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LA RIVOLUZIONE FRANCESE

La rivoluzione francese fu un periodo di rivolte sociali, politiche e amministrative


che ebbe inizio in Francia intorno il 1789.

LA CRISI DELL’ANTICO REGIME IN FRANCIA

La situazione economico-sociale
Il contesto in cui si avvia la rivoluzione è assai arretrato. Nel Settecento infatti,
mentre in Inghilterra si sviluppava la rivoluzione industriale, in Francia la maggiore
fonte di sostentamento economico era l’agricoltura.

Il Terzo Stato rappresentava quasi la totalità della popolazione, in piccola parte


poi c’era la nobiltà e il clero. I tre ordini erano eterogenei al loro interno, infatti vi
erano enormi differenze come tra l’alto e basso clero, o tra la grande nobiltà e la
plebe nobiliare, infine tra l’alta e la piccola borghesia.

Le principali differenze erano tra il Terzo Stato e gli altri due ceti. Le ultime due
non pagavano le tasse e potevano accedere alle alte cariche dello Stato e
all’esercito. I nobili inoltre imponevano oneri feudali (corvées e percentuali sul
raccolto), in alcuni posti vi era ancora la servitù che impediva la libertà dei
contadini. Questo fece aggravare la situazione dei ceti popolari a causa delle
carestie.

Crisi finanziaria
Uno dei maggiori problemi che dovette affrontare la Francia nel Settecento però
fu la crisi finanziaria, causata soprattutto dalle spese militari e dalle spese per
mantenere la vita sfarzosa di corte. Per ovviare a questo, i ministri aumentavano il
carico fiscale e ricorrevano a prestiti dai cittadini.

Per cercare di sanare i debiti il ministro delle finanze Necker arrivò a falsificare il
rendiconto finanziario, in modo da non scoraggiare il prestito dei cittadini. In
seguito a questo evento emerse la necessità di riformare il sistema.

Qualche anno dopo la nobiltà, a cui era stato esteso il pagamento delle tasse,
chiese al re Luigi XVI di convocare gli Stati generali e l’Assemblea (rappresentanti
di nobiltà, clero e Terzo Stato), dato che solo loro potevano approvare nuove tasse.

Il re consentì la convocazione nel 1789.

Le cause della rivoluzione


La rivoluzione che sfociò in Francia fu il risultato di diverse cause.

- l’influenza del pensiero illuminista e della rivoluzione americana, in


quanto la Dichiarazione di Indipendenza divenne una sorta di “vangelo
politico” per i cittadini francesi.
- la crisi agricola e del settore manifatturiero, che aumentarono la
disoccupazione e di conseguenza fomentarono il desiderio di un
cambiamento
- l’impopolarità del sovrano, in quanto il popolo percepiva Maria Antonietta
(moglie di Luigi XVI) come un’estranea

Si trattò in generale di una rivoluzione che coinvolse diverse classi sociali, che
appunto andavano dalla nobiltà alla borghesia e dal clero ai sanculotti,
rivoluzionari francesi.

➔ il nome deriva dal fatto che non indossavano le culottes, calzoni al


ginocchio,quindi da qui scaturisce il nome sans (senza) culottes

DAGLI STATI GENERALI ALL’ASSEMBLEA

I cahiers de doleance
Nel 1789, il re chiese ai sudditi di esprimere le loro esigenze nei cahiers de
doléances (quaderni di lamentele), per informare gli Stati generali dei problemi
della nazione.

Le richieste più frequenti furono l’abolizione dei diritti nobiliari, l’elaborazione di


una costituzione e l’uguaglianza fiscale, a causa dell’emergente crisi economica e
finanziaria del tempo.

A causa della scarsità del raccolto infatti, il prezzo del pane aumentò e la
disoccupazione aumentava esponenzialmente a causa dei licenziamenti nelle
industrie tessili.

Questo fece scattare delle rivolte da parte del popolo delle campagne, che
attuarono saccheggiamenti volti al clero e agli aristocratici.

La situazione sfociò in 3 rivolte:

- parlamentare: Terzo stato composto da borghesi di ceto medio-alto

- contadina

- sanculotti

La convocazione degli Stati Generali


Gli Stati generali dopo la richiesta dei nobili vennero convocati nel 1789. La prima
questione affrontata fu il sistema di votazione da assumere.

I Nobili volevano che si votasse per ordine, cioè che ogni ordine esprimesse un
solo voto; il Terzo Stato invece voleva che si votasse per testa in modo da poter
ottenere la maggioranza contando sul basso clero e sull’appoggio di qualche
illuminista. La convocazione degli stati generali inizio già con un clima molto teso
che venne peggiorato da due scelte del re:

1) decise di organizzare le riunioni a Versailles, cioè dove vi era la vita di corte


che gravava sui sudditi a causa del carico fiscale

2) organizzò la coreografia dell’assemblea, facendo crescere la disparità tra


gli ordini: il Terzo Stato fu obbligato a indossare un abito nero, mentre
nobiltà e clero indossavano abiti sontuosi

L’assemblea nazionale ed il Giuramento della Pallacorda


Il terzo Stato si rifiutò quindi di votare per ordine e si proclamò
indipendentemente unico rappresentante dell’assemblea nazionale.

Per bloccare questa rivolta, Luigi XVI fece chiudere la sala di riunione degli Stati
generali; il Terzo Stato tuttavia utilizzò la sala destinata al gioco della pallacorda e
giurò di non sciogliersi fino alla promulgazione di una Costituzione.

Questo evento prese il nome di Giuramento della Pallacorda e solo in seguito ad


esso il re riconobbe l’assemblea.

Il 9 Luglio 1789 il nuovo organismo si chiamò Assemblea nazionale costituente.

La presa della Bastiglia


Nonostante quindi il re avesse riconosciuto l’assemblea nazionale, il popolo
parigino temeva che il re preparasse un colpo di mano contro l’assemblea.

Per questo motivo il 14 luglio del 1789 il popolo assalì e distrusse la Bastiglia, un
carcere politico simbolo dell’antico regime. Venne inoltre assalito il municipio e
creata la guardia nazionale, milizia volontaria, sotto il comando di La Fayette.

L’episodio è significativo in quanto si ha l’unione di due diverse rivolte, quella del


terzo Stato e quella parlamentare (cioè la rivolta dei borghesi contro il potere
assoluto).

Nelle campagne i contadini si ribellarono senza una guida politica, spinti dalla
rabbia, bruciando le carte nei castelli dei signori.

Queste rivolte generarono panico generale, che gli studiosi chiamarono “grande
paura”: si temevano vendette nobiliari, massacri e assalti. In realtà in tutta la
nazione le vittime furono solo 3.

L’abolizione degli obblighi feudali


Le rivolte contadine, nonostante loro disorganizzazione, preoccuparono non solo i
nobili ma anche borghesi proprietari terrieri. Per questo motivo all’interno
dell’assemblea nazionale si trovò una soluzione alle richieste dei contadini.

Il 4 agosto dell’89 venne decisa l’abolizione delle corvées (sistema che assicurava
vantaggi sia per il feudatario,sia per il contadino che attraverso il lavoro poteva
ricompensare il signore) e degli obblighi feudali dei contadini attraverso il
pagamento di un riscatto.

Molti contadini però non potevano pagare questo riscatto e quindi le ribellioni si
protrassero per circa tre anni fino all’abolizione senza indennità dei privilegi.

Inoltre l’Assemblea attuò una razionalizzazione del sistema amministrativo: il


territorio nazionale venne diviso in 83 dipartimenti con uguali doveri verso il
potere centrale.

La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino


Il più famoso atto promulgato dall’assemblea costituente fu la Dichiarazione dei
diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 1789. Fu proposta dal generale la
Fayette e divenne il preambolo della costituzione francese.

La dichiarazione è un testo breve, composto da 17 articoli tra i quali sono presenti


i diritti naturali di ogni uomo: la vita,la libertà,l’uguaglianza ma anche il controllo
delle tasse e delle leggi.

A tutte queste libertà però venne posto un limite, affinché si preservasse l’ordine
pubblico. Per esempio ai cittadini venne riconosciuta la libertà di religione, ma
solo ai cristiani era permessa la celebrazione pubblica o ancora la libertà di
stampa, che era limitata dal controllo dei legislatori che potevano vietare
pubblicazioni turbatrici dell’ordine pubblico.

Le giornate d’ottobre
Il monarca, infatti, contrastava i lavori dell'Assemblea costituente. Si rifiutò infatti
di ratificare i decreti che abolivano i privilegi feudali e la Dichiarazione dei diritti.

A causa di questi comportamenti un corteo di protestanti guidato dalla guardia


nazionale (milizia volontaria, sotto il comando di La Fayette) si recò a Versailles il 5
ottobre 1789 per esporre al monarca tre pretese:

1. chiedevano che accettasse i decreti dell’Assemblea

2. chiedevano che garantisse approvvigionamenti a Parigi

3. chiedevano che si trasferisse nella capitale, al fine di essere più facilmente


controllato

Il sovrano, per scongiurare una rivolta popolare, dovette accettare.

Il 10 ottobre egli fu proclamato re per grazia di Dio e per la costituzione dello Stato.
Inoltre, per sottolineare la natura costituzionale, venne proclamato re dei francesi.

La requisizione dei beni assegnati al clero


Per risolvere i problemi finanziari e migliorare il deficit statale, l’assemblea
costituente decise la requisizione dei beni del clero.
Contrariamente a questa decisione, lo Stato si impegnò nel mantenimento degli
ordini religiosi dediti all'educazione dei giovani o all'assistenza dei malati.

Un’ulteriore iniziativa attuata per attenuare il deficit economico fu la vendita di


terreni e edifici ai cittadini; il cittadino francese poteva dunque acquistare degli
assegnati, cioè dei fondi di investimento.

Quest’opera però non funzionò economicamente in quanto la popolazione era


riluttante a impegnare il proprio denaro nell'acquisto degli assegnati,data la
precarietà della situazione politica. L'Assemblea, inoltre, ne mise in circolazione un
numero eccessivo, provocandone la rapida svalutazione. La conseguenza fu
l'aumento dell'inflazione e del carovita.

Costituzione civile del clero


Per stabilire dei rapporti tra lo Stato ed il clero, l’Assemblea costituente promulgò
la costituzione civile del clero. Quest’ultima stabiliva che

- Parroci e vescovi diventano dipendenti stipendiati dello Stato, sono eletti


dai cittadini e giurano fedeltà alla Costituzione.

- Il cattolicesimo cessava di essere religione di Stato, ma restava l'unica


religione autorizzata ad essere pubblica;

Attraverso questi provvedimenti il clero diventava un organo statale e non più


alle dipendenze del Vaticano. Ciò non venne accettato da Roma, per cui si
formarono due fazioni:

- il clero costituente, che giurò fedeltà alla costituzione;

- il clero refrattario, obbediente al papa .

LA COSTITUZIONE DEL 1791

La fuga del re
Successivamente alla presa della Bastiglia iniziarono le fughe e le migrazioni da
parte degli aristocratici.

Ricordiamo in particolare la fuga del re, il 20 giugno del 1791, travestito da servo
cercò di abbandonare la Francia con la famiglia ma venne riconosciuto e
ricondotto a Parigi.

Questo episodio portò alla rottura definitiva tra moderati e democratici all’interno
dell’assemblea costituente

I club politici
In questo periodo di rivoluzione, le diverse fazioni si erano organizzate in club,
paragonabili ai nostri attuali partiti politici.
Fra i club più importanti ci fu quello dei giacobini, guidato da Robespierre, il
quale sosteneva una via repubblicana. Questa decisione però non era condivisa
da tutti i componenti e per questo motivo si formarono altre due fazioni: i
foglianti e i cordiglieri.

I foglianti guidati da La Fayette, perseguivano una monarchia costituzionale,


mentre i cordiglieri, guidati da Hebert e Marat, non solo erano fautori della
repubblica, ma richiedevano anche l’aumento dei salari.

In generale il ruolo dei club nella rivoluzione fu importante in quanto la


popolazione poté conoscere i dibattiti dell’assemblea costituente, tenuti in spazi
pubblici, e formulare le proprie richieste.

La Costituzione del 1791


Nei club si svolse il dibattito sulla fisionomia da dare al nuovo Stato.

Da una parte i moderati volevano impostare un sistema monarchico diviso in


due camere: una Alta, i cui membri dovevano essere nominati dal re e una bassa
eletta dai cittadini; essi richiedevano inoltre il diritto di voto del sovrano sulle
decisioni del Parlamento.

Dall’altra i radicali, invece, rifiutavano queste proposte, in quanto le ritenevano


antidemocratiche.

La Costituzione,approvata nel 1791, quindi rappresentò una soluzione comune:


non fu approvata la Camera Alta, ma si accolse il diritto di veto da parte del re.
Venne inoltre ripreso il principio della separazione dei poteri, dalle teorie di
Montesquieu:

- il potere legislativo venne attribuito all’Assemblea elettiva

- il potere esecutivo al re

- il potere giudiziario alla magistratura.

I moderati trionfarono sulla questione del diritto di voto per l’elezione della
Camera Bassa. Venne però fissato un criterio censitario: per poter accedere al
diritto di voto occorreva avere un reddito minimo.

La società venne dunque suddivisa in tre parti:

- cittadini passivi, esclusi dal voto perché privi di ricchezze;

- cittadini attivi, che potevano votare ma non essere eletti;

- cittadini eleggibili, ai quali era richiesta anche una proprietà terriera.

Venne discusso nella costituzione anche a quale autorità competente spettasse il


potere militare, quindi la facoltà di dichiarare guerra. I moderati volevano che
questo ruolo spettasse al re, i radicali invece chiesero e ottennero che fosse
l'Assemblea a deliberare sulla guerra e sulla pace.

Infine, grazie alla Costituzione, negli 83 dipartimenti e nei comuni, i consigli e i


sindaci corrotti vennero sostituiti.

Questa costituzione, espressione dell’alta borghesia, portò allo scioglimento


dell’assemblea costituente e alla nascita dell’assemblea legislativa.

LA FRANCIA IN GUERRA

Le rivolte sociali e la guerra


L’assemblea legislativa che si insediò a seguito dell’affermarsi della Costituzione,
in un breve lasso di tempo si ritrovò ad affrontare diversi problemi.

Prima di tutto dovette affrontare la radicalizzazione della rivoluzione e


successivamente problemi riguardanti la politica estera.

Per quanto riguarda la prima problematica, l’aumento delle insistenti rivolte


sociali nella città e nelle campagne allarmò l’Assemblea, costretta a decretare la
nazionalizzazione dei beni dei nobili emigrati ed abolire i diritti feudali.

Per quanto riguarda invece i problemi di politica estera, l’assemblea legislativa si


trovava a decidere se dichiarare guerra alla Prussia e all’Austria, che avevano
dichiarato il proprio sostegno verso il re Luigi XVI. La dichiarazione di guerra fu
poi approvata dall’assemblea legislativa, in quanto la maggioranza era favorevole
allo scontro.

- I girondini capeggiati da Brissot, erano favorevoli alla guerra in quanto


convinti che avrebbe stimolato la produzione manifatturiera e i
commerci

- I moderati con la Fayette, pensavano che una vittoria avrebbe rafforzato il


loro potere

- Infine, anche il re voleva la guerra in quanto sperava in un fallimento della


Francia e quindi sperava che la parte rivoluzionaria venisse sconfitta.

Solo i giacobini, in minoranza, affermarono che la Francia non era in grado di


sostenere una guerra. Ciò si rivelò vero, in quanto i soldati francesi erano male
addestrati poiché la maggior parte degli ufficiali erano emigrati e quelli rimasti
erano incapaci di fare la guerra oppure erano corrotti dal re.

A causa delle numerose sconfitte si arrivò ad affermare che la regina Maria


Antonietta avesse fornito i piani di guerra nemici.
La caduta della monarchia
Tra la società e la monarchia si era ormai creata una rottura definitiva.

I sanculotti nel 1792 invasero la residenza del re, costringendolo a brindare alla
buona riuscita della rivoluzione. Trovando l’appoggio dei giacobini e dei
cordiglieri, i sanculotti chiesero

- l’abdicazione del re

- la convocazione di una nuova convenzione che potesse dar vita ad una


nuova Costituzione

Nel frattempo però la guerra con l’Austria continuò, ed Il 25 luglio gli eserciti
austro prussiani minacciarono di distruggere Parigi se fosse stato recato danno
al re. Questa intimidazione ebbe tuttavia un effetto contrario, in quanto i
rivoluzionari attaccarono nuovamente il palazzo del re, il quale cercò rifugio
presso l’assemblea legislativa, che fu costretta a consegnare il re e farlo
imprigionare.

Venne quindi convocata una nuova convenzione nazionale, che pose fine alla
monarchia.

Questo periodo della rivoluzione francese può essere considerato come il più
violento; si diffuse infatti la voce che nei carceri i nemici stessero preparando un
complotto, quindi i sanculotti assaltarono le prigioni e massacrarono nobili e
innocenti.

LA CONVENZIONE

Gli schieramenti interni alla Convenzione


Il 20 settembre 1792 venne eletta la convenzione a suffragio universale maschile,
che portò all’elaborazione di una nuova costituzione.

La convenzione era composta da 749 deputati che si dividevano in tre gruppi, i


quali corrispondono ai nostri partiti di destra sinistra e di centro.

In particolare troviamo:

- i girondini che corrispondono alla destra, favorevoli a soluzioni moderate

- I Montagnardi, cioè il gruppo di sinistra, formato da giacobini e cordiglieri,


fautori di idee radicali

- La pianura, gruppo di centro, che non aveva un preciso orientamento


politico

Fra i diversi partiti vi erano divergenze non solo di carattere ideologico ma anche
sociale, in particolare fra i girondini e i giacobini; infatti, mentre i primi si facevano
portatori del mondo degli affari, e quindi spingevano per una politica economica
priva di vincoli imposti dallo Stato, i secondi si facevano portatori delle
problematiche del popolo per cui chiedevano il controllo dei prezzi e dei salari.

I giacobini furono tuttavia sostenitori anche di una posizione più moderata per
quanto riguarda la proprietà privata, in quanto pensavano che non dovesse
essere abolita ma che lo Stato dovesse garantire a tutti il necessario per
sopravvivere.

Condanna a morte di Luigi XVI


Il 20 settembre del 1792 lo stesso giorno in cui si insediava la convenzione, gli
eserciti francesi sconfissero quelli prussiani nella battaglia di Valmy.

Questa battaglia fu abbastanza rilevante, in quanto fu la prima vittoria


dell’esercito francese dall’inizio della guerra, e soprattutto poiché servì ad
arrestare l’esercito prussiano.

Più che una semplice vittoria militare, questa fu una vittoria morale, in quanto
per la prima volta la Francia rivoluzionaria dimostrava la propria abilità di
difendersi in battaglia. In questo clima, il 21 settembre del 1792, ci fu l’abolizione
della monarchia e la proclamazione della Repubblica.

Restava tuttavia da decidere la sorte del re; a tal fine venne allestito un processo
che i girondini cercarono di ritardare, prevedendo la sorte del re ed il
rafforzamento del potere dei sanculotti; i giacobini invece pretesero che si
procedesse, accusando il re di tradimento. L’esito finale fu la condanna a morte di
Luigi XVI, ghigliottinato nel 1793, nove mesi prima della moglie Maria Antonietta.

La prima coalizione
Successivamente alla vittoria di Valmy, l’esercito francese riportò diversi successi.

Si diffuse in questo periodo la teoria dell’esportazione della rivoluzione tramite la


guerra. Nonostante Robespierre volesse far cessare gli scontri, la prima tesi
prevalse e si scelse di esportare la rivoluzione al di fuori dei confini francesi.

Gli effetti negativi non tardarono tuttavia ad arrivare, in quanto molti intellettuali
europei che in un primo momento avevano appoggiato la rivoluzione, ora la
guardavano con dissenso a causa del carattere dittatoriale che aveva assunto.

Molti sovrani stranieri inoltre cominciarono a temere per la loro sorte, e per
questo motivo si unirono all’Austria e alla Prussia. Per iniziativa dell’Inghilterra
nacque così la prima coalizione, un’alleanza antifrancese formata da Inghilterra,
Prussia, Austria, Russia, Spagna, il granducato di Sardegna, di Toscana, lo Stato
della Chiesa ed il Regno di Napoli. Questa coalizione uscì vittoriosa.

La ribellione nella Vandea


La convenzione dovette risolvere anche problemi riguardanti la politica interna.
In primo luogo dovette affrontare la crisi economica, ma il fenomeno più grave fu
la ribellione della Vandea. In questa regione i contadini diedero infatti vita a un
violento movimento controrivoluzionario, mosso dalla delusione per gli scarsi
progressi economici e sociali della rivoluzione e dal rifiuto di accettare una
politica di stampo anticlericale.

In un secondo momento ai contadini si unirono anche i nobili e il clero. I


contadini più agiati infatti temevano espropriazioni, mentre i poveri protestavano
in quanto avevano perso le protezioni che l’ordinamento feudale garantiva loro.

Questa crisi portò alla sconfitta politica dei girondini e all’affermazione dei
giacobini.

IL TERRORE

La Costituzione del 1793


La guerra, la crisi economica e la rivolta dei contadini in Vandea portarono alla
sconfitta dei girondini e all’affermazione dei giacobini.

Nel 1793 i giacobini approvarono una Costituzione che proclamava la repubblica


e il suffragio universale maschile, che però non entrò mai in vigore.

Per questo motivo venne creato un Comitato di salute pubblico che assunse
pieni poteri.

Il periodo del Terrore


Iniziò così il cosiddetto periodo del Terrore, in quanto Robespierre, appartenente
al governo giacobino, assunse atteggiamenti dittatoriali:

- i processi davanti al tribunale divennero sempre più numerosi, quindi


aumentarono le condanne

- fu avviata la scristianizzazione e fu proclamato il culto della dea Regione;


questa proposta non solo creò divisioni fra gli stessi rivoluzionari ma non fu
ben accolta dalle popolazioni legate alle tradizioni religiose.

Il colpo di Stato del 9 termidoro


La politica del terrore colpì anche gli oppositori interni alle forze rivoluzionarie. Alla
fine Robespierre, oltre ad essere accusato di tirannia, fu estromesso dal potere e
ghigliottinato il 27 luglio 1794, nel colpo di stato del 9 termidoro secondo il
calendario rivoluzionario.
IL GOVERNO DEL DIRETTORIO

La reazione termidoriana
Il colpo di stato del 9 termidoro, con l’uccisione di Robespierre, portò alla fase
della rivoluzione francese denominata termidoriana.

I termidoriani (gli uomini della Convenzione che attuarono il colpo di stato di


Termidoro) attuarono provvedimenti economici quali la liberalizzazione dei
commerci e rimossero i giacobini da ogni incarico politico-amministrativo,
perseguitandoli ed incarcerandoli.

In questo periodo si diffuse il fenomeno della gioventù dorata, associazione di


giovani benestanti detti moscardini per la pastiglia di muschio e spezie che
masticavano. Questi giovani dettavano non sono leggi in fatto di moda ma
riunivano anche delle bande armate per dare la caccia ai giacobini.

Si scatena infatti in questo periodo il terrore bianco, cioè un periodo


caratterizzato dai massacri nei confronti dei giacobini. In opposizione però si
attenuavano le persecuzioni nei confronti dei controrivoluzionari. La convenzione
infatti cerco di agevolare in qualsiasi modo i controrivoluzionari che
rinunciavano alla lotta contro la Repubblica e favorì il rimpatrio di molti nobili.

Per quanto riguarda l’aspetto economico, le scelte prese dai termidoriani


causarono un’inflazione economica, che portò a diverse agitazioni dei ceti
popolari che vennero prontamente represse.

Nella politica interna infine, i termidoriani dovettero affrontare diverse avversità,


nonostante la positiva situazione militare. L’esercito francese infatti riuscì a
liberare completamente il territorio nazionale e a recuperare i territori persi,
grazie anche all’indebolimento della prima coalizione.

La Costituzione dell’anno III


Nell'agosto 1795 la Convenzione approvò una nuova Costituzione, detta dell'anno
III. Essa si apriva con una Dichiarazione dei diritti, la cui formula principale fu «la
legge è uguale per tutti». Lo Stato, secondo questa nuova concezione, doveva solo
garantire a tutti la massima libertà compatibile con l'ordine pubblico.

Questa costituzione inoltre portò all’eliminazione del suffragio universale e il


ripristino del criterio censitario, con diritto di voto ai cittadini maggiorenni che
pagavano una determinata tassa.

Attraverso questa costituzione inoltre venne istituita una rigorosa separazione


dei poteri per evitare una dittatura:

- il potere legislativo venne affidato a un sistema bicamerale rinnovabile


ogni anno
- il potere esecutivo a un direttorio formato da cinque membri, uno dei
quali rimpiazzato ogni anno
La politica del direttorio
Nonostante l’approvazione di una nuova costituzione, il clima politico della
Francia rimaneva instabile.

Aumentava sempre di più il malcontento delle masse popolari a causa del costo
elevato della vita. Ricordiamo in particolare Gracco, che affermava l’uguaglianza
fra gli uomini e sosteneva uno stato comunista in cui tutte le terre devono essere
dello Stato. Affermava ciò in quanto “tutti gli stomaci sono uguali quindi devono
disporre delle stesse risorse” ed affermava che questo obiettivo si poteva
raggiungere solo tramite una dittatura.

Sulla base di questi ideali, Gracco, si fece portatore della congiura degli eguali,
che fallì miseramente e gli causò la condanna a morte.

La campagna di Italia
A causa delle problematiche interne, il regime del direttorio mirò a rafforzare il
piano militare. Quest’ultimo colpiva l’Austria con un attacco su due fronti, dalla
Renania e dall’Italia ed è noto come Campagna di Italia.

La campagna d’Italia (1796) venne affidata a Napoleone Bonaparte, che si ritrovò


ad agire in un contesto favorevole in quanto gli intellettuali vedevano la Francia
come portatrice di libertà contro il dominio austriaco.

Il giovane generale riportò diverse vittorie, attraverso le quali la Francia ottenne


Nizza e Savoia. Successivamente la campagna proseguì verso la Lombardia. Qui
Napoleone si presentò come colui che avrebbe liberato la città in cambio del
pagamento di tasse per il mantenimento delle sue truppe.

Infine una volta giunto allo Stato pontificio, costrinse il Papa ad arrendersi.

Le repubbliche sorelle
Secondo il direttorio la conquista dell’Italia doveva avvenire in modo pacifico,
senza la prosecuzione della guerra, in quanto essa doveva essere solo sfruttata
come fonte di risorse attraverso l’imposizione di tasse. Napoleone però non
seguì queste direttive e agì secondo le proprie ambizioni.

Il generale favorì infatti la costituzione della Repubblica cispadana da parte dei


repubblicani di Modena e Reggio Emilia, che poi si unì alla Lombardia, territorio
austriaco, dando vita alla Repubblica cisalpina.

Queste repubbliche vengono definite sorelle in quanto vennero instaurate


entrambe grazie all’aiuto di Napoleone, quindi con l’aiuto delle armi e con regimi
simili a quello francese.

Successivamente Napoleone conquistò Mantova, territorio austriaco e


contemporaneamente dichiarò guerra a Venezia. La conquista di Venezia portò
alla nascita di sentimenti di delusione ed amarezza e vide svanire l’entusiasmo
dei patrioti. Si comprese infatti che Napoleone aveva interessi essenzialmente di
tipo strategico, politico ed economico. Dopo la conquista di Venezia infatti, venne
firmato con l’Austria il trattato di Campoformio del 1797, secondo il quale
l’Austria rinunciava al Belgio e alla Renania e cedeva la Lombardia a Napoleone, in
cambio del territorio di Venezia.

Dopo la nascita della della Repubblica cisalpina, tra il 1797 e il 1798 nacquero in
Europa nuove repubbliche sorelle: ricordiamo in particolare la Repubblica ligure
e la Repubblica romana che nacque dall’invasione dell’esercito francese allo Stato
pontificio.

Tutte queste repubbliche furono modellate sulla costituzione francese, e


all’interno di esse vennero applicate riforme politiche amministrative quali
l'istituzione dello Stato civile, cioè il riconoscimento delle nascite, delle morti e dei
matrimoni.

Il colpo di Stato del 18 fruttidoro


A causa dell’atteggiamento di Napoleone, il direttorio fu costretto a chiarire il suo
operato e a modificarlo in quanto la Francia si trovava in un periodo di crisi.

Mentre infatti Napoleone si trovava impegnato nella campagna d’Italia, in Francia


i monarchici stavano ottenendo ampi consensi.

Per questo motivo venne attuato un colpo di Stato, il 4 settembre 1797, quindi il
18º fruttidoro, dalla maggioranza del direttorio. Venne occupata Parigi, ed il
potere venne assunto da un triumvirato, che limitò gli oppositori e la libertà di
stampa.

La spedizione in Egitto
La Francia a questo punto, arrivata ad un accordo con l’Austria, doveva temere
solo la Gran Bretagna.

La potenza inglese si fondava sul dominio militare e commerciale dei mari;


essendo dunque impossibile l’ipotesi di un’invasione della Gran Bretagna, la
Francia avviò una campagna militare per la conquista dell’Egitto.

Questo territorio avrebbe infatti permesso ai francesi di controllare i traffici del


Mediterraneo, escludendo gli inglesi dal commercio. Fu una spedizione molto
importante, in quanto portò alla luce diversi documenti della civiltà egizia ma si
rivelò più difficile del previsto dal livello militare. L’ammiraglio inglese Nelson
infatti distrusse dopo poco tempo la flotta francese.

L’Inghilterra questo punto sfruttò a suo vantaggio le problematiche della


Francia, per dare vita alla seconda coalizione, alla quale aderirono Austria, Russia,
il regno di Napoli e la Turchia. La Francia inviò allora delle flotte contro il regno di
Napoli, dando vita alla Repubblica partenopea.
Il dominio francese su gran parte del territorio italiano durò poco, in quanto la
nazione venne attaccata dall’esercito austro-russo. La Francia dovette quindi
abbandonare non solo i territori italiani ma anche la Svizzera e la Renania.

Preoccupato per gli eventi europei, Napoleone abbandonò a questo punto la


campagna in Egitto.

Il colpo di Stato del 18 brumaio


La guerra in Egitto e nel regno di Napoli portò gravi conseguenze sul quadro
politico.

Dopo la guerra infatti, in Italia le repubbliche cedettero rapidamente. Nella


Repubblica partenopea, il cardinale Fabrizio Ruffo, organizzò una rivolta popolare,
portando al potere la famiglia reale e i patrioti furono repressi. Ci furono inoltre
molte altre rivolte, che vennero chiamate «insorgenze». Secondo alcuni studiosi si
trattava di insorgenze simile a quelle della Vandea, cioè insorgenze cattoliche,
mentre secondo altri scaturivano dalla crisi economica tipica della seconda metà
del Settecento.

Le guerre inoltre andarono a indebolire anche il governo francese. Venne allora


organizzato un ulteriore colpo di stato, che portò allo scioglimento del
Direttorio il 18 brumaio (9 novembre 1799) e alla nascita di un nuovo governo
affidato a tre consoli, tra i quali Napoleone stesso.

Vennero in più costituite due commissioni, con l’incarico di elaborare una nuova
Costituzione.

Quest’ultimo colpo di Stato rappresentò la caduta definitiva dei principi liberali


e democratici affermati dalla rivoluzione.

Il bilancio della rivoluzione

Gli storici individuano nella presa della Bastiglia l’inizio dell’età contemporanea.

Ancora oggi è comunque molto acceso il dibattito sul giudizio complessivo della
rivoluzione. Da una parte ci sono gli storici che non criticano la rivoluzione, in
quanto essa ha dato inizio al riconoscimento dei diritti dei cittadini e
all’elaborazione di una costituzione. Dall’altra abbiamo invece coloro che
ritengono incompatibili lo svolgersi della rivoluzione con i principi di uguaglianza
e di libertà.

Criticata è inoltre l’esclusione della donna. Infatti nella Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino e nelle costituzioni non vengono concessi diritti civili e
politici alla donna. Tra le diverse battaglie condotte da allora per l’emancipazione
femminile, ricordiamo il caso di Olympe de Gouges, autrice della Dichiarazione
dei diritti della donna e della cittadina, le cui battaglie la condussero fino alla
ghigliottina.
L'ETÀ NAPOLEONICA
NAPOLEONE BONAPARTE

Gli inizi
Napoleone Bonaparte nacque nel 1769 ad Ajaccio (Corsica), da una famiglia della
piccola nobiltà francese. Studiò le arti belliche e i classici mentre frequentava la
scuola militare francese.

Nel 1793 divenne seguace del giacobinismo montagnardo, ma i critici credono


che questa sia scelta sia dovuta più al fascino del potere che all'ideologia.

Il suo primo incarico fu il comando delle truppe francesi a Tolone nella battaglia
contro gli inglesi. Si fece notare per la sua grande abilità militare e per questo
ottenne altri incarichi di grande prestigio dal governo del Direttorio.

Sposò nel 1796 Giuseppina Beauharnais.

Ottenne nell’aprile del 1796 il comando della missione della campagna d’Italia.

Il mito del petit caporal


Era un uomo cinico e arrogante che seppe sfruttare al massimo tutte le
occasioni che gli offrirono.

Ebbe anche una grande abilità nell’usare la stampa, che gli serviva a creare il mito
relativo alla sua persona e alla sua imbattibilità. Nacque così il mito del petit
caporal cioè un generale che si sottoponeva agli stessi sforzi dei suoi soldati.

Fece in modo di farsi mitizzare e quindi farsi idealizzare come una mente
superiore. Napoleone aveva energie inesauribili e molti venivano colpiti dalla sua
infaticabilità.

Un garante per l’ordine


Il suo successo iniziò con la campagna d’Italia del 1796, dopo essere rientrato in
Francia come vincitore il popolo lo accolse con entusiasmo.

Il Direttorio invece mostrava inquietudine per la sua eccessiva popolarità, per


questo gli affidarono una nuova missione, la campagna in Egitto cercando di farlo
allontanare dal popolo francese.

A causa però della situazione in Europa il governo francese entrò in crisi e si


cercava di portare sicurezza e pace, allora gli uomini del governo cercarono di
sfruttare al massimo la popolarità del generale per dare alla politica francese
una svolta.
Bonaparte trasse parecchio vantaggio da questa situazione, in quanto grazie al
Colpo di Stato del 18 brumaio riuscì a prendere i pieni poteri del governo
francese.

DAL CONSOLATO ALL’IMPERO

Il consolato
Il periodo del Consolato viene riconosciuto come un momento di totale
riorganizzazione sia legislativa che istituzionale.

Venne elaborata una nuova costituzione, la Costituzione dell’anno VIII, approvata


nel dicembre del 1799; questa rafforzò il potere esecutivo affidandolo al Primo
console, ciò Napoleone. Il suo potere era relativo a tutti gli aspetti della vita
politico-amministrativa: presenta nuove leggi, nominava i comandanti
dell’esercito e i funzionari statali e i prefetti.

Il potere consolare in realtà doveva essere bilanciato da tre assemblee: Tribunati,


Corpo legislativo e Senato, ma queste erano comunque espressioni
dell’ideologia dell’autorità centrale (Napoleone stesso).

Furono prese molte iniziative sul piano finanziario e fiscale che consentirono di
soddisfare le esigenze della società e di garantire molte entrare e soprattutto più
sicure nelle casse dello Stato.

Per quanto riguarda il piano sociale, il regime napoleonico prese diversi


provvedimenti nei confronti delle organizzazioni dei lavoratori: fu vietato loro di
scioperare e di lottare per avere un aumento salario, questo fu uno dei motivi
principali per cui il legame tra Napoleone e l’alta borghesia si consolidò.

Il Codice napoleonico e il Concordato


L’azione più efficace e famosa del regime napoleonico fu il Codice Civile, un
capolavoro giuridico sul quale poi si basavano tutte le istituzioni.

Fu pubblicato nel 1804 e riprendeva alcuni dei principi caratteristici della


rivoluzione: uguaglianza giuridica, libertà individuale, laicità dello Stato ecc, ma
rifiutava l’uguaglianza di tipo sociale.

Altri principi del Codice civile erano legati all’istituzione della famiglia e l’autorità
paterna sui figli e la moglie.

Napoleone cercò di riappacificarsi con lo Stato della Chiesa e per questo nel 1801 il
Papa e Napoleone stipularono un Concordato nel quale si affermava che il
cattolicesimo fosse la religione della maggioranza del popolo. Lo Stato
comunque doveva occuparsi della presentazione di candidature a vescovi e
parroci; Napoleone fu colui che riuscì a ridare pace religiosa e sociale nella
società francese.
Le vittorie contro la seconda coalizione
Napoleone fu impegnato anche dalle guerre contro la seconda coalizione. Egli
mirava infatti ad indebolire ed isolare l’Inghilterra attaccando l’Austria.

La battaglia che si tenne a Marengo nel 1800 fu quella decisiva, che portò al
completo dominio francese sul territorio italiano; Napoleone sconfisse gli austriaci
e ri-costituì la Repubblica cisalpina, un altro gruppo di militari francesi sconfisse
l’esercito austriaco nella Germania meridionale.

L’Austria nel febbraio del 1801 stipulò la Pace di Lunéville dove venivano
confermati gli stessi concetti del trattato di Campoformio (1797) quindi: alla
Francia venivano riconosciuti i territori renani, il Belgio e il Piemonte, legittimando
anche gli Stati satelliti e le repubbliche sorelle.

Anche la Russia ed il Regno di Napoli stipularono una pace con i francesi, quindi
l’Inghilterra si ritrovò isolata e dopo lunghe trattative arrivò ad una accordo nel
marzo del 1802, cioè la Pace di Amiens.

Imperatore dei francesi


Il prestigio di Napoleone all’interno dello Stato fu rafforzato dalle vittorie militari.

Il generale dimostrò ai francesi di voler mantenere la pace e rafforzare lo Stato,


conquistando anche una posizione alta a livello internazionale.

Tramite un plebiscito nel 1802 Napoleone si fece nominare console a vita. Due
anni dopo affermò che solo una nuova dinastia avrebbe portato sicurezza allo
Stato; Napoleone volle quindi dare un carattere monarchico al proprio regime, per
questo ratificò il sistema con la Costituzione dell’anno XII del 1804 che gli
attribuiva il ruolo di imperatore dei francesi; ciò avvenne con un plebiscito,
strumento con il quale si aveva un contatto diretto tra “capo” e popolo.

Il 2 dicembre del 1804 venne incoronato come imperatore da papa Pio VII e per
affermare il proprio potere sulla Chiesa, tolse la corona dalle mani del papa e se la
pose lui sul capo.

IMPERO NAPOLEONICO

Le imprese militari
L’ostilità della Francia verso l’Inghilterra portò gli inglesi a formare la terza
coalizione (Russia, Austria, Inghilterra, Svezia e Regno di Napoli).

Nell’ottobre del 1805 a Cadice i francesi vennero sconfitti dagli inglesi, Napoleone
però uscì vittorioso dalla battaglia di Austerlitz il 2 dicembre 1805 contro l’esercito
austro-russo. Dopo aver firmato la pace di Presburgo, l’Austria dovette cedere le
terre italiane e tedesche alla Francia.
Così iniziò la conquista del territorio italiano da parte di Napoleone: la Prussia
entrò nella quarta coalizione a fianco dell’Inghilterra e della Russia nel 1806.
Cercarono di fermare le truppe francesi, ma con scarsi risultati; Napoleone
sconfisse i prussiani a Jena e i russi a Eylau.

Nel 1807 ci fu la pace di Tilsit che divise in maniera diversa il territorio europeo:

- i territori ad ovest del fiume Elba, vinti contro la Prussia, formarono il Regno
di Vestfalia, dato a Gerolamo Bonaparte, fratello di Napoleone; gli Stati
tedeschi andarono sotto il dominio francese;

- Luigi Bonaparte, altro fratello di Napoleone, venne proclamato re d’Olanda;

- infine i territori ad est del fiume Elba formarono il Granducato di Varsavia.

Tutta l’Europa era sottoposta all’egemonia francese. I Paesi legati all'Antico regime
istituirono nuovi modelli istituzionali e il Codice Civile.

L’Italia sotto il dominio napoleonico


Nel 1800 si svolse la vittoria di Marengo che portò al completo dominio francese
sul territorio italiano. Napoleone venne considerato come un predatore a causa
delle diverse opere d’arte italiane prese e portate in Francia come se fossero
bottini per gli ufficiali dell’esercito.

Tutti gli Stati italiani persero quindi autonomia; la prima repubblica fu la


Repubblica cisalpina e dopo il Regno d’Italia. Napoleone si proclamò nel 1805
come re di quest’ultimo. Napoli divenne regno nel 1806 con Giuseppe Bonaparte.

Anche lo Stato pontificio venne diviso: alcuni territori divennero dipartimenti


francesi, altri vennero aggiunti al Regno d’Italia.

Caratteri e contraddizioni dell’Impero


La permanenza di Napoleone in Italia portò a conseguenze positive: il progresso
economico e la modernizzazione delle istituzioni, quindi allontanò l’Antico regime
dall’Italia.

Grazie ai valori democratici e liberali, tipici del regime napoleonico, si


rafforzarono gli ideali nazionalisitci che poi si sarebbero sviluppati
completamente nell’epoca del Risorgimento.

Il blocco continentale
L’unica potenza europea che continuava a contrastare il progetto di Napoleone
era la Gran Bretagna. L’imperatore francese tentò di battersi contro gli inglesi a
livello economico; per questo nel 1806 decretò il blocco continentale, cioè il
divieto ai paesi europei di commerciare con la Gran Bretagna.
Gli inglesi comunque riuscirono a forzare il blocco ed imposero un contro-blocco
che portò al danno dell’economia francese. Gli Stati alleati e il ceto
imprenditoriale francese cercarono di riottenere la libertà nei commerci.

Napoleone iniziò così una politica di annessioni: il Portogallo nel 1807 e poi la
Spagna nel 1808 vennero messe sotto dominio francese. Giuseppe Bonaparte
lasciò il regno di Napoli a Gioacchino Murat (il cognato) e divenne re di Spagna.

Gli spagnoli comunque si ribellarono e diedero vita ad una potente guerriglia,


affiancata dall’esercito inglese guidato da Arthur Wellesley, il duca di
Wellington.

Questa rivolta fu l'inizio della crisi dell'impero napoleonico. Gli altri Stati
iniziarono di nuovo le battaglie contro l’esercito francese; nacque la quinta
coalizione nel 1809.

Caratteri e contraddizioni di Napoleone


In Italia
La permanenza di Napoleone in Italia portò a conseguenze positive: il progresso
economico e la modernizzazione delle istituzioni, quindi allontanò l’Antico regime
dall’Italia.

Grazie ai valori democratici e liberali, tipici del regime napoleonico, si


rafforzarono gli ideali nazionalisitci che poi si sarebbero sviluppati
completamente nell’epoca del Risorgimento.

Nell’impero
L’impero si fondava su un potere centralizzato e personalistico, i più importanti
incarichi erano affidati ai parenti dell’imperatore.

Napoleone creò una nuova nobiltà basata sul servizio militare. Napoleone si
circondò di persone a lui legate, poiché voleva più persone vicine a lui che
sostenessero il suo potere. Vennero eliminate tutte le opposizioni, controllate
dalla polizia sotto guida di Joseph Fouché, in poliziotto fedelissimo a Napoleone.

Subirono limitazioni sia la libertà di stampa che quella di associazione. Diverse


furono le motivazioni del malcontento cittadino durante il dominio napoleonico,
tra queste abbiamo: la pesante tassazione, il reclutamento dei soldati ed il
continuo stato di guerra. Napoleone aveva eliminato l’Ancien régime, ma aveva
costituito una nuova aristocrazia.

La campagna di Russia
La massima estensione dell’impero venne raggiunta tra il 1810 ed il 1812.
Nell’aprile 1810 Napoleone si sposò con Maria Luisa d’Austria.
I problemi arrivarono dalla Russia, che decise porre fine all’alleanza con la
Francia. Lo zar si ritirò dal blocco continentale nel 1810 ed impose dei dazi sulle
importazioni andando a penalizzare le merci francesi.

Un anno dopo Napoleone riuscì ad organizzare un esercito per scontrarsi con la


Russia: il varco venne oltrepassato nel giugno del 1812 senza una dichiarazione di
guerra. Questa campagna segnò un primo successo per l’esercito di Napoleone,
entrarono a Mosca, ma questa vittoria fu solo parziale. I russi utilizzano la tattica
della terra bruciata: incendiarono i loro villaggi e lasciarono i nemici senza
rifornimenti e posti dove stare.

Napoleone non riuscì più a reggere la mancanza di rifornimenti e nell’ottobre del


1812, l’esercito si ritirò. Questa ritirata fu segnata come uno degli episodi più tragici
della storia: l’esercito non era pronto a tornare in patria e venne colpito dal freddo,
morirono oltre mezzo milione di persone.

Il crollo dell’Impero napoleonico


Il mito legato alla persona di Napoleone ormai era svanito.

Nel 1813 fu formata la sesta coalizione, composta da: Gran Bretagna, Russia,
Prussia, Svezia e Austria. L’esercito francese perse la battaglia di Lipsia
nell’ottobre del 1813, contro la sesta coalizione, così si frantumò tutto il sistema
napoleonico e l’Europa potè riacquistare l’autonomia sui propri territori.

La popolazione occupò la Francia senza nessuna opposizione nel marzo 1814.


Napoleone si ritirò e andò in esilio nell’isola d’Elba, in Francia prese potere Luigi
XVIII di Borbone.

Comunque Napoleone rimase in contatto con il suo Paese per poter attaccare e
riprendersi il potere; tentò l’attacco dopo essere fuggito dall’isola d’Elba e poi
rientrò in Francia il 1 marzo del 1815.

Riuscì ad insediarsi nel governo, ma il suo mandato durò cento giorni (da marzo
a giugno del 1815). I paesi europei si allearono e Napoleone venne sconfitto a
Waterloo il 18 giugno 1815.

Fu messo in esilio nell’isola di Sant’ Elena, dove morì il 5 maggio 1821.

L’eredità di Napoleone
Dopo la morte di Napoleone nacque un movimento legato alla sua figura, il
bonapartismo.

La laicità dello Stato e il Codice Civile restarono ideali per gli Stati europei, ma
ritornarono l’idea nazionale e le libertà costituzionali. Il ritorno quindi all’Antico
regime era impossibile, in quanto i vecchi sovrani si resero conto di come la
Rivoluzione francese ed il regime napoleonico cambiarono la storia europea.
LA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
La prima rivoluzione industriale fu un processo di radicale trasformazione, che
ebbe inizio in Inghilterra alla fine del Settecento, in particolare tra il 1770 e il 1870.

Con il progredire della rivoluzione industriale, l’agricoltura venne sostituita


dall’industria; in tal modo i contadini si trasformarono in operai e in un breve
periodo le città crebbero rapidamente.

L’inghilterra, la culla della rivoluzione industriale


La prima rivoluzione industriale ebbe inizio in Inghilterra per una serie di fattori.

Prima di tutto la rivoluzione inglese aveva innovato non soltanto il lato politico ma
anche l’aspetto economico, consentendo la libera circolazione delle merci e
rinnovando la rete di trasporti.

Inoltre l’affermazione coloniale consentì all’Inghilterra di disporre di materie


prime come carbone e ferro.

Infine i maggiori scienziati e tecnici dell’epoca si trovavano proprio in Inghilterra.

La rivoluzione negli altri paesi


Il secondo paese all’interno del quale si affermò la rivoluzione industriale fu il
Belgio; ciò avvenne intorno al 1790, grazie ad un contesto sociale simile a quello
inglese.

Seguirono successivamente la Svizzera e la Francia in modo graduale intorno al


1830 e intorno al 1850 il decollo industriale caratterizzò la Germania e gli Stati
Uniti.

Infine verso la fine dell’ottocento si svilupparono paesi come il Giappone, la


Russia e l’Italia.

Due momenti fondamentali


All’interno della prima rivoluzione industriale possiamo distinguere due momenti:

- il primo periodo che va dal 1770 al 1830, fu caratterizzato dall’espansione


della produzione tessile
- il secondo periodo che va dal 1830 in poi fu caratterizzato dall’avvento
delle ferrovie e dell’industria siderurgica.

LE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE

L’intesa tra scienza e tecnica


Indispensabile per lo sviluppo della rivoluzione industriale fu l’innovazione
tecnologica, in particolare lo sviluppo delle macchine in grado di aumentare la
produttività del lavoro umano. Sarebbe sbagliato però pensare che l’intesa tra
scienza e tecnica sia sempre esistita.

Quest’ultima infatti, si affermò successivamente alla rivoluzione industriale,


quando si sviluppò l’esigenza di risolvere i problemi riguardanti l’utilizzazione
delle nuove macchine.

Non fu possibile prescindere a lungo dalle conoscenze scientifiche. La produzione


di tessuti, richiedeva oltre alle operazioni tecniche, quindi legate ai telai
meccanici, anche operazioni chimiche per esempio il candeggio o la tintura dei
tessuti, per le quali i lavoratori, non avendo alcuna conoscenza, erano costretti a
procedere per tentativi ed errori.

Per mantenere lo sviluppo della chimica al passo con le invenzioni meccaniche


infatti era necessario intervento di uomini che avessero ricevuto un’istruzione
scientifica. Questo processo portò a un enorme sviluppo della scienza chimica.

L’avvento delle macchine nel settore tessile


Il primo settore che risentì dell’utilizzo delle macchine fu quello tessile. Attraverso
l’introduzione di una macchina in una prima fase del processo produttivo, ci fu un
aumento della produzione, che portò alla meccanizzazione dell’intero processo
produttivo.

La prima macchina ad essere introdotta nell’industria tessile fu la spoletta


volante di John Key, che quadruplicò la produttività del telaio tradizionale.

Ricordiamo anche l’invenzione dei filatoi idraulici di Samuel Crompton, che


portarono lo spostamento della lavorazione tessile dalle abitazioni alle
industrie, situate lungo i corsi d’acqua.

Macchine a vapore
Una delle più importanti invenzioni fu quella della macchina vapore, che
consentì l’utilizzo dell’energia chimica del carbone. Venne inventata
dall’ingegnere scozzese James Watt che nel 1769 andò a perfezionare un
prototipo già esistente.

L’importanza della macchina sta nelle sue svariate applicazioni:

- nelle attività minerarie la macchina vapore consentì di introdurre aria nelle


miniere e di prosciugare l’acqua dei pozzi

- nell’agricoltura permise l’introduzione di macchine agricole

- nei trasporti grazie alla macchina vapore ci fu lo sviluppo delle ferrovie e


dei battelli a vapore

- nelle industrie consentì di situare le fabbriche non più nei pressi dei corsi
d’acqua ma nelle città.
RISORSE ECONOMICHE E SPIRITO DI IMPRESA

Come finanziare il processo


In un primo momento lo sviluppo industriale inglese fu sostenuto da capitali
provenienti dalle attività agricole e da quelle commerciali. Successivamente
però si passò all’autofinanziamento, le imprese quindi iniziarono a reinvestire i
profitti ottenuti.

Ben presto però si affermarono nuove forme di investimento: nacquero le


società per azioni, all’interno delle quali il capitale di un’azienda veniva
suddiviso in azioni che venivano acquistate o vendute in borsa.

Un ulteriore cambiamento si ebbe con l’avvento delle ferrovie e dell’industria


siderurgica, che a causa degli immensi capitali richiesti, implicavano il
coinvolgimento delle banche e dello Stato.

Mentalità imprenditoriale
Indispensabile allo sviluppo industriale, oltre le risorse economiche, è la mentalità
imprenditoriale, per la quale occorrono volontà e spirito di iniziativa.

L’imprenditore infatti deve essere non solo disponibile al rischio ma deve


possedere capacità creative e organizzative.

Secondo alcuni studiosi particolarmente adatta allo sviluppo industriale è la


mentalità protestante, in quanto sottolinea l’importanza del successo economico.
Secondo altri studiosi indispensabile è invece il ruolo dell’istruzione e della cultura.

LA QUESTIONE SOCIALE

L’enorme crescita della popolazione


Lo spostamento dalle campagne alle città favorì l’aumento della popolazione
urbana. Basti pensare al caso di Manchester, che all’inizio del secolo era solo un
villaggio e che nel 1851 arrivo ad avere circa 300.000 abitanti.

In queste città si venne a creare una situazione drammatica. In pochi anni sono
stati costruiti interi quartieri privi dei servizi elementari. Sappiamo infatti che
gran parte della popolazione, viveva in cantine umide e malsane o in soffitte nelle
quali non c’era nessuna protezione verso il freddo, nelle quali abitavano circa 15
persone.

La condizione operaia
Drammatica era anche la condizione dei lavoratori nelle fabbriche. Quest’ultimi
erano costretti a turni di lavoro che andavano dalle 16 alle 18 ore in ambienti
malsani e privi di qualsiasi tutela.
Anche le donne ed i bambini erano sottoposti a queste dure condizioni, venivano
in particolare assunti nell nell’industria tessile sia per convenienza economica sia
in quanto erano più docili nell’eseguire il lavoro.

Il luddismo
L’introduzione delle macchine inoltre portò alla scomparsa di antichi mestieri e
alla riduzione della manodopera. Si svilupparono quindi rivolte per mano della
classe operaia; ricordiamo in particolare la rivolta capeggiata da Ned Ludd.

La protesta consisteva nella distruzione delle macchine da parte dei luddisti,


cioè operai specializzati che vennero danneggiati dallo sviluppo delle macchine.

Questo fenomeno venne represso in modo drastico, infatti i luddisti vennero


condannati alla pena di morte, in quanto solo negli anni 20 e 30 del XIX secolo
nacquero le prime organizzazioni sindacali.

LE DONNE IN FABBRICA

Mai in concorrenza con gli uomini


L’ingresso delle donne nel mondo del lavoro fu un evento sconvolgente per la
società del XVIII secolo.

Il lavoro in fabbrica era infatti ritenuto incompatibile con il ruolo della donna per
due ragioni. Prima di tutto la tradizione attribuiva alla donna la funzione di madre
e la cura della casa. La seconda ragione, per la quale si riteneva sconveniente far
lavorare le donne in fabbrica, era poiché si temeva che potesse influire sui
comportamenti morali della donna.

Solo con la prima rivoluzione industriale le donne fecero il loro ingresso nelle
fabbriche. Queste si trovavano al servizio degli uomini. All’interno delle industrie
vi era una parte di lavoratrici molto giovani ed una minoranza più anziana.

Regnava una rigida disciplina, infatti era vietato parlare cantare mangiare o
allontanarsi dalla propria postazione e assenteismo e ritardi venivano puniti
anche con il licenziamento.

Ai margini del movimento


In fabbrica le donne erano sottoposte a capi violenti che erano pronti ad abusarle.

Le donne impiegate in fabbrica svolgevano lavori non qualificati per i quali erano
sufficienti delle competenze basilari. Svolgevano turni di lavoro molto pesanti e
lavoravano in fabbrica dai 10 ai 25 anni.

La figura della donna non era marginale solamente all’interno dell’industria, ma le


donne erano emarginate anche nel movimento operaio. L’attività sindacale,
infatti presupponeva disponibilità economiche e forza fisica, per questo motivo le
donne erano poco sindacalizzate. I primi scioperi delle donne infatti fallirono
miseramente.

Fabbriche popolate da fantasmi


In questo periodo inoltre si ebbe la nascita anche delle fabbriche collegio. Lo
sviluppo di questi organismi nacque dalla paura della promiscuità sessuale delle
donne, che portava quindi alla perdita di manodopera.

Si trattava di fabbriche all’interno delle quali si lavorava per circa 14 ore al giorno
tranne la domenica mattina che era dedicata alle messe e agli esercizi di pietà. I
giornali dell’epoca per sottolineare il divario tra queste fabbriche-convento
(conventi della seta) e la società esterna, affermavano che erano popolate da
fantasmi.

Un ulteriore fenomeno sviluppatosi durante il periodo industriale è il lavoro a


domicilio. Per le donne con dei figli infatti, lavorare nelle fabbriche non era
semplice. Per questo motivo le donne dalla fabbrica portavano il lavoro a casa e
una volta concluso lo riportavano in fabbrica, in modo da conciliare il lavoro alla
vita familiare.

AGRICOLTURA E DEMOGRAFIA

Rivoluzione agricola
Per comprendere la rivoluzione agricola del XVIII secolo bisogna parlare prima
dell’agricoltura nell’antico regime. L’antico regime era una società tipicamente
rurale, all’interno della quale l’unico modo per ottenere delle risorse era ampliare i
campi da coltivare. Per soddisfare le esigenze della popolazione era necessario il
lavoro di molti uomini, quindi si aveva una grande richiesta di manodopera.

Tra il 1800 e il 1850 la rivoluzione agricola interessò Gran Bretagna Francia e


Germania, per tre principali fattori. Prima di tutto la produzione agricola venne
favorita dalla liberazione dei contadini dai vincoli feudali.

A partire dal Settecento inoltre l’affermazione di nuove tecniche di coltivazione


e l’utilizzo dei concimi artificiali aumentò la produzione che venne favorita
anche dall’utilizzo delle macchine agricole. Ricordiamo in particolare
l’introduzione dell’aratro industriale che prese il posto di quello fabbricato nei
villaggi e delle seminatrici.

Con la rivoluzione agricola diminuirono gli addetti all’agricoltura e ciò favorì il


fenomeno dell’urbanizzazione; si diffuse inoltre la commercializzazione dei
prodotti, e ci fu un interessamento del mondo borghese imprenditoriale per le
campagne sulle quali investirono per trarne profitto.
L’acqua
Durante il periodo industriale, l’acqua era indispensabile; essa serviva infatti a
pulire i materiali e i locali industriali, tanto che inizialmente le fabbriche
venivano costruite sulle rive dei fiumi.

Successivamente le fabbriche invece vennero costruite in città e l’acqua venne


canalizzata verso le industrie attraverso sbarramenti e canali artificiali.

Tutto questo però portò all’inquinamento dell’acqua: le industrie infatti


rilasciavano nelle acque dei fiumi e dei laghi gli scarti delle lavorazioni. Si iniziò
quindi a dover studiare e affrontare un nuovo problema, ovvero le conseguenze
dell’inquinamento.

Nuovo mondo
Il rapporto uomo natura andò in crisi in quanto la produzione non seguiva più i
ritmi della natura ed era tutto legato alla disponibilità di materie prime e di
energia. Venne trasformato il paesaggio in modo rapido e irreversibile. Le
pianure e le valli erano infatti caratterizzati dalle ciminiere e dalle locomotive
rumorose e fumanti che attraversavano immensi spazi naturali

Il nuovo paesaggio industriale appariva quindi allo stesso tempo grandioso e


terrificante. Da una parte erano presenti le proteste dei contadini e dall’altra
invece era presente un atteggiamento più tollerante da parte di coloro che
avevano interessi legati alle industrie.

In modo da placare queste rivolte vennero presi dei provvedimenti che


imponevano l’allontanamento delle fabbriche più inquinanti dei centri urbani.

Questi rimedi però portarono a inquinare territori sempre più ampi, in quanto si
aveva la convinzione che la natura sarebbe stata in grado di assorbire e far
scomparire gli scarti dell’industria.

Rivoluzione demografica
Il diffondersi della rivoluzione industriale e di quella agricola portò a un aumento
demografico. Nell’antico regime l’andamento demografico era stabile in quanto
era un periodo storico caratterizzato dall’alternarsi di fasi di crescita e di crisi. La
tendenza all’aumento della popolazione era contenuta dalle guerre e dalle
carestie dalle epidemie e dai matrimoni tardivi.

Nel XVIII secolo la popolazione passò da 600 milioni a 100 000 milioni. Questo
sviluppo interessò perlopiù l’Europa avvenne grazie alla diminuzione del tasso di
mortalità e il prolungamento della vita media.

L’incremento della popolazione europea non avvenne però in maniera


omogenea. In Inghilterra ci fu un eccezionale aumento, dettato proprio dal lo
sviluppo industriale. In Francia la rivoluzione demografica fu lenta e costante
mentre negli Stati Uniti l’incremento fu dettato dall’immigrazione.
IL CIBO DEI POVERI

L'affermazione della patata e del mais


La disponibilità alimentare non avvenne alla stesso modo in tutte le classi sociali
così come nelle varie regioni geografiche.

Nella regione mediterranea ad esempio era coltivato maggiormente il grano,


mentre nell’Europa settentrionale veniva coltivata più la segale.

In generale l’alimentazione di base dei poveri era costituita da minestre di pane e


verdura e patata e mais con una consumazione molto scarsa di carne.

L’introduzione della patata avvenne successivamente alla scoperta dell’America,


verso la fine del ‘500, mentre la coltivazione del mais era già nota.

Uno dei cibi maggiormente diffuso tra i poveri del Nord Italia era la polenta,
mentre la pasta era già diffusa nel 1500 nel sud Italia ma non era ancora nota al
Nord. (ci chiamavano Mangiamaccheroni)

Sofisticazioni alimentari
Le sofisticazioni alimentari erano una pratica già diffusa alla fine del Settecento.

Le frodi alimentari aumentarono tra il 1800 e 1850 e si trattava di raffinate


alterazioni. Ricordiamo l’opera di un chimico tedesco che durante la sua
permanenza in Inghilterra pubblicò un volume proprio su queste frodi
alimentari e sulla presenza di veleni del cibo; uno di questi capitoli era intitolato
La morte nella pentola, in quanto all’interno della birra trovò del solfato di ferro e
all’interno del pane dell’allume.

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