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Rivoluzione Francese

1. L'Ancien Règime

1.1 Un Paese prevalentemente agricolo


Intorno al 1780 la Francia era in grande espansione economica, ma tuttavia era la terra
ad essere la fonte di maggiore produzione. Circa l'80% della popolazione era infatti
composta da contadini, i quali ormai producevano prevalentemente per sé stessi
piuttosto che per il mercato; inoltre, il reddito agrario era aumentato, e di ciò godevano
per lo più i nobili. I primi eventi della Rivoluzione Francese possono essere classificati in
un contesto
"tradizionale", ovvero furono dovuti a scarsi raccolti, difficoltà dei trasporti etc.
1.2 Una società basata sul privilegio
La Francia era governata da una monarchia assoluta, dove nemmeno gli Stati Generali
potevano contrastare il potere del sovrano, tant'è che l'ultima volta vennero convocati
nel
1614. L'assemblea degli Stati Generali comprendeva tre ordini principali: clero, nobiltà
guerriera, Terzo Stato. Questa struttura, secondo le credenze del tempo, era di origine
divina, e si riteneva che la società dovesse rispecchiare la struttura trinitaria. Tuttavia,
la società trinitaria celeste è molto diversa da quella terrena, la quale risulta essere
strutturata secondo un ordine gerarchico, dove alla base sta il Terzo Stato, privo di ogni
vantaggio, mentre nei gradini superiori stanno la nobiltà guerriera e il clero, i quali sono
dotati di privilegi. Bisogna inoltre evidenziare la differenza fra ordine (o stato) e classe
sociale, poiché durante la Rivoluzione Francese vedremo la sostituzione di una società
articolata per ordini con una articolata per classi sociali. La società moderna,
organizzata in classi sociali, comprende dei cittadini che risultano essere tutti uguali
davanti allo Stato e alla legge, dove le differenze che esistono fra loro sono solo di
natura economica e non giuridica, e che hanno in comune un determinato livello di
ricchezza che può aumentare o diminuire a seconda dei casi. L'Ancien Règime è invece
organizzato in ordini i quali comprendono i cittadini privilegiati dallo Stato (quali clero e
nobiltà) e i cittadini privi di ogni privilegio (Terzo Stato). È possibile quindi riscontrare
che qui i cittadini vengono classificati in maniera diversa, tant'è che spesso all'interno
dello stesso ordine si trovano soggetti che, dal punto di vista economico, presentano
una situazione molto diversa.
1.3 I gruppi privilegiati
Il clero occupava un ruolo importante nel modello di società Trinitaria, la quale risultava
essere inoltre molto legata alla fede cristiana. Intorno al 1785 il clero comprendeva
ormai 150.000 individui, i quali possedevano il 10% delle terre del regno. Uno dei
privilegi che aveva quest'ordine era l'esonero dal pagamento delle imposte sulla
proprietà fondiaria, infatti era l'assemblea del clero che, periodicamente, decideva di
versare spontaneamente un dono gratuito alla Corona. Inoltre, ai sacerdoti era concesso
di ricevere denaro dai fedeli, tant'è che questi ultimi dovevano versare parte del proprio
reddito al parroco (decima). La nobiltà comprendeva invece 300.000 cittadini, che, come
coloro appartenenti al clero, non pagavano le imposte. Ciò perché l'origine
dell'aristocrazia risiedeva nella cavalleria feudale, dove in cambio del feudo le persone
si impegnavano a offrire servizi al signore. Altro privilegio che aveva la nobiltà era quello
della trasmissione dei patrimoni nobiliari, che venivano solitamente trasmessi al
maschio primogenito; dato che ai nobili era poi vietato lavorare, ovvero svolgere attività
"vili" come il commercio, coloro che erano figli unici dovevano impegnarsi nel trovare
qualcuno degno del proprio patrimonio familiare. Costoro potevano intraprendere solo
due carriere rispettabili: quella militare e quella ecclesiastica.
1.4 Nobili e contadini nelle campagne
L'aristocrazia possedeva il privilegio della signoria bannale. A partire dal X secolo, a
seguito della crisi dell'impero carolingio, la difesa e le attività tipiche statali passarono
a dei funzionari statali periferici, i quali avevano il compito di rappresentare il re in una
determinata regione. Fu proprio intorno ai nuovi centri fortificati che si sviluppò la
signoria bannale, a partire dal momento in cui il castellano si appropriava del potere che
fino ad allora era stato esercitato dal re. Il titolare del banno, quindi, iniziava a imporre
delle imposte o a richiedere dei contributi per la propria fortezza; inoltre, il castellano
amministrava la giustizia. Il signore bannale riuscì poi a sfruttare gli uomini, in
particolare i contadini, che furono obbligati a versare dei tributi in denaro qualora
dovessero utilizzare alcuni strumenti, che erano essenziali per il loro lavoro. Nessuno
poteva svolgere alcuna attività commerciale senza che prima il signore avesse svolto la
propria, ad esempio nessuno poteva vendere il vino prima che il castellano avesse
venduto il proprio e così via. Spesso egli arrivava a chiedere anche la taglia, ovvero un
tributo straordinario. Così la monarchia assoluta vigente nel Settecento aveva ormai
sottratto ai nobili quasi tutti i poteri in campo politico e giudiziario, e il re era amato dal
popolo proprio per questo, poiché si pensava che costui fosse il protettore dagli abusi
dei signori.
1.5 La convocazione degli Stati Generali
La Francia sostenne le colonie americane durante la guerra dei Sette anni, la quale si
risolse con successo dal punto di vista politico e militare. Il problema fu che, dopo
questa guerra, la Francia si trovò in una situazione devastante dal punto di vista
economico, tant'è che lo Stato fu costretto ad indebitarsi al limite della bancarotta. Ben
quattro ministri delle finanze proposero misure di riforma fiscale e finanziaria, i quali
però vennero subito scartati di fronte all'opposizione dei ceti privilegiati. Molti
aristocratici non erano d'accordo con il regime assolutistico imposto da Luigi XIV e
affermavano di voler imitare invece quello inglese. Altri nobili invece ricordavano al re
che egli non poteva imporre delle nuove tasse senza avere prima l'approvazione degli
Stati Generali; con questa affermazione essi miravano ad affiancarsi al re e a
condizionare il suo operato. Gli aristocratici si accorsero poi che la monarchia di Luigi
era ormai debole, e per questo motivo, furbamente, pretesero che costui convocasse gli
Stati Generali, con lo scopo di fargli accettare che il suo governo doveva subire dei
limiti. L'8 Agosto 1788
vennero quindi convocati gli Stati Generali.
1.6 Il Terzo Stato
Al Terzo Stato appartenevano coloro che non erano sacerdoti o aristocratici, perciò
circa il 98% della popolazione, dove la maggior parte erano contadini più o meno poveri
soggetti al volere dei nobili. Elemento comune a tutti i membri del Terzo Stato era quello
di non avere privilegi e di dover pagare le imposte, ma anche il rancore verso i nobili, in
quanto nessuno di loro riteneva giusta la situazione di "sudditanza" in cui si trovavano.
Allora richiesero che nell'Assemblea degli Stati Generali convocata dal re venisse
raddoppiato il numero dei propri delegati, rispetto a quello dei nobili e del clero. Luigi

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XVI accolse la loro richiesta poiché riteneva che quest'azione potesse limitare le
pretese e la forza crescente dell'aristocrazia.
Secondo Sieyès, il Terzo Stato era una nazione completa in sé stessa, poiché i cittadini
aumentavano la prosperità del patrimonio economico grazie al loro lavoro, e garantivano
il funzionamento delle strutture pubbliche grazie alle imposte. Sieyès era un
ecclesiastico, ma disprezzava profondamente l'aristocrazia e si sentiva parte del Terzo
Stato, di cui divenne poi portavoce. Nel suo libro intitolato "Che cos'è il Terzo Stato?"
porta avanti la sua riflessione partendo dal concetto di "nazione", con il quale voleva
indicare un insieme di cittadini che, da una parte contribuivano all'amministrazione dello
Stato, mentre dall'altra che lavoravano. Costui riteneva che tutti i privilegi dei nobili
dovessero essere aboliti e che si doveva procedere alla stesura di una nuova
Costituzione, che ponesse fine all'assolutismo. Poiché ovviamente i nobili si sarebbero
opposti a tutto ciò, egli affermò che il Terzo Stato avrebbe dovuto formare un'assemblea
composta unicamente dai propri deputati, e che questa sarebbe stata una vera
Assemblea Nazionale in quanto il Terzo Stato era una Nazione completa.

2. La rivoluzione del 1789

2.1 L'assemblea Nazionale


I lavori degli Stati Generali vennero aperti ufficialmente il 5 maggio 1789: l'assemblea
era formata da 1165 deputati, dove i rappresentanti del Terzo Stato erano circa 600
mentre quelli del clero e della nobiltà meno di 300 ciascuno. Tuttavia, la supremazia dal
punto di vista numerico del Terzo Stato non dava ad essi grande vantaggio, in quanto le
votazioni avvenivano per ordine in stanze separate, e un provvedimento poteva essere
approvato o respinto se e solo se aveva il consenso di almeno due ordini su tre. Dato
che però il clero era composto prevalentemente da aristocratici prendere provvedimenti
realmente utili e radicali era pressoché impossibile. Consapevole di ciò, Sieyès richiese
che la votazione avvenisse per testa in un'unica camera e non per ordine, in modo tale
che ogni deputato potesse votare singolarmente e un provvedimento sarebbe stato
approvato o revocato in base alla maggioranza. Tuttavia, ciò portò a comprendere che il
problema delle votazioni non era solo che fossero per ordine e non per testa, ma che alla
base vi era un problema di natura politica: votare per testa significava infatti rinnegare il
primato dell'ordine e affermare il primato dell'individuo. I membri del Terzo Stato allora,
il 17 Giugno 1789, dichiararono che loro da soli rappresentavano la Nazione, e decisero
di definire sé stessi come Assemblea Nazionale. Il 20 Giugno poi i rappresentanti del
Terzo Stato si riunirono e pronunciarono un giuramento, dove affermarono che si
sarebbero impegnati a non separarsi fin quando non sarebbero riusciti a dotare la
Francia di una nuova Costituzione efficiente. Così l'opposizione del Terzo Stato iniziò a
trovare sostegno anche negli altri due ordini, nel clero poiché molti parroci si sentivano
più vicini ai propri fedeli piuttosto che ai nobili; nei nobili poiché avevano sentimenti
ostili verso l'assolutismo. Allora Luigi XVI decise di invitare il clero e la nobiltà ad unirsi
al Terzo
Stato per deliberare la seduta congiunta.
2.2 La presa della Bastiglia
Il re non volle accettare pienamente la situazione che si era creata, e per questo motivo
ordinò ad alcuni dei suoi reggimenti più fedeli di marciare verso Parigi per ristabilire
l'ordine; nella capitale, nel mentre, la popolazione era indignata a causa dell'aumento

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del costo del pane. Nel momento in cui si diffuse poi la voce che alcune delle truppe più
fedeli del re stavano marciando verso Parigi in tutta la città si verificarono degli scontri
che assunsero come obiettivo la Bastiglia (la quale era la grande fortezza dove venivano
rinchiusi i nemici del re). Quando, il 14 luglio, i cittadini riuscirono ad irrompere nella
fortezza uccisero il comandante e portarono la sua testa inastata su una picca per tutta
Parigi; fu proprio la violenza degli eventi parigini che paralizzò il re. Venne allora istituita
una milizia, chiamata Guardia Nazionale, incaricata di mantenere l'ordine nella capitale.
Questa milizia assunse come proprio emblema una bandiera tricolore, composta dal
bianco in rappresentanza della monarchia, poi dal rosso e dal blu poiché erano i colori di
Parigi. Il tricolore divenne così il simbolo della Rivoluzione, e il fatto che a capo della
Guardia Nazionale vi fosse il marchese La Fayette era una garanzia del fatto che presto
l'assolutismo sarebbe stato cancellato.
2.3 La rivolta contadina
Anche nelle campagne parigine iniziarono a verificarsi dei problemi che,
successivamente, portarono a delle vere e proprie rivolte. Specialmente in luglio le
rivolte si fecero più numerose, e gli insorti attaccavano i castelli dei nobili bruciando gli
archivi dove costoro conservavano documenti scritti nei quali venivano attestati i diritti
che potevano esercitare verso i contadini. Si diffuse una grande paura in tutta Parigi e
ormai il caos regnava sovrano, fin che nella notte tra il 4 e il 5 Agosto 1789 l'Assemblea
Nazionale decise di intervenire: i diritti signorili vennero aboliti, i contadini potevano
accedere agli impieghi pubblici e la decima venne abolita. E proprio in questa data che,
quindi, vedremo la fine dell'Ancien Régime e la cancellazione della società trinitaria
basata sui privilegi.
2.4 La dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino
L'Assemblea Nazionale, il 26 Agosto 1789, approvò la preliminare Legge fondamentale
dello Stato, nota come "Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino". Questa legge
riassumeva i principi dell'Ottantanove, ovvero esprimeva il concetto di libertà e
uguaglianza, i quali avevano fino ad allora animato la rivoluzione. Il documento è
composto da una premessa e da 17 articoli, dove nell' articolo 6 viene espresso con
chiarezza il concetto del termine "uguaglianza". Nel testo si afferma poi che tutti gli
uomini nascono liberi e con uguali diritti; quindi, è possibile notare come l'antico regime
sia ormai stato abolito. A proposito di quest'ultimo, nell'articolo 6 viene rimarcato
chiaramente anche che ogni cittadino deve essere uguale di fronte alla Legge, mentre
nell'articolo 17 viene definita la proprietà come un diritto sacro: l'uguaglianza che viene
proclamata nella Dichiarazione risulta quindi essere di tipo civile e giuridico, non
economico.

3. La fase monarchica e moderata

3.1 L'attività legislativa dell'Assemblea costituente


Il 6 Ottobre 1789 il re fu costretto dalla folla a trasferirsi da Versailles a Parigi, ove poi si
trasferì anche l'Assemblea Nazionale. Durante alcune sedute dell'Assemblea si impose
l'usanza di indicare i diversi gruppi parlamentari con i termini destra e sinistra: nella
destra si trovavano i nobili e tutti coloro che cercarono di opporsi all'abolizione
dell'antico regime, mentre nella sinistra tutti coloro appartenenti al Terzo Stato e che
avevano votato affinché venissero eliminati i privilegi. Uno dei principali problemi che
venne discusso nell'Assemblea era quello finanziario: per cercare di sanare almeno

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parte dei debiti dello Stato vennero confiscate tutte le terre del clero, e poiché il clero
veniva ormai considerato come un corpo di funzionari pubblici le loro terre non vennero
più ritenute come delle proprietà, ma bensì come dei beni pubblici. Pertanto, il 2
Novembre 1789 l'Assemblea votò la nazionalizzazione dei terreni del clero ed alcuni
vennero subito venduti al fine di creare un gruppo di proprietari terrieri che avessero
interessi legati alla Rivoluzione; se infatti questa fosse stata sconfitta costoro
avrebbero perso tutti i beni nazionali acquistati.
Inoltre, il 13 Febbraio 1790 lo Stato ordinò che ogni ordine religioso non dedito
all'assistenza o all'insegnamento dovesse essere sciolto; venne poi, il 12 Luglio,
approvata la Costituzione civile del clero, la quale sottoponeva l'attività dei sacerdoti a
dei controlli e vietava l'interferenza del papa nella consacrazione dei vescovi. Quando
venne imposto che tutti gli ecclesiastici dovessero giurare fedeltà alla Costituzione
civile del clero il papa
intervenne e si pronunciò pubblicamente contro i nuovi provvedimenti adottati
dall'Assemblea circa il clero; questa prima condanna verso la Rivoluzione causò una
spaccatura all'interno dell'opinione pubblica francese. Tutta la vicenda portò poi ad una
divisione del clero, dove da una parte vi erano i preti giurati (coloro fedeli al nuovo
regime) mentre dall'altra i preti refrattari (coloro contro la Rivoluzione). In campo
amministrativo e giudiziario invece vennero presi importati provvedimenti: per quanto
riguarda l'amministrazione, il 15 Gennaio 1790 venne riorganizzato il territorio francese
in 83 dipartimenti che vennero poi a loro volta divisi in distretti amministrati in maniera
autonoma; per quanto riguarda la giustizia, nell'Agosto 1790 venne deliberata la fine
della vendita delle cariche.
3.2 L'ideologia controrivoluzionaria: Edmund Burke
Edmund Burke, nel 1790, pubblicò il suo libro intitolato "Riflessioni sulla Rivoluzione in
Francia", dove espose la sua riflessione contro gli eventi francesi e contrappose la
Rivoluzione inglese del 1689 a quella francese del 1789. Quella inglese, secondo il suo
parere, di rivoluzionario non ebbe molto poiché il suo scopo era stato la difesa della
libertà e dei diritti concreti. Mentre il difetto più grande della Rivoluzione francese era
quello di procedere per formule astratte, ovvero puramente teoriche. Secondo il suo
pensiero, i francesi avevano così proceduto alla cancellazione di tutto il patrimonio
politico/ sociale ereditato in precedenza e avrebbero tentato di imporre, senza
fondamenti, una nuova Costituzione. Per quanto riguarda l'opposizione francese
all'assolutismo egli riteneva che questa fosse stata legittima fin quando i nobili avevano
lottato per ripristinare gli usi tradizionali, e che invece la ribellione del Terzo Stato non
aveva nessuna giustificazione, anzi, che aveva portato ad una vera e propria perdita del
limite morale poiché tutto poteva essere distrutto e niente veniva rispettato. Lo scritto
di Burke ebbe grande successo, e costituì il principale atto di accusa verso gli eventi
francesi.
3.3 La Costituzione del 1791
Il tentativo di Luigi XVI di fuggire all'estero, nel 1791, falli miseramente; fu infatti
costretto, il 13 Settembre, ad accettare la nuova Costituzione. Fu tenuto perciò ad
accettare la divisione dei poteri, dove quello legislativo venne assegnato ad un'unica
Camera, quello esecutivo al re e al governo mentre quello giudiziario ad un corpo di
magistrati eletti dal popolo. Fra la Legge fondamentale del 1791 e la Dichiarazione dei
diritti dell'uomo e del cittadino vi erano però delle contraddizioni: quella principale
riguardava la condizione dei neri e dei mulatti, in quanto la schiavitù degli uomini di

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colore nelle colonie francesi non venne messa in discussione, sebbene nella
dichiarazione del 1789 si affermasse che tutti gli uomini avevano uguali diritti e libertà.
Altra contraddizione fu quella volta verso il genere femminile, in quanto alle donne non
vennero riconosciuti i diritti civili, anche se nella Dichiarazione del 1789 questi vennero
riconosciuti a tutti gli esseri umani. Fu ignorato poi il principio di uguaglianza, che andò
a discapito dei cittadini nel momento in cui venne adottato un sistema elettorale basato
sul censo. Allora i francesi ci divisero in due categorie i cittadini attivi e cittadini
passivi, dove quelli passivi costituivano buona parte del corpo elettorale e vennero
privati del diritto di voto poiché giudicati troppo poveri. Gli attivi invece vennero divisi
ulteriormente in due gruppi, gli elettori e gli eleggibili: degli elettori facevano parte
coloro che pagavano le imposte per un importo superiore a dieci giornate lavorative e fu
permesso loro di partecipare a pieno titolo alla gestione dello Stato in qualità di votanti,
ma non potevano candidarsi. Per contrastare questa situazione vennero formate diverse
associazioni politiche, chiamate club: la Società degli amici della Costituzione si insediò
nel governo dei giacobini, e di questa faceva parte l'avvocato
Robespierre; la Società dei diritti dell'uomo e del cittadino che aveva sede nel convento
dei cordiglieri, di cui facevano parte Danton e Marat.
3.4 L'inizio della guerra
La Francia decise di schierarsi contro l'imperatore d'Austria, presso il quale si erano
rifugiati la maggior parte dei nobili emigrati. All'interno della nuova camera che venne
eletta a suffragio censitario, e che si riunì il 1° ottobre 1791, vi erano i sostenitori più
convinti della guerra, i deputati, i quali vennero chiamati girondini poiché provenienti dal
dipartimento della Gironda. Costoro ritenevano che la Francia non sarebbe stato un
luogo sicuro fin quando gli emigrati non avrebbero più potuto nuocere. Robespierre si
impose, ma inutilmente, alla dichiarazione di guerra, che invece venne approvata il 20
Aprile
1792. Tuttavia la forza dell'esercito francese era solo apparente, in quanto la maggior
parte dei generali erano nobili e non approvavano la Rivoluzione, che ovviamente si
sarebbe consolidata con un'ulteriore battaglia; così molti comandanti si accordarono
con gli austriaci, mentre altri si ritirarono senza combattere. Il re poi, nel 1791, scrisse
una lettera indirizzata all'imperatore d'Austria Leopoldo. Il definendosi come "prigioniero
in Francia"; Luigi XVI era fermamente convinto che solo con una grande sconfitta
militare avrebbe potuto essere possibile ristabilire l'ordine, ormai perduto, a Parigi.
3.5 Il colpo di Stato del 10 Agosto 1792
Il comportamento del re davanti alla guerra portò i diversi partiti che volevano difendere
la Rivoluzione ad accusare di tradimento anche i generali più prestigiosi, e si arrivò a
pensare che sarebbe stato possibile difendere il territorio dalla minaccia straniera solo
uccidendo Luigi XVI. Durante la giornata del 10 Agosto 1972 l'amministrazione parigina
venne sostituita da una nuova municipalità: il Comune. Questo era un organismo creato
per difendere il Paese da ogni minaccia, che fosse proveniente dai nobili o da stranieri. Il
Comune venne sostenuto in particolar modo dai sanculotti, ovvero coloro "senza
braghe". Costoro non erano ignoranti o poveri, ma vennero tuttavia esclusi dal
godimento dei diritti elettorali, e ciò li portò a provare un profondo disprezzo verso il
sistema politico della Costituzione, tant'è che ritenevano che la monarchia
costituzionale moderata fosse una truffa. Il 10 Agosto i sanculotti assediarono il
palazzetto delle Tuileries, dove risiedeva la famiglia reale, e dopo uno scontro molto
violento il re venne sospeso dall'Assemblea legislativa. Così, la Francia divenne una

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Repubblica. Per quanto riguarda la situazione al fronte invece i francesi si trovarono a
scontrarsi contro i prussiani a Valmy, dove le truppe straniere furono costrette ad una
ritirata. Il 21 Settembre 1792 si riunì un'assemblea di deputati, ed il nuovo organismo
politico ricevete il nome di Convenzione, la quale si attribuì l'incarico di ristabilire un
nuovo ordinamento per lo Stato francese; successivamente la Convenzione svolgerà
anche il ruolo di Camera,
dotata quindi di poteri legislativi.

4. La Repubblica democratica

4.1 Il processo e l'esecuzione del re


Nella Convenzione si formarono tre schieramenti. Bisogna ricordare i deputati della
Gironda, i quali volevano trasformare la Francia in un Paese moderno con caratteri
prosperi e illuminati. Costoro erano inoltre contro i privilegi, l'assolutismo monarchico e
i vincoli che l'antico regime aveva comportato; erano decisi a proseguire la guerra e
impedire che la controrivoluzione avesse la meglio. A loro giudizio poi, il popolo non
doveva assumere un valore autonomo nell'ambito rivoluzionario, per impedire che
avvenisse un capovolgimento dell'assetto sociale. I loro principali nemici erano legati al
club dei giacobini, i quali avevano al loro interno due personaggi molto importanti:
Robespierre e Louis-Antoine de Saint-Just, i quali avevano idee quasi analoghe a quella
dei girondini, ed ammisero che per salvare la Rivoluzione il contributo dei sanculotti era
di grande rilievo. I giacobini ricevettero il nome di montagnardi, in quanto durante la
Convenzione, insieme ad altri deputati, sedevano nelle tribune più alte. Il resto dei
parlamentari venne invece chiamato con espressioni dispregiative come Pianura o
Palude, poiché non si erano mai schierati apertamente da una o l'altra parte. Sorse poi
un contrasto tra montagnardi e girondini circa il destino del sovrano ormai deposto,
dove Robespierre e Saint-Just ritenevano che non dovesse essere processato ma
giustiziato come traditore, nemico della Nazione. Sebbene i giacobini si opposero, Luigi
XVI venne processato: la prima seduta del processo si svolse il 21 Dicembre 1792
davanti alla Convenzione, mentre la sentenza di morte fu pronunciata il 14 Gennaio 1793
e eseguita il 21 Gennaio. Il suo processo e quello successivo di sua moglie Maria
Antonietta destarono grande scalpore poiché furono visti come una sfida al principio
secondo cui i re, governando per grazia divina, erano responsabili delle proprie azioni
solo davanti al Signore.
4.2 La rivolta in Vandea
L'esercito francese, dopo il successo di Valmy, riuscì a impossessarsi anche del Belgio
e della Savoia, territori che poi successivamente verranno annessi alla Repubblica.
Preoccupata per il rapido espansionismo francese, l'Inghilterra decise di prendere parte
alla coalizione antifrancese dichiarando guerra alla Francia l'1Febbraio 1793. In Vandea,
regione situata nella parte occidentale della Francia, le sommosse iniziarono il 10 e il 12
Marzo 1793: la pessima organizzazione militare francese portò il nemico a prendere
possesso di una vasta area. Successivamente, i ribelli della Vandea si proclamarono
apertamente realisti e cattolici, ovvero si opposero ai principali cambiamenti imposti
dalla Rivoluzione francese e esposero la loro idea secondo cui il re provvede con
giustizia paterna al popolo affidatogli da Dio. La Vandea, a Parigi, venne percepita come
un pericolo mortale e proprio per questo si ordinò all'esercito di sopprimere la rivolta; a
questo punto i ribelli non attaccarono più in campo aperto, bensì cercavano di attirare le

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truppe in zone paludose o nascoste, così da tendere delle imboscate ai soldati. Vista la
situazione, i generali repubblicani furono costretti a prendere provvedimenti atroci: a
Nantes, ad esempio, tutti coloro sospettati di essere amici degli insorti venivano
affogati nel fiume; l'interno del villaggio poi fu riconquistato solo dopo aver bruciato tutti
i villaggi e molti civili, sospettati di dare sostegno agli insorti. Alla pacificazione della
Vandea, guidata da Louis-Marie Turreau seguirono 250.000 vittime.
4.3 La costituzione democratica del 1793
Per gestire la situazione disastrosa che stava andando a crearsi in Francia venne
istituito un Comitato di salute pubblica che aveva funzione di governo d'emergenza, ma
che tuttavia non ebbe mai veri poteri assoluti in quanto operò sempre come
un'emanazione della Convenzione, unico vero organo sovrano. A Parigi, i sanculotti
accusarono i girondini di scarsa determinazione e il 2 Giugno 1793 circondarono la
Convenzione, ottenendo l'arresto dei girondini. Successivamente, il 27 Luglio 1793,
Robespierre divenne leader del Comitato della salute pubblica e cercò sia di ottenere il
sostegno dei sanculotti sia di limitarne gli eccessi e l'estremismo. Il 23 Aprile 1793
tenne un discorso dove affermò che la proprietà non doveva essere abolita, tuttavia,
essendo un vero democratico, si preoccupò anche della povertà e dell'analfabetismo,
ponendosi come obiettivo quello di migliorare gradualmente la vita dei francesi in modo
tale che ognuno potesse raggiungere una condizione di vita dignitosa; nei decreti
emanati nel Giugno e Luglio 1793 a favore dei contadini, troveranno applicazione tali
premesse. Il 24 Giugno 1793 fu invece approvata la nuova Costituzione che introduceva
il suffragio universale e promuoveva il principio secondo cui lo Stato doveva
preoccuparsi anche della felicità dei cittadini, offrendo istruzione o lavoro a coloro che
ne avevano necessità. Tuttavia, la Costituzione non dava molto spazio alla democrazia
diretta, ad esempio limitando al minimo il referendum popolare.
4.4 Il maximum e il Terrore
Se realmente con la nuova Costituzione si voleva andare incontro alla gente era
necessario prima di tutto attuare dei provvedimenti in campo economico, poiché il
Paese a causa della guerra era ormai di fronte all'inflazione, che aveva causato una
svalutazione, circa del 30%, dell'assegnato (un tipo di cartamoneta che non possiede un
valore in sé, la quale venne emessa dal 1791). I sanculotti chiesero al governo il
maximum, ovvero di fissare un prezzo per ogni merce che i venditori non potessero
superare. L'Assemblea il 29 Settembre 1793 approvò il maximum nonostante avesse
timore delle conseguenze che questo avrebbe potuto portare, in quanto approvando tale
procedimento si alterava la legge della domanda e dell'offerta. La Convenzione accettò
poi la richiesta di procedere in maniera più ferma e decisa nei confronti dei nemici della
Rivoluzione, tant'è che in Francia a partire dal Settembre 1793 iniziò il Terrore, il quale
trovò i suoi principali strumenti nel Comitato di salute pubblica e nel Tribunale
rivoluzionario. Ma l'aspetto più grave che il Terrore portò era la subordinazione del
potere giudiziario al potere esecutivo.
Robespierre definì poi il Terrore come l'applicazione verso i nemici interni di quelle
procedure che solitamente venivano utilizzate verso avversari esterni in situazione di
guerra.
4.5 La sconfitta di Robespierre
Robespierre per tutto il periodo in cui fu al potere dovette scontrarsi con diverse
persone, fra cui ricordiamo Jean-Paul Marat, il quale era diventato colui verso il quale i
sanculotti definivano la propria linea politica e le loro richieste; venne pugnalato da una

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donna, poiché visto come un tiranno per la libertà dei francesi, il 13 Luglio 1793.
Subentrò allora
Jacques-René Hébert
che pubblicava nel suo giornale degli articoli violenti dove
esortava il Terrore. Costui spinse poi i sanculotti a credere che i prodotti dei mercanti,
che chiusero i propri negozi perché non guadagnavano più, non erano introvabili ma
bensì che erano stati nascosti dagli stessi, tant'è che i sanculotti perquisirono tutte le
abitazioni.
Visto come un pericolo, Hébert venne arrestato e processato insieme agli altri capi dei
sanculotti. Quando nel 1794 il Terrore raggiunse l'apice della propria violenza, con 1285
condanne a morte, Robespierre si trovò a doversi scontrare con Georges Danton, un
leader popolare. Costui propose a Robespierre di attenuare il Terrore, ma a questo punto
fu accusato di complotto controrivoluzionario dal Comitato; venne arrestato e
processato, poi successivamente ucciso nel 1794. La posizione di Robespierre era ormai
difficile, poiché da una parte la repressione verso i cordiglieri lo aveva privato del
sostegno dei sanculotti, mentre dall'altra i deputati che formavano la Pianura erano
convinti che l'emergenza fosse passata e che il Terrore potesse essere attenuato,
opinione che andò a rafforzarsi quando l'esercito francese riuscì a sconfiggere gli
austriaci. Così, il
27 Luglio, Robespierre venne arrestato e il giorno seguente giustiziato.

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