FORME DI STATO
1.FORMA DI STATO
FORMA DI STATO: si intende il rapporto che corre tra le autorità dotate di potestà di imperio e la
società civile, nonché l’insieme di principi e di valori a cui lo Stato ispira la sua azione. La forma di
Stato individua la nalità dello Stato e identi ca il rapporto intercorrente tra governanti e governati.
FORMA DI GOVERNO: Si intendono i modi in cui il potere è distribuito tra gli organi principali di
uno Stato-apparato e l’insieme dei rapporti che intercorrono tra essi. La forma di governo individua
come i poteri vengono divisi tra gli organi che la costituzione individua, e lo strumento predisposto
per realizzare la nalità politica caratterizzante lo Stato (la forma di Stato caratterizza fortemente la
forma di governo e viceversa).
FRANCIA: in Francia la crisi assunse la forma traumatica della rivoluzione del 1789. Ci furono
grandi agitazioni in Francia, per cui una larga coalizione sociale chiese la convocazione degli Stati
generali. La borghesia richiese di avere dei rappresentanti negli Stati generali e proprio da questo
momento fu riconosciuta la preminenza politica della borghesia. Gli Stati generali si
autoproclamarono un’unica assemblea nazionale, che si assegnò il compito di dare una nuova
costituzione al paese. Venne approvata la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che
consacrò la loso a politica del nuovo Stato, speci cata nella costituzione del 1791. La
dichiarazione era volta a conservare i diritti dell’uomo, l’eguaglianza di fronte alla legge e la
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limitazione del potere con il principio della divisione dei poteri. Dopo il governo rivoluzionario e la
dittatura di Napoleone Bonaparte, ci fu la restaurazione della monarchia, con le due costituzioni
liberali del 1814 e del 1830. Solo con le leggi costituzionali la Francia conobbe una stabilità
costituzionale.
INGHILTERRA: in Inghilterra l’affermazione dello Stato liberale fu più graduale, ma anche più
stabile. Lo stato assoluto non aveva attecchito particolarmente. Carlo I si trovò a fronteggiare
l’opposizione parlamentare nell’ambito della camera dei comuni, la cui base sociale era
rappresentata dall’alleanza tra la nobiltà di campagna e di ricchi mercanti della città. Queste forze
consideravano il Common Law Come fondamento e garanzia della loro indipendenza, per cui lo
stesso re doveva ritenersi sottoposto al diritto. Si crearono forti tensioni tra il parlamento e Carlo I,
che portarono alla guerra civile all’esecuzione del re. Con il suo successore, Giacomo II, ci fu la
gloriosa rivoluzione del 1689. Questa rivoluzione fu particolarmente importante perché recise
de nitivamente il legame della monarchia con la radice assolutistica, senza creare traumi civili.
Questo divario fu sancito da documenti costituzionali: la Declaration of Rights e il Bill of Rights.
AMERICA: Diverso è il caso americano. La società americana era stata formata da emigranti. Di
contro l’Inghilterra si rivolgeva alle colonie americane con lo scopo di rimpinguare le casse provate
dalla guerra, imponendo nuove tasse senza il consenso delle assemblee legislative locali. Gli
americani risposero invocando il principio “no taxation without representation”, secondo cui era da
considerarsi illegittima qualsiasi tassazione che non fosse provata dei loro rappresentanti eletti. A
seguito del radicalizzarsi del con itto si giunse alla dichiarazione di indipendenza, sottoscritta dai
rappresentanti di tutte le colonie. La guerra di indipendenza durò sette anni: si pervenne alla
Costituzione americana solo nel 1787, approvata dai delegati dei 13 Stati americani.
La società civile è separata dallo Stato; ciò si può cogliere dalle due tendenze giuridiche tipiche
dello Stato liberale: le codi cazioni costituzionali e le codi cazioni civili e penali.
- CODIFICAZIONI COSTITUZIONALI: lo Stato liberale tende a consacrare in un unico documento
costituzionale i principi sulla titolarità e sull’esercizio del potere politico
- CODIFICAZIONI CIVILI E PENALI: Lo Stato liberale tende a racchiudere in un codice civile le
regole sui rapporti tra privati. Queste regole devono avere i requisiti di generalità (riferibili a tutti
gli individui resi uguali di fronte alla legge), astrattezza (possono essere applicate più volte nel
tempo) e certezza (sono raccolte in un corpo normativo unitario e sono prevedibili nei loro effetti)
a) FINALITÀ GARANTISTICA: È considerato come uno strumento per la tutela delle libertà
negative dei diritti degli individui; La nalità principale dello Stato è quindi quella di garantire i
diritti ed in modo strumentale rispetto a tale nalità garantistica deve strutturarsi
l’organizzazione costituzionale (attraverso il principio della separazione dei poteri);
b) STATO MINIMO: è titolare solo delle funzioni necessarie all’adempimento della nalità
garantistica (in particolare si astiene dall’intervenire nella sfera economica a differenza dello
stato assoluto, af data all’autonomia dei privati);
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c) LIBERTÀ INDIVIDUALE: Lo Stato riconosce la tutela della libertà personale, la proprietà
privata, la libertà contrattuale, la libertà di pensiero e di stampa, religiosa, di domicilio; si tratta
di libertà riferita esclusivamente all’individuo
d) SEPARAZIONE DEI POTERI: lo Stato liberale af da la tutela dei diritti individuali alla
separazione dei poteri. Il potere politico viene cioè suddiviso tra soggetti istituzionali diversi,
che si controllano reciprocamente
e) PRINCIPIO DI LEGALITÀ: La tutela dei diritti è af data alla legge, ogni limitazione della libertà
individuale deve avvenire per mezzo della legge; Quest’ultima deve avere i caratteri della
generalità e dell’astrattezza; e la legge deve essere formata dai rappresentanti della Nazione.
f) PRINCIPIO RAPPRESENTATIVO: Le assemblee legislative dello stato liberale rappresentano
l'intera Nazione o l'intero popolo, pertanto i singoli parlamentari devono agire liberi da mandati
vincolanti da parte del rispettivo collegio elettorale (divieto di mandato imperativo). I
rappresentanti vengono comunque eletti da un corpo elettorale assai ristretto, circoscritto alla
classe borghese in quanto il diritto di voto è circoscritto a coloro che hanno un adeguato livello
di istruzione e di reddito; si tratta pertanto di uno Stato monoclasse.
In ogni Paese l’evoluzione verso questa forma di Stato ha avuto tempi e caratteri diversi (in
Germania in Italia più evidente per via dei regimi totalitari nazisti e fascisti; Regno Unito e Stati
Uniti evoluzione graduale).
Queste trasformazioni hanno avuto una conseguenza importante: i parlamenti sono diventati il
luogo in cui si realizza il confronto tra i partiti; i partiti politici diventano dunque capaci di controllare
e dirigere l’azione del parlamento e del governo.
ITALIA: la dif cile esperienza della democrazie di massa e l’avvento del fascismo
Con l’introduzione del sistema elettorale proporzionale, l’Italia si divise in tre grandi correnti
politiche: quella liberale, quella socialista e quella cattolica. La scelta del re di af dare la guida del
governo a Giolitti non risolse nulla: Giolitti pensava di poter risolvere la crisi attraverso la politica
dei blocchi. Sciolse anticipatamente il parlamento e raccolse in un blocco nazionale forze diverse,
ma non riuscì comunque ad evitare la frammentazione politica in crescita. Il partito nazionale
fascista trionfò alle elezioni e a ciò seguì una fase di forte tensione politica e di instabilità dei
governi. Dopo la marcia su Roma, il re decise di nominare presidente del consiglio Benito
Mussolini, che instaurò un governo di coalizione con la ducia del parlamento. Il suo governo
divenne uno Stato totalitario attraverso alcuni passaggi: a) L’approvazione della legge Acerbo, che
attribuiva i due terzi dei seggi alla lista che avesse ottenuto il più alto numero di consensi, purché
non inferiore al 25%; b) le elezioni del 1924, caratterizzate da violenze e brogli elettorali da parte
dei fascisti; c) L’omicidio di Matteotti e l’abbandono del parlamento delle opposizioni, il cosiddetto
Aventino d) istituzione del regime del capo del governo, dove si concentravano tutti i poteri nelle
mani di Mussolini
In conclusione: l’integrazione europea esige un maggior rigore nanziario e ciò conduce alla
ricerca di forme di razionalizzazione e riordino dello stato sociale. Da qui il tentativo di adeguare lo
Stato alle esigenze della competitività internazionale (garantendo però almeno pari opportunità di
vita i suoi cittadini), trasformandoli in Stato sociale competitivo (superando il carattere
universalistico di alcuni servizi erogati dallo Stato sociale; facendo leva sul principio di
responsabilità individuale; ricorrendo al principio di sussidiarietà sia verticale che orizzontale,
cercando di attrarre ad un livello sovranazionale alcuni compiti dello Stato sociale).
2. RAPPRESENTANZA POLITICA
2.1 De nizioni
Nella nozione di rappresentanza politica con uiscono due signi cati che si ricollegano a contesti
storici diversi:
a) RAPPRESENTANZA DI INTERESSI: immediatamente qui il termine rappresentanza identi ca
il rapporto tra il rappresentante e il rappresentato: il rappresentante è tenuto ad agire
nell’interesse del rappresentato, con il quale corre un rapporto di mandato imperativo. Questa
nozione di rappresentanza è tipica dell’esperienza medievale;
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b) RAPPRESENTANZA- RAPPRESENTAZIONE: Per rappresentanza in questo caso si intende
una situazione di potere autonomo del rappresentante rispetto al rappresentato, qui c’è il
divieto di mandato imperativo
La rappresentanza politica è sorta in seno allo Stato liberale, il quale ha cancellato i corpi
intermedi. La scelta del rappresentante e quindi non doveva servire a dare espressione ai corpi,
ma doveva essere il mezzo tecnico attraverso cui si formava un’istituzione che doveva agire
nell’interesse generale. La costituzione francese del 1791 attribuiva la sovranità non al re, né al
popolo, bensì ad un’entità astratta chiamata nazione, i poteri doveva servirsi di un sistema
rappresentativo. Da tale costruzione costituzionale derivano tre importanti implicazioni:
1. Se i parlamentari erano scelti per decidere in nome e per conto della nazione, quest’ultima
doveva assicurarsi che le modalità di elezione fossero tali da garantire che gli elettori fossero in
grado di scegliere i soggetti bidoni per la cura dell’interesse generale. L’elettorato attivo non
era quindi inteso come un diritto soggettivo, ma come una funzione pubblica; ne deriva la
possibilità di restringere l’elettorato attivo per ragioni di censo e di capacità (veniva così dato
fondamento costituzionale al suffragio limitato assicurando la permanenza dello Stato
monoclasse);
2. Se i parlamentari dovevano curare l’interesse nazionale (e quindi non gli interessi particolari)
era fatto divieto di mandato imperativo. Tale principio, affermatosi in tutte le costituzioni liberali,
è trapassato anche in quella dello stato di democrazia pluralista
3. I parlamentari sono responsabili politicamente.
In ne da chiarire il signi cato della responsabilità politica: un soggetto dotato di potere politico
dovrei rispondere ad un altro soggetto per il modo in cui è esercitato tale potere e, in caso di
giudizio negativo, andrà incontro a una sanzione, rappresentata dalla perdita del potere stesso.
Nello stato di democrazia pluralista si afferma il principio della sovranità popolare, il quale esige
che il potere politico si basi sul libero consenso dei governati. Se i parlamentari dipendono dal
consenso dei governati, i primi tenteranno di ottenere questo consenso adottando i provvedimenti
richiesti dai loro elettori: gli interessi sociali premono sullo Stato per avere risposte ai rispettivi
bisogni. Il regime di suffragio universale e gli assetti pluralisti hanno fatto sì che, però, tali interessi
siano molteplici ed eterogenei; da qui il problema di fondo:“come assicurare la capacità del
sistema di decidere (la governabilità) senza che venga meno la legittimazione democratica dello
Stato che presuppone libero e genuino consenso popolare?”, ossia come far conciliare i due
aspetti della rappresentanza politica (rappresentanza come rapporto con gli elettori,
rappresentanza come situazione di potere autonomo)? Il modo in cui questo equilibrio si è
realizzato varia da sistema a sistema, e si può dire che le suddette modalità sono riconducibili alle
seguenti ipotesi:
1. STATO DEI PARTITI: la prima soluzione fa leva sulla doppia virtù dei partiti politici, ossia sulla
loro capacità di raccordo con gli elettori, e allo stesso tempo di trascendere gli interessi
particolari che vengono mediati alla luce del programma e delle ideologie di partito, per
pervenire alla sintesi politica. In questo modo i veri soggetti della rappresentanza politica sono i
partiti e i loro parlamentari che, di regola, votano seguendo le loro indicazioni; si assiste ad una
sorta di reintroduzione del mandato imperativo; MANDATO IMPERATIVO -> articolo 67 “ ogni
membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di
mandato“. Il parlamentare è libero di votare secondo gli indirizzi del suo partito, ma è anche
libero di sottrarsene, in quanto non sia alcuna norma che disponga conseguenze a carico del
parlamentare che abbia usato contro le direttive del partito. Quindi l’articolo 67 è una norma di
garanzia che assicura il parlamentare inef cacia delle sanzioni che il partito potrebbe adottare
nei suoi confronti (volendo il parlamentare può cambiare anche il gruppo politico di
appartenenza durante la legislatura) in + non sono tollerate sanzioni che il partito potrebbe
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adottare nei confronti di parlamentari indisciplinati come per esempio le lettere di dimissioni in
bianco, rmate all’atto di accettazione della candidatura senza l’indicazione della data e
successivamente completate dal partito che vuole punire uno dei suoi membri parlamentari
2. Il rafforzamento del governo e l’investitura diretta del suo capo; es. USA. Il potere esecutivo e
posto a riparo delle pressioni degli interessi particolari ed è considerato legittimato a governare
nell’interesse generale. Il parlamento diventa sempre più sedi della rappresentanza-rapporto
con i singoli collegi elettorali di gruppi sociali particolari; il governo invece, diventa l’organo che
deve trascendere il particolarismo degli interessi per comporli in una sintesi, che ri ette una
determinata visione dell’interesse generale
3. La creazione di assetti neocorporativi che si af ancano al circuito rappresentativo, in modo
che, il circuito della rappresentanza politica viene integrato dalla rappresentanza degli
interessi;
4. La rappresentanza territoriale, istituendo una seconda camera a base territoriale;
5. Sottraendo alcune decisioni a circuito rappresentativo riferendole ad autorità amministrative
indipendenti, a cui è af data la cura di determinati interessi di rilievo costituzionale.
Un’altra conseguenza della crisi dei meccanismi rappresentativi e l’emergere dei movimenti
populisti (in Italia il movimento 5 stelle). Il populismo è un fenomeno politico che comporta la
contrapposizione irriducibile tra il popolo, inteso come entità unitaria e indifferenziata, e l’Elite
politiche ed economiche, cui può af ancarsi la contrapposizione ad una terza entità che, secondo
la rappresentazione fatta dei populisti, è stata sostenuta dall’Elite contestate e accusata di aver
causato al popolo problemi e sofferenze(per esempio, l’Europa, la globalizzazione, eccetera).
Il Movimento 5 Stelle conduce una forte polemica riguardo al divieto di mandato imperativo,
proponendo l’introduzione del vincolo di mandato, che dovrebbe assicurare la coerenza dell’eletto
nei confronti dell’elettore. In questa prospettiva si inserisce l’adozione di un codice etico che gli
eletti si impegnano ad osservare e che prevede, in caso di inadempimento, un procedimento che
può portare all’espulsione del movimento, in cui un ruolo fondamentale è svolto dal capo politico
del movimento. Gli eletti in caso di inadempimento accertato, si impegnano a dimettersi ed è
previsto l’obbligo di versare, come risarcimento del danno di immagine, la somma di 150.000 €. È
anticostituzionale? La questione è controversa, perché in realtà il codice etico non può contenere
delle sanzioni: se però un parlamentare danneggia l’immagine del partito e ciò è sanzionato dal
codice etico, allora può essere espulso.
Istituti di democrazia diretta affrontano uno dei due aspetti della crisi della rappresentanza politica:
la perdita di ducia del popolo in ordine alla corrispondenza delle decisioni pubbliche ai suoi
effettivi interessi. Le altre tecniche istituzionali con cui si correggono i meccanismi rappresentativi
(rafforzamento del governo) affrontano l’altro aspetto della crisi, quello della governabilità.
• REFERENDUM POLITICI: Hanno come oggetto una questione politica che non è disciplinata da
un atto normativo; Pertanto può avere come oggetto diversi argomenti.
Tutti questi, possono essere preventivi, se il voto popolare interviene prima l’entrata in vigore
dell’atto che ne forma l’oggetto o successivi, se il voto popolare interviene dopo l’entrata in vigore;
ad esempio quello costituzionale è sempre preventivo.
Caratteristiche:
- ad ogni potere è attribuita una funzione pubblica ben individuata e distinta dalle funzioni
attribuite agli altri poteri. Quindi ogni potere viene individuato dalla funzione che esercita
(funzione legislativa individua il potere legislativo, quella esecutiva il potere esecutivo…)
- Ogni funzione deve essere attribuita a poteri distinti
- I poteri, sia pure distinti e separati, devono potersi condizionare reciprocamente, in modo tale
che ciascun potere possa frenare gli eccessi degli altri
La costituzione non solo tutela le minoranze politiche, ma anche le minoranze permanenti, che si
creano sulla base di differenziazioni stabili presenti nella società dovute a fattori religiosi, etnici e
linguistici. In particolare: a) hai fatto divieto di discriminazione in ragione dell’utilizzazione di una
lingua diversa da quella nazionale (art. 6); b) hai fatto divieto di discriminazioni in ragione della
religione professata (Art.3.1); c) hai fatto divieto di discriminazione in ragione dell’appartenenza
all’una o all’altra razza (Art.3.1)
GENESI: la genesi della secolarizzazione si ritrova nello scontro tra l’impero e il papato nella lotta
delle investiture (1057-1122), scontro che si basò sull’assetto da dare alla cristianità occidentale. Al
termine della lotta delle investiture si affermò il principio secondo cui alla Chiesa spettava il potere
per tutto quello che riguardava spiritualità e sacralità. Avvenne qui la separazione tra sfera
spirituale e sfera politica e la sacralizzazione del potere politico. Finirono inoltre le guerre di
religione in Europa del XVI-XVII secolo, con il riconoscimento di un re che concedeva ai cittadini la
libertà di coscienza a condizione che si rispettassero le leggi dello Stato. Tuttavia continuava a
rimanere in Europa la religione di Stato, Per ragioni di ordine di sicurezza più che come prodotto
della ricerca della verità. La rivoluzione francese fu quella che perfezionò la creazione dello Stato
moderno come unità politica neutrale di fronte alle scelte religiose dei cittadini.
Durante il XIX secolo fu forte la tendenza a sottrarsi alla conclusione del processo di
secolarizzazione della politica. All’emancipazione dello Stato dalla religione viene contrapposta
l’idea di Stato cristiano. I rapporti tra politica e religione, da quel momento, oscillano tra due poli
opposti:
- da una parte c’è il regime confessionale, secondo cui la Chiesa è depositario di un patrimonio di
verità ultime sull’essere umano, verità la cui pretesa di validità si estende l’intera società.
- Dall’altro c’è il regime della separazione tra Stato e Chiesa, ciascuno costituendo un’istituzione
autonoma nel proprio campo di azione.
L’esigenza di prevenire il con itto tra le due istituzioni può portare all’instaurazione di un regime
concordatario, per cui lo Stato e la Chiesa regolano i loro rapporti con uno speciale trattato che si
chiama concordato. Questa è la soluzione scelta della costituzione italiana. L’Art.7 riconosce la
separazione tra lo Stato e la Chiesa cattolica, stabilendo che lo Stato e la Chiesa sono, ciascuno
nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. Subito dopo però, lo stesso Art.7 riconosce la tutela
costituzionale al regime concordatario, perché dice che i rapporti tra lo Stato e la Chiesa sono
regolati dai Patti lateranensi (1929) e che questi possono essere mutati solo con l’accordo di
entrambe le parti (Principio concordatario).
CONCORDATO
Lo Stato italiano è neutrale rispetto alla verità religiosa ma non alla religione. Ha instaurato con la
chiesa un regime concordatario, mentre ad esempio la Francia ha un atteggiamento indifferente
rispetto alle scelte religiose dei cittadini, per cui lo Stato ha deciso di non regolare con appositi atti i
propri rapporti con la chiesa cattolica o con altre confessioni. Lo Stato italiano ha regolato i suoi
rapporti con la Chiesa con i Patti lateranensi del 1929. Ci sono state tuttavia delle dispute dottrinali,
soprattutto per quanto riguarda la costituzionalizzazione del Concordato (dovette intervenire la
Corte Costituzionale dichiarando illegittime alcune norme sul matrimonio). Si arrivò ad una
conclusione solo nel 1984 con la legge 121/1985 (“gli accordi di Palazzo Madama”): vennero
eliminate alcune norme incompatibili con la Costituzione, come quella che dichiarava la religione
cattolica “fede di Stato”, ministri religiosi, lo stato giuridico dei beni della Chiesa (alcuni sono esenti
da tassazioni)
ART. 8 E LE INTESE
L’Art.8 dice che tutte le confessioni religiose sono libere davanti alla legge (8.1), e che hanno diritto
di organizzarsi con propri statuti purché non contrastino l’ordinamento giuridico italiano (8.1). I
rapporti con le confessioni religiose diverse da quella cattolica sono regolati attraverso apposite
intese con le relative rappresentanze (8.3)
Solo alcune confessionihanno potuto ottenere un’intesa: Valdesi, Luterani, Ebrei, Mormoni,
Buddisti, Induisti. L’aveva richiesta l’associazione degli Atei (UAAR) e anche Scientology, ma il
TAR l’ha respinta. Le intese portano molti vantaggi, soprattutto sotto il pro lo del nanziamento (8
per mille), per cui molte confessioni, anche se tendenzialmente separatiste, stringono le intese.
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5.2 Principio di laicità, libertà di coscienza e pluralismo religioso
203/1989 PRINCIPIO DI LAICITÀ POSITIVA: lo Stato italiano non è neutrale rispetto alla religione,
ma adotta una valutazione favorevole del fenomeno religioso, per cui vengono ammessi interventi
in positivo, cioè a sostegno delle attività religiose in quanto interesse dei cittadini meritevole di
essere tutelato dal nostro ordinamento.
LIBERTÀ DI COSCIENZA: Per quanto riguarda l’insegnamento della religione cattolica nelle
scuole, è ammissibile e parimenti tutelata la posizione di quegli studenti che non vogliono avvalersi
di tale insegnamento; la fruizione dell’insegnamento viene rimessa ad un’opzione di coscienza che
deve essere del tutto libera (sent. 13/1991).
GIURAMENTO: Prima del 1979 i testimoni giuravano al banco assumendosi davanti a Dio. In un
primo momento La Corte negò i problemi di coscienza dei non credenti, dicendo che la formula
impegna solo la coscienza dei credenti. Nel 1979 (sent.117) ci ripensa, esentando il non credente
dal giurare davanti a Dio. Per quanto riguarda quelli che per fede non possono fare alcun tipo di
giuramento, la Corte riinviò il problema al legislatore (sent. 234/1984) che introdusse un impegno
di “dire la verità”.
SIMBOLI RELIGIOSI: È una questione controversa quella dell’esposizione di simboli religiosi nei
luoghi pubblici.
In realtà la distinzione VERAMENTE IMPORTANTE è quella tra Stato unitario e composto e tra
Stati a forte decentramento politico e Stati a decentramento politico limitato.
7. L’UNIONE EUROPEA
7.1 De nizioni
Storia Unione Europea
Inizialmente c’era la CECA (1951). Con i trattati di Roma -> CEE (Comunità economica europea
1957); EURATOM (Comunità europea per l’energia atomica 1957)
Queste tre comunità saranno riunite con il trattato di Maastricht (1992) nella comunità europea,
che costituisce il primo pilastro dell’Unione Europea
L’Unione Europea inizialmente si poggiava su tre pilastri:
- CE: comunità europea
- PESC: politica estera e sicurezza comune
- CGAI: cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni
Per queste ultime due ogni deliberazione richiede l’unanimità degli Stati
=> TRATTATO DI LISBONA (2009): si uni cano e diventano UE. Per la PESC rimane l’unanimità,
non vengono emanati atti legislativi e il controllo della Corte di giustizia rimarrà limitato.
=> TRATTATO DI AMSTERDAM(1999): viene introdotto il principio della cooperazione forzata, che
consente di instaurare forme di collaborazione speci che, per la realizzazione degli scopi
comunitari
7.2 L’organizzazione
Organi:
1) CONSIGLIO EUROPEO: serve a de nire gli orientamenti politici generali, ma non ha poteri
normativi propri (15 TUE). Composto dai Capi di Stato o di Governo di ciascuno Stato membro
e dal Presidente della Commissione. Il Presidente rappresenta l’UE all’esterno è eletto a
maggioranza quali cata, la carica è di 2 anni e mezzo e non può ricoprire cariche nazionali.
2) CONSIGLIO (DEI MINISTRI): insieme al Parlamento -> funzione legislativa e di bilancio;
coordina le politiche generali degli Stati membri. Formato da un rappresentante per ogni Stato
(ministro/ Capo di Stato/ Capo di Governo), è presieduto a turno per un periodo di 6 mesi.
Deliberazioni a maggioranza quali cata, che tiene conto anche della popolazione
rappresentata da ogni suo membro (maggioranza ponderata). In alcuni casi ci vuole il
consenso unanime degli Stati. Il Consiglio è coadiuvato dal Comitato dei Rappresentanti
permanenti (CO-REPER ART.240 TFUE).
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3) COMMISSIONE EUROPEA: è l’organo esecutivo dell’Unione. Ha una serie di competenze: ha
potere di iniziativa normativa, di decisione amministrativa e di regolamentazione; ha poteri di
controllo verso gli Stati riguardo all’adempimento di obblighi comunitari, che possono sfociare
in un ricorso davanti alla Corte di Giustizia e in una condanna per lo stato inadempiente.
Quest’organo decide anche come disporre delle risorse dell’Unione: gestisce i nanziamenti
comunitari, stabilisce i fondi strutturali ( nanziamenti stanziati dalla Comunità per esigenze di
sviluppo economico); istituisce disciplina e nanzia le azioni comunitarie (ambiente urbano e
mass media). COMPOSIZIONE: 1 componente per Stato, la carica dura 5 anni; sono scelti in
base alle competenze e all’autorevolezza; sono designati di comune accordo dagli Stati
membri e dal futuro presidente di Commissione. Il presidente è eletto dal Parlamento su
proposta del consiglio e approva la composizione della Commissione. Il Parlamento può
censurare la Commissione costringendola alle dimissioni
4) PARLAMENTO EUROPEO: composto dai rappresentanti dei cittadini dell’Unione (751,
elezioni 2014), eletti in ciascuno Stato per 5 anni, a suffragio universale e diretto (Art.14 TUE).
Il PE è dotato di legittimazione democratica, che partecipa ormai pienamente al processo di
formazione degli atti normativi, attraverso la procedura legislativa ordinaria. La Commissione
propone atti normativi che devono essere approvati dal PE e anche dal Consiglio.
HA UN POTERE DI INIZIATIVA LEGISLATIVA INDIRETTA, esercitato tramite la Commisione.
Risponde alle petizioni dei cittadini tramite un Mediatore. Il PE è inoltre verso la Commissione:
a) può istituire commissioni temporanee di inchiesta b) può presentare interrogazioni c)VOTA
LA FIDUCIA INIZIALE SU PRESIDENTE E MEMBRI DELLA COMMISSIONE e può approvare
una mozione di censura che ne provoca le dimissioni
5) CORTE DI GIUSTIZIA: assicura la corretta applicazione e interpretazione del Trattato.
Composta da un giudice per ogni Stato membro e giudica sulle violazioni di diritto comunitario,
commesse da Stati/ istituzioni europee. La Corte è coadiuvata dal Tribunale di primo grado
6) CORTE DEI CONTI: organò di controllo contabile della Comunità, chiamato ad esaminare le
entrate/spese
7) COMITATO ECONOMICO E SOCIALE: organò consultivo del Consiglio, della Commissione e
del PE. È composto dai rappresentati delle diverse categorie economiche e sociali ed esprime i
suoi pareri obbligatoriamente nei casi previsti dal trattato, su richiesta di istituzioni comunitarie
o di propria iniziativa
8) COMITATO DELLE REGIONI: Organò consultivo delle istituzioni europee. Composto dai
rappresentanti delle collettività regionali e locali, che esprimono istanze a livello comunitario. Il
Comitato è consultato obbligatoriamente dalle istituzioni nei casi previsti dal trattato, su
richiesta di istituzioni comunitarie o di propria iniziativa
COMPETENZE DELL’UE
Art. 5 TUE: “1. La delimitazione delle competenze dell'Unione si fonda sul principio di attribuzione.
L'esercizio delle competenze dell'Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità .
In virtù del principio di attribuzione, l'Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che
le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti.
Qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei trattati appartiene agli Stati membri. ”
SPIEGAZIONE: le materie su cui si esercita la competenza europea sono quelle, e soltanto quelle,
stabilite dai trattati (tassatività). Le attribuzioni dell’UE sono quelle previste dai trattati (principio di
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attribuzione, Art. 5 TUE, Art.7 TFUE) -> hanno competenze speci che e funzionali al
raggiungimento degli obbiettivi ssati. Campi rilevanti: libera circolazione delle merci, dei lavoratori,
dei servizi e dei capitali nel mercato unico; disciplina della concorrenza; agricoltura; trasporti;
politica economica e monetaria; politica sociale, istruzione…
PRINCIPIO DI AUTOINTEGRAZIONE: la UE può esercitare i poteri necessari per realizzare gli
scopi del Trattato pur se questo non lo prevede espressamente
PRINCIPIO DEI POTERI IMPLICITI: l’attribuzione di una certa competenza comporta anche quella
del potere di adottare tutte le misure necessarie per il suo esercizio ef cace ed adeguato
PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ: la UE deve usare solo i mezzi strettamente collegati ai suoi
obbiettivi ricorrendo a misure proporzionate e non eccessive rispetto ai suoi obbiettivi
PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ: se sia gli Stati membri che l’UE hanno competenze attribuite ad
entrambi, lo Stato deve prima cercare di realizzare il suo obbiettivo da solo e solo eventualmente
interviene l’UE
PRINCIPIO DI LEALE COPERAZIONE: si devono coadiuvare le istituzioni europee nello
svolgimento dei compiti ed evitare comportamenti che possano compromettere la realizzazione
degli scopi comunitari.
MERCATO COMUNE: i Trattati istitutivi della Comunità europea pongono al centro l’obbiettivo di
un mercato comune interno, fondato sul coordinamento delle politiche degli Stati membri e ispirato
al principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza. Ovviamente questi principi
sono ribaditi nel TUE. Per creare questo mercato ci sono voluti tre strumenti:
1) libertà di circolazione delle merci, dei lavoratori, dei servizi e dei capitali (le quattro libertà del
liberalismo economico)
2) Divieto degli aiuti nanziari = non si possono introdurre privilegi per le imprese di uno Stato
speci co o erogare aiuti nanziari che ostacolino l’ingresso nel mercato a imprese straniere
3) Disciplina della concorrenza= si sanzionano i comportamenti che falsano la concorrenza
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ROCKFELLER E MICROSOFT: Gli Stati Uniti hanno dato origine alla disciplina della concorrenza.
Per controllare il mercato e tenere i prezzi alti -> ROCKFELLER fa un uso particolare del trust ->
af damento duciario ad altri di propri diritti-> i consiglieri di amministrazione di una società
af davano ai loro concorrenti il diritto di votare nei loro consigli e viceversa -> non c’era
concorrenza e i prezzi erano alti. I piccoli operatori pagavano tanto e venivano pagati poco. Viene
fatta una protesta per cui si approva lo Sherman Act
IN ITALIA -> multa a Microsoft in itta dall’Antitrust, prezzi eccessivi dei prodotti e l’esclusione di
terzi dalla documentazione dei programmi per limitare l’interoperabilità tra i suoi sistemi e quelli
della concorrenza
Anche i servizi pubblici sono sottoposti alla regola della concorrenza, al ne di eliminare Monopoli
pubblici o legati a diritti di esclusiva:
- I servizi pubblici sono sottoposti al Trattato e alle regole di concorrenza
POLITICA MONETARIA: prima della moneta unica -> tasso di cambio e manovra sui tassi di
interesse. a) de nisce il prezzo relativo tra due monete. Conseguenze svalutazione
b) Tasso di interesse: prezzo del denaro preso in prestito. Un tasso basso favorisce gl investimenti,
un tasso alto fa calare il livello degli investimenti. È stata creata una moneta unica per questo:
evitare la svalutazione e ridurre i costi di transazione. Inoltre si evita l’in azione, perché le decisioni
sul tasso di interesse sono prese tutte dalla SEBC
L’UE deve mantenere i prezzi stabili e combattere l’in azione, inoltre deve conformarsi al principio
della libertà di concorrenza.
L’instaurazione di una moneta unica impone un certo grado di convergenza tra le economie degli
Stati partecipanti all’Unione: questo perché altrimenti si rischia di importare l’in azione da un
Paese all’altro. Per questo gli Stati che aderiscono all’Unione devono avere condizioni nanziarie
interne tali da ridurre i pericoli d’in azione.
PARAMETRI DI MAASTRICHT
L’Unione monetaria europea stabilisce una serie di vincoli alle politiche di bilancio dei Paesi
membri. Due volte l’anno gli Stati devono sottoporre i loro bilanci, quello in corso è quello previsto.
Obbiettivo: evitare i disavanzi eccessivi. Sono ritenuti eccessivi
- il disavanzò che supera la soglia del 3% del PIL
- Il debito pubblico che supera il 60% del PIL
Gli enti di previdenza veri cano i parametri di convergenza. Qualora un paese ha un disavanzò
eccessivo, la Commisione fa rapporto al Consiglio, che fa raccomandazioni al paese, che se non le
considera va incontro a sanzioni pecuniarie. => PATTO DI STABILITÀ E DI CRESCITA
LA SEBC => composta dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea BCE.
Funzioni SEBC: operazioni di cambi, statistiche…
FUNZIONI BCE: concorrono tramite il loro vertice istituzionale (governatore) a determinare le
decisioni del Consiglio direttivo della BCE; attuano le decisoni nel proprio paese;
A seguito della crisi sono state introdotte riforme volte a rafforzare i parametri ed è stata introdotta
nel 2010 la nuova governance economica europea, la quale aveva un ruolo di controllo maggiore
sulle politiche di bilancio degli Stati membri e rafforzava il coordinamento delle politiche
economiche nazionali. Questo ha portato ad una limitazione dell’autonomia decisionale degli Stati,
in particolare di quelli con un elevato debito pubblico.
Reazioni dell’UE:
-da una parte, i partiti populisti, volevano restituire le competenze in politica monetaria e politica
economica agli Stati nazionali; essi ottennero numerosi successi nelle elezioni per il parlamento
europeo del 2014.
-Dall’altra, si volle porre in essere un processo di integrazione europea volto ad affermare la
democrazia rispetto alla tecnocrazia: gli elettori dei paesi europei dovettero scegliere un candidato
alla carica di presidente della commissione tra i due partiti principali, quello popolare e quello
socialdemocratico. Non si raggiunse una maggioranza, ma venne formata una collaborazione tra
popolari e socialdemocratici.
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Tale prassi è stata abbandonata nel 2019 quando è stata formata la commissione presieduta da
Ursula von der Leyen.