Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
CAPITOLO 25
NASCITA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA
Si giunse alla guerra d’indipendenza quando in seguito ad una legge del 1774 il
Parlamento approvò il Quebec Act, la quale che assicurava libertà di culto per i
sudditi francesi cattolici del Canada, annesso alla Gran Bretagna dopo la Guerra dei
7 anni.
Questo provvedimento venne visto come un ulteriore violazione del patto
implicito tra le colonie e la madrepatria.
In risposta i rappresentanti delle 13 colonie si riunirono in un congresso a
Philadelphia e, ancora lontani dall’idea dell’indipendenza, cercarono una linea
moderata di conciliazione con la Gran Bretagna che prevedeva, da una parte azioni di
boicottaggio delle norme commerciali e fiscali, dall’altra, la petizione inviata al
sovrano Giorgio III di abrogare le leggi vessatorie.
Tuttavia, il sovrano rispose con la forza e iniziò la guerra d’indipendenza.
Il mese successivo sempre a Philadelphia si riunì un secondo congresso con i
rappresentanti delle 13 colonie che organizzarono un esercito comune sotto la guida
di George Washington. Sulle prime vinsero gli inglesi, ma l’arrivo di volontari
europei della Francia cambiò le sorti del conflitto a favore dei rivoltosi che
riportarono la prima vittoria a Saratoga e quella definitiva a Yorktown con l’aiuto
degli eserciti francesi e spagnoli.
Il 4 luglio 1776 il Congresso approvò la Dichiarazione d’indipendenza
stilata da Thomas Jefferson in cui si proclamava il diritto naturale dei popoli alla
vita, alla libertà, alla ricerca della felicità, diritti inalienabili che se un governo
cercava di ostacolare andava abbattuto.
Con il Trattato di Versailles del 1783 la Gran Bretagna riconobbe
l’indipendenza delle ex 13 colonie nord-americane che assunsero il nome di Stati
Uniti d’America e a George Washington fu dedicata la capitale.
6 anni dopo, nel 1789 entrò in vigore la Costituzione che in soli 7 articoli
sanciva la nascita di una Repubblica federale con la divisione dei poteri:
- legislativo affidato ad un Congresso formato da due Camere, di cui la Camera
veniva eletta direttamente dai cittadini in numero proporzionale alla popolazione
dello Stato, e il Senato in cui sedevano 2 rappresentanti per ciascuno Stato.
- esecutivo affidato al Presidente degli USA eletto ogni 4 anni che aveva
diritto di veto sulle leggi approvate dalle due Camere del Congresso
- giudiziario affidato alla Corte Suprema.
Seppur integrata e modificata, è ancora quella in vigore oggi negli USA.
CAPITOLO 26
LA RIVOLUZIONE FRANCESE
Questo doppio fallimento segnò l’inizio del regno di Luigi XV, pronipote del Re
Sole, che accettò la proposta del ministro delle finanze di istituire un catasto
fondiario al fine di frenare il fenomeno dell’elusione delle imposte e colpire le
proprietà fondiarie. Naturalmente anche questa proposta trovò l’opposizione del
Parlamenti (di Parigi e quelli provinciali) perché avrebbe significato l’abolizione
dei privilegi fiscali per la nobiltà e il clero. Il ministro proponente venne
licenziato.
Seguì poi il tentativo del ministro della giustizia Maupeou, il quale, attraverso una
riforma giudiziaria, cercò di ridurre il ruolo dei Parlamenti, con la promessa di
convocare gli Stati Generali. Il suo tentativo venne interrotto dall’ascesa al trono di
Luigi XVI che ripristinò i tradizionali poteri dei Parlamenti.
LA CRISI POLITICA
All’indomani della crisi del 1774/75 quando la carestia portò ad una serie di rivolte
popolari, con lo scopo di trovare appoggio nell’opinione pubblica circa la necessità
di istanze riformatrici, il ministro delle finanze rese pubblici i disastrosi bilanci
statali, un gesto clamoroso che gli costò le dimissioni.
Negli anni successivi la crisi politico-finanziaria si aggravò.
Nel maggio del1789 il sovrano Luigi XVI con i suoi ministri presero la
decisione di convocare dopo ben 175 anni gli Stati Generali.
Iniziò un dibattito molto acceso che ruotava attorno a due punti su cui c’era grande
incertezza: sul numero dei rappresentanti da attribuire al Terzo stato e sulle
modalità di voto degli Stati Generali, cioè se votare per ordine o per testa: optando
per la votazione per ordine clero e nobiltà sarebbero stati in vantaggio e quindi
avrebbe prevalso l’orientamento filoassolutistico.
Il sovrano Luigi XVI concesse il raddoppio del numero dei deputati del Terzo stato,
ma non concesse il voto per testa.
Il 17 giugno, rifiutando il voto per ordine, i rappresentanti del Terzo Stato, a cui si
erano uniti esponenti del basso clero, si proclamarono Assemblea nazionale,
cioè rappresentanti dell’intera nazione.
Il 20 giugno il Terzo Stato, con l’impegno di dare una costituzione alla Francia,
si proclamò assemblea nazionale costituente.
Il 14 luglio 1789, data simbolo della Rivoluzione francese, temendo un
possibile colpo di Stato da parte del sovrano, il popolo di Parigi prese la
Bastiglia, carcere parigino, simbolo odiato del dispotismo e della tirannia.
Prende il nome di Terrore una fase storica della Rivoluzione francese successiva alla
condanna a morte di Luigi XVI, che va dal 1793, anno in cui all’interno della
Convenzione i Montagnardi (la parte più radicale dei deputati giacobini che sedeva a
sinistra), trionfarono sui Girondini (la parte più moderata che sedeva a destra),
portando all’arresto di 29 girondini accusati di essere controrivoluzionari. E terminò
nel 1794 quando con un colpo di Stato il capo dei giacobini rivoluzionari,
Robespierre venne arrestato e ghigliottinato, ponendo fine alla sua dittatura
personale.
Dopo che la Convenzione presa d’assalto dalla folla fu costretta a ordinare l’arresto
dei 29 giacobini, venne approvata nel 1793 la seconda costituzione della Francia
rivoluzionaria, la cd Costituzione dell’anno I, molto avanzata in senso
democratico, la quale prevedeva il suffragio universale maschile e la divisione dei
poteri.
Tuttavia, essa non entrò mai in vigore perché la situazione precipitò ulteriormente e
ci fu la presa di potere da parte del Comitato di salute pubblica, un organo dai
poteri eccezionali che si sostituì alla Convenzione, formato da 9 membri, tutti
membri della Montagna, capeggiati da Robespierre.
La fase del terrore iniziò nel 1793 e fu caratterizzata dall’annientamento fisico
e sistematico di tutti gli avversari politici, ghigliottinati a migliaia dai Tribunali
rivoluzionari appositamente istituiti dal Comitato che, secondo la “Legge dei
sospetti”, emettevano condanne a morte a seguito di processi sommari, senza
possibilità di difesa per i sospettati che spesso erano gli stessi giacobini accusati di
essere troppo moderati, come accadde a Danton e Murat, entrambi ghigliottinati.
In questa fase delirante si adottò un nuovo calendario (il calendario termidoro), si
lanciarono campagne di scristianizzazione con la chiusura delle chiese e la diffusione
del culto della Dea Ragione.
Per arginare la disastrosa situazione economica, si stabilì un calmiere dei prezzi e
si adottarono misure di controllo sulla produzione.
La fase del Terrore terminò nel 1794 (il 9 termidoro secondo il nuovo
calendario adottato) quando nella notte tra il 26/27 luglio, con un colpo di stato
organizzato con la complicità di alcuni membri del Comitato, Robespierre venne
arrestato e ghigliottinato, ponendo fine alla sua dittatura personale che aveva
scandalizzato e terrorizzato l’opinione pubblica.
RIVOLUZIONE FRANCESE
CAPITOLO 27
NAPOLEONE BONAPARTE
pag. 1
pag. 2
pag. 3
LE RIFORME NAPOLEONICHE
Con Napoleone cominciò per la Francia una fase di grandi riforme: egli riordinò le
finanze pubbliche e il sistema giudiziario attraverso l’emanazione di Codici del
diritto (civile, penale, del commercio).
Nel Codice Civile del 1804 venne stabilita l’uguaglianza dei cittadini di fronte la
legge, la laicità dello Stato, la libertà individuale e altri principi scaturiti dalla
rivoluzione. Rafforzò l’apparato della polizia per garantire l’ordine pubblico, ma
anche per reprimere ogni forma di dissenso, utilizzando anche un’efficiente censura.
LA MONARCHIA AMMINISTRATIVA
pag. 4
LE CONSEGUENZE DELL’EGEMONIA FRANCESE IN EUROPA
Nel 1810 la Russia, dopo una fase di alleanza con la Francia, decise di riprendere i
commerci con la Gran Bretagna rompendo il blocco continentale. Nel 1812 in
risposta Napoleone invase la Russia con un esercito di 700 mila soldati occupando
Mosca nel mese di settembre. L’inverno era ormai alle porte e Mosca già
abbandonata prima del suo arrivo, venne data alle fiamme affinchè l’esercito
invasore non trovasse approvvigionamenti.
Le truppe francesi furono costrette al ritiro prima del gelo invernale, ma
ripetutamente attaccate ai fianchi, stremati dal freddo e dalla fame, furono
costrette al ritiro, ma rientrarono in Francia meno di 500mila uomini.
Incoraggiati da questa prima sconfitta napoleonica, le potenze europee organizzarono
la sesta coalizione antifrancese, mentre in Spagna la guerriglia diventò una
rivolta generale che portò alla cacciata dei francesi e al ritorno sul trono dei Borbone.
Napoleone, dopo alcuni effimeri successi, venne sconfitto a Lipsia nel 1813 (città
tedesca). Le forze alleate invasero la Francia e occuparono Parigi, così che Napoleone
fu costretto ad abdicare e fu proclamata la restaurazione della monarchia dei Borbone,
con al trono il fratello del re ghigliottinato Luigi XVI, ovvero Luigi XVIII, situazione
che portò ad un clima di insofferenza e di malcontento della popolazione francese.
Napoleone venne esiliato nell’isola d’Elba da cui tentò la fuga alcuni mesi dopo,
accolto trionfalmente a Parigi sia dalla popolazione che dall’esercito. Mentre il re
Luigi XVIII fu costretto alla fuga, le potenze europee organizzarono la settima e
ultima coalizione antifrancese che segnò la
pag. 6
CAPITOLO 28
LA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Con l’espressione “prima rivoluzione industriale “ si indicano sommariamente le
radicali e irreversibili trasformazioni delle strutture produttive e sociali europee che
si verificarono a partire dall’Inghilterra tra il 1760 e il 1830, trasformazioni che
avrebbero segnato una costante accelerazione nella crescita economica inglese.
E’ nel settore tessile, in particolare quello cotoniero, che si registrarono i
primi significativi cambiamenti nei modi di produzione.
Nella prima metà del 700 i panni di cotone realizzati in India e importati dalla
Compagnia inglese delle Indie avevano cominciato a conquistare il mercato
europeo, americano e africano grazie a prezzi più concorrenziali rispetto ai
manufatti di lana e di seta la cui produzione vantava una lunga tradizione.
Ben presto sorsero i primi cotonifici in Inghilterra e l’India passò
progressivamente da area produttrice a mercato di sbocco dei panneggi di cotone
inglesi.
L’esigenza di incrementare la produzione e compensare così il costo della
manodopera che in Europa era più alta rispetto ai Paesi asiatici, portò alla ricerca di
tecniche di produzione capaci di velocizzare le fasi di lavorazione del cotone e della
lana che permettessero quindi un abbattimento dei costi di produzione.
Il cotone che è una fibra vegetale molto resistente si prestava meglio alla
meccanizzazione rispetto alla lana che è una fibra di origine animale.
La produzione manifatturiera del cotone e della lana si divide sostanzialmente in 4
fasi:
- la preparazione in cui avviene la pulizia e la pettinatura del materiale
grezzo che consente di porre le fibre in parallelo fra loro;
- la filatura in cui le fibre vengono trasformate in filo;
- la tessitura in cui il filo viene intrecciato per la lunghezza e la larghezza;
- la finitura che può comprendere il candeggio, la tintura o la stampa del
tessuto.
I primi progressi tecnologici si ebbero proprio nella fase di tessitura: verso la metà
del 700, grazie alla “navetta volante”, cioè a telai in cui il filo veniva spostato
meccanicamente e non più a mano, crebbe la produttività e si realizzavano tessuti di
maggiore ampiezza.
CAPITOLO 29
LA RESTAURAZIONE 1814/1815
Dopo la caduta di Napoleone, quando venne mandato per la prima volta sull’isola
d’Elba, le grandi potenze vincitrici, in primis Gran Bretagna, Russia, Prussia e
Austria si posero il problema di ripristinare l’ordine tradizionale del mondo politico e
sociale europeo che era stato sconvolto dalla rivoluzione francese.
In sostanza, volevano restaurare la società di Antico Regime basata sul principio
della legittimità dinastica, cancellando gli effetti prodotti dalla rivoluzione e
dall’espansionismo napoleonico, convinte che ciò fosse davvero possibile.
Esse però non avevano tenuto conto del fatto che durante l’età napoleonica si era
diffuso un nuovo concetto di sovranità popolare collegato a quello di popolo-
nazione, cioè di un popolo che si identificava in un insieme di tradizioni, tratti
culturali e linguistici comuni all’interno di un determinato territorio che costituiva
ormai un soggetto politico dotato di volontà autonoma.
Inoltre, si erano diffuse le innovazioni relative alla “macchina statale“
caratterizzata da una organizzazione amministrativa di tipo gerarchico, complessa
ed articolata gestita da funzionari meritevoli e ben addestrati, tutti elementi che
cozzavano con il principio della legittimazione del potere sovrano per volontà
divina.
Inoltre, in questo periodo un tema di fondamentale importanza era quello
dell’autodeterminazione dei popoli in nome del diritto all’indipendenza
nazionale,
Tra novembre 1814 e giugno 1815 fu convocato il Congresso di Vienna
durante il quale vennero ridefiniti gli assetti politici europei.
Vi parteciparono i rappresentanti diplomatici di tutti gli Stati europei, compreso la
Francia, grazie all’abilità del ministro Talleyrand, principale artefice del ritorno al
trono dei Borbone, il quale fu abile nel convincere le potenze vincitrici a non
penalizzare eccessivamente la Francia sul piano territoriale, vittima essa stessa
della rivoluzione e di Napoleone, ma di cercare piuttosto di stabilizzarla, evitando
in tal modo future spinte rivoluzionarie al suo interno che potessero nuovamente
minacciare gli equilibri europei.
Il Regno di Francia su cui ora regnava Luigi XVIII, dopo i 100 giorni di
Napoleone, cede all’Austria (che già controllava la Lombardia) il Trentino e la
Repubblica di Venezia e si formò così il regno lombardo-veneto.
Al Regno di Sardegna, restituito ai Savoia, vennero annessi la Repubblica di
Genova e la Liguria.
Il Granducato di Toscana venne restituito alla dinastia Asburgo-Lorena.
Il ducato di Parma e Piacenza furono assegnati alla moglie di Napoleone,
Maria Luisa d’Asburgo, figlia dell’imperatore.
Il ducato di Modena fu assegnato a Ferdinando IV d’Asburgo.
Nello Stato pontificio viene ripristinato il potere temporale del Papa
Ferdinando IV di Borbone unificò i due regni di Napoli e di Sicilia creando il
Regno delle due Sicilie e assumendo il nome di Ferdinando I.
L’area tedesca uscì profondamente mutata dal Congresso di Vienna: gli Stati
tedeschi passarono da 350 a 39.
Alla Russia vennero annessi la parte centrale della Polonia e la Finlandia.
La Gran Bretagna ottenne alcune colonie francesi e olandesi e l’isola di
Malta.
Olanda e Paesi Bassi meridionali si fusero nel Regno dei Paesi Bassi.
La Spagna e il Portogallo ripristinarono le dinastie rispettivamente dei
Borbone e dei Braganza.
L’unica repubblica riconosciuta è la Repubblica elvetica dichiarata
ufficialmente neutrale.
Lo zar di Russia Alessandro I, al fine di garantire questo nuovo assetto europeo e
mantenere una condizione di equilibrio tra gli Stati, promosse nel 1815 una
coalizione chiamata Santa Alleanza tra Russia, Prussia e Austria a cui non volle
unirsi la Gran Bretagna, la quale però sottoscrisse con queste potenze un’alleanza
politico-militare, la tradizionale coalizione antifrancese.
CAPITOLO 30
ANCORA RIVOLUZIONE
LA RIVOLUZIONE SPAGNOLA
Ma questo progetto si rivelò illusorio: dopo appena 5 anni dalla conclusione del
Congresso, e cioè a partire dal 1820, ritornò la rivoluzione e questa volta l’epicentro
del nuovo sisma rivoluzionario fu la Spagna, lacerata da uno scontro tra un
movimento liberale che univa alla lotta contro i francesi la rivendicazione di una
Costituzione e un movimento conservatore, cd Legittimista, perchè tutelava il
sovrano legittimo e quindi il governo assolutistico.
Questi due movimenti, sia pure mossi da obiettivi diversi, si erano uniti nella lotta
contro i francesi che portò nel 1812 alla proclamazione della Costituzione di
Cadice, di stampo liberale che prevedeva un Parlamento monocamerale, garanzia
dei diritti dei cittadini e precise limitazioni al potere regio.
Ma con il ritorno al trono nel 1813 di Ferdinando VII di Borbone la Costituzione
venne abrogata e reintrodotti la censura e l’Inquisizione spagnola; vennero ripristinati
i privilegi dell’aristocrazia e reintegrati i beni che erano stati sottratti al clero durante
il dominio francese, senza indennizzo per gli acquirenti.
Nel frattempo le colonie dell’America meridionale si erano ribellate al dominio
spagnolo e scoppiarono rivolte in Venezuela, Argentina, Colombia, anche grazie
all’appoggio di Inghilterra e Stati Uniti d’America.
Ferdinando VII riuscì a ristabilire il controllo su queste colonie, ma la ribellione
riesplose in Argentina che sotto la guida di Simon Bolivar, portò nel 1819 alla
nascita della repubblica della Colombia.
LA RIVOLTA DI CADICE
Nel 1820 le truppe che dovevano andare dalla Sagna in America per reprimere la
rivolta rifiutarono di imbarcarsi e chiesero il ripristino della Costituzione concessa
nel 1812.
Il sovrano spagnolo cedette a tale richiesta, ma la Spagna divenne talmente
ingovernabile che il re abdicò e a quel punto intervenne militarmente la Santa
Alleanza per ripristinare il potere assoluto della corona: dopo una dura repressione
tornò sul trono nel 1823 Ferdinando VII.
IL PORTOGALLO
La Grecia agli inizi del 1800 appariva una realtà molto arretrata la cui popolazione
era dedita all’agricoltura, alla pastorizia e spesso al brigantaggio. Il contatto delle
comunità di religione cristiano-ortodossa con le idee di autodeterminazione dei popoli
fece emergere l’idea di una nazione ellenica oppressa dall’Impero ottomano che
ormai dava evidenti segni di crisi.
Cominciarono a diffondersi società segrete d’ispirazione liberale che trovarono
l’appoggio della Russia, mentre restarono inascoltate le richieste di aiuto inoltrate
alle potenze europee.
Nel 1825 il sultano d’Egitto inviò una potente flotta e un potente esercito e nel giro di
due anni venne ripreso il controllo sulla Grecia.
A questo punto lo zar di Russia Nicola I minacciò di entrare in guerra contro
l’impero ottomano e ciò spinse la Gran Bretagna ad una mediazione franco- russo-
britannica e all’invio di una flotta nell’Egeo distrutta da quella egiziana- ottomana.
Un successivo conflitto si concluse con la Pace di Adrianopoli del 1829 che
sancì la totale indipendenza della Grecia, l’autonomia della Serbia, della Moldavia e
della Valacchia.
I MOTI ITALIANI
Nel Regno delle due Sicilie con la restaurazione dei Borbone l’esercito che fu
ricostruito sul modello militare dell’età napoleonica era formato da giovani ufficiali
di orientamento liberale.
Alla notizia della rivolta di Cadice del 1820 gli ufficiali carbonari si ribellarono
reclamando l’adozione della costituzione spagnola. Il generale mandato a reprimere la
rivolta, Guglielmo Pepe, si schierò con essa e marciò su Napoli, costringendo il re a
concedere la costituzione sul modello di quella spagnola.
Contemporaneamente insorse anche la Sicilia che reclamava il ripristino della
costituzione concessa dal re nel 1812 e poi abrogata dopo la sconfitta della Francia.
L’esercito borbonico riuscì a riprendere il controllo, anche grazie all’intervento della
Santa Alleanza che avviò una dura repressione.
In Francia, dopo Luigi XVIII salì al trono nel 1824 Carlo X, molto più conservatore
del suo predeccesore, di orientamento filoassolutistico che diede alla Francia una
nuova svolta reazionaria: nel 1825 venne approvata la cd “legge del
miliardo” con cui si istituiva un fondo di 1 miliardo di franchi con le cui rendite si
voleva risarcire, almeno in parte, i beni confiscati ai nobili durante la rivoluzione, si
ripristinarono le congregazioni religiose soppresse, la legge del maggiorascato, la
pena di morte per gli atti sacrileghi.
Tale politica finì per favorire nell’opinione pubblica la diffusione di idee liberali.