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Nel Medioevo, la società era divisa in tre ordini: gli “oratores”, cioè il clero, che deteneva il potere

spirituale e il cui compito era pregare, i “bellatores”, cioè la nobiltà e quindi i cavalieri, che
possedevano il potere economico e politico e il cui compito era occuparsi della guerra, ed infine i
“laboratores”, cioè il resto del popolo che costituiva il 98% della popolazione e non aveva alcun
privilegio e diritto, a differenza delle altre due classi, e il cui dovere era lavorare.
Fino alla rinascita dell’anno Mille, il terzo ordine era costituito quasi esclusivamente da contadini,
successivamente, come conseguenza allo spostamento di gran parte della popolazione dalle
campagne alle città, nacque un nuovo ceto sociale: la borghesia. Il termine “borghesia” deriva
dalla parola latina “burgensis”, per indicare coloro che non vivevano nel castello del signore
feudale e neanche in campagna, ma nel borgo. Questa classe sociale si sviluppò
contemporaneamente alla nascita dei comuni, poiché era composta da coloro che ricoprivano quei
mestieri funzionali alla vita nella città e che producevano o beni materiali, come gli artigiani che
costruivano strumenti agricoli o realizzavano oggetti necessari per la vita quotidiana, o che
svolgevano attività intellettuali, quindi notai, banchieri, avvocati, medici.
La nascita della borghesia fu possibile grazie al “Surplus” di produzione avvenuto dopo l’anno
Mille, infatti, questa eccedenza di materie prime spinse le persone ad abbandonare le campagne e
a trasferirsi nelle città, dove iniziarono a svilupparsi nuovi lavori e servizi. In tal modo, oltre al
settore primario nel quale lavoravano i contadini, si diede impulso al settore secondario e
terziario, prima quasi inesistenti. Tuttavia, ancora nel Medioevo lavorava solo il 5% della
popolazione nel settore secondario e terziario, mentre il resto era impegnato nelle campagne.
La borghesia si divideva in alta borghesia, che comprendeva i più ricchi commercianti, banchieri,
avvocati, imprenditori, e la piccola borghesia, che era costituita da piccoli artigiani e mercanti.
Entrambi i gruppi si riunirono in corporazioni, cioè associazioni di mestiere che si creavano per
tutelare gli interessi dei lavoratori, che ottennero sempre più rilevanza sociale, tanto che in alcune
città per ottenere una carica pubblica era richiesta l’appartenenza ad una corporazione. È il caso di
Firenze, in cui i priori dovevano necessariamente essere iscritti ad una di esse, ed è proprio per
questo che Dante Alighieri si unì alla Corporazione dei Medici e degli Speziali.
In seguito, nel XVI secolo, si pensò che fosse più conveniente riunire tutti i lavoratori di un
determinato bene in un unico posto, in modo da facilitare la produzione, poiché ognuno si
occupava di un settore specializzato. Così nacque l’industria, nel senso di produzione in serie con
meccanismi standardizzati di oggetti, e la figura dell’operaio, che si distingueva dal lavoratore
perché svolgeva solo una fase della produzione e non otteneva direttamente il risultato del suo
lavoro, ma del denaro.
Tuttavia, il salario degli operai era così basso che questo cambiamento creò nella popolazione una
sorta di trauma, espresso ad esempio dal canto medievale intitolato “Il lamento delle operaie della
seta”. Queste denunciavano il fatto di tessere tutto il giorno, ma non avere abbastanza denaro per
permettersi dei vestiti.
Nel XVIII secolo si assistette ad un’ascesa della borghesia, dovuta principalmente a due fattori: le
lotte condotte contro l’assolutismo monarchico, che condussero ad una diminuzione del potere
della nobiltà, e la posizione centrale della borghesia all’interno della rivoluzione industriale.
La rivoluzione industriale avvenne durante il ‘700 a seguito di una rivoluzione agricola in
Inghilterra, che permise di aumentare la produttività ed ottenere un “Surplus” di materie prime.
Infatti, vennero introdotte delle innovazioni tecniche per facilitare la lavorazione delle materie
prime e renderla più veloce, in modo che stesse al passo con la produzione.
Le principali scoperte ci furono nel settore tessile e minerario, ed è proprio la macchina a vapore di
James Watt, che può essere considerata la prima macchina a vapore moderna, a determinare un
cambiamento epocale nella storia dell’umanità, in quanto per la prima volta l’uomo riuscì a
svincolarsi dalla fatica fisica con un mezzo in grado di fornire, con continuità, potenza e lavoro
meccanico.
Tale innovazione portò ad un cambiamento anche nella figura dell’operaio, il quale non aveva più
bisogno di particolari doti per essere assunto e perciò i salari si abbassarono ancora di più,
aumentando il divario tra la ricca borghesia, formata dagli imprenditori e dai proprietari delle
industrie, e gli operai sottopagati.
Gli operai furono inoltre costretti a trasferirsi nelle città, dove si trovavano i principali posti di
lavoro, radunandosi nei sobborghi (chiamati anche “slums”) cioè dei quartieri costruiti in poco
tempo senza un vero piano regolamentare. I lavoratori sottopagati si ribellarono diverse volte
contro la ricca borghesia, nelle cosiddette “lotte di classe”, ma ogni rivolta fu repressa, grazie
anche all’aiuto dello Stato.
Nel 1799 furono votate dal Parlamento inglese delle leggi, chiamate “combination acts” con cui fu
reso illegale il sindacato e condannavano a 3 mesi di prigione o a 2 mesi di lavoro duro ogni
lavoratore che si associava ad altri per ottenere un aumento di paga o una diminuzione di orario, o
che incitava ad abbandonare il lavoro. Questi provvedimenti furono causa di diversi massacri,
come il “Massacro di Peterloo”.
In questo periodo, nacque anche il proletariato, cioè l’insieme di coloro che come unica fonte di
ricchezza avevano i figli che mandavano a lavorare. Tuttavia, nel 1831 venne istituita la
“Commissione per la riduzione dell’orario”, che scrisse alcune leggi riguardanti il lavoro dei
bambini per “tutelarli” in base alla loro età: le leggi prevedevano che questi minori tra gli 11 e i 18
anni potevano lavorare per un massimo di 12 ore al giorno, mentre quelli tra i 9 e gli 11 anni
potevano lavorare per un massimo di 8 ore al giorno.
Il contrasto tra la nuova classe borghese e il proletariato operaio fu il tema centrale del pensiero
filosofico di quegli anni, infatti, se la filosofia del liberismo e del Positivismo sostenerono dal punto
di vista ideologico la nascente società borghese, dall’altra parte la corrente socialista e poi il
pensiero di Marx ed Engels diedero voce alle condizioni di vita (spesso drammatiche) della classe
operaia.

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