Sei sulla pagina 1di 31

In Toscana il successore di Giuseppe II, il fratello minore Pietro Leopoldo,

abbandona la politica protezionistica e, sulla scia delle dottrine fisiocratiche,


&

favorisce il libero mercato abolendo le dogane interne, concede ai contadini poveri le


terre confiscate al clero. In materia penale, ispirato dalle idee di Cesare Beccaria, per
la prima volta in Europa, viene abolita la pena di morte e la tortura. Progettò anche
una costituzione che non troverà mai attuazione.
Nel Regno di Napoli ci sono riforme con Carlo III che cerca di limitare i
privilegi dell’aristocrazia e di sottoporre a tassazione le terre del clero;
all’università viene istituita la prima cattedra di economia politica e si
favorisce la diffusione della scolarizzazione. Node Riforme
& Attraverso

CAPITOLO 25
NASCITA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA

Il riconoscimento dell’indipendenza delle 13 colonie americane da parte della loro


madrepatria, la Gran Bretagna, è stato l’esito di un lungo e articolato conflitto che si
è svolto tra il 1775 e il 1783, alla fine del quale le colonie prenderanno il nome di
Stati Uniti d’America.
E’ il secondo caso in Occidente di una popolazione soggetta che esce vincente da Indir
*
una guerra per l’autodeterminazione dopo la nascita delle Province Unite nella # ENDENEE
seconda metà del 500 in seguito alla rivolta dei Paesi Bassi contro la corona
spagnola.
A partire dai primi anni del 600 gli inglesi avevano costituito delle basi commerciali
lungo la costa atlantica del nord America in cui si erano insediati soprattutto
mercanti, artigiani e, in generale, persone in cerca di migliori condizioni di vita
rispetto a quelle nel continente europeo; a questi si aggiunsero deportati, delinquenti
comuni o indesiderati che il governo britannico aveva allontanato dalla madrepatria.
Nel complesso si trattava di una popolazione giovane, in costante crescita, attratta
dalla possibilità di acquisire terre nel Nuovo Mondo che appariva agli occhi dei
primi emigrati inglesi la “terra promessa”.
Si formarono via via 13 colonie, piccoli stati indipendenti da Londra, che gli autori
del libro dividono in 3 blocchi: il cd New England situato a settentrione attorno
all’importante città di Boston; le colonie che comprendono New York e Philadelphia,
grandi centri commerciali e portuali; le colonie a sud dello Stato del New Jersey come
la Virginia, la Carolina, la Georgia. Mentre nei primi due gruppi di colonie prevaleva
l’attività commerciale, con la presenza di piccoli commercianti e imprenditori, nelle
colonie del sud c’erano latifondisti e grandi proprietari terrieri e nelle grandi
piantagioni di cotone e tabacco lavoravano gli schiavi neri deportati dall’Africa.
Questi gruppi di colonie presentavano realtà politiche e sociali diverse, ma erano
accomunate da un’insofferenza nei confronti della madrepatria, dalla ricerca della
libertà individuale e di maggiori opportunità.
Paradossalmente, a questa componente individualistica, si affiancava una
componente comunitaria molto forte, legata alla fede calvinista abbracciata da
gruppi di mercanti, la quale leggeva nel successo personale dell’individuo un segno
di predestinazione, di benevolenza divina e, al contempo, attribuiva grandi
responsabilità ai credenti regolandone così i comportamenti sociali.

Queste colonie godevano di ampia autonomia con la presenza di assemblee


rappresentative elettive locali; il controllo del governo inglese era indiretto,
focalizzato essenzialmente su aspetti di natura economica.
I traffici con le colonie erano regolati da “atti di navigazione” che sostanzialmente
obbligavano le colonie a commerciare esclusivamente con la madrepatria: il
Parlamento di Londra assoggettava le merci in arrivo e in partenza a tassazioni da
esso stabilite.
Nel complesso la situazione rimase stabile fino al 700.
In realtà, si era posto già il problema dell’imposizione di nuove imposte da parte
del Parlamento di Londra non contrattate con le assemblee coloniali, ma il punto di
rottura di tale equilibrio è rappresentato soprattutto dall’esito positivo della Guerra
dei 7 anni e concerne fondamentalmente la questione della tassazione.
Per ridurre il deficit pubblico che si era creato dopo l’oneroso conflitto, ma anche
per mantenere l’esercito di stanziamento nelle colonie, Londra aumentò il
prelievo fiscale sulle colonie.
A tal fine, impose una tassa di bollo sugli atti pubblici e sui giornali chiamata
Stamp Act, naturalmente senza il consenso delle assemblee coloniali che la
dichiararono illegale perché si andava diffondendo il principio secondo il quale non
era legittimo imporre tasse che non fossero state contrattate.
Nei dibattiti pubblici che si andavano ampliando, si diffuse lo slogan
“no taxation without representation”, niente tassa senza rappresentanza dal
momento che le colonie non avevano rappresentanti in Parlamento.
La Stamp Act venne abrogata nel 1766, tuttavia, vennero imposte nuove tasse
negli anni successivi che furono parzialmente abrogate nel 1770 per cercare di
ridurre la conflittualità con le colonie.
Un altro importante atto di protesta dei coloni americani contro il governo
inglese, passato alla storia come “Boston Tea Party”, fu la reazione .
all’imposizione di una tassa di consumo sul tè, bevanda nazionale inglese diffusa
anche nelle colonie, per le quali la corona inglese aveva affidato il monopolio
alla Compagnia delle Indie orientali che rischiava bancarotta.
In reazione a questa ennesima tassazione imposta senza contrattazione, un gruppo di
coloni, travestiti da indiani, gettò in mare il carico di tè di una nave della
Compagnia ancorata al porto di Boston.
LA GUERRA D’INDIPENDENZA E LA DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA

Si giunse alla guerra d’indipendenza quando in seguito ad una legge del 1774 il
Parlamento approvò il Quebec Act, la quale che assicurava libertà di culto per i
sudditi francesi cattolici del Canada, annesso alla Gran Bretagna dopo la Guerra dei
7 anni.
Questo provvedimento venne visto come un ulteriore violazione del patto
implicito tra le colonie e la madrepatria.
In risposta i rappresentanti delle 13 colonie si riunirono in un congresso a
Philadelphia e, ancora lontani dall’idea dell’indipendenza, cercarono una linea
moderata di conciliazione con la Gran Bretagna che prevedeva, da una parte azioni di
boicottaggio delle norme commerciali e fiscali, dall’altra, la petizione inviata al
sovrano Giorgio III di abrogare le leggi vessatorie.
Tuttavia, il sovrano rispose con la forza e iniziò la guerra d’indipendenza.
Il mese successivo sempre a Philadelphia si riunì un secondo congresso con i
rappresentanti delle 13 colonie che organizzarono un esercito comune sotto la guida
di George Washington. Sulle prime vinsero gli inglesi, ma l’arrivo di volontari
europei della Francia cambiò le sorti del conflitto a favore dei rivoltosi che
riportarono la prima vittoria a Saratoga e quella definitiva a Yorktown con l’aiuto
degli eserciti francesi e spagnoli.
Il 4 luglio 1776 il Congresso approvò la Dichiarazione d’indipendenza
stilata da Thomas Jefferson in cui si proclamava il diritto naturale dei popoli alla
vita, alla libertà, alla ricerca della felicità, diritti inalienabili che se un governo
cercava di ostacolare andava abbattuto.
Con il Trattato di Versailles del 1783 la Gran Bretagna riconobbe
l’indipendenza delle ex 13 colonie nord-americane che assunsero il nome di Stati
Uniti d’America e a George Washington fu dedicata la capitale.
6 anni dopo, nel 1789 entrò in vigore la Costituzione che in soli 7 articoli
sanciva la nascita di una Repubblica federale con la divisione dei poteri:
- legislativo affidato ad un Congresso formato da due Camere, di cui la Camera
veniva eletta direttamente dai cittadini in numero proporzionale alla popolazione
dello Stato, e il Senato in cui sedevano 2 rappresentanti per ciascuno Stato.
- esecutivo affidato al Presidente degli USA eletto ogni 4 anni che aveva
diritto di veto sulle leggi approvate dalle due Camere del Congresso
- giudiziario affidato alla Corte Suprema.
Seppur integrata e modificata, è ancora quella in vigore oggi negli USA.

Nel 1791 entrò in vigore la Dichiarazione dei diritti (Bill of rights) a


completamento della Costituzione che ribadiva il riconoscimento dei diritti
naturali e inalienabili dell’individuo.
Tuttavia, tali diritti non venivano riconosciuti a donne, indigeni e schiavi
africani.

SCHEMA NASCITA STATI UNITI


1775-1783

Inizi 600 si fondano le basi commerciali inglesi Nord america I 3


blocchi di colonie
Componente individualistica e comunitaria
Atti di navigazione per regolamentare il commercio Nel
700 imposizione di tasse senza contrattazione Stampt
Act del 1765 abrogata nel 1766 (slogan) Altre imposte
semi abrogate nel 1770
Boston Tea Partydel 1773
1744 Quebec Act
4 luglio 1776 Dichiarazione d’Indipendenza
1783 Trattato di Versailles: nascita USA

CAPITOLO 26
LA RIVOLUZIONE FRANCESE

Il 1789 è considerata nella storiografia una data periodizzante poiché fa da


spartiacque tra età moderna ed età contemporanea, segnando la fine dell’Antico
Regime, una società basata sul privilegio, creando le premesse per una società
democratica ed egualitaria e per una cultura politica che è tuttora alla base della
società contemporanea.
Nel decennio che va dal 1789 e il 1799 la Francia vive un periodo di grandi
sconvolgimenti che porteranno a una straordinaria trasformazione politica, sociale e
culturale senza precedenti nella storia dell’Europa occidentale che avrà come
conseguenza immediata all’abolizione della monarchia e la proclamazione della
repubblica.

I LIMITI DEL SISTEMA POLITICO ASSOLUTISTICO


Il sistema politico assolutistico creato da Luigi XIV presentava due grossi limiti. In
primo luogo, la mancanza di un canale di collegamento adeguato tra il governo e la
realtà sociale della Francia, dal momento che gli Stati generali non furono convocati
per ben 175 anni e che il Parlamento francese, che era la suprema corte di giustizia,
attraverso lo strumento delle rimostranze ( il rifiuto di registrare gli atti del sovrano
considerati contrari alle leggi fondamentali del regno) partecipava solo in modo
indiretto al dibattito politico. L’altro grande limite è rappresentato dalla difficoltà di
riformare il sistema fiscale che vedeva ancora l’esenzione dalle tasse per i ceti
privilegiati della nobiltà e del clero. Anche l’ulteriore tentativo di riformare il sistema
fiscale con l’introduzione di un’imposta secca del 5%, la cd vingtieme, cioè
ventesimo su tutti i redditi, trovò l’opposizione della nobiltà e della Chiesa.
Dopo la morte del Re Sole il reggente del re Luigi XV che era minorenne, Filippo
d’Orleans, fratello del defunto re, aveva tentato di allargare la partecipazione politica
all’elite aristocratiche nella speranza di condividere anche il prelievo fiscale, ma
questo tentativo fallì, così come fallì il tentativo di un finanziere di origine scozzese
che pensò di risanare le casse statali e quindi promuovere la crescita economica della
Francia immettendo più cartamoneta, manovra che invece portò alla bancarotta.

Questo doppio fallimento segnò l’inizio del regno di Luigi XV, pronipote del Re
Sole, che accettò la proposta del ministro delle finanze di istituire un catasto
fondiario al fine di frenare il fenomeno dell’elusione delle imposte e colpire le
proprietà fondiarie. Naturalmente anche questa proposta trovò l’opposizione del
Parlamenti (di Parigi e quelli provinciali) perché avrebbe significato l’abolizione
dei privilegi fiscali per la nobiltà e il clero. Il ministro proponente venne
licenziato.
Seguì poi il tentativo del ministro della giustizia Maupeou, il quale, attraverso una
riforma giudiziaria, cercò di ridurre il ruolo dei Parlamenti, con la promessa di
convocare gli Stati Generali. Il suo tentativo venne interrotto dall’ascesa al trono di
Luigi XVI che ripristinò i tradizionali poteri dei Parlamenti.

LA CRISI POLITICA
All’indomani della crisi del 1774/75 quando la carestia portò ad una serie di rivolte
popolari, con lo scopo di trovare appoggio nell’opinione pubblica circa la necessità
di istanze riformatrici, il ministro delle finanze rese pubblici i disastrosi bilanci
statali, un gesto clamoroso che gli costò le dimissioni.
Negli anni successivi la crisi politico-finanziaria si aggravò.
Nel maggio del1789 il sovrano Luigi XVI con i suoi ministri presero la
decisione di convocare dopo ben 175 anni gli Stati Generali.
Iniziò un dibattito molto acceso che ruotava attorno a due punti su cui c’era grande
incertezza: sul numero dei rappresentanti da attribuire al Terzo stato e sulle
modalità di voto degli Stati Generali, cioè se votare per ordine o per testa: optando
per la votazione per ordine clero e nobiltà sarebbero stati in vantaggio e quindi
avrebbe prevalso l’orientamento filoassolutistico.
Il sovrano Luigi XVI concesse il raddoppio del numero dei deputati del Terzo stato,
ma non concesse il voto per testa.
Il 17 giugno, rifiutando il voto per ordine, i rappresentanti del Terzo Stato, a cui si
erano uniti esponenti del basso clero, si proclamarono Assemblea nazionale,
cioè rappresentanti dell’intera nazione.
Il 20 giugno il Terzo Stato, con l’impegno di dare una costituzione alla Francia,
si proclamò assemblea nazionale costituente.
Il 14 luglio 1789, data simbolo della Rivoluzione francese, temendo un
possibile colpo di Stato da parte del sovrano, il popolo di Parigi prese la
Bastiglia, carcere parigino, simbolo odiato del dispotismo e della tirannia.

Per la prima volta il popolo diventa protagonista: a Parigi i cd sanscoulotte


diventano soggetti attivi sempre più autonomi.
Nelle campagne scoppiarono rivolte contadine, vennero assaltati i castelli e bruciati
gli archivi dove erano contenuti i documenti contenenti i diritti feudali, nonché doveri
e debiti dei contadini.
Il 4 agosto 1789, sulla scia di questi avvenimenti, l’Assemblea nazionale
proclamò l’abolizione del regime feudale.
Il 26 agosto 1789 venne proclamata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del
cittadini in cui si riconoscevano principi già promossi negli Stati Uniti, quali i diritti
naturali e inalienabili dell’individuo e sancita l’uguaglianza di tutti i cittadini di
fronte alla legge.
A inizi ottobre il popolo in rivolta costrinse il re a trasferirsi a Parigi, temendo che
da Versailles potesse organizzare una repressione della rivolta in alleanza con gli
austriaci.
Intanto andava avanti l’attività legislativa:
- vennero cancellati i parlamenti provinciali, vennero separati i 3 poteri: giudiziario,
legislativo ed esecutivo; --
- per risolvere la crisi finanziaria vennero confiscati i beni del clero e degli
aristocratici scappati all’estero; -
- si stabilì la costituzione civile del clero: il clero diventava stipendiato dallo Stato
e la loro carica divenne elettiva; sacerdoti e vescovi che non giuravano fedeltà alla
rivoluzione, definiti “refrattari”, emigrarono.
Sul piano amministrativo:
- la Francia venne ripartita in dipartimenti divisi in distretti, cantoni e comuni -
- vennero abolite le corporazioni e favorita l’iniziativa economica, vietando al
contempo scioperi e associazioni di lavoratori finalizzate a rivendicazioni salariali.
Questa fase della rivoluzione è ancora dominata dalla borghesia.

Nel giugno 1791 il tentativo di Luigi XVI di abbandonare la Francia e


fuggire da Parigi in incognito con la famiglia reale con l’intenzione di tornare in armi
con l’appoggio delle altre potenze europee. La carrozza su cui viaggiavano venne
però intercettata a Varennes, prima di varcare il confine e il sovrano fu riportato a
Parigi.
L’Assemblea in questa fase decise di mantenere la forma di governo della
monarchia costituzionale.
Il 3 settembre 1791 venne proclamata la Costituzione con separazione dei
poteri; al re venne lasciata solo la nomina dei ministri, mentre il potere legislativo
toccava ad una Camera eletta con un sistema elettorale a doppio livello: gli aventi
diritto al voto eleggevano un certo numero di rappresentanti, i quali, a loro volta,
sceglievano i rappresentanti della nuova Assemblea legislativa.
A ottobre 1791 all’Assemblea costituente subentrò l’Assemblea legislativa
Lo scontro divenne sempre più radicale. Per evitare che la rivoluzione
sconfinasse e si estendesse agli altri Stati, si organizzò una coalizione militare
che mirava a ripristinare l’Antico Regime.
All’interno dell’Assemblea legislativa si creò una divisione: nel gruppo politico dei
giacobini formato dalla crema della nobiltà nobiliare, divisi tra quelli più moderati
fedeli alla costituzione e quelli più radicali che volevano proclamare la repubblica (tra
essi si distingue il gruppo dei girondini).
Pian piano la posizione repubblicana divenne maggioritaria.
Nella primavera del 1792 l’Assemblea costituente dichiarò guerra
all’Austria, anticipando l’intervento della coalizione europea;
Il 10 agosto 1792, ricordata come la più famosa e terribile giornata rivoluzionaria,
la folla di Parigi torna ad essere protagonista: invase il palazzo reale e obbligò
l’assemblea a ordinare l’arresto del re Luigi XVI accusato di tradimento della
patria.
Il 20 Settembre 1792, sotto la guida di Danton, politico rivoluzionario, venne
eletto con suffragio universale (maschile) una nuova Assemblea, la Convenzione
divisa in Destra (girondini) e Sinistra (Montagnardi) e Centro (Palude senza
orientamento).
Due giorni dopo, il 22 settembre 1792, la Convenzione proclamò la Prima
Repubblica francese
Il 21 gennaio 1793 il re Luigi XVI venne processato e condannato a morte:
venne ghigliottinato insieme alla moglie Maria Antonietta.

LA GUERRA CIVILE E IL TERRORE (1793/94)


Prende il nome di Terrore una fase storica della Rivoluzione francese che ebbe
inizio del settembre del 1793 e che durò poco meno di un anno.
In questa fase si distinse un avvocato che divenne il nuovo leader dei giacobini,
Robespierre che fu capace di galvanizzare il paese, facendo appello alla necessità
di tutelare gli interessi delle classi più deboli; intanto la folla invase le carceri, uccise i
presunti nemici della patria e vennero istituiti tribunali speciali e imposta la leva
obbligatoria di massa.
Dopo la condanna a morte del re Luigi XVI che venne ghigliottinato il 21 gennaio
1793, le potenze europee si organizzarono per una vasta coalizione antifrancese,
mentre la situazione interna del Paese che era nelle mani dei sanculotti si faceva
drammatica: le masse popolari insorsero contro la Convenzione che obbligava alla
leva di massa; oppositori della Convenzione anche il clero “refrattario” e la nobiltà
locale.
La situazione stava sfuggendo di mano ai girondini che costituivano la
maggioranza della Convenzione, la parte più moderata rispetto ai Montagnardi che
invece rappresentavano la parte più radicale.
Nel giugno del 1793 la folla armata assediò la Convenzione che ordinò l’arresto
di 29 deputati girondini accusati di fomentare una controrivoluzione. Nello stesso
mese la convenzione approvò la Costituzione cd dell’anno I, assai avanzata in
senso democratico; essa prevedeva la divisione dei poteri, il suffragio universale
maschile, il riconoscimento del diritto al lavoro e all’assistenza.
Tuttavia non entrò mai in vigore poiché la situazione precipitò: mentre la coalizione
antifrancese invase il Paese il potere venne assunto dal Comitato di salute pubblica
costituito da 12 membri tra cui Robespierre e altri esponenti della Montagna. In
nome
della difesa della repubblica, per evitare un possibile colpo di stato, questo organo
straordinario instaura il regime del Terrore annientando fisicamente e
sistematicamente tutti gli avversari politici, ghigliottinati a migliaia dai Tribunali
rivoluzionari con processi sommari senza possibilità di difesa per i sospettati.
In questa fase delirante si adottò un nuovo calendario, si lanciarono campagne
di scristianizzazione con la chiusura delle chiese e si diffuse il culto della Dea
Ragione.
Per arginare la disastrosa situazione economica si stabilì un calmiere dei prezzi e
si adottarono misure di controllo della produzione, misure malviste dai giacobini
accusati così d’indifferenza nei confronti delle drammatiche condizioni della
popolazione francese.

L’azione repressiva e arbitraria del Comitato di salute pubblica fece crescere il


numero dei suoi avversari che ormai erano la maggioranza e scandalizzare l’opinione
pubblica terrorizzata dalla totale mancanza di garanzie giuridiche individuali.
Venne così organizzato un colpo di Stato con la complicità di alcuni esponenti del
Comitato.
Nella notte tra il 26 e 27 luglio 1794 (il 9 termidoro secondo il nuovo
calendario) la Convenzione ordinò l’arresto di Robespierre che fu subito
ghigliottinato. Il Comitato fu gradualmente sciolto, vennero abrogati leggi e
tribunali speciali, riammessi nell’Assemblea i deputati giacobini espulsi e
allontanati i sostenitori di Robespierre.
L’allontanamento della classe politica più radicale diede il via ad una serie di
vendette personali contro esponenti giacobini e sanculotti aprendo una fase storica
della Rivoluzione francese nota come Terrore bianco.
Il 22 agosto 1975 la Convenzione emanò una nuova costituzione detta
dell’anno III, più moderata, con norme che limitavano la libertà di stampa e di
associazione e che introduceva il voto per censo (bisogna pagare una certa quota
d’imposta) a doppio livello e un sistema parlamentare bicamerale (Consiglio dei 500
che formulava le leggi e le discuteva e Consiglio degli Anziani che le approvava o
rigettava).
La continuità repubblicana tra i rappresentanti era garantita dalla clausola secondo
la quale i nuovi eletti dovevano per almeno 2/3 essere stati membri della
Convenzione.
Il potere esecutivo venne assegnato al Direttorio composto da 5 membri.

LA FASE DEL TERRORE (1793/1799)

Prende il nome di Terrore una fase storica della Rivoluzione francese successiva alla
condanna a morte di Luigi XVI, che va dal 1793, anno in cui all’interno della
Convenzione i Montagnardi (la parte più radicale dei deputati giacobini che sedeva a
sinistra), trionfarono sui Girondini (la parte più moderata che sedeva a destra),
portando all’arresto di 29 girondini accusati di essere controrivoluzionari. E terminò
nel 1794 quando con un colpo di Stato il capo dei giacobini rivoluzionari,
Robespierre venne arrestato e ghigliottinato, ponendo fine alla sua dittatura
personale.
Dopo che la Convenzione presa d’assalto dalla folla fu costretta a ordinare l’arresto
dei 29 giacobini, venne approvata nel 1793 la seconda costituzione della Francia
rivoluzionaria, la cd Costituzione dell’anno I, molto avanzata in senso
democratico, la quale prevedeva il suffragio universale maschile e la divisione dei
poteri.
Tuttavia, essa non entrò mai in vigore perché la situazione precipitò ulteriormente e
ci fu la presa di potere da parte del Comitato di salute pubblica, un organo dai
poteri eccezionali che si sostituì alla Convenzione, formato da 9 membri, tutti
membri della Montagna, capeggiati da Robespierre.
La fase del terrore iniziò nel 1793 e fu caratterizzata dall’annientamento fisico
e sistematico di tutti gli avversari politici, ghigliottinati a migliaia dai Tribunali
rivoluzionari appositamente istituiti dal Comitato che, secondo la “Legge dei
sospetti”, emettevano condanne a morte a seguito di processi sommari, senza
possibilità di difesa per i sospettati che spesso erano gli stessi giacobini accusati di
essere troppo moderati, come accadde a Danton e Murat, entrambi ghigliottinati.
In questa fase delirante si adottò un nuovo calendario (il calendario termidoro), si
lanciarono campagne di scristianizzazione con la chiusura delle chiese e la diffusione
del culto della Dea Ragione.
Per arginare la disastrosa situazione economica, si stabilì un calmiere dei prezzi e
si adottarono misure di controllo sulla produzione.
La fase del Terrore terminò nel 1794 (il 9 termidoro secondo il nuovo
calendario adottato) quando nella notte tra il 26/27 luglio, con un colpo di stato
organizzato con la complicità di alcuni membri del Comitato, Robespierre venne
arrestato e ghigliottinato, ponendo fine alla sua dittatura personale che aveva
scandalizzato e terrorizzato l’opinione pubblica.

Il comitato fu gradualmente smantellato, soppressi i Tribunali e leggi speciali,


allontanati i giacobini sostenitori di Robespierre e riammessi i deputati giacobini che
erano stati espulsi.
Dopo la caduta di Robespierre inizia la fase del Terrore bianco che va dal
1795 al 1799, caratterizzata da una serie di vendette personali contro gli esponenti
giacobini rivoluzionari.
Intanto, nel 1795 la Convenzione emanò la terza Costituzione della Francia
rivoluzionaria, la cd Costituzione dell’anno III, meno democratica rispetto a
quella precedente mai entrata in vigore, con norme che limitavano la libertà di stampa
e di associazione e introducevano il diritto di voto censitario.
Essa prevedeva la divisione dei poteri:
- potere legislativo affidato al Parlamento secondo un sistema parlamentale
bicamerale formato dal Consiglio dei 500 che formulava le leggi e Consiglio degli
Anziani che le approvava o rigettava;
- potere esecutivo affidato al Direttorio composto da 5 membri
- potere giudiziario alla Magistratura
La continuità repubblicana era garantita da una clausola secondo la quale i nuovi
eletti dovevano essere stati per almeno 2/3 membri della Convenzione.

RIVOLUZIONE FRANCESE

ANNO 1789: data periodizzante per la storiografia


Cause scatenanti: i 2 limiti del sistema politico
(disintermediazione- fallimento riforme fiscali)
Da crisi politica-finanziaria a crisi istituzionale
maggio 1789: il sovrano convoca gli Stati generali dopo 175 anni!
Inizia un acceso dibattito su 2 temi: n° rappresentanti Terzo Stato e modalità di
voto; il re opta per il voto per ordine pur raddoppiando i deputati del Terzo Stato
17 giugno 1789: il Terzo Stato si riunisce autonomamente e si proclama
Assemblea nazionale
20 giugno 1789: il Terzo Stato si proclama Assemblea nazionale
costituente con l’impegno di emanare una Costituzione
14 luglio 1789: presa della Bastiglia del popolo parigino (data considerata vero
inizio della Rivoluzione)
4 agosto 1789: in seguito a rivolte contadine (assalti a castelli e archivi e fuga
dei nobili dalle campagne) l’Assemblea nazionale abroga definitivamente il
sistema feudale
29 agosto 1789: Dichiarazione dei diritti dell’uomo e dei cittadini
Inizi ottobre: trasferimento di Luigi XVI a Parigi; si teme una repressione
delle rivolte con l’alleanza degli austriaci
Continua l’attività legislativa e cambiamenti in campo
amministrativo
Giugno 1791: tentativo di fuga della famiglia reale sventato a Varennes.
Permane la forma di monarchia costituzionale
3 Settembre 1791: proclamazione della Costituzione con istituzione
dell’Assemblea legislativa formata da rappresentanti eletti secondo un sistema
elettorale a doppio livello. La Francia diventa una monarchia costituzionale in
cui il re conserva il potere di nominare i ministri
Ottobre 1791: l’Assemblea costituente diventa Assemblea legislativa

Lo scontro si radicalizza. Nell’Assemblea legislativa si crea una spaccatura tra i


giacobini: tra moderati fedeli alla costituzione e radicali che premono per la
repubblica. Crescono i sostenitori della repubblica. Si organizza una coalizione
antifrancese che vuole ripristinare l’Antico Regime.
Aprile 1792: prima che la coalizione europea intervenga, l’Assemblea
legislativa dichiara guerra all’Austria e alla Prussia.
10 agosto 1792: La più famosa e terribile delle giornate rivoluzionarie:
il popolo parigino assale il palazzo reale e obbliga l’Assemblea legislativa a
ordinare l’arresto e la condanna del re accusato di tradimento della patria.
DANTON E ROBESPIERRE: AMBIVANO A UNA COSTITUZIONE REPUBBLICANA
20 settembre 1792: sotto la guida di Danton, politico rivoluzionario, con
suffragio universale maschile, viene rimpiazzata l’Assemblea legislativa con una
nuova Assemblea chiamata “Convenzione” con l’impegno di dare una
costituzione repubblicana
22 settembre 1792: la Convenzione proclama la caduta della monarchia e
proclama la prima Repubblica francese.
21 gennaio 1793: Luigi XVI viene ghigliottinato per alto tradimento. Stessa
sorte per la moglie Maria Antonietta

IL PERIODO DEL TERRORE (1793/94)

Dopo l’esecuzione della condanna del sovrano, le potenze europee si coalizzano


mentre diventa drammatica la situazione interna: masse popolari insorgono contro
la Convenzione per l’obbligo della leva di massa; avversi anche il clero refrattario e
la nobiltà
Giugno 1793: la folla armata assedia la Convenzione che ordina l’arresto di 29
deputati girondini accusati di fomentare una controrivoluzione. I giacobini
assumono il controllo della Convenzione istituendo misure radicali
1793 Costituzione dell’anno I mai entrata in vigore perché la situazione
precipita
La coalizione antifrancese invade la Francia e il potere è assunto da un organo
straordinario, il Comitato di salute pubblica (formato da12 membri tra cui
Robespierre) che instaura il Regime del Terrore per evitare un colpo di Stato
annientando gli avversari politici che verranno ghigliottinati a migliaia. La sua azione
repressiva e arbitraria fa crescere gli avversari e scandalizzare l’opinione pubblica.
Viene organizzato un colpo di stato con la complicità di alcuni membri del
Comitato.
Tra il 26 e 27 luglio 1794 Robespierre viene arrestato e ghigliottinato,
allontanati i suoi sostenitori, riammessi nell’Assemblea i deputati giacobini
allontanati, abrogati leggi e tribunali speciali
Segue la fase del Terrore Bianco caratterizzata da vendette personali
contro giacobini e sanculotti da parte della classe politica più radicale
22 agosto 1795 la Convenzione emana la Costituzione dell’anno III più
moderata
Il potere esecutivo è assegnato al Direttorio composto da 5 membri

CAPITOLO 27
NAPOLEONE BONAPARTE

Napoleone Bonaparte, grande condottiero, abile stratega e politico, inaugurò un


periodo di egemonia francese in Europa che durò fino al 1815, fatta eccezione per la
Gran Bretagna che continuò a detenere la supremazia economica e navale.
Questo straordinario personaggio, per il quale l’ascesa al potere fu rapida ed ed
eccezionale, viene definito dall’autore del libro una figura ambigua, bifronte dal
momento che riuscì nella straordinaria impresa di imporsi come uomo forte di
governo sulle due posizioni estreme che erano presenti in Francia: quella
filomonarchica che auspicava il ritorno al trono dei Borbone e che vedeva in
Napoleone l’incarnazione della forza del principio monarchico, e quella dei giacobini
che premevano per l’istituzione di una repubblica basata sui principi rivoluzionari di
cui Napoleone si presentava come un degno erede. In
sostanza, per i francesi Napoleone rappresentava colui che era in grado di porre
fine ai contrasti politici interni, promettendo una normalizzazione che tuttavia
avrebbe garantito il mantenimento di una parte delle conquiste realizzate con la
rivoluzione francese.
Napoleone si distinse nella Campagna d’Italia del 1796.
Il Direttorio, dopo aver represso la “congiura degli uguali”, una congiura di
stampo comunista, lanciò un’offensiva contro l’Austria colpendola su due fronti:
in Europa centrale e nei territori italiani.
Mentre l’Armata del Reno, cioè le truppe francesi rimasero bloccate in Germania,
l’Armata d’Italia, guidata dal giovane generale Bonaparte, ottenne una serie di
straordinari successi, sconfiggendo ripetutamente gli austriaci e i piemontesi.
Con il Trattato di Campoformio si sancì la sconfitta dell’Austria e della
I coalizione antifrancese; esso stabiliva che all’Austria fossero cedute la Repubblica
di Venezia, Istria e la Dalmazia ( per cui Venezia perse la sua millenaria
indipendenza, finendo sotto il controllo austriaco con grande delusione dei veneziani
che avevano visto in Napoleone il liberatore) e in cambio la Francia ottenne la
Lombardia e i Paesi Bassi, mentre dal Regno di Sardegna aveva già ottenuto Nizza e
Savoia.

pag. 1

Nei territori conquistati il Direttorio istituì delle repubbliche.


In Italia nacque la Repubblica Cispadana che adottò per prima la bandiera
tricolore e che venne poi inglobata nella più vasta Repubblica Cisalpina con
capitale Milano (composta da Lombardia, Emilia Romagna e parte del Veneto);
venne cancellata la Repubblica di Genova e istituita la Repubblica Ligure; lo
stesso avvenne a Roma dove il potere del papa fu dichiarato decaduto e venne
istituita la Repubblica romana. Anche il Regno di Napoli venne occupato dai
francesi, il re si rifugiò a Palermo e a Napoli si istituì la Repubblica partenopea.
L’unico nemico rimasto era la Gran Bretagna che deteneva il predominio
economico e navale.
Nel 1798 il Direttorio pensò di indebolirla indirettamente, conquistando l’Egitto un
possedimento turco, che tuttavia costituiva un crocevia importante per i traffici
britannici con l’oriente.
L’esercito francese guidato da Napoleone sconfisse gli egiziani nella battaglia delle
Piramidi, vicino Al Cairo, ma la flotta francese fu sconfitta da quella inglese guidata
da Nelson.
Nel 1797, durante la sua assenza dalla Francia, il Direttorio aveva
organizzato un colpo di Stato militare.
Nel 1799, quando Napoleone riuscì a tornare dall’Egitto, venne accolto
trionfalmente sebbene l’impresa fosse fallita; forte del sostegno dell’esercito e del
popolo, dichiarò la Francia in pericolo e organizzò lui stesso un secondo colpo di
Stato militare, sciogliendo il Direttorio e istituendo il consolato, una nuova forma di
governo affidata a 3 consoli, di cui Napoleone era il primo console che deteneva
tutti i poteri, mentre gli altri due avevano sostanzialmente una funzione consultiva.
Forte del sostegno dell’esercito e del popolo che vedeva in lui il garante dei
principi rivoluzionari, subito dopo promulgò la Costituzione dell’anno VIII

pag. 2

DAL CONSOLATO ALL’IMPERO

Dopo la proclamazione della Costituzione dell’anno VIII, si formò la seconda


coalizione antifrancese (composta da Russia, Prussia, Austria, Gran Bretagna,
Svezia, impero ottomano,).
Le Repubbliche sorelle create in Italia sul modello francese furono abbattute.
Napoleone tuttavia non si rassegnò alla perdita dei territori italiani, così dopo il ritiro
della Russia dalla coalizione, egli varcò nuovamente le Alpi e a Marengo nel 1800
sconfisse con il suo esercito quello austriaco, costringendo le altre potenze ad
accettare dure condizioni di pace.
Nel 1801 firmò un corcordato con la Santa Sede con cui il Papa era
costretto a riconoscere la repubblica francese e la vendita dei beni ecclesiastici,
ottenendo in cambio il riconoscimento del cattolicesimo come religione della
maggioranza dei francesi.
Inoltre, venne stabilito che la scelta vescovi sarebbe spettata al primo
console e solo la nomina al papa.
Nel 1802 Napoleone si fece proclamare con un plebiscito primo console a
vita, il primo passo che avrebbe visto la trasformazione del consolato in
monarchia, accrescendo nei mesi successivi i propri poteri, tra cui quello di
designare il proprio successore.
Nel 1804 attraverso un altro plebiscito trasformò la carica di primo console in
quella ereditaria di imperatore dei francesi.
Consapevole del fatto di dover ricevere la legittimazione attraverso il consenso
popolare e non per successione dinastica, non si proclamò dunque imperatore della
Francia, bensì dei francesi. .
La Francia non è più una Repubblica, ma un Impero.
Significativo che non fu il Papa Pio VII a incoronarlo imperatore durante una
solenne cerimonia tenutasi nella cattedrale di Notre Dame di Parigi, bensì lo stesso
Napoleone a cui il Papa porse la corona; un gesto simbolico che sottolineava che il
suo potere non discendeva da Dio e che dunque non era subordinato né al Papa, né
alla volontà divina.

pag. 3

LE RIFORME NAPOLEONICHE
Con Napoleone cominciò per la Francia una fase di grandi riforme: egli riordinò le
finanze pubbliche e il sistema giudiziario attraverso l’emanazione di Codici del
diritto (civile, penale, del commercio).
Nel Codice Civile del 1804 venne stabilita l’uguaglianza dei cittadini di fronte la
legge, la laicità dello Stato, la libertà individuale e altri principi scaturiti dalla
rivoluzione. Rafforzò l’apparato della polizia per garantire l’ordine pubblico, ma
anche per reprimere ogni forma di dissenso, utilizzando anche un’efficiente censura.

LA MONARCHIA AMMINISTRATIVA

Napoleone inaugurò un tipo di governo in cui i poteri venivano conferiti all’uomo


attraverso il consenso popolare che si manifestava attraverso un plebiscito. Questo
tipo di regime è stato definito dagli storici cesarismo, con riferimento al potere
degli imperatori romani, in particolare al regime dittatoriale di Giulio Cesare che
aveva decretato la fine della repubblica romana. (48 a.C.).
All’età napoleonica risalgono importanti trasformazioni che si possono sintetizzare
nel concetto di “monarchia amministrativa”, cioè di una nuova organizzazione
amministrativa della Francia secondo un modello statale di tipo gerarchico e
piramidale, complesso e articolato gestita da un governo centralizzato: ai prefetti
erano affidati i vari dipartimenti del territorio francese che a loro volta erano divisi
in circondari gestiti da sottoprefetti.
Grande importanza era riservata alla formazione del personale destinato al lavoro
nelle strutture pubbliche, un ruolo sociale che era considerato una sorta di missione,
quella di servire lo Stato che doveva rispondere ai bisogni del cittadino.
La burocrazia veniva così a essere formata da persone meritevoli,
addestrate, spesso reclutate tramite concorso pubblico, non più
privilegiati per nascita. A tal fine Napoleone riformò l’istruzione superiore con la
creazione di licei statali e grandi scuole pubbliche d’eccellenza che dovevano
formare la futura burocrazia.

pag. 4
LE CONSEGUENZE DELL’EGEMONIA FRANCESE IN EUROPA

Nel 1805 fu organizzata una terza e una quarta coalizione antifrancese, ma


ciò non impedì a Napoleone nel corso del 1806 di ridisegnare la cartina europea
con la creazione di una serie di Stati satelliti della Francia in cui fece insediare i
propri congiunti: il Regno di Napoli fu affidato al fratello Giuseppe; al fratello Luigi
fu affidato il Regno d’Olanda, mentre Napoleone si dichiarò “protettore” della
Confederazione del Reno in Germania; il Regno di Vestfalia al fratello Girolamo.
Restava solo la Gran Bretagna che possedeva una flotta imbattibile, motivo per il
quale Napoleone decise di isolarla economicamente colpendola dal punto di vista
commerciale.
Nel 1806 venne decretato il “blocco continentale” in Francia e in tutti i
Paesi satelliti con cui si vietava qualsiasi forma di commercio con la Gran Bretagna,
un divieto esteso poi l’anno successivo agli altri Paesi europei. L’economia francese
non fu all’altezza di sostituire i prodotti britannici e crebbe in misura enorme il
contrabbando britannico in un periodo in cui in Inghilterra era in corso la rivoluzione
industriale per cui si sfornavano prodotti a prezzi più competitivi di quelli
continentali.
Al rifiuto del Portogallo di rispettare il blocco, Napoleone invase il Paese in accordo
al sovrano di Spagna, ma l’arrivo delle forze inglesi costrinse i francesi al
ritiro. .
Nel 1808, approfittando di una disputa dinastica, Napoleone spodestò il re di
Spagna e insediò sul trono il fratello Giuseppe, già re di Napoli, dove passa sul trono
il cognato.
Nel 1809 la quinta coalizione antifrancese vide la disfatta dell’esercito
austriaco e l’occupazione di Vienna.
Nel 1810 venne sancita l’alleanza matrimoniale tra Napoleone e Maria Luisa
d’Asburgo, figlia dell’imperatore d’Austria, dalla cui unione sarebbe nato l’erede al
trono Napoleone Francesco.
Con lo scopo di poter esercitare un maggiore controllo delle coste, Napoleone
ordinò l’occupazione dello Stato pontificio che venne annesso al Regno
d’Italia, mentre dopo la scomunica da parte del Papa Pio VII, quest’ultimo fu
deportato a Savona.
pag. 5

FORME DI RESISTENZA E OPPOSIZIONE ALL’EGEMONIA FRANCESE

L’affermazione dell’egemonia francese in tutta Europa portò al nascere di forze


oppositive. Nella nuova idea di patria che vedeva il ruolo attivo del
popolo/nazione, l’occupazione napoleonica era ritenuta un sopruso inaccettabile
sulla propria terra.
Tra il 1809 il 1810 scoppiò un’accesa rivolta nel Tirolo (attuale Alto-Adige),
un’altra in Spagna dove i rivoltosi evitarono lo scontro aperto, adottando una tecnica
militare basata su una logorante azione di sabotaggio, scontri sporadici, imboscate,
chiamata in spagnolo guerilla, guerriglia, cioè piccola guerra.

IL TRAMONTO DELL’IMPERO NAPOLEONICO

Nel 1810 la Russia, dopo una fase di alleanza con la Francia, decise di riprendere i
commerci con la Gran Bretagna rompendo il blocco continentale. Nel 1812 in
risposta Napoleone invase la Russia con un esercito di 700 mila soldati occupando
Mosca nel mese di settembre. L’inverno era ormai alle porte e Mosca già
abbandonata prima del suo arrivo, venne data alle fiamme affinchè l’esercito
invasore non trovasse approvvigionamenti.
Le truppe francesi furono costrette al ritiro prima del gelo invernale, ma
ripetutamente attaccate ai fianchi, stremati dal freddo e dalla fame, furono
costrette al ritiro, ma rientrarono in Francia meno di 500mila uomini.
Incoraggiati da questa prima sconfitta napoleonica, le potenze europee organizzarono
la sesta coalizione antifrancese, mentre in Spagna la guerriglia diventò una
rivolta generale che portò alla cacciata dei francesi e al ritorno sul trono dei Borbone.
Napoleone, dopo alcuni effimeri successi, venne sconfitto a Lipsia nel 1813 (città
tedesca). Le forze alleate invasero la Francia e occuparono Parigi, così che Napoleone
fu costretto ad abdicare e fu proclamata la restaurazione della monarchia dei Borbone,
con al trono il fratello del re ghigliottinato Luigi XVI, ovvero Luigi XVIII, situazione
che portò ad un clima di insofferenza e di malcontento della popolazione francese.
Napoleone venne esiliato nell’isola d’Elba da cui tentò la fuga alcuni mesi dopo,
accolto trionfalmente a Parigi sia dalla popolazione che dall’esercito. Mentre il re
Luigi XVIII fu costretto alla fuga, le potenze europee organizzarono la settima e
ultima coalizione antifrancese che segnò la
pag. 6

sconfitta definitiva di Napoleone a Waterloo nel 1815 (Belgio).


Gli inglesi lo trasferirono come prigioniero su un’isola in mezzo all’Oceano
Atlantico, l’isola di Sant’Elena, possedimento britannico, dove sarebbe morto il
5 maggio 1821, come il titolo della lode che Manzoni gli dedicò alla notizia della
sua morte.
pag. 7

CAPITOLO 28
LA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Con l’espressione “prima rivoluzione industriale “ si indicano sommariamente le
radicali e irreversibili trasformazioni delle strutture produttive e sociali europee che
si verificarono a partire dall’Inghilterra tra il 1760 e il 1830, trasformazioni che
avrebbero segnato una costante accelerazione nella crescita economica inglese.
E’ nel settore tessile, in particolare quello cotoniero, che si registrarono i
primi significativi cambiamenti nei modi di produzione.
Nella prima metà del 700 i panni di cotone realizzati in India e importati dalla
Compagnia inglese delle Indie avevano cominciato a conquistare il mercato
europeo, americano e africano grazie a prezzi più concorrenziali rispetto ai
manufatti di lana e di seta la cui produzione vantava una lunga tradizione.
Ben presto sorsero i primi cotonifici in Inghilterra e l’India passò
progressivamente da area produttrice a mercato di sbocco dei panneggi di cotone
inglesi.
L’esigenza di incrementare la produzione e compensare così il costo della
manodopera che in Europa era più alta rispetto ai Paesi asiatici, portò alla ricerca di
tecniche di produzione capaci di velocizzare le fasi di lavorazione del cotone e della
lana che permettessero quindi un abbattimento dei costi di produzione.
Il cotone che è una fibra vegetale molto resistente si prestava meglio alla
meccanizzazione rispetto alla lana che è una fibra di origine animale.
La produzione manifatturiera del cotone e della lana si divide sostanzialmente in 4
fasi:
- la preparazione in cui avviene la pulizia e la pettinatura del materiale
grezzo che consente di porre le fibre in parallelo fra loro;
- la filatura in cui le fibre vengono trasformate in filo;
- la tessitura in cui il filo viene intrecciato per la lunghezza e la larghezza;
- la finitura che può comprendere il candeggio, la tintura o la stampa del
tessuto.
I primi progressi tecnologici si ebbero proprio nella fase di tessitura: verso la metà
del 700, grazie alla “navetta volante”, cioè a telai in cui il filo veniva spostato
meccanicamente e non più a mano, crebbe la produttività e si realizzavano tessuti di
maggiore ampiezza.

Seguirono invenzioni destinate ad accelerare anche la fase della filatura: venne


adottata la cardatrice, negli anni successivi vennero inventati il filatoio meccanico
e idraulico di gran lunga superiore rispetto ai filatoi manuali.
Il susseguirsi di queste invenzioni procedette secondo uno schema definito “a botta e
risposta”, nel senso che se si verificava un’innovazione in una delle 4 fasi scaturiva
l’innovazione anche nella fase successiva, al fine di rendere più omogenei i ritmi di
produzione ed evitare strozzature nel ciclo produttivo. Questa sequenzialità non
investì soltanto la filatura e la tessitura, ma anche la fase di finitura dei tessuti: essi
non venivano più sbiancati all’aria aperta sui prati, ma con l’utilizzo di procedure
chimiche a base di acido solforico e successivamente di cloro.
L’industria cotoniera con la meccanizzazione di tutte le fasi di lavorazione divenne
la protagonista del processo di industrializzazione in Inghilterra e il cotone si
sostituì sul mercato alla seta e al lino grazie al suo basso prezzo.
Tuttavia, a svolgere un ruolo trainante nell’economia britannica fu il settore
siderurgico dove si registrarono innovazioni più lente rispetto al settore tessile,
ma che portarono ad una trasformazione radicale dell’assetto industriale del Paese.
Nel 1709 si scoprì casualmente il coke, una miscela di minerale di ferro e carbon
fossile da utilizzare come combustile per ottenere la ghisa che risultava più
resistente e meno impura rispetto a quella ottenuta fino ad allora solo con il carbon
fossile. Essa si prestava bene alla fabbricazione di prodotti di piccole dimensioni
qualitativamente superiori rispetto alla produzione precedente e, in seguito, anche per
la fabbricazione di macchinari per le industrie tessili che erano in espansione.
Tuttavia, queste nuove tecnologie stentavano a imporsi a causa degli alti costi
d’impianto degli altiforni che, oltretutto, non venivano sfruttati a pieno in termini di
produttività a causa di problemi di aerazione.
Negli anni successivi il notevole sviluppo del settore siderurgico legato ad un
aumento della produzione di ghisa di cui si migliorò la qualità e la malleabilità, portò
ad uno sfruttamento sempre maggiore dei giacimenti di carbone che richiedeva, però,
un enorme impiego di energia per pompare in superficie l’acqua che c’era.
Nella seconda metà del 700, sulla scia di invenzioni come la pompa che
generava energia per azionare una macchina per pompare l’acqua, James Watt
ne corresse il difetto maggiore: lo spreco di energia e brevettò il condensatore,
perfezionando la nuova macchina a vapore.
L’impiego del vapore come forza motrice rivoluzionò il settore industriale.

Qualche anno dopo questa rivoluzionaria invenzione venne costruito il primo


filatoio a vapore che nei decenni successivi diventò il simbolo della rivoluzione
industriale.

COME CAMBIA L’AMBIENTE

In precedenza molti impianti produttivi sorgevano laddove era presente la caduta


di acqua che garantiva la disponibilità di energia idraulica.
Con l’utilizzo del vapore come forza motrice la localizzazione degli impianti era
vincolato alla vicinanza di miniere, oppure porti o canali che ne facilitassero
l’approvvigionamento, ma anche la commercializzazione dei prodotti finiti.
A partire dalla metà del 700 le nuove industrie potevano contare su un
miglioramento delle vie di comunicazione, terrestri e fluviali.
L’Inghilterra fu il primo Paese in cui fu introdotto il trasporto su rotaie, già
preesistente nelle miniere, con locomotive mosse dalla forza del vapore prodotto da
una grande caldaia che veniva alimentata con il carbon fossile.
Oltre alla nascita della prima rete ferroviaria, si sviluppò in Inghilterra anche una
fiorente navigazione costiera con la costruzione di canali artificiali e la costruzione
del primo battello a vapore a inizi 800.
Le trasformazioni delle strutture produttive industriali portarono cambiamenti nel
paesaggio: nacquero nuove città vicino alle miniere o ai porti, città manifatturiere del
settore tessile come Manchester, Liverpool e Birmingham che nella prima metà
dell’800 divennero grandi città industriali, le cui periferie erano caratterizzate da
fabbriche, ciminiere, squallidi quartieri con abitazioni fatiscenti (detti slums) dove
vivono le famiglie operaie, in contrapposizione ai quartieri centrali dove il ceto
borghese ostentava il lusso evidente già dall’edilizia e dagli arredi delle loro
abitazioni.

LA NASCITA DELLA SOCIETA’ INDUSTRIALE

La radicale trasformazione degli assetti produttivi dell’Inghilterra ebbe ripercussioni


direttamente sull’insieme delle gerarchie dei valori e dei rapporti sociali.
Si registrò una forte spinta migratoria dai centri rurali verso le aree industriali:
cambiarono la mentalità, le abitudini, gli stili di vita.
Si formò una classe operaia stratificata al suo interno: accanto a un personale
qualificato, spesso ex artigiani di bottega, c’erano operai privi di preparazione, ex
contadini, nonché donne e bambini che venivano sfruttati: privi di forza contrattuale,
lavoravano in fabbrica fino a quindici, sedici ore al giorno.
Solo con la legge del 1831 venne vietato l’impiego di manodopera nelle
fabbriche per bambini di età inferiore ai 9 anni e con un limite massimo di 12 ore di
lavoro giornaliere per i minori di 18 anni.
La classe degli artigiani subì la concorrenza della produzione industriale che
sfornava prodotti a prezzi più concorrenziali. Ma anche gli operai qualificati
dovevano temere la disoccupazione a causa delle continue innovazioni tecnologiche
che portavano l’ingresso in fabbrica di macchinari nuovi.
Per questi motivi non mancarono azioni terroristiche volte alla distruzione dei
macchinari e delle fabbriche, un fenomeno noto come luddismo.
Il governo inglese vietò ogni forma di rivendicazione operaia, vietando scioperi e
reprimendo con violenza anche manifestazioni operaie pacifiche. Nonostante ciò, in
questi anni sorsero le prime associazioni di mutuo soccorso per sostenere le
famiglie operaie che vivevano in pessime condizioni di vita.
Solo nel 1824 nacquero le Trade Unions, unioni di mestiere, una sorta di
compromesso tra le associazioni di mutuo soccorso e i moderni sindacati, che
sarebbero sorti negli ultimi decenni dell’800.

CAPITOLO 29
LA RESTAURAZIONE 1814/1815
Dopo la caduta di Napoleone, quando venne mandato per la prima volta sull’isola
d’Elba, le grandi potenze vincitrici, in primis Gran Bretagna, Russia, Prussia e
Austria si posero il problema di ripristinare l’ordine tradizionale del mondo politico e
sociale europeo che era stato sconvolto dalla rivoluzione francese.
In sostanza, volevano restaurare la società di Antico Regime basata sul principio
della legittimità dinastica, cancellando gli effetti prodotti dalla rivoluzione e
dall’espansionismo napoleonico, convinte che ciò fosse davvero possibile.
Esse però non avevano tenuto conto del fatto che durante l’età napoleonica si era
diffuso un nuovo concetto di sovranità popolare collegato a quello di popolo-
nazione, cioè di un popolo che si identificava in un insieme di tradizioni, tratti
culturali e linguistici comuni all’interno di un determinato territorio che costituiva
ormai un soggetto politico dotato di volontà autonoma.
Inoltre, si erano diffuse le innovazioni relative alla “macchina statale“
caratterizzata da una organizzazione amministrativa di tipo gerarchico, complessa
ed articolata gestita da funzionari meritevoli e ben addestrati, tutti elementi che
cozzavano con il principio della legittimazione del potere sovrano per volontà
divina.
Inoltre, in questo periodo un tema di fondamentale importanza era quello
dell’autodeterminazione dei popoli in nome del diritto all’indipendenza
nazionale,
Tra novembre 1814 e giugno 1815 fu convocato il Congresso di Vienna
durante il quale vennero ridefiniti gli assetti politici europei.
Vi parteciparono i rappresentanti diplomatici di tutti gli Stati europei, compreso la
Francia, grazie all’abilità del ministro Talleyrand, principale artefice del ritorno al
trono dei Borbone, il quale fu abile nel convincere le potenze vincitrici a non
penalizzare eccessivamente la Francia sul piano territoriale, vittima essa stessa
della rivoluzione e di Napoleone, ma di cercare piuttosto di stabilizzarla, evitando
in tal modo future spinte rivoluzionarie al suo interno che potessero nuovamente
minacciare gli equilibri europei.
Il Regno di Francia su cui ora regnava Luigi XVIII, dopo i 100 giorni di
Napoleone, cede all’Austria (che già controllava la Lombardia) il Trentino e la
Repubblica di Venezia e si formò così il regno lombardo-veneto.
Al Regno di Sardegna, restituito ai Savoia, vennero annessi la Repubblica di
Genova e la Liguria.
Il Granducato di Toscana venne restituito alla dinastia Asburgo-Lorena.
Il ducato di Parma e Piacenza furono assegnati alla moglie di Napoleone,
Maria Luisa d’Asburgo, figlia dell’imperatore.
Il ducato di Modena fu assegnato a Ferdinando IV d’Asburgo.
Nello Stato pontificio viene ripristinato il potere temporale del Papa
Ferdinando IV di Borbone unificò i due regni di Napoli e di Sicilia creando il
Regno delle due Sicilie e assumendo il nome di Ferdinando I.
L’area tedesca uscì profondamente mutata dal Congresso di Vienna: gli Stati
tedeschi passarono da 350 a 39.
Alla Russia vennero annessi la parte centrale della Polonia e la Finlandia.
La Gran Bretagna ottenne alcune colonie francesi e olandesi e l’isola di
Malta.
Olanda e Paesi Bassi meridionali si fusero nel Regno dei Paesi Bassi.
La Spagna e il Portogallo ripristinarono le dinastie rispettivamente dei
Borbone e dei Braganza.
L’unica repubblica riconosciuta è la Repubblica elvetica dichiarata
ufficialmente neutrale.
Lo zar di Russia Alessandro I, al fine di garantire questo nuovo assetto europeo e
mantenere una condizione di equilibrio tra gli Stati, promosse nel 1815 una
coalizione chiamata Santa Alleanza tra Russia, Prussia e Austria a cui non volle
unirsi la Gran Bretagna, la quale però sottoscrisse con queste potenze un’alleanza
politico-militare, la tradizionale coalizione antifrancese.

IL NUOVO DISPOTISMO MONARCHICO REAZIONARIO


Il dispotismo monarchico postrivoluzionario era qualcosa di assai diverso
dall’assolutismo dispotico settecentesco.
Innanzitutto, esso tendeva ad appoggiarsi sui valori tradizionali e sulla
religione molto più che in passato.
Infatti, la Chiesa cattolica svolse un ruolo di supporto, tanto che gli storici
parlano di un’”alleanza tra il trono e l’altare”, a sottolineare una
convergenza di interessi tra potere politico e potere religioso.

NEMICI DEL DISPOTISMO MONARCHICO POSTRIVOLUZIONARIO

La restaurazione aveva creato un clima di censura che non ammetteva


manifestazioni di pensiero divergenti rispetto alle idee assolutistiche
postrivoluzionarie.
Questo clima repressivo favorì la nascita e la diffusione delle società segrete, il
cui modello si ispirava alla Massoneria nata nel 1717 in Inghilterra e poi diffusasi
ampiamente in Europa tra le classi colte sostenitrici del progresso civile e morale.
Le società segrete erano caratterizzate dalla segretezza e da un’organizzazione
gerarchica che si avvaleva di codici e simboli noti solo ai suoi membri che
venivano introdotti dopo rituali di iniziazione ad un sapere esoterico destinato ai
pochi eletti.
Sul piano politico esse assunsero forme diverse con l’intento di lottare contro il
dispotismo e l’alleanza tra trono e altare, a sostegno delle idee liberali:
tra esse va ricordata la Carboneria, società segreta importante soprattutto in Italia
dove promosse l’ideale della libertà e dell’indipendenza dal dominio straniero.

L’ECCEZIONE DELLA FRANCIA

In Francia, il sovrano tornato al trono, Luigi XVIII, era ben consapevole


dell’impossibilità di tornare all’Antico Regime, e preoccupato di non alienarsi
troppo l’opinione pubblica a maggioranza sostenitrice delle idee liberali, concesse
nel 1814 una sorta di costituzione, moderatamente liberale che riconosceva limitati
diritti individuali, come il diritto di voto limitato a soli
72.000 persone in tutta la Francia che vantava una popolazione di oltre 20 milioni
di persone. Inoltre, prevedeva un Parlamento bicamerale con il controllo regio sul
governo.
Questa costituzione scontentava sia i conservatori, chiamati ultras, i quali volevano
tornare alle condizioni pre-rivoluzionarie e quindi erano contrari alla concessione di
questa carta costituzionale, sia i nostalgici di Napoleone, cioè i liberali o
bonapartisti.
Con l’uccisione del presunto erede al trono francese nel 1820 da parte dei membri
della Carboneria, Luigi XVIII adottò una linea di governo più conservatrice e
reazionaria.
Le altre monarchie europee che nel 1815 si dotarono di una costituzione furono:
Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e alcuni Stati tedeschi.
La Gran Bretagna rappresentava il modello di riferimento per i liberali europei poiché
sebbene priva di una costituzione scritta, la monarchia parlamentare garantiva una
separazione tra i poteri e un sistema di garanzie delle libertà individuali.

CAPITOLO 30
ANCORA RIVOLUZIONE

Con il Congresso di Vienna del 1815 le potenze europee pensavano di ripristinare


l’ordine tradizionale del mondo politico e sociale sconvolto dalla Rivoluzione
francese e dall’età napoleonica, cioè di ritornare alla società di Antico Regime.
Tuttavia, la Rivoluzione francese aveva diffuso il nuovo concetto di sovranità
popolare e di popolo-nazione, cioè del popolo come soggetto politico attivo
dotato di una volontà autonoma, il quale si identifica in un insieme di tradizioni,
tratti linguistici e culturali comuni all’interno di un determinato territorio.

LA RIVOLUZIONE SPAGNOLA
Ma questo progetto si rivelò illusorio: dopo appena 5 anni dalla conclusione del
Congresso, e cioè a partire dal 1820, ritornò la rivoluzione e questa volta l’epicentro
del nuovo sisma rivoluzionario fu la Spagna, lacerata da uno scontro tra un
movimento liberale che univa alla lotta contro i francesi la rivendicazione di una
Costituzione e un movimento conservatore, cd Legittimista, perchè tutelava il
sovrano legittimo e quindi il governo assolutistico.
Questi due movimenti, sia pure mossi da obiettivi diversi, si erano uniti nella lotta
contro i francesi che portò nel 1812 alla proclamazione della Costituzione di
Cadice, di stampo liberale che prevedeva un Parlamento monocamerale, garanzia
dei diritti dei cittadini e precise limitazioni al potere regio.
Ma con il ritorno al trono nel 1813 di Ferdinando VII di Borbone la Costituzione
venne abrogata e reintrodotti la censura e l’Inquisizione spagnola; vennero ripristinati
i privilegi dell’aristocrazia e reintegrati i beni che erano stati sottratti al clero durante
il dominio francese, senza indennizzo per gli acquirenti.
Nel frattempo le colonie dell’America meridionale si erano ribellate al dominio
spagnolo e scoppiarono rivolte in Venezuela, Argentina, Colombia, anche grazie
all’appoggio di Inghilterra e Stati Uniti d’America.
Ferdinando VII riuscì a ristabilire il controllo su queste colonie, ma la ribellione
riesplose in Argentina che sotto la guida di Simon Bolivar, portò nel 1819 alla
nascita della repubblica della Colombia.

LA RIVOLTA DI CADICE
Nel 1820 le truppe che dovevano andare dalla Sagna in America per reprimere la
rivolta rifiutarono di imbarcarsi e chiesero il ripristino della Costituzione concessa
nel 1812.
Il sovrano spagnolo cedette a tale richiesta, ma la Spagna divenne talmente
ingovernabile che il re abdicò e a quel punto intervenne militarmente la Santa
Alleanza per ripristinare il potere assoluto della corona: dopo una dura repressione
tornò sul trono nel 1823 Ferdinando VII.

IL PORTOGALLO

Anche in Portogallo nel 1820 scoppiò una rivolta militare organizzata da


ufficiali aderenti ad una società segreta contrarie alla presenza di truppe
britanniche che, giunte durante la guerra antinapoleonica, di fatto controllavano
il territorio. Anche essi rivendicavano l’adozione della Costituzione spagnola e
il rientro in patria del sovrano che si trovava in Brasile.
Al suo rientro fu accettata la nuova costituzione che tuttavia venne respinta dalla
moglie e dal secondogenito che ristabilirono un governo assolutistico. Intanto, il
primogenito con l’accordo del re e l’appoggio britannico, proclamò l’indipendenza
del Portogallo, assumendo il titolo di imperatore.
In questi anni si proclamò anche l’indipendenza del Messico e del Perù.
Ciò che accomunò le rivolte dell’area iberica e quelle delle colonie americane fu che
le istanze liberali e costituzionali provenivano dai ranghi militari.

LA GUERRA D’INDIPENDENZA GRECA

La Grecia agli inizi del 1800 appariva una realtà molto arretrata la cui popolazione
era dedita all’agricoltura, alla pastorizia e spesso al brigantaggio. Il contatto delle
comunità di religione cristiano-ortodossa con le idee di autodeterminazione dei popoli
fece emergere l’idea di una nazione ellenica oppressa dall’Impero ottomano che
ormai dava evidenti segni di crisi.
Cominciarono a diffondersi società segrete d’ispirazione liberale che trovarono
l’appoggio della Russia, mentre restarono inascoltate le richieste di aiuto inoltrate
alle potenze europee.
Nel 1825 il sultano d’Egitto inviò una potente flotta e un potente esercito e nel giro di
due anni venne ripreso il controllo sulla Grecia.
A questo punto lo zar di Russia Nicola I minacciò di entrare in guerra contro
l’impero ottomano e ciò spinse la Gran Bretagna ad una mediazione franco- russo-
britannica e all’invio di una flotta nell’Egeo distrutta da quella egiziana- ottomana.
Un successivo conflitto si concluse con la Pace di Adrianopoli del 1829 che
sancì la totale indipendenza della Grecia, l’autonomia della Serbia, della Moldavia e
della Valacchia.

I MOTI ITALIANI

Nel Regno delle due Sicilie con la restaurazione dei Borbone l’esercito che fu
ricostruito sul modello militare dell’età napoleonica era formato da giovani ufficiali
di orientamento liberale.
Alla notizia della rivolta di Cadice del 1820 gli ufficiali carbonari si ribellarono
reclamando l’adozione della costituzione spagnola. Il generale mandato a reprimere la
rivolta, Guglielmo Pepe, si schierò con essa e marciò su Napoli, costringendo il re a
concedere la costituzione sul modello di quella spagnola.
Contemporaneamente insorse anche la Sicilia che reclamava il ripristino della
costituzione concessa dal re nel 1812 e poi abrogata dopo la sconfitta della Francia.
L’esercito borbonico riuscì a riprendere il controllo, anche grazie all’intervento della
Santa Alleanza che avviò una dura repressione.

Anche a Torino si accese un nuovo focolaio rivoluzionario per chiedere la


concessione della costituzione e muovere guerra contro l’Austria con l’aiuto di Carlo
Alberto, presunto erede al trono, più aperto alle idee liberali rispetto al re Vittorio
Emanuele.
Carlo Alberto si ritirò da questa cospirazione all’ultimo momento, ma era ormai
tardi per bloccare l’insurrezione: nel 1812 venne chiesta la proclamazione della
costituzione spagnola.
L’insurrezione si allargò a Genova e il sovrano abdicò in favore del fratello che
trovandosi a Modena, affidò il governo al nipote Carlo Alberto che prontamente
concesse la costituzione, la quale fu però abrogata e l’intervento della Santa Alleanza
riportò l’ordine.

L’INSURREZIONE DECABRISTA IN RUSSIA

L’organizzazione delle società segrete di ispirazione massonica e liberale si era


diffusa anche in Russia. Le due principali società, entrambi presenti all’interno
dell’esercito dello zar, erano: la Società del Nord di orientamento liberale-
costituzionale e la Società del Sud, d’ispirazione repubblicana.
Con la morte nel 1825 dello zar Alessandro I si aprì una crisi dinastica: il giorno in
cui il successore lo zar Nicola I doveva prestare giuramento, alcuni ufficiali aderenti
alla Società del Nord insorsero costringendo il sovrano a concedere la costituzione.
Tuttavia, le truppe fedeli allo zar ripresero il controllo della situazione e i capi della
rivolta, detti decabristi, furono giustiziati e molti insorti costretti ai lavori forzati in
Siberia. (in Russia prevale l’assolutismo poliziesco)

LA RIVOLUZIONE ORLEANISTA IN FRANCIA

In Francia, dopo Luigi XVIII salì al trono nel 1824 Carlo X, molto più conservatore
del suo predeccesore, di orientamento filoassolutistico che diede alla Francia una
nuova svolta reazionaria: nel 1825 venne approvata la cd “legge del
miliardo” con cui si istituiva un fondo di 1 miliardo di franchi con le cui rendite si
voleva risarcire, almeno in parte, i beni confiscati ai nobili durante la rivoluzione, si
ripristinarono le congregazioni religiose soppresse, la legge del maggiorascato, la
pena di morte per gli atti sacrileghi.
Tale politica finì per favorire nell’opinione pubblica la diffusione di idee liberali.

In seguito alle elezioni del 1827, Carlo X dovette accettare un governo


liberale moderato, ma successivamente sciolse la Camera.
La maggioranza liberale fu confermata anche alle elezioni del 1830 e il re di nuovo
scioglie la Camera appena eletta, modificando la legge elettorale che vide ulteriori
limitazioni.
Di fronte a questo atto dispotico, insorsero i gruppi di opposizione che mobilitarono il
popolo di Parigi e dopo 3 gg di combattimenti il re si diede alla fuga (le tre gloriose
giornate).
Salì al trono Filippo d’Orleans, uomo liberale che nel 1830 venne proclamato dal
Parlamento “re dei francesi per volontà della nazione”, sostituendo la bandiera
bianca con il giglio, simbolo dei Borboni, con il tricolore, emblema della
rivoluzione.
Egli modificò subito la costituzione del 1814 in senso liberale: l’operato del sovrano
veniva sottoposto al controllo parlamentare, venne sancita la libertà di stampa, il
cattolicesimo non era più religione di Stato, venne allargato il diritto di voto all’1%
in più della popolazione.
Con gli eventi parigini del 1830 il periodo della restaurazione può dirsi
ufficialmente concluso.

Potrebbero piacerti anche