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La prima delle grandi rivoluzioni che interessarono l’occidente nel ‘700 scoppiò in America, a
causa della rivolta delle tredici colonie inglesi che erano sorte nell’America del Nord.
Con il termine di Rivoluzione americana si designa quell’insieme di vicende che, tra il 1763 e il
1787, portò alla nascita degli Stati Uniti d’America, che all’inizio erano le 13 colonie ribelli che
avevano raggiunto l’indipendenza.
Il primo insediamento inglese nell’America risaliva al 1607, quando un gruppo di coloni si stanziò
in Virginia (prende il nome in onore di Elisabetta I). A questi coloni ben presto se ne aggiunsero
altri nel 1620, quando i puritani, per sfuggire alle conversioni forzate all’anglicanesimo, partirono
dall’Inghilterra verso la costa del Massachusetts (Padri pellegrini); ancora nel 1630 vi fu una più
massiccia migrazione, tanto che nacque la Nuova Inghilterra. Tanti altri territori furono poi
colonizzati da cattolici, quaccheri, e altre minoranze, tutte propense alla tolleranza religiosa.
I rapporti tra coloni e madrepatria, col passare degli anni, divennero sempre più tesi, per il fatto
che il governo inglese aveva disposto che i coloni potessero vendere solo all’Inghilterra il tabacco
e lo zucchero, le pelli, il legname e il ferro, tutti prodotti pregiati. Il motivo era il protezionismo
dell’economia inglese. Allo stesso modo i coloni non potevano impiantare manifatture per non
fare concorrenza alle fabbriche di tessuti inglesi. Di fatto le colonie erano fonte di materie prime e
sbocco di prodotti finiti, tanto che i coloni si sentirono costretti a comprare melassa e zucchero
dai coloni francesi per produrre il rum a basso costo.
L’aumento delle tasse per mantenere l’esercito in America, per pagare i debiti di guerra causati
dal conflitto con la Francia durato 7 anni (guerra dei 7 anni), le imposte sullo zucchero importato
nelle colonie e la Stamp Act, o tassa su documenti legali e sui giornali, furono accolti dai coloni
come un sopruso.
Infatti i coloni si erano stanziati in America con l’approvazione del re, legiferavano per conto loro e
avevano proprie assemblee legislative, dunque non riconoscevano l’autorità del Parlamento
inglese, ma solo del re.
Nel 1776 fu ritirato lo Stamp Act ma ormai il problema era evidente: infatti,dopo la Rivoluzione
inglese del 1688 il Parlamento aveva il controllo del potere, non il re; i coloni riconoscevano il
potere del re ma non del Parlamento.
I coloni rivendicavano un’idea di impero che vedesse il re al centro, come capo dell’esecutivo di un
sistema di autonomie, e perciò la loro parola d’ordine fu “niente tasse senza rappresentanza
politica” e si mossero verso l’indipendenza.
Nella primavera del 1765 allo scoppio della guerra con la madrepatria, i delegati dei coloni si
riunirono a Congresso a Filadelfia e la guida dell’esercito fu affidata a George Washington,
delegato della Virginia. Il 4 luglio 1776 fu proclamata l’indipendenza e nella Dichiarazione si
afferma che Dio ha creato tutti gli uomini uguali e dotati di diritti inalienabili (vita, libertà e ricerca
della felicità). Compito del governo è quello di garantire a tutti tali diritti, e la rivolta è legittima
verso un governo tirannico (Locke).
L’Inghilterra aveva violato tali diritti e meritava di subire la rivolta. La guerra si protrasse fino al
1783. Il dibattito politico, più tardi, si accese attorno all’idea di fare degli Stati Uniti una
federazione o una confederazione.
Per federazione si intende uno Stato vero e proprio con un centro forte, a cui spetta la politica
estera, l’economia e la guerra. In una confederazione il centro è debole e i singoli Stati
conservano la loro sovranità. Gli Stati Uniti hanno optato per una Federazione di Stati.
A Filadelfia si stabilì che il potere esecutivo venisse affidato a un presidente che esercita anche il
diritto di veto; il potere legislativo spetta al Congresso, articolato in un Senato e in una Camera;
al Senato ogni Stato è rappresentato da 2 delegati, mentre alla Camera vige il sistema
proporzionale in base al numero degli abitanti.
Il potere giudiziario è affidato alla Corte suprema, con compito di custode della Costituzione, che
è rigida, ossia non può essere modificata con legge ordinaria.