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Nel 1871, al momento della formazione del nuovo impero tedesco, viene introdotta una Costituzione che
si basa sul predominio dell'imperatore e dell'esecutivo da lui nominato. il capo del governo tedesco,
Bismarck, è favorevole alla democratizzazione del diritto di voto perché lo considera uno strumento che
può produrre stabili maggioranze conservatrici. Al tempo stesso, però, Bismarck vuole ridimensionare i
privilegi giurisdizionali ancora posseduti dai nobili prussiani nelle loro proprietà terriere. Egli è convinto
che la forza della nobiltà debba essere conservata, ma solo attraverso un suo coraggioso adattamento ai
tempi nuovi: l’abolizione di tali privilegi gli sembra necessario per consolidare il consenso dei contadini
intorno alle istituzioni del nuovo Impero. Inoltre, Bismarck appoggia anche la maggioranza di governo del
Partito nazionale liberale: ritiene di dover dare ascolto alle critiche che gli esponenti del partito rivolgono
contro gli abusi commessi dai nobiliari. Bismark così fa i suoi primi atti di governo, presenta al Parlamento
un progetto che prevede che tutte le funzioni dipendenti dal signore feudale siano sottratte alla sua
autorità.
Una delle più importanti formazioni politiche è il partito cattolico che intende tutelare la libertà della
Chiesa, l'uguaglianza delle comunità religiosa, l'esistenza delle scuole cattoliche, il carattere cristiano del
matrimonio. Inoltre, si propone di difendere le autonomie locali contro la centralizzazione imperiale. Di
fronte alla formazione di un partito cattolico, Bismark decide di attaccare con forza alla Chiesa cattolica. Il
governo si pone due obiettivi: una completa laicizzazione delle istituzioni statali e- al tempo stesso - un
netto ridimensionamento della forza politica del partito cattolico. Dal punto di vista strettamente politico,
il piano di Bismarck ha un successo molto minore, infatti il partito cattolico continua a conservare e
accrescere il proprio consenso elettorale. Sia per questo motivo, che per la rapida industrializzazione e
urbanizzazione della Germania, insieme alla Fondazione del Partito socialista dei lavoratori della
Germania; la strategia di Bismark cambia: egli individua il partito socialista, una minaccia politica e sociale.
Si apre una fase politica nuova nella quale Bismark alterna fasi duramente repressiva ad una politica
innovativa in campo sociale. Fa approvare dal Parlamento un pacchetto di legge antisocialiste: la vita del
partito n’è colpita duramente e un certo numero di dirigenti è imprigionato, mentre altri sono costretti a
scappare.
Nel 1888, alla morte dell'imperatore Guglielmo I, gli succede al trono il nipote, Guglielmo II determinato a
imprimere una svolta nell'azione del governo in politica estera che, a suo parere, sono state piuttosto
trascurate durante il cancellierato di Bismarck; quest’ultimo viene spinto a dare le dimissioni. Il nuovo
corso della politica tedesca, si manifesta subito con l'abbandono delle leggi antisocialiste, mentre continua
a restare in vigore il sistema assistenziale, potenziato da nuove norme. Con il nuovo imperatore si
potenziano le iniziative coloniali in Africa e l'attuazione di una vigorosa politica di riarmo dell'esercito e
della marina, funzionale a questi nuovi obiettivi di espansione coloniale.
Dopo la creazione del Regno Austro-Ungarico, unite sotto l'autorità sovrana dell'imperatore Francesco
Giuseppe, il governo, sostenuto da una maggioranza liberale, avvia una coraggiosa politica di laicizzazione.
Vengono decisamente ridotte le prerogative della Chiesa cattolica e viene riconosciuta l'uguaglianza di tutti
i culti di fronte alla legge. Le difficoltà maggiori vengono provocate dall'insoddisfazione manifestati in
Boemia e in Moravia: la maggioranza della popolazione è di etnia ceca, ma vive anche una numerosa
popolazione di lingua e cultura tedesca. Il punto su cui si consuma lo scontro è soprattutto la questione
della lingua: in Boemia-Moravia, negli uffici pubblici, nelle scuole e nell'Università di Praga si usa la lingua
tedesca; i cechi chiedono che si usi invece la lingua ceca, oltre a ciò, i gruppi cechi più radicali chiedono più
ampie forme di autonomia istituzionali. Il governo introduce una serie di leggi sociali volte a garantire i
lavoratori dei distretti industriali (sistema di assicurazione contro gli infortuni, limite della giornata
lavorativa a 11 ore). Codeste leggi vorrebbero essere propedeutiche alla risoluzione del conflitto nazionale,
poiché la Boemia-Moravia è una delle aree di maggiore industrializzazione all'interno dell'Impero. Inoltre,
viene autorizzata l'uso della lingua ceca in alcuni uffici pubblici della Boemia -Moravia e si acconsente
anche all'istituzione di un'università ceca.
L'intero quadro politico austriaco è in frantumi non solo a causa dell'agitazione boema, ma anche dalla
nascita di tre formazioni politiche a netto contrasto: il movimento Pangermanico favorevole a una
dissoluzione della monarchia; il partito socialdemocratico unificato, di ispirazione marxista e infine si
costituisce il Partito cristiano-sociale.
Anche gli sloveni chiedono forme di riconoscimento della propria lingua, mentre la tensione in Boemia
oltrepassa i confini del Parlamento quando un nuovo governo propone una legge che equipari totalmente
la lingua tedesca a quella ceca.
La situazione è talmente grave che il governo austriaco è costretto a proclamare lo stato d'assedio in
Boemia e a rinunciare al progetto di equiparazione linguistica tra il tedesco e il ceco. Non si rivela di alcun
aiuto neanche la decisione di ampliare il diritto di voto.
Non meno difficile è la situazione nella parte ungherese dell'Impero: la classe politica ungherese,
composta soprattutto da grandi proprietari terrieri, si oppone ad ogni richiesta di autonomia avanzata
dalle numerose minoranze etniche presenti nell'aria. Anche per questa politica di chiusura assoluta si
formano movimenti nazionalisti che porteranno allo scontro tra croati e serbi, per le loro differenze
linguistiche e religiose.
Lo zar Alessandro III in Russia mette in atto una politica duramente repressiva contro le popolazioni non
russe per lingua e religione che sono sottoposte a un processo di russificazione. Lo zar e il suo successore
Nicola II applicano un programma di potenziamento delle infrastrutture, come strade e ferrovie, e a
sostegno delle industrie. Con la guerra contro il Giappone, l'esercito russo viene sconfitto e questo ha
ripercussioni interne al territorio russo: il prestigio del governo dello zar subisce un durissimo colpo e i
gruppi socialisti, insoddisfatti dall'azione politica rigorosamente autocratica, sono molti. Queste diverse
insoddisfazioni confluiscono in una vera e propria rivoluzione antizarista che scoppia nel 1905 a San
Pietroburgo. Alcuni operai decidono di indire uno sciopero a cui segue un’affollatissima processione
guidata da un sacerdote della Chiesa ortodossa che si dirige al Palazzo d'inverno dove risiede lo zar, per
consegnargli una petizione nella quale si chiede la fine della guerra col Giappone, la libertà politica e una
legislazione sociale. La petizione non arriva allo zar perché le truppe attaccano la folla, ma questo non
ferma la protesta. I nuovi scioperi bloccano altre fabbriche, mentre in diverse città si formano organismi di
rappresentanza degli operai (i soviet). Per evitare un aggravamento della crisi lo zar Nicola II decide di
concedere libertà di associazione, di stampa e di convocare un Parlamento elettivo. Ma i rivoluzionari-
socialisti rifiutano la concessione e decidono di non partecipare alle elezioni che vendono il successo del
Partito costituzionale democratico. Ma questo risultato non soddisfa lo zar che decide di procedere con
delle nuove elezioni che però hanno lo stesso esito, cosa che porta nuovamente a un scioglimento delle
camere. La situazione di stallo viene risolta con un intervento pesante che modifica la legge elettorale a
favore degli elettori più ricchi, così che esprimo una maggioranza conservatrice, più in linea con
l’orientamento dello zar.
23. La politica in Italia da Depretis a Giolitti
Dopo il processo di laicizzazione delle istituzioni all'interno del Regno d’Italia, il mondo cattolico
intransigente (fedele alle direttive di Pio IX) decide di non partecipare alle elezioni politiche come segno di
disconoscimento del Regno d'Italia. Tale linea è ufficialmente incoraggiata dal Vaticano. Ma, se i cattolici
intransigenti non partecipano alle politiche, partecipano invece sistematicamente alle elezioni
amministrative per l'elezione dei consiglieri comunali e provinciali, assicurandosi così un ottimo
radicamento politico sui territori.
Sin dai primi anni ‘70, al governo del paese inizia ad esserci una forza nuova costituita da una costellazione
di uomini politici raccolti sotto l'etichetta di Sinistra. Già nelle elezioni del 1874 gli esponenti della Sinistra
hanno ottenuto un buon successo, soprattutto nell'Italia meridionale. Ciononostante, nel 1876, una crisi
interna alla Destra storica permette a Depretis di costituire un governo della Sinistra. La crisi del 1876
nasce da un problema relativo alla gestione della rete ferroviaria: le ferrovie, negli anni precedenti, sono
state costruite e gestite da aziende private, con cospicui aiuti concessi dallo Stato. Adesso il governo di
Destra, ritiene sia giunto il momento di nazionalizzare le linee ferroviarie (cioè fare in modo che lo Stato
ne acquisisca la proprietà e la gestione). Contro il progetto si schiera la Sinistra, adducendo argomentazioni
di carattere liberista (lo Stato non deve interferire con le forze del mercato). Depretis invita gli esponenti
della Destra a sostenere la maggioranza di Sinistra, in nome di una rinnovata concordia nazionale.
L'azione politica dei governi di Sinistra si qualifica per due riforme molto importanti. La prima riguarda
l'istruzione elementare che porta l'obbligo della frequenza scolastica a nove anni d'età. Un'altra riforma,
anche più impegnativa e l'allargamento del suffragio universale: la nuova legge abbassa il limite di età (si
può votare dai 21 anni in poi) e abbassa il livello di reddito richiesto, ma soprattutto introduce come
requisito alternativo l’alfabetismo. La riforma elettorale cancella la distinzione tra destra e sinistra e si crea
in Parlamento un grande centro liberale. Depretis rivolge un invito affinché si formi un accordo elettorale
tra liberali di destra e di sinistra. L'appello viene accolto e molti esponenti della destra stabiliscono accordi
con gli esponenti della sinistra.
Qualche anno più tardi, scoppia il cosiddetto scandalo della Banca romana. Infatti, la Banca romana ha
emesso illegalmente un'enorme quantità di moneta. Il governatore della Banca viene arrestato e posto
sotto processo e nel corso dell'interrogatorio emerge che la Banca romana negli anni precedenti ha
regolarmente concesso, a diversi politici, finanziamenti in cambio di sostegno e coperture per la propria
attività.
Gli uomini della sinistra si fanno promotori di una prima tariffa protezionistica favorevole agli interessi
delle industrie tessili e metallurgiche. Si vogliono quindi difendere le imprese nazionali e in particolari si
vogliono porre le premesse per la formazione di un'industria pesante. Su iniziativa dell'ultimo governo
Depretis, viene introdotta una robusta tariffa protezionistica che difende al tempo stesso anche
l'agricoltura italiana.
Nel 1887 Depretis muore. A suo posto alla guida del governo subentra Francesco Crispi. Quest'ultimo
formula, un programma politico articolato e ambizioso che si sostanzia in quattro punti fondamentali:
nazionalizzazione delle masse, riforma istituzionale, le pressioni dei conflitti sociali e avvio di una politica
coloniale. È con Crispi che la classe politica italiana si impegna in un'intensa azione di diffusione dei simboli
e dei valori che devono servire a insegnare la nazionale masse. I nuovi programmi di studio per la scuola
elementare dispongono che si insegni la lingua italiana, la storia e la geografia, col fine di far conoscere e
amare la patria e in tutte le piazze d'Italia sorgono i monumenti di Mazzini, Garibaldi o Vittorio Emanuele II.
Crispi, inoltre, abbassa i requisiti richiesti per poter partecipare alle elezioni amministrative, rende elettiva
la carica di sindaco. Delle norme penali abolisce la pena di morte e riconoscere la legittimità degli scioperi.
All'epoca la crisi più grave era quella scoppiata in Sicilia, dove associazioni politiche che prendono il nome
di fasci dei lavoratori guidati da borghesi di idee democratiche e socialiste cominciano a protestare in varie
località della Sicilia contro le tasse contro le amministrazioni locali. In più di un'occasione manifestanti
sono affrontati dai carabinieri o dei reparti dell'esercito che sparano sulla folla. Crispi decide di intervenire
proclamando lo stato d'assedio nell'isola.
Intanto in Lunigiana scoppia un'insurrezione armata organizzata dai gruppi anarchici locali che protestano
contro la politica repressiva messa in atto in Sicilia, ma anche in questo caso Crispi proclama lo stato
d'assedio che reprime l'insurrezione e presenta in Parlamento tre leggi anti-anarchiche, una delle quali
autorizza il governo a sciogliere associazioni considerate sovversive. Questa legge serve a Crispi per
attaccare il partito socialista dei lavoratori italiani, ma il partito si riunisce egualmente in un Congresso
clandestino. Inoltre, cambia nome e assume quello di partito socialista italiano. In quell'occasione il
partito socialista riesce a fare eleggere 12 suoi candidati alla Camera dei deputati.
Anche meno felice della repressione è la politica coloniale, attraverso la quale Crispi vorrebbe trasformare
l'Italia in una delle più grandi potenze mondiali. Così nel 1885 gli italiani cercano di muoversi in direzione
dell'Etiopia. L'occupazione di questo territorio si rileva molto difficile, un reparto di 500 soldati italiani
viene attaccato e massacrato da più di 7000 guerrieri Dell'Etiopia. Viene inoltre firmato un accordo con
l'imperatore dell'Etiopia: Il governo italiano interpreta questo trattato come un riconoscimento
sostanziale del protettorato italiano sulle Etiopia, mentre l'Etiopia lo considera come un semplice trattato
d'amicizia, quando l’equivoco emerge l'accordo è revocato. Contemporaneamente si avviano trattative
con il Regno Unito per l'acquisizione di strisce di costa in Somalia. Non dimeno l'obiettivo vero resta
comunque l'Etiopia, infatti, prenderà avvio un secondo tentativo di invasione militare dell'area che, dopo
qualche iniziale successo, avviene ripetutamente sconfitto. La sconfitta ha gravi ripercussioni politiche,
infatti, Crispi dà le dimensioni. Inoltre, col trattato di pace del 26 ottobre 1896 l'Italia riconosce
l'indipendenza dell'Etiopia.
Le tensioni politiche sociali riesplodono nel 1898, quando il prezzo del pane cresce improvvisamente.
Scoppiano allora un po’ ovunque manifestazioni e proteste. I manifestanti assaltano forni municipi,
aggredendo anche dei proprietari terrieri. Il governo liberal-conservatore in carica impiega le forze di
polizia e l'esercito per fronteggiare i manifestanti e nei casi dove le proteste sembrano più insistenti,
proclama lo stato d'assedio. Intanto in Parlamento si presentano nuove misure repressive che intendono
limitare la libertà di stampa ed associazione. Di fronte a un'evoluzione di questo tipo, l'unità liberale
costruita col trasformismo, si spezza e in Parlamento si fronteggiano nuovamente due raggruppamenti,
uno liberal-conservatore che chiedono che il governo sia responsabile solo nei confronti del re e di porre il
re al centro del sistema politico, mettendo in atto una decisa svolta antiparlamentare. L'altro schieramento
liberal-progressista è guidato da Zanardelli e Giolitti. Lo scontro parlamentare è animatissimo e la
situazione è in una fase di stallo assoluto. Così nel 1900 a Monza, l'anarchico Gaetano Bresci, per vendicare
le vittime di Milano, spara al Re Umberto I e lo uccide.
Al re Umberto I succede il figlio Vittorio Emanuele III che dà l'incarico di Primo Ministro a Zanardelli, il
quale come ministro dell'Interno sceglie Giolitti. Giovanni Giolitti è convinto che l'obiettivo da perseguire
per lasciarsi definitivamente alle spalle la crisi sia l'attuazione di un programma volto a realizzare
l'integrazione delle masse nella cornice dello Stato liberale. Per ottenere questo scopo ritiene necessario
che lo Stato e il governo svolgano un'azione di arbitrato neutrale nelle lotte sociali, senza intervenire in
modo brutale.
Dopo la morte di Zanardelli nel 1903, Giolitti diventa Presidente del Consiglio. Con la nuova neutralità
della forza pubblica, i conflitti di lavoro aumentano in modo significativo. L'adozione delle innovazioni ha
fatto sì che la domanda di manodopera sia diminuita, per questa ragione molti braccianti si ritrovano
disoccupati o pagati pochissimo. Sono loro a promuovere un'ondata di scioperi agrari. A seguito di questa
nuova stagione di conflittualità, tanto i salari industriali quanto quelli agricoli aumentano
significativamente, è ciò contribuisce positivamente all'andamento generale dell'economia italiana.
La politica economica e sociale dei governi di inizio 900 intende far fronte alla cosiddetta questione
meridionale. L'espressione vuole indicare il ritardo relativo allo sviluppo socioeconomico del Mezzogiorno.
Sin dai primi anni dopo l'unificazione, il divario economico tra Italia meridionale e l’Italia settentrionale si è
decisamente accentuato. Le produzioni industriali non decollano, mentre l'attività agricola e la produzione
del grano, ha un andamento alterno e solo verso la fine del primo decennio del XX secolo si comincia a
registrare qualche significativo incremento di produttività. Diversi ostacoli ambientali e una minore
concentrazione di competenze tecniche, specie nel settore industriale, spiegano queste differenze. Un'altra
caratteristica dell'Italia meridionale è la formazione di gruppi criminali organizzati già piuttosto ben visibili
in Sicilia e nel Napoletano. I gruppi criminali si sono formati dopo l'abolizione delle istituzioni feudali e
operano sul mercato, compiendo furti, estorsioni e offrendo forzatamente la loro protezione ai proprietari
terrieri e ai commercianti. Queste formazioni criminali comportano un pesante costo aggiuntivo per
l'economia meridionale, nei confronti della quale svolgono un'azione essenzialmente parassitaria.
Giolitti ha virtualmente un piano legislativo importante per aiutare l'economia meridionale: con
l’emanazione di norme di legge che hanno applicazione solo per determinati soggetti o per specifiche del
territorio statale. Viene approvato una legge per la costruzione dell'acquedotto pugliese, vengono
approvati provvedimenti speciali per Napoli che prevedono sgravi fiscali sui beni di consumo e l'estensione
decennale da idealizzi doganali per materiali da costruzione. Se tutte queste enorme non cancellano il
divario economico e sociale tra nord e sud, hanno ugualmente una grande importanza perché danno
notevole impulso sia le attività industriali che all'attività agricole meridionali.
L'economia italiano nel suo complesso, attraversa una stagione felice dal punto di vista politico e il
progetto di Giolitti vuole includere stabilmente la sinistra, ovvero radicali e socialisti moderati, entro il
quadro politico dominato da liberali. Il partito socialista si attesta su una linea riformista, caldeggiati in
particolare da Filippo Turati che in passato aveva appoggiato il governo Zanardelli, affermando che questo
appoggio a un governo borghese progressista è una tattica per passare all'ultimo e definitivo periodo,
quello della conquista.
Dal 1903 questa linea cambia, i deputati socialisti ritirano l'appoggio al governo di Zanardelli e al
Congresso del 1904 si impone la corrente intransigente che vuole sperimentare metodi di lotta più decisa
nei confronti dei governi, così che nello stesso anno viene organizzato il primo sciopero generale della
Storia d'Italia. L'effetto non è quello che i socialisti intransigenti si augurano e così negli anni successivi, i
riformisti riprendono il controllo del partito socialista. La linea è quella di non concedere la fiducia ai
governi borghesi, ma di appoggiarli quando presentano leggi che introducano importanti riforme. Il partito
si collega intanto stabilmente alle organizzazioni sindacali sia agrarie che industriali. Viene costituita la
Confederazione generale del lavoro (CGT), organo centrale di coordinamento tra tutte le varie associazioni
sindacali.
Nel 1911, sfruttando una grave crisi scoppiata all'interno dell'Impero ottomano, il governo Giolitti decise di
attaccarlo militarmente per impossessarsi della Libia. Quest'azione riceve un'ampia gamma di sostenitori, i
quali sperano che una conquista territoriale possa offrire nuove occasioni di investimento. Giolitti prende la
decisione in modo piuttosto sbrigativo e senza consultare il Parlamento, manda un ultimatum. E
successivamente autorizza l'attacco militare. L'impero ottomano in gravi difficoltà anche per lo scoppio
della prima guerra balcanica, decide di cedere il trattato di pace, nel quale si riconosce la sovranità italiana
sulla Libia. Ma la Libia è tutt'altro che sotto controllo e ci vorranno ancora diversi anni per domare la
resistenza delle popolazioni delle zone interne.
Nel 1911 Giolitti fa partire l'operazione che porta all'importante riforma elettorale approvata dal
Parlamento: secondo la nuova legge diventano elettori i maschi di oltre 21 anni capaci di leggere e scrivere,
e i maschi analfabeti che abbiano compiuto trent' anni e abbiano fatto il servizio militare.
Nel 1913 ci sono le prime elezioni a suffragio universale maschile. Giolitti, promotore della riforma, sa che
potrebbe produrre una marea di voti socialisti e la cosa è tanto più preoccupante, perché negli anni
precedenti si è verificato un mutamento degli equilibri interno al partito socialista, che adesso è dominato
da una maggioranza favorevole agli intransigenti, guidata da un giovane Benito Mussolini. Filippo Turati
non condivide la posizione degli intransigenti, ma resta comunque dentro il partito. Per evitare che i
socialisti si impongano alle elezioni in molti collegi candidati liberali stringono un accordo elettorale con i
cattolici. L'organismo politico dei cattolici è scosso da un serio contrasto di opinioni: da un lato ci sono
orientamenti rigorosamente intransigenti e dall'altro si delineano due diverse posizioni, una che vorrebbe
la costituzione di un movimento politico e sociale che lotti contro le istituzioni dello Stato liberale. L'altra
linea è favorevole alla costituzione di una formazione politica che trovi punti di collaborazione con le
Istituzioni e con la classe politica liberale. La distanza fra le tre posizioni è piuttosto netta e il pontefice Pio
X decide di risolvere il conflitto interno al movimento cattolico, sciogliendolo. Sebbene Pio X è contrario
alla costituzione di un partito cattolico è tuttavia favorevole a una più diretta partecipazione dei cattolici
alla vita politica nazionale. Già nelle elezioni del 1904 e del 1909 in qualche collegio vi sono state accordi
elettorali fra cattolici e liberali, accordi che costituiscono la premessa della svolta che si compie nel 1913. In
quell'anno l'alleanza non è più circoscritta solo al collegio elettorale, ma ha il profilo di un'iniziativa politica
nazionale. Il Presidente dell'Unione elettorale cattolica Vincenzo Ottorino Gentiloni invita i cattolici a
votare per candidati propri. Altrimenti li invita a far convergere il loro voto sui candidati liberali. Con il
cosiddetto Patto Gentiloni, i risultati elettorali segnano il successo dei liberali. Giolitti resta in carica come
Presidente del Consiglio, ma la maggioranza liberale è scossa dalle polemiche contro i deputati liberali che
hanno accettato di sottoscrivere il Patto Gentiloni. La situazione è così insostenibile che Giolitti alla fine
decide di dare le dimissioni da Presidente del Consiglio. Giolitti considera questa mossa come una
soluzione temporanea perché ritiene altamente probabili che il nuovo governo affidata a un'esponente
della destra liberale, naufraghi. Ma questa volta il calcolo è sbagliato, poiché il nuovo governo resterà in
carica molto a lungo.
24. L'Occidente alla conquista del mondo
Tra il 1870 e il 1914 l'espansione coloniale occidentale non si ferma: tutto il mondo non occidentale, in
forma diretta o indiretta, finisce sotto il controllo dell'una o dell'altra grande potenza. Parti intere del globo
sono sotto il controllo economico di imprenditori e finanzieri euro-americani. Dato veramente nuovo è la
conquista politica e militare quasi integrale di almeno tre continenti: tutta l'Oceania, l'africa e tutta l'Asia.
Per rimarcare la novità, in questi anni entra in uso il termine imperialismo, in quanto un gran numero di
Stati in questo periodo assumo nel titolo di impero (la Germania, l'Austria-Ungheria, la Russia, l'impero
ottomano, il Giappone). Tutte le operazioni coloniali sono disagevoli, richiedono molti soldi e molti uomini
e sia gli uni sia gli altri sono costantemente messi a rischio, specie quando si incontrano resistenze da parte
della popolazione dei territori. Ciao, nonostante imprese simili si compiono egualmente principalmente per
interessi economici, infatti, le potenze occidentali desiderano il controllo di paesi lontani per le materie
prime che offrono o perché vi trovano mercati per la collocazione dei prodotti della madrepatria. O
ancora, perché costituiscono aree di investimento verso le quali si orientano i capitali degli investitori
occidentali. È l’eccesso di risorse accumulate, che non riescono a trovare impieghi in un'economia già al
punto massimo di espansione, a spingere verso la ricerca di nuovi territori che possono offrire nuove e
fruttuose occasioni di investimento. Importante per l'influenza politica che esercita è l'opera del dirigente
bolscevico Nicolaj Lenin. L'opera, che prende il nome ‘l’imperialismo fase Suprema del capitalismo’, ritiene
che la ricerca di nuovi mercati o di nuovi ambiti di investimento sia l'ultima fase di sviluppo del capitalismo.
In questo periodo ci sono forme di dominio economico informale che non comportano occupazione
militare, diretta dei territori su quali si vuole esercitare una qualche influenza. Questo è per esempio il caso
dell'America centromeridionale. I numerosi stati autonomi attraversano nei decenni seguenti una fase di
notevole sviluppo economico, dovuto soprattutto alla crescita delle esportazioni di materie prime o di
prodotti alimentari verso i mercati dell'Europa o degli Stati Uniti. Questa prosperità attira capitali esteri
che nell'America Centro meridionale sono soprattutto britannici e poi statunitensi.
Il Regno Unito, pur esercitando un'intensa dominazione economica, non fa sentire il suo peso sulle scelte
di politica interna dei paesi del latino america che si sviluppano secondo dinamiche proprie. All'inizio del
‘900 l'ingresso di capitale statunitensi cominciò a cambiare questa situazione perché le grandi aziende
nordamericane chiedono l'intervento diretto del governo nel risolvere contenziosi che si possono creare
con i vari Stati come le tariffe doganali o le condizioni commerciali. Il caso dell'America centromeridionale è
un'eccezione, perché in tutto il resto del mondo l'espansione coloniale occidentale soddisfa i propri
interessi economici, seguendo la regola della conquista militare e nel dominio territoriale diretto.
Come per esempio in Egitto, che fin dal 1840 è uno Stato ancora formalmente sottoposto all'Impero
ottomano, ma di fatto è del tutto indipendente. All'inizio degli anni ’70, l’indebitamento è tale che il
governo egiziano deve dichiarare la sua incapacità di pagare interessi o restituire i debiti. La situazione
viene fronteggiata con la costituzione di un organismo di gestione del debito pubblico egiziano, affidato a
delegati dei governi francese e inglese. La presenza straniera provoca le proteste di intellettuali, giornalisti
e ufficiali egiziani. Il governo liberare di Gladstone dà ordini al suo esercito di reprimere le rivolte e di
instaurare un protettorato inglese sull'Egitto. La flotta britannica bombarda il porto di Alessandria d'Egitto,
mentre un corpo di spedizione, sbarcato subito dopo, sconfigge l’esercito e sottopone il governo egiziano
al dominio britannico. L'iniziativa del Regno Unito ha due motivazioni piuttosto chiare: proteggere
l’investimento delle banche inglesi e i privati nel debito pubblico egiziano; sottoporre a un controllo diretto
il Canale di Suez che per il Regno Unito ha un'importanza strategica assoluta, poiché consente un
collegamento navale molto più immediato con l'India. Dopo la conquista, l'amministrazione britannica si
impegna nel risanamento del bilancio egiziano. L'interesse britannico ha un particolare interesse a un
buon funzionamento dell'agricoltura in quanto la coltivazione principale delle aziende agricole egiziane è il
cotone, che viene esportato in Inghilterra a beneficio delle industrie tessili.
Siano ragioni economiche a spingere alla conquista delle colonie oppure siano invece motivazioni politico-
simboliche è certo che tutti i protagonisti delle espansioni coloniali non hanno alcun dubbio sulla loro
superiorità nei confronti dei popoli locali. Tuttavia, la retorica più in voga spiega che l'opera di
colonizzazione viene compiuto dagli occidentali a vantaggio dei popoli colonizzati e che c'era una sorta di
onore etico che spetta all'uomo bianco. In realtà il senso di superiorità e il razzismo autorizzano i coloni
europei a trattare le popolazioni con scarso senso di rispetto. Frequenti sono episodi di ufficiali britannici
che litigano con degli abitanti del luogo e capita che corso della colluttazione, uno degli ufficiali resta
ucciso, cosa che porta le autorità britanniche a fucilare pubblicamente contadini o a fustigarli. I metodi
usati per indurre la popolazione a lavorare sono di questo tipo: un numero di soldati viene mandato in un
villaggio per costringere gli abitanti a lavorare. Appena i soldati arrivano, gli uomini del villaggio scappano
e i soldati catturano le donne e poi si manda a chiedere un riscatto agli uomini. Oppure quando le
popolazioni locali non lavorano a ritmi prestabiliti viene usata la tecnica della mutilazione come forma di
punizione. La violenza collegata allo sfruttamento del territorio è una modalità di comportamento alle quali
colonie europee hanno già da tempo fatto ricorso, per esempio nelle piantagioni americane.
In Algeria le autorità francesi reprimono le ribellioni che scoppiano dopo l'occupazione delle coste
settentrionali. Mentre un'area in cui la tensione fra Russia e Regno Unito è viva è l'Afghanistan. Infatti, un
incidente diplomatico dovuto alla preoccupazione britannica che i russi stipulassero un accordo di alleanza
col sovrano afgano, induce il viceré dell'India a inviare in Afghanistan un corpo militare con l'intenzione di
occuparlo. L'esercito britannico entra facilmente in Afghanistan, poi logorato dalle continue ribellioni dagli
attacchi dei singoli eserciti tribali, è costretto a ritirarsi. Una seconda crisi si delinea quando i russi
inglobano parte del territorio afghano, così negli anni seguenti si cerca e si stipula un accordo per risolvere
la questione dell'Afghanistan tra Russia e Regno Unito. Secondo l'accordo la Russia si impegna a
riconoscere che l'Afghanistan è un'area fuori dalla sua sfera influenzale. E in cambio il Regno Unito si
impegna a non tentare di occupare l'Afghanistan e a non interferire in alcun modo con gli affari interni
dello Stato afghano.
La seconda grande crisi internazionale ha luogo in Sudan tra Francia e Regno Unito. All'epoca le truppe
britanniche sono impegnate nella conquista del Sudan e man mano i britannici proseguono verso sud.
Sentendosi minacciate le colonie francesi, il capitano francese si è mosso dal Congo per barrare la strada
agli inglesi e ha creato un forte militare a Fashoda. Alla fine, il governo francese valuta che una guerra col
Regno Unito è un rischio troppo grande da percorrere. Così la crisi si conclude con la ritirata della colonna
francese e con la conquista di tutto il Sudan da parte dei britannici.
Proprio a sud, scoppia la guerra boera, causata dai segni di espansione coltivati dal Primo Ministro della
Colonia britannica del Sudafrica. Quest'ultimo vorrebbe inglobare gli Stati Boeri in un unico territorio sotto
il controllo britannico e organizza così una spedizione nel Transvaal che tuttavia fallisce. Nasce una
tensione tra Boeri e autorità britanniche, in quanto la Gran Bretagna continua a sostenere
economicamente e finanziariamente i loro connazionali che cercano di fare affari nel Transvaal. Dopo
inutili tentativi di accordo tra boere britannici, due ultimatum si incrociano, uno emesso da Joseph
Chamberlain (ministro britannico per le colonie), che chiede l'estensione dei pieni diritti ai cittadini
britannici presenti nel Transvaal.
Il secondo ultimatum viene emesso dal Presidente del Transvaal che annuncia la guerra contro le truppe
britanniche, se l'esercito britannico non si allontana dal confine con gli Stati Boeri. Il governo britannico
accetta la guerra, la guerra è piuttosto dura e si protrae a lungo. Dopo che gli inglesi hanno conquistato le
capitali dei due Stati, i Boeri, non ancora del tutto sconfitti, continuano a resistere con azioni di guerriglia.
Nel 1902, infine, viene raggiunto un accordo: Transvaal e Orange sono inglobati nell'Unione sudafricana
che acquista lo status di dominio britannico.
Nel 1895 a Cuba, una colonia spagnola scoppiò una rivolta indipendentista. Il governo spagnolo cerca di
soffocare la ribellione, ma senza successo. Da tempo gli Stati Uniti sono aperti un dibattito sull'opportunità
di un'espansione coloniale autonoma. L'occasione si offre nel 1898, quando l'incrociatore americano
Maine, ancorato nella Baia dell'Havana, esplode. Le cause dell'esplosione non sono chiare: il presidente e
gran parte della stampa nordamericana lo considerano un deliberato gesto di ostilità della Spagna contro
gli Stati Uniti. Così il presidente degli Stati Uniti decide di inviare la propria flotta a Cuba per favorire la
nascita di uno Stato indipendente. La guerra contro la Spagna è dura: la flotta spagnola è distrutta e il
trattato di pace riconosce l'indipendenza di Cuba e inoltre attribuisce agli Stati Uniti le Filippine, Porto
Rico e l'Isola di Guam. L'indipendenza di Cuba è, in effetti, solo nominale: lo Stato che si costituisce resta
sotto il protettorato informale degli Stati Uniti, mentre le grandi imprese statunitensi controllano gran
parte dell'economia cubana. L'occasione dell'espansione nel Pacifico spinge il governo statunitense a
impadronirsi anche delle Hawaii. Intanto si pone il problema delle Filippine, dove è già scoppiata una
ribellione indipendentista antispagnola, che prosegue contro gli americani. Vi viene combattuto una guerra
che dura tre anni.
Anche il Giappone comincia a muoversi con decisione nell'area del Pacifico. Fin dai primi anni della
restaurazione Meiji, l'imperatore e i suoi collaboratori si impegnano in una decisa azione di potenziamenti
e riorganizzazione dell'esercito. L'impero giapponese nel 1894 avvia un'energica azione di espansione
territoriale, attaccando la Cina con l'intenzione di imporre la propria egemonia sulla Corea. La guerra
viene vinta dal Giappone e ha come esito l'annessione al Giappone dell'isola di Taiwan e riconoscimento di
una forma d’indipendenza alla Corea. Intanto si creano i presupposti per un conflitto con la Russia che
sembra interessata ad avanzare pretese sulla Corea. Queste mosse inducono i governanti giapponesi ad
attaccare l'esercito russo: la vittoria del Giappone porta la totale annessione della Corea al territorio.
Nello stesso anno della guerra tra la Russia e il Giappone, scoppia la prima delle due gravi crisi relativo al
Marocco, che pongono di fronte Germania e Francia. il Regno Unito si dichiara disposto a sostenere
diplomaticamente eventuali iniziative francesi per l'occupazione del Marocco. Ma l'imperatore tedesco
Guglielmo II decide di ostacolare questo possibile sviluppo e cerca di far rinunciare la Francia a queste sue
ambizioni. La crisi viene risolta temporaneamente con una conferenza internazionale riunita ad Algeciras,
in Spagna. In questa circostanza l'appoggio UK e l'isolamento diplomatico della Germania danno risultati
chiaramente favorevoli alle ambizioni francesi. La conferenza, conferma l'indipendenza del Marocco, ma
stabilisce che possa operarvi una forza militare internazionale franco-spagnola. La tensione tra Germania
e Francia non si attenua e conduce a una seconda crisi. Una serie di disordini scoppiati in Marocco offre
l'occasione alla Francia per intervenirvi militarmente. La Germania reagisce avanzando la richiesta di
compensi territoriali per quella che è considerata una violazione degli accordi di Algeciras. UK appoggia di
nuovo le pretese francesi. La crisi si risolve con un compenso territoriale riconosciuto alla Germania.
Oltre a combattersi tra loro, le potenze coloniali hanno il problema di tenere sotto controllo le
popolazioni dei territori conquistati e ciò perché quasi ovunque nei territori coloniali si manifestano forme
di resistenza o di ribellione al dominio occidentale. Nuclei di resistenza islamica all' interno dell’Impero
britannico: si sviluppano in tre aree: in due casi (Sudan e Somalia) essi danno vita a concreti tentativi di
ribellione, guidati da capi religiosi islamici che fanno sistematicamente appello alla guerra santa contro gli
infedeli.
Nel terzo caso (Egitto) la resistenza stimola la nascita di due correnti tra loro collegate, una orientata
verso un rinnovamento della religione islamica, l'altra verso l'elaborazione di un'identità nazionalista.
Un'altra società che mal sopporta la presenza occidentale è quella persiana. Russia e Regno Unito sono
arrivati a controllare la gestione delle principali risorse della Persia. Si accordano su una sorta di
spartizione territoriale della Persia. Da tempo l'insoddisfazione delle popolazioni locali e lo sfruttamento
economico del territorio attuato da uomini d'affari e diplomatici russi e britannici, crea una forte
opposizione che assume la forma di un vero movimento politico che prova un'applicazione della
Costituzione, ma è solo temporanea perché viene bloccata subito. La rivolta che segue verrà fermata solo
dall’intervento militare russo che restaura almeno nominalmente il regime autocratico.
L'India, che attraverso una fase di grande espansione demografica è governata da un viceré che dispone di
un suo governo locale, anche se deve rendere conto al governo centrale del Regno Unito. Si istituiscono
assemblee locali parzialmente elettive, che riconoscono tuttavia una sorta di diritto alla rappresentanza
della popolazione indiane. Nelle intenzioni della classe politica britannica, queste assemblee dovrebbero
consentire alle liti indiane di trovare forme di positiva e costruttiva collaborazione con le autorità
britanniche. Proprio nello spirito di una possibile collaborazione con i governi britannici, viene fondato il
Congresso nazionale indiano, ovvero un'organizzazione politica animata da indiani con una buona
formazione culturale e un'ottima conoscenza delle istituzioni britanniche. Il Congresso comincia a
formulare le prime richieste di indipendenza per l'India. Nella riunione annuale del Congresso, le due
componenti dell'organizzazione, quella moderata collaborazionista e la nazionalista si scontrano. La
contrapposizione produce una scissione dell'organizzazione, mentre il governo britannico interviene
pesantemente contro i nazionalisti condannandone diversi al carcere o al confino.
In Cina dopo le guerre dell'oppio, la presenza occidentale è andata ancora avanti. La Cina ha cercato di
bloccare l'occupazione militare francese in Vietnam e lo scontro militare è favorevole ai francesi, che si
impadroniscono così anche dell'Indocina. Il governo cinese si rivolge alle potenze europee più interessate
al suo territorio per ottenere alcuni prestiti che gli consentono di far fronte al pagamento dell'indennità
dovuta al Giappone. I prestiti arrivano, ma con essi giungono nuove richieste e queste si traducono nella
concezione di basi militari alla Germania, dalla Russia, dalla Francia e dal Regno Unito. Da tempo la
presenza straniera ha suscitato tra le popolazioni cinese risentimento di carattere sia religioso che politico
e nell'azione delle società segrete dei Boxer manifestano la loro insofferenza per gli stranieri e per i cinesi
convertiti al cristianesimo, con una serie di aggressioni compiute nel corso del 1900, che culminano con
l'uccisione dell'ambasciatore tedesco a Pechino. Come reazione, ben 8 potenze straniere decidono di
intervenire militarmente, stroncando molto duramente le rivolte e riaffermando il potere di
condizionamento delle potenze imperialiste sulla Cina, inoltre, impongono al governo imperiale cinese il
pagamento di un'altra indennità. Nel 1911, quando scoppiò una confusa ribellione antimperiale, viene
proclamata la costituzione della Repubblica cinese. Yuan Shikai assume l'incarico di presidente della
neonata Repubblica e concede una Costituzione che prevede una rappresentanza eletta a suffragio
ristretto.
La Repubblica che si forma evolve in una dittatura militare. Ma ben presto la Repubblica va in frantumi. La
violenza a cui ricorrono gli occidentali per far valere le loro ragioni viene trasfigurata in Occidente dai
resoconti degli esploratori, dei geografi o dei narratori che con il romanzo coloniale costruiscono un
immaginario che rimuove la violenza e ne nobilita le ragioni.
25. Alleanze e contrasti fra le grandi potenze
Una frattura è quella che separa in modo permanente Germania e Francia con l'annessione dell'Alsazia e
della Lorena entro i territori dell'Impero tedesco. Una seconda ·area di contrasto vede fronteggiarsi
soprattutto Austria-Ungheria e Russia in competizione per il controllo dei Balcani. Un terzo contrasto
oppone Regno Unito e Germania e nasce il desiderio tedesco di disporre di una marina di potente come
quella britannica. La rete delle alleanze si tesse per il combinarsi di questi tre campi di tensione.
Dopo la guerra franco-prussiana Bismarck si adopera perché possa essere garantito un solido isolamento
diplomatico della Francia e stipula un patto di amicizia e cooperazione politico-militare con l’Austria-
Ungheria, Russia, mentre il Regno Unito dichiara la sua estraneità. La situazione internazionale cambia
completamente quando scoppiano nuove rivolte all'interno dell’Impero ottomano.
Il governo ottomano risponde con dure repressioni e le grandi potenze europee cercano di sfruttare la
situazione, convocando una conferenza a Istanbul. Al tempo stesso, nel momento in cui sta per riunirsi la
conferenza internazionale, il nuovo sultano e il suo Gran visir annunciano la concessione di una
Costituzione che prevede un Parlamento bicamerale. Si tratta di una mossa che vuole tranquillizzare le
grandi potenze sull'evoluzione interna delle istituzioni ottomane, ma che non ferma le operazioni militari
nei Balcani, operazioni che l'esercito ottomano compie nell'intento di reprimere le ribellioni. La situazione
precipita quando la Russia dichiara guerra all'Impero ottomano, ufficialmente per difendere i fratelli slavi
dalle angherie delle truppe ottomane. La guerra si conclude con una disfatta ottomana, che porterà alla
revoca della Costituzione; e con le truppe russe alle porte di Istanbul, il sultano è costretto a firmare un
trattato di pace che garantisce la nascita della Bulgaria, come stato indipendente ma satellite della Russia
e l'indipendenza di Serbia, Montenegro, Romania. Si costituisce così un Principato autonomo di Bulgaria.
Le altre grandi potenze non accettano il dominio russo sui Balcani. l'Austria-Ungheria mobilita suo
esercito, mentre la flotta inglese si dirige verso Istanbul dichiarando di voler proteggere l'Impero
ottomano (ma in realtà desiderando solo limitare l'espansione della Russia). L'Impero ottomano, quindi,
cede Cipro al Regno Unito, come compenso per l'intervento a suo sostegno della flotta britannica.
I rapporti diplomatici tra Russia e Austria-Ungheria peggiorano. Mentre l’Austria-Ungheria e Germania
rinsaldano i loro rapporti con la stipula di una duplice alleanza. Il governo italiano decide di aderire a
questa alleanza che da quel momento prenderà il nome di triplice alleanza. Non si tratta di una decisione
facile, perché implica un accordo con la nemica storica del Risorgimento, l'Austria. Poi entro i confini
dell'Austria Ungheria, restano ancora aree con popolazioni italiane non liberate, come le città di Trento e
di Trieste.
Di fronte all'ingresso dell'Italia nella triplice alleanza scatena proteste. Ma si è scelto di entrare nella
triplice alleanza, principalmente come reazione all'occupazione francese di Tunisi: il governo italiano
ritiene Tunisi un'area di propria pertinenza, anche in ragione dei significativi rapporti economici e
commerciali che legano la zona nordafricana alla Sicilia. La Triplice alleanza diventa una realtà permanente
del quadro diplomatico europeo ed è costantemente rinnovata fino al 1914; l'alleanza comprende un patto
militare, il quale stabilisce che se uno degli Stati sottoscrittori viene aggredito militarmente gli altri hanno
l'obbligo di intervenire in soccorso. Tuttavia, non considerando la triplice alleanza una garanzia sufficiente
contro la Francia; Bismarck procede a stipulare con la Russia un trattato di contro-assicurazione segreto,
che prevede una reciproca neutralità in caso di guerra con altri Stati, con due eccezioni: nel caso di guerra
tra la Germania e la Francia, o nel caso di guerra tra Austria-Ungheria e Russia.
La Russia chiede il rinnovo del Trattato ma il suo imperatore tedesco, Guglielmo II decide di scostarsi dalla
linea di Bismarck e di lasciar cadere l'alleanza segreta con la Russia. La decisione è dettata dalla
convinzione che la Russia continuerà il proprio isolamento diplomatico, ma alla fine quest'ultima decide di
uscire dal loro isolamento e con la Francia firma un trattato di mutua protezione. L'accordo stabilisce che
in caso di attacco dalla Germania o di qualche altro paese guidato dalla Germania, Francia e Russia
faranno di tutto per frenare l'attacco. La Germania avvia così un piano di rafforzamento della Marina. La
mossa tedesca però, provoca un parallelo incremento delle spese del Regno Unito, in quanto vuole
mantenere la forza della propria flotta che deve essere la più grande in assoluto. Inoltre, il governo
britannico è spinto a riconsiderare meglio la linea di politica estera seguita fino ad allora basata sul
principio dell'isolamento, ovvero sull'idea di un'assoluta autosufficienza diplomatica e militare. E così che il
Regno Unito e la Francia sottoscrivono un patto diplomatico di intesa cordiale, un accordo che consente la
risoluzione dei numerosi contenziosi coloniali tra i due paesi e il punto essenziale della trattativa sta nel
reciproco riconoscimento dei rispettivi interessi coloniali. Il triangolo diplomatico del Regno Unito, della
Francia e della Russia si completa quando viene siglata un'intesa anglo-russa che risolve i contenziosi
coloniali in sospeso. A questo punto si sono pienamente formati due sistemi di alleanza contrapposti, la
Triplice alleanza (Germania, Austria-Ungheria, Italia) Triplice intesa (Francia, Russia, Regno Unito).
Ci sono due fattori importanti, tra loro intrecciati, che rendono molto più instabile l'intero sistema. In
primo luogo, tutte le grandi potenze avviano una sorta di corsa al riarmo, che prevede un rafforzamento
sia della marina militare sia dell'esercito. La corsa agli armamenti ha anche un importante effetto
psicologico, poiché induce molti responsabili degli Stati maggiori a credere di poter disporre di eserciti
eccezionalmente ben attrezzati e ciò li spinge a credere che una futura guerra non possa che essere breve.
L'altro aspetto è la grave crisi dell'Impero ottomano che continua a subire attacchi e a perdere parti del
proprio territorio. Ancora più grave sembra a Istanbul la nascita di un movimento nazionale armeno che
chiedono l'unificazione delle popolazioni armene di Turchia, Russia e Persia e la loro indipendenza. Si va a
creare un corpo militare speciale a cui viene affidato il compito di sorvegliare, reprimere le iniziative dei
gruppi nazionalisti armeni. Inoltre, si incoraggia i nuovi immigrati musulmani che vengono dai Balcani o
dalla Russia a formare dei corpi militari speciali e aggredire le persone a favore del movimento. La
Macedonia è l'ultima area balcanica sotto pieno controllo ottomano; da tempo vi stanno scoppiando
insurrezioni e rivolte, che l'esercito ottomano cerca di reprimere.
Nel 1908 scatta una sollevazione dei reparti militari che chiedono la Costituzione. La crisi interna
indebolisce ulteriormente l'Impero. Bulgaria, Serbia, Montenegro e Grecia stipulano un'alleanza e
attaccano l'Impero ottomano, con l'obiettivo di impossessarsi e di spartirsi la Macedonia. Scoppia così la
prima guerra balcanica. L'esercito ottomano viene sconfitto rapidamente e le grandi potenze invitano i
rappresentanti degli Stati balcanici a Londra, per la firma di un trattato di pace che deve procedere alla
nuova sistemazione territoriale della Macedonia. Il trattato riconosce la formazione di un'Albania
indipendente. Le proposte per la spartizione della Macedonia non soddisfano la Bulgaria, che decide di
risolvere attaccando la Grecia e la Serbia nel tentativo di assicurarsi la maggior parte dei territori
macedoni: è la seconda guerra balcanica. La sconfitta bulgara permette la divisione della maggior parte
della Macedonia fra Serbia e Grecia. L'Impero ottomano è pressoché del tutto estromesso dall'Europa, a
parte alcuni territori della Tracia orientale, posti tra Adrianopoli e Istanbul.
Anche più grave delle due guerre balcaniche e delle crisi interne all'Impero ottomano è lo stato di ostilità
che inizia a crearsi tra Austria-Ungheria e Serbia sin da 1903. L'alleanza con l'Austria-Ungheria ha
comportato una posizione di assoluta subalternità politica ed economica della Serbia. A guidare
l'operazione e a sostenere il nuovo sovrano c'è il Partito radicale serbo; nazionalista e favorevole alla
riunione di tutti i serbi dentro di un territorio più vasto. Questo comporta una necessaria ostilità contro
l'Austria-Ungheria. La tensione è acuita dall'annessione della Bosnia Erzegovina all'impero austro-
ungarico. La Serbia si sente minacciata e per tale motivo i suoi governi rafforzano il rapporto di alleanza
con la Russia. All'interno della Bosnia Erzegovina, un numero di giovani serbi aderisce a società segrete e
nazionaliste filoserbe, la più importante delle quali la Mano Nera, un'associazione i cui capi sono
influenzati dalla pratica anarchica dell'attentato terroristico a fini dimostrativi. Proprio Sarajevo, capitale
della Bosnia Erzegovina, sia teatro di una grave attentato terroristico che colpisce l'arciduca Francesco
Ferdinando, erede al trono austro-ungarico. All'interno di queste società segrete si decide che l'occasione
buona per passare all'azione possa essere la visita ufficiale a Sarajevo dell'arciduca Francesco Ferdinando e
della moglie, prevista per il 28 giugno 1914. Questa scelta perché l'arciduca ha manifestato una posizione
favorevole alla concessione di autonomie significative alle minoranze nazionali interne all'Impero austro-
ungarico. La sua morte in un attentato comporterebbe certamente un inasprimento della politica austriaca
verso i gruppi nazionali slavi. Il piano prevede il lancio di una bomba contro la macchina che trasporta la
coppia imperiale sul tragitto ufficiale della visita. Così il congiurato incaricato lancia la bomba che tuttavia
non colpisce il bersaglio. Invece di interrompere la visita, Francesco Ferdinando decide di proseguirla;
tuttavia, più tardi l'autista sbaglia strada e si blocca in un vicolo. Tutto ciò accade in presenza di un altro
congiurato, Gavrilo Princip che coglie l'occasione, estrae una pistola e li colpisce entrambi a morte. Princip
viene catturato e la polizia austro-ungarica capisce subito che la matrice politica dell'attentato è serba.
Cosicché il governo austro-ungarico decide di reagire con la massima fermezza e (contando sull'appoggio
tedesco e considerando improbabile un intervento della Russia o della Francia), mette a punto un
ultimatum, col quale chiede che il governo serbo condanni pubblicamente la propaganda antiaustriaca,
che vengano condannati i militari o i politici serbi coinvolti nell'attentato. la Serbia, forte dell'appoggio
della Russia, risponde accettando tutti i punti, salvo quello relativo alla partecipazione di magistrati austro-
ungarici nell'inchiesta giudiziaria. l'Austria-Ungheria, proclamandosi insoddisfatta di questa replica,
dichiara guerra alla Serbia. Il sistema delle alleanze costruitosi nei decenni precedenti entra in azione,
trascinando le grandi potenze, una dopo l’altra, dentro un conflitto che, con la partecipazione di Giappone
e Impero ottomano, acquista sin da subito un carattere mondiale. All'altezza dell'autunno del 1914 altre
potenze (come l'Italia e gli Stati Uniti) non sono ancora coinvolte nel conflitto: ma nel corso dello svolgersi
degli eventi bellici anch'esse entreranno in una guerra che, per le dimensioni, i teatri di guerra, il numero di
uomini impiegati, la dislocazione geografica degli Stati che vi partecipano merita senz'altro l'appellativo di
guerra mondiale o di Grande Guerra.