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II.

FORME DI STATO

1.FORMA DI STATO

1.1 “Forma di Stato” e “forma di governo”: de nizioni

FORMA DI STATO: si intende il rapporto che corre tra le autorità dotate di potestà di imperio e la
società civile, nonché l’insieme di principi e di valori a cui lo Stato ispira la sua azione. La forma di
Stato individua la nalità dello Stato e identi ca il rapporto intercorrente tra governanti e governati.
FORMA DI GOVERNO: Si intendono i modi in cui il potere è distribuito tra gli organi principali di
uno Stato-apparato e l’insieme dei rapporti che intercorrono tra essi. La forma di governo individua
come i poteri vengono divisi tra gli organi che la costituzione individua, e lo strumento predisposto
per realizzare la nalità politica caratterizzante lo Stato (la forma di Stato caratterizza fortemente la
forma di governo e viceversa).

1.2 Le classi cazioni e i modelli


Gli studiosi hanno elaborato alcune classi cazioni delle forme di Stato: lo Stato assoluto e lo Stato
liberale (modelli affermatisi prima delle guerre mondiali); lo Stato di democrazia pluralista, lo Stato
totalitario, lo Stato socialista (dopoguerra). Nell’ambito di ciascuna specie di forma di Stato sono
stati individuati vari tipi di forma di governo, a seconda del modo in cui il potere di indirizzo politico
è ripartito tra gli organi costituzionali.

1.3 Lo Stato assoluto


Nato in Europa nel 400-500, è la prima forma di Stato moderno. Il potere sovrano è concentrato
nelle mani della corona. Il re era sovrano assoluto, titolare del potere legislativo ed esecutivo; il
potere giudiziario invece spettava a corti e tribunali formati da giudici da lui nominati. Vi erano le
assemblee rappresentative, portatrici di interessi settoriali, talvolta anche divergenti e contrapposti
(per questo si parla di assemblee rappresentative non di parlamento). Il potere del re non
incontrava limiti legali in quanto era ritenuto di origine divina. L’assolutismo Reggio si affermò
pienamente in quei paesi dove riuscì a limitare drasticamente il peso delle corporazioni della
nobiltà feudale (ciò avviene soprattutto in Francia dove gli Stati generali non vennero convocati per
la maggior parte del seicento no al termine del 700); diversa è stata l’evoluzione di altri paesi in
cui sono rimasti residui feudali di una nobiltà non sottomessa (per esempio Inghilterra l’assolutismo
si affermò solo parzialmente nel 500 con la dinastia dei Tudor, mentre fallì il tentativo degli Stuart);
in altri paesi come la Prussia e l’Austria, durante i regni di Maria Teresa e Giuseppe II, si affermò il
cosiddetto assolutismo illuminato, secondo il quale il compito del sovrano era quello di promuovere
il benessere della popolazione (riguardo si è parlato di Stato di polizia). L’economia dello Stato
assoluto era di tipo mercantilistica (la grandezza di un re dipendeva dalla prosperità economica
dello Stato).

1.4 La nascita dello Stato liberale


Tra la ne del settecento la prima metà dell’ottocento, della crisi dello stato assoluto (che non
riusciva più a far fronte alle spese statali, né ad imporre tasse e tributi) nasce lo Stato liberale.
La crisi dello Stato assoluto fu dovuta soprattutto a ragioni nanziarie (peso scale troppo alto per
la classe borghese) e all’indebolimento della sua legittimazione politica, perché la gura del Re
non poteva coesistere con il riconoscimento della libertà delle varie componenti della società.

FRANCIA: in Francia la crisi assunse la forma traumatica della rivoluzione del 1789. Ci furono
grandi agitazioni in Francia, per cui una larga coalizione sociale chiese la convocazione degli Stati
generali. La borghesia richiese di avere dei rappresentanti negli Stati generali e proprio da questo
momento fu riconosciuta la preminenza politica della borghesia. Gli Stati generali si
autoproclamarono un’unica assemblea nazionale, che si assegnò il compito di dare una nuova
costituzione al paese. Venne approvata la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che
consacrò la loso a politica del nuovo Stato, speci cata nella costituzione del 1791. La
dichiarazione era volta a conservare i diritti dell’uomo, l’eguaglianza di fronte alla legge e la
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limitazione del potere con il principio della divisione dei poteri. Dopo il governo rivoluzionario e la
dittatura di Napoleone Bonaparte, ci fu la restaurazione della monarchia, con le due costituzioni
liberali del 1814 e del 1830. Solo con le leggi costituzionali la Francia conobbe una stabilità
costituzionale.

INGHILTERRA: in Inghilterra l’affermazione dello Stato liberale fu più graduale, ma anche più
stabile. Lo stato assoluto non aveva attecchito particolarmente. Carlo I si trovò a fronteggiare
l’opposizione parlamentare nell’ambito della camera dei comuni, la cui base sociale era
rappresentata dall’alleanza tra la nobiltà di campagna e di ricchi mercanti della città. Queste forze
consideravano il Common Law Come fondamento e garanzia della loro indipendenza, per cui lo
stesso re doveva ritenersi sottoposto al diritto. Si crearono forti tensioni tra il parlamento e Carlo I,
che portarono alla guerra civile all’esecuzione del re. Con il suo successore, Giacomo II, ci fu la
gloriosa rivoluzione del 1689. Questa rivoluzione fu particolarmente importante perché recise
de nitivamente il legame della monarchia con la radice assolutistica, senza creare traumi civili.
Questo divario fu sancito da documenti costituzionali: la Declaration of Rights e il Bill of Rights.

AMERICA: Diverso è il caso americano. La società americana era stata formata da emigranti. Di
contro l’Inghilterra si rivolgeva alle colonie americane con lo scopo di rimpinguare le casse provate
dalla guerra, imponendo nuove tasse senza il consenso delle assemblee legislative locali. Gli
americani risposero invocando il principio “no taxation without representation”, secondo cui era da
considerarsi illegittima qualsiasi tassazione che non fosse provata dei loro rappresentanti eletti. A
seguito del radicalizzarsi del con itto si giunse alla dichiarazione di indipendenza, sottoscritta dai
rappresentanti di tutte le colonie. La guerra di indipendenza durò sette anni: si pervenne alla
Costituzione americana solo nel 1787, approvata dai delegati dei 13 Stati americani.

1.5 Stato liberale ed economia di mercato


L’economia di mercato si basa sul libero incontro tra domanda e l’offerta di un determinato bene;
nel mercato gli interessi dell’offerente e dell’acquirente sono divergenti, ma la transazione risolve il
con itto, facendo comparire un prezzo. Lo Stato assoluto ostacolava la nuova economia:
1. era caratterizzato dal particolarismo giuridico, mentre l’economia di mercato presuppone la
certezza dei diritti di proprietà, la piena libertà contrattuale, l’eguaglianza formale dei
contraenti, l’abolizione dei privilegi
2. Lo Stato assoluto rendeva la società oggetto di gestione politica, invece lo Stato liberale
doveva riconoscere e garantire la capacità della società civile di autoregolarsi e di sviluppare
autonomamente i propri interessi

La società civile è separata dallo Stato; ciò si può cogliere dalle due tendenze giuridiche tipiche
dello Stato liberale: le codi cazioni costituzionali e le codi cazioni civili e penali.
- CODIFICAZIONI COSTITUZIONALI: lo Stato liberale tende a consacrare in un unico documento
costituzionale i principi sulla titolarità e sull’esercizio del potere politico
- CODIFICAZIONI CIVILI E PENALI: Lo Stato liberale tende a racchiudere in un codice civile le
regole sui rapporti tra privati. Queste regole devono avere i requisiti di generalità (riferibili a tutti
gli individui resi uguali di fronte alla legge), astrattezza (possono essere applicate più volte nel
tempo) e certezza (sono raccolte in un corpo normativo unitario e sono prevedibili nei loro effetti)

1.6 I caratteri dello Stato liberale


Lo Stato liberale è caratterizzato dei seguenti tratti essenziali:

a) FINALITÀ GARANTISTICA: È considerato come uno strumento per la tutela delle libertà
negative dei diritti degli individui; La nalità principale dello Stato è quindi quella di garantire i
diritti ed in modo strumentale rispetto a tale nalità garantistica deve strutturarsi
l’organizzazione costituzionale (attraverso il principio della separazione dei poteri);
b) STATO MINIMO: è titolare solo delle funzioni necessarie all’adempimento della nalità
garantistica (in particolare si astiene dall’intervenire nella sfera economica a differenza dello
stato assoluto, af data all’autonomia dei privati);
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c) LIBERTÀ INDIVIDUALE: Lo Stato riconosce la tutela della libertà personale, la proprietà
privata, la libertà contrattuale, la libertà di pensiero e di stampa, religiosa, di domicilio; si tratta
di libertà riferita esclusivamente all’individuo
d) SEPARAZIONE DEI POTERI: lo Stato liberale af da la tutela dei diritti individuali alla
separazione dei poteri. Il potere politico viene cioè suddiviso tra soggetti istituzionali diversi,
che si controllano reciprocamente
e) PRINCIPIO DI LEGALITÀ: La tutela dei diritti è af data alla legge, ogni limitazione della libertà
individuale deve avvenire per mezzo della legge; Quest’ultima deve avere i caratteri della
generalità e dell’astrattezza; e la legge deve essere formata dai rappresentanti della Nazione.
f) PRINCIPIO RAPPRESENTATIVO: Le assemblee legislative dello stato liberale rappresentano
l'intera Nazione o l'intero popolo, pertanto i singoli parlamentari devono agire liberi da mandati
vincolanti da parte del rispettivo collegio elettorale (divieto di mandato imperativo). I
rappresentanti vengono comunque eletti da un corpo elettorale assai ristretto, circoscritto alla
classe borghese in quanto il diritto di voto è circoscritto a coloro che hanno un adeguato livello
di istruzione e di reddito; si tratta pertanto di uno Stato monoclasse.

1.7 La nascita dello Stato di democrazia pluralista


Lo stato di democrazia pluralista si afferma a seguito di un lungo processo di trasformazione dello
Stato liberale. Si parte dall’allargamento della base sociale, così che lo Stato monoclasse si
trasforma in Stato pluriclasse. Tale ampliamento quantitativo della base elettorale ne provoca
anche una profonda trasformazione qualitativa. Tre trasformazioni hanno determinato il modo di
essere dello stato di democrazia pluralista:
1. Affermazione dei partiti di massa, caratterizzati da una solida struttura organizzativa;
2. La con gurazione degli organi elettivi come luogo di confronto e di scontro di interessi che
ormai divengono eterogenei (non si tratta più di uno Stato monoclasse);
3. Il riconoscimento dei diritti sociali come strumenti di integrazione nello Stato dei gruppi sociali
più svantaggiati.

In ogni Paese l’evoluzione verso questa forma di Stato ha avuto tempi e caratteri diversi (in
Germania in Italia più evidente per via dei regimi totalitari nazisti e fascisti; Regno Unito e Stati
Uniti evoluzione graduale).

1.8. I partiti politici di massa


I partiti politici hanno avuto un ruolo fondamentale nell’assetto degli Stati di democrazia pluralista.
Erano presenti anche nello Stato liberale, con la differenza che erano riservati a gruppi ristretti di
persone. I partiti di massa si sono affermati attraverso due fenomeni: con il suffragio universale e
con il con itto sociale del 900.
1. Con l’introduzione del suffragio universale, è stato necessario organizzare la partecipazione
politica di milioni di elettori e si sono così affermati moderni partiti di massa, caratterizzati da
una solida struttura organizzativa che ha consentito loro di diventare strumenti di mobilitazione
popolare. I partiti di massa hanno un apparato organizzativo permanente, una vera e propria
burocrazia di partito, che opera al di fuori del parlamento e tiene collegati eletti ed elettori.
2. I gruppi sociali più deboli come la classe operaia hanno gradualmente trovato,
nell’aggregazione in strutture collettive, il modo per tentare di bilanciare con la forza dei numeri
il potere basato sul controllo dei mezzi di produzione. I partiti e i sindacati sono diventate
organizzazioni di lotta per il miglioramento delle condizioni di vita delle classi più deboli e
hanno preparato l’avvento di una società basata sull’eguaglianza di uomini e donne.

Queste trasformazioni hanno avuto una conseguenza importante: i parlamenti sono diventati il
luogo in cui si realizza il confronto tra i partiti; i partiti politici diventano dunque capaci di controllare
e dirigere l’azione del parlamento e del governo.

1.9 Crisi delle democrazie di massa e nascita dello Stato totalitario


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Nei paesi come l’Italia e la Germania, il pluralismo politico non veniva accettato, si tentava anzi
l’identi cazione dello Stato con il partito unico e quindi l’uni cazione politica della società
attraverso le istituzioni dello Stato totalitario. Così in Italia ha operato lo Stato fascista (1922-1945),
in Germania lo Stato nazionalsocialista (1933-1945), nell’Urss lo Stato socialista (trova origine
nella cosiddetta dittatura del proletariato).

GERMANIA: COSTITUZIONE DI WEIMAR E LA SUA CRISI


La costituzione di Weimar è stata la prima a riconoscere garantire i diritti sociali: il riconoscimento
di questi diritti era la risposta alle richieste delle classi sociali svantaggiate ed un modo di
fronteggiare la s da lanciata dallo Stato socialista, che prometteva l’edi cazione di una società di
soggetti uguali. La Repubblica di Weimar fu stabile no alla grande crisi economica del 1929,
grazie al sostegno dei partiti che avevano voluto la costituzione e che costituivano la maggioranza
parlamentare di governo. La coalizione di Weimar perse progressivamente consenso e vide
aumentare la forza dei partiti che contestavano apertamente il sistema. La frammentazione politica
continua a crescere: sì cerco di ovviarla ricorrendo la formula dei “governi del presidente”. Si
trattava di governi privi di una maggioranza politica, che si basavano esclusivamente sull’appoggio
del capo dello Stato. In questo contesto ha potuto avere fortuna il partito nazionalsocialista di Adolf
Hitler. Dopo aver ottenuto un notevole successo nelle elezioni del 1932, nella confusione politica
che seguì, Hitler riuscì a farsi nominare cancelliere: ottenne una legge che gli conferiva pieni poteri
e costrinse tutti i partiti a sciogliersi, avviando la costituzione di uno Stato totalitario.

ITALIA: la dif cile esperienza della democrazie di massa e l’avvento del fascismo
Con l’introduzione del sistema elettorale proporzionale, l’Italia si divise in tre grandi correnti
politiche: quella liberale, quella socialista e quella cattolica. La scelta del re di af dare la guida del
governo a Giolitti non risolse nulla: Giolitti pensava di poter risolvere la crisi attraverso la politica
dei blocchi. Sciolse anticipatamente il parlamento e raccolse in un blocco nazionale forze diverse,
ma non riuscì comunque ad evitare la frammentazione politica in crescita. Il partito nazionale
fascista trionfò alle elezioni e a ciò seguì una fase di forte tensione politica e di instabilità dei
governi. Dopo la marcia su Roma, il re decise di nominare presidente del consiglio Benito
Mussolini, che instaurò un governo di coalizione con la ducia del parlamento. Il suo governo
divenne uno Stato totalitario attraverso alcuni passaggi: a) L’approvazione della legge Acerbo, che
attribuiva i due terzi dei seggi alla lista che avesse ottenuto il più alto numero di consensi, purché
non inferiore al 25%; b) le elezioni del 1924, caratterizzate da violenze e brogli elettorali da parte
dei fascisti; c) L’omicidio di Matteotti e l’abbandono del parlamento delle opposizioni, il cosiddetto
Aventino d) istituzione del regime del capo del governo, dove si concentravano tutti i poteri nelle
mani di Mussolini

1.10 Le alternative allo stato di democrazia pluralista nel XX secolo


In alcuni paesi, a seguito della trasformazione delle istituzioni liberali, i nuovi valori del pluralismo e
della tolleranza delle forze politiche che l’avvento della democrazia di massa aveva portato, non
furono accettati e sfociarono nella affermazione dei partiti unici e di forme di Stato totalitarie. In
Italia e in Germania si affermarono rispettivamente lo Stato fascista e lo Stato nazionalsocialista.
Lo Stato fascista in Italia ha operato dal 1922 al 1943: la funzione legislativa e quella esecutiva si
sommavano in capo ad una sola persona, il capo del governo. Il partito unico diventava l’elemento
costitutivo ed organo stesso dello Stato. In Germania, L’esperienza fascista combinata alla dottrina
elaborata da Hitler portarono alla formazione dello Stato nazionalsocialista, operante dal 1933 al
1945. Il capo dello Stato concentrava su di sé il potere costituente, quello di revisione
costituzionale, quello legislativo, quello esecutivo e quello giurisdizionale. Un’altra alternativa la
democrazia pluralista è stata rappresentata dallo Stato socialista

LO STATO SOCIALISTA E IL MURO DI BERLINO


Il riferimento storico di questa forma di Stato è dato dall’Urss e affonda le sue radici nella dottrina
marxista-leninista. Il modello è stato esteso agli Stati del blocco socialista dell’Europa dell’est,
prima della loro dissoluzione tra gli anni 80 e 90 del XX secolo. L’origine di questa forma di Stato si
trova nella dittatura del proletariato: questo modello costituzionale si reggeva infatti sull’abolizione
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della proprietà privata e sull’attribuzione allo Stato del dominio di tutti i mezzi di produzione. Lo
Stato socialista ha infatti realizzato L’abolizione del mercato a favore di un’economia collettivistica.
Alla ne degli anni 80 del XX secolo, gli Stati socialisti sono entrati in una crisi profonda, che è
culminata con l’evento simbolico del crollo del muro di Berlino. La crisi irreversibile del socialismo
ha portato al dissolversi di Stati multinazionali come l’Urss e la Jugoslavia da cui sono nati nuovi
Stati che adottano costituzioni basate su principi della democrazia pluralista.

1.11 Consolidamento della democrazia pluralista e affermazione dello Stato sociale


Dopo la crisi dello stato totalitario, al termine del secondo con itto mondiale, c’è stato un
consolidamento dello stato di democrazia pluralista. Tale fase costituzionale vede garantite dal
diritto, oltre alle libertà negative, anche le diverse manifestazioni del pluralismo politico, sociale,
religioso, culturale; in particolare essa riconosce il ruolo costituzionale di partiti politici (ART.49 “tutti
i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a
determinare la politica nazionale“). Vengono inoltre riconosciuti costituzionalmente diritti sociali che
comportano la pretesa, da parte dei cittadini economicamente svantaggiate, prestazioni positive ad
opera dei poteri pubblici (perché chi non è libero dal bisogno economico non si trova nelle
condizioni materiali per godere delle libertà negative). Lo stato di democrazia pluralista è uno
status di classe il principale problema che si è trovato ad affrontare è stato quello di tenere insieme
una società formata da classi sociali e individui molto diversi. Per lungo tempo il problema è stato
risolto attraverso un compromesso tra le classi, mercato e Stato (vengono riconosciuti garantiti
l’economia di mercato e i diritti su cui esso si fonda, ma tali diritti sono limitati attraverso interventi
pubblici nalizzati a ridurre le diseguaglianze materiali). Per questo motivo con lo stato di
democrazia pluralista è stato introdotto la nozione: quella di Stato sociale (Welfare state). Lo Stato
sociale supera l’individualismo liberale e sviluppa forme di solidarietà tra individui e diversi gruppi
sociali ricorrendo l’intervento pubblico nell’economia e nella società (sia un sistema ad economia
mista).

1.12 Omogeneità e differenze tra gli Stati di democrazia pluralista


Nonostante le molteplici aff nità tra gli ordinamenti riconducibili al modello di “stato di democrazia
pluralista“ permangono alcune differenze:
1. La prima è quella relativa a ruolo e i caratteri dei partiti politici. Mentre in Europa l’esperienza
politica e costituzionale rimasta contrassegnata dal fondamentale ruolo dei partiti politici di
massa, i partiti americani si sono trasformati fondamentalmente in Macchine elettorali al
servizio del candidato. La debolezza organizzativa dei partiti politici americani non equivale ad
una riduzione del ruolo del principio pluralistico: il pluralismo statunitense è fatto più che altro di
associazioni con nalità particolari, di chiese, di gruppi di promozione di interessi speci ci;
2. La seconda riguarda l’omogeneità o l’eterogeneità della cultura politica. In alcuni paesi, come
gli Stati Uniti e Regno Unito, c’è stata una evoluzione storica che ha portato a condividere i
principi fondamentali della democrazia pluralista. Inoltre, come il Belgio e per lungo tempo
anche l’Italia, la società rimasta divisa in settori sociali tra loro non comunicanti;
3. La terza differenza rileva le modalità dell’intervento dello Stato nell’economia e nella società. In
alcuni paesi questo intervento si è attuato in modo tale da restare a livelli moderati
mantenendo una predominanza privatistica nei rapporti economici e sociali (Stati Uniti,
Svizzera, Giappone), mentre in altri paesi hanno avuto una dominanza pubblicistica.

1.13 Stato di democrazia pluralista tra società post-classica e globalizzazione


Lo stato di democrazia pluralista ha subito importanti trasformazioni in risposta alle s de che ha
dovuto affrontare, soprattutto a partire dagli anni 80 del XX secolo: società post-classica, crisi
scale, globalizzazione, integrazione europea. Alle sue origini lo stato di democrazia pluralista ha
come base materiale una società divisa in classi sociali ben individuate: i partiti trasferivano
nell’ambito politico questa divisione di ideologie. Gli ultimi decenni del XX secolo hanno visto una
crescita considerevole della complessità sociale; ciò eseguito una crisi delle ideologie che
accresciuto le dif coltà dei partiti di tenere uniti milioni di individui entro una stabile identità
collettiva. Ormai l’appartenenza ad una classe non ho più valore assorbente, diminuisce la
capacità dei partiti di dare ordine agli interessi e le domande particolaristiche; i gruppi sociali
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tendono a riversare le loro esigenze sugli organi costituzionali (in particolare sui parlamenti), ma
poiché è quasi sempre una misura legislativa di favore per un determinato gruppo è un costo, lo
Stato, più che ridistribuire ricchezza, si limita a distribuire le risorse tra vari gruppi cedendo al
potere di pressione di ciascuno di essi. Perciò a partire dagli anni 70 si è parlato di crisi scale
dello Stato, per indicare la tendenza alla crescita della spesa pubblica, cui corrispondeva una
pressione scale che a raggiunto livelli critici. Ne è conseguita una prima spinta al riordino dello
stato sociale al ne di ridurne i costi, ben presto se ne aggiunta un’altra che rientra tra gli effetti
della globalizzazione: quest’ultima comporta la possibilità che i capitali e l’organizzazione
d’impresa possono spostarsi con estrema facilità da un’area territoriale all’altra alla ricerca delle
condizioni che rendano vantaggioso e remunerativo l’investimento. Ne derivano tre conseguenze:
a) per evitare fughe di capitali ed imprese lo Stato non può spingere la pressione scale oltre certi
limiti;
b) Lo Stato deve cercare di avere una nanza pubblica sana e ciò pone ingenti limiti alla crescita
della spesa pubblica rendendo dif cile sia l’attuazione delle politiche Keynesiane, Sia il
nanziamento dei servizi di natura sociale (tra l’altro in un mercato globale la crescita della
domanda interna stimolata dalla spesa pubblica non necessariamente si risolve in un aumento
dell’occupazione nazionale);
c) Le imprese chiedono maggiore essibilità soprattutto per quanto riguarda la disciplina del
rapporto di lavoro

In conclusione: l’integrazione europea esige un maggior rigore nanziario e ciò conduce alla
ricerca di forme di razionalizzazione e riordino dello stato sociale. Da qui il tentativo di adeguare lo
Stato alle esigenze della competitività internazionale (garantendo però almeno pari opportunità di
vita i suoi cittadini), trasformandoli in Stato sociale competitivo (superando il carattere
universalistico di alcuni servizi erogati dallo Stato sociale; facendo leva sul principio di
responsabilità individuale; ricorrendo al principio di sussidiarietà sia verticale che orizzontale,
cercando di attrarre ad un livello sovranazionale alcuni compiti dello Stato sociale).

1.14 I caratteri dello stato di democrazia pluralista


Riassumendo, questi sono i caratteri della democrazia pluralista
1. Lo stato di democrazia pluralista si basa sul suffragio universale, sulla segretezza e libertà di
voto, su elezioni periodiche, sul pluripartitismo; presuppone l’accoglimento dei principi di
tolleranza: il dissenso non può essere soppresso ma va garantito;
2. Il pluralismo costituzionalmente garantito non è solo di idee di valori, ma anche di formazioni
sociali e politiche; le prime operano per la realizzazione degli interessi comuni ai loro
componenti, le seconde hanno come nalità il controllo del potere politico dello Stato e degli
enti pubblici statali (lo Stato liberale garantisce invece la libertà del singolo rispetto lo Stato
escludendo tra l’uno e l’altro il diaframma rappresentato dalle formazioni collettive);
3. Attraverso il pluralismo dei centri di potere si raggiungono due obiettivi: si limita il potere dello
Stato che costretto a confrontarsi con essi; si creano canali di partecipazione permanente dei
cittadini all’attività dello Stato;
4. Vi è un pluralismo di interessi tra loro con iggenti da contemperare secondo la tecnica del
bilanciamento;
5. L’esistenza di interessi eterogenei porta al confronto tra idee e opinioni diverse confronto
garantito costituzionalmente,che si forma in quello che viene chiamato sfera pubblica

2. RAPPRESENTANZA POLITICA
2.1 De nizioni
Nella nozione di rappresentanza politica con uiscono due signi cati che si ricollegano a contesti
storici diversi:
a) RAPPRESENTANZA DI INTERESSI: immediatamente qui il termine rappresentanza identi ca
il rapporto tra il rappresentante e il rappresentato: il rappresentante è tenuto ad agire
nell’interesse del rappresentato, con il quale corre un rapporto di mandato imperativo. Questa
nozione di rappresentanza è tipica dell’esperienza medievale;
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b) RAPPRESENTANZA- RAPPRESENTAZIONE: Per rappresentanza in questo caso si intende
una situazione di potere autonomo del rappresentante rispetto al rappresentato, qui c’è il
divieto di mandato imperativo

La rappresentanza politica è sorta in seno allo Stato liberale, il quale ha cancellato i corpi
intermedi. La scelta del rappresentante e quindi non doveva servire a dare espressione ai corpi,
ma doveva essere il mezzo tecnico attraverso cui si formava un’istituzione che doveva agire
nell’interesse generale. La costituzione francese del 1791 attribuiva la sovranità non al re, né al
popolo, bensì ad un’entità astratta chiamata nazione, i poteri doveva servirsi di un sistema
rappresentativo. Da tale costruzione costituzionale derivano tre importanti implicazioni:

1. Se i parlamentari erano scelti per decidere in nome e per conto della nazione, quest’ultima
doveva assicurarsi che le modalità di elezione fossero tali da garantire che gli elettori fossero in
grado di scegliere i soggetti bidoni per la cura dell’interesse generale. L’elettorato attivo non
era quindi inteso come un diritto soggettivo, ma come una funzione pubblica; ne deriva la
possibilità di restringere l’elettorato attivo per ragioni di censo e di capacità (veniva così dato
fondamento costituzionale al suffragio limitato assicurando la permanenza dello Stato
monoclasse);
2. Se i parlamentari dovevano curare l’interesse nazionale (e quindi non gli interessi particolari)
era fatto divieto di mandato imperativo. Tale principio, affermatosi in tutte le costituzioni liberali,
è trapassato anche in quella dello stato di democrazia pluralista
3. I parlamentari sono responsabili politicamente.

In ne da chiarire il signi cato della responsabilità politica: un soggetto dotato di potere politico
dovrei rispondere ad un altro soggetto per il modo in cui è esercitato tale potere e, in caso di
giudizio negativo, andrà incontro a una sanzione, rappresentata dalla perdita del potere stesso.

2.2 la rappresentanza politica nello stato di democrazia pluralista

Nello stato di democrazia pluralista si afferma il principio della sovranità popolare, il quale esige
che il potere politico si basi sul libero consenso dei governati. Se i parlamentari dipendono dal
consenso dei governati, i primi tenteranno di ottenere questo consenso adottando i provvedimenti
richiesti dai loro elettori: gli interessi sociali premono sullo Stato per avere risposte ai rispettivi
bisogni. Il regime di suffragio universale e gli assetti pluralisti hanno fatto sì che, però, tali interessi
siano molteplici ed eterogenei; da qui il problema di fondo:“come assicurare la capacità del
sistema di decidere (la governabilità) senza che venga meno la legittimazione democratica dello
Stato che presuppone libero e genuino consenso popolare?”, ossia come far conciliare i due
aspetti della rappresentanza politica (rappresentanza come rapporto con gli elettori,
rappresentanza come situazione di potere autonomo)? Il modo in cui questo equilibrio si è
realizzato varia da sistema a sistema, e si può dire che le suddette modalità sono riconducibili alle
seguenti ipotesi:

1. STATO DEI PARTITI: la prima soluzione fa leva sulla doppia virtù dei partiti politici, ossia sulla
loro capacità di raccordo con gli elettori, e allo stesso tempo di trascendere gli interessi
particolari che vengono mediati alla luce del programma e delle ideologie di partito, per
pervenire alla sintesi politica. In questo modo i veri soggetti della rappresentanza politica sono i
partiti e i loro parlamentari che, di regola, votano seguendo le loro indicazioni; si assiste ad una
sorta di reintroduzione del mandato imperativo; MANDATO IMPERATIVO -> articolo 67 “ ogni
membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di
mandato“. Il parlamentare è libero di votare secondo gli indirizzi del suo partito, ma è anche
libero di sottrarsene, in quanto non sia alcuna norma che disponga conseguenze a carico del
parlamentare che abbia usato contro le direttive del partito. Quindi l’articolo 67 è una norma di
garanzia che assicura il parlamentare inef cacia delle sanzioni che il partito potrebbe adottare
nei suoi confronti (volendo il parlamentare può cambiare anche il gruppo politico di
appartenenza durante la legislatura) in + non sono tollerate sanzioni che il partito potrebbe
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adottare nei confronti di parlamentari indisciplinati come per esempio le lettere di dimissioni in
bianco, rmate all’atto di accettazione della candidatura senza l’indicazione della data e
successivamente completate dal partito che vuole punire uno dei suoi membri parlamentari
2. Il rafforzamento del governo e l’investitura diretta del suo capo; es. USA. Il potere esecutivo e
posto a riparo delle pressioni degli interessi particolari ed è considerato legittimato a governare
nell’interesse generale. Il parlamento diventa sempre più sedi della rappresentanza-rapporto
con i singoli collegi elettorali di gruppi sociali particolari; il governo invece, diventa l’organo che
deve trascendere il particolarismo degli interessi per comporli in una sintesi, che ri ette una
determinata visione dell’interesse generale
3. La creazione di assetti neocorporativi che si af ancano al circuito rappresentativo, in modo
che, il circuito della rappresentanza politica viene integrato dalla rappresentanza degli
interessi;
4. La rappresentanza territoriale, istituendo una seconda camera a base territoriale;
5. Sottraendo alcune decisioni a circuito rappresentativo riferendole ad autorità amministrative
indipendenti, a cui è af data la cura di determinati interessi di rilievo costituzionale.

Un’altra conseguenza della crisi dei meccanismi rappresentativi e l’emergere dei movimenti
populisti (in Italia il movimento 5 stelle). Il populismo è un fenomeno politico che comporta la
contrapposizione irriducibile tra il popolo, inteso come entità unitaria e indifferenziata, e l’Elite
politiche ed economiche, cui può af ancarsi la contrapposizione ad una terza entità che, secondo
la rappresentazione fatta dei populisti, è stata sostenuta dall’Elite contestate e accusata di aver
causato al popolo problemi e sofferenze(per esempio, l’Europa, la globalizzazione, eccetera).
Il Movimento 5 Stelle conduce una forte polemica riguardo al divieto di mandato imperativo,
proponendo l’introduzione del vincolo di mandato, che dovrebbe assicurare la coerenza dell’eletto
nei confronti dell’elettore. In questa prospettiva si inserisce l’adozione di un codice etico che gli
eletti si impegnano ad osservare e che prevede, in caso di inadempimento, un procedimento che
può portare all’espulsione del movimento, in cui un ruolo fondamentale è svolto dal capo politico
del movimento. Gli eletti in caso di inadempimento accertato, si impegnano a dimettersi ed è
previsto l’obbligo di versare, come risarcimento del danno di immagine, la somma di 150.000 €. È
anticostituzionale? La questione è controversa, perché in realtà il codice etico non può contenere
delle sanzioni: se però un parlamentare danneggia l’immagine del partito e ciò è sanzionato dal
codice etico, allora può essere espulso.

2.3 Democrazia diretta e democrazia rappresentativa


DEMOCRAZIA DIRETTA: attraverso gli istituti di democrazia diretta si af da direttamente al popolo
(o meglio, al corpo elettorale) l’esercizio di alcune funzioni, consentendogli di assumere delle
decisioni immediatamente ef caci nell’ordinamento statale.
DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA: I sistemi rappresentativi af dano le principali funzioni
pubbliche ad organi dello Stato distinti dal popolo (anche se adesso collegati grazie a libere e
periodiche elezioni). Gli istituti di democrazia diretta af ancano i meccanismi rappresentativi per
assicurare la partecipazione popolare le decisioni che riguardano la collettività e per colmare la
distanza tra popolo e apparato statale.

Istituti di democrazia diretta affrontano uno dei due aspetti della crisi della rappresentanza politica:
la perdita di ducia del popolo in ordine alla corrispondenza delle decisioni pubbliche ai suoi
effettivi interessi. Le altre tecniche istituzionali con cui si correggono i meccanismi rappresentativi
(rafforzamento del governo) affrontano l’altro aspetto della crisi, quello della governabilità.

ISTITUTI DI DEMOCRAZIA DIRETTA:


1) INIZIATIVA LEGISLATIVA POPOLARE: la costituzione attribuisce il potere di esercitare
iniziativa legislativa ad un certo numero di cittadini (50.000 elettori secondo l’articolo 71 della
costituzione italiana)
2) PETIZIONE: La petizione consiste in una determinata richiesta che i cittadini possono rivolger
e agli organi parlamentari o di governo per sollecitare determinate attività. La petizione ha
funzione propulsiva, non determina alcun effetto giuridico particolare e ha limitatissimo effetti
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pratici. ( articolo 50 della costituzione italiana, tutti i cittadini possono rivolger e petizioni alle
camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità)
3) REFERENDUM: consiste in una consultazione dell’intero corpo elettorale produttiva di effetti
giuridici

REFERENDUM: in relazione all’oggetto, si distinguono referendum costituzionali, legislativi, politici


e amministrativi.
• REFERENDUM COSTITUZIONALE: ha come oggetto un atto costituzionale.
• Referendum precostituente: quando il voto popolare ha come oggetto l’atto fondativo del
nuovo Stato (ad esempio la previsione di convocare un’assemblea costituente);
• Referendum costituente: quando il voto popolare interviene sul testo di una nuova
costituzione predisposto da un’assemblea costituente, ovvero dal parlamento o da altri organi,
per approvarlo o respingerlo.
Il popolo in questi due opera come “potere costituente”, a differenza di quanto avviene nel
referendum di revisione costituzionale, che ha come oggetto la modi ca parziale o l’integrazione
della costituzione, ed è perciò espressione di “potere costituito”
• REFERENDUM LEGISLATIVO: Ha come oggetto una legge. Storicamente noto in Francia e si è
affermato in Svizzera.
• OBBLIGATORIO: L’atto di indizione della consultazione popolare si con gura come un atto
dovuto
• FACOLTATIVO: È subordinato all’iniziativa da parte di uno dei soggetti che è a ciò legittimato.
Può essere attivo o passivo
• attivo= la consultazione popolare viene promossa da un certo numero di cittadini. Il
referendum si con gura come strumento di partecipazione popolare ad integrazione dei
circuiti rappresentativi
• passivo= la consultazione viene promossa da un organo dello Stato. Può servire, quando
viene richiesto da una minoranza parlamentare, come strumento di garanzia contro il rischio
della tirannia della maggioranza.
Il referendum può anche essere preventivo o successivo, a seconda che il voto popolare
intervenga prima o dopo l’entrata in vigore dell’atto che ne formano oggetto. Il referendum
costituzionale è sempre preventivo perché la consultazione popolare ha senso in quanto interviene
prima dell’entrata in vigore di una nuova costituzione o di una sua modi ca. Un particolare tipo di
referendum preventivo è quello di indirizzo, che si ha quando il corpo elettorale si pronuncia in via
preliminare su un principio o su una proposta formulata in termini molto generali, i quali dovranno
avere attuazione da parte del parlamento.

• REFERENDUM POLITICI: Hanno come oggetto una questione politica che non è disciplinata da
un atto normativo; Pertanto può avere come oggetto diversi argomenti.

• REFERENDUM AMMINISTRATIVI: Hanno Come oggetto un atto amministrativo.

Tutti questi, possono essere preventivi, se il voto popolare interviene prima l’entrata in vigore
dell’atto che ne forma l’oggetto o successivi, se il voto popolare interviene dopo l’entrata in vigore;
ad esempio quello costituzionale è sempre preventivo.

Classi cazioni di referendum riconosciuti dalla Costituzione italiana

REFERENDUM NELLA COSTITUZIONE ITALIANA: La costituzione italiana prevede quattro tipi di


referendum:
1) referendum di revisione costituzionale: (articolo 138). Ha carattere eventuale e si può inserire
nell’ambito del procedimento di revisione costituzionale; analogo è il referendum, eventuale,
che si inserisce nel procedimento di formazione degli statuti delle regioni ordinarie e delle leggi
statutarie delle regioni speciali (è detto anche referendum approvativo o sospensivo, siccome
si inserisce nel procedimento di approvazione dell’atto, sospendendolo;)
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2) referendum abrogativo: ha come oggetto una legge o un atto avente forza di legge, già in
vigore, il quale perciò carattere eventuale e successivo. Cancellazione di una legge per
esempio nel 1978 quella sul divorzio
3) Referendum consultivo: (articoli 132 133) volto alla modi cazione territoriale di regioni,
province e comuni;
4) Referendum abrogativi e consultivi su leggi e provvedimenti amministrativi delle regioni: questi
referendum possono essere previsti e disciplinati dagli statuti regionali.

3. LA SEPARAZIONE DEI POTERI


3.1 Il modello liberale
Il principio della separazione dei poteri è stato elaborato dal costituzionalismo liberale, con
l’obiettivo di limitare il potere politico per tutelare la libertà degli individui. La sua iniziale
teorizzazione è legata a Montesquieu: nel suo libro lo spirito delle leggi viene detto che c’era
assicurare la libertà politica e necessario che i poteri pubblici siano tre e distinti tra loro.
POTERE LEGISLATIVO: consiste nel porre leggi, norme giuridiche generali astratte;
POTERE ESECUTIVO: Consiste nell’applicare le leggi all’interno dello Stato e nel tutelare lo Stato
medesimo delle minacce esterne
POTERE GIUDIZIARIO: consiste nell’applicare la legge per risolvere una lite

Caratteristiche:
- ad ogni potere è attribuita una funzione pubblica ben individuata e distinta dalle funzioni
attribuite agli altri poteri. Quindi ogni potere viene individuato dalla funzione che esercita
(funzione legislativa individua il potere legislativo, quella esecutiva il potere esecutivo…)
- Ogni funzione deve essere attribuita a poteri distinti
- I poteri, sia pure distinti e separati, devono potersi condizionare reciprocamente, in modo tale
che ciascun potere possa frenare gli eccessi degli altri

SEPARAZIONE DEI POTERI IN AMERICA:


La separazione dei poteri è ben visibile nell’ordinamento statunitense: il presidente del congresso
(rispettivamente potere esecutivo e legislativo) sono eletti separatamente dal corpo elettorale ed
esercitano funzioni distinte; il congresso non può costringere alle dimissioni il presidente (votando
la s ducia) e quest’ultimo non può sciogliere anticipatamente le camere.

SEPARAZIONE DEI POTERI IN EUROPA:


In Europa la separazione è più temperata. Questo perché:
a) in molti paesi si è fermato un governo parlamentare, dove i due poteri principali (legislativo ed
esecutivo) sono strettamente collegati, perché il governo deve godere della ducia del
parlamento, che può costringere alle dimissioni il primo, votandogli la s ducia
b) Ci sono casi in cui un determinato potere esercita una funzione tipica di un altro potere. Per
esempio in numerosi Stati liberali il governo adotta regolamenti, che sono atti con cui si
pongono norme giuridiche generali astratte, cioè atti che, secondo il modello originario della
separazione dei poteri, dovrebbero costituire espressione della funzione legislativa.
Inversamente, in altri casi, il parlamento adotta atti che non contengono norme generali. Ciò
avviene per esempio con la legge di approvazione del bilancio, che autorizza il governo a
spendere le risorse e riscuotere i tributi indicati nel documento contabile, senza introdurre
nuove norme giuridiche

TEORIA FORMALE-SOSTANZIALE DEI POTERI: Per spiegare questi fenomeni la dottrina


giuridica del tempo elaborò la teoria formale-sostanziale della separazione dei poteri. Secondo
questa teoria bisogna distinguere il potere in senso oggettivo, inteso come complesso unitario di
organi, delle funzioni dello Stato. Le funzioni sono tre e vengono identi cate sulla base di criteri
materiali di criteri formali.
a) CRITERI MATERIALI: qui bisognerà guardare il contenuto delle funzioni.
=> la funzione legislativa: pone norme generali e astratte;
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=> funzione esecutiva: consiste nella cura in concreto di pubblici interessi;
=> funzione giurisdizionale: applica le norme per risolvere una controversia;
b) CRITERI FORMALI => qui le funzioni vengono distinte con riferimento al potere soggettivo che
le esercita, seguendo le modalità formali che lo caratterizzano:
- il potere legislativo esercita la funzione fondamentale legislativa (e lo fa attraverso atti che di
regola hanno la forma della legge);
- Il potere esecutivo esercita sempre la funzione formalmente esecutiva (e lo fa attraverso atti che
di regola hanno la forma del decreto);
- Il potere giudiziario esercita la funzione formalmente giudiziaria (e lo fa attraverso atti che di
regola hanno la forma della sentenza)
Capita però che un potere eserciti una funzione che, per i suoi contenuti, è tipica di un altro potere:
in queste ipotesi c’è una scissione tra il pro lo formale e quello materiale della funzione. Si dice
infatti che il governo esercita una funzione che formalmente esecutiva, ma materialmente
legislativa (con i regolamenti), e che il parlamento esercita una funzione che formalmente
legislativa, ma materialmente esecutivo (con la legge di bilancio)

3.2 la separazione dei poteri nelle democrazie pluraliste


Le profonde trasformazioni politico-sociali che hanno accompagnato l’affermazione dello stato di
democrazia pluralista, hanno modi cato il signi cato del principio della separazione dei poteri.
• ART. 95 FUNZIONE DI INDIRIZZO POLITICO: in primis si è fermata una quarta funzione, la
funzione di indirizzo politico. Consiste nella determinazione delle linee fondamentali di sviluppo
dell’ordinamento e della politica interna ed esterna dello Stato e nella cura della loro coerente
attuazione. L’indirizzo politico si traduce in diversi atti formali: leggi del parlamento, regolamenti e
decreti legislativi del governo, atti amministrativi di valenza politica (nomina di ambasciatori,
approvazione di programmi di spesa).
• ART.97 SEPARAZIONE TRA POLITICA E AMMINISTRAZIONE: C’è una separazione tra la sfera
di azione riservata al governo e quella riservata all’alta burocrazia, che costituisce la dirigenza
pubblica. L’amministrazione assume dunque una propria autonomia giuridica rispetto al governo,
anche se resta collegato al suo indirizzo politico amministrativo. Inoltre, anche l’amministrazione
si scompone in moltissimi apparati tra loro più o meno indipendenti, che sono eterogenei e
spesso con ittuali con quelli facenti capo agli altri apparati.
• La funzione legislativa non si caratterizza più per la produzione di norme giuridiche generali
astratte. Frequentemente la legge contiene prescrizioni che si riferiscono a soggetti determinati a
situazioni concrete, sicché si parla di legge-provvedimento.
• La funzione giurisdizionale assume tratti differenti rispetto al modello liberale, soprattutto per
quanto riguarda l’interpretazione della legge, la creazione di tutele per i nuovi diritti e la larga
discrezionalità dei giudici
- Le leggi non vengono semplicemente lette e applicate alla situazione particolare, ma vengono
integrate alle scelte discrezionali del giudice
- Il costituzionalismo liberale e poi lo Stato sociale hanno fatto sì che molte minoranze abbiano
scaricato sugli organi giurisdizionali domande che non avevano trovato risposta nei
tradizionali circuiti rappresentativi. I giudici si sono così trovati a riconoscere tutelare dei nuovi
diritti, prima ancora dell’intervento del legislatore;
- In ne, capita spesso che nelle democrazie pluraliste vengano create leggi che hanno
signi cati ambigui e talora, nell’impossibilità di raggiungere un accordo, rinviano volutamente
al momento dell’applicazione l’individuazione del signi cato normativo del testo.questo
ovviamente porta ad accrescere la discrezionalità dei giudici che, chiamati ad applicare la
legge, in realtà ne de niscono il signi cato
• In ne viene introdotta nelle democrazie pluraliste nuova funzione, che è quello della garanzia
giurisdizionale della costituzione, realizzata nei confronti di tutti i poteri dello Stato, compreso il
legislativo. E in Italia esiste la gura del presidente della Repubblica, distinto e autonomo rispetto
al governo, che alla funzione principale di garantire gli equilibri costituzionali, senza partecipare
all’indirizzo politico
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4. LA REGOLA DI MAGGIORANZA
4.1 De nizioni
La regola di maggioranza assume signi cati e funzioni diverse:
A) principio funzionale: tecnica attraverso cui un collegio può decidere;
B) Principio di rappresentanza: il mezzo attraverso cui si eleggono il parlamento e le altre
assemblee rappresentative (consigli regionali, provinciali, comunali, eccetera)
C) Principio di organizzazione politica: il criterio attraverso cui si svolgono i rapporti tra i partiti
politici nel parlamento

TUTELA DELLE MINORANZE NELLA COSTITUZIONE ITALIANA


Gli strumenti attraverso cui si può limitare la regola di maggioranza a garanzia delle minoranze
sono i seguenti:
a) rigidità costituzionale: la maggioranza non è onnipotente, ma incontra i limiti costituzionali a
tutela del pluralismo
b) Attribuzione alla corte costituzionale del compito di giudicare sulla legittimità costituzionale
delle leggi
c) Maggioranza assoluta: per decidere su certi oggetti non è suf ciente la maggioranza relativo
semplice (cioè ottenere il numero più elevato di voti espressi dai presenti in aula, 50% +1,
veri ca dei presenti su richiesta), ma corrono quorum deliberativi più elevati come la
maggioranza assoluta (pari alla metà +1 dei membri del collegio), oppure una maggioranza
quali cata (Corrisponde ad una porzione consistente dei membri del collegio, per esempio due
terzi). Le maggioranze speciali ci sono per 1) elezione del presidente della Repubblica (2/3) 2)
elezione dei giudici costituzionali di nomina parlamentare (3/5) 3) Per la funzione di revisione
costituzionale per l’approvazione di leggi costituzionali 4) Per l’approvazione del regolamento
interno con cui ciascuna camera disciplina la sua organizzazione e il suo funzionamento
d) Attribuzione di determinate facoltà a gruppi di membri del parlamento di ridotte dimensioni: la
costituzione italiana prevede che le minoranze possono chiedere la convocazione in via
straordinaria della camera; che è un progetto di legge segnato per l’approvazione nale in
commissione deliberante si è discusso e votato dall’intera assemblea; che venga indetto il
referendum costituzionale sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale approvati dal
parlamento. Gli stessi regolamenti delle camere prevedono numerose altre facoltà delle
minoranze; le minoranze in aula hanno un numero di minuti per parlare superiori rispetto alla
maggioranza. Inoltre i membri delle minoranze devono presiedere le commissioni di garanzia.
Fratelli d’Italia è l’unico partito di minoranza per cui dovrebbe presiedere tutte le commissioni
e) La sottrazione di certe decisioni al circuito dell’indirizzo politico articolato in partiti, corpo
elettorale, parlamento, governo, per af darle ad autorità ritenute neutrali rispetto alla politica,
cioè slegate dalla maggioranza e dalle minoranze (autorità amministrative indipendenti)
f) Decentramento politico, che è previsto dalla costituzione attraverso l’istituzione dei comuni,
province e regioni dotate di autonomia politica esercitata da organi eletti dalle rispettive
collettività territoriali.

La costituzione non solo tutela le minoranze politiche, ma anche le minoranze permanenti, che si
creano sulla base di differenziazioni stabili presenti nella società dovute a fattori religiosi, etnici e
linguistici. In particolare: a) hai fatto divieto di discriminazione in ragione dell’utilizzazione di una
lingua diversa da quella nazionale (art. 6); b) hai fatto divieto di discriminazioni in ragione della
religione professata (Art.3.1); c) hai fatto divieto di discriminazione in ragione dell’appartenenza
all’una o all’altra razza (Art.3.1)

5. LO STATO COME SOCIETÀ MULTICULTURALE


5.1 I rapporti tra Stato e confessioni religiose
Lo Stato moderno nasce in seguito ad un processo di secolarizzazione, al termine del quale c’è
riconoscimento della laicità dello Stato. Lo Stato è neutrale rispetto la questione della verità
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religiosa: sfera politica e sfera religiosa sono separate, ai cittadini è riconosciuta la libertà di
religione come diritto fondamentale.

GENESI: la genesi della secolarizzazione si ritrova nello scontro tra l’impero e il papato nella lotta
delle investiture (1057-1122), scontro che si basò sull’assetto da dare alla cristianità occidentale. Al
termine della lotta delle investiture si affermò il principio secondo cui alla Chiesa spettava il potere
per tutto quello che riguardava spiritualità e sacralità. Avvenne qui la separazione tra sfera
spirituale e sfera politica e la sacralizzazione del potere politico. Finirono inoltre le guerre di
religione in Europa del XVI-XVII secolo, con il riconoscimento di un re che concedeva ai cittadini la
libertà di coscienza a condizione che si rispettassero le leggi dello Stato. Tuttavia continuava a
rimanere in Europa la religione di Stato, Per ragioni di ordine di sicurezza più che come prodotto
della ricerca della verità. La rivoluzione francese fu quella che perfezionò la creazione dello Stato
moderno come unità politica neutrale di fronte alle scelte religiose dei cittadini.

Durante il XIX secolo fu forte la tendenza a sottrarsi alla conclusione del processo di
secolarizzazione della politica. All’emancipazione dello Stato dalla religione viene contrapposta
l’idea di Stato cristiano. I rapporti tra politica e religione, da quel momento, oscillano tra due poli
opposti:
- da una parte c’è il regime confessionale, secondo cui la Chiesa è depositario di un patrimonio di
verità ultime sull’essere umano, verità la cui pretesa di validità si estende l’intera società.
- Dall’altro c’è il regime della separazione tra Stato e Chiesa, ciascuno costituendo un’istituzione
autonoma nel proprio campo di azione.
L’esigenza di prevenire il con itto tra le due istituzioni può portare all’instaurazione di un regime
concordatario, per cui lo Stato e la Chiesa regolano i loro rapporti con uno speciale trattato che si
chiama concordato. Questa è la soluzione scelta della costituzione italiana. L’Art.7 riconosce la
separazione tra lo Stato e la Chiesa cattolica, stabilendo che lo Stato e la Chiesa sono, ciascuno
nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. Subito dopo però, lo stesso Art.7 riconosce la tutela
costituzionale al regime concordatario, perché dice che i rapporti tra lo Stato e la Chiesa sono
regolati dai Patti lateranensi (1929) e che questi possono essere mutati solo con l’accordo di
entrambe le parti (Principio concordatario).

CONCORDATO
Lo Stato italiano è neutrale rispetto alla verità religiosa ma non alla religione. Ha instaurato con la
chiesa un regime concordatario, mentre ad esempio la Francia ha un atteggiamento indifferente
rispetto alle scelte religiose dei cittadini, per cui lo Stato ha deciso di non regolare con appositi atti i
propri rapporti con la chiesa cattolica o con altre confessioni. Lo Stato italiano ha regolato i suoi
rapporti con la Chiesa con i Patti lateranensi del 1929. Ci sono state tuttavia delle dispute dottrinali,
soprattutto per quanto riguarda la costituzionalizzazione del Concordato (dovette intervenire la
Corte Costituzionale dichiarando illegittime alcune norme sul matrimonio). Si arrivò ad una
conclusione solo nel 1984 con la legge 121/1985 (“gli accordi di Palazzo Madama”): vennero
eliminate alcune norme incompatibili con la Costituzione, come quella che dichiarava la religione
cattolica “fede di Stato”, ministri religiosi, lo stato giuridico dei beni della Chiesa (alcuni sono esenti
da tassazioni)

ART. 8 E LE INTESE
L’Art.8 dice che tutte le confessioni religiose sono libere davanti alla legge (8.1), e che hanno diritto
di organizzarsi con propri statuti purché non contrastino l’ordinamento giuridico italiano (8.1). I
rapporti con le confessioni religiose diverse da quella cattolica sono regolati attraverso apposite
intese con le relative rappresentanze (8.3)
Solo alcune confessionihanno potuto ottenere un’intesa: Valdesi, Luterani, Ebrei, Mormoni,
Buddisti, Induisti. L’aveva richiesta l’associazione degli Atei (UAAR) e anche Scientology, ma il
TAR l’ha respinta. Le intese portano molti vantaggi, soprattutto sotto il pro lo del nanziamento (8
per mille), per cui molte confessioni, anche se tendenzialmente separatiste, stringono le intese.
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5.2 Principio di laicità, libertà di coscienza e pluralismo religioso
203/1989 PRINCIPIO DI LAICITÀ POSITIVA: lo Stato italiano non è neutrale rispetto alla religione,
ma adotta una valutazione favorevole del fenomeno religioso, per cui vengono ammessi interventi
in positivo, cioè a sostegno delle attività religiose in quanto interesse dei cittadini meritevole di
essere tutelato dal nostro ordinamento.

IL CASO: REATO DI BESTEMMIA E IL DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE


Sentenza 440/1995 in riconnessione al rispetto del fenomeno religioso e al divieto di
discriminazione tra le varie confessioni religiose, è stato modi cato il reato di bestemmia: da
bestemmia contro la religione di stato a bestemmia contro la divinità. La decisione della Corte
muove dalla premessa secondo cui la nozione di religione di Stato è incompatibile con il principio
costituzionale fondamentale di laicità dello Stato. La legge 85/2006 ha adeguato le prescrizioni del
codice penale in materia di tutela del sentimento religioso al principio del pluralismo.

LIBERTÀ DI COSCIENZA: Per quanto riguarda l’insegnamento della religione cattolica nelle
scuole, è ammissibile e parimenti tutelata la posizione di quegli studenti che non vogliono avvalersi
di tale insegnamento; la fruizione dell’insegnamento viene rimessa ad un’opzione di coscienza che
deve essere del tutto libera (sent. 13/1991).

GIURAMENTO: Prima del 1979 i testimoni giuravano al banco assumendosi davanti a Dio. In un
primo momento La Corte negò i problemi di coscienza dei non credenti, dicendo che la formula
impegna solo la coscienza dei credenti. Nel 1979 (sent.117) ci ripensa, esentando il non credente
dal giurare davanti a Dio. Per quanto riguarda quelli che per fede non possono fare alcun tipo di
giuramento, la Corte riinviò il problema al legislatore (sent. 234/1984) che introdusse un impegno
di “dire la verità”.

SIMBOLI RELIGIOSI: È una questione controversa quella dell’esposizione di simboli religiosi nei
luoghi pubblici.

CROCIFISSO NEI LUOGHI PUBBLICI: La giurisprudenza consente l’ostensione di simboli religiosi


nei luoghi pubblici, per motivi storici e culturali, e perchè è simbolo di valori di libertà, eguaglianza,
dignità umana e tolleranza religiosa (TAR Veneto, per il caso di Padova).

OSTENSIONE DI SIMBOLI RELIGIOSI DA PARTE DEL SINGOLO NEI LUOGHI PUBBLICI: In


paesi dove il principio laico è particolarmente rigoroso è vietato. Così avviene in Francia dove una
legge del 2004 proibisce agli studenti delle elementari e delle superiori di indossare simboli o abiti
attraverso i quali la loro af liazione religiosa emerga in maniera palese.

5.3 La tutela delle minoranze e la società culturale


Oltre alle minoranze storiche, presenti da sempre nell’ambito dei con ni nazionali, ci sono anche
minoranze più nuove costituite da gruppi di immigranti. Le prime sono tutelate dalla Costituzione o
da leggi (ART.6 riconoscimento diritti speciali alle minoranze linguistiche presenti nelle regioni a
Statuto speciale della Valle d’Aosta, Trentino, Friuli);le seconde sono la s da maggiore, perché per
essere integrate è necessario che vengano redistribuite le ricchezze a favore delle classi meno
abbienti e inoltre, molte di queste minoranze vogliono essere tutelate sotto il pro lo dell’identità,
cosa che l’integrazione può mettere a rischio (es. musulmani, omosessuali, femministe). Per
tutelare queste minoranze sono stati adottati diversi provvedimenti: è stato creato un diritto
derogatorio che viene applicato solo ai membri di queste comunità, sono stati adottati strumenti
per promuovere la cultura, ci sono stati interventi amministrativi per costruire luoghi di culto e sono
stati estesi alcuni istituti alle minoranze (matrimonio omosessuale). Ci sono varie questioni che
meritano di essere menzionate: con itti di carattere etico sui temi che riguardano l’inizio e la ne
della vita (fecondazione arti ciale, diritto all’interruzione dei trattamenti sanitari, eutanasia, ricerca
sulle cellule staminali). Non c’è una vera e propria disciplina legislativa, ma i giudici valutano in
base al caso.
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6. STATO UNITARIO, STATO FEDERALE, STATO REGIONALE
STATO UNITARIO: qui il potere è attribuito al solo Stato centrale o comunque a soggetti periferici
da esso dipendenti es. in Europa (eccetto Germania e Svizzera)
STATO COMPOSTO: qui il potere è distribuito tra Stato centrale ed enti territoriali da esso distinti,
che sono titolari del potere di indirizzo politico e della funzione legislativa e amministrativa in
determinate materie (Stati Uniti)

Ultimamente in Europa si è diffuso lo stato composto in due varianti


1) stato federale: caratteri tipici => a) ordinamento statale federale, dotato di una Costituzione
rigida e scritta, e di alcuni enti politici territoriali dotati di proprie Costituzioni b) ripartizione di
competenze tra Stato centrale e Stati membri riguardo alle tre funzioni (se si vuole modi care
la ripartizione è necessaria revisione costituzionale) c) il Parlamento è bicamerale d) gli Stati
membri partecipano alla revisione costituzionale . Es. Germania, Austria e Belgio
2) Stato regionale: caratteri tipici => a) la Costituzione riconosce e garantisce l’esistenza di enti
territoriali politicamente autonomi (Regioni in Italia, Comunità Autonome in Spagna) b) le
Regioni hanno competenze legislative e amministrative; non partecipano alla revisione
costituzionale; non c’è una Camera per rappresentare le regioni

In realtà la distinzione VERAMENTE IMPORTANTE è quella tra Stato unitario e composto e tra
Stati a forte decentramento politico e Stati a decentramento politico limitato.

7. L’UNIONE EUROPEA
7.1 De nizioni
Storia Unione Europea
Inizialmente c’era la CECA (1951). Con i trattati di Roma -> CEE (Comunità economica europea
1957); EURATOM (Comunità europea per l’energia atomica 1957)
Queste tre comunità saranno riunite con il trattato di Maastricht (1992) nella comunità europea,
che costituisce il primo pilastro dell’Unione Europea
L’Unione Europea inizialmente si poggiava su tre pilastri:
- CE: comunità europea
- PESC: politica estera e sicurezza comune
- CGAI: cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni
Per queste ultime due ogni deliberazione richiede l’unanimità degli Stati
=> TRATTATO DI LISBONA (2009): si uni cano e diventano UE. Per la PESC rimane l’unanimità,
non vengono emanati atti legislativi e il controllo della Corte di giustizia rimarrà limitato.
=> TRATTATO DI AMSTERDAM(1999): viene introdotto il principio della cooperazione forzata, che
consente di instaurare forme di collaborazione speci che, per la realizzazione degli scopi
comunitari

7.2 L’organizzazione
Organi:
1) CONSIGLIO EUROPEO: serve a de nire gli orientamenti politici generali, ma non ha poteri
normativi propri (15 TUE). Composto dai Capi di Stato o di Governo di ciascuno Stato membro
e dal Presidente della Commissione. Il Presidente rappresenta l’UE all’esterno è eletto a
maggioranza quali cata, la carica è di 2 anni e mezzo e non può ricoprire cariche nazionali.
2) CONSIGLIO (DEI MINISTRI): insieme al Parlamento -> funzione legislativa e di bilancio;
coordina le politiche generali degli Stati membri. Formato da un rappresentante per ogni Stato
(ministro/ Capo di Stato/ Capo di Governo), è presieduto a turno per un periodo di 6 mesi.
Deliberazioni a maggioranza quali cata, che tiene conto anche della popolazione
rappresentata da ogni suo membro (maggioranza ponderata). In alcuni casi ci vuole il
consenso unanime degli Stati. Il Consiglio è coadiuvato dal Comitato dei Rappresentanti
permanenti (CO-REPER ART.240 TFUE).
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3) COMMISSIONE EUROPEA: è l’organo esecutivo dell’Unione. Ha una serie di competenze: ha
potere di iniziativa normativa, di decisione amministrativa e di regolamentazione; ha poteri di
controllo verso gli Stati riguardo all’adempimento di obblighi comunitari, che possono sfociare
in un ricorso davanti alla Corte di Giustizia e in una condanna per lo stato inadempiente.
Quest’organo decide anche come disporre delle risorse dell’Unione: gestisce i nanziamenti
comunitari, stabilisce i fondi strutturali ( nanziamenti stanziati dalla Comunità per esigenze di
sviluppo economico); istituisce disciplina e nanzia le azioni comunitarie (ambiente urbano e
mass media). COMPOSIZIONE: 1 componente per Stato, la carica dura 5 anni; sono scelti in
base alle competenze e all’autorevolezza; sono designati di comune accordo dagli Stati
membri e dal futuro presidente di Commissione. Il presidente è eletto dal Parlamento su
proposta del consiglio e approva la composizione della Commissione. Il Parlamento può
censurare la Commissione costringendola alle dimissioni
4) PARLAMENTO EUROPEO: composto dai rappresentanti dei cittadini dell’Unione (751,
elezioni 2014), eletti in ciascuno Stato per 5 anni, a suffragio universale e diretto (Art.14 TUE).
Il PE è dotato di legittimazione democratica, che partecipa ormai pienamente al processo di
formazione degli atti normativi, attraverso la procedura legislativa ordinaria. La Commissione
propone atti normativi che devono essere approvati dal PE e anche dal Consiglio.
HA UN POTERE DI INIZIATIVA LEGISLATIVA INDIRETTA, esercitato tramite la Commisione.
Risponde alle petizioni dei cittadini tramite un Mediatore. Il PE è inoltre verso la Commissione:
a) può istituire commissioni temporanee di inchiesta b) può presentare interrogazioni c)VOTA
LA FIDUCIA INIZIALE SU PRESIDENTE E MEMBRI DELLA COMMISSIONE e può approvare
una mozione di censura che ne provoca le dimissioni
5) CORTE DI GIUSTIZIA: assicura la corretta applicazione e interpretazione del Trattato.
Composta da un giudice per ogni Stato membro e giudica sulle violazioni di diritto comunitario,
commesse da Stati/ istituzioni europee. La Corte è coadiuvata dal Tribunale di primo grado
6) CORTE DEI CONTI: organò di controllo contabile della Comunità, chiamato ad esaminare le
entrate/spese
7) COMITATO ECONOMICO E SOCIALE: organò consultivo del Consiglio, della Commissione e
del PE. È composto dai rappresentati delle diverse categorie economiche e sociali ed esprime i
suoi pareri obbligatoriamente nei casi previsti dal trattato, su richiesta di istituzioni comunitarie
o di propria iniziativa
8) COMITATO DELLE REGIONI: Organò consultivo delle istituzioni europee. Composto dai
rappresentanti delle collettività regionali e locali, che esprimono istanze a livello comunitario. Il
Comitato è consultato obbligatoriamente dalle istituzioni nei casi previsti dal trattato, su
richiesta di istituzioni comunitarie o di propria iniziativa

COSTITUZIONE EUROPEA: Dopo aver integrato economicamente i paesi membri dell’UE


(moneta comune), bisognava integrare i paesi niche politicamente. C’erano due problemi: 1) de cit
democratico: i poteri normativi e amministrativi sono esercitati da organi comunitari, non eletti
direttamente dai cittadini europei 2) manca una sfera pubblica europea in cui si discutano
pubblicamente le politiche europee 3) l’Europa non aveva un ruolo politico nel mondo e nella
politica internazionale. A questi problemi si è aggiunto il fatto che l’Unione si è allargata:
l’ordinamento comunitario era stato inizialmente creato da i 6 paesi membri socialmente omogenei
tra loro, si rischiava di andare incontro ad una paralisi istituzionale.
Si è deciso così di dare vita alla Costituzione Europea, redatta dalla Convenzione europea.

COMPETENZE DELL’UE
Art. 5 TUE: “1. La delimitazione delle competenze dell'Unione si fonda sul principio di attribuzione.
L'esercizio delle competenze dell'Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità .
In virtù del principio di attribuzione, l'Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che
le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti.
Qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei trattati appartiene agli Stati membri. ”

SPIEGAZIONE: le materie su cui si esercita la competenza europea sono quelle, e soltanto quelle,
stabilite dai trattati (tassatività). Le attribuzioni dell’UE sono quelle previste dai trattati (principio di
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attribuzione, Art. 5 TUE, Art.7 TFUE) -> hanno competenze speci che e funzionali al
raggiungimento degli obbiettivi ssati. Campi rilevanti: libera circolazione delle merci, dei lavoratori,
dei servizi e dei capitali nel mercato unico; disciplina della concorrenza; agricoltura; trasporti;
politica economica e monetaria; politica sociale, istruzione…
PRINCIPIO DI AUTOINTEGRAZIONE: la UE può esercitare i poteri necessari per realizzare gli
scopi del Trattato pur se questo non lo prevede espressamente
PRINCIPIO DEI POTERI IMPLICITI: l’attribuzione di una certa competenza comporta anche quella
del potere di adottare tutte le misure necessarie per il suo esercizio ef cace ed adeguato
PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ: la UE deve usare solo i mezzi strettamente collegati ai suoi
obbiettivi ricorrendo a misure proporzionate e non eccessive rispetto ai suoi obbiettivi
PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ: se sia gli Stati membri che l’UE hanno competenze attribuite ad
entrambi, lo Stato deve prima cercare di realizzare il suo obbiettivo da solo e solo eventualmente
interviene l’UE
PRINCIPIO DI LEALE COPERAZIONE: si devono coadiuvare le istituzioni europee nello
svolgimento dei compiti ed evitare comportamenti che possano compromettere la realizzazione
degli scopi comunitari.

7.3 Il mercato tra Stato e Unione Europea


Lo Stato sociale è intervenuto nell’economia correggendo e compensando il mercato e ha dato
luogo a un’economia mista , nella quale il ruolo dello Stato si è esteso attraverso vari istituti

PUBBLICIZZAZIONE DELL’ECONOMIA NELLO STATO SOCIALE


In Italia gli strumenti di intervento nell’economia sono stati:
a) IMPRESE PUBBLICHE: lo stato assume l’esercizio di un’attività economica. L’impresa
pubblica è gestita attraverso un ente pubblico economico che svolge attività di produzione di
beni e servizi, utilizzando le regole del diritto privato. In altri casi è stata utilizzata l’Azienda
autonoma collegata ad un’amministrazione statale (ministero), dotata di autonomia nella
gestione dei fondi e dei beni ad essa assegnati
b) SOCIETÀ PER AZIONI IN MANO PUBBLICA: società per azioni regolata da un
amministrazione pubblica
c) FINANZIAMENTI AGEVOLATI AI PRIVATI: lo Stato sostiene attività economiche dei privati
erogando agevolazioni nanziarie
d) PROGRAMMAZIONE ECONOMICA: adozione di atti di poteri pubblici che contengono un
disegno ordinato di condotte future, si estendono per un certo arco temporale riguardano
l’intera materia economica o settori circoscritti dell’economia
e) MONOPOLIO DEI SERVIZI PUBBLICI: i servizi pubblici sono stati riservati alle amministrazioni
pubbliche escludendo la gestione dei privati, sottraendo le attività economiche alla concorrenza
(anche per renderle disponibili a tutti e temere i prezzi sotto controllo)
f) POTERE DI CONTROLLO E DI CONFORMAZIONE NEI CONFRONTI DI IMPRESE
PRIVATE: l’ingresso in certi mercati non è libero ma soggetto all’autorizzazione di
amministrazioni pubbliche, che possono anche conformare l’attività imponendo alla stessa
vincoli e prescrizioni. Es. Impianti industriali e attività commerciali

DIRIGISMO ECONOMICO: si è affermato a partire dal XX sec, si af anca a questi strumenti.


Secondo questo principio lo Stato deve intervenire nell’economia orientandola e dirigendola per il
conseguimento dei suoi obbiettivi politici e sociali.

MERCATO COMUNE: i Trattati istitutivi della Comunità europea pongono al centro l’obbiettivo di
un mercato comune interno, fondato sul coordinamento delle politiche degli Stati membri e ispirato
al principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza. Ovviamente questi principi
sono ribaditi nel TUE. Per creare questo mercato ci sono voluti tre strumenti:
1) libertà di circolazione delle merci, dei lavoratori, dei servizi e dei capitali (le quattro libertà del
liberalismo economico)
2) Divieto degli aiuti nanziari = non si possono introdurre privilegi per le imprese di uno Stato
speci co o erogare aiuti nanziari che ostacolino l’ingresso nel mercato a imprese straniere
3) Disciplina della concorrenza= si sanzionano i comportamenti che falsano la concorrenza
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ROCKFELLER E MICROSOFT: Gli Stati Uniti hanno dato origine alla disciplina della concorrenza.
Per controllare il mercato e tenere i prezzi alti -> ROCKFELLER fa un uso particolare del trust ->
af damento duciario ad altri di propri diritti-> i consiglieri di amministrazione di una società
af davano ai loro concorrenti il diritto di votare nei loro consigli e viceversa -> non c’era
concorrenza e i prezzi erano alti. I piccoli operatori pagavano tanto e venivano pagati poco. Viene
fatta una protesta per cui si approva lo Sherman Act
IN ITALIA -> multa a Microsoft in itta dall’Antitrust, prezzi eccessivi dei prodotti e l’esclusione di
terzi dalla documentazione dei programmi per limitare l’interoperabilità tra i suoi sistemi e quelli
della concorrenza

Anche i servizi pubblici sono sottoposti alla regola della concorrenza, al ne di eliminare Monopoli
pubblici o legati a diritti di esclusiva:
- I servizi pubblici sono sottoposti al Trattato e alle regole di concorrenza

7.4 L’Unione monetaria e i parametri di Maastricht


Il mercato unico è stato completato dall’introduzione di una moneta unica l’Euro e dalla (SEBC),
Sistema europeo di banche centrali, che gestisce politica monetaria e una politica del cambio.

POLITICA MONETARIA: prima della moneta unica -> tasso di cambio e manovra sui tassi di
interesse. a) de nisce il prezzo relativo tra due monete. Conseguenze svalutazione
b) Tasso di interesse: prezzo del denaro preso in prestito. Un tasso basso favorisce gl investimenti,
un tasso alto fa calare il livello degli investimenti. È stata creata una moneta unica per questo:
evitare la svalutazione e ridurre i costi di transazione. Inoltre si evita l’in azione, perché le decisioni
sul tasso di interesse sono prese tutte dalla SEBC

L’UE deve mantenere i prezzi stabili e combattere l’in azione, inoltre deve conformarsi al principio
della libertà di concorrenza.
L’instaurazione di una moneta unica impone un certo grado di convergenza tra le economie degli
Stati partecipanti all’Unione: questo perché altrimenti si rischia di importare l’in azione da un
Paese all’altro. Per questo gli Stati che aderiscono all’Unione devono avere condizioni nanziarie
interne tali da ridurre i pericoli d’in azione.

PARAMETRI DI MAASTRICHT
L’Unione monetaria europea stabilisce una serie di vincoli alle politiche di bilancio dei Paesi
membri. Due volte l’anno gli Stati devono sottoporre i loro bilanci, quello in corso è quello previsto.
Obbiettivo: evitare i disavanzi eccessivi. Sono ritenuti eccessivi
- il disavanzò che supera la soglia del 3% del PIL
- Il debito pubblico che supera il 60% del PIL
Gli enti di previdenza veri cano i parametri di convergenza. Qualora un paese ha un disavanzò
eccessivo, la Commisione fa rapporto al Consiglio, che fa raccomandazioni al paese, che se non le
considera va incontro a sanzioni pecuniarie. => PATTO DI STABILITÀ E DI CRESCITA

LA SEBC => composta dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea BCE.
Funzioni SEBC: operazioni di cambi, statistiche…
FUNZIONI BCE: concorrono tramite il loro vertice istituzionale (governatore) a determinare le
decisioni del Consiglio direttivo della BCE; attuano le decisoni nel proprio paese;

7.5 La crisi nanziaria in Europa e la nuova governance economica

La crisi nanziaria in Europa e la nuova governance economica


La politica monetaria è stata attribuita ad un organo sovranazionale, alla Banca centrale europea;
mentre la politica di bilancio, cioè la determinazione di spese pubbliche, entrate e debito pubblico,
era ancora attribuita agli Stati.
Questo meccanismo però non è stato capace di rispettare i parametri di Maastricht e quindi di
ridurre il debito pubblico: infatti nel 2010, il debito pubblico della Grecia era pari al 140,2% del Pil,
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mentre quello dell’Italia era pari al 118%. Di fronte a ciò, si è sviluppato un circolo vizioso: gli Stati
non erano più in grado di pagare i propri debiti, di conseguenza si è veri cato un aumento degli
interessi da pagare agli acquirenti dei titoli; il quale, a sua volta, ha portato ad un ulteriore aumento
della spesa pubblica, nanziata con altro debito pubblico.
In questo modo si evidenziavano i limiti istituzionali dell’unione economica e monetaria:
-gli Stati non avevano previsto un meccanismo che assicurasse il pagamento del debito pubblico in
caso di crisi ed, inoltre, non disponendo più della politica monetaria, non potevano rivolgersi al
“garante di ultima istanza“ il quale poteva stampare nuova moneta, con rischio però di far
aumentare l’in azione;
-Non vi era una forte assicurazione che gli Stati perseguissero veramente l’obiettivo di avere
nanze pubbliche sane.

A seguito della crisi sono state introdotte riforme volte a rafforzare i parametri ed è stata introdotta
nel 2010 la nuova governance economica europea, la quale aveva un ruolo di controllo maggiore
sulle politiche di bilancio degli Stati membri e rafforzava il coordinamento delle politiche
economiche nazionali. Questo ha portato ad una limitazione dell’autonomia decisionale degli Stati,
in particolare di quelli con un elevato debito pubblico.

Le principali innovazioni sono state:


1. IL SEMESTRE EUROPEO:
È una procedura volta a garantire un coordinamento preventivo delle politiche economiche e di
bilancio degli Stati membri e una sorveglianza a riguardo da parte del Consiglio europeo, su
impulso della Commissione europea.
-Nel mese di gennaio, la Commissione indica le prospettive macroeconomiche e propone strategie
per l’economia europea (analisi annuale sulla crescita);
-Nel mese di marzo, la Commissione stipula un rapporto in cui il Consiglio europeo indica gli
obiettivi di politica economica per l’Unione e per l’Area Euro e fornisce le linee guida per
raggiungere tali obiettivi;
-Nel mese di aprile, gli Stati, dopo aver studiato le indicazioni, Comunicano alla commissione i loro
obiettivi e le azioni di riforma che intendono adottare (Programmi di stabilità e Programmi nazionali
di riforma);
-Nel mese di giugno e luglio, il Consiglio europeo e Consiglio dei ministri nanziari valuta i
programmi di stabilità degli Stati e fornisce ad essi delle indicazioni per modi care e rivedere il
programma presentato;
-Nel mese di ottobre, gli Stati dell’area euro inviano il loro Documento programmatico di bilancio
(DPB), in cui vi è il precedente Programma di stabilità aggiornato e i provvedimenti di nanza
pubblica che il Governo vuole adottare;
-entro ne novembre, la commissione europea dà un suo parere sul DPB e può richiedere allo
Stato di rivederlo sulla base delle osservazioni formulate in sede europea.
Nel periodo in cui le politiche di bilancio sono ancora in fase di accertamento, il potere degli Stati è
limitato.

2. LA NUOVA SORVEGLIANZA MACROECONOMICA E FINANZIARIA (six pack e two pack)


Garantisce alla Commissione europea La possibilità di intervento se ritiene che vi siano squilibri
sui dati macroeconomici Di uno Stato membro, quali il debito esterno o il saldo corrente… tali
interventi sono volti alla eliminazione degli squilibri. Inoltre è stata introdotta la possibilità di
controllare la spesa pubblica Al ne di raggiungere il pareggio di bilancio.

3. TRATTATO SULLA STABILITÀ, SUL COORDINAMENTO E SULLA GOVERNANCE


È un trattato internazionale a cui non hanno aderito né il Regno Unito né la Repubblica ceca.la sua
parte fondamentale è il scal compact, Che prevede l’obbligo del pareggio di bilancio mediante
l’introduzione della cosiddetta “regola d’oro”, che prevede:
-Il divieto di superare lo 0,5% del Pil con l’indebitamento pubblico (da 3 a 0.5)
-L’individuazione di un percorso volto alla riduzione del debito pubblico in rapporto al PIL
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In Italia questo è stato introdotto nella costituzione con la legge 1 del 2012 che modi co l’articolo
81 della Costituzione.

4. MECCANISMI DI SOLIDARIETÀ PER STATI IN DIFFICOLTÀ


Nel 2010 era stato introdotto l’EFSF, dotato di risorse nanziarie pari a 440 miliardi di euro, volte
ad aiutare i paesi in dif coltà, a patto che rispettassero determinate condizioni. Aveva una durata di
tre anni e aiutò particolarmente il Portogallo, l’Irlanda e la Grecia.
Nel 2012 esso venne sostituito dal Meccanismo europeo di stabilità (MES), Il quale aveva le
stesse funzioni del meccanismo precedente, con una durata inde nita è un capitale pari a 700
miliardi di euro, con una capacità di prestito di 500 miliardi.

5. CREAZIONE DELL’UNIONE BANCARIA


L’unione bancaria era diretta evitare rischi di contagio tra sistema nanziario privato e nanza
pubblica degli Stati.
Il rischio di contagio, durante la crisi, si è manifestato in due modi:
-Alcuni Stati si sono indebitati, aggravando la crisi del debito pubblico, per evitare il fallimento di
banche entrate in crisi, che avrebbe provocato effetti devastanti sull’economia dei loro paesi.
-Di fronte a ciò, le banche hanno acquistato i titoli del debito pubblico per contribuire al
risanamento del debito. Ma questo ha fatto sì che esse diventassero più vulnerabili A causa della
perdita di ducia nei confronti dello Stato, il quale avrebbe dovuto ripagare tali titoli.
L’unione bancaria riguarda gli Stati della zona euro e si basa su tre pilastri:
• Il meccanismo di supervisione unica, per cui sono sorvegliate dalla Banca centrale europea;
• Il meccanismo unico di risoluzione, per gestire in maniera più ef ciente la crisi impiegando un
fondo fornito dalle banche e diretto ad assicurare la ristrutturazione della banca stessa;
• La garanzia dei titolari di depositi bancari, la quale, in caso di fallimento di una banca, arriva no
a 100.000 €.

IL DEFICIT DEMOCRATICO DELL’UNIONE


Per de cit democratico si fa riferimento al fatto che le decisioni prese a livello europeo non
vengono adottate da organi scelti direttamente dai cittadini mediante procedure democratiche; ma
sono operate dai tecnici di Bruxelles. Questo può dar luogo ad una prevalenza di una tecnocrazia
sulla democrazia.
Il de cit si è aggravato con l’introduzione delle innovazioni volte alla risoluzione della crisi del
debito sovrano, poiché gli Stati creditori, che erogavano gli aiuti (in particolare la Germania),
dettarono dei programmi agli Stati debitori al ne di rimettere in ordine i conti pubblici; pertanto gli
Stati debitori dovevano sottoporsi a decisioni da parte di istituzioni europee e che erano al di fuori
del circuito della democrazia nazionale.
L’Italia, non era in una situazione così grave da richiedere l’aiuto nanziario, ma è stata comunque
sottoposta a politiche di forte rigore nanziario.
Di fronte a ciò, si crea una situazione svantaggiosa sia nei confronti dei cittadini degli Stati debitori,
i quali devono sopportare i sacri ci derivanti dalle politiche decise dagli Stati creditori; sia nei
confronti dei cittadini degli Stati creditori, i quali hanno sopportato gli oneri nanziari per aiutare i
paesi in dif coltà.

Reazioni dell’UE:
-da una parte, i partiti populisti, volevano restituire le competenze in politica monetaria e politica
economica agli Stati nazionali; essi ottennero numerosi successi nelle elezioni per il parlamento
europeo del 2014.
-Dall’altra, si volle porre in essere un processo di integrazione europea volto ad affermare la
democrazia rispetto alla tecnocrazia: gli elettori dei paesi europei dovettero scegliere un candidato
alla carica di presidente della commissione tra i due partiti principali, quello popolare e quello
socialdemocratico. Non si raggiunse una maggioranza, ma venne formata una collaborazione tra
popolari e socialdemocratici.
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Tale prassi è stata abbandonata nel 2019 quando è stata formata la commissione presieduta da
Ursula von der Leyen.

La crisi greca e il referendum di austerità del 2015


La questione democratica si è ripresentata nel 2015, quando un partito di sinistra radicale che
contestava le politiche di austerità dell’unione europea vinse le elezioni in Grecia.
Il governo greco richiede all’Unione Europea un terzo programma di aiuti nanziari per evitare
l’insolvenza dello Stato; ma tale programma era in contrasto con le idee del partito di sinistra
radicale e perciò si veri carono diverse tensioni politiche.
Tale programma venne sottoposto ad un referendum, in cui prevalsero i voti contrari ad esso; di
fronte a ciò, il premier greco aveva due possibilità:
-uscire dall’eurozona e ritornare alla moneta nazionale; ma questo avrebbe comportato
conseguenze devastanti per l’economia greca.
-non rispettare il risultato del referendum e riprendere il negoziato con le istituzioni europee.
Egli scelse la seconda strada.
Questo dimostra come i governi degli Stati che fanno parte dell’eurozona devono avere la ducia
degli elettori e del loro parlamento; e allo stesso tempo mantenere la ducia delle istituzioni
europee per poter godere degli aiuti nanziari.
Durante il periodo di crisi greca la ducia è stata scossa in profondità, in quanto, da un lato, la
Grecia era accusata dagli Stati creditori di aver truccato i bilanci, di non voler fare i sacri ci
necessari per evitare il debito pubblico; dall’altro lato il popolo greco perse ducia negli stati che
volevano punirlo.

La crisi britannica e la Brexit


Nel giugno 2016 i cittadini britannici hanno votato un referendum con oggetto la permanenza
nell’Unione Europea; il risultato ha portato al recesso dall’Unione.
Il governo inglese ha azionato l’articolo 50 del trattato dell’Unione Europea e ha comunicato la
decisione al consiglio europeo; l’Unione ha poi dato vita alla discussione per trovare un accordo
sulle modalità del recesso del Regno Unito.
Dopo aver raggiunto tale accordo sui termini per l'uscita di Londra dall'Unione, deve essere
approvato dal Parlamento inglese e dal Parlamento europeo.
Solo nel gennaio del 2020 è stato accettato l’accordo del parlamento europeo E alla ne dell’anno
il Regno Unito lascia de nitivamente l’Unione Europea.
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