le narrazioni
egemoni si trasmettono da un’epoca all’altra. Una dinamica simile avviene
nell’ambito più specifico della letteratura, sulla scorta di criteri di valore,
memoria selettiva di una comunità e orizzonte di attesa. Ancor di più
risuona in questa sfera il concetto di canone, con il quale le opere nuove

24 Cfr. G. Proglio, Memorie oltre confine: La letteratura postcoloniale in prospettiva storica, cit.
25 A. Assmann, Ricordare, cit.
9
devono misurarsi, nello schiacciamento di prospettiva dato dalla
contemporaneità. Poiché si tratta di scritture che si collocano in un
territorio letterario per genere e storico per tema, la sfida verso il canone
in questo caso è doppia: la rilevanza del ruolo della tradizione vale sia per
le narrazioni storiografiche che per le opere letterarie, e se dall’ambito
storiografico sconfiniamo in quell o estetico, possiamo individuare un’aria
di famiglia in opere attraversate da tematiche e forme comuni che pongono
indirettamente la questione del riconoscimento e dell’ampliamento del
canone, o, a seconda della postura che si adotta, della fondazione di u n
«oltrecanone» 26.
Così come le narrazioni contro -egemoniche fanno riemergere voci
sommerse, storie perdute e luoghi poco frequentati dalla storiografia
ufficiale, analogamente, nella convergenza di forma e contenuto che
un’opera d’arte incarna, le narrazi oni estetiche forzano i limiti del canone
letterario.
Nella prospettiva di Orlando, la letteratura figura come la sede di un
ritorno del represso socialmente istituzionalizzato, al pari del motto di
spirito (oggetto di studio di Freud) e con un grado di c omplessità
maggiore. «Ogni volta che una tradizione si interrompe nascono luoghi
spirituali dedicati al libero gioco dell’immaginazione o del recupero del
rimosso», scrive Orlando. Se consideriamo lo spazio letterario come uno di
questi luoghi, possiamo es tendere la sua riflessione ad altre opere, come i
romanzi neostorici presi qui come campione 27. Se ci concentriamo sulla
questione della letterarietà e lasciamo sullo sfondo il «piano ideologico

26 Cfr. A.M. Crispino (a cura di), Oltrecanone. Per una cartografia della scrittura femminile, Manifestolibri, Roma
2003.
27 Come è stato ampiamente studiato, il tema del rimosso coloniale italiano attraversa diversi romanzi, tra i

quali, per citarne qualcuno, Oltre Babilonia di Igiaba Scego, Madre piccola di C. Ali Farah, L‟ottava vibrazione di
Carlo Lucarelli, Debra Libanòs di Luciano Marrocu, La presa di Macallè di Andrea Camilleri. Per ragioni di
spazio, questo studio si limita a una scelta di tre campioni particolarmente significativi per l’intrecciarsi delle
tematiche affrontate.
10
della pura materia del contenuto » 28, emerge come elemento ricor rente la
«trans-discorsività ». Il termine, nel senso che gli dava Michel Foucault,
indica l'opportunità di «fondare la formazione di altri discorsi » 29. In questa
sede, riutilizzato liberamente a livello infra -testuale, il concetto di trans -
discorsività può essere avvicinato a quello, di matrice freudiana, di testo
come «campo di battaglia psichico ». È utile ricordare che Harold Bloom
riprende questa definizione per indicare il conflitto che l’autrice/autore
instaura con i propri predecessori, ovvero con la tradizione che lo precede:
«Un testo poetico, come lo interpreto io, non è una raccolta di segni sulla
pagina, ma un campo di battaglia psichico, su c ui combattono autentiche
forze per l’unica vittoria degna di vittoria, il divinante trionfo sull’oblio » 30.
L’affermazione di Bloom si inserisce nel continuum della sua tesi centrale,
l’angoscia dell’influenza : laddove T.S. Eliot – considerato dal critico
letterario americano come il suo predecessore – vedeva nella storia
letteraria un processo di trasmissione benevol a della tradizione, Bloom
vede «un conflitto tra il genio passato e l’aspirazione presente, un conflitto
il cui premio è la sopravvivenza letter aria o l’inclusione nel Canone» 31. In
quest’ottica, non è più il presente a essere guidato dal passato ma,
attraverso il travisamento, il passato modi ficato dal presente .
Se nella visione di Bloom i soggetti del conflitto sono l’autore e il suo
predecessore, corrispondenti alla voce del presente e alla voce
(introiettata) del passato , l’espressione freudiana « campo di battaglia
psichico» mi interessa non tanto per l’emersione nel testo di questo tipo di

28 F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, cit., p. 40 ss. In queste pagine, Orlando riprende
l’espressione «materia del contenuto» da Hjemslev.
29 Cfr. M. Foucault, Qu‟est-ce que un auteur? (1969); trad. it. Che cos‟è un autore?, in Scritti Letterari, Feltrinelli,

Milano 1971.
30 Il riferimento è alla metapsicologia dell’apparato psichico di Freud, che rappresenta l’Io come campo della

coscienza, nel quale le diverse istanze dell’Io, dell’Es e del Super-Io possono entrare in conflitto. Ad esempio,
nell’isteria, l’Io come insieme delle rappresentazioni dominanti, quando minacciato da una rappresentazione
inconciliabile con esse procede alla rimozione.
31 H. Bloom, The Anatomy of Influence: Literature as a Way of Life (2011); trad. it. Anatomia dell‟influenza: La

letteratura come stile di vita, Rizzoli, Milano 2011, p. 15.


11
conflitto, che evoca quello, classicamente freudiano, padre-figlio, quanto
per l’emersione e la messa in scena di più voci o segni, che riproducano
modi di vedere condivisi, cristallizzati nelle istituzioni e nella «struttura del
sentire» 32 di un particolare momento storico, o che si posizionino in una
prospettiva consapevolmente contro -egemonica, o ancora, che esprimano
attraverso la costruzione retorica una sorta di dissonanza cognitiva, opaca
e inconscia.
Questo aspetto è particolarmente marcato nei testi letterari, poiché
nel loro misurarsi con il racconto della storia sono attraversati da diverse
istanze narrative, alcune manifeste, altre latenti, altre evocate o emergenti
in modo obliquo, indiretto. La narrazione polifonica e multi -prospettica,
come tecnica di narrazione volta a “narrare” lo spazio
dell'intersoggettività 33 e a restituire storie dimenticate e iden tità negate, di
certo rivela un importante anello di congiunzione tra letteratura e
storiografia. Nel sottolineare la forza e l’ importanza dell’elemento
narrativo all’interno della ricostruzione storica e dell’analisi dei documenti,
Peter Burke cita le tecniche letterarie come una possibilità in più offerta
agli storici ne l racconto delle realtà:

Si potrebbero forse illustrare con maggior e chiarezza le guerre civili o altri


tipi di conf litto ricorrendo all'artificio in voga tra i romanzieri di
raccontar e la medesima storia da più punti di vista. [...] Per poter far
sentire ancor a le «varie ed opposte voci » del passato, lo storico h a bisogno,
al par i del romanzier e, di praticare «l’eter odossia espressiva ». [...] In
secondo luogo, un numero sempre maggiore di storici sta finalmente
capendo come le loro opere non riproducano «quanto accadde», ma bensì l o
raffigur ino d a un particolare p unto di vista 34.

32 Cfr. R. Williams, The Long Revolution (1961), Hogarth, London 1992.


33 Sull’importanza dell’intersoggettività nella raccolta e interpretazione delle fonti si veda di L. Passerini,
Memoria e Utopia. Il primato dell‟intersoggettività, Bollati Boringhieri, Torino 2003.
34 P. Burke, La storia “événementielle” e il revival del racconto, in Id. (a cura di), New perspectives on Historical Writing

(1991); trad. it. La storiografia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2000, pp. 287-288.
12
4. Dalla storia alla letteratura : Il ritorno del represso

Acquisita da tempo l’importanza della costruzione retorica 35, la storiografia


si rivela sempre più animata da una sensibile tensione letteraria 36. Dal
punto di vista formale, la scrittura della storia riduce in misura sempre
maggiore la distanza con quei testi poco mediati, come , ad esempio, i testi
letterari che fanno largo uso dall'inserto di lettere e di documenti. In che
modo si distinguono all ora scrittura storica e letteraria?
Come una matrioska, la domanda ne contiene un’altra sulla natura
della letteratura – e poiché è una questione che ha attraversato i secoli
corrucciando la fronte di eminenti studiosi e investendo teorie letterarie di
vario genere, vale la pena fare un passo indietro. Partendo dalla Poetica di
Aristotele, che sanciva la superiorità della poesia rispetto alla storia poiché
esprime l’universale anziché raccontare il particolare, Alessandro Manzoni,
sfumando la contrapposizi one aristotelica, affermava che « tutti i grandi
monumenti della poesia hanno per fondamento degli avvenimenti dati dalla
storia», e che se la storia ci dà avvenimenti che «sono conosciuti soltanto
nel loro esterno», quel che gli uomini hanno fatto, «quel c he essi hanno

35 Dagli sviluppi della scuola delle Annales si sviluppano negli anni Settanta del XX secolo, soprattutto in
ambito anglosassone, le prospettive di riduzione dell’importanza della storia materiale a favore del Linguistic
Turn o svolta linguistica inaugurata da Metahistory di Hayden White (the Johns Hopkins University Press,
Baltimore-London 1973) che enfatizzano l’importanza dell’aspetto narrativo della storia. Secondo White, i
racconti storici traggono parte del loro effetto esplicativo dalla loro capacità di costruire storie partendo da
semplici cronache, e le storie, a loro volta, emergono dalle cronache attraverso un’operazione che lo storico
americano definisce «costruzione di strutture d’intreccio». Con questo termine White intende la costruzione
dei «fatti» contenuti nella cronaca come componenti di generi precisi di strutture d’intreccio, così come
avviene nella narrativa finzionale.
36 Ad esempio, nell’interrogarsi sul rapporto tra eventi storici e narrazione, Alessandro Portelli spiega la

metodologia da lui seguita nella composizione della sua opera evidenziando il ruolo della selezione e
interpretazione delle fonti, delle scelte di montaggio e della voce autoriale (L‟ordine è già stato eseguito. Roma, le
Fosse Ardeatine, la memoria, Donzelli, Roma 1999, p. 20). Sulla contaminazione tra il genere storiografico e il
genere romanzesco, a partire dal confronto tra lo storico Portelli e il collettivo di scrittori Wu Ming si veda, di
chi scrive, A più voci. Testimonianze e narrazione nell‟opera di Alessandro Portelli e di Wu Ming, in Hanna Serkowska
(a cura di), Fiction, Faction, Reality. Incontri, scambi, intrecci nella letteratura italiana dal 1990 ad oggi, Transeuropa,
Massa 2011.
13
pensato, i sentimenti che hanno accompagnato le loro de liberazioni e i loro
progetti, i loro successi e le loro sventure ; i discorsi coi quali essi hanno
fatto o tentato di far prevalere le loro passioni e le loro volontà su altre
passioni o su altre volontà, con i quali hanno espresso la loro collera , dato
sfogo alla loro tristezza, con i quali, in una parola, hanno rivelato la loro
individualità: tutto questo è pressoché passato sotto silenzio dalla storia ; e
tutto questo è il dominio della poesia» 37.
Se riformuliamo la questione focalizzando l’attenzione sul
riconoscimento del passato – questione cruciale per la memoria culturale –
in quanto essenziale per la rivendicazione del presente e per la tensione
utopica verso il futuro, la domanda di venta: come è possibile
l’instaurazione di altre storie e memorie 38 al di là del genere storiografico o
memorialistico? Quali sono i modi usati dalla letteratura – genere in cui è
la funzione poetica e non il resoconto storico a essere dominante – per
farlo?
«[Con] quel sovrappiù di valore implicito nel momento specificamente
soggettivo e creativo» potrebbe essere un modo per cominciare a
rispondere, ripreso da un’argomentazione di Romano Luperini nel suo libro
Il dialogo e il conflitto 39. Sovrappiù che, nella ricostruzione narrativa di eventi
storici, coincide con un surplus di senso che sta tutto nella costituzione di
una posizione dalla quale raccontare, di un punto di vista. Come ricorda
Michel De Certeau in Le lieu de l'autre 40, il punto di vista non è mai dato a
priori nel discorso, ma è il risultato di un conflitto e di una lotta.
Se partiamo dal presupposto che «in quanto ritenuto parte essenziale
d’un patrimonio di cultura nazionale, [l’ambito] letterario ha svolto spesso

37 A. Manzoni, Lettera a Monsieur Chauvet sull‟unità di tempo e di luogo nella tragedia (1820), a cura di Barnaba Maj,
Aletheia, Firenze 1999, pp. 93-94.
38 Sul concetto di instaurazione della memoria attraverso la specificità del linguaggio artistico, si veda J.

Bessière e Ph. Daros (a cura di), Instaurer la mémoire, Bulzoni, Roma 2005.
39 R. Luperini, Il dialogo e il conflitto. Per un‟ermeneutica materialistica, Laterza, Roma-Bari 1999.
40 Michel De Certeau, Le lieu de l‟autre, Gallimard, Paris 2005.

14
funzioni anche politicamente fondanti» 41, come sono raccontate le altre
storie nei romanzi neostorici? Mantenendo ferma la cornice di riferimento,
che racchiude il genere romanzesco e non quello storiografico, la risposta a
questa domanda non può che essere r intracciata nella costruzione retorica
del testo e nella rappresentazione dell’intersoggettività, nei modi di vedere
che trapelano dai diversi sguardi dei personaggi e dai simbolismi del
paesaggio. Per descrivere questo processo di formalizzazione mi servi rò del
binomio concettuale repressione/represso di Francesco Orlando.
Com’è noto, muovendo dall’analogia tra motto di spirito e letteratura,
nel 1973 Orlando trasporta dalla psicanalisi alla teoria della letteratura il
concetto freudiano di «ritorno del rimosso», riadattandolo nell’espressione
«ritorno del represso » e intendendo con ciò «la manifestazione lingu istica
dell’inconscio » 42. In breve, la ripresa che Orlando fa della formula
freudiana originaria si riferisce a contenuti consci (anziché inconsci), con
la conseguenza di estendere la riflessione anche a questioni sociali e
ideologiche. Più nel dettaglio, per ciò che concerne lo spostamento dal
piano individuale al piano sociale insito nel linguaggio di quell’istituzione
sociale che è la letteratura, O rlando, nel riprendere il modello della
negazione freudiana, sostituisce i termini di rimozione e di rimosso
(pertinenti all’interno del campo della psicanalisi dell’individuo) con quelli
di «repressione e di represso » 43. La scelta di questi due concetti è dovuta
alla loro maggiore genericità, che permette una migliore applicabilità alla
dimensione sociale e la possibilità di una non esclusione di certi contenuti
dal livello cosciente. Tali concetti, trasferiti nella dimensione sociale ,
condurrebbero al conc etto non freudiano di inconscio collettivo.

41 F. Orlando, L‟altro che è in noi: arte e nazionalità. Lezione Sapegno 1996, Bollati Boringhieri, Torino 1996, p. 9.
42 F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, cit., p. 9.
43 Si veda la Lettura freudiana della «Phèdre», in F. Orlando, Due letture freudiane: «Fedra» e «Il misantropo», Torino,

Einaudi 1990.
15
Con repr essione e r epr esso si potrà indicare anche soltanto il divieto da cui
certi contenuti sono ufficialmente colpiti in u na società, che questo
comporti o no, per la gente, esclusione dal livello della cos c ienza o da
quello della parola o magari solo da quello della parola decente 44.

Il frammento qui sopra è tratto da Per una teoria freudiana della


letteratura , in cui Orlando sistematizza a livello teorico i procedimenti
analitici condotti in un suo saggio precedente, Lettura freudiana della
«Phèdre» (1971). Partendo dal territorio comune che condividono letteratura
e motto di spirito, ovvero quello di essere e ntrambi una forma di
comunicazione «cosciente, volontaria e socialmente istituzionale » 45, il
fenomeno letterario è individuato da Orlando come «un ritorno del
represso reso fruibile per una pluralità sociale di uomini, ma reso innocuo
dalla sublimazione e dalla finzione» 46.
Tornando al ruolo della tradizione, è evidente come nell’ambito
letterario il confronto con essa sia dunque doppio, con un canone che in
entrambi i casi istituisce che cosa è importante e che cosa è trascurabile.
Come è già stato discusso 47, un antecedente significativo nella
rappresentazione dell’esperienza coloniale italiana è senz’altro Tempo di
uccidere di Ennio Flaiano, romanzo pubblicato nel 1947 48, non molto tempo
dopo l’epoca dell’occupazione italiana in Etiopia. È palese lo scarto n etto
che quest’opera segna rispetto alla precedente letteratura coloniale fascista,
tra le cui file, per citarne qualcuno, militavano autori come Guido Milanesi,
Vittorio Tedesco Zammarano o Mario Appelius 49. In questi casi, la ripresa

44 Ivi, p. 23.
45 F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, cit., p. 8.
46 F. Orlando, Due letture freudiane: «Fedra» e «Il misantropo», cit., p. 28.
47 Si veda di G. Benvenuti, Il romanzo neostorico italiano, cit., e tra i vari, i contributi di G. Benvenuti, M.A.

Bazzocchi, F. Manai e T. Skocki, in S. Contarini, G. Pias, L. Quaquarelli (a cura di), Coloniale e Postcoloniale nella
letteratura italiana degli anni 2000, in «Narrativa», 2012, n. 33-34.
48 E. Flaiano, Tempo di uccidere (1947), Milano, Rizzoli 1973.
49 Si vedano R. Bonavita, Lo sguardo dall‟alto. Le forme della razzizzazione nei romanzi coloniali e nella narrativa esotica,

in La menzogna della razza, il Mulino, Bologna 1994; Id. Spettri dell‟altro. Letteratura e razzismo nell‟Italia
contemporanea, il Mulino, Bologna 2009; G. Benvenuti, Il romanzo neostorico italiano, cit., e Da Flaiano a Ghermandi.
16
dell’immaginario esot ico fin-de-siècle, alla Pierre Loti, fa da sfondo agli
stereotipi di marca fascista: l’immaginario della civilizzazione di un’alterità
barbara, il culto dell’energia dominatrice e la rappresentazione della donna
nera, oggetto sessuale associato a immagini reificanti e a metafore derivanti
dal campo semantico del mondo animale. Dagli eroi piatti e poco verosimili
di queste narrazioni, si passa con Flaiano a una prosa che mette in scena la
dimensione esistenziale dell’essere -gettato nell’assurdità dell’esperienza
coloniale, in uno spazio e in dive nire storico irriducibile alla
comprensione. L’avventura del protagonista del romanzo sembra
riverberare le parole di Giacomo Debenedetti:

Nell’epica dell’esistenza, il personaggio è abbandonato da tutto, in mezzo a


un mondo anch’esso abbandonato da tutto , e tr a i due non è possibile
l’intesa, visto che si presentano l’uno all’altr o come assurdi. Il mondo ha
cessato di risponder e al personaggio; ciò che succede a costui apparirà
quindi gr atuito 50.

Nella discesa agli inferi de lla notte coloniale si consuma «il divorzio
tra il protagonista e ciò che gli succede », «tra l’uomo e il suo destino ».
L’esperienza narrata dipinge lo scollamento tra il protagonista e l’universo
romanzesco in cui si inscrive, in un passaggio esistenziale segnato da una
perdita del senso del mondo e dell’esistenza. Com’è noto, in Tempo di
uccidere l’esperienza dell’autore in Etiopia durante la campagna d’Italia è
trasfigurata attraverso il modo finzionale e rielaborata in un romanzo
dominato da una forte esperienza e atmosfera esistenz iale che lo avvicina
per stile e tematiche ad altri autori europei come Sartre e Camus. La
rappresentazione dell’altro da sé si sposta dall’esterno all’interiorità del
personaggio-uomo, mentre il tema dell’alterità si declina nei motivi della
malattia, classicamente associata ai fatti dell’inconscio.

Riscritture postcoloniali, in S. Contarini, G. Pias, L. Quaquarelli (a cura di), Coloniale e Postcoloniale nella letteratura
italiana degli anni 2000, cit.
50 G. Debenedetti, Il personaggio-uomo, Il Saggiatore, Milano 1970, p. 112.

17
Se nella tragedia di Racine (1677) il conflitto è tra l’interiorizzazione
della Legge suprema (il divieto dell’incesto, fondamento della civiltà, e di
qui la portata immensa della tragedia) e il desiderio « integrale, assoluto,
gratuito, fine a se stesso » del personaggio eponimo 51, nella coscienza del
protagonista di Tempo di uccidere confliggono istanze opposte che si
riferiscono al contesto storico -politico illustrato dal romanzo. La
condivisione di alcuni stereotipi del mondo coloniale nell’Italia fascista è
interpretabile, nella prospettiva aperta da Orlando, nel quadro della
repressione, come elementi negatori conformi all’ordine costituito. Tale
immaginario, connaturato al ruolo ricoperto dal personaggio, in missione
nel corso dell’invasione italiana dell’Etiopia, entra in dissonanza con la
percezione, talvolta vaga e opaca, che q ualcosa di quella impresa nazionale
non funziona. Questa coscien za – che nei termini di Orlando coinciderebbe
con il represso, con l’elemento socialmente negato – è accompagnata dal
senso di colpa, solo parzialmente rimosso, per il crimine commesso e per
l’esecrabilità della postura etica adottata rispetto alla donna uccisa, simbolo
di un’alterità incompresa, violata e soppressa. Così, se provo a mia volta a
riferirmi al binomio repressione/represso e alla griglia interpretativa di
Orlando, in Tempo di uccidere è possibile rintracciare uno sviluppo della
rappresentazione che va dalla situazione B, in cui la repressione copre
tutto il campo della coscienza a spese del rimosso 52, alla situazione A 53,
quando le difese del personaggio, indebolito dal corso degli e venti e
mutato dall’esperienza vissuta, lasciano emergere un campo di battaglia che
dalla coscienza del personaggio giunge a pervadere tutto il testo e si riflette
nella funzione destinatario 54.

51 F. Orlando, Due letture freudiane: «Fedra» e «Il misantropo», cit., p. 23.


52 Poiché nella situazione B si è ancora all’interno di una dimensione tutta psicologica, Orlando utilizza ancora
il termine “rimosso” anziché represso.
53 Per una sistematizzazione dei casi, si veda F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, cit., pp. 79-82.
54 Posto che «la “sostanza del contenuto” del testo è articolata dalla forma, la forma è caratterizzata da figure,

le figure sono riducibili», «la sola funzione del destinatario che qui ci interessi è la capacità di ridurre le figure
o più semplicemente di comprendere». F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, cit., pp. 79.
18
Resta da chiedersi quanto il testo stimoli l’empatia del lettore verso il
protagonista, che in seguito al crimine incorre in una serie di sventure.
L’empatia che il testo di Racine stimolava nei confronti di Fedra,
nonostante i terribili errori, costituì all’epoca elemento di scandalo, tanto
da indurre l’autore a pr endere le distanze dalla sua protagonista nel
paratesto. Come ricorda Orlando, si era ancora alle soglie dell’Illuminismo,
prima che un’opera d’arte potesse assumere « scopertamente contenuti
proibiti dall’ordine costituito o almeno non conformi ad esso quando non
minacciosi per esso» 55. Ovviamente il romanzo di Flaiano, opera del
Novecento, non è corredato da nessuna introduzione di tipo morale o
ideologico, e data l’instabilità dei significati evocati dal testo, tutt’oggi è
soggetto, com’è giusto che sia, a interpretazioni diverse sui significati
incarnati nel punto di vista dell’io narrante 56. L’ambiguità, che potrebbe
risultare disturbante, riguarderebbe la postura etica dell’autore nella
rappresentazione del mondo coloniale, il significato della messa in s cena di
alcune immagini sterotipate, come la forte analogia tra la natura e i nativi,
la loro sottomissione e passività, la concezione del tempo delle donne
etiopi o la muta animalità da queste evocata. In questo senso, una
ricognizione dell’opera generale di Flaiano dissiperebbe presto alcuni dubbi
sulla sua intenzionalità e sull’acutezza della sua critica sociale 57. La
rappresentazione critica dell’esperienza coloniale e il racconto di una storia
diversa da quella tradizionale – e a proposito di doppia tra dizione, qui mi
riferisco sia ai testi di letteratura coloniale precedente sia all’immaginario
propagandato del regime – sono gli elementi leggibili come il “represso”,
che filtra attraverso una serie di indizi “conservatori”, appartenenti
all’ordine costituito, ovvero l’ideologia del regime fascista, sessista e
colonialista. Parafrasando Orlando, la storia repressa non avrebbe potuto

55 F. Orlando, Due letture freudiane: «Fedra» e «Il misantropo», cit., p. 26.


56 Si veda G. Benvenuti, Riscritture coloniali: da Flaiano a Ghermandi, cit.
57 Si veda G. Ruozzi, Ennio Flaiano. Una verità personale, Carocci, Roma 2012.

19
essere accolta come contenuto nell’opera letteraria senza che questa
accogliesse insieme il modello formale capace di filtra rla 58. In riferimento
alla nostra domanda sulle modalità peculiari della letteratura per il
racconto della storia, è interessante cosa dice Orlando quando rileva come
nella Fedra

la contraddizione im pr ont[i] di sé tutto il testo, imponendovisi nella «forma


del contenuto » secondo il modello della negazione freudiana. Ed è a questo
livello, non a quello della mater ia, che il testo si qualifica come letteratura;
è una analisi di questa «forma del contenuto» la mia, di cui affermavo […]
che si dovr ebbe pot erla trascriver e in termini di figure 59.

Tornando a Tempo di uccidere, incarnato nella visione colonialista dei


militari, l’elemento della repressione è dominante e interiorizzato dal punto
di vista del protagonista, ma avversato da tutta una serie di con traddizioni
interiori e costanti simboliche esterne. Seguendo questo schema, quando il
represso sta confinato nell’inconscio, la contraddizione è fra l’inconscio e
la coscienza (situazione “A”); quando penetra la coscienza, rendendola
campo di battaglia, l o scenario muta nella situazione “B” 60.
A differenza della scrittura della storia, il linguaggio letterario non è
tenuto a fornire una interpretazione univoca dei fatti ma può lasciare
spazio al non detto, alla polisemia; in virtù di questo, il narratore del
romanzo di Flaiano nel descrivere i nativi esprime l’incapacità del
protagonista di penetrare le loro menti, che resistono, opache, alla
descrizione. L’io narrante afferma negando; afferma l’esotica fisicità
femminile e descrive Mariam incastonata e mu ta nella natura, come una
propaggine dell’ambiente. Tuttavia, al tempo stesso, l’autore decostruisce
la retorica del paesaggio. Sebbene l’ideolog ia fascista e colonialista non sia
messa in discussione apertamente dall’io narrante, l’instabilità dei

58 Si veda F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, cit., p. 28.
59 Ivi, pp. 75-76.
60 Ivi, pp. 81, 82.

20
significati, la mutevolezza nella rappresentazione dei personaggi e dei
paesaggi – visualizzati in modo differente a seconda dello stato emotivo, e
di conseguenza cognitivo, del protagonista – è legata alla contraddizione
interiore che scinde il personaggio e imp ronta di sé tutto il testo 61. . È in
questo doppio movimento, che procede per associazioni e scarti
improvvisi, che si profila il balenare di una critica delle ragioni del
colonialismo e di una coscienza storica, soffocata e associata a una serie di
costanti simboliche che costellano il testo e rimandano al senso delle
ingiustizie osservate e commesse.

5. Dal represso al sommerso formale

Sessant’anni dopo Tempo di uccidere, leggiamo Regina di fiori e di perle :


romanzo autobiografico di Gabriella Ghermandi, il cui inizio ci trasporta
nella Addis Abeba degli anni Ottanta, con i racconti che Yacob,
l’autorevole anziano della famiglia protagonista, fa alla nipote del tempo
dell’invasione degli italiani. Attraverso un mosaico di storie, il racconto
mette in scena la dimensione del racconto orale, che si riverbera nel futuro
della narratrice che a sua volta racconterà. Dalla portata privata e collettiva
e dalla prospettiva dell’ex colonia, la trasmissione di memorie che vanno a
colmare pezzi di storia mancante è tematizzata nel romanzo insieme al
divenire cantastorie della protagonista.

E loro, i tr e vener abili anziani di casa, me lo dicevano sempre negli anni


dell’inf anzia, durante i caffè delle donne: «Da grande s ar ai la nostra
cantor a». Poi un giorno il vecchio Yacob mi chiamò nella sua stanza, e gli
feci una promessa. Un giuramento solenne davanti alla sua M adonna
dell’icona. Ed è per questo che oggi vi r acconto la sua storia. Che poi è
anche la mia. Ma pure la v ostr a 62.

61 Si vedano le riflessioni di Orlando su Fedra, ivi, p. 75.


62 G. Ghermandi, Regina di fiori e di perle, cit., p. 299.
21
Poiché uno dei fili che connette Regina di fiori e di perle ad altri
romanzi è quello del recupero delle memorie e delle storie sommerse, è
utile ricordare come il concetto di sommerso sia a livello semantico
contiguo alla categoria del represso. Partendo dal presupposto che a
istituzionalizzare le narrazioni ufficiali sono le politiche culturali e della
memoria, se seguiamo Orlando, a livello di materia di contenuto, il
sommerso emerge nella forma l etteraria con il « sommerso formale ». Al
cuore del processo, la messa in figura può essere «di tutte le dimensioni e
specie», dalle figure del significante alle figure del racconto 63. Ad esempio,
il brano della pozza rappresentato da Flaiano – un evento che nell’Etiopia
coloniale poteva essere all’ordine d el giorno – in Ghermandi è rinarrato
dallo sguardo dei nativi e da un punto di vista femminile, in un doppio
movimento di riappropriazione delle voci dimenticate dalla storia 64. Come è
stato già messo in luce, la relazione intertestuale è diretta, l’autrice rinarra
la scena ribaltandola con il passaggio dalla passività all’ agency (agentività) 65.
Attraverso queste configurazioni testuali, il racconto di Regina di fiori e di
perle porta con sé un diverso punto di vista sulla storia coloniale
dell’Etiopia, così come Timira racconta il rimosso coloniale italiano in
Somalia e Le Rondini di Montecassino rievoca le storie dimentic ate nei
sentieri di quella montagna . L’ipotesi è che in que ste opere il sommerso
formale ritorni con la fondazione di altri punti di vista, che talvolta
nascono già a livello autoriale, nell’alterità espressa dalla dicitura «autrice
migrante» 66, altre volte a livello testuale, creati da un autrice o autore che

63 F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, cit., pp. 61-62.
64 G. Ghermandi, Regina di fiori e di perle, cit., p. 219.
65 Si vedano C. Lombardi-Diop, Tempo di sanare, in G. Ghermandi, Regina di fiori e di perle, cit., e G. Benvenuti,

Il romanzo neostorico italiano, cit.


66 Nell’uso del termine, mi riferisco al lavoro di Clotilde Barbarulli, che specifica: «con scritture migranti non

intendo sostenere un’etichetta legata alla sola tematica della migrazione, ma sottolineare un modo di scrivere
articolato tra lingue e culture, che arricchisce la cultura italiana» (C. Barbarulli, Scrittrici migranti: la lingua, il caos,
una stella, cit., p. 185).
22
rielabora in forma r omanzesca la propria esperienza, o ancora, che si situa
al di qua delle memorie oltre confine e ciononostante tenta di narrare il
punto di vista degli altri. Nei casi come Timira le due prospettive si
incrociano, e il punto di vista di Wu Ming 2 nel suo darsi, si descrive nel
suo spostarsi e nell’iter che la sua volontà attraversa per evitare le trappole
dello sguardo eurocentrico nel suo uscire da sé.

Il Colonialismo con la C maiuscola è uscito dalla porta della Storia so lo per rientr are
dalla finestra mascherato di carta velina. Il piccolo colonialista occupa in pianta
stabile i crani occidentali. Pensare di averlo sbattuto fuori è il modo migliore per farlo
prosperare. Se vogliamo metterlo all‟angolo e schiacciargli la testa, dobbiam o stare in
guardia ogni minuto. A me sono bastati due o tre ragionamenti contorti, per fargli
alzare la cresta e g uadagnare spazio 67.

In Timira a parlare è Isabella Marincola, la cui voce illumina un


versante della storia del passato coloniale italiano ancora poco
metabolizzato nella memoria culturale. Attraverso la vita di Isabella e di
Antar è raccontato il colonialismo italiano, i successivi processi di de -
colonizzazione e le difficoltà affrontate da profughi, migranti, o
semplicemente cittadini itali ani nati da unioni miste, a causa dell’ignoranza
e degli stereotipi che ancora funestano le credenze diffuse. Narrato a più
voci, il racconto biografico di Isabella illustra una genealogia di razzismi
vecchi e nuovi e decostruisce luoghi comuni legati al g enere, al sesso e
all’età, nonché all’idea della razza 68. Provenienti da diversi punti di vista, le
diverse immagini di lei rimandano e decostruiscono quell’equivalenza
radicata nel senso comune tra italianità e pelle bianca, in una visione in cui
la nerezza è percepita come disvalore . Attraverso il montaggio dei diversi
punti di vista dei personaggi con i materiali d’archivio, le tecniche
narrative del romanzo sono volte a trasmettere la complessità della storia

67 Wu Ming 2 e A. Mohamed, Timira. Romanzo meticcio, cit., p. 345.


68 Sulla decostruzione del binomio bianchezza-italianità, si veda G. Giuliani e C. Lombardi-Diop, cit. Sulla
ricostruzione degli stereotipi legati alla razzizzazione si veda R. Bonavita, cit.
23
mancante e gli effetti di questo vuoto sul pr esente. A segnalarne il
carattere metanarrativo, si staccano in corsivo le « lettere intermittenti » di
Wu Ming 2, che ci raccontano le origini del progetto e le riflessioni che lo
hanno accompagnato attraverso una scrittura che nel suo dispiegarsi svela
l’officina retrostante 69.
Il carattere metastorico del romanzo è dato dalla riflessione,
esplicitata nel testo stesso, sulla scrittura della storia e sulla
rappresentazione dell’ altra 70, che si intreccia a quello altrettanto dirimente
dell’autorialità. Poiché raccontare significa mettere in campo non solo la
selezione dei punti di vista, ma anche delle voci, al centro della lettera
intermittente n. 3 sono i timori che hanno preceduto l’individuazione della
strategia autoriale, della r isposta alla domanda “chi p arla?”

Il secondo timore era quello di tramutarmi in biografo o panegirista, alle prese con
un libro di memorie. Volevo sentirmi libero di intrecciare i tuoi ricordi in una trama,
cucendoli assieme col filo del dubbio, non della nostalgia.
Ecco perché ti ho pro posto di riversare la tua vita nel registratore e di lasciare a
me il compito di tradurre quei suoni su carta, per sottoporteli a trasformazione
avvenuta.
Ecco perché, lastricando di buo ne intenzioni la via dell‟inferno, convinto di fare il
bene e l ‟interesse di entrambi, sono venuto alle tue coste come un euro peo di altri
tempi, per trasformare le tue terre nella mia colonia 71.

Il seguito della lettera e la struttura del romanzo dimostrano che la


soluzione si è rivelata in una scrittura a più mani, in cui uno scrittore
bolognese, una donna italo -somala, testimone diretta del colonialismo
italiano e degli eventi traumatici postcoloniali, e il figlio di lei, migrante e
testimone di seconda generazione dei fatti storici narrati, raccont ano
insieme «l’eredita scomoda » 72 di una società che non ha affrontato il

69 Funzione svolta anche dalla sezione alla fine del romanzo, “Titoli di coda”.
70 Sulla rappresentazione dei subalterni, e in particolare della figura femminile come altra, si veda L. Curti, La
voce dell‟altra, Meltemi, Roma 2006.
71 Wu Ming 2 e A. Mohamed, Timira. Romanzo meticcio, cit., p. 344.
72 V. Asioli e G. Gabrielli, L‟eredità scomoda. Appunti sul passato coloniale, numero monografico di «Educazione

culturale. Culture, esperienze, progetti», 2013, XI, n. 3.


24
rimosso coloniale, ancora carica di pregiudizi e ancora in viaggio verso una
politica dell’accoglienza. Se la scrittura è collettiva, i punti di vista mutano
e con essi le voci. Isabella si narra/è narrata attraverso diversi sguardi, che
si alternano nell’uso delle diverse persone. L’utilizzo della seconda persona
svela lo sguardo di Wu Min g 2, per il quale la scrittura, seppur trasfigurata,
di una biografia si misura con la differenza altrui, di genere, di età e di
storia, ed è un modo per dichiarare il posizionamento dello sguardo:

Abbiamo trascorso un anno, poi tu hai pensato bene di las ciarmi da solo, e meno
male che la cena era già sul fuoco.
Antar e io non abbiamo dovuto far altro che sorvegliare la cottura, riempire i
piatti e invitare i passanti a mangiare con noi 73.

Ne risulta un oggetto narrativo ibrido, una composizione orchestra ta


su diversi livelli temporali e geografici, in cui inserti di documenti storici e
fotografie spezzano una narrazione che nasce dalla registrazione delle voci,
ma che poi si compone in una scrittura collettiva nella produzione e
polifonica nel risultato.
Nelle Rondini di Montecassino di Helena Janeczek la storia di famiglia si
intreccia ai mille sentieri della Battaglia di Montecassino, a sua volta punto
di snodo di storie diverse e partite da lontano. La scelta dell’evento è
emblematica, poiché la battaglia si svolse in Italia ma fu una storia che
travalicò i confini europei fino a riguardare i maori della Nuova Zelanda,
gli americani del Texas e soprattutto coloro che ebbero un ruolo centrale
nella presa di ciò che restava dell'abbazia: i «polacchi in esilio » dell'armata
del generale Wladyslaw Anders. La complessa architettura dell'opera
contiene la proliferazione di storie (vere e false), digressioni e prelievi da
documenti storici e si cementa grazie alla sua “costituzione” epica, intesa
certamente come accezione tonale e non come g enere letterario.

73 Wu Ming 2 e A. Mohamed, Timira. Romanzo meticcio, cit., p. 346.


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Il mosaico si compone sulla spinta di una memoria che definirei, con
le parole di Michael Rotbergh 74, multidirezionale, opposta alla memoria
competitiva che, nel lottare per il riconoscimento della memoria e della
identità di un determinat o gruppo sociale, esclude le memorie degli altri
gruppi. Se da una parte possiamo vedere un mosaico di storie sommerse,
dall’altra nella figura del padre vediamo il conflitto tra il racconto lecito
(all’interno della controstoria), che è quello dell’agency , della resistenza,
del corpo sul campo di battaglia, e il racconto del represso, che è quello della
paura, dell’umiliazione provata e della traccia incarnata della violenza
storica. È la sotto -trama rimossa che coincide con il racconto en abyme del
padre e che riemerge grazie alla trans -discorsività del romanzo:

Mio padr e non ha mai combattuto a Montecassino, non è mai stato un


soldato del gener ale Anders. Ma per quell'imbuto di montagne e valli e
fiumi della Ciociaria, forse, è passato qualcosa di mio: d i me per duta e
ritrovata in un punto geografico, un luogo che ci contiene tutti 75.

Tra le caratteristiche comuni individuate in queste opere figura


senz’altro la riflessione sulla posizione dalla quale provengono gli enunciati
storiografici, l’assunzione del punto di vista di chi è stato escluso dalla
narrazione egemone e una consapevole zza della tradizione della Master
fiction 76 che conduce a una presa di parola che rinarra la memoria del
colonialismo italiano attraverso il genere del romanzo neostorico. Questa
commistione di narratività e riflessione fa confluire queste opere nell’alveo
del romanzo metastorico come genere che risponde all’interrogazione
contemporanea di frammenti di storie somm erse. Si tratta di narrazioni,

74 Cfr. M. Rothberg, Multidirectional Memory: Remembering the Holocaust in the Age of Decolonization, Stanford
University Press, Stanford 2009.
75 H. Janeczek, Le rondini di Montecassino, cit., p. 15.
76 Il riferimento è al termine introdotto da S. Greenblatt nel suo libro Marvelous Possessions: The Wonder of the

New World (1991); trad. it. Meraviglia e possesso: Lo stupore di fronte al Nuovo Mondo, il Mulino, Bologna 1994.
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«scritture di resistenza » 77 che spingono «il lettore a confrontarsi con zone
della memoria rimaste inesplorate», costringendolo a «prendere posizione
rispetto a una mancata elaborazione del passato» 78.
Secondo Orlando, tra le caratteristiche dell’arte figura il prestare la
«voce a tutto ciò che resta soffocato nel mondo e alle ragioni che non
trovano riconoscimento d a parte degli ordini costituititi» . Se vogliamo
proseguire il suo ragionamento e leggere con questa lente i romanzi
neostorici Timira, Regina di fiori e di perle , Le Rondini di Montecassino ,
possiamo inferire che in queste opere il conflitto recato dalla d imensione
trans-discorsiva ripete, mutatis mutandis in certi passaggi, la messa in scena
delle situazione “B”, ovvero di u n caso di ritorno del represso « conscio ma
non accettato », già visto in Flaiano. Come introdotto in precedenza, lo
sguardo all’indietro implicito nella condizione di posteriorità ci permette di
traslare il concetto di “represso” in “sommerso”. Collegata a questo
aspetto, la tendenza contro -egemonica di queste narrazioni le rende
partecipi anche della situazione “C”, il ritorno di quello che a questo punto
possiamo chiamare sommerso «accettato ma non propugnato », puntuale
quando la contraddizione non è più interna al soggetto, « nella cui
coscienza il sommerso è ormai accettato», e chiama in causa al tri soggetti che
rappresentano «la società contro la cui repressione il sommerso individuale si
afferma» 79. Se il sommerso è propugnato ma non autorizzato dalla società,
come nel caso delle contro -narrazioni, siamo di fronte a un sommerso
propugnato (dal soggetto) ma non autorizzato (“D”) ; se invece è accolto da
uno o più codici interni all’ordine costituito (pezzi della società che
accolgono le voci degli altri), abbiamo a che fare con la situazione “E”.
Sempre nella prospettiva di una libera riattualizzazione della teoria di
Orlando, questo significa che in questi testi la contraddizione risiede tra

77 Cfr. C. Boscolo e S. Jossa (a cura di), Scritture di resistenza. Sguardi politici dalla narrativa italiana contemporanea,
Carocci, Roma 2014.
78 C. Boscolo, Da Mogadiscio a Montecassino: Memoria e identità, ivi, p. 47.
79 F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, cit., p. 80.

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individuo e società (situazione “C”); coinvolta la società, è fra minoranza
politica e ordine costituito (situazione “D”), e trovato posto nell’ordine
costituito, è fra uno o più codici di com portamento (“E”).
È utile sottolineare che nel riada ttamento della sua teoria, per
«minoranza » considero le voci che si riappropriano delle storie mancanti e
delle memorie perdute – e per «ordine costituito », intendo la narrazione
costituita che si è fatta tradizione nella Master history. Il passaggio dei
personaggi dei romanzi da un confine all’altro, da una lingua all’altra, da un
contesto sociale all’altro, moltiplicato nel passaggio del tempo e nel cambio
delle generazioni, proietta l’immagine percepit a dai loro interlocutori in
modo di volta in volta diverso e consustanziale rispetto al punto di vista
osservante, espressione di una particolare cultura o ideologia. In Timira lo
vediamo nello sguardo delle suore che accompagnano la bambina nel
viaggio dalla Somalia all’Italia, in quello della matrigna Flora o, durante
l’esperienza di Isabella come modella, di Indro Montanelli, che suggerisce
all’artista di ritrarre Isabella con una banana in mano.
La riattualizzazione del concetto di Orlando, con il passa ggio da
“represso” a “sommerso”, si innesta sulla constatazione che lo studioso
scrisse Per una teoria freudiana della letteratura negli anni Settanta a ridosso
del Sessantotto e in un clima fortemente dominato dai concetti di lotta e
repressione. Oggi, in un’epoca contrassegnata dal sentimento di
posteriorità, in cui uno dei temi ricorrenti a livello storico e narrativo è
quello del recupero di ciò che è andato perduto, smarrito nei vuoti della
storia, può essere utile l’attualizzazione degli strumenti elaborati da
Orlando nella direzione del perduto, sommerso. Lo studioso auspicava un
proseguimento di quel lavoro, per lui lontano dall’essere delimitato dalla
sua ripresa della celebre formula freudiana di ritorno del rimosso. A questo
proposito, egli citava la possibilità, tra le varie, di un ritorno del superato,

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che oggi potrebbe essere prezioso nell’ambito dei Trauma Studies 80, sulla
rielaborazione e scrittura del trauma, privato e storico.
Fra le altre, le opere menzionate si collocano in un’epoca che vede un
romanzo storico fortemente influenzato dalla storiografia degli anni
Settanta, e le cui posizioni autoriali, oltre a essere immerse nella
dimensione della posteriorità, devono misurarsi anche con la scelta del
posizionamento, del “ da dove raccontare”, e intersecare le problematiche
storiografiche con quelle della geografia culturale. Nell’intersezione tra
tempo e spazio, il punto di vista stesso, con la sua possibilità di selezionare
e scartare che cosa raccontare, diventa cruciale nell’evolversi di un canone
storiografico che si riflette su quello letterario. Evolversi che si riverbera
nel coincidere del ritorno del sommerso nella materia e nella forma del
contenuto. Ancora una volta, riscrivendo Orlando, potremmo dire che solo
in forma di ritorno del sommerso formale, la riscrittura della storia può entrare
con piena validità estetica in un discorso letterario 81. E nell’ottica del testo
letterario come campo di battaglia psichico, con le parole di Michel de
Certeau nell’Écriture de l‟histoire , immaginiamo lo spazio letterario come « il
ritorno dell’altro nel discorso che lo interdice ».

80 Gli studi sul trauma, nati all’interno dei Memory Studies, sono diventati un filone importante della teoria
critica contemporanea. «Il trauma, in altre parole, riporta la storia e il corpo nel testo, e fa della lettura e
dell’interpretazione un atto potenzialmente politico» (C. Demaria, Il trauma, l‟archivio e il testimone, cit., p. 29).
Alcuni degli autori specialisti di questo ambito: Cathy Caruth, Cristina Demaria, Roger Luckhurst, Dominick
LaCapra, Paul Antze, Michael Lambek, Anne Whitehead.
81 Il brano originale di Orlando dice: «[…] Solo in forma di ritorno del represso, intatta o rovesciata,

l’ideologia [può] entrare con piena validità in un discorso letterario» (Per una teoria freudiana della letteratura, cit.,
p. 72).

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