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PASSANISI BEATRICE – 092145 – Caratteri: 7.

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Libro scelto: Guido Abbattista, La Rivoluzione Americana, Edizione Laterza Bari, 2009.

L’autore, Guido Abbattista (docente di storia moderna presso l’Università di Trieste), esamina i fattori
sociali ed economici e i termini politici che portarono alla trasformazione delle colonie britanniche in uno
Stato repubblicano e federale fondato sulla sovranità popolare. Con questo scritto, l’autore vuole
soffermarsi più sulle motivazioni che hanno scatenato la rivolta da parte delle colonie, piuttosto che sugli
aspetti militari che invece ne sono stati le conseguenze.

Il Trattato di Parigi del 1763, che aveva segnato la fine della Guerra dei Sette Anni tra Francia e Inghilterra
con la vittoria di quest’ultima, sanciva la supremazia britannica sul continente nordamericano.
A partire dalla seconda metà del XVII secolo, le colonie avevano conosciuto un periodo di incremento
demografico, dovuto principalmente all’importante fertilità delle terre.

I 250.000 abitanti delle colonie continentali all’inizio del Settecento erano divenuti circa 2 milioni e mezzo nel
decennio prima della rivoluzione (rispetto ai circa 7 della madrepatria), con un tasso di incremento che non
sarebbe diminuito con la rivoluzione né nel corso dell’Ottocento. ¹

La popolazione, però, non era formata solo da europei migrati in America per trovare ricchezza, bensì
anche da un gran numero di schiavi neri che contribuivano all’eterogeneità della nazione: è proprio questa
diversità culturale e religiosa a favorire una certa apertura e libertà nella vita politica e sociale.
Geograficamente, le colonie erano suddivise in una sezione del Nord, una centrale formata dalle cosiddette
“middle colonies” e, infine, una sezione meridionale. La prima comprendeva gli insediamenti del New
England ed era una zona poco popolata ma più urbanizzata, caratterizzata dall’esportazione di rum e di
materie prime; la zona centrale (New York, Pennsylvania, New Jersey e Delaware) includeva la maggior
parte delle ricchezze, grazie soprattutto alla coltivazione di cereali; la parte meridionale (Maryland, Virginia,
Carolina del Nord e del Sud e Georgia) presentava un’importante aristocrazia terriera e l’impiego degli
schiavi africani.
Dal punto di vista economico, il contributo alla potenza e alla ricchezza della madrepatria erano, secondo il
filosofo scozzese Adam Smith, l’unica utilità delle colonie. Grazie a una serie di atti di navigazione, infatti,
l’Inghilterra era riuscita ad ottenere la completa dipendenza economica coloniale:

In base a tali regolamenti, determinate categorie di prodotti coloniali strategici (detti “enumerati”) dovevano
essere esportati obbligatoriamente in Gran Bretagna e mediante naviglio inglese, mentre il mercato coloniale
doveva importare esclusivamente manufatti britannici (con relativi divieti alla produzione manifatturiera
coloniale) oppure riesportati dalla Gran Bretagna. ²

Nonostante queste restrizioni sul commercio, la presenza di istituzioni politiche e giuridiche favorevoli
all’agricoltura e alcune consuetudini più evolute di quelle della madrepatria (come la scarsa applicazione
del diritto di primogenitura e un alto livello di profitti individuali) ha permesso alle colonie del Nuovo
Mondo di mostrare un certo dinamismo sul piano economico, politico e culturale.
Questa autonomia politica ha portato, in seguito alla Pace di Parigi, a una serie di provvedimenti da parte
dell’autorità britannica, come la Royal Proclamation del 1763, ovvero una legge che salvaguarda le riserve
indiane dagli insediamenti dei coloni verso ovest, oppure lo Stamp Act del 1765, cioè l’applicazione della
marca da bollo su tutti i documenti ufficiali redatti dai coloni. La pressione applicata dall’Inghilterra si
intensificò quando entrò a far parte del governo Charles Townshend, che attuò diverse riforme a discapito
delle colonie; questi provvedimenti furono visti come una limitazione dei diritti e delle libertà americane,
tanto da provocare una protesta con epicentro il Massachussetts che si impegnò nel boicottaggio delle
merci inglesi. Pochi anni dopo, nel 1770, le leggi Townshend vennero revocate dal nuovo Primo Ministro
Lord North, gesto che diede inizio a un periodo di quiete che durò fino al 1773. E’ proprio in quest’anno,
infatti, che lo stesso North emana il Tea Act, cioè una legge che dava la possibilità alla Compagnia inglese
delle Indie Orientali di vendere nel mercato americano una grande quantità di tè a delle condizioni
¹ Guido Abbattista, La Rivoluzione Americana, Edizione Laterza Bari, 2009, p. 7
² Guido Abbattista, La Rivoluzione Americana, p. 10
vantaggiose, andando però a ostacolare gli interessi dei mercanti coloniali: nel dicembre 1773, infatti, i
bostoniani assalirono le navi inglesi al porto e gettarono in mare i carichi di tè (Boston Tea Party).
Nel settembre del 1774 venne istituito il primo Congresso Continentale a Philadelphia, durante il quale le
colonie rivendicarono la loro autonomia amministrativa e votarono il boicottaggio sistematico delle merci
inglesi. L’anno successivo si svolse un Secondo Congresso Continentale che si trovò ad agire come un vero e
proprio organismo liberatorio ed esecutivo che assunse la funzione di governo provvisorio.
L'idea di indipendenza non era negli ideali americani fino al 1776, infatti, pur rifiutando la supremazia del
Parlamento britannico, i coloni non erano d'accordo per la completa separazione, ma solo per
l’indipendenza legislativa. La lotta coloniale era volta a un ripristino delle condizioni precedenti, al
ristabilimento dei diritti di convivenza politica, di libertà e dei valori della tradizione inglese. Questo
argomento era tema di discussione all'interno del Congresso e fu qui che si evidenziarono le prime divisioni:
i Whigs radicali, come Thomas Jefferson, che volevano proseguire la guerra fino ad ottenere l’indipendenza;
i Whigs moderati e conservatori, che consideravano la guerra come strumento per cambiare la condizione
di sottomissione delle colonie all’interno dell’impero; i Tories, che invece erano lealisti, avversi alla guerra e
fedeli alla madrepatria. A questo punto il Congresso si mosse con decisione: costituì un esercito
continentale sotto il comando di George Washington, votò dei provvedimenti finanziari a sostegno della
guerra e il lancio di operazioni belliche non solo a scopo difensivo. Questo rappresenta il primo passo
concreto verso l'indipendenza, nel momento in cui si crea un ordine politico non più legittimato dalla Gran
Bretagna ma dalla volontà popolare.
I primi mesi del 1776 videro una svolta verso l'indipendenza, grazie anche all'opera di Thomas Paine
intitolata Common sense: all'interno di questo opuscolo l'opinione coloniale ritrovò riassunto tutto ciò che
la spingeva a rivendicare l'indipendenza; Paine inoltre affermava che andava abbandonata ogni speranza di
riconciliazione e che dovevano rinunciare ai legami Imperiali.

Un governo americano indipendente diventava garante di legittimità, ordine e autorità, consentiva al paese di
fuoriuscire da una condizione di guerra civile e lo trasformava in potenziale soggetto di alleanze esterne. ³

Grazie all’appello di Paine, ma anche di politici come Samuel e John Adams e Richard Henry Lee, nella
primavera del 1776 all’interno del Congresso la maggioranza era favorevole all’indipendenza, che fu
ufficializzata con la Dichiarazione di Indipendenza, nonostante vi fosse ancora una minima parte fedele alla
Corona. Il documento, redatto da Thomas Jefferson, si basa su un'ideologia dei diritti naturali e inalienabili,
come quello della ricerca della felicità, non individuale ma collettiva, del popolo.

Nei loro primi anni gli Stati Uniti d’America ebbero l’occasione di dimostrare le loro capacità di agire da
nazione indipendente. Le truppe britanniche occuparono New York nell'estate del 1776 e Philadelphia alla
fine di settembre 1777, ma non riuscirono mai a dare un colpo decisivo all'esercito di Washington. Alla fine
dell’anno le truppe britanniche subirono la sconfitta definitiva presso Saratoga che portò al recupero di
Philadelphia e alla stipulazione dell’alleanza con la Francia. La combinazione dell'esercito americano con
quello francese riuscì a portare alla resa l'esercito britannico nell'ottobre del 1781 e si arrivò alla fine dei
conflitti quando, nella primavera dell'1782 Lord North fu sostituito da un governo di orientamento pacifico
e la Gran Bretagna riconobbe gli Stati Uniti d'America come indipendenti.
Terminata la guerra sorsero le prime difficoltà: nacquero infatti due diverse correnti di pensiero: chi
credeva che le colonie dovessero rimanere Stati separati e chi, al contrario, sosteneva un’unità nazionale.
Due importanti personalità del partito federalista, James Madison e Alexander Hamilton, misero in piedi la
prima Convenzione che si riunì a Philadelphia nel 1787 e che stipulò una nuova Costituzione che entrò in
vigore a partire dall’anno successivo: essa aveva lo scopo di raggiungere un equilibrio tra governo centrale
e autonomie statali e designò una struttura del governo simile a quella odierna. La vittoria federalista alle
prime elezioni nazionali e la formazione del primo governo degli Stati Uniti con l’elezione di George
Washington come primo Presidente segnarono l'inizio di una nuova epoca e una nuova solidarietà
nazionale.

³ Guido Abbattista, La Rivoluzione Americana, p. 70

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