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Priamo Nella Tenda di Achille

Dopo che Achille aveva ucciso Ettore mentre combatteva valorosamente in difesa della patria, trascinò il cadavere di quello nella polvere fino
all'accampamento dei Greci.
A quel punto, Priamo, grazie all'aiuto delle tenebre, si affrettò ad andare presso Achille, e tentò di ottenere il cadavere del figlio per mezzo di doni
preziosi. Dopo che era entrato nella tenda di Achille, il re di Troia si inginocchiò supplicante ai piedi di lui, e mentre versava molte lacrime disse: O
Achille, se tu (ti) ricordi del tuo vecchio padre, restituiscimi il misero cadavere del mio Ettore! La furia di Marte mi ha portato via pressoché tutti i
figli in battaglie crudeli: tu hai ucciso anche Ettore, mentre con singolare valore difendeva la nostra città.
Rispetta il dolore di un padre, accetta i miei doni preziosi! Offri un ultimo conforto alla vecchiaia dello sventurato Priamo! Le parole del padre che
piangeva spinsero alla compassione l'animo feroce di Achille: con premuroso affetto tirò su il vecchio re e gli restituì il cadavere del figlio.

Morigaratezza di Agesilao
Presso i Greci e i Romani gli uomini irreprensibili e morigerati furono sempre in grande considerazione.
Per questo Agesilao, il re degli Spartani, venne colmato di lodi non solo da tutti gli altri storici, ma anche dall'Ateniese Senofonte, l'allievo di Socrate,
sia per via dell'eccezionale valore in guerra, sia per via della serietà e della parsimonia. Un severo stile di vita e le continue esercitazioni del fisico
conservarono Agesilao prestante anche nella vecchiaia.
Da anziano, infatti, egli passeggiava durante l'aspro inverno senza la tunica, riparato dal solo mantello, rimproverando energicamente ai fanciulli la
fiacchezza. La casa di lui non possedeva alcun segno dell'amore per il lusso, al contrario, (possedeva) molti segni di morigeratezza.

L’attore Polo
In terra Greca vi fu un attore, illustre poiché spiccava su tutti gli altri sia in fatto di mimica e chiarezza della voce, sia in fatto di avvenenza: aveva
nome Polo, ed egli recitò spesso tragedie di celebri poeti. Polo, a causa della morte, perse l'unico figlio. Dopo che lo aveva pianto a sufficienza, (-
l'attore Polo) tornò alla professione dell'arte. In quel periodo, poiché era in procinto di interpretare l'Elettra di Sofocle ad Atene, doveva maneggiare
un'urna con le ossa di Oreste; infatti, proprio come narra la tragedia, Elettra, mentre compiange la morte del fratello, porta un'urna, la quale contiene i
resti di lui.

Cesare insegue vergingetorice ad Alesia


Messa in fuga tutta la cavalleria, Vercingetorige ricondusse nell'accampamento le truppe che aveva posizionato davanti all'accampamento, e subito
incominciò a marciare verso Alesia, che è una città dei Mandubi, e ordinò che le salmerie venissero trasportate rapidamente fuori dall'accampamento.
Cesare, una volta trasportate le salmerie sul colle più vicino e lasciate a difesa due legioni, dopo aver ucciso circa tremila nemici della retroguardia, il
giorno seguente allestì l'accampamento presso Alesia. Esaminata l'ubicazione della città e intimiditi i nemici, poiché essi erano stati respinti dalla
cavalleria, egli incitò gli animi dei soldati e decise di circondare la città con un vallo.

Eroica Morte del console Bruno


Dopo che il re Tarquinio fu scacciato dalla città e fu condannato in esilio a Roma furono eletti due consoli, Giunio Bruto e Tarquinio Collatino.
Ma i Romani, che ora avevano conseguito la libertà, la persero per poco. Tarquinio durante la guerra aperta si sforzò di recuperare il regno. Tra i
cavalieri era presente Arrunte, il figlio di Tarquinio: lo stesso re andava dietro con le legioni. I consoli Romani sotto le mura di Roma si trovarono
contro il nemico. Giunio Bruto per esplorare andò avanti con la cavalleria. Arrunte quando riconobbe Bruto arrabbiato disse "quello è l'uomo che ci
scacciò dalla Patria; ecco costui decorato con le nostre insegne avanza maestosamente. ” Allora spronò il cavallo con gli speroni e si diresse verso lo
stesso console: Bruto si gettò avidamente nello scontro.
Si lanciarono con gli animi talmente ostili che entrambi trafitti dalla lancia caddero contemporaneamente; Tarquinio tuttavia fu messo in fuga. L’altro
console Collatino, fece ritorno a Roma e celebrò il trionfo. I Romani fecero brillare Bruto come padre e lo onorarono come liberatore.

Decio Mure si sacrifica per la patria


P. Decio Mure sotto il console Valerio fu tribuno militare. L'esercito Romano essendo
chiuso nella strettoia, Decio, osservò un colle prominente, che si elevava al di sopra dell'accampamento dei nemici. Dopo aver occupato il colle con
un piccolo presidio gettò dall'alto in basso sull'esercito dei nemici con un attacco notturno tanto terrore, che nessuno osò uscire al di fuori della
trincea; così avvenne che il console poté evadere dalla strettoia. Egli stesso a notte fonda per i presidi dei nemici ritornò salvo presso i suoi. Nella
guerra Latina il console fu con Manlio Torquato. Una volta l'oracolo preannunciò in sogno ai due consoli che avrebbe vinto quel popolo, il cui
condottiero fosse caduto in battaglia. Allora Decio disse al collega: "quello tra noi, la cui ala sarà spossata in battaglia, si offrirà nelle mani delle
divinità." E così Decio, dato che l'ala dello stesso era affaticata, offrì se stesso nelle mani delle divinità e dei nemici. Armato montò subito a cavallo e
si lanciò in mezzo ai nemici. Crollò ricoperto dai dardi e restituì la vittoria ai suoi.

Un Esempio di disciplina implacabile


Ormai i Romani cominciavano ad essere potenti.
Infatti si conduceva una guerra a centotrenta miglia circa da Roma, presso i Sanniti, che si trovano in mezzo tra il Piceno, la Campania, e la Puglia e
che odiavano i Romani. L. Papino Cursore poiché era partito con la carica di dittatore per quella guerra, cominciò a comportarsi con grande severità.
Costui, poiché ritornava a Roma, ordinò a Q. Fabio Massimo, comandante dei cavalieri, che aveva lasciato presso l'esercito, di non combattere in sua
assenza. Quello conosceva la severità del dittatore, tuttavia, trovata l'occasione, volle combattere e sgominò i Sanniti.
Condannato a morte per questa ragione dal dittatore, per aver combattuto nonostante il suo divieto, fu liberato in virtù del grande consenso dei soldati
e del popolo. Contro Papirio si scatenò infatti una rivolta così grande che per poco non venne ucciso lui.

Trattative tra Annibale e Filippo


Tre anni dopo che Annibale era arrivato in Italia, il console M.
Claudio Marcelllo fu mandato dal senato a combattere contro Annibale presso Nola, città della Campania. Infatti Annibale ormai aveva occupato
molte città romane in Puglia, Calabria, dei Bruzi e molte altre stavano per essere occupate. Intanto anche Filippo, re dei macedoni, alleato di
Annibale, promise il suo aiuto contro i Romani, se Annibale dist5rutta Roma avesse portano aiuto a Filippo contro i greci che infatti avevano
intrapreso la guerra contro Filippo per recuperare la libertà. Dopo che gli alleati di Filippo furono catturati e la cosa fu scoperta dai romani, il senato
mandò da Filippo in Macedonia M. Valerio Lavinio che agì con i re della lega. Poi quando anche la Sardegna, insidiata da Annibale che i romani
abbandonarono, fu mandato nell’isola T. Manlio Torquato, che compose le controversie, e nuovamente esercitò la potestà romana sulla Sardegna.

Vittoria di Silla nella guerra civile


Lo schiavo Androclo e il leone
Nel circo di Roma un feroce ed enorme leone avendo risparmiato la vita ad un servo Androclo, che era stato condannato a morte, l'uomo quando fu
interrogato narrò questa storia straordinaria: "io in Africa, costretto alla fuga a causa delle ingiuste bastonate del padrone, mi allontanai verso il
deserto dei terreni sabbiosi.
In quel luogo, bruciando il sole, imbattendomi in una spelonca appartata, mi nascosi qui. E dopo non molto giunse alla stessa spelonca questo leone,
con un piede debole ed insanguinato, che emetteva gemiti e mormorii che esternavano il dolore della ferita (per la ferita). Io in un primo momento,
quando vidi il leone che giungeva, atterrito rimasi attonito ma poi il leone, vedendo che ero spaventato, mi si accostò mite e mansueto e mi mostrò il
piede e me lo pose in grembo, come per chiedere aiuto.
Allora io strappai via l'enorme spina, che si era conficcata nella pianta del suo piede, e feci uscire premendo il pus dalla ferita. Così quello avendo
trovato sollievo grazie al mio intervento e medicamento, messo il piede tra le mie mani, si sdraiò e si assopì; e da quel giorno per tre anni io ed il
leone abbiamo vissuto insieme nella stessa spelonca.

Un antico caso di plagio


Tolomeo, re dell'Egitto, che aveva fondato la grande e famosa biblioteca di Alessandria, un giorno dedicò i giochi ad Apollo, dio delle arti e alle nove
Muse, [ed] aveva destinato ai vincitori dei grandi premi. E così nel giorno dei giochi, Aristofane e altri giudici si misero a sedere ai propri posti: c'era
la gara dei poeti. Dopo che quelli recitarono i loro scritti, sei giudici all'unanimità attribuirono il primo premio a colui che era piaciuto moltissimo a
tutto il popolo; tuttavia ad Aristofane quello non gli era assolutamente piaciuto: questi infatti - affermava Aristofane - poiché aveva recitato i suoi
carmi, è sicuramente un poeta, invece gli altri che avevano declamato [carmi] appartenenti ad altri, non possono essere considerati poeti ma attori. E
quindi costoro, quando Aristofane estrasse dalle librerie innumerevoli volumi e confrontò quegli scritti con i carmi di coloro che avevano gareggiato,
essi confessarono il plagio. E così il re li accusò di furto e (li) proclamò colpevoli.

Chi ha inventato le lettere dell’alfabeto?

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Vittoria di Caio Duilio a Milazzo
Nel quinto anno della guerra Punica, che veniva combattuta contro gli Africani, per la prima volta i Romani, sotto i consoli Gaio Duilio e Gneo
Cornelio Asina, combatterono in mare, dopo che furono preparate delle navi rostrate, che chiamano "liburne". Il console Cornelio, raggirato con
l'inganno, venne catturato dagli Africani sull'isola di Lipari, ma Duilio, una volta intrapreso lo scontro, vinse il generale dei Cartaginesi, catturò
trentuno navi, ne affondò quattordici, catturò molti nemici o li massacrò.
Nessuna vittoria fu più gradita ai Romani perché, mai sconfitti sulla terraferma, adesso erano parecchio potenti anche in mare. Sotto il consolato di
Gaio Aquilio Floro e Lucio Scipione, Scipione saccheggiò la Corsica e la Sardegna e, portati con sé molti prigionieri, celebrò il trionfo.

Caio Dulio fa installare i corvi sulle liburne


Il console Caio Duilio sconfisse per primo in una battaglia navale i Cartaginesi.
Egli, dato che le navi Romane erano superate in velocità dalle navi dei Cartaginesi, piantò in esse degli uncini di ferro, chiamati corvi. Questa
macchina fu di grande utilità per i Romani; infatti i soldati Romani, gettati dentro quei corvi, catturavano la nave nemica, poi, gettato sopra un ponte,
salivano su di essa, e con la spada combattevano come se fossero stati in una battaglia terrestre; Per tale motivazione i Romani, che erano abili nella
forza, ebbero facile la vittoria. nella battaglia presso Milazzo furono catturate trenta navi nemiche, sommerse tredici. Duilio fece ritorno a Roma da
vincitore, e celebrò per primo un trionfo navale. Inoltre a Duilio dal senato fu concesso di far ritorno a spese dello stato per sempre in patria, con il
flautista che lo accompagnava e i servi che portavano le fiaccole.

L’imperatore commodo gladiatore del circo


L’eroismo della gens fabia
I Romani erano tormentati dalle frequenti incursioni dei Veienti.
Allora trecento uomini nobili sotto i consoli C. Fabio e L. Virgilio, che erano della stessa gens Fabia, da soli osarono suscitare una guerra contro i
Veienti. Il console Fabio infatti, al seguito della schiera dei Fabii, si accostò al senato e disse: "i Fabii da soli vogliono compiere questa contesa". E
così mettendosi in cammino, tutti della stessa gens, tutti i nobili e coloro che poterono essere uno ad uno i condottieri di grandi eserciti, caddero tutti
in battaglia.
Uno soltanto sopravvisse di una così grande famiglia, colui che per l'età puerile non aveva potuto esser condotto al combattimento.

Uno schiavo rifiuta di assassinare Mario


Silla, radunato l'esercito, tornò a Roma e la occupò con le armi, cacciò e - proposta una legge - condannò all'esilio gli autori dei pessimi rivolgimenti
politici, tra i quali Mario, con il figlio e P.
Sulpicio. Dei cavalieri, avendolo inseguito, sgozzarono Sulpicio presso le paludi di Laurento, e la sua testa, alzata ed esibita davanti ai rostri, fu come
un presagio dell'imminente proscrizione. Mario, estratto - nudo e sporco di fango, con soltanto gli occhi e le narici che si distinguevano - da un
canneto nei pressi della palude di Marica, nella quale si era rifugiato fuggendo, su ordine dei duumviri fu condotto nel carcere di Minturno dopo che
gli fu messo al collo un laccio di cuoio.Ad ucciderlo fu mandato, con una spada, uno schiavo pubblico di nazionalità germana, il quale, per caso, era
stato fatto prigioniero proprio da Mario al tempo della guerra cimbrica. Costui, non appena riconobbe Mario, esprimendo con alti lamenti lo sdegno
per la situazione di un uomo tanto grande, gettata a terra la spada, fuggì dal carcere. Allora i cittadini, dopo avergli dato il necessario per il viaggio
preparato per il viaggio e donato una veste, lo fecero imbarcare su una nave. Ma egli, raggiunto il figlio presso l'isola di Enaria, prese la direzione
dell'Africa, dove tollerò una vita stentata in un tugurio tra le rovine di Cartagine.

Cneo Flavio pubblica i Fasti e codifica il diritto


Lo scriba Cneo Flavio, figlio di un liberto, nato da un'umile stirpe, ma per il resto magnanimo, uomo astuto ed eloquente, dopo che divenne edile
curule, si oppose sempre con fierezza contro i nobili che disprezzavano la sua umile origine.
Pubblicò il diritto civile, riposto nei santuari dei pontefici e propose i fasti intorno al foro Romano nell'albo affinché tutti sapessero quando potevano
andare dal pretore e utilizzare le leggi.
osò dedicare con la somma invidia dei nobili un tempio alla dea Concordia nello spazio di Vulcano. Una volta, essendo giunto per salutare un collega
malato, i giovani nobili, che erano seduti in quel luogo accanto al malato, secondo un comune accordo non si alzarono all'edile Flavio che era entrato.
Allora Flavio decretò che venisse portato il sedile curule e dall'alto della posizione del suo onore osservò quei giovani patrizi divorati dall'invidia.

Operazione di Cesare in Gallia


Cesare nei nove anni in cui fu in Gallia compì per lo più queste imprese.
Assoggettò in forma di Provincia tutta la Gallia, che era racchiusa nel passo del Pireneo e nelle alpi e nel monte Cebenna nei fiumi Reno e Rodano e
si estendeva in un doppio giro e trenta volte cento miglia, e gli impose per ogni singolo anno in nome dello stipendio 40 volte cento mila sesterzi per
ognuno. Come primo fra i condottieri Romani grazie al ponte costruito dai soldati attraversò il fiume Reno ed attaccò e sconfisse i Germani, che
abitavano al di là del Reno: e così i Germani non andarono più oltre del Reno e devastarono i confini dei Galli.
Cesare assalì anche i Britanni prima sconosciuti: li vinse in battaglia e gli ordinò di consegnare ai Romani le armi, il frumento e gli ostaggi.
Anche se conseguì svariate e famose vittorie, tuttavia sperimentò per tre volte la fortuna avversa: quando in Britannia la sua flotta fu quasi distrutta
dall'impeto di una tempesta, quando in Gallia presso Gergovia la sua legione fu dispersa e messa in fuga, infine quando nei confini dei Germani i suoi
legati Titurio e Arunculeo furono abbattuti con un'insidia.

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